Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Nel paese della nostalgia: (ricordi di vita paesana)
Nel paese della nostalgia: (ricordi di vita paesana)
Nel paese della nostalgia: (ricordi di vita paesana)
Ebook161 pages1 hour

Nel paese della nostalgia: (ricordi di vita paesana)

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

L'autore, scavando nella miniera dei ricordi, sulle orme degli scrittori veristi, a lui cari, Luigi Capuana (1839-1915) e Giovanni Verga (1840-1922), riflettendo sulle pagine dell'abruzzese Ignazio Silone (1900-1978), particolarmente su quelle del romanzo Pane e Vino e su quelle del calabrese Corrado Alvaro (1895-1956), tutti autori che trattarono del mondo contadino e paesano, ci offre una serie di ricordi-racconto (quasi un piccolo diario personale, reso pubblico), elaborazione letteraria, nella maggior parte dei casi, di fatti veramente accaduti, altri concedentesi alla fantasia, ma in un preciso contesto realistico, con sfumata tendenza sociologica insieme ad una manifesta nostalgia del sorriso.
LanguageItaliano
PublisherSette Città
Release dateDec 20, 2018
ISBN9788878536685
Nel paese della nostalgia: (ricordi di vita paesana)

Read more from Pietro Angelone

Related to Nel paese della nostalgia

Related ebooks

Performing Arts For You

View More

Related articles

Reviews for Nel paese della nostalgia

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Nel paese della nostalgia - Pietro Angelone

    Pietro Angelone

    Nel paese della nostalgia

    (ricordi di vita paesana)

    finito di stampare nel mese di novembre 2018

    isbn: 978-88-7853-819-1

    isbn e-book: 978-88-7853-668-5

    Sette Città

    Via Mazzini 87 - 01100 Viterbo

    t. 0761 303020 - f. 0761 1760202

    info@settecitta.eu - www.settecitta.eu

    ISBN: 978-88-7853-668-5

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Prefazione

    Una cosa buffa

    ​Buon appetito!

    Coito interrotto

    ​Al forno

    ​Al lavatoio

    ​Di nuovo al lavatoio

    ​Una patente un po’ celeste

    ​Don Giustino (detto pure Don Ecco)

    ​Una strana interpretazione filologica e teologica

    ​Si è alzato?

    ​Battistone

    ​Un’arguta penitente

    ​La confessione

    ​Povera Madonna!

    ​La Trinità

    ​Un venerdì di passione

    ​Una strana processione

    ​Una grazia poco celeste

    ​Una seduta spiritica

    ​Un sassofonista

    ​Solo sette!

    ​Zazzerone

    Provvidenza

    ​Verso Natale

    ​Un equivoco canzonettistico

    ​Un pesco zoologico

    Equivoco lessicale

    ​La lupa

    Un uomo e una chitarra scordati

    ​Il canto del fiore

    ​Il somaro Zampacorta e il contadino Cambiasomaro

    ​Una manciata e due misure

    ​L’iniziazione

    ​Idem nomen ab aliis repetitun non iuvat[1]

    ​Questua

    ​Contrasto politico-religioso

    ​Era il tempo del brigante Tiburzi[1]

    ​Un militante rivoluzionario

    ​Fidanzamento contadino

    ​Scontento

    ​Una porchetta infelice

    ​Zoofilia

    ​A tutto c’è rimedio

    ​Il calzolaio attore

    Il calzolaio ballerino di tango

    ​La traduzione

    ​La diligenza

    ​Un detersivo eccezionale

    ​Verso Natale

    ​Due ambulanti

    ​Un lavaggio di piedi a metà

    ​I Bravi

    ​Meglio pecoraio!

    ​Il cilindro scolastico

    ​In vino veritas

    ​Due devoti a Bacco

    ​La ferratura

    ​Il dovere coniugale

    ​Colpa del confine

    ​Dialogo umanoide tra due quadrupedi

    ​Dialogo umanoide tra due bipedi

    ​Il nevone del 1956

    ​Piove

    ​Appendice

    ​Un pomeriggio d’agosto

    ​Il risveglio

    Il calendario

    ​La fiera

    Prefazione

    La parola nostalgia , che esprime uno dei desideri umani più struggenti, si è formata dalle parole greche (graficamente italianizzate) nostos , il ritorno, e algos , il dolore, la tristezza, ed esprime il desiderio melanconico di ritornare a casa, nei luoghi dove si è trascorsa l’infanzia e dove si trovano le persone e le cose ancora care.

