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Equilibratura dei rotori (parte terza)


Paolo Toni

GTT B --n14

23/6/2000

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Metodi per lequilibratura dei rotori Definizioni: ROTORE RIGIDO - un rotore che nel suo campo di lavoro non incontra deformazioni elastiche significative (il massimo numero di giri al di sotto della prima velocit critica flessionale). ROTORE FLESSIBILE - un rotore che nel suo campo di lavoro incontra deformazioni elastiche significative (il massimo numero di giri al di sopra della prima velocit critica flessionale). EQUILIBRATURA DI ROTORI RIGIDI: nel campo di velocit utilizzato nella fase di equilibratura il rotore non subisce deformazioni elastiche significative (in questa operazione il rotore pu essere portato a girare a velocit superiori a quella massima di lavoro). EQUILIBRATURA DEI ROTORI FLESSIBILI: nel campo di velocit utilizzato nella fase di equilibratura il rotore presenta deformazioni flessionali di entit significativa (in questa operazione il rotore pu essere portato a girare a velocit superiori a quella massima di lavoro).
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Squilibrio - definizioni squilibrio statico: si verifica quando lasse di rotazione non baricentrico. Sul rotore si sviluppa una forza di inerzia pari a:
dove: m rappresenta la massa del rotore; e rappresenta leccentricit del rotore, ovvero la distanza del baricentro dallasse di rotazione; rappresenta la velocit angolare del rotore.

F = me 2
e G

Asse di rotazione del rotore

BILANCIAMENTO STATICO: si effettua correggendo la massa su un unico piano.


un metodo che si adatta particolarmente a rotori rigidi simmetrici in cui la massa concentrata su una zona assimilabile, senza grossi errori, ad un disco sottile. Il bilanciamento pu essere effettuato eliminando leccentricit del disco stesso (aggiungendo o sottraendo una determinata massa in un punto della retta normale allasse di rotazione e passante per il baricentro).
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Sbilanciamento - definizioni Sbilanciamento dinamico: questo tipo di squilibrio si verifica quando lasse di rotazione non principale di inerzia (anche nel caso che il baricentro cada esattamente sullasse di rotazione). Sul rotore si sviluppa una coppia di inerzia di componenti Mx ed My pari a:

M x = J yz 2

M y = J xz 2

Asse di rotazione del rotore G

Asse principale di inerzia

BILANCIAMENTO DINAMICO: la correzione per leliminazione dello sbilanciamento viene effettuata aggiungendo due masse su due piani ortogonali allasse di rotazione scelti arbitrariamente (ma preferibilmente lontani tra di loro e tali che il baricentro sia compreso allinterno del segmento dellasse di rotazione staccato dai due piani di correzione).
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Sbilanciamento
Distribuzione della posizione dei baricentri delle varie sezioni del rotore
Luogo dei baricentri delle sezioni Luogo dei baricentri delle sezioni

Asse di rotazione a) distribuzione parallela allasse di rotazione - richiede un bilanciamento di tipo statico. Lasse di rotazione del rotore chiaramente non baricentrico.

Asse di rotazione b) distribuzione simmetrica - richiede un bilanciamento di tipo dinamico. Lasse di rotazione pu essere anche baricentrico ma sicuramente non principale di inerzia

I punti che costituiscono il luogo dei baricentri delle sezioni non appartengono necessariamente allo stesso piano assiale.
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Sbilanciamento - distribuzioni
Luogo dei baricentri delle sezioni

Luogo dei baricentri delle sezioni

Asse di rotazione c) distribuzione simmetrica, caratterizzata da:

Asse di rotazione d) distribuzione non simmetrica - richiede bilanciamento di tipo dinamico. Pu essere considerata come una combinazione lineare delle distribuzioni a), b) e c).

l 0

udz = 0

l 0

uzdz = 0

La risultante ed il momento risultante delle forze centrifughe uguali a zero, i supporti del rotore non sono sollecitati.

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Bilanciamento statico
Il rotore sbilanciato viene portato in rotazione e si misurano le vibrazioni a cui sottoposto riportandone su un diagramma polare lampiezza e la fase (vettore U). Il sistema di riferimento solidale con il rotore (quindi rotante) lorigine sullasse di simmetria del rotore e lasse x un qualsiasi asse di riferimento su cui di solito, per identificarlo con certezza, viene applicato un segno.
U 0

90 D V 180

Successivamente si aggiunge al rotore una massa nota in una posizione prefissata, lo si porta nuovamente in rotazione e si misurano lampiezza e la fase delle vibrazioni (vettore V). La differenza D tra i vettori U (vibrazioni determinate dal solo sbilanciamento) e V (vibrazioni generate dallo sbilanciamento e dalla massa di prova) rappresenta leffetto specifico della massa aggiunta sulle vibrazioni del rotore. Per bilanciare il rotore necessario introdurre (o eliminare) una massa aggiuntiva di valore e posizione angolare incognita ma tale che, con la sua introduzione, risulti D = -U, ovvero che le azioni della massa aggiuntiva equilibrino le forze di sbilanciamento. 7 Pag.

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Bilanciamento statico
Esempio:
90 D
1

Se viene aggiunta una massa pari a 1 g nella posizione =0 e risulta: U=1.41@45 V=1.80@124
0

vibrazioni da squilibrio squilibrio + massa di 1 g sulla superficie del rotore

V
1

U 1

180
1

D=V-U=2.1@166 la massa con cui si corregge lo sbilanciamento pari a 0.70 g ed posizionata in modo da avere =63. Per ottenere D = -U (ovvero V=0) necessario ruotare il vettore D-V (effetto della sola massa aggiuntiva) di 63 in modo da sovrapporlo ad U e ridurre il suo modulo del 30% ((2.1*0.7) = 1.41).

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Bilanciamento dinamico
Le macchine che consentono di effettuare il bilanciamento dinamico dei rotori si dividono sostanzialmente in due gruppi: Macchine con supporti cedevoli: il rotore che deve essere bilanciato appoggiato su due cuscinetti caratterizzati da unelevata cedevolezza nella direzione verticale; le frequenze critiche del sistema sono inferiori alla velocit di rotazione del rotore; le vibrazioni del sistema hanno entit tale da consentire una misura dello spostamento sufficientemente accurata. Macchine con supporti rigidi: il rotore viene montato su supporti molto rigidi su cui sono collocati dei trasduttori di forza; le frequenze critiche sono superiori alla velocit di rotazione del sistema e di conseguenza le vibrazioni indotte dallo sbilanciamento (che hanno ampiezza molto limitata) e la forza esercitata sui due supporti sono in fase tra loro; le forze misurate sui due supporti, se nota la distribuzione di massa del rotore, possono essere direttamente correlate alleccentricit.
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Bilanciamento dinamico
Macchine con supporti rigidi:
Se la velocit di rotazione del sistema costante, le forze esercitate a regime sui supporti hanno modulo costante e ruotano alla stessa velocit del rotore. Su un piano assiale solidale al rotore tali forze sono quindi costanti in modulo e direzione. Utilizzando le equazioni della statica possibile quindi scrivere: F = RL+U1r12+ U2r22 +RR = 0
l1 lL U1 r1 U2 r2

M = RLlL+U1r12l1+ U2r22 l2+RRlR = 0 Essendo: F la risultante delle forze applicate sul rotore; RL, RR le reazioni sul supporto di sinistra e di destra, rispettivamente; le masse posizionate nei piani 1 e U1, U2 2, il cui valore deve essere determinato; r1, r2 i raggi per lapplicazione delle masse di correzione;

RL l2 lR

RR

la velocit di rotazione del sistema.

