Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Come foglie nel vento
Come foglie nel vento
Come foglie nel vento
Ebook348 pages5 hours

Come foglie nel vento

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

È l’aprile del 1945, Johnny Costanza è un capitano delle truppe di liberazione che opera nel territorio di Agordo. Ad Alleghe, dove il capitano è ospitato con i suoi soldati, conosce Margherita. La ragazza è giovane, ha la freschezza dei diciassette anni e il profumo dei fiori di montagna. Il capitano si sente attratto e la corteggia, finché Margherita cede alle sue attenzioni: i due giovani arrivano così ad amarsi tra i fiori dell’alpeggio. Le operazioni conclusive della guerra e della pace procedono fino a riportare alla fine il Capitano a casa, a Buffalo USA), la sua città natale, dove peraltro un’altra donna è rimasta ad aspettarlo. Un solo biglietto a Margherita e poi il silenzio. Margherita lo romperà soltanto per avvisare il capitano della nascita di “sua figlia Giovanna”. Prende così l’abbrivio il filo del racconto, che si srotola alternativamente in un gioco d’interfacce, dove si susseguono le vicende della famiglia italiana e di quella americana. Con la consueta capacità narrativa, l’Autore tratteggia un viaggio che si snoda lungo mezzo secolo di Storia, dagli anni Quaranta al nuovo Millennio, e percorre un itinerario che abbraccia due diversi Paesi, l’Italia e gli USA. Separati tra loro dalla vastità dell’oceano, nella contingenza della narrazione sono fatalmente resi vicini dal sottile gioco dei destini umani, coi quali pare che “… il vento di marzo, il vento della vita” si diverta a giocare.
LanguageItaliano
Release dateMar 10, 2019
ISBN9788832536195
Come foglie nel vento

Read more from Luigi Bosi

Related to Come foglie nel vento

Related ebooks

Performing Arts For You

View More

Related articles

Reviews for Come foglie nel vento

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Come foglie nel vento - Luigi Bosi

    DIGITALI

    Intro

    È l’aprile del 1945, Johnny Costanza è un capitano delle truppe di liberazione che opera nel territorio di Agordo. Ad Alleghe, dove il capitano è ospitato con i suoi soldati, conosce Margherita. La ragazza è giovane, ha la freschezza dei diciassette anni e il profumo dei fiori di montagna. Il capitano si sente attratto e la corteggia, finché Margherita cede alle sue attenzioni: i due giovani arrivano così ad amarsi tra i fiori dell’alpeggio. Le operazioni conclusive della guerra e della pace procedono fino a riportare alla fine il Capitano a casa, a Buffalo USA), la sua città natale, dove peraltro un’altra donna è rimasta ad aspettarlo. Un solo biglietto a Margherita e poi il silenzio. Margherita lo romperà soltanto per avvisare il capitano della nascita di sua figlia Giovanna. Prende così l’abbrivio il filo del racconto, che si srotola alternativamente in un gioco d’interfacce, dove si susseguono le vicende della famiglia italiana e di quella americana. Con la consueta capacità narrativa, l’Autore tratteggia un viaggio che si snoda lungo mezzo secolo di Storia, dagli anni Quaranta al nuovo Millennio, e percorre un itinerario che abbraccia due diversi Paesi, l’Italia e gli USA. Separati tra loro dalla vastità dell’oceano, nella contingenza della narrazione sono fatalmente resi vicini dal sottile gioco dei destini umani, coi quali pare che "… il vento di marzo, il vento della vita" si diverta a giocare.

    PARTE PRIMA

    Un amore rubato

    1. Giugno 1945 – Alleghe

    Arrivarono verso mezzogiorno, senza alcuna fretta, come se non avessero nient’altro da fare. Venivano su per la statale, l’ agordina, una strada a quel tempo piuttosto malmessa, tutta una curva. Non parevano soldati, ma gente in giro per i fatti loro. Tutt’al più li si poteva scambiare per lavoranti stagionali che venissero su per una qualche incombenza da sbrigare, magari per lo sfalcio dell’erba o per la vigna da potare. Alcune strane auto scoperte, una via di mezzo tra una scatola da scarpe e una cassetta per la frutta, precedevano una mezza dozzina di camion stracarichi di uomini. Niente cannoni, niente carri armati. Niente armi insomma da incutere paura.

