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Ritornare a casa
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Ritornare a casa

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About this ebook

Georgia, 1972. Sullo sfondo dell'assolata cittadina di Jules, l’amicizia tra Mike e Bobby, cresciuti insieme come fratelli, viene stroncata bruscamente dalla morte di quest’ultimo in un tragico incidente aereo.
In seguito alla sua perdita la vita di Mike cambia radicalmente e, incapace di sopportare oltre le continue violenze subite da parte del padre, prende la decisione di fuggire da Jules per ricostruirsi una vita in un’altra città, lontano dai ricordi. Una vita nuova, quindi, che gli regalerà anche un nuovo amore e l’occasione di ricominciare a vivere le cui circostanze lo costringeranno, suo malgrado, a ritornare a casa dopo vent’anni di assenza e a fare i conti con i fantasmi del passato. 'Ritornare a casa' è il romanzo di esordio di Liliana Onori, ora completamente rivisto dall'autrice. Ne è nata una storia nuova, ricca di emozioni, passioni, sentimento.

Liliana Onori. Il suo amore per i libri e la scrittura ha radici lontane. Già da bambina, infatti, scriveva brevi racconti fantasy per i suoi compagni di scuola. Nel 2015 inizia la sua collaborazione con Librosì Edizioni per la quale pubblica la duologia composta da Come il sole di mezzanotte (2015) e Ci pensa il cielo (2018). Nello stesso anno la casa editrice le commissiona la revisione di 'Ritornare a casa', il suo romanzo di esordio.
LanguageItaliano
Release dateDec 14, 2018
ISBN9788898190881
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    Ritornare a casa - Liliana Onori

    Ritornare a casa

    Ritornare a casa

    di

    Liliana Onori

    A Dino, anche lui nato con le ali di ferro nel cuore

    ISBN: 978-88-98190-88-1

    © 2018 Librosì Edizioni - info@librosi.it

    Cooperativa Editoriale Elzevira

    P.zza del Commercio, 35 - 05018 Orvieto

    Stampa: Tipografia Ceccarelli - Acquapendente (VT)

    www.librosi.it

    Copertina: Emanuele Santoro (Instagram @fotografiamociviaggi)

    Editor immagine: Chiara Capotosti

    Disegni: Eleonora Santoro (Instagram @eleonoratatoo)

    Revisione editoriale: Valeria Cioccolo

    Presentazione

    Georgia, 1972. Sullo sfondo dell’immaginaria e assolata cittadina di Jules, l’amicizia tra Mike e Bobby, cresciuti insieme come fratelli, viene stroncata bruscamente dalla morte di quest’ultimo in un tragico incidente aereo.

    In seguito alla sue perdita, la vita di Mike cambia radicalmente e, incapace di sopportare oltre le continue violenze subite da parte del padre, prende la decisione di fuggire da Jules per ricostruirsi una vita in un’altra città, lontano dai ricordi.

    Una vita nuova, quindi, che gli regalerà anche un nuovo amore e l’occasione di ricominciare a vivere le cui circostanze lo costringeranno, suo malgrado, a ritornare a casa dopo vent’anni di assenza e a fare i conti con i fantasmi del passato.

    'Ritornare a casa' è il romanzo di esordio di Liliana Onori, ora completamente rivisto dall'autrice. Ne è nata una storia nuova, ricca di emozione, passione e colpi di scena.

    Indice

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    L'Autrice

    Capitolo 1

    Il sole a Jules splendeva sempre più forte che in ogni altro posto. Era come se al mondo ci fossero due Soli: uno che riscaldava Jules e uno che illuminava il resto della Terra. L'erba era profumata, i campi di mais delle distese dorate, quelli di cotone invece, tirati su da mani schiave negli anni della Colonizzazione, sembravano innevati durante la fioritura e il fiumiciattolo era un luogo tranquillo dove poter pescare. Jules contava appena un migliaio di anime ed era un posto molto semplice, con una tavola calda, una locanda con poche camere per i viaggiatori di passaggio che si fermavano per la notte, una chiesa bianca di legno con una croce di ferro sul tetto e una pompa di benzina. Il liceo non aveva neanche una squadra di football. Le vecchie cime degli Appalachi erano lontane e le coste, a tratti paludose, non erano un ostacolo per il commercio del pesce. Gli abitanti erano per la maggior parte discendenti di famiglie inglesi esiliate nel 1700, spedite lì da James Oglethorpe, il futuro Re Giorgio II d’Inghilterra, che aveva immaginato la Georgia come uno stato rifugio per i perseguitati religiosi e i debitori insolventi, per poi vederla diventare terra di schiavitù, distrutta e sconfitta dalla Guerra Civile. L’economia girava quasi tutta intorno all’agricoltura, ma anche la piccola fabbrica cartiera del signor Wright dava da mangiare a molte famiglie.

