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Forse hai ragione tu
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Forse hai ragione tu

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About this ebook

Quanto tempo serve a due persone per capire di starsi antipatiche a vicenda? Ad Alexandra e James è bastato il tempo di un turbolento volo aereo. E ne è servito ancora meno per dirselo apertamente in faccia. Per Lexie dietro quella parvenza da irreprensibile manager, James non è altro che un altezzoso, arrogante, presuntuoso e autoritari pallone gonfiato. James invece crede che la facciata da stimato avvocato di Lexie nasconda una ragazzina impulsiva, ostinata fino all’esasperazione e poco incline a seguire qualsiasi cosa assomigli anche vagamente a un consiglio. Poco male, dovranno cercare di tollerarsi fino alla fine del volo e poi non si vedranno mai più. O almeno questa è la loro speranza. Ma è risaputo che più una persona ti sta antipatica più il destino decide di divertirsi facendotela ritrovare sempre in mezzo ai piedi. I primi incontri/scontri non sono dei migliori, ma ben presto entrami capiscono che, per il bene di tutti, dovranno imparare a tollerarsi e convivere pacificamente. Dopotutto lui non è così detestabili come appariva all’inizio e lei… lei è comunque un uragano. Ma a James la cosa non sembra dispiacere più di tanto.
LanguageItaliano
Release dateMay 16, 2019
ISBN9788834113028
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    Forse hai ragione tu - Desiree Decker

    RAMAZZOTTI

    CAPITOLO 1

    «Com’è possibile che il volo sia stato cancellato??»

    «Mi dispiace tanto signorina, ma l’aereo ha avuto un guasto. Se vuole le posso prenotare un posto per il volo delle nove …», tenta di scusarsi l’hostess.

    Io la interrompo prima che possa finire. «Lei non capisce. Io devo essere a Londra per le 10. Ho una presentazione di vitale importanza», provo a spiegarle.

    «Ci scusi ancora», mormora mortificata la ragazza.

    Rifletti Lexie, rifletti. Qualcosa si deve pur fare!

    «Una soluzione ci deve essere!» esclamo con enfasi, tentando di convincere più me stessa che la povera impiegata.

    «Signora sono davvero mortificata», mi dice dispiaciuta.

    «La prego», continuo con aria supplichevole. «Possibile che non ci sia un altro maledetto aereo in questo aeroporto. Un elicottero, un deltaplano, una macchina con le ali!»

    Devo sembrare una pazza che non riesce a capire che un guasto è un guasto. Ho sempre odiato le persone che si comportano come me in questa situazione. Se potessi guardare la scena in modo oggettivo, credo che mi prenderei a sberle.

    «Trovato!» sento l’hostess esclamare all’improvviso.

    Mi riavvicino al bancone delle informazioni animata da una nuova speranza.

    «Ci sarebbe un aereo privato che parte alle otto. Se riuscisse a convincere i passeggeri potrebbe prendere quello», si interrompe e abbassa la voce «Terminal H. Il volo è a nome di Mr Parker. E ovviamente io non le ho detto niente».

    Non ci posso credere. I miracoli avvengono.

    «Grazie, grazie, grazie», quasi urlo dalla felicità.

    «Mr Parker?»

    «No, mi dispiace sta sbagliando persona.»

    Mi scuso frettolosamente e passo al prossimo malcapitato al quale ripeto la stessa domanda.

    Sono consapevole di apparire pazza. Cammino avanti e indietro per il terminal H dell’aeroporto Kastrup di Copenaghen alla ricerca di questo benedetto Mr Parker. Sono le sette e mezza, guardo l’orologio in preda ad una crisi di nervi. Sono stanca, ho i piedi a pezzi e sono sveglia da 48 ore quasi ininterrotte. Questo di per sé non sarebbe un problema se non fosse che ho un appuntamento a Londra.

    «Signorina, io mi chiamo Mr Parker», sento una voce alle mie spalle e mi giro per osservare la persona che ha parlato. Un uomo sulla cinquantina curato e ben vestito con una ventiquattrore in mano mi osserva incuriosito.

