Il bacio del mare: Il sacrificio di Castel Marina
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Book preview
Il bacio del mare - Maria Cristina Pizzuto
Maria Cristina Pizzuto
Il bacio del mare
Questo romanzo è opera di fantasia. Ogni riferimento a persone, luoghi e oggetti è puramente casuale.
Editing e impaginazione: Emanuela Navone
Immagine degli interni: rawpixels.com
Immagine di copertina: Silvae/123rf
© PubMe, Maria Cristina Pizzuto
Tutti i diritti riservati
UUID: 4215d854-5c6b-11e9-9e25-bb9721ed696d
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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Indice dei contenuti
Il Bacio del Mare
è il racconto di una nonna ai nipotini. È la storia di una compagnia di ragazzi che vanno a trascorrere le vacanze estive a Castel Marina, un paesino di mare.
Lì Sabrina conoscerà l’amore e sarà combattuta con i fantasmi del passato e del presente, che faranno capolino interferendo con la sua vita tranquilla.
Il padre di Elisabetta segnerà la linea di confine tra la sua vendetta personale, cercando un’anima simile alla sua bambina, e la possibilità per Sabrina di divenire una cosa sola con il suo Intimo, il mare, con cui ha un legame speciale.
Solo il mare porterà la vera felicità a Sabrina, in un piccolo effimero bacio, dove esso toccherà il cuore della ragazza.
Sabrina, con il suo sacrificio, metterà fine al tragico susseguirsi di eventi. Neanche gli amici usciranno indenni dalle inquietanti circostanze, le cui vite saranno legate per sempre.
«Nel 1998 avvenne un fatto estremamente importante che cambiò le sorti di un piccolo paesino chiamato Castel Marina» incominciò la nonna, tenendo in mano un oggetto a lei caro, somigliante a una conchiglia attorcigliata vertiginosamente su se stessa. S’interruppe e guardò attentamente le facce incuriosite dei piccoli nipoti.
Io guardavo la nonna. Ero in trepidante attesa di sentire come sarebbe stata la storia di questa sera. Potevo sentire la fiamma che divampava nel caminetto, succhiando avidamente l’essenza della terra arsa.
Il vento tacque un istante dietro i vetri appannati che si intersecavano sulle quattro mura della sala. Quel piacevole silenzio, interrotto dalla tenue luce, mi fece rievocare la ripida scogliera al chiarore del tramonto, quella stessa scogliera immaginata dalla nonna mentre roteava la conchiglia tra le ruvide mani.
«Il mare tuffava le onde sulle coste frastagliate, entrava senza sosta fra buie finestrelle scavate nella dura roccia per poi scomparire nell’abisso dell’eco. Il vento delicato sfiorava le sfinite onde, increspandole e modellandole, mentre una formosa schiuma bianca si elevava al cielo, salutando con il suo travolgente respiro i nuovi arrivati.
I visi, stanchi e sudati, contemplavano dall’alto quel paesino così piccolo, immutabile nel suo essere, ma così fragile davanti alla forza prorompente della leggenda, penetrato nella penombra dei cuori dei paesani.
La compagnia, assorta nei propri pensieri, camminava felicemente per i dolci pendii, aspettando in trepidante attesa la vista di un maestoso castello alle pendici di una sporgenza rocciosa.
Finalmente gli occhi dei ragazzi incominciarono a luccicare alla vista di un enorme portone massiccio, con sopra scritto The mermaid
.
Eccolo, lo abbiamo trovato! È questo l’albergo che cercavamo!
esclamarono gli amici dalla contentezza.
Dinanzi a loro stava per sorgere un’avventura irreale. Dovevano fare ancora solo un passo e si sarebbero trovati i soli protagonisti.»
Uno spiffero d’aria s’intrufolò accanto alla mia pelle; un filo stava tirando me, i miei cugini e fratelli alle porte della paura, ma riuscimmo a districarci e incitammo Erica, la nostra nonna, a continuare il racconto.
«Dovete sapere» riprese la nonna «che un tempo Castel Marina era soprannominato il paese oscuro, finché una vivace compagnia di ragazzi si intrufolò in questo villaggio, e nel preciso istante in cui gli inconsapevoli visitatori spalancarono la grande porta dalle maniglie di ottone, si aprì la lunga e affascinante via della leggenda del castello sulla scogliera.»
Nella sala risuonò un intenso scricchiolio. Ad accogliere i nuovi arrivati un cameriere, dal viso allungato e dalla bocca sporgente. Fece accomodare la compagnia in un ampio salone a tre pareti sulle quali erano appoggiati dei quadri, dalla spessa cornice dorata, ritraenti l’albero genealogico