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Una Famiglia con la EMME maiuscola: (e altri racconti)
Una Famiglia con la EMME maiuscola: (e altri racconti)
Una Famiglia con la EMME maiuscola: (e altri racconti)
Ebook113 pages1 hour

Una Famiglia con la EMME maiuscola: (e altri racconti)

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About this ebook

Questo libro è una raccolta di racconti che vi faranno sbellicare dalle risate, ma anche riflettere sul senso profondo della vita attraverso le metafore emblematiche della vita familiare e dello sport.
L’autore intreccia abilmente e con sana ironia il serio e il faceto profilando al lettore personaggi che incarnano l’umano quotidiano di ogni famiglia, con i propri problemi e i propri tabù.

Vincitore del Premio Massimo Troisi 2018
LanguageItaliano
Release dateFeb 14, 2019
ISBN9788866472209
Una Famiglia con la EMME maiuscola: (e altri racconti)

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    Una Famiglia con la EMME maiuscola - Armando Grassitelli

    © Diogene Edizioni 2019

    prima edizione italiana marzo 2019

    Tutti i diritti sono riservati

    ISBN 978-88-6647-221-6

    In questo libro ogni possibile riferimento a fatti, cose o persone realmente esistenti è da ritenersi del tutto casuale e frutto della fantasia dell’autore

    Una famiglia con la Emme maiuscola

    La mia famiglia è composta di quattro persone: io, mia moglie e le nostre due figlie.

    Ciascuna di loro ha qualcosa che le rende speciali, e io le adoro per questo, senza l’obbligo di essere ricambiato: infatti non ricambiano.

    Del resto, da sempre sappiamo come distinguerci. Prendete me, per esempio.

    Io sin da quando ero bambino sognavo di diventare un allenatore di calcio.

    Ho studiato tanto, mi sono preparato, ho frequentato anche il master a Coverciano, sono andato a seguire i migliori derby della nostra amata penisola (Torino - Juventus, Genoa - Sampdoria, Milan - Inter, Roma - Lazio, Savoia - Turris e Nocerina - Paganese, giusto per menzionare i più significativi).

    Poi, dopo una lunga gavetta, mi sono presentato presso le più rinomate società: la Roma, l’Inter, la Triestina.

    (No, la Juventus no, la mia religione arriva a tollerare gli atti impuri, l’omicidio della suocera per legittima difesa e altre nefandezze, ma fino a un certo punto).

    Arrivavo armato del mio curriculum e delle migliori intenzioni, eppure mi scartavano, ogni volta: ci vuole più specializzazione, mi dicevano con quel garbo che solo chi ha conosciuto la violenza della lasagna cucinata senza polpettine può comprendere.

    Era evidente come avessi bisogno di maturare molta più esperienza, magari anche attraverso qualche avventura oltre confine, ma per andare all’estero occorrevano soldi, tanti soldi che non avevo.

    E allora, mi dissi, a cosa servono gli amici? A rapinarli, specie quando conosci bene le loro abitudini e i loro spostamenti quotidiani.

    Detto fatto, un proficuo aggiornamento presso l’Aca-demy dell’Arsenal, un pellegrinaggio per conoscere la Cantera del Barcellona, ed eccomi di ritorno in Italia.

    Eppure, niente: mi ha rifiutato la Spal, mi ha cestinato il Benevento, persino i dirigenti della Sambenedettese mi hanno scartato. E tenete conto che la Sambenedettese è anche fallita da anni, immagino per l’impossibilità di pronunciare correttamente il nome senza slogarsi la lingua.

    Ci vuole più esperienza, mi dicevano; ti devi specializzare di più, non bastano le tue conoscenze!

    Ma neanche con le tangenti che vi ho pagato?

    Neanche! Sia chiaro, le accettiamo come atto di pura cortesia, ma non bastano!

    A volte, lo confesso, ho pensato di lasciare perdere; ma nelle serate più buie, quando tutti mi suggerivano di mollare, quando persino la mia fidanzata mi diceva con tenerezza che era il momento di trovarmi una fatica seria perché altrimenti col cavolo che mi sposava, trovavo conforto nelle parole e nei suggerimenti di mio padre.

    Sì, il mio vecchio, che nei momenti più importanti e duri della mia vita c’era sempre. Le sue parole, la sua  motivazione, il suo continuo incitamento: come dimenticarlo?

    Indimenticabile papà, anche adesso che è vivo ma del tutto rincoglionito.

    Papà, mi hanno bocciato. Eh.

    Papà, mi sposo. Eh.

    Papà, aspettiamo un figlio. Eh.

    Papà, ho il sospetto che mamma ti tradisca da anni con don Tonino. Eh.

    Ed è stato così, mi sono fidato di lui e del suo conforto, ho raggiunto dei livelli di professionalizzazione di assoluta eccellenza: e alla fine sono riuscito a coronare il mio sogno di bambino.

    No, non quello di arricchirmi con i rapimenti di minori, l’altro: quello di lavorare nel Calcio Napoli.

    Prima che andiate a controllare sugli almanacchi, persone di scarsa fede, ve lo dico io: non troverete il mio nome nell’organigramma.

    Sapete, il mio è uno di quei ruoli indispensabili al giorno d’oggi nelle società sportive, ma proprio per l’elevato tasso di specializzazione che si richiede le figure come la mia sono coperte e tutelate dalla privacy.

