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YSENGARD. La maledizione della vergine nera
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YSENGARD. La maledizione della vergine nera

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About this ebook

A nord del territorio di WehrCelt, lo stupendo altopiano celtico di Ysengard custodisce, fin dalla notte dei tempi, una verità che fa gola a troppi. In quel punto sperduto nel mondo conosciuto si intersecano, le linee dello spazio e del tempo, le vite di uomini e donne nella che cambiano la Storia. Jurgen, tedesco, si prende cura della giovane ebrea italiana Sarah, che lo coinvolge e lo guida a WehrCelt, a scontrarsi con l'avidità di chi vuole svelare le verità di Ysengard, e ne scopre vicende inquietanti, esplose nei secoli, coinvolgendo l'Arca dell'Alleanza, fin dentro le viscere dell'altopiano. Anche Hitler vuole quella reliquia a tutti i costi. L'Energia elettromagnetica, dotata di vita propria, sconvolge la vita degli uomini e donne nelle vicende inspiegabili. Ysengard è condannata, la vergine nera si è vendicata del suo ingiusto destino e lascia la sua maledizione in eredità a Jurgen e Sarah che scioglieranno quegli elementi negativi.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJan 18, 2019
ISBN9788827867266
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    YSENGARD. La maledizione della vergine nera - Andrea Zombolo

    1

    Candelo, Italia 20 maggio 2012

    L’anziano studioso era riverso sul letto e si sforzava di parlare all’uomo che si stava avvicinando.

    Dalla bocca gli usciva un filo di sangue nero che si andava accumulando sul pavimento e, mentre invano apriva e chiudeva la bocca, l’uomo chinatosi per farlo respirare lo sorreggeva e lo scongiurava di parlare.

    Con gli occhi sbarrati l’anziano pronunciava vocaboli senza apparente significato ..is..ishga…isga…presto isen.. ma l’uomo che si era accostato a lui, inveiva con la moglie dell’anziano.

    La moglie, una vecchia ungherese inespressiva, appariva spenta, con il volto segnato dalla tristezza e dalla fatalità di quanto stava accadendo, come se si fosse sempre preparata a quel momento.

    L’uomo visibilmente scosso per l’impossibilità di capire le parole dell’anziano si rivolse con fare arrogante alla donna chiama il prete, non vedi che sta morendo ? in tanti anni non mi ha mai parlato di nulla e ora dice cose incomprensibili! .

    Il piccolo e asfissiante alloggio al sesto piano, ingombro di vecchi libri storici polverosi, malamente accatastati ovunque, era raggiungibile solo con dodici rampe di scale, ma i tre giovani erano volati fuori dalla Volvo XC60 nera e correvano saltando i gradini come se volassero.

    Non avevano un attimo da perdere ed erano stati avvisati pochi minuti prima dalla anziana ungherese che aveva biascicato poche parole al telefono dicendo di aver eseguito quanto le era stato comandato.

    L’uomo chino accanto allo studioso morente cercava ancora di decifrare i suoni che uscivano dalla sua bocca quando il moribondo infilò la mano tremante del morbo di Parkinson nella tasca interna della giacca macchiata di sangue e vomito e ne estrasse un piccolo plico, mormorando questa volta distintamente …isen…Monte Bruardo..usque ad fines et territorium Ysangardae….

    Di colpo il frastuono all’ingresso divenne un chiaro segnale di pericolo e l’uomo, afferrando il plico capì di doversi difendere prima di soccombere.

    In un attimo guizzò a fianco dell’instabile mobile stracarico di libri malamente accatastati, e, con una scarica di adrenalina in corpo sibilò alla vecchia ungherese di buttarsi a terra.

    I tre giovani irruppero come furie nel soggiorno ma non fecero tempo ad accorgersi del mobile spinto dall’uomo, che crollò loro addosso rovinosamente con tutto il suo carico di libri preziosi.

    Il più giovane dei tre, il meno colpito dall’urto, urlò parole incomprensibili in ungherese alla anziana tremante e si accorse del violento colpo sferrato con il posacenere di alabastro verde solo quando se lo trovò in mezzo alla fronte, crollando sul mobile a terra e sugli altri due giovani con il cranio spaccato, come un toro macellato.

    In quegli istanti di caos, dopo aver sferrato il colpo mortale e con il cuore che batteva all’impazzata, l’uomo travolse il tavolino zeppo di soprammobili che con un fragore di vetri rotti rovinò a terra, e fuggì nel corridoio e poi giù, saltando le rampe di scale, inseguito a poca distanza dai due energumeni con le pistole in pugno.

    L’anziano studioso restò definitivamente immobile con il filo di sangue nero dalla bocca che si allargava sempre di più.

    2

    Archivio di Stato, Vercelli, Italia, 21 maggio 2012

    La giovane ricercatrice fissava svogliatamente il monitor a schermo piatto nella buia sala di consultazione dell’Archivio di Stato.

    I suoi pensieri andavano al palestinese di bell’aspetto che l’aveva inavvertitamente urtata al caffè quella mattina e, con una banale scusa aveva chiacchierato affabilmente con lei per qualche minuto, chiedendo di incontrarla ancora,… qualcosa non le tornava.

    I caratteri incomprensibili del documento scansionato sembravano scivolare nel video come insetti multiformi e i suoi occhi vagavano distratti sulle migliaia di parole per lei illeggibili.

