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Il Regno delle Mille Torri - completo
Il Regno delle Mille Torri - completo
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Il Regno delle Mille Torri - completo

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About this ebook

Un bislacco gruppo di avventurieri e compagni di viaggio si imbattono nell’ennesima mappa del tesoro. Decidono ovviamente di seguirla aspettandosi di tutto e niente.
La mappa viene però loro sottratta e questo fa scattare la caccia al ladro. È durante questa caccia che vengono a conoscenza di dettagli riguardo alla mappa che li convincono sempre più che forse questa volta è la volta buona che una mappa del tesoro non sia fasulla. Non è solo questo a convincerli ma anche il fatto che si scopre che non sono i soli che stanno tentando di recuperarla.
Ne scaturisce una caccia serrata, la spasmodica ricerca di indizi e una lotta senza esclusione di colpi che infine condurrà i nostri avventurieri lungo sentieri pericolosi e ignoti.
Sentieri che li porteranno a dover affrontare sfide, enigmi, persone e situazioni in cui le armi da usare non saranno solo la forza e la magia bensì anche l’ingegno, l’intelligenza e il coraggio.
Ma gli avventurieri questo fanno di mestiere e, a questo giro, servirà loro tutta l’esperienza che possiedono per non farsi sopraffare dai nemici e dagli eventi.
Nel tentativo di salvarsi scopriranno antichi segreti sepolti, un regno dimenticato da tempo e il vero scopo del creatore della mappa nonché le sue arcane intenzioni.
Rendendosi conto che nulla è come sembra gli avventurieri dovranno lanciarsi in una corsa contro il tempo e prendere decisioni che potrebbero risultare cruciali quando, alle porte della città della magia e degli Dei, si affronteranno due incompatibili possibili futuri.
A loro spese scopriranno che il bene per alcuni è il male per altri e che quando il male non è concretamente tangibile la sfida è doppia.

Le avventure e la storia del mondo di Fenuruel continuano con la saga de I Maghi Ribelli.
Un’altra entusiasmante e avvincente avventura in sei volumi che inizia con il libro:
L’Inganno del Mago: I Maghi Ribelli vol.1
 
LanguageItaliano
PublisherDaniele Lippi
Release dateApr 2, 2019
ISBN9788832562040
Il Regno delle Mille Torri - completo

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    Il Regno delle Mille Torri - completo - Daniele Lippi

    LA FORESTA DEI RAMI TAGLIENTI

    Tjanador camminava lungo il limitare della Foresta dei Rami Taglienti, come la chiamavano gli abitanti dei vicini paesi, cercando un sentiero che conducesse al suo interno.

    Aveva da poche settimane terminato il periodo di apprendistato all’Accademia di Magia di Encamro completando il Terzo Cerchio di arti magiche e ora, per accedere al quarto, doveva compiere una prova. Questa prova consisteva nell’ottenere bacche di magilluserba, una ciocca di capelli di ninfa e catturare una driade. La difficoltà consisteva nel fatto che la magilluserba, se non raccolta con precauzione, poteva far cadere il malcapitato in uno stato di allucinazione per diversi giorni; le ninfe erano note per il loro potere ammaliatore e più di un avventuriero era stato ucciso e divorato da queste creature dai lineamenti bellissimi e dall’aspetto innocente. Infine, catturare una driade non era un compito facile, poiché bisognava individuarne una giovane legata a un albero altrettanto giovane o fragile, dato che, tentare di catturare una driade legata, per esempio, a una quercia secolare, per un mago del suo livello era un biglietto di sola andata verso una morte certa.

    Di fatto, solo dopo aver deciso di voler intraprendere l’iniziazione al Quarto Cerchio Magico si era reso conto della pericolosità delle prove e aveva capito come mai vi fossero così tanti maghi del Terzo Cerchio e così pochi dal Quarto al Sesto, per non parlare di quelli dal Settimo al Nono o addirittura dal Nono al Dodicesimo.

    Così, continuando a camminare, mentre ancora rimuginava tra sé e sé sul fatto che forse avrebbe dovuto aspettare ancora qualche tempo prima di lanciarsi in quell’avventura, giunse davanti a quello che sembrava un sentiero ben battuto che procedeva nella direzione che cercava: dritto, verso il cuore della foresta. Si fermò a osservare gli alberi intorno a sé nel tentativo di capire perché le popolazioni locali li avessero denominati a quel modo. Tutto però sembrava più che normale. Rinfrancato da questo pensiero, ma con la sua bacchetta a forma di piuma di cigno ben stretta in mano, si avviò lungo il sentiero, dando così un inizio concreto alla sua ricerca.

    Continuò ad addentrarsi nel bosco per quasi tutto il giorno. Cercava segni che lo portassero verso un luogo in cui la magilluserba potesse crescere.

    In pratica cercava un piccolo stagno d’acqua ferma, sui bordi del quale un salice piangente ospitava sul suo tronco dei funghi rossi. Il posto ideale per la magilluserba. Solo dopo ore di cammino e dopo aver riluttantemente abbandonato il sentiero per inoltrarsi ulteriormente nella foresta trovò un tale luogo.

    Era perfetto. Si avvicinò lentamente come se la sua vicinanza potesse far scomparire l’erba magica che cercava e, usando un bastone raccolto poco prima, iniziò a spostare lentamente le foglie e il terriccio intorno alla base del tronco del salice piangente.

    Bastarono pochi minuti di minuziosa, delicata e paziente ricerca, perché finalmente la trovasse. Era strano, pensava mentre guardava quella piccola pianta dalle verdi bacche maculate di giallo, come il loro effetto fosse devastante.

    Indossò in una mano il guanto da erbologista e nell’altra quello da alchimista. Doveva agire in fretta. Raccogliere le bacche con il guanto da erbologista e passarle subito in quello da alchimista che, essendo incantato, avrebbe dovuto neutralizzare il potere della bacca. In pochi secondi l’operazione fu conclusa e, rialzandosi, Tjanador guardò orgoglioso le tre piccole bacche ormai in suo possesso. Era raggiante, non era passato neanche un giorno e già aveva concluso una delle tre missioni. Quella più facile ovviamente, e lo sapeva bene anche lui, ma non importava, era sempre una in meno. Fu solo quando si riprese dalle sue fantasticherie che si rese conto di un rumore, come di qualcosa che correva nella sua direzione rompendo e spostando rami al suo passaggio.

    Qualsiasi cosa fosse era molto veloce e quando la intravide si rese conto che era anche molto grande. Purtroppo, il sole stava ormai tramontando, la luce si era affievolita e la foresta era diventata d’un tratto già buia. La cosa sembrava proprio puntare verso di lui. Tjanador si tolse velocemente il guanto da erbologista e impugnò la sua bacchetta magica puntandola verso la cosa che lo stava palesemente caricando.

