Nel mondo della musica. Vol.3 - Tomo III. Opera e musica strumentale tra Sei e Settecento
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Nel mondo della musica. Vol.3 - Tomo III. Opera e musica strumentale tra Sei e Settecento - Emiliano Buggio
Sommario
Premessa
Il testo
Appendici, spartiti e materiale online
Come fare storia della musica
Il terzo Tomo
Capitolo XI
L’opera in musica nel Seicento
Precedenti e presupposti
Le sacre rappresentazioni
Tragedie, commedie, favole pastorali ed intermedi
A Firenze
La camerata fiorentina. Recuperi filologici
.
Ferrara e Venezia
Monodia e basso continuo
L’anno milleseicento
Testo e musica
Aria e recitativo
Opera da Principi
A Roma
A Venezia: l’impresario
La struttura economica
Monteverdi a Venezia
Ancora sulle convenzioni
Francesco Cavalli
La Didone di Cavalli
L’opera si diffonde nella penisola
La diffusione oltralpe
La tragédie lyrique
Appendice al Capitolo XII
Strumenti musicali e musica strumentale
Studio e classificazione degli strumenti
Nella notte dei tempi
Le antiche civiltà
Altrove
L’Europa prima dell’anno Mille
Gli strumenti dopo il Mille
Il Rinascimento
La musica strumentale e il suo ambiente
Trattati
La musica
Le prime intavolature
In Italia. Ricercare e canzone
La musica per organo in Italia
Musica per complesso strumentale
Capitolo XII
Musica, teoria, prassi nel Seicento
Il contrappunto e la teoria musicale. Il Rinascimento
Antichi e moderni
Bologna: Pareja, Burzio, Spataro
Gioseffo Zarlino
Il Seicento
La didattica
La musica della chiesa cattolica
Girolamo Frescobaldi
La Messa della Domenica
I due libri di Toccate
L’oratorio in lingua volgare
L’oratorio in latino
Una questione di parole: barocco e concerto.
Capitolo XIII
All’alba del Settecento. Il Concerto
La rivoluzione scientifica
Tentazioni mistiche e studi scientifici
Il sistema temperato
Il concerto e il pubblico
Verso il concerto grosso
La Sinfonia avanti l’opera
Il violino
Il Concerto grosso
Arcangelo Corelli
Opera VI: i Concerti grossi
Oltre a Corelli: forme e autori
Antono Vivaldi
Il mercato editoriale
L’Estro armonico op. III
Il Concerto in re minore, RV565
La forma con ritornello
L’orchestra
Capitolo XIV
L’opera da riformare
Il funzionamento del teatro
L’aria
Le altre parti musicali
Cantanti, belcanto e divismo
La riforma
dei letterati
Apostolo Zeno
Reale e verisimile
Alessandro Scarlatti
I melodrammi
Metastasio
La vita
I drammi per musica
A Napoli
L’opera seria
Pergolesi
Capitolo XV
Händel e Bach
Händel
A Londra
Oratori
Altre composizioni
Johann Sebastian Bach
Musica vocale
La produzione per strumenti a tastiera
I concerti e la musica cameristica di Bach
Le opere speculative
La produzione per strumenti a tastiera
Le scuole cembalo-organistiche tedesche
In Francia
Invenzione e riciclo
Appendice al capitolo XV
Armonia e polifonia
Il preludio e fuga in do maggiore BWV 547
Il soggetto inverso
La Triosonata in do minore, n. 2, BWV 526
Emiliano Buggio
Nel mondo
della musica
Volume 3 – Tomo III
Opera e musica strumentale tra Sei e Settecento
Premessa
Il testo
Questo è il III volume, e dal momento che è un terzo volume, ci sono due volumi che lo precedono.
Ma potrebbe aver senso leggerlo senza aver mai visto quei primi due volumi.
I primi due volumi hanno l’obiettivo di porre le basi cognitive e metodologiche, quasi fossero una sorta di grammatica del linguaggio musicale storico: con il terzo volume inizia il vero racconto della storia della musica.
La materia è costitutivamente multidisciplinare. Ma chi scrive intende la multidisciplinarietà non come una serie di finestre da aprire, temporaneamente, sul campo di una disciplina più o meno affine. Né come la pretesa, di volta in volta, di fare brevi sunti di quanto gli studenti affrontano in altre materie.
