You are on page 1of 28

/:/LA MESSICANA.

La giornata era calda e piovosa, e appena fuori di casa, Sergio si accorse del suo errore. Aveva indossato un pesante vestito invernale, mentre avrebbe dovuto mettersi, con quel clima quasi tropicale, un abito di mezza stagione. Inoltre si era gravato di un pastrano anch'esso invernale, a doppio petto, come a dire che sul petto e sul ventre aveva non uno ma due pastrani. Infine portava una maglia di lana a pelle sotto la camicia, calze di lana ai piedi e una sciarpa di lana intorno il collo. In una mano teneva l'ombrello, nell'altra i guanti. Appena ebbe mosso i primi passi, gli parve di essere bardato come un cavaliere medievale. La colpa, come pens, era di quelle maledette nuvo"le nere che si aggrovigliavano in cielo; e anche di sua ma-" dre che, mentre si vestiva, era venuta a raccomandarsi che, per carit, si coprisse bene. Pens un momento di tornare indietro ad alleggerirsi, ma subito vi rinunzi: abitava all'ultimo piano, l'ascensore non funzionava e salire le scale con tutti quei panni addosso sarebbe stata una fatica troppo ingrata. Tuttavia, a misura che camminava per le strade affollate, il fastidio, il caldo, il peso crescevano e insieme il malumore. Per giunta pioveva, finemente, non tanto da giustificare l'uso dell'ombrello ma abbastanza per velare i selciati di un madore rugiadoso sul quale il pie"de sdrucciolava. Questa pioggia rinforzava l'afa; giunto in" capo alla strada si accorse di essere fradicio di sudore. Era uscito per passeggiare, ma comprese che con tutta quella roba addosso la passeggiata non produceva il solito "effetto distraente e riposante; al contrario, nel calore mal-" sano che l'irretiva dalla testa ai piedi, l'occhio gli si fissava rabbioso su tutti gli aspetti pi meschini e pi brutti della citt. Come se li avesse visti per la prima volta, gli si rlvelavano la volgarit delle vetrine piene di oggetti che "gli parevano tutti inservibili; la miseria fradicia e ombro-"

sa dei vicoli sparsi di detriti e di ombre guardinghe di "gatti; la goffaggine dei vestiti delle donne, Ia povert di" "quelli degli uomini; l'aspetto sudato, untuoso, disfatto delle" facce che senza tregua uscivano dall'ombre della strada, gli si avventavano incontro e scomparivano. La citt intera che di solito amava tanto, gli appariva adesso come un enorme mucchio di immondizie, in cui, gettati alla rinfusa, Si corrompevano e fermentavano uomini e cose che in altro luogo e in altre condizioni, avrebbero conservato freschezza e mtegrit. Intanto, si faceva notte, rapidamente. Non sapendo che fare, egli si ferm davanti al vetrina di un tabaccaio osservando quasi senza vederle le pipe e i mazzi di carte. Ci che in quel momento gli dava pi fastidio erano le calze di lana: provava a muovere le dita dentro la scarpa e le sentiva tutte invischiate, come se stessero per sciogliersi a guisa di candele. Poi, qualcuno, uscendo dal negozio, lo urt, egli lev gli occhi e riconobbe Luciano, un suo amico d'altri tempi. Non aveva mai amato Luciano, un antico compagno "di scuola; e negli ultimi dieci anni l'aveva veduto s e" no una volta o due all'anno. Ma pur non amandolo e anzi, desiderando di non incontrarlo, non era mai riuscito a rompere quegli assurdi e rari rapporti. In realt ravvisava in Luciano la personificazione di una parte di se stesso che odiava e di cui si sarebbe disfatto volentieri se avesse potuto. Nella persona erano assai somiglianti: ambedue piccoli, bruni, fini nei tratti, curati nel vestire. Ma il viso di Luciano portava i segni di una dissipazione volgare mentre quello di Sergio aveva un'espressione dolce e un po' malinconica. Luciano era pallido, quasi grigio in volto, con la fronte calva che si inoltrava sotto radi capelli, con l'occhio spento e torbido. Sergio aveva il viso fresco, i capelli folti e lucidi, lo sguardo vivo. Ambedue erano, come si dice, di buona famiglia. Ma mentre Sergio viveva coi genitori e lavorava da avvocato nello studio del pa-

dre anche lui avvocato, Luciano erano andato via di casa e stava in camere ammobiliate, non lavorava, e passava il tempo con gente raccogliticcia: ragazze del variet, giocatori di professione, giovani oziosi. Questo mondo ripugnava a Sergio almeno quanto la persona dell'antico compagno di scuola. Ma per una specie di fascino incomprensibile, cos il mondo di Luciano come Luciano stesso, pur ripugnandogli, l'attraevano ed egli non sapeva sottrarsi all'amico quelle rare volte che l'incontrava. In quelle occasioni, stavano insieme una sera, una notte, a cena e in altri luoghi. Il giorno dopo Sergio si sentiva umiliato al ricordo della serata passata con l'amico spregevole e giurava a se stesso di non ricadercl pi. Il primo movimento di Sergio, vedendo Luciano, fu di sfuggirlo. Ma l'amico ormai l'aveva visto e gli venne incontro. Si strinsero la mano e si avviarono insieme per la strada. Luciano aveva comperato le sigarette e le offr a Sergio. Costui avrebbe voluto rifiutarle, ma accett. Come stai? domand Luciano dopo un momento. Sto bene , disse asciutto Sergio. E a casa tutti bene? Tutti . E tu fai sempre l'avvocato? S, sempre . " L'amico pareva di cattivo umore; e Sergio sospett che" si fosse accorto di quel suo primo movimento per sfuggirlo. Volle esser cortese e pens di domandargli a sua volta notizie di qualche persona che gli fosse cara. Ma poich non conosceva la famiglia, non seppe trovar di meglio che informarsi sull'amante di Luciano o meglio su l'ultima amante con cui l'aveva visto circa sei mesi addietro. Era, come gli parve di rammentare, una donna giovane e non brutta, seppure, come tutte le donne di Luciano, molto volgare. Ma all'infuori di questa confusa impressione dl glovmezza, avvenenza e volgarit, non gli riusc affatto di ricordarsi come fosse n chi fosse. Lo stesso nome Al-

