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Antonio De Santis - Terenzio Flamini

PAROLE
il colore, l'odore, il rumore
maledizioni in dialetto nei paesi della Piana del Cavaliere

Associazione Culturale LUMEN (onlus)

Antonio De Santis - Terenzio Flamini

PAROLE il colore, l'odore, il rumore


maledizioni in dialetto nei paesi della Piana del Cavaliere Camerata Nuova Carsoli Collalto Sabino Colli di Monte Bove Monte Sabinese Oricola Pereto Piana del Cavaliere Pietrasecca Poggio Cinolfo Rocca di Botte Tufo Turania Vallinfreda Villa Romana Vivaro Romano

Collana i Quaderni di Lumen, n. 34 ASSOCIAZIONE CULTURALE LUMEN (onlus) 67061 Carsoli (AQ) via Luppa 10 e-mail: lumen_onlus@virgilio.it Nella riproduzione totale o parziale di questa pubblicazione citare lASSOCIAZIONE CULTURALE LUMEN Hanno collaborato alla stampa: don Fulvio Amici, Beatrice di Pietro e Michele Sci. Stampato in proprio Pietrasecca di Carsoli, ottobre 2009
In copertina: La Piana del Cavaliere sotto la nebbia. (Foto: A. Tarquini, 2008). Referenze fotografiche interne: T. Flamini: pp. 14, 18-22, 25, 27, 29, 31, 34-38; M. Sci: p. 23

"Non facevano notizia i contadini. Nascevano, figliavano, morivano"


Eugenio Scalfari "La Repubblica", 28 Dicembre 2008

Prefazione Agli ormai per fortuna numerosi "vocabolari" dialetto-italiano dei vari paesi come Carsoli, Vivaro, Pietrasecca, Pereto e di altri centri che insistono sulla Piana del Cavaliere e ai tantissimi altri che sono apparsi negli ultimi anni un po' in tutte le zone d'Italia, sembrato mancare sempre qualcosa. In essi si trovavano infatti "i nomi comuni", "gli aggettivi", "i verbi", "i pronomi", "i soprannomi", "i modi di dire", "i proverbi", "gli indovinelli" e cos via: erano assenti quasi sempre due forme pur diffusissime di "espressione" della parlata popolare e cio "le bestemmie" e "le maledizioni". Nel presente opuscolo non si vuole pubblicare "la bestemmia" seppure intesa come coloritura e che, con epiteti, forme gergali, mezze parole, ironie, spesso accompagnava il nome proprio di un santo o di Dio o della Madonna. In questa intera forma espressiva non potevano essere riportate le imprecazioni sia per una inutile e tediosa enumerazione sia per non apparire blasfemi o offensivi verso la religione. Le espressioni oltraggiose, frequentissime, nel bene e nel male erano parte integrante di un modo di esternare, anche se in maniera rozza e violenta, un moto dell'animo oltre che, si potrebbe quasi dire, una fede o un culto. Si deve comunque riconoscere che quasi sempre, da parte della nostra gente, c'era veramente poca intenzione di offendere Dio, la Madonna o i Santi e bestemmiare era s manifestazione di crassa ignoranza oltre che reato, ma le varie pi o meno forti offese alla religione o alla divinit erano un meccanico sfogo che veniva esternato imitando altri improperi di persone di generazioni precedenti, rimaste, non per loro colpa, in uno stato di grezza educazione. Talvolta le imprecazioni erano prettamente locali e legate a culti di un paese o di una zona: la bestemmia ritenuta pi grave e che veniva per cos dire recitata nei massimi momenti di ira, era quasi sempre quella relativa al Santo Protettore. L'offesa al Santo era pari alla devozione che egli riscuoteva tra il popolo e quindi ognuno era oggetto, se cos ci si vuole esprimere, di bestemmie riservate! Inoltre i centri della zona di cui ci stiamo interessando, oltre appunto ai santi e alle sante (Berardo, Giovanni, Fortunia ("all'urna"), Stefano, Vincenzo, Vittoria, Restituta, Giorgio "a cavagliu", la Madonna) Erano e sono accomunati - insieme al culto mariano diffuso anche in moltissime altre parti e dovuto spesso alla presenza di santuari dedicati alla Madonna dalla devozione alla SS. Trinit di Vallepietra e l'imprecazione rivolta alla "Santissima" era molto ricorrente proprio per la popolarit e devozione molto sentita. Nella commistione tra sacro e profano possiamo notare come, le maledizioni, nella loro brevit e lampeggiante figura, facevano da contrappunto alle numerosissime giaculatorie che, altrettanto spesso, si sentivano dalla bocca della gente comune.