Si è preferito parlare di storia della musica, e quando necessario, non interrompere il discorso per una digressione, un collegamento
ad altra materia, aprendo una finestra all’interno di quanto si stava trattando. Studiando la musica del Trecento in Italia, si darà per scontato che in Italiano sia stato affrontato Dante; che gli studenti conoscano la Divina Commedia; che abbiano letto almeno qualche novella di Boccaccio. Non sarà certo necessario riempire una pagina con un più o meno approssimativo riassunto di quanto han fatto, e meglio, con il docente di italiano: si faranno richiami, più estesi quando necessario ai fini degli argomenti musicali.
Allo stesso modo, nel trattare Sant’Agostino, non si pretende certo di chiarire il pensiero del grande filosofo cristiano: ci si concentra sulle questioni musicali (in genere tralasciate dai manuali di filosofia), mentre per tutto il resto si farà riferimento alle lezioni di Filosofia.
In sintesi, per multidisciplinarietà si intende, qui, l’apporto delle diverse discipline ad uno specifico argomento, e non il richiamo, attraverso schede ed approfondimenti, ad argomenti studiati, o che si studieranno, in altre discipline.
Lo stesso cinema non è mai un pretesto per riempire una pagina con regista, interpreti e trama di un qualche film che in svariati modi può avere a che fare con un autore trattato; la produzione cinematografica (cui è dedicato un capitolo intero nel I volume) è intesa come il distillato dello spettacolo del XX secolo, e sfrutta convenzioni che, dal momento che sono ampiamente condivise, rappresentano il nostro modo normale
di intendere un racconto. Quindi, eventuali digressioni al riguardo saranno inserite non come escrescenze rispetto a quanto si sta dicendo, e senza far riferimento ad un particolare film come se rappresentasse una fonte musicale
da cui attingere informazioni, bensì ritenendo i meccanismi cinematografici delle strutture narrative e di pensiero, utili per comprendere i meccanismi del fare musicale.
In questo modo il discorso può procedere sempre continuo, senza interruzioni. Ed anche questo è un obiettivo del presente testo: un’esposizione organica ed omogenea, non frastagliata in elenchi, schemi e glossari.
Per quel che riguarda le analisi dei brani musicali, sono semplicemente fondamentali. A volte si limitano ad un generico richiamo alla forma del brano; altre volte si concentrano su dettagli minuti; altre ancora abbracciano parti cospicue. La loro funzione è sempre quella di chiarire quanto si va dicendo della storia della musica.
Appendici, spartiti e materiale online
Le Appendici sono e veri e propri capitoli, che ampliano quanto contenuto nei capitoli di cui sono, appunto, appendici.
Spartiti, partiture ed immagini indicate nel testo si possono reperire QUI.
Come già per i volumi I e II, non sono stati allegati spartiti o partiture, né antologie di brani. Questo è un libro di Storia della musica, non una silloge di spartiti. Si preferisce far riferimento o al negozio di musica sotto casa (nella speranza che ci sia), oppure a siti internet che forniscono una quantità di materiale impossibile da eguagliare per qualunque antologia. Ricordiamo almeno il sito http://imslp.org/
Quasi la totalità dei brani citati è lì reperibile.
I brani citati sono in buona parte vocali: internet, in questo campo, non ha eguali, e ci limitiamo a suggerire il solito Youtube... Il grande pregio del web è poter avere numerose versioni dello steso brano, con interpreti differenti, strumenti vari, luoghi diversi…
Come fare storia della musica
Come in ogni libro che in qualche modo si occupa di storia, chi scrive ha dovuto fare delle scelte.
Nel nostro caso, si doveva scegliere che tipo di storia raccontare: una coinvolgente narrazione un po’ romanzata, con carrellata delle maggiori personalità della storia della musica (pratica desueta ma non priva di fascino e sicuramente efficace; pensiamo a quanti libri servirebbero per compensare, quanto ad efficacia su giovani discenti, un solo film come Amadeus …) oppure considerare come protagonista principale l’opera (messa in relazione alle opere precedenti, o ai fattori politici, sociali, economici, o alle modalità di composizione e ricezione, ai gusti e valori dominanti), o ancora occuparci più in generale di generi, forme e stili (inquadrandoli in comode periodizzazioni già confezionate in altre discipline); fare riferimento allo spirito di una data epoca, oppure considerare l’opera come oggetto astorico in grado di sopravvivere alle contingenze del periodo che l’ha vista nascere; dar fiducia alla nozione di causa-effetto (e come negarne la validità?); ispirarsi al modello organicista (ogni cosa nasce, ha un’infanzia in cui è imperfetta, primitiva, raggiunge poi la maturità e la perfezione, quindi decade e muore); fare uso di parole come capolavoro
, compositore canonico
, o rappresentativo
, o significativo
etc., con il rischio di presumere valori gerarchici, espliciti od impliciti, oppure evitare ogni giudizio di valore…
Purtroppo, fare delle scelte sembra spesso significare schierarsi
.