bina, rintracciato in fondo alla memoria, gli parve incerto. Tuttavia domand: E Albina come sta? Luciano si ferm per riaccendere la sigaretta che si era spenta. Alla luce della fiammella dell'accendino, Sergio vide che la sua domanda aveva sortito un effetto palese seppur difficile a definirsi. La freddezza di Luciano era troppo ostentata per essere vera. Ah, l'Albina... te ne ricordi eh , dlsse m tono sarcastico, ti far forse piacere di sapere che proprio oggi ci siamo lasciati definitivamente . Perch piacere ? domand Sergio stupito. L'altro prosegu: L'Albina una... e qui disse una parolaccia che fece trasalire Sergio il quale non potcva tollerare le brutte parole soprattutto in riferimento alle donne, lO ne ero completamente stufo... perci le ho detto di levarsi dai piedi... Ti fa piacere eh . A me non fa piacere , disse Sergio imbarazzato, anzi mi rincresce... . L'altro si ferm e lo squadr dall'alto in basso con una occhiata sardonica: Va l che sei un bel tipo... ti rincresce eh?... Dillo ancora . S, mi rincresce... . Sei anche sfacciato . Ma io.. . A te l'Albina ti piace, e come... e ora sei contento che non stia pi con me . Luciano tacque un momento assaporando, come pareva, l'amarezza contenuta in queste parole. Poi soggiunse con disprezzo: Bell'amico per... ma gi tutti gli amici sono eguali... tutti tirano a metterti le corna . Sergio era stupefatto. Non ricordava di essersi mai occupato dell'Albina, quelle due o tre volte che l'aveva vedu"ta insieme con Luciano; n di essersi mai accorto che" l'Albina si occupasse di lui. Disse, un po' nervosamente: Ma ti assicuro che io... . L'amico lo interruppe: Cosa credi che non ti osservai

quel giorno che si and alle corse e poi si cen insieme? Non sono mica cieco... del resto umano . Ma veramente quel giorno... . Anzi , disse Luciano fermandosi davanti un piccolo portone, in una straduccia, questa la casa dell'Albina... dovevo andarci per renderle questi guanti... ma meglio che ci vai tu... vacci tu... dlle i guanti e gli mise in mano un paio di guanti gualciti, va, dille che pcr me finito... naturalmente la successione aperta... fatti sotto... Iei sar ben contenta... non desidera altro . Ma io, caro mio... . " Che aspetti... su su... va ; Luciano sgarbatamente gli" diede una spinta facendolo entrare sotto il portone, va... sarai contento eh... ti ho risparmiato il fastidio di cercare l'indirizzo... ti ci ho portato addirittura... ma non vorrai mica che te la spogli, no?... Ma Luciano... . L'altro non gli dava pi retta, ormai. Siamo intesi... trattala bene, invitala a cena, non fare lo spilorcio... buona fortuna . Con un gesto della mano lo salut e scomparve.

Rimasto solo, Sergio si sent pi che mai inondato di sudore. Al caldo si aggiungeva adesso la sensazione spiacevole di una situazione falsa. Quanto gli stava capitan"do era quasi inverosimile; tuttavia non era l'inverosimi-" glianza che gli dava fastidio bens l'atteggiamento di Luciano ed il proprio. L'inverosimiglianza si poteva spiegare in questo modo: o Luciano, senza motivo era geloso di lui, oppure l'Albina si era servita di lui allo scopo di fare ingelosire l'amante. Ci invece che gli dava da pensare era da una parte il tranquillo disprezzo dell'amico, come se fosse stato ovvio che egli mirasse a soppiantarlo nelle gra"zie dell'Albina; e dall'altra la propria improvvisa inclina-" zione ad accettare questa parte di traditore che gli veniva affibbiata. Sergio aveva di se stesso un'idea dignitosa sep-

pure formale. Adesso la tentazione che l'equivoco di Luciano suscitava nel SUG animo, gli faceva dubitare di s. E' chiaro , pens, basta che rinunzi a salire dall'Albina e me ne vada a casa e Luciano si convincer di essersi sbagliato . Ma si aorse che, intanto, quasi suo malgradosi era addentrato di un passco due nel corridoio della casa. Era una casa vecchia e sporca, il corridoio era al "buio, un tanfo umido riempiva l'aria; eppure, inspiega-" bilmente, quella decrepitezza, quella sporcizia, quel tanfo, quell'oscurit l'attraevano e lo turbavano. Il cuore aveva preso a battergli pi in fretta e il respiro quasi gli mancava. Le consegner i guanti e me ne andr , pens alfine avviandosi verso il fondo del corridoio. Sal di corsa, con animo insieme oppresso e bramoso, tre capi di scala, suon, in un chiarore incerto, ad una piccola porta che pareva spalmata di bitume. Venne ad aprirgli una donna in grembiale, ossuta e scapigliata, un bambino in braccio e una ventola in mano. Al nome dell'Albina costei, senza dir parola, gli indic con la ventola una porta in fondo a un corridoio. Sergio, il cappello in una mano e l'ombrello nell'altra, sentendosi pi che mai impacciato, attravers una piccola anticamera nuda, and in fondo al corridoio e buss all'uscio. Una voce di donna gli disse di entrare. Egli spinse l'uSCIO e si trov in una cameretta stretta che pareva un semplice prolungamento del corridoio. In fila, da un lato, c'erano un piccolo armadio, un sof ricoperto da una con"sunta stoffa rossa, e un tavolino con una seggiola; dal-" l'altro lato avanzava appena lo spazio per muoversi. In fondo, davanti la finestra chiusa, una vecchia toletta dai "veli appassiti e dai nastri sudici; e, seduta alla toletta, l'AI-" bina. I suoi fianchi rotondi di donna giovane sporgevano "dallo sgabello su cui stava rannicchiata; ella era in sotto-" veste verdolina, e finiva di pettinarsi, la testa reclinata da un lato e il braccio nudo alzato a menare la spazzola sui capelli. Disse con voce tranquilla: Sei tu Luciano?

Sergio pensava: Le d i guanti e me ne vo . Rispose impacciato: No, sono io, Sergio . L'Albina si volt di scatto, in un movimento quasi convulso di tutta la persona, mostrando il bianco degli occhi e stirando il petto bruno e gonfio sotto le trine della sottoveste Sergio si avvicin: Forse lei non si ricorda di me , incominci cercando di adottare un tono cortese e distaccato, e si meraviglier di vedermi capitare qui in luogo di Luciano... mi dispiace ma sono latore di una cattiva notizia... Luciano mi ha incaricato, poco fa, di dirle che non verr e che non vuole pi vederla... e di darle questi guanti . Egli si sporse e pos i guanti sulla toletta. Si aspettava che la donna commentasse in qualche modo il contegno di Luciano. Ma l'Albina tacque guardandolo con curiosit. Egli la guard a sua volta e not quasi con rincrescimento che era proprio una bella ragazza e che gli piaceva: la testa piccola, con gli occhi tondi e neri, il naso aquilino e la bocca fine, aveva la grazia di una "testa di uccello; ma il collo era forte, le spalle piene e il" petto florido, con una carnagione bruna e calda. L'Albina con la sua sottoveste verde tutta appassita e le sue ascelle non depilate, di una villosit molle e nera, dava un senso di grande trasandatezza se non di sudiceria. Ma anche questo, come si rese conto, non gli dispiaceva. Confuso, quasi suo malgrado soggiunse: Se vuole e se non ha nulla di meglio da fare, possiamo cenare insieme . Si pent subito di quest'invito e sper che la donna rifiutasse. L'Albina disse, alfine, con lentezza: Luciano un bugiardo... sono io che non voglio pi saperne di lui... ma lel per questo non deve cantar vittoria... cosa crede che non l'ho capito ? Cos anche l'Albina, come Luciano, era convinta che egli le facesse la corte. Irritato rispose: Ci creda o no, sono venuto soltanto per riportarle i guanti . E per invitarmi a cena , fin l'Albina in tono allusivo. Beh, dove vogliamo andare?

