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Pandemonium
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Pandemonium

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Dopo la fatale ribellione e caduta, alcuni demoni sono rimasti intrappolati sulla Terra seminando nel corso dei secoli morte e distruzione. In questo mondo, in cui l’oscurità sembra più forte della luce, incontriamo Elia Vaivern, un sangue misto figlio di un angelo e di un’umana. Quando il re del cielo viene rapito dai demoni nel tentativo di scatenare una nuova guerra, le alte sfere del Paradiso non potranno fare altro che affidargli la missione di recupero.
Elia si vedrà costretto a intraprendere il viaggio più difficile della sua vita, attraverso lande desolate, cimiteri sinistri, cascate di fuoco e ghiaccio eterno, superando le città infernali fino allo scontro diretto con il signore di tutti i mali.
In quest’avventura sarà affiancato da Vera, la figlia del re e da Luke, un giovane arcangelo con grandi potenzialità.
Nel lungo viaggio i ragazzi impareranno che solo l’amicizia sarà un’ancora di salvezza e una forza sicura nel tetro e oscuro mondo che è l’Inferno.
La battaglia per la salvezza del mondo ha inizio.
LanguageItaliano
Release dateFeb 21, 2019
ISBN9788869631993
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    Pandemonium - Alessandro Lorenzo

    Alessandro Lorenzo

    PANDEMONIUM

    Cronache degli angeli caduti

    Elison Publishing

    Proprietà letteraria riservata

    © 2019 Elison Publishing

    www.elisonpublishing.com

    elisonpublishing@hotmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Elison Publishing

    ISBN 9788869631993

    CAPITOLO DELLA TERRA

    E ci fu guerra nel cielo: Michael e i suoi angeli combatterono … Lucifer e i suoi angeli combatterono, ma non prevalsero e per loro non si trovò più posto nel cielo

    Apocalisse 12, 7-8

    PROLOGO

    L’uomo correva a perdifiato lungo le strade di Milano, spinto dall’acuto dolore che provava al fianco sinistro e dai passi veloci del suo inseguitore.

    Si ritrovò nella piazza grande e con le ultime forze salì le scale e posò le mani sulla grande porta bianca, infine la aprì ed entrò.

    L’odore d’incenso lo colpì violentemente, si rese conto della scelta sbagliata che aveva preso ma doveva mettersi in salvo e la chiesa gli sembrata l’unico porto sicuro.

    Appena vide l’acqua santa e il crocifisso dietro l’altare storse il naso, fece per scappare nuovamente, ma ormai era troppo tardi, le porte si aprirono ed entrò una figura incappucciata.

    L’uomo indietreggiò cercando di mettere più distanza possibile fra loro.

    La figura aveva una forma slanciata, indossava degli stivali di pelle nera lucida, un cappotto di pregiata manifattura che culminava con un ampio cappuccio, guanti neri del medesimo colore dell’abito e infine una maschera bianca che raffigurava un demone a coprire il suo viso.

    L’uomo tirò fuori dalla tasca un coltello e lo puntò contro l’incappucciato «Stai indietro, non avvicinarti.»

    La figura incappucciata però continuava ad avanzare inesorabilmente.

    A quel punto l’uomo, mosso esclusivamente dall’istinto, saltò in avanti e agitò l’arma nella speranza di ferire o addirittura uccidere il suo inseguitore.

    L’incappucciato però gli afferrò il braccio, lo disarmò e lo colpì al viso così forte da farlo cadere per terra.

    L’uomo si toccò il labbro, del sangue nerastro iniziò a colare sul freddo pavimento, si voltò «Tu  … non puoi uccidermi, Dio ha espressamente vietato di fare del male agli esseri umani, vuoi disobbedire alla Sua legge?» domandò sorpreso l’uomo.

    L’incappucciato a quel punto si tolse la maschera rivelando il suo viso, era un ragazzo, a occhio non doveva avere più di diciotto anni.

    «Sfortunatamente per te le leggi di Dio non valgono nulla per me, non sono un angelo ma un nefilim  …» disse il giovane sorridendo «Quando uno di voi insulsi Classe bassa s’impossessa di un umano i cari amici piumati là sopra mandano quelli della mia razza a occuparsi di voi. Chiamalo pure un piccolo cavillo nel Dogma divino se preferisci.»

