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ARCHIVIO VENETO.
TOllO XIX. - PAIITE I.

ARCHIVIO

VENETO
PUBBLICAZIONE PERIODICA.

ANNO

DECIMO.

VENEZIA
1880.

''l'OORAFIA DKL COMMERCIO DI MARCO VISENTINI

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LA VITA E LE OPERE
DI

DOMENICO BORDIGALLO.

1\ nome di DOMENICO BORDIOALLO non che altrove nella patria sua quasi ignoto, come ignoti rimasero in generale i nomi e gli scritti dei molti, operosi e valenti eruditi, i quali illustrarono Cremona nel periodo pi fervido del Rinnovamento classico, fra il X V cio ed il X VI secolo. Anche agli studiosi di cose patrie il raccoglier notizie sul Bordigallo riesce difficile; giacche a tutelame la memoria - non osiam dire la fama - solo rimangono le sue opere storiche e queste giacquero fino ad ora e giaceranno sempre - crediamo - inedite negli scaffali d'una biblioteca patrizia. A vendo per noi, occupati in ricerche sulla storia cremonese, potuto a tutto agio svolgerle ed esaminarle, grazie alla cortesia del nobile possessore, non ci parve ffatto inutile il tentativo di ravvivare il ricordo di questo scrittore quasi ignorato. Un rapido cenno dell' Arisi nella Cremona literata (Tom. II, p. 137), un articolo di V. Lancetti nella sua Biogmfia Cremonese (Tom, II, p. 466), non esenti n l'uno n l' altro da errori, sono le sole testimonianze maggiori d'un semplice ricordo o d'una citazione, che in riguardo al Bordigallo possiamo rammentare. Il Lancetti ha sparso nel suo articolo molte e gravi inesattezze, che gli sarebbe tornato facilissimo I' evitare: non essendo da altra causa - a parer nostro - originate che da fretta soverchia, tanto piu in lui biasimevole, in quanto ebbe agio - come esso stesso asserisce - di svolgere a suo grado i volumi del Hordigallo. Cosi egli incomincia per rigettare, come priva d'ogni fondamento, l' opinione, che i Bordigalli provengano da Verona, e pretende che da Soncino siano invece venuti ad abitare in Cremona. Gli argomenti

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che esso adduce, a provare che il cognome de' Bordigalli si trova portato da famiglia cremonese anche prima del XV secolo, non sono per nulla valevoli a contrastare l'origine veronese degli avi del nostro storico (1), giacch abbiamo in nostro favore l'espressa testimonianza di questo, che nella sua Cronaca non una sola volta dichiara, suo padre Giovan Cristoforo esser disceso da nobile antica famiglia di Verona e, ridettosi ad abitare nella citt nostra, avervi sposata una gentildonna, Maddalena degli Allegri. Esso Giovan Cristoforo, insignito nel 1465 della cittadinanza veronese trasmissibile anche ai suoi discendenti (2), sebbene fosse notajo piu
Il) Riporta esso un passo del Luctus Soncin~nlil di STEFANO FIESCHI (Brixiae, 1634), ove questi rammenta, i nomi di illustri famiglie soncinati, che si spensero nell' imperversare delle guerre civili: Terminarunt, scrive il Fieschi, Rangoni, Lamberii, BOlchetti, Scotarini, Borselli BORDIGALLI, Salrini, MUlani etc . ,. Ora da questo luogo, che il Lancetti cita, non sappiamo cosa si possa ricavare in suo favore. Il Fieschi dice che l.. famiglie, da lui ricordate, si spensero, non che si trasferirono altrove. Del resto nulla di pi vero che in Creo mona vi fossero dei Bordigalli prima che vi prendesse stanza la famiglia dello Storico nostro: prova ne sia il ricordo che fa l' ARISI, Cremo ltter. l, p. 193, sub a. 1390 d'UD Egidiolo dei Bordigalii scrittore di cronache, ora perdute. (2) 11 Bordgallo ne fa cenno nel passo riguardante la sua nascita, che riportiamo pi innanzi e in modo anche pi est eso nella Cronaca al f. 354, ove dedicando ai veronesi un suo carme in onore della loro citt, si dice loro: concifJil ea; prifJilegio tempore m ci et praecluri Alexandri .lfarcelii Praetoris ipsiu8 tlrOi8 patri suu dno Jo. Chrilt%ro et descendentibus in injinitum concesso per Magnijicam Rempublicam Veronensem sub a. 1465. ultimo Apriits ut constai instrumento seu pririlegio rogato per Silvestrum dc Laudis CfJ1j,UnI'S Veronae Canzelarium et Sigilli Seti .&noni sigillato Essendoci rivolti per maggiori notizie in proposito all'illustre storico veronese, Il sig. canonico G. B. GH1LIARI, Ile avemmo cortesemente in r.sposta, che nessun ricordo di una famiglia Bordigall esisteva in Verona e che la cittadinanza accordata a Giu1Jan Crtstotoro e al frate l suo Gio1Jan Filippo figli del fu Ser Domentco de Borde altis de Cremona trovasi senza pi registrata negli Alti del Comune (Libro H, carte 31 v), dietro relazione favorevole commessa ai due consgttorl Pier Francesco Cipolla ,e .&none Turco, coli voto unanime del giorno marted ultimo d'Aprile 1465. Da questa gentile comunicazione, che ci fa conoscere l'avo e lo zio del nostro storico si pu dedurre, che quantunque veronese dortgine, la famiglia Bordigalll doveva esser gi stabilita in Cremona da molto tempo, se l'avo dello storico nostro era in Verona considerato cremonese. Ed a questo argomento si pu ugg-iungare l'altro, che il B. ricorda sparsameute nella Cronaca dessere legato in parentela con molte delle nobili famiglie allora fiorenti iII Cremona, come degli Aller, dei .!fonna, Stanga, Sfondrati; Borgo, Trecctu ed altre: il che sarebbe impossibile a credersi, se si trattasse di una famiglia d'origine straniera e da pochi anni dimorante in Cremona. Doveva per il Nostro conservar parenti o possessi in Verona, giaceh nell' Agosto del 1522 recuvasi in quella citt e tratte-;

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che alla professione sembra attendesse al traffico. giacche il Lancetti trov il suo nome registrato in un' antica Matricola de' Mercadanti, dei quali fu decurione l'anno 1472. Abitava in vicinanza della. chiesa di S. Agata (I), ove fu sepolto nel 1482, come si raccoglie dalla sua iscrizione, conservataci dal Vairani sotto il n. 285 (3). Domenico, solo figlio ch' egli ebbe (2), nacque l' 8 Settembre del 1449 (t). Educato con diligente premura addimostr presto la sua inclinazione agli studi letterari: e questo suo amore alla dottrina non pot che venire accresciuto e aumentato fin dall' et giovanile, in citt, come era Cremona, dotata di uno Studio per antichit famoso, illustrato in ogni. secolo da dotti e celebrati insegnanti, frequentato da molti scolari nazionali e forestieri. L'importanza dello Studio cremonese, bench poco avvertita, grandissima. Noto gi nell' antichit per r educazione prima di Virgilio, per aver dato a Roma cinque grandi uomini; tre poeti, un oratore ed un insigne giureconsulto, M. Furio Bibaculo, cio, P. Quintilio Varo, Turpilio, comico, V. Quintilio ed Alfeno Varo; involto dai secoli barbari nella comune ruina d'ogni civile istituzione, si ridest rigoglioso per le- non dimenticabili tradizioni del pasnevasi ivi a a MOfftorio, luogo vicino, fino al Febbraio dcIl'anno selluente (f. 354-356). Anche nel cremonese il B. possedeva terreni, R'laceb nel Dtsi-: gffllm, a r. 20, ricorda la Domx Dominici Btlrdiga/i prop Rarbisel/oa, e in quel Comune si trovano tuttora due cascinali nel cui nome Bordig sarebbe impossibile non riconoscere il cognome deIlo storico nostro. (l) Al f. 136 della Cronaca sub a, 1453: Renatua vero Re cum arcerits trigifltaquinque equitNm et peditNm dNomi/1e tnclgt nostra in urbe Cremonae fJettiendo per tres diea in {paa .... humaniter stetit : duos armigeroa in domo patris mei in ora dvae Agathae Cremonae nobi/ea et doctos auacepit, quo ego ridi etc. Cos) a f. 146. (2) \' AIRANI, Inscript. Uni, Cremono, p. LI: Hoc est aepu/chrllm D. Ioh, Ckristophori de Bordigallibus et haered. auorumo 1482 . (3) Che lasciasse per delle figlie ci sembra accertato, perch a f. 230 il Bordigallo rammenta, come RUO cognato, Bono Stanga; ed a f. 335 d l'epitaffio da In composto per GiofJaflp60lo de' Boccoli; a f 340 quello per Apollinare de' Raparii, che chiama tutti e due pure suoi cognati. (4) Cronaca, f. 122: .. JfC.7CCXL VIIII [am dtcto, die Sabboti octaoo mensis Septembria, in qua Dtoae .lfariae nntirttatis Festum in terris cotitur, rgo Domi"ieus Burdigalus, prout a patre meo digni.1simo Cremonae notario, D. Jo: ChristopAoro Veroflae quoque ab antiqua linea patricto et per privilegium etiam Reipub{icue Veronlle in concice auia cum haeredibua in il/finitum refirmato et stabilito et a flobi/i Magdalena De A/egris, matre digniasi'lla et pia habui, et prout auil ill libria manu patria mei acriptia innen, in lucem veni hujus sauuli (Id /abot"U, (lU'ilf1!ltas, vigilias et celamttates etquawJ
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sato, appena alcuna luce di civilt ritorn a splendere sulla penisola, e d'allora in poi god sempre di fama vivacissima, essendo fornito dal Comune di molti privilegi ed onori, di chiari maestri di grammatica, di logica, di medicina. Non pochi documenti, fra i quali gli Statuti del Comune del 1387 (Rubr. 433 e 439-449), rimangono ad attestare l'importanza, che si dava a questo centro di lombarda coltura. Sebbene vi cessassero col XV secolo gli insegnamenti scientifici per la fondazione dello Studio della vicina Piacenza, pure vi continuarono fino al X VII secolo le scuole di Legge: e se lo splendore che riacquist, regnante Cabrino Fondulo, per imperiale privilegio (I), fu passeggiero al pari della potenza del tiran(1) Presso Il CAMPI, crem..fldeli8, Illlib., s. a. 1418, Ieggeslll prvlegto concesso da Sigismondo Imperatore, ad Istanza del Fondulo, alla citt di rinnovare lo Studio generale. L'Imperatore concede: ,. ut in eadem cirUate Cremonen, 8tudium generale Sacrae Theulugiae, ulriusque Juris fJidelicet tam Cantmici quam CifJili8, nec non Medicinae, Philo8IJphiae naturalis et moralis ac artiulilliberalium erigatur, omni eo prif)ilegio, liberiate, tmmunttat, indulto et gralia, quibu8 Paristen, Bononiense, Aureliaflen. ac ,lum/i8 Pc8Ulan. 8tudia generalia gauden f108cuntur et potiuntur . Sulle scuole s laiche che ecclesiastiche che fiorirono in Cremona nel XVI secolo, forse ci intratteremo in altro lavoro. Per ora notiamo, che nel 148'7 GiofJamu' de' Stabili decretorum doctor . . . . fJicarius Curiae Epucopalis cognitorque cau8arum " lasciava tutti i suoi libri alla Biblioteca posta vicino al Dnomo, nel luogo detto Campo Santo, da antico consacrato all' istruzione della g-iovent " omms 8UOS ltbros tom in legibu8 canonicis quam in civiliblU, in phil080phia et alii, artibU8 ltberaibus, Bibliotecka nostrae in Campo Sanato reliquit, ut dieta' leges et artes jUfJene8 et alii doct, aliqua de ipSi, studere eolente et lectore publice concernere po8lent pro libito fJoluntalis ad eorum Mctrinam, 8tudium et emolumentum BORDlO., ])i8ignuliI etc, f. I). E dolio stesso Bordigallo sappiamo, che nel Giugno 1520 il Vescovo Gerolamo Trevisano n decrevit et ordinavit duo g!lmftasia in Epi8copali petatto erigere. Quorum atterwn in gramatica, alterum in mU8ica, quibu8 jUTJI!ne8 1Ia8 arte di8cere olente, praecipue paupere8, possent has ri,-tute8 accipere e istitu ad erudire nella Grammatica Ga8pare Alasperia genovese, nella Musica Celare &1cchi, cremonese, ambedue aacerdot : e per stipendio assegn loro sulle entrate vescovili trenta ducati d'oro annui. Qnesto 111 riguardo alle scuole ecclesiastiche; in quanto alle laiche qual maggior prova del loro rigoglio che il veder nel rotoli dell'Universit di Pavia del 1498,99 {vedi Pianta delle Ipese per l' U"iTJtr8it di Paria per G. POIIRO, AIch. Storo Lomb., anno V, fascicolo Hl), come rettore Antonio Picenardi, e fra i professori GiO!iail Pietro de' (Jiberti, Marco de' Nao, Gioran Pietro (forse lo stesso che il Giberti), Omobono degli Uffredi, tutti cremonesi? Nel 1509 eranvl in Cremona undici precettori publici, fra i quali alcuni illustri, come il Caetani, il Lugarl, il Concoregio (vedi BoRDlO., Disignum, etc. passim); ed il Vida scriveva di essi, che la citt ne era, pi che l'altre tutte, riccamente dotata: quibus ciotta "08tra prae cuncti8 aUi, est felicissima tum graece tum latine eruditissimi8 o (lettera ai cremon., da

no, tuttavia l'insegnamento laico vi perdur fiorente non meno che l'ecclesiastico. In tal guisa preparavasi e sviluppavasi in Cremona un movimento letterario ed artistico vivissimo, che diffuse durante il secolo XVI nella numerosa popolazione una vasta coltura. Non quindi diffcil cosa, che il Bordigallo fra tanto amore alla scienza s' infervorasse di pi negli studi generali delle lettere in cui ebbe a maestro il cremonese Bartolomeo Petronio (I), celebre rettore e poeta, al quale era stata ila Francesco Sforza affidata l' educazione de' suoi figli. Ma non trascur gi Domenico le pi severe discipline della Legge, giacche nel 1470 - in et quindi di soli vent' anni - entrava nel Collegio de' Notaj.
Roma Non. Febr. MDXX, presso ARISI, Cremo lit, Il, p. 115): e a loro si affidava intieramente inviando dietro richiesta del Comune, la sua Poetica, la quale, perch venlsse in tutte le scuole adoperata, era a publiche spese Impressa In Cremona, il 21 Marzo 1520 (vedi ARISI, o. e., I. e.). Anche molti nobili cittadini sono rammentati dal B. come cultori delle scienzo e delle lettere; cos Boftino I la Penna, filosofo ed astronomo (Dsgn , f. 13), J'incenzo dei Lanci, che fu assassinato dai Francesi nel 1521 musarum cultor (f. 14), Battista Ansoldi 'ratti rytlmiClU" (f. 14), Gio. Maria de' Gaudenzi, poeta (f. 15), Batlista de' Ptast, celebre astronomo-e fisico (f. 15), Sforza Forltt i, poeta (l. 1'7), Gto. Maria de' Perutti, poeta anch' esso (f. 18l. Tommaso de' Raimondi, doctor, orator dignus et poeta .. (f. 17), Quinziano Stora, ed altri moltissimi. (l) Bosn., Chrotl., f. 180: Similiter de hoc mense Septembris, die 21 [1499J, praeclarru titeri Graecis et Latiwis praeceptor, Dnus Barthulomeus Petroniu Crento1Iae patricius noster et ciris ad erudiendum virtutibus et mo,.,bus CiDium ad.olucefltes cope88efldis, lui patriae tume et splender de hac tnta rJlurfali "d pnjHtllarn, Bcclenae sumptil Sacramentis, pertransif!it. Et quia inter discip/in" 8cAolasticae mogi,trol et praeceptores emicuit, nustl'ique ut poter ad ediscendum utero, et mores Comitique Geteasio, Sforcia et mihi onlJrandul praeceptor eztitit et tkcuit, igitur lui ad memoriam, Alcmanaeque patrtae ad Iaudes, faflI411t et gloriam, Epitaphium fjuslilodi tenoris ut tufra, mi lector, capins. En. Bartholomeus erat sapietlS Petrotlius arte Grammattcae : Jonicum doruit et e/luquium. Sphortia Franciscus multum dilea:it amando Et genitum G ateo erudiendo dedito Briputt mors fera tirum ; sunt ossa sepulc1,ro; 'Virtutis fama permanet ,n V(jlitlno. Del Petronio parlano il CAVITBLI.I. negli Ann. s. a 1466; il BRBSSIANI, Virt RtI"fIif!.; l'ARlSI, Crem titer., 1,299. lo dice educatore non del solo Galeazzo, ma di tutti i figliuoli del Duca. Scrisse due volumi di Epigrammi, altri due lasci di Epistole famiUa,.,'. Un suo carme latino in lode di Cremona public l'ARlSI, I. c. Nella Biblioteca Trivulziana di Milano si conserva iu un Ms. del 1476 la seguente sua opera: Bartholumei Pttrunii Cremonelis De arte gratl7atica, n,vle ad eruditione iIluI."; et ex."; D. lO. Galeacii Ducis .Mediolani Se:c. Ii

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Della sua vita s publica che domestica, di cittadino e di dotto, non abbiamo altre notizie all' infuori di quelle, che egli stesso ci ha sparsamente lasciate nella sua Cronaca e che, con premurosa cura raccolte, esporremo brevemente. Quando egli si stringesse in matrimonio colla nobil donzella Palmina, figlia di Beseghino degli Oldoini (1), appartenente ad una delle pi illustri famiglie cremonesi, non ci noto. Da essa ebbe parecchi figli: Cesare (2), ascritto esso pure al Collegio dei Notaj, che lasci la vita nel 1515, d'anni trentacinque; Giacomo Filippo, che entr nell' ordine dei Minori Conventuali, fu espertissimo nella musica e nel canto, e mori di venticinque anni nel 1517 C>;
(l) Cllron., f. 181: " Anno 1502, die tercio antedict; mensis Nonembrts, lllJbilis et praectaru otr, d. Eeleginul de Oldollnis de hoc rita ad aliam perpetuam pertransitnt; et quia in patria Decuria, rir prudenl et sapiens fuit, omn doctrina plenuI, mei socer, a Palmtno uaore jitia, igitur ad ilIiuI memoriam, patriae et familia decorum Epitapllium suscip, mi lector. En. Proiector patriae [acet lIie Beseginus in urna : Dulce decus Proarum, splendor in urbe ril'um. Pulchra Cremona parens fuit et de stirpe super~a OldofJltlf,rum: retiiosu homo. Spil'itus aeternas gaudet concernere sedes, Caelestem patriam, fJulnera quinque Dei. Ossa jacent tumulo: tamen indelebile nomen. Virtutis permanet perpetuumque bonum. (21 Chron., r. 236: Die JOfJis XXIlIl praedicti mensi Aprilis, hora fJigesimatercta . . . CaesarflliUl noster lIurdigalul, jUfJenil persapidus, de hoc saeculo .ftorente aetate annorum XXXV ad meliorem fJitnm pertranlir;it .. , , Bpitapllium tenoril hujusmodi acl ilIius laudes compolui. Bn, Eurdif/alul Oaesar [aceo lepultus in urna: Mors rapuit: pro me die mtserer mei. Sist gradum: te scire nolo morieris, amice, Quicl stt homo memores: pu1vis et umbra manet, Quisque fJirum, dum fata linunt, bene rirere quaerat Ut raleat sede scendere perpetuas.
(3) Chron" f. 261: Dte Domintco X,rVI praedicti mensts Aprili.! vitam mortalem cum aeterna J[dul i/l Christo Poter, nOltri Filiul quo ad carnem naturalis, .tlorida in aetate annorum riginti quinque, Prater Jacobus Philippus Burdigalul, DifJi Francilci miles et sernus, eommutavit -- in Italia prae cunctis organilta excellenl cantorque religionil amator etc. Di costui fa ricordo infatti l'ARIsI (o. C. II, pago 451) nella Marttilsn MUlicorum Cremonens. insignum qui hoc Saeculo (X VI, floruere e riporta l' epitafto composto per lui da Domenico. Anche il LANCETTI (o, c., l. c. lo rammenta. Nel Dilignum, etc. del Bordigallo, fra i possessori di case nel quartiere di S. Agnta sono posti Caesar, GnliefJUI.

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Galieno, Cristoforo e forse Battista, notaj essi pure. Oltre a questi, Domenico ebbe una figlia, per nome Valeria, che si marit nei Claraschi. Dalla abitazione ereditata dal padre nel quartiere dei Glossa"i, uno dei quattro dipendenti da S. Agata, sembra, che il Bordigallo altrove si trasferisse; giacch nel 1515 trovasi fra gli abitanti del quartiere di S. Salvatore (I) ; pi tardi (circa il f520) fra quelli di S. Bartolomeo (2), e poscia nuovamente nelle vicinan.~ di S. Agata. Di questa chiesa fu massajo insieme con Bernardino Crotto e Bernardino Corradi nel 1496; e sotto gli auspici suoi e del preposto Antonio Artezaga venne allora il tempio restaurato e rifatto (3). Nel 1512 lo troviamo fra que' nobili cittadini, che in
Ciriltop/aorus De BorJigalibus, che sappiamo esser stati indubbiamente suoi figli. A questi furono per a:.:-giuntl posteriormente, ma di mano del tempo, e forse dallo steaso Domenico, altri tre nomi: Ntcolaus, Bapttsta, Constafltinus. Siccome Nicol ricordato anche nella Cronaca (f. 396), come figlio di Oesar, cos pensiamo, che ancbe gli altri due fossero nipoti del Nostro: figli cio o di cesar o di Galieno. In tal caso il Battista non sarebbe altro, che quel Giof)(/n Ballista, che il Lancetti (l. c.) chiama f1~dio di Domenico: errore che non ci recherebbe meraviglia in lui, che spaccia Giacomo Filippo come zio, e Galieno come cugino di Domenico, loro padre! Per alcune notizie, che d il Lancetti, si possono creder fondate sul vero : cos questa, che G a lieno ebbe nel 1533 il decuronato mercantile, che il Battista o Giovan Battista fu ascritto nel 1534 al Collegio de' :-Iotaj, e pass a dimorare presso S. Silvestro, che da esso scese un altro Domenico, notajo nel 1632: dopo il quale la famiglia forse si spense. Non ci noto quale parentela corresse fra Domenico e quel Ven. Dnus Bartholome1l' Burdigalus, che esso ricorda fra gli abitanti de etc. 8. Sophiae al f. 15 del Di,ign. (l) Disign., f. 14. (2) Chron., f. 309: in mea autem (lede lita in ora diri Bartholomei e cos a r. 317 e f.321. (3) Cltron., f. 17'1: .lICCCCLXXXXVf. die Juvis XXVI! Mensis Madii Dioae ~gathae templum per Reoer. dnum Antonium de Arctudtacoms praepositum reudiflcari incohatumfuit et me Domtnicum tun Ma66a1'ium; per atiquo: annorum post Ri!.us Ptuiosoptuae Professar d. Hieronymus Trechus preposltus seccessor digni6limus illud Dei ad gloriam Divaeque j1livit ornate .... Isto quoque Dma Agathae [Fabricae tempore et die 14 Junii tintinnabulum ,,,ognum mas,ario me ea:istente} viCinia ipla de elemosinil frt et conjfarifecerunt . E nel Di'ignum, f. 17: Templum q{loque 'stud (D. .Ag(Jthae) de 110t:O (.~) per r-en'" d. Antonium Urchinum (sc] praepositum ipsius et Bernardinum Crottwm, BeNiardinum Cunradum et me /Jominicum tunc Fabricae ipsius Bcclestae MOI,ario" fuit n/aedijcatum . Di questo restauro della Chiesa di S. Agata parla anche il MERULA, Santuario di Crem., p. 3U, citando e il passo, riferito in parte da noi, della Cronaca del Bordigallo e l'iscrizione apposta nel tempio, che si legge nel VAIRANI, [n,cripto Crem.