    L’unico vanto di Jules era una piccola pista aerea messa in piedi durante la Grande Guerra come scuola per aviatori e ridimensionata un trentennio dopo dal Dipartimento di Manutenzione come centro di riparazione per vecchi modelli aerei ormai da esposizione. La gestione era stata affidata a Robert Jones, un veterano della Marina della Seconda Guerra Mondiale decorato con la medaglia al valore per aver tratto in salvo alcuni suoi compagni durante l’attacco a Pearl Harbor. Robert viveva in una casa che la Marina aveva costruito per lui proprio alla pista, con sua moglie Maggie, che portava i capelli sempre legati in una coda. Maggie si guadagnava da vivere facendo la levatrice. Nell’anno in cui si era trasferita a Jules con Robert, il 1956, aveva fatto nascere una ventina di bambini, due a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro. Uno il 12 Febbraio e l'altro il 20. Uno con i capelli scuri e il pianto prepotente, l'altro con gli occhi grandi che dormiva buono e placido nella sua culla senza quasi mai piangere. Bobby il primo e Michael il secondo. Due bambini diversi, bellissimi, ognuno a modo suo. Due bambini le cui sorti si intrecciarono indissolubilmente proprio grazie a Maggie.

    I genitori di Bobby lo lasciarono alle cure del nonno quando aveva appena un anno per tentare di ricostruirsi una vita in una città più grande dove, per un bambino, non c'era spazio. La mamma di Mike, invece, era morta di parto e lui era rimasto solo con il padre, un uomo che tutti sapevano essere un violento, tanto da picchiare la moglie incinta così forte da spedirla per due volte all'ospedale. Ma erano altri tempi, quelli, e la gente si faceva gli affari propri. Ogni famiglia doveva risolvere i problemi che aveva tra le mura domestiche senza che nessuno intervenisse a ficcare il naso. Maggie si era legata subito in modo speciale a quei due bambini forse proprio per i loro destini sfortunati e si preoccupava che non gli mancasse mai il mangiare e che fossero sempre puliti e cambiati. Li portava entrambi con sé alla pista nelle ore in cui le loro famiglie erano a lavorare e piano piano divenne un’abitudine, tanto che passavano molto più tempo lì con loro che a casa propria. Mentre Robert aggiustava gli aerei, lei gli preparava il pranzo e li faceva giocare, tirandoli su proprio come due fratelli. Maggie e Robert non avevano potuto avere figli loro, quindi trovarono facile occuparsi di quei due bambini che non avevano nessuno che si prendesse cura di loro. Un brutto male, però, se la portò via un inverno di cinque anni più tardi. Maggie era stata l’amore della vita di Robert, una donna straordinaria a detta di chiunque, e, soprattutto, una madre per Bobby e Mike. Bobby, col carattere indomabile e libero di chi vuole realizzare tutti i suoi sogni, e Mike, sensibile e coscienzioso, con i capelli chiari e i riccioli.

    Capitolo 2

    FEBBRAIO 1972

    La casa del signor Adams, il nonno di Bobby, si trovava nei pressi della ferrovia, nella parte più vecchia di Jules, ed era separata da quella di Mike da una piccola e bassa siepe mal curata. Quella vicinanza fisica aveva contribuito a renderli ancora più inseparabili. Non c’era giorno, e nemmeno momento del giorno, in cui quei due non stessero insieme. Una vicinanza che era diventata subito fratellanza. Famiglia. Necessità.

    Crescere alla pista aerea, tra esemplari da esposizione e racconti di guerra, aveva piantato presto in loro il seme di un sogno per il futuro: diventare piloti della Marina, esattamente come lo era stato Robert. Proprio per questo, Robert aveva costruito per loro un modellino di aereo con delle tavole di legno e quattro ruote avvitate alle estremità e due leggere lastre di ferro legate con dello spago che servivano da ali. Dopo aver indossato dei vecchi occhiali da aviatore, troppo grandi per i loro nasi ancora piccoli, rimorchiavano il piccolo aereo fin su in cima alla salita della strada principale di Jules, ci si sedevano entrambi dentro e dopo che Mike aveva dato una spinta col piede, si lanciavano a tutta velocità, con le braccia tese al cielo, in quel finto volo che li faceva sognare di essere tra le stelle. E così su e giù per tutto il giorno, senza stancarsi mai, rischiando più volte di essere travolti da una macchina. Nessun altro partecipava a quel gioco. Era il loro gioco, il loro sogno. La loro vita. E lo sarebbe stata per sempre, ne erano sicuri.

