Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

La seduzione che brucia l'anima
La seduzione che brucia l'anima
La seduzione che brucia l'anima
Ebook353 pages5 hours

La seduzione che brucia l'anima

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Una donna bella, ricca e adorata dal marito. Un uomo che si considera cittadino del mondo, pochi soldi in tasca ma tanti ideali, un sorriso accattivante, uno sguardo magnetico e una loquacità irriverente. Una serata di festa nel parco e, tra i due, scoppia la passione.
Simona ha tutto quello che desidera ad appena trent'anni. Claudio è un marito perfetto, bello dentro e fuori. Luisa, l'eterna figlia dei fiori, e Sonia, disincantata e ironica, sono le sue migliori amiche. Andrea è un amico d'infanzia di Sonia, tornato in Italia dalla Colombia dove lavora per un'associazione di volontariato. Ed è proprio sotto l'influenza delle suadenti parole di Andrea che Simona si scopre insoddisfatta e arrabbiata perché prova dei sentimenti per un uomo che non è suo marito, un uomo troppo diverso da lei. Simona ama la bella vita, gli agi e tutte quelle piccole comodità che solo il denaro può comprare, quello stesso denaro che Andrea aborrisce, con tutte le sue forze, per poi sfruttare quelli che lo posseggono.
Un elegante attico e una birreria alla moda, una città dalle dolci colline dove i più abbienti sfoggiano case lussuose, da qui parte Simona per rincorrere un sogno. Prima tappa Bardados, isola lambita dal verde smeraldo del Mar dei Caraibi e dall'irruenza dell'Oceano Atlantico, terra dalle tante chiese da cui, la domenica mattina, escono canti di gioia. E poi la Colombia, parte fondamentale del suo viaggio, luogo in cui si scopre la persona sbagliata nel posto sbagliato quando, negli occhi degli amici di Andrea, legge un misto di curiosità e di alterigia verso quell’intrusa dai vestiti firmati che si trastulla con uno di loro ma che non diventerà mai una di loro. Tra baraccopoli, miseria e disagi Simona riesce a capire, finalmente, chi è veramente e quello che vuole dalla vita.
 
LanguageItaliano
Release dateDec 21, 2018
ISBN9788829580583
La seduzione che brucia l'anima

Read more from Cristina Toniolo

Related to La seduzione che brucia l'anima

Related ebooks

Romance For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for La seduzione che brucia l'anima

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    La seduzione che brucia l'anima - Cristina Toniolo

    – Prima passiamo davanti a piedi, voglio dare un'occhiata. Ma non costringermi ad entrare, non me la sento. Promettimi che non mi obbligherai ad entrare. Su, promettimelo.

    – La solita superstiziosa – la canzonò Claudio, stringendo forte la vita sottile della moglie e dandole un bacio sui capelli.

    – Per noi è una grande opportunità. È da tanto che volevamo un locale come questo. Potrebbe essere come un sogno che diventa realtà. Niente più alzatacce alle cinque della mattina per essere al lavoro prima delle sei. Niente più andare a dormire quando gli altri vanno a divertirsi. La mattina voglio rigirarmi nel letto fino ad annoiarmi. Voglio alzarmi e fare colazione con calma, nella mia cucina però, guardarmi la televisione in pigiama, spettinata e senza trucco. Voglio uscire la sera con gli amici e stare fuori fino a tardi – Simona sospirò forte e chiuse gli occhi pregustandosi quei momenti a lungo desiderati, – anche se questo potrà accadere solo una o due volte la settimana – si corresse, dopo un attimo, scrollando leggermente le spalle e voltando la testa in direzione del marito che la guardava con adorazione. – Ti prego, fa che non mi debba più alzare presto. Ti prego, ti prego, ti prego …

    – Lo so che odi alzarti presto la mattina. E, forse, ma solo forse, per questo ho accettato di cercare un locale da far diventare un pub e lavorarci di sera.

