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Il Broker è tornato!
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Il Broker è tornato!

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Giallo - racconti (106 pagine) - Chi è il Broker? Di mestiere fa l'intermediario, ma la sua passione è un'altra: risolvere misteri. E ci riesce molto bene, grazie al suo intuito e all'aiuto di un amico fidato: il suo fedele bassethound.


Di lui non si sa molto. Solo che è il Broker, e ha una particolare abilità a scoprire i colpevoli dei più efferati delitti. Un'abilità che spesso lo aiuta a combinare buoni affari, visto che nella sua professione ci sono in ballo tanti soldi, tra polizze e assicurazioni, che spingono spesso contraenti e beneficiari a comportamenti poco limpidi. E talvolta fatali. Ma al Broker non è facile farla sotto il naso, come dimostrano queste nuove avventure di un originalissimo investigatore tanto arguto quanto elegante e… sfortunato con le mogli.


Marco Longobardi (1971), napoletano e fiero di esserlo, ingegnere informatico esperto di finanza di azienda, si occupa di gestire varie società finanziarie. La sua propensione verso una finanza eccessivamente creativa purtroppo gli ha creato qualche problema, ma gli ha dato anche modo di immaginare il personaggio del Broker, di cui Delos Digital ha già pubblicato la raccolta Le fatiche del Broker.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateMay 21, 2019
ISBN9788825409055
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    Il Broker è tornato! - Marco Longobardi

    9788825404241

    Questo libro è Dedicato a mio figlio Stefano,

    il regalo più bello che potessi ricevere dalla vita,

    un ometto di cui posso solo dire di essere

    fiero e orgoglioso

    Ti prometto che vivrò ogni giorno della mia nuova vita

    per evitare che qualcuno possa ripetermi

    la frase, che tra le tante sentite in questi tre anni mi

    ha fatto più male, e cioè che

    tu dovresti vergognarti di avere un padre come me

    Spero che un giorno,

    quando non ci sarò più,

    tu possa parlare di me

    con la stessa fierezza e orgoglio che io mostro

    ogni volta che parlo di tuo nonno Mario.

    Sono un papà fortunato ad avere un figlio come te…

    Prefazione

    Dopo essermi cimentato, nella mia prima raccolta, in micro gialli da cinquemila battute, in questa seconda antologia ho invece deciso di provare a rendere i racconti del Broker più lunghi e articolati, senza andare però oltre le 2000 parole.

    Quando questa raccolta sarà pubblicata, già non vedrò più il mio mondo a quadri, perché sarò un uomo libero, e avrò ripreso una vita normale, una vita nuova, molto diversa dalla precedente.

    Scrivere è stata la mia terapia, è stato quello che mi ha tenuto in vita negli ultimi tre anni e impegnarmi nell’inventare queste storie, per dare forma a questo libro, mi ha impegnato per gli ultimi mesi della mia permanenza come ospite forzato di quello strano albergo chiamato penitenziario, fornendomi un ultimo obiettivo da raggiungere.

    Anche se le storie raccontate sono di pura e assoluta fantasia, mi è sembrato giusto, a chiusura di questa fase della mia vita, prendere spunto per dare vita ai vari personaggi dai soggetti che ho incrociato in questi ultimi tre anni, alcuni al limite del grottesco, surreale, ma che mi hanno lasciato un ricordo, visto che alla fine mi hanno permesso di creare un loro alias letterario.

    Tra quelli che incontrerete tra le pagine di questo libro mi piace ricordare i fratelli De Liguori, ispirati a due amici con i quali ho diviso la mia stanza per quasi un anno, Vincenzo e Andrea; il Marchese ne è stato un altro, per non parlare del protagonista della decima storia, Ferdinando, che dovrebbe fare il pizzaiolo, ma che spero abbia superato un po’ della sua avarizia, non avendo mai visto nessuno riuscire a fare economie di scala come lui. Se non avesse precedenti penali sarebbe stato da proporre come Ministro per la Spending Review!

    Ho provato a divertirmi, a lasciare che la mia mente volasse fuori di qui, sperando che il risultato risultasse gradevole e che tenesse i lettori col fiato sospeso fino all'ultima delle duemila parole di ogni racconto.