Dalle equazioni precedenti possibile determinare U1 ed U2: U1=[RR(lR-l2)+ RL(l2-lL)]/ r12(l2-l1)


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U2=[RL(l1-lL)+ RR(lR--l1)]/ r12(l2-l1)


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Il diagramma rappresentato a fianco indica il campo di accettabilit dello sbilanciamento residuo per una vasta gamma di macchinari e di velocit di rotazione. Lo sbilanciamento residuo di una macchina rotante o alternativa direttamente collegato alle vibrazioni che questa trasmette al basamento e quindi al suolo, se non sono presenti dispositivi di smorzamento. Tale diagramma associato ad una tabella (pagina successiva) in cui sono indicate, con una sigla composta dalla lettera G e da un numero (normalmente da 4000 a 0.4) una vasta gamma di categorie di macchine in funzione del prodotto e. (eccentricit del baricentro per la velocit di rotazione - mm/s). Si va dalla classe G4000 (motori diesel per applicazioni marine con un numero dispari di pistoni) alla classe G0.4 (giroscopi e alberi per fresatrici di precisione).
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Classificazione delle macchine in relazione al massimo squilibrio residuo ammissibile

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Bilanciamento di rotori flessibili


Verifica delleffetto di un bilanciamento ottenuto supponendo il rotore rigido su un rotore flessibile
0.4l 0.1l

Sbilanciamento rotore (di diametro): U Masse aggiunte: U1=-2.5U

U 0.6l

U1 l

U2

U2=1.5U

Vibrazioni del sistema in corrispondenza delle prime due velocit critiche:

Deformata corrispondente alla prima velocit critica In assenza delle masse correttive: vibrazione proporzionale a 0.32Ur In presenza delle masse correttive: vibrazione proporzionale a 0.64Ur
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Deformata corrispondente alla seconda velocit critica In assenza delle masse correttive: vibrazione proporzionale a 0.59Ur In presenza delle masse correttive: vibrazione proporzionale a 1.76Ur
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Nellesempio precedente si osserva che una equilibratura basata sullipotesi di rotore rigido applicata a un rotore flessibile pu amplificare il livello di vibrazioni. In generale quindi, le tecniche di equilibratura dei rotori rigidi non sono applicabili a rotori flessibili. I rotori flessibili devono essere equilibrati in corrispondenza di tutte le velocit critiche inferiori alla massima velocit di progetto della macchina. In alcuni casi richiesta una equilibratura anche a velocit superiori a quella massima di progetto, soprattutto in presenza di una velocit critica poco smorzata vicina alla massima velocit operativa della macchina, anche se fuori del suo campo di lavoro. Lo scopo di tutte le tecniche di equilibratura in definitiva quello di ottenere un livello di vibrazioni accettabile a tutte le velocit, non solo a quelle corrispondenti alle effettive condizioni operative della macchina, e di poter accelerare e decelerare la macchina in condizioni di sicurezza durante i transitori (accensione e spegnimento). Le moderne macchine equilibratrici dei rotori flessibili sono strumentate per misurare la vibrazione in alcune sezioni prescelte del rotore. Introducendo alcuna masse correttrici in piani prescelti del rotore (coincidenti o meno con quelli sui quali si misurano le vibrazioni), si cerca di conseguire alcuni risultati utili nel comportamento
vibratorio del rotore nel suo campo di lavoro.

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I moderni metodi di equilibratura dei rotori flessibili.


I metodi pi diffusi nella pratica industriale sono essenzialmente due: 1. L equilibratura modale, con la quale si cerca di eliminare dalla vibrazione del rotore alcuni modi della sua deformazione dinamica flessionale, riducendo in definitiva il livello vibratorio complessivo del sistema; 2. L equilibratura basata sui coefficienti di influenza che ha lobiettivo di ridurre al minimo il livello di vibrazione in alcune sezioni prescelte del rotore (ed esempio in corrispondenza dei cuscini a di altre sezioni significative del rotore stesso). Allo stato dellarte entrambe le tecniche presentano vantaggi e svantaggi. Nessuna delle due prevale sullaltra anche se c da dire che in campo industriale quella basata sullutilizzo dei coefficienti di influenza molto pi diffusa. I risultati migliori si possono ottenere con un attento utilizzo dei due metodi in modo da combinarne gli aspetti positivi.

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Lequilibratura dei rotori flessibili secondo modalit operative.


Lequilibratura, a seconda della velocit a cui viene trascinato il rotore, po suddividersi nelle due categorie: EQUILIBRATURA A BASSA VELOCITA; EQUILIBRATURA A PIENA VELOCITA. Nel primo caso la velocit del rotore inferiore a quella a cui esso si trover ad operare: le macchine equilibratrici possono essere poste in postazione non protetta.

Macchina equilibratrice operante a bassa velocit (non abbisognano di protezioni particolari)

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Nel secondo caso (piena velocit), mancando la protezione della cassa della macchina, la postazione va protetta adeguatamente: di solito le macchine sono poste in bunker adeguatamente strutturato. Alcune macchine operano anche sotto vuoto per ridurre gli effetti del riscaldamento delle palette delle giranti nel loro contatto con laria e le eventuali distorsioni termiche asimmetriche.

Macchina equilibratrice per piena velocit in bunker sotto vuoto

N.B.Lequilibratura pu essere condotta anche a velocit pi elevata della massima a cui operer il rotore17
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I cuscini delle macchine equilibratrici.


Idealmente i cuscini che supportano il rotore nella fase di equilibratura dovrebbero avere caratteristiche di rigidezza e smorzamento simili a quelle dei cuscini destinati a sostenere il rotore nella macchina. Non e sempre possibile garantire ci, comunque questi componenti vanno scelti con particolare cura (si osservi che il rotore pu comportarsi come rigido o flessibile in correlazione a come si pone la rigidezza dei supporti rispetto alla rigidezza propria !).

La maggior parte dei rotori di produzione N.P. viene equilibrata a bassa velocit con la tecnica di equilibrare pezzo per pezzo nella fase di assemblaggio del rotore: Si equilibra lalbero; Si monta ad esempio la prima girante; Si equilibra lassieme parziale (correggendo la massa dellultimo componente montato); Si monta la seconda girante, si equilibra lalbero con le due giranti.e si prosegue cos via fino ad assemblaggio completato In pochi casi, nei quali la metodologia sopra indicata si riveli insufficiente, si pu procedere allequilibratura in bunker ad extravelocit.
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Richiami di analisi modale dei sistemi discreti


Sia dato un sistema vibrante discreto con N gradi di libert, non smorzato (come il modello di rotore introdotto) eccitato da una forzante esterna (la forza centrifuga dovuta allo squilibrio nel caso del rotore:

[M ] X + [K ]X = {F (t )}
..

