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Philip Snow e la fantastica storia di Babbo Natale
Philip Snow e la fantastica storia di Babbo Natale
Philip Snow e la fantastica storia di Babbo Natale
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Philip Snow e la fantastica storia di Babbo Natale

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About this ebook

Siete pronti a scoprire la vera storia di Babbo Natale? Con Philip Snow e i suoi amici sarete catapultati nel Polo Nord, viaggerete su slitte magiche e scivoli verso altre dimensioni, risolverete enigmi e dovrete fare attenzione ai sotterfugi, perché ciò che sembra non sempre è ciò che è!
A Pandoria, un villaggio del Polo Nord, abitano gli umagici, umani-magici. Philip Snow, un giovane inventore, vuole fare chiarezza sulle sparizioni dei bambini del suo villaggio.
Un’avventura elettrizzante vissuta con i suoi compagni di scuola, Jimmy Slittemagiche, Sam Sottuttoio, Ginevra Hardski e David Smith, per portare un regalo ai bambini della Terra, nella notte della stella cometa, insieme al misterioso giocattolaio di Pandoria...
LanguageItaliano
Release dateDec 20, 2018
ISBN9788833170404
Philip Snow e la fantastica storia di Babbo Natale

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    Philip Snow e la fantastica storia di Babbo Natale - Christian Touch

    Filippo

    1. Lo snow ping dong e la scuola di Pandoria

    «Phil, l’erba liquida bolle… Phil!», Peter Snow chiamava a gran voce il figlio dal suo letticolo.

    «Un momento papà, vado subito; devo finire il cannone per lo snow ping dong!», rispose Philip, mentre si accingeva a sistemare uno strano marchingegno dentro al suo laboratorio.

    Lui e suo padre, gli Snow, erano umagici.

    Gli umagici erano umani che possedevano poteri magici e abilità tali da renderli unici nel loro genere. Essi vivevano in un villaggio chiamato Pandoria, nel bel mezzo del Polo Nord.

    Il piccolo paese si trovava al centro di una grande vallata chiamata Deserto della Neve; a delimitare quel manto di bianco perenne si estendeva la catena delle Montagne degli Abeti innevati.

    Due grandi guerre si erano da poco concluse oltre il Polo Nord nelle terre dei nonumagici, gli umani non magici. Correva, infatti, l’anno 1950 in quelle regioni calde stranamente prive di neve. A Pandoria, invece, il tempo veniva scandito in giri di anni, mesi e giorni. Per questo il calendoria, il calendario degli umagici, segnava il millenovecentocinquantesimo giro di anno. Per l’esattezza, era l’ultimo venerdigiorno del giro di mese di ottobrio.

    «Philip, allora? Quest’erba liquida?», urlò ancora Peter.

    Il ragazzo alzò gli occhi al soffitto, appoggiò il cannone sul tavolo e si diresse verso la cucinula. Il rumore che faceva la brocca contenente l’infuso di erbe era assordante. Spense il fuoco e rovesciò la bevanda in una grossa tazza verde.

    «Ecco papà, arrivo!», disse.

    Mentre saliva le scale, rimirava casupola Snow. Era stata costruita dal suo nonnumagico Karl. Non era molto grande, ma era accogliente e calda, profumava di sempreverde.

    Karl Snow aveva imparato da piccolo l’arte della falegnameria e dell’inventologia; una volta divenuto adulto, aveva costruito quella bella casupola per suo figlio Peter e per la sua famiglia. Purtroppo, Philip non l’aveva mai conosciuto; Karl era sparito, molti giri di anno prima che lui nascesse.

    Philip stava portando al padre la calda bevanda che doveva bere su prescrizione del curatore, Geremia Maladia, per attutire i dolori che logoravano la sua gamba.

    «Una volta al giro di dì per sette giri di giorno, mio buon Peter!», aveva consigliato Geremia.

    Lo snow ping dong era uno sport divertente, ma anche molto pericoloso, e Peter Snow giocava in una delle squadre più forti del villaggio, i Frosty Eagles. Nell’ultima partita John Hardski, il vile Hardski, era entrato nella sua traiettoria colpendo in pieno il suo femore.

    «Togliti di mezzo, Snow!», aveva urlato Hardski prima di travolgerlo, provocandogli quella brutta frattura.

    Ora Peter doveva restare in assoluto riposo fino a che il dolore non fosse passato; presto le erbe magiche avrebbero fatto il loro effetto, ma per ora la gamba doleva assai al temerario campione.

    Philip balzò nella stanza del padre, saltando sul letticolo con in mano quella tazza piena di erba liquida. Mentre il piccolo gli porgeva la bevanda fumante, Peter lo osservò.