    – Ma smettila – lo canzonò Simona ridendo. – E adesso vorresti farmi credere che non è sempre stato il tuo sogno avere un locale dove servire birre e vini di qualità? Finalmente potrai mettere a frutto tutto quello che hai imparato nei tuoi interminabili corsi. Se quei corsi fossero state splendide donne ne sarei stata meno gelosa. – La risata cristallina di Simona si insinuò nelle orecchie di Claudio e lui la strinse ancora più forte.

    – E basta cappuccini.

    – Basta cappuccini, promesso.

    – Solo birre, vini e whisky pregiati, solo musica jazz e basta con la radio e i giornali radio e la pubblicità e …

    – Smettila. Questa volta andrà bene. Guarda che vetrine grandi ha. Fermati! Fingi di cercare qualcosa in tasca che osserviamo meglio.

    Senza preavviso, e sfoderando un sorriso sornione, Claudio prese la moglie per mano e la trascinò all'interno della paninoteca. Lei fece resistenza, gli indirizzò un'occhiata che avrebbe potuto fulminarlo, protestò sottovoce, ma finì con il seguirlo, anche se controvoglia, consapevole che lui l'avrebbe comunque incastrata perché lo aveva già pianificato. Quella in cui stavano entrando era una paninoteca storica, la prima aperta in città quando ancora i fast food erano qualcosa di esotico e lontano, i panini erano gonfi di leccornie, adagiati su tovagliolini ripiegati all'interno di un piatto di ceramica e non stretti in un involto di cartoncino che gli trasferiva anche il gusto, e le bibite crepitavano dentro bicchieri di vetro e non di carta.

    Erano quasi le sette di sera e c'era solo un tavolo occupato. Tre ragazzi, ognuno con il naso sul proprio telefono, mangiavano in fretta facendosi ognuno i fatti propri, anche se stavano seduti tutti attorno allo stesso tavolo e si scambiavano qualche grugnito ogni tanto. Mentre Claudio chiedeva dove potevano sedersi, Simona si guardava intorno cominciando già ad amare quel luogo e facendo mentalmente la lista delle cose che avrebbe voluto cambiare. C'era molto lavoro da fare per far diventare quel ritrovo per ragazzi un pub, ma si stava già innamorando della grande vetrata, sul fondo, che dava su un piccolo cortile interno. Lì avrebbe messo un paio di tavolini e una tenda da sole per proteggere i clienti, quando se ne sarebbero andati fuori a fumarsi una sigaretta, dall'umidità nelle lunghe serate invernali. Quel posto aveva tutte le potenzialità che stavano cercando da molto tempo e con poco successo. Ma adesso stava accadendo, mancava veramente poco affinché il loro sogno si realizzasse. Se chiudeva gli occhi, Simona poteva già vedersi proprietaria di quella nuova attività. E tutta la rabbia che aveva provato, quando Claudio l'aveva costretta ad entrare, svanì come la foschia mattutina ai primi raggi del sole.

    Quando si erano sposati, due anni prima, avevano messo insieme i loro risparmi e comprato un piccolo bar diurno, un bar ben avviato in cui, la mattina, non si aveva un attimo di pace e si arrivava a mezzogiorno con le gambe gonfie per il troppo stare in piedi. Anche quel locale era in pieno centro, una bella posizione che non aveva mai fatto mancare i clienti e, bisognava ammettere, le cose erano andate veramente bene per loro, i clienti vi accorrevano a frotte, erano amati e rispettati e tutti parlavano bene della loro professionalità. Ci sapevano proprio fare in quel lavoro e i guadagni erano aumentati in fretta, senza fatica e senza azioni eclatanti ma solo essendo se stessi, essendo gentili e abili nel capire cosa volessero le persone ancora prima che lo esprimessero. Grazie a quel piccolo bar, all'aroma di caffè e di brioche, di pane tostato e di origano, sparso sulle bruschette all'ora di pranzo, avevano messo da parte qualcosa e si erano schiariti le idee su quello che avrebbero potuto, ma soprattutto voluto, fare da grandi.

