Favola Blu
By Sonia Perin
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Favola Blu - Sonia Perin
figli.
Una favola blu
Nel regno di Navis, nel blu profondo dell’irreale, c’era un castello. Il Re Magic vi portò la sua Regina. Era giovane, piccola e ingenua.
Credeva nell’amore.
La chiuse nel castello e ordinò: «Fammi dei figli, piccoli principi sani e belli cui lascerò il mio regno!»
«E l’amore, mio Re?»
«Non c’è tempo per i sogni. Cresci in fretta ed io ti insegnerò ciò che devi sapere».
Il Re la lasciò sola. La Regina si avvicinò al balcone, guardò le montagne ancora imbiancate nonostante fosse primavera avanzata. Immobili, riflettevano i pallidi raggi del sole. L’aria fresca la circondò in un abbraccio, guardò lontano con gli occhi sgranati.
Se esisti, vieni a salvarmi
, pensò.
Era ancora una bambina, qualcosa in lei, alle parole del Re, si era spento. Desiderava amore, si sentì ribelle ma avrebbe obbedito. Si sarebbe piegata a quello che il Re e i suoi sudditi volevano. In cuor suo, sperava che un giorno qualcuno l’avrebbe portata via. Un sogno che la aiutò a intraprendere il lungo cammino che la aspettava.
***
L’estate passò, nel suo grembo la Regina sentì una nuova vita che si muoveva. Provò un’emozione nuova e intensa, un bambino nato da lei che avrebbe gioito, vissuto e amato. Dolci lacrime scivolarono dai suoi occhi; rifiorì, si sentì piena di gioia. Danzava il suo cuore, i tristi mesi passati scivolarono alle sue spalle, pensando al domani. Guardò ai monti ora verdi e dorati, e riscoprì la speranza.
Il Re era spesso assente, galoppava per infiniti pascoli con i suoi uomini, in lunghe battute di caccia. Tornava dalla Regina per raccontarle mirabili avventure, pretendendo ascolto, obbedienza e silenzio. Lei ascoltava, a volte ribellandosi, nella sua prigione sempre più buia. Quando posava le mani sul grembo, sentiva i movimenti della sua creatura nel pancione ormai gonfio.
Scivolò via un altro lungo inverno. Un gelido periodo riscaldato dall’attesa. Lei reagì alla noia uscendo per lunghe passeggiate, sotto lo sguardo di disapprovazione delle cognate e della Regina Madre, sempre più arcigna. Si sentiva sola e sognava, illudendosi che un giorno un amore lontano l’avrebbe portata via su un cavallo bianco. Quando si lamentava della solitudine, il suo Re si arrabbiava, a volte picchiandola. Imparò così il silenzio.
Gennaio imbiancò le vette, il mare si agitò, i gabbiani, bianche anime dei marinai morti, svernavano nei fossati intorno al castello. Sbattevano le grandi ali, scendevano e risalivano per fermarsi in nutriti gruppi, in attesa degli avanzi della cucina. Erano belli, una compagnia viva, che portava i suoi pensieri nel vento.
L’ultima notte di gennaio, un vagito annunciò la nascita di una principessina. Le comari la soffocarono di premure.
«Una piccola principessa!»
Un po’ timorose, avvertirono il Re che sembrò contento. Per un maschietto i rintocchi delle campane si sarebbero sprecati.
«Una femminuccia! La chiameremo principessa Bubu. Così sia!», ordinò il Re.
La piccola Bubu venne amata da tutti; dalle zie arcigne, adorata dalla Regina Madre, che pur non sopportando la puerpera, da allora aprì il suo cuore alla nipotina. La giovanissima Regina fu contenta, anche se per un lungo periodo venne messa da parte, considerata incapace di badare alla sua bella bambina. Le donne di corte tramarono per portargliela via.
«È mia figlia!» provò a ribellarsi, «Non portarmela via, Re Magic, ti prego, sono già così sola».
Le sue suppliche furono vane.
«La bambina non cresce con te. Sei troppo giovane e inesperta, la porteremo dalla nonna, ci penserà lei a farla star bene».
La Regina era disperata, già da qualche mese aveva notato uno strano pallore intorno agli occhi della piccola, non cresceva bene, una tosse fastidiosa la teneva sveglia durante la notte.
«Vedrete, verrà primavera e starà meglio».
