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Le ballerine rosse
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Le ballerine rosse

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About this ebook

Parigi, 1967. Proteste nelle università, scioperi nelle fabbriche, intrighi politici. Opinione pubblica. Slogan. Idealismi. I servizi segreti francesi vengono messi in allarme dal gesto scellerato di un fanatico comunista. È un lupo solitario o è parte di una rete segreta? Alain Lagrange, agente dello SDECE, non tarda a intuire il coinvolgimento sovietico nell’opera di destabilizzazione che molti vogliono ignorare. La città dei lumi è divisa. Un tempo faro di raziocinio e lucidità, ora accarezza l’idea di una nuova selvaggia rivoluzione. Manifestazioni studentesche, propaganda nei giornali. Pugni chiusi verso il cielo. Il maggio del 1968 si avvicina e il KGB è sempre un passo avanti rispetto ai francesi. Lagrange dovrà navigare le difficili acque degli intrighi politici ed evitare che la Francia sia travolta dalla marea rossa.
LanguageItaliano
PublisherLuca Ruggiero
Release dateApr 25, 2019
ISBN9788832588965
Le ballerine rosse

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    Le ballerine rosse - Luca Ruggiero

    Luca Ruggiero

    Le ballerine rosse

    UUID: 11ed790a-676c-11e9-a3bb-bb9721ed696d

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    PROLOGO

    PRIMA PARTE

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    11

    12

    13

    14

    15

    16

    17

    18

    19

    20

    SECONDA PARTE

    21

    22

    23

    24

    25

    26

    27

    28

    29

    30

    31

    32

    33

    34

    35

    36

    37

    38

    39

    40

    41

    42

    43

    44

    TERZA PARTE

    45

    46

    47

    48

    49

    50

    51

    52

    53

    54

    55

    EPILOGO

    Ad Alessia, senza la quale non una sola parola sarebbe stata scritta.

    Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale. O forse no.

    Copyright © 2018 Luca Ruggiero

    Tutti i diritti riservati.

    PROLOGO

    Gargenville, Giovedì, 08/06/1967

    'Alla superficie della società borghese il compenso dell’operaio appare quale prezzo del lavoro: una determinata quantità di denaro che viene pagata per una determinata quantità di lavoro.'

    Un uomo bruno, steso sul letto disfatto, leggeva concentrato queste righe de Das Kapital. Non era la prima volta che le leggeva, anzi, le conosceva quasi a memoria, ma sarebbe stata l'ultima. La finestra aperta permetteva all'aria fresca della campagna francese di entrare nella piccola stanza da letto e liberarla, a difficoltà, dell'intenso fumo di sigaretta. Era una stanza quadrata, quasi completamente spoglia e ammobiliata con un letto spartano, un comò e una serie di scaffali che fungevano da libreria. Il resto dell'appartamento era altrettanto semplice e occupava l'intero primo piano di un edificio alla periferia di Gargenville, un paesino nell'Île-de-France, a ovest della capitale. Al piano terra, un appartamento abitato da una giovane famiglia.

    Sulla facciata frontale dell'edificio si trovavano due porte, una per abitazione. Trattandosi di un tranquillo centro urbano dove solo raramente si verificavano furti, le porte erano sottili e in legno.

    Mancavano pochi minuti alle ventitré ma, come d'abitudine, l'uomo avrebbe aspettato ancora un po' prima di dormire. Leggeva il libro dalla copertina logora e inconsciamente si sentiva orgoglioso di come questo dimostrasse la sua dedizione a quelle parole, in una maniera non molto diversa da come un vero fedele legge e consuma le pagine e la copertina della bibbia. Fumava una sigaretta senza filtro mentre in sottofondo una radio sintonizzata su un'emittente pirata trasmetteva della musica russa a un volume bassissimo. In seguito era prevista la trasmissione del 'Notiziario Proletario', durante il quale l'annunciatrice avrebbe informato le classi operaie francesi degli ultimi avvenimenti internazionali, primo fra tutti lo svolgimento delle operazioni militari in Vietnam. Qualche anno prima, l'uomo dai capelli ricci che ora leggeva il libro sacro del comunismo, aveva provato a studiare la lingua di Lenin ma aveva dovuto abbandonarla di fronte all'evidente difficoltà. I libri in cirillico, però, non mancavano di impressionare i rarissimi visitatori che passavano per quell'appartamento.

    Era quasi giunto alla fine del capitolo quando sentì un impalpabile rumore provenire dall'esterno. Sembrava il rumore secco di un ramoscello rinsecchito che si spezza. Forse l'aveva solo immaginato, ma alzò automaticamente il busto e cercò di concentrare tutte le proprie energie sull'udito, come se gli altri sensi potessero in qualche modo farsi da parte. Un istante dopo sentì un sussurro provenire dall'esterno. Questa volta ne era sicuro: aveva sentito una voce maschile. Cauto, quasi intimorito da quello che avrebbe potuto vedere, sbirciò dalla finestra che volgeva sul lato posteriore dell'edificio e scorse due uomini: riconobbe immediatamente la tipica sagoma dei berretti cilindrici della gendarmeria.

