La politica estera degli Stati Uniti dal 1898 al 1905
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La politica estera degli Stati Uniti dal 1898 al 1905 - Carmen De Matteis
633/1941.
1. LE ORIGINI DELLA SVOLTA IMPERIALISTA TRA MORALITà CIVILIZZATRICE
E INTERESSE NAZIONALE.
Superato il trauma della guerra Civile e posto fine al sistema schiavistico gli Stati Uniti conobbero nella seconda metà del XIX secolo un periodo di impetuoso progresso industriale, agricolo e tecnologico, accompagnato da profonde trasformazioni sociali e politiche, che li proiettò in poco tempo in una posizione di accresciuto ruolo internazionale rispetto alle grandi potenze militari ed economiche dell' epoca: Impero Britannico, Germania, Francia, Russia e, in misura minore ma in formidabile ascesa tra le grandi nazioni, il modernizzato Giappone. Terminata la corsa all' Ovest che causò fra il 1860 e il1890 la completa rovina degli indiani il paese si avviò verso una fase di eccezionale sviluppo economico, favorito sia dalle immense ricchezze minerarie sia dall' incremento della produzione agricola la quale nel contempo trovò una preziosa alleata nell' industria, che la fornì di macchine e fertilizzanti. Il sistema funzionava in modo tale che mentre le vaste aree del fertile suolo americano fornivano alle industrie le materie prime (ad esempio per la distillazione dell' alcool e gli alimenti per allevare gli innumerevoli capi di bestiame destinati alle industrie degli insaccati, della carne in scatola, dei pellami, dei latticini eccetera) queste ultime, dal canto loro, soprattutto quelle estrattive e siderurgiche erano in grado di far fronte a tutte le richieste di macchine(da cucire, calcolatrici e agricole). Inoltre merci ed alimenti non mancavano mai di acquirenti per il continuo aumento della popolazione, favorito dal flusso costante degli immigrati. Se verso la fine del secolo gli USA esportavano solo un decimo della produzione industriale ben presto la ricchezza del paese fu tale che il presidente Harrison (1889-1893) poteva affermare: <¹>>.
Enorme impulso al potenziamento economico fu la grandiosa rete ferroviaria che in breve collegò fra loro le città e svolse un ruolo cruciale nell' economia nazionale alimentando l'industria pesante con ordinazioni sempre più importanti in acciaio, macchine e attrezzature. Già nel 1962 le ferrovie collegavano il litorale atlantico con quello del Pacifico superando i 50.000 chilometri andando ad alimentare le comunicazioni già infittite dalla rete stradale e da quelle costituite dai grandi laghi e dai fiumi mentre nel 1897 le miglia di binari erano divenute 242.000. Attraverso di esse si spostavano il grano, il mais, i maiali, il cotone, il legname, i prodotti carboniferi e petroliferi provenienti da tutti gli stati produttori grazie all' efficiente sistema distributivo voluto dai magnati delle ferrovie e supportato dalla comunicazione istantanea per mezzo del telefono e del telegrafo. Se l'infittirsi delle comunicazioni e dei mezzi di trasporto furono il volano della realizzazione di economie di scala (cioè legate alla grande quantità del prodotto) anche il rapido sviluppo tecnologico fece da stimolo alla crescita economica. Con la scoperta e lo sviluppo del convertitore Bessemer fu possibile produrre acciaio di qualità superiore in grande quantità maggiore già nel 1875 del 50% rispetto a quella dell'Inghilterra con un margine che aumentava di anno in anno man mano che grandi inventori progettavano impianti e metodi più efficienti di produzione. Anche nel settore tessile e in quello dell'industria petrolifera gli Stati Uniti si dimostrarono in grado di prendere a prestito e migliorare le tecnologie già in uso come i giganteschi dispositivi delle pale a vapore necessarie per le grandi costruzioni e il cracking (o processo di pirolisi che permetteva ai raffinatori, alterando la struttura molecolare del petrolio, di avere il controllo su diversi prodotti)².
L' economia americana trovò poi una sua caratteristica espressione nel costituirsi di enormi società anonime industriali unite in alleanza ovvero di associazioni fra imprese dette pool, in pratica <