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Buddhismo zen e pratica scientifica Un approccio sostenibile al dialogo fra religione e scienza

Luigi Cerruti [1]

Il presente saggio stato presentato con qualche variante ad un seminario tenuto a Latina, dal titolo: Indice 1. Introduzione 2. I caratteri originari del Buddhismo 3. La pratica del Dharma come religione 4. Siparietto epistemologico, con un'applicazione al Boeing 747 di Hoyle 5. Huayanjing, il Sutra della ghirlanda , 6. Il s e le diecimila cose 7. Conclusioni Bibliografia Riassunto Sono discussi alcuni aspetti del Buddhismo e della tradizione chan/zen particolarmente interessanti per un dialogo proficuo fra scienza e religione. Testi di riferimento sono il Dhammapada, il Kesamutti Sutta, e scritti di Chengguan e Dogen. Some features of Buddhism and Chan/Zen are particularly useful for a dialogue between science and religion. Reference is made to the Dhammapada, the Kesamutti Sutta, and to texts by Chengguan and Dogen. 1. Introduzione Come buddhista nato e vissuto in un contesto cattolico non posso certamente far finta di stupirmi che il rapporto fra scienza e religione si ponga come problema, secondo quanto afferma l'invito al nostro incontro: Scienza-Religione: che tipo di soluzione ci si aspetta?. Eppure lo stupore potrebbe essere condiviso anche dai
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Universit di Torino, e-mail: luigi.cerruti@unito.it; http://www.minerva.unito.it.

praticanti di altre religioni se le loro tradizioni testuali ed istituzionali non avessero fatto interferire in mille modi insegnamento e guida religiosa con il libero esercizio della ricerca di qualsiasi natura, da quella spirituale a quella scientifica. Linsegnamento del Buddha2], il Dharma,3] giunto inerme nei paesi che sono stati allorigine del movimento scientifico moderno, e finora vi vissuto rimanendo privo di qualsiasi connotazione di potere. Non si potuta perci costituire larena stessa del conflitto, inevitabile quando scienza e religione sono i portati sociali di potenti comunit poco avvezze ad ammettere una molteplicit di vie verso la conoscenza. A mio parere al contrasto si arrivati anche per motivi pi profondi del semplice conflitto di potere, motivi che forse si possono far risalire anche alla rigidit del canone in cui racchiusa la Rivelazione. In questo mio intervento tratter alcuni insegnamenti fondamentali del Dharma, cos come nato in India, e successivamente radicato in Cina e in Giappone. Cercher inoltre di collegare questi elementi del Dharma con qualche aspetto storico o epistemologico delle scienze sperimentali.

2. I caratteri originari del Buddhismo Il Dharma ha il duplice inscindibile carattere di essere trascendentale ed empirico al tempo stesso. Nell'appello a lasciare i cattivi maestri il Buddha invita i futuri discepoli a mettere alla prova linsegnamento, e di seguirlo soltanto se essi sentono che il Dharma li porta nella pratica lontano dal male e verso il bene (su questo appello insister fra poco). Per pratica si intende sia la vita quotidiana, sia la meditazione formale. Il carattere trascendentale dellinsegnamento traspare nel fatto che essendo ogni cosa priva di un s permanente, si scopre
La parola |Buddha| un appellativo; deriva da budh- radice del verbo sanscrito/pi che significa 'risvegliarsi', pi il suffisso -ta che indica il participio passato. 3 In questa relazione indicher con |Dharma| l'insegnamento contenuto nei testi buddhisti al di l del fatto storico che questi testi riportino le parole del Risvegliato o di altri Maestri giunti a vedere la realt cos com'. La parola Dharma ormai attestata nella lingua italiana. Dharma in origine parola sancrita, il temine corrispondente in pi dhamma, in cinese fa , in giapponese h (con lo stesso carattere) oppure datsuma . evidente che i segni delle diverse lingue rimandano anche ad intrecci semantici propri delle tradizioni religiose e filosofiche che si sono espresse in quelle stesse lingue. Il lettore perdoner se spesso far delle scelte semantiche implicite; posso offrire i risultati di una ermeneutica personale, non una ricerca erudita.
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non senza ripulsa che la vacuit di tutte le cose riguarda anche se stessi. In pi si esprimono nitidamente i tre segni di ogni essere: anicca (impermanenza), dukkha (pena, sofferenza, dolore, insoddisfazione), anatta (assenza di un s, di qualsiasi essenzialit). Sullimpermanenza e la sofferenza del nostro essere gettati nel mondo non si pu dubitare; anatta, lassenza di un s, che spesso si dimostra essere lostacolo insormontabile per l'accettazione esistenziale di una pratica autentica. Su questa affermazione del Buddha in corso da migliaia di anni una interminabile ricerca. Sottolineo che l'aggettivo 'interminabile' va preso in senso stretto. La percezione dell'io con cui un singolo individuo si identifica cambia durante tutta la sua vita. In epoche lontane nel tempo e di diversa civilt, nelle diverse classi sociali la percezione dell'io/s sempre stata diversa. Quindi diverse sono state le opinioni sulla 'consistenza' dell'io/s. Per comprendere quali grandi differenze vi possano essere possiamo riferirci a situazioni culturali in cui siano presenti o non presenti riferimenti a componenti dell'io/s ritenuti immortali come l'atman del vedanta, o l'anima dei cristiani. Nel Dhammapada, una antologia poetica che appartiene agli strati pi antichi dei testi canonici, si trova un riferimento importante per i Buddhisti di ogni denominazione.4 Alla strofa 279 si legge: "Tutti gli elementi sono privi di un s: quando si vede questo con l'occhio della saggezza/allora se ne ha abbastanza della sofferenza: questo il cammino della purezza".5[ La strofa 279 la terza di tre, in cui il Buddha invita a vedere mediante la saggezza (paya passati) le tre caratteristiche dell'essere. Le prime due caratteristiche sono attribuite a tutto ci che formato, costituito, composto, condizionato (sakhra). La strofa 277 inizia con sabbe sakhr anicc, "tutto ci che condizionato impermanente"; la strofa successiva inizia con sabbe
Esistono tre testi 'originali' del Dhammapada, in pi, sanscrito e pracrito. Sotto questo nome il Canone cinese contiene quattro traduzioni condotte su quattro diversi 'originali' sanscriti. Gli studi comparativi hanno dimostrato che non vi sono discrepanze significative fra i veri testi; cfr. Sangharakshita 1985, 46, op. cit.. 5 Sabbe dhamm anatt ti yad paya passati /atha nibbindati dukkhe esa maggo visuddhiy. Tr. in Martinelli L 1990, 139, op. cit. Le citazioni dei testi in pi sono tratte dall'edizione elettronica del Pli Tipitaka edito in rete all'indirizzo: http://www.tipitaka.org. Ricordo che il pi una lingua colta, mai parlata nella vita quotidiana, evolutasi nel corso di secoli proprio nel tramandare, commentare ed estendere l'insegnamento del Buddha. Il pi non ha un alfabeto proprio, per cui le trascrizioni con alfabeto latino hanno la stessa dignit delle trascrizioni in alfabeto devangar.
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sakhr dukkh, "tutto ci che condizionato penoso". Martinelli traduce con 'elementi' la parola dhamm perch nel trasporre una poesia da una lingua all'altra necessario fare scelte drastiche, e non avrebbe potuto inserire una frase del tipo "tutto ci che esiste, concreto o pensato, privo di un s". Pi volte, in incontri fra Buddhisti, ho ricordato la frase canonica sabbe dhamm anatt, e ho potuto constatare che spesso le interpretazioni cercano altrove un rifugio che non condanni il proprio s a scomparire dopo la morte. Si tratta di un locus classicus impervio e inospitale. Vi torner al termine della relazione, quando affronter alcuni aspetti del rapporto fra conoscenza scientifica e (possibile) pratica di risveglio. Non credo che esista altra religione che neghi con pari decisione l'esistenza di un s permanente, ma vi un altro tratto del Dharma che mi pare veramente unico: la necessaria libert di ricerca etica ed esistenziale.6 A proposito di questa libert possiamo commentare un passo diventato famoso dopo che l'insegnamento del Buddha giunto in Europa. Per millenni l'invito del Risvegliato (Kesamutti Sutta, Aguttara Nikya, III. (7). 66)7 non ha attratto l'attenzione degli studiosi e dei praticanti. Poi, nel clima culturale e politico europeo il brano stato riletto come un manifesto per la libert di pensiero. I Klm erano una delle tanti genti incontrate dal Buddha nella sua quarantennale predicazione. A dire il vero furono i Klm ad andare incontro al Risvegliato, non appena ebbero notizia dell'arrivo del famoso asceta a Kesaputta, la loro citt. Non tutti i Klm resero omaggio l'asceta nello stesso modo, il sutta elenca cinque modi diversi di saluto, graduati dallo scambio di parole amichevoli, al gesto rispettoso a mani giunte, al sedersi in silenzio a lato del Buddha. Ma la folla dei Klm aveva un problema: molti asceti e sacerdoti avevano predicato nella loro citt prima del Risvegliato, e tutti avevano proclamato la verit della propria dottrina, e negata la verit salvifica degli altri insegnamenti. Cos la domanda all'ultimo venuto era stata questa: come possiamo distinguere la verit dalla menzogna? La risposta del Buddha fu tagliente, come l'incisione di un chirurgo su un bubbone: "Eccovi, Klm, [la risposta]: no, non con la rivelazione, non
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Sul ruolo della meditazione in questa ricerca vedi Cerruti L. 1999. Il Sutta numerato come 66 nel Tipi aka tailandese qui citato. Altrove numerato come 65.