6 Oggi potremmo dire che quasi non si bestemmia pi e non c' da rammaricarsene: siamo diventati molto pi "educati" e attenti al linguaggio ma non si sa quanto pi solerti a non offendere l'oggetto della nostra e dell'altrui devozioni. Tra i motivi di questo "progresso" c' forse una diminuita attenzione verso la religione, cattolica nel nostro caso, ma anche una crescente diffusione nella nostra societ di confessioni fino a non molto tempo fa poco praticate nel nostro Paese. Pur non essendo pienamente accettabile far delle bestemmie una esposizione scritta, consentito per - e qui lo si vuole fare nella maniera pi scherzosa e ironica possibile - ricordare e far conoscere "le maledizioni" che pure sono una specie di surrogato delle prime. Nei vari dialetti della Piana del Cavaliere mandare le maledizioni si diceva infatti "iett la biastima" in quanto "bestemmia" e "maledizione" erano entrambe mentalmente legate ed avevano quasi la stessa valenza, cambiava solo l'indirizzo: la bestemmia era ovviamente rivolta verso il Santo o una divinit, mentre la maledizione unicamente verso i propri simili o verso gli animali come compagni di sorte e del lavoro quotidiano e talvolta notturno nei campi o sulle montagne o tra boschi. Gli animali! Fedeli nel lavoro, attenti nella protezione, frequenti vittime per il nutrimento dell'uomo. Nei nostri paesi le maledizioni rimangono, in un certo senso, la fotografia pittorica- sonora e commentata della vita di tutti i santi giorni di un tempo passato. In molte imprecazione presente, per una accentuazione verso il truce e il violento, il riferimento ai colori: rosso del sangue, nero del buio, la coloritura intensamente corposa di materiale organico umano e animale. Ci si richiama alla morte violenta, si evocano le disgrazie pi atroci e cos ritorna alla mente il suono o il rumore, il colore o addirittura l'odore di cui alcune parole, alcuni fonemi, sono pervasi o meglio intrisi. Il suono aspro di alcune lettere come la "r" o la "s" ripetute accentuano la veemenza di certe espressioni malauguranti. Il riferimento nelle maledizioni ad alcune malattie gravi e contagiose (carbonchio) o ad interventi chirurgici "strani"(lobotomia), la difficolt di comprensione delle stesse parole mediche e la conseguente deformazione, facevano s che alla gente semplice spesso sembrava di pronunciare quasi una formula magica con maggiore sonorit negativa e conseguentemente pi facile a far giungere il malaugurio al destinatario. Osservando la grande variet di maledizioni, infine, risulta evidente la costante commistione tra sacro e profano, il ricorrente riferimento al martirio di singoli santi, alle sofferenze di Cristo sulla croce, alla celebrazione della Messa e alle varie cerimonie religiose che si svolgevano nel corso dell'anno liturgico. *** La presente breve raccolta vuole essere, come gi sottolineato in altre occasioni, non certo un saggio antropologico sulle maledizioni presenti nei nostri dialetti ma una semplice raccolta simile ad una tavolozza piena di colori

7 pronta per un ideale acquarello dove messo in risalto un mondo povero e talvolta intriso di miseria ma pieno di sentimenti forti, molto partecipati e sentiti. Questa elencazione di imprecazioni in dialetto "abruzzese" la testimonianza di un mondo passato, e credo anche finito, dove comunque si evidenzia ancora una volta come l'uomo abbia sempre sentito l'esigenza di esprimere i suoi sentimenti di amore o di odio. La raccolta fa riferimento a periodi molto vicini a noi nel tempo ma le imprecazioni dell'uomo verso il proprio simile si sono manifestate fin da secoli lontanissimi. Le formule pi antiche di maledizioni le troviamo nelle cosiddette "defixionum tabellae". Le "defixiones" erano "contenute in tavolette (appunto le "defixionum tabellae") o, meglio, fogli di piombo, spesso traforati da chiodi, su cui, oltre alla necessaria invocazione delle divinit infernali, era inciso il nome del soggetto che queste dovevano danneggiare. Queste tavolette venivano seppellite, sotto terra per far s che i demoni infernali potessero agire" 1. Diffusissime nel mondo antico, sia greco che romano ne restano numerose testimonianze risalenti al IV secolo a. C. e con incise maledizioni riferentisi agli affari (si maledice l'avversario coinvolgendo i suoi amici, familiari, animali), all'amore, alle corse con i cavalli ( "fa' impigliare i suoi cavalli, blocca la loro corsa, la loro forza, la loro anima ... la loro velocit Strappa loro la vittoria, legali, intralciali, non farli correre, azzoppali e fa' che domani 2 mattina all'ippodromo non siano capaci di correre . o vincere ". Da queste formule derivano, provenendo quindi da mondi lontanissimi, le nostre "biastime" ma esse avevano presupposti assolutamente diversi e sovente erano forme di mera superstizione che richiamavano espressioni e riti riconducibili a ci che oggi taluni definiscono "magia nera": il termine "defixiones" deriva da "defigere", cio anche "inchiodare, infilzare" e in esse vi era presente l'invocazione ad un ente negativo che sicuramente non appare nelle nostre imprecazioni. In seguito anche importanti scrittori latini, come ad esempio Marziale (40103 d. C.), non furono esenti dal riportare imprecazioni e maledizioni verso gli uomini.

Cfr. sito web di riferimento: http://it.wikipedia.org/wiki/Defixiones. COOPER Catherine F. et Al., Curse Tablets and Binding Spells from the Ancient World", New York 1992, p. 60. Cfr. inoltre: HEINTZ F., Polyglot Antioch in "Archaelogy Odyssey", November-December 2000. PRICE S., Religions of the Ancient Greeks, Cambridge 1999. SHELTON J., As the Romans did , Oxford 1997. AUDELLENT Augustus, Defixionum tabellae, Parigi 1904. BARB A. A., La sopravvivenza delle arti magiche, in "Il conflitto tra paganesimo e cristianesimo nel secolo IV", Torino 1968.
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8 In altro contesto, in altro mondo e in altro periodo storico appaiono comunque altre esecrazioni sorprendenti per la loro presenza in un libro sacro come la Bibbia. Il Salmo 109, vv. 6-16 cos recita: Mi lanciano queste maledizioni: ''Sia nominato contro di lui un accusatore, un malvagio stia sempre al suo fianco. Esca dal processo condannato, anche la sua preghiera risulti una colpa. Abbia i giorni contati, Il suo incarico lo prenda un altro. I suoi figli rimangano orfani E sua moglie diventi vedova. I suoi figli siano vagabondi, vadano a chiedere l'elemosina lontano dalle loro case in rovina. L'usuraio divori tutti i suoi beni, un estraneo si impadronisca dei suoi guadagni. Nessuno gli usi misericordia, Nessuno abbia piet dei suoi orfani. La sua famiglia si estingua, in una generazione scompaia il suo nome. Siano ricordate le colpe dei suoi padri, nulla cancelli i peccati di sua madre: il Signore se ne ricordi sempre, la terra dimentichi questa gente! E ancora in vv. 17-20: Gli piaceva maledire: sia lui maledetto! Non voleva benedire: nessuno lo benedica! La maledizione era la sua divisa:

9 essa gli penetri come acqua nel corpo, come olio dentro le ossa! Lo copra come un mantello, lo stringa come una cintura!"
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Sempre scorrendo nei secoli passati , si trovano "maledizioni" scritte, anche se a margine, addirittura annotate da monaci amanuensi i quali, durante il loro attento e minuzioso lavoro di copiatura di codici e di miniature di importanti opere, imprecavano contro il freddo eccessivo che congelava le dita, contro la luce, troppo fioca per poter vedere bene nella minuscola scrittura, contro la pergamena poco adatta per assorbire in modo uniforme l'inchiostro, contro l'inchiostro troppo denso o troppo liquido e cos via. Per dare un'ulteriore esempio di ci che ha rappresentato la maledizione anche nella letteratura di tutto il mondo e di tutti i tempi citiamo un brevissimo passo tratto dal "Re Lear" di William Shakespeare (1564-1616), dove proprio 4 il re Lear impreca contro la figlia Goneril, e pur esprimendosi con un linguaggio aulico e ricercato, di certo molto incisivo, come spesso sono anche le nostrane e popolari imprecazioni in dialetto: Ascolta, o Natura, ascolta! cara dea, ascolta! Sospendi il tuo proposito, se tu intendesti di render feconda questa creatura! Nel suo grembo metti la sterilit! Inaridisci in lei le fonti della generazione, e dal suo corpo tralignato non esca mai una figliolanza che la onori! Se deve concepire, creale un figliuolo di fiele, che possa vivere per essere il suo tormento perverso e snaturato! Possa egli stampare di rughe la fronte della sua giovinezza; possa scavarle solchi nelle gote con le lacrime che le far versare, possa ricambiare tutte le sue cure e sollecitudini di madre,
Cfr.: Salmo 109 (108), LA BIBBIA, Ed. ELLEDICI, ABU, IL CAPITELLO, EDITRICE VELAR , p. 618, Torino 2003. 4 SHAKESPEARE Complete works, ed. with a glossary by W. J. CRAIG, M.A., Oxford University Press, London 1965. King Lear, Act I, Sc. IV, vv. 299-313, p. 916.
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10 con le risa e il disprezzo: sicch ella possa provare quanto sia pi crudele del dente di una serpe, avere un figliuolo ingrato! Andiamo, andiamo! 5 In un passato prossimo c' stato anche chi ha ritenuto quasi pi grave "mandare le maledizioni" che "bestemmiare". Giuseppe Gioacchino Belli,6 tanto per avvicinarci ad un ambito popolaresco e dialettale, era di questo parere e in un suo componimento interessante osservare come una madre ammonisce il figlio spiegandogli che imprecare contro persone forse pi deplorevole che bestemmiare (perch Dio alla fin fine non ci fa molto caso): L'imprecazzione .. Nu lo sai che ccos' un'imprecazzione? ppi ppeggio assai ppi dd'una bbiastima. Perch cquesta er Zignore nu la stima nemmanco pe 'na coccia de melone: eppoi, bbeato lui, sta ttant'in cima che nnun j'ariva a un pelo de cojjone E in un altro sonetto questa volta sulla bestemmia7: Primo, nun pijj er nome de Ddio in vano Bbada, nun biastim, Ppippo, ch Iddio Omo da risponne pe le rime. Ma che ggusto sce trovi a ste biastime?

Cfr.:http://www.readme.it/libri. G. G. BELLI, sonetto n. 647, L'imprecazzione, 22 dicembre 1832. E cfr. siti web di riferimento. 7 G. G. BELLI, sonetto n. 232, Primo, nun pijj er nome de Ddio in vano, 12 novembre 1831. E cfr. M. Teodonio (a cura di), G. G. Belli, Tutti i sonetti, edizione integrale, EULOGOS 2007.
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11 Hai l'anima de turco o dde ggiudo? C' bbisoggno de curre in zu le prime a attacc cor pettristo e cor pebbo? Chi a sto monno ha ggiudizzio, Pippo mio, pijja li cacchi e lassa st le scime. Poi, sce s ttante bbelle parolacce! Di' ccazzo, ffreggna, bbuggera, cojjoni; ma cco Ddio vacce cor bemollo vacce. Ch ssi lleva a la madre li carzoni, e jje se sciojje er nodo a le legacce, te sbaratta li moccoli in carboni. *** La presente ricerca e raccolta di "maledizioni" stata fatta registrando nel corso del tempo un patrimonio assolutamente orale. Essa potrebbe continuare svelando certamente altre frasi, altre imprecazioni che spesso possono ancora rimanere nascoste nella memoria di molte persone. Noteremmo ancora meglio quanto la fantasia popolare abbia inciso nella composizione di queste "colorate sonorit" e vedremmo con pi chiarezza un fattore comune a molti malauguri e cio quanta ironia intriseca a certe espressioni. Sarei grato a coloro che volessero suggerire e aggiungere altre "biastime". Vorrei inoltre ricordare che pur presentando tutte le espressioni di maledizione in maniera spontanea e scherzosa, tuttavia sono ben consapevole di quante implicazioni linguistiche, sociali e antropologiche comporti ogni singola frase. Altri, mi auguro, cureranno questi studi. Un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno collaborato suggerendo e consigliando, in particolare il gruppo di "studentesse" e di "studenti" della Universit della Terza Et di Pereto e ancora Antonio Battisti, Mariella Demichele, Annarita Eboli, Michele Sci, Maria Lina Tabacchi e Adriano Tarquini. Terenzio Flamini
In ambito romanesco nota anche una canzone indicativa per la presenza della maledizione: "Te possino d tante cortellate, p quante messe ha detto l'arciprete. P quante vorte ha detto orate frate, te possino d tante cortellate".
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A
Te pozzi abbotta' e po' pozzi scoppa' = che tu possa gonfiarti e poi scoppiare!9 Te pozzanu abbrucia' viu = essere bruciato, arso vivo. Te pozzanu fa' accia e omo = essere ridotto come Cristo dopo la flagellazione. Te pozzi accioppa' = azzopparsi. Te pozzanu da' co' gliu accoraturu (o in alternativa) - afferraturu = essere 11 ucciso come un porco. Pozzi mur agganghitu = un misto tra "ghiacciato" e "impiccato". A scelta o entrambi. Te sse pozza agghietta' la rogna = attaccare, contagiare la rogna. Te pozzanu fa' agru e dorge, comme gliu lpere = in "agrodolce", come si cucina la lepre. Te pozzanu ammazza' = maledizione semplice, chiara, diretta. Te pozzanu ammazz comme un prco = essere ammazzato come un porco. Sempre molto diretta, sicuramente molto pi chiara per chi assisteva alla scena cerimonia dell'uccisione del maiale. Te pozzanu ammazza' cogli sassi, cuc non bona mancu la pelle = chiaro che la pelle non si concia con le sassate. Te pozzanu appicca' all'anginata = appiccare agli uncini dove venivano poste le pecore o i conigli per essere scuoiati. Te pozzanu arrocena' = arroventare. Te pozzanu d un'archibugiata alla schina = preso a pallettoni, come poteva 12 accadere ai ladri o ai traditori.
Il verbo abbotta' fa riferimento anche all'azione di soffiare attraverso un cannello posto sotto la pelle delle pecore uccise per far s che questa si staccasse in modo uniforme e senza danni per la conciatura. 10 Deriva dalla espressione in lingua latina Ecce homo (= "ecco l'uomo", Giov. XIX, 5 ) che Pilato asserisce nel mostrare alla folla Ges dopo essere stato deriso e incoronato di spine. La maledizione, oggi non pi in uso, un bell'esempio di quanto la gente comune durante la lettura del "passio", pur non conoscendo il latino, assorbisse tuttavia pienamente il significato di ci che ascoltava. Inoltre interessante osservare che l'avverbio latino "ecce", all'orecchio di chi parlava comunemente dialetto, suonava come la parola-sostantivo "accia" che indica la "canapa gi battuta e resa filo", con cui si tesseva un panno quotidianamente presente nelle case di lavoratori della terra (la sparra). Infine non va dimenticato il suono casualmente dispregiativo di "accia". 11 Alla maniera antica: con lo stiletto di ferro diretto al cuore. 12 Maledizione pi antica di altre - visto il bisogno di ricorrere all'archibugio- ma sempre efficace!
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14 Te pozzanu arrusti' i capigli a unu a unu = arrostire i capelli uno ad uno. Te pozzanu caccia' l'assogna cmme agli prci = una delle parti che si toglievano al maiale dopo essere stato squartato era la "sugna".14
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Camerata Nuova (RM), 2009