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mezzo al terrore, suscitato in Cremona dall' arrivo degli eserciti pontifici nel contado, ed alla fuga universale, rimasero nella citt abbandonata, e raccolti in solenne e generaI consiglio nel Duomo, trattarono della resa al Cardinale di S. Pudenziana, legato apostolico (7 e 8 Giugno); pi tardi (1517) Dittatore (1), ossia Ragioniere del Comune; Sindaco e Procuratore dell' Universit dei Mercanti; e come tale difensore dei diritti della Citt contro i soprusi e e le angherie del castellano di S. Croce, un guascone, Janet Benon de Erbonville, il quale aveva con opere di muratura, argini e dighe impedito alle acque dei Cavi e del Naviglio, che servivano ai mercanti, ai tintori, ai Confectores et Curatores Pipnolatorum , ai mugnaj ed a tutti i cittadini, di entrare in Cremona e pretendeva, allegando ignote donazioni regali, una tassa per lasciarle scorrere nelle condizioni di prima (2). n buon notajo altamente indignato di tanta prepotenza, mandava a Guido Mettalono ~), pretore della
(l) In una lettera inedita alla contessa Monaldinl di Ravenna, di Giulio CelaTe Eonetti, erudito patrizio cremonese del passato secolo (1'715 1'797, vedi ARISI, Cremo liter., III, p. 36'7) pubblicata dal LAl>CETTI (o. e., p. 408 seg.) si hanno alcune notizie sul Bordlgnllo. Di esso scrive il Bonetti fra altre cose, che fu allai onorato in patria nOli soltanto per la nohilt della lWa Prosapia, quanto per la gelosa carica di dittatore, conferita da questa citt alla conoscIuta lua probit e fede. Di tale 8UO ufficio non fa ricordo mni il Bordigallo nella Cronaca: ci che pur non toglie valore all'asserzione del Bonetti, diligente Investigatore di memorie cremonesi. Il Comune di Cremona aveva tre d,ctatore, o Ratwnatores, come si rileva dal Dlllgnum e dalla Chron., f. SOL (2) Chron., f. 238: Post haec suam inclgti et magnanimI mercatore Rei Publica defensoTeI luppllcatloflem apud Patres Rei Pubttcae conlcriptos et praestantes porrexerunt: quam ego Domtnicu Eurdigalus Utlifierlitatis praedtctae procurator nomIne ipsiNl prelentavi, qua dehui, rererenita iplis Prtlidentihul et Consillo Urbts generali ,). Ed al f. 239: " Tunc ego Dominicus [.'o'lsul Jfercantiae et BundicNl Relpuhlicae electus patrihuI iplli porrtXi adimplendam [suppllcationem] qua ah Ugolino Reazota Retpubttca seriba coram magiltralihul lecta, adimpleri per halotas mandafief'Unt et ordinaverunt . (3: Nel curioso dramma di FRANCESCO MANTOVANO intitolato il Lautrecho, del quale una sola copia a stampa, ma mutila sulla fine, si conserva fra i pi preziosi cimelt della Biblioteca Magliabt>chiana, fra gli inter!ocutori appare Guida MetallonQ, Senatore. L'illustre e amatissimo nostro professore ALESSANDRO D'ANCONA, che di tale dramma publicava, per primo, un analisi nel Il volume della insigne sua opera: Origini del teatro in Italia, pago 159-173, scriveva (p. 164) di non aver potuto raccogliere nessuna notizia sul Metallono. Noi rassumeremo qui i pochi ragguagli che abbiamo ricavati dal Bordigallo su questo uomo, che dovette godere ai suoi giorni fama non mediocre, per esser posto fra i personaggi del singolare lavoro di F. Mantovano. Ch'eRIi fosse Francese, lo desumiamo dal dirlo il Bordigallo nativo di Orinopoli (Grenoble) che aveese

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citt incaricato di giudicare della lite, e al Senato di Milano, or libelli, suppliche, narrative vergate in stile curiale, ora epistole ritmiche e carmi per ottenere giustizia (I). Riusc a far trionfare il diritto sulla violenza; ma non cess mai dal rancore contro il prepotente guascone; e quando, costui mor, certo non accompagnato
titolo di Regio Senatore lo fanno manifesto e il Nostro che sempre lo chiama tale e il dramma ove esso stesso dice: Et io di "lfilan jui senatore. Ebbe probabilmente verso il 1516 la Pretura in Cremona che amministro con un equit rara in qnc' torbidi tempi. Cacciato di citt Insieme al governatore, il 21 Novembre 1521, quando per la notizia della perdita di Milano fatta dai Francesi, i cittadini insorsero; vi rientrava - per morlrvi - pochi giorni dopo. Ecco le parole dci Bordlgallo che ne foggi l' Epitaflo: Clron., f. 328: " Die duodecimo menlis Decembris spect, JUI'is utriusque docto ut'bis Cremona Praeior d Regiull Senator dilUII Guido MettaMnus de Grinopoli in aede diii Vincentii deMa!lnoldill:.ic. 8.1ficolai obiit. Aere publicojuneralia eijacta in tempio Di/Ji Dominici juerunt; ad illius laudes Daniel Gagetnus orationem pronuntiavit, ibique lIepelituf'. Epitapkium a me compositumnunc accipe, lector. En. Mettarona domus genuit te, Guido: Cremona Ossa tenet : patria GrlnopoUs juit. Doctor amandus eras, magno sub rege Senator, FranCOf'Um Alcmenae praetor, et inde [ace. , .llille et quingentis bis deno unoque Decembris J'dibus, ast rapuit mors fera : fama manet.
(1) Ad aeternam rei memoriam " riproduce a f. 241 il Libellum productum ... contr Presidem AI'Cis, il giorno 14 Luglio e sotto il giorno seguente un carme indirizzato al pretore (f. 242). Ma siccome il castellano non voleva cedere, la citt mand lagnanze al Senato di Milano e al Lautrech, che trova vasi allora in Verona: supplica e risposta del Re trovansi a r. 248, insieme ad un nuovo componimento poetico al Mettalono, nel quale Il Nostro l'ammonisce che

Sint in amicicia Petrus Dans atque /ollannes, Sed magi' et magi' dillige ju,titiam; e eosi gli descri ve la gioja che, per favorevole
81lCCllll8O,

si diffondera in Cremona:

Teque Deum CtUI, populul taetanter in [llJgmno Cantabunt, Superi laetictaque polo. Campanae sonitul diti, don, don saepe rtlolvent, Et taratan taratan buccina voce daMt, Piffera quid facten/? cantu modulante camena, Pioa lIuum bibiU danl bibili taceo. Timpana cum crotalis !iclle tac stapheta rtcantanl Tin tin bi$ gemi nana, 8ymphona dalll bio bo.
4! tutti

(Uib. 8eptembris). Ma non si giungeva a conclusione di sorta. Allora I tintori ,:rli altri operai protestarono che non lavorerebbero pi; I mercanti rln-

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al sepolcro dal compianto de' cremonesi (1), il Bordigallo gli scagli contro un epitaffio, in cui la collera, fin allora covata in cuore, prorompe liberamente, e d allo stile dimesso del Cronista un' insolito vigore (2). Nello stesso anno una grave malattia poneva in pericolo la sua vita: dopo tre mesi avendo ricuperata la salute, ne ringraziava, come autrice, la Vergine:
O marls stella, o radiosa mundi Lampas, Q mater patris, alma Virgo, Hoc age : incomptum exigul poetae Suscipe carmen. Te super CoeI08 bodie micantes Angeli t'_m rapuere terris, Et super vitae Dominum beata Sede locarunt. Da precor nostris placidam diebus, Urbe sanata, incolumique Rege, Barbarum acto procul bine tumultu, Visere pacem.

(C. o 2'74)

Vani voti che gli eventi successivi duramente smentivano. N i publici lutti soltanto lo funestavano, ma ad essi aggiungevansi donovarono le lagnanze al Senato (f. 257). Si eleggeva invece del ldettalono, alla fine un nuovo Commissario, Bernardino Guazio, e questi, raccolte innanzi a se le parti contendenti, persuase loro di venire ad una transazione (22 Marzo 1517). 11 castellano rinunzi a qualunque pretesa e ricevette dal Comune centoquaranta scudi d'oro all'istante, ed altri sessanta gli Curon promessi per Pasqua di Risurrezione. Nel Settembre dello stesso anno fu pure sindaco e procuratore della citt il Nostro in una contesa fra il Comune ed i custodi delle porte o gabellieri cbe commettevano arbitri ed estorsioni (f. 266). Lo stesso officio conservava ancbe tre anni dopo all' arrivo in Cremona di m. De l'cu (15 Settembre 1520: Chron., r. 2~5). (1) L'ignoto e rozzo autore della Cronaca Cremonese dal 1494 al Hi25, publleata recentemente (B'bl. Hutor. Itai., I vol., Milano, 1876) BOtto l'anno 1523, parlando Della elL'equia del Castellano Francese, scrive, cbe quando se portafJa alla sepoltura, hera fora tutta la terra a eedere, et li Francesi che ereno usitifora del castello, l'accompagn<Jrno alla giesia et fu messo in 8ancto Homobone et ucondo che s' ~ solltto a pianure, ognuno le alegrara " (p. 267). (2) thsasco iaces tandem Praeses, fur, latro, Benone Heroontnla : reum te rapuere Deae. Guasco, [aces tandem, pr.nceps, sentina malorum, Improbus, euatu, scorta, cvnaedus homo. Guasco, [aces tandem, patria destructor, adulter, 8acrilegusque Nero pessumUl absque fide. Guasco, jaces tandem, sitibundus saepe bibilti Alcmenae nU/IImol, quos fera mori rapllit.

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mestiche sventure, giacche moriva nel 1524 la moglie sua (I), e il diciannovenne nipote Nicol l'anno appresso la seguiva nella tomba (l). Ben triste doveva essere allora la vita del Bordigallo, che gli ingrati anni della vecchiezza scorgeva attristati dalla perdita di tanti cari, dalla solitudine e dallo strazio incessantemente rinnovato della sua patria per opera di barbariche genti. Anch' egli dovette soffrire gravi danni negli averi, veder i figli combattere lungi da lui, italiani contro italiani (3), tollerarne insulti le mogli ('), e in et grav~ sopportare egli stesso ingiurie e violenze da
tl uasco, [aces tandem: morbo oeniente lupino COflsumpsit carnes et stn dent tUOI. Tandem, Guasco, [aces : poenil cruciatibus archo Isuubrtn lin'luenl moenia castra Duci.
11) Chron , f 384: Die Iunae decimoseptimo mensis Dctobris, hora 1Jigesima tertia nobi/is et praeclara Afatrofla Dna Patmina de aldo1lnil guondam patrt Beugini, nOltrigue cara et fidelts uaior , aetatis annorum le:caginta guin'lue, ~ltam mortnlem cum aeterno commutarit ..... ad sui memoriam bOflarum ope,...m Imitalionem hujusmodt Epitaphtum tenoru, lachrymando, composut, E'I .

.vubilis et prudens jacet hoc Palmtna lepulchro, Oldivtnorum stirpe creata fuit. Burdigalo conjuncta viro, Soror ordinis tercii Carmelli Blio: reliiosa, bona. Corde Deum coluit; sernan mandata, Redemptor &dibus aeternis traeit amore animam
(2) Chrcm., f. H96: " Die oeneris 1Jigesimoantedicti mensis Octobri praeclo""', lIapienl et doctus juvenil vitaegue morieratus, eastu et honestul, aetatis a'lIlOrum decem et n01Jem suae jloridae, nostri oblaticus, Nicolaus Burdigalul, quondam Caesari jlltus .... pertrans{vlt epotil venarum apericione et sanguinill a pectore emanacione . (31 Galieno, figlio di Domenico, sebbene notaio, attendeva probabilmente alla milizia, giacch non solo il padre suo lo ricorda sempre come uno fra i ca-

pitani del popolo, in occasione dr rassegne militari o di tumulti cittadineschi (cAron., C. 217: f. :357 etc.); ma da un passo che riporteremo in Appendice risulta, che nel 1526 esso combatteva nell'esercito veneziano, che assediava Cremona. Vedi Docum. J. (4) CArott., r ad tram et malivolentiam in nos Hispani crudelel perventi lJi et furiole per sias ambulantell adire omnes usque ad mulie7't1 cOf1lpertas [ceperunt]. In numero guarum nurus nostr D. Urstn Galieni jllii (v:ror) quae lupra /lostium domus erat, Quidam Hispanus crudelitate pien", [transiens] llanc intuenl baculo In manibul vi nest trallens prope forum . . , ..... r-erbe,.afldo Indv:rit. A casu egregiul et sapl"enl l. C. Doctor fAscllaniul) Botta r.rudelitatem intuens, hunc milltem redarguII et iliam [Iemimo"jtuam ad propriOl 14ru llumanitate, et noltri ben(volentia transp]ortarifecit . Il foglio assai guasto per umidit sofferta.

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arroganti avversari, uno de' quali os un giorno, mentre gli Spagnuoli occupavano la citt, e i Veneziani rumoreggiavano fuor delle mura, fulminando colle bombarde le case, oltraggiarlo, mentre conduceva a lavorare alle fortificazioni una squadra d'operai del suo quartiere, e farlo gettare in carcere nel pi cupo fondo della torre del palazzo di S. Agata, ove il buon vecchio rimase alcun tempo, sfogando, col compor versi, il dolore e lo sdegno (I). Affranto dall' et e dai dolori esso vide per ritornar signore in Cremona dopo tante luttuose vicende Francesco II, e forse compiacendosi della invocata e sperata pace, che allor parve un istante avverarsi, deposta la penna, si addorment per sempre. La data precisa della sua morte non attestata - per quanto ci noto da alcun documento: fu sepolto nella chiesa di S. Agata, ove la sua lapide, ora scomparsa per i cangiamenti avvenuti nel suolo del tempio, vedevasi ancora alla fine dello secolo scorso: la ricop infatti e a noi la trasmise, oltre che l' Arisi, il Vairani (2). La fregiava uno stemma, in cui era effigiato un gallo ed il motto CORDIS L..ETITIA; e la scritta dicea cos: HOC EST SEPVLCRVM DOMINICI BVRDIGALI ET HEREDVM SVORVM. AN. f52i (3). Questa data non per, come credettero il Lancetti e l'Aglio (4), quella della sua morte; giacch esso era vivo nel i527,
(l) Chron., C. 409, vedi Doc. I. (2) VAIB., /mcript. Crem., pago LV (n. 306) Humi in .acrarlo. Amsl, l. c.

(3) Il V AlBANI tace l'anno, datoci per dall' ARIBI, forse perch ai suoi tempi la lapide consunta non permetteva pi di decifrarlo. (4) LANCETTI, l. c.: AGLIO, Memorie etc. ms, pago CCCXXIX. GIUSEPPE AGLIO, di famiglia non ignota in Cremona, scrittore erudito di cose patrie, vissuto sullo scorcio del secolo XVIII. La sua opera sulle Pitture e Sculture della citt di Cremona (Crem., Feraboli, 1794), contiene molte particolari notizie su lavori d'arte o smarriti o portati altrove, quando le chiese, in cui erano conservati, vennero o chiuse o demolite. Nella Biblioteca Pallavicino si oonservano poi oltre a molte giunte e correzioni inedite all'opera surrioordata, due volumi mss. di Memorie Paine da esso compostI. Il primo intitolato Memorie di pi ulnalati uomini e donne mUltri Cremoneli, un grosso ms. di pagine DII, diviso in dieci classi, che racchiudono brevi biografie dei cremonesi nsgn! per santit, valor militare, dottrina etc., ma per opera di poco pregio come quella che non offre che un compendio per la maggior parte, e l'Autore sl.eB8o lo dichiara, della Cremona literata dell' ARisl. Il secondo volume supera di gran lunga per importanza Il primo, e si intitola Monumenti Cremonui raccolti e iUUltrati dal cittadino G. A.; comprende dodici saggi in pago 261. I primi VII lustrano

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anno al quale si arresta la sua Cronaca. Ma sebbene ogni nostra ricerca per precisare il tempo della sua morte, sia esplorando l' Archivio parrocchiale di So' Agata, sia facendo indagini in molti dei nostri scrittori, non abbia avuto alcun risultato, pure stimiamo che appunto nel 1527 il Bordigallo cessasse di vivere. In tal credenza ci induce r osservazione, che la sua Cronaca rimasta incompiuta: essa si interrompe bruscamente, senza un cenno, un indizio pur lievissimo, che sia giunta al termine: e non a credersi, che il Bordigallo non volesse ornare d'una conclusione il suo lavoro, se l' avesse condotto a compimento. A giudizio nostro la morte lo sorprese mentre esso andava notando gli avvenimenti che vedeva succedere quotidianamente in citt: e forse lo port via la pestilenza, che in quest' anno appunto torn ad infierire in Cremona e). Cosi sparve dal mondo questo uomo, dopo aver per circa ottant' anni assistito alle pi dolorose conseguenze delIa debolezza della sua patria infelice. Dedito in tutta la sua lunga esistenza agli studi della storia e della poesia, esso lasci molte opere, delle quali poche e vaghe notizie conservarono - unici - l' Arisi ed il Bressiani. Il primo nella Cremo ter, (Val. I, p. 137) scrive: DOMI~ICVS BORDlGALLVS maximum et suis temporibus et rei Iilerariae ornamentum, historicis, poeticis ae oratoriis studiis addictus, scripsit, italico sermone (2):

Historia dal principio del Mondo fino al suo tempo et in particolare le cose aooenute alla patria, Le "Vue delle Reme Hebree;
latine vero:
iscrizioni romano, esistenti in Crernona ; l' VIII altre cristiane; il IX tratta del 6Ollgiorno dell'II Ebrei in Cremona; il X d'un Istrumento di livello del 1143; I' XI dell' anno della morte dello storico A. Campi; il XII del deposito marmoreo dei Meli. Molti di questi saglli sono importanti e pieni di utili notizie di storia patria e meritevoli di veder la luce, come pensava I'nutore stesso. Ma un fatto molto ragguardevole si ricava dal discorso proemiale ed questo, che l'AGLIO il BOlo e vero autore della Raccolta di Iscrizioni Cremones publlcata BOtto il proprio nome nel 1796 dal padre VAIIlANI, al quale l'AGLIO,non avendo mezzi per condurre a termine la stampa, la cedette in propriet, non ricompensato che da un misero cenno nella prefazione dal poco scrupoloso Padre. Dell'oSRl'rzione sua, J'Aglio d poi irrefragabili prove in altro suo opuscoletto, da noi vlsto, (1) Il GAD! nella sua Cronaca ms, e il ~IANINI (Mna. Stor., I, 102) narrano, che la citta perdette in quest'anno pi d'un terzo degli abitanti. (2) Quanto scrive l'ARISI, cbe la maggior opera del Nostro era dettata in volgare, parrebbe un errore; giacch la Cronaca scritta invece in latino. Ma ?

lR
Illustrium Vtrorum Cremonensium Epz1apMa, Orationes, Epistolas, Anaqrammata. ae alia sui facundi in,qenii numimcnta . Eli il Brvssiani nell' opera Collegio dei notari della Citt di Cremona sotto l'anno 14iO (p. 4o) scrive : DO~I:'\!r.O BORDIGALLO Historico della Citt di Cremona scrisse l' Historie del Mondo, dal di lui principio sino all' anno 15~7 Latine e in particolare le cose avvenute nella patria, le Vitte (sie) delle Regine e Profetesse Hebree et un libro d' Orationi, Anagrammi et Epitaffi con titolo Fassioulum (sic) et altre opere molto lodevoli tutte Latine . Tanto l'Arisi, quanto il Bressiani ammettono per di ricordare un' altra opera del Nostro che or accenneremo (l). Di tutti questi scritti de} Bordigallo ne rimangono, a nostra notizia, due soli, che giacciono inediti in due biblioteche cremonesi, la Pallaoicino e la Ponzoni. Presso la prima esistono la Storia dal principio del Mondo etc., detta per brevit la Cronaca, e la cosi detta Cronicclla : presso la seconda da pi che due secoli, la Cronicella soltanto, cui va ag-gillnto un Scrmo et Carmen dc Nohiiatc Matronarum Antiquarum (~). Le altre opere ricordate dall' Arisi e dal Bressiani Cl sono perdute o giacciono ancora ignorate in qualche ripostiglio. Un codice di lettera assai guasta, conehe forse il B. avesse lasenta un' nltra Storia scritta In italiano, ora perduta, cos che !'afihll1azione d,'II' ARI51 non rusclsse infondata, potrebbe farlo mpporre il segupute P"flSO di una lettera, che L. CICaGNARA scriveva ad un Picenardi, publicata dal Marchese G. S()~IMI - PICl';:S AR\lI ilei suo libro Cremona durante il dominio de' Veneziani: " con sua 22 gennaio corrente mi scri1Je Bila in proposito di J.lltonro Cicol"al'a: .. 1454: in quest' anno il nostro Antonio Cicognara excellente pittore de' quadri et bravo mnlatore, minl et dipinse un magnifico mazzo de carte d-tte de Tarocchi drr le redwto et ne fece presente all' ill. e rev. Monsguor Ascanio M, Sforza etc. . Questo mi disse Ell a essere il testo del Croni,eta Borr/igollo etc. , Dalle parole dI'I Cicopnura, parrebbe dedursi, che esso citava le proprie rspresstoni del Cronista; quindi uu brano di Cronaca in volgare. Ma d'altra parto nel 1454 il Bordignllo, nato com' era nel 1449, non aveva pi di cinque anni. In qual modo poteva esso rnmmentara d'aver veduto l'opera del miniatore cremonese t quindi da ritenersi che, o si tratti di persona diversa dal Nostro, o cho il Cicognara e il Picenardi siano caduti in errore (li L'ARISI supplisco tuttavia a tale difetto in una nota a p, 358 del voI. III della Cremo ltter IApp'nd.'uo'ldo tali/o) Vedi nota. (2) In un vecchio catalogo dei libri appartenenti alla famiglia Ponzoni, steso ilei 1697, fra altri flgnra una Storia di Cremona di Domenico Bordigall(J. che molto probabilmente non sar stata altra CO!iU dal Disignu711 etc, di questo autore che si conserva ancor o~gi in quella Bibliote~a,

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tenente versi e prose del Bordigallo possedeva I' abate Bianchi, che lo voleva vendere al Canonici di Venezia, il quale declin r offerta. Questo codice noi sospettiamo, non fosse altro che quel libro di orazioni, epistole, anagrammi, epitaffi etc., che col nome di Fasciculum memora il Bressian : forse il Bianchi l'avr ceduto ad altri, giacch non pervenne alla biblioteca Ambrosiana col resto della sua eredit (I). Venendo ora alle opere che ancora rimangono del Nostro, parleremo innanzi tutto - anche perch prima per ordine di tempo - di quella, conosciuta impropriamente sotto l'erroneo titolo di Cronicella ; nome che le fu dato per poterla in qualche modo designare e distinguere dall' altra opera maggiore, avendo essa un titolo troppo lungo e complicato per riprodurlo integralmente. Se ne pu infatti giudicare, leggendolo quale si offre nel rns. : Dominici

Burdigali pairic inclae Urbis Cremonae illius syti desmum : in Spiritualibus et Temporalibus dmitates : Orarum cum Civibus in ea suis temporibus eaistentibus descriptio : arorum totius terrori cum Castris, Villis et locis per geometriam inter (ria fiumina mensura : illius quoque Urbis ad laudes Chronicella et Carmen. Kal. Aprilis a natioitate Domini nostri Jhesu Chrisli 1515: Si ha dunque, come il titolo lascia scorgere, in questo libro

r).

una completa. descrizione delle condizioni materiali e civili di Cremona sul principio del secolo XVI. Dopo un breve carme, in cui si espone la causa pel' cui l'Autore assunse la non lieve fatica,
M. pietas et amor faciunt descrbere, lector, Alcmeuae tltulos : stat mihi cara parens,

e la dedica a Pietro Martire Stampa, governatore de~a citt per Massimiliano Sforza, ai rettori (li essa e a tutti i suoi concittadini, ed un sunto della storia patria dalle origini sue all' anno in cui scrive, il Bordigallo si addentra nella descrizione della citt, delle sue mura, rocche e porte. Leggendo nel Nostro che le torri, le quali incoronavano le mura cittadine, erano presso che sessanta (3),
:1 \ Ci ricaviamo dal LANCETTL o. C., I. c r2i L' AR151, riferendo questa lunga nttolaaone, incorso in parecchi errori. COlli stamp designalu8 per Di8ignum, pose un punto fermo innanzi alla parola Descriptto, che altera tutto il senso, e inVE'ce ili iliius quoque un scilicel qlllJflM! che non s'intende C~811 vi st!a a oignificare. Il LANcETTI la di pi corT~tta ro, c., 1. c.), (3) L' ARl81 nel tomo III, pago 122-123 della Crem, ltter. ne riferisce i nomi

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senza tener conto di quelle delle rocche di S. Michele e Luca e del castello di S. Croce; che altre sessantaquattro esistevano nella citt elevate ne' secoli straziati dalle guerre civili da ogni nobile famiglia; che a queste altre settantasette se ne aggiungevano delle chiese ed oratori, si comprende come a buon dritto Cremona venisse gi anticamente detta, la Turrita (l) e stimata una fra le pi iusigni ed inespugnabil fortezze d'Italia. A questi curiosi dati lopografici il Cronista aggiunge notizie sui principali monumenti cittadini: indi enumera tutte le ecclesiastiche dignit, riportando i nomi dei personaggi che le occupavano a quei giorni. Alla nomenclatura dei conventi, de' monasteri, delle chiese e de' templi (2), segue poi la descrizione del reggimento della citt stessa, delle varie dignit temporali: il nome eri il numero dei nobili, dei dottori e giureconsulti e notai collegiati; dei medici, fisici, chirurghi, professori e lettori publici dello Studio, che insegnavano il giure o le retoriche discipline (3). A questa rassegna della parte pi illustre della popolazione, il Horrligallo fa seguire l'enumerazione dei cittadini abitanti nelle varie Viciniac, vie e cantoni rlei quartieri, detti Ora della citt. In questo elenco dei quartieri, che prendono nome - quasi tuttidalle varie chiese a cui sottostanno in numero di circa settanta, esso non indica che i possidenti delle case e i capi-famiglia (escluse quindi le donne ed i fanciulli) e solo i nobili, poich spesso tronca l' elenco degli abitanti d'un quartiere, scrverulo : Caeteri suni popularcs. Facciamo questa osservazione, perch egli non annovera che 1377 abitanti, mentre a quel tempo Cremona, -ancora fiorente,

togliendo Il dal l3ordigallo. l'iotl'remo qui di l,assaggio, che nella via Maestra si er~va una torre, or demolita, detta del Bordigallo. (l) Il "IDA, fra gli altri, sulla flue del poemetto Bumbycum: C< Flumine turriger(1e radens sata rutta Cremona v (2) I conventi di frati erano otto, tredici quelli di monache. (3) Di g-iureconsulti il B. ne rk-orda 38: di causidici e notai collegiati 70: di medici e maestri di chirurgia 38 I marchesi erano 2, i conti 20, 16 i cavalierl, &>nza far conto di coloro che coltivarono come ornamento le Lettere, di docenti in Grammatica e Retorica l'Alltore Ile novera sei, cio: Barthofumeus De HermeflZQnibus artis scotastich ae, discipfirtae Praereptor digni88imus (f. 11), BaI'thulomell$ Pedrinus artis gramaticae Praeceptor dignus J. 12), DiiUs Petrus De 80mentiis Praeceptor Gramatical' (f. 14) lJm,u PranciscU8 De COflcort'gio Gramattcae praecrptor .d.j, lJnls Xiculau& dc Luaris Gramaticee praeceptur (C. 15).
Daniel Gaietanu$ Praecrptor ftramalir('c igai$litI1U~ if. Hi'.

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vuols ascendesse alla cifra - certo eccessiva - di ottantamila abitanti (1). A questo lungo elenco, in cui vediamo trascorrerei rapidamente innanzi il fiore delia popolazione cremonese sui primi del cinquecento, segue nel volume del Bordigallo la misura e la descrizione di tutto il territorio, de castris, villis, locis et aedificiis del contarlo. e- infine quelle dei terreni transparlani soggetti alla giurisdizione di Cremona. Non occorre che spendiamo molte parole per far avvertire di quanta importanza locale sia questa appretta, che fa rivivere dinanzi a noi dopo quattro secoli di incessanti trasformazioni, la citt intiera secondo le sue antiche divisioni, rese celebri dalle disperate contese delle parti civili (l). coi suoi vetusti edifiz or caduti o irriconoscibili, le innumerevoli torri ragguagliate, tutte, al suolo, le sue strade dai nomi vetusti, piene eli ricordi o gloriosi o dolenti, coi suoi cittadini, la sua gente di spada p di t03:1, il suo go\"erno secolare e religioso. Il Cronista. esaltato da quanto ha descritto, conchiude - nel ringraziar Iddio d'aver toccato colla sdruscita sua barchetta il porto - che Cremona adunque la piu bella, la pi ricca, la pi florida citta di Lombardia, come la Lombardia la pi nobil parte d'Italia, e questa. dell' Europa So-

e).