    Fu scossa dall’uomo brizzolato sulla cinquantina che, attraversando il corridoio la vide e la apostrofò con accento francese ehi..sveglia! E’solo lunedì oggi! poi proseguì. La ragazza, scarsamente interessata, non ricambiò la battuta e con un forzato sorriso appena definito dall’increspatura delle labbra, alzò impercettibilmente la testa assonnata in segno di saluto.

    In quell’attimo il ding della posta elettronica le segnalò l’arrivo di un nuovo messaggio, senza oggetto, e fu attratta dal mittente sconosciuto, che compariva come YSGRD, astratto nickname di presentazione.

    Risvegliata dalla curiosità si affrettò a leggere il messaggio, ma fu ancora più stupita nel visualizzare sullo sfondo email di Project Phoenix, la frase in latino apparentemente incomprensibile, e altre parole separate da un trattino:

    Monte Bruardo usque ad fines et territorium Ysangardae

    OTTONE III 07-05-999-CANDERIUM

    In allegato era pervenuta la scansione in formato jpg di uno stemma costituito da una croce rossa su scudo bianco.

    Su di esso era ben raffigurata una corona costituita da cinque torri e dallo scudo contornato da due rami incrociati ricadenti dalla figura oblunga.

    Sul nastro si leggeva Potius Mori Quam Foedari.***

    Pochi istanti dopo l’apertura del file, il software di rilevazione di accessi non autorizzati al sistema informatico dell’Archivio di Stato emise il fastidioso bip di allarme e il monitor della ragazza si bloccò in una persistente sequenza di alert che fecero scattare la direttrice come se fosse in atto un furto di preziosi.

    La donna, precipitandosi verso la giovane ricercatrice, incespicando con le scarpe a tacco alto, si ferì nello spigolo della cassetta antincendio della manichetta, e dal taglio sgorgò in copioso rivolo di sangue facendola assomigliare ad un ferito da arma da fuoco.

    Imprecando e maledicendo per il dolore, si affiancò alla ricercatrice . Non è possibile!! Cosa hai fatto! Chi ti ha dato il permesso di accedere al sistema !? Lo sai che non è possibile...perchè sei entrata nell’area riservata??.

    La ragazza, stranita, balbettando cercò di scusarsi e, non sapendo cosa rispondere inventò una poco credibile giustificazione mi scusi ..io…stavo…volevo vedere un documento …mi scusi direttrice.. non se la prenda ..mi dispiace per il suo taglio…lasci che la aiuti...

    Nel frattempo anche l’uomo brizzolato si avvicinò incuriosito e insospettito dallo stato di agitazione della Direttrice. Dottoressa Marie Pine Scherì! Cosa le è successo? Si lasci aiutare… e in tal modo si accostò al monitor della ricercatrice sbirciando la schermata.

    La giovane, cercando di coprire il monitor con il proprio bel fisico, non fece altro che accentuare la curiosità dell’uomo che, piegando il viso verso lo schermo e spalancando gli occhi nel vedere il file bloccato, arrossendo per la collera urlò alla ragazza cos’hai a che fare tu con questa roba??.

    La direttrice, riavutasi dalla concitazione prese a strattonare l’uomo per allontanarlo dallo schermo "Architetto! Se ne vada immediatamente ! lo sa quali sono le condizioni per accedere ai documenti riservati!!.

    ma basta! Mantenete la calma.! Non è successo nulla! scattò la ricercatrice, cercando di deviare l’attenzione dal monitor al proprio bel seno.

    L’architetto brizzolato e la direttrice si girarono di scatto e restarono con le parole a mezz’aria, pronti alla replica, ma la giovane incalzò: mi chiamo Sarah e non sono qui per rubare nulla! sto facendo una ricerca storica importante che non ha niente a che vedere con i vostri documenti riservati!.

    In un istante strappò la memory card dall’USB, la gettò nel bauletto sgualcito di Alviero Martini e facendo roteare la mappa del mondo impressa sulla borsa si defilò lasciando i due senza parole.

    3

    Treviri, Germany, 21 maggio 2012

    Jurgen Contixone se ne stava rintanato nel locale deserto, un pub di periferia uguale a tanti altri in Eurener Straße 171, luci soffuse, divanetti in finta pelle alcantara, tavolinetti in legno scuro, icone pubblicitarie in legno appese ovunque, una pacchiana riproduzione del David di Michelangelo, a grandezza quasi naturale ingombrava il passaggio e la coppia di gestori azzannava avidamente una porzione di panino e insalata, in attesa che qualche avventore iniziasse a frequentare il locale.

    L’odore di birra si mischiava allo stantìo del locale, e l’insieme formava un puzzo che non invogliava i clienti.

    Jurgen Contixone, un bell’uomo di quarant’anni, il viso ben modellato, zigomi ariani e qualche filo di grigio brillava nei capelli scuri, era esperto in storia longobarda e, da alcuni anni aveva approfondito numerosi studi sulle popolazioni che avevano colonizzato l’Italia nei primi secoli del primo millennio, ed era appassionato dalla ricerca delle motivazioni che avevano spinto gli antichi guerrieri a lasciare la Germania.

    Il portatile MSI rifletteva bagliori azzurri sul viso dell’uomo, che si era posizionato in fondo al locale, in modo tale da avere la visione di ogni angolo, dell’ingresso, della cucina, del bancone .

    Da qualche tempo il suo sesto senso gli preannunciava pericolo, non ne era certo, ma gli pareva di essere seguìto, alcuni piccoli particolari che non sfuggivano al suo sguardo vispo e in continuo movimento gli facevano risuonare nella mente la frase il pericolo non va mai in pausa ascoltata qualche tempo prima in una dimenticata pubblicità televisiva.