Maledizione solo apparentemente bonaria e scherzosa. La sugna era, tra l'altro, utile per ingrassare e ammorbidire materiale di cuoio, utilissimo nel mondo contadino.
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B
Pozzi 'bbaia' = abbaiare. Pozzi cammina' co' gliu bastone = camminare con il bastone.15 Te sse pozza bee un gliupu = essere bevuto da un lupo. Te sse pozza magna' un gliupu coll'acqua vicinu cuc ce ve' beenno = 17 essere mangiato da un lupo. Te pozzanu mette a bolle = essere messo a bollire. Te pozzanu iett la biastima18 = ti "auguro" che ti mandino tante maledizioni! Te pozzanu reporta' co' gli biunzi = essere riportato a casa con i bigonci. Pozzi i' a fa terra pe' le bocalette = fare terra per i piccoli boccali di ceramica per il vino.20 Te sse pozza 'ncolla' iu bobbo = essere portato via dal "Bobbo" (riferito ai bambini). Pozzi fa' iu btto = fare il btto.21
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Non perch si diventati vecchi con gli anni (quindi campando tanto), ma perch impediti da malattia o incidente. Rispetto ad altre maledizioni, quasi un complimento. 16 Dopo che il malcapitato era stato ridotto a forma liquida. 17 Con l'acqua pronta per deglutire meglio e pi velocemente. 18 V. la "Prefazione" al presente fascicolo. 19 I bigonci, caricati sui muli o sugli asini, venivano utilizzati principalmente per trasportare l'uva, ben pigiata con le mani, dalla vigna a casa. Servivano comunque anche per trasportare sassi, sabbia, terra etc. 20 Di significato oscuro. Si potrebbe azzardare: una volta morto diventare stabbio sparso nelle vigne per renderle pi fertili e quindi produrre pi vino da servire con i boccali. Comunque la "biastima" piuttosto scherzosa. 21 Talvolta si aggiungeva: "comme quigliu 'e Tagliacozzo". Si accenna al fatto che negli anni '30 e '40, ma anche pi di recente, a Tagliacozzo c'era il pi famoso "sparatore" della zona, il capostipite della famiglia Iacobone, specialista in fuochi d'artificio. Cfr. A. BATTISTI, Piccolo dizionario dialettale di Pietrasecca, Ed. "Lumen", Carsoli 2001.

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C
Te pozzanu caccia' le budella = tirar fuori le interiora.22 Te pozzanu caccia' iu core = tirar fuori il cuore. Te pozzanu caccia' le mazza = variante a tirar fuori le "budella". Te pozzanu caccia' 'i occhi = tirar fuori gli occhi. Te pozzanu fa' cama = ridurre come la pula dei chicchi di grano. Te pozza sona' a mrto la campana = suonare a morto per te.23 Te pozzanu taglia' iu cannarzzo = tagliare la trachea o la carotide (gargarozzo). Te sse pozza fa' (o vin) un cancaru = venire un cancro. Te sse pozza fa' un cancaru 'n cuiu = pi dettagliata e forse pi feroce. Te pozzanu scinica' i cani = essere strappato a pezzi dai cani. Te pozza vini' iu capusturnu = venire il capostorno.
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Te pozzanu ietta' agliu carracciu 'e Cuglia = buttato in un fossato scosceso.26 Te sse pozza fa un carbugnu = qui si "augura" un carbonchio.27 Te pozzanu carpi' la lengua = carpire la lingua. Te pozzi ceca' = accecare. Te pozzanu ceca' quantu si' bella = per una donna, ottimo complimento.28 Pozzi mur cco = morire cieco.