    Era un uomo dal sangue freddo, ma il cuore iniziò a palpitare velocemente come se volesse passare per le vene del collo e scappare via da quel corpo, consapevole prima ancora del cervello di essere in trappola.

    Rimase immobile per qualche attimo poi, come risvegliatosi da un incantesimo, senza fare alcun rumore prese la pistola poggiata accanto alla radio. Ne aprì il tamburo, controllò che tutti i proiettili fossero presenti e in quel momento sentì la porta d'ingresso che veniva sfondata.

    Polizia! gridarono quasi all'unisono delle voci maschili e nervose.

    L'uomo richiuse il tamburo della pistola, corse verso la cima delle scale e senza mirare esplose un colpo in direzione della porta d'ingresso. Senza perdere tempo per vedere cosa avesse colpito si mise al riparo.

    Un secondo dopo una serie di armi rispose al fuoco e colpì la parete dietro la quale aveva trovato riparo l'uomo. Ogni colpo faceva alzare del pulviscolo che presto si mischiò al fumo della polvere da sparo.

    Con il fiato corto e gli occhi spalancati si sporse leggermente, puntò la pistola e premendo ripetutamente il grilletto gridò: Viva la rivoluz...

    Non riuscì a terminare la frase. Un poliziotto che il giorno dopo avrebbe ricevuto un encomio ufficiale lo centrò alla base del collo. L'uomo bruno si tramutò in una specie di pupazzo inanimato e cadde a peso morto lungo le scale.

    Il silenzio surreale, dopo il frastuono assordante dei colpi di pistola esplosi in uno spazio chiuso, fu rotto dal pianto di un bambino; proveniva dall'appartamento di sotto.

    I poliziotti, fermi sull'uscio, erano paralizzati. L'agente che aveva esploso l'ultimo e mortale colpo guardava l'uomo ai piedi delle scale con gli occhi pieni di stupore. Incredulo di aver messo fine alla vita di un essere umano. La mano destra, che stringeva forte la pistola, tremava.

    Una mano gli strinse la spalla e poi lentamente, ma con decisione, lo spinse via. Era il commissario che si faceva strada tra i suoi uomini. Si avvicinò all'uomo disteso a terra e si rese conto che non era ancora morto. Aveva gli occhi sbarrati e il sangue usciva dal foro aperto dalla pallottola.

    Il commissario, con la sigaretta tra le labbra, guardò l'orologio. Le lancette segnavano dieci minuti dopo le undici. Fissò gli occhi dell'uomo sul pavimento che un po' alla volta perdevano vigore e prese la sigaretta con le dita.

    Prendete nota: ora del decesso undici e quindici.

    Colpì la sigaretta con l'indice e la cenere cadde sull'uomo ai suoi piedi.

    Uno rimanga giù a piantonare l'ingresso, gli altri con me, dobbiamo vedere che aveva in casa.

    Il commissario si incamminò lungo le scale con due poliziotti e poco prima di raggiungere l'ultimo gradino si fermò bruscamente e alzò il pugno sinistro.

    Voci.

    Il tono aveva improvvisamente perso la calma precedente.

    Voci ripetette il poliziotto alle sue spalle, per informare quello che lo seguiva.

    Impossibile, abbiamo piantonato la casa... era solo.

    ...le gloriose truppe dell'Esercito Popolare Vietnamita hanno respinto la viscida offensiva imperialista nella provincia proletaria di Quang Ngãi... gli scontri sanguinosi hanno mostrato l'onore e l'invincibilità delle masse... era una voce femminile e autorevole.

    Il commissario riprese a camminare, mentre i poliziotti dietro di lui non erano così convinti di muoversi. Lo videro entrare nella stanza da letto e un attimo dopo la voce femminile scomparve.

    È solo la radio disse il commissario.

    PRIMA PARTE

    DRIVE MY CAR

    1

    Sabato, 10/06/1967

    I motori gridavano a Le Mans. Sul rettilineo di Hunaudières, pazzi di rabbia, pistoni, cilindri e valvole spingevano i prototipi a oltre trecento chilometri orari. A ottomila giri al minuto, il forte acuto del V12 Ferrari rimbombava nella testa e il potente boato del V8 Ford esplodeva nel petto. Nei primi giri, quando il gruppo era ancora compatto, il rumore era assordante. Quando poi i prototipi incominciavano a mischiarsi con le auto basate sulle vetture di serie, la potenza e la velocità dei prototipi diventavano ancora più evidenti. Per molti, i piloti alla guida di quei mezzi erano semplicemente dei bambini viziati e un po’ pazzi. Per altri, e sicuramente per tutti i presenti a bordo pista, erano gloriosi gladiatori che più di chiunque altro nelle società moderne guardavano la morte dritta negli occhi a ogni singola curva di ogni tracciato. Durante la guerra erano stati i piloti di caccia ad avere questo ruolo, ora che dai tetti europei non si vedevano più i combattimenti aerei, toccava a quelli di auto da corsa.

