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Punti di vista
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Punti di vista

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About this ebook

Nove racconti e una folla di personaggi immersi nella confusa quotidianità urbana. Giovani uomini e donne, anziani e adolescenti, artisti, impiegati, senzatetto, gay ed eterosessuali, impegnati nel trovare momenti di autenticità, o la propria identità, tra i primi approcci al sesso, la ribellione alle regole condivise, le insicurezze, il dolore, i pregiudizi, le speranze e le paure di tutti. Amore, desiderio, rabbia e amicizia. Ma anche arte, ironia e grottesca comicità. Racconti autonomi, accomunati da tematiche e richiami in una rappresentazione caotica ma coerente, quasi a comporre un romanzo corale.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJul 12, 2019
ISBN9788831631211
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    Punti di vista - Andrea Negri

    633/1941.

    TETTE

    1

    - Ma poi andrete da qualche parte?

    Fu Senape a porre la domanda che gli mise la mosca nell’orecchio. Fino a quel momento Mirko non aveva pensato a un dopo. Era abbastanza eccitato, sì, per la prima volta sarebbe uscito di sera con ragazzi più grandi, ma tutto sommato si trattava di una pizzata per festeggiare il compleanno della sorella di Viviana, una cosa tranquilla. Se pure Luca, suo fratello, aveva già in mente di proseguire la serata in qualche modo, certamente non prevedeva di portarlo con sé e i suoi amici. Però la mosca ronzava decisa e non c’era più modo di scacciarla. Il pensiero che la cena potesse avere un seguito inaspettato, aveva messo in moto una girandola di vaghe idee, la cui concretezza andava al più presto sondata. Quella sera stessa, a tavola, avrebbe gettato il sasso e visto cosa accadeva. L’ostacolo più grande era suo fratello. Se non si convinceva Luca, sarebbe stato impossibile ottenere il permesso di fare un po’ più tardi da mamma e papà. Mirko conosceva quasi tutti i suoi amici, ma non uscivano mai insieme. Li separavano sei anni d’età. Luca ne aveva venti, perciò Mirko era troppo piccolo. Ma in questo caso, forse…

    - Non so Senape, magari… andremo a bere qualcosa…

    Andare a bere qualcosa era ciò che Luca rispondeva sempre di andare a fare tutte le volte che la madre glielo chiedeva. Di conseguenza, quando Mirko pensava al fratello in giro con gli amici la sera, lo immaginava sempre davanti a un enorme bancone da bar con in mano un bicchiere colmo di ghiaccio e un alcolico rosso. Non c’era un motivo particolare, ma il cocktail era sempre rosso. Dovevano bere pesante i ragazzi della sua età, perché più volte gli era capitato di beccarlo ubriaco di ritorno a casa in piena notte. Papà e mamma dormivano, ma quando Luca entrava in camera in punta di piedi e accostava la porta, poi accendeva la luce fortissima sul suo comodino e lo svegliava sempre. Il tacito accordo era che Mirko non dicesse niente. Stavano bene insieme, quando succedeva, e tra i due fratelli c’era sempre stata una sana dose di complicità, ma gli anni di distanza creavano un inevitabile alone di mistero.

    - Non credo andremo da qualche parte poi… - disse Viviana.

    Mirko si volse di scatto verso l’amica.

    - Perché? Non potremmo…

    - Non credo che i miei mi lascerebbero...

    Senape si mise a ridere

    - Ho già capito a cosa stai mirando… - disse.

    Mirko lo guardò di sbieco.

    - A cosa?

    - Lo sai.

    - No. A che cosa?

    - Non te lo dico davanti a Viviana. Potrebbe offendersi.

    Viviana si alzò di scatto.

    - No, carino, adesso lo dici davanti a tutti.

    - Non è nulla di serio, - rispose Senape rilassandosi sulla panchina.

    - Allora puoi dirlo, - sogghignò Santo.