Implorò, pianse ma fu tutto inutile, le cognate furono inflessibili. Quando osò dire che il Re trascurava lei e la figlia, si adirarono e le dettero della bugiarda. La principessa Bubu venne portata in un altro regno e per molto tempo Regina non la rivide. Disperata, rimase sola a fissare i monti ancora pieni di neve, le coste, a sud, lontanissime. Il Re usciva sempre più spesso, le fila dei suoi amici si erano infoltite e aveva assegnato alla consorte alcune incombenze reali, dimenticava i problemi di una famiglia che non sentiva sua.
Eppure Re Magic in pubblico si comportava con bontà, l’espressione triste della Regina veniva guardata con sospetto. Nessuno sapeva che da mesi le era impedito di incontrarsi con sua figlia. Regina si sentiva sempre più sola e trascurata, abbandonò gli sguardi ai monti e al mare per cercare tra la folla con occhi bramosi. Cercava un cavaliere che le potesse dare amore. Passavano pochi principi, ma forse anche un bel ragazzo dagli occhi dolci e in groppa a un mulo avrebbe potuto darle quello di cui aveva bisogno.
Cercò e un bel giorno colse un sorriso, degli sguardi ricambiati, il cuore le balzò in gola: È lui!
, si disse emozionata.
Usciva per lunghe passeggiate solo per vederlo. Inventò dolci storie romantiche a occhi aperti, mise i suoi desideri alla luce del sole.
«Non oso dirti che ti amo, non posso neppure sfiorarti. Per me sei una bellissima statua da ammirare e non toccare», questo le disse il giovane di cui si era invaghita.
Addolorata, lei fuggì, piangendo il suo amore perduto. La cercarono, ma non voleva tornare; allora le riportarono la figlia. Per amor suo tornò, cominciando ad amarla se possibile ancor più di prima. Aveva rischiato di perderla, ora nessuno le avrebbe più divise. Voleva lottare per lei, per la sua piccola e fragile principessa. Nonostante il suo amore, Regina si rese conto che la piccola cresceva fragile e si rivolse ai maghi.
«La principessa è molto ammalata», le dissero, «non avrà vita lunga, gli inverni saranno duri e tra qualche primavera non ci sarà più. Devi rassegnarti Regina».
Regina promise alla sua bimba che avrebbero lottato insieme contro la morte e i maghi vedendo quella volontà incrollabile portarono tutti i rimedi nel regno di Navis tra cui molte erbe medicinali; le pozioni magiche non si contavano tanto che aumentarono le speranze.
Il tanto amore e la costanza aiutarono la principessa a superare la crisi; la piccola giocava e gioiva, nei suoi occhi si vedeva l’eco di un’inconscia sfida a un destino così avverso. Nel davanzale dei suoi sogni, mamma Regina parlò con Fata Morte.
«Tu chi sei?»
«Non aver paura, io sono la Morte, invisibile agli occhi umani. Tu mi vedi, non accade spesso, il tuo amore per lei ha fatto breccia nel nostro mondo e ti meriti delle risposte».
Regina guardò Fata Morte confusa nel blu della notte, una strana figura dai contorni vaghi, emanava dalle vesti buie un fluido positivo che la stupì.
«Vorrei sapere tante cose cara Fata Morte… sono sicura che finché ti vedrò mia figlia non morirà, quando svanirai, sarà tutto finito».
Fioriva l’alba, il nuovo giorno era imprevedibile, un’incognita come il destino. All’alba di ogni nuovo giorno si sarebbe fatta sempre la stessa domanda: «Arriverà il domani?»
Fata morte rispose in un sussurro. «Non sono il suo carnefice, un giorno capirà. La proteggerò, tutti hanno una nera signora al loro fianco».
Accennò una carezza verso la figurina addormentata e si nascose nell’ombra.
Sorse un nuovo giorno, ma ci sarebbero state altre notti per parlare ancora.
***
Passarono le stagioni, nacque un principino. Regina lo adorò subito, un fratellino per Bubu, una speranza anche per lei. Non sarebbe stata più sola, il principe Van sarebbe cresciuto, e le avrebbe protette. Regina era felice.
Un giorno nel regno di Navis passò una coppia di genitori, venivano dalla contea di Mogli, ai confini del mare. Avevano una figlia fragile come Bubu. Regina li accolse a braccia aperte, poteva finalmente condividere con qualcuno i suoi timori. Le parlarono della figlia, ormai aveva raggiunto le diciotto primavere, erano orgogliosi perché anche se non era guarita, stava bene, poteva condurre una vita gioiosa. Le parlarono