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L'uomo perfetto
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L'uomo perfetto

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About this ebook

Ricominciare da zero a trentadue anni. E' possibile? Lisa Franchi ci prova. Delusa dall'amore, mette seicento chilometri tra sé e il passato e si trasferisce a Roma. Per ripartire con una nuova vita si dà due obiettivi e un termine entro cui realizzarli: trovare un nuovo lavoro e un nuovo amore in novanta giorni. Ma non un amore qualsiasi: il Principe Azzurro, l'Uomo Perfetto. Inizia così una ricerca frenetica durante la quale affronterà, con il supporto insostituibile dei social network e di una nuova amicizia e con la forza e l'ironia che la contraddistinguono, una lunga serie di peripezie. E se, sotto il profilo professionale, i suoi sforzi sembrano trovare il giusto riconoscimento, quello sentimentale pare riservarle solo delusioni. Almeno fino a quando non si decide a guardare le cose sotto la giusta prospettiva...
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 27, 2019
ISBN9788831612821
L'uomo perfetto

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    L'uomo perfetto - Linda Fantoni

    papà…

    Giorno 1

    Apro gli occhi, assalita da un’improvvisa sensazione di panico che inizia lentamente a dissolversi solo quando riesco, faticosamente, a darmi una collocazione spazio-temporale.

    Nuovo appartamento. Nove del mattino di lunedì primo ottobre, giorno iniziale della mia seconda vita.

    Gli ultimi fotogrammi della precedente iniziano a scorrermi impietosi davanti agli occhi come un film e una fitta di dolore mi trafigge lo stomaco, togliendomi il respiro: la luce del magazzino che si accende, i lamenti sommessi che provengono da dietro gli scatoloni, la mano di Giorgio sotto la gonna della nuova commessa, i loro sguardi colpevoli fissi su di me. Il ricordo è talmente reale che mi sembra di percepire l’odore di chiuso, i rumori concitati che seguono il mio urlo disperato, il gelo che mi pervade mentre Giorgio cerca inutilmente di giustificarsi.

    Gli ho dedicato gli anni migliori della mia vita, pur di stargli vicino ho rinunciato agli studi universitari e mi sono accontentata di fare la commessa nel suo negozio. E lo scopro ad ansimare sul collo di una ragazzina che potrebbe essere sua figlia. Che schifo. Asciugo le lacrime che hanno iniziato a scorrere copiosamente lungo le guance e mi costringo ad alzarmi. Non ho tempo per commiserarmi, ho una vita da ricostruire.

    Ho messo seicento chilometri tra me e il mio passato, ho preso in affitto questo monolocale nella zona Tiburtina di Roma e da qui si riparte, con due obiettivi: un nuovo lavoro e un nuovo uomo. Ma mentre per il primo sono praticamente costretta ad accettare qualsiasi cosa mi venga proposta, per il secondo non ho nessunissima intenzione di accontentarmi. Voglio LUI, il Principe Azzurro, niente di meno. E ho intenzione di affrontarne la ricerca con lo stesso rigore e metodo che impiegherò per trovare un’occupazione: lista di requisiti, colloqui, selezioni. Da una parte valutata, dall’altra valutatrice. E con una scadenza: tre mesi. Novanta giorni. È quanto posso pensare di sopravvivere in una città come Roma senza intaccare eccessivamente le mie risorse, giorno più giorno meno.

    Quindi si comincia… dopo il caffè.

    Dopo un’ora e tre espressi il mio progetto è già in fase di stallo.

    Fisso abbattuta il foglio Word davanti a me che dovrebbe essere il mio curriculum vitae.

    Già, dovrebbe. Ma che ci scrivo?

    Diplomata a pieni voti al liceo linguistico, sei esami sostenuti alla facoltà di Lingue e letterature straniere e poi dodici anni a vendere mutande e reggiseni in un paesino sperduto del nord Italia? Conoscenza fluente del dialetto locale, pratica sporadica dell’italiano e completo oblio delle altre lingue straniere conosciute? Decisamente scarso per una trentaduenne che si presenta sul mercato del lavoro capitolino.