Praticamente con lo stesso trattamento riservato ai porci ammazzati. Sempre per gli altri suona la campana!? 24 Maledizione molto generica ma purtroppo direttamente brutale. 25 "Il capostorno termine comune per definire una malattia delle pecore, cosidetta perch gli animali colpiti spesso "girano in tondo", con la testa piegata da un lato. Tale forma morbosa data da lesioni meningee e encefaliche causate da larve di un insetto (Oestrus ovis) che depone le larve "schizzandole" in volo sulle narici delle pecore. La larva poi migra verso i seni nasali e paranasali per completare il ciclo e non di rado si localizza in modo aberrante a livello meningeo causando la malattia". 26 In genere in questo luogo appena fuori il paese, venivano buttati, insieme alla immondizia pi varia, gli animali morti. 27 "Malattia infettiva batterica degli animali e dell'uomo sostenuta da Bacillus antraci". Cfr. BATTISTI, cit., alla voce. Nei tempi passati era sicuramente molto temuta. 28 Il complimento espresso in maniera certamente pesante, ma era tipico nella societ contadina.
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17 Te sse pozza fa' un ccuiu 'n cuiu e non te sse pozza spur = un comedone sul sedere di difficile soluzione. 29 Te sse pozza fa' un ccuiu sottotigliu = un comedone nella ascella (esattamente!). Non ce pozza remani' mancu la cennere 'e gliu fco = non solo morto bruciato ma anche le ceneri buttate ai quattro venti. Te pozzanu spacca' le cerevella = spaccare il cervello. Te pozzanu da' 'na chioata 'nfronte = una chiodata in fronte. Te pozzanu mette tre chioi = i tre chiodi del crocifisso. Te pozzanu tronca' le cianghi = troncare le gambe. Pozzi stira' le cianghi 'n curtu tempo = tirar le cuoia a breve. Te pozzi struppia', ceca', 'nferma' etc., cicu cicu = rimanere storpio, cieco, infermo. Te pozzanu fa' cimcu = essere ridotto come un cimcu. Te pozzanu fa' a cinchi o cinichigli = essere fatto a pezzetti o pezzettini. Te pozzanu fa' comme un coreveglio = bucato come un crivello. Te pozzanu corevella' = essere passato al crivello. Pozzi muri' cretto = morire con delle crepe sulla pelle causate da eccessivo rigonfiamento. Te pozzi fa' la croce e non retrova' la capoccia = farsi il segno della croce senza trovarsi pi la testa. Te pozzanu appicca' alla croce = non essere crocifisso, ma con evidente allusione. Te pozzanu mette 'n croce comme Gias Cristu = maledizione con chiarificazione quasi blasfema. Te pozzanu 'mpicc agliu paiu 'e la cuccagna = impiccato al palo della cucca32 gna.
Cecuiu = Comedone, piccola pustola cutanea. V. BATTISTI, cit., alla voce. In italiano suonerebbe grosso modo cos: "Ti "auguro" che ti si formi un comedone sul sedere e ti rimanga in pieno gonfiore senza mai rompersi". Il commento definitivo rimane sempre al lettore. 30 Cicu = piccolo. "Augurio" polivalente applicabile generalmente ai bambini o comunque a persone di non grande corporatura o semplicemente in senso figurato. 31 Cimcu= Sedum album, piccola pianticella con foglie verdi che assomigliano a chicchi di riso. Cfr. BATTISTI, cit. Alla voce. 32 Trave molto lunga e fina sulla cui sommit venivano posti dei doni da vincere in premio una volta saliti fino alla cima aiutandosi soltanto con mani e piedi.
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18 Te pozzanu raccoglie co' gliu cucchiaru = raccolto con il cucchiaio. Te pozza da' un curbu 'mpetto = avere un colpo al petto.
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Te pozza da' un curbu e mezzo = avere un colpo e mezzo.34 Te pozza da' un curbu a campa', cuc te gliu p gode = essere colpito da un accidente (qualunque esso sia), purch tu rimanga vivo e te lo possa godere. Pozzi fa la fine 'e gliu cutturu: i' ancinu 'ncanna e la fiamma 'ncuiu = finire 35 come il paiuolo: con la fiamma sotto e il gancio "alla gola". Pozzi cammina' a cuiu pe' terra = camminare strisciando il culo.

Carsoli anni 50 (cartolina)

Espressione molto usata, quasi confidenziale. Per non fare conto pari. 35 Conosciutissimo. Reso famoso dalle cantate tra amici.
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D
Te sse pozzanu 'ncolla' i diavui = essere portato via sulle spalle dai diavoli. Te sse pozza 'ncolla' iu diavuiu = essere portato via sulle spalle dal diavolo. Te pozzi sdirrupa' = cadere in un dirupo.
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Collalto Sabino anni 70 (cartolina)

E poteva accadere facilmente per chi frequentava quasi quotidianamente i boschi o le montagne.

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F
Pozzi fa' 'na fine brutta = fare una brutta fine. Te 'sse pzza magna' iu fco = essere mangiato dal fuoco. Te pozzanu caccia' lo frittu = tirar fuori tutti i pezzettini di carne adatti per essere fritti. Te pozzanu tracina' co' 'na funi 'nganna = strascinato con il cappio al collo. Te pozza da' un furmine = essere colpito da un fulmine.

Colli di Montebove anni 50 (cartolina)

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G
Te pozzanu fa' a glibbre = essere ridotto a pezzettini pesanti non pi di una libbra. Te pozzanu retrova' gnirminitu = essere ritrovato (per caso, ovviamente) ormai pieno di vermi.

Monte Sabinese, 2009

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I
Te pozzanu appicca' agliu iammero = appiccare al legno ricurvo dove si appendeva il maiale per essere squartato. Te pozza vini' la iermecara = avere vermi nelle feci o il verme solitario (verminara). Te pozzanu ietta' a fiume = buttare a fiume. Pozzi ietta' la mercia = buttar fuori la "mercia" (poltiglia di residui organici umani). Pozzi ietta' lo frittu = buttare il fritto. Pozzi ietta' sangue = buttare sangue. Pozzi ietta' un pezzo 'e core = buttare un pezzo di cuore. Pozzi ietta' un pezzo 'e pormone = buttare un pezzo di polmone. Pozzi ietta' un pormone 'e sangue = buttare un polmone pieno di sangue. Pozzi i' all'inferno = andare all'inferno.