Cos ella accettava. Sergio non pot fare a meno di sentirsi contento: Dove vuole . Andiamo da Paolone , disse la donna, si mangia bene . Ella riprese la spazzola e ricominci a darsi quegli energici colpi sui capelli. Perch non si siede... che cosa fa l impalato ? Sergio sedette sul sof, goffamente, impacciato dai v estiti pesanti. Adesso l'avventura con l'Albina si confondeva nella sua mente con la smania di liberarsi dai panni. Pensava che si sarebbe spogliato in quella stanzetta che non pareva riscaldata e gli sembrava che spogliarsi gli avrebbe fatto anche pi piacere che possedere l'Albina. Purtroppo. a quel momento tanto desiderato, mancava ancora mOItO E cos , disse l'Albina senza guardarlo, lei contento che lO e Luciano ci siamo lasciati . Io , balbett Sergio, veramente... . Non le sembrato vero , continu l'Albina, mi sembra di vederlo... appena Luciano le ha detto che tra nol e fimta.. Iei tutto gongolante si precipitato quassu... pensando che questa era la volta buona... non cosi? Le giuro che si sbaglia , disse Srgio con qualche energia. Ma non era pi cos sicuro. Era poi vero che la donna si sbagliava? Cosa crede? Che non me ne ero accorta? Di che? L'ultima volta che ci siarno visti con Luciano... in quella trattoria... Iei non ha cessato un sol momento di pestarmi il piede sotto la tavola... mi ha quasi rovinato una scarpa... un bel tipo, lei . Sergio questa volta rest silenzioso un lungo momento. Si trattava finalmente di un fatto preciso: egli aveva pestato il piede alla donna con intenzione galante. Ricordava, vero, di essersi recato con Luciano e l'Albina in tratto"ria; ricordava pure che Luciano e l'Albina stavano seduti da-"

vanti a lui, suna panca addossata alla parete. Ma era assolutamente sicuro di non aver pestato intenzionalmente il piede dell'Albina. Forse, senza volerlo, poteva averla urtata sotto il tavolo. Pi probabile, come aveva gi pensato, che l'Albina avesse inventato tutta la storia per fare ingelosire Luciano. Rinfrancato da questo esame, disse lentamente: Guardi che deve sbagliarsi... io non posso aver pensato di pestarle il piede... una cosa che non farei mai in nessun caso... forse confonde con qualcun altro . Carino lui , disse la donna con scherno, no, non confondo, in queste cose non mi sbaglio mai . iproprio volgare , pens Sergio offeso. Ma capiva che questa volgarit, cos intonata al luogo e alla persona, non gli dispiaceva. Prov ad essere leggero, libertino: Ebbene, ammettiamo, visto che ci tiene tanto, che le abbia pestato il piede... e con questo? L'Albina pos la spazzola, ormai i capelli tutti spiana"ti e strigliati le si distendevano a ventaglio sulle spalle; e" si volt verso di lui: Vieni qui . Il tu turb Sergio. Egli si alz e mosse un passo. La donna insistette: Ti ho detto di venir qui . Sergio mosse un altro passo. E ora , disse la donna piacevolmente, come si parla ai cani, a cuccia . Come sarebbe a dire? A cuccia . Sergio pieg le ginocchia nelle faldi pesanti del cappotto e venne a trovarsi naso a naso con l'Albina sedura. Ella lev il braccio forte e tondo, e passandogli una mano dietro la nuca incominci: Mica che non mi piaci... anzi rni piaci senz'altro... . Che faccio? pensava Sergio. Ma avvicin il viso a quello dell'Albina come per baciarla. Ella lo respinse subito: No... no... buono... ho detto che mi piaci ma questa non una buona ragione... furbo lui . Ella rise un po' sguaiatamente, mostrando i denti piccoli e bianchi e gli diede un colpo al petto, un colpo da contadina, forte e du-

ro. Sergio perse l'equilibrio e cadde a sedere in terra. Furioso contro se stesso, si rialz. Capiva che con l'ammettere di aver pestato il piede e aver cercato di baciare l'Albina, aveva dato definitivamente ragione a Luciano. E per giunta senza risultato. Domand irritato: Ma insomma ti piaccio o non ti piaccio? L'Albina rispose: Non mi hai lasciato finire... mi piaci sl, ma mutlle non sono per te... io sono di Luciano . Ella disse queste ultime parole con una fedelt faziosa e ottusa, proprio, pens Sergio, da donna dei bassifondi che non discute l'amante neppure se questi la tradisce o la sfregia. Ma Luciano , non pot fare a meno di dire non vuol pi saperne di te . Non importa: io sono di Luciano... e poi tu sei amico di Luciano e non dovresti cercare di portargli via la donna... non bello quello che stai facendo . Ella scosse il capo con aria di disapprovazione e si alz dalla toletta. In piedi, in pianelle, pareva troppo larga di fianchl per la sua statura. And a un attaccapanni, ne prese due calze che vi stavano appese e le guard con aria di dubbio. Le calze che aveva alle gambe erano rammendate per lungo, con certe cuciture visibili che parevano cicatrici. Rimise le calze sull'attaccapanni e and all'armadio. Sergio stordito, inondato di sudore, le si avvicin e le cinse la vita con un braccio. Ella non gli fece caso e aperto l'armadio ne trasse il solo indumento che conteneva: un misero cappottino marrone: Aiutami a metterlo . Sergio prese il cappotto e come l'Albina si rovesciava tra le sue braccia per infilare le maniche, la baci sul collo. Sent che la pelle era grassa e che i capelli emanavano un odore selvatico. Ella fece un gesto come per scacciare una mosca: Uh come sei cocciuto . Ella si abbotton il cappotto esageratamente avvitato in cui fianchi e petto parevano esplodere. And in un angolo, si tolse le pianelle e saltellando si infil un paio di scarpe sdrucite. Disse: Andiamo .