    A quel punto l’uomo comprese, così come capì che per lui non c’era più alcuna speranza, così decise di alzarsi in piedi «Ibrido schifoso, verrà il momento che i demoni si vendicherann  ….»

    Il giovane non lo lasciò nemmeno finire la frase, lo colpì così forte da scaraventarlo contro una panca privandolo dei sensi.

    «Chiudi la bocca» disse avvicinandosi al corpo dell’uomo.

    A quel punto si chinò e tirò su la manica per scoprire il braccio destro.

    «In questi casi mi hanno insegnato ad avvertirti che farà male, ma tu sei svenuto e a me non frega nulla, quindi iniziamo» disse infilando per intero il braccio nell’addome del corpo, trafiggendolo.

    Contrariamente alle leggi della natura dall’uomo non fuoriuscì nemmeno una goccia di sangue, nemmeno quando il ragazzo cominciò a rovistare fra le viscere in cerca di qualcosa.

    «Dove sei? Dove cazzo di ti sei nascosto? Avanti immondizia non ho tutta la notte! Preso!» disse iniziando a tirare.

    Dopo qualche secondo il giovane sconosciuto era riuscito ed estrapolare dal corpo dell’essere umano una poltiglia melmosa e viscida di colore nero che iniziò a dimenarsi.

    Il guerriero esaminò la porcheria che stringeva fra le mani con il medesimo, disinteresse con la quale gli uomini guardano una formica.

    «La ribellione in cielo. Se penso che un tempo eri un angelo del Paradiso provo quasi pena, anche se a guardarti meglio l’unica cosa che provo, è un forte conato di vomito» disse stringendo più forte in modo che la melma non potesse più muoversi e poi, dal nulla, una fiamma prese vita riducendo in polvere la poltiglia scura.

    Con un respiro di spossatezza il giovane si pulì la mano.

    «Odio questa parte del mio lavoro» disse allungandosi e iniziando a schiaffeggiare il pover’uomo ancora privo di sensi «Svegliati idiota.»

    Come si aspettava il signore riprese immediatamente i sensi grazie al dolore pulsante che provava alla guancia sinistra.

    Cominciò a guardarsi attorno cercando di capire dove fosse e perché fosse coperto di sangue nonostante non avesse nemmeno una ferita.

    «Dove mi trovo? Che cosa faccio qui?» domandò sconcertato.

    Il ragazzo socchiuse gli occhi Odio davvero questa parte del mio lavoro, dare spiegazioni è così noioso pensò alzandosi in piedi.

    «Ti ricordi chi sei?» domandò il ragazzo.

    L’uomo si alzò in piedi visibilmente frastornato «Mi chiamo Simone Testa, sono un imprenditore, perché mi trovo qui?» domandò massaggiandosi la guancia che bruciava terribilmente.

    «Sei nel Duomo di Milano, sei stato posseduto da un demone» disse il ragazzo senza battere ciglio.

    L’uomo soppesò con attenzione quelle parole, poi scoppiò a ridere. Il ragazzo lo imitò rompendo completamente la sacralità del luogo.

    «Sì, succede sempre, coraggio sfogati pure» disse il giovane con tono svogliato.

    «Mi prendi in giro?» domandò incuriosito.

    Il ragazzo si avvicinò di un passo «Non so come trascorri il tuo tempo libero, fare da psicologo non è una delle mie mansioni, ma i demoni di Classe bassa possiedono solo gli esseri umani con un cuore malvagio oppure molto debole, per cui ti consiglio caldamente di dare una sterzata alla tua vita se non vuoi essere usato nuovamente come mezzo di trasporto» lo ammonì il ragazzo.

    L’imprenditore s’irrigidì e cominciò a fissarlo con odio «Ma chi ti credi di essere? Con quale autorità pensi di potermi dare degli ordini? Vuoi che ti denunci alla polizia» domandò l’uomo avvicinandosi minacciosamente al ragazzo.

    Il giovane nefilim lo afferrò per il collo con una presa ferrea, inumana, obbligandolo a zittirsi «Torna a casa e cerca di cambiare vita, dammi retta, quelli come te fanno sempre la fine che meritano» disse prima di colpirlo e fargli perdere nuovamente i sensi.