    In viaggio di nozze erano andati in Irlanda e lì avevano imparato ad amare i pub. Era stato a Belfast che Claudio aveva deciso come sarebbe stato il locale dei suoi sogni: un bancone che correva lungo il muro sinuoso come un serpente, tavoli e panche di legno scuro, solo prodotti di prima qualità e personale capace e preparato.

    Quell'amore che era nato prima in Claudio, e poi aveva messo radici anche in Simona, li aveva spinti a sognare, nelle lunghe ore serali che il bar lasciava libere, di come sarebbe stato bello lavorare in un posto simile. Ma, fino a qualche mese prima, non si era mai presentata l'occasione giusta, quella che stavano aspettando con ansia e paura, quella che loro avrebbero colto al volo, quella che li avrebbe fatti diventare adulti e pienamente consapevoli di avere tutta una vita da dividere.

    Due mesi prima, un amico li aveva informati che i gestori di quella paninoteca volevano vendere, ma la cosa non era stata sicura fino a due giorni prima, quando ne avevano avuto la conferma. Claudio aveva fiutato subito l'affare: la posizione era perfetta, in pieno centro ma con parcheggi comodi. La paninoteca non andava bene da anni, quindi il prezzo non sarebbe stato eccessivo, e poi c'era il fatto che era stata così famosa che la notizia di una sua riapertura, sotto forma di pub, avrebbe attirato i clienti come le luci attirano le falene. Con l'ansia e la gioia di intraprendere una nuova strada, si erano precipitai lì, appena avevano trovato un attimo di tempo, per vedere quel locale, un locale in cui Simona aveva mangiato spesso con le amiche, un locale che aveva tutte le caratteristiche per essere trasformato nel loro sogno, il sogno di una coppia che condivideva tutto con gioia ed entusiasmo.

    – È perfetto – sfuggì di bocca a Simona, addentando il pane bianco, ripieno di gamberetti e salsa rosa, che teneva stretto tra le mani.

    – Domani chiamo e fisso un appuntamento – le sussurrò il marito, togliendole un baffo di salsa dalla guancia.

    – Allora, lo facciamo!

    – Ci puoi scommettere.

    Pagarono il conto, osservando da tutte le parti, e uscirono lentamente cercando di mandare a memoria ogni più piccolo particolare che sarebbe tornato utile in seguito quando, tenendosi stretti sul divano e sorseggiando un bicchiere di vino, ne avrebbero valutato tutti i pro e i contro.

    Salutarono la donna che li aveva serviti con un sorriso di trionfo e, tenendosi per mano, lasciarono a malincuore il locale. Avrebbero voluto osservarlo con maggiore attenzione, ma non avevano né il tempo né la possibilità di farlo, anche se si fermarono qualche istante, all'esterno, per dargli un'ultima occhiata.

    Appena lasciarono il portico che proteggeva la grande vetrata, una pioggia fine e gelida li investì, saturando l'aria di umidità. Simona si osservò, riflessa sulla vetrina di un negozio, e vide una donna felice. Sì, era una bella ragazza, perché lei, a trent'anni appena compiuti, si considerava ancora una ragazza. Non molto alta, quella era la tara di famiglia, ma con un fisico snello che amava vestire con pantaloni attillati e magliettine che mettevano in mostra tutto quello che aveva. Anche se lei si era sempre considerata timida, le piaceva essere ammirata, soprattutto quando era sicura del successo che poteva ottenere il suo aspetto. Poi guardò il suo volto e lo trovò più luminoso del solito. Quella era la luce della felicità, una luce che sprizzava da ogni poro e che la rendeva ancora più bella. Sì, lei si considerava una ragazza fortunata e felice. Non aveva mai dovuto affrontare grossi problemi nella sua vita, a parte non essere una grande cima a scuola, anche se non era mai stata bocciata. Si era sempre considerata una studentessa mediocre, anche se le sarebbe piaciuto ottenere qualcosa di più dalle tante ore che aveva dedicato allo studio. Ma, a conti fatti, non aveva mai avuto grandi pretese e si era accontentata di quello che era riuscita a fare. Senza subire la pressione delle sue amiche più ambiziose, né condividendo la voglia di stare con le mani in mano delle più fannullone, era sopravvissuta agli anni della scuola e dell'adolescenza quasi senza subire colpi.