    Nessuno poteva pienamente capire le motivazioni di chi si metteva al volante di automobili da corsa, nessuno poteva interamente afferrare cosa spingesse quegli uomini a sacrificare tutto per la prestazione migliore, anche la vita stessa.

    Il richiamo dei giornalisti e delle cineprese, il fascino delle donne così facilmente sedotte, la calamita dei premi, tutto era magnifico ma niente era come vincere la 24 ore di Le Mans.

    Lungo il tracciato, innumerevoli spettatori si godevano il più colossale spettacolo automobilistico del mondo, dove i più grandi produttori mettevano in campo la loro più moderna tecnologia nelle mani dei più eccellenti talenti della guida. Famiglie e fanatici, giovani e anziani, francesi e non. Per gli appassionati era un evento imperdibile. Le gradinate lungo il rettilineo principale erano stracolme di tifosi durante tutta la durata della gara, ma in tantissimi si accontentavano di seguire la competizione sui prati lungo il tracciato. Gli uomini della gendarmeria, con le loro tipiche camicie azzurre, vigilavano attenti sugli appassionati provenienti da tutta Europa.

    Tra il pubblico, ma poco interessato alla gara, c'era Alain Lagrange. Si notava tra la folla perché era uno dei pochissimi a non avere gli occhi puntati sul circuito e perché era vestito in modo piuttosto formale. Giacca grigia aperta sul davanti, camicia bianca, cappello nonostante fosse giugno e cravatta nera con un nodo molto piccolo. Un leggero rigonfiamento, sotto la giacca, sul lato sinistro del petto. Con l'indice e il pollice della mano destra, in un gesto ormai inconsapevole, lisciava i baffi sottili e curati che superavano l'intera lunghezza delle labbra, anch'esse sottili. Lo sguardo serio puntato sugli spettatori, i quali, come in una specie di balletto, muovevano le teste e gli sguardi all'unisono, come se accompagnassero l'auto di passaggio in quel momento. Da poco superati i cinquanta, Lagrange aveva lo sguardo attento e il volto consumato.

    Incredibile, ce la fanno anche quest'anno.

    Gilles Arnoux si era materializzato alle sue spalle. Venti anni di meno, più giovane nel corpo e nello spirito. Anche lui con giacca, cappello e cravatta. Il suo sguardo, a differenza di quello del suo capo, era puntato attentamente sul circuito e sulle auto. Per qualche motivo, senza neanche rendersene conto, cercava di guardare negli occhi i piloti che sfrecciavano a non tanti metri da loro.

    Di chi sta parlando? chiese senza convinzione Lagrange, senza prestare molta attenzione e continuando a guardare il pubblico.

    Come di chi? Ford ovviamente. Anche quest'anno battono Ferrari, è pazzesco.

    Lagrange levò le dita dai baffi e fece una smorfia di disapprovazione.

    Si concentri sul lavoro e lasci perdere queste stronzate, dobbiamo trovare il capo meccanico.

    Dovevano gridare per sovrastare il rumore dei motori. Arnoux non fece nulla per nascondere la sua delusione. Era ligio al dovere, si considerava un buon lavoratore, ma trovarsi a Le Mans durante la gara gli aveva dato una scarica di adrenalina, come se quella dei piloti si fosse trasmessa anche a lui. Rimase per qualche istante ancora a guardare la gara, poi con enorme disappunto prese anche lui a osservare la folla.

    Si trovavano sul lato esterno della curva di Mulsanne. Dopo il lunghissimo rettilineo di Hunaudières, dove i motori raggiungevano i massimi giri al minuto e venivano messi alla prova, il dosso finale e la curva a destra erano un test per telaio, freni, pneumatici e piloti.

    Iniziarono a farsi largo tra la folla, ma senza mai perdersi di vista tra di loro.

    Eccolo... annunciò Lagrange dopo diversi minuti, mentre indicava con il dito e il braccio teso, è lì, vicino a quell'albero. Deve essere lui. Andiamo.

    Avevano trovato il famoso ago nel pagliaio.

    Si avvicinarono a un uomo con un vistoso cappello rosso con visiera, jeans e camicia grigia. Sulla trentina e con diversi chili di troppo, i baffi folti e la sigaretta tra le labbra. Lui e altri tre uomini erano leggermente in disparte, lontani dalla folla che si accalcava vicino alle protezioni in fieno, a bordo pista.