Il) Il sii\'nor marchese GUIDO SOMMI-PICENARDI, che sul dominio d"i Veneziani in Cremona, ha publicato una dotta Monografia :Cremo li a durante il domi"io dl!i Venl!Ziani. Milano, 1866), parlando delle fortde condizioni di Cremona, riferisce, che essa conteneva 80 mila abitanti, pre osservando che ci gli sembra poco probabile , essendo cosa accertata, che ai primi del secolo XVI ne contava 40 mila: n possibile quindi a credersi che in meno di un secolo fosse, diminuita la popolazione della met (pag. 9). Anche a noi questo pare evidentemente un errore: e forse ne abbiamo trovato l'origine. Paolo Pisani, nella reIazione;sulle cose di Cremona, fatta dinanzi al Senato Veneto circa il 1502, compendiata dal Sanudo (Diari, vol. V, pag. 662) e publicata dal SOMMI-PICENARDI (Cap. 111, Doc. III) diceva, che fii in la terra anime 40 milta ; ilei contado 80 ..ilia o'. E probabile, a nostro gudlao, che venisse scambiata da qualche scrittore il numero degli abitanti urbani con quello dei terrleri, scambio, che da altri ripetuto, diede forza all' errore. (2) Le maledette gare di parte, tanto funeste alle libere citta italiane, non erano ancor spente in Cremona nel secolo X"L Il B. (f. 4) scrive, che la Citt per la sua forldesea commerciale ratione militante. altera Janua leu Venecine dici potut: profect ni partes maledtca in ipIIl forent, terrarum in orbe equali pot'ti01U fiOlI comperiretur. (3) Disign., f. 23: " Re/iquum per alta mari [am cymhafes,a et a oentis tlgitata ad portum ,aluti' pe7'fJenta permanet, omniJ!utenti Deofarenti, gralia, i ...-orlales re/erre lolique gloriam dare [cupienl]. Attamen unum prae cunctis,

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no esagerazioni che fanno sorridere, ma che perdoniamo volentieri al Bordigallo, memori che nelle ancor prospere sue condizioni, Cremona era a quel tempo innalzata a cielo, non che dai cittdini, dai suoi signori, i quali la chiamavano la pi diletta e possente loro citt dopo Milano, gloria e decoro del Ducato (l) : perdoniamo volentieri in lui quell' avanzo di pertinace affetto, quell' ardente tenerezza per la terra natale, che ha r0SO tanto gloriosi gli italici Comuni. Non aveva quindi torto il Nostro, soddisfatto dell'opera sua, di esclamare in un carme che chiude la sua fatica:
Yivat apud Cves mrn Chronica ! ... , ..

Sgraziatamente tale desiderio non fu esaudito mai ed il suo libro rimase inedito e rimane tuttavia con non piccolo danno dei cultori delle patrie memorie. Se esso fosse reso di publica ragione, riuscirebbe la migliore illustrazione ed il pi adatto complemento di quella rara e preziosa carta topogratca della citta, che nel 158~3 disegnava ad ornamento della sua Cremona [ctlelissima il Campi ed incideva il famoso Davide da Lodi. Del libro, di cui ci occupiamo, rimangono a nostra conoscenza, due esemplari: uno conservato nella Biblioteca Pallavicina, l'altro nel Museo Ponzoni, Il ms. Ponzoniano che, pel' le condizioni in cui versa il Museo, non ci stato possibile vedere, sarebbe al
mi tector, h,oc te scire fJulebam: tui sententiam [erendam permitto. Stantibu rebus, prout stant, supertu tibi deductis, allegl1tis et apparentibws, col/tgi potes quod inter urbes ltaltoe, aeowati porttmibus, fumosas, urb tnclito C, el/luna nostra prae aliis, tum nubilit,J/e, aerisque temperi et su, tum ettam diritiis, agroque amoeno, dig nttatibu et pulchritudi/Je principatuiiI obtinet et .ftaret: nam sicut ~fricam, parum hnlutatam et sterttem : et Asjam labul'iusal/l et inentrm, Europa de tribus partibus superat : Italia quoque, de l'ade ipsius Europae, inter duo maria Regi'la poten, caeterts prur inciis antecedit et .fturet: ita inte oras Itatia Lonobardia seu renetiarum pro{'illcia in qua inclita l'I'OI C"W'OIlO, Cioitas amoena situat [acet, magis atque magis omntbu praedictis ptrfulget et magnijicanda est , (1) Francesco l Sforza scrivendo ai rettori di Cremona la diceva Princi]'.1tus nOltri initium, ' ... , . ia'lua ad consequefldi domi,di nostri jura .. , . , ad ctctoriam instrumentum .. , . denique in medio rerum ardore sustentaculum nobis fuit o>. E Francesco Il (lettera del 6 Novembre 152;) Et li cinta" ncstra Cremonae post Jfediolanufll primaria semper eetiterit etc. (Altre testimonianze di affetto date dai suoi principt a Cremona vedi in ARlSI, Crem. lit., Prulcq, od opus,

p. 14, donde san tratte pur queste). Pavia ambiva essa pure al titolo di seconda citt del Ducato: indi i rancori fra le due citta, che terminarono in quella lite di precedenza, portata innanzi al Senato Milanese nel 1540. Scrissero, com' noto, in difesa di Cremona il "mA, di Pavia il SALERSO, tre ornzioni La contesa si rinnov nel 1621.

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Pallaviciniano anteriore di sei anni: il Bordigallo i' avrebbe cio scritto nel 1509. Consta esso di oltre cento fogli in pergamena di formato massimo, col titolo di Dist'gnwn dcscriptio et mensura geometlica Urbis et terrori totius Cremonac cuni castris, villis, locis et fluminibus 1509 ; alquanto diverso, come apparisce, da quello dato nel cod. Pallaviciniano da noi superiormente riferito. Da un magro sunto publicatone fin dal 1857 (I) si rileva per, che i due manoscritti non contengono, in conclusione, che la medesima opera, forse pi o meno diversa ili alcuni punti, ma nell" insieme perfettamente identica, Il codice Pallaviciniano cartaceo di fogli ventisette, anch' esso in quarto grande e autografo, COli correzioni e cassature di mano che sospettiamo posteriore, appal'tenne all' Arisi, come si apprende da un passo della Cremo lilei', (2), e da una nota che di suo pugno esso verg sul frontispizio stesso del libro; dalla quale si rileva, che fu salvo per sorte dall' incendio che impervers nel 1727 nella casa del letterato cremonese, distruggendogli, oltre ad ogni masserizia, anche .la maggior parte della biblioteca ragguardevole per IOSS. rarissimi, e fra altri anche molti dei suoi scritti inediti, come i due ultimi volumi dell'opera a cui sar sempre raccomandato il suo nome (3). Ed eccoci ora a parlare dell' opera maggiore del Bordigallo: la Storta o Cronaca dalle origini del mondo al 1527. Essa scritta di mano del i' Autore stesso in un grosso volume di for(l; A pago 106 dei Documenti storici letterari di Cremona. Lp notizie sul ms. Ponzoniano sono ricavate da questo libro, e perci non ci facciamo mnllevnrlori della loro esattezza, (2) Appendix Il tomo:vol. III, p.. 538) ...... 0PUI mss. in fulio magno dartarll'" uptuagillta septem, exiguo ckaractere conscriplum pene me eetat, lIIili a fra tre meo dilecttsstmo d. Desiderio ,lfonaco Hierunllmiano donatus, ab eo i" 9.ibudam Icripturarum repertum, cui tuut. sic : Dlsignum etqsq. , Il septua9illla sepfem deve essere errore di stampa o di memoria nell' ARlSI; giacch r operetta del Bordigallo di 27 fogli soltanto. ,3) La nota autografa dell' ARISI cos concepita: H/storia Cremonae Do.illici de Burdigalis Cremonensi Patrici penes me Fra nciscum Artsium quo fato igrwralvr quotrwdo serrata fuit ab illcendio teTl'iMli in domo diei 18 llfartii 1';'27 t,feT71escente per hora quinque, priusquam ad mei familiarumqu notitiam derelltlllli elle/ >l. L'opera del B. forma parte di un codice msocllanco che racchiude parecchie scntture, tutti riguarduntl la storia di Cremona. Fra esse n'lenta ricordo un frammento anonimo che latinamente descrive la guerra del 1213 fra Cremonesi e Milanesi, frammento che trovammo userito pl'r esteso anche dal B nella Cronaca, il quale lo d come estratto dalle Storie di Cremona del celebre giureconsulto cinquecentista SIGISMmmO BORGO, ora perdute. ,Sul Bor;ro cf, ABIS1, Cremo uter., II, 4-1G).

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mato massimo di fogli 417: ci che ci d circa un migliaio di pagine scritte con carattere quasi sempre chiaro e ben leggibile, sehbene non manchi di abhreviazioni e sia di mano palesemente senile. Quantunque tutto il volume si riconosca autografo, pure si ricava, che la scrittura ne fu interrotta e ripresa moltissime volte, per differenze nel colore dell' inchiostro e nella forma dei caratteri. Ogni foglio numerato, ogni pagina porta in alto l'indicazione dell' anno, e in margine, in ruhriche di inchiostro vermiglio, brevi ma frequenti e comode indicazioni della materia svolta nel testo: anche le iniziali sono colorite in rosso, come i richiami e le segnature. .Gli ultimi dieci o dodici fogli sono assai guasti per umidit sofferta, e racconciati alla peggio: la rilegatura non pu rimontare oltre la met del secolo XVI (l). Questa opera di mole non inrlffferente, e che presuppone un assai ricco corredo di studi e la cognizione di moltissimi scritti storici, non che una quantit di ricordi, di memorie, di appunti raccolti in ogni tempo ed in ogni occasione, stata cominciata e condotta dal Bordigallo sul declinar della vila. Appoggiandoci ad alcune prove, che ci sembrano fondatissime, possiamo quasi sicuramente dire, che venne principiata non prima del 1514 (2); perci ha occupato poco pi d'un decennio, l'ultimo decennio del(l) Anche questo codice trovasi nella Biblioteea Pallaviciniana, di cui forma il pi bell' ornamento. Ad essa pervenne per eredit dd nobile G. Zarcaria, il quale a sila volta l'aveva avuto in dono dal pnt riz!o ed erudito cremonese G. C. Bonetti. Il pi antico possessore del codice, che a noi sia noto, si G. B. Negri, zio dell' Arisl, autore di una inedita Storia dei Velcovi di CremONa. Ad esso era stato rubato (Vedi AR151, Crem. Itter., II, p. 18i). \2) A f. 26 della Cronaca, cio sul principlo dell' opera si trovano queste parole: Xotandum est quod a principiO aedffictlv1111 per Herculem "rbil IIIC/Itne Cremonae Ulque in prelcnlem Cln'IU',' 1514 etc. ". A f. 43 rammentando diversl tatti gloriosi per Cremona, viene a far cenno della famiglia degl Sforza e cita, come signore di Cremona a quel tempo, Francesco II. Ma il nome di questo principe in rasura e sotto ad l'880 si legge ancor distintamente quello di ~Ias smiliuno, del quale, e non di Francesco, fa cenno anche l'indicazione iu margine Ili. Mnxlmianul Sphortia, che il B. non si ricord o di correggere o di cancellare. Alla sua et avanzata egli allude e nella dedica dell' opera a Francesco II, ove scrive, che se il suo stile mancher d'eleganza ,. senectut nosirae hoc adlcribetldum duetto e iII una lettera a Gerolamo Careuzoni, inserita nella Cronaca lf. 280), mandandogh l'epitaffio da lui composto del marchese Galeazzo Palla vicino (.30 Gennaio 1520): Et Il ca elrganlia, eo genere dlcendi tam di~ gfiulil et elegante Carmen, prout Ili..... Mal'chio P"llafiicln", et t" promeremini , "'Inine comperies, 'lon m,M led lenutNti nostrae ae pvllul decrepita aetati, tnllfII'bUI t1tubantibul, 19raeque retustate semifractae Auc adlcrllJl roto .

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r operosa

vita del Bordgallo, Essa deve aver formato la sua pi cara e geniale fatica, e allegrato colla speranza di lasciar nome non oscuro ed un prezioso monumento ai posteri, i giorni della vecchiezza per s tristi, e resi piu tristi dalla vista cosi dolorosa per un cuor nobile e generoso, dei mali della patria precipitata da uno stato di prosperit invidiabile, nella povert e nello squallore. Certo da ammirarsi la fortezza d'animo del Nostro, che os assumere - hycmanlwus annis - si poderoso incarico, e lo condusse quasi a compimento, sebbene la penna sia sfuggita dalle dita intirizzite prima d'aver segnato l' ultime linee dell' ampio lavoro. La Cronaca incomincia proprio ab ovo secondo il non lodevole costume di quasi tutti gli antichi cronisti ('), e arriva, di-

il) Anche il GADI, nobile cremoneseche fu segretarlo del Comune e visse ai tempi del Xostro, ha lasc.ato un libro stortco intitolato Betracuo multarum Itiltoriarum et Chronicorum plurimorumque geltorum delcriptio, ed anch' esso prende le mosse dall' orlgne del mondo e giunge fino alla meta, o poco pi, del secolo XVI. Posseduto un tempo dall' AUlSI passato ora alla Bibliotrca Naaionale.di Parma. Esso un Cod. ms. di l'arte 110 in q narto: segnato 909 nelle veeehie rPgislrazioni. Alla cronaca del Gadi, certamente autografa, che termina a p. 109 IIlato afZ'giunto un altro foglio in l'Ili si lgg-ono diverse annotasoni relative agli anni 1580-1599 scrltte da un tal Gioron Pietro Redeuolrlli, forse figlio di quel Jaeopo Rede"asclli, l'be cancellando nel titolo e in alcuni altri luoghi Il nome del Gad: tent di far credere da lui scritta questa cronaca: e gli prest fede il CAMPI: ma il plagio fu avvertito e fatto 1I0tO dall' ARIBI: giaccb il malaccorto plagiario in parecchi luoghi, ove il vero autore faceva di B stesso ricordo, non introdusse altre razioni. La Cronaca del Godi ad ogni modo poco importante; comincia, al solito, dalla creazione del mondo Cl: il racconto procede diviso nella sette et fino alla nostra Dall ' esame di questa Cronaca siamo tratti a concludere, che essa molto probabilmente non altra cosa se non un compendio dell' opera del Bordjrallo ; giacch 1I0n solo l'ordine del fatti ma molti documenti che si leggono in quella, in questa sono ripetutl. Cos leggesi e nell' una e nell' altra l' eptafo fatto dal Petrarca per 1:, morte del nipote: riz mundi etc.; le lettere scambiate fra Roberto im perato re e il Conte di Virt. Raccontando Gadi le scellerazg'inl d'un prete Romano ,1513), dice aver visto dei versi in proposito : Ter dena et sr de J/I,C scelere cormina tidi et pe1"l'giet tedio praekrmisi, a docto licet edita; i quali versi che sono un Od!') comincianti:
Peru Ltlcaon: "unc Cuciti eoces etc.
si leggono appunto nel Bordigullo (ChI'. f 210): come presso questi si trovano e l'epitaflo del Colonna e quelln del marchese di Pescara e la lettera, falsa o vera che sia, del Soldano al re Francesco dopo la giornata di Pavia. Per queBta del Gadi vera cronaca non ; si direbbe meglio uno zibaldoue storico e fatto con poco criterio. Sulla fine aggiunge oltre che alcun i diplomi Cremonesi degli apocrifi testamenti romani e i versi del Clria in lode di Zonitlo. Sparge pure no-

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visa in diciotto parti, fino al 1527 (I). dedicata COli lettera semplice e dignitosa, in cui si addimostra la necessit dello studio della storia, a Francesco II Sforza signor di Cremona (2). A questa dedica seguono dei versi, che adombrano il disegno dell' opera e che, a tale riguardo, sebbene di poco pregio, sar utile il riferire :
Burdigala ad titulos surgat mea Chronicha Christi, Alcmenaeqne decus : laudlbus Italiae, Et Mediolani, quondam domus Imperlalls, Sphortindum sedes nunc I!"t'nerl'sa Dueum. Franeisci ad laudes rnemoret quoque bella Secundi, Marte gravi In Galles nstabilesque Getaa Gesta tui latnisse dolet, genero-a Cremona, Archivio cives haec rapuere mali. Perdita, quae fuerant, iterum scintilla virl'scit, Hinc in de unita, Chronica grata dabit (3;.

Siamo adunque avvertiti non essere Una semplice cronaca municipale, quella che il buon Notajo si accinge a scrivere, ma una storia universale (1). Vediamo ora, come abbia saputo sbrigarsi dalla grave impresa.
tizie qua e l di s e della sua famigolia: cosi sappinmo che era figlio d'una 01doini, e dice d'aver tenuto la' carica di Dittatore dI'I Comune ; d'eSliere stato sbandto da Cremona col fratello Trojano il 23 Febhrao 1521 per le relegazioni ordinate dai Francesi. Nel 1545 gli morI una figlia Giulia, ler il Qual fatto compose un sonetto che riferisce, piuttosto affettuoso:

Iutlta, flUa diletta, anima cara QUflflto presto da floi fntt hai partita! B l'alma tua con le beate unit, Qua gi lasciando a noi rttn si amara.
(1) Altro fra i molti errori sparsi nell'articolo biografieo del LANCETTI, ~i quello d'aver scritto che la Cronaca del Nostro arriva solo all' anno 1516. In pi! strano errore cadde il RonoLoTTI che nei suoi Documenti Star. e Lett, di Cremon (p. 19) lasci scritto, che la Cronaca giunge fino al 1576! ... Ci dispiace che aulla fede del Robolotti questo errore si legga ripetuto anche dal marchese SDIMI PICENARDI nel suo bel libro Cremona durante il dominio dei Fene:iani, p. lo. (2) Vedi Append. di Docum., Docum. n. (3: Con questi ultimi versi, nei quali appare un concetto che si ripete altre Tolte nella Cronaca (cos f, 42 etc.), il Nostro oltre che a devastazioni ora ignote degli archivi patri, allude al fatto, che fin allora Cremona non aveva da rammentare alcun storico, all'infuori degli oscuri cronisti del xn e XIII secolo. (4) Questa descrizione del contenuto della sua storia, il B, la ripete nel titolo della prima parte: D. B. inclutae urbr"s Cremonne Patricii ChrolliCfJrum oeterum ah iflitiQ mundi Mediolafli praecipue, Cremonae et Italiae ; omnium pror:inciarum Buropae reginae aggregatio suisque temporilJus PritlCipum, rerum gesfarum et Cir:itatum addicio, supplemefltum et Chronica se Htstorta.

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Nella prima parte la divisione del racconto in et fornita dane Sacre Carte : ne scorrono quindi cinque di 5270 anni (1), prima di raggiungere la nascita del Cristo, colla quale termina essa parte, cui va aggiunta una illustrazione delle varie provincie d' Italia e delle sue pi antiche e venerande citt. Segue poi la seconda parte, che abbraccia il periodo ,li tempo compreso fra l'anno primo dell'era cristiana ed il mille. E qui conviene che sostiamo un momento. Non riesce certo agl'val cosa il porgere un concetto preciso della materia svolta del Bordigallo in queste prime due parti. Il maggiore fondamento al suo racconto, esso lo ha trovato sicuramente nella Bibbia: per il resto si dovuto, secondo ogni verosimiglianza, affidare ad alcuno di quei compendi di storia universale antica, come ne correvano ancora a que' tempi, composti nel medio-evo e pieni delle favole pi mostruose, degli errori pi assurdi, dei pi bizzarri capricci cronologici. Non quindi a eredersi quanta sia la confusione fra le tradizioni sacre e le pagane che appare in queste pagine; i personaggi ed i fatti mitologici si incontrano, si mescolano e si confondono coi biblici, coll' uniforme apparenza di personaggi e fatti storici; le gesta del popolo prescelto da Dio si alternano con quelle (lei Romani; i nomi dei re e dei profeti ebrei si accompagnano col ricordo dei consoli dei poeti. degli storici del Lazio, e colle vaghe tradizioni della Grecia, della Persia, dell' Egitto. La storia antica non rintracciata nelle pure fonti destorici classici, ma nelle impurissime dei cronisti e dei compendiatori medioevali si colora quindi di mille strane leggende; giacch tutte le pi viete tradizioni, nate e cresciute ne' secoli barbari, il nostro storico le accumula con pazienza e diligenza grande, accanto alle notizie raccolte da tutte le opere antiche, che esso compuls nella sua lunga e studiosa esistenza; e cosi la testimonianza di Livio, di Diodoro, di Poli bio, di Cesare messa innanzi come indiscutibile accanto a quella di S. Gerolamo, di S. Agostino, di Orosio non solo, ma di Sicardo, di Papia, del Fiamma di altri anche pi ignorati ed ignoranti cronisti (2). Per quanto disposti in favore del

gli

(1) Secondo i Settanta Interpreti, che il H. segue sempre, citando per anche l'Era Ebraica [probabilmente l'Era di Giuseppe Ebreo) che fa risalire la creanone del mondo a 4163 anni prima della venuta di Cristo. ~2) Ecco i nomi degli autori latini citati dal B. nel corso della Cronaca, noncb quelli di altri antichi scrittori: Tito Ltnto (f. 8, 26), Diodoro (f. l), PolilJio (C. 303), Ct8flf'f! (C. 303), Hacrobio (r. 4), Valerio Mautmo (f. 21), Seneca (C. 8:, Eutropio :C. 8/, Grosio (f. 8), FilQ1Ie (f. 4), TullJ'lIeo \CI"lJnaca Phtolomaei, r.32) Isidoro (f. 26),

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Nostro, non possiamo quindi a meno di domandarci come e perrh esso, che aveva acquistata un innegabile coltura, che conosceva e citava volentieri i poeti e gli scrittori classici, che si trovava in mezzo a tanta vita di studi e di erudizione, non siasi tenuto fermo agli storici latini, ai pochi greci rimasti, gi in buona parte conosciuti, gi divulgati dalla stampa, n pi ormai nascosti ed ignorati in indecifrabili manoscritti. Forse l'assoluta mancanza Ili critica, la fede eccessiva riposta negli scrittori anteriori, sono le cause che hanno dato origine nella cronaca del Bordigallo a questo guazzabuglio, non certo lodevole. Un esempio vivissimo di tutto quanto si ora accennato, lo abbiamo appunto nella seconda parte, l dove l'attenzione dello Storico si volge specialmente alle antiche vicende nella sua patria ed alle origini di lei. Il Bordigallo espone partitamente quattro opinioni, che erano allora in corso sulla fondazione di Cremona, presso vecchi autori registrate. Ma non credano i lettori che queste quattro fossero le sole; ve ne erano ben molte altre, riferite dai nostri cronisti (I), e che il Bordigallo anch' esso ricorda qua e l. Secondo gli uni, Giove venuto in Lombardia, colla moglie Ginnane ed Alcrnena, muliere non satis bona, prenanie, avrebbe fondata sul Po una citt. che dal luogo ove riponeva i suoi tesori disse Crumena, donde Cremona. Secondo gli altri
Boezio (f 283),8. Agoltino (f. lO e passim), 8. Gerolamo (f. 3, 4 e passim). Tra i cronisti medioevali, quelll ch .. cita un infinito numero di volte SOli o Sicardo; vescovo di Cremona, autore di una Cronaca (vedi Mt:RAT. 8cript., torno VII): El GalfJ"no Fiamma del quale per cita non mai il Munipulus ./furl/fII ma una cronaca, che dall'autore prese il titolo rli Galrogniana e che ai conserva tuttora inedita in un Cod. (A. E. X, lO) della Braidense, Oltre a questi Jordani (C. 30), Papta (f. 14) e la C/trunaca Leoni if. 21) e quella Trojani tibd.) e unultra C/tronica Colonie'lli, (f. 28), sulla quale non d pi precise ndcaaon. A queste fonti devonsi aggiungere documenti ch' esso aveva trovato nE'gli archvt cremonesi E' che qualifica, in modo generale, ora come atltiqua Chrunaca in Archi!)ii, Cremonae :C.341, ora Claroflicae nostra antiqu (f. 41), o Chrontcae antiqui'lIilllae itl Arducto dfgentfll etc" non che altri ancora, ch' ('gli copiava, senza darsi la pella di rlcordarl ; cos ad es. la narraaione che esso fa al f.24 della fondazione di Cremona per opera d'Ercole trascrizione letterale dall'opera De origine U"iJium Italiae et ip'iu~ ltaliae primo incolatu, che ancora inedita in un cod. Marciano [L, X, 169, cfr YALENTtNELLI, Catai. 11Ia Bibl. Marc" torno "I, p. 2i8), e dal Muratori l'MI ritenuta di Ricobaldo da Ferrara IR. l. 8. XX, 861), opinione che il DARTOLI crede erronea (I primi due ,fculi etc., cap. "II, p. 199). Se di qursto scritto avesl'imo magHiori uotizie e pi copioa estratti, forse si verrebbe a conoscere pi esattamente quanto il B. ne abbia cavato. (1) Si consultno in proposito il CAMPI, il GADI, il C'A\'ITELLI, l'AlliBI ecc,

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invece, Brimone, trojano, fuggendo dall'arsa patria, avrebbe eretto una citt, Brimonia, che dopo l'incendio sofferto, per opera di chi non noto (I), si chiam ex cremalione, Cremona, Ma piu diffusa di queste e dell' altra opinione, che Cremona avesse origine nella prima guerra punica dai consoli mandati contro Annibale, si era, che la citt dovesse. l' esistenza sua ad Ercole, che andando dall' Asia in Spagna, nel passar per la pianura padana, uccise dei ladroni o dei giganti, e fond a memoria del fatto un castello, Alcmenae castrum, dandogli il nome della madre sua, nome, che si mut poscia in quello che per sempre conserv (2). A queste tradizioni classiche si uniscono leggende dovute intieramente al sentimento cristiano. Gi fin dall' VIII secolo, e la Graphia aureae Urbis Romac ce ne porge le prove, si era cercato di conciliare le grandezze latine, altrici di generosa alterezza nei uepoti, colla autorit non violabile delle Sacre Carte. Da questa preoccupazione costante degli spiriti nel medio-evo nacque una serie inesauribile di trasformazioni nelle prime storie dell' umana stirpe: l' Arra, ad esempio, dopo il diluvio, venne, a detta dei novelli mitografi, portata dall' onde in Italia e pos non pi sulle cime dell' Ararat, ma sovra uno dei Sette Colli. No vi fond un borgo che l'l'ebbe e. s'ampli per l' aggregazione di villaggi vicini, fnch Romolo lo cinse ili mura e lo chiam Roma (3), La grandezza della Citt Eterna era cosi stata stabilita dal divino consiglio: uno fra i nati da No, astrologo e profeta, aveva predetto,
r I j Cremona, secondo le narrazioni 'dei cronisti, sarebbe stata incendiata da Brenno, da Giuda Sicambro, Amilcare, dai soldati di Vespasiano, dai Goti, da Attila, da A~i1ulfll, da Barbarossa, da Andrea Visconti! (Vedi BORDIGALLO, CItrati., f. 26, 2';',28,30,31,43,44,45 eec.). '21 CAran., r. ':H " Tu ne Hercut. [post Trojae captiofleml ad Hispano, pertf'tltUirit per ptnnam Longwlliardiofll miranda focien. ""O m tnter caetera OlgonInn f<J1"telil juzta Padum I uperacit; qui pilam ponderis trecentnrum librarum fa.c'/!if,j./I [actabat, in cuju me.ooriam oppidutn ilii eetrurtt, quod de flamine m'Itri. opP'Uaflit Alcmenae Castrum, quo per tempera In urbe aucto matri nomen ,.din.it: rocataque est AloneJla: nunc fiero Cremona, quia a Ootllts cremata fuit, Confronta con questo passo il luog-o di Rcobaldo, che si trova riferito dal BARTOLt, O. c" p. 199 (31 V~:JlIi la Oraplti" etc. publcata dall'OzANAM nei Doeum. ,nfdits pour l"'D,r l' 1IistfJ,-,'e litU,.. de l' Itatie (pari!!, Lecoffre, 1850) e cosi pure il Jlflltllp. ftq,.. del FLANMA j?tkRATORI, Script., XI, p. 5~O). Sovrn queste tradizioni si pu consultare. olt~ eh .. il libro dell'UzANAM stesso, il FAURIEL (Dantt et les orig. Il,37al e il BARTOI.I, l prImi dU8secoli etc., I. c., come pure nel volume primo <iella sua Storsa della Letter. Itul. (cap. IV. Le Leggende).