    «Il mio salvatore esiste», esclamo in preda alla gioia, mentre vedo quello che deve essere Mr Parker sorridere «Sono Alexandra Clarke», mi presento.

    «Lei mi può aiutare? È la mia unica speranza», imploro. E gli spiego tutta la situazione.

    «Credo si possa fare. Per me non ci sono problemi e non credo neanche per l’altro passeggiero», mi tranquillizza.

    Non posso ancora credere alla fortuna che ho avuto e rimango impalata a fissare il vuoto tanto che Mr Parker mi richiama.

    «Miss Clarke, vuole perdere anche questo volo?»

    «No, certo che no», mi affretto a rispondere e a seguirlo. Sbrighiamo velocemente tutte le pratiche necessarie per l’imbarco.

    «Non so davvero come esprimerle la mia gratitudine», gli dico sincera mentre stiamo percorrendo il tunnel che conduce all’aereo.

    «Mi piacerebbe sdebitarmi in qualche modo. Che ne dice di una cena? Scelga lei il ristorante che preferisce», propongo gentilmente.

    «È sposato», annuncia fredda una voce che proviene da dentro il velivolo. Oddio, sono stata davvero fraintesa?

    «L’invito ovviamente è esteso anche a sua moglie o a chiunque altro Mr Parker voglia portare», rispondo cordiale. «Che maleducata, non mi sono presentata. Sono Alexandra Clarke».

    L’uomo alza per gli occhi dal tablet. Mi scruta per qualche secondo.

    «Il mio volo per Londra è stato cancellato a causa di un guasto e Mr Parker è stato così gentile da permettermi di viaggiare con voi», lo sconosciuto mi sta palesemente ignorando. Chi si crede di essere. «Naturalmente il mio invito si estende anche a lei Mr…»

    «Allen. James Allen», mi informa. Alza lo sguardo e mi tende la mano. Gli lancio una rapida occhiata. Niente male. Capelli biondo cenere, occhi chiari e un accenno di barba gli danno quell’aria da bad boy che tanto è in voga. A completare il look un completo che sembra gli sia stato cucito addosso e una camicia bianca che sottolinea un fisico del tutto degno di nota. Prima che il mio sguardo possa tradire i miei pensieri affido il piccolo bagaglio a mano all’hostess e digito velocemente un messaggio a Hellen, per avvisarla del mio arrivo. Tutto sembra esser pronto. Tra poco più di due ore devo fare quello che mi viene meglio. Abbagliare l’intero consiglio di amministrazione della compagnia della quale sono consulente legale. E mi sarebbe stato impossibile farlo dall’aeroporto. Il lavoro mi impegna moltissimo ma non posso lamentarmi. Anzi, credo che essere così tanto impegnata mi piaccia. Rose, la mia migliore amica, dice che uso il lavoro come scusa per non impegnarmi in una relazione stabile.

    «I signori desiderano qualcosa da bere?» interviene l’hostess interrompendo i miei pensieri.

    «Niente. Grazie», si limita a lui rispondere Mr Allen in tono asciutto. Silenzio.

    «È stato piacevole in vostro soggiorno?», provo ad intavolare una conversazione.

    L’effetto che sortisco è lo stesso. Una secca risposta. Il soggiorno a Copenaghen era d’affari. E sì, il viaggio è stato piacevole. Non alza neanche gli occhi dai fogli che sta leggendo per rispondermi. Sembra quasi scocciato, così decido di lasciar perdere e dedicarmi a qualcosa di più soddisfacente. Presentarsi in jeans e scarpe da ginnastica non sarebbe il massimo. Così indosso il completo che avevo scelto, mi do una sistemata e con sapiente mano – o forse non del tutto sapiente – riacquisto la parvenza di un essere umano. Nonostante il tour de force degli ultimi giorni posso essere soddisfatta. Le occhiaie non sono del tutto coperte, ma il tailleur nero , la camicetta e la coda alta - venuta bene per qualche miracolo al primo colpo - fanno la loro figura.

