Dio e l'aldilà: due ipotesi scientifiche
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Dio e l'aldilà - Edoardo Jacopo Bruno
Note
INTRODUZIONE
L’illusione di Dio di Richard Dawkins è stato sicuramente il saggio che negli ultimi anni ha provocato numerose discussioni tra atei e credenti. La tesi presente nel testo che Dio è solamente un’illusione, ha portato i fedeli delle religioni rivelate a criticare ferocemente Dawkins, al contrario dei non credenti che hanno posto il suo libro tra i capolavori immortali della letteratura atea.
La diversità dei giudizi riguardo i contenuti dell’ Illusione di Dio è stata sottolineata anche dallo stesso biologo inglese che nella prefazione alla seconda edizione afferma: La stragrande maggioranza di coloro che hanno inviato il loro commento ad Amazon (un migliaio al momento in cui scrivo) ne ha parlato in termini entusiastici. Mentre i critici di quotidiani e riviste sono stati meno benevoli.
[¹]
Per Dawkins le frasi usate dai critici e anche dai non credenti, con lo scopo di difendere l’importanza delle religioni all’interno di una società, come sono ateo ma
[²] o un tempo era ateo ma
[³] si concludono inevitabilmente con termini inutili o qualunquisti.
Prima di aprire il libro di Dawkins rientravo nella categoria di coloro che dichiaravano di credere al 100% che non esisteva nessun tipo di Dio e aldilà. Dopo aver letto l’opera di Dawkins ho capito che non avevo approfondito nei particolari la questione, dato che non avevo studiato alcune tematiche fondamentali.
Non avrei avuto problemi a scrivere un libro dove dichiarare di essere ateo, ma lo studio della struttura dell’universo e il problema di spiegare i motivi per cui gli esseri viventi sono dotati di una coscienza mi hanno portato a credere in Dio e nell’aldilà, anche se molto diversi da quelli presenti nei Testi Sacri dell’ebraismo, dell’islamismo e del cristianesimo.
A partire dal pensiero di Richard Dawkins, ho approfondito i misteri riguardanti l’origine dell’universo e della vita cercando di arrivare a delle conclusioni originali sulle questioni relative al rapporto tra scienza e fede. La maggior parte delle analisi sull’ Illusione di Dio è permeata da giudizi totalmente positivi o negativi dovuti alle personali idee sulla religione degli autori che si sono posti lo scopo di scrivere una recensione inerente il testo di Dawkins. L’illusione di Dio va invece studiato tenendo conto delle luci e delle ombre del pensiero del biologo inglese. Egli auspica che i lettori religiosi che lo apriranno saranno atei quando lo chiuderanno
[⁴] . Personalmente posso sostenere la seguente frase: un tempo ero ateo ma dopo aver letto L’illusione di Dio ho smesso di esserlo.
PRIMO CAPITOLO: DIO, L’ALDILÀ E L’UNIVERSO
1. IL BIG BANG
Uno dei paragrafi più importanti dell’ Illusione di Dio di Richard Dawkins è quello intitolato Il principio antropico: versione cosmologica in cui il biologo inglese approfondisce le problematiche inerenti l’origine dell’universo citando l’opera intitolata I sei numeri dell’universo di Martin Rees. Nel suo testo il cosmologo inglese descrive le sei costanti indispensabili per formare un universo adatto alla vita:
1. Il cosmo è così vasto perché esiste in natura un numero N incredibilmente grande e di importanza cruciale, pari a 1.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. Questo numero è il rapporto tra l’intensità delle forze elettriche che tengono insieme gli atomi e la forza di gravità che agisce tra di loro. Se N avesse qualche zero in meno, potrebbe esistere solo un universo in miniatura e di breve durata: non potrebbero esserci creature più grandi di insetti e non vi sarebbe tempo a sufficienza per l’evoluzione biologica.