    La sua mente lavorò furiosamente per tentare di ricordare se ci fosse un qualche animale ghiotto di magilluserba che avrebbe potuto considerare il fatto che lui l’avesse raccolta come un’invasione del suo territorio. Non gliene venne in mente nessuno. Cominciò a recitare un piccolo incantesimo per identificarlo e dalla punta della bacchetta uscì un fascio di luce che illuminò l’animale. Ma aveva fatto male i suoi calcoli.

    La bestia gli era già addosso. Lo travolse. Il colpo fu tremendo. Sentì un forte dolore alla spalla sinistra e al petto, fu sollevato da terra

    e scaraventato diversi passi indietro, finendo a sbattere con la schiena contro un albero e cadendo a terra. L’unica cosa che aveva notato era che l’animale era più alto di lui, con una muscolatura imponente e quattro grandi zampe.

    Preso dal panico e senza aver ancora capito cosa fosse quell’animale, tentò di rialzarsi, quando si accorse che era successa una cosa che fino ad allora aveva cautamente tentato di evitare. Le bacche di magilluserba si erano rotte ed erano a contatto con le sue guance. Cominciò subito suo malgrado a sentirne l’effetto. La testa gli si fece stranamente leggera. Si sentiva come fluttuare a mezz’aria. Aveva la sensazione che il suo corpo si stesse liquefacendo.

    Non provava dolore ma solo una piacevole sensazione di benessere e calore. Stava per perdere completamente i sensi.

    L’animale che lo aveva appena travolto e che poteva sentire avvicinarsi lentamente a lui non appariva più come una minaccia.

    Il pericolo, la missione, la magia, tutto gli sembrava ormai lontano e privo di importanza.

    Infine, perse completamente i sensi.

    L’INCONTRO

    Quando si risvegliò, riuscì a fatica ad aprire gli occhi. Le sue palpebre sembravano pesare ognuna quanto un blocco di marmo. Si sentiva disorientato e aveva l’impressione di essere scosso in molteplici direzioni simultaneamente.

    Con uno sforzo riuscì finalmente ad aprire gli occhi e vide il cielo. Un cielo grigio con nuvole cariche della minaccia di pioggia. Rimase a guardarlo come inebetito e poi, con un ulteriore sforzo, girò la testa da un lato per capire dove fosse e cosa stesse succedendo.

    L’unica cosa che capì era di essere su un carro che probabilmente, stando alle scosse che sentiva, procedeva lungo una strada disastrata. Forse, poiché, ancora sotto l’effetto della magilluserba, non riusciva a essere preoccupato più di tanto. Intorno a lui sentiva pochi rumori e quelli che percepiva gli arrivavano alle orecchie ovattati e lontani.

    Alla sua destra sentì qualcuno parlare ma non riusciva a capire cosa stesse dicendo. Allora si concentrò e l’udito sembrò tornargli di colpo. Fermate il carro! Fermate il carro! Il mago si è svegliato! sentì urlare. Tjanador capì subito che stavano parlando di lui. Il carro si fermò e vide comparire sopra di lui il volto di due uomini. Uno di loro aveva una folta e lunga barba grigia e dai tratti capì subito che si trattava di un nano.

    L’altro invece aveva lunghi capelli raccolti dietro la nuca, un pizzetto ben curato ed era un umano. Senza dirgli niente lo presero di peso e lo piazzarono in posizione seduta. I due, più che guardarlo, sembravano scrutarlo attentamente.

    Stai attento prima di slegarlo, potrebbe di nuovo comportarsi da pazzo! disse il nano all’uomo.

    Tjanador realizzò solo allora di avere mani e piedi legati. Tentò di parlare ma non riuscì ad articolare bene la voce, la sua mascella non sembrava ancora incline ad obbedirgli e tutto quello che riuscì a pronunciare fu: To... ne... on... pao....

    L’uomo gli si avvicinò guardandolo negli occhi: Sì... forse hai ragione sospirò. Spero che la prossima volta farai più attenzione quando corri a cavallo per i boschi! borbottò il nano dando un colpo alla spalla dell’uomo che sospirò nuovamente.

    Ma non è colpa mia! Non l’ho visto! Era buio! Avevo fretta e poi stavo inseguendo il ladro! Lo sai bene! si scusò.

    Tjanador sentì la voce di una donna alle sue spalle dire divertita: E così facendo hai barattato un ladro con un mago pazzo! Che forse pazzo non era prima di incontrarti!.

    L’uomo, stizzito da tutti quei rimproveri, ribatté: Se dopo che lo hai aiutato tu è ancora matto vuol dire che i tuoi poteri di guaritrice non sono poi così buoni!.

    Ma la donna non gli lasciò avere l’ultima parola: Considerati fortunato che il mio dio non ti abbia già fulminato per quello che hai detto! rise aggiungendo Vedrai che si riprenderà.

    Tjanador, stufo della situazione, si concentrò di nuovo tentando ancora di parlare: Non... sono... pazzo! Solo confuso... riuscì finalmente a dire.

    Il nano e l’uomo davanti a lui, che stavano per scendere dal carro, lo guardarono con espressioni sollevate.

    D’accordo, dai, sleghiamolo! disse l’uomo mettendosi al lavoro.

    Dopo essere stato liberato chiese: Chi siete? Dove sono?.

    Il nano lo squadrò alcuni secondi prima di rispondere: Sì... domande legittime disse con la sua possente voce baritonale. Allora, questo che vedi al mio anco è Sycro, mentre dietro di te puoi vedere Hardana e io sono Duntrem.

    Tjanador si girò e si trovò davanti una donna dai lineamenti particolarmente belli, lunghi capelli lisci e castani, gli occhi verdi leggermente allungati e la pelle molto chiara.

    E dove mi trovo? chiese rigirandosi verso il nano il quale alzò le spalle e guardò Sycro. L’uomo si guardò intorno, poi disse: Siamo sulla strada per Prukra, dovremmo arrivare domattina, credo.

    Tjanador lo fissò allibito e poi si guardò intorno. Erano in una specie di vallata collinosa, intorno a lui solo praterie. Prukra? La capitale del regno di Kra? chiese con una nota di disperazione.

    Sia Sycro che Duntrem annuirono.

    Ma siamo lontanissimi dalla Foresta dei Rami Taglienti! si lamentò il mago.

    Dietro di lui Hardana disse in tono gioviale: Per essere precisi siamo almeno a sei giorni di viaggio!.

    Solo allora Tjanador, facendo mente locale, si ricordò cos’era successo e di come era finito intossicato dalla magilluserba. Sapeva che quelle bacche potevano avere un effetto devastante, ma non si sarebbe mai aspettato fino a tal punto. Di colpo gli rivenne in mente anche l’animale

    che lo aveva travolto e ricollegando i discorsi appena sentiti capì cos’era accaduto. Allora sei stato tu a investirmi! accusò Sycro puntandogli un dito contro.

    L’uomo non rispose subito, fece un piccolo sorriso imbarazzato e alzò le spalle.