Si studi il problema non forzato (assenza di eccitazione - {F(t)}={0}). La soluzione dellequazione omogenea associata viene cercata tra i vettori {X}= {XO}ejt , in cui sono incogniti lampiezza di oscillazione {XO} e la pulsazione . Derivando e sostituendo tale possibile soluzione nel sistema di equazioni differenziali che regolano le oscillazioni libere del rotore, questo si trasforma in un sistema algebrico ordinario e ci si riduce al seguente problema agli autovalori e autovettori: 2

( [M ] + [K ]){X } = 0

noto che esistono soluzioni diverse da quella cos detta banale se e solo se le pulsazioni delle vibrazioni sono pari alle radici 1< 2< 3< .. < N del polinomio caratteristico:

(-2[M]+[K]).

Tali radici (anzi, per meglio dire, i loro quadrati) sono note come autovalori in ambito matematico mentre nella meccanica vengono indicate come pulsazioni naturali del sistema. Siano [] = [1| 2| 3| . |N] i corrispondenti vettori {XO} soluzione del sistema lineare omogeneo di partenza: in ambito matematico sono noti come autovettori. Mentre nella meccanica vengono indicati come modi di vibrare del sistema o semplicemente modi. La

matrice nota come matrice modale. E facile dimostrare che tale matrice definita a meno di una costante moltiplicativa per ognuna delle sue colonne (se {XO} una soluzione, lo anche {aXO}, con a numero reale qualsiasi). Si pu dimostrare che quando il sistema inizia a muoversi a partire da condizioni iniziali qualsiasi (posizione e velocit), questo vibrer con una legge oraria che una combinazione lineare di tutti i modi (sono presentile al pi tutte e solo le pulsazioni naturali) e i pesi dipendono solo dalle condizioni iniziali. Dal punto di vista fisico la j-esima componente del modo k rappresenta lampiezza della componente di pulsazione k nella vibrazione del nodo j-esimo della struttura.
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Ortogonalit delle matrici modali rispetto a quelle di massa e di rigidezza


Le basi dellanalisi modale si basano sulla seguente propriet, facilmente dimostrabili:

[] [M] [] =diag(mr) ; [] [K] [] =diag(kr) .


Si consideri il problema di partenza:

[] matrice trasposta di []

Propriet di ortogonalit della matrice modale rispetto alle matrici di massa e rigidezza.

[M ] X + [K ]X = {F (t )}
..

Si premoltiplichi membro a membro detto sistema per la trasposta della matrice modale; sfruttando inoltre linvarianza del prodotto rispetto alla matrice unit otteniamo: .. 1 1

[ ]' [M ][ ][ ] X + [ ]' [K ][ ][ ] {X } = [ ]' {F (t )}


modali (note anche come coordinate principali) {Xm}= []-1{X} ,

Introducendo le coordinate

il sistema di partenza si disaccoppia e le soluzioni si ottengono risolvendo N equazioni differenziali formalmente indipendenti, del tipo:

mr x mr + k r xmr = f mr (t )

..

La coordinata modale r-esima rappresenta in definitiva come pesa nella risposta il modo r-esimo, sotto leccitazione della forza modale r-esima, che rappresenta leffetto su quel dato modo di tutte le forze agenti sul sistema.

Ovviamente, con la trasformazione inversa modali a quello delle coordinate fisiche.


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{X} = [] {Xm}

, possibile passare dallo spazio delle coordinate

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Risposta in frequenza del sistema in termini modali.


Grazie alle propriet della matrice modale si dimostra facilmente che la risposta in frequenza del sistema, espressa in termini di ricettanza (spostamento/forza), data dalla somma pesata delle singole risposte in frequenza dei sottosistemi disaccoppiati:

{ }{ } () = ( m +k )
N ij r=1 i r 2 j r r r

Con

rl

si indicata la l-esima componente del modo r-esimo

In presenza di smorzamento viscoso la risposta di cui sopra diventa una funzione complessa della variabile reale cos esprimibile:

pq

{ }{ } () = ( m +k )+i c
N p r q r r=1 2 r r

N.B. in tal caso anche i modi risultano complessi

Introducendo le pulsazioni naturale e il fattore di smorzamento lespressione soprastante diventa:

pq () =
r=1

2
r

Essendo r-esimo.

r = 2 k r mr

il fattore di smorzamento del modo

2 +i 2 r 2 1 2 r r
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Richiami di analisi modale dei sistemi continui


Si abbia una trave continua sollecitata a flessione, individuata da una terna cartesiana O(X,Y,Z), con lasse della trave coincidente con lasse Z. Tale schema pu rappresentare un rotore durante una sua vibrazione flessionale. Supponiamo che la deformata del rotore sia giaccia sul piano (X,Z). Indichiamo con: z, la coordinata che individua la sezione generica; x(z,t), la freccia al tempo t della sezione individuata dallascissa corrente x; E, il modulo di Young del materiale; I, il momento dinerzia della sezione resistente; A(x), larea della sezione resistente, variabile in generale lungo la trave.

Trascurando linerzia alla rotazione intorno allasse Y, lequilibrio del concio considerato nella figura a fianco assicurato dallequazione:

V 2x = A 2 z t

Equilibrio in direzione X tra la forza dinerzia e la variazione del taglio

Ricordando il legame tra taglio e momento flettente:

M V= z
otteniamo per sostituzione lequazione di moto:
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2x 2 2x EI ( z ) 2 = A( z ) 2 2 t z z
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2 4x x 2 = a 4 z t 2

Florence Training Center Se la trave ha sezione costante lequazione di moto si semplifica nella seguente:

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dove

a =
2

A
EI

rappresenta il rapporto tra massa per unit di lunghezza e rigidezza flessionale.

In tale caso lequazione di moto si risolve con il metodo di separazione delle variabili, cercando soluzioni della forma:

x(z, t) = Z( z ) T( t ) .
1 d Z a d T (t ) = 4 Z ( z ) dz T (t ) dt 2
4 2 2

Sostituendo nellequazione di moto, si ottiene lequazione: Si osservi che, nellipotesi di potere separare le variabili, lequazione differenziale alle derivate parziali si trasforma in un legame tra le derivate ordinarie delle due funzioni il cui prodotto costituisce la soluzione dellequazione originaria.