Oricola, 2009

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L
Pozzi ietta' lacreme 'e sangue = lacrime di sangue.37 Pozzi remani' a lengua attorta = talvolta, dopo una paresi o similari piacevoli "colpi", si rimane con la lingua "torta". Te pozzanu reota' co' gliu lenzoio = rivoltare con un lenzuolo.38 Te pozzanu mette a lessa' dravendo a un callarozzo = essere lessato dentro un calderone. Pozzi i' pe' 'limosena = andare a chiedere l'elemosina. Te pozzanu fa' a lommegli = essere ridotto a "filetti" come quelli ricavati dai lombi del maiale. Te pozzanu fa' la ludumia = fare la lobotomia.39

Pereto, anni 50 (cartolina) Chiaro riferimento alle sofferenze patite sulla croce. O morto in un "sudario" o forzatamente immobilizzato disteso, bisognoso comunque di essere rigirato con un lenzuolo (magari l'unico disponibile). 39 Lobotomia: "intervento chirurgico che ha lo scopo di interrompere totalmente le connessioni tra il lobo frontale e il resto del cervello, spec. il talamo, nel trattamento di alcune malattie mentali". Cfr. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana 1998, Bologna 1997, alla voce. Per l'utilizzo del particolare termine medico V. Prefazione.
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M
Te pozzanu passa' agliu macininu = passare al macinino del caff. Te pozza vini' lo male mazzigliu = avere una forte infiammazione del malleolo. Te pozzanu squarta' co' la mannara = essere squartato con la mannaia. Te pozzanu tronca' (o cionca') le mani = tagliare le mani. Pozzi spari' comme Matteotti = sparire come Matteotti. Pozzi fa' le mazza = evacuare le interiora. Te pozzanu ficca' alle mazza 'e gli ciglitti = una volta triturato, essere infilato nelle interiora degli uccelletti. Pozzi 'mballocca' = avere la lingua parzialmente impedita a seguito di paresi o simile e non poter parlare liberamente. Te pozzi 'mbiaca' comme San Rocco = avere le piaghe come quelle di San Rocco41. Te pozzanu retrova' 'mbuzzatu = essere ritrovato ormai imputridito. Te pozzanu da' 'na cortellata alla mirza = coltellata alla milza. Pozzi fa' un 'moccone 'e sangue = fare un boccone di sangue. Te pozza sona' a morto la campana = suonare a morto la campana. Te pozzanu retrova' pe' via 'e mosche = essere ritrovato individuando il cadavere dal ronzio delle mosche sopra la carogna. Te pozzanu mozza' mani e pei = mozzare mani e piedi. Te pozzi 'mpazzi' = impazzire. Pozzi muri' 'mpiccatu = morire impiccato.
42 40

"Giacomo Matteotti (1885-1924), politico. Deputato e segretario del Partito socialista (1922), fu rapito e, [dopo affannose ricerche ritrovato . Era stato] assassinato dai fascisti per aver denunciato i brogli e le violenze di cui si erano resi colpevoli gli uomini del regime durante le elezioni. Il ritrovamento del suo cadavere, il 10 giugno 1924, provoc profonda indignazione pubblica e una protesta in parlamento". V. Il piccolo Rizzoli-Larousse, Milano 2004, alla voce. 41 Rocco sarebbe nato a Montpellier nel 1295 e morto nel 1327. Patrono contro la peste un santo molto popolare e venerato. 42 Il grande Ettore Petrolini sul palcoscenico usava, come espressione adatta prima di un giuramento, affermare elegantemente: "Ch'io possa fare una sboccata di sangue se non vero!".

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25 Che sci 'mpisu = che tu possa essere appeso. Te pozzi 'mpuglini' = essere attaccato dai pidocchi "puglini" (tipici pidocchi delle galline). Te pozzi 'mpulacra' = impellagrare, colpito da pellagra. Pozzi casca' a muccu 'nnanzi = cadere a terra con il "muso" davanti. Te sse pozza scioglie iu muglcaru = sciogliere l'ombelico.
43

Piana del Cavaliere, anni 30 (cartolina)

43

Usato come eufemismo in maniera scherzosa.

26

N
Pozzate remani' 'incacchiati cmme gli cani = rimanere forzatamente accoppiati a lungo come i cani (in maniera che non possiate nascondere la vostra unione peccaminosa). Te pozzanu mette 'na pezza 'ncuiu = variante scherzosa. Te pozzanu retrova' 'ndingatu = essere ritrovato irrigidito. Te sse pozza fa' un 'ndrillingu = ("inter lingua") venire le convulsioni o tremito. Te sse pozza fa' un 'ndrillingu comme agliu bove = precisazione interessante ma di incerta interpretazione. Te pozzi 'nferma' = rimanere infermo. Te pozzanu 'nghioa' alla croce = inchiodare alla croce. Te pozzi 'nginniri' = incenerire. Te pozzanu retrova' 'ngrofatu agliu foco = con il "grugno" in mezzo al fuoco del camino. Te sse pozzanu 'ngrofa' sotto = mettere sotto per menarti. Non nne pozza i' pi la na = che non ve ne sia pi notizia (dell'altro, naturalmente). Pozza rini' la na = che possa ritornare la notizia (della tua fine, naturalmente). Se pozza perde iu nme = la cosiddetta "damnatio memoriae". Non pozzi fa' notte = non arrivare a vedere la notte, (quasi un colpo secco). Te pozzanu fa' 'ntremmezzo = equivale a spaccare a met. Pozzi rini' 'ntremmorto = tornare tramortito. Pozzi cammina' 'nzinucchiuni = camminare in ginocchio.

27

O
Pozzi fa' 'na ommecata - o in alternativa - occata 'e sangue = vomitare o riempirsi la bocca di sangue per poi vomitare. Pozzi fa' 'na occata 'e chioi = una "sboccata di chiodi" (quindi hai mangiato unicamente chiodi). Te pozzanu cava' 'i occhi e mittitigli 'mani = cavare gli occhi e metterteli in 44 mano. Te sse pozza ota' cei = ti possa girare la testa ( = rivoltare e girare il cielo).

Pietrasecca anni 60 (cartolina)

Richiamo alle numerose immagini di Santa Lucia presenti nelle case o nei santini: qui spesso la santa veniva raffigurata nell'atto di porgere un vassoio con sopra due occhi con esplicito riferimento al suo martirio.