La musica la fanno i musicisti, e i musicisti sono uomini, con i vantaggi e (a volte) gli svantaggi che questo può comportare. Quindi nel narrare la storia della musica si narra una storia di uomini, e di questo bisogna tener conto.
La storia inoltre, ogni storia, la scrivono gli uomini, con i pro e (purtroppo) i contro che questo comporta.
Trattandosi di un manuale, l’obiettivo sarà quello di avere un discorso scientifico, in senso ampio, sulla storia della musica. Ma chissà per quale ragione, nel dire scientifico vengono in mente anche parole come imparziale
ed oggettivo
. È però difficile pretendere che chi si sta occupando di una serie di opere musicali possa rimanere imparziale, ed evitare di essere contaminato
da tentazioni di giudizio personale: è addirittura incongruo essere asettici trattando di musica, o di arte in generale! Osservare ed analizzare un brano musicale non è come sezionare una rana…
Anche chi si dedica all’astronomia lo fa per passione, e perché da bambino rimaneva incantato a rimirar le stelle: cresciuto, applica formule e calcoli, algoritmi ed equazioni, ma non viene mai a mancare lo stupore di fronte alla meraviglia del Cosmo. È bello immaginare Pitagora che si emoziona di fronte a due cateti che, al quadrato, si sommano per dare il quadrato dell’ipotenusa! Ma ancor più significativo è che la stessa emozione egli la trasmettesse ai suoi allievi…
Questo libro è destinato, in particolare, agli studenti del terzo anno del Liceo Musicale Italiano. Sono quindi musicisti che hanno scelto un percorso in cui storia della musica ha un peso significativo. Per questo motivo il percorso scelto è ricco, vario, e sempre accompagnato da riflessioni e commenti, ed anche giudizi, che quando vengono espressi vengono esplicitamente indicati come tali. Intitolare un capitolo Händel e Bach e citare in una sola riga Johannes Ghiselin, è già dare un giudizio, di valore.
Il terzo Tomo
Per la versione digitale il terzo volume è stato diviso in tomi. Questo ha permesso di mantenere una dimensione accettabile dei singoli libri.
Il terzo tomo si occupa:
Capitolo XI
L’opera in musica nel Seicento
Il capitolo può essere diviso in tre parti. La prima è una rapida panoramica su forme e generi che in qualche modo hanno contribuito alla nascita dell’opera in musica: sacre rappresentazioni, laude drammatiche, intermedi, ma anche il canto monodico e il basso continuo.
La seconda parte si occupa dell’esperienza raffinata e colta di quelle corti che ad inizio del Seicento mettono in scena i prototipi dell’opera musicale.
La terza parte osserva l’affermazione a Venezia di quella struttura produttiva caratteristica dell’opera italiana, che dal 1637 arriva sino al XXI secolo, e ne elenca le particolarità.
Il capitolo si chiude con uno sguardo alle esperienze d’oltralpe, laddove il modello italiano ha attecchito in diversi modi.
QUI esempi e partiture online
Nel I volume, capitolo V, abbiamo trattato dell’opera in musica. Abbiamo anche studiato il Don Giovanni di Mozart, Il barbiere di Siviglia di Rossini, il Rigoletto di Verdi, Tristan und Isolde di Wagner, Turandot di Puccini, e qualche estratto dall’Orfeo di Monteverdi. Già questo è indizio di quanto l’opera pesi nella storia della musica.
L’opera italiana appare nel XVII secolo, e da allora ha conquistato grandi fette del pubblico musicale. Ancora oggi, nel XXI secolo, i cartelloni dei principali teatri sono riempiti ricorrendo ad opere in musica, o opere liriche, o melodrammi. In genere ripescati dai secoli passati.
