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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE

GLI ADOLESCENTI E I MASS-MEDIA: STUDIO ESPLORATIVO SULLA RAPPRESENTAZIONE DEL POTERE DINFLUENZA DELLA TELEVISIONE

Tesi di Laurea in Psicologia Sociale

Relatore: Prof. ssa Nicoletta Cavazza

Laureando: Alberto Sabatini

ANNO ACCADEMICO 2002/2003

Alla mia famiglia

perch mi ha sostenuto in ogni singolo momento

Indice

INTRODUZIONE....pag.4

I. IL RUOLO E LINFLUENZA DEI MASS-MEDIA NEL CONTESTO SOCIALE....pag.6 I.I CHE COSA SI INTENDE PER COMUNICAZIONE DI MASSApag.6 I.II LAVVENTO DELLA SOCIET DI MASSA.pag.9 I.III I MEDIA E IL LORO POTERE INCONTRASTABILE.....pag.11 I.IV UN APPROCCIO COMPORTAMENTISTA : LA TEORIA DEL PROIETTILE MAGICO....pag.13 I.V LE TEORIE DELLINFLUENZA SELETTIVA...pag.16 I.V.I LA TEORIA DEL TWO STEP-FLOW OF COMMUNICATION....pag.19 I.V.II IL MODELLO DEGLI USES AND GRATIFICATIONSpag.25 I.VI LINTERESSE PER GLI EFFETTI A LUNGO TERMINE.pag.30
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II. LINFLUENZA DEI MEDIA SUL COMPORTAMENTO DEI SINGOLI INDIVIDUI...pag.35 II.I GLI EFFETTI ANTISOCIALI DEI MEDIApag.36 II.II GLI EFFETTI PRO-SOCIALI DEI MEDIA...pag.46

III. DUE EFFETTI DI PERCEZIONE SOCIALEpag.49 III.I CHE COSA SI INTENDE PER EFFETTO TERZA PERSONA.pag.49 III.II COME OPERA LEFFETTO......pag.51 III.III IN QUALI CONDIZIONI SI MANIFESTApag.55 III.IV CHE COSA SI INTENDE PER EFFETTO FALSO CONSENSO......pag.58 III.V COME OPERA LEFFETTO E IN QUALI CONDIZIONI..pag.60 III.VI UNO STUDIO SPECIFICO..pag.67

IV. LA RICERCA.....pag.70
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V. BIBLIOGRAFIA...............pag.96

APPENDICE..........pag.109

Introduzione
Sentiamo quasi sempre parlare di potere di influenza dei mass-media e di possibili conseguenze che i mezzi di comunicazione di massa possono produrre nei confronti di un pubblico a volte disattento e non sempre consapevole. Numerosi studi a riguardo hanno dimostrato in passato, e dimostrano tuttora, quanto sia complicato definire in modo semplice ed esaustivo quel difficile rapporto che intercorre tra spettatore e media. Sappiamo, infatti, che il legame che unisce queste due entit appare molto pi complesso e articolato di quanto si pensi. Se da un lato alcuni si mostrano propensi a considerare i mass-media come potenti agenti di persuasione verso masse di spettatori inerti, dallaltro, altre persone sostengono, al contrario, che il pubblico dei media possieda gli strumenti necessari a combattere attivamente ogni possibile processo di influenza sociale. Da che parte sta la verit? Dalla parte dei media intesi come principali strumenti di influenza o, piuttosto, dalla parte di unaudience concepito come entit indipendente e attiva nel suo complesso? Quesiti di tale portata hanno infatti guidato per molto tempo il campo di ricerca sugli effetti dei media, portando di conseguenza gli stessi studiosi a formulare specifiche teorie in merito. Studiare i mezzi di comunicazione di massa e i loro possibili effetti sugli spettatori, ha dunque significato principalmente per le varie scienze sociali fornire una rappresentazione del rapporto media pubblico solamente in termini di attivit o passivit di un elemento rispetto allaltro. Pochi ricercatori (per es. Cavazza e Palmonari, 1999) si sono domandati veramente come gli spettatori e i fruitori dei mass-media si rappresentino e concepiscano quel rapporto che unisce indissolubilmente tra loro media e pubblico; eppure, numerose ricerche effettuate in passato ci hanno permesso di comprendere quanto sia fondamentale il ruolo dello spettatore allinterno del processo di comunicazione di massa.
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Lintento, quindi, di questa tesi quello di occuparsi di un aspetto di ricerca che stato per troppo tempo tralasciato dal campo di studi sui mezzi di comunicazione di massa. A differenza, per, di quanto stato prodotto finora in termini di esperimenti scientifici e paradigmi teorici, si tenter di focalizzare lattenzione su un aspetto nuovo e ancora poco conosciuto nel campo di ricerca sui mass-media: in specifico, si cercher di scoprire come un particolare tipo di spettatore televisivo (lo spettatore adolescente) definisca se stesso e i propri coetanei allinterno di quel legame che unisce media e audience tra di loro. Per fare ci, si far riferimento da una parte, a tutta una serie di modelli teorici sviluppati nellambito di ricerca dei mass-media, dallaltra, ad esperimenti effettuati direttamente sul campo. La tesi risulta, infatti, strutturata in due grandi sezioni, collegate direttamente luna allaltra. La prima, illustra il quadro teorico che abbiamo assunto come riferimento del campo di studi sugli effetti dei mezzi di comunicazione di massa: in particolare, nel primo capitolo si parla di prospettive teoriche in chiave di effetti dei media a breve e lungo termine e di conseguenze nel contesto sociale, mentre, nel secondo capitolo, ci si interroga in maniera pi specifica sugli effetti pro-sociali e anti-sociali dei media; una trattazione a parte riservata invece a due particolari effetti, quali leffetto terza persona e falso consenso. La seconda parte della tesi, che rappresenta il cuore di questo progetto, contiene la ricerca vera e propria, ricerca che stata compiuta su un campione di 300 adolescenti, di et compresa tra i 14 e i 18 anni, rappresentanti ideali di una porzione di popolazione giovanile della citt di Reggio Emilia.

Capitolo 1
Il ruolo e linfluenza dei mass-media nel contesto sociale

Per il propagandista addestrato, la mente del pubblico come una grande vasca dacqua nella quale parole e pensieri vengono lasciati cadere quasi fossero degli acidi, con una conoscenza anticipata delle reazioni che avranno luogo (Mauro Wolf)

1.1 Che cosa si intende per comunicazione di massa


Quando parliamo di comunicazione di massa spesso ci riferiamo ad un processo che tende a sviluppare messaggi che vengono trasmessi da specifici mezzi tecnici come, giornali, Radio, Cinema, Televisione, a masse molto consistenti di individui che vivono in aree geografiche alquanto ampie e nella maggioranza dei casi lontane dalle stesse fonti di emissione [Valli, 1999]. Il concetto di comunicazione di massa un concetto che richiama a s un significato ben articolato e complesso: molti studiosi, infatti, nel corso degli anni, hanno tentato di definire le principali caratteristiche che compongono questo particolare sistema. Per la Pacelli [2002] parlare di comunicazione di massa significa riferirsi principalmente a due concetti primari tra loro strettamente collegati: la comunicazione e la massa. La sociologa definisce il processo di comunicazione come un sistema di scambio allinterno del quale
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appare fondamentale il ruolo di parit svolto dai due partners, che entrano in relazione nella situazione comunicativa. Questa peculiarit tipica della comunicazione non per riscontrabile, secondo la Pacelli, nel sistema di comunicazione mass-mediale, dove il processo circolare di scambio di contenuti lascia spazio ad una semplice trasmissione di informazioni e di prodotti culturali. La studiosa sembra perci recuperare quanto era gi stato affermato sulla comunicazione di massa da McQuail [1992]. Secondo McQuail, infatti, il sistema di comunicazione di massa non altro che un rapporto impersonale che si viene a creare tra emittente e ricevente, dove il ricevente di solito anonimo e non possiede gli strumenti necessari per rispondere attivamente a chi trasmette la comunicazione. Per Eco [1968], invece, analizzare il sistema di comunicazione di massa vuol dire riferirsi ad un particolare genere di comunicazione che si attua e si sviluppa grazie alla presenza di tre specifiche condizioni preesistenti: 1. lavvento di una societ di tipo industriale, sufficientemente livellata ma in realt ricca di differenze e contrasti 2. la presenza di differenti canali di comunicazione che permettono di raggiungere unindefinita cerchia di ricettori in situazioni sociologiche diverse 3. lesistenza di gruppi produttori che elaborano ed emettono messaggi determinati Laltro termine che secondo il pensiero della Pacelli risulta essere strettamente collegato al concetto di comunicazione, quello di massa. Con questo termine si tende, in genere, a designare nella societ industriale un insieme di individui coinvolti in fenomeni dinamici quali la scolarizzazione, lurbanizzazione, le comunicazioni, fenomeni che contribuiscono allo sviluppo della societ stessa e concorrono a definirne le caratteristiche di base [Valli, 1999]. Il concetto di massa trae la sua origine dal pensiero sociologico di inizio Ottocento e nei confronti di
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questa gli studiosi si rivolgono sia in termini positivi che negativi. Se da una parte, infatti, sociologi come Comte sono per lo pi propensi a considerare la massa come unentit inorganica composta da individui uniti solamente dallesistenza nello stesso spaccato spazio temporale [Di Nallo, 1981], dallaltra, al contrario, il concetto di massa viene anche concepito come un insieme di carattere organico, in grado di superare le conflittualit individuali causate dalla divisione del lavoro e capace di compattare gli interessi personali verso un obiettivo superiore comune. lo stesso Durkheim a farsi portavoce di questa accezione positiva del termine massa. Egli prevede che tutte le controversie individuali e sociali possano essere mediate e sistemate anche attraverso il ricorso a forme di religione, viste come espressioni della societ stessa. La societ, infatti, possiede tutto ci che occorre agli individui per risvegliare nei loro spiriti la sensazione del divino [Durkheim, 1922]. Come si vede, il concetto di massa un concetto carico di ideologie e valori: spesso, per, esso viene erroneamente e superficialmente scambiato con il concetto di folla. Come sappiamo, fu lo studioso francese Le Bon a definire per primo il termine di folla. La differenza principale tra queste entit sta proprio in una loro caratteristica interna. La folla, secondo Le Bon [1895], rappresenta un aggregato di individui fisicamente compresenti in un dato spazio e limitatamente al tempo in cui permane il comportamento che gli unisce. Essa possiede, perci, una visibilit e fisicit specifica. Al contrario, la massa, come molti sociologi hanno affermato in passato, consiste in una categoria di individui che possiedono caratteristiche comuni ma che non esistono come entit fisica, se non per gli studi dellosservatore. [Pacelli, 2002]. In base a quanto affermato precedentemente e dopo aver sottolineato che cosa si intende per comunicazione e per massa, possiamo cercare di definire il processo di comunicazione di massa grazie a tre differenti caratteristiche che lo contraddistinguono:
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1. la comunicazione di massa si sviluppa attraverso una specifica distanza tra emittente e ricevente. In questo modo, la fonte si caratterizza per la propria segretezza e inaccessibilit, il messaggio per la propria impersonalit, il destinatario della comunicazione per il proprio distacco 2. il sistema di comunicazione di massa in grado di raggiungere, allo stesso tempo, un gran numero di individui distanti tra loro e dalla stessa fonte di informazione 3. il processo di comunicazione di massa, in quanto tale, si pu attuare solamente se il destinatario di tale processo risulta essere un pubblico di grande entit Lazione simultanea di queste tre differenti caratteristiche conduce, perci, il modello della comunicazione di massa ad essere concepito principalmente come un modello nel quale uno specifico messaggio si trova ad essere rivolto da una fonte primaria ad un destinatario di per s secondario e lontano. A differenza, per, della pura comunicazione interpersonale, dove la relazione tra mittente e destinatario che si viene a creare rende la stessa scelta del linguaggio da utilizzare come scelta relativamente semplice, quella di massa si caratterizza per sua la complessit. In particolare, in una qualsiasi comunicazione di massa lemittente conosce solamente una piccola parte del suo pubblico e non in grado di prevedere come il messaggio verr accolto dal destinatario: questo perch nelle comunicazioni di massa ogni feedback si presenta come deduttivo e non immediato [Valli, 1999].

1.2 Lavvento della societ di massa


Come si sottolineato precedentemente, il concetto di massa prende forma e si sviluppa in un particolare contesto politico culturale. Verso la fine del XIX secolo, infatti, la societ si trova profondamente segnata dal mutamento di un sistema tradizionale e stabile in cui gli individui vivono vincolati gli uni agli altri, in una nuova realt complessa nella
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quale le persone vengono concepite come entit socialmente isolate [DeFleur, Ball-Rokeach, 1989]. Per alcuni studiosi questa complessit diventa il simbolo del progresso che, attraverso le leggi naturali dellevoluzione, pu condurre ogni individuo ad un sistema pi desiderabile e pi armonioso dei precedenti. Per altri, essa rappresenta un pericolo imminente e una direzione incerta verso unesistenza desolata nella quale risulta difficile identificarsi. Nonostante ci, lopinione comune di ricercatori e scienziati concorde nel rilevare un palese cambiamento dellordine sociale: larmonia e la cooperazione lasciano il posto a leterogeneit e lindividualismo, lindividuo si estranea sempre di pi dalla propria comunit, le relazioni sociali diventano frammentate e contrattuali. Nel contempo, queste modificazioni si accompagnano a fenomeni di crisi che minano i legami e i valori tradizionali della societ quali, la famiglia, la religione, lassociazione di mestiere e la comunit locale. Sono proprio queste stesse condizioni, secondo sociologi e politologi come Durkheim [1893], a portare lindividuo ad una situazione di anomia, ovvero ad unassenza di riferimento normativo che dia senso alla propria condotta quotidiana. Come si gia affermato, parlare di societ di massa ai tempi del pensiero positivistico ottocentesco, significa principalmente riferirsi ad una vasta entit eterogenea di individui la cui composizione appare incerta e variabile [Kimball, 1949]. Essi, infatti, non vengono considerati come soggetti in grado di operare sulla base di motivazioni razionali, ma risultano fondamentalmente oggetto di pressioni manipolatorie. stereotipici I meccanismi sono quelli che regolano i e loro della comportamenti dellimitazione

suggestione. Inoltre, lanalisi della natura sociale degli esseri umani si accompagna ad altri paradigmi generali riguardanti la loro natura psicologica: il comportamento umano viene considerato in una prospettiva neurobiologica, come risultato del patrimonio genetico. Come si pu notare, nonostante una posizione cos pessimistica e
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fortemente ideologica sia scarsamente sostenuta da verifiche di tipo empirico, questa linea di pensiero di certo destinata a pesare molto sulle prime spiegazioni che gli studiosi di inizio Novecento forniranno sul funzionamento assunto dai mass-media.

1.3 I media e il loro potere incontrastabile


Durante il secondo decennio del secolo scorso, lEuropa e gli Stati Uniti dAmerica si trovano coinvolti nel primo conflitto mondiale. La divisione del lavoro, leterogeneit e lindividualismo che ne derivano e che hanno reso possibile lavvento delle nuove societ industriali, rappresentano un serio problema per quellepoca. La Prima guerra mondiale , infatti, il primo conflitto globale al quale prendono parte attiva e coordinata intere popolazioni civili. Questo nuovo tipo di guerra, si caratterizza per uno scontro fra la capacit produttiva delle diverse Nazioni coinvolte e gli eserciti sostenuti in campo, eserciti che dipendono dai grandi complessi industriali dei propri paesi. Questi enormi sforzi industriali richiedono, per, che la popolazione civile che vi lavora collabori con partecipazione ed entusiasmo. Ci significa, sacrificare i piaceri materiali e tenere alto il morale dei paesi, convincere la gente ad abbandonare la propria famiglia per arruolarsi e raccogliere fondi per finanziare il conflitto [DeFleur, Ball-Rokeach, 1989]. Le popolazioni differenziate dei nuovi sistemi industriali non sono, per, pi quelle popolazioni legate da un modo di sentire comune e reciproco, associativo, che tiene insieme gli uomini come membri di un tutto [Tnnies, 1887], ma assomigliano piuttosto a delle societ di massa prive di vincoli reali. Per vincere la guerra necessario, per, che le popolazioni ritrovino quei legami di sentimento e cooperazione che in passato esse possedevano. Per questo motivo, il fine primario di ogni sistema politico coinvolto nel conflitto mondiale appare quello di ricreare un vincolo forte e duraturo tra individuo e societ. Il mezzo per raggiungere questo scopo viene intravisto nelluso della
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propaganda. Paesi come gli Stati Uniti cominciano, cos, a formulare messaggi propagandistici sotto forma di notizie giornalistiche, film, cartelloni pubblicitari, libri e segnali radio. Lobiettivo finale da raggiungere risulta cos importante, da giustificare ogni meccanismo di azione attuato: per i massimi esponenti politici del tempo, i cittadini devono essere condotti nel provare un sentimento di odio verso il nemico e nel dedicare il loro massimo impegno nello sforzo bellico. Per fare in modo che gli individui agiscano in questa direzione, lopinione comune appare, perci, concorde nellindividuare nei mezzi di comunicazione di massa gli strumenti necessari e principali per attuare tale obiettivo. Il sistema di propaganda si rivela vincente in ogni suo singolo aspetto; il pensiero di intere popolazioni viene guidato con grande abilit e capacit di coordinamento: troppo spesso, per, la verit lascia spazio alla menzogna e tutto quello che viene comunicato e trasmesso al pubblico non sempre rispecchia la realt circostante. La fine del conflitto mondiale porta, cos, gli ex propagandisti di ogni paese a pubblicare lunghe serie di articoli di denuncia sulle falsit che sono state diffuse per lungo tempo durante lo svolgimento della guerra. Alcune di queste rivelano particolari alquanto inquietanti, come quella apparsa nellimmediato dopoguerra e descritta da Viereck [1930, pag. 153-154]: Le storie di atrocit costituivano uno dei temi principali nella propaganda inglese. Nella maggior parte dei casi le [storie di questo tipo] venivano bevute avidamente da un pubblico che non sospettava nulla. [La gente] sarebbe stata molto meno pronta ad accettare le storie che dipingeva la Germania come qualcosa di spaventoso se avesse assistito alla nascita delle pi lugubri storie di atrocit inventate nel quartier generale del British Intelligence Department nella primavera del 1917. Il generale di brigata J. V. Charteris stava confrontando due fotografie sottratte ai tedeschi: la prima era la riproduzione molto chiara di una scena atroce, in cui dei cadaveri di soldati tedeschi venivano trascinati via per essere sepolti dietro le linee. La seconda fotografia mostrava dei cavalli morti che venivano condotti alle fabbriche dove i tedeschi usavano le carcasse
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per trarne in modo ingegnoso sapone e olio. Lispirazione di scambiare le didascalie delle due immagini venne al generale Charteris come unilluminazione Con destrezza il generale tagli e incoll la scritta Cadaveri tedeschi verso la fabbrica di sapone sotto limmagine dei soldati morti. Nel giro di ventiquattrore la fotografia era nel sacco postale per Shangai. Il generale Charteris mand la fotografia in Cina per istigare lopinione pubblica contro i tedeschi. Il rispetto dei cinesi per i morti rasenta il culto e la profanazione dei cadaveri attribuita ai tedeschi fu uno dei fattori che spinsero i cinesi a dichiarare guerra contro lorientamento del potere centrale. Questo esempio e gli effetti che esso produce nel sistema politicoculturale, una dimostrazione esemplare del tipo di teoria delle comunicazioni di massa su cui si basa lattivit di propaganda di quellepoca. Si tratta di una teoria piuttosto originale e coerente con limmagine della societ di massa ereditata dal sistema intellettuale del XIX secolo. Essa parte dal presupposto che gli stimoli creati dai media possano raggiungere ogni singolo membro della societ e che, ogni individuo, percepisca tali stimoli in modo simile, provocando cos una risposta pi o meno uniforme da parte di tutti [DeFleur, Ball-Rokeach, 1989].

