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Zero
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Ebook57 pages45 minutes

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Fantascienza - racconto lungo (39 pagine) - La ferrovia che collegava quei due mondi maledetti aveva una terza fermata. Avrebbe avuto il coraggio di scendere lì?


Uno: un mondo in guerra. Due: un mondo di ineguaglianze e discriminazioni. Tra loro, una ferrovia che collega le due dimensioni.

Delia, originaria di Uno e pendolo tra i due mondi, percorre quella tratta ogni settimana, per tornare a Due da suo marito Yusun e dal piccolo Mosi, che la aspettano fedelmente tra mille difficoltà. Ma un giorno, Delia si accorge di una terza fermata, ben nascosta tra le pieghe delle due dimensioni. Che fare, a quel punto? Come continuare a vivere facendo finta di niente?

Silvia Treves firma un racconto visionario e toccante, che scivola tra i generi con la delicatezza e la potenza di un sogno a occhi aperti: ma ci parla di noi, e delle barriere che abbiamo bisogno di infrangere e scavalcare.


Silvia Treves è laureata in scienze biologiche e specializzata in chimica biologica. È stata a lungo docente di matematica e scienze  e vive a Torino. Co-curatrice del progetto ALIA.Evo e della rivista di recensioni librarie Librinuovi.net, ha scritto racconti e romanzi brevi, soprattutto di fantascienza, tra i quali Isola di Passaggio,  (CS_libri, 2016). Nel 2000, con Cielo clemente  ha vinto il  premio “Omelas, la fantascienza per i diritti umani”. Legge e ascolta musica in compagnia di una gatta e  fa lunghe passeggiate in montagna insieme a una cagnetta.

Nel suo cassetto c’è  il solito romanzo mai finito e molto disordine.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateApr 2, 2019
ISBN9788825408676
Zero

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    Zero - Silvia Treves

    disordine.

    1

    La donna scende dal vagone al capolinea, attenta a non strisciare le ruote del borsone della spesa pieno. È giovane e robusta, con la mano libera si scosta dagli occhi chiari una lunga ciocca bionda.

    L’uomo è alto e magro, quasi un ragazzo: le va incontro per liberarla della borsa. Si guardano in silenzio, lui percorre con le dita brune il viso arrossato di lei, la accarezza sulle guance, fino a farla sorridere.

    Il bambino viene avanti per ultimo, discreto, e infila la mano in quella della donna.

    Insieme si avviano alla scala mobile, salgono, sbucano nella piazza affollata e accarezzata dal sole di una primavera precoce.

    La donna respira a fondo, soddisfatta, come se il sole fosse parte dell’accoglienza, e si affretta a infilare nel borsone il vecchio giaccone di lana pesante.

    Il cielo del mondo Uno somiglia al metallo. Ha il colore biancastro dell’alluminio. Nel mondo Due l’alluminio serve a costruire serramenti. La prima volta che se n’è accorta, aveva Mosi per mano e Yusun camminava davanti a loro, trascinando il borsone del sabato, quello dell’andata. Lo stesso borsone che nel corso della notte e della mattinata successiva, mentre le ore sgocciolano nella sua mente ansiosa, si trasforma senza pietà nel borsone della domenica, quello del ritorno.

    Delia ha mandato Mosi avanti con un pretesto: – Chiedi a papà se ha una sigaretta… – e si è fermata davanti a una finestra al pianterreno di una vecchia casa popolare, pescando dalla tasca uno dei fazzolettini di carta che Yusun le offre sempre. Dopo aver ripulito la striscia più bassa della griglia metallica, si è sporta ad annusarla. Poi ha proteso la lingua, rapidissima, per assaggiarla.

    Proprio lo stesso odore e lo stesso sapore dell’aria di Uno.

    Il cielo di Due ha tutti i colori del cielo: azzurri, rossi e rosa sorprendenti, e tanti grigi che le paiono amici. Quel cielo non riflette un sole immobile che pare stargli alle spalle, come in un quadro… e l’aria profuma di terra, di cenere, di asfalto. Puzza di nafta e benzina, e qualche volta, davanti ai negozi, odora di pollo arrosto, di pane e di dolci freschi di pasticceria. Di fronte ai fast-food Yusun, che pure viene da lontano quasi quanto lei, accoglie con una smorfia il profumo invadente di cibo fritto. Lei invece, quando gli altri due non la guardano, spalanca la bocca e addenta l’aria.

    Yusun non è mai andato su Uno. Non può sapere.

    Nei sogni di Yusun ci sono visi e strade e case molto diverse da queste… mare, treni e documenti sempre da rifare, pochi soldi e il lavoro che potrebbe mancare da un giorno all’altro – ma che, almeno per un po’, non mancherà, perché le case servono ancora nonostante il calo demografico.

    Nei sogni di Delia, invece, ritorna sempre la torre, sia che lei stia dormendo sul pagliericcio, nelle notti buie e fredde di Uno, sia che cerchi di far durare più a lungo che può le notti del sabato di Due. La torre vecchia e tozza, con i mattoni a vista e la base svasata.

    Nei primi sogni, lei percorreva svelta il sentiero in salita, ansiosa di raggiungerla e di entrare. … era certa che sarebbe bastato salire e affacciarsi dalla cima per rimettere le cose a posto e abbandonare per sempre il borsone. Ma il sogno si ripresentava ogni notte e il sentiero non finiva mai, per quanto a lungo lei si sforzasse di far durare il sogno. L’unica volta che era riuscita ad avvicinarsi alla torre, aveva scoperto che la porta, bassa e stretta, era sbarrata da uno spesso uscio di legno.

    Così, con uno sforzo di volontà, notte dopo notte Delia ha cambiato il sogno: non si avvicina e aspetta con pazienza… la sognerà fino a che il tempo e l’umidità roderanno il legno e riapriranno

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