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Terra d'ombra bruciata
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Terra d'ombra bruciata

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Da una vita normale in una cittadina del Nord alla lotta contro l’ex Ilva a fianco dei cittadini di Taranto. Così Piera si trasforma, scoprendosi diversa da quella che pensava di essere (con la prefazione di Erri De Luca)

Piera, una vita normale in una cittadina del Nord finché il marito, insegnante, ottiene il tanto desiderato trasferimento nella sua città natale, Taranto. Con il figlio Giacomo e il gatto Mou percorrono tutta l’Italia ma, quando si ritrova davanti alle ciminiere dell’ex Ilva, lei si sente smarrita e spaventata. Quando il figlio ha un piccolo incidente, si ritrova catapultata in una realtà spaventosa in cui tanti bambini sono pazienti 048: ammalati di cancro. Taranto però non è solo morte. È anche mare, cielo azzurro e bellezza storica, e piano piano Piera se ne innamora, decidendo di unirsi alla lotta quotidiana degli abitanti, tra tragedie e solidarietà. Piera cambia, si trasforma in una donna nuova, scoprendosi diversa da quella che pensava di essere.
LanguageItaliano
Release dateJun 18, 2019
ISBN9788833282909
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    Terra d'ombra bruciata - Valentina Nuccio

    Bari)

    Prefazione (di Erri de Luca)

    Taranto è Italia al suo stadio critico. La sua siderurgia è il concentrato di un ultimatum che impone resa incondizionata: o si lavora continuando a fatturare profitti e metastasi o si chiude il reddito di migliaia di addetti.

    È un ricatto cieco: altre siderurgie in Italia si sono spente senza che città come Genova e Napoli siano andate in fallimento.

    È un ricatto infame: sulla città cala e si stende una polvere rosa. Taranto è luogo unico al mondo in cui quel tenue colore dei tramonti fa rabbrividire. È il peggior fondotinta per case, vetri, balconi, polmoni. E spetta alle donne rimuoverlo ogni giorno.

    Questo è un libro e io sono un lettore. A cosa serve, in cosa può cambiare la realtà.

    A mettere per iscritto la vita, che scorre lo stesso anche senza, però quando trova le parole che la dicono, allora prende luce. Esiste, la realtà, ma quando certe parole la manifestano, allora si trasforma da bassa in alta definizione. Fino a un momento prima non ci si accorge che era opaca, in ombra. Poi arriva una scrittura che prende su di sé il compito di accendere e si fa nitida la messa a fuoco. Ecco che adesso uno che legge, vede. Vede le vite, le persone, le facce, gli sgomenti, gli eroismi, le terapie sfiancanti sopra bambini condannati a cavie.

    Valentina Nuccio scrive le persone di Taranto, una manciata di quelle che sfiorandola le hanno lasciato il segno di un attrito.

    Dalle singole storie esce definita l’ulcera di una città, il guasto di un sistema di profitto che, come in guerra, mette le perdite di vite umane nel conto dei danni collaterali. Sono crimini di guerra in tempo di pace. Manca la fattispecie giuridica, non mancherà per molto. Ne dovranno rispondere davanti a un più vasto tribunale in cui parte civile sarà il futuro.

    Qui la scrittura ha la temperatura di fusione di compassione, collera, coraggio. Qui si amplifica, come nello stetoscopio, il battito e il respiro di una città stuprata da pirati che vivono e ammucchiano altrove i frutti delle loro scorrerie.

    Una volta le torri saracene avvistavano le navi corsare, lanciando allarme in tempo. Oggi le imbarcazioni che battono la bandiera con il teschio e le tibie incrociate non vengono d’oltremare, ma dai centri di potere.

    Oggi un libro può fare la funzione della torre: trasmettere il grido, suscitare volontà di difesa e forza di riscatto. Come si legge in una delle pagine: quell’area maledetta un giorno sarà trasformata in parco giochi.

    Non ho misurato la temperatura corporea, prima di leggere. Al termine so lo stesso ch’è aumentata, segno che l’organismo ha alzato le sue difese e ha deciso di battersi.

    Erri De Luca

    1. Tutti a Taranto

    Piera guarda dal finestrino le prime colline dell’Appennino che si fanno sempre più grandi. Alla sinistra, dal finestrino di Mario, riesce a malapena a scorgere qualche spicchio di pianura Padana, quella terra che sta lasciando per un tempo indefinito. Si sente triste, in quel viaggio che la porta via dal freddo, ma anche dalla sua casa, verso quella cittadina sul mare, tanto lontana e tanto diversa.

    «Cosa vuoi che siano mille chilometri se in compenso avrai il mare tutti i giorni? Sarai in vacanza permanente», la rassicura Mario, felice di poter tornare a casa per sempre.