1.4 Un approccio comportamentista: la teoria del proiettile magico


Come illustrato precedentemente, una delle conseguenze del conflitto mondiale lemergere della convinzione generale che il sistema di comunicazione di massa abbia un grande potere di controllo nei confronti del proprio pubblico. Lopinione comune concorde nel pensare che i media possano plasmare le masse a favore di determinati punti di vista, in base ai desideri dello stesso comunicatore. Molti scienziati di quel tempo cercano, cos, di analizzare in modo obiettivo limpatto della propaganda bellica e il ruolo che gli stessi media ricoprono allinterno della societ di massa. Tra questi, Lasswell, grande
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scienziato della politica, sintetizza cos le proprie considerazioni nei confronti della funzione assunta dalla propaganda [1927, pag. 200-221]: Fatte tutte le concessioni, e ridotte allosso tutte le stime pi stravaganti, rimane il fatto che la propaganda uno dei mezzi pi potenti del mondo moderno. Essa giunta a questo livello di importanza in risposta ad un insieme di circostanze che sono cambiate e hanno alterato la natura della societ. Le piccole trib primitive possono saldare i loro membri eterogenei in ununit da combattimento grazie ai ritmi indiavolati della danza Nella grande societ non pi possibile fondere la riottosit degli individui nella fornace delle danze di guerra: uno strumento pi nuovo e sottile deve saldare migliaia e perfino milioni di esseri umani in una massa fusa di odio, volont e speranza. Una nuova fiamma deve incenerire il cancro del dissenso e temperare lacciaio dellentusiasmo bellicoso. Il nome di questi nuovi incudine e martello della solidariet sociale propaganda. La teoria della societ di massa che possibile dedurre da questa considerazione di Lasswell, una teoria piuttosto semplificata che utilizza come guida il modello comportamentista del tipo stimolo-risposta. Se da una parte, per, questo paradigma teorico pu apparire semplice e lineare, dallaltra, esso presuppone un insieme di assunti impliciti che riguardano non solo lorganizzazione sociale della societ ma, anche, la struttura psicologica degli individui che vengono stimolati e rispondono ai messaggi che provengono dai media [DeFleur, Ball-Rokeach, 1989]. Nel periodo postbellico, questo primo insieme di considerazioni sulla natura e il potere delle comunicazioni di massa non viene mai ufficialmente formulato da nessun studioso di comunicazione e, solamente a posteriori, gli verr attribuito il nome di teoria del proiettile magico o teoria ipodermica. Lassunto da cui parte questo specifico approccio teorico che la condotta delle persone sia determinata in larga misura da meccanismi intraindividuali che operano tra lo stimolo ambientale e la risposta comportamentale. Si ritiene che il repertorio di risposte comportamentali sia piuttosto uniforme perch le persone sono
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caratterizzate da un corredo biologico precostituito, che determina cos lemissione di certe risposte al presentarsi di determinate condizioni di stimolo. Date queste premesse, la concezione che ne deriva che i messaggi provenienti dai mass-media vengano recepiti allo stesso modo da tutte le persone che compongono laudience e che, inoltre, le risposte a tali messaggi siano immediate e dirette [Arcuri, Castelli, 1996]. A confronto con le pi elaborate spiegazioni che ancora oggi si danno del processo di comunicazione di massa, una teoria come quella del proiettile magico pu apparire ai nostri occhi inconsistente e del tutto ingenua. Eppure, se cerchiamo di contestualizzare questo particolare modello teorico nel periodo storico in cui esso cresce e si sviluppa, sicuramente ci rendiamo conto di quanto siano precisi e complessi gli assunti impliciti di tale paradigma, assunti che derivano da teorie psicologiche e sociologiche della natura umana e dellordine sociale di inizio Novecento. Il pensiero sociologico di quellepoca, infatti, come abbiamo gi sottolineato, propenso a considerare le persone come individui biologicamente simili e, per questo, portati a rispondere a determinati stimoli in determinati modi. Definita, perci, la concezione umana di base come qualcosa di uniforme e dellordine sociale come societ di massa, possiamo facilmente comprendere come la teoria del proiettile magico, basata su un meccanismo istintivo del tipo stimolorisposta e sulla convinzione che i media siano strumenti potenti e manipolatori, appaia del tutto valida e coerente per gli studiosi e i ricercatori di quel periodo.

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Mass-media

Schema riassuntivo della teoria del proiettile magico: i media colpiscono laudience (A) in modo indiscriminato; gli individui possiedono lo stesso corredo biologico (colore giallo), di conseguenza recepiscono i messaggi allo stesso modo e le loro risposte agli stimoli appaiono ugualmente uniformi e dirette (freccia rossa).

1.5 Le teorie dellinfluenza selettiva


Sono necessari molti anni di studio e numerosi insuccessi scientifici per rendere consapevoli gli studiosi dei mezzi di comunicazione di massa del fatto che la relazione tra messaggio e risposta comportamentale, cos come stata concepita fino a quel tempo, non sia cos diretta ma che, al contrario, sia importante ipotizzare lintervento di altre variabili di mediazione come, ad esempio, la percezione selettiva, gli stati mentali del soggetto ricevente, il ruolo delle strutture cognitive: tutto ci porta gradualmente gli scienziati ad abbandonare lidea che i messaggi persuasivi agiscano sulla base di meccanismi di tipo diretto, come afferma la teoria del proiettile magico [Arcuri, Castelli, 1996]. In particolare,
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tra la fine degli anni Venti e linizio degli anni Trenta, gli studiosi dei mass-media incominciano finalmente a strutturare le proprie ricerche su una base empirica, passando, in questo modo, dalla semplice speculazione teorica sugli effetti, allo studio sistematico dellimpatto di particolari contenuti su specifiche tipologie di individui. Disponendo, cos, di una variet sempre pi ampia di strumenti di ricerca, essi si dimostrano in grado di sottoporre le proprie idee sulle comunicazioni di massa ad una verifica pi puntuale, sulla base dei risultati della ricerca empirica [Sorice, 2000]. Compresi meglio i limiti della teoria del proiettile magico, diventa perci necessario, per gli studiosi, rielaborare nuove teorie delle comunicazioni di massa che guidino la ricerca scientifica in modo pi realistico. Come le teorie precedenti, i nuovi approcci derivano da paradigmi generali sviluppati dalla Psicologia e dalla Sociologia. Questi due campi, infatti, sono attivamente impegnati da sempre nello studio della natura umana: in una prospettiva personale il primo, da un punto di vista collettivo il secondo. dunque da questi paradigmi emergenti che nascono le nuove interpretazioni sullinfluenza dei mass-media e queste stesse interpretazioni non si fanno di certo aspettare. A partire dagli anni Quaranta, infatti, cominciano a prendere forma una serie di teorie denominate teorie dellinfluenza selettiva. Esse creano un capovolgimento totale nel campo di ricerca sugli effetti dei mezzi di comunicazione di massa. In base a quanto afferma Sorice [2000], le teorie dellinfluenza selettiva, fondate sul paradigma cognitivo generale della Psicologia (linfluenza di un soggetto sullorganismo determina risposte che sono proporzionate alle differenze esistenti fra gli individui), ripongono unattenzione notevole alle variabili intervenienti nel processo di comunicazione, variabili che vengono considerate necessarie al funzionamento dellintero sistema. In base a questi modelli, quindi, la risposta del pubblico ai messaggi mediali non sarebbe guidata da istinti,
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ma da precisi e specifici atteggiamenti. Ci sta a significare che gli individui presentano differenze consistenti nella struttura cognitiva, elemento questo che tende a giustificare le differenze individuali nelle risposte fornite ai messaggi provenienti dai mass-media. lo stesso studioso [Sorice, 2000] a sottolineare, nella sua analisi, come le teorie dellinfluenza selettiva possano essere organizzate attorno ad alcuni specifici punti chiave: 1. le differenti strutture cognitive sono il risultato di un apprendimento individuale e sociale 2. le societ complesse sviluppano delle subculture, ovvero degli ambienti sociali in cui si condividono opinioni, atteggiamenti e modelli di azione 3. nelle societ complesse le relazioni sociali mantengono una funzione selettiva fondamentale nella fruizione dei mezzi di comunicazione di massa Inoltre, i principi fondamentali sui quali le stesse teorie si reggono sono quelli della: 1. attenzione selettiva: le differenze cognitive presenti nei vari soggetti producono stili differenti di attenzione ai contenuti mediali 2. percezione selettiva: le differenze cognitive, gli interessi personali, le opinioni individuali determinano una diversa percezione dei contenuti dei media e, di conseguenza, una differente costruzione di senso 3. memorizzazione selettiva: i contenuti dei media vengono memorizzati in maniera diversa da soggetti di per s differenti, in relazione ai loro interessi e alle loro strutture cognitive 4. azione selettiva: lazione derivante dalla fruizione dei contenuti mediali dipende strettamente dallattenzione, dalla percezione e dalla memorizzazione soggettiva, pertanto, i comportamenti concreti saranno strettamente collegati con le varie modalit attraverso le quali i contenuti dei media saranno stati utilizzati.
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Tra le teorie che possibile ricondurre a questa nuova tradizione di ricerca, due in particolare meritano la nostra attenzione: la teoria del Two step flow of communication lipotesi degli Uses and Gratifications Questi modelli rappresentano, in specifico, esempi eccellenti di quella corrente di studi che si afferma come paradigma dominante nella ricerca sugli effetti dei media fino agli anni 60, corrente comunemente conosciuta con il nome di modello degli effetti limitati1. Secondo Wolf [1992], la principale novit di questa particolare corrente teorica, che rientra di diritto tra la schiera delle teorie dellinfluenza selettiva, quella di dimostrare che difficilmente si producono conversioni nelle opinioni individuali soltanto attraverso lesposizione ai mezzi di comunicazione: linfluenza dei media, invece, si fonda da un lato sullindividuazione dei meccanismi selettivi a livello personale e, dallaltro, sul radicamento del processo comunicativo nel contesto sociale. In questo modo, gli effetti dei media si sviluppano dentro una complessa rete di interazioni sociali dove lunico effetto limitato riscontrato risulta essere il rafforzamento degli atteggiamenti soggettivi e delle opinioni preesistenti, piuttosto che il loro cambiamento.

1.5.1 La teoria del Two step flow of communication


Il primo dei due modelli di effetti limitati il risultato di un celebre lavoro sviluppato da Lazarsfeld, Berelson e Gaudet per studiare limpatto che la campagna presidenziale del 1940 ha sui propri elettori. Linteresse primario degli studiosi rivolto nel comprendere come i membri di determinate categorie sociali selezionino il materiale veicolato dai media in relazione alla campagna elettorale e come questi contenuti
Questo modello, conosciuto anche con il nome di modello degli effetti minimi, proposto per la prima volta da Klapper allinterno di una ricerca pubblicata nel 1960. Sotto tale modello vengono successivamente racchiuse tutte quelle ricerche svolte in questa direzione dagli studiosi dei media (Lazarsfeld e collaboratori).
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contribuiscano ad influenzare le loro intenzioni di voto. La ricerca, infatti, parte dallipotesi che il peso delle relazioni allinterno dei gruppi sia un fattore determinante al fine della formazione dei quadri di valore e dei comportamenti degli individui che li compongono. Lo studio viene condotto nella contea di Erie, nellOhio, una zona con caratteristiche tipicamente americane. I contenuti dei media sottoposti ad analisi sono per la maggior parte composti da tutti quei discorsi elettorali e messaggi politici riportati nei quotidiani e alla radio durante i vari confronti svolti tra i due candidati alla presidenza (il candidato repubblicano Wendell Wilkie e il candidato democratico Franklin D. Roosevelt). Per la prima volta in un sondaggio su vasta scala si utilizza un panel: si intervista un campione principale di 600 persone ad intervalli regolari di un mese tra Giugno e Novembre, ovvero nel periodo precedente e successivo alle elezioni. I problemi affrontati dai questionari sono sostanzialmente relativi a verificare come fattori sociologici e personali influiscano nellorientare il voto degli elettori su un candidato piuttosto che sullaltro. Nel corso della ricerca gli studiosi riescono, cos, a rilevare determinati effetti: in particolare, scoprono che il 53% del campione di soggetti sottoposti per vari mesi a diversi tipi di propaganda elettorale rafforza semplicemente le proprie opinioni preesistenti a seguito della pressione propagandistica stessa. Nel 26% dei casi, invece, si ha un passaggio dalla indecisione alla scelta di un partito o dalla scelta di un partito a un atteggiamento di per s indeciso; nel 16% dei casi risulta difficile fornire una valutazione precisa; infine, solamente nel 5% dei casi si individua una conversione, ovvero un passaggio da un partito allaltro per effetto della stessa campagna elettorale. Inoltre, dalla ricerca emerge chiaramente come la grande maggioranza degli elettori gi orientati a votare repubblicano si esponga prevalentemente a messaggi propagandistici dei repubblicani, mentre la grande maggioranza di coloro che sono orientati a votare democratico ascoltino principalmente la propaganda dei
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candidati democratici [Statera, 1998]. La ricerca di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet (pubblicata fra il 1944 e il 1948 con il titolo The Peoples Choice: How the Voter Makes up his Mind in A Presidential Campaign) fa quindi emergere un pubblico tuttaltro che passivo e, comunque, molto differente da quel soggetto inerte pronto a farsi colpire e condizionare da qualsiasi tipo di messaggio, cos come la teoria ipodermica lo ha concepito in passato. La ricerca permette, perci, di superare quellidea, fino ad allora valida, di una linearit del processo di comunicazione, sostituendola con una nuova immagine dei profili individuali e delle risposte che vengono fornite dalle persone ai mass-media. La fase finale di questo progetto, guidato e coordinato da Lazarsfeld negli anni Quaranta, riguarda appunto la formulazione, quindici anni pi tardi, di quella teoria comunemente nota come teoria del Two step flow of communication. Il modello viene elaborato e pubblicato da Katz e Lazarsfeld nel 1955 allinterno dellopera Personal Influence: The Part Played by People in the Flow of Mass Communication. In base a quanto affermano i ricercatori [Katz, Lazarsfeld, 1955], questa particolare prospettiva teorica si basa sullipotesi che non esista un flusso unitario di informazioni che si muove dai media ai destinatari finali del processo comunicativo. In realt, il flusso di comunicazione segue un percorso a due fasi: la prima, dai media a quegli individui ben informati che seguono con una certa regolarit le comunicazioni di massa, ovvero gli opinion leaders; la seconda, dalla mediazione operata dai leader dopinione, attraverso i canali interpersonali, agli individui meno esposti ai media, individui che dipendono dai primi per lacquisizione delle informazioni. Katz e Lazarsfeld arrivano allelaborazione di tale modello dopo vari studi, da loro stessi condotti, nei confronti di un campione di soggetti di sesso femminile appartenente ad una cittadina dellIllinois. Lintento della ricerca quello di scoprire lorigine dei comportamenti e delle preferenze degli individui in materia di pubblici affari, di acquisti, di mode, di
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frequenze ai cinema. I risultati dellinchiesta dimostrano che la maggior parte del campione viene influenzato, nei settori presi in esame, dalle persone pi vicine, generalmente membri della famiglia o amici pi prossimi. Questi partner quotidiani riprendono per proprio conto i messaggi trasmessi dai mass-media, li personalizzano ed esercitano di conseguenza la loro influenza effettiva sugli individui che vivono nel loro ambiente [Moscovici, 1986]. La teoria di Lazarsfeld e Katz permette, perci, di introdurre due concetti interessanti e molto innovativi per quellepoca: il concetto di gruppo sociale e la nozione di leader dopinione. I gruppi sociali e in particolare i gruppi primari (famiglia, amici, compagni di lavoro) svolgono un ruolo fondamentale nel processo di formazione delle opinioni e delle decisioni individuali. Secondo il modello, infatti, questi gruppi funzionano da filtro nellinterpretazione dei messaggi esterni al gruppo (quindi anche dei messaggi delle comunicazioni di massa) e assolvono cos una funzione di controllo sociale, prevenendo le deviazioni dai valori e dalle norme condivise. Ai leader dopinione, invece, spetta una posizione di primordine allinterno del lungo e articolato processo di comunicazione che impegna i media da una parte e il pubblico dallaltra: essi, definiti come membri del gruppo sociale pi disponibili allesposizione ai media e, di fatto, pi competenti nelluso dei mezzi di comunicazione, si distinguono dal resto del gruppo per le loro capacit ricettive e interpretative dei messaggi mediali. La loro funzione, quindi, quella di guide, in grado di consigliare ed influenzare gli altri individui in ogni tipo di scelta personale. Inoltre, gli influenti, cos infatti vengono anche denominati dagli stessi autori i leader dopinione, si distinguono in due grandi categorie: gli influenti specifici, ovvero coloro che sono considerati esperti in un determinato campo ed esercitano la loro influenza in un contesto decisionale specifico e gli

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influenti generali, ossia le persone pi stimate e definite autorevoli in molti campi [Bonazzi, 1998]. Statera [1968], nellintrodurre il metodo di ricerca utilizzato da Katz e Lazarsfeld durante i loro esperimenti, si mostra convinto nel riconoscere alla teoria del Two step flow of communication il grande merito di aver scoperto che fra il mezzo di comunicazione e la massa possa esistere un piccolo gruppo, con tutta la sua rete di canali di comunicazione e la complessa trama delle relazioni interpersonali che lo caratterizzano. La scoperta, infatti, di un gruppo sociale in funzione di mediazione fra due specifiche entit, che il precedente approccio alle comunicazioni di massa ha ritenuto semplicemente giustapposte luna allaltra (da un lato lonnipotente mezzo, dallaltro lindividuo atomizzato), costituisce, secondo lo studioso, il fondamento delloriginalit e, insieme, della complessit del lavoro svolto da Katz e Lazarsfeld. Attraverso questo nuovo approccio teorico essi riescono da un lato, a ridimensionare lidea di una potenza incondizionata dei mass-media e, dallaltro, a riconsiderare lidea di una societ di massa come insieme disorganizzato e inconsistente. Le persone, quindi, non appaiono pi come individui isolati in balia di forze mediali spesso oscure e misteriose ma, al contrario, essi possiedono famiglie, colleghi di studio e di lavoro, vicini di casa con i quali condividere valori e norme di comportamento e ai quali collegarsi attraverso reti di comunicazioni informali.

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Mass-media

GS

GS

GS

GS

GS

Schema riassuntivo del modello del Two step flow of communication: esiste un doppio flusso di comunicazione che lega il rapporto tra mass-media e pubblico; un primo flusso si sviluppa tra mass-media e leader dopinione di uno specifico settore (L di diverso colore), un secondo, dalla mediazione effettuata da ciascun leader, attraverso i rapporti interpersonali (freccia rossa), al proprio gruppo sociale di riferimento (GS) e in particolare a quegli individui meno esposti ai media.

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1.5.2 Il modello degli Uses and Gratifications


Unaltra teoria rappresentativa del modello dellinfluenza selettiva e, in specifico, del modello degli effetti limitati quella degli Uses and Gratifications. Questo particolare approccio teorico, che trova il suo sviluppo tra la fine degli anni Cinquanta e la seconda met degli anni Settanta, si caratterizza per gli elementi di novit che esso riesce ad introdurre nel rapporto media pubblico. Il modello, tradizionalmente identificato con la posizione teorica di Jay Blumer e Elihu Katz, parte dallipotesi che il problema pi importante nello studio delle comunicazioni di massa non sia pi ci che i media possano produrre in termini di effetti sugli spettatori, bens ci che spinge gli stessi soggetti ad utilizzare i media. Ogni individuo, infatti, possiede specifici interessi, bisogni e necessit che pu soddisfare rivolgendosi ai mezzi di comunicazione di massa. Solo una volta individuati quali siano questi motivi pu diventare allora possibile prevedere la tipologia e la portata degli stessi effetti [Arcuri, Castelli, 1996]. Lassunto di base da cui si muove questa nuova prospettiva teorica che tra tutte le offerte disponibili, ogni individuo selezioni quelle che lo gratificano maggiormente. Ciascun spettatore, attivamente, si espone cos in modo selettivo a determinati messaggi e le scelte da egli effettuate risultano essere le conseguenze delle proprie caratteristiche psicologiche. Inoltre, gli individui sono tanto pi coinvolti nella fruizione di un programma televisivo, quanto pi essi si mostrano disposti ad investire in termini di risorse attentive a proposito dei contenuti proposti [Kellerman, 1985], a pensare e discutere circa i contenuti durante e dopo la trasmissione [Greenwald & Leavitt, 1984; Lemish, 1985], o a lasciarsi trascinare emotivamente durante la medesima trasmissione. Queste due componenti dellattivit del pubblico, esposizione selettiva e