    Il povero Santo, soprannominato Buonanotte per i suoi modi pacati, non partecipava mai alle discussioni tra gli altri tre, ma fungeva spesso da arbitro o giudice. Ascoltava, osservava, e non si intrometteva finché non aveva qualcosa di valido e definitivo da dire.

    Senape, molto più spavaldo, attese qualche secondo prima di parlare, godendo dell’attenzione che aveva suscitato.

    - Allora? - lo incalzò Viviana.

    - Ebbene… - Senape si ravviò i capelli lisci sulla fronte. - Il qui presente Mirko, detto Tempesta, ha in mente di utilizzare proprio te, carissima Viviana, per organizzarsi il dopo cena di sabato sera.

    - Ovvero? - Viviana squadrò Mirko malevolmente. Lui la ricambiò scuotendo la testa con aria innocente.

    - Il caro Tempesta, - proseguì Senape - ha intenzione di chiederti di insistere con tua sorella per fare qualcosa insieme dopo cena e portarvi con loro. Se lo chiedesse a suo fratello, gli direbbe per certo di no. Invece, approfittando del fatto che suo fratello e tua sorella stanno insieme…

    - Non è vero, - esclamò Mirko.

    - Luigi, sei insopportabile, - disse Viviana.

    - Sarò pure insopportabile, - rispose Senape - ma è così. Tu sei il motivo per cui Mirko parteciperà alla cena di compleanno. La festeggiata è tua sorella. Se tu Viv non ci fossi, Mirko se ne starebbe a casa. Luca non lo vorrebbe mai con sé, figurati…

    - Perciò? Sono contenta di averlo con me, almeno avrò qualcuno con cui parlare…

    - Sì, ma se tu Viv tornassi a casa presto, come pare sia il caso, la serata finirebbe anche per Mirko. Suo fratello poi uscirebbe con tua sorella o coi suoi amici, e col cavolo che lo porterebbe in giro con loro. Invece, data la tua presenza, se tu potessi fare un pochino tardi, magari anche Mirko avrebbe il lasciapassare per… andare a bere qualcosa.

    - Sei invidioso, - gli disse Mirko, e anche lui ostentò di rilassarsi sulla panchina.

    - Sì, - aggiunse Viviana - invidioso e anche un po’ stronzo.

    - Non c’è nulla da discutere ormai, visto che dici che i tuoi genitori non ti lasceranno far tardi.

    - E così sei contento, vero? Non te ne deve fregare niente di quello che facciamo noi, giusto Mirko?

    - Giusto, - approvò lui deciso.

    - Può darsi invece che qualcosa faremo per il dopo cena, - aggiunse Viviana risoluta. - Non ci avevo pensato, ma posso parlarne con mia sorella. Dopotutto è il suo compleanno, è un’occasione speciale, magari i miei non faranno storie se non mi riportano subito a casa!

    - Soddisfatto? - si rivolse Mirko a Senape.

    - A me non importa, amico. Se fate qualcosa anzi, mi piacerebbe raggiungervi.

    - Allora sei tu che miri a venire con noi!  - disse Viviana. - Non potevi dirlo subito?

    - Ci ho pensato adesso…

    - Non ci credo.

    - Sai, amico, - Senape strizzò l’occhio a Mirko - credo tu mi debba un favore…

    - L’udienza è tolta, - concluse Buonanotte.

    Poco dopo, Mirko e Viviana trascinavano le biciclette verso casa. Viviana teneva il pallone di Mirko nel cestino. Erano già quasi le otto, ma non c’era fretta. Entrambi non cenavano prima delle otto e mezza. A casa di Mirko si faceva pure più tardi, dato che sua madre lavorava in negozio.

    Non avevano più toccato il discorso, ma la festa di sabato era rimasta presente sullo sfondo anche dopo che Buonanotte aveva mostrato loro il livido sul braccio. Un ragazzo di terza glielo aveva stretto a tal punto che erano evidenti tutte e cinque le dita. Senape era nel bar della scuola a prendere una focaccia, quindi Buonanotte era stato picchiato nei bagni senza che nessuno potesse difenderlo.