    Chiudo sconsolata il notebook e prendo la testa tra le mani, lasciandomi andare al catastrofismo. Mi vedo già di ritorno al paesello con la coda tra le gambe, valigia in mano e peso dell’ennesimo fallimento sulle spalle, a supplicare i miei genitori di riprendermi in casa finché non troverò un’altra sistemazione. E mi sembra di sentire fin d’ora i commenti sarcastici di amici e vicini. E di Giorgio…

    No, non posso permettere che finisca così. Non ho il potere di cambiare il passato, ma quello di abbellirlo un po’ sì! In fondo ho fatto la venditrice per anni, la tecnica non mi manca! Devo solo aspettare di avere l’ispirazione giusta e per quella ho bisogno di una boccata d’aria.

    Se fossi giudiziosa, ne approfitterei per fare un giro in quartiere e dedicarmi agli acquisti occorrenti per completare l’arredamento della casa. Ma, se lo fossi, non avrei rinunciato a tutte le mie certezze per ricominciare dal nulla, completamente sola e in un posto che non conosco. Quindi decido di prendere la metro e andare in centro: la giornata è soleggiata e la temperatura gradevole, combinazione perfetta per godersi Roma.

    Per il resto c’è tempo.

    Ho già visitato la città da turista in diverse occasioni ma, ogni volta che la rivedo, la sua vitalità e la sua bellezza riescono sempre a meravigliarmi. La gente che brulica a ogni ora del giorno e della notte, attrattive artistiche e architettoniche a ogni angolo, uno stupefacente pot-pourri di similitudini e contraddizioni.

    Naturalmente, però, il primo tour cittadino da residente per me è una sorta di pellegrinaggio a La Mecca e la meta non può essere che una: Via Condotti! Così passo le successive due ore della mia vita a contemplare, incantata e avvilita allo stesso momento, oggetti che non potrei permettermi nemmeno se avessi un lavoro e che probabilmente non possiederò mai, a meno di un miracolo. Ed è davvero un peccato, perché nella vetrina di Louis Vuitton c’è una borsa che sembra disegnata apposta per pendere dalla mia spalla!

    Dopo aver passato diversi minuti in adorazione, come se fissarla potesse essere sufficiente a trasferirla magicamente tra le mie mani, scrollo la testa sconsolata e mi decido a dare finalmente ascolto al mio stomaco, che sta cercando bruscamente di riportarmi alla realtà con un rumoroso gorgoglio. Mi arrendo alle sue proteste e mi rassegno a staccarmi dall’oggetto dei miei desideri per cercare qualcosa da mettere sotto i denti, giurando alla borsa che è soltanto un arrivederci e non un addio. Il messaggio che il mio apparato digerente vuole trasmettermi è chiaro: a volte i miracoli accadono, ma se voglio sperare nella benevolenza del fato devo quantomeno mantenermi in vita.

    Individuato un bar, mi siedo a uno dei tavolini esterni e inizio a sfogliare senza alcun entusiasmo il menù, finendo per ordinare il solito panino al prosciutto.

    Mentre lo mastico senza assaporarlo, mi soffermo a osservare la folla che anima la realtà capitolina. Anche senza volere, la mia attenzione si concentra sugli individui di sesso maschile dall’età apparentemente compresa tra i trenta e i cinquant’anni. Ci sarà LUI, lì in mezzo? Certo, per saperlo dovrei almeno avere un’idea di come dovrebbe essere… sicuramente non l’hipster appoggiato alla pensilina del bus a fumare quella che spero sia una sigaretta. E nemmeno l’elegantissimo uomo d’affari seduto nel tavolino a fianco al mio, che sembra dare per scontato che a tutta la via interessino i tediosi discorsi di lavoro che sta vomitando con foga sul suo interlocutore da un nuovissimo e costosissimo iphone.

    Ma chi e soprattutto come dovrebbe essere il mio Principe Azzurro? Mi volto e mi si ferma il cuore. E se fosse quel tipo che sta attraversando la strada di corsa? Mio Dio, è bello da togliere il fiato! No, a giudicare da come sta baciando il toporagno con i tacchi che ha raggiunto, mi sa che non è disponibile. Peccato.

    Distolgo lo sguardo con un gesto di stizza, sto solo perdendo tempo. Non sto scegliendo un paio di scarpe, sto cercando l’uomo della mia vita. È una cosa impegnativa.

    Criterio, rigore, dedizione. Ecco cosa ci vuole.