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coinvolgimento, dipendono, appunto, dalle gratificazioni ricercate ed ottenute attraverso lutilizzo dei mass-media. Secondo Castelli [1996] e in base a quanto affermano Katz, Gurevitch e Haas [1973], i bisogni principali che si ritiene possano essere soddisfatti grazie alla fruizione dei media, consistono, principalmente, nella ricerca di informazioni utili (per desiderio di conoscenza, per trovare una guida alle proprie azioni, per aiutare a definire la propria identit sociale), nella possibilit di ottenere argomenti con cui sostenere le proprie azioni durante le comunicazioni interpersonali, nella capacit di realizzare delle interazioni parasociali e nel desiderio di intrattenimento e di svago. Il paradigma degli Uses and Gratifications apre dunque una nuova prospettiva teorica sul rapporto tra audience2 e mass-media: si tratta di concepire un passaggio da una concezione passiva del pubblico alla consapevolezza del fatto che i suoi membri sono soggetti attivi, che selezionano dai mezzi di comunicazione i contenuti e i messaggi preferiti. Al contrario, le precedenti teorie della societ di massa (come la teoria del proiettile magico) hanno concepito lo spettatore come un individuo relativamente inerte, in attesa passiva che i media trasmettano informazioni, informazioni che vengono successivamente percepite e ricordate e si traducono in azioni molto simili per tutti. Se da una parte, per, si pu riconoscere allapproccio degli Uses and Gratifications il merito di aver dato una nuova spinta agli studi sugli effetti dei media, dallaltra si costretti a considerare il fatto che questo particolare modello teorico non stato di certo esente da specifiche critiche, a causa
Il termine audience, di origine inglese, indica una quantit di persone che si calcola siano raggiunte da un messaggio diffuso dai mezzi di comunicazione di massa. La voce latina audentia, da cui deriva questo anglicismo, significava lattenzione prestata a un oratore e, in seguito, per metonimia, il pubblico raccolto nellauditorio. Oggi, lespressione usata per indicare un unico referente, gli utenti dei media (soprattutto della Televisione), ma con sfumature diverse a seconda che il termine sia utilizzato in ambito socio-letterario o pubblicitario. Audience pu infatti indicare: 1) i destinatari di un messaggio mediale 2) un mercato di potenziali acquirenti Questa differenza nasce dal fatto che, sebbene costruite entrambe a partire dal modello comunicativo televisivo, le due analisi divergono profondamente per lo scopo e la motivazione che le genera.
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di alcune limitazioni contenute allinterno del paradigma stesso. Infatti, numerose ricerche ed esperimenti svolti nel corso degli anni nei confronti di tale modello hanno dimostrato la presenza di alcune eccessive semplificazioni: la prima tra queste, riguarda il fatto che laudience sia studiato e concepito dallapproccio teorico solamente in base alla dicotomia passivit attivit, senza prendere in considerazione lestrema complessit dei fruitori dei media [Sorice, 2000]; unaltra critica consiste nel fatto che la teoria degli Uses and Gratifications non produca in definitiva molto di pi che liste di motivi (vari tipi di bisogni indicati dai soggetti) per i quali gli spettatori sostengono di scegliere e seguire le diverse categorie di contenuti mediali (notizie, libri, commedie televisive etc) o liste di soddisfazioni che le persone affermano di ricevere dallesposizione ai media. Di conseguenza, si pensa che la prospettiva degli Uses and Gratificationsnon riesca a dare una spiegazione sistematica che vada oltre questo. Se, infatti, i fattori identificati come tali dagli spettatori siano effettivamente le vere ragioni e i veri motivi di soddisfazione sottesi allutilizzo dei media, questa, viene considerata una questione ancora del tutto aperta e di ben pi difficile interpretazione [Rosengren, Wenner e Palmgreen, 1985; Wolf, 1993; Grandi, 1992]. Nonostante ci, a pi di cinquantanni dalla sua formulazione, lapproccio degli Uses and Gratifications riceve, specialmente intorno agli anni 90, numerose approvazioni da parte di alcuni studiosi dei mezzi di comunicazioni di massa: un esempio di ricerca compiuto in questo senso sicuramente quello attuato da Johnston [1995], il quale tenta di spiegare empiricamente le motivazioni che spingono gli adolescenti a guardare determinati film dellorrore. Lipotesi da cui parte Johnston quella che individui con differenti caratteristiche di personalit guardino i film dellorrore spinti da differenti motivazioni. Le tre caratteristiche prese in considerazione sono:
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1. la tendenza a ricercare forti sensazioni ed emozioni (sensation seeking) 2. la capacit di vivere in maniera identificativa le esperienze emotive altrui 3. il tipo di reazione emotiva che si ha in risposta ad una percezione di possibile pericolo Queste dimensioni vengono rilevate da Johnston attraverso la somministrazione di tre differenti strumenti psicometrici. Successivamente, ad ognuno dei soggetti viene richiesto per quali motivi guardi film come Halloween o Nightmare, dovendo giudicare su una scala a cinque punti limportanza di ciascuna di 18 possibili motivazioni. Da unanalisi fattoriale eseguita sulla matrice delle correlazioni tra le risposte a queste 18 domande, emergono 6 fattori; di questi, 4 appaiono coerentemente interpretabili. Essi sono: porsi in visione per il gusto del sangue, che include item quali mi piace vedere sangue e budella porsi in visione per eccitarsi, con item del tipo li guardo perch mi piace essere spaventato porsi in visione per un senso di indipendenza, rappresentato da item come li guardo perch mi fanno sentire coraggioso porsi in visione quando vi sono dei problemi, con item del tipo li guardo quando sono arrabbiato In accordo con le ipotesi, lo studioso scopre che i punteggi in questi fattori risultano essere dipendenti dalle caratteristiche di personalit. In particolare, il primo fattore si mostra legato ad alti livelli di sensation seeking e bassi livelli nelle altre due caratteristiche. Il secondo fattore, la visione per leccitazione, si caratterizza, invece, per il legame con alti livelli di empatia e di sensation seeking, mentre il porsi in visione per ottenere un senso di indipendenza risulta collegato a bassi livelli di empatia.
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Mass- media

Schema riassuntivo della teoria degli Uses and Gratifications: rispetto ai precedenti modelli teorici, il rapporto tra media e pubblico del tutto invertito. Non sono pi i mezzi di comunicazione di massa ad agire in primo piano nei confronti degli spettatori, ma sono questultimi a consumare i media a seconda delle possibilit che questi hanno di soddisfare alcune loro esigenze personali: in particolare, gli spettatori (S), in base a specifici bisogni individuali (diverso colore), decidono di indirizzare la loro attenzione selettiva (freccia di diverso colore) solamente verso quei contenuti mediali che maggiormente gratificano la loro persona (cerchi di differente colore). In questo modo, gli spettatori ricoprono il ruolo di individui attivi e indipendenti allinterno del processo di comunicazione di massa.

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1.6 Linteresse per gli effetti a lungo termine


Se da una parte, le teorie dellinfluenza selettiva riescono ad introdurre nuovi elementi di studio allinterno del difficile processo di comunicazione di massa, dallaltra, esse non sono completamente in grado di rispondere in maniera chiara ed esaustiva a tutti quei possibili effetti che i media producono nei confronti del loro rispettivo pubblico. Infatti, linteresse primario delle teorie dellinfluenza selettiva principalmente rivolto alla definizione e comprensione di quegli effetti dei media conosciuti, appunto, come effetti a breve termine o effetti limitati. Numerosi esperimenti e ricerche compiute negli anni successivi allavvento delle teorie dellinfluenza selettiva, hanno dimostrato, invece, quanto siano inadeguati i presupposti teorici sui quali si sono basati in passato i modelli degli effetti limitati: in particolare, sono gli anni 70 e 80 a segnare un profondo cambiamento di rotta nellambito degli studi sui mezzi di comunicazione di massa. Lorientamento pi diffuso di quellepoca concorde nellabbandonare lidea che limpatto dei media sul pubblico sia un impatto limitato, sostenendo, al contrario, lassunto di influenze forti e durature nel tempo. Tali considerazioni portano, di conseguenza, gli studiosi a focalizzare la propria attenzione nei confronti di un nuovo tipo di effetti mediali, definiti con il nome di effetti a lungo termine3. Uno dei modelli pi rappresentativi di questa nuova corrente di pensiero certamente quello della spirale del silenzio. Esso si presenta come il risultato di unanalisi compiuta da Elisabeth Noelle Neumann [1974] sulle campagne elettorali tedesche del 1965 e del 1972. La teoria della spirale del silenzio insiste sullimportanza dei massmedia nella formazione degli orientamenti dellopinione pubblica. Alla base di questo modello, vi infatti una considerazione psicologica di importanza generale: la paura dellisolamento sociale condiziona in modo
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Questa nuova corrente teorica si caratterizza per un ritorno alla concezione dei media come potenti agenti di trasmissione.

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significativo i nostri comportamenti e il nostro modo di agire. Da questo timore, deriva necessariamente la tendenza, da parte degli individui, a esaminare il clima di opinione dominante, per collocarsi in questo modo sulle posizioni della maggioranza. Secondo questo approccio, quindi, lopinione pubblica corrisponde al clima sociale generale, allandamento prevalente delle idee e dei sentimenti: essa guida e controlla il comportamento e il modo di pensare dei singoli individui. Bonazzi [1998], ci tiene a sottolineare che i media, per la loro capacit di riflettere landamento e i cambiamenti del clima socio-culturale, costituiscono lo strumento attraverso il quale lopinione pubblica esercita la propria pressione e mette a tacere le posizioni minoritarie. Le opinioni prevalenti nei media tendono, infatti, ad essere considerate come le opinioni principali nellopinione pubblica, a prescindere dal fatto che esse lo siano realmente. La preferenza dei media per una delle tesi in campo si esprime solamente in modo implicito e indiretto, attraverso particolari scelte di selezione che privilegiano determinate idee tacendone o minimizzandone altre. Cos facendo, i media interferiscono in maniera effettiva sui processi dellopinione pubblica. Coloro, perci, che si riconoscono in quelle posizioni che trovano maggior riscontro nei mezzi di comunicazione, si sentono confermati e rinfrancati, traendo anche dai media stessi gli argomenti per difendere al meglio le proprie posizioni nellambiente quotidiano di vita. Gli altri, anche se rappresentanti la maggioranza, si percepiscono, invece, come individui pi isolati, le loro opinioni sembrano non trovare ascolto e appaiono, cos, delegittimate pubblicamente. Di conseguenza, questa parte del pubblico evita di esprimere le proprie idee per paura di essere considerata diversa e di rimanere isolata: la loro voce si ammutolisce col tempo, avvitandosi, appunto, in una spirale del silenzio. Cos la Neumann [1974, pag. 44] descrive questo processo: lindividuo pu scoprire di essere daccordo con il punto di vista prevalente e ci accentua la fiducia in se stesso e gli facilita lespressione
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delle

proprie

opinioni

senza

alcun

pericolo

di

isolamento,

nelle

sue

interazioniOppure pu accorgersi che le sue opinioni stanno perdendo terreno; pi questo appare evidente, pi diventer insicuro di se stesso e meno sar disposto ad esprimere i propri punti di vistaPi le persone percepiscono tali tendenze e vi adattano le proprie opinioni, pi una corrente appare guadagnare terreno e laltra perderlo. Cos, la tendenza degli uni a parlare pi forte e degli altri a zittirsi, avvia un processo a spirale che progressivamente stabilisce un punto di vista come quello che riesce a dominare. Il termine spirale consiste, infatti, in un meccanismo perverso per il quale lauto censura di quelli che deviano dallandamento di opinione prevalente serve nel tempo a rafforzare la percezione di solidit dellidea maggioritaria, aumentando la pressione a conformarsi che viene esercitata su coloro che sono minoritari [Mucchi Faina, 1996, pag. 126]. La spirale del silenzio sta ad indicare, cio, uno spostamento dopinione nato dal fatto che un gruppo tende a mostrarsi pi forte di quanto non lo sia in realt, mentre coloro che possiedono unopinione diversa appaiono pi deboli di quanto non lo siano effettivamente. Come affermato precedentemente, la formulazione iniziale della teoria della spirale del silenzio si basa sulle analisi delle campagne elettorali tedesche del 1965 e del 1972, campagne nelle quali la Neumann riesce a rilevare un significativo margine di differenza tra le intenzioni di voto delle persone (quasi esclusivamente suddivise fino alla vigilia della consultazione) e le previsioni sul partito che dovrebbe vincere. Lanalisi dei dati evidenzia che in entrambi i casi si sarebbe verificato alla fine della campagna elettorale uno spostamento decisivo, nella direzione indicata dal clima dopinione generale e dalla pressione provocata dal rendere evidenti le sue tendenze. Secondo Wolf [1992], i media avrebbero perci operato proprio su questo legame: essi, infatti, avrebbero reso visibile e significativo quel punto di riferimento costituito dai trends che si sono presentati come in via despansione nel clima dopinione generale.
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Implicitamente contenuto nel modello della spirale del silenzio il concetto che i media abbiano, appunto, un ruolo decisivo nella dinamica del mutamento sociale: essi non si limitano, infatti, a rappresentare le tendenze dellopinione pubblica ma ne danno in concreto forma e identit. Si pu dire che i media creino la stessa opinione pubblica in quanto gli spostamenti di tendenze non avvengono autonomamente dallazione dei media, ma risultano legati ad essa. Per comprendere pi chiaramente questo assunto di base, ci si deve riferire alla nozione di ignoranza pluralistica: tale concetto, strettamente connesso alla teoria della spirale del silenzio, viene elaborato da Newcomb nel 1950. Lo stesso Wolf [1992] definisce questo processo come la situazione sociale in cui ogni individuo crede di essere lunico a pensare qualcosa in un determinato modo e non esprime la propria opinione per timore di violare un tab morale o una regola autoritativa. Quando nessuno concorda con una norma, ma ciascuno pensa che tutti gli altri invece vi concordino, il risultato finale simile a quello che si avrebbe se tutti concordassero con la norma stessa. Per questo motivo, sottolinea lautore, se accade che in un gruppo sociale passi una rapida ondata di conoscenza pubblicamente osservabile, tramite la quale le persone percepiscono che altri soggetti abbiano le loro medesime convinzioni, ci che sembra accadere un inatteso rovesciamento del clima dopinione generale, ovvero un improvviso spostamento di atteggiamenti personali. In questo tipo di dinamica (simile a quella della spirale del silenzio), i media tendono ad accelerare il mutamento sociale, rappresentandolo: in sostanza, lo rendono possibile per il solo fatto di costruire le condizioni attraverso le quali il mutamento stesso si manifesta. Se da un lato, la teoria della spirale del silenzio rappresenta un valido esempio di superamento del paradigma degli effetti limitati, introducendo in questo modo una nuova concezione dei mass-media e
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degli effetti indotti nei confronti di uno spettatore, dallaltro, tale teoria, come le precedenti, non stata di certo esente da polemiche e critiche, polemiche che le sono state rivolte specialmente per la sua presentazione di un modello di influenza sociale ritenuto eccessivamente unilaterale ed univoco. Riferendosi al paradigma della spirale del silenzio, Wolf [1992, pag. 76-77] appare obiettivo e allo stesso tempo critico nei confronti di tale modello. Se da una parte, infatti, egli riconosce allautrice della spirale del silenzio il merito di aver creato un approccio teorico in grado di descrivere come i media possono contribuire a rendere possibile il mutamento sociale, soprattutto nella sua componente di mutamento dei modelli culturali, dallaltra, sembra essere deciso nellaffermare che lidea che il potere dei media coincida con la neutralizzazione della percezione selettiva (presupposto di base dal quale la Neumann partita per la formulazione del modello) appare un elemento pi legato alla polemica del tempo e alla reazione contro il paradigma degli effetti limitati, che non un dato empiricamente supportato e sostenibile.

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Capitolo 2
Linfluenza dei media sul comportamento dei singoli individui

La televisione non soltanto uno strumento di comunicazione; anche, al tempo stesso, paidia, uno strumento antropogenetico, un medium che genera un nuovo nthropos, un nuovo tipo di essere umano (Giovanni Sartori)

Dopo aver dedicato la prima parte di questa tesi ai principali modelli teorici che hanno ricoperto un ruolo chiave nella storia degli studi sui media e sui loro possibili effetti dinfluenza sociale (effetti a breve e lungo termine), ci sembra ora opportuno espandere il campo di ricerca affrontando, in maniera pi specifica, le influenze che i mezzi di comunicazione di massa (in particolare la Televisione) possono avere sul comportamento dei singoli individui. Molti esperimenti compiuti a riguardo, infatti, hanno dimostrato che la continua esposizione ai media da parte di uno spettatore pu portare a due differenti modalit dinfluenza mass-mediatica: uninfluenza di carattere anti-sociale e una di carattere pro-sociale.

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2.1 Gli effetti antisociali dei media


