Il segreto dell'aldilà
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Il segreto dell'aldilà - Antonio Sobrio
dell'aldilà
Antonio Sobrio
Il segreto dell'aldilà
ISBN | 000-00000-000000
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Youcanprint.it
PRIMA PARTE
Prologo
Quando si ridestò, Giacinto avvertì una sensazione di leggerezza mai provata prima. Rimase per qualche attimo immobile, il tempo necessario a riprendere coscienza e riattivare le forze in muscoli e articolazioni dopo di che, nel tentativo di alzarsi, facendo leva sul bacino realizzò di trovarsi su un fondo piuttosto duro e accidentato.
Dove sono?
pensò incredulo, come quando ci si sveglia convinti di essersi addormentati nel proprio letto e invece dopo qualche istante ci si ricorda di averlo fatto in un altro, stentando a orientarsi.
Era disteso lateralmente, con le braccia proiettate in avanti, posizione che era solito assumere quando dormiva, ma non ricordava assolutamente cosa fosse successo. Se si fosse addormentato, se fosse svenuto. Buio totale.
Trascorse in quella posizione ancora qualche secondo, dopo di che provò ad aprire gli occhi ma una luce chiara e intensa lo abbagliò, costringendolo a richiuderli immediatamente.
Ci riprovò ancora qualche istante dopo, riuscendo questa volta ad aprire giusto uno spicchio di occhio, quel tanto che bastava per mettere a fuoco la vista. Le pupille evidentemente avevano iniziato ad adattarsi al chiarore che lo circondava.
Quello che vide fu allo stesso tempo terribile e meraviglioso.
1
Cime di monti altissimi, irregolari, si stagliavano in un cielo limpido e senza nuvole, di un blu intenso, irreale. La vegetazione era rigogliosa fin sulle vette, aumentando man mano che la vista procedeva verso il basso, facendosi sempre più fitta. Chiome d'alberi di un verde altrettanto intenso svettavano su ogni altra cosa, fino a confluire in uno specchio d'acqua dalla superficie piatta e senza la minima increspatura. Se non fosse stato per il fondale, visibile nei suoi minimi dettagli, avrebbe potuto sembrare coperto da una lastra di vetro.
Il tutto giaceva in una totale e surreale assenza di vento e nella quiete più assoluta.
Giacinto continuò a guardarsi intorno incredulo, a bocca aperta.
Come diamine ci sono finito in questo posto?
continuava a ripetersi, mentre alla meraviglia iniziale stava gradualmente subentrando sempre di più un senso di agitazione, smarrimento, quasi di paura, come testimoniava perfettamente l'improvvisa e sopravvenuta necessità di urinare, pur non avendone lo stimolo fisiologico.
Con la mano sinistra fece leva per alzarsi e mettersi quasi seduto, ancora poggiato su di un fianco, cercando in tutti i modi di ricordare come e quando fosse finito in quel posto, senza tuttavia riuscirci.
Forse sto sognando
fu il suo pensiero successivo, toccandosi il viso e le gambe per capire se avessero consistenza, ma il tempo continuava a trascorrere senza che cambiasse assolutamente niente, né tanto meno riuscisse a svegliarsi.
In quello stesso istante iniziò a ricordare.
2
"Era a casa sua, disteso sul letto. Intorno a lui tante persone lo osservavano con viso triste e rassegnato: parenti, amici, conoscenti. Qualcuno piangeva, qualcun altro gli teneva la mano o semplicemente gli stava seduto accanto. Tra questi sua moglie, Caterina, donna che gli era sempre stata vicino, per tutta la vita, pur se il sentimento che li aveva legati nei primi anni di matrimonio, e soprattutto di fidanzamento, si era gradualmente affievolito nel corso del tempo. Ma era normale che avvenisse, nell’ordine delle cose. Nonostante tutto avevano sempre convissuto con grande dignità, cercando di tollerarsi e rispettarsi a vicenda, legati in maniera particolare dall'amore per i due figli, Giuliano e Benedetta, e per i due splendidi nipotini che quest'ultima gli aveva donato, Simone e Martina.
Proprio Benedetta, la figlia maggiore, era seduta alla sua destra, accanto alla madre, con viso crucciato e arrossato dal pianto. Aveva sposato Paolo, un uomo di buona famiglia, laureato in ingegneria e impiegato in un'azienda di telecomunicazioni. Lei invece, dopo la maternità, aveva deciso di dedicarsi interamente alla famiglia, lasciando almeno momentaneamente il lavoro da impiegata presso una società di assicurazioni.
Giuliano era all'altezza della porta della stanza, con una spalla poggiata a un'anta e lo sguardo che alternava nervosamente tra pavimento e letto dov'era disteso suo padre. Il loro rapporto era da sempre stato piuttosto complicato e turbolento, soprattutto a causa della differenza di vedute su alcuni aspetti della vita, ma non per questo aveva smesso di volergli bene. Erano legati dallo stesso sangue, da un legame che può crearsi solo tra un genitore e un figlio, nutrendo nei suoi confronti grande affetto e senso di gratitudine per averlo cresciuto e sostenuto sempre, anche quando non aveva condiviso le sue scelte.