    La parola fu coniata per la prima per la prima volta nel 1688 da uno studente alsaziano, Iohannes Hofer, in una tesi di laurea dal titolo Dissertazione medica sulla nostalgia.

    Da allora, il neologismo greco nostalgia si diffuse nelle altre lingue europee per esprimere il sentimento di tristezza e di lontananza dalla terra che si ama, malinconia che in francese si dice mail du pays (e nel caso del titolo di questo volumetto con l’aggiunta di natal), quindi male del paese di nascita.

    Quest’annotazione filologica, già di per sé, può spiegare il titolo.

    Quando, poi, la nostalgia assume aspetti e significati, ancor più generali, con riferimento non soltanto al luogo e alle persone, ma anche a quel tempo in cui quelle persone vivevano, si ha un quadro di vita, che costituisce l’anima della nostalgia.

    Con questo volumetto, attraverso ricordi, con riferimento a fatti e persone, realmente verificatisi e vissute, più o meno nel periodo della mia infanzia-giovinezza (e anche precedentemente per tradizione orale tramandata), piccoli episodi di vita quotidiana, ho voluto esaltare letterariamente, con ironia ma sempre con rispetto, quel periodo della mia vita e del mio paese di nascita, con estensione al territorio e, qualche volta, alla fantasia.

    Ricordi, tenuti nella mente e ben coltivati nel cuore.

    L’autore

    Una cosa buffa

    Quando la notizia o la comunicazione non erano ancora affidate alla televisione o ad altri simili mezzi di massa, quando il giornale era per pochi (per ragioni economiche e d’istruzione), ebbene, un giorno giunse al paese un cinematografaro ambulante e affidò al banditore ufficiale, al solito fornito di trombetta, l’annuncio della proiezione nella piazza grande di un film.

    Il banditore, orgoglioso dell’insolito annuncio (ne aveva le tasche piene di strombettare e annunciare la vendita di vino nelle bettole o gli avvisi del Comune), si fece consegnare il foglietto con scritto il testo (prudentemente nascose di essere analfabeta), che si fece oralmente precisare dal committente.

    Iniziò il giro delle vie e delle piazze, ma già alla prima sortita, dopo il rituale tu-tu-tu della trombetta d’ottone si trovò in estrema difficoltà nel dare l’annuncio, poiché si era dimenticato quella benedetta e complicata parola rispondente a cinematografo ma, come si sa, necessità aguzza lo ingegno e così se la cavò: Si avvisa tutta la popolazione che stasera nella piazza grande ci sono le fotografie, che si muovono sul telone (poi si corresse per essere più preciso), mi correggo: c’è quella cosa buffa che si muove sul telone (pausa), per vederla comodi portatevi le sedie.

    Venuta la sera, le case si vuotarono e tutta la gente in piazza per vedere la pellicola.

    Il cinematografaro aveva programmato Catene , film strappalacrime di Raffaello Matarazzo, del 1949.

    Esaurito il quarto d’ora della Settimana Incom, [1] inizia la proiezione del film e, dopo circa mezzora, la piazza diventa il coro di un pianto collettivo e i fazzoletti non potevano più contenere le lacrime.

    Ebbene quella sera una vecchietta, detta Spettinata (perché i suoi capelli erano ribelli al pettine e alle forcine) pose la sua sedia proprio sotto lo schermo per meglio vedere (secondo la naturale legge che da vicino le cose si vedono meglio), ma appena comparvero le immagini in movimento, con armi e bagagli si spostò nell’ultima fila della piazza: brontolando: ’S ta cosa è proprio buffa, ché più stai vicino e peggio si vede. Inoltre, le cose buffe fanno ridere e qui è tutto un pianto! E’ meglio che vada a dormire e, poi, domani mi dovrò alzare presto per la prima messa.