A pi di cinquantanni dalla sua invenzione, ancora oggi, la Televisione rappresenta un mezzo di comunicazione fondamentale e allo stesso tempo straordinario. Nonostante lavvento delle nuove tecnologie digitali, essa riscuote ancora un grande consenso nei confronti del proprio pubblico. Alla base di questo successo, vi sono sicuramente alcuni fattori legati alle caratteristiche interne del mezzo stesso: la Televisione, infatti, possiede un particolare tipo di linguaggio e un modo di trasmettere le informazioni che la rendono uno strumento di comunicazione unico nel suo genere. Se da una parte, per, il mezzo televisivo offre allo spettatore la possibilit di porre il proprio sguardo sui fatti che accadono quotidianamente nel mondo, dallaltra, non sempre gli effetti che questo strumento di comunicazione pu produrre in termini di fruizione appaiono del tutto positivi. Molti studiosi dei mass-media, infatti, hanno dimostrato, in alcune ricerche, come una sovraesposizione televisiva possa condurre lo spettatore ad una possibile manifestazione di comportamenti a carattere violento. I primi studi condotti proprio in questa direzione cominciano in Gran Bretagna e negli Stati Uniti intorno alla met degli anni 50. In Inghilterra, un gruppo di esperti della London School of Economics and Political Science, sotto la supervisione di Hilde Himmelweit [1958], effettua unindagine sulla fruizione televisiva dei bambini e sui suoi possibili effetti. Quasi nello stesso periodo, dallaltra parte delloceano, Wilbur Schramm [1961] e alcuni ricercatori della Standford University compiono un esperimento su un campione di soggetti residenti nel Colorado e nel Canada, per rilevare i diversi effetti che la Televisione pu avere in contesti differenti di diffusione. Parallelamente a questi studi compiuti direttamente sul campo, in quegli anni cominciano ad essere svolti altri esperimenti di laboratorio, con lo scopo di individuare una
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relazione fra lesposizione ai contenuti televisivi, in specifico quegli violenti, e il comportamento. Tra questi esperimenti, particolarmente rilevanti sono quelli svolti da Albert Bandura alla Standford University su gruppi di bambini in et prescolare, e quelli di Leonard Berkowitz, compiuti allUniversit del Winsconsin su giovani studenti di college. Queste ricerche riescono a porre le basi teoriche e metodologiche di numerosi studi che saranno portati avanti, negli anni successivi, da altri ricercatori per commissione di differenti organismi governativi e istituzioni pubbliche. Vista la grande mole di contributi presenti in letteratura nei confronti degli effetti televisivi a carattere violento, alcuni autori hanno tentato di sintetizzare i principali orientamenti di ricerca a riguardo, inquadrandoli nelle prospettive teoriche di riferimento. In specifico, Metastasio [2002] fornisce una classificazione degli effetti dei contenuti televisivi violenti secondo tre principali categorie: 1. laggressivit 2. la desensibilizzazione 3. la paura Per quanto riguarda la prima categoria, secondo lautrice, la Televisione pu sollecitare lo spettatore a compiere comportamenti aggressivi e a favorire un mutamento di atteggiamento nei confronti di un uso della violenza, violenza che viene ad assumere un ruolo primario nella risoluzione dei vari conflitti sociali. Questi effetti sarebbero la conseguenza di meccanismi di imitazione, eccitazione fisiologica, disinibizione, attivati dallesposizione di un soggetto a contenuti televisivi violenti. Nei confronti della seconda categoria, Metastasio [2002] afferma che la sovraesposizione a contenuti violenti pu portare lo spettatore a inibire la propria sensibilit nei riguardi della violenza e a innalzare la soglia di tolleranza per un possibile ricorso ad essa nella risoluzione dei problemi di vita quotidiana. Infine, in riferimento alla
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terza categoria, la studiosa sottolinea che la visione assidua di contenuti a carattere violento pu condurre lo spettatore televisivo a sovrastimare il rischio di essere vittima di azioni violente, rispetto alla probabilit effettiva che questo avvenga nella vita reale. Secondo Metastasio [2002], ognuna di queste categorie risulta essere strettamente collegata a determinati approcci di carattere teorico. In particolare, alleffetto di aggressivit possono essere ricondotte la teoria dellapprendimento sociale, lipotesi della stimolazione elementare e il neo-associazionismo cognitivo (o teoria della disinibizione). Alleffetto di desensibilizzazione collegata invece la teoria che prende il suo stesso nome (teoria della desensibilizzazione), mentre alleffetto di paura pu essere ricondotta la teoria della coltivazione. La teoria dellapprendimento sociale, conosciuta anche con il nome di teoria dellapprendimento mediante imitazione, viene formulata da Bandura agli inizi degli anni 60. Essa postula che la visione della violenza aumenti la disponibilit di risposte aggressive nel fruitore del messaggio, soprattutto se i comportamenti violenti presentati vengono ricompensati, se le caratteristiche della persona verso la quale si indirizzano gli atti violenti sono tali da farla assomigliare a qualche gruppo sociale facilmente riconoscibile nellambiente di vita del fruitore [Arcuri, Castelli, 1996]. Bandura e i suoi collaboratori giungono alla formulazione di tale modello teorico dopo alcune ricerche sperimentali compiute su programmi televisivi a contenuto violento [1961]. Il disegno che i ricercatori utilizzano per i loro esperimenti abbastanza semplice: alcuni bambini in et prescolare vengono scelti da uno sperimentatore e portati ad uno ad uno in una stanza, dove viene chiesto loro di attendere mentre egli porta a termine un determinato compito. Durante lattesa, i bambini vengono assegnati con scelta casuale a tre differenti gruppi; al primo gruppo viene presentato un filmato che mostra un adulto intento a picchiare con un martello un pupazzo di nome Bobo, e a pronunciare
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contemporaneamente frasi che sottolineano il significato del gesto: i ricercatori danno alladulto il nome di modello. I bambini del secondo gruppo, definito di confronto, vedono invece un modello adulto che gioca tranquillamente con delle costruzioni di legno, mentre, ai bambini del terzo gruppo, detto di controllo, non viene mostrato alcun modello. Successivamente, i bambini vengono lasciati soli in una stanza con a disposizione un ampio numero di giocattoli, in parte appartenenti allo scenario delle condotte aggressive (un martello, il pupazzo Bobo) e in parte appartenenti a scenari non aggressivi (camion, orsacchiotti). I risultati di questi esperimenti dimostrano che i bambini appartenenti al primo gruppo, ovvero coloro che sono stati esposti al modello violento, mettono in luce comportamenti pi aggressivi sia rispetto ai bambini del gruppo di confronto che rispetto a quelli del gruppo di controllo. Inoltre, i comportamenti aggressivi manifestati dai soggetti riproducono in parte esattamente quelli del modello presentato e, in parte, si mostrano come del tutto nuovi. Secondo Arcuri e Castelli [1996], linterpretazione teorica che Bandura e collaboratori forniscono a tale processo che lapprendimento degli individui avviene sulla base della semplice osservazione, a prescindere dalla presenza o meno di rinforzi che premino il proprio comportamento o quello del modello. Lo stesso Bandura [1977] ipotizza che, affinch si verifichi questo apprendimento sociale, il soggetto che si espone a determinati stimoli aggressivi deve compiere tre specifiche azioni: 1. prestare attenzione al modello che viene proposto 2. memorizzare tale modello affinch possa essere successivamente recuperato 3. valutare gli esiti del comportamento La teoria dellapprendimento sociale introduce un concetto abbastanza importante se consideriamo lambito di studi sugli effetti dei media: un individuo non deve sottoporsi in prima persona a dei rinforzi perch si
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verifichi lapprendimento di un comportamento, ma sufficiente che egli veda altre persone coinvolte in tale esperienza [Bandura, 1977]. In questo modo, anche sistemi articolati di risposte possono essere appresi attraverso losservazione e il modellamento. Inoltre, la riproduzione di comportamenti osservati avviene, la maggior parte delle volte, n intenzionalmente n consapevolmente: il comportamento di un modello pu venir imitato da un individuo a distanza di tempo senza che egli sia necessariamente in grado di stabilire alcun legame tra le sue azioni attuali e quanto osservato in passato. Tutto ci porta ad affermare che attraverso losservazione possibile acquisire determinate conoscenze e plasmare comportamenti. Se da una parte la teoria dellapprendimento sociale ha aperto la strada a successive ricerche riguardo il problema degli effetti televisivi violenti [Arcuri, Castelli, 1996], dallaltra, questo particolare modello teorico non riuscito a dare una spiegazione completa del processo di cambiamento del comportamento. Secondo Metastasio [2002] infatti, Bandura, nel formulare il processo di apprendimento sociale come conseguenza dellesposizione ad azioni violente, non avrebbe tenuto in considerazione alcune caratteristiche specifiche del contenuto e del contesto inerenti lapprendimento e la riproposta di comportamenti aggressivi: in specifico, la misura in cui viene legittimata laggressivit, la somiglianza della situazione di ascolto con la realt del soggetto coinvolto nel processo, il ruolo esercitato dai bisogni, interessi, motivazioni e autopercezione dello spettatore. Queste limitazioni avrebbero successivamente portato Bandura a rivedere alcuni aspetti della propria teoria e condotto altri ricercatori ad abbandonare la relazione esposizione-aggressivit, in favore di una prospettiva cognitivo-sociale dellelaborazione dellinformazione. I principali esponenti di questa nuova corrente sono Huesmann e Berkowitz: il primo [1986] propone unipotesi esplicativa del comportamento basata su specifici schemi
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preesistenti (scripts), mentre, il secondo [1965] si fa portavoce di un neoassociazionismo cognitivo o teoria della disinibizione. In base a quanto viene affermato da Huesmann [1986], il risultato dellapprendimento di un comportamento aggressivo sarebbe uno script di comportamento. Questo, pu essere definito come uno schema che riflette la conoscenza e le aspettative di un soggetto nei confronti di sequenze tipiche in particolari situazioni, e comprende elementi di riferimento ad esse relativi, i ruoli sociali e le regole. Ogni evento che coinvolge lindividuo verrebbe, perci, codificato in uno script preesistente o contribuirebbe a formarne dei nuovi. Le aspettative su ci che probabile si verifichi in una particolare situazione creerebbero delle prescrizioni sul comportamento, offrendo indicazioni su determinate sequenze di azioni che dovrebbero portare al raggiungimento di un obiettivo [Schank, Abelson, 1977]. La teoria della disinibizione sostiene, invece, che la prolungata esposizione a comportamenti violenti pu rendere questi ultimi degli eventi apparentemente normali. In questo modo, in un soggetto verrebbero a diminuire le inibizioni che normalmente impediscono di ricorrere a questi tipi di comportamenti. Tale fenomeno diventerebbe particolarmente evidente quando la violenza presentata in circostanze in cui essa viene giustificata, e la probabilit che le azioni violente viste in Televisione si verifichino nel contesto reale aumenta in relazione alla similarit dei due contesti (reale e televisivo)[Berkowitz, 1965]. Un valido esempio di disinibizione viene fornito da Aronson [1995]: lo psicologo riferisce di un episodio accadutogli negli anni 70. In una particolare occasione, il figlio di Aronson chiede al padre che cosa sia il napalm, ed egli distrattamente afferma che si tratta di una sostanza chimica altamente tossica, la quale a contatto con la pelle crea gravi ustioni. Alcuni minuti dopo Aronson si accorge che il figlio piange: egli si rende improvvisamente conto di come i mass-media lo abbiano indotto a
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riferire della guerra come se questa si tratti di un evento quotidiano e di come, al contrario, una persona non ancora disinibita possa cogliere lorrore di questi avvenimenti. Unaltra prospettiva teorica che cerca di dare una spiegazione agli effetti dei contenuti televisivi violenti quella della stimolazione elementare. Secondo questa teoria, la visione di contenuti televisivi di tipo aggressivo provocherebbe delle specifiche modificazioni nellattivit fisiologica di un soggetto, modificazioni come il possibile aumento della tensione arteriosa e laccelerazione del battito cardiaco [Metastasio, 2002]. Particolari residui di questa tensione rimarrebbero attivi nel soggetto anche per un certo periodo dopo lesposizione e si manifesterebbero successivamente in ogni tipo di attivit svolta dal soggetto stesso. Ci significa che se in uno spettatore determinati atti di tipo antisociale occupano una posizione preminente, allora leccitamento provocato dallesposizione render improvvisamente disponibili proprio quelle risposte di tipo violento. Questo processo risulta essere efficace nei confronti di quegli individui che si mostrano come patologicamente aggressivi o verso coloro che sono stati resi potenzialmente aggressivi per mezzo di un trattamento sperimentale [Tannebaum, Zillmann, 1975]. In base a quanto affermato da Metastasio [2002], alleffetto di desensibilizzazione sarebbe collegata lomonima teoria (teoria della desensibilizzazione). Questo modello sostiene che la continua esposizione di uno spettatore a contenuti televisivi violenti potrebbe condurre lo stesso spettatore a una riduzione della propria risposta emotiva allaggressivit e a una maggiore accettazione di questa nella vita reale. In questo modo, gli individui svilupperebbero un processo di assuefazione che li porterebbe a richiedere forme di violenza sempre pi estreme. Secondo questa prospettiva, perci, la rappresentazione televisiva della violenza tenderebbe ad innalzare la soglia di tolleranza di un soggetto per laccettazione della stessa violenza nella vita reale, perch
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ci implicherebbe una certa normalit nel suo utilizzo. Alcuni ricercatori hanno tentato di verificare i presupposti formulati da questa teoria compiendo degli esperimenti su gruppi di bambini. Tra questi possibile ricordare quelli svolti da Drabman e Thomas [1974]. Essi, attraverso alcuni studi effettuati su dei bambini di circa 8 anni, dimostrano che lesposizione a programmi di contenuto violento pu provocare a breve termine, nei soggetti, differenti risposte a episodi di aggressivit che si svolgono nella vita di tutti i giorni. Gli studiosi selezionano alcuni bambini di scuola elementare e li assegnano casualmente a due differenti gruppi, uno che viene esposto alla visione di un filmato a contenuto violento e uno che non ne viene esposto. I risultati di questo esperimento dimostrano che i bambini appartenenti ai due gruppi metteranno in atto comportamenti differenti in occasione di episodi reali di cui essi saranno successivamente testimoni in prima persona (es. la visione di uno scontro fisico nella propria classe): in specifico, Drabman e Thomas affermano che, in questa particolare circostanza, i bambini che hanno assistito alla proiezione del filmato violento si comporteranno meno responsabilmente di quelli che non hanno assistito ad esso, non avvisando nessuno per laccaduto. Un ulteriore effetto che Metastasio [2002] attribuisce allesposizione a contenuti televisivi violenti quello relativo alla paura. Secondo lautrice, la continua visione di avvenimenti televisivi violenti condurrebbe lo spettatore a credere in una maggiore presenza della violenza nella vita reale, rispetto alleffettiva possibilit che tutto ci avvenga realmente attraverso un processo di coltivazione. La teoria della coltivazione, formulatala da Gerbner e collaboratori [1986], sostiene che la funzione principale dei mass-media sia quella di agenti di socializzazione, in grado di condizionare le percezioni, gli atteggiamenti, i valori e i comportamenti degli spettatori [Arcuri, Castelli, 1996]. I mezzi di comunicazione presentano al pubblico unimmagine
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coerente della realt tramite programmi che possono influenzare progressivamente la formazione di immagini del mondo, secondo un processo di apprendimento cumulativo [Gerbner, Gross, Morgan, Signorielli, 1986]. Cos Gerbner [1986, pag. 28] definisce, infatti, il ruolo assunto dalla Televisione nella societ moderna: La Televisione coltiva fin dallinfanzia predisposizioni e preferenze solitamente accolte dalle altre fonti primarie e, superando le storiche barriere dellalfabetizzazione e della mobilit, diventa la principale comune fonte di informazione (soprattutto nella forma dellintrattenimento) per una popolazione altrimenti eterogenea. Alla base di questo approccio teorico vi sono due concetti fondamentali: 1. il mainstreaming 2. la resonance Con il primo, si intende il processo attraverso il quale lesposizione televisiva porta ad una omogeneizzazione nelle concezioni dellaudience. Questa ipotesi viene dimostrata attraverso due modalit. La prima si basa sulla rilevazione dello scarto che separa le concezioni dei soggetti con un maggiore utilizzo del mezzo televisivo (heavy viewers) dalle concezioni di coloro che, contrariamente, dimostrano di avere una minore fruizione televisiva (light viewers). Questi due gruppi posseggono differenti idee dovute alle diverse quantit di esposizione, di conseguenza, quanto maggiore la differenza nelle loro abitudini di fruizione, tanto maggiore sar tale scarto. Ad esempio, le persone che guardano maggiormente la Televisione considereranno il mondo in cui vivono come pi violento rispetto alla realt, come conseguenza di una sovraesposizione televisiva ad atti violenti. La seconda modalit si riferisce al fatto che la visione televisiva tenderebbe a ridurre quelle naturali differenze che contraddistinguono differenti gruppi sociali. In questo senso, individui che si espongono al mezzo televisivo in modo massiccio, arriverebbero a condividere un insieme di esperienze che tenderebbero ad avvicinare il

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loro modo di pensare, cosa che al contrario non avverrebbe per i light viewers [Arcuri, Castelli, 1996]. Il secondo concetto sottostante alla teoria della coltivazione quello relativo alla risonanza. Esso si riferisce allaccentuazione degli effetti dei media nei casi in cui vi siano particolari cause esterne che si muovano nella medesima direzione degli stessi effetti. A spiegazione di tale concetto, Gerbner e collaboratori [1980] affermano che la percezione degli individui di vivere in una societ violenta pu essere pi o meno estesa dal fatto di trovarsi in unarea urbana ad alto tasso di criminalit o in una tranquilla zona residenziale. Se da una parte la teoria della coltivazione afferma con certezza come la fruizione televisiva crei negli spettatori degli effetti di sfasamento tra la realt vissuta e limmagine culturale della realt trasmessa dai media [Cantoni, Di Blas, 2002], dallaltra, la stessa teoria presenta alcuni limitazioni di carattere empirico. In particolare, Gerbner e collaboratori [1986], nel dimostrare la validit della teoria focalizzano lattenzione solamente nei confronti di una violenza fisica, escludendo di conseguenza tutte quelle forme aggressive quali quelle verbali e psicologiche, pi difficili da individuare ed esaminare. Un approccio teorico che si distanzia dalle precedenti teorie sugli effetti antisociali dei media quello rappresentato dallipotesi della catarsi. La teoria ipotizza una inibizione dellaggressivit a seguito dellesposizione televisiva a contenuti aggressivi [Feshback, Singer, 1971]. La visione di contenuti violenti attiverebbe nellindividuo un processo di sfogo dei propri impulsi aggressivi che, contrariamente, si rivolgerebbero in un comportamento diretto. Alcune ricerche hanno dimostrato come questa teoria non abbia una profonda validit: Archer e Gaertner [1976], infatti, hanno analizzato il numero di omicidi commessi a partire dal 1900 in circa 110 paesi. I risultati hanno evidenziato come nel periodo post-

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bellico gli atti di violenza dei paesi coinvolti nel conflitto siano aumentati anzich diminuire.

2.2 Gli effetti pro-sociali dei media


Un altro tipo di effetti che la Televisione pu produrre nei confronti del proprio pubblico quello relativo ai contenuti di carattere pro-sociale. Il mezzo televisivo, infatti, pu favorire lo sviluppo di comportamenti socialmente positivi come laltruismo, la generosit, la gentilezza e la responsabilit sociale. Il campo di ricerca sugli effetti pro-sociali dei media, meno vasto di quello degli effetti antisociali, si sviluppa negli Stati Uniti a partire dagli anni Settanta. Come per gli studi effettuati in ambito antisociale, anche in questo settore di ricerca si fa ricorso a modelli sperimentali che hanno lobiettivo di riscontrare una possibile relazione tra la proposta di contenuti televisivi positivi e il comportamento osservato nei soggetti esposti ai media [Metastasio, 2002]. La maggior parte delle ricerche si focalizzata sullanalisi degli effetti di particolari programmi televisivi (Sesame Street e Mister Rogers Neighborhood), trasmessi in quegli anni con lobiettivo di promuovere nei bambini determinati comportamenti di carattere pro-sociale quali laltruismo e la generosit. Un esperimento condotto proprio in questa direzione quello svolto da Gorn, Goldberg e Kanungo [1976] con lobiettivo di verificare la comparsa di comportamenti pro-sociali, quali lintegrazione, a seguito dellesposizione televisiva. Gli studiosi presentano ai dei bambini di razza bianca, di et compresa tra i 3 e i 5 anni, degli episodi della serie televisiva Sesame Street. Ad un sottogruppo di bambini vengono mostrati episodi che raffigurano bambini non bianchi che giocano tra loro, a un altro, invece, vengono presentati episodi che mostrano bambini bianchi e di altre razze intenti a giocare assieme in una condizione di integrazione. I risultati di questo esperimento dimostrano come in condizioni successive i soggetti
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appartenenti ad entrambi i sottogruppi scelgano quali compagni di gioco dei bambini non bianchi in misura maggiore a quanto facciano i soggetti appartenenti ad un gruppo di controllo. In base agli studi effettuati da alcuni ricercatori [Friedrich, Stein, 1973] risulta che limpatto dei programmi pro-sociali sugli spettatori dipende da molte caratteristiche dei soggetti sia individuali che sociali, quali let, il tipo di comportamento considerato, la propensione individuale ad assumere atteggiamenti approvati socialmente. La maggior parte delle ricerche comunque concorde nellaffermare che lascolto di programmi televisivi a contenuto pro-sociale e lesposizione periodica a questi possano essere condizioni fondamentali per la comparsa di comportamenti positivi. Secondo Metastasio [2002] per, il campo di studi sugli effetti pro-sociali dei media presenta alcune problematiche di carattere interno. In primo luogo, molte ricerche compiute in questa direzione hanno fornito una definizione di comportamento pro-sociale non sempre chiara e troppo spesso generica. Lautrice ribadisce che solo pochi esperimenti svolti sugli effetti positivi dei media hanno saputo dare una definizione chiara ed esaustiva di comportamento pro-sociale. Un esempio tra questi quello rappresentato dalle analisi di Lee [1975]: secondo la studiosa, per comportamento pro-sociale si deve intendere ci che viene approvato socialmente e valutato positivamente, in opposizione a manifestazioni considerate per lo pi socialmente indesiderabili, di tipo distruttivo e conflittuale. In base a questa considerazione, esempi di comportamenti tipicamente pro-sociali sarebbero le azioni altruistiche rivolte al benessere altrui, le manifestazioni di affetto e di empatia, le azioni di controllo su predisposizioni negative. Un altro limite a questo campo di ricerca quello inerente il modo in cui i comportamenti pro-sociali vengono presentati agli spettatori televisivi. A differenza dei comportamenti antisociali, che vengono di solito mostrati attraverso azioni improvvise ed eclatanti, i comportamenti pro47

sociali passano quasi sempre inosservati e vengono di norma mediati da processi di verbalizzazione meno diretti ed efficaci. Inoltre, a rendere ancora pi complicata la comprensione e la successiva elaborazione di comportamenti positivi il modo in cui i contenuti pro-sociali e i comportamenti aggressivi vengono spesso mescolati allinterno di specifici programmi televisivi.

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Capitolo 3
Due effetti di percezione sociale

La percezione comporta un atto di categorizzazione. Noi stimoliamo lorganismo con un input adatto e lorganismo risponde collocando questo input in una classe di oggetti o di avvenimenti (J.S. Bruner)

Una sezione di questa tesi deve essere necessariamente dedicata allo studio di due particolari effetti di percezione sociale: leffetto terza persona e leffetto falso consenso. Di questi, cercheremo di definire le principali caratteristiche, i processi di sviluppo e le interpretazioni teoriche fornite a riguardo dai vari studiosi.

3.1 Che cosa si intende per effetto terza persona


Leffetto terza persona uno specifico fenomeno di percezione sociale che consiste, principalmente, nel sopravvalutare leffetto dei messaggi persuasivi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa sugli atteggiamenti e sui comportamenti delle altre persone, e nel sottostimare i medesimi effetti sulla propria persona [Davison, 1983]. Spesso, nel rapportarci a processi dinfluenza sociale, siamo, infatti, indotti a pensare che gli altri siano pi vulnerabili e suscettibili allinfluenza di quanto non lo siamo noi in realt. Questo, perch tendiamo a considerare noi stessi
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come individui competenti e critici di fronte ad ogni tipo di comunicazione persuasiva. Leffetto terza persona pu apparire pi o meno forte in relazione al tipo di problema in questione. Poich ammettiamo con pi facilit di essere stati influenzati da messaggi o comportamenti socialmente desiderabili, che non da messaggi o comportamenti socialmente indesiderabili, rispetto ai primi leffetto apparir meno rilevante. Per esempio, non avremo particolari difficolt ad ammettere di essere stati influenzati da una campagna che invita i giovani a non mettersi alla guida dopo aver bevuto e, pertanto, leffetto terza persona sar ridotto, se non invertito. Al contrario, se si pensa che i mass-media possano istigare comportamenti violenti nelle persone, ci si mostrer inclini a sottovalutare la propria vulnerabilit a fronte di queste sollecitazioni, rimarcando cos la propria differenza dagli altri [Mucchi Faina, 1996]. Inoltre, leffetto risulta pi forte, e quindi la differenza s/altri aumenta, quando il soggetto in disaccordo con la fonte su un determinato tema che considera importante e quando il termine di confronto vago e distante, rispetto a quando questo vicino [Duck e Mullin, 1995]. Linteresse per questo fenomeno stato introdotto da Davison nel 1983 con la pubblicazione di un articolo nel quale egli mostra i risultati di una ricerca condotta su un gruppo di soggetti, soggetti ai quali viene chiesto di stimare gli effetti della propaganda politica televisiva sul comportamento e sugli atteggiamenti di voto propri e altrui. In accordo con le ipotesi formulate dallo studioso, i soggetti credono, cos, che le altre persone siano sensibilmente pi influenzate da questi messaggi rispetto a loro stessi [Davison, 1983]. Dopo gli studi effettuati da Davison, leffetto terza persona ha ricevuto molta attenzione anche da parte di altri ricercatori, i quali hanno cercato di analizzare in modo pi specifico il fenomeno attraverso interviste, questionari e metodi di ricerca sperimentale. I risultati ottenuti in questo senso hanno dimostrato
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quanto siano complessi e vari i meccanismi sottostanti a tale fenomeno: per questo, cercheremo di illustrare nei prossimi paragrafi come stato affrontato e spiegato tale processo.