    Era cresciuto. Aveva ormai compiuto dodici giri di anno, ma sembrava più grande per la sua età. Con la mano, fece una carezza sui suoi capelli biondi spettinandogli il ciuffo. Quel ciuffo bianco era un tratto distintivo degli Snow.

    «Smettila papà, lo sai che non sopporto quando mi tocchi i capelli!», disse il piccolo umagico.

    Mentre beveva quell’infuso, Peter continuava a fissarlo.

    I loro occhi erano di colore differente, proprio come quelli di un husky. Erano affetti da occhiolite bicroma acuta, così l’aveva chiamata Geremia. Marrone e blu, terra e cielo.

    «Grazie, Phil!».

    Gli accarezzò le guance pizzicando le sue lentiggini, che tanto gli ricordavano quelle della madre. Rivedeva in Philip sua mogliumagica Maggie. Aveva ereditato, oltre al viso angelico, anche un carattere forte e deciso. Era un tipo curioso, coraggioso ed estremamente cocciuto.

    Peter continuava a bere la sua bevanda sul letticolo e si rimirava adesso nello specchiatoio.

    Devo ricomprare la bava di lumaca pattinante pettinante di Miranda Slittemagiche; i miei capelli sono tutti in disordine!, pensò Peter Snow, passandosi una mano nei capelli neri tutti imbavati all’indietro e osservando il suo splendido ciuffo, bianco come quello del figlio.

    Mentre scendeva le scale, Philip urtò un quadruncolo, che cadde per terra.

    Per mille ghiaccioli, speriamo che papà non abbia sentito!, pensò mentre raccoglieva quell’immagine, raffigurante il padre che sollevava il trofeo vinto in una partita di snow ping dong.

    «Philip, ho sentito un rumore, sei tu? Stai finendo di accomodare il mio cannone, o no?», urlò Peter dalla camerinca al piano di sopra.

    Il ragazzo stava aggiustando il cannone che John Hardski aveva distrutto con la sua brusca entrata a tradimento.

    «La ventosa era rotta, l’ho dovuta riparare con la cera di bava di gufo, e ho dovuto sostituire la molla che attiva il lancio del ricciofiore, ma credo che adesso funzioni!», rispose Philip, che adesso si trovava nel disordinatissimo laboratorio nel sottoscala della casupola. «Papà, lo finisco di accomodare dopo quasipranzo. Prendo la minislitta rossa, altrimenti faccio tardi a scuola», urlò per farsi sentire.

    «Ok, ma dopo torna subito a casupola, mi raccomando; hai sentito di Josh, il piccolo umagico degli Stars che vivono qui accanto. È andato a scuola in slitta e non ha più fatto ritorno. Reptilius e i suoi seguaci hanno cominciato a farsi vivi non solo di pienanotte, ma anche a primasera», disse Peter.

    «Ok papà, non preoccuparti, sarò di ritorno per prima di quasipranzo», rispose Phil (così lo chiamavano i suoi amici a scuola).

    Si infilò il giaccone e i guanti che gli aveva regalato il padre. Il colletto dal pelo grigio e morbido riscaldava le sue orecchie. Prese dal laboratorio la minislitta, aprì la porta, la depose sulla neve e girò la chiavicola.

    «Per mille ghiaccioli, slitta mia, portami via!», urlò, e partì in direzione della scuola di Pandoria.

    Mentre si allontanava, Philip si voltò indietro, posando per un attimo lo sguardo sulla finestra della camerinca del padre. Tutte le finestre di quella casupola erano illuminate, anche quelle della cucinula e della camerinca di Philip. A Pandoria la chiamavano casupola delle luci.

    Il villaggio era pieno di tante piccole casupole simili a quella, poste l’una accanto all’altra. Sopra le porte erano appese, sulle guantiglie, corone d’alloro e di erbe di bosco. I tetticoli triangolari vestivano sempre il loro abito preferito, il completo di neve.

    Piccole lanterne dalla luce gialla illuminavano il suo passaggio e il cammino degli altri umagici. I camini erano accesi e il fumo usciva dai tetticoli. Anche quando era giorno, a Pandoria la luminosità era contenuta e al Polo Nord si alternavano periodi di sololuce, in cui non veniva mai buio, e di solobuio, in cui non faceva mai giorno. In questo momento Pandoria era in un periodo di transizione, ma con la fine del giro di anno sarebbe arrivato il buio perenne e gli umagici facevano scorta di legna da ardere per combattere il gelo che stava per giungere.

    Chissà che fine avrà fatto Josh?, si chiedeva Philip; Avrebbe potuto essere lui il prossimo?. Questo pensiero faceva nascere in lui un brivido di paura. Appena arrivato a scuola, avrebbe chiesto informazioni a Sam Sottuttoio e a Jimmy Slittemagiche; i suoi due amici erano sempre informati su tutto quello che accadeva a Pandoria

    Philip parcheggiò nel piccolo spazio riservato agli scolari e agli insegnanti.