Sergio prese l'ombrello e il cappello e la segu con un senso acuto di noia e di irritazione. La donna ossuta e scapigliata con il bambino in braccio si affacci dalla cucina: Se il signor Luciano venisse , disse l'Albina, lo faccia aspettare in camera mia . Uscirono e presero a scendere l'uno accanto all'altro la scala buia e stretta. Scendendo, i loro fianchi si toccavano e l'Albina disse con un riso che a Sergio parve offensivo: Ti strofini, eh . Che il diavolo ti porti , egli pens. Ma il suo braccio, come mosso da una volont indipendente, si lev e cinse la vita dell'Albina. Senza dir parola, ella gli diede in quel buio un colpo forte col fianco che quasi lo fece cadere. Sergio cap e lasci la vita. Fuori pioveva, in un caldo accresciuto. L'Albina gli disse: Apri l'ombrello . Egli ubbid e l'Albina gli si strinse al braccio, con un gesto quasi affettuoso. Presero a camminare insieme. Cosa pensi di Luciano? ella gli domand ad un tratto. Sergio rispose senza riflettere: Penso che un fannullone e che finir male . Ella disse con una voce giudiziosa: Non un buon sistema quello che stai seguendo... te l'ho gi detto... non sar parlandomi male di Luciano che riuscirai a farti amare da me . Irritato Sergio rispose: Penso di lui molto peggio di COSI... non ho detto che la minima parte . E VUOI passare per suo amico . Ma io non sono amico di Luciano , disse Sergio con violenza, vuoi capirlo s o no?... lo conosco appena . Sar... ma lui dice che siete tanto amici . Eravamo a scuola insieme, ecco tutto... di un tipo come Luciano io non potrei essere amico . Perch ? L'ira incresp ad un tratto le narici di Sergio: Per-

ch Luciano una persona equivoca e io non lo sono . Sar , ella ripet con ostinazione, Luciano sar anche, come dici, un tipo equivoco... ma lui si fida di te e tu invece cerchi di rubargli la donna, questi sono i fattl . Ma che c'entra... chiunque potrebbe farti la corte S, ma tu diverso... tu e Luciano siete amici Cos non c'era nulla da fare. Fradicio di sudore, rabbioso, Sergio tacque. Dovrei piantarla in asso , pens. Ma la pressione del braccio dell'Albina, lo sfioramento del fianco rotondo bastarono a fargli cambiare idea. Entrarono in una bula plazza m demolizione. Le insegne violette del neon si riflettevano sopra mucchi di fango pesticciato, qua e la lanterne rosse avvertivano la presenza di profonde buche allagate. Aspettami qui disse l'Albina, vado un momcnto al fermo posta . Ella entr nell'edificio della posta e Sergio rimase sulla soglia. Pioveva tuttora, nella luce dei fanali si vedeva che la pioggia era fitta seppure fine e come polverizzata. Gente entrava e usciva dalla posta, tra cui molte donne modeste e volgari come l'Albina. proprio giunto il momento di "andarsene , egli pens; e si avvi lentamente, lungo una" palizzata. Ma a mezza strada ricord che doveva imbucare una lettera e torn indietro. Mentre introduceva la lettera nella buca, sent qualcuno toccarlo al braccio: Andiamo , disse l'Albina. Ella rigirava tra le mani una lettera. Poi senza aprirla, se la mise in tasca. Sergio domand: Non la leggi? E di mio marito... faccio sempre a tempo . Di tuo marito ? S , ella rispose, perch sono sposata... non lo sapevi ?... lui artista nella compagnia Goretti... poveretto... gira, gira, gira e mi scrive sempre... io per un poco ho lavorato con lui... cantavo e lui mi accompagnava con la chitarra... poi mi sono stufata... bisognava andare in certi paesotti di provincia... ho preferito restare a Roma . Intanto

erano usciti dalla piazza e camminavano per una larga strada fangosa, senza marciapiedi, ingombrata da una duplice fila di carrettini di venditori ambulanti. L'Albina non aveva fretta di andare a cena. Uno per uno esamin tutti i carrettini, perfino quello dei libri usati, perfino quello delle lame da barba. Era proprio, non pot fare a meno di pensare Sergio, la piccola guitta che esce sull'imbrunire dalla misera camera ammobiliata e si diverte allo spettacolo della strada. Ma neppure la luce divorarte delle lampade ad acetilene pareva smontare quella sua "avvenenza un po' bestiale; al pi accusava il pallore delle" guance e il giallo alone di stanchezza intorno agli occhi neri. Ad una bottega di biancheria da uomo, sovrastata da una lunga striscia di tela fradicia di pioggia con la scritta a grandi lettere: al crollo dei prezzi , ella entr decisamente dicendo: Entriamo... voglio comprare una cravatta per Luciano . Sergio la segu, indispettito da questa tenace fedelt. "Il negozio era piccolo e in gran disordine; pi che i prezzi" pareva che fosse crollata sul banco tutta la varia mercanzia. Il venditore sciorin sotto gli occhi dell'Albina un groviglio di cravatte dozzinali e l'Albina scelse con cura la pi brutta, domandando poi a Sergio: Non vero che bella ? - Bellissima . E per il signore? domand il venditore, proprio quello che ci vuole per il signore . L'Albina frug con impaccio nel borsellino. Te la pago io , disse Sergio, ccme spinto da un puntiglio vendicativo. Come furono fuori, l'Albina disse a Sergio: Grazie... ma poi non andarglielo a dire a Luciano che l'hai pagata tu . Per chi mi prendi ? Ripresero l'esame delle vetrine. L'Albina si ferm a lungo davanti Ull negozio di scarpe e poi disse: Dopo avermi rovinato un paio di scarpe a forza di farmi piedino, ora

dovresti comprarmene un paio nuovo . Il tono era scherzoso ma non tanto: l'Albina scroccona sperava di farsi regalare un paio di scarpe. Sergio esit un momento e poi decise di comprare le scarpe all'Albina. Comprate le scarpe, gli sarebbe restato abbastanza denaro per la cena ma non per il regalo d'obbligo dopo l'amore. Pens tuttavia che l'Albina si sarebbe contentata delle scarpe. L'Albina lo guardava con speranza. Egli disse lentamente: Come mai Luciano che ti vuole tanto bene ti manda in giro con delle scarpe cos brutte ? Da Luciano non voglio nulla . Sei tu che paghi le scarpe a lui eh ? L'Albina prefer non rispondere e Sergio argu che, come aveva sempre sospettato, Luciano non si facesse scrupolo di prender denaro dalle amanti. Disse, dopo un momento: Allora andiamo... compriamo queste scarpe . L'Albina doveva aver gi rinunziato alle scarpe, perch ebbe un vivo, gioioso movimento di sorpresa. Dici sul serio? Serissimo . Entrarono nel negozio. L'Albina era fuori di s dalla gioia, lo si vedeva dal modo con il quale si pavoneggiava dimenando i fianchi, fra tutti quegli specchi e quelle cataste di scatole. Ella sedette ed affid ad un biondo e loquace commesso il piede piccolo e ben fatto. Con sorpresa di Sergio, tra le molte scarpe che il commesso via via le proponeva, ella fin per scegliere un paio di scarpe sportive, massicce e chiare, con una grossa suola di gomma grezza color limone. Ma non sarebbe meglio un paio di scarpe nere, da citt , arrischi Sergio. L'Albina rispose: Cos quando mi farai il piede sotto il tavolo, non si romperanno . Era uno scherzo in cui trovava espressione la sua gratitudine. Ma Sergio arross, anche perch il commesso lo guardava e sorrideva. Fuori del negozio, l'Albina prese lo slancio e lo baci con impeto sulla guancia, dicendo: Grazie, sai . Sergio