3.2 Come opera leffetto


Ogni individuo, nel percepire gli effetti della comunicazione di massa, tende a ritenere che le altre persone elaborino i messaggi in modo differente da se stesso. A questo proposito, esistono, infatti, due modi di interpretare questa disparit tra la percezione degli effetti della comunicazione sugli altri e su stessi: 1. come sottostima dellimpatto che la comunicazione mediatica ha su se stessi 2. come sovrastima degli effetti che i mass-media hanno sugli altri soggetti. Alcuni autori [Gunther, 1991] hanno tentato di spiegare tale fenomeno chiamando in causa la similarit esistente tra leffetto terza persona e la teoria dellattribuzione causale. I processi di attribuzione causale sono particolari processi che le persone mettono in atto quando devono cercare di interpretare il comportamento proprio e altrui in relazione alle cause che lo producono, ovvero quando inferiscono le cause che stanno dietro a specifiche azioni e sentimenti [Heider, 1958; Harvey, Weary, 1981]. Sono due i concetti fondamentali, appartenenti alla teoria dellattribuzione, che secondo gli studiosi sono alla base delleffetto terza persona: il concetto di errore fondamentale di attribuzione e il concetto di self serving bias. Il primo concetto si riferisce alla tendenza generale di giudizio che i soggetti manifestano quando, nellindividuare i fattori che determinano il comportamento delle persone, sottostimano limpatto dei fattori situazionali mentre sovrastimano il ruolo dei fattori disposizionali. In questo modo, nei confronti delle risposte fornite ai media dalle altre persone, i soggetti tenderebbero a non considerare come cause primarie
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le caratteristiche della situazione, come la tendenziosit e credibilit di fonte o messaggio e, sottostimando gli effetti della stessa situazione (fattori esterni), essi attribuirebbero pi cambiamenti alle opinioni delle persone. Al contrario, gli individui percepirebbero se stessi come soggetti attenti al contenuto e alla credibilit dei messaggi provenienti dai media, dunque si riterrebbero capaci di distinguere tra uninformazione che merita e una che non merita di avere un forte impatto sui propri comportamenti e atteggiamenti: cos facendo, essi attribuirebbero a loro stessi un minor numero di cambiamenti sulle proprie opinioni, come conseguenza di una maggiore consapevolezza e considerazione dei fattori situazionali [Ross, 1977]. Il secondo concetto, quello del self serving bias [Ross, Fletcher, 1985], rappresenta la tendenza da parte degli individui a cercare cause interne per lattribuzione dei propri successi individuali, biasimando gli altri per i loro fallimenti e dando spiegazioni situazionali ai propri fallimenti e ai successi altrui. Questo, avviene perch le persone sentono continuamente lesigenza di migliorare la propria immagine, attraverso il confronto con gli altri, mostrando se stessi in una luce favorevole, mantenendo e aumentando la propria autostima oltre a salvaguardare la propria percezione dinvulnerabilit agli eventi esterni. Secondo questa visione, perci, gli individui tendono ad affermare che gli altri sono maggiormente influenzati dai media, rispetto a loro stessi, perch il loro scopo quello di mantenere un certo controllo sugli eventi e di accrescere la propria autostima. Nel caso, poi, le informazioni provenienti dai media vengano considerate dagli stessi individui come informazioni di carattere positivo, i soggetti si mostreranno propensi ad attribuire pi effetti sulla propria persona, perch si considereranno abbastanza attenti per riconoscerne il valore intrinseco. Anche Hoorens e Ruiter [1996], nel considerare leffetto terza persona, si riferiscono al concetto di promozione del s (self-enhancement): in base a
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quanto affermano i due studiosi, gli individui percepiscono le proprie risposte ai media come pi appropriate di quelle degli altri; infatti, la tendenza generale delle persone quella di considerarsi come pi competenti degli altri nel cogliere criticamente il tentativo di persuasione dei messaggi veicolati dai media: inoltre, se il messaggio viene percepito come tendenzioso, la differenziazione s/altri tender ad aumentare [Gibbon, Durkin, 1995]. Altri autori hanno cercato di fornire una spiegazione differente dei motivi sottostanti allo sviluppo delleffetto terza persona: in particolare, Smith [1986] ha preso in considerazione una motivazione di carattere cognitivo. Secondo lo studioso, gli individui avrebbero una percezione e comprensione del proprio funzionamento psicologico molto limitata, credendo, in maniera errata di essere immuni dallimpatto dei massmedia. Le persone acquisirebbero, cos, attraverso la propria esperienza personale, delle particolari conoscenze in campo sociale. Queste conoscenze verrebbero immagazzinate in memoria sotto forma di script o copioni cognitivi, definiti come strutture di dati per rappresentare concetti organizzati in memoria [Fiske, Taylor, 1991]. Lattivazione di queste specifiche strutture schematiche influenzerebbe la codifica e linterpretazione delle informazioni riguardanti loggetto stesso dello schema (per es. i media e il loro pubblico) e creerebbe delle aspettative che potrebbero influenzare sia il ricordo di possibili azioni, sia il modo in cui i tratti di personalit sono interpretati. Queste conoscenze, possono includere varie nozioni: 1. i messaggi televisivi esercitano sul pubblico un forte impatto 2. i messaggi presentati in modo realistico sono pi persuasivi 3. la presentazione teatrale di un messaggio, come nelle serie televisive, influenza maggiormente gli atteggiamenti 4. gli spettatori sono altamente influenzabili

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Uninterpretazione come questa, si basa, dunque, sullidea che il sottostimare gli altri in un confronto con se stessi sia un particolare caso di distorsione nel giudizio sociale [Tyler e Cook, 1984], in cui il s risulta essere implicato, anche se in modo indiretto, perch si convinti che gli effetti dei media su se stessi siano attenuati da un certo passaggio di messaggi attraverso lo schema di s, la personale vulnerabilit e altri fattori situazionali. Unaltra interpretazione che stata data circa i fattori sottostanti leffetto terza persona quella che prende in considerazione aspetti motivazionali [Gunther, Mundy, 1993]. Secondo questa prospettiva, gli individui (e in particolare gli spettatori) sentono il bisogno di credere in una propria invulnerabilit verso gli eventi di vita negativi (life events) e di possedere un atteggiamento di ottimismo irrealistico verso il futuro, per mantenere, cos alta la propria autostima e il senso di controllo verso ci che accade allesterno. Un aspetto di questa illusione di invulnerabilit consiste proprio nella convinzione di non considerarsi suscettibili allinfluenza della comunicazione persuasiva. Come sottolineano Gunther e Thorson [1992], infatti, vedere se stessi come meno vulnerabili allinfluenza dei mass-media aiuta a mantenere e ad accrescere la valutazione della propria identit. Questa spiegazione, in accordo con le ipotesi della promozione del s (self-enhancement view), ci permette di confermare quanto sia improbabile che gli individui ammettano che il processo di comunicazione di massa influenzi i propri atteggiamenti, quando esistono motivi validi per credere che tale ammissione possa avere conseguenze negative sulla propria immagine. Altri studi compiuti sulleffetto terza persona, hanno messo in luce come questo specifico meccanismo di percezione sociale possa essere analizzato considerando non pi i processi interpersonali ma quelli di gruppo. In particolare, alcuni autori [Turner et al. , 1987] hanno cercato di interpretare leffetto terza persona nel quadro di quella che hanno
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chiamato teoria della categorizzazione del s. Secondo questo modello, vi sono situazioni in cui le persone tendono a percepirsi principalmente in termini di membri di un gruppo e in base a ci definiscono la propria identit sociale. In queste situazioni, in cui il s e laltro non sono pi percepiti come individui ma come membri di un gruppo, un processo di categorizzazione del s depersonalizza la percezione di s e degli altri, provocando laccentuazione delle somiglianze fra s e i membri dellingroup e delle differenze fra i membri dellingroup e quelli delloutgroup. In questo modo, nella misura in cui il target che lindividuo giudica viene categorizzato come appartenente ad un outgroup, esso verr giudicato per contrasto rispetto allidentit del soggetto, valutato negativamente e rappresentato in modo sfavorevole, ovvero come maggiormente vulnerabile allinfluenza dei media. Al contrario, affermano gli studiosi, i target categorizzati allinterno del medesimo gruppo a cui lindividuo sente di appartenere, saranno assimilati allindividuo stesso e giudicati in modo pi favorevole, ossia come meno vulnerabili allinfluenza dei massmedia. Questi effetti di assimilazione e contrasto sono potenziati dalla forza del sentimento di appartenenza al gruppo, cio dal livello di identificazione con esso.

3.3 In quali condizioni si manifesta


Gli studi compiuti sulleffetto terza persona si sono concentrati, principalmente, sulla definizione delle condizioni di base attraverso le quali leffetto si presenta e si sviluppa, focalizzandosi, in particolare, su determinati aspetti che ne rendono possibile lattuazione. Alcune ricerche, infatti, hanno preso in considerazione variabili come le caratteristiche della fonte e del messaggio, altre, hanno considerato le propriet del soggetto percepente e del target di confronto. Alla prima corrente, si rifanno gli esperimenti compiuti da Innes e Zeitz [1989], i quali suggeriscono che la percezione della differenza s/altri, nei
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confronti di una vulnerabilit allinfluenza dei media, tende ad aumentare quando il contenuto del messaggio percepito dai soggetti come dannoso o socialmente indesiderabile. Inoltre, tale percezione sembra presentarsi anche quando la fonte della comunicazione vista come tendenziosa, non attendibile e, di conseguenza, non degna di fiducia [Cohen, 1988]. In opposizione a tali considerazioni, alcune ricerche dimostrano che se linfluenza mediatica viene percepita dagli individui come socialmente desiderabile (per es. campagne di sensibilizzazione sociale), leffetto terza persona si mostrer invertito e i soggetti si percepiranno come maggiormente influenzabili rispetto al target di confronto [Duck, Mullin, 1995]. Questo, sembra avvenire perch lammissione di essere influenzati da messaggi che si ritiene abbiano un contenuto di carattere positivo, pu essere vista come un indicatore di caratteristiche e tratti di personalit tendenti al rigore morale e allumanit della persona. Altri studiosi [Hoorens e Ruiter, 1996], suggeriscono che anche lesplicito o implicito intento persuasivo degli argomenti trattati nel processo di comunicazione, rappresenta un fattore fondamentale nel determinare la desiderabilit mostrata dal soggetto nei confronti della stessa influenza. Essi, infatti, dimostrano che la desiderabilit dellinfluenza tende a diminuire per quei messaggi che presentano in modo chiaro ed esplicito il loro intento persuasivo. Tra le ricerche che si sono interessate alle caratteristiche dellindividuo come condizione per lattuazione delleffetto terza persona, ricordiamo quelle di Lasorsa [1989]. Gli esperimenti compiuti a riguardo, dimostrano che la percezione della differenza tra s e gli altri tende ad aumentare nel caso in cui la persona si ritenga molto informata o particolarmente coinvolta sul problema in questione. In questo processo, per, sembra non essere del tutto chiaro se chi si percepisce come esperto su un certo tema, tenda a sovrastimare gli effetti della comunicazione mediatica sugli altri o, al contrario, attribuisca meno influenza su di s, per il fatto di
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considerare la propria particolare conoscenza come possibile scudo allinfluenza dei media. Perloff [1989], ci tiene a sottolineare che questo processo potrebbe essere la conseguenza di unostilit mostrata dagli individui nei confronti dei media, ostilit che porterebbe i soggetti coinvolti in un determinato problema a percepire i contenuti dei media come contrastanti con la propria posizione. Ci, potrebbe condurre le persone ad attribuire questo maggiore effetto sugli altri, in relazione a contenuti che supportano la posizione da loro ritenuta errata. Un terzo campo di ricerca ha indirizzato la propria analisi nei confronti della natura delle persone con cui i soggetti normalmente tendono a paragonarsi. Dai risultati di alcuni studi [Gunther, 1991; Duck, Hogg, Terry, 1995], emerge che lampiezza di discrepanza tra s e gli altri pu dipendere dalle caratteristiche delle persone con cui ci si confronta. Pi queste persone risultano essere vaghe, generali e distanti da s (per es. studenti differenti o altri elettori), pi la differenza s/altri sar percepita dagli individui come fondamentale ed evidente. Al contrario, sostengono gli studiosi, pi il confronto viene fatto con persone vicine al soggetto (amici, familiari, compagni di studio o lavoro), pi la differenza tra s e gli altri apparir meno significativa: questo meccanismo pu essere spiegato come una distorsione a favore del s, distorsione che verrebbe, cos, estesa fino allinclusione di amici vicini e familiari. Un altro aspetto che deve essere messo in luce nel processo di analisi sulleffetto terza persona, certamente quello inerente le conseguenze che il fenomeno di percezione sociale pu avere sul comportamento degli individui. Lo stesso Davison [1983], nellesporre il concetto di effetto terza persona come la predisposizione degli individui a sovrastimare gli effetti della comunicazione persuasiva sugli altri, ritiene che questa particolare percezione abbia un effetto sul comportamento. Egli, infatti, convinto che gli effetti negativi dei messaggi mediatici portino i soggetti ad attuare azioni preventive o compensatorie. In
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questa direzione, gli effetti che i messaggi persuasivi hanno su atteggiamenti e comportamenti individuali non sarebbero causati da un impatto diretto del messaggio, ma da un effetto indiretto, dovuto, appunto, alle azioni preventive o compensatorie di coloro che ritengono che le altre persone ne saranno altamente influenzate. La tendenza a ritenere che la comunicazione persuasiva possa avere maggiori conseguenze sugli altri che su se stessi porta, quindi, ogni individuo ad attuare specifiche risposte comportamentali. Questa ipotesi, che risulta essere la conseguenza diretta di quanto dimostrato da Davison [1983], ci permette, perci, di rilevare come i nostri comportamenti sociali siano, in realt, guidati da una nostra specifica percezione di realt. Non tutte le ricerche compiute in questo senso, per, hanno permesso di dimostrare lesistenza di possibili effetti comportamentali del fenomeno terza persona [Perloff, 1993]. La spiegazione che viene fornita a tale conclusione quella che le persone non mostrerebbero un comportamento atteso, perch potrebbero credere che la loro prospettiva e le loro opinioni siano molto differenti dalle opinioni della maggioranza del pubblico in generale. Questo effetto, che prende il nome di spirale del silenzio [Noelle Neumann, 1974], condurrebbe gli individui a inibire la propria manifestazione di atteggiamenti e comportamenti.

3.4 Che cosa si intende per effetto falso consenso


Leffetto falso consenso un altro effetto di percezione sociale che consiste nella tendenza a percepire il proprio comportamento come tipico e nellassumere che in determinate circostanze le altre persone si comportino allo stesso modo. Questo effetto, evidenziato per la prima volta da Ross, Green e House in un loro studio pubblicato nel 1977, rappresenta un tipico esempio di giudizio tendenzioso a proprio favore
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(o bias). Come sottolineato precedentemente, i giudizi attribuzionali a favore del s sono il risultato di una limitazione percettiva e cognitiva mostrata dagli individui durante i vari processi di definizione delle situazioni [Forgas, 1985]. Tutti noi, infatti, siamo propensi a considerare noi stessi come persone socialmente normali e questa convinzione ci porta, molto spesso, a credere che in situazioni abbastanza importanti ci comporteremo come la maggior parte delle persone che ci circondano. Questo tipo di percezione, per, non sempre rispecchia la realt dei fatti e il risultato di tale processo la creazione di quello che viene definito un consenso distorto. Come abbiamo affermato, linteresse per leffetto falso consenso stato introdotto per la prima volta da Ross, Green e House grazie al risultato di alcuni esperimenti da loro compiuti nel 1977. La loro ricerca, infatti, riporta una serie di studi che dimostrano che le persone tendono a percepire un effetto falso consenso per le loro stesse credenze e comportamenti di vita quotidiana. Essi, descrivono questa particolare distorsione di percezione sociale come la tendenza delle persone a considerare le proprie scelte e i giudizi comportamentali come relativamente comuni e appropriate e nel ritenere le posizioni opposte alle proprie come inappropriate o devianti [Ross, Green, House, 1977]. In uno dei loro studi, i ricercatori chiedono a gruppi di studenti appartenenti alla Standford University di partecipare ad alcuni semplici esperimenti inerenti il processo di persuasione e il cambiamento degli atteggiamenti; agli studenti, che acconsentono volontariamente di aderire alla ricerca, viene domandato di camminare per circa trenta minuti, attorno alla propria Universit, indossando un cartellone (sandwich board) con la scritta Pentiti (Repent). Il principale compito dei partecipanti quello di segnare, su un apposito foglio, il numero di persone che, incontrandoli, risponderanno a questa affermazione, specificando se tale risposta abbia una rilevanza positiva, negativa o neutrale. Agli studenti che decidono di partecipare al progetto viene
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chiesto, poi, di stimare la percentuale di coetanei che sceglieranno la loro stessa posizione e, a quelli che rifiutano di aderire allesperimento, di stimare la percentuale di quelle persone che si comporteranno nel medesimo modo. I risultati della ricerca confermano quanto gli studiosi ipotizzano in termini di effetto falso consenso: coloro che acconsentono, pensano che il 63,5% degli studenti facciano la stessa scelta, mentre, coloro che non aderiscono, a loro volta sono convinti che il 67% di tutti gli studenti rifiutino di portare il cartello. Tale risultato dimostra, perci, una tendenza delle persone, indipendentemente dalla scelta operata, a considerare pi frequente negli altri la posizione coerente con la propria.