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che la prima citt fondata dopo il diluvio sarebbe stata la regina della terra, caput mundi (I), e Roma ritrovava quindi in un origine nuova, ma sempre divina, la fonte del suo splendore ; e diveniva per i feeli doppiamente degna di. quella riverenza, che Dante tribuva perfino alle pietre, che nelle sue mura stanno (2). Un nipote di No, Tubral, erigeva poi Ravenna; altri Genova, Pavia, Milano, Cremona (3); cosi le glorie pagane erano dai pii cronisti fatte pi pure e pi vivaci, rivocandole a cristiani principi, e ne nascevan quindi gli accozzi bizzarri di tradizioni e di fiabe, che, come presso molti altri, hanno trovata diligenza di raccoglitore nello storico nostro. Naturalmente esso riferisce queste favole e altre consimili sovra Roma, Milano, e la sua patria, senza occuparsi di farne la critica; sarebbe assurdo il pretenderlo da lui: da lui, che non solo le ritrovava riferite come autentiche nelle storie di cui si serviva; ma viveva anche in tempi. nei quali il risorgere della classica antichit ravvivava il desiderio di conservare ed assodare le ricordanze gloriose del passato. Perci non meraviglia, se, pronunciando un giudizio sulle diverse opinioni intorno alle origini di Cremona, esso preferisca a tutte, quella che la vanta opera d'Alcide (I): e questo orgoglio di eroici principi,
il) Cllro7l., r. 4: Conswnato Di/urio, Xoe vixit Cel annis solaribu$ ~t ridit ex le, ante quam rito. dcederet XXlIll mI/io. f)irorum et pIUII, inter masculos et foeminas, de natts. QUOruf/1 de numero llqbuit [am dictum Jonicum filiulII, qui fuit U1llgnul astrologus el raticinator, multa praediant futura, praecipue ut supra dixi, in orbe terrarum quatuor reou m-txi, a essent futura, Il. Imperium ASIIYrtorum, Persnrum, Graecorum et Romanorum. quantl'que iempore durare llaberent quae esset domina et de Cinitat qua esset prima condendo post dill'riUlil t"tius mUlJdi ..... Ex hoc apparet quod Roma fUl't antiqiussma Cil'itatum Italtae, imo tolius mundi, rattone lui situ . Cfr GALVAXO FLAMMA, 1Ilanip. flor, CiP. IV. (2) .. B cert: sono di ferm opiniuM che le pietre, clle nelle mura Bue siansu, siena degne di rioerensa : e il suolo dove el/a siede sta degno oltre quello cile per gli uomini predicato v. Cunv., tomo IV, cap. 5. (3) Disignum ete., f. 1. Nel Carme d'introduzione:

Tra:cisti de stirpe J apllet primordia clari; Italiam ceniens, remige pre$llt aquas. (4) CAron., f. 42: e lCrenwnae] vero de origine, situ et auctoribus cum f)ariae, longefJa per tempera, accedente ter cumbuBtione, opinionel insupe" eeiere, quae iterum rt,fferam. BrefJiter oobt, mei amantissimi Cif)es, quomodo potero, ilIara". dioergitatem et dieta exponam: suspe'lsal# de ipsil oeram teneo sententiam. Si autem judicium Hustrum queritil, ab Hercu!e alltique constructam fore censeo : fidei articutum esse judicet nemo, Deus Ipse nmcrtalis Icit ".

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lusinga lui, come lusingher il Campi (1), e fin dai secoli pi oscuri ha commosso l' animo dei cremonesi, i quali al divino loro progenitore aveano rizzato un tempio e chiamavano simulacri del Dio e della madre sua Alcmena, e come tali onoravano ogni anno, due rozze statue marmoree, che ancor oggi si conservano nella facciata della Cattedrale (l). Appoggiandosi alle opere di molti storici. ed a cronache a noi ignote, ch' egli trovava nei pubblici archivi, il Bordigallo entra poi nrl racconto (Ielle vicende della sua patria dopo il mille, unite per lo pi con quelle del Ducato di Milano. Sebbene a noi convenga trasvolare su questa parte dell' opera del Nostro, pure non vogliamo tacere, che essa contiene ragguagli notevolissimi. La storia del Comune cremonese in perpetua lotta coi vicini, che cade poi sotto il dominio visconteo, unendosi cos in istretta comunanza di sventure e di glorie con quella citt, contro la quale aveva con sl tenace odio combattuto per secoli, notevole pe r la molta esattezza con cui sono riferiti i fatti, le date, i nomi dei consoli, dei podest, d-i governatori, Le parti V e VI che comprendono l' et dei principati, dovrebbero venire senza fallo consultate da chi si volesse oceupat'e accuratamente dei fatti avvenuti allora in Lombardia. Le guerre dei Visconti con quasi tutti gli altri stati dell' Italia settentrionale e media sono narrate minutamente: vediamo nella Cronaca crescere a mano a mano il dominio visconteo e far ombra ai potentati vicini; succedersi l'uno all' altro, fra continue guerre, quei principi crudeli, ma di grande animo, la cui serie cede con Filippo Maria il soglio alla novella famiglia degli Sforza. Le guerre di Francesco I col suocero, quelle di costui coi Veneziani' quando quegli avventurieri, che si chiamarono il Gattamelata, il Piccinino, il Da Barbiano, cangiavano a lor senno la fortuna dei
.l , ,...... gia di,p,si di far di Bronzo vna Statua d'Ercole, in forma di la quale si duuesse riporre 'ilei mezo de la Piazza sopra 1:'11 Piedistallo di lritll"lllo !;ianro, ornato da i loti di quattro tarole di Bronzo, fatte di mano mia, d'l8tvrie in bI/ISO ri'iruo, pertinenti ai fatti illustri di molti antichi Heroi CreIliQlI(li, l't gi ne mostrai nel uostro Consiglio il modello adi XIV d'Agosto dell" anno M.V.LXXI V. cane di quel fumoso Heroe, da cui si gloria'la Citt nostro, di essere stata gi tanti sl'Coli SOlIO, r atorosomente liberata, et magnijicameute ristorata >I. Cosi il Campi nella Dr-dica dr-Ila sua Storia ai Consiglieri. ,2) Chro,., f. 24: Uigrmtis in memoria Hercuu cum pila in manu, Matrilqne bJ/agines a Crellw1Iellsibus singulis annis in rigilia Assumptionis VirgiAi "dllu ... t ur ustibus albi rubeique coloris, Cremonensium insigne >I, e f. 42: 7ual Il',lInl/lii ,mt/quarUl}. ipsusmet Jokcnin et Bertazclae esse dicunt .
Q,!0I10,

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combattenti, passando dall' uno all' altra parte; tutto questo periodo di ben alta importanza non si legge certo senza frutto nella semplice e rapida narrazione del Bordigallo, che qualche volta si piace . aggiungervi dei documenti. Ma esso non raggiung per per noi cosa troppo naturale -l'interesse che offre il racconto (lei fatti, che si svolsero ai tempi dello scrittore, e de' quali egli stesso fu attore e testimone nella lunga sua vita. Mentre la storia di quattordici secoli racchiusa dal Bordigallo in otto parti, a quella di un secolo al pi, dalla fine cio del quattrocento sino ad un terzo del cinquecento, egli consacra le rimanenti dieci parti, divise tutte in periodi brevissimi (l). Colla parte IX della Cronaca si passa dal racconto rapido e complessivo dei fatti, alla narrazione minuta, al ricordo particolareggiato di ogni avvenimento. Questi tempi, in cui il Bonligallo vissuto, sono i piu tristi che conti forse fra i molti tristissimi, l'Italia. Essa diventa dall' una all' altra estremit, dal Ducato di )Iilano al Reame di Napoli, agognata preda di prepotenti stranieri; la Lombardia fatta campo di guerre lunghe, intricate, fra principi oltremontani e nazionali: guerre le quali cangiano rapidamente di natura e di oggetto, si mutano e si trasformano cosi, che gli alleati d'oggi sono gli inimici del domani; la concordia segue alla contesa; l'offesa all' amist. In mezzo al tumultuare de' Francesi, degli Alemanni, rle6'li stati italiani ancora potenti, Cremona, una fra le pi ragguardevoli piazze forti della Lombardia, diviene naturalmente possesso vagheggiato da ogni fazione; quindi, in breve serie d'anni, la scorgiamo passar d'una mano in altra, venduta, conquistata, sofferente mille mali. Sebbene priva del SIlO libero reggimento, pure godendo tranquillita sotto il dominio sforzesco, essa sulla fine del X V secolo ancora fra le piu importanti citta di Lombardia. Le scienze, le lettere, le buone arti hanno in essa splendido incremento; i suoi
(l) La Parte I, divisa in cinque et, VB dall'origine del mondo all'anno 5200 (f. 1-25), la 11 dal primo anno dell'Era Cristiana al 1100 (f. 25-41), la III dal

1100 al 1250 lf 41-57), la IV dal 1250 al 1381 lf. 57-iO), la Y dal 1381 al 1412 n dal 1412 al 1440 (f. 88-112), la VII dal 1440 al 1460 (f. 112-139), l' VIlI dal 1460 al 1480 lf. 139-155), la IX corre dal 1498 al 1:]13 (f. 155-176), la X ddl 1513 al 1515 (C. 176-193), l'XI dal 1515 al 1516 (f. 193-213), la XII dal 1516 al 1517 l.f. 213-226), la XIlI dal 1516 al 1517 (f. 226-2:>2), la XI' dal 1517 al 1518 ,f. 252-268), la XV dal 1518 al 1522 (f. 268-330), la XVI dal 1:]22 al 1525 (f. 330-389), la XVII dal 1;)~5 al 1527 (f. 389-416), la XYI1l il 1:]27
:f. 7088), la (C. 410417).

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campi, che le ben condotte acque irrigano copiosamente, le assicurano la ricchezza e l'abbondanza (1); le mercanzie, scendendo il Po, affluiscono da ogni parte nei suoi magazzini; le industrie son tanto cresciute da alimentare ben tredicimila famiglie colla tessitura della lana, del cotone, della seta e del lino (2). La popolazione numerosissima altrettanto ricca; i mercanti che percorrono lontani paesi, non hanno nulla da invidiare ai venali o ai fiorentini, e come essi arditi e doviziosi, possono sovvenire col loro oro alle necessit dei principi (I). Nel 1499, dopo la fuga di Lodovico il Moro Cremona sebbene a malincuore, per espressa volont del re Carlo si arrende ai Veneziani (10 Settembre), che da tempo ne ambivano il possesso e la tennero fino al 1509, con governo clemente al principio, gravosissimo poi per i sospetti e le diffidenze della Signo:1) Dilig'llum ecc., f.2: . . . . . tu tenus Eridaflum, Montibus ast Olium oeniens decurrit : et Abda

Perriuens oersus Oceanum resecat, Serius Mnc oritur; rifJulos dans iN'igat aros : Pingut!lcitque lolum, quod satwratur aquis. (2) Di'igtlum ecc., f. 4: Jfercanciae a dioersis partibus rtlulldi ad hu nc Ilrbem per dictum jtl4l11Cil [Eridanum] cOil./fuunt adeo ut ratione militante, altera JQliua se Yeneciae dici potest ; al f. IO dopo aver discorso del reggimento dei Mercanti, ag~iunge: De numero Mercatorum cum injlllitus sit nUfilerU8 . hlllCfiru'l itl ,pecie ponam. Tamen iII genere, in rebus tnercanti/ibus quam plure HOItrac Crenwnae tam lauarum, bO:Jilb1/ciS, specierum de amni gellere, quam pigno111101111#, pa'lilanae et liili, gemmarum et aliorum praetiOlorulll ceteraque rerum c~ilibet generi, Mercantilium adsunt c . Cremona infatti esportava ogni anno da
Venezia per 104 mila ducati nel solo cotone, e vi importava pezze 40 mila di Iustagno del valore di 170 mila. Della ricchezza che in citt nasceva da questa 80ridezzaindustriale, abbiamo una pregevole testimonianza in quella relazione di Paolo Pisani, che gi dovemmo citare (Nota l, pago 21). Dice esso, che le dane rallo eesute doro ... Et cile flan fii Capelari w cai di parte di seguito, e tutte le !atll1t quasi partide, perch non si tristo Cremonese, cile 1/0'11 /tabi qua/che

illtr/Jdella. (31 Dilignum, f. lO: Ezto/endi et magnijicandi Mercatores, qui 1I0n solum rn"slll orientem et montes, verum et eersu tneridiem et occasum suis cum mercibus IUIrigantu praticaniur et trajirantur: tllorumqu fama ubi[ibet manifeste opparrt Fra i mercanti cremonesi veramente illustri erano gli ~lffaitati, i quali
,

nelllCCOlo XVI, nonch in Italia, ove primeggiavano, avevano banche e fondaci in altre parti d'Europa. llfartire Affaitati detto dall'Anonimo cronista cremonese, gi citato, primo mercadante d' Italia e zentilhomo Cremonese ; Giau Cado jfaitati, divillissimo >, a giudizio delt'Aretno, prest a Carlo \" centomila ducati d'oro. Della splendidezza di questa famiglia, possono far testimonianza le nozze celebrate in Cremona nel Febbraio del 1519 fra un Affaitali e una Secck di Caravaggio; di cui il B. d ampia descr-izione, che, a titolo di curiosit, riprodurremo nell' Appendice (Doc. Hl],

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ria. La battaglia d' Agnadello, ave gli eserciti della Republica toccarono si f,rran rotta, induceva i cremonesi, il territorio dei quali era corso e saccheggiato dalle snlrlatesche della Lega, a sol-. levarsi in faver dei Francesi: vi entrarono essi, e re Luigi ringraziando della spontanea dedizione, accolto con solenni feste al suo arrivo, toglieva perci alcune imposte e tributi fra quelli gi esistenti (I). Nel 1512 (8 Giugno), la citt tornava in mano alla Lega Santa, e da questa veniva restituita a Massimiliano Sforza: rallegraronsi i cittadini dell' acquisto di un principe italiano, erede dell'antica casa dei duchi di Milano; ma il dominio di questo giovane, vissuto tristamente in esilio, malinconico e bizzarro, che con prodiga generosit largheggiava coi suoi favoriti, di terre e domini, e spendeva i denari dello stato in' magnificenze rovinose, non poteva corrispondere alle suscitate speranze. Le molestie che arrecavano aUa citt i Francesi, elle non erano stati ancor espulsi dal castello di S. Croce, le tasse gravose (-), il contado impoverito e danneguiato dalla guerra riducevano intanto Cremona in uno stato di anarchia e (li tumulto, che non cess certo, anzi si accrebbe, quando Francesco I con grosso esercito scese nel 1515 nuovamente in Italia (I).
il)
lIIARDI.

Per quanto rig-narda questo periodo si veda il bel libro del

SoMMI PICE-

1.2) A quanto narra il B. i cremonesi pagarono, oltre le solite tasse, nel Giugno del 1:,12,40 mila ducati al cardinale di S. Pudenziana, capo dell'esercito della Lega. Nel Febbraio 1513, Gerolamo Landriano per il duca esigette una tassa di 15 mila dncati d'oro sui terreni in ragione di un soldo imperiale P"' qualibet pertica terra e possidenti. Il 16 Aprile, Cu imposta una taglia di ducati 2 mila sui mercanti, ed un' altra, di cui il Cronista non riferisce l'importo, Bui possessori di terreni. Il 25 dello stesso mese, la citt dono 2 mila ducati a Massimiliano, altri 2 mila ne ng-giunse per evitar di allozg'iar trnppe spaguuole nelle sue mura. Sulla fine dell' anno, una taglia di 20 mila ducati fu riscossa per soccorrere il principe: nella primavera del 1514 i medlci.j-ostrett a pagare una imposta, rifiutarono e fuggirono tutti da Cremona. Nel Giugno altre tasse sulle acqne dei navigli e sui mulini: chiunque Irrigava i suoi campi, doveva pagare;} soldi impero per pertica, ciascun molino lO ducati: sulla flne dell'anno gli esattori ducali imposero altre gravezze, che il Cronista non indica partitamente Infine nel Settembre del 1515, fu esatta un'altra tassa di 700 ducati per pagar le trnppe. 131 Chron., f. 191: " Pro dolor! mairtmae et injinitae extorsionel et poenne: iii urbe tutu erat nemo, extra pejora t uudique lotrocuafurta et rapil/ae neplumda: dentque omllf ge/1U1 morborum lemporibus isti ubique regnabat. Oastra, r illae et toca deserta erant : il/genti fame morbisqne laborobaut : angustiae inferau, terrores, honaridi, partiuu: sectue et ii/fil1ita alia malti aderant .

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Come il Ducato intiero, cosi anche Cremona ricadeva presto nelle mani dei Francesi. Questi a vendicarsi delle antiche offese sui cittadini, oltre all' arroganza insopportabile che li rendeva odiosi, sotto colore di fortificare la citt, l'anrlavano sformando e distruggendo; faceano cadere, col cavar profonde fosse a' lor piedi, gran pezzi di mura, he, venuta la necessit, alla peggio rialzavano; smozzicavano i merli. atterravano le torri, gettavano a terra tutte le antiche porte, rafforzando solo il castello di Santa Croce, che, inespugnabile per le opere di difesa e per la postura sua, era perpetua minaccia alla citt. (I). Il Consiglio richiamavasi di queste arbitrarie demolizioni, che toglievano alla citt bellezza e memorie gloriose; ma riuscivan vani i lamenti; scrivevasi al Senato di Milano e nulla s' otteneva; intanto i soldati andavano per le vie braveggiando. intimorendo i cittadini, struggendone gli averi ~). A
(2) Nel Marzo del 1:110, furono, per ordine del governatore De Prie, atterrati
i merli e le torri delle mura comprese fra Porta S. Luca e Porta Ognissanti (f. 234) ; il 5 Aprile, di quelle tra Porta Ognissanti, S. Michele Vecchio, l'orta Mosa, Porta Po (f. 285). In causa delle profonde fosse scavate alle fondamenta, nella

notte dal 4 al 5 Settembre precipitava quella parte di mura che -tava inter tsrnm OtR1liu.m &lIIl;torum turrimque I'rlnum (f. 248): le altre fra Ognissanti .. S. Luca, pur minaccianti rovina, vennero ristaurate (f. 249). I contadini erano rostretti a venir in citt a lavorare alle fosse, abbandonando i campi, cha rimanevano incolti. Nell' Agosto del successivo anno erano poi atterrate la Porta Aritert, antichissima [f. 294), la Nata/e,la Pertusio, un'altra presso i MaccJli vecchi if.296). Nel 1521 poi, Federigo Gonzaga signore di Bozzolo atterrava prima le l'orte di Ognssantl, indi la Rocca ed il Borgo tutt'intiero per ratrorzllre la citt contro un assalto; poco appresso la Rocca di S. Luca e inflnite case nei quartieri po.er di San Biagio e San Ba8ll3DO (f. 330): alcuni mesi dopo erano distrutte le Chiese di S. Ambrogio, di S. Caterina, di Ognissanti, di S. Cataldo (f. 343). {3l Cliroll., f. 234: .. No' .... lel'riti tunc temporis, quasi in praedam a Galtu, barban',que flate"01libu, et ab Italt e'le putabomu: cirium dotllu, Ild, cum
faalltalibU$ ilOtI suae propriae ud iltarum getlti/lm inllumanarum eraut et domt.daHt~r: iII ItO/O, ut aees ad acam ing1Y!diebantur, lIoltraque bema oorautes, dI/III blalfetfabant etiam Sancto, tlunquam saturabantur, msnante per modum, q//od Mlltlulli ('iru a.edel suas iltorum reliquerunt iII potestatem . A questo proposito riferisce qui il B. un Pater-Noster, publleato da noi nel Giorn. di .filol. Rom. ,1880, fase. I) e pi innanzi ,f. 333) scrive, cbe profecto A/etnella nostra cum eOIltvtu tllteraedijeia tam eetra, quas intra demolita a ducibu et militibn, taltono Sv/Iltol, Mi/itum e:cptllsus, Cirialll. relegationcm in eOllfil/ibUl, I/lOClliulil, turrium el JMrtorUlll defJaltationem, [ivittlll et pauperum ceteraque balla, utenut, et l/Whha a Illilitibus barbari' rapta, mil/iollutll Ull/lliI ducatorum et ptu remansit deurwrata et dutrlleta .). E che-i calcoli dci B. non siano esagerati, facile dunoIitrarlo, facendo rlcordo soltanto delle imposte pagate dai cremouee negli otto anni che dur il dominio francese. Richiesti dal re Fruuccsco di 70 mila scudi

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questi danni si univano, paurosi presagi daltri maggiori, fenomeni naturali, prodigi che nell' universale turbamento riuscivano piu spaventosi ed orrendi (I), Con rabbiosa pazienza - ripete cento e cento volte il Bordigallo - i cittadini tolleravano pene che tali non videro, n immaginarono nell' inferno Virgilio o Dante (2) : per cinque anni aspettarono il momento della liberazione, tenendo l'occhio intento alle vicissitudini della guerra che infuriava nella penisola. Infine il 21 Novembre 1521, costrette le truppe francesi, che occupavano la citt, ad uscirne per muovere in ajuto del rimanente esercito. che, perduta Milano, erasi volto in fuga. i cremonesi tuIl' oro, ne pacavano 20 mila nel Dicembre 1515. Nell' Agosto 1516 mandavano a Milano 16 mila lire imper., parte delle 30 mila che dovevano pagare; altre 4370 nell'Ottobre. Nel Dicembre fu esatta una tassa di 6 mila ducati, e poscia un'altra di 15 mila scudi per la citt, e di 5 mila per il contado. Nell' Agosto 1518 una tassa di 2500 ducati e pi ; ilei Gennaio 151!il, 9 mila ducati. Sul principio dell'anno seguente la citt dovette dare a Monsignor di Lautrech ~000 sestari di fariua ed i mercanti furono richiesti di 50 mila scudi d'oro (Agosto). Nello stesso mese, nella promessa di restituzione, la citt ne offr 6 mila, e alcun tempo dopo i mercanti e gli artisti furuno costretti a pagare un talione di 5 mila scudi e un altro giil scaduto e in parte soddisfatto di 14 mila. 11 Dicembre 1521, il Consiglio, domandate di 15 mila scudi, ne diede 3 mila, e 9 mila in quattro giorni, poco dopo: 4 mila per forza, il Magg-io 1522; nel qual Illese di nuovo ne diede 4 mila per mantener i soldati. Nel 1;,23 furon pagati 18 mila scudi, nel 1~24 25 mila, e sulla fine dell'auno 15 mila. Quindi non a torto il B. alludendo all'autico stemma della citt, che vuolsi rappresentasse una gtovenca (simbolo di ricchezza), scriveva questo Epigramma (f. 261) :
.Ife vachalll dieere viri: sum sanguille mulcta :

Pellis et ossa maneut : cetcra mors rapiat.


(l) l cronisti del tempo fanno ricordo Iii infiniti fenomeni e prodigi, cos di una piogg la di pietre di vario colore, d'una palla di fuoco nella luna nel 1511, di fulmiui e pestlenze e uragani. Nel 1517 un frate francescano d'undici anni atterriva colle sue strane prediche i cremonesi, che nello stesso anno vedevano apparir tre soli e tre luue, nascer mostri In citta. A castigare l'Italia immersa Dei vizi, dicevasi poi fra la plebe, ed era divenuta in seguito generale opniqne, che si moverebbe con grande armata il Turco, ministro dell' ira divina. Di questa voce e di vnr portenti fa ricordo una lettera privata di un frate che il B. ricopi nella sua Cronaca (L 270, s. a. 1518) e che riporteremo in Appendice (Doc. llIl). Riferiamo auche sotto lo stesso numero una poesia popolare a foggia di Barzelletta chc fa ricordo di infiniti prodigi avvenuti nel 1529 sul cremonese noneh altrove, Ili) Chron., f. 219: " Nescio si in inferno Dantes et Virgtllus tot tantasque " poenas suis cantavernt in Ibells, quot quuntas in urbe nostra mllltabnnt , E f. :,8: Dalltil Alingerij .poenas Ilun scripsit in Orcho

Tautcs tot catamus, quut patitur patria.