    Da bambina obbediente si era trasformata in adolescente tranquilla, per poi diventare una donna seria e responsabile. Aveva cominciato a lavorare a vent'anni, nel bar di un'amica della madre, e aveva conosciuto Claudio, tre anni prima, ad un corso per sommelier. Dopo averle dato un'occhiata, lui non aveva più avuto occhi che per lei, per quella ragazza dai capelli ramati e ricci, dal volto dolce e con le lentiggini, dall'espressione che passava in un attimo dal timido al curioso, dal brioso al pensieroso.

    Il loro non era stato un amore di quelli che tolgono il fiato, almeno non per Simona, ma si erano piaciuti, si erano frequentati e si erano resi conto che stavano bene insieme, così bene che un anno dopo avevano deciso di sposarsi. Era stato così facile prendere quella decisione, nulla li appagava di più che stare insieme, fare progetti insieme, trascorrere ogni minuto della giornata insieme, con la naturale conclusione che avevano deciso anche di lavorare insieme proprio in quel piccolo bar del centro dove, giorno dopo giorno, la loro sintonia era aumentata sempre più lasciando le clienti, assidue frequentatrici del locale, gelose del loro amore quasi paradisiaco.

    – Vuoi qualcosa da bere?

    – Un tè caldo, quello con la vaniglia se ce n'è ancora. Tutta l'umidità che c'è là fuori me la sento ancora addosso.

    – Se hai freddo so io come scaldarti.

    Erano tornati a casa e non avevano smesso, per un solo attimo, di fare progetti. Claudio aveva appena avuto il tempo di chiudere la porta alle sue spalle e di appoggiare la giacca sul divano che aveva raggiunto la moglie e le aveva circondato la vita sottile con le braccia, baciandola sul collo con un tocco così leggero che lei ne provò un piacevole solletico. Anche se erano sposati da due anni, a loro piacevano quei giochini da eterni innamorati, da eterni fidanzatini, e si godevano momenti da pubblicità di San Valentino come se il creato li avesse concessi solo a loro pensando, con tristezza, a tutte quelle coppie che, passando davanti ai loro occhi ogni giorno, a mala pena si rivolgevano la parola.

    – Il tè posso berlo anche dopo – sussurrò Simona sfilandosi le scarpe e lasciandole cadere sul pavimento. – Ma una doccia calda mi farebbe un gran bene – gli disse, ammiccando e facendo segno con un dito di seguirla.

    Ridendo, e baciando la moglie allo stesso tempo, Claudio la prese tra le braccia. Ogni volta che la sollevava si rendeva conto di quanto poco pesasse, e di quanto lo eccitasse quel corpo snello e flessuoso. La portò, senza alcuna fatica, verso il bagno. Deponendola sul tappeto, fece scorrere l'acqua della doccia affinché si scaldasse, sapeva che lei odiava l'acqua fredda, e la svestì senza toglierle gli occhi di dosso. Quella ragazza gli toglieva ancora il fiato, anche se non faceva nulla di eccezionale, anche se non era nulla di eccezionale. Lei non era una donna provocante, né un'amante travolgente, ma lo eccitava come nessun'altra donna era mai riuscita a fare. Anche quando lei lo sgridava, per aver lasciato i vestiti in giro per casa o per non aver rimesso la tazza sporca nel lavello, lo faceva in un modo tale che lui non si sentiva per nulla infastidito ma quasi divertito. Sì, quello era amore e Claudio era così preso dalla moglie da ritenersi l'uomo più fortunato del mondo. Pochi dei suoi amici potevano dire altrettanto.