    [1] Con le sue 350 ore di filmati e più di 2.500 cinegiornali testimonia il percorso del Paese negli anni quaranta fino alla metà degli anni sessanta ed è la più ricca memoria audiovisiva dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale. Anticipava la proiezione del film e durava circa un quarto d’ora. Presentava però un problema temporale: infatti si parlava di notizie settimanali ma, in effetti, erano di qualche mese cosicché poteva capitare (a titolo d’esempio) che la notizia del matrimonio di qualche coppia di attori famosi era data quando i confetti era stati da tempo digeriti e, forse, la coppia era in attesa derl primogenito.

    ​Buon appetito!

    Nella Maremma di ieri il custode dell’altrui bestiame (per lo più pecore ma anche capre e maiali; i custodi di vacche vantavano il nome superiore di butteri e andavano a cavallo) pattuiva con il padrone il compenso mensile, che era costituito dal piccolo salario più le vettovaglie, un po’ di vino, di formaggio, del sale e un po’ di olio, usato maggiormente per condire la cosiddetta acquacotta .

    A proposito dell’olio si racconta che un pecoraio, data la generosità e la buona grazia del padrone, in una specifica occasione lo rifiutò, dicendo: E’ troppo buono e mi si consuma più in fretta.

    Questi sfruttati, custodi di bestiame dormivano nelle capanne e tornavano a casa, salvo complicazioni, di sabato ogni quindici giorni.

    Uno di questi, di nome Pietro, ma da tutti detto Pietrino a causa della piccola statura, era guardiano di maiali e ritornava a casa ogni due settimane, come stabilito nell’accordo salariale.

    L’ometto era sposato con un’arguta donnetta, di nome Tommasa, ma detta Tommasina, anche lei per la bassa statura.

    Pietrino, quando tornava a casa dalle lande della Maremma, passava volentieri il giorno festivo nella bettola e ritornava nell’abitazione per la cena di solito ubriaco e si abbandonava spesso ad azioni sconsiderate, se non violente.

    Tommasina ne conosceva il vizio e, per cautelarsi, aveva un suo sistema di controllo per la cena, tant’è che aveva composto dei versi così recitanti: Se Pietrino viene avvinazzato, Tommasina ha già mangiato/se Pietrino viene di buona lena, Tommasina di nuovo cena.

    Capitò una sera che il marito, tornato dalla bettola, era particolarmente ubriaco, cioè ubriaco fradicio (come si dice), con l’animo consacrato al dio Bacco e predisposto alla lite. Si sedette a tavola e mise in bocca due cucchiai della fredda minestra, poi interruppe e, innalzata una bestemmia al cielo, disse alla moglie: ’Sta Minestra non la mangiano nemmeno i maiali.

    Poi si alzò e versò fastidiosamente la minestra nella tazza del gabinetto, un bugigattolo collocato su uno stretto balcone. Ritornò in cucina, allora anche sala da pranzo, e incominciò a inveire contro la povera consorte per dimostrata incapacità culinaria.

    La donna, senza scomporsi, ascoltò in silenzio, poi prese il fiasco di vino, che faceva bella mostra di sé al centro della tavola, e ripeté pari pari l’azione del marito.

    Ritornata in cucina e, guardatolo furbescamente, gli disse: Tu hai pensato al mangiare ed io ho provveduto per il bere. Buon appetito, tazza!

    Temendo una violenta reazione dell’uomo, già altre volte conclusasi con qualche schiaffo, unito a molte bestemmie e imprecazioni offensive, quella sera andò a dormire dalla madre e rientrò al mattino, quando Pietrino era ormai nelle lande di Maremma con i suoi maiali e aspettando che il padrone gli portasse quanto pattuito per i quindici giorni, vino compreso.

    I semplici versi di Tommasina, che sono una semplice nota alle sbornie, che frequentemente si prendevano nella bettola e nell’osteria (i devoti dei dio Bacco non mancavano!) richiamano alla mia memoria quelli ben più impegnativi di Trilussa (1871-1950) nella composizione del 1909 intitolata L’assassino moderno, dove l’assassino si confessa al delegato di polizia, sicuro dell’assoluzione: nonno beveva, nonna più de lui,//mi’ padre, poveretto è morto matto,//mi’ madre era epilettica per cui…//s’ho mannato un omo all’antro monno,//la colpa è tutta quanta dipendente// da quelle sbornie che pijava nonno.//

    Coito interrotto

    Giuseppe,

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1