Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

I Gatti del Cimitero di Monte Capretta (e altre storie)
I Gatti del Cimitero di Monte Capretta (e altre storie)
I Gatti del Cimitero di Monte Capretta (e altre storie)
Ebook145 pages1 hour

I Gatti del Cimitero di Monte Capretta (e altre storie)

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Il romanzo è composto da cinque racconti, scritti in un linguaggio scarno e essenziale, ricco di vocaboli inventati e neologismi, e caratterizzato da un intreccio di registri linguistici diversi. Si passa dalla risoluzione di un mistero risalente a cinquant'anni addietro, il delitto di una fanciulla, ad un maestro elementare dietro cui si nasconde una verità inconfessabile; da un ragazzino dalle mani veloci a un'avventura in un castello misterioso, per terminare poi con il ritorno del protagonista nei luoghi della sua fanciullezza.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 18, 2019
ISBN9788831610858
I Gatti del Cimitero di Monte Capretta (e altre storie)

Related to I Gatti del Cimitero di Monte Capretta (e altre storie)

Related ebooks

General Fiction For You

View More

Related articles

Reviews for I Gatti del Cimitero di Monte Capretta (e altre storie)

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    I Gatti del Cimitero di Monte Capretta (e altre storie) - Gianfranco Sassu

    madre

    Prefazione

    Una scrittura corretta, essenziale, scarna e allo stesso tempo ricca di neologismi che rendono dinamico il testo. Questo contraddistingue il romanzo che state per leggere. In aggiunta, una estrema leggibilità, data da periodi mai troppo lunghi che contengono tutti gli elementi necessari alla comprensione evitando ripetizioni e l’uso ridondante di aggettivi superflui.

    Lo stile è caratterizzato dalla presenza di un gran numero di neologismi (tarmangiata, floribottega, bastonsorretto, uniformabbigliati, gendarbeoti, barilottoide, due signorinelle pettopiatte culopiatte...), sempre calzanti, che creano quasi una sorta di lingua inventata appositamente – per meglio esporre queste vicende a metà tra il fantastico e il reale – in cui si intrecciano inoltre diversi dialetti e registri (per es. quello popolare e alloglotto di Biagio con quello altisonante del tutore dell’ordine Arduino De Profundis, passando per il romanesco della sor Ersiglia).

    I registri linguistici sono vari, a seconda del personaggio che parla: raramente si riscontra questa attenzione verso i registri linguistici. Di solito ne viene utilizzato uno per tutti i personaggi dell’azione, bambini, adulti, vecchi, giovani, acculturati o no. Qui si crea invece un intreccio di registri linguistici diversi in cui sarebbe quasi superfluo indicare chi sta parlando perché appare evidente già dalle prime parole pronunciate. Ed è così che Biagio Deogratias "se arrivela ad ugne apritura di bucca con una parlanza du granne gnurante", che quasi ricorda la parlata contadina di un Nino Manfredi all’inizio della sua carriera.

    Persino i gatti (soprattutto nel primo racconto, veri protagonisti/spettatori/narratori) sono sottoposti a questa sorta di catalogazione linguistica. Pompeo infarcisce le sue frasi con vari ‘orcocane; Hans Fon Kaiser parla con "costruzione crucca; Principessa Greis comunica in modo elegante senza contave una deliziosa evve moscia alla fvancese che le dà un’avia molto snob; Dottorino si rivolge a tutti con un linguaggio forbito straascicaando le paaroole come un veero baroone di ospeedaale; Balbetto è balbuziente perché anche i gatti, a volte, tartagliano".

    I cinque racconti che costituiscono il romanzo illustrano momenti diversi della vita di un paesino in cui i personaggi sono alle prese con varie vicissitudini.

    I racconti espongono, tra le vicende quotidiane di persone semplici, diverse tematiche: dal delitto e le sue conseguenze alla pedofilia, fino al racconto finale con il ritorno alle origini del protagonista ormai anziano che convive con il rimpianto tardivo di aver forse trascurato gli affetti. Ma non ha mai perso la sua capacità di vedere oltre il reale, infatti riesce a scorgere gli spiriti di sua madre e di tutti coloro che hanno fatto parte della sua vita e che ormai sono morti. Persino quelli dei gatti. Quindi la capacità dell’autore di comunicare con il mondo altro non è scomparsa nonostante il passare del tempo, che avrebbe potuto offuscare quello sguardo limpido tipico dei bambini, che sono in grado, al contrario degli adulti, di passare dalla realtà al fantastico con naturalezza.

    Si ha quasi l’impressione che le parole siano dosate attentamente e che non ne venga inserita nemmeno una che non sia necessaria all’economia della narrazione. Nel primo racconto si mette in scena la risoluzione di un giallo di cinquanta anni prima (I gatti del cimitero di Monte Capretta); nel successivo emerge la scoperta sconcertante della presenza nella scuola elementare del paese di un maestro pedofilo, che nasconde bene le sue ributtanti abitudini dietro una vita semplice quanto banale, e che viene ucciso e per la cui morte nemmeno viene incolpato nessuno, perché azioni tali non meritano giustizia né un po’ di umana pietà, nemmeno da parte dei tutori dell’ordine (Il maestro elementare). Ma non mancano poi episodi più leggeri come Carta vince carta perde e Un’avventura al castello in cui si mette in scena l’attitudine da leader del piccolo Ninetto, per concludere con Il ritorno, che vede un anziano Ninetto tornare nei luoghi dell’infanzia.