    Finì di togliersi i vestiti, finì di togliere anche quelli della moglie e, insieme, si gettarono sotto la doccia. Era perfetto, tutto era perfetto, le loro vite stavano diventando perfette, magari non tutti sarebbe stati d'accordo su quella affermazione, ma per loro, sicuramente, era più che valida.

    Come accadeva spesso, trascorsero molto tempo ad accarezzarsi, a stuzzicarsi, a coccolarsi, fino a quando si ritrovarono sdraiati sul letto ancora in ordine, sfiniti ma felici.

    – Adesso ti va il tè?

    – Andiamo in salotto.

    Claudio passò alla moglie la tuta e si infilò dei pantaloni restando a torso nudo. Simona lo guardò dirigersi verso la cucina e si sentì rimescolare lo stomaco. Claudio era proprio prestante, un fisico atletico, un volto decisamente bello e si chiese cosa avesse mai trovato in uno scricciolo come lei, un folletto dai capelli rossi sempre arruffati, dal fisico esile e troppo asciutto, dalla pelle ricoperta di lentiggini, una donna dal fare delicato e quieto. Mai si era sentita così felice, anche il solo guardarlo la rendeva felice perché Claudio, oltre che ad essere bello fisicamente, era una bella persona dentro, di quelle che non tradiscono, di quelle che mettono i propri cari sempre davanti ai propri interessi, di quelle che ti fanno sentire meglio anche con una sola parola. Claudio era dolce, fedele, affidabile, in poche ma semplici parole, era il marito perfetto.

    – Ancora qualche settimana e poi non dovremo più andare a dormire con le galline per alzarci alle cinque del mattino.

    – Non vedo l'ora. Non ne posso più di andare al lavoro incontrando solo netturbini e camioncini per la consegna dei giornali.

    – E potremo concederci una vacanza prima di aprire il pub.

    – Ma c'è tanto lavoro da fare e poi ci vogliono molti soldi. Forse non dovremmo spendere troppo.

    – Non preoccuparti, ci sono soldi più che a sufficienza e sono sicuro che il pub andrà bene.

    Claudio, con il suo tono pacato e tranquillo, sarebbe riuscito ad infondere fiducia a chiunque. Se lui diceva che non c'erano problemi, sicuramente era così, e Simona ne era certa. Lei non era mai stata molto portata per le faccende materiali. Lei, a volte, si perdeva nei conti e, nel passato, a volte aveva fatto spese che non avrebbe dovuto. Ma Claudio era la sua roccia, una persona affidabile su cui contare sempre, una persona che quando diceva che si poteva fare una cosa allora la si poteva fare senza avere problemi. Claudio era un uomo con i piedi ben piantati per terra, era concreto, razionale, non faceva mai un passo in più di quanto potesse. E Simona sapeva di aver trovato proprio la persona che faceva al caso suo. Lei era cresciuta in una famiglia che non aveva mai avuto problemi economici, anzi, i soldi erano sempre stati abbondanti. Da adolescente riceveva settimanalmente una paghetta cospicua che le permetteva di comprarsi abiti e accessori alla moda e, anche dopo aver deluso i genitori con degli studi mediocri, aveva ottenuto il loro aiuto ogni volta che, con un semplice lavoro di barista, faticava ad arrivare a fine mese.

    Ma a quale donna non piace fare qualche acquisto costoso si diceva, tornando a casa con le borse piene e il senso di colpa che le mordeva l'anima, almeno fino a quando non indossava il nuovo acquisto e lo trovava stupendo.

    Sì, Simona lo sapeva, lei aveva la testa tra le nuvole, non aveva mai dovuto fare i conti con ristrettezze economiche e, quando aveva deciso di sposarsi e prendere in gestione quel piccolo bar con il marito, i genitori avevano aperto i cordoni della borsa come al solito. Lei non era passata per la trafila dei sacrifici per mettere da parte qualcosa, non era passata per i colloqui mortificanti con direttori di banca che si fanno vedere tanto importanti solo perché stringono, tra le loro mani, il futuro di una persona. Lei non aveva mai conosciuto l'umiliazione di essere senza soldi, ma non per questo si dava delle arie o non capiva, almeno a modo suo, i problemi di molte sue amiche che non navigavano certo nell'oro, faticavano ad arrivare a fine mese e magari non avevano genitori generosi pronti ad intervenire per alleviare le sofferenze delle figlie.

