Il conte e il giacobino
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Il conte e il giacobino - Livio Barengo
633/1941.
Presentazione
Il romanzo è ambientato a Mazzè, in Canavese, alla fine del XVIII secolo e i protagonisti sono realmente esistiti. Non si hanno notizie certe delle vicende raccontate, ma queste, essendo tracciate sulla falsariga di quanto conosciuto della personalità dei protagonisti, le rende verosimili. In estrema sintesi si raccontano fatti che molto probabilmente sono realmente avvenuti.
Lo scopo è di far conoscere in modo scorrevole al lettore la storia del periodo napoleonico in Canavese, un tempo di grandi sommovimenti sociali ed economici estremamente importante per comprendere l’attualità.
Capitolo Primo
In una mattinata d’autunno tersa e frizzante solo un lieve velo di foschia gravava ancora sui prati illuminati da poco dal sole, mentre in lontananza mandrie di cavalli al pascolo annunciavano la vicinanza della Mandria, uno dei luoghi dove nasceva la cavalleria del re di Sardegna.
Una carrozza con lo stemma verde oro dei conti Valperga sulle porte, trainata da un paio di giumente dall’aspetto appassito, avanzava lentamente sulla strada che conduceva alla grande masseria reale. A prima vista pareva che agli occupanti della carrozza non interessasse giungere a destinazione, tanto che le giumente non andavano oltre uno svogliato trotto. Nessun rumore, a parte lo zoccolio dei cavalli e il cigolio delle ruote rompeva il silenzio, ma a un centinaio di trabucchi dalla tenuta il passeggero all’interno della carrozza esclamò ad alta voce:
- Tonio! Fermiamoci alla Mandria, voglio bere un goccio.
- Molto volentieri, signor conte, ne approfitterò anch’io - rispose il cocchiere. - Però se ci fermiamo non arriverete in tempo a Chivasso per prendere la diligenza diretta a Torino.
- Non importa, voglio parlare con il nuovo comandante della Mandria. Se poi deciderò di andare alla capitale tu mi porterai a destinazione.
- Come volete, signor conte - confermò il cocchiere, aggiungendo dopo qualche secondo di silenzio: - Siete preoccupato di quanto accade a Parigi?
- Mia caro Tonio, mi pare che il mondo stia andando alla rovescia - spiegò il passeggero sporgendosi dalla finestrella. - Spero che siano esagerazioni.
- Perdonate, ma è vero che in Francia c’è la rivoluzione?
- Sì, pare che i francesi vogliano creare un mondo nuovo.
- Dio ci scampi, bastano i guai di quello attuale! - esclamò il postiglione incitando i cavalli - Cosa credete che avverrà?
- Non so, però sono sicuro che ne vedremo delle belle - borbottò il Valperga, quasi parlando a se stesso.
In quel mentre la carrozza, valicato uno dei portoni che si aprivano nella cinta esterna della tenuta entrò all’interno nella Mandria, dirigendosi verso la fontana che zampillava nel mezzo del vasto cortile, dando così modo ai cavalli di abbeverarsi. A quella vista un ufficiale uscì dal portico che contornava il piazzale e si diresse verso la carrozza:
- Sono il tenente Grassi, signor conte. Vi do il mio benvenuto alla Mandria reale.
- Vi ringrazio, tenente. Mi sono fermato perché voglio bere un goccio e scambiare quattro chiacchiere con il vostro comandante - rispose il nobiluomo, un giovane alto e dinoccolato vestito con ricercatezza dall’apparente età di trent’anni, scendendo agilmente dalla carrozza.
- Come volete - assentì l’ufficiale e poi, chiamato un soldato, ordinò: - Prenditi cura dei cavalli del signor conte e porta la carrozza sulla strada per Chivasso.
A quell’ordine il soldato salì in cassetta e occupò il posto di Tonio già sceso a terra da alcuni momenti e, prese le briglie, diresse la carrozza verso il luogo indicato dall’ufficiale.
- Tenente, sapete qual è la situazione a Torino? - chiese il nobile avviandosi verso la taverna che si indovinava sotto un androne del portico.
- Si sentono le cose più incredibili - rispose il giovane ufficiale. - Io non so a cosa credere, pare che in Francia stia andando tutto alla malora. Oltretutto si dice che anche in Savoia siano avvenuti disordini.
- Questo non me lo aspettavo! - esclamò il nuovo arrivato.
- E’ una notizia giunta ieri - chiarì il tenente. - Probabilmente gli autori erano persone arrivate da oltre confine. Voi pensate che in Francia i rivoluzionari potrebbero proclamare la repubblica?
- Non so, ma se lo faranno significherebbe che è giunto l’anticristo in terra - rispose il conte entrando nel locale.