    Purtroppo, sì, poi, visto che avevi perso i sensi, non potevo lasciarti in quello stato nel bel mezzo di quella foresta, così ti ho portato da Hardana per vedere se riusciva a curarti, ma tu hai iniziato a delirare e a dimenarti come un pazzo....

    E allora riprese Hardana abbiamo deciso di portati con noi aspettando che ti riprendessi, promettendoci di lasciarti alle cure del primo tempio nel caso in cui questo non fosse successo.

    Tjanador ascoltò incredulo e scosse la testa: Devo tornare alla foresta! disse infine risoluto.

    Ma dove vuoi andare? lo apostrofò Duntrem A piedi ti ci vorranno almeno quindici giorni per tornare indietro e non credo tu abbia né cibo né acqua a sufficienza per un tale viaggio.

    Tjanador scosse la testa ribattendo seccato: E cosa dovrei fare allora? È colpa vostra se sono in questa situazione!.

    Senti, propose Hardana potresti rimanere con noi ancora un giorno. Giusto il tempo di arrivare a Prukra. Una volta lì potrai rifornirti di tutto quello di cui hai bisogno e magari comprarti anche un bel ronzino, che ne dici?

    Lui la guardò a lungo. Ancora non aveva capito bene da dove venisse la donna con quei tratti somatici così delicati e inusuali. Dopo alcuni istanti in cui sembrò valutare varie possibilità Tjanador annuì. D’accordo disse con un sospiro.

    Hardana rise soddisfatta. Allora andiamo! Si riparte! disse gioviale come sempre girandosi di scatto e frustando i due cavalli davanti a lei in maniera altrettanto inaspettata.

    Fu in quel momento, quando i suoi capelli furono spostati dal vento, che Tjanador intravide le orecchie della donna. Erano a punta ma non sembravano essere di un’elfa. La donna davanti a lui doveva essere una mezz’elfa.

    Non aveva mai conosciuto una mezz’elfa prima d’ora, umano ed elfo era una combinazione molto rara e la condizione dei mezz’elfi, spesso rifiutati dagli elfi e guardati con sospetto dagli umani, non era facile in un mondo come il loro.

    Hardana aveva frustato i cavalli così all’improvviso che i tre passeggeri avevano rischiato di cadere.

    Ehi! Aspetta! urlò Sycro mentre tentava di saltare giù dal carro ormai in corsa. Salta, uomo! Salta! gridò lei ancora ridendo. L’uomo le lanciò un’occhiata assassina e poi, quasi a occhi chiusi, saltò giù dal carro cadendo a terra.

    Rialzandosi velocemente, puntò il dito verso di lei: Tanto adesso ti riprendo e vedrai! urlò imbronciato e minaccioso correndo subito verso il suo cavallo rimasto indietro.

    Tjanador lo guardò correre e indaffararsi a salire in sella senza troppo interesse. Come mai state andando a Prukra? chiese distrattamente senza che la cosa però gli importasse più di tanto. Il nano, che si era accomodato quasi di fronte a lui, lo guardò con sospetto. Era solo una domanda aggiunse notandolo il mago.

    Duntrem non sembrò far caso alla sua affermazione. Dobbiamo sbrigare una faccenda con un tizio in città rispose laconico.

    E tu, mago? chiese Hardana sempre alle prese con la frusta, facendo correre i cavalli e girandosi ogni tanto per vedere a che punto fosse Sycro Cosa ci facevi in mezzo a quella foresta? Lo sapevi che era pericolosa vero?.

    Tjanador si girò: Beh... dopo essermi imbattuto in voi lo so di sicuro rispose sarcastico.

    Questa volta fu il nano a scoppiare in una fragorosa risata baritonale. Hardana però non si fece sviare dalla sua risposta. Dai, mago, cosa ci facevi lì? Stai tentando di passare a un cerchio magico superiore? chiese nuovamente senza arrendersi.

    Tjanador la guardò e notò, chiedendosi come mai non l’avesse fatto prima, le vesti della donna. Erano le tipiche vesti amaranto, dai ricchi ricami argentati e dorati, dei chierici del tempio di Suashlon. Il dio del cambiamento, dell’instabilità, della metamorfosi. A pensarci bene era quasi normale che una mezz’elfa fosse una devota seguace di un tale dio pensò.

    Sì, hai ragione. le rispose, e aggiunse con orgoglio Ero là per completare la ricerca di passaggio al Quarto Cerchio Magico.

    Nel sentire quelle parole Hardana si girò e lo squadrò attentamente. Duntrem, abbiamo un mago del Terzo Cerchio... Ci sarebbe utile, non credi? gridò al nano per assicurarsi che sentisse.

    Duntrem alzò le spalle. Non so... è... un mago! rispose lui pronunciando l’ultima parola come se gli venisse difficile da dire.

    Hardana frustò nuovamente i cavalli con foga improvvisa A voi nani proprio non vanno giù i maghi, vero? lo rimproverò lei irritata.

    Non è che non ci vadano a genio, è solo che sono... strani rispose lui col classico tono di chi è stato punto nel vivo.

    Giusto in quel momento arrivò Sycro. Cavalcando al galoppo e affiancandosi ad Hardana, le urlò sorridendo, mentre tirava le redini del suo destriero per farlo rallentare al passo del carro: Quando avrò finito con te, ti assicuro che avrai bisogno di tutto il tuo potere di guaritrice per riconoscerti allo specchio!.

    Come tutta risposta lei si allungò sul sedile nel tentativo di dargli un colpo che però l’uomo evitò con facilità facendole la linguaccia. Smettila di fare il duro e pensa a convincere quel vecchio nano là dietro che un mago del Terzo Cerchio ci farebbe comodo! disse lei ricomponendosi.

    Un mago del Terzo Cerchio? ripeté Sycro sorpreso e girandosi verso Tjanador, che annuì orgoglioso.

    Hardana ha ragione, uno come te ci farebbe comodo disse l’uomo, questa volta serio.

    Tjanador alzò gli occhi al cielo. Prima non vi sembra il caso di dirmi esattamente in cosa e soprattutto per cosa? chiese ormai un po’ seccato di sentirglielo ripetere. Questa domanda però fece calare un imbarazzante silenzio tra i tre, che continuavano a guardarsi l’un l’altro senza più parlare.

    Duntrem, pratico come tutti i nani, prese la parola: Insomma, inutile girarci intorno, ecco tutta la storia... Prima avevamo un socio, uno gnomo, un ladro che in qualche modo ha messo le mani su una mappa, una mappa così importante che il proprietario ha assoldato un piccolo esercito di cacciatori di taglie per recuperarla. I cacciatori di taglie hanno ovviamente catturato lo gnomo ma non prima che noi lo sentissimo parlare della mappa a un suo compare, così abbiamo deciso di liberarlo, con la promessa di cercare insieme a lui qualsiasi cosa fosse nascosta in quella mappa. Una volta libero, però, ha deciso bene di scappare, ma noi, che siamo gente tenace, ci siamo fatti dire dal suo compare dove fosse diretto e... eccoci qui!.