    Con Claudio aveva scoperto cosa volesse dire fare i conti prima di comprare qualsiasi cosa, cosa volesse dire pianificare il proprio futuro, cosa volesse dire fare dei sacrifici per veder realizzato un proprio sogno. Lui, a modo suo, le aveva insegnato cosa volesse dire essere adulti.

    Anche Claudio veniva da una famiglia agiata, una famiglia che lo aveva sempre sostenuto ma lui, a differenza di Simona, credeva che la vita bisognasse conquistarsela con le proprie forze e aveva sempre lavorato sodo per ottenere quello che desiderava e per realizzare i suoi sogni. E, uno sei suoi sogni più grandi, era sempre stato quello di aprire un pub in centro alla sua città, un locale speciale in cui servire prodotti di qualità, ascoltare musica di qualità, un ambiente sobrio ed elegante nello stile dei pub irlandesi. Sì, lui amava l'Irlanda dal profondo del suo cuore. Era stato là diverse volte e aveva voluto portarci anche la moglie in viaggio di nozze, con la speranza di condividere con lei le sue passioni. E c'era riuscito. Anche Simona aveva subito il fascino di quel mondo di locali a volte troppo fumosi, a volte troppo rumorosi ma che, con un tocco tutto femminile e tutto italiano, sarebbero stati la base perfetta per il loro futuro locale.

    Simona adorava il suo piccolo appartamento anche se, in quei giorni caotici, avrebbe dato chissà che cosa per vivere in una casa più grande. Nonostante i lavori si svolgessero solo al locale, anche la loro casa sembrava in fase di ristrutturazione. Avevano firmato il contratto quattro mesi prima e avevano iniziato subito i lavori per trasformare quella vecchia paninoteca in una nuova e fiammante birreria. All'inizio c'era stato l'entusiasmo a supportarli, ma poi era subentrata la fatica, la frustrazione dei continui imprevisti, dei ritardi, dei preventivi che sforavano sempre, ma anche la soddisfazione nel vedere che i loro sogni stavano prendendo forma. Si alzavano presto la mattina e andavano a dormire tardi la sera. Puzzavano di muratura fresca e di plastica nuova, mangiavano quando avevano tempo e senza troppe pretese, ma per loro non c'era mai stato un periodo più felice in tutta la loro esistenza. Si sentivano padroni di tutto il loro mondo, si sentivano in preda ad un'eccitazione che li faceva camminare ad un metro da terra e sentire lontani anni luce dai comuni mortali.

    Quello che, all'inizio di novembre, si era preannunciato come un autunno mite si stava trasformando nel preludio di un inverno rigido. Pioveva in continuazione e le pozzanghere, di cui la strada era piena, gelavano a tal punto che Claudio, quasi tutte le mattine, era costretto a rompere il ghiaccio per far uscire la macchina dal garage. Nonostante avessero venduto il bar, si alzavano ancora presto, all'inizio perché lo avevano fatto da così tanto tempo che si erano abituati e si sa, si fatica a staccarsi dalle proprie abitudini, e poi perché c'erano così tante cose da fare che le ore del giorno sembravano non bastare mai. Quando sgusciavano fuori dalle coperte, ancora assonnati e camminando come zombie, la casa era gelida e ci voleva una buona mezz'ora prima che cominciasse a riscaldarsi. Maledetti condomini con il riscaldamento centralizzato, brontolava Claudio mentre metteva l'acqua a bollire per il tè e faceva scorrere quella bollente del bagno affinché la stanza si scaldasse un po' prima che Simona ci entrasse. Solo quando erano ormai vestiti, e si ritrovavano in cucina per fare colazione, la stanza cominciava a intiepidirsi. Seduti uno di fronte all'altra, chiacchieravano con fervore e poi Claudio guardava dalla finestra valutando la situazione ghiaccio e decretando che, anche quella notte, la città era stata ammantata da una fitta coltre di nebbia che aveva finito con il gelare. Dalla finestra del bagno, lo sguardo poteva spaziare verso nord; i monti erano del tutto imbiancati e il cielo azzurro, del primo mattino, prometteva solo altro freddo.