Questa forma di spettacolo ha una storia secolare, costellata di riforme, critiche, mutamenti di gusto, capolavori e fiaschi, tentativi di imitazione più o meno riusciti, e prima di studiare come, quando e perché nasce, è bene fare alcune premesse.
La prima è che si tratta di uno spettacolo complesso: la musica è uno degli elementi che lo costituiscono, ma non è l’unico, e spesso avremo l’impressione che non sia nemmeno quello principale. Se anche i suoi natali son decisamente nobili, e vede la luce in raffinate corti di cui è colto passatempo, dovremo considerarne la forma che si imporrà per secoli, forma in cui la questione economica, il bilancio tra entrate ed uscite, ha un peso imprescindibile. L’impresario deve rendere conto della sua attività, deve rientrare delle spese, e spera in un margine di guadagno, motivo per il quale si è impegnato nell’impresa teatrale.
Nello stesso tempo è forma artistica di primo piano, e per questo è oggetto di mille attenzioni da parte degli intellettuali, in particolare letterati, sempre pronti a deprecarne ogni atteggiamento troppo commerciale.
Il pubblico è un elemento dello spettacolo: i suoi soldi, innanzitutto, in quanto motore del meccanismo complesso che ne permette la messinscena. Ma anche i suoi gusti, le sue abitudini, le sue aspettative. Se scopo dell’impresario è riempire le casse, dovrà per forza scendere ad un compromesso con i desideri del pubblico pagante, evitando inutili astruserie e complicazioni, o sperimentazioni avanguardistiche che, lodevoli forse per gli artisti più impegnati e colti, lasciano indifferente lo spettatore medio, o al massimo lo sbigottiscono: e la sera successiva quello spettatore si recherà altrove.
Già nel I volume abbiamo più volte insistito sui numerosi paralleli possibili tra opera musicale e industria cinematografica. E come allora, non dobbiamo limitarci ad un superficiale confronto notando in entrambi il ruolo di spettacolo di massa. I legami sono ben più profondi e ramificati.
I soggetti messi in scena sono in entrambi piuttosto codificati: alla fin fine le storie son sempre quelle, il che permette al pubblico di seguire con facilità la trama, e godere delle leggere varianti apportate di volta in volta.
Di grande importanza sono le scenografie e gli effetti speciali: fanno immediatamente presa sullo spettatore, e sono le impressioni che più facilmente egli ricorda.
I dialoghi appaiono in genere piuttosto neutri e prevedibili: nel cinema sono le immagini a reclamare una funzione fondamentale, mentre nell’opera è la musica che aspira a quel ruolo.
Il bilancio di cassa è imprescindibile per entrambe: l’impresario da una parte, la casa di produzione cinematografica dall’altra investono denaro con la pretesa di averne un guadagno, il che comporta tutta una serie di comportamenti volti a limitare, ove possibile, le spese, ed aumentare le entrate.
Il fenomeno del divismo è caratteristico di tutt’e due i settori, e la composizione di un cast che sia di richiamo, pur non sforando il budget, è forse una delle voci cui la produzione dedica più attenzione.
Ne deriva un continuo equilibrio tra l’aspetto economico, commerciale, di bilancio puro, e quello artistico. Nel cinema come nell’opera le pretese culturali sono a volte assai alte: non di rado fra chi ha collaborato compaiono nomi di tutto rispetto in ambito intellettuale. E alcuni prodotti vantano contenuti profondi, d’avanguardia. Un film come 2001: Odissea nello spazio ha risvolti intellettuali che ne fanno spesso oggetto di studio in più settori. Nello stesso tempo il pubblico medio, pur riconoscendone con timorosa devozione il valore, lo evita perché un po’ noioso. È la stessa sorte che a volte, forse di più un tempo che oggi, tocca ai drammoni di Wagner…
In questo capitolo rimarremo ben ancorati al XVII secolo: ma non potremo dimenticare mai i molteplici aspetti che l’opera italiana porta sempre con sé.
Precedenti e presupposti
Vi sono forme di teatro ed esperienze musicali che in molti modi anticipano alcune caratteristiche che saranno proprie dell’opera in musica di tipo italiano.