3.5 Come opera leffetto e in quali condizioni


In base a quanto viene sottolineato da Marks e Miller [1987], il paradigma per esaminare leffetto falso consenso uno in particolare: agli individui viene generalmente chiesto di indicare i propri atteggiamenti o comportamenti attraverso una misura dicotomica (s no, accordo disaccordo). Successivamente, agli stessi viene chiesto di indicare la percentuale di persone che sceglierebbero una risposta piuttosto che unaltra: secondo gli studiosi, gli individui percepiscono un falso consenso quando le stime di consenso per le proprie posizioni oltrepassano le stime per quelle posizioni ritenute differenti e opposte. I due studiosi, nellesaminare il sistema di crescita e di sviluppo delleffetto falso consenso, cercano di interpretare questo specifico fenomeno di percezione sociale alla luce di quattro prospettive teoriche, prospettive che, secondo la loro opinione, permetterebbero di interpretare in modo pi specifico i processi sottostanti alleffetto. Secondo Marks e Miller le quattro prospettive sarebbero: 1. lesposizione selettiva e la disponibilit cognitiva 2. la salienza 3. il processo dinformazione logica
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4. il processo motivazionale Ognuna di queste prospettive, facente parte di una specifica corrente di studi, fornirebbe, cos, spiegazioni differenti del fenomeno di falso consenso ma probabile, secondo gli autori, che alcuni di questi meccanismi operino assieme per arrivare a produrre leffetto stesso. Esposizione selettiva e disponibilit cognitiva Una prima spiegazione che pu essere fornita in relazione al processo di falso consenso rimanda ai concetti di esposizione selettiva e di disponibilit cognitiva. Questa prima prospettiva tende, infatti, ad affermare che gli individui cercano normalmente la compagnia di persone a loro simili o che si comportano in maniera simile. In questo caso, la stima di frequenza prodotta dagli individui sui comportamenti simili ai propri non farebbe altro che riflettere un campione tendenzioso di informazioni, a cui il soggetto ha accesso quando recupera dalla memoria i possibili esempi di comportamento. La percezione di similarit di comportamento che le persone mostrano di avere durante il processo di falso consenso, sarebbe, perci, la conseguenza della facilit con cui la stessa evidenza di similarit viene recuperata dalla memoria del soggetto (euristica di disponibilit). Gli stessi Tversky e Kahneman [1973] definiscono leuristica di disponibilit come una strategia di pensiero che tende ad essere utilizzata dagli individui ogni volta che questi stimano la frequenza o la probabilit di un determinato evento: questa euristica si basa sulla velocit con cui vengono alla mente esempi o associazioni che si riferiscono alla categoria su cui il giudizio del soggetto deve essere espresso. Alla luce di questa prospettiva, Marks e Miller ritengono che Ross e gli altri autori, nel formulare e dimostrare leffetto falso consenso, abbiano applicato questa euristica di disponibilit alle stime di consenso percepito, suggerendo che i possibili esempi di similarit o di accordo tra se se stessi e le altre persone abbiano
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un maggior accesso in memoria rispetto a esempi di disaccordo o disuguaglianza, e che gli stessi esempi possano accrescere, cos, le stime di consenso per le proprie posizioni. Secondo Ross [1977] ed altri [Berscheid, Walster, 1978; Newcomb, 1961], gli esempi di similarit o di accordo messi in atto durante il processo di falso consenso, sarebbero facilmente disponibili in memoria perch la tendenza delle persone sarebbe, appunto, quella di associarsi normalmente, secondo un principio di esposizione selettiva, ad individui pi simili a s, piuttosto che a persone differenti. Cos, infatti, Marks e Miller [1987, pag. 73] riferiscono di questa propensione individuale: People tend to live in communities with others of their socio-economic status, and they tend to work with others who share their training and professional values. Through de facto selective exposure, people tend to be exposed to others whose opinions and values are similar to their own Therefore, the people one encounters in day-to-day life tend to be a sample of individuals who are like oneself . Anche altri autori come Sherman, Presson, Chassin, Chorty [1983] suggeriscono che il principio di esposizione selettiva risulta essere un maggior contribuente nello sviluppo delleffetto falso consenso. Questi studiosi, infatti, dimostrano lesistenza di uno stretto legame tra lesposizione selettiva e le stime di consenso attuate dagli individui. In particolare, essi sottolineano come lesposizione selettiva del soggetto sia maggiore nei confronti del gruppo sociale a s ritenuto pi vicino. In base a questa considerazione, leffetto falso consenso diminuirebbe o, in determinate circostanze, tenderebbe addirittura a scomparire nel caso in cui gli individui stimino il consenso verso specifici target group, ai quali essi non sono stati precedentemente esposti in maniera selettiva. Per confermare tale posizione, gli studiosi hanno effettuato un esperimento su gruppi di adolescenti fumatori e non. I risultati illustrati da Sherman e dagli altri autori [1983] dimostrano come la propensione alleffetto falso consenso manifestata da gruppi di adolescenti fumatori e non, risulti minore quando il target di riferimento rappresentato da gruppi di
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uomini adulti, piuttosto che da gruppi di ragazzi e ragazze della propria scuola. Tale aspetto la diretta conseguenza del fatto che, in relazione a questi gruppi, il soggetto non dispone prontamente in memoria di possibili esempi di similarit s/altri. Salienza Unaltra interpretazione riferibile al fenomeno di falso consenso quella riguardante il principio di salienza. Secondo tale prospettiva, alla base delleffetto falso consenso vi sarebbe la convinzione che per il soggetto una data opinione o convincimento potrebbe essere particolarmente saliente. Diversi autori [Marks, Miller, 1987; Arcuri, 1995] sottolineano limportanza svolta dal principio di salienza. In particolare, precisano che, quando un individuo focalizza la propria attenzione esclusivamente su di una singola posizione, il consenso percepito potrebbe aumentare, in quanto quella posizione lunica di cui il soggetto pienamente consapevole. Al contrario, quando si tende a focalizzare la propria attenzione su due o pi posizioni, le stime di consenso, relative alle stesse, potrebbero essere distribuite in modo uniforme e paritario. Un esperimento che ha messo in luce la valenza del principio in esame, quello effettuato da Marks e Miller [1985] su di un gruppo di studenti frequentanti il college. Agli studenti viene sottoposto lestratto di un caso giuridico, oggetto di pronuncia di una corte federale: il loro compito quello di esprimere un proprio giudizio di colpevolezza o innocenza a riguardo. Successivamente, agli stessi viene domandato di attribuire un verdetto di colpevolezza o innocenza nei confronti di tre differenti target di persone: i propri migliori amici, i conoscenti, gli studenti coetanei. I risultati della ricerca dimostrano che le persone che appaiono convinte della propria posizione, tendono a sovrastimare questa stessa posizione in una percentuale pi larga rispetto a quei soggetti che, al contrario,
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risultano insicuri della propria personale opinione. Da ci, deriva il fatto che lattenzione o il pensiero rivolti da un individuo nei confronti di una particolare posizione (propria o altrui), influisce sul consenso percepito per quella stessa posizione. Gli stessi Marks e Miller [1985, pag. 166] riassumono cos il principio di salienza e il suo ruolo allinterno del meccanismo di falso consenso: When people are highly certain about their opinion, they are likely to be focused on this position and not likely to be thinking about other potential rival positions. As a consequence, only the preferred position is readily available to them and this availability may promote attribution of opinion similarity. On the other hand, when people are uncertain about the correctness of the position they have adopted, rival positions as well as the preferred one are likely to be salient or available in memory. Consequently, substantial consensus may not be attributed to any one position. Processo dinformazione logica Il processo dinformazione logica rappresenta unaltra prospettiva teorica alla base del fenomeno di falso consenso. Tale approccio considera i processi razionali come sottostanti alle stime che un individuo tende ad attuare circa la similarit tra se stessi e gli altri. Il processo di attribuzione causale [Heider, 1958] un chiaro esempio di questa prospettiva. Heider afferma che la natura stessa dellattribuzione causale pu influenzare le ipotesi che un soggetto formula riguardo la comunanza di uno specifico comportamento. Da ci deriva il fatto che se un soggetto attribuisce la causa di un comportamento altrui a un oggetto o a una situazione (fattori esterni), la persona percepir un alto grado di consenso per quel comportamento. Al contrario, se un soggetto attribuisce la causa di un comportamento altrui a fattori disposizionali (fattori interni alla persona), egli sar meno propenso a percepire una similarit di risposta tra se stesso e gli altri. In base a questa prospettiva, perci, esistono alcuni fattori che possono aumentare o diminuire la portata del fenomeno di
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falso consenso: in specifico, esso risulta essere particolarmente forte quando i fattori situazionali e le condizioni dambiente sono percepiti come responsabili di un comportamento; al contrario, leffetto sembra affievolirsi quando emergono delle attribuzioni disposizionali del comportamento stesso [Jones, Nisbett, 1971; Zuckerman, Mann, 1979]. La considerazione che il processo di attribuzione causale possa avere uninfluenza fondamentale sulle stime di consenso attuate da un individuo, trova riscontro in alcuni esperimenti compiuti da McArthur [1972], Zuckerman e Mann [1979]. In uno di questi studi, ad un gruppo di studenti liceali vengono sottoposte alcune dichiarazioni che descrivono determinati eventi comportamentali (es. Nancy si diverte ad un concerto di musica jazz) e i fattori che possono causare tali eventi. Alcune cause sono attribuite a fattori personali (es. Nancy si diverte al concerto di musica jazz per motivazioni di carattere personale), altre ad un oggetto o alle circostanze della situazione (la reazione di Nancy dovuta a motivazioni di carattere situazionale). Successivamente, agli stessi soggetti viene richiesto di indicare su una scala a 9 punti il numero di altre persone che si potrebbero divertire ugualmente al concerto. I risultati dimostrano che le stime di consenso effettuate dai soggetti su specifici eventi comportamentali, risultano essere significativamente pi grandi quando la causa dellevento viene attribuita a fattori situazionali, piuttosto che a fattori personali. Processo motivazionale Unultima prospettiva teorica che, secondo Marks e Miller [1987], permette di interpretare il fenomeno di falso consenso quella che prende in considerazione determinati fattori motivazionali. In base a questa visione, la percezione di similarit che gli individui tendono ad attuare durante un processo di falso consenso, potrebbe essere la diretta conseguenza di un profonda esigenza di approvazione
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sociale. Ogni individuo, infatti, nel rapportarsi agli altri, sente il bisogno di considerare i propri convincimenti e i propri comportamenti come appropriati, tipici e dotati di validit: in questo caso, attribuire tali comportamenti anche agli altri non farebbe che rafforzare la propria autostima e mantenere un personale equilibrio cognitivo [Arcuri, 1995]. Lo stesso Festinger [1954], nel formulare la teoria del confronto sociale, sottolinea come lopinione di un individuo si mostri corretta e valida solamente nella misura in cui tale credenza risulti appartenere anche ad altre persone. Secondo lo studioso, infatti, le persone tendono continuamente a confrontare le proprie posizioni con quelle degli altri, al fine di rilevarne la correttezza e la positivit. Uno studio che ha messo in luce limportanza del mantenimento di autostima allinterno del meccanismo di falso consenso, quello che stato eseguito da Suls e Wan [1987] su un gruppo di ragazze adolescenti che mostrano una specifica avversione nei confronti di alcuni insetti (ragni). Durante la ricerca, alle ragazze viene chiesto di stimare il numero di altre coetanee che si ritiene possiedano le medesime paure. I risultati dellesperimento, in linea con le ipotesi di falso consenso, dimostrano che la tendenza dei soggetti altamente coinvolti nel problema quella di sovrastimare la frequenza del proprio comportamento sugli altri, mentre, la tendenza dei soggetti coinvolti in maniera minore , appunto, quella di sottostimare la stessa frequenza di comportamento in relazione ai propri coetanei. Dietro a questo meccanismo si celerebbe, secondo gli autori, un bisogno primario delle persone nel mantenere alta la propria autostima, per ridurre cos la tensione che si associa ad ogni tipo di interazione sociale. Gli stessi Marks e Miller [1987] ci tengono a sottolineare che queste diverse prospettive teoriche non esauriscono in se stesse la spiegazione delleffetto falso consenso ma, al contrario, esse rappresentano solamente quattro possibili interpretazioni di un fenomeno di percezione

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sociale, nei confronti del quale numerosi studi devono ancora essere compiuti.

3.6 Uno studio specifico


Prima di illustrare la fase di ricerca vera e propria di questa tesi necessario dedicare una piccola sezione di questo lavoro alla presentazione di uno studio esplorativo che stato effettuato in relazione agli effetti dei mass-media sugli spettatori televisivi. Questa ricerca appare fondamentale ai fini del presente lavoro, anche perch ha costituito il punto di partenza per la dimostrazione delle ipotesi avanzate durante la nostra indagine. In specifico, facciamo riferimento allo studio condotto da Cavazza e Palmonari [1999] su di un gruppo di oltre trecento soggetti adulti, di et compresa tra i 18 ed i 69 anni. Scopo della ricerca stato quello di indagare come uno spettatore televisivo si rappresenti il rapporto esistente tra media e pubblico e come definisca se stesso nellambito di tale binomio. In particolare, i ricercatori hanno inteso esplorare tale fenomeno nellambito politico (ideologie di destra e di sinistra). Durante la fase di ricerca, stato somministrato ai soggetti campione un questionario costituito da indicatori di comportamento di consumo televisivo proprio ed altrui, di opinioni sullinfluenza dei programmi televisivi e delle rispettive cause. Il questionario stato distribuito in tre diverse regioni dItalia ( Marche, Emilia Romagna e Veneto) nel periodo compreso tra il settembre 1997 e lAprile 1998. I partecipanti alla ricerca sono stati scelti tra nuclei dappartenenza a movimenti universitarie. Lipotesi da cui sono partiti gli autori, riguarda il fatto che uno spettatore televisivo tender a rappresentare il binomio media-pubblico soprattutto
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politici

(Forza

Italia,

Alleanza

Nazionale,

Partito

Democratico della Sinistra, Partito Popolare) e allinterno di biblioteche

in relazione allimmagine che egli ha di s come fruitore del sistema di comunicazione mediale [Cavazza, Palmonari, 1999]. In base a tale considerazione, si presume che il sistema di rappresentazione del flusso di influenza tra mass-media e spettatori si possa strutturare in una relazione costituita da tre vertici, ovvero mass-media, audience e se stessi in qualit di spettatori. In questa relazione triangolare si ipotizza che ciascun vertice sia strettamente connesso con gli altri due e, in particolare, che il legame che unisce da una parte i media come agenti di influenza di idee e comportamenti e, dallaltra, gli spettatori, sia molto forte. La percezione e lelaborazione di tale potere saranno regolate da identificazioni in gruppi sociali (partiti e movimenti politici) e le rappresentazioni dei vertici relativi ai media ed agli spettatori appariranno complementari forti/audience Palmonari, 1999]. Il terzo vertice, quello inerente alla rappresentazione di s come fruitore del sistema di comunicazione mediale, risentir della concezione tale per cui la vulnerabilit allinfluenza televisiva viene di norma considerata da un soggetto come una caratteristica socialmente negativa. Di conseguenza, un individuo esposto allinfluenza televisiva tender a sovrastimare gli effetti dei messaggi persuasivi sul target di confronto e a sottostimare tali effetti su di s [Gibbon, Durkin, 1995]. Egli, peraltro, sar portato a sovrastimare il consenso altrui sulle proprie opinioni e la frequenza di comportamenti simili al proprio, secondo un effetto di falso consenso [Ross, Green, House, 1977]. In base a quanto affermato, Cavazza e Palmonari hanno ipotizzato che le persone ideologicamente di destra tenderanno a sostenere che gli spettatori sono in grado di elaborare in modo critico le proprie personali idee e che la Televisione non possa influenzare lopinione pubblica.
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moderate media

dallorientamento deboli/audience

politico forte)

(media [Cavazza,

debole;

Al contrario, le persone ideologicamente di sinistra rileveranno lesistenza di unalta vulnerabilit delle persone allinfluenza, nonch di cambiamenti di opinione causati da trasmissioni televisive. I risultati della ricerca hanno dimostrato che pi i mass-media vengono considerati dagli individui come strumenti potenti, pi i telespettatori sono giudicati facilmente influenzabili. Questa complementariet, per, non stata moderata dallorientamento politico dei rispettivi intervistati, come stato ipotizzato inizialmente. In particolare, le persone di sinistra non mostrano una maggiore considerazione di pericolosit dei media rispetto a quelle di destra. Per quanto riguarda la concezione di s come fruitore dei mass-media, stato dimostrato come questa concezione non si differenzi sulla base delle varie appartenenze politiche o sul livello di coinvolgimento personale alla politica [Cavazza, Palmonari, 1999]. Gli individui, infatti, si sono ritenuti meno influenzabili rispetto agli altri, come conseguenza della capacit di mantenere un proprio senso critico in qualit di spettatori. Inoltre, come ipotizzato, i partecipanti alla ricerca hanno sovrastimato il consumo televisivo altrui rispetto al proprio e cos anche le scelte simili alle proprie in base ad un effetto di falso consenso [Ross, Green, House, 1977].

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Capitolo 4
La ricerca
Il tema dellinfluenza mass-mediatica e degli effetti dei contenuti veicolati dai media sulle opinioni e sui comportamenti del pubblico un tema che sembra aver ricevuto molta attenzione da parte delle scienze sociali, fin dalla nascita dei primi sistemi di comunicazione avvenuta a inizio Novecento. Lo stesso Katz (1980) descrive la ricerca sulle comunicazioni di massa come una storia fatta di oscillazioni tra concezioni opposte: ad una fase in cui gli studiosi sottolineano il potere incontrastabile di influenza dei media su folle di spettatori passivi (Teoria della societ di massa), si contrappone una fase successiva in cui si evidenzia la capacit degli individui di combattere attivamente ogni tentativo di persuasione, rendendo gli effetti dei media pressoch trascurabili (Modello degli usi e delle gratificazioni). Lo studio degli effetti dei media sulle opinioni dei singoli individui si sempre di fatto intrecciato con linteresse per la definizione del loro ruolo allinterno delle moderne societ. Le domande che molti scienziati si sono posti nel corso degli anni sembrano essere le medesime: Come possiamo concepire i mass-media? Quali sono le loro caratteristiche? Si tratta di strumenti di manipolazione al servizio della costruzione di un consenso o semplicemente di mezzi educativi il cui fine quello di permettere una maggiore partecipazione alla vita pubblica? Studiare gli effetti dei mezzi di comunicazione di massa ha dunque significato per le scienze sociali fornire una rappresentazione dei media in termini di efficacia e finalit, rappresentazione che si sempre accompagnata a una concezione dellaudience come composta da individui attivi o passivi nei loro confronti. Tutto questo, per, senza
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prendere in considerazione il punto di vista del singolo spettatore: difficilmente gli scienziati sociali si sono domandati in che modo lo spettatore si rappresenti quel rapporto che lega media e pubblico tra loro. Eppure, le ricerche effettuate sul cambiamento degli atteggiamenti ci hanno confermato quanto sia rilevante il ruolo del ricevente allinterno del processo di comunicazione: sappiamo che egli non pu essere considerato allo stesso tempo n come essere passivo n come vigile attento e critico e che determinati fattori personali e situazionali tendono a far oscillare lo spettatore fra questi due estremi (Kruglanski e Thompson, 1999). Inoltre, dai primi esperimenti compiuti in questo ambito (Hovland, Janis, Kelley, 1953), risulta abbastanza chiaro che se il ricevente percepisce nella fonte dinformazione un possibile intento persuasivo, egli sar pi motivato al vaglio critico dei contenuti e alla resistenza al cambiamento. In base a quanto affermato, risulta perci fondamentale, ai fini della nostra ricerca, cercare di rispondere a un quesito cos semplice ma allo stesso tempo rilevante come quello precedentemente esposto: Come concepisce lo spettatore il binomio media pubblico?. Solamente affrontando questo tema saremo in grado di definire quale potere di influenza il singolo spettatore accredita ai mezzi di comunicazione di massa e quale capacit critica riconosce a se stesso e al pubblico in generale. Lo scopo, infatti, di questa nostra ricerca quello di indagare quel sistema di rappresentazione sociale che si viene a creare intorno alla relazione triangolare tra audience, spettatore e mass-media. A differenza, per, di quanto stato fatto fin ora in letteratura, cercheremo di approfondire questo rapporto in una nuova luce, utilizzando come oggetto dei nostri studi uno spettatore non pi adulto ma ancora adolescente.

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4.1 Ipotesi
In linea con le ricerche di Cavazza e Palmonari (1999), abbiamo posto le seguenti ipotesi di ricerca: a) assumendo il punto di vista dello spettatore, dobbiamo considerare il fatto che egli tender a formulare una rappresentazione del binomio media pubblico in relazione allimmagine che egli ha di se stesso come fruitore del sistema di comunicazione mediale. Per questo motivo, ipotizziamo che il sistema di rappresentazione del flusso di influenza fra mass-media e spettatori si strutturi nella relazione fra tre vertici: media, audience, se stessi, dove ciascun vertice sia in stretta correlazione con gli altri due.

Audience

Mass-media

Io spettatore

b) Ci aspettiamo che il dibattito presente nella letteratura sugli effetti dei media e sulla capacit dellaudience di contrastarli si rifletta anche nelle rappresentazioni del senso comune. Dovremmo quindi rilevare un legame molto forte fra la concezione della capacit da parte dei mezzi di comunicazione di indurre atteggiamenti e comportamenti e la capacit da parte dellaudience di contrastare questa tendenza. Inoltre, crediamo che la percezione e la successiva elaborazione di una rappresentazione di tale potere siano regolate da specifiche identificazioni di adolescenti in gruppi sociali (differenti tipi di Istituti scolastici). Le rappresentazioni dei vertici
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relativi ai mass-media e allaudience dovrebbero quindi apparire complementari tra loro (media forti/audience debole media deboli/audience forte) e moderate dalla relativa appartenenza dei ragazzi a diversi gruppi di provenienza scolastica. c) per quanto riguarda la rappresentazione di s come fruitore di media, ci aspettiamo che gli spettatori adolescenti, in linea con gli studi sulleffetto della terza persona (Gibbon e Durkin, 1995), considerino la propria vulnerabilit allinfluenza mass-mediatica come caratteristica socialmente indesiderabile, portatrice di un senso di inadeguatezza. Inoltre, in linea con leffetto di falso consenso, ogni individuo dovrebbe considerare i propri comportamenti e i giudizi che elabora su di s come ncora per valutare i comportamenti e i giudizi degli altri. Per queste ragioni, riteniamo che la concezione di s come spettatore critico dovrebbe produrre una maggiore distanza tra s e gli altri nel caso di concezione dellaudience come molto vulnerabile rispetto alla considerazione dellaudience come difficilmente influenzabile.

Spettatore critico

+ _

Audience poco vulnerabile

Audience molto vulnerabile

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d) Ci aspettiamo, inoltre, che leffetto di terza persona emerga anche in riferimento al rapporto fra il proprio gruppo di appartenenza e altri gruppi: in questo caso ipotizziamo che gli adolescenti tenderanno a considerare se stessi e i membri del proprio gruppo di provenienza sociale (ragazzi della stessa et e studenti del medesimo Istituto) come categoria meno influenzabile rispetto ad altri gruppi ritenuti socialmente distanti da questo (persone di t differenti e studenti appartenenti ad altri Istituti). In linea con le ricerche di Duck e Mullin (1995), riteniamo, pi in generale, che la tendenza a differenziare se stessi dagli altri, in relazione allinfluenzabilit, aumenti proporzionalmente alla distanza sociale fra s e il target di confronto e che questa tendenza si prospetti particolarmente rilevante nel caso in cui i contenuti dei media risultino negativi, rispetto a quando questi mostrino una loro valenza positiva.