    Lasciò la slitta proprio accanto alla scicletta di Sam Sottuttoio, mentre rimase incantato dalla nuova slitta Turbo 500 di Mr Jacobson, il preside della scuola. Era nera, tutta lucente, con l’antineve e un motore Skiàtor automatico incorporato; il padre di Jimmy Slittemagiche ci aveva lavorato quasi un giro di anno, ma il risultato era davvero strabiliante. Philip, invece, doveva accontentarsi di una Ice-Jet 220 usata che aveva comprato a buon prezzo, sempre al negozio del padre di Jimmy.

    Prese lo zaino con i libri che aveva messo sotto la sella e salì gli scalini. Un cartello con scritto Scuola di Pandoria, pieno di neve e ghiaccio, era visibile al termine della scalinata.

    La scuola era grande; un immenso portone di legno e decine di finestre si affacciavano sul lato frontale dell’edificio. Dalle finestre proveniva una luce calda e gialla; in ogni stanza infatti c’era un camino che il guardiano Jack Taglialegna, ogni giro di ora, alimentava con i ceppi che Frank Warmhide, il padrone del negozio Tuttolegni, forniva alla scuola per riscaldare tutti quei piccoli pandoriani.

    Philip, non appena entrato dal portone, fissò il guardiano, dicendo: «Ehi Jack, hai visto la Turbo 500 di Mr Jacobson? È un vero schianto, non trovi?».

    Jack era un umagico con una folta barba nera e la testa pelata. Era sempre vestito con una salopette verde. Puzzava, eccome se puzzava. Philip doveva trattenere il respiro e velocizzare il passo, poiché il tanfo di sudore si sentiva anche a distanza.

    «Sai cosa penso dei pezzi grossi, Phil; grandi casupole, belle slitte, ma preferisco avere meno pine dorate in bancadanaio e avere molta meno pancia!», così dicendo, si diede un colpo sul petto villoso. Mostrava la sua tonicità e robustezza come un trofeo da esibire. «Il signor Jacobson si sogna i miei panciaminali scolpiti!».

    Phil lo interruppe. «Sì, tutto merito del tuo passato da vincitore del Premio spaccalegna per tre giri di anno consecutivi; è una vecchia storia, l’hai raccontata mille volte, Jack! Entro in classe, altrimenti mi daranno per disperso. Continua ad allenarti, ok?».

    Jack Taglialegna, mentre vedeva entrare il piccolo Snow, si ritoccò i panciaminali sorridendo.

    Quella scuola era magica, o meglio, quante cose strane si potevano imparare in quel luogo, tanto grande quanto misterioso, leggendo i libri recitanti della biblioteca o ascoltando i racconti dei lampadari parlanti.

    Phil, entrato in classe, si accorse che Mrs Peddington, l’insegnante di Storia pandoriana, non era presente e nessun insegnante doveva essersi reso disponibile per la sostituzione, dal momento che i banchi erano tutti in disordine.

    La classe era grande e c’erano al suo interno poche cose: una lavagna, venti banchi di legno di castagno e un’ampia finestra che dava sulla facciata principale della scuola. Ovviamente, un camino acceso riscaldava la stanza. Su ogni banco c’erano penne e calamai, il cui inchiostro era un intruglio denso, fatto con clorofilla e sangue di ragnolo rampicante delle nevi.

    C’era un gran chiasso. Philip depose lo zaino sul banco e si sentì toccare le spalle da dietro.

    «Phil, hai sentito degli Stars? Josh era andato al campo di ghiaccio della scuola e dopo aver fatto un bagno nel lago riscaldato, poco distante da lì, è salito sulla sua slitta salutando Berry e Simon Salebianco. È l’ultima volta che l’hanno visto!», disse con sconcerto Sam Sottuttoio, toccandosi la grande pancia.

    «Secondo voi è opera di Reptilius e dei suoi seguaci?», chiese Philip.

    «Si dice così a Pandoria e il signor Stars e la mogliumagica hanno chiesto all’investigatore Frederick Lentefredda di fare chiarezza. Sono disposti a tutto per ritrovarlo, in fondo loro sono ricchi e hanno un solo figlio; mia madre sostiene che gli Stars in bancadanaio abbiano migliaia di pine e castagne dorate, ma sono solo chiacchiere di Pandoria!», aggiunse il secco e alto Jimmy Slittemagiche.

    Sam e Jimmy erano molto amici, sebbene fossero l’uno l’opposto dell’altro.