La taverna della Mandria era un vasto ambiente semibuio che si apriva su un lato del porticato. Il suo arredamento consisteva in un banco di mescita a lato dell’entrata e dei tavoli sparpagliati nella parte più lontana. Al fondo, oltre ad una scala che conduceva al piano superiore, un focolare ardeva in un camino addossato al muro, che oltre a riscaldare forniva luce agli avventori seduti ai tavoli.
- Benvenuto signor conte! - esclamò l’oste, un uomo tracagnotto seduto dietro al bancone, chiaramente un veterano dell’esercito sabaudo, quando scorse il Valperga. - Sono molto onorato dalla vostra presenza, come posso servirvi?
- Tu sai quanto sia esile il mio desiderio di bere un bicchiere di quello che tu definisci vino, ma visto che non c’è altro, portaci del Greco - ordinò il nobile accomodandosi ad un tavolo poco lontano dal camino e facendo cenno al suo cocchiere di fare altrettanto.
Un tavolo poco distante era occupato da due giovanotti vestiti con una certa cura che parlottavano tra loro in francese, il che non stupiva affatto come sarebbe avvenuto se avessero parlato in italiano. Il conte non aveva fatto caso ai due ma uno di loro, dopo aver guardato lungamente il nuovo arrivato e parlottato concitatamente con l’altro, si alzò e, avvicinatosi, chiese:
- Perdonate l’ardire, voi siete il conte Francesco Valperga?
Ricevuto un cenno di assenso, lo sconosciuto, un giovane sui venticinque anni non molto alto ma di bell’aspetto e dall’aria sveglia, si accinse a spiegare:- Scusate se mi presento, signor conte, io sono Luigi Valle, figlio di Antonio Valle che certamente conoscete. Il mio amico e collega Robert Quislain ed io siamo in viaggio per raggiungere mio padre.
- Quindi voi siete figlio di Antonio - rispose il nobile. - Conosco bene vostro padre, ma non sapevo avesse un figlio.
- Io sono cresciuto a Lione con mia madre - chiarì il giovane. - Questa è prima volta che vengo in Piemonte.
- Ora ricordo che vostra madre tornò in Francia pochi mesi dopo il matrimonio, mentre vostro padre preferì rimanere nel paese dove aveva le sue proprietà - spiegò con un certo imbarazzo il Valperga.
- Esattamente. Io nacqui a Lione e sono sempre vissuto in quella città - chiarì il giovane.
- Ma come mai chiamate il vostro amico anche collega?
- Perché siamo tutti e due laureati in legge alla Sorbona - spiegò Luigi Valle sorridendo.
- Ottimo! - esclamò il Valperga. - Vostro padre sarà certamente felice del vostro arrivo.
- Francamente ne dubito - fu la risposta - In tutti questi anni è venuto solo due volte in Francia per motivi d’affari, e quasi non mi conosce.
- Vostro padre è un uomo timorato di Dio e credo che sarete certamente il benvenuto - auspicò il nobile. - Ad ogni modo se rimarrete a lungo vi prego di salire al castello assieme al vostro amico, vorrei parlare con voi della situazione creatasi a Parigi - Il giovane comprese che questo era un modo educato per porre termine alla conversazione e quindi, assicurata l’adesione all’invito, salutò e se ne tornò al tavolo dove riprese a parlottare con l’amico.
- Ecco mezza pinta del miglior Greco come avete ordinato, signor conte! -dichiarò in quel momento l’oste posando due bicchieri e una caraffa sul tavolo, dopo averlo spazzato con una tovaglia dall’aspetto abbastanza ambiguo.
- Dipende da quanto lo hai annacquato - rispose prontamente Tonio.
- Tu non apprezzi la mia onestà! - esclamò di rimando il malcapitato oste dimostrando un finto sdegno ma poi, rivolgendosi al conte: - Il tenente Grassi mi ha detto di avvertirvi che il capitano Vallino arriverà a momenti.
- Bene - concluse il nobile. - Adesso vediamo quanto vera è la tua onestà.
Sentito il ragionamento, Tonio versò un mezzo bicchiere di vino prima al conte poi a sé. Dopo aver bevuto e riposti i bicchieri sul tavolo i due, non riuscendo a valutare se effettivamente l’oste avesse annacquato il vino, assunsero un’espressione a mezzo tra lo stupore e l’incredulità. Infine il Valperga esclamò:
- Meglio del solito!
- Non di molto, signor conte - concluse Tonio posando il bicchiere.
Al nobile evidentemente premeva altro, perché sottovoce domandò al cocchiere:
- Tu sai perché la madre di quel giovanotto tornò in Francia subito dopo essersi sposata?