    Non mi sto truccando particolarmente bene per fare colpo sul pallone gonfiato, penso. Anche se inconsciamente so benissimo che è così. Non ho particolari mire su di lui, ma suscitargli completa indifferenza ferisce il mio amor proprio. Ultima occhiata e via. Meglio evitare di sorridergli avendo i denti sporchi di rossetto.

    Esco. Ma l’aereo decide proprio in quel momento di traballare. Tacchi e turbolenze: pessima accoppiata. Ora cado, penso. Invece no. Qualcosa mi sta trattenendo, o meglio qualcuno. Le forti mani che mi tengono per la vita non credo possano essere di Mr Parker. Purtroppo, aggiungerei. Mi giro lentamente e intravedo il volto di Mr Allen.

    Mi sembra una di quelle scene da romanzetti rosa. Però, non è romantico come viene descritto di solito. Nessuno sguardo ammaliatore, nessun improvviso colpo di fulmine, niente bacio appassionato.

    In compenso ottengo un rimprovero. «Chi indossa i tacchi dovrebbe saperci camminare», mi ammonisce serio. Non so cosa pagherei in questo momento per tirare un bel pugno sul suo nasino perfetto.

    «Per fortuna non è lei a indossarli, quindi non si deve preoccupare», tento di rispondere calma.

    «Invece si sbaglia. A quanto pare mi devo preoccupare che lei non cada.»

    Vuoi davvero farmi la predica?

    «La sollevo dal suo compito. La prossima volta mi può lasciare cadere», rispondo a tono.

    «Non aspetterò altro che vederti cadere», sussurra abbassando lo sguardo.

    Bastardo, pensi che non ti abbia sentito.

    Un’atra turbolenza scuote l’aereo. Stavolta non sono impreparata. Afferro saldamente il primo appiglio che trovo. Il mio amico però non è pronto come prima.

    Barcolla indietro e io con una leggera spintina, completo l’opera. Mr Allen precipita cercando di attutire la caduta con le mani.

    «Si è fatto male?» chiedo assumendo la faccia più innocente del mio repertorio. «Ho cercato di afferrarla, ma non sono forte quanto lei.»

    Mr Allen mi guarda inferocito. Non osa dire nulla, ma sa benissimo che non sono innocente quanto voglio far credere.

    «Pensavo sapesse stare in equilibrio È un’abilità che si acquisisce a due anni», concludo in bellezza.

    Mi giro e con ostentata sicurezza ritorno a sedermi.

    Una delle scene più divertenti che abbia mai visto. Mi sono dovuta mordere la lingua per non scoppiare a ridergli in faccia.

    Perfino l’hostess, dopo aver osservato la scena accenna ad un sorriso. Io gli rispondo complice.

    «Se lo meritava», le sussurro avvicinandomi.

    «È sempre cosi ...?» non trovo nemmeno le parole per descriverlo. Il suo atteggiamento durante tutto il viaggio mi ha dato altamente fastidio. Un misto di arroganza e di superiorità. Insomma, non mi ha rivolto più di tre parole, ha volontariamente ignorato tutti i miei tentativi di conversare con lui, mi ha rimproverato come una bambina quando stavo per cadere. Tuttavia dare giudizi affrettati non è da me. Magari non fa sempre così. Forse sono un po’ prevenuta.

    «Sì!» conferma la ragazza.

    «Posso farti una domanda che non centra nulla». Annuisce.

    «Come fate a camminare con quei tacchi, trasportando un carrello su un aereo in volo e sembrare comunque delle modelle?»

    Jane, così si chiama l’hostess, mi guarda e sorride. «In tanti anni che faccio questo lavoro, sei la prima persona che me lo chiede. Tutta pratica», ammette divertita.

    Poi sedendosi sul sedile accanto al mio cerca di consolarmi. «Non ti preoccupare per quello che è accaduto prima. È normale. Anzi, in alcuni casi ho notato che funzione come tecnica di corteggiamento.»

