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Elettra
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Ebook65 pages39 minutes

Elettra

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About this ebook

Oreste, figlio di Agamennone, torna dopo molti anni a Micene in incognito. Su ordine di Apollo, deve vendicare la morte del padre, ucciso dalla moglie Clitennestra e dal suo amante Egisto per usurparne il regno. Da bambino Oreste stesso aveva corso il rischio di essere ucciso in quanto erede al trono, e solo l'intervento della sorella Elettra lo aveva salvato. Questa, infatti, l'aveva affidato in segreto ad un uomo focese, che si era preso cura di lui. Da quel giorno Elettra vive nella speranza che Oreste un giorno possa tornare a vendicare il padre. Quando ciò avviene, Elettra elabora col fratello un piano per attuare la loro vendetta.
Edizione integrale con indice navigabile.
LanguageItaliano
Release dateDec 22, 2018
ISBN9788829581382
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    Elettra - Sofocle

    ELETTRA

    Sofocle

    Traduzione di Felice Bellotti

    © 2018 Sinapsi Editore

    PERSONAGGI

    L'AJO DI ORESTE.

    ORESTE.

    PILADE CHE NON PARLA.

    ELETTRA.

    CORO DI DONZELLE DI MICENE.

    CRISOTEMI.

    CLITENNESTRA.

    EGISTO.

    Scena, piazza avanti alla regia in Micene.

    ELETTRA

    L'AJO di Oreste, ORESTE e PILADE.

    AJO.      O figliuol del supremo ad Ilio un tempo

    Duce de' Greci Agamennóne, or puoi

    Qui riveder ciò che bramato hai sempre.

    Ecco, Oreste: l'antico Argo egli è questo,

    Di che avevi desío ; dell'asillita

    D'Inaco figlia è quello il luco; e quello

    È il consecrato al lupicída nume

    Foro Licéo . Quel che a sinistra sorge,

    L'inclito tempio è di Giunone;  e vedi

    Qua la ricca Micene, ove siam giunti,

    E questa de' Pelópidi infelice

    Casa,  d'onde io dalla germana tua

    Te un dì sottratto alla paterna strage

    Mi tolsi, e salvo a questa età ti crebbi

    Vendicator del trucidato padre.

    Or tosto, Oreste, e tu, Pilade amato,

    È da pensar che far si dee. La chiara

    Luce del Sole i matutini versi

    Muove già degli augelli, e la stellante

    Atra notte sparì: pria ch'uom fuor esca,

    Un consiglio fermate. A tal noi siamo,

    Che di prest'opra, e non d'indugi, è tempo.

    ORESTE.      Oh de' miei famigliari il più diletto,

    Come buono e amoroso a me ti mostri!

    Qual destrier generoso che non perde

    Per vecchiezza gli spirti, e ne' cimenti

    Porta ritti gli orecchi, in simil guisa

    E noi tu spingi, e vai tu inanzi il primo.

    Io t'aprirò l'avviso mio; tu dammi

    Attento ascolto: inopportuna cosa

    Ove sia ch'io ne dica, e tu l'emenda.

    Quando io venni all'oracolo di Delfo

    Per saper di qual modo imprender debba

    Degli uccisor del padre mio vendetta,

    Questo responso il dio mi diè: ch'io stesso

    Senza d'armi e d'armati aperta forza,

    Tragga con arte a giusta morte i rei.

    Sì disse Apollo. Or tu nel regal tetto

    A tempo e loco entrando, osserva, indaga

    Che vi si fa, per dar di tutto intera

    Contezza a noi. Te per la lunga assenza,

    E mutato dagli anni, alcun non fia

    Che più ravvisi o ti sospetti; ed usa

    Un siffatto parlar: che sei Focense;

    Che Fanóteo ti manda; — è di costoro

    Massimo amico;  — e ad essi annunzia e giura

    Che morto è Oreste per avverso caso,

    Giù traboccando dal cocchio corrente

    Ne' Pitii ludi.  Altro non dir che questo.

    E noi, poi che del padre avrem la tomba

    (Come ne impose il dio) co' libamenti

    Venerata, e col raso onor del capo,

    Qua portando verrem quella di bronzo

    Urna che ascosa abbiam fra' cespi, il sai,

    E la falsa novella a lor gradita

    Recherem, che il mio corpo estinto ed arso

    Chiuso è in quell'urna. A me che fa, se morto

    Solo in parole, io son pur vivo in fatto,

    Ed onor ne ritraggo? Io nullo accento

    Ch'utile sia, malauguroso estimo.

    So che ancor de' gran savii un falso grido

    Corse di morte, e quando alle lor case

    Tornaron poi, n'ebber più pregio e fama;

    Ed io così dalla mentita morte

    Sorger m'affido, e sfolgorar com'astro

    Terribilmente agl'inimici miei.

    Oh tu patria mia terra, oh patrii numi,

    Fausti or me che a tant'uopo or qui ritorno,

    Accogliete; e tu pur, paterna casa,

    Chè giustamente ad espïarti vengo

    Per impulso divino. Inonorato

    Di qua non rimandatemi; ma

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