attraverso la tradizione, non per il sentito dire, non per ci che nelle scritture, non ragionando logicamente, non aderendo ad una scuola di pensiero, non per delle buone ragioni, non per l'accordo con un punto di vista, non per via di una persona competente e capace, non perch il nostro asceta un maestro. Quando voi stessi Klm sapete che queste cose non sono salutari, queste cose sono condannabili, queste cose sono condannate dai saggi, queste cose, intraprese e osservate, portano a danno e sofferenza, allora abbandonatele".8 La prima parte del brano elenca dieci negazioni che meritano di essere riprese e commentate singolarmente. La parola m che scandisce il testo in pi un avverbio di negazione, per mentre l'analogo avverbio na indica negazione semplice, m ha in s uno specifico e pi forte aspetto performativo di proibizione, di non fare. Il primo monito del Buddha ai Klm va subito al cuore della situazione religiosa e sociale in cui si collocava l'esposizione del Dharma. La societ indiana era strutturata in rigide caste, giustificate, anzi reificate dalla tradizione (anussava: tradizione rivelata) dei Veda; e l'asceta giunto a Kesaputta si era instancabilmente pronunciato contro qualsiasi diritto di nascita; un uomo era nobile se il suo comportamento era nobile, non perch era nato in una certa famiglia. Non meraviglia se alla richiesta di indicare come giungere alla verit la prima risposta del Risvegliato sia m anussavena "non mediante la rivelazione". La seconda negazione riguarda parampar la tradizione nel senso pi terreno di insegnamento trasmesso da un insegnante ad un allievo. M itikirya intima intima di non dare una fiducia acritica a itikir, il sentito dire, il riportato da altri (compresi gli storici), o anche l'opinione comune. M piakasampadnena forse l'espressione pi sorprendente da leggere in un testo sacro perch significa "non sulla base dell'autorit dei testi sacri". Anche quanto si legge nel Tipiaka o in altri testi sacri non di per s una soluzione ai
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Etha tumhe, Klm, m anussavena, m paramparya, m itikirya, m piakasampadnena, m takkahetu, m nayahetu, m kraparivitakkena, m dihinijjhnakkhantiy, m bhabbarpatya, m samao no garti. Yad tumhe, Klm, attanva jneyytha: Ime dhamm akusal, ime dhamm svajj, ime dhamm viugarahit, ime dhamm samatt samdinn ahitya dukkhya sa vattant ti, atha tumhe, Klm, pajaheyytha. Ho tradotto la prima parte del testo - la pi controversa basandomi sull'analisi di Jayatilleke che discute a fondo ogni singolo termine dei dieci enumerati dal Buddha: Jayatilleke K.N. 1998, passim, op. cit. Per la seconda parte mi sono appoggiato alle traduzioni quasi letterali, ma in diversi punti differenti, reperibili all'URL: http://www.accesstoinsight.org.

problemi etici ed esistenziali. Le successive quattro negazioni si riferiscono a forme di pensiero: takka, la ragione, la logica; naya, l'analisi filosofica; kraparivitakka, le 'buone' ragioni, il senso comune; dihinijjhnakkhanti, l'accordo convincente con una propria teoria. Le ultime due negazioni chiamano in causa direttamente i maestri che si possono incontrare: non sufficiente che la guida sia una persona competente (bhabba) o un asceta (samaa) come il Buddha stesso. La seconda parte del brano del Kesamutti Sutta non richiede particolari chiose. In tutto il Dharma risuona l'opposizione kusala vs. akusala; a seconda dei contesti kusala pu significare intelligente, abile, esperto, oppure (di un atto) buono, giusto, meritorio. In senso soteriologico la traduzione che sento pi vicina salutare, e akusala diventa non salutare. Per farla breve, secondo il Buddha, la guida principale per la ricerca interiore si ha negli esiti pratici di ci che si fa, si dice, si pensa. Se da una pratica deriva danno e sofferenza, la pratica va abbandonata.