    Era stato un militare delle squadre speciali GSG 9 (Grenzschutzgruppe 9), l'unità di élite anti-terrorismo e operazioni speciali della Polizia Federale Tedesca ed era stato ben addestrato a non sottovalutare qualsiasi elemento che potesse costituire pericolo.

    Il pub che aveva scelto era notoriamente poco affollato e non era un luogo che frequentasse abitualmente.

    Pensava che la linea telefonica dell’ufficio potesse essere sotto controllo e, da quando aveva scoperto cose strane sul conto del Vescovado della Diocesi di Treviri, collegate alla famiglia Fugger di Augusta, e ne aveva parlato con il suo riferimento per le ricerche, il bibliotecario, le cose erano cambiate.

    Fugger era il ricco banchiere medioevale che aveva finanziato la costituzione delle Guardie del Papa, il cui nome compariva più volte nei documenti.

    Il suo contatto si era defilato e non si faceva più rintracciare, e, quando l’aveva incontrato, per caso, il sacerdote bibliotecario dal palazzo vescovile gli aveva fatto capire di lasciare perdere le ricerche, e di non contattarlo più, così che si sarebbero evitati problemi per tutti.

    Dopo aver ordinato una birra piccola e un wurstel con crauti e senape, sistemò la Glock 17, 9 mm. parabellum sotto il giaccone in modo da poterla facilmente impugnare senza dare nell’occhio e si tuffò a leggere la posta elettronica aprendo le email di Project Phoenix, il nuovo portale di recente sviluppo che offriva migliori garanzie di protezione dei files.

    I files e i documenti potevano essere salvati nel Cloud in modo da essere utilizzati solo al momento senza pericolo di interferenze.

    A Jurgen piaceva il nuovo sistema Cloud, perché gli facilitava le cose e la salvaguardia dei suoi studi e dei dati raccolti era migliore.

    Il costo di adesione a Project Phoenix non era elevato e le garanzie offerte erano quanto di meglio si potesse trovare sul mercato.

    Era certo che avrebbe potuto proteggere le ricerche senza correre il rischio di vedersi sottratti impropriamente i documenti che tanta piacevole e interessante fatica gli costavano.

    Destinava ogni momento di tempo libero ad esaminare vecchi manoscritti, a fare collegamenti storici e scoprire parole e linguaggi ormai perduti.

    Ma la storia che interessava i Fugger, era una questione pericolosa, poteva intrigarsi in argomenti che, forse era meglio non rispolverare, e, in mezzo, vi erano nomi importanti, denaro, tanto denaro, e misteri non ancora chiariti o non resi pubblici.

    Sobbalzò quando la ragazza del bar posò con foga la birra sul tavolo, e lo scatto fulmineo della mano sotto il giaccone per afferrare la Glock 17, la impaurì. Si affrettò a chiedere scusa e si defilò immediatamente, seguita da una occhiataccia fulminante di Jurgen.

    Da alcuni mesi era in contatto con una giovane ricercatrice italiana, ebrea, che parlava correntemente inglese, francese e tedesco e i due scambiavano spesso opinioni sugli stessi argomenti.

    Fornì le credenziali d’accesso a Facebook e in un attimo vide il tondino verde che identificava la presenza della ricercatrice on line, non esitò a salutare ma, stranamente non ricevette alcuna risposta.

    Sarah Levi la ragazza italiana, era sempre irruente e salutava Jurgen in modo caloroso, affrettandosi a scrivere nei messaggi tutte le novità che caratterizzavano le ricerche.

    Nel locale, il video musicale dei televisori sparò a tutto volume la parte finale di Music di John Miles, inondando il locale di musica con un classico degli anni ’80 che distrasse Jurgen.

    Pochi istanti dopo, il pop up della posta elettronica in entrata segnalò un messaggio di Sarah, senza oggetto.

    Finalmente ! disse Jurgen ad alta voce, aprì il messaggio che diceva, telegraficamente per il momento non chattare! Sono preoccupata, oggi è successa una cosa che non riesco a capire, mi faccio viva io, guarda l’allegato, non parlarne con nessuno, stai attento!...a presto. SRH. La ragazza si firmava così nei messaggi.

    La porta del locale si spalancò di colpo e la mano di Jurgen scattò nuovamente sotto il giaccone in una frazione di secondo, accarezzò il grilletto della Glock 17, per qualche istante poi si rilassò.

    Il gruppo di ragazzi che stava entrando era chiassoso ma non pareva ostile e nessuno girava lo sguardo attorno in cerca di informazioni, come lui ben sapeva ed era addestrato a fare.

    Vibrò lo smartphone che teneva nella tasca interna della giacca in tweed, mentre si accingeva ad aprire l’allegato inviatogli da Sarah, in pdf, il formato universale di lettura del documento, che stentò ad aprirsi, a causa degli eccessivi filtri ridondanti che i sistemi informatici di protezione assegnavano ad ogni documento prima dei download.

    Hi Sarah!, aspetta, ti chiamo io!.

    Riagganciò immediatamente per sicurezza e il tono della linea telefonica fu come un campanello d’allarme che continuava a squillare in testa.

    Attivò il secondo cellulare che portava di riserva nel giaccone, aprì la bustina della nuova SIM telefonica che teneva nel portafogli in pelle sgualcito agli angoli e configurò la connessione in pochi minuti.

    Senza dare nell’occhio si spostò di qualche metro senza perdere di vista l’ingresso e il tavolo con il pc, e attese lo scatto alla risposta del telefono di Sarah, impaziente e nervoso contemporaneamente, teso a cogliere eventuali movimenti sospetti.