    Bonne après-midi, monsieur esordì Lagrange cercando di non intimidirlo, monsieur Arsenault? Armand Arsenault? Il capo meccanico?

    L'uomo girò la testa verso Lagrange, lo guardò negli occhi velocemente, poi di nuovo sul circuito, e nuovamente su Alain Lagrange.

    Sì, sono io. Ma oggi è sabato pomeriggio e non sto lavorando. Se c'è qualche problema con qualche auto mi chiami lunedì.

    Lo aveva detto in modo brusco, quasi infastidito. Con lo sguardo era tornato a puntare le GT40 che in prima marcia lottavano per trovare trazione in uscita di curva.

    Siamo della Police Nationale disse Arnoux, e solo in quel momento il capo meccanico si rese conto della sua presenza. Infastidito, il grassottello esperto di auto sportive tornò con lo sguardo su Lagrange:

    Ancora? Ma mi avete già fatto mille domande.

    Sì, ma sa come vanno queste cose.

    Lagrange cercò di avere un tono comprensivo.

    Siamo dell'ufficio immigrazione. Vogliamo farle delle domande su Cavalli.

    Beh sì, certo, non credevo che voleste chiedermi un parere sulla gara.

    Arsenault era visibilmente spazientito.

    Se non altro, pensò Lagrange, questo tono dimostrava che il proprietario dell'officina non era coinvolto.

    Il dialogo era reso surreale dal forte rumore di sottofondo che li obbligava ad alzare la voce o a fare pause innaturali nell'attesa che l'auto di turno si allontanasse.

    Questi qui intorno sono i suoi colleghi?

    Lagrange indicò con il dito tre uomini che, seduti vicini, parlottavano tra loro concentrati sulla gara e ignari di quanto stesse accadendo.

    Uh? Chi, loro?

    Il volto di Arenault era passato dall'infastidito all'indifferente.

    Sì, lavorano con me.

    Lei interroghi quegli uomini mentre io parlo con il monsieur ordinò Lagrange a Arnoux.

    Sì, signore.

    Lagrange non stravedeva per Arnoux, ma apprezzava il fatto che il ragazzo capisse di dover essere formale e di non dover fare domande davanti ai civili. Era da pochi mesi che lavoravano insieme e l'intesa tra i due tardava ad arrivare.

    Poche ore prima si erano recati a Gargenville. Erano partiti da Parigi subito dopo pranzo e avevano raggiunto Rue des Prés l'Abbé, dove si trovava l'officina di Arsenault, quella dove aveva lavorato l'uomo sul quale cercavano delle informazioni. Essendo sabato pomeriggio non si erano aspettati di trovarla aperta, ma dal rapporto che avevano letto sapevano che al piano superiore dell'edificio si trovava la casa del capo meccanico. Avevano parcheggiato l’auto di fronte alle saracinesche dell’officina e avevano percorso le scale che, sul lato dell’edificio, conducevano all’appartamento. Era una struttura tutto sommato piccola, considerando che l’officina occupava il piano terra e la casa quello superiore. Combaciava con quello che diceva il rapporto: l’officina si occupava di auto sportive, quindi poco lavoro ma ben retribuito, per questo non c’era bisogno di tanto spazio. Proprio per lavorare sulle sportive italiane era stato assunto Cavalli. In Francia, gli aveva spiegato Arnoux, c’era una forte tradizione di auto sportive di piccola cilindrata, ma per chi aveva tanti soldi da spendere, Ferrari, Lamborghini e Maserati offrivano un richiamo che solo Porsche e Aston Martin potevano contrastare.

    Giunti davanti al portone di casa, Arnoux premette il dito sul citofono e udirono il suono di un acuto campanello provenire dall’interno. Poco dopo sentirono una voce femminile leggermente intimorita, come quella di chi non si aspetta una visita improvvisa, provenire dall’altra parte della porta.

    Chi è?

    Lagrange aveva notato l’assenza del rumore dei tacchi, la donna era probabilmente scalza. Il caldo torrido della metropoli era lontano, ma nonostante l'aria aperta della campagna le temperature erano alte.

    Siamo della Police Nationale disse Arnoux.

    La porta si aprì immediatamente e Lagrange notò, quindi, che non era stata chiusa a chiave. Nonostante l’accaduto si sentivano al sicuro.

    Era una donna sulla trentina, con un neonato stretto al petto.

    Lei è madame Arsenault?

    Sì, sono io.

    Come le dicevo, siamo della Police Nationale.

    Ma in quanti siete a occuparvi di questa faccenda? domandò preoccupata lei, stringendo al petto il piccolo che dormiva.

    Ci hanno detto che si trattava di un semplice ladruncolo... poi fece una pausa, sperando che uno dei due uomini confermasse quanto avesse appena detto.