Lequazione soprastante pu essere sostituita dal sistema:

1 d 4Z 4 = Z ( z ) dz 4 2 2 a d T (t ) 4 = 2 ( ) T t dt

in ragione del fatto che nellequazione di partenza a primo membro compaiono solo funzioni della z e nel secondo solo funzioni di t. Si osservi anche che le due equazioni non sono effettivamente disaccoppiate in quanto legate dalla presenza del termine 4 che dovr essere determinato dalle condizioni di vincolo della trave (condizioni al contorno). ( ha le dimensioni di m-1). Le due equazioni a fianco possono essere pi comodamente scritte nella forma seguente: 2 4 4 4 4 2 2

d Z ( z) Z ( z) = 0 dz

, d T (t ) + T (t ) = 0
dt k

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Comportamento del sistema nello spazio:


d 4Z (z) 4 Z (z) = 0 4 dz
1500

Soluzione: Z

= A sin z + B cos z + C sinh z + D cosh z


Condizioni al contorno:
(trave di lunghezza l appoggiata ai suoi estremi - freccia e momento flettente nulli agli estremi):

Si ricorda landamento delle funzioni iperboliche:


1500 1000

1000

500

500

-500

-1000

-1500 -8

0 -8

d 2z Z (0) = Z (l ) = 2 dz
-6 -4 -2 0 2 4 6 8

z =0

d 2z = 2 dz

z =l

-6

-4

-2

sinh

cosh

Dalle prime due condizioni al contorno (freccia nulla) otteniamo:

Dalle altre due condizioni al contorno (momenti flettenti nulli), tenendo conto di quanto gi ottenuto, si ha:

A sin l + C sinh l = 0 2 2 sin + sinh l = 0 A l C


Poich sinh l per valori positivi del suo argomento sempre positiva, ne consegue che le uniche soluzioni possibili sono quelle per cui:
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B + D = 0 B D = 0

Soddisfatte solo se

B=D=0

C = 0 sinl = 0

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Florence Training Center Le condizioni al contorno sono pertanto rispettate per tutti i valori di k per cui: k = k /l , essendo k il valore caratteristico o autovalore del sistema vibrante (ne caso che la trave rappresenti un rotore lautovalore rappresenta una sua velocit critica flessionale) sostituendo k nella espressione della deformata flessionale Z(z) otteniamo:

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Z k = Ak sin

k z = Ak k ( z ) l

nella quale

z che dal punto di vista fisico rappresenta la deformata dinamica

della trave , prende il nome di funzione caratteristica o autofunzione Ovviamente esistono infiniti autovalori (ciascuno dei quali ottenibile per ogni valore naturale di k) e infinite autofunzioni (una per ogni autovalore) o modi oppure deformate modali, come riassunto nel cartiglio sottostante:

k k = l
Z k = Ak sin

k=1,2,3,

autovalori k=1,2,3, autofunzioni

Osservazione importante:
In un rotore i coefficienti Ak sono funzione della velocit angolare. Nella deformata modale del rotore saranno in generali presenti tutti i modi ma, quando la velocit di rotazione si avvicina a una velocit critica, il corrispondente coefficiente Ak diventa sempre pi grande degli altri, sino ad essere lunico diverso da 0 in corrispondenza della velocit critica stessa.

k z = Ak k ( z ) l

La deformata modale una funzione di z che rappresenta, sezione per sezione, lampiezza di vibrazione. In generale una qualunque deformata ottenibile come combinazione lineare dei singoli modi:

x( z ) = Ak k ( z ) = Ak sin
k =1 k =1

k z l

Le due equazioni possono essere risolte separatamente, come mostreremo nel seguito.
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Equazione di partenza:

Comportamento del sistema nel tempo: d 2T (t ) 4 + 2 T (t ) = 0 2 dt c

La soluzione dellequazione di partenza, nel dominio del tempo, dovr comunque rispettare la soluzione nel dominio dello spazio appena analizzata. In particolare, i valori di sono solo quelli (appena determinati) per cui sinh l=0. In tale ipotesi si pu riscrivere lequazione in modo tale che tenga conto anche della soluzione nello spazio: che ha una soluzione del tipo: 2 k k k

d 2T (t ) k + 2 T (t ) = 0 2 dt c
4

T (t ) = B sin k t + k

dove i termini

Bk e k dipendono dalle condizioni iniziali.

La soluzione completa esprimibile come segue:

2 k k + x( z, t ) = A sin zB sin( t ) k k k l c k =1
NOTA BENE: Le pulsazioni naturali trovate per la trave inflessa coincidono con le velocit critiche di un rotore non smorzato e con effetti giroscopici trascurabili
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Nel disegno a fianco, si rappresentano le prime quattro deformate modali del rotore. Alla base del metodo di equilibratura modale sta una importante propriet degli autovettori e delle corrispondenti autofunzioni, nota come propriet di ortogonalit della autofunzioni.
Ortogonalit delle autofunzioni nel caso generale:

0 (i = j ) A ( z ) i ( z ) j ( z ) dz = (i = j ) 0
l

Il metodo del bilanciamento modale ha la sua base teorica sullipotesi che ogni deformata h(z) del rotore, in condizioni operative, possa esprimersi come combinazione lineare delle deformate modali:

h( z ) = pk k ( z )
k =1
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Essendo i pesi pi determinabili risolvendo gli integrali

1 pk = A( z ) x( z ) k ( z )dz 0
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Il bilanciamento modale
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Convenzione: nel seguito ogni variabile complessa sar sottolineata, la sua parte reale sar
indicata con il pedice u, quella immaginaria con il pedice v e si indicher con i lunit immaginaria. Come gi osservato la propriet di ortogonalit delle autofunzioni permette di esprimere le propriet del rotore lungo lasse Z come una opportuna combinazione lineare dei modi:

x ( z ) = pk k ( z )
k =1

1 pk = A( z ) x( z ) k ( z )dz 0

Approssimazione in termini modali delleccentricit del rotore lungo lasse Z:


Si osservi che la curva che unisce i baricentri delle sezioni del rotore lungo lasse Z, definita come eccentricit, caratterizzate da un modulo ed una fase. Pertanto comodo esprimerla in forma complessa (nel caso generale tale curva si pu avvolgere in forma qualunque lungo Z noi supporremo che abbia caratteristiche funzionali tranquille, tra le quali la continuit).

