Il figlio del professore
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Book preview
Il figlio del professore - Vincenzo Monti
633/1941.
Il Cavaliere Vincenzo, che tutti chiamavano Enzo, era appena salito sul treno quando un giovane, seduto accanto ad una bionda, si alzò e gli cedette il posto. Azione inconsueta, tanto che Enzo meravigliato dal cortese gesto, prese coscienza dei suoi 78 anni. Il padre Angelo, maestro elementare dal 1926, nel 1930 era stato il primo del paese, a guidare un’auto. Si era innamorato di Bianca, donna di nobili origini, venuta all’isola in villeggiatura.
Dal loro matrimonio nacquero presto due figlie, Titti e Tilde. Due anni dopo, il 22 gennaio 1939, arrivò Enzo, il primogenito maschio,
Seguirono poi Anna e Ciro.
Alla nascita di Enzo i giornali locali misero in risalto il lieto evento.
A quel tempo Angelo era segretario politico del fascio e con il podestà governava il comune di Casamicciola. L’educazione che impartiva al figlio era delle più severe: alla più piccola disubbidienza erano botte o cinghiate. Per il piccolo, nonostante tutto, la vita procedeva serenamente, amato e coccolato dai nonni e dalla mamma che, quando le punizioni erano troppo pesanti per la sua età, interveniva in sua difesa.
Casamicciola all’epoca era la perla dell'isola d’Ischia, soprattutto per le sue sorgenti termali.
La sicurezza del comune era garantita da tre guardie. Ogni sabato la popolazione scendeva in piazza con le divise di allora. Enzo indossava fiero l’uniforme da balilla. Inquadrati come soldati e fedeli al tricolore, lui e i suoi amici si sentivano grandi. La gioventù era impegnata in competizioni continue: gare di nuoto, canottaggio e altri sport. Le ragazze invece si adoperavano nel cucito e nel lavoro della raffia. Alla caduta del fascismo gli abitanti si ritrovarono disorientati, molte famiglie avevano perso i loro cari in guerra e non riuscivano a darsi pace. Seguì un periodo di smarrimento. Il comando militare alleato dispose per Angelo la sospensione dello stipendio da maestro. Per Enzo e la sua famiglia iniziò un periodo di fame e privazioni. In poco tempo la vita del piccolo era completamente mutata. Gli stenti, che la nuova condizione imponeva, gli risultavano dolorosi ma ancor di più lo feriva il cambiamento del mondo esterno nei confronti del padre che prima era rispettato e riverito da tutti ora ignorato. Il ragazzo, a causa della giovane età, non era in grado di elaborare questi avvenimenti ma ne sentiva il peso. Molti amichetti gli voltavano le spalle, alcuni semplicemente lo evitavano, altri lo insultavano e, incontrandolo urlavano in coro: A tuo padre tagliano la testa, a tuo padre tagliano la testa…
. Queste ed altre esperienze negative lo amareggiavano. La rigida educazione lo aiutò a nascondere il complesso di inferiorità che lo attanagliava ma non eliminò la sua sofferenza interiore. Non sapendo a chi confidare il suo malessere chiese aiuto ad un prete, sicuro di trovare conforto e rassicurazione, ma scappò scandalizzato alle richieste oscene di quest'ultimo.
Tutta la famiglia si rifugiò in un casolare ai piedi del Monte Epomeo in attesa che in paese tornasse la calma. Vivevano in sei in un locale di soli sedici metri quadri; era con loro anche