    Il ragazzo guardò per qualche minuto l’uomo riverso per terra e gli tornarono alla mente alcuni ricordi, così come una delle tante lezioni che gli aveva inculcato suo padre, una in particolare calzava a pennello in quella situazione.

    Questo serve a farti capire che se anche salvi la vita a una persona, non sempre sarai ringraziato.

    Il ragazzo prese nuovamente la sua maschera e la indossò «Sono stanco di questa vita.»

    QUALCHE ANNO DOPO  …

    Capitolo 1

    Il ragazzo dai capelli corvini correva come una furia lungo le vie trafficate di macchine e persone; aveva sempre avuto il vizio del ritardo ma si era ripromesso che avrebbe fatto attenzione almeno il giorno della sua nomina ufficiale. Ovviamente sarebbe stata una pia illusione.

    Ho perso troppo tempo dietro la signora, maledette buste della spesa troppo fragili pensò il giovane svoltando l’angolo e prendendo una scorciatoia.

    Finalmente in lontananza vide il grattacielo, la sede principale di una delle aziende più famose del mondo, per lui invece, rappresentava il quartier generale degli arcangeli. La struttura era stata creata moltissimi anni prima da Asmodeo Vaivern partendo dal nulla fino a diventare la sede ufficiale dei Blacklist.

    Il giovane entrò nel grattacielo spalancando la porta a vetri con l’intenzione di fiondarsi nell’ascensore ma per farlo doveva necessariamente aggirare la reception e la coda di clienti.

    Con una scivolata passò fra due uomini d’affari e urtò una valigetta facendola cadere.

    «Tu, fai attenzione» gli gridò l’uomo visibilmente irritato.

    Il ragazzo unì le mani in segno di scuse «Mi spiace tantissimo, sono in ritardo» disse senza arrestare la corsa. Finalmente raggiunse l’ascensore e premette il pulsante.

    «Gabriel questa volta mi ucciderà, me lo sento.»

    Asmodeo Vaivern, uno dei sette luogotenenti del cielo entrò nella grande sala delle riunioni e tutti i presenti si alzarono in piedi in segno di reverenza. Erano trascorsi molti anni da quando aveva lasciato il Paradiso e fondato il quartier generale sulla Terra. Con il consenso del Re del Cielo ne era diventato il capo indiscusso coordinando i movimenti dei guerrieri e inviandoli dove c’era più bisogno.

    Il suo completo elegante denotava la posizione di grande prestigio che ricopriva, si avvicinò alla sua postazione guardando negli occhi i suoi sotto ufficiali.

    «Buongiorno a tutti» disse sedendosi a capotavola.

    Fece finta di impilare alcuni fascicoli ma i suoi occhi cominciarono a guizzare da una parte all’altra della sala.

    «Il ragazzo non è qui» disse Gabriel alla sua destra intuendo i pensieri dell’amico.

    Asmodeo annuì «Non fa nulla, la sua presenza sarebbe stata gradita ma non pregiudica in alcun modo la riunione di oggi. Continueremo senza di lui» disse l’arcangelo deglutendo e nascondendo le sue emozioni.

    Queste però non sfuggirono a Gabriel che conosceva il suo amico da moltissimi secoli «È un anno e mezzo che non abbiamo sue notizie. Non pensi che sia arrivato il momento di cercarlo? Abbiamo bisogno di lui» disse l’ufficiale parlando piano quasi temesse di ferire il suo superiore.

    Asmodeo si schiarì la voce «Tornerà quando si sentirà di farlo, per ora la situazione non è così ingestibile da avere bisogno di lui» disse l’arcangelo con fare brusco, in modo da impedire altre imbarazzanti domande.

    Gabriel alzò le mani al cielo e aprì la cartella che aveva davanti a sé «Per quando è previsto l’arrivo del pezzo grosso?» domandò controllando l’orologio di Armani che aveva al polso.

    In quel momento la porta si aprì e tutti i presenti si alzarono di colpo nel vedere l’angelo sulla soglia, tutti, tranne Asmodeo che si limitò a sorridergli.

    «Il Re è già qui.»

    Michael Cross, l’undicesimo Re del Cielo e generale supremo dell’esercito celeste, entrò nella sala riunioni con passo sicuro.