disse scontento: Mi hai baciato sulla guancia, come si bacia un padre . Sulla bocca bacio soltanto Luciano . Nelle scarpe troppo chiare e troppo grosse, il cappottino marrone stirato dai fianchi floridi, il pacco delle scarpe vecchie sotto il braccio, l'Albina piena di gioia, di fie"rezza e di miseria, era quasi commovente; e Sergio si con-" sol della risposta, pensando che, se non altro, aveva fatto una buona azione. L'Albina dopo il negozio delle scarpe nuove, and direttamente l accanto ad un bugigattolo in cui si risuolavano per espresso le scarpe vecchie. A lungo, tra mucchi di calzature sformate e velate di polvere, in un tanfo di cuoio fradicio e di piedi, ella spieg al calzolaio le sue esigenze. Quindi compr un lucido per le scarpe nuove e usc. Camminarono ancora per quel quartiere buio e sordido, di strada in strada, di vicolo in vicolo. Improvvisamente Sergio si guard intorno e vide da una parte la porta a vetri colorati di una casa di tolleranza, dall'altra un orinatoio e, poco pi in l, L'uscio di una trattoria. In terra i soliti selci fangosi e luccicanti sparsi di torsoli e di gatti famelici. Tre uomini uscirono dal bordello ridendo e parlando ad alta voce e si diressero verso l'orinatoio. Bel posto , stava per dire Sergio. Ma non fece a tempo perch l'Albina annunzi fermandosi davanti la trattoria: E qui . Sui vetri dell'uscio si vedeva, infatti, scritto in lettere corsive color sangue di bue: Da Paolone. Specialit romane. Vino dei Castelli. L'Albina spinse l'uscio ed entr, seguita da Sergio disgustato che chiudeva l'ombrello, in un'aria calda e fumosa. La trattoria consisteva in una sfilata di stanzette minuscole. Nella prima sala, pi grande delle altre, c'era un tavolo centrale con qualche piramide di arance e qualche mazzo di finocchi e una grande ghiacciaia di legno grezzo, sormontata da un magistrale paio di corna. Era una trattoria senza pretese, come lasciava intendere il

grido frequente di mezza porzione echeggiante da una sala all'altra. Sergio not che i clienti rassomigliavano tutti in qualche modo all'Albina e a Luciano: le donne giovani, molto dipinte e vestite male, gli uomini dissipati, smunti e agghindati con dubbia eleganza. L'Albina procedeva lentamente di sala in sala, frequentemente salutata da quegli "squallidi clienti; e pareva cercare qualcosa o qualcuno. Giun-" ta in fondo alla trattoria, ella accenn a Sergio come per dire: ho trovato . Sergio si affacci a sua volta e vide una stanzetta minima, quasi una cella, con due soli tavolini. Uno era libe"ro e gi l'Albina vi sedeva; all'altro sedevano Luciano e" una donna. Ah era per questo , pens. Luciano non parve meravigliarsi e disse: Addio Sergio , con voce tranquilla. Sergio and al tavolo dell'Albina e disse sottovoce chinandosi: Andiamo via... c' Luciano . Bella scoperta , ella rispose. Fingeva di esaminare il menu a testa bassa. Andiamo al ristorante Splendid , propose Sergio pensando che il lusso potesse indurre la donna a seguirlo. Ella lev la testa e lo guard con finto stupore: Perch... si sta cosi bene qui . Cos non restava che sedersi. Sergio si tolse il pastrano e lo depose insieme con l'ombrello e con il cappello su una seggiola. I due tavolini erano proprio di fronte e loro quattro non potevano non guardarsi. L'Albina e lui sedevano su una panca addossata alla parete e su altra panca addossata alla parete di faccia, sedevano Luciano e la sua compagna. Alla porta pendeva una tenda che accresceva il senso di clausura e di vicinanza. Adesso Selgio si rendeva conto di non essere che una pedina nel gioco della gelosia dell'Albina e chiss da quanto tempo questo gioco era cominciato. E tuttavia, guardando all'Albina, si accorse di sperare che tra quei due litiganti egli fossc il terzo che gode, ossia di riuscire, qua-

lunque ne fosse il motivo, a far sua l'Albina. Sono un imbecille , pens con dispetto. Aveva pi caldo che mai "sebbene si fosse tolto il pastrano; L'aria nella trattoria, den-" sa di fumo e di odori di cucina, era soffocante. Di nuovo, in quel calore, gli sorrise l'avventura con l'Albina come un mezzo spiccio e piacevole per togliersi le calze di lana, strapparsi di dosso i panni e restar nudo nell'aria fresca di qualche squallida camera ammobiliata. Intanto l'Albina aveva chiamato il cameriere e ordinava ci che a Sergio, sempre molto sobrio, parve una cena gargantuesca: antipasti, pasta asciutta, abbacchio con patate al forno. Per il dolce, ella soggiunse, avrebbe deciso dopo. Egli non pot fare a meno di ammirare questo gagliardo appetito che neppure la gelosia valeva a smorzare. Ha fame? domand tornando al lei. Ella rispose aggressivamente: S ho fame... ma dammi del tu... non fare lo scemo . Era veramente difficile sedere l'uno di fronte all'altro e non guardarsi. Sergio, dopo aver cercato invano di evitare di rivolgere gli occhi alla coppia di fronte, decise che tanto valeva guardare francamente. Luciano sedeva di sbieco e lui lo vedeva di profilo. Ma la donna sedeva di faccia. Era una donna dall'aspetto singolare che per un momento incurios Sergio. Nera di capelli, aveva un viso profilato e lungo di un colore giallo ramato. Gli occhi li aveva grandi, fissi, neri, spalancati ma senza sguardo, luccicanti e inespressivi come due pietre. Il naso lungo e aquilino ma largo alle narici, la bocca di espressione sdegnosa con gli angoli voltati in basso davano al viso un'aria virile. Pareva grande, con le spalle ampie e un petto molto formoso strettamente fasciato dalla seta nera dell'abito scollato. Ci che lo colp di pi in quella faccia fu il colore rossastro della carnagione e l'espressione selvatica e immobile. Vicino a quella donna, Luciano sembrava fragile e scialbo e la stessa Albina si rivelava femminilmente minuta. Trasal tra questi pensieri ad un colpo di gomito che l'Albina gli

dava nelle costole. Sai chi quella l? ella disse con la sua voce normale, in modo che Luciano l'udisse, una messicana che canta al Teatro Nuovo... ti piace? No , rispose Sergio abbassando la voce. Non vero che brutta?... una pellirossa... cos seduta pare alta ma quando si alza... vedrai... sembra che vada sotto terra... Ie manca un pezzo di gamba . Perch parli cos forte? Tanto quella non capisce , rispose l'Albina alzando le spalle, non capisce che lo spagnolo... si chiama con un nome d'uomo... Consuelo . Non un nome d'uomo, un nome di donna... vuol dire Consolazione . Luciano si consola con lei che l'ho piantato , disse l'Albina con malignit. Sergio guard di nuovo la coppia davanti a lui e not che quasi non si parlavano. La messicana mangiava con compostezza e Luciano le rivolgeva la parola brevemente, ogni tanto, spiegandosi con gesti della mano. Ma si trattava di cose semplici: Vuoi bere?... Ti piace? Del pane? Il cameriere port la pasta asciutta e l'Albina, che nonostante la gelosia, aveva gi dato fondo ad un piatto di salame, arrotol subito un'enorme matassa di spaghetti sulla forchetta e se la port alla bocca pur senza staccare gli occhi dalla messicana. Costei si fece versare del vino da Luciano e poi bevve facendo al compagno, al disopra del bicchiere, un gesto di intesa sentimentale, serio e quasi rituale. Luciano dal canto suo, le prese il bicchiere di mano e bevve anche lui, mettendo le labbra dove lei aveva messo le sue. Ma guarda quanto deve essere scemo , borbott l'Albina con furore, la bocca piena di spaghetti. Tuttavia non rinunzi a vuotare il piatto e alla fine fece anche un giro nel sugo che vi era rimasto con una grossa mollica di pane. Poi andiamo a casa mia , disse forte respingendo il piatto vuoto. Sergio si rendeva conto che ella parlava per farsi udire