    Tjanador aveva ascoltato attentamente tutta la storia e, dopo averci pensato un momento, chiese candidamente: Capisco, ma la mappa a cosa dovrebbe portare?.

    A quella domanda seguì un ulteriore e ancor più lungo silenzio.

    Allora? li incalzò lui, ormai impaziente e incuriosito. Ancora silenzio.

    La verità... iniziò a dire Sycro lentamente è che, sì, insomma, non lo sappiamo con certezza! concluse velocemente.

    Tjanador era incredulo: Non sapete neanche a cosa porta quella mappa ma per averla avete fatto e state facendo tutto questo?.

    I tre si guardarono come sorpresi della sua reazione. Certo! rispose Duntrem alzando le spalle come se il loro comportamento fosse assolutamente normale. Anche Sycro ebbe la stessa reazione del nano.

    Tjanador allora si girò verso Hardana.

    Lei lo guardò sorridente. Siamo avventurieri, non lo capisci? rispose.

    Sempre in cerca di ricchezze, rischio e avventura. La maggior parte di noi spera anche, ovviamente, di trovare o accumulare abbastanza ricchezza da potersi godere un giorno una vita tranquilla, da riccone o persino da nobile.

    Duntrem aggiunse in fretta: E in alcuni casi è addirittura successo, sai?. Era sicuro, in cuor suo, di aggiungere qualcosa di estremamente positivo alla spiegazione di Hardana. La donna lo squadrò e gli lanciò un’occhiataccia.

    Il nano la vide, ma innocentemente alzò le spalle senza capirne il perché.

    Accanto a loro, invece, Sycro rise di cuore: Noi siamo fatti così, un po’ avventurieri e un po’ sognatori.

    A quel punto Hardana lasciò andare le redini del carro girandosi completamente verso il mago. Senti, facciamo così, tanto il massimo che perderai è un giorno, ritroviamo lo gnomo, recuperiamo la mappa, vediamo quali segreti nasconde e poi decidi se accompagnarci. Che ne dici? gli chiese guardandolo fisso negli occhi.

    Tjanador si sorprese a pensarci su. Quei tre personaggi sembravano un’allegra brigata, ma dubitava fortemente che quella mappa potesse essere così preziosa. Dopotutto, come avrebbe fatto altrimenti un semplice ladro a impossessarsene? Si ricordava bene com’erano protetti gli oggetti preziosi all’Accademia di Magia. Impossibile rubarli. Molti ci avevano provato ma nessuno c’era mai riuscito. Alla ne decise che in ogni caso avrebbe dovuto raggiungere Prukra e, ormai, non aveva molta importanza se la sua ricerca fosse durata un giorno in più, visto che non aveva più la possibilità di battere il record, che era di sette giorni e mezzo.

    Va bene. D’accordo. Vi concedo un giorno, ma se il segreto della mappa non mi interessa non vi accompagnerò! disse loro.

    Bravo! gridarono Hardana, Duntrem e Sycro all’unisono applaudendo felici la sua decisione. Tjanador li guardò contento e contagiato dal loro buon umore, ma dopo poco ebbe come un lampo di genio improvviso e aggiunse in fretta: Ma se vi accompagno, anch’io voglio la mia parte!.

    Nel sentire le sue parole gli entusiasmi dei tre si calmarono vistosamente.

    Beh... sì... sì, certo, ovvio! rispose Duntrem grattandosi nervosamente la barba.

    Abbiamo trovato un mago dall’animo da avventuriero! esclamò Hardana ridendo mentre riprendeva in mano le redini.

    Il viaggio proseguì senza alcun problema per le praterie e le colline della vasta pianura verdeggiante di Fendren. Ogni tanto, in lontananza, avvistavano piccoli villaggi o fattorie, ma niente di più, finché, infine, non arrivarono la notte e il buio che li costrinsero a fermarsi e ad accamparsi sul ciglio della strada. Sycro si adoperò per accendere velocemente un fuoco, mentre Duntrem tirò fuori della carne secca e pane da viaggio senza lievito facendo quattro razioni. Hardana, invece, assicurati il carro e i cavalli, cominciò pazientemente ma con un’inaspettata maestria a piazzare la sua piccola tenda.

    Tjanador guardò perplesso gli altri due: Voi non avete tenda? Non per questa notte! rispose Duntrem alzando gli occhi al cielo

    stellato Le nuvole sono sparite, non pioverà e non fa freddo! Una coperta a terra e una addosso saranno più che sufficienti.

    Tjanador li osservò imbarazzato: Non vi dispiacerà allora prestarmi una delle vostre tende, vero? Non sono molto abituato a viaggiare in questo modo.

    Mentre prendeva la sua tenda dal carro per dargliela, Sycro ridendo gli rispose: Non ti preoccupare, se vieni con noi vedrai che ti ci abituerai.

    Hardana finì velocemente di piazzare la sua tenda, poi si girò verso di lui preoccupata. Vuoi che ti aiuti con quella? disse indicando la tenda che Sycro aveva appena dato a Tjanador.

    Il mago guardò prima la tenda di Hardana e dopo ciò che aveva tra le mani. Sono uguali? chiese indicando quella di lei. Hardana annuì non capendo però il motivo della domanda. Il mago senza dire altro si diresse verso la tenda della donna e la esaminò. No grazie, penso che non ci dovrebbero essere problemi disse lui appoggiando a terra la sua tenda ancora smontata. Tirò fuori la sua bacchetta puntandola verso la tenda di Hardana. Todaco Panei! pronunciò con strano accento e poi, volgendo la bacchetta verso la sua tenda a terra, disse: Sue Egi!.

    Un piccolo fascio di luce oca e opaca partì dalla punta della sua bacchetta, avvolse la tenda che, dopo un momento, come di esitazione, iniziò a tremare, poi i pezzi iniziarono a volare vorticosamente come fossero nel centro di un ciclone e in pochi secondi la tenda fu pronta.

    Tjanador la guardava orgoglioso con un ampio sorriso sul volto. Niente male, vero? chiese ai tre che sembravano rimasti senza parole.

    Hardana gli si avvicino e gli diede una pacca sulla schiena. Vi ho detto che ci sarà utile! disse felice.

    Dopo quest’osservazione, Tjanador, ancora in un brodo di giuggiole, si sedette intorno al fuoco insieme ai suoi nuovi compagni di viaggio per una cena veloce.

    Come vi siete conosciuti? chiese ai tre non appena finì di divorare il cibo, tanto era affamato.

    Duntrem si tolse con le dita qualcosa dai denti e lo gettò nel fuoco. Io disse ho conosciuto questi due per puro caso in un ritrovo d’avventurieri alle porte della città di Hujik. Avevo appena portato a termine un incarico di Guardia Merci per un mercante e sentivo di nuovo il bisogno di un po’ d’avventura.