3. La pratica del Dharma come religione Essendo nato in una civilt abbastanza tollerante il Buddha pot predicare per pi di quaranta anni, fin quando si sfasci il corpo, tenuto insieme da fasce e legacci come un vecchio carro (la metafora sua). Le mole del Canone attribuito alla sua parola risult gi immensa, ma la predicazione autentica del Dharma non si interrotta con la sua morte. Dopo di lui, in tutte le genti fra cui si diffuso il Dharma sono sorti Maestri in grado di indicare nuove linee di pensiero, nuove tecniche di meditazione, nuove pratiche di liberazione. Il praticante zen ritiene che gli scritti di Dgen (XIII secolo), abbiano lo stesso carattere di sacralit delle parole del Risvegliato. Il carattere cumulativo e contaminato del Canone Buddhista simile a quello del nostro patrimonio scientifico. Sul carattere cumulativo della conoscenza scientifica vi largo accordo. Anche dopo un cambiamento di Gestalt (o di 'paradigma') buona parte dei dati accumulati precedentemente ancora utile, qualsiasi sia la loro re-interpretazione. Nel caso del Dharma gli aspetti cumulativi si ritrovano a livello di dottrina e di pratica. Con il trascorrere dei secoli il Canone ha accolto, o la pratica ha messo in evidenza, sempre nuovi testi. Pi palpabile ancora, pi proficuo per tutti i Buddhisti stato il cumularsi di tecniche di meditazione

sempre pi varie, adatte ai tempi e ai popoli. Uno dei guasti, pi o meno 'preterintenzionali', perpetuati dalle varie denominazioni Buddhiste di privilegiare nelle proprie istituzioni, o nella quotidianit, un numero molto limitato di pratiche di meditazione - fino al punto di tradire le intenzioni del fondatore, come nel caso dell'insegnamento di Dgen (vide infra). L'aspetto contaminato del Dharma non altro che la testimonianza millenaria della sua volont/capacit di adattamento alle civilt via via incontrate, da quella indo-greca del Gandhara a quelle dell'immenso 'oriente' (sud-est asiatico, Tibet, Manciuria, Cina, Giappone). In Cina il Dharma proveniente dall'Occidente fu profondamente influenzato dal Taoismo, e dalla contaminazione , nacquero nuovi germogli, le 'scuole' huayan e chan e divennero testi fondamentali dei sutra che fino ad allora erano stati tradotti dal sanscrito solo perch facenti parte del Canone. La nascita di quelle nuove scuole fu il risultato di una grande impresa di ermeneutica sociale (vide infra, sezione 5). Quanto alla contaminazione della scienza, non basta considerare gli aspetti istituzionali, cos radicalmente influenzati dalle ideologie dominanti in tempi diversi e nelle varie Nazioni. La contaminazione genetica. Dopo la scoperta di Thomson i ricercatori del Cavendish Laboratory brindavano con questa frase: "Che l'elettrone non possa servire a nulla!". Il brindisi era stupido (molto stupido), tuttavia rivela molto di pi che un infelice snobbismo: fra laboratorio e officina vi una contiguit che ideologica, prima ancora che fattuale. La scienza 'pura' una boutade accademica. Venendo ora ad un altro tema del seminario, scelgo un pezzo facile per il Dharma. L'insegnamento del Buddha sostanzialmente privo di una cosmogonia. Esistono in effetti racconti delle origini, fra cui il pi importante il XXVII sutta dei Discorsi Lunghi. Nel racconto il Buddha parla dellinizio del mondo come lo conosciamo (per un atto di golosit: tanha cassa okkami, la sete entr in lui), ma dal punto di vista dellargomentazione i passi che descrivono la cosmogonia sono soltanto un inciso rispetto alle due parti, iniziale e finale, che costituiscono un attacco deciso al sistema delle caste. Pi in generale, lassenza di un cosmogonia Buddhista si accompagna ad una seconda assenza: quella di un Essere personale, creatore, onnipotente. Con questa duplice assenza viene a mancare tutta unarea di possibile raccordo o scontro fra Buddhismo e scienza. Tuttavia, specialmente nella parte del Canone di impronta

mahayana, vi una forte connotazione cosmologica, i cui tratti principali sono lo spazio senza limiti, linfinit dei mondi, il tempo senza inizio e senza fine, l'interazione fra tutti gli enti e tutti gli esseri. Non si tratta per di una cosmologia semplicemente o puramente poetica, perch ha una robusta base epistemologica (vide infra, sezione 5).

4. Siparietto epistemologico, con un'applicazione al Boeing 747 di Hoyle Il tema della nostra giornata di studio mette in evidenza la pluralit delle esperienze religiose (religioni), ma fa altrettanto con le discipline scientifiche e invita a discutere di scienze. Avendo per molti anni insegnato chimica agli studenti di fisica, ed avendo interagito con fisici e storici della fisica (in particolare storici che sono fisici di formazione), posso affermare con una certa tranquillit che la chimica rimane una disciplina misteriosa non solo per i ragazzi ma anche per la quasi totalit dei ricercatori e degli storici non-chimici. Il dominio ideologico dell'astratto rispetto al concreto talmente radicato nella nostra cultura che non si pu parlare di 'teoria' se non ci si veste dei paludamenti sacerdotali dei riduzionisti, e si controlla l'idoneit epistemologica delle aspiranti teorie. A dispetto di tutte le epistemologie normative ogni grande disciplina caratterizzata da procedure conoscitive specifiche, che si evolvono nel tempo e che contestualmente mettono in luce la inesauribilit dei temi disciplinari. Il fatto che la chimica non abbia 'leggi generali' di tipo newtoniano, o proprie modalit di calcolo formale, non deve diminuire in alcun modo il valore conoscitivo e la potenza predittiva della teorie chimiche. Parlo di teorie chimiche al plurale, o, se si preferisce, di frammenti di teoria. Per spiegarmi opportuno avere sotto gli occhi lo schema pi semplice del modo di lavorare dei chimici:
sistema di reagenti (eventi nel mondo microscopico) sistema di prodotti

