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Io sono la divina
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Io sono la divina

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About this ebook

In viaggio con una coppia di amici in un caratteristico borgo nei Pirenei, Rosaspina è in cerca di ispirazione. Per lei seguire un’idea significa viverla a pieno, farsi coinvolgere anima e corpo, lasciarsi trasportare dal vento e andare dove il caso, o il fato, hanno deciso di condurti.
Riflessioni, ricordi e inesauribile desiderio di approfondimento pervadono Rosaspina che decide di dare corpo a quest’onda che la fa sentire viva.
Tra le meraviglie della Francia meridionale, la scrittrice Rosaspina avrà modo di raggiungere luoghi dalla forte carica evocativa, nei quali storia e leggenda si intrecciano rendendo ogni momento intenso e magico...

Io sono la divina ci regala una storia avvincente con la quale divertimento e riflessione sono assicurati.
Approfondimenti storici, cronaca recente, aneddoti, citazioni costituiscono la preziosa cornice di un’avventura appassionante e intensa.
LanguageItaliano
Release dateDec 19, 2018
ISBN9788867934003
Io sono la divina

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    Io sono la divina - Paola Tassinari

    ponte.michele@gmail.com

    Paola Tassinari

    IO SONO LA DIVINA

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    La Divina ( Rosaspina)

    verbo sognante

    nel ciel vagante

    sul rigo andante

    oh note alate

    oh farfalla dipinta

    di fiore in fiore

    posi la trasparenza

    di tanta avvenenza

    leggera leggera

    solfeggi l’amore

    con trasporto astrale

    nel mondo vitale

    Eleonora Ronconi

    06/12/2017

    Capitolo 1

    Il vento profetico

    Stava seduta su una pietra o forse una lastra tombale, nel cimitero di Alet-les-Bains, un paese sperduto fra i Pirenei francesi e pensava, pensava. Era una giornata assolata e infuocata e Rosaspina stava meditando su quello che aveva fatto poco prima.

    -Uff - si disse - mo’ devo stare sempre a speculare un trattato sul bene e sul male, per ogni cosa, diciamo un po’ insolita che mi accade?

    Rosaspina sapeva che doveva riflettere su quello che aveva appena fatto, perché le era capitato per la prima volta qualche anno prima, quando la sua vita si era capovolta, per poi ripresentarsi, per fortuna raramente, ma oggi inaspettatamente, boom, la bomba era scoppiata. Stava passeggiando pigramente quando delle fitte lancinanti all’addome la colpirono all’improvviso e lo stimolo all’evacuazione fu più che impellente.

    Chi non lo ha provato non può capire. È come essere in guerra, occorre decidere velocemente, in cerca di una via di fuga, sai che non riuscirai a tenerla, sai che sarà abbondante e semiliquida, non puoi contenerla negli slip, è fondamentale trovare un riparo anche in mezzo alla strada.

    Rosaspina si era salvata in modo egregio, evidentemente, qualcosa delle attitudini da generale era rimasto in lei. Un amico appassionato di reincarnazioni, le aveva assicurato che nel 1200/1300 lei era stata un eroico generale cattolico forse nientepopodimeno che William Wallace, l’eroe nazionale scozzese reso celebre da Braveheart.

    Intanto, invece di focalizzarsi sul fatto ormai accaduto, lo lasciava alle spalle come una prova superata... la diarrea d’origine psicogena rappresenta di solito la somatizzazione di un’ansia molto forte, che cova dentro e che in qualche modo deve uscire fuori. Be’ il rospo era uscito.

    Ma forse non era così. Forse il problema, quello della diarrea fulminea, iniziato negli anni della sua maturità, derivava dal fatto che noi siamo quello che mangiamo. Ad asserire ciò è il filosofo tedesco Feuerbach, che ci dice pure che noi siamo natura: Siamo situati all’interno della natura; e dovrebbe essere posto fuori di essa il nostro inizio, la nostra origine? Viviamo nella natura, con la natura, della natura e dovremmo tuttavia non essere derivati da essa? Quale contraddizione!.