Influenzabilit dei Mass-media

_
Ingroup

+
Outgroup

Se stessi

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4.2 Disegno Sperimentale 4.2.1 Soggetti


Hanno partecipato alla ricerca in forma volontaria 300 studenti (112 maschi e 188 femmine) di tre Istituti Superiori (Liceo Classico, Liceo Scientifico, Istituto Tecnico Commerciale) di et compresa tra i 13 e i 20 anni (media = 15,91 ds = 1,50), contattati al mattino con la disponibilit dei professori durante le singole ore di lezione. I questionari sono stati somministrati nella citt di Reggio Emilia nel mese di Aprile 2003. La ricerca stata presentata come unindagine sulle opinioni che gli studenti delle Scuole Superiori hanno a proposito della Televisione. La fase di ricerca vera e propria stata preceduta da una fase di pre-test, svolta nei mesi di Gennaio, Febbraio, Marzo 2003. Per questa prima fase, sono stati coinvolti 30 studenti di et variabile tra i 14 e i 18 anni, contattati in vari momenti della giornata allinterno di centri sportivi o di specifiche associazioni culturali. I pre-test sono stati presentati come ricerche riguardanti il rapporto tra mass-media e ragazzi degli Istituti Superiori di Reggio Emilia.

4.2.2 Strumenti
Nella fase di pre-test, stato sottoposto ai ragazzi e alle ragazze un semplice compito di tipo carta e penna che consisteva nellelencare, allinterno di appositi riquadri, tutte le trasmissioni televisive di vario genere maggiormente seguite nel corso della giornata e tutte quelle meno seguite. Come risultato dei pre-test, sono stati scelti i 10 programmi televisivi pi seguiti dai ragazzi: 1. Zelig (Italia 1) 2. Amici di Maria de Filippi (Canale 5) 3. Sarabanda (Italia 1)
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4. Mai dire Domenica (Italia 1) 5. Select (Mtv) 6. Passaparola (Canale 5) 7. Telegiornali (Rai/Mediaset) 8. Le iene (Italia 1) 9. Smallville (Italia 1) 10. I Simpson (Italia 1) Queste trasmissioni sono state successivamente utilizzate come item del nostro questionario di ricerca. Durante la fase di ricerca vera e propria, stato somministrato al campione di riferimento un questionario costituito da indicatori di comportamento di consumo televisivo, di opinioni sullinfluenza dei programmi televisivi e le sue cause, di stima di realt (dei comportamenti di consumo televisivo da parte di altri studenti adolescenti della medesima et). Questi indicatori costituiscono le variabili dipendenti della nostra ricerca. Nelle ultime pagine del questionario stato chiesto a ciascun soggetto di indicare le proprie caratteristiche anagrafiche (et e sesso). Questultime, invece, sono state utilizzate come variabili indipendenti. Opinioni sulla tendenza allinfluenzabilit s/altri Nella prima batteria di item si richiedeva ai soggetti di giudicare il grado di influenzabilit generica dalla Televisione di 12 categorie di persone, su una scala a 7 punti, dove 1 = per niente e 7 = moltissimo. Le 12 categorie di confronto, includevano target ritenuti vicini al soggetto (ragazzi e ragazze della propria et, studenti del proprio Istituto e di scuole differenti), categorie pi distanti (adulti, anziani, familiari, insegnanti), target che richiamavano a caratteristiche pi generali (persone

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molto istruite, persone poco istruite) e infine un item te stesso, il cui ordine di presentazione stato sistematicamente variato. Nella quinta e sesta batteria di item, invece, si domandava ai partecipanti di giudicare leffetto di influenza dei telegiornali e di 9 specifici programmi televisivi su se stessi e su ragazzi della medesima et. I vari giudizi dovevano essere formulati su una scala a 7 punti, dove rispettivamente 1 = nessuno e per niente e 7 = moltissimi/o. Le ultime due domande del questionario, costruite secondo uno schema a risposta multipla, richiedevano al nostro campione di riferimento alcune opinioni relative alla causa di influenza della Televisione e allinfluenza dei mass-media ritenuta pi dannosa per i cittadini. Ai soggetti veniva specificato di scegliere una sola risposta tra le varie soluzioni proposte. Comportamenti di consumo televisivo proprio e altrui La seconda e lottava batteria di item, contenevano domande relative alla frequenza di visione di specifici programmi e alla stima della stessa frequenza da parte degli altri. Ci che veniva chiesto agli intervistati, era di indicare con quale frequenza, secondo il loro parere, venivano seguiti i telegiornali e 9 tra le pi famose trasmissioni televisive da parte di se stessi e dellaudience in generale. Il giudizio doveva sempre essere espresso su una scala a 7 punti, dove rispettivamente 1 = per niente e mai e 7 = moltissimo e sempre. Inoltre, nella quarta e settima batteria di item, presentate rispettivamente come quinta e ottava domanda del questionario, si richiedeva agli adolescenti di leggere una lista di motivi per guardare la Televisione e di valutare, per ognuno di questi motivi, quanto se stessi e i loro coetanei fossero interessati a seguire la Televisione. Le varie motivazioni spaziavano da finalit di visione televisiva a carattere informativo, culturale, ludico, a finalit di stampo commerciale e di aggregazione
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familiare. Le risposte dovevano essere formulate dai singoli soggetti seguendo la solita scala a 7 punti, dove 1 = per niente vero e 7 = del tutto vero. Infine, nella terza batteria di item, abbiamo chiesto ai partecipanti di valutare quantitativamente in generale il consumo televisivo di se stessi e di altre 4 categorie di persone (bambini, adolescenti, adulti, anziani) su una scala a 5 punti (da 1 = fino ad unora al giorno a 5 = pi di quattro ore al giorno).

4.3 Risultati e discussione 4.3.1 Opinioni


Abbiamo chiesto ai partecipanti di valutare il grado di influenzabilit generica dalla Tv di se stessi e di 11 differenti categorie di persone. Dalle analisi del t-test per campioni appaiati, condotto per confrontare questo giudizio di influenzabilit televisiva relativo a se stessi con quello relativo al resto del target considerato, emerge una generale tendenza da parte dei singoli soggetti a ritenersi meno influenzati degli altri nei confronti del mezzo televisivo, confermando in questo senso la presenza di un effetto di terza persona come gi evidenziato dalla letteratura (Gibbon e Durkin, 1995) e dalle nostre ipotesi di ricerca (b c d). Infatti, le medie di giudizio di vulnerabilit allinfluenza televisiva delle varie categorie e di se stessi (vedi tabella 1 e figura 1) risultano essere tra loro tutte significativamente differenti con p.05. Solamente in due casi questa tendenza alla percezione differenziata dellinfluenzabilit non emerge: in particolare nelle coppie se stessi familiari [Media s = 3,70, Media familiari = 3,20; t (299) = 6,73 p<.05] e se stessi persone ad alta scolarit [Media s = 3,70, Media persone ad alta scolarit = 3,00; t (299) = 7,36 p<.05 ]. In questi due confronti, infatti, i ragazzi si percepiscono come pi influenzabili del target.
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Il primo caso (se stessi familiari) potrebbe essere spiegato come un effetto di assimilazione dovuto al sentimento di vicinanza al target di confronto. Questo effetto, gi rilevato dalle ricerche condotte sugli adulti, pu essere interpretato nel quadro di un principio di categorizzazione del s (Turner et al., 1987). In base a questa teoria, ci sono situazioni in cui lindividuo tende a percepirsi principalmente in termini di membro di un gruppo e in base a ci definisce la propria identit sociale. In questo modo, un processo di categorizzazione del s induce un procedimento di depersonalizzazione a causa del quale vengono accentuate le somiglianze fra s e i membri dellingroup (nel nostro caso la famiglia di appartenenza) e le differenze fra i membri dellingroup e quelli delloutgroup (le altre persone). Nella misura in cui il target che lindividuo giudica viene categorizzato come appartenente ad un outgroup, esso sar giudicato per contrasto rispetto allidentit del soggetto, valutato negativamente e rappresentato in modo sfavorevole, ovvero come maggiormente vulnerabile allinfluenza dei media. Al contrario, i target categorizzati allinterno del medesimo gruppo cui lindividuo sente di appartenere verranno assimilati al soggetto stesso e giudicati in modo pi favorevole, ovvero come meno vulnerabili allinfluenza dei media. I nostri intervistati, quindi, secondo un principio di categorizzazione sociale, tenderebbero ad estendere il proprio s fino allidentificazione con lingroup (la famiglia di provenienza) del quale essi stessi si ritengono membri effettivi. Cos facendo, i ragazzi sarebbero motivati a riconoscere alla propria persona e in specifico al proprio gruppo di appartenenza una capacit critica maggiore rispetto al resto dellaudience. Anche lassenza delleffetto terza persona nel caso della coppia se stessi persone ad alta scolarit pu essere interpretato come un effetto di identificazione col target di confronto, secondo un medesimo principio di categorizzazione sociale. I nostri intervistati sono studenti e di
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conseguenza possono assimilarsi a persone molto istruite. Per questo motivo essi tendono ad ammettere, in specifico al proprio ingroup di appartenenza (individui ad alta scolarit), una maggiore conoscenza culturale e di conseguenza una migliore capacit interpretativa dei contenuti televisivi. In questo modo gli adolescenti stimano le capacit intellettuali delle persone colte come maggiori rispetto a quelle degli altri individui, arrivando persino a considerare queste stesse abilit interpretative come migliori di quelle da loro stessi possedute (come rilevato nel nostro caso).

Coppia s/altri
Se stessi Ragazzi Se stessi Ragazze Se stessi Familiari Se stessi Adulti Se stessi Anziani Se stessi Studenti Scientifico Se stessi Studenti Classico Se stessi Studenti Tecnico Se stessi Insegnanti Se stessi Molto Istruiti Se stessi Poco Istruiti

Media
3,70 5,20 3,70 5,40 3,70 3,20 3,70 4,10 3,70 4,24 3,70 4,55 3,70 4,35 3,70 5,05 3,70 3,90 3,70 3,00 3,70 5,80

T (299)
19,206 20,306 6,728 -4,263 -4,134 -9,786 -7,430 -14,570 -2,229 7,365 -19,500

Sig. (p)
,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,027 ,000 ,000

tabella 1: medie di giudizio di vulnerabilit allinfluenza televisiva s/altri, con valori di t e significativit.

80

7,00 6,50 6,00 5,50 5,00 4,50 4,00 3,50 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00
se stessi familiari alta scolarit ragazzi ragazze studenti classico studenti scientifico studenti tecnico insegnanti adulti anziani bassa scolarit

5,80 5,20 5,40 5,05 4,35 3,70 3,20 3 4,55 3,90 4,10 4,24

Influenzabilit 12 target

figura 1: distribuzione delle medie di giudizio di generica influenzabilit televisiva dei rispettivi 12 target.

Fra le domande di opinioni, una in particolare aveva lobiettivo di indagare leffetto di influenza dei telegiornali e di 9 specifici programmi televisivi sui partecipanti e sui ragazzi della medesima et. Dai risultati del t-test per campioni appaiati, condotto per confrontare questo giudizio di vulnerabilit allinfluenza televisiva su se stessi e sugli altri, emerge in maniera del tutto evidente la presenza di un effetto della terza persona: in ogni confronto s adolescenti, infatti, i partecipanti tendono in generale a considerarsi come spettatori meno influenzabili degli altri rispetto ad ogni tipo di programma televisivo. Inoltre, le medie di giudizio di vulnerabilit allinfluenza televisiva relative a se stessi e ai ragazzi della propria et (vedi tabella 2 e figura 2) risultano essere tra loro tutte significativamente differenti con valori di p.05. Questultimo aspetto ci permette di confermare ancora una volta quanto la differenza tra s e gli altri sia in funzione di una ben definita distanza sociale del target. In un solo caso questa tendenza alla percezione differenziata dinfluenzabilit televisiva non emerge: in particolare nel caso della vulnerabilit allinfluenza esercitata dai Telegiornali [Media s = 4,70, Media adolescenti = 4,44; t (299) = -2,57 p<.05]. In questo confronto, i
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partecipanti si ritengono pi influenzati dei loro coetanei nei riguardi dei contenuti dei Telegiornali. Questa particolare inversione di tendenza in linea con le nostre ipotesi di ricerca (c d) e in base a quanto emerso in altre ricerche (Duck e Mullin, 1995). Secondo gli studi effettuati in letteratura, infatti, la tendenza a differenziare se stessi dagli altri in relazione allinfluenzabilit risulterebbe essere particolarmente rilevante nel caso di contenuti dei media negativi, rispetto a contenuti di valenza positiva. Inoltre, nei casi di contenuti mediali ritenuti dal soggetto socialmente desiderabili, questo stesso effetto tenderebbe a diminuire fino a scomparire del tutto (Hoorens e Ruiter, 1996). Per queste ragioni, crediamo che i nostri intervistati si siano definiti come pi influenzabili dei loro coetanei nei confronti di uninformazione giornalistica probabilmente per il fatto che essi sono stati disposti a riconoscere alla stessa informazione giornalistica una funzione socialmente desiderabile. Anche questo effetto concorre a far percepire le proprie risposte ai media come pi appropriate di quelle delle altre persone.
Programmi Tv
Zelig Amici Sarabanda Mai dire Domenica Select Passaparola Telegiornali Le Iene Smallville I Simpson

Media s
4,60 2,20 1,90 3,60 3,10 2,24 4,70 3,70 1,90 3,13

Media altri
5,93 4,25 2,90 5,00 4,34 2,93 4,44 5,00 3,10 4,53

T (299)
13,064 17,900 13,353 13,862 12,327 8,328 -2,568 13,212 13,284 12,920

Sig. (p)
,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,011 ,000 ,000 ,000

tabella 2: medie di giudizio di vulnerabilit allinfluenza delle trasmissioni s/altri, con valori di t e significativit.

82

7,00 6,50 6,00 5,50 5,00 4,50 4,00 3,50 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00
Ze li g Am ici Ma Tg Sa Pa Se lec rab ss a id t pa ire an r ol da Do a me n ic a Le ien e Sm all v Is il le im pso n

Influenzabilit s/adolescenti

se stessi adolescenti

figura 2: distribuzione delle medie di giudizio di vulnerabilit allinfluenza esercitata da 10 trasmissioni su se stessi e su adolescenti della medesima et.

Per controllare se fossero presenti differenze significative fra gruppi di studenti di diverse scuole (Liceo Classico, Liceo Scientifico, Istituto Tecnico), abbiamo condotto le analisi della varianza (ANOVA) a una via (tipo di scuola frequentata) su tutte le differenze dinfluenzabilit televisiva s/altri. Dallanalisi dei risultati non emerge una differenza significativa nelle medie dei gruppi (F<2) se non nel caso del programma televisivo Select. In questo singolo caso, infatti, le medie risultano essere tra loro significativamente differenti: in particolare, gli studenti del Liceo Classico esprimono giudizi di influenzabilit propria e altrui significativamente pi elevati rispetto agli studenti degli altri due Istituti [Media Liceo Classico = 1,63, Media Liceo Scientifico = 1,26, Media Istituto Tecnico = 0,89, F (2,297) = 4,89 p<.05]. Nonostante ci, possiamo affermare che i nostri intervistati tendono in generale a giudicare la propria vulnerabilit allinfluenza televisiva in modo indipendente dal tipo di scuola da essi frequentata. Per verificare poi se vi fossero differenze relative al sesso degli adolescenti, sono state condotte le analisi della varianza (ANOVA) a una via (genere) su tutte le differenze di influenzabilit televisiva s/altri.
83

Dallanalisi dei risultati (vedi tabelle 3 e 4 e figura 3) emergono alcune differenze significative e in particolare nel caso di cinque tipi di trasmissioni televisive: 1. Zelig 2. Mai dire Domenica 3. Telegiornali 4. Le Iene 5. I Simpson Nei confronti di tutte e cinque le trasmissioni, infatti, il genere femminile tende a esprimere giudizi di vulnerabilit allinfluenza televisiva propria e altrui significativamente pi elevati rispetto al genere maschile: [Zelig, Media maschi = 0,94, Media femmine = 1,60, F (1,298) = 9,88 p<.05; Mai dire Domenica, Media maschi = 0,93, Media femmine = 1,71, F (1,298) = 14,19 p<.05; Telegiornali, Media maschi = -0,50, Media femmine = -8,51, F (1,298) = 4,37 p<.05; Le Iene, Media maschi = 0,80, Media femmine = 1,63, F (1,298) = 17,86 p<.05; I Simpson, Media maschi = 0,62, Media femmine = 1,90, F (1,298) = 34,84 p<.05].
Differenza di influenzabilit
ZELIG MAI DIRE DOMENICA TG LE IENE I SIMPSON

Sesso
Maschio Femmina Maschio Femmina Maschio Femmina Maschio Femmina Maschio Femmina

Media
0,94 1,60 0,93 1,71 -0,50 -8,51E-02 0,80 1,63 0,62 1,90

tabella 3: medie di differenza di vulnerabilit allinfluenza televisiva s/altri per tipo di genere.

84

Differenza di influenzabilit
ZELIG

F
9,885

Sig. (p)
,002

MAI DIRE DOMENICA

14,187

,000

TG

4,368

,037

LE IENE

17,863

,000

I SIMPSON

34,841

,000

tabella 4: differenza di vulnerabilit allinfluenza televisiva s/altri per tipo di genere con valori di F e significativit.
6,00 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 0,00 -1,00 -2,00 -3,00 -4,00 -5,00 -6,00 -7,00 -8,00 -9,00
Zelig Sarabanda

Amici

Mai dire Domenica Select Passaparola Tg

I Simpson Le Iene Smallville

Distanza s/altri

maschio femmina

figura 3: distribuzione delle medie di distanza s/altri nellesposizione alle trasmissioni televisive. differenze significative

85

Abbiamo poi chiesto ai partecipanti quale fosse la causa di influenza della Televisione nei confronti del proprio pubblico (vedi tabella 5). La maggior parte dei partecipanti ha individuato la causa dinfluenza nella pigrizia intellettuale dei cittadini (perch gli spettatori non cercano altre fonti dinformazione 31,7%) anche se a molti non sembrato possibile attribuire ai telespettatori tutta la responsabilit di tale pigrizia (perch gli spettatori non hanno la possibilit di verificare lobiettivit delle informazioni 27% e gli argomenti vengono ripetuti moltissime volte 24,7%). Ragioni che appaiono pi marginali sono: (gli spettatori non prestano sufficiente attenzione a quello che viene detto in Tv 11% e le informazioni che vengono comunicate sono spesso ambigue e difficili da interpretare 5,7%). I nostri intervistati, quindi, tendono in generale a concepire lo spettatore televisivo come individuo attivo nel suo complesso: ad egli, infatti, viene riconosciuta la capacit critica e interpretativa per contrastare linfluenza televisiva ma, allo stesso tempo, la sua ricerca verso altri fonti informative appare del tutto minima. Questo sta a significare che, nonostante una certa pigrizia intellettuale, egli considerato comunque in grado di recepire e selezionare i contenuti dei messaggi televisivi. Per verificare lesistenza di un possibile legame fra il tipo di scuola frequentata dagli adolescenti e la loro opinione di causa dinfluenza televisiva, stata creata una tabella di contingenza nella quale sono state messe in relazione la variabile causa e la variabile scuola. Il test del Chi quadrato non ci ha permesso per di rilevare alcuna relazione significativa tra le due variabili considerate. Fra le domande di opinioni, una in particolare aveva lobiettivo di chiedere agli intervistati quale influenza dei mass-media fosse pi dannosa per il cittadino (vedi tabella 6). La maggior parte dei partecipanti ha attribuito a quella dei consumi il primato di influenza pi pericolosa (41%), riconoscendo in questo modo alla pubblicit il potere di indurre
86

acquisti troppo spesso superflui. Una buona parte degli adolescenti ha ritenuto pi opportuno considerare linfluenza dei comportamenti sociali come primario pericolo per il singolo spettatore televisivo (40,3%). Infine, solo pochi hanno scelto linfluenza politica come possibile motivazione pi dannosa (18,7%). Per verificare poi lesistenza di una possibile relazione fra il tipo di scuola frequentata dai ragazzi e la loro opinione nei confronti di uninfluenza televisiva pi dannosa, abbiamo creato una tabella di contingenza nella quale sono state incrociate la variabile danno e la variabile scuola. Anche in questo caso, il test del Chi quadrato non ci ha permesso per di riscontrare alcuna relazione significativa tra le due variabili.

Causa influenza Tv
Non si ricercano altre fonti oltre la Tv Non si pu verificare l'obiettivit delle informazioni Gli argomenti vengono ripetuti molte volte Poca attenzione ai contenuti della Tv Le informazioni espresse sono ambigue

Frequenza
95 81 74 33 17 300

Percentuale
31,7% 27% 24,7% 11% 5,7% 100%

Totale

tabella 5: insieme dei motivi di causa di influenza televisiva, con distribuzione della frequenza e della percentuale di scelta individuale.

87

Influenza pi dannosa
Influenza dei consumi

Frequenza
123 121 56 300

Percentuale
41% 40,3% 18,7% 100%

Influenza dei comportamenti sociali

Influenza politica

Totale

tabella 6: differenti tipi di influenza televisiva, con distribuzione della frequenza e della percentuale di scelta individuale.