    Era vestito anche lui con un completo scuro molto elegante e di alta sartoria. La sua barba bionda incorniciava il suo viso dai tratti severi.

    I suoi profondi occhi azzurri esaminarono tutti i presenti.

    «Quanto siete carini con la vostra divisa ragazzi» disse Michael abbracciando uno a uno tutti i presenti.

    Asmodeo sorrise; era parecchio tempo che non vedeva il suo migliore amico. Un prezzo necessario poiché il posto di Michael era il Paradiso mentre lui aveva deciso volontariamente di rimanere sulla Terra.

    I due si guardarono per qualche secondo prima di stringersi l’un l’altro.

    «Ciao fiammifero è bello rivederti» disse il Re sorridendo all’amico.

    «Ti trovo bene scimmia» rispose l’arcangelo di fuoco tastando le spalle possenti del suo Re.

    Terminati i saluti e i convenevoli tutti presero posto, Asmodeo e Michael si misero reciprocamente agli estremi del tavolo essendo i più alti di grado.

    «Volevo ringraziare tutti voi per aver trovato il tempo per riunirvi con così poco preavviso  …» iniziò Michael incrociando le dita sul tavolo «Questo posto ne ha fatta di strada da quando i primi Blacklist sono scesi sulla Terra.»

    Iniziò un vociferare di assenso e sorrisi orgogliosi fra gli ufficiali, Asmodeo e Gabriele si scambiarono uno sguardo d’intesa essendo stati proprio loro i primi.

    Il re del cielo sollevò le mani per richiamare il silenzio e subito la sala si ammutolì.

    «Come di certo saprete dopo la grande ribellione avvenuta in cielo alcuni demoni sono rimasti intrappolati sulla Terra. I Blacklist, o anche semplicemente i Cacciatori della lista nera, sono un distaccamento militare dell’esercito del Paradiso e hanno il gravoso compito di proteggere la Terra preservandola dai demoni e dalle forze del male» disse Michael alzandosi in piedi e dirigendosi verso l’enorme finestra stringendo fra le mani una cartella nera.

    Asmodeo guardò il suo re con fare interrogativo «Michael, sono sicuro che non sei qui per farci una lezione di storia. Hai convocato una riunione d’emergenza in tutta fretta e sei addirittura sceso dai cieli, che succede?» domandò il generale.

    Il re sospirò «Sono qui per comunicarvi che la possibilità di una nuova guerra non è mai stata più concreta di adesso. Ho ricevuto la notizia che i demoni si sono armati e sono pronti a mobilitarsi, il nostro nemico ha cominciato a muoversi, dobbiamo fermarlo» disse Michael senza troppi giri di parole.

    Il vociferare degli angeli riprese seguito immediatamente dal silenzio imposto da Asmodeo.

    «Fermarlo? Intendi dire  …» domandò il generale senza mascherare il suo timore.

    Michael annuì tristemente «Mio fratello, Lucifer.»

    Sentendo quel nome nella sala calò un silenzio agghiacciante e innaturale. Nella mente di tutti gli abitanti del Paradiso era ancora impresso ciò che l’astro del mattino aveva fatto e di quanto dolore avesse seminato durante la sua folle scalata al potere.

    Asmodeo strinse i pugni e deglutì, in lui più che in altri era ancora vivido il ricordo della guerra e il dolore che questa aveva portato.

    «Perché ora?» domandò il luogotenente respirando con calma e cercando il più possibile di essere razionale.

    Il re fece per parlare ma in quel momento la porta della sala si aprì di colpo e un ragazzo comparve sulla soglia. Gli arcangeli ormai tesi all’inverosimile reagirono d’istinto, si alzarono tutti in piedi brandendo le loro armi.

    Il giovane si spaventò della scena e sollevò immediatamente le mani al cielo in segno di resa «Calma calma, sono un po’ in ritardo ma non c’è bisogno di punirmi in questo modo» disse il ragazzo visibilmente preoccupato.

    Gabriel guardò in malo modo il suo allievo mentre Michael tirò un sospiro e tornò a fissare Asmodeo.

    «Non lo so amico mio. Ma non voglio correre il rischio di trasformare la Terra in un campo di battaglia. Ci serve tutto l’aiuto possibile e ovviamente anche quello di tuo figlio» disse gettando sul tavolo la cartella nera che prima stringeva fra le mani.