    Estraggo un taccuino e una penna dalla borsa e inizio a scrivere un promemoria: lo schianto di poco fa avrà anche dei pessimi gusti in fatto di donne, ma mi ha fatto venire l’ispirazione.

    Moro.

    Alto, in ogni caso più di me (come se fosse difficile, sono alta un metro e sessantacinque! Ma non si sa mai).

    Fisico atletico, ma non troppo muscoloso. Però neanche troppo magro, amo avere qualcosa da stringere in certi momenti.

    Occhi preferibilmente scuri.

    Se poi avesse anche un filo di barba, sarebbe davvero perfetto.

    E le mani devono farmi venire voglia di essere accarezzata.

    Ok, questa era la parte facile, il contenitore. Poi però c’è la sostanza… ed è quella che conta di più. E non mi riferisco certo al contenuto della biancheria intima, per quanto sia anch’esso un punto che meriterà opportuna attenzione, nella seconda fase della selezione. Parlo di carattere, personalità, pregi e difetti (e sì, mi tocca rassegnarmi, qualcuno lo dovrà pur avere).

    Mi rendo conto che sto mordendo nervosamente la biro mentre cerco di figurarmi questa creatura fantastica, segno che sto prendendo la cosa maledettamente sul serio. Mi sento un po’ ridicola, ma ormai ho cominciato e non mi piace lasciare le cose a metà.

    Tanto per cominciare deve essere dolce. Sì, voglio un uomo che mi coccoli, che mi riempia di attenzioni. Ma non un pappamolle, quindi deve essere anche deciso, farmi sentire al sicuro.

    Poi deve essere spiritoso, avere senso dell’umorismo, sapersi divertire.

    Deve amare lo sport, la vita all’aria aperta e i cani.

    Ma soprattutto deve essere fedele, su questo non transigo.

    Mi fermo un attimo per rileggere i miei appunti e vengo assalita da un dubbio: e dove lo trovo uno così? Anche se dovessi frequentare un locale diverso ogni sera, potrebbero passare anni prima che lo incroci. E non prendo nemmeno in considerazione Meetic, altri siti di incontri o, peggio che mai, le agenzie matrimoniali. Figuriamoci se un personaggio del genere utilizza mezzi come quelli.

    Come sarebbe tutto più semplice se la vita fosse come uno di quei romanzi rosa… non avrei bisogno di cercare, sarebbe lui a trovare me. Andremmo a sbattere casualmente uscendo da un negozio e lui, folgorato dal mio sguardo, si farebbe in quattro per conquistare il mio cuore. Come facevano i cavalieri nel Medioevo. Socchiudo gli occhi e per un attimo mi immagino nei panni di una bellissima dama, in una nuvola di pizzi e merletti color avorio, contesa da uno stuolo di aitanti combattenti in sella ai propri destrieri, disposti ad affrontare peripezie e duelli pur di guadagnarsi il mio rispetto e il mio amore.

    Ma la fantasia non dura che pochi secondi, poi scuoto violentemente il capo e torno fissare il mio taccuino. La vita vera non è questa. Nella vita vera l’uomo che ami più di te stessa si fa sorprendere con le mani negli slip di una ragazzina. Nel mondo reale ti ritrovi a trentadue anni sola e disoccupata, seduta al tavolino di un bar alle tre del pomeriggio a fantasticare come una quindicenne.

    Sospiro e abbasso le spalle sotto il peso dello sconforto che torna ad assalirmi. Ma non ho intenzione di lasciarglielo fare. Forse oggi non sarà la giornata propizia per le mie ricerche, ma questo non significa che sia già ora di arrendersi. Dedicherò le ore che restano di questo primo giorno a un’attività che mi garantisce successo sicuro: lo shopping.

    Giorno 2

    Metodo, dedizione. Ovvero: non posso spegnere la sveglia e andare avanti a dormire fino all’ora di pranzo.

    Stiracchiandomi, afferro il cellulare per zittirne il lamento straziante. Mi strofino gli occhi e la prima immagine che mi appare è il mucchio di sacchetti abbandonati alla rinfusa sul tavolo da ieri sera. Regola numero uno: mai fare shopping quando si è depresse, soprattutto se si è disoccupate. Comprerò una lavagnetta su cui segnare le mie nuove regole di vita per non dimenticarmele.