Ci che messo tra parentesi in realt proprio ci che permette la transizione da uno stato del mondo macroscopico (i reagenti) ad un altro stato del mondo macroscopico (i prodotti).9 Ebbene, centinaia
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Tralascio per semplicit il fatto che nei sistemi di reazione si stabilisce spesso un equilibrio fra quantit macroscopiche di reagenti e di prodotti.

e centinaia di reazioni sono state codificate e battezzate con un nome prima che si avesse una qualche nozione degli eventi microscopici coinvolti in quelle reazioni. I protocolli che descrivono la fattibilit in laboratorio delle reazioni (di Cannizzaro, di Diels-Alder, di diazotazione, ...) descrivono accuratamente il sistema dei reagenti (composizione, temperatura, catalizzatori, ecc.) e ci si pu aspettare il protocollo sia valido per un amplissimo numero di composti, diversi tra di loro ma con le specifiche caratteristiche strutturali richieste dal protocollo. Il carattere predittivo di questi protocolli palese, ed essi funzionano rispetto ai sistemi che descrivono n pi n meno di una 'legge'. Per un fisico la page e per un epistemologo ancien rgime pu essere sconvolgente che esistano migliaia di leggi - in barba al rasoio di Occam -, ma le sostanze non si trasformano seguendo regole filosofiche. La stessa moltitudine di reazioni studiate (dell'ordine di 104) e di strutture molecolari note (dell'ordine di 106) indica che atomi e molecole interagiscono fra di loro in modo combinatorio e affatto arbitrario. Non vi nulla di arbitrario, di casuale, in una reazione chimica. Cos risulta essere una solenne sciocchezza quanto ha scritto Fred Hoyle nel 1983, per dare una 'idea' di quanto fosse assurda la formazione casuale di 2000 diverse proteine di 200 amminoacidi ciascuna: Nel cortile di un ferrivecchi vi sono tutti i pezzi e le parti di un Boeing-747, smembrato e disastrato. Capita che un turbine passi attraverso il cortile. Quale la probabilit che dopo il suo passaggio possa essere trovato un 747 completamente montato, pronto a volare? 10 Il paragone di Hoyle non regge per diversi motivi. Il primo che al livello macroscopico scelto da Hoyle non agiscono forze mirate come quelle attive nel mondo microscopico (attrazioni e repulsioni elettrostatiche, interazioni quantistiche fra distribuzioni elettroniche). Un bullone non si avviter mai spontaneamente nella sua sede, mentre formaldeide (CH2O) e idrossilammina (NH2OH)
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"A junkyard contains all the bits and pieces of a Boeing-747, dismembered and in disarray. A whirlwind happens to blow through the yard. What is the chance that after its passage a fully assembled 747, ready to fly, will be found standing there?" Hoyle F. 1983, 19, op. cit. Sul dibattito a proposito del Boeing di Hoyle si veda: G. Korthof, "A memorable misunderstanding.Fred Hoyle's Boeing-story in the Evolution/Creation literature", URL: http://home.wxs.nl/~gkorthof/kortho46a.htm.

possono reagire spontaneamente per dare l'amminoacido glicina (C2H5NO2) e acqua (H2O). Il secondo errore di Hoyle e dei suoi seguaci di trascurare i processi di autoorganizzazione, cooperazione e trasporto presenti nel mondo microscopico (si pensi proprio alla sintesi delle proteine all'interno di ogni cellula). Poi, ovviamente, c' la questione del tempo durante il quale si sviluppata l'evoluzione pre-biotica, ma qui voglio parlare del tempo in riferimento al tono di sfida con cui qualche creazionista denuncia che la vita non ancora stata prodotta in laboratorio. Appena un paio di secoli il chimico inglese John Dalton cominci a parlare di atomi in modo quantitativo. Attualmente i risultati migliori sull'autoorganizzazione e autoreplicazione sono quelli ottenuti dal gruppo di Reza Ghadiri (Scripps Research Institute), che ha sintetizzato un replicatore costituito da 32 residui di amminoacidi. Il replicatore di Ghadiri amplifica in modo efficiente prodotti omochiralici da una mistura racemica di frammenti peptidici, ed agisce mediante un ciclo autocatalitico 11 chiroselettivo. I tempi delle religioni sono millenari, perch non avere un atteggiamento altrettanto paziente nei confronti delle scienze?

Huayanjing, 5. Huayanjing, il Sutra della ghirlanda


The origin and nature of inertial forces [...] can be considered as an unsolved mystery in modern physics. It still sits, like Bancos ghost, at any banquet of natural philosophers.12 JeanPierre Vigier, 1995.

Alcuni degli scritti che ora ci possono essere utili compaiono 'solo' nell'immensa collezione di testi che costituisce il Canone Cinese, il Zhonghua Dazangjing La formazione del .13 Dazangjing e la sua successiva evoluzione sono processi culturali interessanti perch - come accennavo - possono essere intesi come aspetti di una continua ermeneutica sociale.14 I primi testi
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Per il contesto di queste ricerche rinvio a Cerruti L. 2005, op. cit. Vigier J.-P. 1995, 1461, op. cit. 13 Il Zhonghua Dazangjing (lett. Dazangjing Grande deposito delle scritture Zhonghua Cinese), secondo la consuetudine sar d'ora in poi indicato come Dazangjing. L'area culturale in cui comparvero edizioni diverse del Dazangjing immensa e comprende Vietnam, Corea, Cina e Giappone. 14 Un'analoga ermeneutica sociale stata all'opera nella formazione delle raccolte di scritti tramandate in pi e in sanscrito, ma la consapevolezza storica nell'area di cultura indiana