    Rosaspina condivideva appieno questa idea, ma lei credeva pure in un enorme apparato numerico in grado di muoversi nell’indeterminata natura, creando il determinato fra tante ipotesi. Credeva in Dio in pratica. Un Dio motore immobile per la Natura. -Mo’ basta, di tutto faceva un coacervo di assurdità. Mo’ basta Rosaspina, datti una calmata, pensando al siamo quello che mangiamo invece di arrivare alle Fave di Fuca, sei arrivata al motore immobile di Aristotele al... Poiché ogni trasformazione ha una ragione, all’origine della catena di cause ed effetti deve darsi un inizio privo di pretesto, ovvero una fonte originaria del moto priva di moto. -

    Noi siamo quello che mangiamo, Rosaspina, pensava che il problema della sua evacuazione straordinaria odierna derivasse non da qualcosa che le rodeva dentro, ma dall’adolescenza, quando mangiava le Fave di Fuca, come fossero caramelle. Le ingurgitava quasi tutti i giorni, per dimagrire. Queste pillole le causavano gli stessi dolori lancinanti avvertiti poco prima e la stessa corsa veloce in bagno, con la differenza che con le Fave di Fuca, sapeva dell’evacuazione imminente e quindi stanziava nei pressi della ritirata.

    Nel caso vi serva, vi spiego la dinamica della straordinaria evacuazione. Vi devo avvisare però, che non sono mai stata una scout, con grande mio rammarico, perché loro acquisiscono un mucchio di insegnamenti pratici, utilissimi nella vita quotidiana, da ciò deriva la mia invidia per quei tre scout: Qui, Quo, Qua i nipoti so-tutto-io di Paperino. Se fossi stata una scout, sarei stata molto più tecnica: Avrai un posto fuori dell’accampamento e là andrai per i tuoi bisogni. Nel tuo equipaggiamento avrai un piolo, con il quale, quando ti accovaccerai fuori, scaverai una buca e poi ricoprirai i tuoi escrementi (Dt 23,13-14).

    Passiamo ai consigli... Primo e basilare step, non bisogna perdere la testa!

    Poi prendere i fazzoletti di carta dalla borsa o dalla tasca, se si ha quello di cotone si usa quello, se non si ha niente si tolgono le mutande e si usano quelle, intanto si gira lo sguardo a 360° per trovare un riparo. Se non esiste nulla, neanche un piccolo cespuglio, ci si posiziona nel luogo meno visibile e velocemente, con la falsa sicurezza di non essere visti, si evacua, ci si pulisce alla meglio coi fazzoletti o con quello che si ha, si copre il corpo del reato, intrasportabile in quanto non solido, celandolo il più possibile con rametti, sassolini o quello che trovate.

    Mentre lo fate, pensate positivamente... think pink. Pensate che nessuno ci infilerà il piede dentro e che molto presto si seccherà scomparendo nella terra, o se posizionata sulla strada si dissolverà spiaccicata da ruote, oppure pioverà e diventerà materia organica preziosa per i fiori. Pensatevi come se aveste compiuto una positiva performance artistica, un’azione perpetrata da un tipo o una tipa elegante, aristocratica e sofisticata, pensatevi come un personaggio con l’eleganza di Cary Grant e l’impertinenza di James Dean, per le donne pensatevi come foste Audrey Hepburn. La cacca simbolicamente porta bene.

    Siate come la Pantera Rosa, un po’ snob e un po’ dispettosa, ma tenace nel perseguire uno scopo, dispiegando energie e mezzi assolutamente sproporzionati rispetto all’importanza - una semplice defecazione - sognate ad occhi aperti e immaginatevi come se aveste realizzato un qualche cosa di eroico o prestigioso.