    - Ti prometto che d’ora in poi sarò la tua ombra, - l’aveva rassicurato Senape. E diceva sul serio. Tutti e tre i suoi amici avevano a cuore la situazione di Santo. Era un ragazzo tranquillo, studioso, che andava d’accordo con tutti, specialmente con le ragazze. E questo dava sui nervi a quegli elementi che non avevano altrettanta fortuna. Quello che più di tutto li indispettiva, era il suo epico orgoglio. Anche quando le prendeva di santa ragione, lui non si piegava, non piangeva. Assumeva invece un’aria irraggiungibile che non faceva altro che alimentare la loro rabbia nei suoi confronti. Lo giudicavano un debole, in superficie, ma forse percepire in lui una forza di altra natura, sotto sotto li spaventava. O forse gli faceva capire quanto i deboli fossero in realtà loro.

    Senape e Santo erano in classe insieme, e lo erano stati pure alle medie. Da allora Senape lo aveva sempre protetto. Mirko e Viviana invece erano in altre sezioni, ma frequentavano tutti il secondo anno nello stesso istituto.

    - Viv… - mormorò Mirko.

    Viviana lo guardò con aria interrogativa.

    - Glielo chiederai a tua sorella?

    - Di non portarmi subito a casa?

    - Sì…

    Viviana sorrise.

    - Certo. Secondo me dirà di sì. La conosco.

    Mirko sorrise a sua volta e le chiese:

    - Dove ti piacerebbe andare?

    - C’è un pub irlandese di cui mi parla sempre mia sorella dove si balla pure sui tavoli. Mi piacerebbe andare lì!

    - E tu vuoi ballare?

    - Sì! Con te!

    - No, no… non se ne parla di ballare.

    - Che stress che siete voi maschi.

    - Non sono capace, mi vergogno.

    Viviana sospirò sconfortata.

    - Voi non volete mai fare niente, solo le vostre cazzate. Quando c’è da divertirsi, sapete solo picchiarvi. E quindi cosa vuoi fare? Vuoi solo bere come fa tuo fratello?

    - No… non ho nemmeno i soldi.

    - Sai se ti beccano i tuoi che hai bevuto?

    - No, no, ma io non bevo.

    - E allora balla con me! - gli propose Viviana speranzosa. - Ti insegno io.

    Mirko scoppiò in una risata sonora.

    - Facciamo lezioni di ballo? - disse tra il divertito e l’incredulo.

    - Sì.

    - Quando?

    - Domani. Vieni a casa dopo i compiti.

    - Vengo, ma non so se ballo.

    - Tu ballerai con me e sarai fichissimo.

    Il suo tono convinto non ammetteva obiezioni.

    - Viv non devi dirlo a nessuno!

    - Stai tranquillo, Senape non lo saprà.

    - Non solo Senape. Nessuno.

    - Sarò muta, fidati.

    Giunti al cancello della villetta di Viviana, si lasciarono con l’intesa di sentirsi a missione compiuta. Dovevano ottenere il permesso a far tardi a tutti costi.

    Mirko diede inizio alle sue subdole manovre preparando la tavola per la cena. Non lo faceva mai, solo di malavoglia le rare volte che gli veniva chiesto, e di solito dimenticava i bicchieri, i coltelli, una forchetta. Stavolta ricordò persino di mettere a tavola la bottiglia dell’acqua e la birra, piegò a triangolo i tovaglioli e posizionò al centro della tavola il pane e l’insalata già condita.

    - Cosa succede? - gli chiese sua madre. - C’è qualcosa che dovrei sapere?

    Mirko alzò le spalle.

    - Perché? Non posso aiutare?

    - E’ una novità, mi sa di strano.

    - Infatti. E’ giusto cominciare a darsi una mano l’un l’altro.

    Sua madre, perplessa, riprese ad occuparsi delle bistecche sul fuoco.

    - Speriamo che questo nuovo spirito duri almeno fino a domani, - commentò.