    Asmodeo la prese e la esaminò, rimase scioccato nel vedere delle foto piuttosto recenti di un ragazzo con gli occhi verdi. Quanto era cresciuto in appena un anno e mezzo.

    Michael sorrise nel vedere la reazione del suo migliore amico, anche lui in fondo era un padre «È tempo di creare il team di nuova generazione.»

    Capitolo 2

    Il ragazzo camminava lentamente e con grazia lungo l’oscuro corridoio, mantenendo lo sguardo fisso davanti a se, avanzando verso la luce che ad ogni passo si faceva sempre più intensa. Le scarpe creavano un lieve eco ogni volta che toccavano il pavimento di granito, era una compagnia piacevole almeno all’inizio ma dopo due giorni di totale oscurità ne aveva abbastanza di quel suono.

    «Ci siamo quasi Iris» disse il ragazzo cercando lo sguardo del gatto che si era appollaiato sulla spalla destra.

    «Meno male, non ne potevo più di restare lì dentro, mi serviva un po’ di aria fresca. Dovresti trattare meglio i tuoi famigli» rispose la gatta sospirando per la stanchezza.

    Il ragazzo sorrise «Credevo che il compito di un famiglio fosse di accompagnare il padrone ovunque.»

    Iris gli soffiò «No, il compito di un famiglio è di proteggere, un compito che tu mi rendi particolarmente difficile data la tua sovrumana abilità di infilarti in situazioni potenzialmente pericolose.»

    I due finalmente uscirono all’aperto godendosi per qualche secondo la luce del giorno e l’aria non più stantia.

    Il giovane s’infilò le mani in tasca e sorrise di gusto «Può darsi che sia così, ma guarda che panorama spettacolare» disse cominciando a guardare l’orizzonte.

    I due si trovavano a centoquaranta metri dal suolo, su uno dei blocchi di roccia che costituivano l’imponente piramide di Cheope.

    Iris scese dalla spalla del giovane e si stiracchiò prima di sedersi e ammirare il paesaggio «Hai ragione Elia, questa vista vale la fatica fatta fino adesso.»

    Il ragazzo posò a terra lo zaino e incrociò le braccia. La piramide di Cheope, conosciuta anche come Grande Piramide di Giza, la più antica e la più grande delle tre piramidi della necropoli di Giza, in Egitto.

    «La più antica delle sette meraviglie del mondo e l’unica ad essere rimasta in piedi, un autentico capolavoro» disse Elia sorridendo e abbassando lo sguardo verso la sua compagna.

    Un famiglio con la forma di un gatto del bengala dal pelo arancione corto e setoso solcata da striature nere che la rendevano molto simile a una tigre in miniatura.

    Dall’alto della piramide i due riuscivano a vedere lo sconfinato deserto illuminato dai raggi del sole, il caldo era afoso e soffocante ma niente in confronto a ciò che si poteva percepire all’interno della piramide, e loro due ci erano rimasti per due giorni.

    Iris si voltò per guardare il ragazzo che intanto osservava l’orizzonte sconfinato con la stessa meraviglia di un giovane inesperto della vita e delle sue meraviglie.

    Indossava degli stivali neri con lacci alti sopra la caviglia, un pantalone con tasconi larghi di colore beige strappati e sporchi in moltissimi punti, una camicetta di lino leggerissima sporca di polvere e imbrattata di fanghiglia, una giacca del medesimo colore dei pantaloni e infine una sciarpa piuttosto ampia che aveva usato per coprirsi il viso sia dalle tempeste di sabbia sia dall’aria venefica della piramide.

    Elia era un ragazzo di ventuno anni, alto un metro e ottanta e con un corpo sorprendentemente tonico frutto di anni di duri allenamenti, i suoi capelli castani erano stati tagliati e risistemati da poco. Prima della partenza erano lunghi e scompigliati, ora invece erano corti ai lati e tagliati in modo ordinato.

    Aveva normalmente una pelle bianca e liscia come il marmo, tuttavia, a causa del lungo mese trascorso in Egitto, aveva assunto una colorazione più scura che metteva in risalto i suoi lineamenti dolci ma soprattutto i suoi occhi.

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