e forse non sapeva neppure che cosa diceva. Ma non pot fare a meno di rispondere: Tu, per, prima non mi volevi . Ora ho cambiato idea , disse l'Albina forte, e poi mi sei sempre piaciuto... pi di Luciano . Ma non gridare tanto . Tu non sei un cafone come lui... sei un signore e si vede . Luciano prese la mano alla messicana che gliel'abbandon di buona grazia. Egli port la mano alle labbra sogguardando la donna, e poi gliela morse. La messicana sorrise, mostrando i denti bianchi e aguzzi da lupo. Luciano baci la mano dove l'aveva morsa. L'Albina disse a Sergio, con affettuosit repentina: Ti ho comprato una cravatta... adesso te la metto . Sergio, di fronte a questa improvvisazione, rest stupefatto: Ma io... , incominci. Su, non fare lo stupido... mica ti vergognerai . L'Albina trasse dalla borsa l'involto della cravatta e la spieg con vendicativa fierezza. Sergio pens che era punito per essersi compiaciuto della bruttezza della cravatta che Luciano avrebbe ricevuto dall'Albina. Non soltanto, adesso, era lui che doveva portare, in lucgo di Luciano, L'orribile striscia di seta, ma anche l'aveva pagata. L'Albina, ridacchiando, gli rovesci il colletto, sfil la cravatta vecchia e gli mise quella nuova facendo un nodo troppo lento. Ti sta proprio bene , disse tirandosi indietro e ammirando. Sergio strinse il nodo e disse: Dammi almeno quella vecchia . Luciano pass un braccig intorno alla vita della messicana, ridendo e scherzando sottovoce. La messicana si scherm debolmente, dicendo qualche cosa di sentenzioso con una voce calda e roca. Luciano con un vivo movimento si gett sulla messicana e la baci a lungo, sul collo. La messicana stette ferma, gli occhi spalancati, mentre Luciano le succhiava il collo sotto l'orecchio. Poi, come Luciano si fu

distaccato, si scroll e si ravvi i capelli, proprio come una gallina che ravvia le piume dopo l'assalto del gallo. Venne il cameriere con l'abbacchio per l'Albina e con un altro piatto per il tavolo di Luciano. L'Albina domand: Quello per il signor Luciano? S . Aspetta . L'Albina prese la pepiera, un pulcino di terracotta con la testa traforata, la svit e rovesci rapidamente tutto il pepe nel piatto di Luciano. Il piatto conteneva uno spezzato di carne con l'intingolo. Il cameriere si spavent: Ma cosa fa? Non te ne occupare... prendo io la responsabilit . Anche Sergio rimase perplesso. L'Albina cominci a mangiare l'abbacchio guardando Luciano. Questi non aveva visto il gesto della pepiera e con molta compostezza tagli un pezzo di carne e lo port alla bocca. L'Albina soffoc una risata dandG una nuova gomitata nelle costole a Sergio: Ora vedrai che scenata far... cos difficile per il mangiare . Ma Luciano non fece alcuna scenata. Dopo il primo boccone, pos con calma la forchetta e il coltello, bevve un mezzo bicchiere di vino e accese una sigaretta. L'Albina disse con una nuova risata repressa: Chiss come gli brucia... ma cos orgoglioso che morirebbe piuttosto di mostrarlo . Entr un giovane biondo, in giubba lacera e senza cappello, con una valigetta di fibra in mano. Egli apr la valigia e prese a disporre, senza dir parola, sul tavolo di Luciano, numerose statuette di gesso colorato. La messicana, a dire il vero, non pareva molto desiderosa di possedere "una di quelle statuette; ma Luciano la costrinse ad accet-" tare un cane barbone bianco e nero. Sergi sent ad un tratto la mano dell'Albina che sotto il tavolo cercava la sua. Ella gli prese la mano e poi disse forte: Uh come sei impaziente. aspetta almeno che siamo a casa . Sergio si confuse e d'istinto cerc di svincolare la mano. Ma l'Albina

gliela teneva forte e disse: Lasciami, se no... . Cos dicendo si gett contro Sergio, e pur tenendogli stretta la mano, finse di dibattersi. Sergio pens che questa volta doveva almeno trarre qualche vantaggio dalla finzione e tent di cingere con un braccio la vita dll'Albina. Ma la donna lo respinse. Luciano domand ad alta voce alla messicana: Frutta? Dolce? Dolce . Anch'io voglio il dolce , disse l'Albina con voce furiosa. Dopo un momento il cameriere port il dolce per le due donne. Luciano e Sergio, invece, mangiarono frutta. Il dolce era di crema, la messicana ne mangi una parte e poi spense il mozzicone della sigaretta in quello che restava. L'Albina divor a testa bassa tutto il dolce con il solito impeto animalesco e quindi, portando una mano allo stomaco, disse con un sospiro di soddisfazione: Uff... ho mangiato troppo... questa veste mi stringe . Ella si rovesciava indietro sulla seggiola e cercava di aprire sul fianco la chiusura lampo della gonna. Ma la gonna troppo stretta non glielo consentiva. Guarda un po' , disse, tirami gi la chiusura lampo . Sergio si chin, afferr il gancio della chiusura e l'abbass. Subito il ventre tondo e giovane dell'Albina esplose fuori della gonna, con l'ombelico visibile in trasparenza attraverso il velo verde della sottoveste. Luciano domand alla messicana: Caff? S, caff . L'Albina ora sedeva con mezzo il ventre fuori della gon"na; da un lato, per uno spacco della sottoveste, si vedeva" il fianco nudo, bruno e caldo, con la piega grassa dell'inguine. Entrarono due suonatori ambulanti, un uomo e una donna. L'uomo era un vecchio piccolo e magro, con un viso lungo. Un cappotto nero gli scendeva fino ai piedi e un grosso berretto da ciclista gli stava calcato sulle orecchie. La donna, sui cinquant'anni, era alta, formosa, vestita di nero, con una faccia triste e fredda. Essi tolsero gli strumenti dalle fodere e presero a strimpellare una vecchia can-