    Infine voglio ricordare tra le tante persone che mi hanno ispirato, il mio amico Cristiano, un ragazzo tanto grosso quanto fragile, che ha considerato la vita un peso troppo gravoso da poter sopportare. Il personaggio protagonista della settima storia è chiaramente ispirato a lui, anche se purtroppo il finale della sua storia personale è stato ben diverso.

    Quando leggerete questo libro io dovrei essere comodamente seduto sul divano di casa mia in compagnia del mio fedele bassetthound, e della mia famiglia, a riprendere il filo della mia vita, ma sempre più convinto di continuare a curarmi scrivendo ancora.

    Nonostante siano passati tre anni, nonostante il tempo trascorso tra quelle quattro mura, io sono e resterò per sempre il Broker.

    E quindi non mi resta che dirvi un’ultima cosa: Il Broker è tornato!

    Le apparenze ingannano…

    Non ci volevo credere. C’era qualcosa che non riuscivo a capire, nonostante avessi provato a stimolare le sinapsi come mai avevo fatto prima.

    Eppure tutto sembrava essere talmente chiaro. Le prove nelle mani della polizia erano schiaccianti e il fatto che il loro avvocato, a dir poco incompetente, fosse già pronto a patteggiare, ammettendo così le responsabilità dei propri assistiti, aveva permesso agli inquirenti di chiudere il caso ancora prima che fosse aperto, anche se, nonostante tutto, i due fratelli continuavano a professarsi innocenti.

    Ma purtroppo proprio non ero riuscito a togliermi dalla mente le loro parole, con le quali mi avevano implorato di dimostrarne l'innocenza, nonostante tutti i fatti avessero invece indicato una loro chiara colpevolezza.

    Il caldo del giugno romano si stava facendo sentire e Ugo, molto saggiamente, decise di rinunciare alla sua solita passeggiata serale, preferendo i ventidue gradi del nostro loft romano alla calura delle strade capitoline, per godersi il piacere della frescura generata dall’impianto di climatizzazione. Si distese sul divano, prendendone possesso per tutta la sua interezza, impedendomi di fatto di potermici sedere.

    Ma in quel momento ero troppo impegnato per poter anche immaginare di riposarmi in compagnia del mio amico e godermi un po’ di fresco con lui; mi accomodai alla scrivania, con il fascicolo BreLog tra le mani, a scartabellare i vari documenti per cercare di capire perché quella sinapsi fosse rimasta aperta, tentando in ogni modo di cercare una soluzione possibile a quell’arcano.

    I fatti erano molto semplici, forse troppo: proprio per questo mi erano sembrati strani.

    La BreLog, società di logistica specializzata nella gestione degli incassi della grande distribuzione, aveva subito un furto milionario; durante la notte, senza che nessuno se ne fosse accorto, era stato svaligiato il caveau, dal quale erano stati trafugati ben otto milioni di euro in contanti, frutto della raccolta degli incassi quotidiani effettuata dai vari portavalori.

    Nel momento in cui si era pensato fosse potuto avvenire il furto, in azienda c'erano solo i due addetti di turno, i fratelli napoletani Mattia e Luca De Liguori, i quali, pur confessando di essersi addormentati durante il proprio turno di servizio, avevano dichiarato di non avere né visto, né sentito niente, e che non avevano avuto nulla a che fare con quanto era accaduto nel caveau.

    Pochi giorni dopo, nel corso di un'azione tattica effettuata con tutti i clamori mediatici possibili, con l'impiego di elicotteri, cani e squadre speciali, le forze dell’ordine erano piombate in casa dei due fratelli e, dopo averla messa sotto sopra, avevano trovato nell’auto di Mattia i resti di una fascetta utilizzata per conservare il denaro, dello stesso tipo di quelle usate per le banconote che eranoo state rubate. E la firma che era stata rilevata su quella, unita alla data in cui era stata apposta, aveva permesso agli inquirenti di chiudere il caso molto velocemente, perché era quella della data del furto.

    Si trattava della prova che serviva per trovare due bei colpevoli da immolare sulla gogna mediatica e chiudere velocemente la vicenda, anche se del denaro rubato non era stata trovata traccia.