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28

P
Non pozzi trova' un'ora 'e pace = non trovare un'ora di pace. Te pozzanu da' (tira') 'na palla 'mpetto = certo le palle di una volta da tirare sul petto erano soltanto quelle di fucile o peggio di cannone. Pozzi muri' co' la paglia 'mocca = anche vivendo sempre in mezzo ad animali da stalla, non una bella fine. Si pu fare una fine cos augurabile anche perch non avendo altro da mangiare ci si poteva arrangiare.... Pozzi fa' un pezzo 'e sangue = vomitare il sangue non liquido ma "a pezzi". Te sse pozzanu piagne = tutto sommato una maledizione pietosa.45 Te pozza vini' la pipta comme alle cagline = essere colpito dalla medesima malattia tipica delle galline che rendeva loro difficoltosa la respirazione per cui apparivano spesso con la lingua fuori del becco. Pozzi sta' pistu = essere pestato. Pozzi muri' de' pizzichi = usatissimo nella Capitale d'Italia. Te pozzanu fa' a porbette = essere fatto a polpette (affettuoso!). Pozzi sputa' un pezzo 'e pormone = sputare un pezzo di polmone. Pozzi fa' la puschia = fare la bava. Te 'sse pozza fa' 'na puschia = venire una pustola maligna. Te sse pozza fa' 'na pustma 'mpetto = una apostema (formazione ascessuale con contenuto purulento di odore sgradevole) sul petto, con evidente richiamo a pustola della peste e simili. Te sse pozza mette alle cento pelli = che ti si blocchi nello stomaco.
46

45 46

La maledizione estensibile : Te "gliu, la, gli" pozzi piagne" riferita a terze persone. Cfr. BATTISTI A., cit., alla voce.

29

Q
Pozzi i' sperso comme gliu quatrinu = andare sperduto come poteva accadere per la moneta di un quattrino. Te pozzanu fa' a quarti = macellato come le bestie di consistente corporatura che vengono divise in quarti.

Poggio Cinolfo anni 20 (cartolina)

30

R
Te pozzanu tronca' le raccia = troncare le braccia. Te pozzanu da' 'na rasuiata 'nfronte = una rasoiata sulla fronte.47 Te pozzanu fa' la recchia iu tccio pi rsso = se di una persona fatta a pezzi rimane , come pezzo pi grosso, l'orecchio, allora! Pozzi magna' e refa' fore = mangiare e subito dover vomitare. Pozzi magna' e reommeca' = mangiare e vomitare, mangiare e vomitare, mangiare e vomitare non cosa buona. Te pozzanu ammolla' alla refta = essere immerso nella gora del mulino ad acqua. Te pozzanu retrova' refriddu = trovarti ormai crepato da un pezzo, ormai freddo. Te pozzanu da tante schioppettate agliu bottone 'egliu reggipettu pe' quante foglie stau alla pacina 'e la Madonna = maledizione un po ricercata e prolissa ma chiara. Pozzi remagnatte = rimangiare te stesso (a volte uno dice, la fame!) Pozzi 'i remunnu = andare in giro mondato, ovvero scorticato come un palo per una staccionata oppure le castagne una volta bollite senza la prima buccia. Te pozzanu reporta' 'n quattro = una volta a casa solo i morti venivano riportati in quattro persone. Te pozzanu reporta' co' la scala = per chi moriva nei campi, la scala a pioli era ovviamente il mezzo pi comodo e immediato per riportare la salma a casa. Te pozzanu reporta' co' la sedia = meno grave che essere riportati con la scala, ma chiss quanto meglio! Te pozzanu reporta' a pei 'nnanzi = il morto veniva trasportato verso casa sempre con i piedi davanti. Non te pozzi resbeglia' = non risvegliarsi. Non pozzi revini' = non certo un buon augurio per chi parte. Te pozzanu da' lo riciatu cmme a le cagline = se si giunti ad essere imboccati solo con semolino e simili oppure addirittura sostenuti con minuzzaglia tritata di farina ed acqua, non un buon segno.

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Esplicito riferimento alle frequenti "lotte rusticane".

31 Te pozzanu retrova' rienno = trovarti dopo lunghissima ricerca o meglio casualmente, scheletro (il teschio evidenzia i denti. Altra interpretazione: se ridi senza ragione, sei impazzito. Pozzi i' in ruina = andare in rovina.

Rocca di Botte inizi 900 (cartolina)

32

S
Te pozzanu fa' 'na saleca 'e botte = tante botte quanto lunga una "saleca".48 Pozzi piscia' sangue = il significato chiarissimo. Pozzi caca' sangue = ugualmente chiarissimo. Pozzi sputa' sangue = sputare sangue. Pozzi caca' sangue e mercia = meno chiaro ma pi efficace (sangue e poltiglia). Ne pozza rini' la sarma = tornare a casa la salma. Pozzi i' a fa' a sbatticuiu = prendere una persona in due e tenendolo per le mani e per i piedi fargli sbattere il culo al muro o simile. Te pozzi scapoccia' = ti si possa staccare la testa, anche senza bisogno di essere tagliata. Te pozzanu ammazza' prima che me ne scordo = . prima che me ne dimentichi. Te 'sse pozzanu sdeora' i cani arrabbiati = essere divorato dai cani. Te pozzanu sdiglibbra' = essere fatto a pezzi del peso massimo di una libbra. Te pozzanu sfittuccia' = essere fatto a fettuccie molto piccole. Te pozzanu spacca' iu core = spaccare il cuore (troppo comune). Te pozzanu spacca' 'mmezzo co' l'accetta = spaccato a met con l'accetta. Pozzanu ammazzamme e spaccamme ecco, se non bero! = una delle poche imprecazioni rivolte a se stessi. Pozzi muri' a un letto 'e spidale = morire in ospedale? No, meglio nel proprio letto. Pozzi sputa' sangue e doppo un'ora sangue ancora = tanto chiara quanto cinico. Te pozzanu scanna' comme un porco = l'idea sempre quella legata all'uccisione di animali. Te pozzi scacchia' = divaricare le gambe fino a rompersele. Pozzi schiatta' = schiattare.