zone. L'Albina disse forte: Quella messicana l, non dovrebbe cantare in teatro... dovrebbe andare in giro come quei due suonatori, con il piattello... sapessi com' stonata . Sergio domand a caso: Canta in spagnolo? Si capisce... te l'ho detto che non sa che lo spagnolo . I due suonatori finirono la canzone e Luciano fece loro "un gesto di richiamo. Essi si avvicinarono al tavolo; il vec-" "chio si tolse il berretto; Luciano parl loro e poi parl alla" messicana. Costei si schermiva ma alla fine accett. I due suonatori ritti in piedi presso il tavolo di Luciano imbracciarono gli strumenti e attaccarono una celebre canzone spagnola. La messicana, restando seduta e fissando nel vuoto quei suoi occhi neri e spalancati, aspett un momento, immobile, e poi cominci a cantare. Aveva una voce rauca, calda, ricca di inflessioni insieme malinconiche, sprezzanti e sensuali. Nei toni alti la voce attingeva ad un accento selvaggio e pi fondo, di una tristezza che le brusche cadute dei ritornelli parevano rendere polemica e rabbiosa. Sergio rimase prima stupito, poi ammirato e, alfine, suo malgrado, commosso. Forse era la serata cos disastrosa, pens, o forse una disposizione momentanea del suo animo, da troppo tempo distratto in abitudini meschine e poco affettuose. La messicana, pur cantando, teneva d'occhio i suonatori e ogni tanto accennava loro con la mano, approvando o invitandoli ad alzare il tono. Sulla porta si erano affacciati alcuni clienti e ascoltavano in silenzio. Luciano non pareva rendersi conto della bellezza del canto e fumava con aria al tempo stesso impacciata e scettica: chiaramente aveva voluto far cantare la messicana per ingelosire l'Albina. La messicana fin di cantare e rimase ferma, gli occhi nel vuoto, le mani riunite in grembo. Subito applaudirono con calore gli spettatori della soglia. Anche Luciano applaud, seppure con accondiscendenza, senza togliersi la sigaretta di bocca. Sergio batt le mani con fervore. L'AIbina, con gesto da monello, si mise due dita in bocca e

fischi. Al fischio, lungo e acuto, segu il silenzio. La messicana guard l'Albina come se l'avesse veduta per la prima volta, quindi si alz e venne verso il tavolino di Sergio. Costui non pot fare a meno di riconoscere che l'Albina aveva ragione: in piedi, la messicana era bassa, anzi bassissima seppure larga di spalle e formosa di petto. La messicana si piant davanti all'Albina e vomit un torrente di parole incomprensibili, in spagnolo. Pur parlando con veemenza, manteneva gli occhi e il viso immobili. L'Albina grid: Non capisco nulla e non me ne importa nulla... a teatro si fischia, no? Ho il diritto di fischiare quanto mi pare . La messicana afferr il bicchiere pieno di Sergio e gett il vino in faccia all'Albina. Segu una scena confusa. L'Albina, il viso e il collo ruscellanti di vino, si era levata in piedi e cercava di scagliarsi contro la messicana. Ma ne era impedita cos da Sergio che la tratteneva per un braccio come dalla gonna aperta che le cadeva di dosso. Pellirosse , gridava, lasciatemi... voglio cavarle gli occhi a quella pellirosse . Luciano sedeva immobile, fumando con aria di ostentata e scettica indifferenza. La messicana, pian piano, era tornata al suo tavolo e guardava l'Albina in piedi, ferma e silenziosa. Alcuni avventori erano entrati nella saletta, altri si affacciavano dalla soglia, tutti domandavano che cosa fosse successo. Finalmente Luciano chiam il cameriere, pag e, fatto un cenno alla messicana, usc con lei dalla stanza. I camerieri e i suonatori se ne andarono. L'Albina sedette ansimante e prese ad asciugarsi il vino col tovagliolo. Parte del vino le era caduta sul ventre e la sottoveste, incollata, ne svelava la rotondit nutrita e fanciullesca. Sergio disse: Te l'avevo detto che era meglio non restare qui . Con sua meraviglia vide che il furore dell'Albina era del tutto caduto. Ella domand: Ti piaccio? S , disse Sergio turbandosi. Vuoi fare l'amore con me ?

Certo . Ebbene non pensare che a questo e non occuparti d'altro . Ormai Sergio era sicuro che l'Albina, sia pure per vendicarsi di Luciano, quella notte si sarebbe data a lui. La saletta era vuota e dalla sala attigua non potevano vederli. Egli cinse con il braccio la vita dell'Albina, e l'attir come per baciarla. Questa volta ella si lasci baciare e alla fine, come per un'improvvisa accensione dei sensi, rese il bacio con trasporto. Puzzava di vino, ma in maniera non ripugnante, bens ingenua e disarmata. Si separarono e l'Albina disse, tirandosi su la chiusura della gonna: Allora, vogliamo andare? Sergio pag e uscirono. Ora non pioveva pi, e i selciati neri delle strade luccicavano alla luce dei fanali, in un'aria "esausta e vuota. Ma faceva caldo, pi di prima; e di nuovo" Sergio pens con sollievo al momento in cui si sarebbe spogliato in camera dell'Albina. Costei camminava lontano da lui, come per conto suo, le mani nelle tasche del cappotto, il viso chinato e pensieroso. Le scarpe nuove dalla suola grossa la facevano parere piccola e tarchiata. Sergio disse: Vuoi che prendiamo prima il caff? Ella gli venne accanto e gli pass un braccio intorno alla vita, con un gesto sforzato: No, andiamo a casa... ma poi ci resti tutta la notte con me? Aveva una voce triste e come di pianto. Sergio pass a sua volta il braccio intorno la vita di lei e rispose: Si capisce . Dormiremo insieme e domani mattina , ella concluse in tono supplichevole, potrai andartene quando ti pare... puoi anche restare in letto fino a mezzogiorno . Di strada in strada, di vicolo in vicolo, sempre allacciati, giunsero alla casa dell'Albina e cominciarono a salire la scala. Al primo pianerottolo Sergio la baci sul collo. L'AIbina non disse nulla. Giunsero al piccolo uscio nero dell'appartamento. L'AI-