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multuando insorgevano, e, prese le armi, negavano l'ingresso ai Galli ritornanti. Uopo varie soaramuccie e vari assalti sanguinosi, viste le mura aperte da breccia e il castello in poter dei nemici, che di l bombardavano le case, i cittadini decidevano di piegarsi nuovamente all' odiato dominio: Monsignor di Lautrech rientrava e, a trar vendetta dell' incontrata resistenza, cacciava in esilio pi di quattrocento cittadini, fra nobili, sacerdoti, mercanti, popolani, non curando et n condizione (I); pena la vita a chi osasse ritornare senza licenza. Quelli fra i nobili ed i ricchi, che erano sfuggiti alla proscrsone, dovevano pagare grosse somme o rassegnarsi a dura prigionia, ed a immeritati oltraggi: in mezzo a tanta prepotenza, gli odi privati trovavano impune sfogo, ed ogni di ve.avaao ammazzati dai loro nemici, uomini virtuosi e valenti; senza che la giustizia, divenuta un vano nome, riuscisse a farne vendetta. Le pretese e le violenze della soldatesca erano poi giunte a tal segno da indurre il Lautrech stesso a cercar mezzo di frenarle (!). In queste tristi condizioni dur la citt fino all' estate del t5~2: dinanzi alle vittorie (Iella Lega i Francesi erano costretti a
11) Il 16 Gennaio ne erano banditi pi di trecento, qnas altrettanti il 23 Febbraio ed il 28 I preti pi ricchi in IlUlIJeTO di cento, furono eacclati l' Il Marzo Altri cittadini, e por lo pi del popolo, nei giorni 17 Marzo, lO Aprlle, Le liste di proscrlaone, firmate dal Lautrech, sono riferite tutte dal il. (C. 330, 331,332,334,335, 33u, 337, 338, :139, 341), il quale ricopia anche la lettera del podest, che significava agli sbaudtl il loro destino e che era per tutti la medesima, A titolo di curiosit la riporteremo :C/iron., f. 330) : Bar1Jaba, de Puteo i. l'. doctor, Regil/' in Cremona potuta, etc. In execuclone de la cornissione ami novarnente {acta per lo III. monslo gnore de Lautrech regio locuuitenente in Italia: cornandamo a voy Jacubo Maria Oldoyno vie. S. Bartholornei per tuto hogi debiate absentarve de la Cit et destrecto de Cremona per andar a \. enetia loco a voy per confine asignatc, del qual non ve parteriti senza special licentia del prefacto 1Il. monsgnor de Lautrech, facendo fede de la vostra consignattone nfra dece giorni proxemi per lettere del podest desso loco E questo BOtto pena dela rebelione et de la vita t't dela conflschalione de vestri beni. In quorum fide", etc. XVI Ja Jlllrii 1521. Sig. BABNABAs , I luogbi di confine erano Brescia, Verona, vcensa, Venezia, Ferrara e le terre del Gonsaga a scelta degli esihat. Narra Il B., che il dottor GiOfJanni AII4rta Ile' Milii, essendo vecchio assai e impossibilitato a partire, supplic il Lautrech a lasciarlo a Cremona, offrendo di pagare cinquemila ducati e pi, ma il fOTematore fu inesorabile (f. 335). (2) Vedansi i due Proclami del 2 e 2'2 Gennaiu 1522 nell' Appendice (Doc. V

e Doc. H).

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ritirarsi, abbandonando Cremona al Colonna (4 Luglio); ma rimaneva sempre in loro potere il castello. Cosicch quando Federigo Gonzaga, ripresa Lodi, mosse verso Cremona, questa corse grave pericolo, e non fu salva che per il valore dei cittadini e l'ardire di due strenui capitani, il Pellicciolo, detto il Matto (I) e Salomone Siciliano. Mentre Federigo Gonzaga respinto da Cremona, ceduta Lodi e Castelleone (2), si dichiarava vinto, e il dominio ducale pareva si rassodasse e), ecco Francesco I scende di nuovo (1525); ecco Cremona vede desolato dal Pallavicina il suo territorio, e il suo erario di nuovo esausto dalle spese della guerra rinnovata. (I). La battaglia di Pavia, dando l'ultimo crollo alle galliche fortune, non apportava per la pace tanto desiderata, e che sembrava finalmente dover essere raggiunta (5), La congiura, vera o supposta, del Morone, rompeva]' amicizia fra il Duca e Carlo V; e Cremona appena liberata dai Francesi, era costretta a ricettare nelle sue mura gli Spagnuoli (:!5Ottobre), gente scellerata, dedita a tutti i vizi, prona a tutti i delitti (6), non che i Tedeschi, senza fede n lf'gge, luterani la pi parte, che componevano le bande imperiali (1), Le case, i conventi, le chiese divenivano allora campo di scene violente e bestiali: i Tedeschi, per dileggio, rubati agli altari, insieme coi vasi preziosi che li custodivano, i crismi sacri, se ne ungevano le
Il) Vedo l' epitafio composto per Ini dnl GAETANI nell' Append. (Doc. \"11) (2) Vedo i Capitoli di cessone del 18 Magg'io 1524, nell' Append. (Doc. VIII). (3) Dopo la battaglia della Sesia, Francesco Il keblie Il stato IU<J in pacijicka pouelliune (GauMELLo, CI"on, p. :J3U/. A proposito di tal battaglia il Bordgn llo scrisse un carme de natura Galiul'lw, che riportiamo, per dare un saggio del suo modo di poetare, neli"Append. (Doc. IX e X). (4) Scrive il CAMPI (111, p. 14iil: Sostenn perci la nostra citt grOfJezze ililopportabili. Infatti la citt pag nel 1523, prima 25 mila scudi, poi nel!' Agosto 18 mila. Nel 1524 (Aprile) 5 mila, nell'Ottobre, avuta uotsn della presa di Milano, mand spontaneamente in dono al duca 25 mila scudi, e ne prest poco dopo altri 25 mila, con promessa che verrebbero re-titutl. Il 16 Novembre, domandata, sbors nnovamente 15 mila scndi; i mercanti alla tassa imposta nel Decembre di 15 mila lire, soddisfecero con pezze di frnslagno di tale valore, di pi pagarono 3300 scudI. Le gravezze crebbero nel lii26 e nel 1527. (5) Sulla battaglia di Pavia vedo l'Appendice (Doc. XI c XIl). (6) Ecco come chiama gli Spagnuoli li B. rCllrotl., f. 31l8): " num in terra.. rum orbe gentes hlmanes (Iic), pejores, rapina deditos, ntdos, scelestos, fures, ,. latrones,' baros, fraudolentos, luxurosos, homlcldas, sodomtas, malorum et omnium morborum plenos bis unversalter, quis homluum invenire posset ? . (7) La descrizione delle truppe spagnuole l'abbiamo riferita fra i Documenti (Doc. XIJI).

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srarpe ('). Ma gli oltraggi, le ingiurie di ogni genere toccarono il l'olmo, allorquando gli Imperiali si tI'OVaI'OllO assediati dai Veneziani. Ben avvedendosi l'hl' gli angariati cittadini (2) :H.;pfl ti a vano con ansia il momento clelia liberazioue, e veggendolo 0M'ni cl\ riti farsi vicino, i Tedeschi e Spagnuoli per vendicarsi anticipatamente e far tornare in pianto la futura allegrezza. costringevano a lavorare alle fortificazioni ed alle mura doune e fanciulli el, attnr-cavauo ai carri, come bestie da soma, i monaci erl i prelati, uccidevano con impunit i cittadini: un sodataccio ammazz il nobile G. B. .\li pereh non fu abbastanzi sollecito a dargli del vino ('), Dopo tanti danni. mancando le polveri pel' le artiglierie e le vettovaglie pei soldati, il colonnello Corradino Gturo scendeva a patti cogli assedianti, ed il 12 Novembre 15OZ0, la citt era data al duca (l' Crbino ed al provverlitor generale della Veneta Signoria, Pietro Pcsarc (l).. Entravano essi in Cremona coll'esercito liberatore fra l' esultanza della popolazione, -tanto pi felice in quanto questa volta il dominio di Francesco II, in nome del qual era preso possesso della citt, sembra va per sempre assicurato, Con questo nome popolare e glorioso crerleasi che giorni migliori spunterebbero per la citt miseramente guasta: ma pur troppo la prematura moro te del Duca, fe' sottentrare la potenza spagnuola, il cui governo, pessimo fra i pessimi, condusse la citta ali' estrema rovina (6).
(1) CAMPI, IIl, p. 14'7. :2) Il sale, che Bi pagava 20 soldi impero al poso, fu posto li :n. Nel Ma~l!'in fu posta una taglla alla citt di !lOOO scudi, dei quali -1000 pag il Comun!', 2:>00 il Contado, 2500 il Clero. (3) Ckroll., f. 409: ,. Per vim tota fi're elvitas ad propugnaculu fortifleandn l't ad 1aborandum ab Hspans maledlcis verberfbus nrctabatur : non solnm de pop ulo et civibus ad hoc faoiendurn, sed etiam fratres relill'iOlli, presbyter, monicae, eonversae monalurn cogebantur : usque ad senes, impuberes et mu, lieres . Chi si fosse rifiutato di recarsi a lavorare, doveva pagare una multa, che da 4 scudi d'oro fu poi portata a lO. I cittadini per rafforzar le mura, Iurono costretti ad adoperar perfino le botti e le mobilie, Il gli utensili di rame per fondere cannoni. Vedi anche CAMPI. III, p. 148. {41 Vedi CurvI, l. c. \;,; l patti della resa, riferiti dal B. sono stati riportati da noi nell' Appendice

Doc IV),
{61 Perduta ogni traccia della libert antica, costretta la citt a pagaI'{' enOTIDj balzelli e sottoporsi a tributi arbitrari, presto fu ridotta alla pi compieta povert. Accanto a questi danni ne vennero altri: le guerre continue, le pestilenze, la mortalit spaventosa ne dlmnurono di duo terzi la popolazione. Lsopravssuti non trovando alcun freuu alle 101'0 voglie, si davano alla pii! IcenlJlI3 esistenza, ed i racconti del tempo riboccnno di assassini, di violense d'ogni specie.

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Alla conoscenza di tutti questi tumultuosi e dolorosi fatti certo ci soccorrono n'aiuto molte storie o cronache, oltre questa del Bordigallo, e fra edite ed inedite ci porgono copiosa mole di svariate testimonianze sincrone, tutte importanti come quelle che l'una coll' altra si compiono: e dai diversi giudizi, dai contrari apprezzamenti prodotti dalle differenti condizioni di grado, di indole, di coltura, d'opinione neg-li autori, emerge quasi sempre quello che pu essere il vero nella integrit sua. Anche recentemente - pf>r non dire d'altre pubblicazioni di pi lontana rlataper cura della benemerita Societ Storica Lombarda uscivano alla luce Ire opere (l), che si aggiano appunto su questi tempi e su questi fatti: i Commentari de Bello Gallico di G. B. Speciano, i quattro lihri Rerum gesta rum suac actaiis del G. Merula, l' Historia rerum in Insubribus gestarmn de 8. Vcio : tntti e tre uomini illustri per le cospicue cariche, le dignit possedute; la parte che ebbero n~li avvenimenti di cui tessono il racconto. Per ciche riguarda Cremona stessa, nel metlesimo volume erano pubblicate due Cronache Cremonesi anonime, l'una delle quali -la sola di cui occorre qui far menzione - dal 14!H al 1525; e del medesimo secolo e quasi del medesimo periodo il Compendio, gi ricordato. del Gadi, di poco posteriori alle opere rlel Cavitelli e nel Campi. Ma tutti questi scrittori o che spazino nel campo esteso (Iella storia tutta contemporanea o che si restringano alla esposizione di avvenimenti municipali, o che faccian pompa di elegante e pura Iatinita e di classico stile fin nel titolo dei loro libri, come lo Speciano, o vestano i loro racconti di rozza veste italiana, che lascia trasparire le forme vive del dialetto, come l'Anonimo cremonese o il pavese Grumello o il milanese Buriozzo (2), mancano, quasi sempre, di . un pregio, che rende tanto pi notevole la testimonianza sincera ed intelligente del Bordigallo, il quale sa fondare la sua narrazione sulle basi pi solide e pi scientifiche che si possan dare: sui documenti stessi, che quando pu, si piace di riferire. Questi documenti sono d'ogni genere: scendono dai bandi, dalle gride, dalle lettere de' duchi di Milano, dei re di Francia, alle strofe lamentevoli che suonan sulla bocca della plebe lombarda, ai satirici com(l) Nella BibliotAtCtJ kiltorica ilalica cura et studio Societatis Longob., vol. I. Mediolani MDCCCLXXVI. (21 Cronaca di A. GRUMELLO (1469-H;29), vol. I dAlla Rttecolta di ero.ilft e Docum. Stor, Lomb. Milano, Colombo, 1850.

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ponimenti dei poeti popolari, alle corrispondenze private (I). Il Bordigallo faceva tesoro di tutto, e ne adornava poi la sua Cronaca: certo questa non guadagner solennit di isteria classica, leggendovisi per entro accanto ali' orazione di un principe la descrizione minuta cl' un convito sontuoso; ma otterr un altro pregio, e ben grande, per noi che ne trarremo curiose notizie che illustrano i costumi e la vita Ilei tempo. Da quanto siamo andati dicendo, ci sembra che si possa ormai formulare un giudizio abbastanza esatto della Cronaca del Bordigallo, che lecito chiamare una fonte copiosa di preziose notizie per chi ami occuparsi della storia lombarda e cremonese sul principio del X VI secolo. Prima per di por termine ll. questo breve lavoro, crediamo opportuno' di aggiungere alcune considerazioni sul posto che - senza esagerazione di sorta - pu spettare al Bordigallo, quale ci vien fatto conoscerlo da questo monumento dell' ingegno suo. Se non a credersi, che esso abbia posseduto una mente acutissima, per innegabile, che ebbe da natura molte e pregevoli doti all' ufficio suo di storico convenientissime: retto criterio, grande fermezza d' opinioni e diligenza somma. Immutabile ne' suoi sentimenti politici, vero figlio di quella citt che gloriavasi di esser stata da tutti i principi chiamata la Fedele, esso parla sempre con caldo affetto dei duchi di Milano, che considera come i soli legittimi suoi principi, e siano essi o Massimiliano o Francesco II, li onora sempre dei suoi carmi e delle sue lodi. Al\' ultimo discendente della gloriosa famiglia, che aveva nutrito tanta affezione per Cremona e di pari amore era stato ricambiato, egli dedica - gi si vide -la sua Cronaca, perch-scrive eglipossa il Duca conoscere un suo suddito fedele non a parole ma a fatti, minimo ma fervidissimo amatore della sua Casa, cui non per adulazione escono tali parole del labbro, ma vi sono spinte dal\'abbondanza del core (2). I duchi di Milano quindi e la bella, l' indita Cremona, sua patria, ch' egli chiama volentieri Alcmena, nome che ne rammenta le eroiche origini, sono ci ch' egli si COIllpiace sovra tutto d' esaltare; nutre in conseguenza un odio vivis(l) I pi notevoli fra essi che p088Ono gettare qualche luce sugli avvenimenti dei quali rapidamente abbiamo fatto il racconto o sulle consuetudu cittadineschI' di quel tempo o sopra altri oggetti, raccogliemmo a formare un' Appendice a questo nostro lavoro. :2i Nella dedica ad esso Duca, da noi rifl'rita fra i Documenti (Doc. Ili.

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simo contro tutti gli stranieri, che dice sempre e senza distinzione di razza barbari, come li potea dire un romano. Il Lancetti qnest' odio per i Francesi biasimava nel Nostro, come parzialit a storico disdicevole (1), noi invece ci compiacciamo altamente Ili vederlo sempre cosi ripugnante alla straniera signoria, e per quanto afflitto pei mali della citt natale, levarsi tuttavia a pi ampi concetti e deplorare con quelle (li Cremona le sventure d'Ttalia, Rammentando i numerosi principi da cui essa era ai suoi di dominata, il Bordigal1o lamenta, che da tanti secoli non fosse pi unita sotto uno scettro solo; e precorrendo i tempi ed innalzandosi - notevol cosa - a quell' ardita concezione politica, che rese immortale il nome del sommo Fiorentino, esclamare che appunto per essere da tanti posseduta, l'Italia non pu aver pace e tranquillit; ma che se tutti i suoi popoli si unissero fraternamente l'uno coll'altro ed eleggessero un re che tutta la penisola governasse solo, colla giustizia e colle buoni leggi, allora non genti e signori barbari, ma i romani la terrebbero, invitta e forte (2). Ma questi sogni di grandezza allora impossibile ad avverarsi non possono molto a lungo trattenere nei campi della speculazione l'animo del Bordigallo : l'amara realt del presente lo vieta. E veggendo tanto lutto e tanto danno, e tanta debolezza negli Italiani, esso si abbandona allo sconforto. e non spera da altri che dalla divinit quel soccorso che dagli uomini non pu ottenere. Come egli esclama - come l'Italia pu ella sollevarsi, dila cerata qual' e dai barbari e dalle guerre civili, dagli intrinseci odi? Ovela forza degli antichi soldati, ave l'eccellenza dei duci e dei re ? Essi colla mano e col senno prostrando i barbari, facevano conoscere essere 101' vietata l'Italia: ahim! ora in essa regnano tutti i mali, di tutti i peccati fatta sentina. Non ".' legge nei sacerdoti, non
(l) Op. cit., l. c
(2) Chron., f. 25: Italia igitur fere per annos qulngentos cum tota plani-

" cie, sne rege principali permansit ed sedt , in qua tunc fuerunt et sunt domi" Dia, videlicet Ecclesiae, Imperatoris, Vtcecomltum, Sabaudinrum C't. innumerabilium aliorum parvorum Prlncpum quorum numerum )011" gum esset repctere. Qua propter vix aut nunquam potest babere pacern l't .. tranquillitatem. Sed si una inter se omnes populi ad invicem 8(' dillperent l't amarent, regem unum quoque supra se dorninnntem statuerent, qui totam i1\am Iegibns et jnstcia ornaret, Italiam decoraret et ad bonum comune onmia respicerent, protecto Romani nec gentes barbarae Reges et principes ipsam suppeditarent, cum tota montlbus asperrims et nndique mari sit vallata, fluo .) minbusque, fortis et invcta o ,

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giustizia nei principi che dovrebbero difendere i soggetti ed invece SOD prodighi e tiranni, non fedelt nei sudditi, concordia nei cittadini, prudenza nei vecchi, sapienza nei letterati, non onest, non pudicizia nei giovani. Non quindi a stupirsi che a tanto sia venuta l'Italia (1). Son certo tetri i colori coi quali il buon vecchio esacerbato dipingeva le condizioni dei suoi tempi; ma niuno vorr ammettere, crediamo, quando tante e tante prove ne rimangono, ch' egli esagerasse. Il cinquecento cosi splendido per la rinnovellata cultura, nasconde sotto l'aurea apparenza uno de' pi tristi e vergognosi periodi della storia nostra. Come poteva adunque un uomo, quale il BordigaIIo, vissuto per molta parte di sua vita fra gente di costumi pi semplici, con vita cittadina pi amichevole, trovarsi poi tra gli orrori delle gnel're civili, le barbarie degli invasori, e le folli ebbrezze delle volutt e dei banchetti, senza provare un senso profondissimo di dolore e di sdegno? tanto pi che il sentimento religioso era in lui molto vivo, e la piet grande assai, sebbene libera superstizioni e da acerbit. A quei tempi parrebbe quasi, a dar credenza ai cronisti, che la natura testificasse le calamit degli uomini e vi partecipasse persino; quindi le storie son piene di racconti, di miracoli, di fenomeni paurosi, eli profanazioni delle cose sacre e di vendette della divinit, di pioggie portentose di sassi, di sangue, di locuste, di ecclissi o di mille altri fatti soprannaturali. Anche il Nostro li registra coscienziosamente; ma spesso non se ne rende mallevadore, pur dicendo nulla riescire a Dio impossibile, e che esso pu certamente manifestare con segni sensibili I' approssimarsi del suo corruccio. Ma conserva per sempre tanta libert di pensare da ridere dei pretesi miracoli, da rimprove-. rare que' sacerdoti e quei monaci che non volevano coi concitta(1) CAron., r. 194: " O lnfellx Italia a barbarls ta dilaceratajaces, a bellis cvilibns propter partes et odia utrlnseca dissipata! In praednm seelerum causa funditus posita! Ubi antiqnorum vres militum snnt? Ubi niagnanimum Prin cipum et Ducum clartas et exeellentln ? Qui barbarorum natones sapientia tui et arms superantes ad antiquam matrem strantes, sepulturae cada vera trunca tradebant, ad inclytamque Italiam amplius revertendum, mouumentum relao uvere. Yeh! Yeh! Nune abruta in peeeatis Italia! In te eni~ omnium morbo, rum sentina regnato Lex tuis a Sacerdotibus recessit : Justicia a Prineipibus: qui populis tu eri haberent, regere, gubernare, al' effendere, sed Tyranni sunt pariterque dissipatores. Consilium a senibus: Fides a populis: Disciplina Il lit lnatis: Studium a scclnrlbus . . , . Igitur si patieris tanta mala et adveraitatea, e Italia, mirandum non est ".

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dinidividere le gravezze, e da beffarsi delle scomuniche lanciate sovra i ladri d'un cane (1). Come letterato, sebbene le sue opere puramente letterarie non ci siano state conservate, pure se ne giudichiamo dalla sua Cronaca, ove profuse i suoi carmi latini (Y), non possiamo dare al Bordigallo un posto molto alto. La prosa latina, in cui stesa la sua storia, molto dimessa, molto umile: e presenta traccie visibili dello stile volgare e della lingua italiana di quello che dell'idioma classico del Lazio. Ma non forse da arguire da ci che egli non potesse far di pi; giacch oltre al fatto che noi abbiamo dinanzi un opera non limata, n condotta a termine, evvi anche a notare che esso protesta di scrivere a bella posta in lingua vernacola, umile, domestica , perch tutti e sapienti e indotti apertamente lo comprendano e). I suoi versi sono infatti migliori: pi accurati nella forma e nella scelta de'vocaboli; ma privi
(1) Chron., f. 30. Sovra il preteso rinnovarsi del diluvio universale, vedi quanto dice a f. 371 e i sonetti satirici riportati anche da noi nell' Appendice (Doc. X V): f. 34: Die dominico 27 praedictl mensis Junil [15i7] Inaudtum, rdculosum quamvis timendum, hac luce [accidt] terribilis excommunicacio, " majori in tempio Cremonae per Ven. D. Christophorum Carenagium . trina canonica jam moniclone praemissa, Cicus cerae cxtinctis, contra male dicos vlros, qui Catellam uuam Mondomini Jsneti Benoni Arcia S. Crucis prae sids subriperant, astantibus Civibus, me quoquc presente, publce fuit per mnlgata et fulminata; rea profecto mirabilis, a poets canenda carmlnbns et ab Istoriographis posteribua commemoralida . (2) Veramente perduti fra i suoi scritti, sono a considerarai le Vite IUe Regine Hebree, che poco sono a rimpiangerai, e quel volume di orazioni, epistole e poesie gi ricordato, che invece danno sia andato smarrito, come quello che doveva contenere cose notevoli e particolari interessanti sulla vita dell' Autore. La raccolta poetica di Epitafl di illustri Cremonesi , secondo tutta probabilit, quasi per lntiero conservata nella Cronaca, dove il B. ha sparso 117 di tali epitnf latini, non pi lunghi di due o quattro distici, e tutti di personagg-i contemporanei, o suoi parenti o familiari o degni di memoria per la loro dignlta o la loro gloria. Nella Cronaca ha poi riferito molti Buoi carmi aueh' essi latini e d'importanza maggiore e di maggior lunghezza, come quelli in cui deplora le condizioni di Cremona (f. 191,236,253, 21il, 314) o esalta illustri personagg (ad B. Pelram, f. 205, ad Meuaronum, f. 242, 248, 283, ad G Castionta Sytldicum Regis, f. 267, ad Cardillalem Araonum, f. 268, ad F. Telegninum, f. 29:{, ad AJond, De TBsc, f. 298, ad Franciscum Sphortiam, f. 3;;0, ad A. Balbiasuim, f. 351) o celebra vittorie ed altri avvenimenti importanti (De bella Alemaniae ad. Regem, f. 321, lie Pace, f. 366, de pugna Papiae, f. 39:3, de noticitat Delpkiiu', f. 271), o fa le lodi d'Italia e della sua patria (De taudtou ltalioe, f. 16, Cremonae, f. 41, l'eronae, f. 354). Versi da lu composti in lingua italiana non ne co-nosciamo. (3) Chron , f. 1: Vernacula lingua humilis et domestica, ut snplentes utque

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di reminiscenze classiche e di imitazioni dotte. Egli non fa mai pompa di emistichi tolti di peso - come era ed costume - dai poeti antichi, non si vede insomma nelle sue poesie quel lavoro di mosaico ingegnosissimo, che
il "Ida cremonese D'alta facondia inessicabil vena

come lo chiama l'Ariosto tOrt. fur., XL V, 13) condusse ad altezza insuperata. Per, a quanto esso afferma, conosceva il greco ed il caldeo, molto superficialmente a nostra opinione; ma in ogni modo abbastanza da poter vantare una coltura non disdicevole ad un patrizio, ari un cittadino che avea parte al maneggio dei pubblici negozi. Dei poeti e degli scrittori latini egli conosce e cita tutti i principali (I): e insomma quest' uomo, che in mezzo ai travagli dei tempi, consentaneo al motto che fregiava il suo stemma, visse sereno e tranquillo, amando la sua citt, giovandole per quanto poteva, raccogliendone le antiche memorie, dedicandosi agli studi geniali della storia e della poesia, non uno dei meno notevoli fra gli eruditi personaggi, che illustravano in quel tempo Cremona, quali Nicol Lugari, Daniele Caetani, Benedetto Larnpridio, Girolamo Fondulo, uomini acclamati e ricercati dai principi e dai pontefici, operosi banditori della scienza e dell' arte dalle publiche cattedre, precursori ed operatori anch' essi in non lieve parte del grande risorgimento del cinquecento: uomini che un profondo obblio ha sepolti forse troppo immeritamente, e che ci auguriamo vedere quando che sia per effetto di pietosa benevolenza risorti dall' inglorioso silenzio.
FRA~CESCO NOVATI

et semidocti /i'''PPT.iT> intelligant loquar ,,; e in un Carme che segue poco appresso, scrive 'f. 14): Caliapes taceat cantu : nernacula lingua Rarprimat alter opu: scribat amica manus. il) Degli storici e di alcuni autori antichi da lui rammentati abbiamo gi Cattocenno (pag. 27 n. 2). Fra i poeti latini e880cita spesso Giovenale If. 4, f. 200 ecc.), Yirgllio IC. 6), Orazio (f. 8, f. :396 ecc.), Persio (f. 124), Ovidio (f. 279) ecc. Fra i moderni, o meglio quelli del medio-evo: Gottofredo (f. 36), Stefanardo da Vicomercato (f. 26), poi il Petrarca (f. J e passim), di Dante rammenta spesso
la Cfff_dia.

