Il digitale, gli statali e il sindacato. Idee per una nuova politica industriale nel comparto pubblico
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Il digitale, gli statali e il sindacato. Idee per una nuova politica industriale nel comparto pubblico - Marco Biagiotti
633/1941.
Premessa
Oggi tutti parlano dell'intelligenza artificiale così come negli anni '90 del secolo scorso tutti parlavano della realtà virtuale. Paradossalmente, per la realtà virtuale tanta popolarità fu l'inizio di un progressivo ridimensionamento che dura tutt'oggi, nonostante gli innegabili sviluppi e le numerose applicazioni. In altre parole, lavoro e vita quotidiana non mutarono radicalmente grazie a quella nuova tecnologia così come accadde con l'avvento del treno, della lampadina e del telefono. Per l'intelligenza artificiale le cose andranno diversamente? Sarà in grado di costituire un fattore di trasformazione del modo con cui si producono beni e servizi e del modo con cui si riproducono le nostre società? Sembrerebbe proprio di sì e per ragioni evidenti: oggi siamo in piena quarta rivoluzione industriale, i cambiamenti tecnologici accelerano la loro corsa sempre di più, l'intelligenza artificiale è ormai ovunque. Tanta evidenza va interpretata. E il nostro obiettivo qui è quello di contribuire alla costruzione di un punto di vista dalla parte dei lavoratori su un tema - il rapporto tra tecnologie informatiche e pubblico impiego - per il quale riteniamo dovrebbero far sentire di più e meglio la loro voce.
Se le ricadute sociali della realtà virtuale e dell'intelligenza artificiale hanno un peso notevolmente diverso, tuttavia entrambe presentano due tratti comuni: il modo in cui si articola il discorso pubblico intorno alle tecnologie informatiche; i rischi per la società che tali tecnologie comportano. In merito al discorso pubblico, sia negli anni Novanta sia oggi la narrazione è la medesima ed è ispirata al determinismo tecnologico. Ossia l'idea (sbagliata) che l'innovazione tecnologica sia in grado da sola di cambiare la società. In realtà il mutamento sociale avviene per l'interazione tra diversi fattori e la tecnologia è uno di questi. Un esempio. Nell'industria le macchine sono state introdotte sempre più massicciamente anche per indebolire il movimento operaio e non solo per aumentare produttività e profitti. La cosiddetta rivoluzione tecnologica dei nostri giorni è la continuazione dello stesso processo storico, esteso però all'insieme lavoro dipendente col doppio intento di inibirne ovunque la conflittualità e riportarlo a una condizione servile¹.
Oltre al determinismo tecnologico il discorso pubblico sulle tecnologie informatiche è inquinato dalla quasi totalità della stampa. La quale pubblica articoli su articoli che in realtà sono promozioni clandestine dei prodotti e dei servizi sfornati dalle aziende dell'ICT (Information and Communications Technology). A fianco di questa pubblicità travestita da informazione assistiamo a una planetaria campagna di sostegno alle tecnologie digitali capitanata dagli esperti. Promoter e testimonial di tale campagna sono in genere informatici, guru della tecno-scienza, inventori, scienziati-imprenditori, docenti (tutti in larga misura maschi, bianchi e occidentali, preferibilmente statunitensi). I quali, forti della propria autorità scientifica, si trasformano in visionari², guardano fuori dal loro consueto campo disciplinare (ingegneria, informatica, robotica ecc.) e riflettono sugli effetti sociali delle tecnologie. Come lo fanno? Generalmente in maniera così sprovveduta, superficiale e conformista da offendere la loro intelligenza³. Insieme a quotidiani, libri e riviste, Internet offre un gran numero di video grazie ai quali è possibile assistere a conferenze, interventi e lezioni di esperti (anche del MIT e della Nasa) sulle ricadute sociali dell'informatica. Purtroppo il più delle volte ci si trova davanti a un pressappochismo che fa a pugni con le procedure del metodo scientifico. Per farla breve, è spesso imbarazzante constatare quanto siano scarse le cognizioni di questi esperti sul funzionamento dei processi sociali, politici