    Mi trascino fuori dal divano letto e mi attacco disperatamente alla macchinetta del caffè: la ricerca di un lavoro non può aspettare oltre. Tracanno due espressi uno dietro l’altro e, senza curarmi di lavarmi il viso e cambiarmi, faccio un po’ di spazio sul tavolo per il notebook; visto l’esito del tentativo precedente, oggi decido di iniziare dagli annunci di lavoro. Al curriculum posso pensare dopo. E anche il riordino dei miei acquisti folli di ieri può attendere; lo farò quando sarò abbastanza frustrata da arrabbiarmi furiosamente con me stessa, in modo da non ripetere l’errore per un po’.

    Apro Google e digito offerte di lavoro Roma: dodici milioni di risultati. A meno che non decida di restringere il campo ne avrò per un po’. Troppo, direi: vorrei concludere la ricerca prima di trovarmi a dover fare la fila alla mensa dei poveri.

    Per facilitarmi la selezione, distolgo per un attimo lo sguardo dallo schermo tentando di immaginarmi in un’attività lavorativa e, come in un flashback, rivivo le mie fantasie di ragazzina: mi vedo fasciata in un tailleur grigio di Armani, scollato quanto basta, con un paio di Loboutin ai piedi e i capelli raccolti in un’elegante chignon, mentre mi muovo, seducente, nel lussuoso ufficio relazioni internazionali di un’importante multinazionale. Almeno finché la zitella acida che c’è in me non mi ricorda che non ho portato a termine l’università e nella mia vita non ho fatto altro che vendere mutande e il sogno a occhi aperti svanisce come neve al sole… allora abbasso le spalle e ricomincio a scorrere le inserzioni: badante, ragazza delle pulizie, operatrice di call center, segretaria, collaboratrice d’agenzia, receptionist. Ho l’imbarazzo della scelta, con la giusta determinazione e un po’ di fortuna posso farcela. Scarico dal web un modello di curriculum vitae e di lettera di accompagnamento, li compilo con i miei dati e inizio a inviare candidature.

    Un paio d’ore e una trentina di e-mail più tardi sento l’impellente bisogno di una pausa. Volgo lo sguardo all’orologio sulla parete: le undici passate e io sono ancora in pigiama. Di più: non ho ancora aperto le ante. E gli occhi iniziano a bruciare. Mi resta da registrare il mio profilo sui portali internet dedicati a chi cerca lavoro, ma per ora mi ritengo soddisfatta: è il momento di sgranchirmi le gambe con una bella passeggiata.

    Mi affaccio alla portafinestra e scopro con piacere che il meteo è dalla mia. Colpita da una folgorazione, inizio a rovistare nelle buste ancora ammucchiate sul tavolo finché non trovo l’unico tra gli acquisti di ieri di cui non sono pentita, o almeno non ancora: una guida per riconoscere il principe azzurro evitando di imbattersi in una lunga serie di ranocchi. E con una giornata così c’è solo un posto in cui vorrei leggerlo: Villa Borghese. Elettrizzata dalla prospettiva, getto il pigiama sul divano e mi infilo canticchiando sotto la doccia.

    Poco più di un’ora dopo sto già facendo il mio ingresso nel parco attraverso la Porta Pinciana. Percorro viale del Museo Borghese osservando incantata il panorama che mi circonda, mi fermo a contemplare le Fontane Oscure, faccio una piccola deviazione per ammirare la Fontana dei Cavalli Marini e poi finalmente raggiungo la meravigliosa Villa Borghese Pinciana, che ospita la galleria Borghese. Mi godo lo splendore della struttura e della vicina Fontana di Venere e poi riprendo la mia camminata dirigendomi verso il Giardino del Lago. La visione dello specchio d’acqua immerso nel verde ha su di me lo stesso effetto distensivo di una decina di tisane alla melissa: mi sento talmente buona con me stessa che, visto che è ora di pranzo, decido di concedermi un caffè e un dolcetto alla Casina del Lago. Poi individuo una panchina libera e mi immergo, finalmente, nella lettura.

    Per i primi venti minuti vengo letteralmente assorbita dalla vivace e pungente rassegna di opposti del bramato cavaliere da evitare a ogni costo, tanto che sono costretta a cercare continuamente di soffocare le risate per non attirare l’attenzione dei vicini. Poi non riesco a fare a meno di

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