    Sorridete, e se non volete immedesimarvi con la Pantera Rosa potete sempre identificarvi con the pink man, che nel maggio scorso ha colorato di rosa la città di Torino, tinteggiando con questo colore, bici abbandonate, inferriate di seminterrato, telefoni pubblici, parcometri per la sosta a pagamento, panchine, cassette per le lettere.

    Questo pink man, a differenza di un semplice artista positivo, potrebbe essere stato un Unto del Signore che ha cercato con la forza del colore di attenuare la magia nera di Torino, dando la vittoria alla magia bianca di questa città, che tutto sommato ha qualcosa a che fare con il luogo in cui si trova Rosaspina, ovvero Alet-les-Bains.

    Rosaspina lavorava per varie testate, blog e giornali web, scrivendo sceneggiature fantasy, distopiche o storiche. Si era sempre arrabattata alla meglio per sbarcare il lunario, finché con il suo ultimo romanzo è arrivata la popolarità. L’avevano addirittura contattata per una trasposizione cinematografica. Inoltre, un famoso editore le aveva richiesto un nuovo testo lasciandole libertà di scelta sul soggetto, e per tutto questo le avevano dato un cospicuo anticipo!

    Era per questo che Rosaspina si trovava ad Alet-les-Bains, in cerca di ispirazione, che per lei significava stare sottovento, termine con cui indicava il suo andare dove il caso, che non è mai un caso, la portava.

    Come aveva fatto ad arrivare ad Alet-les-Bains?

    Si era arrovellata a lungo sul tema del nuovo romanzo, poi una serie di circostanze, che non stava a elencare, la condussero a Dante. La lampadina si era accesa fulminea, avrebbe raccontato del Poeta Divino.

    Era ormai da tempo che si interrogava sul Veltro, che vien da feltro a feltro, l’unica profezia vera, che non consistesse, come le altre profezie della Commedia, in un fatto già avveratosi all’epoca di quando Dante scrisse il testo.

    Per riverenza all’Alighieri, non le era mai passato per la mente di scrivere un romanzo sul Veltro, ma le coincidenze, le sincronie, il vento profetico avevano agito su di lei e Rosaspina presa un’idea non l’abbandonava.

    Questo non spiega come mai ricercando su Dante fosse finita ad Alet-les-Bains, be’, sempre per via delle sincronie, cioè eventi che si susseguono più o meno nello stesso tempo.

    La prima causa fu un vecchio libro su Nostradamus, trovato a Roma, in un mercatino sulla riva del Tevere, le ricordò che la sua passione per i profeti e per Dante, nata in età adolescenziale, era stata ispirata proprio dalle centurie di Michel de Nostredame.

    Nostradamus, l’enigma risolto di Renucio Boscolo, il titolo del libro, che Rosaspina acquistò, sfogliò e lesse avidamente qua e là, colpita dalla relazione che l’autore trovava fra le terzine di Dante e le quartine di Nostradamus.

    Rosaspina rammentò improvvisamente i punti in comune, molteplici, fra i due: erano entrambi speziali, con grandi conoscenze in ogni campo, esperti sia di matematica che di cosmologica tolemaica, erano sostenitori della monarchia universale, ebbero rapporti con la famiglia scaligera, facevano parte di una élite culturale di sapienti, erano simili ai grandi profeti, avevano legami culturali con la Francia, in particolare con la Provenza, erano buoni cittadini e timorosi di non incorrere in eresia, eppure furono entrambi maltrattati, entrambi furono spiriti universali volti alla giustizia che pensavano esistesse un ordine nascosto nelle lettere, nei numeri, negli astri che si ripetesse in cicli e con ciò di poter leggere il futuro e infine entrambi scrivevano obscuro.

    La seconda causa fu che degli amici la invitarono con molta cortesia e sollecitudine in un viaggio nel Sud della Francia, evento quasi incredibile da realizzarsi, perché Rosaspina, per motivi di lavoro, non si spostava quasi mai da Ravenna, e perché in pochi mesi era già stata tre volte in quei luoghi, sempre invitata da amici, e Rosaspina è come Paganini, non ripeteva mai le visite di un luogo già visto, ma attirata dalla buona compagnia partì, seguendo il vento profetico.