    Del resto a cosa sarebbero servite? La guerra era finita, i tedeschi s’erano arresi e se n’erano andati già da diversi giorni, almeno quelli che c’erano riusciti. Dopo tanti anni di odio e di sangue, d’ammazzamenti d’ogni genere, adesso pareva che tutto a un tratto la gente avesse cambiato idea, che facesse ogni sforzo per dimenticare, che non volesse più saperne di guardare indietro.

    Così almeno succedeva da quelle parti, ad Alleghe, all’ombra del gigante, di quel monte Civetta che sovrastava il piccolo paese affacciato sul lago e che come una chioccia, talvolta corrucciata, per lo più benevola, pareva volerlo tenere sotto le sue grandi ali. Non era facile, si capisce, scordarsi di tutto ciò ch’era successo fino a qualche giorno prima, però la gente da quelle parti almeno ci provava.

    Da loro del resto la guerra non era stata poi così cattiva come altrove. Anche i tedeschi non s’erano comportati tanto male. S’erano presi quello che volevano, si capisce, ma senza troppe prepotenze, senza usare le maniere forti. E adesso stavano per arrivare altri soldati, altra gente di fuori, gente foresta: tutta da scoprire.

    I paesani, presi alla sprovvista, non sapevano come comportarsi. Del resto c’era poco da fare, bisognava solo sperare che questi qua non fossero peggiori di quegli altri. Sempre di foresti, in fondo, si trattava. La gente se ne stava ai lati della strada ad aspettarli in silenzio, senza manifestare alcun sentimento, né di gioia né d’ostilità.

    La colonna degli automezzi fece il suo ingresso in paese passando fra due ali d’una folla muta, che li osservava senza animosità, ma anche senza manifestare il minimo entusiasmo. Atteggiamento che pareva aver lasciato i nuovi venuti alquanto sconcertati, abituati com’erano a essere accolti dagli abitanti dei luoghi che attraversavano come angeli liberatori, con grandi manifestazioni di giubilo e di gratitudine. Qui invece niente. Qui uomini e donne li guardavano in silenzio, con un pizzico di curiosità e basta. Gente veramente strana, questa di montagna.

    Arrivata sulla piazza del paese, la colonna s’arrestò in prossimità della chiesa, davanti al lago che di quella stagione era uno spettacolo. Alcuni uomini, ufficiali di sicuro, scesero dalle buffe auto squadrate che precedevano il convoglio e si guardarono attorno per vedere con chi potersi intendere.

    Fu il parroco che per primo si fece avanti. Don Pietro sapeva che toccava a lui parlare a nome dei suoi parrocchiani. Un giovane capitano alto e abbronzato gli si fece incontro quasi sorridendo. Prima d’aprir bocca gli indirizzò un impeccabile saluto militare, facendo schioccare i tacchi, che per un attimo fece retrocedere d’un passo il sacerdote. Poi, in un italiano quasi perfetto, l’ufficiale si rivolse al religioso.

    Capitano John Costanza, dell’esercito degli Stati Uniti. Siamo stati inviati in questo paese per compiere una serie di rilevamenti. Dobbiamo acquartierarci qui per qualche tempo, perciò abbiamo bisogno di parlare con il podestà, o con chi ne fa le veci. Lei, reverendo, può aiutarci?.

    Don Pietro non perse tempo. Chiamò Cosimo, il postino, e lo inviò alla ricerca del podestà.

    Dev’essere nel suo campo del Brusòlo, dietro la vigna. Vai, corri, e digli di venire subito qua.

    Il podestà di quel paese era uno dei pochi che, nonostante tutti i sovvertimenti succedutisi negli ultimi tempi, era rimasto al suo posto come se niente fosse successo. Un poco perché, pur essendo iscritto al Partito, aveva saputo nel tempo tenersi in disparte, lontano da ogni bega. E poi perché aveva sempre svolto il suo lavoro con buonsenso e con moderazione.