    A tavola tentò di mostrarsi interessato alle notizie del telegiornale alternando domande ora al padre, ora alla madre. L’intento era invitarli a esprimere le proprie opinioni e mostrare di accoglierle come illuminanti lezioni di vita, dandogli la soddisfazione necessaria a predisporli alle sue richieste. Ma non voleva sfiorare l’argomento che aveva a cuore finché non si fossero seduti comodamente sul divano. Bisognava pure attendere che non ci fosse Luca. Solo a quel punto avrebbe gettato l’amo.

    Suo fratello era una vera incognita. Non aveva detto una parola, e l’unica volta che incontrò il suo sguardo, lo mantenne fisso su Mirko più del dovuto. Non era un buon segno.

    A conclusione della sua strategia preliminare, non diede il tempo alla madre di alzarsi che subito si prodigò a raccogliere piatti e posate per riporli nel lavabo.

    - Non dirmi che vuoi lavarli, - gli disse il fratello. Era quasi un’accusa.

    - Certo. Perché?

    - Ma che bravo bambino, - si complimentò. Il tono era pesantemente ironico.

    - Possiamo farlo assieme se vuoi, - gli propose Mirko con malcelata sfida. - Io lavo e tu asciughi.

    - No, no… Stasera l’angelo della casa sei tu. Mamma, vuoi un consiglio? Non farti fregare. Quello ha qualcosa in mente stasera.

    - Voglio solo aiutare. Che c’è di male?

    - Niente Mirko, - disse sua madre alzandosi. - Ma lo faccio io, che so come li lavo.

    - Devi dirci qualcosa? - intervenne il padre.

    - Niente papà. - Mirko tornò a sedersi a tavola. - Solo che oggi pomeriggio ho riflettuto.

    - Su cosa? - chiese maligno il fratello.

    - Su… - Mirko prese del tempo per scegliere accuratamente le parole. - Sulla famiglia, - decise. - Su noi quattro. Il mondo è fatto di estranei, in fondo… Ci sono gli amici, ma poi c’è tutta gente che pensa ai fatti suoi, e noi dobbiamo essere uniti, sempre. Ci dobbiamo aiutare, è importante.

    - Ne hai parlato coi tuoi amici? - chiese il padre.

    - Sì.

    Il fratello andò a sdraiarsi sul divano.

    - E perché è nato questo discorso? - chiese la madre.

    - Perché… I genitori di Viviana hanno litigato, e lei era molto dispiaciuta.

    - Tutti litighiamo, - disse il padre. - Io e mamma forse più degli altri, ma poi ci si chiarisce.

    - Hanno già chiarito, credo. Ma Viviana ha detto che era proprio triste.

    - Che dolce è Viviana, - commentò la madre.

    - Già… - sussurrò Mirko.

    Quando suo fratello si rinchiuse in stanza come al suo solito, e lui fu solo coi genitori che guardavano la televisione, poté finalmente lanciare il suo ben ponderato amo.

    - Mamma, - esordì - pensi che Luca sia contento di avermi con sé e i suoi amici sabato sera al compleanno di Cinzia?

    - Perché non dovrebbe? Cercate di andare un po’ più d’accordo voi due.

    - Ho pensato che magari si vergogna.

    - E di che cosa?

    - Non lo so. L’ho solo pensato… Per Cinzia.

    - Per Cinzia?

    - E’ la sua ragazza…

    - E allora?

    - Allora… l’ho solo pensato, non è che lo so. Luca non mi ha detto niente, però non è che si vergogna di avermi con loro?

    - Ma non deve vergognarsi di niente, amore. Invece è molto bello che stiate insieme. Cosa vuol dire, anche Cinzia ha con sé la sorellina. C’è pure Viviana, no?

    - Sì, infatti.

    - Non farti problemi, Mirko. Sono sicura che Luca sarà contento di averti con sé. E’ soltanto un po’ scorbutico. E’ l’età.

    - Ma è questo che intendo. Io sono troppo piccolo per lui.

    - Ripeto: non farti problemi. E se ti dice qualcosa, tu dillo a me che ci penso io a metterlo in riga. Se per una sera esce con suo fratello, non è la fine del mondo.