    Spesso Robert li faceva sedere all’interno della cabina di pilotaggio degli aerei che doveva riparare e lì la magia sembrava ancora più realtà: Bobby era sempre il pilota e Mike il suo navigatore. L’uno guidava l’altro e l’altro gli guardava le spalle, tra il rollio dei motori imitato con la voce e la promessa di un vero volo non appena fossero stati più grandi. Tutte le sere, al tramonto, si sdraiavano nei campi di spighe col viso rivolto verso il cielo, per guardare gli aerei che venivano fatti decollare dalla pista dopo la revisione, sognando a occhi aperti il giorno in cui anche loro ne avrebbero potuto pilotare uno. Ritornando a casa, camminavano lungo le rotaie della ferrovia, con il loro modellino aereo rigorosamente al traino. Bobby su una rotaia e Mike sull'altra. L’uno al fianco dell'altro. Due linee parallele che non si incontravano mai ma che, chissà come, riuscivano lo stesso ad unirli. Perché due linee parallele no, non si toccano, ma se vengono sovrapposte i loro margini si confondono tanto che distinguerli diventa impossibile. Ed Era così tra Mike e Bobby. Un’anima divisa in due corpi.

    La vita però era anche dura per i due ragazzi: Bobby sempre senza un soldo, Mike vittima delle angherie del padre Fred. A volte, quando diventava troppo violento, Mike correva a nascondersi a casa di Bobby dove rimaneva finché, completamente ubriaco, Fred non cadeva addormentato sul letto o sulla poltrona e il pericolo, almeno per quella sera, era scampato.

    Nella primavera del 1972, per attirare un po' di turismo a Jules e rilanciare così l’economia per quell’annata di raccolti un po’ scarsa, il Sindaco indisse una gara di volo che si sarebbe tenuta proprio alla pista di Robert. Una manifestazione del genere avrebbe portato molta gente e quindi molti soldi. Bobby, ormai sedicenne, smosse mari e monti per convincere il sindaco a lasciarlo partecipare ma lui non volle saperne di accontentarlo: era troppo giovane e per di più non aveva il brevetto, quindi, per quanto lo riguardava, poteva benissimo tornare a giocare con l’aeroplanino di legno di quando era bambino. La delusione e la rabbia gli bruciarono come una fiamma accesa sulla pelle nuda, ma ogni tentativo di fargli cambiare idea fu un buco nell’acqua. Ma come poteva non capire quanto fosse importante per lui? Doveva volare, ad ogni costo. Sempre. Ogni minuto che era vivo. Robert gli aveva fatto pilotare alcuni biplani di piccola portata per brevi tratti, una specie di esercitazione di decollo e atterraggio, ma a lui non bastava mai. Il volo era una specie di obbligo naturale, una condizione indispensabile, non poteva opporsi alla spinta che sentiva ad alzare ogni volta gli occhi al cielo ed immaginarsi lì, al di sopra delle nuvole, tra le stelle luminose, ad osservare la Luna fargli l’occhiolino al suo passaggio. Maggie, quando era ancora piccolo, gli diceva sempre che lui era nato con le ali di ferro nel cuore e che era con quelle che avrebbe volato, ovunque avesse voluto. Quando il 20 luglio 1969 tutta Jules si era riunita alla tavola calda per guardare alla televisione il primo uomo che camminava sulla Luna, un silenzio quasi surreale aveva avvolto i presenti, ma appena Armstrong toccò la superficie lunare, Bobby disse che un giorno anche lui sarebbe andato sulla Luna, con un aereo speciale che gli avrebbero costruito Mike e Robert. Tutti risero di lui, ma Bobby ci credeva davvero.

    Robert, come consolazione della mancata ammissione alla gara, gli promise che gli avrebbe fatto pilotare un esemplare di Sopwith Triplane della Prima Guerra Mondiale che doveva arrivargli a giorni per una revisione. Il ragazzo non stava più nella pelle. Non era certo un Grumman Hellcat¹, ma era comunque volare. E lui quello voleva. Volare. Solo volare. Non c’era altro nella sua testa.

    Mike era così diverso da lui, invece. Timido, riservato, con l’aria dimessa, quasi spaventata. Spesso seduto da solo in un angolo della scuola a leggere, schivo e sfuggente. Nessuno riusciva a fare breccia in lui. La vita con il padre era stata sempre molto difficile. Le violenze fisiche e verbali cui lo sottoponeva da quando era ancora così piccolo per potersi ricordare quando fossero iniziate avevano scavato come dei solchi dentro di lui che erano riusciti a separare la sua anima e il suo cuore da qualunque altra persona intorno a sé. Non aveva amici al di fuori di Bobby e Robert e l’unica cosa che voleva era compiere diciotto anni e potersi così arruolare in Marina per lasciare Jules e la sua misera esistenza con quel padre alcoolizzato e manesco. Il sogno di diventare pilota era il sogno di Bobby, in realtà, ma Mike lo aveva fatto diventare suo, per avere anche lui uno scopo, una speranza, una terra promessa cui accedere un giorno che gli desse la forza di non arrendersi alla paura, ma, soprattutto, per seguire il suo amico. Dopo tutto, lo seguiva in ogni avventura, in ogni pazza idea che gli veniva in mente. Lo aiutava

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