2. Un altro numero ε (epsilon), il cui valore è 0,007, definisce l’intensità del legame tra nuclei atomici e il modo in cui tutti gli atomi sulla Terra sono stati generati. Il suo valore controlla la potenza irradiata dal Sole e, in modo più sensibile, la maniera in cui le stelle tramutano l’idrogeno in tutti gli atomi della tavola periodica. A causa di ciò che avviene nelle stelle, il carbonio e l’ossigeno sono comuni, mentre l’oro e l’uranio sono rari. Se ε fosse 0,006 o 0,008, noi non potremmo esistere.
3. Il numero cosmico Ω (omega) misura la quantità di materia nel nostro universo, galassie, gas diffuso e materia oscura. Ω ci informa della rispettiva importanza di gravità ed energia di espansione nell’universo. Se questo rapporto fosse troppo alto, relativamente a un particolare valore critico, l’universo sarebbe collassato molto tempo fa; se fosse stato troppo basso, non si sarebbero formate né stelle né galassie. Sembra che la velocità iniziale di espansione sia stata finemente sintonizzata.
4. La misurazione del quarto numero, λ (lambda), è stata la più grande novità scientifica del 1998. Una nuova forza insospettata, un’antigravità cosmica, controlla l’espansione del nostro universo, anche se non ha alcun effetto percettibile su scale inferiori a un miliardo di anni luce. Essa è destinata a diventare sempre più predominante sulla gravità e le altre forze quando il nostro universo diventerà sempre più scuro e vuoto. Fortunatamente per noi (e molto sorprendentemente per i teorici) λ è molto piccolo; altrimenti il suo effetto avrebbe arrestato la formazione di stelle e galassie e l’evoluzione cosmica sarebbe stata soffocata prima ancora di poter iniziare.
5. I semi di ogni struttura cosmica stelle, galassie e ammassi di galassie erano tutti impressi nel Big Bang. Il tessuto del nostro universo dipende da un solo numero, Q , che rappresenta il rapporto fra due energie fondamentali e il cui valore è circa 1/100.000. Se Q fosse ancora più piccolo, l’universo sarebbe inerte e senza struttura; se Q fosse molto più grande, l’universo sarebbe un posto violento, in cui non potrebbero sopravvivere né stelle né sistemi solari, un luogo dominato da grandi buchi neri.
6. Il sesto numero fondamentale è noto da secoli, sebbene sia ora considerato da un nuovo punto di vista. È il numero delle dimensioni spaziali del nostro mondo, D , ed è uguale a 3; se fosse uguale a 2 o a 4, la vita non potrebbe esistere. Il tempo è una quarta dimensione, ma è notevolmente differente dalle altre poiché possiede un verso privilegiato: noi andiamo solo verso il futuro. In prossimità dei buchi neri lo spazio è così deformato che la luce si muove in circolo e il tempo può rimanere fermo. Inoltre, vicino all’istante del Big Bang, e anche su scale microscopiche, lo spazio può rivelare la sua più profonda struttura di base: le vibrazioni e le armonie di oggetti, chiamati super stringhe, in un’arena a dieci dimensioni. [⁵]
Le costanti elencate da Rees pongono la domanda se l’universo è stato creato da un Dio oppure è frutto del caso.
Fino all’inizio del XX secolo gli scienziati credevano che l’universo fosse infinito ed eterno. Nel 1927, però, il fisico gesuita Georges Lemaître iniziò a scrivere una serie di articoli in senso opposto. Gli studi di Lemaître provocarono notevoli discussioni all’interno del mondo scientifico. In generale il fisico gesuita venne accusato di usare la scienza per fini religiosi poiché la tesi secondo cui il cosmo aveva avuto un preciso inizio nel passato ricordava il libro della Genesi. Successivamente, nel secondo dopoguerra, il modello del Big Bang subì l’attacco proveniente dalla teoria dello stato stazionario elaborata da Fred Hoyle, Hermann Bondi e Thomas Gold per i quali l’universo viene considerato senza inizio né fine.
Oggi nel mondo accademico quasi nessun ricercatore mette in dubbio la teoria del Big Bang perché è stata confermata dalle seguenti osservazioni: l’espansione dell’universo, la radiazione cosmica