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Il signore del tempo "Déjà-vu"
Il signore del tempo "Déjà-vu"
Il signore del tempo "Déjà-vu"
Ebook98 pages1 hour

Il signore del tempo "Déjà-vu"

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About this ebook

Dora è una giovane donna la cui vita è stata sconvolta da un'inspiegabile malattia mentale, dove realtà e falsi ricordi si fondono fino al punto da non riuscire più a discernere né l'una, né gli altri. Dopo svariate visite e l'ennesimo ricovero ospedaliero nel reparto psichiatrico di Rivoli, la ragazza decide di porre fine a questa sofferenza, togliendosi la vita.

Ad un passo dal baratro, la sua flebile sanità mentale, viene messa a dura prova da una donna misteriosa che le svela la vera ragione del suo problema.

Se Dora vuole che la sua vita torni com'era prima che i falsi ricordi gliela rovinassero, dovrà tornare indietro nel tempo e salvare Nikos, l'uomo con cui è destinata a vivere.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 14, 2019
ISBN9788831611503
Il signore del tempo "Déjà-vu"

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    Il signore del tempo "Déjà-vu" - F. P. Alex La Marca

    Sant’Agostino.

    ANTEFATTO

    Ogni colpo echeggiava come un tuono, tra le pareti di roccia solfurea scavate dal magma incandescente. Apollo si fermò a pochi passi dal baratro. I colpi cessarono. Adesso poteva udire chiaramente il crepitare del fiume di lava che scorreva lento e inarrestabile nelle viscere dell’Etna.

    Il vulcano era un vero e proprio labirinto: una rete di tunnel creati dalla lava attraverso i secoli e le varie eruzioni. Da alcuni di essi, i più recenti, cascate di roccia fusa si riversavano in tanti piccoli laghi infernali.

    La terra tremò per l’ennesima volta e la marea rossa montò roboante fin quasi a raggiungere l’anfratto in cui si trovava il titano. Il calore era al limite della sopportazione. Apollo d’istinto strinse al petto il grosso tomo nero e mosse un passo indietro ma, subito dopo, come la risacca, la lava si ritirò nel cratere oscuro e profondo che conduceva al centro della terra.

    I colpi ripresero a battere a intervalli precisi, cadenzati. Il titano si voltò e seguì quel suono come fosse una guida nella trama intricata di quel labirinto scavato nella roccia.

    I vulcani erano una delle potenze ataviche della natura che più avevano affascinato e terrorizzato ogni essere vivente[kc1], fin dagli albori, ma per colui che aveva fatto di quel luogo la sua dimora non era altro che una fornace naturale, una risorsa preziosa per il suo lavoro, per la sua arte, per il suo genio; un nascondiglio ideale, dove poter lavorare indisturbato.

    Nessun comune mortale avrebbe osato cercarlo in quel luogo inospitale, non sarebbe sopravvissuto all’esposizione dei gas e all’elevato calore prodotto dalla lava.

    Dio del fuoco. Così avevano soprannominato suo fratello. Apollo sorrise nella penombra dai bagliori rossastri. Infine giunse a un bivio e attese che i colpi ricominciassero. Questa volta più vicini e potenti. Individuato il tunnel, percorse l’ultimo tratto che lo separava dall’imboccatura della grotta.

    Per un attimo il titano rimase a osservare il fratello che, dalla fornace creata da lui, estraeva un grosso pezzo di metallo incandescente. Ancora una volta, il dio del fuoco cominciò ad assestargli diverse martellate che tuonarono nella grotta. Afferrò la calotta con delle grosse pinze e immerse il metallo nel malstrom, un liquido speciale, più denso dell’acqua terrestre. Quest’ultimo crepitò creando una densa nube di vapore grigiastra che si propagò nell’aria già pesante e irrespirabile della caverna.

    Il dio del sole scosse la testa e rivolse il suo sguardo verso la fusoliera dell’imponente astronave, quello che ne rimaneva, visto che Efesto continuava a riciclarne i pezzi. Come se non bastasse, a causa delle ripetute eruzioni e dei terremoti che ne seguivano, si stava incastonando sempre più nella montagna.

    Quella era una delle tante navi Autos, navicelle di esplorazione, che erano partite da Titano in cerca di mondi ospitali. Si era schiantata sul fianco del vulcano, a causa di un’anomalia, migliaia di anni fa.