Diversamente, tra Giacinto e Benedetta si era creato un rapporto molto più intimo e affettuoso, come spesso avviene tra padre e figlia.
Giacinto li guardava, pensando che avrebbe potuto essere l'ultima occasione per farlo, ma in maniera serena, senza rimpianti, consapevole di aver fatto il massimo per crescerli ed educarli nel miglior modo possibile, senza mai fargli mancare niente.
3
Stava morendo. Adesso ricordava.
Ma allora quello in cui si trovava era l'aldilà? Il Paradiso?
Dall'aspetto si sarebbe detto proprio di sì. In fondo era molto simile a come lo aveva sempre immaginato.
Quel pensiero ebbe l'effetto di spazzare via immediatamente dalla sua mente e dal suo cuore ansia e preoccupazione, facendo subentrare al loro posto un senso di benessere e tranquillità, favorito dalla constatazione di trovarsi in un luogo meraviglioso che non sembrava presentare nessuna insidia né pericolo.
Finalmente avrebbe scoperto il mistero dell'esistenza, cosa si nasconde oltre il confine della vita, dopo averlo solo potuto immaginare e supporre tante volte durante il suo passaggio sulla Terra.
Era arrivato al momento della verità e lo aveva fatto come meglio non poteva, sereno, aspettando di scoprire cosa lo aspettasse senza timore. La malattia lo aveva portato a vivere gli ultimi anni abituandosi gradualmente all'idea, tanto da arrivare al punto da accettare la morte come naturale conclusione del suo cammino. A differenza di tutte le volte che aveva provato a farlo fino a pochi anni prima, a partire dal giorno in cui, ancora bambino, si era interrogato per la prima volta sul suo significato.
In fondo nonostante i se, i ma, i se potessi tornare indietro
(ma chi è che non li ha avuti nella vita?) non sentiva di avere grossi rimpianti. Nonostante non si fosse sempre comportato come avrebbe dovuto
e voluto, ma era umano, considerando tutti i limiti legati alla sua specie, ed era sicuro che anche Dio, con la sua infinita bontà e misericordia, lo avrebbe capito e accolto al suo fianco.
Piuttosto sorrideva al pensiero di quante volte aveva pensato al Paradiso come circondato da nuvole bianche e soffici, proprio come nei film e nelle pubblicità. In fondo avrebbe dovuto aspettarselo che sarebbe stato diverso, pur se ugualmente meraviglioso.
Stanco della posizione che aveva precedentemente assunto, fece leva su entrambe le braccia per alzarsi e osservare meglio il panorama, quando una voce del tutto inaspettata, proveniente alle sue spalle, lo fece letteralmente sobbalzare e ricadere al suolo.
4
«Il signor Giacinto Berani?»
Giacinto si voltò di scatto, con lo sguardo ancora turbato, rannicchiandosi in posizione fetale, ma gli bastarono pochi secondi per sentirsi nuovamente rassicurato e sollevato. Di fronte a lui due figure umane, alte e snelle, dall'aspetto piuttosto giovani, anche se non era facile stabilirne l'età precisa, lo guardavano con il sorriso stampato sul volto, come di chi sia giunto per annunciare buone notizie. Indossavano delle grosse tuniche che gli arrivavano fino alle caviglie, di un bianco candido, luminoso, da farli apparire quasi irreali, con i piedi scalzi, barba ben curata e capelli neri leggermente incolti.
«Sì, sono io» rispose Giacinto rincuorato da quella visione.
«Venga con noi» lo invitò uno dei due, dalla voce presumibilmente lo stesso che aveva già pronunciato il suo nome pochi istanti prima. L'altro, fino al momento ancora in silenzio, continuava a mantenere imperturbabile la stessa espressione del viso, amichevole e sorridente.
Tempo ancora qualche secondo ed entrambi gli uomini si voltarono, iniziando a camminare.
«Certo» ribatté Giacinto, rimasto per qualche attimo immobile a osservarli, senza rispondere, costretto a un grande sforzo per alzarsi e seguirli in tutta fretta, senza neanche il tempo per riuscire a chiedergli chi fossero e dove lo stessero accompagnando.
Avrebbe voluto provarci poco dopo, mentre i due erano in cammino, ma si voltarono giusto per un istante, limitandosi semplicemente a sorridergli, come avevano fatto fino a quel momento, senza fermarsi né rallentare l'andatura.
Devono essere angeli. Mi staranno portando al cospetto di Dio
pensò Giacinto, non potendo evitare di provare a quel pensiero un improvviso brivido che gli attraversò la schiena, dalla prima all'ultima vertebra. Era convinto che sarebbe stato accolto bene ma, come prima di un esame, anche se si è studiato bene tutto il programma, finché non si conosce l'esito non si può essere certi che sarà positivo.
La strada era in salita, scoscesa e accidentata, ma i due uomini, che sembravano diretti verso la cima del monte che li sovrastava, il più alto di tutti, la percorrevano con il massimo della naturalezza, come se stessero procedendo su un tappeto. Decisamente più faticoso era il compito per Giacinto, costretto a districarsi tra pietre e rocce che gli ostruivano il cammino, ma riuscendo nonostante tutto a mantenersi sulla loro scia senza perdere troppa distanza dai due.
Mentre camminava si guardava intorno, compiacendosi di