La "saleca" era la parte finale e lunga della camicia dalla vita in gi, lasciata fuori sopra ai pantaloni. Generalmente si lasciava cos sciolta quando si mieteva per non permettere alle spighe o alla pula di entrare dentro i pantaloni. Oggi, ironia dei tempi, di gran moda: spesso cos lasciata per coprire la pancia eccessiva!

48

33 Te pozzanu fa' 'na schina comme 'na mase = rendere la schiena appiattita e con i solchi (per le botte) come vengono fatti per il maggese. Te pozzanu scinica' = essere stracciato ovvero fatto a pezzi irregolari. Te pozzanu fa' comme lo scocchiatu (scocchtu) = essere ridotto come il cumulo di trucioli e cortecce verdi tolte ai pali e paletti. Pozzi scoppa' = scoppiare (breve e concisa). Te pozzanu fa' 'i occhi comme ddu scoppe 'e patane = (senza commento..) Te pozzanu scorteca' comme San Bartolommeo = scorticare. Te pozzi scossa' = rompersi le cosce. Te pozzanu recapa' la scrima = segnare la riga dei capelli con un taglio netto. Te pozzi scuglia' = sforzarsi fino a farsi fuoriuscire "la cuglia".50 Te pozzi sderrena' = rompersi le reni. Te pozzanu seziona' = sezionare. Te pozzi sfracella' = sfracellarsi. Te pozzi sgrina' = rompersi la schiena. Te pozzanu appicca' la sorrecchia 'ngoglio = appendere sul collo il falcetto per mietere. Non molto elegante! Te pozzanu da' tanti curbi pe' quanti buci te' iu sotacciu = tanti colpi quanti buchi ha il setaccio per passare la farina. Te pozzanu spacca' iu core = troppo chiara. Te pozzanu spacca' mezzo = sezionare esattamente a met Te pozzanu raccoglie co' la sparra = essere raccolto con canovaccio di cucina. Te pozzanu spella' viu = essere scorticato vivo.51 Te pozzanu ficc 'nu spidaroio 'ncanna = infilare lo spiedo alla gola. Pozzi sprefonna' = augurio di poter sprofondare sottoterra, possibilmente. Te pozzanu spura' le pupille 'e gli occhi = far scoppiare le pupille (espressione piuttosto ricercata!). Te pozzanu squarta' comme gli porci = troppo chiara! Te pozzanu squinterna' = squinternare.
49

L'apostolo Bartolomeo, dopo essere stato percosso con randelli, venne scorticato vivo. In latino coleus = testicolo. Ma anche "scroto" da "cuna" = culla. 51 Vedi nota n. 49. Questa maledizione ricorda anche la condanna del mitologico satiro Marsia che, per aver perso una gara musicale con Apollo, fu appeso ad un abete e scorticato.
50

49

34 Pozzi stoffeta' = un recipiente di legno si fa in mille pezzi dopo che si sono rotti i cerchi. Pozzi i' a lengua stracinuni = camminare con la lingua che striscia per terra. Te pozzi struppia' = storpiare (usatissimo!). Te pozzi stucca' 'mezzo = rompersi (esattamente) a met. Te pozzanu da' 'na subbiata 'mpetto = la "subbia" (la lesina), lo strumento pi acuminato del calzolaio. Pozzi stinnirica' subbitu = essere morto stecchito e irrigidito. Te pozzi sdellenza' = ridursi a brandelli. Essere fatto a fette o strisce come le "lenze" di terreno. Possi sbommeta' = scoppiare talmente forte da produrre e lasciare l'eco. Te pozzanu sgrulla' = scrollare. Pozzi sua' sangue = sudare sangue. Te pozzi strippa' = morire con la pancia completamente strappata. Pozzi muri' svenatu = morire svenato. Te pozzanu sventra' = essere sventrato.
52

Tufo anni 30 (cartolina) Spesso era unito all'altro "augurio": "Te pozzi ceca' ". Talvolta si completava: "Te pozzi struppia' alle cianghi e ceca' agli occhi" ma nella veemenza della maledizione, qualcuno si "impicciava" e gridava: "Te pozzi struppia' agli occhi e ceca' alle cianghi"!
52

35

T
Te pozzanu fa' iu cuiu comme un tavuiero = fare il culo come una spianatora.53 Te pozzanu fa' a tocci = fare a pezzi. Te pozzanu retrova' appiccatu a un trave = appeso ad un trave. Te sse pozza mette sotto un treno = rimanere sotto un treno. Te pozzanu trita' comme le sasicce = triturare come la carne per fare le salsicce. Te pozzanu trucida' = essere trucidato. Pozzi rini' a tuccitti = tornare a pezzettini.

Turania, 2006

53

Tavola ampia per ammassare o per versarci la polenta prima di essere mangiata.

36

U
Te pozzanu ietta' nuacchiu 'mzzo alle urtiche = buttato nudo in mezzo alle ortiche. Pozzi fini a urtichella = finire all'inferno.
54

Vallinfreda, 2009)

Luogo che, oltre a tante altre sofferenze molto pi dolorose, pare offra prati ricolmi di ortiche sulle quali si costretti a rotolarsi nudi.

54

37

V
Te pozzanu vatte comme gli fasoi (o lo raniturcu) = essere battuto come si battevano i baccelli dei fagioli o le pannocchie del granturco. Te pozzanu taglia' la venarderia = tagliare l'aorta.

Villa Romana, 2009)

38

Z
Te pozzanu abbotta' comme 'na zampogna = essere gonfiato come una zampogna. Te pozzanu mozza' iu puccigliu 'e le zinne = mozzare il capezzolo delle 55 mammelle . Te sse pozza fa' un zinzaru = espressione sconosciuta, forse solo onomatopeica. Te 'sse pozza magna' Zi' Mo = essere mangiato da "zi' Meo" (bonario).

Vivaro Romano, 2006)

Riferimento al martirio di Sant'Agata. Alla santa furono tagliati i seni, qui per si fa cenno soltanto ai capezzoli!

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