Il termine precedenti
, se utilizzato in senso ampio, è legittimo per quelle forme che mirano alla messa in scena di vicende e racconti, e che utilizzano in diversi modi la musica. Vi sono composizioni, quali i canti carnascialeschi, le mascherate, i balletti, che tendono ad assumere un atteggiamento di tipo drammatico-narrativo a partire dal loro congenito potenziale mimico e coreografico.
Ma è lo stesso teatro letterario che si mostra spesso disposto ad accogliere in varie forme l’intervento della musica. Si tratta di tragedie, commedie, favole pastorali, intermedi, sacre rappresentazioni in cui si inseriscono interventi musicali, cantati e suonati, a vario titolo:
- canzoni, intonate da personaggi o cori, inserite nella trama. Si tratta in genere di divinità, semidei, persone irreali, personaggi particolari per i quali l’apparire sulla scena cantando non appare come cosa del tutto irreale (si pensi ad un Orfeo: il fatto che canti è addirittura naturale);
- canti o concerti di introduzione o come intermezzo, utili per i cambi di scena e il mutamento delle scenografie;
- momenti di canto e suono estranei, inseriti in vario modo. Si tratta degli intermedi, che hanno la funzione di brillanti diversivi fra gli atti dello spettacolo principale.
Con "presupposti intendiamo invece tecniche musicali necessarie all’opera di tipo italiano: se tutti i dialoghi vanno cantanti; se ogni personaggio/attore/cantante deve avere una immediata identificabilità; se la musica deve assecondare forma e contenuto del testo; se il pubblico preferisce un canto florido e piacevole… tutti questi
se" hanno bisogno di tecniche musicali particolari, quali il canto a voce sola con accompagnamento del basso continuo, o l’aria, intesa come forma musicale di tipo strofico, monodica, dalla linea melodica ben definita e riconoscibile. In questo senso opere quali i Concerti di Ludovico Grossi da Viadana e le Nuove Musiche di Giulio Caccini trovano posto fra quei presupposti
.
Sarà forse lapalissiana una riflessione, ma proprio perché scontata sarà bene farla. Tutti gli elementi che considereremo in questa prima parte del capitolo hanno in qualche modo contribuito alla nascita ed all’affermazione dell’opera in musica. Ma la loro esistenza non aveva questo fine: nascono come forme autonome, spinte a loro volta da altre esperienze e diverse considerazioni. Poi i primi autori di drammi musicali ne hanno fatto uso perché ottimi strumenti in vista del loro scopo: mettere in scena una vicenda tutta cantata (e guadagnare denaro da quella messinscena…). Quindi, attenzione ad uno sguardo troppo teleologico: non è mai esente da sviste
.
Le sacre rappresentazioni
Della pratica di cantar laude durante incontri di preghiera in senso ampio abbiam (brevemente) trattato nel capitolo VI. Spesso quelle riunioni erano promosse dalle Confraternite, associazioni di vario tipo sorte con scopi perlopiù assistenziali. Celeberrima confraternita, che si diffuse in numerose città, fu quella dei Disciplinati, che erano soliti andare in processione cantando e, nel frattempo, flagellandosi per espiare i mali del mondo. Lo spettacolo
doveva essere davvero inquietante. Una altrettanto inquietante impressione la potete ricavare dalla celebre sequenza del film Il settimo sigillo di I. Bergman, dove ad uno spettacolo di giullari (e un contemporaneo adulterio dietro le quinte
) fa subito seguito l’arrivo di una processione di penitenti e flagellanti. Cantano la sequenza Dies irae, non una lauda, ma l’effetto è decisamente gotico
: d’altro canto il regista in questione pare davvero portato per quel nordico clima da imminente Apocalisse.
Più che quelle processioni, qui ci interessano alcune particolari rappresentazioni. Si tratta di vere e proprie messinscene, con attori, comparse, e cori che alternano passi recitati ad interventi cantati.
Il nucleo è la lauda polifonica: trova spazio al di fuori della liturgia, durante incontri organizzati per promuovere un rinnovo spirituale che la stessa Controriforma non farà che sollecitare. E, cosa ancor più importante, i testi sono in lingua volgare, non in latino, il che differenzia queste rappresentazioni anche dai drammi liturgici.
Vi sono Laudari (raccolte manoscritte di laude) che contengono i copioni
di queste rappresentazioni, e se ne trovano in diverse città. I primi provengono da Perugia, poi L’Aquila, Roma stessa (dove Innocenzo VIII nel 1486 ha riunito le varie confraternite nell’arciconfraternita di Santa Maria del Gonfalone), Siena, Firenze, Orvieto.