    Non si preoccupi madame...

    Lagrange cercava di avere il tono più tranquillizzante possibile. Ammirava questa gente, era la parte migliore della Francia. Lavoravano sodo e facevano figli, senza idee strane per la testa. La donna era vestita con una vestaglia di cotone a fiori e aveva i capelli raccolti. Lagrange notò che non era scalza, indossava delle pantofole estive.

    Effettivamente è così, il signor Cavalli era un ladruncolo che ha reagito in modo sconsiderato all'arresto, ma sa, essendo straniero, le scartoffie sono piuttosto complicate... vorremmo parlare con suo marito a proposito di alcuni dettagli, cose di burocrazia. È in casa?

    La donna era troppo presa dal sollievo che non si trattasse di nulla di serio per far caso al fatto che due poliziotti stessero lavorando di sabato pomeriggio per 'cose di burocrazia'.

    No, mi dispiace, rispose lei contenta di poter aiutare, è a Le Mans, oggi c'è la 24 Heurs. Lagrange fece una smorfia e, contemporaneamente, Arnoux spalancò gli occhi.

    Sì, certo! Sono partiti da poco.

    La signora fece un mezzo passo indietro e guardò Arnoux, non piacevolmente stupita da quell'improvviso entusiasmo. Non si addiceva al rigore che, nel suo immaginario, doveva guidare ogni agente di polizia.

    Non si preoccupi, se volete parlargli sono sicura che si trova alla curva di Mulsanne, con i suoi dipendenti, vicino a un alberello su una modesta altura. Va sempre lì, tutti gli anni. Ci andavo anche io prima di Pierre.

    Sollevò appena il bambino. Non sembrava particolarmente dispiaciuta di perdersi questo evento.

    Grazie per la risposta dettagliata. Un'altra cosa signora, i nostri colleghi ci hanno parlato di un armadietto di proprietà di Cavalli, nell'officina...

    La moglie del proprietario dell'officina lo interruppe: No, non era di sua proprietà. È ovviamente di mio marito, così come tutto quello che c'è nell'officina, lui poteva usarlo per conservare alcune cose, tutto qui.

    Certo...

    Lagrange aveva il tono di chi apprezza una puntualizzazione, ma in realtà era infastidito da quella precisazione pedante.

    Ce lo potrebbe far vedere?

    È proprio necessario?

    Lo chiese come se un dentista le avesse appena comunicato la necessità di rimuovere un molare.

    Temo di sì, madame, dobbiamo appurare quali fossero le disponibilità economiche di Cavalli, sia in termini di beni immobili che non.

    La donna non appariva confusa dal linguaggio burocratico quanto Lagrange avrebbe voluto.

    È la legge dichiarò lui sperando di convincerla.

    La donna, senza cambiare espressione, prese le chiavi appese sul lato interno del portone di casa e si avviò lungo le scale. I tre raggiunsero una porta di servizio dell'officina, sul lato posteriore dell'edificio, al piano terra.

    Vi dispiacerebbe aprirla voi? È pesantissima.

    La donna agitò un mazzo di chiavi con una mano, dando per sottinteso che con il bambino in braccio sarebbe stata un'operazione difficile.

    Lagrange indicò le chiavi ad Arnoux.

    Certamente.

    Quando la porta venne finalmente aperta, l'odore pungente della benzina e dei prodotti chimici uscì dal buio dell'officina.

    Non sarà necessario accendere l'interruttore principale, mio marito lo spegne sempre per evitare... come si dice...?

    Cortocircuiti? suggerì Lagrange.

    Proprio così sorrise e poi, rivolgendosi ad Arnoux, aggiunse: il pannello si trova a un paio di metri dopo l'ingresso, sulla sinistra. Basterà azionare l'interruttore in basso per accendere le luci secondarie.

    Arnoux annuì, ma nel buio pesto azionò il primo interruttore sul quale poggiò la mano. Un rumore sordo preannunciò l'accensione delle luci principali e l'officina fu illuminata a giorno. Era un ambiente quadrato e grande, ma pieno di attrezzi e tavoli da lavoro. Al centro, come in un salone d'esposizione, una Maserati 3500 GT, grigio chiaro. Il cofano lunghissimo e le forme eleganti, le cromature e la griglia anteriore, tutto indicava una classe velata e discreta.

    Non era necessario accendere tutto... protestò debolmente la donna, ma Arnoux la interruppe: È la versione a iniezione?

    La mano involontariamente spinta verso l'auto e le sue forme slanciate ed eleganti. Un panno dimenticato sul cofano copriva il tridente, come le stoffe coprivano le parti intime degli angeli di Michelangelo.

    Come dice?

    Il tono era quello di chi cerca di interloquire con qualcuno in una lingua che non padroneggia.

    È a iniezione o a carburatori?