    Jugyx! rispose subito Sarah dall’Italia e l’eco della sua voce squillante, per qualche secondo lo rassicurò che non c’erano interferenze sulla linea telefonica.

    Lei lo apostrofava così in tono amichevole, e lui provava simpatia quando la sentiva, non si erano mai visti di persona e alcune volte avevano comunicato in video chat con Skype, si erano promessi una visita reciproca per la prossima estate.

    dobbiamo vederci prima dell’estate, non possiamo attendere, ti chiamo domani perché devo approfondire alcune cose, è importante, e quello che è successo mi ha messo una tale agitazione!

    Jurgen la salutò preoccupato, stai molto attenta a come ti muovi, con chi parli, forse stai trattando argomenti pericolosi o riservati, non voglio che ti succeda nulla, un bacio, a presto.

    La condivisione e le nuove scoperte sulla Storia che li coinvolgevano erano uno stimolo incredibile ad approfondire la ricerca verso vicende sconosciute ma che sembravano portarla ad una attualità inimmaginabile.

    Le ultime parole di Jurgen l’avevano piacevolmente meravigliata, la sua preoccupazione e la tenerezza che lui stava dimostrando erano l’energia che Sarah cercava.

    4

    Vercelli, Italia, 21 maggio 2012

    Sarah in un attimo si era ritrovata in auto, senza sapere bene come avesse fatto, ma ciò che si ricordava perfettamente era la email ricevuta.

    Fortunatamente la direttrice si era fatta male così da aver avuto il tempo di scaricare i dati sulla memory card, ora doveva solo trovare un posto tranquillo e pensare.

    Mise in moto la Golf TDI nera e si avviò fuori dal parcheggio, notando a malapena due giovani in abiti scuri che entravano nell’Archivio di Stato, portando al seguito, ciascuno una valigetta.

    Voleva rientrare nel suo appartamento, ma non aveva fatto colazione e i morsi della fame le fecero cambiare itinerario, fermò l’auto dopo pochi metri ed entrò al Twenty, un bar di via XX Settembre ove di solito si faceva un break, chiese una fetta di torta e un tè verde e la password di connessione a internet così da poter utilizzare il suo portatile.

    In attesa della torta, il suo pensiero tornò alla reazione dell’uomo che avvicinandosi al monitor aveva visto di sfuggita la mail. Che strano pensò la ragazza era come se conoscesse il contenuto della mail, sicuramente non può averla letta tutta, ma quello che ha notato deve essergli bastato, fu scossa dai suoi pensieri dal cameriere con il grazioso vassoio e il tè fumante.

    I due uomini entrarono nell’atrio di ingresso dell’Archivio di Stato, sapevano che chi cercavano non poteva essere stato ancora avvisato quindi perché fare di corsa, il lavoro andava fatto bene.

    Attraverso la porta a vetri della sala udirono voci concitate e, uno dei due, come riprendendo il discorso interrotto disse "ma come è possibile, non doveva essere solo?.

    L’altro rispose . la vecchia ungherese non ci aveva detto nulla, non ho idea, tu eri quello sicuro, non possiamo aspettare dobbiamo farlo comunque e furtivamente entrarono senza far rumore.

    La direttrice e l’architetto stavano ancora discutendo su quanto accaduto per trovare una spiegazione razionale dato che entrambi erano a conoscenza che per accedere a determinati documenti era necessaria l’autorizzazione con una password.

    La direttrice, ancora scossa lo incalzò anche quella ragazza ne sapeva qualcosa avanti mi dica la verità, ma l’architetto, guardandola dall’alto la tranquillizzò e mentendole disse direttrice lei vede cospirazioni ovunque, sicuramente la ragazza voleva vedere se i documenti sono veramente così protetti e ha cliccato inavvertitamente qualcosa che non doveva, su si rilassi, in fondo non è successo nulla, né sono stati asportati elementi segreti, anche se, di queste parole non era convinto lui stesso, la ricercatrice era stata molto veloce a nascondere la memory card e sicuramente era riuscita a scaricare l’immagine dello stemma che era comparso sullo schermo.

    I due uomini in nero, variarono il loro piano, non pensavano che a quell’ora fosse ancora presente la direttrice, non sarebbe poi stato tanto difficile, in fondo era solo una donna da neutralizzare.

    Abrahem, il più alto dei due israeliani aprì la valigetta ed estrasse una Beretta 71 calibro 22 Long Rifle , non voleva arrivare a tanto ma essere prudenti non era mai troppo, con quelli non c’era da fidarsi, fece un gesto al suo secondo, Eleazar, che aprì l’altra valigetta e estrasse le manette e un cappuccio nero, erano pronti.

    L’architetto si accorse di un leggero movimento dietro alla direttrice e, intuendo il pericolo fece appena in tempo a scostarla e piegarla a terra, al riparo della scrivania quando sentì uno sparo, le urla della direttrice non gli permettevano di parlare ma i suoi pensieri erano già altrove, sapeva cosa significava quello sparo, subito dopo quella strana email, ma non riusciva a credere che sarebbero arrivati così presto, merde, sarei dovuto andare via subito! era il suo pensiero, ora doveva trovare il modo di non far uccidere la direttrice e di fuggire prima che fosse troppo tardi.

    Dopo il primo sparo Abrahem entrò nella sala lettura immaginando di vedere la direttrice a terra e l’architetto troppo stordito per tentare qualche gesto da eroe, ma non fu così, la direttrice strillava e l’uomo non si vedeva da nessuna parte.