    E voi come mai eravate lì? chiese Tjanador ancora curioso (soprattutto ora che le lusinghe avevano terminato il loro effetto) di sapere chi avrebbe dormito a pochi passi da lui.

    Prese la parola Hardana. Io mi ero recata in quel ritrovo poiché, dopo aver finito il secondo periodo d’iniziazione del mio tempio, l’Oracolo, sempre che io abbia ben interpretato i suoi indovinelli, mi aveva detto di seguire una certa strada che alla fine mi ha portata lì rispose laconica, facendo però capire di non essere pronta a discutere ulteriormente la cosa.

    Fu poi Sycro a parlare masticando il suo ultimo boccone. Per me invece è stata la delusione a portarmi lì. Ero appena uscito dai sotterranei di Hujik, dopo averci passato una settimana intera alla ricerca della tomba di uno dei re fondatori della città, ma evidentemente la mappa in mio possesso doveva essere falsa.

    E quanto tempo fa è avvenuto questo incontro? chiese ancora curioso il mago. I tre si guardarono. Diciotto giorni? disse Sycro.

    Duntrem scosse la testa. No, io direi meno... diciamo quindici? Ma dove avete la testa voi uomini? intervenne Hardana lamentosa Ci siamo conosciuti esattamente ventidue giorni fa! affermò sicura. Gli altri due la guardarono. Sì! Sì, è possibile! risposero rivolti a

    Tjanador. Il mago fu sorpreso che si conoscessero da così poco tempo, ma sapeva anche che il mondo degli avventurieri, di cui aveva sempre sentito parlare ma che non l’aveva mai interessato, era così, e che, soprattutto, si diceva, e lui non stentava a crederlo, tra loro c’era molto rispetto e cameratismo. Almeno fino a quando non avessero messo le mani sul tesoro...

    Aveva sentito spesso storie di dispute, omicidi, fratricidi e simili al riguardo, ma siccome erano molto lontani dal trovare un tesoro, se mai ne esistesse uno, decise che in n dei conti poteva darsi di loro.

    Ora tutti a dormire! disse Duntrem stendendosi su una coperta e coprendosi con l’altra Domani alle prime luci dell’alba dobbiamo essere già in cammino!.

    Senza dire un’altra parola i quattro si coricarono cercando di approfittare al massimo delle poche ore di sonno a loro disposizione.

    La mattina dopo il risveglio fu traumatico per Tjanador. Non era abituato alle levatacce. Non le aveva mai fatte. Alzarsi a quell’ora era impensabile all’Accademia di Magia. Ma non poté farci niente.

    Duntrem, con la sua voce profonda e potente, sembrava urlargli nelle orecchie: Alzarsi, pelandroni! Alzarsi, ché c’è già anche troppa luce qui intorno!.

    Lentamente Tjanador mise il naso fuori dalla tenda. L’alba del primo sole era appena iniziata e solo qualche timido pallido raggio di luce si stagliava sulle loro teste.

    Con un atto di pura forza di volontà uscì dalla tenda, gli offrirono del formaggio secco con, per contorno, lo stesso tipo di pane della sera precedente e, dopo aver smontato le tende, ripresero il viaggio.

    Tra qualche ora dovremmo arrivare a Prukra disse Hardana. Infatti, dopo neanche un’ora la frequenza con la quale vedevano i villaggi si era intensificata e i villaggi stessi erano più grandi. Finché, in lontananza, quando si trovarono sulla sommità dell’ultima bassa collina, videro le imponenti mura di cinta di Prukra, con la moltitudine di piccole case che erano sorte disordinatamente intorno a esse, estendendo notevolmente l’area della città.

    PRUKRA

    Prukra era una città ricca e benestante che traeva la sua ricchezza soprattutto dalla navigabilità del fiume Kra, attorno al quale era sorta, nonché, ovviamente, dai dazi che si pagavano per poter passare i suoi famosi e imponenti ponti levatoi, che altrimenti bloccavano la navigazione del fiume stesso.

    Sycro esclamò entusiasta: Bene, tra poco saremo in città! aggiungendo in tono più serio Abbiamo già qualche idea su come trovare il nostro gnomo ladro imbroglione?.

    Tjanador, incredulo, si girò lentamente verso di lui. Volete dire che stiamo andando in una città delle dimensioni di Prukra e non sapete da dove cominciare? chiese esterrefatto.

    Duntrem rispose sulla difensiva: Non è che non lo sappiamo, è solo che non ne siamo del tutto certi!, sicuro che fosse una risposta estremamente esaustiva da parte sua.

    Hardana sospirò: Diciamo che abbiamo diverse possibilità che dobbiamo controllare.

    Quali? insistette Tjanador.

    Hardana spiegò: Allora, dobbiamo chiedere prima nei locali di ritrovo di avventurieri come noi; è possibile che stia tentando di assoldare o convincerne qualcuno ad accompagnarlo. Poi dobbiamo controllare gli antiquari nel caso abbia tentato di rivendere la mappa, infine ci restano le case d’asta, le locande a buon mercato e per ultime le carceri.

    Giusto! confermò Duntrem annuendo alle parole della mezz’elfa. Almeno sappiamo il nome di questo gnomo? chiese ancora Tjanador.

    Sycro chiese ai suoi compagni: Beh, credo che ormai, visto che ci aiuterà, glielo possiamo dire, giusto?. I due annuirono senza problemi e lui continuò: Si chiama Fasszur, è ovviamente piccolo, ha i capelli rosso fuoco e sul collo, sotto l’orecchio destro, ha un tatuaggio a forma di serpente.

    Tjanador annuì a sua volta, era una buona descrizione ma era anche sicuro che ci fosse qualcos’altro che non gli avevano ancora detto a proposito di questo Fasszur. Ma il momento di affrontare questo suo sospetto non gli sembrava ancora arrivato. Lentamente ma costantemente

    continuavano ad avvicinarsi alla città e, quando anche il secondo sole dalla luce più tenue e morbida aveva fatto la sua apparizione nel cielo, poterono ammirarne appieno lo splendore.

    Tjanador non era mai stato a Prukra ma ne aveva sentito parlare e aveva letto qualcosa nei suoi libri in Accademia. Più vi si avvicinavano e più sembrava grande.

    Guardando strabiliato le enormi mura ancora lontane capì come mai questa città-stato potesse vantare il fatto di non essere mai stata espugnata. Un contrasto palese tra la magnificenza di quelle mura e le basse case sorte intorno a esse saltava all’occhio non appena ci si avvicinava. Erano piccole case di legno o fango in cui sembrava abitare la bassa manovalanza della città e dei campi vicini.

    Hardana sembrò leggergli i pensieri negli occhi. La maggior parte di loro sono stagionali provenienti dai paesi vicini gli spiegò e la maggior parte di queste case fatiscenti che vedi intorno a te sono di proprietà dei ricchi mercanti e dei nobili che vivono all’interno delle mura.