    «È un peccato allora che ci fosse proprio Mr Arroganza», le confido. Un colpo di tosse interrompe la nostra risata.

    «Lascerei le confidenze alle liceali», sussurra abbastanza forte da farsi sentire.

    La prima opinione non sbagliava: è proprio uno stronzo.

    Beh, per fortuna dopo questo viaggio non dovrò più averci a che fare. Questo è l’unico pensiero mi trattiene dal rispondergli in malo modo.

    «Grazie per la comprensione. Ti prego non ti trattenere», sbuffo offesa. «Gran bell’amica sei.»

    «La migliore», risponde. «Due figure di merda in dieci minuti. Mi sorprendi», non la smette di ridere e contagia anche me.

    «Ma era almeno carino? Per permettersi di essere così stronzo almeno doveva essere bello da morire», si informa.

    «Sì. Abbastanza carino.» mi tocca ammettere. «Alto, atletico, muscoloso, ma non troppo.»

    «Occhi?» si informa.

    «Verdi. Blu. Non me lo ricordo. Ero troppo arrabbiata per notare il colore dei suoi occhi», affermo irritata.

    «Quanto sei esagerata!»

    «Lo dici perché non hai sentito il tono con cui mi ha rimproverato. Non so se rendo. Neanche avessi cinque anni.»

    Mi lancia un’occhiata di quelle che solitamente usa con i suoi gemelli. Che di anni però ne anno quattro e non quasi trenta. Ormai ci conosciamo talmente bene che basta uno sguardo per capirci.

    «Sono le 14:15. È tardissimo», schizzo dopo aver guardato l’orologio.

    «Ricordati la cena di lunedì. Alle otto. Puntuale!» urla «Io e Charlotte abbiamo una sorpresa per te.»

    Mi spaventano sempre molto le loro sorprese. Si concludono quasi sempre con disastrosi appuntamenti. Loro sono convinte che necessiti di un compagno e si sono messe in testa di trovarmelo. La serie di pretendenti e dei miseri appuntamenti che si sono susseguiti mi stanno ritornando in mente proprio mentre sto leggendo un pallosissimo contratto per delle trattative commerciali internazionali. Ho un disperato bisogno di un caffè. Anche perché credo di avere delle allucinazioni. Non trovo altra spiegazione alla presenza di Mr Arroganza proprio davanti a me.

    «Miss Clarke», mi sento chiamare.

    «Mr Allen che piacere rivederla», rispondo con un’evidente fredda cortesia.

    «Cosa la porta qui?» riesco a chiedere dopo l’iniziale sorpresa.

    «Affari», risponde secco. «Lei?»

    «Caffè», ribatto con lo stesso tono. Mi giro e raggiungo la macchinetta.

    Lui mi segue rimanendo spiazzato.

    «Intendevo in senso più generale che cosa la spinge in questo studio.»

    «Avevo capito la sua domanda», sorrido. Lo sto ripagando con la sua stessa moneta. Sorseggio lentamente il mio caffè. «Io lavoro qui.»

    «Miss Clarke, lei lavora qui?» esclama sorpreso. «Io credevo …» Mi squadra con superiorità da capo a piedi. Proprio come in aereo sento un irrefrenabile antipatia. La mia opinione non era sbagliata. Arrogante e altezzoso sono gli unici termini che mi vengono per descriverlo.

    Sostengo il suo sguardo.

    «Per lei sono avvocato Clarke», gli dico fulminandolo.

    Lui sorride mettendo in risalto gli occhi. Verdi, devo ricordami di dirlo a Rose. Ma la cosa che mi sorprende di più è che i suoi occhi non mi sono per nulla nuovi. Come se li avessi già visti da qualche parte, ma non ricordassi esattamente dove. Ma sono sicura di non averlo mai conosciuto prima del viaggio in aereo. Devo ammettere che, nonostante l’antipatia, non mi sarei mai dimenticata un ragazzo bello quanto lui. Perché oggettivamente non si può criticargli null’altro che il carattere.