    Il romanzo inoltre è fruibile a diversi livelli; qualcuno si fermerà a un livello più superficiale e ne assimilerà solo le vicende esposte, altri sapranno cogliere le varie citazioni (dalle canzoni popolari alla poesia di Leopardi e Manzoni) disseminate qua e là, a rendere più interessante la lettura, altri ancora si appassioneranno alla ricerca, pagina dopo pagina, di vocaboli nuovi nati appositamente magari per descrivere un personaggio.

    Il ritmo è sempre sostenuto, non ci sono parti in cui si rischia di perdere l’attenzione del lettore; si passa dal dialogo tra i gatti a quello tra questi e Ninetto, da quello tra i morti a quello più sconclusionato quanto banale tra i vivi. Il ritmo è regolato attraverso i vari dialoghi che, inseriti tra le parti descrittive, danno vita a una cadenza regolare, mai veloce, mai lenta, ma neppure monotona. Tale ritmo è ulteriormente reso vitale dai registri linguistici, dove tra una frase lenta e strascicata di Principessa Greis e una balbettata di Balbetto si inserisce la parlata rozza di Biagio o quella altisonante di Arduino De Profundis. Tutto contribuisce a creare una sorta di partitura in cui le note vengono combinate in modo da creare una melodia sempre varia, ma con alcune caratteristiche che tornano via via per rendere sempre riconoscibili i vari temi o personaggi.

    Con alcuni tratti essenziali i personaggi prendono vita tra le righe della narrazione.  Sembra quasi di vedere Biagio Deogratias nella sua struttura barilottoide nei suoi pantalonacci senza forma, caratterizzato dalla sua parlata di contadino/camposantaro, che a dispetto della sua rozzezza è amante del bello, infatti fa delle siepi e dei vialetti del cimitero una piccola opera d’arte; oppure il piccolo Ninetto Diotallevi con i suoi occhi furbetti su un faccino ancora imberbe, a parte una leggera pelurietta sopra il labbro e sotto la scucchietta. È un personaggio chiave del racconto in quando capisce il linguaggio dei gatti, quindi si pone in quella zona a metà tra la realtà e il mondo altro. Ma non solo li capisce, parla anche con loro! E che dire della presentazione di Arduino De Profundis "di quasi due metri d’altezza, sempre sudaticcio per via della divisa invernale che portava anche d’estate... quasi centoventi chili che si portava dietro. Senza dimenticare un paio di scarpe troppo strette che lo facevano smadonnare e sacramentare a ogni passo e contribuivano non di poco a una traspirazione esagerata e un odore di formaggio sardo che saliva dai piedi fino a mescolarsi coll’olezzo di sudore e naftalina in un graveolente afrore mediterraneo".

    Da segnalare inoltre l’introduzione di varie citazioni che l’autore semina qua e là nel testo, dalla canzone popolare (Vecchio frack: Non aveva un cilindro per cappello, né un vecchio frac o due gemelli di cristallo, e neanche una gardenia nell’occhiello; Malafemmina: FEEEMMENA – emerse dopo quel minuto o due di silenzio la voce di Biagio come un ruggito idrofobo – TU SÌ ’NA MALAFEEEMMENA!; Una rotonda sul mare: che a causa delle dimensioni della crapa poteva diventare, volendo, una rotonda sul mare compreso ovviamente il nostro disco che suona) alla poesia (Leopardi, A Silvia: quando beltà splendea negli occhi suoi ridenti e fuggitivi e sulla di lei persona riferito alla povera Felicetta De Amicis morta assassinata a 20 anni che dalla sua tomba continua a chiedere incessantemente perché?; Il 5 maggio di Manzoni: E alla parola ‘zozza’ si accasciò su una sedia e ansimando tacque. Per un minuto o due muta, percossa, attonita, la terra al nunzio stette), che rendono ancora più eclettico questo testo, leggibile (come già detto) a diversi livelli.

    I gatti del cimitero di Monte Capretta

    Non è vero

    che i morti non parlano.

    Siamo noi che abbiamo perso l’abitudine

    di ascoltarli.

    Pier Paolo Pasolini

    1

    ’Orcocane, se davvero avete voglia di conoscere tutta la storia magari dovete prima sapere quali sono i personaggi. E poi tutto il contorno.

    Io, per esempio, mi chiamo Pompeo e sono un gatto.

    Non faccio per vantarmi, ’orcocane, ma a dirla tutta sono un bellissimo gatto.

    Pelo morbido e setoso, occhi languidi e incedere elegante. Il gatto più bello della colonia felina del cimitero di Monte Capretta, senza esagerazioni. Il più bello e, aggiungo, il più rispettato.

    Quando avanzo lentopede, deambulando pigro tra le tombe e le lapidi scacacciate dai piccioni, entrando e uscendo dalle siepi di mortella come un principe annoiato, me li sento addosso gli occhi di tutti! Le femmine aspettano solo il momento del calore per essere sollazzate dalle mie attenzioni; i maschi temono i miei artigli e le mie zampate, e se ne stanno alla larga. Sono o non sono il loro capo, ’orcocane? Loro lo riconoscono e mi rispettano; a suon di sberloni, se necessario.

    Le affrante nerovestite che vengono su dal paese a trovare qui i mariti defunti a volte portano ciotole di cibo e scatolette di carne per gatti. E mentre slinguacchio con grazia i loro amorevoli pasticci fegatellosi si permettono di elargirmi lascive carezze. Se non fosse che agli occhi di tutti sono solo un

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1