    Mentre s’attendeva l’arrivo del podestà, il solo che avrebbe potuto decidere dove sistemare tutta quella gente, anche altri soldati erano scesi dagli autocarri per sgranchirsi le gambe. I paesani intanto, superata la diffidenza iniziale, s’erano fatti arditi e avevano preso ad aggirarsi per la piazza, fra i camion e fra le auto, spinti dalla curiosità. Alcuni militari, apostrofandoli in una strana lingua del tutto incomprensibile, offrivano ai più coraggiosi, a quelli che maggiormente s’erano avvicinati, sigarette e cioccolato. Tutte cose che da quelle parti da tempo non si vedevano tanto facilmente.

    Finalmente, preceduto da Cosimo, il podestà Tullio Bosin fece il suo ingresso sulla piazza con ancora il badile sulla spalla. Si trattava d’un uomo grande e grosso, una specie d’armadio, che già di primo acchito incuteva rispetto e soggezione. Dopo aver dato un’occhiata in giro per valutare la situazione, si diresse verso il capitano Costanza che lo stava aspettando al centro della piazza. I due parlarono fra loro pochi minuti e subito s’intesero.

    Ho capito, disse alla fine Tullio, si può fare in questo modo. La truppa s’acquartiera nelle vecchie scuole comunali, mentre gli ufficiali possono trovare una comoda sistemazione nella villa del dottore. Da quando il proprietario se n’è andato all’altro mondo, saranno ormai una decina d’anni, la villa è del tutto vuota e inutilizzata.

    Prese le opportune decisioni, diede ordine a Cosimo di fare da guida a tutta quella gente, per mostrare loro le rispettive destinazioni. Poi, rivolto al capitano, aggiunse Se volete, posso procurarvi alcune donne che, per un piccolo compenso, faranno le pulizie necessarie per rendere i locali abitabili. Il capitano fu ben lieto d’accettare.

    La casa del dottore, Margherita la conosceva bene, come la sua se non ancora meglio. Era là che da piccoli andavano a giocare, lei e suo fratello. E spesso con loro c’era pure la Bianchina, quella svampita della loro cuginetta. Entravano di soppiatto, spostando di lato un’assicella dello steccato di cinta, e poi via per una finestra al piano terra che pareva chiusa, ma che bastava spingere un pochino perché s’aprisse. Là dentro c’era il loro mondo, il loro regno. Erano i padroni.

    Ma poi Margherita era cresciuta e aveva dovuto scordarsi dei giochi, perché c’erano le capre che dovevano essere accompagnate al pascolo. Era un lavoro, quello, che fin da subito le era piaciuto un mondo. Starsene per tutte quelle ore per suo conto, lontano dal paese, in compagnia dei suoi animali che conosceva come fossero cristiani, era un modo di trascorrere la giornata che non avrebbe scambiato con nessuno. Ecco perché la scuola l’aveva frequentata sì, ma lo stretto necessario. Suo padre avrebbe voluto che continuasse negli studi, perché in effetti prometteva bene. Magari avrebbe potuto studiare da maestra. Ma questo avrebbe voluto dire spostarsi dal paese, andare ad Agordo o a Belluno, lontano dai suoi monti e dai suoi animali, e questo non le andava proprio a genio. Perciò s’era impuntata.

    Poi la mamma era morta all’improvviso, e lei aveva dovuto farsi carico della famiglia, darsi da fare in casa, salvo qualche lavoretto che saltava fuori, di tanto in tanto. Come adesso che, con l’arrivo di quei nuovi soldati, di lavoro ce n’era un po’ per tutti quanti.