    L'armadietto. Siamo qui per l'armadietto lo riportò al dovere Lagrange.

    A iniezione rispose convinta la donna, sorprendendo il più anziano dei due, che non si aspettava una risposta.

    È di un banchiere del Banque Coopérative de Gascogne, farà un viaggio da Parigi a Lisbona e vuole che l'auto sia controllata prima di partire.

    Lagrange mosse di scatto la testa verso la donna nel sentire il nome della banca, ma presto tornò a concentrarsi su uno dei motivi di quella visita.

    L'armadietto?

    Oui, certamente. È quello lì.

    Così dicendo la moglie di Arsenault indicò un mobiletto azzurro di metallo stretto ed alto. Lagrange si rese conto che forse era meglio che Arnoux e la donna continuassero a parlare della Maserati, così che lui potesse controllare il contenuto dell'armadietto liberamente.

    All'interno, oltre ad una tuta da lavoro e una bottiglia di vino, Lagrange trovò alcuni volantini che annunciavano uno sciopero straordinario della fabbrica della Renault Flins. Nel 1952 il piccolo centro urbano Flins-sur-Seine aveva dato il nome alla più imponente fabbrica della Renault, un impianto che in breve tempo era diventato più esteso della stessa cittadina. Negli anni, la fabbrica dove si producevano le 4CV dall'ispirazione americana aveva avuto il ruolo di motrice nello sviluppo di un imponente polo industriale, del quale l'officina di Arsenault era una minuscola componente. L'uomo si voltò brevemente verso Arnoux e la donna che parlavano ancora della Maserati e poi tornò verso il volantino vecchio di qualche mese. Lo lesse di fretta e lo ripose nell'armadietto.

    Prolétaires de tous les pays, unissez-vous !

    Il Comitato Centrale dei lavoratori e delle lavoratrici di RENAULT-FLINS informa:

    Proclamato lo sciopero generale di 24h per il giorno 22 di maggio

    Diritto alla sicurezza - Diritto alle vacanze

    Partecipate numerosi, uniti sconfiggeremo i padroni

    Tornò verso Arnoux e interruppe la discussione sull'ammiraglia.

    Sa arrivare al punto che ci ha indicato la signora?

    Sì, sì, certamente rispose calmo Arnoux con l'orgoglio di tutti i fanatici che trovano un'applicazione pratica della loro conoscenza.

    Ci conviene arrivare da sud, da Mulsanne stessa.

    Lagrange pensò allo spreco di denaro pubblico. Tutti quei soldi spesi per organizzare la gara e chiudere persino le strade pubbliche su cui si snodava il tracciato.

    Andiamo allora, saranno più di duecento chilometri. Merci madame disse rivolto alla moglie di Arsenault, e poi aggiunse ah, sa com'è vestito suo marito?

    Non ho idea, rispose lei, è uscito all'alba e io dormivo. Ma indosserà sicuramente un cappello rosso con la visiera... con uno sponsor americano, lo usa sempre.

    Lagrange si toccò il cappello e fece un piccolo gesto con la testa. Arnoux si era già incamminato verso l’auto, pensando ai piloti di Le Mans che al via della gara correvano verso i prototipi, parcheggiati sul lato opposto del tracciato, e scattavano via senza neanche indossare le cinture per non perdere tempo.

    Lagrange aprì il taccuino.

    Dunque, potrebbe descrivermi Enrico Cavalli?

    Armand Arsenault ebbe reazioni contrastanti: da un lato voleva godersi in pace la gara, dall'altro era ancora scosso dalla faccenda. Non gli capitava spesso di avere a che fare con la polizia. Anzi, non gli era mai successo. E ovviamente non gli era mai successo che un suo dipendente venisse ucciso. E per una volta tanto non doveva essere gentile come gli capitava con i clienti. Poteva essere sincero, anzi, doveva esserlo.

    Allora, è... era alto poco più di me, capelli neri corti e barba incolta, gli piaceva mangiare quindi... continuò con una serie di altri dettagli fisici che in realtà non interessavano a Lagrange, dal momento che aveva visto le foto contenute nel dossier. Preferì però non interrompere il capo meccanico per diversi motivi. Voleva assicurarsi di non far capire le sue vere intenzioni e voleva mettere a proprio agio Arsenault. Riuscì a fare entrambe le cose.

    …non l’ho mai incontrato fuori dall’officina, quindi l’ho sempre visto vestito con la salopette… continuò Arsenault con lo sguardo leggermente perso nel vuoto, cercando di ricordare dettagli che in realtà non avevano nessuna importanza e con un occhio sempre verso il circuito.

    Lagrange decise di interromperlo e accelerare un po’ i tempi: Fu lei ad assumerlo?

    Oui, certamente, sono io il proprietario dell’officina.

    Mi può descrivere come avvenne l’assunzione?