4.3.2 Comportamenti
Abbiamo chiesto ai partecipanti di stimare la frequenza con cui loro stessi e laudience in generale guardano 10 specifici programmi televisivi. Dallanalisi del t-test per campioni appaiati, condotto per confrontare questa stima di frequenza relativa a se stessi con quella relativa al resto del target considerato, emerge chiaramente quanto i partecipanti tendano in generale a sovrastimare il consumo televisivo altrui rispetto al proprio e in particolare le scelte simili alle proprie in una sorta di effetto di falso consenso, come gi evidenziato dalla letteratura (Ross, Green, House, 1977) e in linea con le nostre ipotesi di ricerca (c) (questeffetto ben visibile nella figura 4 dove i profili risultano quasi del tutto paralleli). Infatti, le medie di stima di consumo televisivo relative a se stessi e agli altri (vedi tabella 7 e figura 4) risultano essere tra loro tutte significativamente differenti con valori di p.05, ad eccezione del caso di esposizione ai Telegiornali. In questo confronto, le medie si presentano come statisticamente simili: [Media s = 5,74, Media altri = 5,62; p = n.s.].

88

Programmi Tv
Zelig Amici Sarabanda Mai dire Domenica Select Passaparola Telegiornali Le Iene Smallville I Simpson

Media s
5,30 2,70 2,62 4,10 3,31 2,73 5,74 4,00 2,15 3,51

Media altri
6,70 5,00 4,41 5,82 5,20 4,62 5,62 5,61 4,24 5,35

T (299)
12,461 20,618 17,469 14,404 18,227 18,608 -1,273 15,073 21,720 15,365

Sig. (p)
,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,204 ,000 ,000 ,000

tabella 7: medie di stima di frequenza di visione televisiva s/altri, con valori di t e significativit

7,00 6,50 6,00 5,50 5,00 4,50 4,00 3,50 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00
Ze lig Am ici Sa Ma Pa Te Se Le Sm IS lec r ab ssa leg im Ien all id t pso ior pa vil an ire e rol le na da n Do li a me nic a

Frequenza visione Tv s/altri

s altri

figura 4: distribuzione delle medie di stima di frequenza di visione di 10 trasmissioni televisive su se stessi e sullaudience in generale.

89

Abbiamo poi chiesto agli stessi intervistati di leggere una lista di motivi per guardare la Televisione e di valutare, per ognuno di questi motivi, quanto se stessi e i loro coetanei fossero interessati a seguire la Tv. Dallanalisi del t-test per campioni appaiati, condotto per confrontare questo giudizio di fruizione televisiva relativo a se stessi con quello relativo al resto dei target considerati, emerge in maniera evidente quanto i ragazzi tendano in generale a distanziare il proprio comportamento televisivo da quello dei coetanei. In ogni confronto s/adolescenti essi attribuiscono a se stessi una maggiore capacit di utilizzo e comprensione del mezzo televisivo nella sua globalit. Infatti, se analizziamo le medie di motivazione di fruizione televisiva relative a se stessi e ai ragazzi della medesima et (vedi tabella 8 e figura 5), possiamo di certo affermare che queste risultano essere tra loro tutte significativamente differenti, con valori di p.05 ad eccezione della coppia di motivazione di visione familiare (Per stare insieme alla propria famiglia).
Motivo visione Tv
Per informazione Per capire i propri problemi Per conoscenza culturale Per svago e divertimento personale Perch la guardano amici e conoscenti Per stare insieme alla propria famiglia Per decidere cosa comprare e come vestirsi Per capire come si affrontano situazioni nuove

Media s
5,22 2,40 4,04 5,60 1,92 3,00 2,33 2,43

Media altri
4,10 2,95 3,10 6,02 3,40 3,00 4,02 2,92

T (299)
-13,584 8,206 -11,040 5,661 14,506 0,122 16,578 5,899

Sig. (p)
,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,903 ,000 ,000

tabella 8: medie di motivazione di visione televisiva s/altri, con valori di t e significativit.

90

Motivo visione Tv s/adolescenti

7,00 6,50 6,00 5,50 5,00 4,50 4,00 3,50 3,00 2,50 2,00 1,50 1,00

se stessi adolescenti

pe

ri n

pe fo rm ar si

rc a

pe pi re ip ro

ra pp ip

pe re nd er

rs v

pe ag o e di ve

rc

pe la gu ar

rs t no

pe ar e in si em

rd e

pe ci de re co

rc o

no

sc

pr

ro

nu

bl

ov

em

rt

im

da

co

no

en

sc

to

gl

ia m

al

sa

er

la

en

ic

fa

co

si

tu

ze

ig

pr

az

lia

ar

io

ni

nu

ov

figura 5: distribuzione delle medie di motivazione di visione televisiva relative a se stessi e agli adolescenti della medesima et.

In questo confronto, le medie si presentano come statisticamente simili [Media s = 3,00, Media adolescenti = 3,00; p = n.s.]. Per quanto riguarda i motivi della scelta di consumo televisivo, i nostri intervistati ammettono di usare la Tv principalmente a scopo informativo e per apprendimento culturale (M = 5,22 ds = 1,49; M = 4,04 ds = 1,60); non dimenticano inoltre di riconoscere al mezzo televisivo la primaria funzione di strumento a carattere ludico (M = 5,60 ds = 1,50); al contrario, essi non riconoscono alla Televisione una funzione di mezzo di supporto ai propri problemi (M = 2,40 ds = 1,55) e di guida di comportamento morale (M = 2,43 ds = 1,63) ed economico (M = 2,33 ds = 1,75). Contrariamente a tutto ci, gli adolescenti intervistati ritengono che i propri coetanei attribuiscano una minore importanza alluso della Tv a scopo culturale informativo (M = 3,10 ds = 1,38; M = 4,10 ds = 1,33) e una maggiore importanza per quanto ne riguarda un utilizzo il cui fine appare essere lo svago e il divertimento sociale (M = 6,02 ds = 1,07). Inoltre, essi tendono ad ammettere negli altri una
91

maggiore propensione allutilizzo della Televisione per lacquisizione di consigli di natura commerciale (M = 4,02 ds = 1,76) e comportamentale (M = 2,95 ds = 1,39). Infine, i nostri partecipanti credono che i propri coetanei abbiano una considerazione maggiore della propria nei confronti di una Tv intesa come principale strumento di aggregazione sociale (M = 3,40 ds = 1,71).

4.3.3 Stime di realt


stato chiesto ai partecipanti di valutare quantitativamente in generale il consumo televisivo giornaliero di se stessi e di altre quattro categorie di persone. Dallanalisi delle frequenze medie stimate (vedi tabella 9 e figura 6), emerge che: i ragazzi intervistati dichiarano di guardare la televisione in media tra le 2 e le 3 ore al giorno (M = 2,44 ds = 1,07). essi tendono sempre in generale a stimare il consumo televisivo altrui come superiore al proprio, facendo supporre che leffetto della terza persona, ovvero la tendenza da parte degli individui a sovrastimare gli effetti dei messaggi persuasivi sulle altre persone e a sottostimare gli stessi effetti su di s (Gibbon e Durkin, 1995), derivi dalla presupposizione di una maggiore esposizione alla Tv da parte degli altri (M bambini = 3,50 ds = 0,97; M adolescenti = 3,30 ds = 0,97; M anziani = 3,92 ds = 1,16). Solamente nel caso della categoria adulti la stima del consumo televisivo non maggiore di quella attribuita a s. Alle persone pi mature, infatti, i nostri intervistati riconoscono in media un comportamento di fruizione televisiva compreso tra le 2 e le 3 ore al giorno e comunque sempre minore di quello relativo a se stessi (M adulti = 2,40 ds = 0,76).

92

Categoria Bambini Adolescenti Adulti Anziani Se stessi

Media 3,50 3,30 2,40 3,92 2,44

Deviazione standard 0,97 0,97 0,76 1,16 1,07

tabella 9: tavola riassuntiva dei dati di esposizione televisiva giornaliera stimata.

3,92 4

Ore visione Tv s/altri

3,50 3,30 3 2,44 2,40

1 = Fino ad 1 ora al giorno 2 = Fino a 2 ore al giorno 3 = Fino a 3 ore al giorno 4 = Fino a 4 ore al giorno 5 = Pi di 4 ore al giorno

1
se stessi adolescenti adulti bambini anziani

figura 6: distribuzione delle medie di stima di frequenza di esposizione televisiva giornaliera relative a se stessi e ad altre 4 categorie di spettatori.

93

4.4 Conclusioni
Siamo partiti dallidea che per studiare le rappresentazioni che gli adolescenti si costruiscono circa il potere di influenza dei media occorra considerare un sistema strutturato attorno a tre poli (media, pubblico, se stessi in quanto spettatori). Tale struttura, infatti, ha guidato la formulazione delle nostre ipotesi. I contenuti di questo sistema, cos come si sono delineati nella descrizione dei risultati della nostra ricerca, ci hanno permesso di evidenziare relazioni significative e in complesso abbastanza articolate. Avevamo ipotizzato che il potere di influenza della televisione e la vulnerabilit del pubblico fossero tra loro complementari. Le relazioni riscontrate fra gli indicatori dei giudizi di vulnerabilit allinfluenza propria e altrui e la capacit da parte delle trasmissioni televisive di influenzare le opinioni, hanno confermato tale complementariet: pi le trasmissioni televisive sono state considerate potenti e pi i telespettatori adolescenti sono stati giudicati influenzabili. Avevamo anche ipotizzato che tale complementariet fosse influenzata dalla relativa appartenenza degli adolescenti a differenti gruppi sociali (ragazzi della stessa et e studenti del medesimo Istituto scolastico). Tale ipotesi, per, non stata confermata. Infatti, lappartenenza degli studenti ad un determinato Istituto scolastico non ha influenzato il giudizio di vulnerabilit allinfluenza televisiva che essi hanno espresso nei confronti di se stessi e degli studenti provenienti dagli altri Istituti. Inoltre, come avevamo ipotizzato, la concezione di s in quanto individuo soggetto a possibile influenza televisiva emersa in linea con gli studi effettuati sugli effetti della terza persona e del falso consenso: gli intervistati si sono stimati in generale meno suscettibili allinfluenza televisiva rispetto ai propri coetanei e alle persone di et differenti, e di conseguenza socialmente distanti da essi. In questo modo, i partecipanti hanno risposto al mantenimento di unimmagine di s
94

come spettatore dotato di capacit critiche e il loro comportamento di consumo televisivo stato utilizzato come ncora per valutare i comportamenti e i giudizi degli altri. Come era stato ipotizzato, questa tendenza a differenziare se stessi dagli altri, in relazione allinfluenzabilit, risultata particolarmente rilevante nei confronti di contenuti televisivi negativi, rispetto a contenuti di carattere positivo. Infine, i nostri intervistati non hanno percepito in generale la Televisione come uno strumento minaccioso e manipolatorio, anche se ne hanno riconosciuto i tentativi in questo senso: essi hanno ammesso, infatti, lesistenza di uninfluenza televisiva a carattere commerciale molto pericolosa ma, allo stesso tempo, hanno riconosciuto allo spettatore la forza di poter contrastare questo tipo di influenza. Inoltre, essi si sono definiti abbastanza rassicurati dalla propria capacit critica e dalla propria autonomia di opinione. La stessa capacit, per, non stata riconosciuta agli altri e questo quanto pi tali altri si sono distanziati socialmente da s. Limmagine di s come spettatore ha dunque ricoperto un ruolo di rilievo, sia nellancorare la percezione del comportamento di consumo televisivo altrui, sia nel porre un criterio rispetto al quale determinare la distribuzione delle varie categorie sociali sulla dimensione della vulnerabilit allinfluenza televisiva.

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108

Appendice

Pre-test..................................................................................................pag.110

Questionario.......................................................................................pag.112

109

Ragazzi e mass-media
Stiamo svolgendo unindagine riguardante il rapporto tra Mass-Media e ragazzi degli Istituti Superiori di Reggio Emilia. Ti chiediamo di dedicarci solamente cinque minuti del tuo tempo per svolgere questo semplicissimo lavoro: Elenca qui di seguito nel riquadro, come in una lista, tutte quelle trasmissioni o programmi televisivi (variet, intrattenimento, informazione, satira, musica etc.) che guardi quotidianamente a casa tua per pi di 10 minuti (ricorda: solo quei programmi sui quali il tuo interesse si posa per pi di 10 minuti nellarco dellintera giornata). Nota tecnica: Inserisci il nome del programma televisivo e il canale (es: Grande Fratello Canale 5). Non importante lordine in cui trascrivi i programmi televisivi nella lista (es: la casella 1 non pi importante della casella 15) e non obbligatorio completare tutte le caselle fino allultima.

Lista con nome e canale dei programmi pi visti:


1) 9)

2)

10)

3)

11)

4)

12)

5)

13)

6)

14)

7)

15)

110

Inoltre scrivi qui sotto, in questaltra lista, quali trasmissioni o programmi televisivi non guardi o non vorresti guardare mai (scrivendo sempre il nome del programma e il canale televisivo)

Ti chiedo di essere il pi sincero possibile (il tuo aiuto molto prezioso!!!!!)

Grazie per la collaborazione!!!

Lista con nome e canale dei programmi meno visti:

1)

2) 3) 4) 5) 6) 7) 8)

111

Universit degli studi di Modena e Reggio Emilia Facolt di Scienze della Comunicazione

Stiamo conducendo una ricerca di Psicologia Sociale sulle opinioni che gli studenti delle Scuole Superiori di Reggio Emilia hanno a proposito della Televisione

La tua collaborazione molto importante ai fini della ricerca.

Per questo ti invitiamo a compilare il questionario rispondendo il pi precisamente possibile a tutte le domande. Considera che non ci sono risposte giuste o sbagliate, quello che ci interessa che tu esprima liberamente il tuo parere.

Il questionario rigorosamente anonimo e le informazioni in esso contenute saranno utilizzate esclusivamente a scopo scientifico nellambito dellUniversit.

Grazie, fin da ora, per la tua collaborazione!

112

ISTRUZIONI PER LA COMPILAZIONE DEL QUESTIONARIO


1. Nella maggior parte delle domande sufficiente segnare con una croce il numero corrispondente alla risposta scelta.

Esempio:
Domanda: Quanto importante che i tuoi amici guardino la TV? (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione) Risposta: PER NIENTE

MOLTISSIMO

Se ritieni che la risposta sia PER NIENTE, dovrai segnare il numero 1, come viene rappresentato qui sotto

PER NIENTE

MOLTISSIMO

Se ritieni che la risposta sia MOLTISSIMO, dovrai segnare il numero


7, come viene rappresentato qui sotto

PER NIENTE

MOLTISSIMO

Se invece ritieni che la tua opinione sia rappresentata da un numero che si


trova tra i due estremi, scegli il valore intermedio che descrive meglio il tuo giudizio

PER NIENTE

MOLTISSIMO

(ad esempio: 5; vuol dire che pensi che la cosa sia ABBASTANZA IMPORTANTE)

2. In altre domande sufficiente scegliere una sola risposta mettendo una X nel quadratino corrispondente.

Esempio:
Domanda: Secondo te, quante persone sono influenzate dalla TV? (Scegli una sola risposta mettendo una X nel quadratino corrispondente) Risposta: A B C D
vuol dire che hai scelto la risposta C 113

QUESTIONARIO

1.

Troverai di seguito un elenco di categorie di persone: per ogni categoria, valuta quanto questa influenzata in generale dalla TV. (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione) I ragazzi della tua et
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le ragazze della tua et


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Te stesso
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

I tuoi familiari
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le persone adulte
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le persone anziane
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Gli studenti del Liceo Scientifico


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Gli studenti del Liceo Classico


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Gli studenti degli Istituti Tecnico-Professionali


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Gli Insegnanti
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le persone molto istruite


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le persone poco istruite


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO 114

2. Secondo te, quanto sono visti i seguenti programmi televisivi? (Metti


una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione) Zelig (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Amici di Maria de Filippi (Canale5)


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Sarabanda (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Mai dire Domenica (Italia1)


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Select (Mtv)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Passaparola (Canale5)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

I Telegiornali
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le Iene (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Smallville (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

I Simpson (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

115

3. Secondo

te, quante ore al giorno guardano la TV in media le

seguenti categorie di persone? (Scegli una sola risposta mettendo una X nel quadratino corrispondente)

BAMBINI
Fino ad 1 ora al giorno Fino a 2 ore al giorno Fino a 3 ore al giorno Fino a 4 ore al giorno Pi di 4 ore al giorno

ADOLESCENTI
Fino ad 1 ora al giorno Fino a 2 ore al giorno Fino a 3 ore al giorno Fino a 4 ore al giorno Pi di 4 ore al giorno

ADULTI
Fino ad 1 ora al giorno Fino a 2 ore al giorno Fino a 3 ore al giorno Fino a 4 ore al giorno Pi di 4 ore al giorno

ANZIANI
Fino ad 1 ora al giorno Fino a 2 ore al giorno Fino a 3 ore al giorno Fino a 4 ore al giorno Pi di 4 ore al giorno

116

4. Quante ore al giorno guardi tu la TV in media? (Scegli una sola risposta


mettendo una X nel quadratino corrispondente) Fino ad 1 ora al giorno Fino a 2 ore al giorno Fino a 3 ore al giorno Fino a 4 ore al giorno Pi di 4 ore al giorno

5. Leggi

qui di seguito questa lista di motivi per guardare la TV e, per

ognuno di questi motivi, valuta quanto gli adolescenti guardano la televisione (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione) La guardano per: tenersi informati sugli eventi che accadono ogni giorno nel loro paese e nel mondo
PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

capire meglio i loro problemi


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

imparare cose nuove, al fine di accrescere le loro conoscenze culturali


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

svago e divertimento personale


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

perch la guardano i loro amici o conoscenti


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

stare insieme alla loro famiglia


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

decidere cosa comprare e come vestirsi


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

capire come si affrontano situazioni nuove e difficili


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

altro (indicare qui di seguito)


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

117

6. Secondo

te, quanti ragazzi e ragazze della tua et vengono

influenzati dal contenuto di questi programmi televisivi? (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione) Zelig (Italia1)
NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

Amici di Maria de Filippi (Canale5)


NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

Sarabanda (Italia1)
NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

Mai dire Domenica (Italia1)


NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

Select (Mtv)
NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

Passaparola (Canale5)
NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

I Telegiornali
NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

Le Iene (Italia1)
NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

Smallville (Italia1)
NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI

I Simpson (Italia1)
NESSUNO 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMI 118

7. Quanto ti ritieni personalmente influenzato dal contenuto di questi


programmi televisivi? (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione) Zelig (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Amici di Maria de Filippi (Canale5)


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Sarabanda (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Mai dire Domenica (Italia1)


PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Select (Mtv)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Passaparola (Canale5)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

I Telegiornali
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Le Iene (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

Smallville (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO

I Simpson (Italia1)
PER NIENTE 1 2 3 4 5 6 7 MOLTISSIMO 119

8. Rileggi qui di seguito la lista dei motivi per guardare la TV e, per ognuno
di questi motivi, valuta quanto tu personalmente guardi la televisione (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione) La guardi per: tenerti informato sugli eventi che accadono ogni giorno nel tuo paese e nel mondo
PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

capire meglio i tuoi problemi


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

imparare cose nuove, al fine di accrescere le tue conoscenze culturali


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

svago e divertimento personale


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

perch la guardano i tuoi amici o conoscenti


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

stare insieme alla tua famiglia


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

decidere cosa comprare e come vestirti


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

capire come si affrontano situazioni nuove e difficili


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

altro (indicare qui di seguito)


PER NIENTE VERO 1 2 3 4 5 6 7 DEL TUTTO VERO

120

9. Con quale frequenza ti capitato di vedere i seguenti programmi


televisivi nellultimo mese? (Metti una croce sul numero che rappresenta meglio la tua opinione) Zelig (Italia1)
MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

Amici di Maria de Filippi (Canale5)


MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

Sarabanda (Italia1)
MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

Mai dire Domenica (Italia1)


MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

Select (Mtv)
MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

Passaparola (Canale5)
MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

I Telegiornali
MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

Le Iene (Italia1)
MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

Smallville (Italia1)
MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE

I Simpson (Italia1)
MAI 1 2 3 4 5 6 7 SEMPRE 121

10.

Secondo te, a cosa dovuta linfluenza della TV? (Scegli una sola risposta mettendo una X nel quadratino corrispondente)

Gli spettatori non prestano sufficiente attenzione a quello che viene detto in TV Gli spettatori non cercano altre fonti di informazione Le informazioni che vengono comunicate sono spesso ambigue e difficili da interpretare Gli argomenti trattati vengono ripetuti moltissime volte Gli spettatori non hanno la possibilit di verificare lobiettivit delle informazioni

11.

Secondo te, quale influenza dei Mass Media pi dannosa per il cittadino? corrispondente) (Scegli una sola risposta mettendo una X nel quadratino

Linfluenza che si esercita nellambito della politica, attraverso la propaganda Linfluenza che si esercita nellambito dei consumi, attraverso la pubblicit Linfluenza che si esercita nellambito dei comportamenti sociali attraverso le scene di violenza

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ET

SESSO M F

Grazie per la tua preziosissima collaborazione!

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