    Poi uscivano da casa e andavano a combattere con operai, fornitori e uffici pubblici fino a quando scendeva nuovamente il buio e loro si ritrovavano stanchi morti con la frustrante sensazione di non aver concluso un granché.

    Un'altra giornata di lavoro era trascorsa troppo velocemente. Avevano fatto tutta la strada in auto, fino a casa, senza parlare, e non era da loro, ma erano esausti, ormai avevano finito le energie. Stavano attraversando il lungo viale alberato quando una raffica di vento fece ondeggiare, pericolosamente, quella selva di rami scheletrici. Sarebbe mai tornata la primavera, si chiedeva Simona intirizzita dal freddo, dal sonno scarso, dal mangiare poco e male, dal morale che stava cedendo.

    Qualche volta, anche se raramente, si concedeva una passeggiata, ma quelle piccole distrazioni non le procuravano più la gioia che le avevano dato prima dell'inizio dei lavori. A volte passava anche sul sentiero che costeggiava il fiume, ma tre giorni prima aveva deciso di rinunciarci, il terreno era così duro e gelato che non avrebbe mai voluto finire dentro l'acqua. Ormai non le importava più di nulla. Ormai non aveva più la forza neanche di farsi bella. Era stanca, non si era mai resa conto del potere di annientamento che racchiude la stanchezza, stanchezza fisica e mentale, stanchezza che in quel momento stava avendo la meglio su tutti i suoi sogni e su tutti i suoi buoni propositi.

    – Riusciremo ad aprire per il primo di dicembre. Ho sentito gli ultimi fornitori e adesso possiamo affermare che ci siamo.

    Simona era semisdraiata sul divano, le gambe accavallate sopra la spalliera, e aveva girato lo sguardo verso il marito quando lo aveva sentito aprire la porta. Era stanca. Non era mai stata così stanca in tutta la sua vita. E qualsiasi buona notizia, che fosse stata solo verbale, non aveva più il potere di metterla di buon umore.

    – Non possiamo rimandare ancora di più. – Con un balzo, Simona si mise a sedere e si portò le mani sulle spalle indolenzite, stringendo forte nel tentativo di riattivare la circolazione. Aveva l'aria preoccupata, un'espressione che non aveva quasi mai oscurato il suo volto sorridente.

    – Lo so, tesoro. Abbiamo quasi finito i soldi e abbiamo bisogno di lavorare, ma vedrai che andrà alla grande. Andrà tutto bene. Solo un ultimo sforzo e ci siamo.

    La donna fece segno al marito di andare a sedersi accanto a lei. Gli appoggiò la testa su una spalla e si accoccolò vicino a quel fisico forte che la sosteneva sempre. Cosa avrebbe dato per restare così per delle ore, senza pensieri, senza preoccupazioni. Non era abituata al soffocante bruciore della preoccupazione e la cosa la metteva a disagio, facendola sentire male nello spirito come nel corpo. Aveva bisogno del conforto e del calore di Claudio.

    – Non vedo l'ora che tutto ritorni alla normalità. Non avrei mai pensato di poterlo dire, ma voglio avere degli orari, degli impegni fissi e basta operai tra i piedi, basta polvere.

    Claudio l'attirò a sé e la baciò tenendola stretta. Quanto gli piaceva vederla così indifesa, quanto gli piaceva sentirla stringersi a lui come se fosse il pilastro su cui poggiava tutta la sua vita.