- Perdonate signor conte, non ricordavo che voi avete poco più dell’età di quel giovane! - esclamò Tonio abbassando a sua volta la voce. - Io allora ero un ragazzo ma mi ricordo che fu uno scandalo terribile, tanto da coinvolgere anche vostro padre.
- Addirittura!
- La madre di quel giovanotto era figlia di un ricco mercante di seta di Lione che tutti gli anni giungeva in paese per comprare seta grezza - raccontò Tonio. - Mi pare che la ragazza si chiamasse Angelique, mentre da parte sua Antonio Valle era uno scapolo impenitente e uno dei migliori fornitori del padre.
- Ma come mai decisero di sposarsi?
- Un anno, forse a causa delle sue cattive condizioni di salute, il mercante arrivò accompagnato dalla figlia - riprese il cocchiere. - A quel tempo Antonio Valle era un ricco uomo di mezza età, e nell’occasione ospitò per più di un mese il mercante e la figlia a casa sua. In quel lasso di tempo i due si piacquero e si sposarono.
- Ma poi cosa avvenne?
- Lei rimase incinta ma verso la fine della gravidanza ruppe con il marito e se ne tornò in Francia. Non la si rivide più in paese - aggiunse Tonio.
- Ma quale fu il motivo di un gesto simile? - domandò il conte incuriosito - Per provocare un simile sconquasso doveva essere una cosa ben grave.
- Non si seppe mai di certo - spiegò il cocchiere. - Ricordo che anche vostro padre cercò di riportare la pace tra i due, ma fu tutto inutile. Angelique se ne andò senza ascoltare ragione.
- Conoscendo il paese non è possibile che la causa della separazione non si sia mai saputa! - esclamò il Valperga poco convinto.
- Posso solo riportarle delle maldicenze, signor conte - spiegò allora Tonio. - Il fatto che il Valle non si fosse ancora sposato sino allora aveva dato luogo a dei pettegolezzi nei paesani, e nell’occasione si disse che la moglie scoprì che il marito aveva una relazione con un giovane del luogo e alla sua richiesta di troncarla avesse opposto un rifiuto.
- Incredibile! - esclamò il nobile stupito. - Non lo avrei mai detto, ma se le cose stavano così non si può certamente dar torto a quella donna per essersene andata.
- Assolutamente - confermò il cocchiere. - Forse un’italiana avrebbe potuto accettare la situazione, ma la francese era ricca di suo, fece baracca e burattini e se ne tornò a Lione. Il Valle restò solo e, che io sappia, non gli è mai più stata attribuita una relazione con una donna.
La conversazione non andò oltre perché il quel momento comparve alla porta della locanda un ufficiale dell’esercito sardo. Il graduato aveva già una certa età ma era ancora una figura imponente nella divisa di capitano dell’armata reale, tanto da infondere un certo timore negli avventori. Dopo un attimo di indecisione il militare si diresse verso il tavolo del conte:
- Il signor conte Francesco Valperga, immagino? - Al cenno di assenso del nobile l’ufficiale proseguì: - Sono il capitano Francesco Vallino, comandante della Mandria reale, sono felice di fare la vostra conoscenza.
- Ne sono altrettanto lieto anch’io, capitano - dichiarò a sua volta il nobile.
- Il tenente Grassi mi ha detto che volevate parlarmi.
- E vero, ma sedetevi, capitano, Tonio provvederà per un altro bicchiere.
Udito l’ordine Tonio si alzò, andò al banco di mescita, prese un bicchiere e lo portò al tavolo versando del vino al militare, dopo di che tornò al banco a chiacchierare con l’oste.
- Sbaglio, o voi non siete un ufficiale di cavalleria? - chiese il conte notando le mostrine esposte sulla divisa del capitano.
- Io sono un topografo arruolatosi nell’armata reale, signor conte. Ho fatto carriera in artiglieria alle dipendenze del generale cavaliere Spirito Nicolis di Robilant - spiegò il Vallino togliendosi il cappello e posandolo sul tavolo accanto alla brocca. - Ora sono prossimo alla pensione e sono stato assegnato a questo incarico.
- Questa è la prima volta che venite in Canavese?
- No - rispose il militare. - Ero stato da queste parti una trentina di anni fa, quando re Carlo Emanuele III volle sincerarsi se era possibile riprendere la ricerca dell’oro nei lavaggi auriferi sfruttati in antico. Allora tutta la zona era una baraggia brulla priva d’acqua, ora la costruzione del canale della Mandria le ha fatto cambiare volto.
- Mi ricordo che mio padre parlò di queste ricerche, ma mi pare che poi non se ne fece nulla - ricordò il Valperga.
- Io avevo certificato che era possibile riprendere i lavori e lo stesso fece