Roma è caso certo particolare, ma che può esser esempio per la libera sontuosità con cui a volte queste celebrazioni erano organizzate. Le rappresentazioni canoniche sono la Passione e la Resurrezione di Cristo; luoghi deputati le chiese di San Giovanni in Laterano e di San Pietro, ma anche il Colosseo. Nell’anfiteatro romano veniva costruito un palco su cui erano posti i vari edifizi: il Calvario, il Monte Oliveto, il Sepolcro, il Tempio, il Tribunale di Pilato, ma anche l’Inferno, e sopra il Paradiso, realizzati con pezzi di tela e tavole dipinte. Si faceva uso anche di instrumenta ignifera per la simulazione di scoppi (poi si ricorrerà all’artiglieria fatta venire da Castel Sant’Angelo…). Gesù era posto sulla croce con delle staffe, e attorno venivano posizionati angeli finti. Si ricorreva anche a semplici macchine teatrali per far apparire le nuvole del Paradiso, o per farvi ascendere Gesù risorto.
A Perugia la Rappresentazione della Creazione del mondo non era da meno, con due palchi sovrapposti (cielo e terra), folle di comparse e trama ricca di eventi. Il termine spettacolo
non è fuori luogo per indicare queste messinscene.
Inizialmente i testi fanno ricorso al verso ottonario ed alla forma della ballata. Si arriva a Firenze, dove nel XVI secolo si afferma definitivamente l’ottava di endecasillabi, forma consueta per la poesia epica e narrativa (è il metro dell’Orlando di Ariosto). E sono i testi stessi, nelle didascalie, a scandire l’alternarsi di parti recitate e di brani da cantare (tutti insieme, col solo coro, o per i solisti).
Lo scopo di queste rappresentazioni è intuitivo: si mettono in scena episodi tratti dalla Bibbia, rendendoli facilmente fruibili da parte di tutti i fedeli, più o (e soprattutto) meno colti, in una veste di forte impatto su chi vi assiste. L’intervento della musica è sempre utilissimo quando si tratta di creare forme di spettacolo che siano potentemente suggestive (già, il cinema lo sa bene….). In questo modo, attraverso dilettevoli peripezie, eroici personaggi, sorprendenti effetti speciali, meravigliose scenografie, vengono trasmessi i valori religiosi: bontà e giustizia di Dio, il sacrificio di Gesù, la santità di Maria…
Varrà la pena richiamare almeno quel che disse la monaca Rosvita quando decise di utilizzare il piacevole stile di Terenzio per celebrare con le forze modeste del mio ingegno la lodevole purezza delle sante vergini cristiane.
(appendice IV). Ogni mezzo appare lecito se lo scopo è quello di edificare l’animo dei fedeli.
Tragedie, commedie, favole pastorali ed intermedi
Parallelamente, anche al di fuori degli ambienti religiosi si organizzano feste, rappresentazioni e messinscene in cui la musica ha un ruolo, a seconda dei casi più o meno ampio. Vediamo almeno qualche esempio, di vario tipo.
Un caso storico è Orfeo di Angelo Poliziano, in scena a Mantova nel 1471: il musicista Germi mette in musica la canzone di Aristeo, il coro delle Driadi, la preghiera di Orfeo, il coro delle Baccanti. Si tratta pertanto di parti del testo che sono musicate perché lo richiede l’intreccio stesso. Casi simili si hanno per la Rappresentazione di Febo e Pitone (o di Dafne), Mantova, 1486, o per il Paradiso di Bernardo Bellincioni, dato a Milano nel 1489 in occasione del matrimonio tra Galeazzo Sforza e Isabella d’Aragona (sotto la direzione di Leonardo da Vinci).
L’intervento della musica all’interno delle rappresentazioni (in ampio senso) teatrali è testimoniata molto spesso dalle fonti letterarie che ne riportano, con un frequente tono sbigottito ed esterrefatto, descrizioni mirabolanti, iperboliche, e ci mostrano un pubblico attonito ed affascinato da quelle meraviglie di musica e di macchinari per gli effetti speciali.
L’altra tendenza, quella degli intermedi musicali, prevede allegoriche messinscene, o commedie in cui intervengono canti e danze ad interrompere