Per un battito d'ali
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About this ebook
A., una ragazza di quindici anni, vive con la zia in una casa con giardino. Il papà l’ha abbandonata quando era ancora piccola e la sorella si è suicidata dopo esser stata mandata a studiare in un collegio per menti geniali.
Vive della promessa fatta alla sorella, portandosi dietro il ricordo ossessivo della violenza subita da bambina e manifesta comportamenti autolesionisti. A. decide di smettere di mangiare, sentendo che quello è l’unico modo per diventare finalmente padrona della propria vita e non permettere a nessuno di farle del male.
Un giorno, in preda a una crisi a causa del cibo, esce di corsa, ma lungo la strada cade a terra svenuta. Quando si riprende, si ritrova nel bar vicino a casa, locale familiare nel quale lei si sente a suo agio. Cercando il bagno, A. si perderà in locali del sotterraneo mai visti prima, e incontrerà personaggi particolari che la accompagneranno in un viaggio all’interno della sua mente, fatto di scale, caverne, luci tremolanti e fogli bianchi su cui scrivere la propria rinascita.
Una piccola fiaba sulla forza dell’amore che sopporta tutto, scusa tutto. Una storia difficile di vite invisibili, lacerate dal male, da cui risorgere grazie alla speranza, ai sogni e agli eroi che si trovano sul proprio cammino. Perché se abbiamo la fortuna di incontrarne, possiamo esser certi che la nostra vita cambierà. E cambierà in meglio.
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Book preview
Per un battito d'ali - Erica Gavazzi
Kitsune
I preparativi
1
Sono orfana.
Non è questo che mi rende diversa, però. Io sono diversa perché ho deciso di esserlo.
A quest’ora in casa regna un silenzio irreale.
Camminando sul parquet scuro del corridoio, striscio i piedi facendo stridere in modo fastidioso le scarpe da ginnastica sulla cera fresca.
La pulizia della casa avviene sotto la supervisione della zia. Ci sono regole fisse, alle quali tutti devono sottostare. Tutti sono tenuti a tenere in ordine i propri spazi secondo i rigidi dettami scritti di suo pugno sulla lavagna all’entrata. Rigido sistema militare. Ogni volta che lei mette in atto il cosiddetto Dust and Shine
, il cardine del suo sistema di pulizie, mi ci vuole sempre troppo tempo per abituarmi al silenzio che si crea.
In cucina, seduta al tavolo da pranzo, mia zia è assorta nella lettura di un libricino. Sembra una brochure turistica, una di quelle dove si propongono cose impossibili a prezzi imperdibili. Dal movimento degli occhi, sembra che legga entrambe le pagine contemporaneamente.
«Scusa», dico.
Mia zia appoggia il libro sul tavolo, alza la testa e mi fissa.
«Dovresti firmarmi questo», continuo, posando il libretto delle assenze sulla tovaglietta ricamata dalla nonna.
Lei guarda il foglietto, verificando anche i minimi particolari. È una donna perfettamente controllata e controllante, maniaca del pulito e dell’ordine. Spero che non si accorga della data vergata sulla pagina sottostante, su cui ho cercato di imitare la sua firma longilinea e finemente ornata: Silvia M. Shutter. M. per May, come mai
, e Shutter come il silenzio, sempre pronto a inserire un nuovo colpo in canna e a controllare i tempi di reazione.
«Mi serve per domani», le dico. «Ricordi? Devo andare in libreria per quella ricerca.»
Dopo aver fissato per qualche minuto il libretto, prende la penna che sta vicino alla sua mano sinistra, in perfetto asse verticale con il bordo del tavolo rivolto verso la finestra dalle tendine bianche, e firma senza battere ciglio. Né una parola né un segno che mi facciano capire il suo pensiero. Mi butto.
«Ah! Mi servirebbero anche cinquanta euro per le fotocopie, il pranzo e tutto il resto», dico con un certo tremore.
«Prendili. Sono sul tavolino in ingresso, nello svuota tasche di pelle.»
2
La mattina, dopo il suono penetrante e acuto della sveglia, resto sdraiata per ore. Questa mattina non è diverso. Osservo il soffitto buio e le ombre che fuggono silenziose. Penso a quelle che rimangono, incollate addosso come zecche.
È strana, la vita. Proprio quando si è sicuri che il tempo non cambi, arriva una nuvola che porta l’ombra, quell’ombra che in piena estate può far piacere, portare ristoro e frescura, ma in inverno fa agghiacciare il sangue. Il mio è congelato da tempo e devo dire che ci metto del mio per farlo rimanere tale.
Più fastidioso del richiamo della sveglia, sento un rumore metallico come lo scatto di una molla che riecheggia lungo il corridoio. So che cos’è. Sono le chiavi che girano nella serratura. La zia è tornata e il corridoio, sempre adombro e sgombro, lascia libero sfogo ai pensieri, ma anche ai rumori.
Entra in casa, viene verso la mia camera e spalanca la porta con un rumore simile a quello del percussore di un fucile a canne mozze.
«Quante volte ti ho detto di non chiudere? Tieni», dice poi, gettando contro la testiera del letto una piccola busta bianca. «Dovrai pur mangiare qualcosa, o vuoi morire di fame?»
Massimo effetto lesivo e potere d’arresto immediato. Mi fissa per un secondo, sorride –