    Dopo tanti anni trascorsi al Nord, aveva richiesto e ottenuto il tanto agognato trasferimento. Non si era mai rassegnato a vivere in un posto dove non c’è il sole, dove la vita è frenetica e ai colleghi interessano solo montagne e lavoro. Mario si sentiva il cuore in una morsa: lui voleva parlare di mare e snorkeling, di barche a vela e passeggiate al tramonto.

    Quando i suoi allievi gli chiedevano come è il Sud, lui diceva sempre: «Ragazzi, immaginate i raggi caldi del sole sulla pelle, immaginate la sabbia tra le dita dei piedi, l’odore del sale nelle narici. Ragazzi, immaginate il paradiso.»

    Per lui il mare era la vita e ogni festività era la scusa per prendere l’aereo e volare a casa. Tornare nella sua terra era il regalo più grande che la vita gli potesse fare. E così, caricato il furgone e la macchina, Piera, Mario, il loro figlioletto Giacomo, di otto anni, e il gatto Mou, erano partiti alla volta di Taranto, lasciando i campi gialli di grano e le zanzare.

    Percorrendo l’Italia da nord a sud a Piera scappa qualche lacrima. Pensa alle passeggiate in bicicletta per il centro storico, agli ex colleghi, alla sua famiglia. Un misto di tristezza ed euforia le riempie l’anima e provoca come un brivido a fior di pelle.

    Non vuole però farsi veder piangere da Mario che, felice, canticchia una pizzica in dialetto salentino.

    Glie lo ha sempre detto: «Ti insegnerò a ballare, ti porterò in Salento, dove sono vissuti i miei nonni, ti farò assaggiare la fraseddha cu li paparussi, raccoglieremo le olive di fronte al mare.»

    Lei lo odia, il mare. Il sole troppo caldo, i granelli di sabbia fastidiosi tra le dita dei piedi e poi… che noia fare il bagno!

    Lei impazzisce per la montagna, per l’aria pura e leggera, il brivido degli sci e la cioccolata calda, da stringere tra le mani mentre la neve cade senza fare alcun rumore. Nei mesi precedenti il grande viaggio, le litigate con Mario erano all’ordine del giorno.

    Mi capiranno quando parlo? pensa, considerando il suo marcato accento settentrionale, Giacomo si adatterà?

    Soprattutto ha paura della nuvola rosa di cui ha sentito nei TG nazionali. Taranto e l’Ilva erano diventati argomenti di discussioni accese a cena, una volta messo a letto il bambino.

    Piera e Mario erano su posizioni opposte: entrambi difendevano a spada tratta la propria terra. Era uno scontro profondo, che si nutriva di convinzioni e di paure. Poi finivano a letto a fare l’amore e tutto si risolveva, e quando lui si addormentava tra le sue braccia, lei si domandava se quel trasferimento fosse la cosa giusta. Lo chiedeva spesso a suo marito e quando lui annuiva, lei gli chiedeva di nuovo se ne fosse sicuro. Mario allora la baciava e le ricordava che era sicuro di poche cose. Di amarla, di averla scelta e che era la decisione giusta. Piera sguazzava ogni giorno nelle sue insicurezze e per fortuna aveva il suo lavoro, una specie di àncora a cui aggrapparsi. Un lavoro da segretaria di direzione, ordinato e preciso. Mai uno sbaffo nei verbali, né nel rossetto che metteva con gesti nervosi la mattina davanti allo specchio e, guardandola in quello specchio, Mario le ricordava ogni giorno quanto fosse bella e di chi si era innamorato.

    Piera osserva il proprio riflesso nel finestrino, perplessa. È ancora bella come quando si erano incontrati?

    Mario le si era avvicinato per la prima volta quando lei era seduta in un caffè nel centro storico della città in cui entrambi vivevano. Era immersa nel suo lavoro, tra cellulare e tablet, con un tailleur dalla gonna appena sopra al ginocchio, che scopriva le gambe accavallate, avvolte in calze velate; ai piedi scarpe con dei tacchi vertiginosi.

    Per attaccare bottone lui le aveva chiesto se le poteva offrire un caffè e lei, pronta, aveva risposto che lo stava per bere, era proprio lì sul tavolino. Mario non si era perso d’animo e le aveva detto che oramai si era di certo raffreddato. Piera aveva sorriso e accettato un secondo caffè, indicandogli una sedia accanto a lei.

    Lui disordinato, lei il perfetto opposto, eppure non riuscivano a stare separati per più di un giorno, così, dopo tre anni, avevano deciso di sposarsi. Vicino al mare, per forza. Mario non aveva mai immaginato

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