    Ma cosa aveva a che fare, tutto questo, con me? Be', la risposta è molto semplice. La BreLog era una mia cliente, avendo stipulato una polizza di tutela crediti a favore dei propri clienti: il che avrebbe significato che i ladri, oltre a essere entrati nel caveau della BreLog, di lì a poco avrebbero fatto visita anche a me, perché mi avrebbero obbligato a pagare alla mia cliente i danni generati dal loro furto. Ed era proprio per questo che ero particolarmente interessato a capire che fine avesse fatto il denaro, visto che le forze dell’ordine non avevano trovato ancora nulla. Solo così avrei potuto tentare un colpo di coda per evitare di pagare il sinistro.

    Crivoli mi aveva già informato che da lì a due giorni ci sarebbe stata la dead line per il pagamento, anche se, oltre a vedere il tempo stringere, non ero riuscito proprio a togliermi dalle orecchie le parole pronunciate dai due fratelli, che mi avevano molto turbato, visto che nei loro confronti mi era anche nata una particolare simpatia. Si erano professati innocenti, oltre l'evidenza dei fatti.

    Ero andato a fare visita alla BreLog con il commissario Grazi per cercare di farmi un'idea su cosa potesse essere accaduto. Avevo incontrato il direttore generale Michele Pascutti, il responsabile della sicurezza Andrea Regini, e le due guardie giurate, Enrico Strazze e Filippo Gramello, che si erano occupate della raccolta e del deposito nel caveau del denaro che era poi stato rubato durante la notte.

    Pascutti mi aveva spiegato che il loro compito era quello di raccogliere quotidianamente gli incassi di circa quaranta centri commerciali della zona, custodire nel caveau il denaro raccolto per poi depositarlo la mattina successiva in banca, per nome e conto dei propri clienti.

    La procedura interna prevedeva che il denaro rimanesse nel caveau per non più di dodici ore: e così sarebbe stato anche in quel caso, se non fosse avvenuto il furto.

    Era possibile accedere al caveau solo superando un sofisticato sistema di sicurezza che prevedeva, oltre a sensori di movimento e pressione sul pavimento e sull’intero perimetro, anche un controllo retinico che era stato sviluppato sulle impronte dell’iride dei dipendenti della logistica, comprese quelle dei De Liguori.

    E la sera del furto il sistema risultava essere stato regolarmente in funzione, anche se c’era stata una falla perché le telecamere interne, che avrebbero dovuto riprendere l’accesso all’area caveau, avevano subito, guarda un po’ il caso, un guasto il giorno stesso, e quindi non avevano potuto registrare nulla di quello che era accaduto quella notte all’interno degli uffici. Erano rimaste in funzione solo quelle esterne, nulla di più.

    Mi avevano mostrato i filmati del furgone di Strazze e Gramello, che si era occupato di prelevare il denaro dai vari centri commerciali, avendo chiesto tempestivamente ai vari clienti di fornirgli le registrazioni. Quella sera aveva piovuto molto, Roma era stata travolta da un’alluvione, e infatti dalle immagini era stato possibile vedere il furgone, sporco e pieno di fango, che si fermava all’ingresso di ogni singolo centro commerciale, con la guardia giurata che ripeteva sempre la stessa operazione: aprire il portellone posteriore e porre l’incasso al sicuro.

    Era stata davvero una serata infernale, perché era venuta giù tantissima acqua, al punto che la circolazione era andata completamente in tilt, rendendo difficoltoso ogni singolo spostamento.

    Il filmato si chiudeva con l’arrivo del furgone alla base, e con i due agenti che prendevano il loro prezioso carico per depositarlo nel caveau. Avevo potuto vedere il furgone nel parcheggio con il portellone aperto e niente più, a causa del guasto alla videosorveglianza interna. Le immagini, però, erano apparse leggermente alterate, perché il furgone, particolarmente lucido e brillante, aveva generato uno strano riflesso nella telecamera, creando così uno strano riverbero. Da lì in poi, il buio…

    Pascutti aveva confermato, come da filmato, che alle 21.00 erano

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