Buddhisti furono tradotti in cinese ottocento anni dopo la predicazione del Buddha, nel secondo secolo dopo la nascita di Cristo. All'inizio le traduzioni riguardarono testi in sanscrito o in pracrito ritenuti interessanti, senza alcuna percezione dell'appartenenza ad una scuola o ad un'altra (gi presenti nel contesto indiano). I traduttori non potevano non fare riferimento al loro contesto culturale, cos molti termini importanti delle traduzioni si 'tinsero' fin dall'inizio di sfumature di significato provenienti dal Taoismo, e in misura minore dal Confucianesimo. I testi pi importanti furono tradotti pi volte, con un progressivo aggiustamento della terminologia e della comprensione generale dello scritto in questione. Alla fine del quinto secolo la mole complessiva dei testi disponibili impose un atteggiamento pi 'dottrinario', a partire dalla compilazione di cataloghi, fino alla redazione di raccolte vere e proprie e alla distinzione fra testi tradotti e testi di diretta origine cinese. La prima raccolta organica risale al 479. Circa un millennio pi tardi comparve il termine Dazangjing. La prima edizione a stampa di pi di 1000 diversi testi (pi di 5000 rotoli) fu completata nel 983. Si pu dire che da allora l'ammissione di nuovi testi nel Canone stata strettamente controllata. Del Canone cinese sono state prodotte almeno 20 diverse edizioni in Cina, Corea e Giappone. Nel secolo scorso il riferimento fondamentale diventato il Taish Tripitaka (Taish shinsh daizky), edito in Giappone negli anni 1920-1930. Questo riferimento stato reso ancora pi significativo dalla digitalizzazione del Taish, messo progressivamente a disposizione di tutti mediante l'edizione in Rete.15 La diffusione del Dharma in Cina ha prodotto in vario modo una fertilizzazione reciproca, fra pratica e pensiero 'locali' da una parte e testi originali dall'altra. Si sono cos formate nuove scuole, basate su particolari pratiche soteriologiche come la la Scuola della Meditazione (Chanzong ), che ha coltivato la mediazione seduta (zuochuan ), od orientate dall'ermeneutica di particolari testi come la Scuola della Ghirlanda Fiorita (Huayan zong che ha ), tratto l'ispirazione dall'Avatamsaka Sutra (Huayanjing e ancor ) pi ha seguito l'elaborazione filosofica dei Maestri cinesi. I temi fondamentali di questa elaborazione sono dovuti ai maggiori
era pressoch nulla, Sui problemi dell'ermeneutica Buddhista v. Gregory P.N. 1983, Lopez D.S. 1988, opp. citt. 15 Vi sono diversi siti che presentato il testo elettronico del Taish. Io ho utilizzato quello curato da John R. McRae, della Indiana University, all'indirizzo http://www.indiana.edu/~asialink/canon.html.

esponenti della Scuola della Ghirlanda, in particolare Fazang (643-712) e Chengguan (738-839), per il punto di partenza indubbiamente nel Huayanjing dove si trovano molte potenti rappresentazioni dell'interconnessione fra tutti i componenti del cosmo. L'immagine pi nota quella della rete ingioiellata di Indra, dove ogni 'nodo' dell'infinita rete una pietra preziosa che riflette tutti gli altri gioielli della rete, ma le pagine pi interessanti sono quelle dedicate alla visita del giovane Sudhana nella torre di Vairocana: Vedemmo la torre immensamente ampia e vasta, vasta centinaia di migliaia di leghe, smisurata come il cielo, ampia come tutto lo spazio, adorna di innumerevoli attributi; innumerevoli baldacchini, stendardi, gioielli, ghirlande di perle e gemme [...]. Dentro la grande torre vide centinaia di migliaia di altre torri disposte similmente; egli vide quelle torri infinitamente vaste come lo spazio, egualmente disposte in tutte le direzioni, e tuttavia quelle torri non erano mescolate l'una con l'altra, essendo ciascuna distinta dalle altre, mentre per il potere di Maitreya ognuna di esse appariva riflessa in ciascun singolo oggetto delle altre torri. Sudhana si vide in tutte quelle torri.16 L'elenco degli ornamenti dell'immensa torre non fine a se stesso, perch i gioielli delle altre centinaia di migliaia di torri (contenute dentro la torre di Vairocana) riflettevano tutti i gioielli di tutte le torri. Lo stesso Sudhana si vede presente in ciascuna delle torri, segno che l'esperienza degli esseri senzienti universale. Fazang compare nella storia del Dharma cinese con molti ruoli. fu letterato, studioso, filosofo, taumaturgo, uomo di corte e di potere. Da questo ultimo punto di vista colse a pieno l'occasione dell'ascesa al potere di Wu Zetian (625-705), l'unica imperatrice della storia della Cina, per rafforzare la presenza del
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"He saw the tower immensely vast and wide, hundreds of thousands of leagues wide, as measureless as the sky, as vast as all of space, adorned with countless attributes; countless canopies, banners, pennants, jewels, garlands of pearls and gems [...] Inside the great tower he saw hundreds of thousands of other towers similarly arrayed; he saw those towers as infinitely vast as space, evenly arrayed in all directions, yet those towers were not mixed up with one another, being each mutually distinct, while appearing reflected in each and every object of all the other towers [...] by the power of Maitreya, Sudhana perceived himself in all of those towers". Ho qui citato la traduzione inglese di An Sonjae, docente dell'Universit coreana di Songang, e fratello della Comunit di Taize; S. An, "Ko Un's Hwaom-kyong: A Modern Korean Pilgrim's Progress", URL: http://hompi.sogang.ac.kr/anthony/Hwaom.htm.