L'ARCHIVIO
DELLA

CAMERA FISCALE BI VERONA


;\.L CADERE DELLA REPUBLICA
VE~ETA.

In questo stesso Archioio pochi anni addietro il eh. cav. Antonio Iertolrli espose quanto gravi furono le perdite che nel secolo presente sul la Camera Fiscale di Verona, ()rese conto delle poche e, per la maggior parte, non molto importanti serie di documenti che solto il nome di Archivio della Camera Fiscale si trovano raccolte negli Antichi Archivi annessi alla Biblioteca Comunale di Verona (1). Il nostro storico conte Alessandro Cadi (2) sul finire del pas(I) A BEaTOLO!, G!i antichi archiri annessi alla biblioteca comunale di Verona nell' Are". T'eli., X, 200, 221-2:J6. - La parte pi antica dell' Archivio della Camera Fiscale, quale l'8S0 attualmente, formata dai rotoli in perga-

mena, la cui serie comincia col 1217 e fnsce col 1682. Sono nuumero di 63. Le Ducali sono 943: principiano coll'anno 1~13 e terminano col 1793. Del secolo XV vi si conservano ancora due registri in membro di lettere e mandati del domno veueaiano, l'uno dei quali comprende gli anni 1413-19, e l'altro gli anni 142;)33. - Chi sa poi da quanto tempo and smarrito l'arcbivio della Fattoria scaligcra, e della Facturia noua vscontea (doc. 29 aprile 1394, 18 luglio 13~6, Ant. Arcb. Vcron. O,pil. 20i9, 2053), alla quale ultima succedette la fattoria carrurese, di cui fu seguito la Camera fiscale veneziana! Gli stessi scafigari non tenevano del resto ordinate le loro carte. Inflitti add 12 aprile 1331 Delaido notaio del fu Filiberto da S. Mattco <. factor et procurator " di Alberto e Mastino della Scala figli della b. m. di Alboino diceva e prtntalJa " quod plura alia feuda preter quam infrascripta adhuc nuenire non potuit et hoc propter multltudinem Scripturaeum ipsorum duoruru et suorurn predecessorurn ... Ant, Arcb. Ver , AMo di &. Zeno, Reg. \'1, f.8:>. ,2) Isteria della citt di Yerolla, \'1. 116-37, Verona 179l>, stampo Giuliari. Il CARLI Ip. 116, 1l7, 119,124,128,130,131,135-7) cita un Ibro pergnmenaceo antico, sena'ultra indicazione: Il pago 1:15 ricorda nn libro bambacino coperto di coranie rosso scuro col titolo (I ~1CCCl'1I 'I, e a p. 129 fa menzione d'altro libro
o

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sato secolo, aveva trovato nella Camera Fiscale molti e preziosi documenti ad illustrare la condizione amministrativa e politica della nostra citt all' epoca Carrarese, I volumi da lui citati oggi non esistono riti. In tanto sperpero, non inutile, parmi, accennare ad alcuni lavori d'ordinamento ch' erano stati intrapresi in quell' Archivio negli ultimi anni della Republca di S. Marco, per la cui caduta rimasero pur troppo troncati. Chi si preoccup, con zelo veramente ammirabile, di metter mano in qnei documenti altrettanto importanti, quanto dimenticali e negletti, fu il notaio Antonio Perini, allora cancelliere della stessa Camera Fiscale, il CIIi nome "enne troppo ingiustamente dimenti-sto (1). Le notizie sopra di questo suo lavoro furono da me raccolte tutte nel r. Archivio di Stato in Venezia, seguendo la traccia indicatami dalla cortesia di un' egregia persona. La prima Carta che rinvenni in argomento una deliberazione dei Presidenti sopra Offlci deputati del Consiglio dei Quaranta al Criminale. Ha la data JO maggio 178D. e la riferisco per esteso.
,. Adi 30. trenta Maggio 1789 " Gl' IlIl11i. et Bccm Presd.' sopra gl' Officij Deputati dal Cons. o Eccmo di 40 DI Criminale. Appo~giata essendo alla responsnblllt del Nodaro, e Masser della Fiseal Camera di Veroua la custodia delle publiche Carte riguardanti le Feudali nve~tltnre, la gelosa azienda de' Duej, che formano una parte preziosa del Reggio diritto, e del pub." patrimonio, c l'alteggio Civilc, venne d'assoggettare a questa presidenza l'attuale esercente D. Antonio Perin con l'unito IiUO Memoriale il sommo disordine, c sconvolgimento, in cui giacciono presentemente tali pre1108i documenti, c li sommi detrimenti loro iuferiti dal tempo, e dalla qualit. del luogo assegnato al loro raccoglimcnto, che per essere sommamente pregludieato nel suo materiale facilit il loro deperimento e logorazione.
i~rilto: " 140~ Iiher expensarurn Domini etc ..). Un libro membro viene citato anche a p. 112, ISO. - l: ab. dotto Michele Suaselli d' Era (.llertl. ecci. della piere l Albaredo, Veroua, l i~9, p. 11) vide nello Camera Fiscale un rotolo del 9 no'embre 1381 contenente una sentenza prouunciata per ordine di Alberto dalla !leala, da Valeriano giudice del Dugali e contro la Comunit d'Albaredo. Questo lIlloloora smarrito. l: Ordinariamente non si ricorda che Ludovlco Perini, la cui operosit merito di es..pr lodata dal Mafl'ei (in flue agli Scritturi Veronesi). 11 notaio Antonio l"'rIni non sia ricordato neunchc dall'erudito sig. Osvaldo Perini nella sua storia il r~flr1Ia dal 1';90 al 182'.2. Verona, 18i3. Questl peraltro si occup quasi escluii1\aDl~lllc di fatti pohtic.

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Ritratte per essendos! su tale importante argomento le pi certe informazioni di quel N. V. Pub." Rappnte, con le quali vengono assicurati gl'esposti disordini originati dalle vicende occorse nei tempi passati, e dalla mala situazione presente di quell'Off., ed Archivio reso indecente, E'd inabitabile con conseguenze fatali alle carte iTi raccolte, e di grave incomodo de'ministri, che per publico servigR'io deg!l"iono in essi trattf>nersl, ha egli pure con benemerita esatteza accompagnato il fabbsoguo della spesa occorrente per riparare, e rlrnmettere li luoghi predetti dalli sommi discapiti rissentiti in surnma di D. 653.12 V. p. .. Mentre per rissultn necessario accorrere ngli indicati ripari, onde togllersi in progresso li disordine, ed aggravio della Pub.s Cassa, sempre pi sensibile per la sicura custodia delle Carte predette niente meno importantissima si riconosce per oggetti esenziali di Pub." interesse, e diritto la rordlnneone, e separazione loro per levarli da quella confusione, in cui attualmente esistono, ed ottenere per tale mezzo alle occorenze da cosi preziosi documenti le norme pi certe sulle publiehe, e private azioni. .. Tali gelosi rapporti interessando sommamente l'impegno e zelo di loro E. E. e considerata la spontanea off"rta loro fatta dal precitato d." Antonio Perini, trovano opportuno di appog'glare al medesimo J'incarico della separazione e rlorrllnnzlone di tutte le carte esistenti nell' Arehvo suddetto alla sua custodia affidato, raccogllendole in separate filze, secondo le respettive materie, con l'istituzione d'un Repertorio, per mezzo del quale pi agevole rissulti al caso del bisogno il loro rinvenmento. ') Per una tale estraordnarta Iaticn, che sar suo dovere di ridurre al pi presto al\'intiero suo complettamento, e perfezione per tutte le spese che gli (8ic) renderanno necessarie per copie, ed assistenti, e per la verificacione delli ripari ed operazioni prog-ettate, ~iusta al Fabbisogno presentato, e trasmesto dal N. H. Rappnte sud.", le quali tutte cadere dovranno a suo proprio peso, trovando di equit l'E. E Loro di stabllirgli una qualche temporanea compensazione devengono cou l'auttorit loro a del bernre che satva la corrtsponsione delle annue L. 806. de piccoli dovute dal detto Ministro al Fed : Alessandro Bonifacio nodaro del presente Eccmo Cons." resti il Perini suunominato per anni dieci prossimi venturi sollevato da ogn altro annuale aggravio annesso al detto carico verso altri Ministri del Loro Eecmo Mag.', e COIIS.", sollevo, che dover cessare spirati che siano gli anni dieci, dopo li quali si lusngu la Presidenza adempite nel pi lodevole modo, e con la pi diligente esattezza la separazione, e riordinazione delle carte, e libri in quell' Archivio esistenti, e che dovr essere a tenor della perizia accennata immediatamente ritratto. Dover il sudetto Ministro MaSl'er annualmente rassegnare a questa Presidenza il dettaglio dell'eseguite operazioni per lume, e per quelle ulteriori determinazioni, che rputasse convenienti. La presente registrata sar data in copia a d." Aut." Perini Nodaro, e MB.8!IBr della Fisca/ camera di Verona per l'Intiera sua esecuzione, Dovendo il sollevo come sopra accordato avere il suo principio dal di primo Luglio p. o v.", e sar trasmesso in copia al N. H. Rappresentante di Verona per lume ad intiero suo adempimento. Mane ete. Lorenzo Diedo. ') Zan Vicenza Gherardini Presid.v sopra gl'Ofticii. Gaspare Moro primo Presid.'" sopra gli Officj (1)
l).

lI) L" originale (colle firme autografe; conservasi nel volume intitolato 40

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Due notai di nome Antonio Perini vivevano in quegli anni a Verona, e si distinguevano per la paternit: l'uno era figlio di Odoardo, e l'altro era figlio del primo e quindi nipote di Odoardo. ?'\egli Atti del Consiglio Notarile veggonsi menzionati spesso l'uno e l'altro, in occasione delle composizioni dei Ternari. Trovasi Antonio di Odoardo Perini ricordato gi nel 1754 (1). L'ultima volta che il suo nome v' registrato nel 1788 (2). Antonio suo figlio comparisce per la prima volta nel Ternario del 1786 (3), e per l' ultima in quello del 1794 (4). Dei due, il nostro fu certamente il pi giovane; lo vedremo occupato in questi lavori quando gi l'altro era morto. Infatti il primo mor addi 11 Luglio 1791, nellet d'anni 70 (5). L'altro manc di vita sei anni dopo, il 24 Aprile t797, di 56 anni (6). La Camera Fiscale prospettava la Piazza dei Signori, ora Piazza Dante, e da un lato era contermine alla Via Dante, gi Lovara, Vi si entrava per quella porta in marmo, piccola, d'archilettura barocca, che guarda alla suddetta piazza. Sotto gli austriaci -ola v' era una caserma di guardie di polizia. I lavori all' Archivio della Camera Fiscale si principiarono coi restauri materiali. Il N. H. cav. Giulio Antonio Muzzati (7), nostro Podest e Vice Capitano, sotto la data 15 Giugno 1790, ordin che in seguito alla citata determinazione 30 Maggio 1789
al Crim. Terminazioni: genn. 1788-agosto 1789 Registro n. 112. Una copia n'esiste nel Senato Terra, Aprile 1796, Senato I, Filza 3102, pago 220-19 (avvertas che la numernsione delle pagine inversa, principiando dall'ultima carta). Arch. Generale di Venezia. (1) Atti del Collegio Notarile di Verona (Arch. Not.), t. 1752-5, fol. 70. Ringrazio il ch. L Cristofoletti per gli aiuti prestatemi nelle ricerche fatte In questo
I)

arebivio.

i2i Atti del ColI. Not. di Ver., tomo 177889, f. 221. i3) Atti del ColI. Not. di ve-., tomo 1778-89, f. 166. /4\ Atti !lei ColI. Not. di ve-., tomo 1790-96, f. 63'. (5; ~el libro Morti citt dell'an 1791, pago 31 (Ant. Arcb. Ver.) registrasi sotto questa data" il sig." Antonio Perini d'aun 79. morto alle Ore ettod mal cronico In mesi tre ..... App.eneva alla Parrocchia di S. Lorenzo e fu sepolto ai SS. Apostoli. Il titolo di signor una distinzione conveniente alla carica di notaio. (6) Nel lihro Morti citt 1791-8, p. 3-1 (Ant. Arch. Ver.) sotto la data citata, parrocchia di S. Lorenzo; Il Sig." Antonio Perinl q.m altro Ant." d'anni 56 . morioggi per maligno in gni Il (1) li :\Ius.~ti giunse a Verona per assumere l'officio di Rettore il 4 Maggio 1789 ad l ora di notte, come dal suo Libro Lettere 1789, I (in capo al volume). Arcb. Pretorio ora nell' Arch. Notarle di Verona. 4

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ed a susseguente decreto i Maggio 1790, l'ingegnere ed architetto Luigi Trezza si recasse sopra luogo, poich il Perini aveva trovato indispensabile il rinnovamento (Ielle travature dei solai (i). Il fabisogno del Trezza (2) ammont a Lire 2900, e per detta somma il Perini si obblig verso il nostro Rettore ad eseguire tutti i concertati restauri, e ci con atto 24 Giugno 1790 (3). Present in seguito i suoi conti regolari (4). Il governo veneziano quantunque retribuisse scarsamente l'opera pel Perini, non lasciava di sorvegliarla. Abbiamo infatti una interessante lettera dello stesso Mussati diretta ai Presidenti sopra gli Oflc, colla data di Verona 13 Dicembre 1790. Egli afferma che gi crasi recato sopra luogo appena ricevuta la prima deliberazione :30 Maggio 1789. Non posso occultare, soggiunge quindi, la mia amarezza nell' aver rimarcato un basso luogo, in cui esistono carte in ftran parte fracide, ed ammuffite, destituto di custodie per conservarle, incomodo, e pericoloso agli esercenti; e nel superiore, intitolato l'Archivio, un' ammasso informe di carte senza ordine, slegate l'una dall'altra, esposte alla corrosione, ed al disperdimento. Quanto mi fu di tristezza il vedere tanti antichi, e recenti documenti riguardanti speciali titoli, ed azioni del Principato nell' origine, progresso, ed aumento de' daziali prodotti, ed altri pubblici e privati non meno importanti giacenti tutti nella confusione, nell'abbandono, altrettanto ~ si rallegr de' nuovi lavori. Loda assai il Perini. Nella mia ultima visita, continua il Rettore, sono rimasto colla compiacenza di vedere ampliato di molto il luogo di solita stazion de' ministri; sottrato nell' eseguito alzamento dali' umido, e, con nuovo lume introdotto, reso piu atto alle quotidiane incombenze, indi con opportune, eguali e ben addattate custodie sistemato, onde chiusi e separati conservare quei pubblici monumenti, che l'oggetto formano delle comendahili 101' provvidenze. Cosi egualmente composto, esteso, e molto piu atto alla conservazione delle carte, ho ritrovato I' altro superior luogo detto r Archivio. Mentre tutto ci a merito della cura indefessa
,
(l Senato Terra, l. Co pago 2120 (2) L'illustre architetto Luigi Trezza ne rifer al Mussat con carta 2i! Giugno 1790 (&natu Terra, 1. c, p. 191)0 Tra i vari restauri, suggerisce anche (. di alzare il pavimento almeno piedi tre al di sopra del piano della piazza "o (3) Senato Tura, I. co, p. 211. (4) Senato Terra, I. Co, po 211. Seguono (l'o 210, 209, 20Sj altre rtccvute per un grande armadio, ecc.

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del detto Perini, che volendo compiere l'operazione a dovere fu costretto ad incontrare una spesa superiore a quella calcolata dal capitan ingegnere Paulo dell' Anges nel suo Fabbisogno 28 Aprile li89, non ho lasciato di animarlo ad accingersi, come in procinto di fare, all' altra opera laboriosa, ma non meno necessaria, della separazion delle carte da materia a materia, della loro riordinazione ne' tempi; e della opportuna loro collocazione nelle preparate custodie onde compiere un' opera veramente degna di lode e di applauso. Termina chiedendo una testimonianza d' aggradimento in favore del Perini (1). Pochi mesi prima, simile descrizione di quell'abbandonato Archivio era stata fatta dai notai Bartolomeo Merizzi d'Azzolini, Giovanni Fontana, Francesco Tessaroli, Luigi Capetti, Silvano Donisi, Gio. Batta Coris, che si erano recati sul luogo insieme al Perini, La carta del 10 Maggio 1790, Siamo andati, essi dicono, nell' ufficio sud." situato in pianterreno orizontale alla piazza dei Signori, ed assicuriamo con piena, ed indubitata fede di aver oculatamente veduto il salnitro sopra i muri, le filze, i libri, ed altri documenti slegati, divisi l'uno dall' altro, confusi nelli respettivi tempi e materie, ed in parte tanto corrosi, che si renderebbe impossibile la loro rilevazione; altri poi antichi documenti li abbiamo veduti dall' umidit del luogo infraciditi, e ridotti a perdersi in fragmenti a pezzi a pezzi, e prossimi all'ultimo deperimento. Finalmente abbiamo veduto alcune filze di carte pefino impetrite in figura di crostacei, sopra delle quali non vi si scorge pi indizio di caratteri. Passati in seguito nel luogo superiore detto l'Archivio di detto Uffizio, ivi pure abbiamo vedute le Carte, Libri, filze, si publiche che private, e quelle singolarmente delli importanti argomenti de' Dazj, e de' Feudali diritti nel massimo sconvolgimento, senza custodia, e solo nelle medesime non si riconosce che un' ammasso informe e confuso (2) . Antonio Perini non si perdette d'animo, e negli anni seguenti lavor con assiduit. Abbiamo un contratto, Verona 6 Maggio tin2, ch'l'gli conchiuse con Fermo Melchiori indoratore, nel quale quest' ultimo si obblig di' eseguire entro l' Aprile 1793 la dipintura dell' officio interno della camera fiscale, dell' archivio superiore, e d'altre adiacenze per lire v. p. 1325. Il Melchiore prometteva di adoperare oro di zecchino e colori della migliore qualit
Il) Senato Terra, l. C., p. 195-4. '.2) &Jlato Terra, l. C., p. 193.

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per gli armadi, le finestre, le porte, ecc. Sulla porta principale doveva scrivere un' epigrafe in oro (1). Con tanti lavori le spese ingrossavano, sicch in capo a pochi armi il Perini si trov nella necessit di chiedere al governo qualche sovvenzione in denaro, Present un memoriale intorno ai suoi lavori, che i Presidenti 80pra gli Offici rimisero per informazione ad Alvise Mocenigo nostro Vice Podest e Capitano, con lettera' iO Giugno 1795. Egli rispose con dispaccio datato da Verona 24 Giugno 1795 (2). Present due disegni: l'uno rappresentava la fabbrica della camera fiscale com' era in antico, e l'altro il recente suo ristauro, Nella lettera dice che il piano dell' ufficio fu alzato per Iiberarlo dall' umidit, e loda la sua forma affatto nuova, e conformata con elegante decenza, e con opportunit di scale interne conducenti tanto nell' indicato Archivio, quanto nella . Encomia superior Ressirlenza de N~. HH. Camerlenghi il notaio Parini, ed afferma ch' egli spese Lire 16,483. Accenna alle nicchie di tutta altezza poste nell' Cilicio e nell' Archivio per la custodia delle carte. Ripetesi he quell' Archivio importante ivi custodendosi tutto ci che attiene a rendita pubblica, a materie daziali, a Fischi, feudi, diritti giurisdizionali, l'aspe criminali, ed altri tutti interessanti argomenti; la confusione e l'abbandono delle carte medesime hanno un' epoca remotissima, ripetendosene la prima notizia dall'occasione di un incendio nato l'anno 1;jl1, cui degli altri se ne sono in seguito succeduti, altre alle innondazioni, che, trattandosi di un sito allora bassissimo, nel suo piano produssero anch'esse dello sconvolgimento e del danno . Il Rettore afferma che il sopraluogo fatto dai notai nel 1790 aveva rilevato quello che aveva veduto egli stesso, cio quale fosse il compassionevole stato dei libri, delle filze e dei tanti preciosi antichi documenti predetti, che incominciano dal secolo decimoquinto e proseguono sino in presente . Largheggia di lodi verso il Perini, il quale ripass ad uno ad uno quelli atti, dividendoli per materie, ripulendoli e componendoli insieme. Attendeva il Perini al lavoro assistito da tre amanuensi dell' ordine notarile. Ai quali tre in complesso, dava del suo D. GO elf. S'aggiungevano le spese dei facchini e delle legature. Il Rettore termina col riconoscere la convenienza d'aiutare l'operoso notaio. Questa bella lettera fu uno dei documenti presi in considera\2)

(l) Sellato Terra, I. Sellato Terra, I.

C., C.,

p. 189 p. 187-f4.

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zione dai Presidenti sugli Offic nel loro parere 18 Agosto 1795, nel quale raccomandarono che al Perini fosse accordata la chiesta sovvenzione almeno per un triennio, onde potesse dar compimento all'opera (t). L'affare pass ai Deputati ed Aggiunti sopra la Provvision del Dinaro, il cui parere reca la data 29 Febbraio 179j (1796). Esso comincia duramente dal dire che il Perini avendo intrapreso di sua volont quel lavoro, non ha diritto a compenso alcuno, e che quindi deriverebbe gravissimo scandalo se si volesse anche per minima parte annuire . Con ci si escludeva ogni pretesa a compenso per iI tempo passato, ma per l'avvenire si proponeva di dargli per tre anni' 400 ducali pagati dalla rassa libera della camera fiscale di Verona (2). Dopo due mesi l'affare fu trasmesso al Consiglio dei Pregadi che se ne occup il 20 Aprile 1796. Dichiar esso non essere obbligato a risarcimento alcuno pel tempo passato-; ma riconoscendo che il Perini aveva speso del suo oltre a duemila ducati eff., stabili che fossegli dati annualmente per tre anni ducati 400 v. c. da esiggerli in questo anno dalla Cassa obbligata di Verona, e neIIi due successivi dietro le Deliberazioni di questo Cons.? . L'esercito francese che fece il suo ingresso in Verona un mese dopo, add 1 Giugno 1796, tolse al Senato la briga di nuove votazioni. La parte riferita venne approvata con voti t 12 contro 2 negati vi e 7 non sinceri (3). I fatti politici e poi la morte di Antonio Perini, troncarono quel paziente lavoro. Pechi anni appresso la maggior parte di quei documenti and pur troppo dispersa. Non per questo 1'opera del Perini pu dirsi sia restata inutile per la scienza. In primo luogo il Carli pot per essa pescare nella Carnera Fiscale dei dati preziosi (4). Oltre di che essa costituisce di per s sola un pagina, modesta si, ma non in tutto trascurabile, della storia dei nostri Archivi.
CARLO CIPOLLA.

{il Senato Terra, l.


(2)

C., p. 222-221. &nato Terra, J. C., p. 224-223. (3) Senato Tert'a, I. C., p. 225

(41 Non molti anni prima che il Parini s' accingesse all' ordinamento del documenti della Camera Fiscale, principi il Carli a. racoogtlere i materiali per la aua storia. Cfr ArcA. Ven., XVII, 196. Veggasi anche la deliberazione 22 Dic. 1790 del Consiglio dei XII premessa all' Istoria del Carli.

LA CRONACA ALTINATE
STUDIO

DI ENRICO 8IMON8FELD
TRADOTTO DA

C. S. ROSADA.

(Continuazione, Vedi Tomo XVIII, pago 225.)

4. La Cronaca di Marco, e la sua relazione colla Cronaca Altinate.


Nella biblioteca di S. Marco, e in un codice miscellaneo del 1503 (Classe XI it., n. 124 cart.) contenuta una cronaca, che fu scritta verso la fine del XIII secolo da un certo Marco. Angelo Zon, all' occasione della prima edizione della Cronaca Altinate, ne ha publicato per la prima volta alcuni frammenti (1), che riempiono appunto parecchie lacune del Codice S. In appresso L. Bethmann ha posto mente a questo manoscritto (2), e ultimamente G. Waitz ne ha puhlicata, tolta dalle di lui opere postume, una esatta descrizione (3), alla quale io debbo riportarmi, perch condurrebbe troppo in lungo l'enumerare tutti i singoli brani, che vi sono raccolti, e che portano seco un carattere ben diverso, e appartengono a tempi differenti. Qui voglio soltanto accennare che, accanto a frammenti (grandi o piccini) tolti dai pi antichi brani della Cronaca Altinate (4), noi vi troviamo dei frammenti di una Cronaca Universale, di una Cronaca d'Imperatori e di Papi (5), e delle parli di un qualche
(1) Arck

Storo It., VIII, 776-781 ; ivi, 257-267.

(2) (3) (4) (5)

t. XII, p. 649. Neues Arclliv etc., t. II, pago 350 e segg.


PERTZ, ArcMv,

Vedi a pago 58 il confronto dci brani. Fol. 1 : De creatione mundi et hominis ac de specialibus benefciia Adae. Fol. SO b: Quomodo Valentinianus fuit factus imperatolo Fol. 31 : De Nerone.