    Rendere abitabile la vecchia villa del dottore, rimasta abbandonata per tutti quegli anni, non sarebbe stato un lavoro da poco. Ma lei, più per un senso d’affezione al luogo dei suoi giochi infantili che per altro, s’era subito offerta di fare parte della squadra di donne che dovevano farsene carico. Così s’era ritrovata dopo tanto tempo a passeggiare per le grandi stanze che bene ricordava, violate ora da tutte quelle persone estranee, donne e soldati, che andavano da una parte all’altra vociando e scambiandosi ordini in lingue differenti.

    Ehi tu, Margherita, cosa stai lì con il naso all’aria! Credi forse che siamo qui per guardarci attorno?. La voce autoritaria della vecchia Palmina, la capoccia del gruppo delle donne mandate dal podestà come promesso, valse a distoglierla dai ricordi e dalle fantasie. Vai di sopra con le altre e comincia a pulire le camere. Muoviti!.

    Margherita non si fece ripetere l’invito. Nonostante i suoi diciassette anni, era abituata a lavorare sodo. Da tempo in casa le faccende erano tutte sue. Perciò salì le scale e senza esitazioni s’unì alle altre donne già intente a spazzare e a spolverare.

    In tre giorni la villa aveva cambiato faccia. Già i soldati avevano sistemato schedari e scrivanie, letti e poltrone, macchine per scrivere e bauli. In una stanza era stata montata addirittura una radio ricetrasmittente. Il capitano John Costanza s’aggirava per gli ampi locali della casa visibilmente soddisfatto, dando ordini ai suoi ufficiali e ai soldati.

    Domani faremo una prima uscita di ricognizione. Cominceremo dall’Ampezzano e dal Cadore.

    In quello ch’era diventato l’ufficio del Comando tre giovani tenenti ascoltavano con attenzione il loro superiore, anche se pareva che pensassero a tutt’altro. Il loro atteggiamento era piuttosto informale. Il capitano Costanza del resto se ne stava, lui per primo, stravaccato dietro la scrivania, i piedi sul piano del tavolo, intento, mentre parlava, a tagliarsi le unghie con la massima attenzione. Così i tre giovani ufficiali non erano da meno. Uno era in piedi, appoggiato allo schedario, a braccia conserte, il capo mollemente adagiato sulle braccia. Un altro sedeva sul bracciolo d’una poltrona, dondolando un piede. Il terzo gironzolava per la stanza, osservando con molto interesse i vari soprammobili appartenuti un tempo al dottore.

    "Il nostro compito non è per niente semplice. In primo luogo dovremo accertarci che i crucchi se ne siano andati per davvero, che la zona sia sicura. Non dovremmo incontrare sorprese d’alcun genere, ma è opportuno tenere ugualmente gli occhi bene aperti per non farci cogliere impreparati. In secondo luogo dovremo renderci conto delle reali condizioni della popolazione, delle loro necessità, per intervenire eventualmente quanto prima. Infine dovrete prendere nota dei borghi e dei villaggi che attraverserete, fare una vera e propria mappatura, perché le carte in nostro possesso sono molto approssimative, e in certi punti del tutto errate. Sono stato chiaro? Ci sono domande?".

    Sì, capo se ne uscì il tenente Fred Mitchell, Freddy, quello che fino a quel momento non aveva fatto altro che gironzolare per la stanza, più interessato, almeno all’apparenza, ai soprammobili del dottore che non a quanto il suo comandante stava dicendo. Mi chiedevo se non sia il caso di fare sparire questi ninnoli, prima che a qualcuno venga in mente di metterseli in tasca….

    Ultimato il grosso del lavoro, la maggior parte delle donne tornò alle proprie occupazioni, anche perché quello era tempo di fienagione e di altri lavori nei campi. Al Comando, per stare dietro non solo alle necessità degli ufficiali, la cucina e tutto il resto, ma anche ai soldati acquartierati nelle scuole, rimasero solo in tre, la vecchia Palmina, Margherita e sua cugina Bianca. Di lavoro ce n’era, non c’è che dire, ma con l’aiuto degli attendenti e di qualche soldato messo a disposizione le tre donne se la cavavano in maniera egregia.