    Sam era cicciottello e aveva dei capelli rossi sempre pettinati e spiaccicati sulla testa. Mrs Sottuttoio, prima di mandarlo a scuola, gli faceva una perfetta divisa sulla testa col pettinicchio. I capelli che sfuggivano alla bava di lumaca pattinante pettinante facevano dei graziosi riccioli. Jimmy Slittemagiche, invece, era tanto alto quanto secco; portava sempre un cappello verde in capo a forma di calza, sotto cui si nascondevano sottili e fini capelli castani. I suoi denti erano molto sporgenti, assomigliava a un piccolo tricheco reale. Come se non bastasse, aveva un naso davvero storto; tanto curvo che tutti in classe lo avevano soprannominato Jimmy Nasomontagna. Slittemagiche e la sua famiglia avevano la pelle nera.

    Il biondo Phil, col suo ciuffo bianco, i suoi occhi strani e le mille lentiggini sulle guance, rimirava adesso il banco vuoto di Josh Stars.

    «Dobbiamo andare a cercare Josh. Non possiamo rimanere con le mani in mano!», sosteneva il giovane Snow.

    «Phil, sei folle come un umagico che vuole fare la lotta con uno yeti; Reptilius prenderà anche noi e ci porterà nelle caverne innevate per darci in pasto alle creature del bosco!», disse Sam, sgranando gli occhioni neri.

    «Ehi, ehi… chi è quella umagica là, è nuova?», cambiò argomento Philip, guardando l’unica femmina in quella classe che non stava urlando. La piccola se ne stava in silenzio al suo banco, fissando la penna e il calamaio.

    Phil, Jimmy e Sam si avvicinarono a lei.

    «Ciao, come ti chiami? Io sono Philip Snow e questi sono i miei amici Sam Sottuttoio e Jimmy Slittemagiche!».

    La piccola rimase in silenzio un attimo, poi girò la testa verso di loro, mostrando i suoi occhi azzurri. Aveva dei lunghi capelli viola e le sue labbra erano rosse e morbide come i petali di un fiorerosa. Aveva un vestito giallo lungo fino alle caviglie e indossava delle scarpette molto graziose. La bocca accennò un sorriso.

    «Mi chiamo Ginevra Hardski, sono la figlia del campione di snow ping dong!», disse l’umagica.

    Hardski, ah sì! È quel farabutto che ha provocato la frattura a mio padre!, disse dentro di sé Philip. «Vorrai dire campione di scorrettezza, Ginevra», ribatté.

    «È stato un incidente nell’ultima partita, mio padre è molto dispiaciuto per il tuo… so chi sei, ti ho visto spesso al campo a vedere le partite, sei il figlio di Peter Snow, il famoso Dongman!», rispose lei. «Mio padre mi ha sempre fatto studiare da casupola, ma Elficus, il professore di storia elfica e follettiana, lo ha convinto a iscrivermi all’ultimo giro di anno di scuola. È stata dura, ma ce l’ha fatta! Sono grandi amici quei due».

    Sul banco dell’umagica, Phil notò quello che non sembrava un consueto libro di testo. «Quello cos’è?», chiese.

    «È il nuovo libro del sindaco di Pandoria, Mr Coldwater, s’intitola Reptilius. Il giocattolaio di Pandoria. Parla di tutti gli avvistamenti e delle precauzioni da prendere per evitare di incontrarlo, del motivo per cui a Pandoria non siano più stati costruiti giocattoli, e infine spiega la ragione per cui non sia più permesso giocare e divertirsi, in questo villaggio», disse Ginevra, toccandosi il vestitino giallo.

    «La storia la sanno tutti, cara mia! Non importa leggere quel libro!», commentò Jimmy con la zeppola che contraddistingueva la sua parlata e i suoi baffetti ispidi. «Il vecchio giocattolaio del paese un tempo aveva un figlio, che si ammalò e morì. Il vecchio impazzì e fuggì nei boschi innevati. Grazie a un sortilegio, con l’aiuto del Mago dei boschi, trasformò se stesso e i suoi tre apprendisti in animaliani, umagici che con la luna si tramutavano in esseri dalla testa di animale. Lui da lucertola, gli altri tre da orso, da renna e da lupo», continuò mimando. «Da quel giorno appaiono di notte, di tanto in tanto, rapendo gli umagici sorpresi a giocare e distruggendo qualsiasi giocattolo esistente a Pandoria. Il figlio di Reptilius, così si fece chiamare da allora il giocattolaio, era morto. Per questo motivo nessun umagico a Pandoria avrebbe più dovuto giocare», proseguì Jimmy Nasomontagna, grattandosi la testa coperta dal cappello verde.

    «Sì, ma il libro parla anche di tutti gli avvistamenti; il signor Coldwater, per proteggere gli abitanti

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