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Calendario domestico (I), con rimedi domestici, profezie meteomlogic!tl' eri altro.
Bensi Bethrnann concede, che una parte di quanto unito ili questa compilazione, sia stata aggiunta all' opera di Marco soltanto per ignoranza del copista del 1503; ma egli si sofferrna pure con predilezioue in questo pensiero, che Marco avrebbe potuto avere sotto gli occhi un manoscritto, nel quale sia stata unita la Cronaca Altinate con altri brani diversi in forma d'un Libro di casa, di una Cronaca domesti.a veneziana (nella forma del Laterculus 1'0manus dell' anno :354). Gi il manoscritto di Dresda, egli dice, ne ha in parte la forma, il veneziano parimeiti (2), e, confrontando l'un l'altro, si dovrebbe supporre, che nessuno contenga l'opera originale, ma variata con delle lacune ed aggiunte. Non crede neppure che sia stata solo una semplice cronaca di Venezia, ma che la Cronaca Universale, quella dei Papi e degli Imperatori abbiano forse, ed anzi verosimilmente, appartenuto egualmente fin da principio ad essa. Ad ogni modo, appartengono ad essa parecchi brani, che si trovano solo in Marco, e mancano in S e D ; e perci si approfitti esattamente del manoscritto della Cronaca fii Marco per la nuova edizione, la quale possa dare all' opera una forma del tutto nuova e pi completa, che non le due altre fin qui vedute. Prima per che ci mettiamo a discutere questa opinione di Bethmann, parliamo un po' sulla Cronaca in generale, e sulla personalita dell' autore. Di questo invero sappiamo ben poco. Che egli fosse un veneziano, risulta sicuramente da ci che (fol. 80 b) nel brano: De sententia data contra .Anchonam ... ,egli nomina una volta gli ambasciatori veneziani, i nostri ambasciatori (nostri amo
Fol. 31 b: Nomina paparum antiquorum et opera qnae fecerunt. Fol. 32 b: De eodem. -'- Qnando Julius fuit in prelio. Fol. 33 b: Istoria Tiberii quomodo crudeliter se iesit in imperio Romanorum. II Fol. 51: Incipit vita Antechristi. Fol. 53 b: Inc versus de iudiciis mundi. Fol. 54 b: lno. nomina balneorum. Fol. 62: Iste sunt novem pene inferni. Signa XV ante diem iudicii. Fol. 63 b: Si in noete natalis fuerit ventus quid esse pronunciato Si tontruum fupril in mense Januarii qud esse pronunciat. Si Kalenda Januarii fuerit die dominica quid slgniflcat. Fol. 68 : De virtutibus rosmarinl. Fol. 73 b: Quot dies debemus cavere comodere anseremo Fol. 74: Per hos versus cognoscuntur indictiones sccundum trnperum. (2) E il Vaticano'!

56 bassatoress. Inoltre si pu presumere, che egli appartenesse a qualche ordine monastico (forse ai Francescani). Egli ha almeno raccolto nella sua compilazione anche i versi dello Scozzese Michele sulla caduta di Federigo n, alcuni versi di Merlino, i XV presagi avanti ii di del giudizio: tutti -brani di carattere pi o meno mistico, e che ci ricordano vivamente la Cronaca di Salimbene, e l' analoga doppia Cronaca di Reggio (1). Inoltre, nell' epilogo che egli ha unito alla bolla pel Giubileo di papa Bonifacio VIII nel 1300 (fol. 72 b), e nel paragrafo De visione Tripoli (1287, fQ). 72 a), egli si volge addirittura ai [ratres carissimi. vero per che nella breve prefazione a tutta l' opera l' autore non si nomina [rater, se non si possa forse, in luogo di Ego utique Mnrcus, leggere Ego frater Marcus. La prefazione suona cosi (2): Quoniam memoriale officium, ~ temporis transcursu dilabitur nec antiquorum gesta egregia mor talibus occursibus possent iuxta merita comendari nisi humanis antecederet speculum scripturarum, cuius claritate de preceden tibus humana consientia imperita postremo plenius edocetur, ego utique Marcus perlegens quasdam veteres ac recentes ystorias que quamvis sermone galico scripte forent tamen paucis in volu minibus compilate de facili a memoria prolabi potuissent, nec non in mentis profunditate considerans quod literalibus atestacionihus fides pocius quam vulgaribus asercionibus adybetur, quedam p~u ca prout inferius videri poterit de his que ad hedificationem Vene tiarum pertinent et eius gestis anno millesimo ducentesimo nona gesimo secundo mense marcio quinta indicione literali calamo ad futurum posterorum memoriam compilavi . Da queste parole risulta che Marco, o ha cominciato il suo lavoro soltanto nel 1292, oppure ha fatto delle aggiunte pi tardi. Imperciocch oltre la gi accennata bolla del Giubileo nel 1300, vi incontriamo ancora altri documenti dall'anno 1301 al 1304 (3). Egli non stato fermo neppure

(l) Cfr A. Dovz, me Dappelclironi! "011 Reggio und die Quellefl Sl1limbene', (1873) pago 109. (2) Cfr Arcn. Storo Ital., "111, 257. (3) Fol. 81 b: Discordia inter ducem Venecie et Padnanos de salne factis per ipsos 1304. Fol. 82: Exemplum litterarum mlssarum summo Pontifici domino Bonifacio VIII per dominum Tartarorum uomlne Camo ne aententia data per papam Bonifacium contra episcopum Castellanum de X (decimis) quae petebat de imprestitis facUs Communi Venetiarum 1302.

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al programma accennato nella prefazione, di narrare cio solo qual. che cosa sulla fondazione e sulla storia di Venezia; egli, come gi fu accennato, entra piuttosto e passeggia ripetute volte nel campo della storia universale (1). Merita ancora di essere accentuata un'altra tendenza caratteristica dell' autore, tendenza gi visibile nella prefazione, e in altri luoghi ancora pi vigorosamente manifestata, la propensione cio alla rettorica patetica. Con tali parole, per esempio, egli chiude l'Epilogo sulla bolla di Bonifacio VIII per il Giubileo: Eya ergo vocati, accingile lumbos vestros, pellite 'verecun diam, evacate moras, tollite moras (sic!) accelerate cursum, peni tenciam agentes in oracionibus vigilate. Ecce nunc tempus accep) labile, ecce nunc dies salutis. Querite igitur dum inveniri potest, prope est nostrarum remedium animarum, ac continuatis dietis et passimus (sic! passibus?) ampliatis ad prefactas alme urbis ba silicas quam tocius maturetis accessus tam dulcis lacte gratie po tituri, ut unda remissionis huius ablutis vestrorum sordibus peo catorum presentis vite subdati (sic! subdita?) miseria ad repro misse divine beatitudinis gloriam ascendere Dei pietate mereamur eternam . A queste parole seguono pure le strofe seguenti:
Celitus indulta magnalia magna fuere A patribus sanctis hs pergere qui voluere Ad templum Petri proloprincipis ecclesiarum Clavlger Christi veri pastorls earum Successor cuius presul Bonifacius extat Summus et octavus qui modo gaudia praestat Sanctit (aie! Sancit?) ut eccleslas dgnus qui visitet orbis Sanctorum Petri et Pauli ter qulnque forensis Incolla ter deeies centeno quilibet anno Omnibus a culpis purgatur munere magno FaI. 83: Contra illos falsos et impios Christianos qui res probitas (lie /) deferunt Saracenis , .... In fine una Bolla di scomunica (In compendio) contro I Patarlnl, gli Arnoldisti ecc. O) Nel fol. 67 b, noi leggiamo ad esempio un passo: De passagio regis Francie Aloisio (aie) 1248; fol. 72: De visione Tripoli 1287 etc, etc. , Fra ~ alle notizie annalistiche, tolte dal Canale, per la storia di Venezia, ve ne IlOO0 ancora delle altre per la storia universale, Ad eseu.po : c, 1219 capta fuit eiTitas Damiate cum triginta. milibus Saracenis tempore vero domini Honorii die uno ante solempnia Sancti Martini. Legatus autem fuit dominus Pelagius Cardlnalis et fuit dominus Johannes brej;"e (Brienne ?), regTlante impcratore Federico et ducante domino Petro Ziano nec non praesidente sedi patriarchali Gradensi domino Angelo Baroco, eodem tempore Domino Marco Rucola (8ie! Xicola) permanente episcopo Castellano'
H.

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versi, che certamente provengono dall' autore stesso, e che lo (limostrano maggiore d'un mero e semplice copista, E la stessa cosa si scorge anche dalla sua relazione colle sue fonti. Imperciocch adoperando la Cronaca (francese) di Martino da Canale (1), della quale, come ha dimostrato giustamente Angelo Zon, egli si servito specialmente nelle notizie annalistiche (fol, 38-51) (2), egli ne da soltanto un compendio. Copiando poi la Cronaca Altinate (3), egli ora tralascia interi passi e periodi, ora fa delle correzioni grammaticali. Molto leggermente egli tocca, ad esempio, le liste dei vescovi di Olivolo e di Torcello, conciossiach al presente, dice egli, a Venezia non si trovano pi discendenti di quelle famiglie, alle quali i singoli vescovi appartenevano (<< Multi alii episcopi fuerunt qui nunc ad presens non inveniuntur in Veneciis pauci de illa prole et ideo non scrip simus . Oppure: quia multi alii invenimus scripti (sic l) sed ad presens quando scrpsmus hec non invenitur in Veneciis de illa prole et ideo non scripsimus nisi illis (sic) qui antiqui fue runt et ad presens in Veneciis inveniuntur ..... ), Sarebbe pure possibile che, per la stessa ragione, anche il copista del 1503 avesse intralasciato alcuni nomi. Da quanto innanzi si detto, discende, che si deve andar con cautela nell' esame di quegli altri brani, che Bethmann vuole aggiudicare all' antica Cronaca Altinate, S' hanno anzitutto a correggere due errori dello stesso erudito. Erra quando egli afferma (4), che il passo De ducibus Bealo et Belinerio (fol. 8), in cui si tratta della supposta spedizione di Carlo Magno contro Rialto, sia dedotto dal Cod. S; mentre questo piuttosto una traduzione e un compendio della Cronaca del Canale ( 7-9) (5) e, in qualche parte, anche un allargamento di quella. Eccone il principio:

(l) Confronta su questo ANDREA DANDOLO, pag, 110; ArcA. Vm., t. XIV. pag.126. (2) Cfr N. ArcA., Il, 353. (3) Dei '7 brani che noi abbiamo pi volte accennati, noi troviamo DI'i fo~1i '74 e 33 b compendiati i n. 1. 2 e 3; oltre a cio corrispondono: N. 4, (Cod. D), t. V, pago 97-10'7 Marco, f(ll. 34-37. N. 5, (Cod. DI, t. V, pag. 90-94 ~Iarco, fol. 12-15. N 6, (Cod. DI, t. V, pag, 80-83 Marco, fol. 10-12. N. 7, (Cod. D), t. V, pago 107-118 Marco, f(ll. 15-22. (4) N. A., 11, 351. (5) Are. St. It., \111, 280-28i.

= = =

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J/areo .. Igitur presens series deelaral quid accidit duro ducabant vir] magnife Belinzerius et Beatus, Bi-lnaerns itaqne inflamatus dominandi ardoreCratrem non patiens esse equalem sibi eom uxore sua et Fortunato sacerdote lerstla Franciam se direxit et conscilio habitoinduxit serensslmum dominum Karolum magnum Francorurn mpcratorem ut vexilla cun suo exercitu contra Venetos explicaret. Cumque rl'X contra Matamaucum civitatem Veneciarom pulcerimam exercitum direxisEt omnes qui habitabant ibi utriusque sexua cnm duce Beato Rivoaltum quod erat Yenetorum magistra civitas effugierunt ib una sen 111\ a derellcta ..... Canale .. Or veul ie que V08 sacbes que avnt a Vcneciens au tens des Dus que l'en apeloit Belenger et Beat. Celul Belenger fu traitres, que il s'en ala en France, et avec lui Fortunat prevolre et sa feme; et IIst tant que il fist venir li Roi Charle, li IIs qui fu de Monseignor Pepin li Roi di France. Colui CbarIe estoit a celui tens Enpereor. Il vint a Madamauque qUI estot a cel tens une tres belle vile de Veneciens; et quant caus de la vile virent venir li Roi Charle a tot son gran effors, il s'enfuirent, petit et grant, en la maistre vile des Venecens qui est ape Ice Reaut; et ne remest l'n Madamauque fora que une vielle dame ....

Si vede come Marco (fondandosi forse su altre relazioni) ha aggiunto egli stesso alla cronaca del Canale il vero motivo della fuga del doge Belingerio (o, come altrimenti si chiama, Obelerio): cio l'avidit di regnare, e l'invidia eh' ei nutriva contro il fratello. E cosi pure in sulla fine di questo brano egli non pu intralasciare di produrre l'uccisione del doge traditore come un avvertimento:
- - Et Venesens - condurent li - - Postqnam ducem Bellnzerium Yeneeas conduxerunt, interfecerunt ip- Dus Belnger l'n Venise, et l'ocistrent, rom. cor ipsius ab uterems (aic) extra- et Il trairent li cuer dou cors et puis te heotes, et tandem suspensserunt eurn penrlirent en seche tere a Saint Martin per gnlam apud Sanctum Martiuurn de de Strade. Strata ut iniquitatis sue memoria circa futurorum temporum spaca vigiJaret.

Se quest' ultimo passo si accorda col libro I del codice S, ve n e la ragione, ch la relazione stessa del Canale risale fino a questo libro. Del resto, Marco ha pure in un altro luogo (fol. 79 b Indpu naiimlas ducum et reum Galicorum, ubi sequur de iLinere Karoli in Metamauco) raccolto nella sua compilazione il principio del libro I del codice S. Bethmann erra ancora, quando asserisce, che il brano De discordia inicr Priamum reem Troianorum et 4lenelaus (sic) qui recbai insulam. Cretensem (fol, 3) sia tolto dal Compendio di Storia troiano-romana, contenuto nei cod. D ed S (vedi A. V., val. X VIII, parte II, pago 240, 244). - Quest' ultimo compendio un brano veramente strano, e che vogliamo ora esaminare da quel lato che

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ci sembra il pi interessante; cio vogliamo considerare, se esso abbia appartenuto fin da principio alla Cronaca Altinate. D'alft'rmal' ci ce lo vieta, come io credo, gi la lingua del tutto diversa e pi corretta. L'autore, a noi ignoto, non ha letto senza vantaggio Cicerone (1); nuoce soltanto, che alla forma elegante corrisponda cosi poco il contenuto. Impercioccb noi vi troviamo cosi numerosi e cosi gravi errori, da dover sospettare, che la memoria dell' autore abbia infatti grandemente sofferto per causa di quella misteriosa prigionia, di cui egli ci parla nell' introduzione (solo in S riportata) (2); ed quindi molto a proposito quella preghiera di indulgenza, che egli indirizza ali' amico, a richiesta del quale egli ha composto il compendio. Cosi, egli fa aver luogo fra Proserpina e Piritoo quelle nozze, che diedero motivo alla guerra di Troia, (a navigar Paride sulla nave Argo verso di Atene, e cosi via. Ancora pi imbrogliati sono i suoi ricordi della storia romana, della quale egli tratta nella seconda parte (la prima tratta sommariamente la storia di Troia, fino a che fu presa dai Greci, la seconda comincia colla fuga di Enea, di cui egli ne narra la storia, e inizia quindi la storia di Roma). Qui a Romolo segue suo figlio Tarquinia, a questo Numa Pompilio, e quindi un Canulo (Camillo?); a questo succede un Claudio e finalmente Tarquinia, il Superbo. Vengono quindi instituiti dodici consoli, il cui governo vien abbattuto da una serie di re, i quali si chiamano Flavio, Silla e Mario! Segue appresso il governo del Senato, costituito da cento ragguardevoli vegliardi, che istituiscono dodici trihuni, tre dittatori e pretori. I dittatori erano Pompeo, Cesare e Marco Crasso: questi vien spedito contro i Parti, il primo deve difendere la capitale, e Cesare viene inviato in SOCC?rso dei Treviresi, dei Lorenesi (Lollwr,'l), dei Borgognoni (Bargodici), degli Allobrogi e dei Franchi, che da Brenno duo: Sueoorum erano stati soggiogati!! I popoli sopra nominati si ritrovano poi nell'esercito di Cesare a Filippi, mentre Pompeo ha riunito sotto il SIlO comando Greci, Saraceni, Alemanni, Turchi, Persiani ed altri popoli! Cesare quindi, dopo aver visitato Troia, dove si fa mostrare da un contadino, che lavorava, il sito dell' antico palazzo di Priamo,
(1) Cfr Arcn. Storo It., App. V,40. (2) Cfr ANDREA DA:!IOOLO, pago 100-101; Arcn.

ren., pap:. 120: crebribus carceris, quo detinemur, augustiis frequenter infestamnr; tautum antiquiasirnum negoelum aggredi usque modo non fui aUSUR. Animus enlm a plurbus infestatUB, quc sci vite sepisstrne fit obliviosus .

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dopo essersi trattenuto tre anni con Cleopatra in Babilonia, ritorna verso di Roma, dove egli aspira al dominio assoluto. - Qui si chiude questo compendio, al quale non si pu almeno negare una dilettevole originalit. L'autore promette in principio della seconda parte di discorrere della fondazione e della distruzione delle citta italiane (1); ma egli non vi accenna che alla fondazione di Aquileia per parte di Antenore (2), d'Albano per parte di Ascanio, di Roma e Verona per parte di Cesare; egli tace del tutto sulla distruzione di queste citta; egli non ha qui neppure una parola, che tratti di Venezia e di Padova ecc. - e questa un' altra ragione per non ascrivere questo brano alla vera Cronaca Altinate (3), - come pu dunque Marco aver estratta da questo compendio la sua relazione sulla guerra di Troia e sulle supposte fondazioni in Italia da parte dei fuggiaschi troiani? In quanto a queste specialmente, Marco si riferisce due volte alle Ystorie Romanorum. Au (Ad?) presens naratur quod postquam divina providencia celum et terram fundavit cum oms nibus ornamentis atque plasmavit Adam et sociam eius Evam in tantum crevit humanum genus quousque Priamus rex extitit Troianorum, Menelaus vero Cretensem (sic) insulam regali do minio gubernabat. Paris filius Priami Troianorum regis in Cretam se defferens Ellenam uxorem rapuit Menelai quam detuIit secum Troiam; ob hoc autem exorta est confussio Troye, ex gente cuius constructe sunt plurime civitates et Rome atque Vet necie veluti recitant ystor'l'e Romanorum e pi basso: Ve) rum fuit, et Romanorum ystori'is (probatur?) quod Troyani post patrie sue destructionem construxerunt omnes civitates a ) fumiue Add usque in Ungaricam regionem, et tota provincia in) fra dictos terminos elusa Venecie dicebatur . lo non ho ancora potuto conoscere a quale fonte l'autore
Il: ArcA. 81. It., V, 40: " - a qubus civitatesltalie fuerunt edifficate, qua eeeere et a quibus auctoribus fuerunt destructe, in principio dlcere proposui . ',2) Arck., Storo It., Y, 40: " - Antenor in litore lacum intravit cum septem ;:aleisibique eivitatem Aquilegiam nomine, id est aquis ligata, hedificavit >'. (31 difficile il decidere quando vi sia stato aggiunto, forse soltanto nel XIII secolo. Ma la conghiettura fatta da me altra volta (ANDREA DANDOLO, palrina 100: Arck. f'en., pago 120) cio che questo brano derivi dal compilatore di quellaCronaca, cos preziosa e appartenente allo stesso secolo, che contenuta tel Cod. S (Libro \' c VI), non mi pare pi da difendersi riguardando quelle molte noie che 800 contenute nel nostro brano.

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qui abbia attinto. Del resto, il brano, tanto nella forma quanto nel contenuto, ha l'impronta di una compilazione del tutto indipendente. almeno molto dubbio, che Marco abbia trovato in quella ignota fonte romana l'asserzione, che Venezia sia stata fondata prima di Roma. La deduzione per alquanto oscura. Imperciocch Marco, dopo di avere in poche linee raccolta la narrazione della guerra di Troia, viene immediatamente a riferire la fuga di Enea verso Cartagine, e la fondazione di Roma, e prosegue quindi in un modo del tutto originale cosi: Eo itaque tempore Latinorum rex in Ytalia ]t morabatur apud civitatem Troyanam. Destructionis suae tem,. pore erat quaedam nobilis progenies hominum liberorum qui tri buta nullis principibus per aliqua tempora reddiderunt . Questa schiera, dopo la distruzione di quella citt, emigra, viene in Sardegna, lascia di nuovo quest' isola, imperocch essa, per conservare la sua libert, ricusa al sovrano di quella il bramato tributo. Viene flnalmrnte ad una laguna (ad quandam tubam cio twnbam) dove ora sorge Venezia, e col si stabilisce. Un giorno quei profughi scorgono in mare dei navigli, e riconoscono finalmente (con grandissima gioia delle due parti) dei parenti della stessa stirpe, sotto il comando di Antenore, che essi scelgono a re, e chiamano dal suo nome quel luogo Antenorla, allargandosi nell' istesso tempo nei contorni. Eneas quoque , cosi si legge pi innanzi, ivit Cartaginem, postremo Ytaliam repetens et tunc Romai tsic ' Romam ?) Romulus et Remulus condiderunt et propter hoc scitur aperte quod prima constructio Hiooalii prccessit constructmi Romane . S'attaccano a questa anche le fondazioni di Altino, Padova, Asolo, Oderzo, Concordia, Aquileja e Verona. Come questa relazione colorita in pr dei Veneziani! Duuque questo brano non appartiene forse a quelli, che debbono e possono, secondo l' opinione di Bethmann, dar compimento alla primitiva Cronaca Altinate? No, certamente, nella forma presente e, a dir il vero, cosi poco come lo possono i seguenti brani su S. Marco, su Attila, sulla fuga nell' isole, e sulle discordie fra gli abitanti di Eraclea e di Equilio (1). possibile, che, Marco, come nei brani ultimamente accennati ha adoperato in parte la Cronaca Altinate, cosi anche abbia preso la storia della fondazione da un
(l) Fol. 5 b : (~ualldo S. Murcus couvertivlt populum Aquilegie. Fol, 6 b: De Agilla f1agilla Dci. Fol. 7 1J: De discordia iuter Rucltunos et Equilenses.

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brano fin qui sconosciuto di essa (1). Se egli racconta, ad esempio, come gli abitanti di Altilia (Altino), all' appressarsi di Attila, supplicassero il Signore ad indicar loro un luogo di rifugio, e come loro dall' alto rispondesse una voce quasi di tuono, che essi dovessero salir sulle torri e riguardar l, dove gli uccelli volassero portando i loro pulcini nei becchi - chi non si ricorder di un racconto somigliante nella Cronaca Altinate ? (2) E cos pure quando egli narra, che nella lotta fra Eraclea ed Equilio e gli abitanti del lido Pineti quasi tutti furono uccisi nel luogo da allora in poi nominato Canale Homicliale (quod canale de archa Yenetici

mmc appellanti (3).


A tutto il brano sulla storia veneziana, precede, come gi evidente dal passo (pag. 61) su accennato, una brevissima Cronaca

Unicersalc (De creatione mundi et hominis ac de speciatibus benefics 11de) che Bethmann vuoI derivata da quella che si trova nel Codice S (conf. A. V., val. X VIII, parte II, pago 240). Il principio
corrisponde precisamente a quello, che nel manoscritto S (almeno la fine . Anche ci non giusto. Solo le prime parole hl principio creaoit Deus celum et terram concordano; nel resto le due relazioni sono completamente differenti. Quella di Marco s'indUf,ria a preferenza sulle prerogative di Adamo; e d quindi uno sguardo ristrettissimo alle sei et del mondo; mentre la Cronaca Universale del Codice S seguendo a preferenza il vecchio testamento, i di cui libri vengono continuamente citati, e riferendosi a Giuseppe, Agostino. Berla ed altri, tratta la storia ebrea, persiana, greca, egiziana fino al tempo di Ges Cristo. Ora per alla domanda, quale delle due Cronache Universali abbia appartenuto alla Cronaca Altinate, io rispondo: nessuna delle due. Quella del Codice S si distingue completamente per la lingua
Oi~1) ne forma

Il. Forse dal frammento riportato soltanto Ilei Cod. V. (cfr A. V., voI. X VIII, p:lr. II. pago 242, fol, 53 a-55 C)) : Quomodo hoc nominare debemus, modo dicamuso Enea namque legoit :6ic! legitur?) in ystoria etc. ", che io non conosco ancora. ifratlanto bo potuto esaminare anche questo brano Ma non pu esser stato la fonte a cui attinse Marco, impercocch piuttosto U1l guazzabuglio di notizie, estratte, come pare, dai pi antlch brani della stessa Cronaca Altinate. - L' Autore). '2} Cfr t. VIII, pago 1;4; t. \', pago 72 e Marco; Post hec Attilus destru !ecit AltiIiam, cnius cves perfecti in fide Christi, antequam persecutor accederet Dominum oraverunt ut ostenderet llls locum, quo possent manus evadere perseqnentis. Quorum precibus exauditis in modum tonitrue audta est vox de celo, quae orantibus dixit lta : Ascendte iII cachumina turrium et inspieite defferentes vollueres pullos in rostris auis etquo perguut illue eciam vos eatis et feceruut ita , :IJ Cfr t. \'111, pago 92 e V. 101.

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dalle pi antiche parti della Cronaca Altinate, ed medesimo il caso anche riguardo alla Cronaca Universale del Codice V (vedi A. V., vol. XVIII, parte II, pago 242), la quale, appoggiata ad Isidoro, non consuona con quelle di Marco e del Codice S, e avrebbe sicuro lo stesso diritto di esser annoverata alla Cronaca Altinate; ma veramente vi fu aggiunta, probabilmente dal copista, ancora pi tardi, cio nel XII o XIII secolo. Per ci che concerne quella di Marco, appare da un passo di essa medesima, che non appartenga al X secolo, come quei pi vecchi brani della Cronaca Altinate, Imperciocch si dice verso la fine (1), che dalla creazione del mondo fino alla morte del re Go{fredo (di Gerusalemme) erano trascorsi tanti anni (<< Ab inicio igi,. tur seculi usque ad mortern illustris regis domini Gotofredi ellapsi ,. sunt sex millia trecenti et decem et septem anni et abinde inan,. tea cursus ellapsorum annorum usque ad presencia et futura tem,. pora leviter sciri potest ), Non ho potuto scoprire di qual fonte si sia Marco servito in questo brano e nei [rammenti della storia degli Imperatori e dei Papi(vedi sopra p. 54, n. 5) frammenti che io credo tolti (lalla medesima fonte. Forse egli ha adoperato anche qui le gi prima accennate Ystorie Romanorum. Ho pensato poi anche al Salimbene principalmente per ci, perch nella compilazione di Marco si trovano anche quei versi dello scozzese Michele su Federigo II, i quali, per quanto io so, sono fin ora conosciuti soltanto per mezzo del Salimbene, e perch i frammenti sulla storia degli Imperatori mostrano una grandissima rassomiglianza e qualche volta una consonanza di parole colla cronaca di Sicardo. Ma il sig. proC. A. Dove di Breslavia mi fa giustamente osservare, che la presenza di quei versi in Marco non pu tuttavia essere un serio fondamento a credere, che egli abbia fatto uso del Salimbene, imperciocch questi versi avrebbero potuto pervenirgli in modo del tutto diverso. Ancora la Chronica imperatorum, parte principale della doppia Cronaca di Reggio, la quale rappresenta la prima, ora smarrita, parte della Cronaca del Salimbene (2), non concorda pienamente coi frammenti di Marco.
(1) falso, che la Cronaca Universale finisca, come dice il Bethmann, cosi; seguono al passo su riportato anche queste parole: Abraam primo didicit ab Egipciis arismeticam (siCI et astrologiam, que scleuce postea reducte fuerunt in Greeiam et ideo Egipcii sapiencares cxperuntur (sic) omnibus aliis gentibus in sclenciis ipsis , (2) Cfr A. DOVE, Dte Doppelchrcmk Culi Reggio etc., p. 107.