    Nei giorni seguenti gli uomini presero a uscire con regolarità quasi ogni giorno, svolgendo con diligenza il lavoro per il quale erano stati mandati lì. Il capitano John Costanza era soddisfatto. Ogni cosa procedeva nel migliore dei modi. O così almeno a lui pareva.

    In effetti, mentre le ricognizioni si succedevano l’una all’altra con piena soddisfazione del giovane ufficiale, qualcosa d’impensabile stava accadendo suo malgrado dentro di lui, qualcosa che stava mandando a gambe all’aria tutti i suoi progetti, e la sua stessa vita. Giorno dopo giorno infatti il capitano Costanza si rendeva conto con sgomento che stava innamorandosi di Margherita!

    Il fatto era terribile, ma non poteva farci niente. Quella giovane ragazza che gli girava attorno per le stanze della grande villa aveva suscitato in lui un sentimento che di momento in momento si faceva sempre più assillante. Non c’era modo di dominarlo, di contrastarlo in qualche modo.

    Ma quel ch’era peggio era che non si trattava d’una semplice sbandata, d’un impulso maschile, di un banale desiderio del momento. In fin dei conti sarebbe stato più semplice per tutti. No, più ci pensava e più si rendeva conto che aveva invece a che fare con un amore vero, o così almeno a lui pareva, con un sentimento forte che col passare dei giorni lo spingeva inesorabilmente verso la ragazza. Un sentimento che John non ricordava d’avere mai provato in tutta la sua vita, neppure nei confronti della sua adorata Cathrine. Già, perché a complicare ancora di più tutta la faccenda c’era il fatto, non del tutto trascurabile, che il capitano John Costanza una ragazza già l’aveva al suo Paese. Una donna innamorata che ora aspettava soltanto il suo ritorno per sposarlo. Un bel guaio, non c’è che dire!

    Margherita non ci mise molto a rendersi conto di quello che il bel capitano provava nei suoi confronti. In un primo momento ne rimase sconcertata, ma poi, non essendo al corrente della storia della fidanzata americana, cominciò a sentirsi pure lei attratta verso quel giovanottone che nei suoi confronti mostrava tante attenzioni. Così non passò molto prima che l’amore sbocciasse pure nel cuore della giovane montanara, in parte forse anche lusingata dal sentirsi desiderata, per la prima volta nella sua vita, da quell’uomo venuto di lontano.

    In paese si cominciava a mormorare, perché qualche indizio era trapelato. La Palmina, che le viveva accanto, non ci mise molto a capire che Margherita non era più la stessa, che qualcosa di nuovo le mulinava dentro. Mettendo assieme due più due e tirando le somme, la vecchia donna ben presto si rese conto di ciò che stava accadendo. Sul momento non trovò di meglio che mettere in guardia l’inesperta ragazza e, convinta di sistemare la faccenda, rispedì a casa Margherita.

    La storia ovviamente non finì lì, perché i due giovani ormai si cercavano a vicenda. Stare lontani costava sempre più a entrambi. John aveva perduto ogni ritegno e spesso andava a cercare la ragazza fino a casa. Il vecchio padre, messo sull’avviso, aveva pensato bene di spedire la figlia su all’alpeggio, a pascolare le capre come quando era bambina.

    Ma anche questo espediente non servì a niente, perché il capitano Costanza alla fine la rintracciò fin là. Le arrivò alle spalle una mattina, mentre lei se ne stava seduta sopra un masso, in prossimità d’una pozza d’acqua, intenta a sorvegliare le capre e a sospirare. Fu come un temporale estivo, come una burrasca. Appena lo vide venire su dal sentiero e oltrepassare il bosco, la ragazza gli corse incontro e si gettò nelle sue braccia. A quel punto per entrambi fu naturale amarsi. Lui dolcemente l’adagiò sul prato, dietro una cortina di rododendri in fiore, e le si distese accanto. Lei lo lasciò fare, mentre le capre attorno a loro continuavano a brucare.

    Con l’avvicinarsi dell’autunno, il lavoro per il quale i soldati erano stati mandati ad Alleghe stava per essere completato. John quella mattina salì da Margherita, al pascolo, con il cuore a pezzi.