    Capisco rispose lui mentre si immettevano su una strada molto ben tenuta che portava direttamente a una delle porte della città.

    Su questa strada vi era molta gente e molto più rumore. Le persone procedevano lentamente, sia a piedi che sui carri, e tutti portavano le merci più varie.

    Carne, verdura, vasellame, carri interi di farine diverse, animali vivi di ogni tipo, mobili e quant’altro poteva essere venduto e scambiato in una città prettamente commerciale come la ricca Prukra.

    La coda che fecero per poter entrare in città sembrò durare un’eternità e per tutto il tempo Sycro e Duntrem non fecero altro che parlare delle fortificazioni della città e di come queste avrebbero potuto essere distrutte o superate.

    Sycro sosteneva che fossero estremamente ben fatte e quasi perfette, mentre Duntrem affermava che, in confronto a quelle che avrebbe costruito la sua gente, fossero palesemente rozze, fragili, inadeguate e di vecchia concezione, ed era altresì sicuro che un esercito di nani, con i loro ingegneri superiori, avrebbe passato le difese della città in pochi giorni d’assedio. Il loro dibattito, che sembrava interessarli e appassionarli parecchio, durò fino a quando finalmente non raggiunsero le grandi porte di legno e ferro, alte più di tre uomini, larghe quattro e spesse almeno un passo, che davano l’accesso in città. Solo allora si resero conto che dalle feritoie spuntavano piccole punte di dardi.

    Le guardie tenevano costantemente sotto il tiro delle loro balestre tutti coloro che si apprestavano a entrare. Le guardie alla porta, invece, nella loro uniforme bianca e verde, ispezionavano velocemente e apparentemente senza troppa severità i carri, le merci e poi facevano passare. Così fecero anche con loro e senza fare domande fecero cenno di proseguire. Finalmente erano in città.

    Duntrem a questo punto si alzò e, in piedi sul carro, iniziò a guardarsi intorno. Finalmente ci siamo. disse in tono di sfida Ora quello che dobbiamo fare è trovare una piccola anonima locanda come quartier generale e passare all’azione! aggiunse sempre scrutando intorno, finché non sembrò trovare ciò che stava cercando e balzò agilmente giù.

    Tjanador lo vide dirigersi verso un uomo dagli abiti consunti che sembrava avvicinare tutti coloro che gli passassero accanto. Parlottò con lui per alcuni minuti e alla ne, dopo avergli allungato una moneta, tornò verso di loro con un sorriso soddisfatto stampato in volto. Saremo ospiti graditi della locanda Il Veliero Bianco, vicino al porto, sempre dritti fino ad arrivare al Tempio dell’Acqua, poi a sinistra fino a una lussuosa casa patrizia dai lucidi capitelli di marmo rosso e poi a destra spiegò ad Hardana. La mezz’elfa annuì a ogni sua istruzione e poi, con un colpo di frusta leggero ma deciso, fece riprendere il passo ai due cavalli.

    Sycro sul suo cavallo li seguiva placidamente, i suoi piccoli occhi vigili però saettavano in tutte le direzioni come se si aspettasse un’imboscata da un momento all’altro.

    La città all’interno delle mura sembrava un altro mondo rispetto a fuori.

    I palazzi e le case erano ricchi di decorazioni e alcuni erano talmente sfarzosi che avrebbero facilmente fatto invidia a molti nobili di altri reami. Anche le persone per strada sembravano diverse. La maggior parte di loro era vestita con abiti dai tessuti visibilmente costosi e dai colori sgargianti. Il mago notò che si respirava un’aria di fermento e tutti sembravano eccitati ed entusiasti del proprio operato. Fu mentre Tjanador era immerso nelle sue riflessioni che Hardana gli diede un colpetto sulla spalla per attirare la sua attenzione.

    Se vuoi meravigliarti guarda dritto davanti gli disse.

    Tjanador alzò gli occhi e davanti a sé vide il famoso Tempio dell’Acqua in tutta la sua magnificenza. Era di forma ovale, circondato da colonne di puro marmo azzurro e alto più di un edificio di quattro piani. Sopra ogni colonna era rappresentato un animale marino in marmo bianco e sopra l’entrata vi era la statua di una sirena d’oro grande almeno quanto tre uomini. Sotto la sirena, una porta rettangolare a due ante, alta almeno due uomini, d’argento finemente cesellato, con paesaggi marini dava accesso all’interno del tempio.

    Se solo il mio culto avesse devoti ricchi quanto gli abitanti di questa città saremmo capaci di fare qualcosa di meglio di questo commentò in tono critico Hardana. Invidia... rispose Tjanador sorridendo al suo commento, mentre non riusciva a staccare gli occhi dalla magnificenza di quel tempio.

    La donna alzò le spalle facendole ricadere lentamente sospirando, poi annuì con un sorriso. Duntrem si limitò a dargli solo una rapida occhiata. I nostri templi, che si trovano alle radici stesse delle montagne dove sorgono i nostri regni, sono migliori di questo! commentò Più solidi! concluse, girandosi subito dopo dall’altra parte e indicando la strada ad Hardana. Non appena girarono l’angolo il tempio scomparve alla loro vista, nuovamente rimpiazzato da lussuosi palazzi.

    Continuarono il loro cammino rimanendo costantemente meravigliati a ogni nuova casa che incontravano e stupendosi di quanto sfarzo e ricchezza li circondasse. Raggiunsero la casa dai capitelli di marmo rossi e girarono a destra come da indicazioni. Non fecero neanche in tempo a passare l’isolato che tutto sembrò cambiare intorno a loro.

    Le case lussuose erano scomparse, i viali ampi e illuminati erano spariti, le persone vestite con ricchi e pregiati tessuti sembravano non essere mai esistite.

    Intorno a loro tutto era diventato grigio, buio, le case, di colpo fatiscenti, sembravano pendere pericolosamente verso la strada sporca e mal tenuta, quasi volessero creare un arco sopra le loro teste e bloccare la luce del giorno.

    Si stavano avvicinando al porto con tutto ciò che questo comportava.

    Ci siamo! annunciò Hardana e la sua voce rimbombò nel silenzio che aveva preso il posto del continuo brusio precedente. Davanti a loro l’unica cosa che denotasse la presenza della locanda era un’insegna sbiadita sulla quale era dipinto un veliero.

    Sycro scese da cavallo. Aspettate qui, io vado a controllare disse mentre già stava entrando nel locale.

    Ne uscì quasi subito. È perfetto! disse ai suoi compagni Saremo gli unici ospiti e sul retro hanno un piccolo cortile nel quale lasciare carro e cavalli. Andiamo!.

