La novella del buon vecchio e della bella fanciulla
By Italo Svevo
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Italo Svevo
Italian writer, born in Trieste, then in the Austro-Hungarian Empire, in 1861, and most well known for the novel _La coscienza di Zeno_.
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La novella del buon vecchio e della bella fanciulla - Italo Svevo
DIGITALI
Intro
Scritto fra il 1925 e il 1926, questo racconto venne pubblicato postumo nel 1929 a cura di Eugenio Montale, in La novella del buon vecchio e della bella fanciulla e altri scritti (Morreale, Milano 1929, pp. 17-120). Narra di un anziano uomo d’affari triestino che si innamora di una giovane popolana conducente di tram. Dapprima tenta di mascherare il desiderio erotico con giustificazioni morali, poi, arresosi all’inesorabilità della condizione anagrafica, decide di scrivere la propria avventura
. In questa edizione il testo è stato prudentemente revisionato nella interpunzione dei dialoghi.
LA NOVELLA DEL BUON VECCHIO E DELLA BELLA FANCIULLA
I.
Ci fu un preludio all’avventura del buon vecchio, ma si svolse senza ch’egli quasi l’avvertisse. In un breve istante di riposo dovette ricevere nel suo ufficio una vecchia donna che gli presentava e raccomandava una fanciulla, la propria figlia. Erano state ammesse alla sua presenza in forza di un biglietto di presentazione di un suo amico. Il vecchio strappato ai suoi affari non arrivava a levarseli del tutto dalla mente e guardava intontito il biglietto sforzandosi d’intenderlo presto e presto liberarsi dalla seccatura.
La vecchia non tacque per un solo istante, ma egli non ritenne o percepì che qualche breve frase: – La giovinetta era forte, intelligente e sapeva leggere e scrivere, ma meglio leggere che scrivere.
Poi una frase che lo colpì perché strana: – Mia figlia accetta qualsiasi impiego per l’intera giornata purché le avanzi il breve tempo di cui ha bisogno per il suo bagno quotidiano.
Infine la vecchia disse la frase che portò la scena ad una rapida conclusione: alla Tramvia prendono ora delle donne al posto di conduttrici e bigliettarie.
Subito deciso, il vecchio scrisse un biglietto di raccomandazione per la Direzione della Società Tramviaria e congedò le due donne. Lasciato ai suoi affari, li interruppe ancora per un istante per pensare: – Chissà perché quella vecchia volle dirmi che sua figlia si lava ogni giorno?
Scosse la testa sorridendo con aria di superiorità. Ciò prova che i vecchi son ben vecchi quando hanno da fare.
II.
Una vettura tramviaria correva sul lungo viale di Sant’Andrea. La conduttrice, una bella fanciulla ventenne, teneva l’occhio bruno fisso sulla via larga, polverosa, piena di sole, e si compiaceva di far andare a precipizio il carrozzone cosicché agli scambi le ruote stridevano e la cassa della vettura carica di gente sobbalzava. Il viale era deserto. Tuttavia la giovinetta procedeva picchiando continuamente col piedino nervoso la leva azionante il campanello d’allarme. Lo faceva non per prudenza, ma perché essa era tanto infantile che riusciva a convertire il lavoro in un giuoco, e le piaceva di correre così e di far rumore con quella macchinetta ingegnosa. Tutti i bambini amano di gridare quando corrono. Era vestita di cenci colorati. Causa la sua grande bellezza sembrava travestita. Una giubba rossa sbiadita le lasciava libero il collo, poderoso in confronto della faccina un po’ patita, e libera l’incavatura precisa che avvia dalla spalla alla delicatezza del petto. Il gonnellino azzurro era troppo breve, forse perché nel terzo anno di guerra mancavano le stoffe. Il piedino sembrava nudo in uno scarpino di panno e il berretto azzurro le schiacciava dei riccioli neri non molto lunghi. Guardando la sola sua testa si sarebbe potuta credere un maschietto se già l’attitudine di quella sola parte non avesse tradito civetteria e vanità.
Sulla piattaforma, intorno alla bella operaia, c’era tanta gente che la manovra del freno era appena possibile. Vi si trovava anche il nostro vecchio. Egli doveva arcuarsi a qualche più violento sobbalzo della vettura per non venir gettato addosso alla conduttrice. Era vestito con grande accuratezza, ma anche con la serietà conforme alla sua età. Veramente una figurina signorile e gradevole. Ben pasciuto in mezzo a tanta gente pallida e anemica, non rappresentava per questa ancora un’offesa perché non era né troppo grasso né troppo fiorente. Dal colore dei suoi capelli e dei suoi baffetti corti gli si sarebbero dati 60 anni di età o giù di lì. Non trapelava in lui alcuno sforzo di apparire più giovane. Gli anni possono impedire l’amore ed egli da molti anni non aveva pensato a quello, ma favoriscono gli affari ed egli portava i suoi anni con superbia, e, se così si può dire, giovanilmente.
La prudenza era invece conforme alla sua età, e non si trovava bene in quel carrozzone mastodontico lanciato a tanta velocità. La sua prima parola rivolta alla fanciulla fu di ammonimento: – Signorina!
Al vezzeggiativo signorile la fanciulla rivolse a lui i begli occhi, esitante, non essendo certa ch’egli avesse voluto parlare con lei. Il buon vecchio ricavò tanto piacere da quello sguardo luminoso che ne fu attenuata la sua paura. Mutò l’ammonimento che avrebbe avuto significato di rampogna, in uno scherzo: – Non m’importa mica di essere qualche minuto prima al Tergesteo.
Sembrò sorridesse per il proprio scherzo e così poté creder la gente intorno a lui, ma invece il suo sorriso era stato rivolto a quell’occhio che gli era parso nello stesso tempo birichino e innocente. Le donne belle sembrano sempre dapprima intelligenti. Un bel