    I due israeliani sollevarono la direttrice provando a farla smettere di urlare e le chiesero l’architetto, dov’è, dov’è l’architetto!?, ma, troppo spaventata non era di nessun aiuto, la zittirono con un colpo alla testa, e la donna svenne istantaneamente, la legarono ad un tavolo con grosso nastro adesivo e, se non si fosse risolto il problema, avrebbero dovuto portarla con sé.

    Controllarono ovunque ma dell’architetto nessuna traccia, merda, è scappato, non può essere svanito nel nulla sibilò Eleazar, e, dopo aver ricontrollato con più calma trovarono la finestra dell’ufficio leggermente aperta e un pezzo della giacca, sicuramente strappata mentre fuggiva, tu, idiota, avresti dovuto vederlo, eri sulla soglia possibile che ti sia sfuggito? incalzò Abrahem e Eleazar non potevo vedere un cazzo!, stavo cercando di non colpire lei, eri tu che dovevi centrare il bersaglio, smettiamola, litigare non serve, ora abbiamo un peso in più e Zoltan non sarà contento del nostro lavoro disse Abrahem.

    Intanto al Twenty la ricercatrice, sbocconcellando la torta e ignara di quanto succedeva in Archivio, si apprestava a visualizzare la mail ricevuta prima.

    Sorseggiando il tè aprì il file e comparve il messaggio tanto strano YSGRD, Monte Bruardo usque ad fines et territorium Ysangardae".

    OTTONEIII-07-05-999-CANDERIUM e la scansione di uno stemma formato da una croce rossa su scudo bianco, dove compariva una corona costituita da cinque torri e lo scudo contornato da due rami incrociati ricadenti dalla figura oblunga e sul nastro si leggeva Potius Mori Quam Foedari.

    Provò inutilmente a decifrare la prima parte, allora si concentrò sullo stemma, sicuramente già visto in qualche libro o esaminato durante qualche sua ricerca personale.

    Aprì il browser di Safari e dopo qualche ricerca con tag diversi comparve l’immagine che le era stata inviata e scoprì che era collegata allo stemma cittadino ecco dove l’avevo già visto! esclamò parlando tra se, e trovò anche la traduzione del motto iscritto sul cartiglio del nastro, Meglio Morire che Tradire.

    Sempre più incuriosita e attratta dalla difficoltà di capire, si sentiva addosso stranamente una sensazione di paura, un sesto senso che emergeva dal passato come se fosse trascinata in una situazione non sua, era consapevole del fatto che a causa di particolari emozioni poteva emergere il collegamento e l’intuito profondo che lei sapeva di avere.

    Non immaginava come sarebbe stato possibile, ma capiva che non poteva lasciare sospesa quella nuova esperienza e doveva andare sino in fondo.

    Ciò che stava succedendo la rendeva inquieta ma era una ragazza determinata e si imponeva le regole di vita, senza dar tempo alle esitazioni.

    5

    Bar Twenty, Vercelli, Italia, 21 maggio 2012 ,

    Sarah Levi era di origini ebraiche, era nata in Italia, a Torino in da padre ebreo e mamma italiana e a sedici anni aveva perso entrambi i genitori, periti in un incidente d’auto le cui cause non erano mai state chiarite e dalle indagini non era emerso nulla di rilevante, forse un’auto pirata, forse un malore, non c’erano stati testimoni e le autorità avevano chiuso il caso.

    Era stata affidata ad una zia materna e, a vent’anni aveva preferito vivere da sola a Vercelli, la cittadina italiana che la affascinava e che era sede dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale A. Avogadro di via Duomo.

    Gli studi gli avevano consentito di laurearsi esponendo la tesi Ebraismo e nodi interculturali nel mondo che trattava il quadro complessivo dell’influenza che la religione ebraica aveva portato nel mondo e in particolare si riferiva alle questioni irrisolte dei grandi misteri biblici.

    Il padre Giuseppe Raffael Levi era stato un rabbino del gruppo dei Sefarditi e aveva iniziato Sarah sin da piccola ai misteri biblici e allo studio di Dio.

    La giovane, non aveva mantenuto la pratica degli ebrei ma dopo la morte dei genitori, a poco a poco si era risollevata dal tremendo colpo subìto, grazie allo studio delle materie ebraiche che le aveva ridato serenità e un collegamento virtuale alle sue origini e in particolare a suo padre.

    Aveva studiato e approfondito l’interferenza dei popoli germanici e soprattutto del nazismo che avrebbe voluto annientare il popolo ebraico, forse per carpirne i segreti e assorbirne le importanti ricchezze.

    I suoi genitori le avevano lasciato un consistente patrimonio, e lei lo gestiva con attenzione, e pur con una vita modesta e senza spese riusciva a vivere digitosamente.

    Seduta al tavolino del bar la sua mente correva in quella giornata calda ed entusiasmante, e inaspettatamente, confrontava la sigla derivante dal tetragramma sacro, cioè le quattro consonanti con cui si riporta il nome di Dio nella lingua ebraica JHWH(Javhé) in raffronto alla sigla del mittente del messaggio in posta elettronica che si firmava YSGRD, le sembrava che le due cose avessero una correlazione, anche se le sfuggiva assolutamente il nesso.

    Era consapevole che prima di mettersi a fantasticare sul simbolo del file doveva inviare il tutto a Jurgen, così attivò la chat per controllare se l’avesse contattata e infatti un minuto dopo, il suono del messaggio la fece sorridere, non rispose ma si apprestò invece ad inviare per email il file, aggiungendo di non essere chiamata in quel momento, di stare attento.