    Questa corrente dentro di lei la chiamava in Provenza, dove Nostradamus era nato, ma anche in Linguadoca precisamente nella zona dell’Aude, in quanto gli amici erano studiosi di Rennes le Chateau, da prima che Dan Brown rendesse famoso questo piccolissimo paese, quindi quella era la loro meta e qui vi era l’incantevole Alet-les-Bains, in cui secondo la tradizione, vi era la casa appartenuta ai nonni di Nostradamus, che erano di origine ebraica: essa viene chiamata Casa di Nostradamus o anche Casa dell’Ebreo.

    Capitolo 2

    Non lo prendo sul serio questo soffio magico

    Ma ora, dopo aver spiegato il perché e il per come stava seduta su una pietra o forse una lastra tombale, nel cimitero di Alet-les-Bains, prima di proseguire decise di analizzare il vento profetico della straordinaria evacuazione.

    Vi prego di non ridere, un mucchio di persone eccellenti e stimatissime hanno questo vento profetico costituito da premonizioni, segnali o meglio tic e superstizioni.

    Tanto per citarne qualcuno e farvi vedere che sono in ottima compagnia: Kant, il filosofo della ragione e dell’Illuminismo, si rifiutava di pranzare se alla tavola non erano presenti tre o nove commensali. Annotava tutto e di più su un taccuino, e tutti i giorni alle 15:30 usciva per la sua passeggiata, con qualsiasi tempo atmosferico, non sgarrando di un minuto, al punto che i suoi concittadini registravano gli orologi sulla sua uscita.

    Un altro era Nikola Tesla, il famoso inventore e fisico, che aveva una vera ossessione per i numeri: 3, 6, 9; al punto che a cena chiedeva sempre 18 tovaglioli, sei per ognuna delle tre portate, stava attento che il numero dei bocconi del cibo fosse un multiplo di tre, come i passi delle sue camminate. Alloggiava in camere d’albergo sempre con un numero multiplo di tre e chissà quante altre cose di Tesla avevano a che fare col 3, 6, 9. Inoltre aveva il terrore dei germi, della sporcizia e delle infezioni, un amore morboso per i piccioni e un vero terrore per gli oggetti di forma sferica, in particolare le perle; condividendo quest’ultima fobia, con la popolazione rom degli zingari che non le rubano mai, in quanto sono convinti che portino sfortuna. Tesla le considerava un pericolo mortale per l’umanità, e non accettava neanche fossero portate, in sua presenza, pietanze sferiche, tipo piselli o uova, anche se i commensali erano in un altro tavolo.

    Un altro scaramantico, passando a giorni più vicini a noi, è Rafael Nadal Parera, il noto tennista spagnolo, che ha una lunga serie di tic: ordine preciso per le bottigliette d’acqua da cui si disseta da due diverse e un rito chiamato smutandata che comprende il toccare il naso, il passare i capelli dietro l’orecchio sinistro, poi su quello destro infine toccare la pallina che è nella tasca destra dei pantaloncini. Questi tic propiziatori sono simili al mio vento profetico, cioè il credere di captare segnali che portano a eventi favorevoli.

    Non lo prendo sul serio questo soffio magico, lo vivo come un gioco che si riallaccia al discorso della ritualità, anche della superstizione se volete, svincolandomi un po’ dalla razionalità, ma santiddio, sono un’artista, quindi sogno e immagino quel che non si vede e la realtà di oggi è quasi più irreale, perché certe persone, magari pure importanti, facendo finta di essere razionali e osservanti delle leggi, ne combinano di tutti i colori. Tanto per dirne una, ci fanno credere che la democrazia è bella, quindi si dà ragione alla quantità e non alla qualità. Inoltre non è democrazia quando sono i pochi/pochissimi a detenere da soli più della metà di tutte le risorse del mondo, a decidere e a dirigere.