    Fra due giorni dobbiamo ripartire. Destinazione per il momento Verona, e poi l’America. Si torna a casa.

    Stranamente non c’era gioia in quell’affermazione, ma soltanto una specie di costernazione. Pareva quasi che il capitano fosse dispiaciuto, come se, anziché a casa, dovesse tornare su qualche fronte a far la guerra.

    Ah, bene... riuscì a dire la ragazza. La voce un poco le tremava, ma in apparenza riusciva ancora a mascherare tutta la disperazione che provava dentro.

    Non temere, ti scriverò ogni giorno. E poi quando sarò in America, tu mi raggiungerai le mentì il capitano John Costanza, cercando in tutti i modi d’essere convincente. Margherita dal canto suo in quel momento preferì non dirgli niente, di tacere del bambino che portava dentro.

    Anche se la maggior parte del suo tempo Margherita la trascorreva all’alpeggio, su in montagna, il suo stato ormai non sfuggiva più a nessuno. In casa se n’erano accorti già da un pezzo, ma anche in paese se ne parlava sempre più spesso. In fondo da quelle parti, dove non succedeva mai niente di nuovo, un fatto del genere era un argomento di non poco conto.

    La ragazza è incinta!... Dev’essere stato il bel capitano a farle lo scherzo!... Beh, tanto peggio per lei, non doveva cascarci, la piccola sgualdrina!.

    Non fu facile per Margherita portare avanti la gravidanza in un paese piccolo come quello. Eppure lei il bambino lo voleva a tutti i costi. Era figlio dell’amore per il suo capitano, e lei ogni giorno che passava, e che la pancia ingrossava, dentro di sé sentiva d’amarlo sempre più. E poi Johnny le aveva detto che l’avrebbe chiamata con sé in America, e questo le bastava. Se il suo John aveva detto così, di sicuro avrebbe mantenuto la promessa. Se ancora non l’aveva fatto, certamente c’era il suo motivo. Ma presto o tardi senza dubbio si sarebbe fatto vivo.

    In effetti da quando i soldati erano partiti, lei del suo capitano non ne aveva più saputo granché. Sì, una lettera da John l’aveva ricevuta, come lui del resto le aveva promesso. Non molto lunga, per la verità, piuttosto sbrigativa come se avesse avuto una gran fretta, nella quale le diceva che da alcuni giorni erano a Verona, in attesa d’essere trasferiti a Genova per l’imbarco. Ma da allora non ne aveva più saputo niente.

    Più i giorni passavano, e più Margherita s’ostinava a scrivere. La pancia cresceva a vista d’occhio, ed era venuto il momento d’informare John che lei era in attesa d’un figlio suo. Eppure pareva che del suo uomo se ne fosse persa ogni traccia. Dopo quell’unica lettera inviata nei giorni successivi la partenza, non aveva più ricevuto niente: le lettere di lei restavano regolarmente senza risposta.

    Margherita, che in un primo momento s’era ostinata a credere che il suo capitano non l’avrebbe mai abbandonata, adesso al contrario cominciava a rendersi conto di come stavano le cose. John Costanza era partito, se n’era tornato al suo Paese, e di lei e del bambino non ne voleva più sapere. Questa era la triste realtà, Margherita doveva farsene una ragione.

    Il parto avvenne all’inizio della primavera del ’46. Tutto si svolse con regolarità. Margherita, come a quel tempo era consuetudine, partorì in casa, assistita dalla levatrice del paese a da sua cugina Bianca. La creaturina che in un paio d’ore s’affacciò alla vita, strillando come un ossesso, era una bella bambina con tanti capelli neri, alla quale la madre volle che fosse messo il nome di Giovanna.

    Dopo neanche un mese dal parto, non appena si fu rimessa e sentì d’avere recuperato le forze a sufficienza, Margherita prese la sua decisione. A tavola, una sera, la comunicò al padre e al resto della famiglia.