    Dal locale uscì un ragazzino che offrì il suo aiuto ad Hardana per il carro e a Sycro per il suo cavallo. Duntrem e Tjanador scesero raccogliendo la loro roba e aspettarono il ritorno degli altri due, poi tutti e quattro, preceduti dal ragazzino, entrarono nella locanda.

    Era una locanda come tante, senza niente di particolare o degno di nota.

    Il locandiere, un omone alto e calvo con due grandi baffi neri, li accolse con un grugnito, ordinando al ragazzino di portarli alle loro stanze. Una volta sistemati si ritrovarono nella piccola sala comune, ovvero quella in cui avevano fatto il loro ingresso. Sycro e Duntrem erano già lì col loro boccale di birra in mano quando arrivarono Hardana e Tjanador. La donna ordinò un bicchiere di Inondazione, un liquore autoctono molto forte e pungente, mentre Tjanador si accontentò di un po’ d’acqua.

    Una volta fatte le ordinazioni, Sycro suggerì: Dobbiamo dividerci i compiti, io potrei iniziare dalle prigioni e fare domande alle guardie.

    Duntrem lo guardò e, dopo aver sorseggiato un altro po’ di birra, si propose, pulendosi con una manica la schiuma della birra dalla barba: Io credo che mi prenderò la briga di cercare nelle locande e nei vari rifugi.

    Hardana, dal canto suo, mentre il nano sorseggiava la birra, si scolò il suo bicchierino di Inondazione d’un sol colpo e, dopo aver strizzato gli occhi e sorriso, se lo lanciò dietro le spalle, attese di sentire il bicchiere andare in frantumi e poi parlò: La cosa più consona per me dovrebbe essere condurre le ricerche nei vari templi e case di cura, per cui credo che lo farò! disse soddisfatta.

    A questo punto Tjanador vide sei occhi puntati su di sé con un’espressione interrogativa e pressante. Il mago li guardò e alzò le spalle. Ditemi voi in cosa posso esservi utile. Questo non è il mio pane, lo sapete bene disse loro tranquillamente.

    Non conosci qualche trucchetto per trovarlo? gli chiese sussurrando Sycro, come se ciò che gli aveva appena chiesto fosse qualcosa di illegale.

    Tjanador, non capendo il perché di questo comportamento, si avvicinò a sua volta e rispose anche lui sussurrando: Potrei... ma ho bisogno di qualcosa di suo per avere qualche possibilità di successo!

    Peccato! esclamò ad alta voce Duntrem sbattendo il boccale di birra pesantemente sul tavolo Lo sapevo che avrei dovuto strappargli le orecchie e raderlo a zero, quel ladro di galline!.

    Hardana lo guardò e scoppiò a ridere. Te l’ho sempre detto che sei un buono e che in fondo hai il cuore di burro, no? gli disse in tono gentile.

    Il nano come tutta risposta scrollò le spalle e grugnì.

    Però... iniziò a dire Sycro con lo sguardo furbo di chi è convinto di aver appena avuto un’idea brillante potresti recarti presso i tuoi colleghi e vedere se loro possono fare qualcosa per rintracciare il nostro gnomo.

    Tjanador lo guardò perplesso. Posso cercare e rintracciare dei maghi che offrono i loro servizi, d’altronde sono sicuro che in una città come questa ce ne siano in abbondanza, ma non sono del tutto certo che possano aiutarci gli rispose.

    Duntrem però sembrava entusiasta dell’idea di Sycro. È comunque sempre una possibilità in più! gli disse dandogli una pacca sulla spalla E ora, al lavoro! aggiunse alzandosi dopo aver finito in un solo sorso la birra che gli rimaneva. Detto fatto i quattro uscirono dal Veliero Bianco e si divisero. Ci ritroviamo qui al sorgere della seconda luna disse Hardana in tono che non ammetteva repliche e ognuno andò per la propria strada.

    CERCANDO INFORMAZIONI

    Duntrem imboccò subito la direzione del porto. Non ne era certo ma, siccome tutte le città portuali bene o male si assomigliavano, era sicuro di poter trovare al porto tutte le informazioni che gli servivano senza fare troppa fatica.

    Arrivato al porto fu sorpreso dalla quantità di navi ormeggiate e soprattutto da come tutto fosse ordinato e organizzato. Capì che forse si era sbagliato.

    Decise di provarci comunque. Si recò sul primo molo. Siccome aveva difficoltà nel vedere le cose intorno a sé, salì sul primo barile che trovò e iniziò a cercare il suo bersaglio. Lo individuò e, sceso con un agile balzo, si diresse a passo spedito verso un gruppo di quattro uomini ai margini dei moli. Procedendo con aria distratta passò loro accanto e subito i quattro lo raggiunsero.

    Buongiorno amico! gli dissero quasi all’unisono Cerchi qualcosa? Vuoi un buon posto dove dormire? Vuoi sapere dove divertirti? Sei venuto in città per qualcosa di particolare? gli chiesero uno dopo l’altro come se recitassero una parte ormai intrinseca a loro stessi.

    Duntrem finse stupore al loro interessamento e si fermò. In effetti un po’ d’aiuto potrebbe servirmi. rispose Mi servirebbero i nomi delle locande dove uno come me possa... diciamo... passare inosservato.

    Poi, guardandosi intorno, aggiunse sussurrando Non so se mi avete capito. I quattro uomini davanti a lui sorrisero annuendo vigorosamente a quelle sue ultime parole.

    Abbiamo ciò che fa al caso tuo... ci serve solo un piccolo incentivo per... ricordare gli disse uno facendogli l’occhiolino. Duntrem tirò fuori alcune monete dalle tasche e gliele mostrò con discrezione. L’uomo più vicino a lui però scosse leggermente la testa. A malincuore allora Duntrem ripeté l’operazione aggiungendone alcune. L’uomo le afferrò subito senza dire una parola, poi si avvicinò al suo orecchio mentre gli altri lo coprivano da occhi indiscreti e gli fornì tutte le informazioni di cui aveva bisogno. Il nano li ringraziò e con passo deciso riprese la sua ricerca. Ora sapeva da dove iniziare.

    Sycro, lasciati i suoi compagni, fece a ritroso la strada che avevano fatto per arrivare alla locanda. Aveva notato che durante il loro cammino avevano incrociato una caserma poco prima di raggiungere il Tempio dell’Acqua.

    La raggiunse senza difficoltà e, dopo essersi dato una pulitina, vi entrò con passo deciso. Appena varcò la soglia fu fermato da un soldato che gli sbarrò la strada con la sua lancia.

    Fermati! Chi sei e cosa vuoi? chiese in tono militare.

    Il mio nome è Sycro e sono un cacciatore di taglie. Sono sulle tracce di un ladro molto famoso e pericoloso. Tracce che mi hanno portato dritto nella vostra magnifica e ricca città rispose sicuro di sé.

    Il soldato ritrasse subito la lancia: Sempre dritto, seconda porta a destra!.