    Chiarito ciò, passo ad analizzare il mondo di Dante, proprio partendo dalla merda, terminologia che aborro, ma che è arrivata da sé.

    Nei tanti lavori che ho eseguito per mantenermi, vi è anche quello di commessa in una ricevitoria del Lotto.

    All’inizio rimasi allibita che le persone usassero i loro sogni per trarne dei numeri da giocare, constatando che sovente vi azzeccassero, questa cosa non l’ho mai indagata. Il fatto è che coi sogni giusti a volte si vince, molto più che coi calcoli probabilistici.

    Premesso che anche se si vince si perde sempre, perché i soldi facili si sperperano, e questo lo dico per esperienza, appunto perché conosco l’ambiente.

    Ho giocato anche io, condividendo i numeri dei sogni più interessanti, poi vi dirò quali sono, avendo l’assenso dalla proprietaria del sogno, ma poi ho smesso, in quanto la fortuna l’auspico in altro campo che il denaro. Con quest’ultimo piacere, cioè il gioco del Lotto and company, considero più che mai valevole dell’aurea mediocritas.

    Questa via è ispirata alla filosofia epicurea che invita l’uomo a godere dei piaceri della vita senza abusarne, come per esempio bere il vino senza ubriacarsi o mangiare senza scoppiare... Il denaro è oro in giusta quantità, mentre è sterco se è troppo o troppo poco.

    Nella lingua latina il termine mediocritas non è dispregiativo come l’equivalente parola in italiano mediocrità, significando piuttosto la via di mezzo.

    Alla ricevitoria, arrivavano le donnine, non solo anziane, ma anche giovani e pure uomini, che avevano già consultato la Smorfia. Avevano i numeri da giocare, chiedevano il parere di un’esperta, che sarei stata io, senza raccontare mai integralmente il sogno, perché poi la vincita non sarebbe stata più certa.

    Può essere che la Smorfia abbia attinenze o magari origine dalla tradizione cabalistica ebraica.

    Secondo la Cabala non vi è parola, lettera o segno che non abbia qualche significato misterioso correlato alla realtà che ci circonda, anzi con tutto ciò che è in alto e tutto ciò che è in basso.

    L’origine del termine smorfia è incerta, si dice sia legata al nome di Morfeo, il Dio greco del sonno e dei sogni, ma potrebbe derivare da smorfia/moina con significato di... applicazione segreta che indica l’aspetto di chi cova il segreto.

    La Smorfia napoletana è sicuramente la più famosa e i napoletani, hanno una lunga tradizione del gioco del lotto, molti pensano che il gioco sia nato qui, in realtà è sorto a Genova, ma la Smorfia e il Lotto sono quasi un emblema per i partenopei che spesso sono portatori di un’indole giocherellona.

    Napoli assieme ad altre località sparse in Europa, farebbe parte di una serie di luoghi, collegati fra loro e attraversati da linee e da nodi di energia molto forti, diventando così come dei siti magici, in aree sacre già in tempi antichi.

    Non stupisce che a Napoli, attorno al XVIII secolo, si ritrovino figure emblematiche per la riscoperta dei riti egizi, legati alla massoneria, come il Principe di Sangro o il conte di Cagliostro, fondatore e Gran Cofto del rito massonico egiziano, che soggiornò dall’amico conte d’Aquino e principe di Caramanico massone pure quest’ultimo.

    Cosa c’entrano i riti egizi con la Smorfia?

    Be’, se la Smorfia deriva dalla Cabala ebraica, quest’ultima avrebbe inizio proprio dal sapere e dalle credenze degli antichi egizi, conoscenze riscoperte nel Rinascimento tramite gli scritti di Ermete Trismegisto, quest’ultimo viene raffigurato nelle splendide tarsie sul pavimento del Duomo di Siena in relazione con Mosè, il quale è ritenuto l’ipotetico ideatore della Cabala, e Mosè fu educato in Egitto.