    Bah, niente di speciale… avevo bisogno di un meccanico con un po’ di esperienza con auto italiane, misi l’annuncio sulle bacheche di un paio di bar e una settimana dopo mi contattò Cavalli.

    Quindi non le era stato raccomandato da nessuno?

    No.

    Gli chiese che esperienze avesse?

    Disse che aveva lavorato in un’officina di Parigi ma che aveva deciso di cambiare vita e andare in un paese più piccolo.

    Che tipo era a lavoro?

    Era un non-tipo.

    Che vuole dire?

    Veniva in officina in orario, lavorava e andava via. Niente di più, niente di meno. Buongiorno e buonasera, niente di più… e dopo una pausa aggiunse: i ragazzi ogni tanto mi dicevano che tra di loro non scorreva buon sangue, che era fissato con la politica, ma con me si comportava bene.

    Nel frattempo Gills Arnoux porgeva domande molto simili ai sottoposti del capo meccanico. Uno gli rimase particolarmente impresso: seduto sull’erba, con i piedi simulava il movimento dei piloti a ogni cambio marcia, seguendo il rumore del motore. Le risposte furono un po’ diverse però:

    Era un rompicoglioni.

    Sempre a chiederci di aderire a questo o quello sciopero, o di presentarci amici che lavorano alla Flins.

    Ogni tanto portava dei volantini in officina, ma gli avevo fatto capire che non attaccava.

    Era bravo sul lavoro?

    Sì, niente di eccezionale, ma non faceva cazzate.

    Lagrange decise di aver ascoltato Arsenault abbastanza a lungo.

    Va bene così. La ringrazio per il suo tempo.

    È strano disse il capo meccanico, assottigliando le palpebre, come se volesse scrutare qualcosa negli occhi di Lagrange.

    Cosa?

    Non mi ha chiesto se Cavalli avesse rubato qualcosa dall'officina fece notare Arsenault, orgoglioso di aver trovato un errore nel lavoro del poliziotto.

    Come le dicevo, noi ci occupiamo di immigrazione, non del caso in sé rispose indifferente Lagrange.

    Ah, sì, sì, certamente commentò deluso il meccanico e pensò che la burocrazia rendeva noiosi anche gli scontri a fuoco.

    Per quel che interessava a Lagrange, Cavalli avrebbe anche potuto rubare una Lamborghini, quello che voleva sapere era se il capo meccanico era coinvolto in qualche modo, e si era convinto che non lo fosse.

    2

    Domenica, 10/06/1967

    Aveva iniziato a imbrunirsi. Un po’ alla volta una serie di attività notturne avrebbe aperto i battenti, l’alcol avrebbe iniziato a scorrere e l’impianto si sarebbe trasformato in una specie di fiera estiva con autoscontro e altri giochi. Seguire la gara diventava sempre più difficile vista la mancanza di strutture di illuminazione lungo la maggior parte del percorso. Gran parte del tracciato, infatti, era ricavato da strade ordinariamente adibite al traffico extra urbano. Per i piloti iniziava una fase durissima, dove al già difficile compito di domare i quasi cinquecento cavalli dei prototipi si sommava l’oscurità e la stanchezza.

    Lagrange e Arnoux decisero di aver sentito tutto ciò che poteva essergli utile, salutarono e si avviarono verso il parcheggio riservato alle forze dell'ordine. Dissero a Arsenault di contattare la polizia in caso ne avesse avuto bisogno, ma sapevano che non sarebbe accaduto niente.

    Tornarono all'auto, Arnoux alla guida e Lagrange con il fascicolo del meccanico italiano in mano. Andiamo a casa di Cavalli ordinò Lagrange.

    Ma abbiamo già letto tutto nel dossier.

    Non importa. Voglio vederla con calma e senza poliziotti tra le palle… e nel frattempo rileggiamo quello che abbiamo.

    Sì, signore.

    Bene.

    Ah, signore?

    Sì?

    Posso fare domande?

    Quando avrò finito di leggere.

    Lagrange si mise comodo sul sedile e iniziò a leggere ad alta voce il contenuto del fascicolo. Anche se era un po' strano farlo, era abituato a leggere ad alta voce. Lo aveva sempre aiutato a vedere le cose più chiaramente, a rendere tutto più reale. Più di un collega lo aveva preso in giro e molti si erano lamentati di dover condividere con lui l’ufficio, ma non aveva mai voluto cambiare. Forse era un tocco di eccentricità in una personalità apparentemente normale.

    Dati personali: Enrico Cavalli, anni 38, nazionalità italiana. Ricercato dalla procura di Parma come persona informata sui fatti in merito a infiltrazioni sovietiche del Partito Comunista locale... cose inutili, niente figli… vari pseudonimi…

    Nel frattempo Arnoux era alla guida della Renault 10, attento più alla strada che al rapporto. Spesso con la mente tornava alla gara, pensava ai piloti alle loro spalle, alla concentrazione necessaria ad ogni singola curva.