    Però oggi sono in vena di confidenze e ho voglia di raccontarlo, anche perché date le richieste che provengono da tutto il mondo sto pensando di aprire una scuola tutta mia, nella quale insegnerò senza remore tutto quello che serve per lavorare in una grande società.

    Sono l’addetto alla verifica della muscolatura della regione occipitale e frontale ai fini della migliore comunicazione non verbale dello staff tecnico.

    Ebbene sì, sono l’allenatore del sopracciglio sinistro di Carlo Ancelotti.

    (Ma non ditelo a nessuno, mi raccomando).

    *****

    Vi dicevo della mia bella famiglia, e allora dopo essermi presentato trovo giusto parlarvi di loro.

    Mia moglie si chiama Mirta, sebbene per gli ufficiali giudiziari e l’Agenzia delle Entrate preferisca usare uno pseudonimo: irreperibile al domicilio.

    A casa e quando usciamo con gli amici la chiamiamo Mirtolomea: un vezzeggiativo gradevolissimo, converrete con me.

    Mirta fa, o per meglio dire faceva la ricettatrice.

    Era un mestiere solido, sicuro, nei momenti di difficoltà a casa sapevamo di potere contare su di lei, in ogni circostanza. Poi purtroppo la crisi del commercio ha colpito tutti senza eccezione, e lei si è dovuta reinventare un lavoro dall’oggi al domani a 50 anni suonati.

    (Lasciate stare il fatto che lei affermi di avere 36 anni, lo dice dal giorno della prima denuncia: ma fa parte del suo modo di essere, ha sempre l’abitudine di diminuire tutto quello che la riguarda.

    Per esempio, guadagnava 100? Dichiarava 10. È fatta così, cosa ci volete fare?).

    Dunque, si è dovuta reinventare un lavoro. All’inizio non è stato facile; prima come tanti ha cercato qualche lavoro da dipendente – veterinaria per uomini, spremiagrumi, comparsa nei film porno con animali, venditrice di cocaina allo stadio, controfigura del vescovo nelle processioni notturne.

    Poi si è messa in proprio, ma l’attività imprenditoriale non è durata tanto: ancora mi domando cosa non abbia funzionato nel negozio di musicassette al cromo.

    Alla fine ha finalmente capito che non si sfugge al proprio destino, e ha trovato il lavoro più adatto alle sue attitudini: è stata eletta alla Camera in un collegio blindatissimo, e già si parla di lei come prossimo sottosegretario alle finanze.

    Ero sicuro che in un modo o nell’altro se la sarebbe cavata, sin da quando partorì il secondo figlio: voleva una femminuccia con tutta se stessa, sfortunatamente nacque un maschio; eppure non si perse d’animo, tempo tre giorni e uscimmo dalla clinica con Claudia, bella, bellissima, tutta sua madre.

    Se solo sapessi chi è.

    *****

    Le mie figlie, come detto, sono due. Una si chiama  Alice, detta Claudia. L’altra si chiama Claudia, ma tutti la chiamano Alice.

    Alice detta Claudia ha 11 anni, e frequenta la seconda media. Claudia, per tutti Alice, di anni ne ha sette, e quest’anno bazzica la terza elementare.

    A volte capita che Alice detta Claudia vada a scuola di Claudia detta Alice, e che Claudia detta Alice si presenti nella classe di Alice detta Claudia.

    Le mie figlie avvertono leggere difficoltà di inserimento scolastico: qualcuno ha parlato di schizofrenia, ma non amo le parole complicate; comunque è una cosa della quale dovrò necessariamente parlare con la Dirigente Scolastica, non appena riuscirò a risolvere una piccola questione – dopo lo spiacevole equivoco delle spranghe di ferro l’avvocato ci ha tenuto a ribadirmi che il divieto di avvicinarmi a meno di 200 metri è un limite invalicabile, per quanto finga di ignorare il sistema metrico decimale.

    È chiaro che mi avvalgo di un legale troppo pignolo.

    Eppure all’inizio era bravo. Lo conobbi tempo fa in un centro massaggi cinese; era un periodo in cui la cervicale mi procurava dolori lancinanti al gomito, per cui andavo da loro quattro, cinque volte la settimana, verso ora di pranzo. Un giorno senza alcun preavviso arrivò la polizia e pretendeva i documenti di tutti, vai a capire perché; usarono anche parole volgari, termini come bordello e prostituzione; ma che poca classe, usare certe parole in un locale gestito da signore.

    Ad ogni modo all’epoca l’avvocato fu bravissimo, pensate che sul giornale uscirono una sfilza di nomi ma non il mio (sono un fervido sostenitore della privacy, e lui la ottenne).

    Però adesso è diventato troppo zelante, troppo precisino; allora ho deciso, domani gli revocherò il mandato e mi affiderò a quel bravo giovanotto che mi procurava i codici per gli abbonamenti pezzotti di Sky, mostrava competenza nell’ambito penale: spero solo che nel frattempo si sia laureato.

    Comunque per evitare confusioni da domani in famiglia abbiamo deciso di eliminare i soprannomi, per cui chiameremo le bambine come usiamo fare a casa.

    Col fischietto, come la famiglia Von Trapp di Tutti insieme appassionatamente.

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