    Ora vi svelo quali sono i sogni fortunatissimi, che determinano una quasi sicura vincita al lotto, sono quelli riguardanti il sognare la merda! Il cui numero equivalente è il 71, sognare la merda è sinonimo di ogni fortuna, compresa la vincita.

    Va bene, sono superstizioni, ma vi assicuro che le percentuali di vincita coi sogni che riguardano la cacca sono elevate.

    Capitolo 3

    Lo scarabeo stercorario, sacro agli egizi, è simbolo del Museo

    Occorre fare un po’ di riassunto, sto elaborando materiale per un romanzo su Dante Alighieri e mentre sono ad Alet-les-Bains in cerca di ispirazione su Nostradamus, mi accade l’evacuazione straordinaria. Seguendo la corrente, occorre che indaghi in quali terzine Dante cita la merda e in quale quartine la cita Nostradamus.

    Prima però voglio ricordarvi gli Anni Sessanta con Piero Manzoni, l’artista geniale delle scatolette di merda, che sembravano quelle del tonno. Il prezzo delle scatolette/opere d’arte doveva essere equivalente a quello di 30 grammi di oro, con evidente rapporto fra merda e denaro o forse per indignazione e protesta per la mercificazione dell’arte.

    Se un critico d’arte a livello mondiale pontifica che un topo morto è una grande opera perché l’artista con ciò voleva indicare che anche i topi muoiono e che anche loro hanno un’anima, dando a questa ipoteticamente il valore di 1 milione di dollari, quest’opera sarà acquistata con 1 milione di dollari e l’acquirente sarà felice, convinto di aver fatto un affare.

    Manzoni, come ogni grande artista, aveva detto ciò in anticipo sui tempi.

    Una delle sue scatolette, è stata pure aperta e dentro non c’era la cacca ma del gesso, è stata venduta da Christie’s nel 2012 per circa 120mila euro!

    Purtroppo Manzoni è morto per infarto nel suo studio, in solitudine, a soli 29 anni, il 6 febbraio 1963… lasciando un grande vuoto nel mondo dell’arte.

    Permettetemi di esulare dal tema dello sterco, non tanto però, perché è una società di merda quella che ha permesso l’assassinio di Pippa Bacca, la cui madre era la sorella di Piero Manzoni.

    Pippa Bacca, artista anche lei come lo zio, fu uccisa il 31 marzo 2008 mentre si trovava in Turchia, per la performance itinerante Spose in Viaggio, con cui si proponeva di attraversare in autostop undici paesi dilaniati dalla guerra, indossando un abito da sposa, per promuovere la pace e la fiducia nel prossimo… Con Pippa si è uccisa anche la speranza di un domani migliore.

    Prima di passare a Dante occorre che vi parli della merda, perché credetelo o no, ha una storia e io ne racconterò solo una piccola parte anche se potrà sembrare lunga.

    È usanza di chi lavora in teatro, in molti paesi del mondo, sia attori che tecnici, augurarsi il successo con le parole Merda, merda, merda!.

    Si dice che derivi dalla quantità degli spettatori, che un tempo arrivavano con carrozze trainate da cavalli, quindi molti escrementi, molti cavalli, molto pubblico. Ciò non toglie che proprio il teatro abbia dato i natali alla storia di Ubu re, il cui autore, Alfred Jarry, fu inventore della patafisica, ovvero la scienza oltre la scienza, il tutto con libertà e fantasia.

    Ubu re è un’opera teatrale che inizia con la parola merdre, esclamazione che unisce il termine merda alla parola re.

    Merdre viene ripetuta più volte dal protagonista.

    Ubu re ha come suo attributo il bastone da Merdre, che offre per pasto ai suoi invitati o agita come uno scettro del potere.

    Il bastone, che è simbolo di potere sia laico che religioso, è costruito di merda, ci dice Jarry. Va bene, ma qualcuno che si prenda la responsabilità serve, altrimenti va tutto in

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