Dharma nell'Impero a danno dei Confuciani, contrari al fatto inaudito di vedere una donna sul trono dell'imperatore. La figura di Chengguan appare un po' meno brillante, ma i suoi vasti e diffusi commenti al Huayanjing contengono i termini filosofici che sono diventati la chiave interpretativa del pensiero della Scuola della Ghirlanda. Anche Chengguan si mantenne molto vicino al potere statuale, continuando a compromettere la scuola con la politica imperiale, cos che quando il vento cambi e nel 841-845 si scaten una repressione contro i Buddhisti la Scuola della Ghirlanda ne soffr fortemente e non torn pi al suo antico splendore. Tuttavia le vicende istituzionali non cancellarono la profonda influenza del pensiero huayan sul Dharma cinese, in particolare attraverso la scuola chan. Quando Chengguan presenta i quattro 'regni' (si fajiein cui ) si articola il cosmo afferma che il movimento, l'azione appartiene a , .17 shi mentre la quiete, l'immobilit appartiene a li [6] La contrapposizione fra movimento e quiete solo una fra le tante che nel pensiero Buddhista cinese pongono in contrasto shi e li. In effetti i due caratteri corrispondono a campi semantici vasti e piuttosto complicati. In un certo modo li pi facilmente trattabile in quanto si riferisce a tutto ci che regola il comportamento, attivo e passivo, di tutti gli enti esistenti. Inizialmente indicava in modo molto concreto la testura dei materiali, poi fu assunta all'interno del pensiero confuciano e divenne un termine (anche) filosofico. Per la nostra comprensione potremmo usare 'principio', essendo per 'regola', 'ragione', pi adatte in certe circostanze. In ogni caso non accettabile in nessun modo la traduzione che compare in testi di studiosi contemporanei dove li tradotto come 'noumeno' (!). Unica scusante per questi studiosi quella specie di trascinamento semantico che sembra imporre il termine shi quando tradotto (erroneamente) con 'fenomeno'. Shi negli scritti Buddhisti un carattere terribile che stato utilizzato per tradurre pi di sessanta diverse parole sanscrite.18[7] quindi una parola tuttofare che si potrebbe tradurre con la nostra banalissima 'cosa', invitando per ad intenderla anche in modo dinamico come quando esclamiamo "Ma cosa ti passa per la mente!", oppure chiediamo "Cosa stai
(T1736.36.2c05; la sigla va sciolta cos: Taisho, Testo n. 1736, v. 36, p. 2, colonna c, riga 5). Sto citando dal commento di Chengguan al Huayan jing (, questo titolo suona come "Prefazione e note sparse al grande e vasto sutra del Buddha della ghirlanda di fiori"). 18 Si veda la voce del corposissimo Digital Dictionary of Buddhism curato da Charles Muller; URL: http://www.hm.tyg.jp/~acmuller/dicts/ddb/cache/b4e8b.html.
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facendo?".19 Dato che non mi fido molto della semantica implicita tradurr shi con 'cosa-evento' come fece molti anni fa Alan Watts.20 Il primo aspetto della realt richiamato da Chengguan shi fajie il dominio delle cose singole, degli eventi distinguibili, dei , processi riconoscibili. Qui tutto legato alle nostre percezioni, ai nostri pensieri, ai nostri gusti, al nostro essere umani. Basta immaginare di essere una mosca per capire che un escremento potrebbe non essere disgustoso. Noi non abbiamo mai a che fare con delle cose statiche, che ci sono 'date' senza un nostro intervento, ma sempre con degli incontri fra noi e la cosa-evento. La meditazione su shi, la cosa-evento ci svela la meravigliosa ricchezza dell'essere. Li l'insieme dei principi che sottende alla molteplicit delle cose. Lespressione di Chengguan li fajie il , dominio di li, indica l'intero complesso di principi secondo cui gli esseri si formano, si trasformano e agiscono nel mondo dell'esperienza. Nel nostro contesto conoscitivo, li un nome adatto per l'insieme immenso e differenziato di leggi, di regole che gli enti rispettano (devono rispettare), 'giocando' ciascuno nel proprio livello di esistenza. Il terzo aspetto, o 'dominio' dell'essere, presentato con la formula shili wuai fajie , 21 il dominio della non ostruzione fra cosa-evento e principio. La terza proposizione mette in relazione shi e li "Tra cosa e principio, nessun impedimento". L'espressione cinese non fa che raccogliere limpidamente l'essenza della tradizione Buddhista in campo epistemologico ed etico: ogni evento ha una causa, ogni azione ha delle conseguenze. Il principio di responsabilit per le proprie azioni 'solo' una versione locale, individuale del pi generale principio di causalit che regge l'intero insegnamento del Buddha e dei Maestri che lo hanno seguito nel tempo. Forse non vi sono punti dell'insegnamento Buddhista in cui sia migliore, pi preciso il raccordo fra la pratica spirituale dell'Oriente e la pratica scientifica dell'Occidente. Infatti la storia della scienza appare come lo svelamento di scenari immensi, inattesi, imprevedibili. Nel Seicento Antoni van Leeuwenhoek, un commerciante olandese di abiti e merceria, costru i primi microscopi aprendo a se stesso e all'umanit un mondo
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Nel cinese contemporaneo con il termine shili si indica il principio che regola un'azione, i fatti e i principi coinvolti, il modo di fare affari. 20 Watts A. 2007, 70, op. cit. Ho citato Watts con gratitudine e rispetto, perch trenta anni fa questo suo testo mi indic la via che mi port a diventare un praticante zen. 21 T1736.36.2c06. La formula lishi wuai fajie non presente nel testo di Chengguan (vedi per la nota).

completamente inesplorato; mancavano persino le parole adatte per descriverlo. Le 'cose' che per primo vide Leeuwenhoek rispondevano a 'principi' che tuttora cerchiamo di scoprire. Dopo tre secoli, nel Novecento che vide il trionfo epistemologico della fisica matematica, tre scienziati mitteleuropei portarono l'attenzione della comunit scientifica su uno scenario che da sempre era stato sotto gli occhi di tutti. La fotografia di Konrad Lorenz seguito dalle sue 'figlie' oche quasi un'icona del nostro tempo, Karl von Frisch risolse il problema (che si era 'inventato'!) della danza delle api, Nikolaas Timberghen studi le danze di accoppiamento degli spinarelli. La quarta e ultima affermazione propone un fondamento praticabile alla nostra comprensione del mondo: shishi wuai fajie ,22 siamo nel dominio del non impedimento tra cosa-evento e cosa-evento, ossia tutto connesso con tutto, la rete di Indra risplende abbagliante davanti a noi.. La profondit senza fine di quanto indica shishi wuai non solo diventa evidente alla luce delle pratiche di meditazione, ma pu essere avvertita direttamente nella vita quotidiana. La parola chiave 'inerzia'. Ogni qualvolta siamo 'spinti' in avanti da una brusca frenata in azione il primo principio della dinamica - e fin qui ci troviamo ancora nel regno di shili wuai. Nel caso specifico li una regola piuttosto semplice, che secondo Newton si esprimeva cos: "Corpus omne perseverare in statu suo quiescendi vel movendi uniformiter in directum, nisi quatenus a viribus impressis cogitur statum illum mutare".23[12] Quindi, mentre stiamo viaggiando tranquilli, a velocit costante, una decelerazione improvvisa ci porta a 'perseverare' nel nostro moto, in certi casi con pessime conseguenze. Entriamo nel regno di shishi wuai quando ci chiediamo quale sia l'origine fisica dell'inerzia. La discussione su questo punto cruciale per la nostra conoscenza del mondo del tutto aperta, ma qui seguir il pensiero di Ernst Mach: "Abbiamo chiarito che non necessario riferire la legge d'inerzia a uno spazio assoluto. Tanto le masse che, secondo l'espressione comunemente usata, si imprimono forze mutue, quanto le masse che non si imprimono tali forze stanno fra loro in identiche
22 23