    Ma il sesto senso di cui andava fiera la fece desistere, rinviando la trasmissione a più tardi, da casa.

    Subito dopo si mise nuovamente alla ricerca di simboli e significati, stava per esplorare un sito che appariva interessante, quando dalla vetrina vide l’uomo che, un’ora prima, all’Archivio di Stato, aveva reagito in modo così strano alla vista della email.

    Si stava dirigendo nella sua direzione e dall’espressione del viso alquanto trafelata e con uno strano colorito, Sarah intuì che qualcosa era andato storto.

    L’architetto voleva solo confondersi tra la gente, lasciarsi alle spalle il pericolo che aveva corso, bere un bicchiere d’acqua fredda.

    Entrò nel bar e si sedette rovinosamente sullo sgabello al bancone senza guardarsi attorno, altrimenti avrebbe visto la ricercatrice di poco prima che si dirigeva furtivamente alla toilette portando con se il bauletto di Martini e il portatile.

    L’architetto, si chiamava Charles-Henri Sanson ed era originario di Parigi, ma svolgeva la sua attività di copertura in Italia da parecchi anni.

    Faceva parte della Massoneria francese ed era stato inviato in Italia per recuperare i segreti che i erano perduti nel 1404 collegati alla distruzione di Ysengard, la fortezza costruita in un territorio che, un tempo era appartenente ai possessi della diocesi di Vercelli misteriosamente sparita dalle carte e di cui non restava più né un rudere né un luogo, assolutamente nulla.

    Charles-Henri Sanson chiese un bicchiere d’acqua e la disponibilità del telefono, il barista porse l’acqua e per la richiesta del telefono guardò l’architetto come se avesse chiesto l’oro, ormai tutti possedevano un cellulare, comunque gli indicò un piccolo apparecchio datato e si fece pagare la telefonata.

    Dopo aver bevuto e ripreso animo, Sanson si diresse al telefono, compose il numero a memoria, attese qualche secondo e si udì dall’altra parte una voce maschile famigliare chiedere sei tu il figlio?.

    Charles-Henri Sanson rispose padre, sono colui che cerca il recinto sacro, la voce nasale riprese in francese puoi parlare, non temere e l’architetto, guardandosi intorno furtivamente ho avuto difficoltà, non credevo potessero trovarmi così presto, inoltre una ricercatrice ha ricevuto una e-mail contenente informazioni, non so chi può essere stato, qualcuno dall’interno dell’Ordine. Ma il francese, fermo e risoluto riprese e subito lo interruppe devi fare in modo che nessuno sappia, non preoccuparti di essere seguito, lì sistemeremo noi, tu pensa alla ragazza.

    Charles-Henri Sanson espirando di sollievo ribadì la sua teoria così sia, padre, ma dall’interno potrebbe esserci un corrotto.

    Il tuo padre non ha bisogno di suggerimenti, fai come era nei nostri piani e porta con te la fede, e dopo questa frase sentì il click che interrompeva la comunicazione. Sanson non era sorpreso dalle parole del padre, lo conosceva ormai da anni e non lo aveva mai trovato in agitazione per qualcosa, riusciva sempre a sistemare le cose ed appianare la strada, era grazie a lui se poteva essere ciò che era sia nella vita di tutti i giorni sia per la posizione che occupava nell’Ordine, per lui era veramente un padre.

    Sarah, immersa nelle sue fantasie non ricordava per quanto tempo l’uomo avesse parlato al telefono ma, dall’espressione del suo volto, poteva capire che chi parlava dall’altro capo non ammetteva repliche.

    La comunicazione terminò e lo vide dirigersi all’uscita senza nemmeno salutare il barista, così decise che sarebbe stato meglio seguirlo, ormai concentrarsi sul simbolo era impossibile.

    Charles-Henri Sanson tornò verso l’Archivio di Stato immaginando che i due stranieri ormai dovevano essere già andati via, forse con la direttrice, incolpevole di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, aprì il suo Peugeot 3008 nuovo, argento metallizzato, e salì, doveva solo muoversi per rintracciare la giovane ricercatrice.

    Sicuramente non era all’Archivio per caso, e non lavorava da sola quindi doveva essere cauto e concentrato e, per fare questo, avrebbe dovuto purificare prima la sua anima.

    Avviò il potente diesel e si diresse verso l’unico posto sicuro che conosceva, senza accorgersi che una Golf nera lo stava seguendo a distanza.

    La ricercatrice era corsa in macchina cercando di aprire la portiera senza far cadere il bauletto di Martini con il suo portatile, salì e avviò l’auto tentando di mantenere il contatto visivo sull’uomo e appena vide che si stava dirigendo verso il crossover grigio, si rilassò e accese la radio, stava ascoltando un CD dei Linkin Park, quella musica stonava con i suo modo di apparire tranquilla ma le dava l’energia giusta, abbassò solo leggermente il volume e lasciò passare due auto in modo da distanziare la Peugeot 2008.

    Sarah sentiva di dover contattare Jurgen Contixone, sicuramente si stava chiedendo perché non l’avesse più chiamato.

    Beh avrebbe avuto tempo, aveva un sacco di cose da raccontare, doveva attendere ancora un po’, forse più tardi avrebbe avuto maggiori risposte alle sue domande.

    L’uomo sul Peugeot si diresse velocemente sulla statale del Monferrato sino al vecchio ospedale della Bertagnetta svoltò in un viottolo sterrato, a fianco del complesso abbandonato, fermò l’auto all’inizio, scese e si avviò.