    - Non arrabbiarti con lui, non mi ha detto niente.

    - Ci mancherebbe. Se lo fa, ci pensiamo noi.

    - Viviana si fa tanti problemi a uscire con sua sorella? - gli chiese il padre.

    - Non penso.

    - Prendi allora esempio da Viviana.

    Mirko fece un lungo respiro, poi, disinvolto, passò alla fase due.

    - Papà…

    - Dimmi.

    - Viviana dice che dopo la pizzeria si potrebbe andare in un pub irlandese.

    Ecco, ci era arrivato. Ora sì che sentiva i brividi lungo la schiena.

    - Avevo capito che vi avrebbero portati a casa.

    - Viviana dice solo per un po’. E’ un desiderio di Cinzia. E’ lei che ci vuole portare Viviana. Vi scoccerebbe? Se dite di no, io chiedo a Luca di riportarmi subito qui.

    I genitori si guardarono. Dovevano decidere. Se erano tutti insieme e Cinzia portava con sé la sorella, che c’era di male?

    - Dov’è questo posto? - chiese il padre.

    Mirko non ne aveva la più pallida idea. Nella sua mente si creò l’immagine di un remoto angolo di strada, ma molto illuminato, e di un buttafuori grasso e pelato in doppiopetto nero che scrutava in cagnesco la fila di ragazzi all’entrata del locale. 

    - Mi sembra di aver capito che non è lontano, - rispose.

    - I genitori di Viviana lo sanno, vero? - intervenne la madre.

    - Sicuro! Loro sono già d’accordo.

    - Parliamone un attimo con tuo fratello, vieni.

    Luca era sdraiato sul letto e fissava incredulo lo schermo del cellulare. Aveva intenzione di giocare alla playstation, ma evidentemente c’erano cose molto più urgenti da sistemare. Perché Cinzia aveva cambiato idea? Si era già deciso di andare a ballare sabato sera, e ora invece si profilava una serata in cui avrebbe dovuto fare da bambinaio a due ragazzini.

    Sarà dolcissimo averli con noi., gli aveva scritto.

    Al che lui aveva risposto:

    Ma non saremo liberi…!

    Liberi di fare cosa?

    A quel punto l’aveva chiamata. Urgeva parlarsi.

    - Amore, ma è il tuo compleanno!

    - Ma appunto, Luca, mi piacerebbe avere con me mia sorella.

    - Sì, lo capisco…

    Ma non era vero, non capiva. Si sarebbero rovinati la serata.

    - Avevamo deciso di andare a ballare…

    - Non cambia niente, possiamo ballare anche lì.

    - Vedrai che non sarà possibile.

    - Sei tragico. Perché dici così?

    Non lo sapeva nemmeno lui. Intuiva solo che sarebbe andata così. Inoltre c’erano motivazioni che non voleva esprimere a parole…

    - Perché non è la stessa cosa, non è lo spazio di una discoteca…

    …motivazioni legate alla presenza pericolosa di suo fratello…

    - Cosa cambia? Per me l’importante è avere intorno le persone che contano, e te per primo, amore.

    - Sì, tutto quello che vuoi, ma…

    …perché conosceva bene Mirko, e temeva per ciò che avrebbe potuto dire allo scopo di rendersi simpatico. Si sarebbe divertito a ridicolizzarlo col rendere note ai suoi amici cose che Luca non voleva assolutamente far sapere; spassosi aneddoti riguardanti la sua infanzia di cui più si vergognava, o le piccole abitudini quotidiane un po’ stupide di cui solo i più stretti familiari sono al corrente. Era già successo quando aveva divulgato come Luca si lavava i denti: ancora oggi si pasticciava il viso col dentifricio fin quasi sotto gli occhi. O la volta che a tutti i suoi amici riuniti in salotto, c’era anche Cinzia, non poteva dimenticarlo, aveva raccontato di quando si era attaccato al ramo di un albero, in campagna, e si era atteggiato a esperto di traversate di ruscelli dicendo: Guarda, è facile!, per cadere subito dopo in acqua come un cretino. Era talmente zuppo che dovette togliersi i vestiti nella macchina della zia e starsene tutto il tempo con le mutande bagnate.