Rappresentazione della deformata (o propriet) R(z) del rotore, nel sistema di riferimento rotante

e( z ) = eu ( z ) + iev ( z )
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Curva delleccentricit del rotore


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Espansione delleccentricit nella serie delle funzioni modali:

e( z ) = ek k ( z ) = (euk + ievk ) k ( z )
k =1 k =1

con pesi:

1 e k = A( z ) e( z ) k ( z )dz 0

Approssimazione in termini modali del moto orbitale del rotore


Indicato con r ( z ) il vettore che individua la deformazione elastica del rotore nella sezione z potremo analogamente esprimerla in espansione di termini modali:

r ( z ) = ru ( z ) + irv ( z ) = r k k ( z ) = (ru + irv ) z ( z )


k =1 k =1

Conseguenza della condizione di ortogonalit delle autofunzioni:


La deformazione elastica del rotore in generale una combinazione lineare delle forze squilibranti dovute alleccentricit (nel caso continuo che stiamo trattando la combinazione lineare pi propriamente rappresentata da integrazioni). Tenendo conto della propriet di ortogonalit delle funzioni modali la trasformazione di cui sopra si semplifica tanto da poter affermare che:

La k-esima componente della deformazione elastica r k k ( z ) provocata esclusivamente dalla k-esima componente e k k ( z ) dello squilibrio
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Criterio di base della equilibratura modale:


compensando la k-esima componente delleccentricit, faremo sparire nella deformazione dinamica del rotore la componente corrispondente.
Ricordando lespressione delle risposta in frequenza del sistema dopo il disaccoppiamento modale (vedi i richiami di analisi modale inseriti in questo modulo didattico) e considerando che la forzante la forza centrifuga conseguente allo squilibrio, avremo:

e k 2 rk = 2 Risposta del k-esimo modo del rotore alla forzante dovuta allo squilibrio 2 k + i 2 k k

In definitiva, grazie allanalisi modale, la risposta allo squilibrio del sistema vibrante continuo rotore, dotato di infiniti gradi di libert, pu essere approssimata sommando landamento nel tempo di un numero finito N delle sue coordinate modali (lespressione soprastante rappresenta la k-esima di quelle prese in considerazione). Se la k-esima pulsazione naturale e il k-esimo fattore di smorzamento modale fossero noti (o dalla sperimentazione o dal calcolo), poich nelloperazione di equilibratura lampiezza di vibrazione misurata, lespressione soprastante potrebbe essere utilizzata direttamente per dedurre la k-esima componente modale della squilibrio, che potrebbe essere cos compensata eliminando dalla risposta del rotore il contributo del k-esimo modo di vibrare. Purtroppo generalmente n il fattore di smorzamento modale n la pulsazione naturale possono essere conosciuti con la precisione necessaria ad ottenere squilibri residui soddisfacenti.
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Conclusione:
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Vibrazione sul piano zl dovuta al k-esimo modo e k 2 Dal legame tra freccia e squilibrio r k = 2 si osserva immediatamente che la vibrazione del rotore k 2 + i 2 k k

rk proporzionale allo squilibrio ek tramite il coefficiente


del rotore.

2 k2 2 + i 2 k k

funzione della sola velocit angolare

In [18] vedi bibliografia -, stato dimostrato che , aggiungendo N masse squilibranti ml sui piani di ascissa zl , la vibrazione del modo k-esimo in corrispondenza al piano zl rk(zl) diventa rko(zl). La variazione della vibrazione

rk(zl)

vale:

rk(zl) = rk(zl) - rko(zl)


rappresenta la massa aggiunta

r k ( zl ) =

l =1

ml d l k ( zl )

ml
dl

rappresenta la costante di riduzione modale

rappresenta la sua collocazione (modulo e fase nel sistema di riferimento rotante)

A ( z )
0

( z ) j ( z ) dz = ( i = j )

Vibrazione sul piano zl dovuta al k-esimo modo

Lo scopo dellequilibratura modale quello di scegliere

ml

dl

zl

in modo tale che r k ( zl )

compensi esattamente la k-esima componente modale dello squilibrio. Ovviamente non sar possibile conseguire tutto ci in modo esatto: lobbiettivo potr considerarsi conseguito se lo squilibrio residuo risulter inferiore ad un livello prestabilito. E anche necessario aver cura che, equilibrando il modo k-esimo, non si alterino i modi gi equilibrati (di norma quelli a giri minori).
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Metodologia del bilanciamento modale


(tecnica degli N e degli N+2 piani di equilibratura) Nella letteratura tecnica sono proposte diverse metodologie di equilibratura basate sui risultati dellanalisi modale. Dette metodologie possono essere di massima suddivise in due principali categorie: 1.Metodo basato su N piani di equilibratura; 2.Metodo basato su (N+2) piani di equilibratura. Entrambi i metodi hanno a comune la necessit di determinare in via preliminare il numero di velocit critiche e le relative deformate modali che cadono al di sotto della massima velocit operativa del rotore pi uno o, meglio, due modi che cadono a velocit superiori alla massima. Sia n il numero di modi che vogliamo eliminare dalla risposta allo squilibrio del rotore (senza far riferimento in questa fase preliminare a come n sia correlato con il numero N dei piani di equilibratura). Ricordando che , per effetto di una massa aggiunta, la risposta del sistema varia della quantit:

ml d l k ( zl ) r k ( zl ) = l =1
N

dovremo rispettare due esigenze: Per non squilibrare il rotore rispetto agli (N-1) modi di ordine inferiore, gi equilibrati

l =1

ml d l k ( zl ) = 0 ml d l N ( zl ) = r N
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k=1,2,.,N-1

l =1
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Per equilibrare il modo N-esimo.


N.B.

rN

possono essere misurati.


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Analisi algebrica dellequilibratura modale (N piani)

l =1 n

ml d l k ( zl ) = 0

k=1,2,.,N-1

Rappresenta un sistema di (n-1) equazioni vettoriali (2(N+1) scalari)

l =1

ml d l N ( zl ) = r N

Rappresenta una equazione vettoriale

Una possibile metodologia operativa:


Si sta equilibrando la componente della deformata del rotore corrispondente al N-esimo modo. I prodotti mldl (l=1,2,.,n) rappresentano n vettori (due incognite scalari). Dalla prima relazione lineare consegue che se le masse aggiuntive sono poste complanari su un piano trasversale prestabilito avremo (N-1) equazioni in n (n N) incognite. La seconda relazione rappresenta una equazione vettoriale lineare in una variabile complessa.
IN DEFINTITIVA IL PROBLEMA E DETERMINATO SE

nN

(numero dei piani di equilibratura maggiore o uguale al numero di deformate modali che si tenta di eliminare dalla risposta in frequenza del rotore)

Ovviamente se n uguale a N le masse di correzione sono univocamente determinate (n equazioni in n incognite). Se invece n maggiore di N (pi equazioni che incognite) si pu procedere con il metodo dei minimi quadrati.
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Analisi algebrica dellequilibratura modale [(N+2) piani]


Il metodo uguale al precedente, salvo che preliminarmente si procede ad una equilibratura di rotore rigido. Perch il rotore, supposto rigido risulti equilibrato dovr soddisfare le equazioni:

n ml r l = 0 l =1 n ml r l zl = 0 l =1

Baricentro sullasse di rotazione e momenti statici nulli rispetto al baricentro stesso (eccentricit nulla: non possono innescarsi ne forze che inducono moti cilindrici, n momenti che provocano moti conici)

Queste due equazioni vanno aggiunte a quelle precedenti per cui i piani di equilibratura diventano (N+2).

Considerazioni sui due metodi


Nella letterature tecnica i due metodi sono stati messi a confronto. In [3,4] si osserva come ovviamente non abbia senso procedere alla equilibratura dei modi flessibili del rotore se prima esso non sia gi bilanciato nei suoi comportamenti di corpo rigido. Il quesito si pone su un piano diverso:
giustificato equilibrare in via preliminare (indipendentemente dal metodo seguito) un rotore flessibile con le tecniche di equilibratura dei rotori rigidi?