T1736.36.5b05. Newton I. 1739, 20, op. cit. Ho fatto questa citazione anche per celebrare la Rete, una delle meraviglie della nostra epoca. Questa edizione dei Principia Mathematica si pu leggere al PURL: http://diglib.hab.de/drucke/nb-480-1/start.htm.

relazioni di accelerazione; cio tutte le masse sono in relazione fra di loro".24 Secondo il fisico e filosofo austriaco l'inerzia deriva dal fatto che tutte le masse esistenti nel cosmo sono in relazione l'una con l'altra. L'affermazione di Mach stata una delle 'guide' che hanno indirizzato Einstein verso teoria della relativit generale nel 1915. L'ipotesi di un cosmo machiano tuttora al centro di controversie,25 ma quando in tram devo aggrapparmi a qualcosa per non cadere posso sorridere, pensando che l'effetto combinato della frenata e di lontani grappoli di galassie. I due aspetti della non ostruzione di cui parla Chengguan devono essere intesi in contrasto fra di loro,26 nel senso che l'interpenetrazione fra le regole e le cose-eventi si oppone all'interrelazione fra cosa e cosa. Noi, dodici secoli dopo Chengguan, possiamo vedere in questo contrasto l'origine della (forse) interminabile evoluzione del cosmo. Qualsiasi sia la potenza dell'insieme delle leggi che costituisce il li fajie, questo insieme non chiuso. L'interazione fra cosa e cosa continuer a sfuggire al dominio delle regole perch - a nostro parere - l'emergere delle novit da certi sistemi complessi porta a nuovi e diversi sistemi complessi, il cui comportamento non riconducibile alle leggi precedentemente attive nel mondo. Concludo i riferimenti al testo di Chengguan richiamando la posizione centrale che il maestro della Scuola della Ghirlanda assegna a kong la vacuit (nyat) , che profuma di s tutti i testi mahayana. Fra la compenetrazione di regole e cose (tongshili e il regno della relazione fra cosa-evento ) e cosa-evento, si pone come causa la vacuit delle regole e la vacuit delle cose (shi kong li kong gu 27 Nessuna legge e nessuna ). cosa ha in s sola la ragione/causa della propria esistenza. La comprensione della dipendenza da 'altro', da 'altro' che non si
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Mach E. 1977, 252, op. cit; la tr. di A. D'Elia non corrisponde pienamente al testo del 1912, che, ad esempio, parlava con una certa ironia di uno spazio assoluto 'particolare' o 'speciale' (besonderer): "Die eben angestellten Betrachtungen zeigen, dass wir nicht ntig haben, das Trgheitsgesetz auf einen besonderen absoluten Raum zu beziehen. Vielmehr erkennen wir, dass sowohl jene Massen, welche nach der gewhnlichen Ausdrucksweise Krfte aufeinander ausben, als auch jene, welche keine ausben, zueinander in gleichartigen Beschleunigungsbeziehungen stehen, und zwar kann man alle Massen als untereinander in Beziehung bestehend betrachten", Mach E. 1912, op. cit,; il testo tedesco qui citato si pu leggere all'URL: http://www.jwdt.com/~paysan/mach.pdf.. 25 Graneau P., Graneau N. 2006, op. cit. I Graneau, padre e figlio, sono due fisici. 26 T1736.36.224c06: , fei pu essere sia un semplice 'non', sia il verbo 'opporre'. 27 T1736.36.5b05. Su huayan , nyat e scienza rinvio a Cerruti L. 2002, op. cit.

controlla, svuota qualsiasi ente della sua presunta essenza. Qui vi una visione sintetica delle tre caratteristiche dell'essere predicate dal Buddha.

6. Il s e le diecimila cose Due religioni, il Dharma e il Taoismo, avevano nelle loro fonti originali alcune sorgenti in comune, in primo luogo linesprimibilit del mistero del mondo e in secondo luogo la ricerca di una particolarissima passivit del praticante. Il chan - da cui nacque lo Zen - ha accettato e interpretato wuwei , la non azione taoista, come una attivit perfetta, divenuta spontanea, non pi condizionata dai tormenti delladdestramento e dalle preoccupazioni dell'esito felice. La non-azione strettamente connessa con il non-impedimento della cosmologia mahayana: in un certo senso la realizzazione stessa, nellEsserci, del duplice nonimpedimento fra legge e cosa e fra cosa e cosa. Il culmine di questa elaborazione si avuta con Dogen, e con la sua opera arriviamo ad una intersezione molto interessante fra scienza e Dharma (intersezione che riguarda ci che si fa e non ci che si dice). Dogen Zenji (1200-1253) stato un Maestro, un filosofo, un poeta, un riformatore. In quegli stessi anni in Italia viveva e predicava San Francesco d'Assisi (1181-1226). I suoi scritti sono un tesoro inesauribile per i praticanti, anche se l'accesso diretto estremamente difficile (pure per gli studiosi giapponesi). I testi sono ora disponibili, dopo essere stati letteralmente requisiti per secoli dai suoi successori alla direzione della Scuola Soto Zen da lui fondata in Giappone (St-sh Solo nel 1926, ad opera dello ). storico giapponese Watsuji Tetsuro, Dogen stato restituito all'umanit. Il giudizio di Watsuji, riportato in inglese da Hee-Jin, fu durissimo: "Dogen non pi Dogen, il fondatore della setta, ma il nostro Dogen. La ragione per cui oso fare una simile affermazione arrogante che so che finora Dogen stato fatto morire all'interno della setta Soto".28 Un testo di grande importanza il Genjkan ; un suo passo, tanto breve quanto significativo, racchiude un prezioso insegnamento che da molti anni cerco di seguire nella vita
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"Dogen is no longer Dogen, the founder of the sect, but, our Dogen. The reason I dare make such an arrogant statement is that I know Dogen has been killed thus far in the Soto sect"; citato da Hee-Jin, K. 2004, 4, op. cit.