    - …non sono convinto.

    - Ma perché dici così? Quante storie, non cambia nulla.

    - Perché non saremo liberi.

    - Vedrai che sarà bello invece.

    - Mio fratello è pesante.

    - Tuo fratello è buonissimo.

    - Non lo conosci come lo conosco io.

    - Starà sempre con Viviana, non preoccuparti. Mi occuperò io di entrambi.

    - E’ questo, vedi? Non dovresti occuparti di loro, ma essere libera di viverti la tua serata!

    - Per me non è un fastidio, anzi, è bello.

    - Non sono convinto.

    - Amore, potrò decidere di passare il mio compleanno come desidero?

    Esattamente su queste parole si aprì la porta ed entrarono Mirko e la madre.

    - Sei con Cinzia? - gli chiese lei.

    Luca annuì e volse subito lo sguardo su Mirko. Questi abbassò gli occhi a terra.

    - Salutamela, - disse, e si schiarì la gola.

    Era fin troppo chiaro che il dolce fratellino e la sua carissima amica Viviana avevano tramato alle sue spalle.

    - Luca? Ci sei?

    - Cinzia… Ti saluta mio fratello, - mormorò quasi in un ringhio, senza allontanare lo sguardo dal suo viso.

    Alla madre questo non sfuggì, e chiese:

    - C’è un problema?

    - Solo che è furbo! - disse Luca tra i denti.

    - Perché vuole stare con voi?

    Luca non rispose. Al che sua madre disse:

    - Non c’è nulla di male per noi. Basta che non fate troppo tardi.

    - Ma volevamo andare a ballare poi…

    - Luca, andremo al pub, ho deciso. - intervenne Cinzia.

    - Passamela, - disse sua madre.

    Luca le porse il telefono di malavoglia.

    - Cinzia?

    - Salve signora.

    - Ciao tesoro…

    Luca era avvilito. Mirko, che da quando era entrato non osava alzare lo sguardo da terra, provò a scrutare il fratello.

    - Sei arrabbiato? - gli chiese a bassa voce, mentre la madre parlava con Cinzia.

    - Tu cosa ne pensi? - replicò Luca in un sibilo.

    - E’ un’idea di Viviana…

    - E’ un’idea tua e di Viviana, non fare il santo. Non porterete anche i vostri amici, spero!

    - No, no… solo noi…

    - Basta che non fai come al solito.

    Mirko non disse più nulla. In realtà provava un leggero senso di colpa, o forse… no, piuttosto un vago imbarazzo. Era troppo contento per sentirsi in colpa.

    - Va bene, Cinzia, un bacio.

    La madre restituì il telefono a Luca.

    - E’ deciso, - gli intimò. - Andrete al pub. E tu porterai tuo fratello senza tante storie!

    Il giorno dopo, all’uscita da scuola, Mirko e Senape si incontrarono sotto il portico delle biciclette. Dato che le fermate erano troppo distanti per entrambi, non prendevano più l’autobus la mattina, nemmeno d’inverno. Il primo anno, vista la loro propensione ad essere quasi sempre in ritardo, avevano corso tutti i giorni con l’ansia di perderlo, e la bicicletta, oltre ad averli liberati da un incubo, aveva il vantaggio non indifferente di poter deviare il percorso, volendo.

    Era un’opzione molto condivisa: ogni giorno, lungo tutto il portico se ne parcheggiavano almeno un centinaio.

    - Che hai? - chiese Mirko all’amico.

    Senape era stranamente silenzioso. Lo aveva salutato con un cenno vago, mentre apriva il lucchetto.

    - Sto pensando.

    - Alla storia di Santo?

    - Sì.

    - Spiace anche a me. Purtroppo lui non sa farsi rispettare.

    Senape gettò il lucchetto a terra.