Lopportunit o meno dipende da due considerazioni: 1. Se rotore pu essere piazzato su una macchina equilibratrice predisposta alle tecniche di equilibratura di corpo rigido e quindi essere assemblato sui suoi supporti con la ragionevole sicurezza che su di essi lequilibratura di corpo rigido sia mantenuta; Non c accordo tra gli esperti se il non aver soddisfatto le condizioni di equilibrio di corpo rigido comporti o meno considerevoli aumenti dello squilibrio residuo, una volta effettuata correttamente al procedura di equilibratura di corpo flessibile.

2.

Al problema posto non ancora stata data una risposta definitiva: in letteratura sono presenti esempi di casi vissuti che confortano sia luna che laltra delle due procedure.
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Considerazioni conclusive sulle tecniche di equilibratura modale


La teoria dellequilibratura modale si basa su due fondamentali presupposti: 1. 2. Lo smorzamento del sistema trascurabile; Le deformate modali giacciono su un piano.

Queste due ipotesi non sono nella pratica sempre verificate. Uno degli scopi fondamentali dellequilibratura di un rotore quello di ridurre la sue vibrazioni in corrispondenza dei supporti. Poich lequilibratura modale ha origine da presupposti diversi, pu accadere che la vibrazione residua sia in realt troppo alta, soprattutto se i cuscini sono collocati in vicinanza di un nodo di una deformata modale. In definitiva anche se i calcoli e le operazioni da eseguire sono relativamente semplici, il conseguimento di un buon risultato presuppone la presenza di un operatore piuttosto esperto.

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Vantaggi e limiti dellequilibratura modale

Vantaggi
Il numero di prove, rispetto agli altri metodi, limitato; Ottima sensibilit alle alte velocit di equilibratura; Equilibrando un dato modo non si introducono squilibri nei modi gi equilibrati (di solito si tratta di modi tipici di velocit pi basse di quella attuale); Afferrati beni i concetti che ne stanno alla base, pu essere condotta per via totalmente empirica anche se calcoli teorici di rotordinamica sono sempre utili.

Svantaggi
9 Lipotesi di deformate elastiche piane penalizzante per la precisione dei risultati nel caso di deformate dinamiche del rotore che non giacciono su un piano, come avviene nei cuscini portanti idrodinamici; 9 In casi particolari importante conoscere a priori il comportamento modale del rotore, ad esempio dal calcolo; 9 Loperatore deve essere abbastanza esperto e possedere le nozioni base dellanalisi modale; 9 Si ricorre di solito a misure di vibrazione con una o due sensori per cui non sempre facile riconoscere con la necessaria precisione la presenza di un dato modo di vibrare; 9 Non facilmente automatizzabile; 9 Equilibrando modi bassi si pu peggiorare la risposta di modi superiori (questo pu essere evitato aggiungendo ulteriori piani di equilibratura).
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Equilibratura di un rotore flessibile con il metodo dei coefficienti di influenza.


Lipotesi alla base di questo metodo che il rotore, durante il suo funzionamento, sia caratterizzato da un comportamento lineare. Il metodo si basa sullapplicazione di masse squilibranti di tentativo su un prescelto numero di sezioni del rotore. La verifica che il sistema sta operando in regime lineare pu essere condotta controllando che il rotore rispetti il verificarsi di due comportamenti: 1. Se in una sezione lo squilibrio raddoppia, in qualunque sezione del rotore le ampiezze di vibrazione imputabili a quel dato squilibrio debbono raddoppiare; 2. Se si applicano contemporaneamente due masse squilibranti la risposta del rotore, in ogni sua sezione, corrisponde alla somma delle due risposte misurabili in presenza di uno solo dei due squilibri considerati. Se il comportamento del sistema non rispetta le due condizioni di cui sopra, lequilibratura condotta con i coefficienti di influenza non possibile (risulterebbe affetta da errori inaccettabili). Per superare la difficolt sopra indicata, si pu provare a ridurre le masse squilibranti di tentativo fintantoch non si verifichi il rispetto dei due requisiti sopra indicati. Ovviamente le due condizioni dovrebbero essere rispettate in presenza di uno squilibrio che genera ampiezze di vibrazione pi elevate della sensibilit dei sensori destinati a misurarle. Il metodo, proposto da Goodmann [60] negli anni 60, stato perfezionato nel tempo con i contributi di Lund e Tonneson [87] e, con verifiche sperimentali, da Tessarzik ed altri [128,129].
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Definizioni e simbologia usata nel seguito.


Il riferimento del rotore, come di consueto , rappresentato da una terna cartesiana O(X,Y,Z) con lasse Z coincidente con lasse di rotazione del rotore stesso. La vibrazione del rotore nella sezione alla quota zk viene indicata semplicemente con xk . Se il rotore ha comportamento lineare, poich lo squilibrio causa forzanti armoniche di pulsazione coincidente con la velocit angolare del rotore, le diverse sezioni, a regime, vibreranno con legge oraria anchessa armonica, sincrona con la forzante e, in generale, sfasata di un angolo rispetto ad essa. In definitiva la vibrazione potr essere espressa sotto diverse forme:

xk = xk cos(t + )
xk = xck cos(t ) xsk sin(t ) xs = xk sin xc = xk cos
k k

Vibrazione nella k-esima sezione in notazione armonica (ampiezza e fase) Vibrazione nella k-esima sezione in notazione armonica (combinazione di seno e coseno) Vibrazione nella k-esima sezione in notazione complessa (componenti sul piano (X,Y)) Vibrazione nella k-esima sezione in notazione complessa (vettori rotanti)

x k = xck + ixck
x k = xk e it

Anche lo squilibrio nella generica sezione l-esimo ul potr essere indicato nelle forme sopra riassunte.
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Determinazione delle masse occorrenti per correggere lo squilibrio.


La procedura di equilibratura presuppone che si misuri la vibrazione, utilizzando opportuni sensori, in un dato numero

ns

di sezioni del rotore e che le masse correttive possano essere applicate a

procedura si sviluppa

m piani imponendo al rotore diverse velocit di rotazione, indicate con n .

di equilibratura. Inoltre la

Se utilizziamo tutte le misure dedotte dai diversi sensori a tutte le velocit di equilibratura prescelte, avremo a disposizione nt = ns n misure. Nel sistema elastico lineare rotore (secondo lipotesi base del metodo di equilibratura descritto), tra le masse di tentativo poste sugli m piani prescelti e le n misure di vibrazione che intendiamo utilizzare nei calcoli (in generale

nnt C1)

perch non detto che tutte le misure disponibili siano utilizzate) sussiste la seguente relazione lineare:

{X } = [A]{W }
{X}il vettore complesso di nc componenti, nel quale sono state opportunamente organizzate le vibrazione, con {W} il vettore complesso di m componenti nel quale sono state opportunamente dei coefficienti di influenza , di componenti aij .

avendo indicato con

ampiezze di organizzati gli squilibri.