    – Dimmi che cosa vuoi, Apollo, e vattene! – Tuonò Efesto.

    Apollo uscì dall’ombra. Scuoteva la testa e sorrideva sempre con quel suo modo affabile e provocatorio allo stesso tempo. Il dio del fuoco, dal canto suo, non attese la risposta e s’infilò per metà dentro il ventre dell’automa su cui stava lavorando.

    – La gentilezza non è mai stata il tuo forte – lo canzonò il dio del sole –, forse perché te ne stai sempre nascosto qui dentro a costruire strani marchingegni. Sono anni che tenti di rimettere a posto quel pezzo di antiquariato.

    Efesto ignorò il commento. Si accertò che tutti i cavi di alimentazione fossero stati disconnessi e, terminata un’ultima verifica, iniziò a richiudere il torace corazzato del Ciclope. Il numero identificativo sullo sterno era scrostato e illeggibile ma in rilievo si potevano ancora scorgere le lettere [kc2][A3]Arge e il numero 21.

    Dopo che ebbe terminato, si voltò verso l’alto e biondo fratello, quest’ultimo intento a visionare una rastrelliera dove erano esposti spade, scudi, pezzi di armatura e altre armi dall’aspetto insolito, tutti forgiati con il metallo dei titani.

    Lo sguardo di Efesto si indurì ancora di più, era marziale e la cicatrice che aveva sul volto, ricoperta da una leggera peluria bianca, sembrava più viva alla luce rossastra della lava che ardeva nell’alveo. Nessuno li avrebbe mai scambiati per fratelli: il primo era più basso, spalle larghe e due braccia possenti. Apollo invece era magro, slanciato e bello come un vero dio.

    Efesto intuì a cosa doveva quella visita: Zeus, di recente, aveva emanato un decreto il quale vietava qualsiasi intervento da parte dei titani nella guerra che coinvolgeva Troiani e Achei, e questo implicava anche il fornirgli armi invincibili.

    – Ho visto di nuovo Teti che si aggirava nei paraggi. Che cosa vuole ancora quella megera? – Chiese Apollo con noncuranza.

    – Armi – rispose Efesto secco e sempre più irritato –, solo armi per quel mezzo mortale di suo figlio. Indistruttibili, leggere, eterne. Cosa se non armi dal dio del fuoco?

    Il vecchio titano s’interruppe, sembrò esitare. – Ti ha inviato lui a spiarmi, vero?

    – Non so di chi parli – rispose Apollo fingendo interesse per un elmo dalla forma avveniristica.

    – Come si fa chiamare adesso? – incalzò l’altro – Dio del cielo e del tuono? – Efesto fece una risata di scherno – Vuole sapere cosa combina il suo fabbro prediletto?

    Apollo smise di curiosare in giro e ricambiò lo sguardo marziale del fratello: gli occhi molto simili ai suoi, blu del cielo.

    – Sei sempre rinchiuso qua dentro, la tua pelle si è brunita come il metallo che ti ostini a lavorare. Guarda quella brutta ferita che hai sul volto. Un giorno o l’altro le tue invenzioni ti uccideranno o, magari, ci uccideranno tutti.

    – Sempre meglio che vivere nel perenne terrore che le tue idee e la tua conoscenza ti vengano sottratte – replicò Efesto indicando il grosso tomo nero che il fratello si portava sempre d’appresso – e comunque ciò che faccio non ti riguarda. Di’ al tuo comandante che se ha qualcosa da dirmi, che venga lui di persona a chiedere.

    L’imponente automa dalle sembianze umanoidi, alto circa tre metri e con un solo occhio a visuale periferica, sovrastava i due titani. Efesto ignorò il fratello e azionò una serie di pulsanti e sensori.

    Infine avviò il sistema.

    Dopo qualche secondo, che parve interminabile, l’automa si animò e cominciò a emettere strani rumori. Sotto lo sguardo attonito di Apollo, mosse gli arti, che si assestarono e si riallinearono fino a tornare alla loro posizione iniziale.

    Nella grotta il silenzio tornò a regnare, interrotto solo dallo scorrere della lava che s’infrangeva perenne nel sottosuolo, tra le rocce e gli anfratti di pietra semifusa.

    – Funzioni primarie attivate – disse l’automa all’improvviso, con voce metallica –, ripristino sistema in corso.

    CAPITOLO 1

    Tutto inizia e finisce adesso. Questa notte. Il temporale, il freddo

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