    - No, Mirko, non è così. Il problema non è Santo, porca puttana. Santo è capacissimo di farsi rispettare, e tu che lo conosci lo sai. Il problema con quegli stronzi è che capiscono solo quelli come loro. Bisogna rispondergli con la stessa moneta, se vuoi ottenere qualcosa. Santo non reagisce, lui non fa così. Ha un modo tutto suo di reagire. Lui… si distacca, non… Con questi bisogna usare la forza, è l’unico modo.

    - E cosa vuoi fare? Per qualunque cosa, io ci sto.

    - Mi ha detto Santo che erano in tre, ma l’ha picchiato uno solo. Gli altri due coglioni stavano sulla porta a controllare.

    - E allora becchiamo quello che l’ha menato e facciamogliela pagare.

    - Santo non vuole.

    Mirko si spazientì.

    - Cosa vuol dire non vuole? Chi se ne frega, diamogliele lo stesso!

    - No. Santo non vuole, e va bene così.

    - Bene, complimenti.

    - Temp, se fosse per me, l’avrei già fatto. So chi è.

    - Non ti capisco.

    - Dammi una mano. Santo è d’accordo a fargli qualcosa, ma non vuole rispondere con la violenza. Ha questa fissa. Dobbiamo pensare a qualcosa. Aiutami a trovare un’idea.

    - Potremmo farlo espellere. Trovare il modo per farlo sbattere fuori.

    - No, sarebbe troppo. Non mi va di esagerare. E poi si vendicherebbe e a pagare alla fine è sempre Santo.

    - Uno scherzo?

    - Ci vuole qualcosa, sì. Una cosa così.

    Alle quattro e venti di quel pomeriggio, Mirko camminava spedito verso la casa di Viviana. Abitavano a meno di cinquecento metri di distanza. Si sentiva ridicolo e nervoso, era da quando si era svegliato che pensava alla lezione di ballo, ma doveva ammettere che l’idea lo divertiva. Avrebbe potuto stupire tutti alla festa. Ad ogni modo la discrezione di Viviana era una certezza, e seppure l’impresa di insegnagli qualcosa di utile fosse risultata disperata, la cosa sarebbe rimasta tra loro due.

    Viviana era molto brava a ballare, sapeva mostrarsi disinvolta, ed era soprattutto questo che Mirko aveva bisogno di imparare. L’amica aveva dato prova delle sue capacità durante una recita scolastica del primo anno. Frequentava corsi di danza classica e hip hop fin da piccola, e gli insegnanti l’avevano scelta subito tra le protagoniste. Alla serata sarebbe stato fantastico se avessero potuto ballare insieme. Che faccia avrebbe fatto suo fratello!

    La sera prima, una volta soli in camera, Luca lo aveva di nuovo accusato di aver tramato per rovinargli il sabato sera, e che per colpa sua aveva quasi rischiato di litigare con Cinzia. Mirko aveva ripetuto e giurato che non era vero, che era successo tutto a sua insaputa, e che l’idea del pub era stata solo di Viviana. Infine, per calmare il fratello, aveva dovuto promettergli solennemente che sarebbe stato attentissimo a non fargli fare brutte figure coi suoi amici.

    - Però, - aveva aggiunto per non dargliele tutte vinte, - sembra che vivi solo per loro.

    - A te non deve importare, - aveva replicato Luca a muso duro, e non parlarono più.

    Viviana abitava in una bella villetta con un piccolo giardino sul davanti colmo di aiuole fiorite. Per Mirko, tutto quello che riguardava la sua amica era femminile. La casa in cui abitava, il fatto che avesse una sorella, la sua intransigenza, il suo senso della giustizia. Come aveva affermato sua madre, Viviana era una ragazza molto dolce, eppure al di fuori della sua cerchia di amici più stretti, Senape, Santo e Mirko stesso, veniva considerata un maschiaccio, incapace com’era di adeguarsi a una compagnia femminile. Lei diceva che le ragazze erano generalmente stronze, ma guai se un maschio esprimeva la stessa considerazione, era critico

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