. (n x m) la matrice La matrice [A] di tipo

Definizione del coefficiente di influenza:

aij = vibrazione nella sezione i del rotore per uno squilibrio unitario posto nella sezione j
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Florence Training Center La procedura di equilibratura presuppone sia la misura della vibrazione senza introdurre nel rotore ulteriori squilibri rispetto a quelli da cui affetto, sia la misura della vibrazione dopo che si sono introdotte masse squilibranti di tentativo. Siano:

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xi

La vibrazione (complessa) misurata nella postazione i-esima in assenza di masse squilibranti aggiunte

1 ij

La vibrazione (complessa) misurata nella postazione i-esima quando si applichi nella postazione j una massa squilibrante data (in modulo, distanza dallasse e fase)

La determinazione di un dato coefficiente di influenza avviene utilizzando la differenza tra la vibrazione misurata dopo lo squilibrio aggiunto e quella del rotore prima dellapplicazione della massa squilibrante di tentativo. E infatti evidente che la differenza rappresenta il solo effetto della massa aggiunta (lo squilibrio originario, se il rotore ha comportamento lineare, viene infatti eliminato dalla sottrazione). Dividendo la differenza delle vibrazioni per lentit dello squilibrio aggiunto otteniamo (vedi definizione) il coefficiente di influenza cercato.

Per quanto osservato il generico coefficiente di influenza pu essere espresso nella forma:

1 1 0 a ij = ( x ij x i ) T ij

Vibrazione in i aggiungendo nella sezione j un dato squilibrio (Tij il numero complesso che individua modulo, posizione e fase della massa aggiunta).

In definitiva la determinazione della matrice dei coefficienti di influenza richiede (m+1) passi per ogni velocit angolare di equilibratura: 1 per determinare la risposta senza squilibri aggiunti e gli altri m per ottenere le risposte con le masse squilibranti di tentativo.
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Calcolo delle masse da aggiungere per eliminare lo squilibrio originario.


Si indichi con:

C2)

{X}= {X0} + {Xm} la vibrazione residua che si osserva nel rotore dopo che sia stato applicato lintero

sistema di masse squilibranti di tentativo (

x = X il
m i l =1

{ }
1

i=1,2,3,.n)

Sostituendo nel sistema lineare c1), ricaviamo immediatamente il legame tra le m masse di tentativo e la vibrazione conseguente:

C3)

(nel vettore {Wm} sono poste, opportunamente organizzate, le componenti delle masse aggiunte) Sostituendo la c2) nella c1), otteniamo:

{Xm}=[A] {Wm}

C4)

{X}={X0} +[A] {Wm}

Che rappresenta la vibrazione residua osservabile nel rotore dopo che si sia applicato lintero sistema di masse correttive.

OBBIETTIVO DELLEQUILIBRATURA:
Determinare linsieme di masse {Wm} da aggiungere sugli m piani di correzione prescelti in modo tale che la vibrazione residua sia minima.
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Osservazioni sul numero di misure necessarie.


Considerando il sistema lineare da risolvere {X}={X0}

+[A] {Wm} si hanno tre possibilit:

(n<m ) il numero delle misure di vibrazioni disponile inferiore al numero di piani di equilibratura. Il problema non univocamente risolubile; ( n = m ) il numero di misure di vibrazione disponibili coincide con il numero dei piani di correzione. Se la matrice dei coefficienti di influenza non degenere ( det([A])0 ), il sistema ammette una e una sola soluzione che consente addirittura di annullare le vibrazione residua nelle postazioni di misura. Il vettore delle masse di correzione per conseguire tale risultato il seguente {Wm}= - [A]-1{X0}; ( n > m ) il numero delle misure disponibili supera il numero dei piani di equilibratura previsti ( il caso con cui di solito ci si confronta). Il problema (a meno che il rango della matrice dei coefficienti di influenza non sia minore o uguale a m) non ammette soluzioni in senso stretto. La soluzione cercata quella che minimizza una opportuna norma del vettore degli squilibri residui {X}.

Nel seguito indicheremo le metodologie disponibili per risolvere il problema indicato al terzo caso.

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Soluzione che assicura il minimo della norma H2 del vettore delle vibrazioni residue.
Lund e Tonneson [87] nel 1972 proposero di risolvere il problema di equilibratura nel caso di misure sovrabbondanti, (n>m) ricercando il particolare vettore delle masse di correzione che rende minima la norma H2 (norma euclidea) del vettore dello squilibrio residuo. In pratica , per detti ricercatori, lequilibratura ideale negativo

s = x i = x x i = {X }
2 i =1 i =1 * i

* T

) {X }

{W+} quella che rende minimo il funzionale reale non


, avendo indicato con * allapice il vettore dei complessi

coniugati e con T, sempre allapice, il vettore trasposto. Il minimo del funzionale sopra indicato si ottiene imponendo che le derivate parziali di esso fatte rispetto alle masse incognite di correzione siano tutte contemporaneamente nulle:
n n s x * = 0 = x = x a i ij i * * w j w j i =1 i =1 *

per j = 1, 2, 3, ,m, avendo indicato con wj le masse di correzione cercate.

x = x + a w

Lequazione c4) pu essere scritte, riga per riga, nella seguente forma: m 0 per j = 1, 2, 3, ,n. i i ij j i =1 Sostituendo questa espressione nella soprastante, otteniamo: n m * 0 j il ml Che rappresenta appunto ij i =1 l =1

a (x ) + a
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la soluzione cercata.
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* T +

In termini matriciali la soluzione esprimibile nella forma

[ ( A ) ][ A ]{W }+ [ ( A ) ]{ X }= 0
* T 0

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{W }= ( [ ( A ) ][A ] ) [ ( A ) ]{ X }= 0
+ * T 1 * T 0

Si noti che le matrice che premoltiplica il vettore delle masse correttive cercate quadrata per cui la soluzione semplicemente fornita dalla espressione:

Loperatore algebrico

( [ ( A ) ][ A ] )
* T

noto sotto la definizione di pseudoinversa della matrice [A].

Pregi del metodo dei minimi quadrati Metodo ben noto nei problemi di ottimizzazione algebrica; Calcoli facilmente trasponibili in un codice di calcolo.

Difetti del metodo dei minimi quadrati Il fatto che la somma dei quadrati della vibrazione residua non assicura che una o pi sezioni di misura presentino ampiezze di vibrazione eccessiva; Possibilit di malcondizionamento della matrice da invertire.

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Soluzione che assicura il minimo della norma H1 della vibrazione residua.