    Individuato da… poi indicò una breve striscia nera sul foglio e inclinò il rapporto verso Arnoux.

    Da non crederci. Che c’è, non si fidano di noi?

    Arnoux fece spallucce senza neanche guardare, aveva capito di cosa parlava Lagrange: la polizia, nel proprio rapporto, aveva oscurato alcuni nomi.

    Forse è di loro stessi che non si fidano aggiunse Arnoux.

    Sarà disse Lagrange, e poi riprese: individuato da *********, poliziotto sotto copertura nella fabbrica Renault Flins, come possibile agitatore politico. Le successive indagini hanno confermato i sospetti… vedere allegato a pagina 8…

    Lagrange iniziò a scorrere le pagine e a guardare le foto di Cavalli.

    Tanti dettagli inutili… pedinamenti, d'accord… tentativo di arresto in data 8 giugno 1967 durante il quale il soggetto ha aperto il fuoco contro gli agenti che avevano fatto irruzione nella sua abitazione. Nello scontro a fuoco il sospetto è rimasto ferito ed è morto poco dopo per le ferite riportate. I tentativi di soccorso si sono rivelati vani.

    Infastidito, poggiò i fogli sulle gambe e accese una sigaretta.

    Se questi postini armati ci avessero chiamati, avremmo fatto le cose per bene e adesso avremmo qualche informazione utile.

    Sì, ma non saremmo andati a Le Mans e io non avrei visto un pezzo di storia dell’automobilismo.

    Ci sarebbe potuto andare per fatti suoi.

    No, sono sicuro che con qualche scusa mi avrebbe fatto pedinare una vecchietta da Place de la Nation a Notre-Dame.

    E che avrebbe di così importante questa gara?

    Ford. Ford batterà Ferrari, di nuovo… è come una lotta epica tra due giganti in bilico su un filo sopra un pozzo senza fine. Solo che invece del filo c’è un circuito di tredici chilometri, invece del pozzo senza fine c’è la vergogna e la derisione di tutto il mondo automobilistico e invece di due giganti ci sono, beh, direi che Ford e Ferrari si possono chiamare giganti. L'anno scorso è stata una cosa incredibile per tutti... Arnoux si voltò verso Lagrange per capire se il suo capo avesse colto il riferimento ...sa, è stata la prima volta che ha vinto Ford.

    Lagrange si pentì di aver fatto quella domanda. Non capiva l’entusiasmo di Arnoux, non quando c’erano i presupposti per un’indagine interessante che avrebbe potuto aiutare la sua carriera. Guardava Arnoux e in lui vedeva un qualunque trentenne francese. Troppo occupato con le cazzate per poter pensare oltre il prossimo fine settimana.

    Seguono dettagli sugli oggetti ritrovati, riprese Lagrange, materiale di propaganda, un revolver, una cassetta di sicurezza con circa ventimila franchi in banconote usate di vario taglio…

    Direi un po’ troppo per un meccanico, anche se è un meccanico di Ferrari e Maserati fece notare Arnoux.

    Già…

    Il traffico, un po’ alla volta, iniziò a perdere intensità. La massa di spettatori che preferiva dormire in un vero letto si rintanava negli alberghi circostanti. Lagrange e Arnoux arrivarono a Gargenville che era ormai notte. Le strade erano tranquille. Non era quel genere di posto dove si poteva incontrare il lavoratore notturno o lo studente che festeggia un esame. Parigi, in linea d’aria a soli quaranta chilometri, sembrava lontanissima. Tutto qui appariva immutato da una generazione prima.

    Arnoux fermò l’auto davanti ad un piccolo edificio, in Rue de la Rivière, e Lagrange diede una breve occhiata al fascicolo che teneva ancora tra le mani.

    Sì, l’indirizzo è questo, la chiave era nel fascicolo. Andiamo.

    Entrarono senza fare rumore. Non stavano facendo nulla di illegale ma nel loro lavoro erano abituati a non fare rumore, a lasciare tutto come si trovava e a non dare nell’occhio. Un estraneo, nel vedere la scena, avrebbe pensato a due uomini che tornano a casa dopo una lunga giornata di lavoro. I vicini avrebbero supposto che si trattasse ancora della polizia e avrebbero cercato di intuire qualche dettaglio da rivelare ad amici e parenti il giorno successivo. Dopo la breve sparatoria, infatti, nessuno aveva parlato d’altro nel paesino dove non succedeva mai niente.

    Entrarono nell'appartamento oltrepassando i sigilli dell’autorità giudiziaria. I sopralluoghi e le indagini non erano ancora ufficialmente conclusi, e in ogni caso bisognava ancora rintracciare il proprietario dell’immobile e dirgli che

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