    Sarah lo oltrepassò nel viottolo che proseguiva, abbassò il capo per non farsi riconoscere e, mentre passava oltre, memorizzò il numero di targa, che era dell’amministrazione statale francese.

    Charles-Henri Sanson dal portabagagli estrasse una sacca marrone e si avvicinò al cancello.

    Sarah che aveva svoltato più avanti, lasciata la Golf, lo seguiva con lo sguardo da dietro un albero, voleva tenersi una buona distanza di sicurezza da quell’uomo, e scoprire cosa aveva in mente.

    Ciò che vide la lasciò stupìta.

    L’uomo si diresse verso un punto nel parco invaso da erbacce e in completo abbandono, lì estrasse dalla sacca una candela e l’accese, si tolse la giacca, la camicia e i pantaloni, allentò il cilicio che aveva alla coscia, prese una piccola corda e colpendosi più volte la schiena chiese perdono per aver fallito e per il compito che si apprestava a compiere, ma chiese anche la protezione dai suoi nemici la purificazione della sua anima per poter tornare a casa dal padre. Biascicava le parole come in un lamento continuo ma nel buio di quell’imbrunire Sarah comprendeva molto bene.

    Lei capì a cosa si stava dedicando quell’uomo e decise che era ora di tornare a casa, aveva visto abbastanza, ed era chiaro che non doveva farsi trovare da lui o sarebbero stati guai.

    Probabilmente era un numerario dell’Opus Dei, e anche se non ne era certa, la cosa puzzava di guai, da cui sarebbe stato meglio girare alla larga.

    Fece un largo giro sulla tangenziale per non farsi notare finchè si fermò a rileggere il numero di targa del Peugeot che aveva scritto sul pacchetto di Daygum, e, spinta dalla curiosità cercò sull’iPhone il numero di Antonio, l’agente di polizia municipale che aveva accesso al database statale per l’identificazione delle targhe.

    Con una scusa Sarah convinse Antonio ad effettuare telefonicamente la ricerca, e dopo qualche secondo l’amico le disse che la targa risultava demolita e per di più l’auto non era corrispondente al nuovo Peugeot 3008 visto da Sarah.

    Antonio le suggerì il fatto che la Francia aveva da poco avviato la nuova numerazione delle targhe automobilistiche, simile a quella italiana e quindi poteva trattarsi di un’auto immatricolata in Francia per la quale al momento non era possibile effettuare tale ricerca.

    Sarah, demoralizzata, si lasciò andare sullo schienale della Golf, salutò Antonio e sgommò a razzo.

    Ora lei era consapevole che l’architetto era coinvolto in qualcosa di strano, fuori della sua comprensione, ma che suo malgrado ne era stata agganciata, e qualcuno, dietro le quinte la stava ingaggiando.

    non ci posso credere, è assurdo, chi mi conosce a tal punto da comunicare con me ?, parlando tra sé, in auto provava a sgombrare la mente dagli inquietanti interrogativi a cui non era in grado di dare risposta.

    non ho pubblicato nulla sui blog delle mie ricerche, ho fatto tutto da sola. Avrò forse lasciato tracce, ma chi può essere interessato a studi biblici che riguardano il coinvolgimento territoriale?.

    Dopo aver comprato provviste all’ipermercato Carrefour, persa negli inquietanti pensieri si avvicinò a gran velocità verso casa e, transitando di fronte alla Sinagoga ottocentesca in via Foa, un piacevole calore si sviluppò in corrispondenza del medaglione che portava sempre al collo, con i volti dei suoi genitori.

    Stupita si arrestò immediatamente, inserì le luci di emergenza, ferma in mezzo alla strada, sconvolta e preoccupata, scese dall’auto e di corsa entrò ansimante nel portale del tempio ebraico.

    Scoppiò in un pianto incontrollato e disperato, finchè, completamente esausta, uscì in strada salì a bordo della Golf e, a passo d’uomo si avviò verso casa.

    Con una giornata così voleva solo dormire, ma non poteva lasciare Jurgen senza spiegazioni fino al giorno dopo, rientrò a casa, attivò il portatile, si connesse a internet e vide che lui era in linea, così si apprestò a raccontare la giornata. Jugix, lo so, lo so, mi sono fatta attendere ma ho avuto da fare, dovrei parlare ma su una linea sicura attese risposta.

    Nel magnifico studio di Palazzo Walderdolff al n. 1 della Piazza del Duomo di Treviri, Jurgen, se ne stava incantato ad ammirare i colori del tramonto che riflettevano sulle pietre della Cattedrale e della chiesa di Liebfrauen, che costituivano una armonica composizione.

    Con la cuffia del potente impianto audio, si stava assaporando Die Walküre di Richard Wagner e non poteva vedere la comunicazione di Sarah.

    La musica coinvolgente gli rapiva la mente e alla fine del brano, Jurgen dormiva profondamente rilassato sulla poltrona di pelle.

    Immaginando che l’uomo fosse affaccendato, Sarah si limitò a salutarlo e chiuse il portatile rinviando a domani Ciaaaaoooooo super impegnato!, ho un sacco di cose da raccontarti….è successo di tutto, domani vado alla Biblioteca Civica per approfondire alcune cose, ora me ne vado a letto sono esausta, vorrei vederti presto, un bacio SRH.

    Si buttò sul morbido letto matrimoniale e invece di dormire cominciò a sentirsi intimorita.

    Il suo sesto senso la inquietava, si sentiva come sull’orlo di un baratro in cui sapeva che sarebbe caduta anche se cercava di stare in equilibrio.