    «Miss Clarke, non sapevo lavorasse qui.»

    Mi giro, riconoscendo la voce di Mr Parker. Mentalmente lo sto ringraziando di aver interrotto le mie divagazioni mentali.

    «Cha piacere vederla Mr Parker», questa volta le mie parole sono sincere.

    «Vedo che conoscete già l’avvocato» interviene uno dei soci senior dello studio.

    «Mi hanno gentilmente offerto un passaggio da Copenaghen dopo che il volo per Londra era stato cancellato», lo informo.

    «Brian, potrebbe partecipare anche lei alla riunione. Anzi, chiama i migliori avvocati che hai. Credo che mi sia appena venuta un’idea.»

    Mezz’ora dopo mi ritrovo seduta nella sala riunione principale accanto ad alcuni miei colleghi. Siamo i più giovani e in questo momento anche i più nervosi. Non so bene perché siamo qui, ma in ballo ci deve essere qualcosa di grosso.

    Mr Parker entra poco dopo accompagnato da uno dei soci senior e dall’immancabile Mr Arroganza.

    «Quale sarebbe la vostra strategia?» conclude Mr Parker dopo aver esposto il caso. Fa passare un pacco di fogli. Tra noi avvocati cala il silenzio. In palio c’è la possibilità di seguire questo caso, o meglio questo cliente.

    «Dalle informazioni in mio possesso mi sento di consigliare di non ricorrere subito a procedure giudiziarie», affermo dopo essermi fatta un’idea della questione.

    «E cosa proporrebbe avvocato», mi interrompe brusco Mr Allen.

    «Consiglierei di procedere con un ADR» dico sicura. «Dei procedimenti di risoluzione delle controversie alternativi rispetto al procedimento giurisdizionale ordinario» rispondo contenta di aver attirato la sua attenzione

    «Un approccio non aggressivo» commenta Mr Allen.

    «Si tratta di una serie di procedure finalizzate a consentire alle parti in lite di raggiungere un accordo soddisfacente, evitando così il ricorso alla giustizia tradizionale».

    «Ma chi ci dice che ci assicuri la soluzione più vantaggiosa», controbatte.

    Questo incontro si sta trasformano in un dibattito tra ma e Mr Allen.

    «Non sempre l’attacco frontale è la miglior cosa. Molte volte paga di più la diplomazia. Questo caso è complicato».

    «Per questo stiamo cercando un bravo avvocato. Anzi, stiamo cercando il migliore», sentenzia. Lasciando velatamente intendere che io non lo sia.

    «Un bravo avvocato sa riconoscere quando è il caso di ricorrere al tribunale e quando servirsi di altre vie», ribatto pronta.

    Mr Parker e il senior dello studio ci guardano incuriositi. Ammetto che deve sembrare uno spettacolo interessante. Sono letteralmente attaccata dal cliente che dovrei difendere.

    «E quali vantaggi potrebbe dare un approccio di questo genere?» domanda sibilino.

    «La procedura è meno formale, più semplice, rapida ed economica. Inoltre i tempi di decisione sono ridotti di molto», spiego con semplicità. «Qualora il negoziato non dovesse produrre i risultati sperati, saremmo pronti a rivolgerci alle corti ordinarie» concludo.

    «Mi piace la sua strategia» ,esclama Mr Parker alzandosi. «Ci sarà molto lavoro da fare».

    «Questo non è un problema» rispondo sicura e contenta. La mia felicità però dura poco, perché il pensiero che subito dopo mi passa per la mente è molto meno gioioso.

    Ricorda, è un tuo cliente. Non lo puoi mandare al diavolo.

    È da ieri sera che mi ripeto questa frase come fosse un mantra, ma Mr Allen non vuole facilitarmi il compito. La sorprendente offerta di Mr Parker – alias l’amministratore delegato di una delle più importanti società clienti dello studio – è l’occasione che aspettavo per la mia

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