bina apr con la chiave e and avanti nel corridoio. Sergio la segu, impacciato, al solito, dal pastrano e dall'ombrello. L'Albina apr la porta e disse: Toh. . . e che fai qui ? La sua voce era gioiosa. Sergio si affacci e vide prima "la messicana, seduta con aria di malumore sul sof; e poi" Luciano, seduto alla toletta, la faccia verso la porta. Luciano aveva un atteggiamento convenzionale e di cattivo gusto, un sorriso scettico e spavaldo sulle labbra, la sigaretta tra due dita. A Sergio parve persino di ricordarsi una scena simile non sapeva in quale film. Pens annoiato: " Ci siamo ; ed entr nella stanza." L'Albina and direttamente a Luciano e gli si pose accanto, una mano sulla spalla, come in atto di sfida a Scrgio e alla messicana. Luciano, proprio come un cattivo attore cinematografico, aspir lungamente la sigaretta, gett fuori un nuvolo di fumo e poi disse, con affettata lentezza: Bravo, bravo, proprio bravo... e cos avevo ragione io, eh... non vedevi l'ora... bell'amico per . Sergio sent di arrossire. Non tanto di essere stato preso in fallo quanto di trovarsi in condizione di inferiorit di fronte ad un uomo che disprezzava. Pens che per non tutto il male veniva per nuocere: questa era la volta buona per rompere con l'amico. Disse, sforzandosi ad un tono risentito: Intanto non sono tuo amico . E poi? disse Luciano teatralmente. E poi , prosegu Sergio, non mica tua moglie l'Albina... libera di andare con chi le pare... mi ha detto di venir su e sono venuto . vero? domand Luciano rivolto alla donna. Tutto si svolgeva veramente come nella scena di un film. L'Albina ribatt con veemenza: Non vero, bugiardo... ha tanto insistito... io non volevo proprio... venuto su per forza . Ella aveva preso la mano a Luciano e gliela baciava freneticamente, sulla palma e sul dorso. Anche bugiardo , disse Luciano sogghignando. O va all'inferno , grid Sergio con sincerit.

La messicana si lev dal sof, si avvicin a Sergio e ponendogli una mano sulla spalla, disse qualche cosa che Sergio non cap e che interpret come: lascia correre... meglio che tu te ne vada . Egli la respinse e soggiunse con collera: Resta inteso che d'ora in poi tra di noi tutto finito... ti proibisco, se m'incontri, di salutarmi o parlarmi... Vamos , disse la messicana cercando di attirarlo verso la porta. Luciano con improvvisa miteza rispose: Non ti arrabbiare... non c' niente di male... resteremo amici lo stesso... dopo tutto umano, L'Albina ti piaceva... ma ora puoi andare con Consuelo... Ie ho parlato di te... Iei ha simpatia per te... Consuelo... voi due andare di l... insieme... fare l'amore . Egli fece un gesto espressivo con la mano. Ma la messicana lev le spalle e gli rispose con una frase di tono sprezzante e tagliente come per fargli intendere che non accettava consigli da lui e che agiva di sua testa. Luciano si mise a ridere e l'Albina, ormai sicura del fatto suo, gli lasci la mano, and dietro la toletta e prese a togliersi il cappotto. La messicana riusc a tirare Sergio per un braccio fuori della stanza e chiuse la porta. Ella disse una frase in spagnolo, come di commiato e gli tese la mano. Sergio la strinse macchinalmente. La messicana gli volt le spalle e and ad una porta a met del corridoio. Cos ella abitava nella stessa casa dell'Albina. Tutto ad un tratto Sergio si sent bruciare il viso e le orecchie e gli torn quella smania di spogliarsi che l'aveva perseguitato tutta la sera. Egli corse dalla messicana che entrava in camera sua e, tratto di tasca un . pacchetto di sigarette, le offr. La messicana prese una sigaretta e, senza dir parola, lo fece entrare nella camera, chiudendo poi l'uscio. . I Era una stanza quadrata, piccola e molto bassa, arredata con gli stessi logori e poveri mobili di quella dell'Albina. Sola differenza che qui in luogo del sof, c'era un vero

letto matrimoniale, con la coperta bianca e i riccioli neri di ferro. La finestra bassa e lunga pareva aprirsi sotto un cornicione e attraverso i vetri si vedeva il riflesso vibrante di una insegna al neon. Questo riflesso zebrava di rosso e di viola la parete di fronte e il soffitto. La messicana andava e veniva per la stanza, parlando adesso senza interruzione, in un tono rauco e ragionevole, quasi facendo una sua predica materna. Pareva che ella dicesse con quella sua voce calda, frettolosa, e sentenziosa: Sei proprio uno stupido ragazzo stordito... non ti eri accorto che l'Albina non pensava che a Luciano... ma ora sta qui con me... penser io a consolarti . Egli si sent riconfortato da quella voce, sebbene non capisse una parola, e si ricord di come ella aveva cantato e prov il desiderio di riudire quel canto. Intanto la messicana era scomparsa dietro un paravento che sembrava celare il lavandino. Egli prese a spogliarsi con infinito sollievo. Si tolse il pastrano e poi si tolse le scarpe e le calze. Dai piedi, rossi e congestionati, gli sal una frescura fino al cervello e per un momento, smuovendo le dita, se li guard con compiacimento. Quindi si tolse il vestito, la camicia, la maglia e sent che anche il corpo, come i piedi, respirava meglio. Quando fu nudo, accavall le gambe, accese una sigaretta e per la prima volta in tutta la sera gli parve di star bene. Ma non aveva voglia di far l'amore. Avrebbe voluto sapere lo spagnolo e dire alla messicana che desiderava sentirla cantare. Guard all'angolo del lavandino e vide che i vestiti della donna stavano ammucchiati alla rinfusa sopra il paravento. Poi ella usc fuori. Del tutto nuda, si svelava ancor pi il suo aspetto tozzo ed esotico. Guardandola venire a lui, attraverso le losanghe rosse e nere del pavimento, gli parve che gli venisse incontro una statua di divinit azteca che gli era accaduto di vedere tempo addietro in un museo. Come quella statua, la messicana aveva le gambe corte e grosse, ma cos corte

e cos grosse da far pensare che avesse i piedi attaccati alle ginocchia. Su queste gambe il busto troppo lungo stava ritto in maniera innaturale. Ella aveva le natiche piatte e la pancia grossa e sporgente con l'ombelico sprofondato nella carne. Le mammelle erano oblunghe, simili a due zucche cui fossero state tagliate le punte e stavano rigide e solide, L'una di qua e l'altra di l. In cima al collo lungo, intorno il quale si attorcigliava una treccia nera e sottile, "il viso era immobile, senza espressione; e i piedi poggia-" vano con tutta la palma in terra, proprio come quelli delle divinit del suo paese. Pass davanti la finestra, e il neon le mise un riflesso sul viso e sul petto, rosso e viola, in tutto simile a un barbarico tatuaggio. Ella teneva in mano un asciugamani e glielo tese accennando in direzione del paravento, come per invitarlo a lavarsi. Sergio respinse l'asciugamani e disse: No, non amore... cantare, cantare , aprendo la bocca e mettendosi la mano sul petto. Ella comprese subito e sorrise con compiacimento professionale. Gett l'asciugamani sul letto, si chin verso Sergio e prendendogli il mento nella palma, come si fa coi bambini, gli disse qualche cosa con voce vivace e carezzevole, in tono di lusinghiero elogio e quindi gli diede un piccolo schiaffo sulla guancia. Sergio le sorrise grato. Ella sedette sul letto, a qualche distanza da Sergio, e prese nella sua la mano che egli appoggiava sulla coperta. Aveva la mano grande, ruvida e fresca. Gli strinse la mano, accavall le corte gambe, guard un momento davanti a s con gli occhi neri e lucidi e poi, gonfiando il petto come per una subitanea ispirazione, incominci a cantare. (1948).

You might also like