    Assurdamente avrebbe voluto cadere in quel baratro per conoscere i misteri che si nascondevano laggiù, in fondo ai fatti che le erano capitati quel giorno.

    Istintivamente portò la mano al medaglione con la foto dei genitori, e le parve di sentire nuovamente una energia tranquillizzante.

    Cadde in un sonno profondo e, poco dopo, si ritrovò in un lungo e faticoso sogno indietro nel tempo.

    Nel sogno Sarah si trovava in auto, bambina, con i genitori, in viaggio in un luogo sconosciuto.

    I genitori parlavano animatamente, la mamma agitata, pareva costretta a fare qualcosa mentre il padre, il rabbino, cercava di tranquillizzarla.

    Poi il rabbino le prendeva la mano passandole una custodia a forma di tubo, e subito tutto si faceva indistinguibile, una gran boato e una luce accecante,

    La piccola si ritrovava riversa in un prato recintato con rottami e vetri rotti ovunque.

    Si trovava poi al cospetto di un uomo vestito di bianco, e sentiva che era una persona importante, parlava una lingua sconosciuta e le porgeva qualcosa, era il tubo che aveva ricevuto la madre da suo padre poco prima dell’incidente, ma appena abbassava gli occhi per vedere di cosa si trattasse, l'immagine svaniva.

    Poi il sogno ricominciava sempre uguale, estenuante alla ricerca della verità, e Sarah si svegliava ansiosa e angosciata.

    6

    Mont Saint Michel, France , vigilia di Natale 1918

    Il giovane soldato, infreddolito e stretto nello sgualcito cappotto grigioverde dell’esercito tedesco, stava in ammirazione dell’enorme cattedrale di Mont Saint Michel che, vista dall’imbocco della strada di accesso posta tra la terraferma e l’isolotto, si stagliava imponente con le sue ardite opere di architettura verso il cielo terso della fredda giornata che annunciava il Natale.

    La congiuntivite lo tormentava da troppo tempo e i ricordi orrendi della guerra appena finita gli turbinavano in testa senza dargli tregua.

    Gli occhi bruciavano di dolore a causa dell’iprite, il gas nervino che lo aveva temporaneamente accecato qualche tempo prima ad Ypres, nella Battaglia di Passchendaele in Belgio, nelle ultime settimane di quella maledetta guerra.

    Ma più ancora gli bruciava come il fuoco delle granate la vergogna che provava per come si erano concluse le cose, per come la grande Germania che lui aveva servito con onore aveva firmato l’armistizio.

    Da quando il Professor Forster, direttore della Clinica psichiatrica dell’ospedale di Paswalk, nei pressi del Mar Baltico, gli aveva diagnosticato la cecità isterica, la sua rabbia era divenuta incontrollabile e lo assaliva a causa di inezie o di fatti importanti, ma quando gli attacchi finivano lo lasciavano esausto, consapevole del fatto che ciò gli avrebbe comportato una vita solitaria.

    I suoi compagni si allontanavano da lui per evitare di sentirlo abbaiare come un cane feroce, e in poco tempo si sentiva un uomo completamente solo.

    Parlava spesso da solo ad alta voce e, nell’ospedale psichiatrico il professor Forster aveva provato a curarlo mediante l’ipnosi, ma con scarso risultato. Aveva anche tentato una terapia di contrasto basata sull’aggressione verbale continua ma il risultato non era variato, e, piuttosto, erano peggiorati i suoi attacchi isterici.

    Maledetto professor Forster! che tu sia dannato per sempre nelle fiamme dell’inferno!.

    Il giovane veterano di guerra portava spesso la mano destra al petto dove teneva appuntate le Croci di Guerra di prima e di seconda classe che gli erano state assegnate per la sua dedizione e il suo coraggio dimostrato sui campi di battaglia della Somme nel 1916, dopo aver ottenuto la promozione a caporale ad Arras, e per ultima dopo la battaglia di Ypres.

    Queste due Croci, la Verwundetenabzeichen e la Eisernes Kreuz , si sono lordate con la sporcizia della Francia e il fango delle Fiandre! disse Adolf al suo compagno di viaggio, August Kubizek.

    August annuì e ruttò rumorosamente la birra che aveva bevuto da poco, ma il gesto gli provocò una gelida occhiata di Hitler che pareva volesse trafiggerlo, considerandolo un grave sgarbo nei riguardi delle due Croci e delle battaglie in cui era spesso stato coinvolto.

    August Kubizek rise fraternamente caro Adolf, non te la prendere, lo sai che ti conosco sin da bambino, ne abbiamo passate tante e abbiamo anche combattuto nella stessa guerra, ma che ci vuoi fare, per me le battaglie sono finite e son contento di averla scampata, amo la musica e voglio dedicarmi a dirigere una grande orchestra, così come tu vorresti rivedere la tua Stefanie Rabatsch.

    Nuovamente August rise sguaiatamente perché a volte si divertiva a punzecchiare Hitler sulla sua scarsa fama sessuale, sapeva che lui si risentiva e, a volte i due finivano a botte per poi far pace e consolidare l’amicizia.

    Ma questa volta fu diverso, Hitler non si dava pace per gli insuccessi con le donne e il Professor Forster, durante le cure a Paswalk gli aveva fatto sperimentare alcune terapie per la cura dell’impotenza di cui soffriva.

    Più che ad una cura, Adolf Hitler, giovane dinamico di ventinove anni, a lui era sembrata una continua umiliazione che lo colpiva nel più profondo sentimento umano.

    Forster lo obbligava ad assistere ad accoppiamenti sfrenati concepiti per accendere la sua libidine, che si svolgevano a porte

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