    Domani io e la bambina lasceremo il paese. Ce ne andremo ad Agordo, dove so che cercano operaie.

    In famiglia nessuno sollevò obiezioni.

    2. Novembre 1945 – Genova

    C’era grande animazione, una vera e propria baraonda, sul vasto piazzale del porto. Più che d’una operazione militare, pareva trattarsi d’una festa di paese. Tutti mostravano di conoscersi. Scherzi, grida, saluti s’intrecciavano fra loro provenienti da ogni direzione, nella totale indifferenza dei superiori, pure loro coinvolti nel clima d’euforia generale che regnava ovunque. Nell’imminenza dell’imbarco, centinaia di soldati s’accalcavano in prossimità delle scalette, pronti a salire a bordo dei due vecchi piroscafi allestiti per la traversata. Si tornava a casa, finalmente!

    "Ehilà, Johnny, vecchia pellaccia! Allora ce l’hai fatta anche tu, a non farti bucare la pancia dai crucchi!...".

    Il saluto gridato di lontano colse alla sprovvista il capitano Costanza, mentre assieme ai suoi uomini era in attesa della fatidica chiamata. Era da Montecassino che non aveva più rivisto Stephan Bukolskj. In piedi sulla jeep, arrestatasi di botto sul mezzo del piazzale, a una trentina di metri da dove si trovava John, il gigantesco polacco faceva grandi segni con le braccia nella sua direzione.

    Stephan, amico mio, che piacere rivederti intero!... Ce l’abbiamo fatta tutti e due, a quanto pare. E adesso ce ne torniamo a casa.

    A passo spedito, facendosi largo tra la folla dei soldati, John aveva raggiunto il vecchio compagno d’arme, che nel frattempo era saltato giù dall’auto. Indifferenti agli sguardi di chi gli passava accanto, i due s’erano abbracciati a lungo, con trasporto.

    Temo che tu dovrai aspettare ancora un poco disse alla fine l’amico, fattosi d’un tratto serio in volto. "Da te, a quanto pare, lo zio Sam vuole ancora qualcosa. Mi hanno incaricato di trovarti, in mezzo a questa confusione. Vai al check point e chiedi del colonnello Campbell. È lui che m’ha mandato a cercarti".

    Per la miseria, cosa vogliono da me, si può sapere? Sai dirmi qualcosa, tu?.

    No, non ne ho la minima idea. Vai dal vecchio e senti cos’ha da dirti.

    Questa volta l’avevano proprio incastrato per benino, niente da dire! O almeno questa era la sensazione che Johnny provava. Tre anni trascorsi lontano dal suo Paese, a farsi sparare addosso, dalle sabbie del deserto africano fino alle Alpi, pareva quasi che non le mettesse neppure in conto rispetto al brutto scherzo che gli avevano giocato proprio quando stava per imbarcarsi, per fare ritorno a casa.

    Mi dicono che lei conosce molto bene la lingua italiana. È vero questo?.

    Signorsì. In casa mia si è sempre parlato italiano. La mia famiglia è originaria della Basilicata.

    Non pareva neanche un militare, il colonnello Campbell. Piccolo di statura, con una gran testa arruffata di capelli grigiastri, rassomigliava più a un professore d’orchestra che a un uomo d’arme. Stava chino su di un mucchio di scartoffie spuntando nomi, facendo di tanto in tanto cancellature, apportando correzioni. Un perfetto scribacchino, insomma, della massima efficienza.

    Mi spiace capitano, ma se le cose stanno così, per il momento lei non se ne torna a casa. Ci serve qua. Lei rimane con noi a darci una mano. Vede là fuori? Ci sono ancora parecchie migliaia di uomini come quelli là, che in un modo o nell’altro dobbiamo rispedire in patria. Mi serve uno come lei, per mantenere i collegamenti con le autorità portuali e con la cittadinanza. Perciò si sistemi al più presto da qualche parte, e poi si presenti a rapporto.