    Il primo di dicembre arrivò in fretta e l'inaugurazione era prevista per le sette di quella sera. Ci sarebbe stata molta gente, di questo ne erano sicuri. Claudio conosceva molte persone e in molti sarebbero accorsi per curiosare in quello che sarebbe stato un locale decisamente elegante e ben frequentato.

    Simona era pronta dalle quattro. Continuando a fare avanti e indietro, come una tigre in gabbia, nella grande sala preparata nei minimi dettagli, ogni tanto portava la mano al bancone in legno scuro, profilato di rosso mattone, e vi lasciava scorrere un dito. Poi controllava che tutto fosse in ordine e osservava con ansia le persone che si fermavano davanti alla porta. Anche se quella sera sarebbe stato tutto offerto, le persone presenti avrebbero fornito un'indicazione di come sarebbe stato il loro futuro.

    Simona si avvicinò alla grande vetrata e guardò fuori, la nebbia era così fitta che a mala pena si vedeva dall'altra parte della strada e l'oscurità era scesa presto quella sera. Non erano ancora le cinque e faceva già buio. Non era una gran giornata per inaugurare una nuova attività. Con il cuore che le batteva troppo forte nel petto esile, si guardò attorno. Era tutto perfetto, di che doveva preoccuparsi? I baristi erano arrivati puntuali e avevano indossato il grembiule con lo stemma del pub. Con fare professionale si aggiravano tra i tavoli per mettere salviette e dare gli ultimi ritocchi. Doveva rilassarsi o avrebbe combinato qualche guaio.

    Erano le sette e lo spettacolo stava per cominciare. Claudio aprì la porta e una moltitudine di persone si riversò all'interno. Era da un po' che stavano fuori ad aspettare. La temperatura era decisamente bassa, ma erano rimasti lì, ugualmente tranquilli, chiacchierando e ridendo. Tutti i segnali erano positivi, il futuro presagiva solo successi per loro.

    Quando Simona ebbe un attimo per guardare l'orologio, erano già le dieci e non si era fermata un solo momento. Non aveva lavorato molto, ma aveva chiacchierato tanto e svolto un ruolo che, durante un'inaugurazione, era fondamentale: rendersi simpatici e accaparrarsi futuri clienti. Molte persone le conosceva già, altre le aveva viste per la prima volta quella sera ma, ogni volta che guardava tutti i tavoli pieni, uomini e donne di varie età in piedi davanti al bancone o, fuori, sotto al portico, perché all'interno non c'era più posto per muoversi, si sentiva il cuore riboccante di felicità. Lei e Claudio avevano realizzato il loro sogno e quel posto sarebbe andato bene, ne era sicura.

    Era l'una passata quando riuscirono a mandare via gli ultimi amici passati per un saluto ed erano esausti. Esausti ma felici, esausti ma con ancora una montagna di energia in corpo. Era da mesi che Simona non sentiva tutta quell'elettricità attraversarle le vene e darle una carica che non la faceva stare un attimo ferma o zitta.

    – Hai fame?

    La voce di Claudio, quando le arrivò alle spalle non visto, la colse di sorpresa e la fece sussultare.

    – Non ho mangiato nulla stasera e non ho per niente fame. Penso di essere solo stanca. Anche se sono sicura di non riuscire a chiudere occhio stanotte.

    – Dovresti mangiare lo stesso. Sei così magra che ho paura che un colpo di vento ti porti via – la prese in giro il marito. Lui adorava la linea sottile della moglie, anche se la esortava spesso a prendere qualche chilo.

    – Non ho voglia di mangiare qui. E a quest'ora sarà già tutto chiuso.

    – Ti ricordi di quando tornavamo dalla discoteca e ci fermavamo a quel furgoncino che sta sotto al cavalcavia? Dicevi che i suoi panini erano i migliori che avessi mai assaggiato. Ed è aperto tutta la notte, quindi niente scuse sull'orario per saltare il pasto.

    – Mi hai proprio incastrato. – Simona sorrise e

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1