    Sycro senza dire una parola si recò dove indicato. Era un piccolo ufficio con una sola scrivania piena di carte e dietro la quale era seduto un uomo anziano, magro e molto alto, con alle spalle un’enorme libreria che ricopriva tutto il muro, strabordante di piccole pergamene arrotolate e cautamente impilate le une sopra le altre.

    Cosa volete? chiese subito il vecchio non appena lo vide entrare. Sycro rispose impettito, cercando di darsi importanza: Sono un cacciatore di taglie e sono sulle tracce di un ladro.

    L’anziano uomo lo guardò e, scuotendo il capo lentamente, si alzò dalla sedia. Era di almeno una testa più alto di lui. Giovanotto, sono contento per lei, però dovrà convenire con me che per aiutarla avrei bisogno almeno di un nome gli disse con calma, mostrando con un ampio gesto del braccio lo scaffale alle sue spalle.

    Oh... sì, certo! rispose Sycro un po’ imbarazzato Allora... il nome del mio uomo, o meglio del mio gnomo, è Fasszur ed è un ladro molto abile!

    Gnomo e Fasszur... molto bene sussurrò a sé stesso l’anziano signore mentre, giratosi, aveva iniziato a cercare tra gli innumerevoli rotoli. Sycro non riusciva a capire come, ma sembrava che l’uomo sapesse dove e cosa cercare in mezzo a tutto quel caos di carta e pergamene.

    Infine, si girò nuovamente verso di lui con tre pergamene in mano e si sedette di nuovo prima di porgergliele dicendo: Questi sono gli unici gnomi nelle nostre liste.

    Sycro prese le pergamene e aprì la prima: Piede scaltro. Niente, non era lui.

    Aprì la seconda: Guanto Felpato. Neanche a questo corrispondeva la descrizione di Fasszur.

    Infine, pieno di speranza, aprì la terza: Apriporte ma, neanche il terzo assomigliava al suo gnomo. Con un sospiro richiuse le pergamene ridandole al vecchio.

    Devi solo sperare che commetta un grave furto in questa città prima che tu te ne vada lo consolò il vecchio rimettendo a posto le pergamene.

    Sycro, scocciato, non rispose, girò i tacchi e tornò dal soldato all’entrata della caserma.

    Dov’è la prigione? chiese senza curarsi di mostrarsi educato.

    Il soldato lo guardò con astio ma rispose con il suo solito e monotono tono militare: Oltre il ponte di mezzo, passato il palazzo del reggente a destra e sempre dritto!.

    Nuovamente senza ringraziare, Sycro si avviò nella direzione indicatagli.

    Hardana, come prima cosa, decise di non recarsi, se non per disperazione, presso il Tempio dell’Acqua.

    Aveva già avuto a che fare con chierici dell’Acqua di Prukra e ripetere quell’esperienza non l’entusiasmava più di tanto. Arroganti, opulenti, superbi, pieni di sé e assolutamente recalcitranti al dialogo: questa era stata la sua impressione su di loro.

    Si diresse, dunque, chiedendo informazioni ai passanti, al tempio di Caljorg, il dio dei reietti, come veniva spesso chiamato. In quel tempio chiunque, indipendentemente dal ceto sociale o dalle ricchezze che possedeva, poteva ricevere cure, benedizioni o anche solo attenzione da parte dei chierici e dei preti, che in cambio chiedevano solo una donazione libera di qualsiasi tipo: cibo, soldi, oggetti o altro. Era insomma in un posto come quello che Hardana si aspettava di trovare tutti coloro che per qualche ragione non potevano permettersi i servizi del loro o di un altro tempio, o che forse non volevano far sapere a troppa gente che erano in città. Così, dopo essersi persa diverse volte, alla fine lo trovò.

    Il tempio era poco più di una grossa stalla su due piani, tutta in legno, con pochissime rifiniture o sculture o intarsi, ma solo alcuni dipinti ormai sbiaditi sulle grandi porte. Dipinti probabilmente fatti dagli stessi chierici del tempio.

    Hardana aprì la porta con decisione ed entrò.

    L’interno del tempio non era migliore dell’esterno. Il piano terra era una sola grande stanza con una moltitudine di letti di paglia sui quali malati di ogni sorta riposavano in attesa che uno dei pochi chierici alleviasse il loro dolore.

    Era una visione desolante, come era altrettanto insopportabile l’odore di sudore, dolore e morte che aleggiava come una pesante cappa su tutti i presenti.

    In tutta quell’enorme stanza Hardana contò solo quattro piccole statue che ricordavano il dio in onore del quale quel tempio era stato edificato, non potendo fare a meno di chiedersi come Caljorg potesse dispensare i suoi poteri a dei seguaci che lo onoravano così poco.

    Portandosi una mano davanti alla bocca e al naso, con il doppio scopo di proteggersi dall’odore nauseabondo e di non farsi riconoscere, Hardana iniziò a ispezionare uno a uno i giacigli, alla ricerca di Fasszur.

    Finita l’ispezione e non avendo trovato alcuno gnomo tra i feriti e i malati, si fermò a guardarsi nuovamente intorno per assicurarsi di non aver dimenticato nessuno. Decise allora di provare a salire la stretta e pericolante scala a chiocciola di legno al centro della stanza, per controllare se ci fossero o meno altri reietti al piano superiore.

    Non appena mise il piede sul primo gradino, però, sentì una voce sussurrarle alle spalle: Cosa cerchi qui, seguace d’un altro dio?.

    Hardana si girò e vide il viso pallido ed emaciato d’un giovane vestito solo del tipico saio scuro del suo ordine.

    Sono alla ricerca di un amico e volevo essere certa che non si trovasse qui da voi rispose anche lei a bassa voce.

    Allora sappi che tutti coloro che chiedono il nostro aiuto li puoi trovare qui, non c’è niente al piano superiore che ti possa interessare rispose lui con tono gentile ma deciso.

    Hardana si sorprese: non avrebbe mai immaginato di poter dubitare della buona fede dei seguaci di Caljorg come invece stava facendo in quell’istante.

    Il fatto che si opponesse in maniera ferma alla sua intenzione di salire al piano superiore la insospettiva, ma non poteva che obbedire al tacito comando del chierico davanti a lei.

    Però, decisa come sempre, continuò la sua indagine: Allora spero che mi potrai confermare se lo avete avuto in cura o meno. Il mio amico è uno gnomo dai capelli rosso fuoco e un piccolo tatuaggio a forma di serpente sul collo.

    Il giovane davanti a lei ci pensò su per alcuni istanti. No, sono spiacente, non abbiamo avuto nessuno negli ultimi tempi che corrisponde alla tua descrizione.

    Va bene, non fa niente. Grazie rispose lei prima di avviarsi fuori da quel luogo di dolore, tristezza e morte.

    Dopo questo buco nell’acqua ne seguirono altri. Hardana visitò molti templi senza però trovare alcun indizio. Purtroppo, alla ne l’unico che

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