quotidiana e nella ricerca. Purtroppo non sono in grado di tradurlo, anche se capisco che nel testo originale sono in gioco il s (jiko ) 29 e le 'diecimila cose' (manb ). Le molte traduzioni in lingue europee alleviano di poco le difficolt, perch in esse risalta spesso pi lo sforzo dell'interpretazione che la fatica della traduzione. Questa la versione di due Maestri zen: Farsi avanti e sperimentare la miriade di cose illusione. Che la miriade di cose si presenti e sperimenti se stessa risveglio.30 illusione sottomettere la moltitudine di cose-eventi che costituisce il mondo ad una 'conferma' burocratica, che classifica, divide, irreggimenta. Il risveglio si ha solo quando si lascia entrare la miriade di cose-eventi nella propria esistenza, fattuale, mentale, psichica. Grandi svolte nella scienza sono avvenute quando si lasciato cadere ci che si sapeva, ad esempio per formulare nuove congetture a proposito di una base sperimentale gi condivisa, o anche per lasciarsi precipitare in un vuoto teorico, piuttosto che ignorare il dato sperimentale. Ricordo rispettivamente lelaborazione di Lavoisier sulla combustione, con le congetture sull'ossigeno e sugli elementi, e la proposta di Rutherford del modello nucleare di atomo. notevole che nellarticolo di Rutherford del 1911 si trovi sia limpiego delle leggi dellelettromagnetismo, sia la negazione implicita di queste stesse leggi, da cui sarebbe derivata linstabilit di un simile atomo.

7. Conclusioni
Studied as structures, as systems, and as religions, Zen and Catholicism don't mix any better than oil and water.31 Thomas Merton,1968.

Avviandomi a trarre qualche conclusione dalle riflessioni delle pagine precedenti debbo richiamare il fatto, in s ovvio, che in un
. ; URL: http://www.shomonji.or.jp/soroku/genzou01/index.html. 30 "To carry yourself forward and experience myriad things is delusion. That myriad things come forth and experience themselves is awakening". Questa la traduzione di Robert Aitken e Kazuaki Tanahashi, in: Dgen 1988. 69-72. Per confronto riporto la tr. it. di Aldo Tollini: "Pratica/illuminazione" della realt sono illusione se partono dal nostro io, ma a partire dalla realt, "pratica/illuminazione" di s illuminazione; URL: http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/zen/genjo.htm 31 Merton T. 1968, 3, op. cit.
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movimento religioso che coinvolge molte civilt e tradizioni disparate si possono trovare le posizioni pi diverse, anche su problemi cruciali per la stessa pratica soteriologica. Molti Buddhisti giapponesi, ad esempio, hanno adottato una suddivisione 'operativa' fra le pratiche di risveglio. Da una parte la ricerca viene condotta basandosi essenzialmente sulle proprie risorse esistenziali, rientra in giapponese jiriki , lett. potere/forza propria; lo Zen certamente in questa categoria. In altri casi la ricerca si basa sull'aiuto che pu venire dalla devozione, in giapponese tariki, lett. potere/forza altrui; in questa categoria i giapponesi classificano i praticanti del Jdosh la scuola della Terra Pura. Per quanto , questa partizione possa valere in Giappone, la sua inconsistenza ha una verifica non appena ci si riferisce alla Cina, dove in fin dei conti Zen e Terra Pura sono nati; ebbene molti fedeli cinesi non sono in grado di distinguere il Chan dalla Terra Pura (Jingtuzong perch nei loro templi si seguono/insegnano pratiche di ), entrambe le scuole. Una partizione del tipo jiriki vs. tariki ha un carattere strumentale (anche in parte positivo) ma non pu avere un fondamento nel Dharma. Ho citato Merton nell'epigrafe di questa sezione perch coglie perfettamente l'incompatibilit fra gli aspetti istituzionali delle religioni. Le pratiche, alcune pratiche, possono essere condivise: in verit non saprei dire se una meditazione formale sul Crucis mysterium appartenga al Cristianesimo o allo Zen. Esiste una ampia zona di contatto fra scienza e Dharma: fiducia nei propri mezzi conoscitivi, atteggiamento laico verso i maestri, affidamento alle pratiche sperimentali, carattere cumulativo dei risultati. Scienziati, storici, filosofi e teologi si apriranno buone prospettive di studio se accetteranno che le pratiche, scientifiche e religiose, non siano meramente lombra delle idee, ma il terreno fertile in cui esse germogliano e fioriscono. Le pratiche delle religioni e delle scienze sono molto diverse fra loro, hanno per una finalit in comune: la comprensione del mondo-della-vita. Accomuna le scienze e le religioni anche il senso di sconvolgente meraviglia che suscita questo mondo-della-vita. I praticanti del Dharma vorrebbero giungere al risveglio, nella vita presente o nelle future; se il risveglio si realizza anche nel vedere il mondo cos com', allora le conoscenze scientifiche possono aiutare in massimo grado i Buddhisti, specialmente nella meditazione formale. Scienze e religioni potranno arricchirsi reciprocamente se ammetteranno che la ricerca non conclusa, che ci che l'umanit

sa ben poco, e che ci che l'umanit fa ancora meno rispetto ai bisogni, ai gemiti che sentiamo salire da ogni angolo della Terra. Una delle intuizioni pi profonde stata espressa dal Maestro zen Robert Aitken: "the individual action is a creative presentation of the universe".32 Non ho ulteriori commenti da fare rispetto alle nostre responsabilit e alle nostre possibilit.

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32

Aitken R. 1982, 70, op. cit.

Mach E. 1977. La meccanica nel suo sviluppo storico-critico, Boringhieri, Torino. Martinelli L. 1990. Dhammadapa. Traduzione diretta dal Pali con note di commento su etica buddhista e etica cristiana, Mondadori, Milano. Merton T. 1968. Zen and the Birds of Appetite, New Directions, New York. Newton I. 1739. Philosophi Naturalis Principia Mathematica, Auctore Isaaco Newtono, Eq. Aurato. Perpetuis Commentariis illustrata, communi studio PP. Thom Le Seur & Francisci Jacquier Ex Gallican Minimorum Famili, Matheseos Professorum, Barrillot, Genevae., Sangharakshita 1985. The Eternal Legacy. An Introduction to the Canonical Literature of Buddhism, Tharpa Publication, London. Vigier J.-P. 1995. "Derivation of inertial forces from the Einstein-de BroglieBohm (E.d.B.B.) causal stochastic interpretation of quantum mechanics", Foundations of Physics, v. 25, n. 10, 1461-1494 Watts A. 2007. The Way of Zen, Vintage, New York.

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