    Così l’avevano fregato! Quella specie di colonnello, quel fottuto omarino, gliel’aveva fatta proprio grossa! Mentre i suoi uomini già da giorni erano in mare, ormai in vista delle coste di casa, lui era rimasto lì, a correre dalla mattina alla sera per i vari uffici del porto, oppure in Comune, oppure chissà dove. Non aveva un attimo di tregua, mentre dentro di lui la rabbia cresceva di giorno in giorno.

    Ma oltre alla rabbia per il brutto scherzo che i suoi superiori gli avevano giocato proprio quando lui credeva che tutto fosse finito, una vera e propria ingiustizia a suo parere, John continuava ad avvertire dentro di sé un malessere, una fastidiosa inquietudine che non gli dava tregua. Nonostante il nuovo lavoro non gli lasciasse molto tempo per pensare ai fatti suoi, una continua oppressione l’accompagnava nelle sue giornate.

    Del resto Johnny sapeva benissimo a cosa attribuirlo, quella specie di magone che si portava dentro. Per lui non era di certo un mistero, il pensiero di Margherita non lo lasciava in pace né di giorno né di notte. Si stava comportando da vero mascalzone, dopo tutte le promesse fatte a quella povera ragazza.

    Ti scriverò ogni giorno, appena possibile mi raggiungerai, verrai con me in America…, e via di questo passo: tutte belle parole buttate al vento, tanto per convincere la poveretta delle sue buone intenzioni. Tutte balle, niente di più.

    Dopo la prima e unica lettera che le aveva spedito, non se l’era più sentita di rispondere a Margherita. Al contrario gli scritti della donna continuavano a pervenirgli con regolarità, grazie all’efficiente servizio postale allestito dell’esercito statunitense. Lui s’imponeva di leggerle, quelle lettere accorate, perché gli pareva che almeno questo glielo dovesse. Ma già dopo pochi giorni da quando se n’era andato aveva deciso di non risponderle più. Doveva chiuderla al più presto, quella storia, doveva farla finita una volta per tutte, prima che gli sconvolgesse la vita in modo irreparabile.

    Man mano che i giorni passavano, e che il momento del ritorno a casa si faceva più vicino, o così almeno John aveva creduto, il pensiero di Cathrine tornava a occupargli la mente. La sua ragazza non l’avrebbe mai lasciata. Lui l’amava, l’aveva sempre amata fin da quando erano bambini. L’amore per Margherita era nato quasi per caso, in un momento particolare, un momento in cui lui era più vulnerabile a causa della lunga assenza da casa.

    Era stato un amore vero, di questo John n’era ancora convinto, un amore però che non poteva continuare. Adesso che si stava avvicinando il momento del ritorno doveva fare la sua scelta, senza ripensamenti. E John la scelta l’aveva fatta: Cathrine era a casa ad aspettarlo, e lui da lei sarebbe ritornato.

    Così in cuor suo aveva deciso, e la sgradevole novità capitatagli fra capo e collo del lavoro al porto, che l’aveva trattenuto in Italia allontanando il suo rientro in patria, non gli aveva fatto cambiare parere.

    Quella mattina se l’era sbrigata abbastanza per tempo. Aveva sistemato ogni cosa, e il nuovo trasporto era fissato per il lunedì successivo. Altri ottomila uomini avrebbero finalmente abbandonato il mondo terribile, paradossale, nel quale erano vissuti in quegli ultimi quattro anni, e si sarebbero imbarcati. Destinazione New York!... Buondio, sarebbero tornati alle loro case, dalle persone care che li stavano aspettando! Per John questo era un sogno che gli era stato sottratto all’improvviso, che in un solo istante s’era come volatilizzato. Comunque già da un pezzo aveva smesso di pensarci, per non rischiare di farci una malattia. Prima o poi sarebbe toccato pure a lui di salire su una di quelle maledette navi, e allora ogni cosa sarebbe tornata al proprio posto. La sua vita avrebbe ritrovato un senso.

    Capitano, la solita letterina per lei… lo informò il piantone non appena John fece il suo ingresso negli alloggi degli ufficiali. Nel porgergliela, il giovanotto stentava a trattenere un

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1