Il metodo fu originalmente proposto da Goodman [60] nel 1964 e si basa sul criterio di scegliere le masse di correzione in guisa che sia resa minima la norma H1 (massimo modulo degli elementi componenti) del vettore delle vibrazioni residue. La procedura non di tipo chiuso come quella dei minimi quadrati, ma di tipo iterativo e questo rappresenta il suo principale inconveniente grazie anche alla possibilit che non possa essere sempre assicurata la convergenza. Al passo k-esimo si cerca il minimo del funzionale:
n

s = ik x i
i =1

Essendo i pesi introdotti dati dallespressione:

ik =
p =o

k 1

(rms ) p (rms )k 1

xi

xi

k 1

i ,k 1

Essendo (rms)p la radice quadrata della media dei quadrati degli elementi della vibrazione residua al passo p

(rms ) p =

i =1

xi n

2 p

1 * ( X = n

{ } { X}
T p

i ,k 1
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rappresenta un opportuno peso per accelerare la convergenza della procedura.

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Il primo passo del procedimento coincide con quello dei minimi quadrati

i ,0 = 1
0

Al passo generico k le masse di correzione sono comunque calcolate con il metodo dei minimi quadrati, introducendo per una matrice diagonale reale [E] di pesatura:

{ W }k =

( [ ( A ) [ E ][ A] ] ) [ ( A ) [ E ]{ X } ]
* T 1 * T 0 k k

1k 0 [Ek ] = 0 0

2k
0 0

0 0 0 0 ... ... ... nk

La procedura iterativa termina quando lo scarto relativo percentuale tra gli squilibri residui di due passi consecutivi risulta inferiore ad una quantit prestabilita.

Pregi del metodo Consente di limitare lampiezza massima di vibrazione di tutte le postazioni di misura;

Difetti del metodo indispensabile procedere ad una corretta taratura dei sensori e tenere conto nei calcoli del loro guadagno; Possibilit che il metodo non converga oppure converga molto lentamente.

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Calcolo ottimale dei coefficienti di influenza.


I coefficienti di influenza possono essere calcolati semplicemente ricorrendo allespressione gi richiamata. In presenza di errori di misura e di non linearit di comportamento del rotore tale espressione inadeguata per determinare i coefficienti di influenza con la necessaria affidabilit. Lund e Tonneson [87] proposero una procedura che migliora la precisione di stima dei coefficienti di influenza stessi.

a ij =

1 1 0 ( x ij x i ) T ij

La procedura consiste nellutilizzo di due masse di tentativo, da applicare contemporaneamente, per ogni piano di misura. Detti:

x , x
a ij
" '

' ij

" ij

e x
'

' ij

, x
0

" ij

rispettivamente la vibrazione dovuta allo squilibrio effettivamente presente e lerrore globale di misura per

le due masse, allespressione gi ricordata per la stima di segue:

aij se ne

sostituisce semplicemente unaltra, ricavata come

( x =

' ij

+ x ij x ij + x ij
0

) (
T ij T ij

Coefficiente di influenza con errore ottenuto con la prima massa;

a ij

( x =

" ij

+ x ij x ij + x ij
" 0 0

) (

)
'*

Coefficiente di influenza con errore ottenuto con la seconda massa.

Si dimostra che lerrore di misura in parte compensato sostituendo allespressione gi richiamata la seguente:

a
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ij

T j x ij x i + T j x ij x i
' 0 "* "

Tj

' 2

+ Tj

" 2
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Sintesi della procedura di equilibratura condotta col metodo dei coefficienti di influenza.
Come ovvio in tutte le procedure di equilibratura utile disporre a priori di qualche conoscenza sul comportamento dinamico del rotore per gli usuali motivi: . Si pu scegliere la posizione ottimale dei sensori; Si pu decidere quali sono i piani di equilibratura pi convenienti; Si pu scegliere le velocit pi opportune di equilibratura; Si possono avere indicazioni se in certe situazioni si possano superare i limiti di sicurezza della vibrazione.

La procedura avanza su passi ben precisi: 1. 2. 3. Si procede raccogliendo le misure relative al rotore cos come si presenta (senza aggiungere masse correttive); Si procede a piazzare una (o due come gi osservato) su un dato piano di equilibratura e si procede a raccogliere le misure risultanti; Si tolgono le masse di tentativo dal piano precedente e si procede a misurare le vibrazioni con lo squilibrio piazzato sul piano di equilibratura successivo (se il software disponibile lo consente non si rimuove linsieme di masse squilibranti gi piazzate e si procede ad aggiungere ulteriori masse sul piano di equilibratura attuale); Si conosce dal calcolo linsieme delle correzioni pi opportune e le si realizza; Si misura il livello delle vibrazioni residue e lo si confronta con quello aspettato dai calcoli.

4. 5.

In genere a questo passo, in assenza di sorprese, la procedura ha termine. Se invece il livello di vibrazione residuo non rispetta le aspettative, oppure occorre procedere nelloperazione di equilibratura verificando le vibrazioni a velocit superiori, si reitera dal passo 2).

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Vantaggi e limiti dellequilibratura con il metodo dei coefficienti di influenza

vantaggi
Si tratta essenzialmente di una procedure empirica che non richiede approfondite conoscenze di rotordinamica; Se la sensibilit dei trasduttori lo consente possibile correggere il comportamento di diverse componenti modali della deformazione; Il metodo facilmente automatizzabile, rendendolo guidato da un computer; Operando per per via mediata (minimi quadrati) pu tener conto di numerose informazioni (se si usano molti sensori); Esistono procedure che minimizzano gli effetti degli errori di misura; Loperatore non deve essere particolarmente esperto.

svantaggi
9 Possono essere necessarie molte prove per disporre di dati adatti a equilibrare il rotore in tutto il suo campo operativo; 9 Se i primi modi di vibrare sono poco smorzati difficile che la strumentazione abbia la sensibilit necessaria per distinguere con la precisione richiesta dai calcoli i modi pi elevati; 9 Se durante la procedura alcuni modi risultano soddisfacentemente equilibrati, bene mantenere le misure che hanno dato questo risultato, sovrapponendole a quelle successive, altrimenti si rischia di peggiorare quanto in precedenza ottenuto; 9 Luso di piani di equilibratura non indipendenti pu fornire risultati inutilizzabili , come ad esempio masse correttrici esagerate. 9 Occorre avere particolare attenzione ad evitare di piazzare i sensori e i piani di equilibrature in corrispondenza ai nodi della deformata dinamica del rotore.
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Step 1

Define Rotor Specifications

Step 2

Take Static Runout Data (for displacement sensors only)

Flow chart di una procedura ideale di equilibratura allo stato attuale delle conoscenze del settore

Step 3

Take Uncorrected Rotor Data at Mode to be balanced at the Unaffected Modes

Are Modal Ics Available for Mode to be Balanced? No No Any Unaffected Modes? Yes Step 4

Yes Take Modal Trial Mass Data for Mode to be Balanced Step 5

Calculate Modal Correction Mass Set and Install Take Check Balance Data

Step 6

Step 7 No

Take Individual Trial Mass Data for Unaffected Modes and Calculate rw No Has Last Mode Been Balanced? Yes

Step 9 Yes Is the Residual Vibration Acceptable? No Is a New Balancing Speed Required?

Step 8 Yes

Step 10 Store Modal Influence Coefficients Stop Pag. 50

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