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Le stesse differenze mi si mostravano paragonando quei frammenti con altre fonti del medio evo; ad esempioEkkehardo d'Aura, Goffredo di Viterbo, Vincenzo di Beauvais, Martino Polono. Chi sa, quant' altri autori Marco abbia qui riunito e confuso? (1) Molto interessante poi si d che egli dice sulle prerogative .li Adamo, In fortezza, dice l'autore, egli avea superato Sansone, in sapienza Salomone, la bellezza di Absalonne non potea sostenere. confronto colla sua, soltanto in leggerezza e velocit l' ave a superato Azabel (sicl ). E con quale enfasi egli incomincia il passo: Sed ut nec primi hominis specialia prerogativarum benefficia lin gue calamus cum silencio pretermittat: Audite populi et gentes auendue (!) quam admirabilis erit sonus vocs mee; nullus igitur arguat neo fat iacredulus quia vera sunt quae tuba concinit teologicae facultatis ... . Considerando bene tutto ci io non posso acconsentire all'opinione di Bethmann, che la Cronaca Universale, e quella dei Papi e dei Imperatori abbiano appartenuto da principio alla Cronaca Altinate, quand' anche debba concedere che Marco forse abbia ritrovato quei brani che si riferiscono alla storia degli Imperatori e dei Papi, gi nei due, ora smarriti, libri del Codice S (2), e cheessi vi succedessero come in Marco alla Parentela S. Mariae. Impercocch con questa si chiude nel Codice S (3) la Cronaca Lnversale, e in Marco comincia con la Parentela il secondo libro. Segue in appresso un brano sul Quo tempore natus fuit filius Dei
il) I frammenti per la storia degli Imperatori consuonano precisamente anche colla Historia mtseetl, ma in questa I10n veue trattata la storia dei l'api. DI'l resto tutti questi frammenti non sono di gran valore come si pu redere dal seguente brano, fol, 31: De Nerone. Prima persecuco. Nero impeT'Jlil anuis 14 mensibus 7 di l'bus 28. Hic pschabatur aureis retbus que blatinis extrubatur (aie! extrahebat) funibus. Hie fratrem et uxorem 'et matrem illterfecit, urbetn Romanam Incendit, que per sex dies et septem noctes combusta ISI, Petrum et Paulum uterfect, hic virum in uxorern duxit. Huius temporibus fuerunt Seneca, Lucanus, Ovldius et Juvenalis. Petrus et Paulus passi sunt sub istc XliII." anno ipslus imperii qua anno et ipse morruus est , La lista dei papi eominca con Alessandro l (c. I09-119) e va con delle lacune flno a Giovanni X 914-9'18). Fol. 31b: " Alexander I nacione Romana sedit an. 8 meus. :> d. 2. Hic in seeretaruisse passlouem Domini adiunxit et aquaru benedici cum sale etin ecclesa ~!,argere constituit. - Gaius (a. 278) nac, Dalmace sedt ano lO mens. 4 d. 9. Hic eonstuutordines ecclesiasticos : hosturium, lectorem, exorcistam, acolicum (aie! aeoluthurn}, subdiaconum, diaconum, presbiterum et episcopum - Johannes X D3C Tusculuuus sedit ano 14. Hic pugnavt CUIII Saracenis et expulst l'OS ab Ytalia '. r2) Vedi.4.. v., tomo XVII, parte II, pago 241. :lI Cfr ibidem e .V. A , Il,350.

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(fol. 23), quindi un pi lungo sul De fiore evangeliorum senza valore storico, e tolto quasi tutto dalla Bibbia, e finalmente nn passo Qualiter ecclesia post mortem appostollorum in magna pauper taie erat (fol. 30), il quale finisce colla fondazione dell' ordine Ilei Cisterciensi nel 1028 tsic! invece di 1098), cos che anche questa parte viene a superare il tempo di compilazione della vera Cronaca Altinate. Susseguono i pi volte accennati frammenti della Cronaca degli Imperatori e dei Papi, i quali dunque, a mio avviso, come gli or ora suaccennati, possono venir designati a servire, tutt' al pi, come un complemento del Codice S, ma non della vera Cronaca Altinate. Rivolgiamoci ora a quella specie di Almanacco di casa. Dalle parole di Bethrnann (vedi sopra pago 55 e N. A., Il, 355) non bene evidente, se egli lo consideri appartenente gi da principio all' antira Cronaca Altinate. Una tale opinione non sarebbe, a nostro parere, valida, sebbene alcuni dei brani annoverati da Bethmann nel I'Almanacoo (l) sembrino denotare una qualche antichit. Poich noi troviamo fra questi i versi della Sibilla Eritrea sul Giudizio Universale (2) nella stessa forma di Agostino nella De civitate Dei (3); troviamo pi a basso un brano sui temporali, e cosa essi denotano in ciascun mese dell'anno; e un altro brano nel quale vien detto, cosa significa se il primo Geunaio viene a cadere in Domenica, Luned ecc. Ci vengono subito in mente le opere del Beda, il suo libellus de tonitruis, e i Pronosticn tcmporum (4), che per, certamente a torto, sono a lui aggiudicati. :\1a il male si che i brani di Marco non consuonano perfettamente, ma sono mutati. Lo stesso si nei Signa XV ante diem Judicii (fol. 6~) i quali, pi ancora che con questi Ili Beda (5), si accordano con quelli, che sono uniti alla Chronica temporum nella doppia Cronaca di Reggio (6). V'ha pure frapposto un gran brano (foI. 54b-62a), che il Bethmann attribui allo stesso
(1) Il signor 1\1. Brosch di Venezia ebbe la bont di posteriormente trascrivermeli. (2) Fol. 53 b: Incipiunt versus de Iudlells mundi: Iudiciis signurn tellus sudore madescet etc. . . (3) T. XVIII, c. 23; in Migne PatroIog. Opp. S. August. t. VII, pago 579 (tomo XLI della interi'- raccolta) (4) Nell'edizione fb.ttn a Colonia dell'opere di Bcda (1688), t. I, pago 387 e 390; in quella fatta dal Gles I Londra IS43), vol. VI, p. 344 e Prefazione p. XIII. (5) Ediz. di Colonia, t. IlI, pago 497. (o) Cfr A. DOVE, l. c., pag. 10S e lO!!. lo d(JYO una copia di essa al vicebihliotccario cav. Lodi in Modena.

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calendario domestico, il quale per appartiene certamente ad un'et mollo pi tarda della vera Cronaca Altinate (Inc. nomina balneorum que in libro X Orilusii etustissimi medici coniinentur]. Deve far meraviglia, che a Bethmann sia sfuggita la provenienza di questo brano, compilato in esametri e pentametri, provenienza, che si lascia facilmente indovinare gi dai due versi di chiusa da lui comunicati:
Primus babet patrlos civili in arte triumphoa !\lira Federict gesta secundus habet. . .. . Caesari ad laudem tres sorlpsimus ecce Iibellos .... Pauper in anster l'O nemo poeta fuit. Ebolei vati, cesar, reminiscere noatri, Ut possit vati l'le I) scnbere facta tui.

Chi al ates Eboleus non penserebbe tosto a Pietro d'Ebulo, e al Fedcricus non penserebbe all' imperatore Federigo I o II l Sulla retta via mi mise quindi il vecchio Orilosius nel quale si riconosce, non diffcilmente, il medico greco Oribasius, che viveva nel IV secolo. Nell' edizione francese dell' opere sue (1) viene mentovata una traduzione francese del poema sui balnea di Pozzuoli (dell' anno 1392 nel Codice 7471, Ancien fond [ranais della liblioteca Parigina), il quale stampato nella Historia Puteolana di Giulio Cesare Capacio (Napoli, 1604). In una nota di essa si dice, che questo poema, di cui si riteneva autore un certo Alcadino, ora, dopo l' accurato studio di Huillard-Brholles, a cui si era accostato Renzi (2), da aggiudicarsi a Pietro d'Eboli. Non pu dunque essere in dubbio, che Pietro d'Eboli abbia composto tre poemi ad onore della famiglia degli Staufen (tres scripsimus librllos) ; che quello di cui trattiamo or ora sia il terzo e sia stato consacrato a Federico II (patrios triumphos); che pel primo, debbasi ritenere quel poema in lode delI'imperatore Enrico VI, conosciuto prima sotto il titolo De motibus Siculis, ora da E. Winkelmann publicato come Liber ad honorem augusti (Lipsia, 1874); e che abbia pur egli medesimo fatto un poema in onore di Federigo lo II, quale fino ad ora pur troppo non si potuto saperlo (3).
il) Oellnes d' ()riba,e par BUl8emaker et Daremberg (Paris, 1854), tomo Il,
pag.895

,2) Il primo nelle .. Mmoires de la Sucit des autiquairea de France t. XXI Sotice sur le vrttable auteur du pome De balnets puteolams " ; il secondo nella CQlIectiQ salernitano, t. I, pago 28. Il t. Il, pago 780. i3) Quanto a me vorrei riferire con Huillard-Brholles lpag. 340) il FedericlIs piuttosto al Federigo primo che al secondo. Imperciocch, per tacere della durezza

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Il nostro poema (leve esser stato composto fra gli anni 1212 o 1220; imperciocch nel 1212 soltanto nato Enrico figlio di Federigo II, che (secondo la corretta lezione) vien nominato nell'ultima strofa, e i di cui fatti il poeta si dichiara pronto a cantare un giorno, qualora a lui non manchi il favore del padre. D'altronde in un documento del Febbraio 12"21 (O il poeta, col indicato come maistcr Petrus ccrsiticator, viene nominato come morto. Non vogliamo tralasciare qui, che Federigo II in fatto, secondo una notizia di Riccardo cii S. Germano, nell' autunno del 1227 ha visitato i bagni di Pozzuoli (2); e finalmente riproduciamo qui ancora la fine del poema pi perfetta e corretta di quella riportata nel nostro manoscritto:
Suseipe 801 mnnd, tibi qnem praesento libellum; De tribus ad dominum tertius ste venit. Peimus habet patrios civili marte trinmpbos ; Mira Federici ::resta secundus lJabet. Tam Iaea quarn vires quam nomina pene sepulta Tertius Euboycis iste refonnat aqtris. ('aesaris ad landem tr-s scripsimaa ecce Iibellos : Ermius est v, rbuui quod stat in ore trium. :';i placet, annales veterum lege, Cesar, avorum. Pauper in Augusto nerno poeta fnit. Ebule vats, Cesar, reminlscere vestri, Ut posst nati scribere facta tui {3;. dell' espressione (ave questa si riferisea all'ultimo), appare una troppo gmnde esageraaione il parlare delle mira gesta di Federigo II Ilei tempo in cni fu composto il secondo poema, quando il terzo lo fu fra il 1212 e il 1220 (vedi sopra), quand'anche si supponesse che i due poemi siansi formati subito l'un dopo l'altro. Come all'incontro gi nel primo poema composto secondo il Winkelmann (p. 13) nel 1195, viene lodato e a ragione dal poeta Federigo I (ver. 311-32, l541-I564;! E non ha egli, giusto a di lui memoria (vpr 1378; proposto pel giovane fl,rlio di Enrico VI i nomi di Rogeriul Fredericus i possibile, che Enrico VI, il quale .come noto) dette veramente ascolto a quella proposta, abbia esortato il poeta ad nu secondo poema sul suo padre valoroso. E evidente, che l'autore poteva tuttavia adoperare anche riguardo a Federigo II l'espressione Caesari ad teudem, quando non si voglia prendere Caesar coltcttivamente. Difficilmente sar il nostro, quel poema su Federigo Barbarossa, che si seopr) ultimamente, e che venne in parte publicato da E. MONACI nell'Archiviu del/II SOCiet romana di Storia Patria, vol. l, fase. IV. (l) HUIl,LARD-BRtHOLLES, lltstoria diplomettca Friderici secundi, torno II, pago 113 (Couferrna di Fcderigo II rignardo ai beni dell' arcivescovuto di Saler110), vedi 'Vl1n:EUIA;liS, I. c., pago 1:.l. (2) Imperator de Apulia tMIC 1Jenit ad bnlnea Puteoli. PERTZ, S 8., XIX, 348. 13) PACIAUDI, De ,acri, balneis, c. \'l IHuma, 17~8, pago 50) allega alcuni altri manoscritti.

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Cos noi dobbiamo relegate anche il calendario domestico al XUl secolo; e ripetiamo, che non si pu, a nostro parere, parlare di alcuna relazione o appartenenza di esso all' antica Cronaca Altinate. Ma non si pu decidere, se Marco rabbia tolto da un manoscritto del tutto differente e raccolto poi nella sua compilazione-ci che pare probabile, poich al principio del Liber tercius e innanzi ai frammenti dell' Almanacco domestico, vi sono alcune notizie cronologiche sugli anni f ioo, f224, 1222, 1241, 1245, 1288, 1280, 1278, 1229, f251, 125:3. 1259, 1266, 1199, f202, 1250 (disposti dunque in un bel disordine, e di contenuto differente) - oppure se Marco rabbia veramente trovato in un manoscritto nel quale vi sieno state comprese e la Cronaca Altinate, e fra molte altre cose anche una specie di Almanacco domestico veneziano . Dell'ultima opinione, gi stabilita dal Bethmann, noi non possiamo venirne a negare la possibilit. Ma si domanda allora cii pi, se questo supposto manoscritto sia stato forse una specie di archetipo per tutli gli altri manoscritti della Cronaca Altinate a noi noti V, DeS; o se Marco soltanto, ci che pi presumibile, siasi servito di parecchi manoscritti insieme - e a questa richiesta noi pure non possiamo dare una risposta precisa. Certamente questo archetipo avrebbe avuto una grandissima estensione, e, ci che a noi importantissimo, non avrebbe potuto ricevere quella forma di un libro di casa prima del XIII secolo. Sia, come si voglia: noi non ritroviamo moti \'0 alcuno per staccarci dalla nostra su ragionata opinione circa la Cronaca Altinate, e dichiariamo perci tutti gli altri brani, eccetto i sei o sette (oppure nove) riportati nel 3, quali aggiunte dell' XI, XII, XIII secolo (1), sulle quali pi tardi ritorneremo. Mentre stava per finire questo capitolo, mi venne appunto sott'occhio l'ultimo fascicolo dell' Archioio Veneto (t. XV, parte I), che contiene un notevole memoria del Sig. Prof. Giambattista Monlicolo, col titolo Intorno agli studi {atti sulla Cronaca del Inacono Giovanni. L'autore tratta in prima della Cronaca di Giovanni Diacono, e specialmente della questione le tante volte intavolata, se questo autore e Dandolo abbiano, indipendentemente l'uno dall' altro, attinto ad una stessa fonte. Egli concorda interamente colla mia deduzione (Andrea Dandolo, pago 74; Archivio
(1) Vedi Arcl. Veli., tomo XVIII, parte 11, pago 260,262,26:3,264 e qui pn pag. 61 e 63.
1lO-

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Ven., t. XIV, pago 101 e seg.), senza addur nulla di essenzialmente nuovo. - Discorre quindi delle mie gi innanzi (vedi Andrea Dandolo, pago 79 e seg.: A1'Chivio Ven., pago f04) accennale opinioni sulla Cronaca Altinate, e mi rallegro che egli viene agli stessi risultati, a cui vengo io nf,l presente studio. Egli tratta dapprima alquanto largamente la domanda, se sia giusta la disposizione dei brani nel Codice D o S (e V), la di cui risposta deve esser chiara ad ogni attento lettore. Poi egli dimostra, in parte colle stesse ragioni che io addussi, la connessione dei brani dali al 5, la cui compilazione egli colloca, seguendo la mia prima opinione, nella prima met del X secolo, senza per indicarne un'epoca pi precisa. Rettamente egli nota poi che il brano n. 6 sia pi antico e probabilmente composto da un altro autore, e forse non pi completo. Ma non ha veduto come esso si compone di due parti. Si distaccano le nostre opinioni sul brano N. 7, che egli pone nell' XI secolo, solo a causa (Iella fine che tratta sulla Simona. - In quanto agli altri brani della Cronaca Altinate, ed alla relazione di questa colla Cronaca di Marco egli non ne tratta ; poich in sul finire egli ritorna a Giovanni Diacono, per esaminare quali sieno i libri annales che Giovanni Diacono cita al principio della sua Cronaca. Infatti questi dice cos: Siquidem Venetiae duae sunto Prima est ." illa qual' in antiquitatum historiis continetur qua e a Pannoniae terminis usque ad Adda fluvium protelatur. Cuius et Aquileia ci citas extitit caput in qua Beatus Marcus Evangelista divina gra tia perlustratus Christum Jesum Dominum praedicavit. Secunda .. vero Venetia est iIla quam apud Insulas scimus quae Adriatici .. maris collecta sinu interfluentibus undis positione mirabili, mul titudine populi feliciter habitatur, Qui videlicet populus quantum ex nomine datur intelligi et libris annalibus comprobatur ex priori Venetia duxit originem ..... . Per me non v' ha dubbio, che Giovanni abbia preso questa espressione unicamente dalla Storia dei Longobardi di Paolo Diacono, e che l' abbia collocata soltanto in qualche altro posto, senza, come sospetta il Monticolo, che abbia voluto indicare con questa un' altra fonte. Paolo dice nel libro II, cap. f 4: Venetia enim non solum in paucis insulis quas .. nunc Venetias dicimus, constat sed eius terminus a Pannoniae fnibus usque Adduam fluvium protelatur. Probatur hoc annalibu.s lihris, in quibus Pergamus civitas esse legitur Venetia.. rum ..... Huius Venetiae Aquileia civitas extitit caput ... , . . Che Giovanni Diacono per la prima parte della sua Cronaca abbia

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dovuto servirsi di altre scritture finora sconosciute, VI e appena bisogno di farne menzione. Per la divisione di esse, stabilita dal }lonLicolo, in due classi formali, secondo che il contenuto sia politico o religioso, mi pare non troppo giusta, e non da adoperarsi dappertutto, conciosiach in quel tempo lo scrivere storia spettava principalmente al clero. Alla fine ancora alcune piccole osservazioni. Quand'egli a pago 33 dice, che i diritti metropolitani vengono da parte di papa Benedetto (?) nel brano n. 5 (libro III della prima edizione) conferiti al supposto fondatore di Grado Gradocus Gradolicus , ci non corrisponde precisamente al pa~so stesso (t. V, p. 86, VIII, 97), dove si narra che tutti i Veneziani (!) maiores ac mediocres, andarono al Papa. Neppure posso capire, come egli a pago 32, nota 2, possa dire che per quanto risulta dall'edizione, nel Codice D non siano uniti i cataloghi dei vescovi di Altino, dei patriarchi di Grado, dei .vescovi di Torcello e di Olivola (vedi t. V, p. 72). - In quanto finalmente al Codice V della Cronaca Altinate:" che il sig. Monticolo non si abbandoni a troppo grandi speranze, delle quali io non potrei ricordarmi d'averle eccitate. Poich il valor principale di esso sta nell' ordine dei brani, e in molle migliori varianti; ma le interpolazioni che si trovano nei singoli brani, non si fanno, a quanto io ho esaminato finora, neppure col mezzo di esso pi precisamente determinare. Tutte queste osservazioni non devono per menomare il valore del lavoro del sig. Monticolo, lavoro che rivela e diligente studio e buona critica. (Continua.)

I8TORIA, IONUIENTALE, LETTERARIA, PALEOGRAFIC~


DELLA

CAPITOLARE BJBLIOTECA
DI VERONA
PER

MONS. G. B. CARLO Co. GIULlARI CAN. BIBLIOT.

(Cont. del Lib. II, Storia Letteraria. Vedi Tomo X\II1, pago 5).

CAPO III.

Dalla morte di 8cipione Mqffei, al cadere del Sec. XV11 I.


( 1755 - 1799)

Estinto quel grande luminare, che aveva sfolgorata tanta luce intorno a s, e dato cos nobile avviamento e incremento, maseime nella sua Verona, ad ogni maniera di onorevoli ed utili studi, non a dire quanto continuasse fra noi caldo l'amore per la scienza. . Si pu affermare, e parini senza dubbio veruno, cb' egli iniziasse il periodo di tutti il pi glorioso per la Storia Letteraria Veronese, che dur fino al cadere del secolo, ed al principio del seguente; nel quale periodo uomini preclarissimi percorsero il vasto campo dello scibile, e ne colsero splendide palme. Dacch l'assunto argomento mi obbliga a parlare pi diffuso di soli quelli che intesero a giovarsi di questa Ca~itolare Biblioteca, e ad illustrare i suoi Codici, mi sia consentito dire almeno degli altri i nomi de' pi valorosi. Il piccolo quadro che tolgo a delineare segna il movimento letterario dell' epoca, come una aureola tutta di gloria al Maffei. Rianimati i publici Magisteri, e fornite le Cattedre di ottimi Professori, si vide in quest' epoca a fianco dell' Accademia PilaNnoflica, che 801a vezzeggiava Poesia e Musica, crescere pi applicata

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Bile scienze quella degli Al~tojlli, sorgerne altre a favorire le Arti della PiII.ra e Scoleura, e l'Agricoltura e il Comm~rcio,' quella poi innalzarsi sopratntte che mirava ad aggregare insieme la sparsa valentia del sapere Italiano, l'Accademia delle Sci~fue, fondata dal celebre Anton Mario Lorgna, e che seguit fino al cader del secolo e al principio del nostro, publicare i suoi dotti volnmi in Verona, cui certo va Italia debitrice el sno pi illustre sodalizio di Scienziati, che la onora anche di presente. Nelle disquisizioni Teologiche, Dommatiche e Morali un Francescati, uno Scudellini, un Erbisti, un Patuzzi, un Valsecchi riuscirono famosi. La Filosofia trattata dal Montanari, dal Francescati, dal Marzagaglia. La Giurisprudenza nelle sue pratiche applicazioni al Foro al Micheli, Le Scienze Naturali ebbero a coltivatori Betti, f;pada, Piccoli, Tommaselli, Bozza, Torri, Salvi, due Arduino; le Mediche Fracassini, Dalla Bona. Gandini, Bongiovanni, Targa, Paletta, Zeviani, Manzoni, Barbieri. Fiorirono nelle Matematiche Ventretti, Bertolini, Torelli, Lorgna, Cessali, Cagnoli. Per la Storia patrie seguitarono con belli studi ad illustrarne i monumenti Perini, Biancolini, Dionisi, Federici, Carlini, Pezzo, Del Bene, Giuliari, Carlicbe ne dettava in sette volumi la pi ampia esposizione. Nella Antiquaria e Numismatica, dopo averne tesoreggiato preziosi Musei, emersero luminosi i :Verit, i Targa, i Muselli. La Sacra Storia ebbe il Piatti, il Peverelli, il Paletta. Le Belle lettere fecero meravigliosi progressi. La filologia Greca pu mettere innanzi il Torelli, il Ferrari, il Pompei, il Pizzi, il Bongiovanni, il Guglienzi. Nella Latina si distinsero Miniscalchi, Torelli, Barbieri, ZineHi, Lombardo, Toblini. Celebri nella parte dell'Epigrafia il Torelli, il Del Bene, il Zinelli, il Cesari. Qui sorgeva col Perazzini la nuova scuola critica Dantesca, intesa prima a emendare il testo dell' immortale Poema; che poi guidata dal Dionisi ne esplicava la storia e le allegorie, e per ultimo dal Cesari avea disvelate le pi riposte bellezze di lingua. Quindi l'Italiana Letteratura, gittato via da s il barbarismo delia senile Francese imitazione, pigli nuova veste, e cultura, e vigore, modellatasi ai Classici antichi. E notissima la scossa potente data alla restaurazione deU'Italico idioma dal Cesari, sono divulgatissime le svariate sue prose, e i delicatissimi versi del Pompei, del Rosa Morando, del Pindemonte, del Fontana. Quattro Poemi Didas calici davano lo Spolverini, il Tirabosco, il Betti, il Lorenzi. Il Tra gico Dramma era trattato dai due Pindernonte, dal Rosa Morando, dal Bravi, dal Carli.

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La Commedia dal Tommasini, dal Willi. Improvvisatori non mancarono, il Zucco e il Lorenzi. L'Avesani rifaceva e purgava l'Ariosto, imitandone cos bene lo stile. Nell' Oratoria emersero i Pellegrini, il Giuliari, il Veniui, il Martinetti, il Trevisani, il Lombardo. A incorniciare il quadro, da me cos delineato dell'epoca illustre, mi soccorrono III pensiero gli artisti, e n'ebbe Verona di eccellenti. Nella Pittura il Rotari, Cigoaroli, Balestra, Lorenzi, Anselmi, Pecchio, Marcla j nella Scultura UD Finali, Tomezzoli, Zoppi, Cignaroli, Mnttoni j nell' Incisione a bulino Lorensi, Carattoni, Cunego, Zancon, Valesi, Zncchi j nell' Architettura Pellegrini, Pompei, Dal Pozzo, Trezza, Giuliari. Scomparso per appena da Verona il Maffei, assai notevole il declino di quegli studi, che volgeansi all' antiquaria, alla critica erudizione, alla recensione di antichi testi Greci e Latini, alla stampa in fine di opere cavate dai polverosi Codici. Dopo i Ballerini, il Vallarsi, il Da Prato, diversa piega prendeva il genio Veronelle, amava pi svolgersi in opere di nuova creazione, che non in qnelle faticose di critica compilazione. Per questa nuova tendenza che presero gli ingegni fra noi, come ancora perch i migliori Codici Capitolari aveano gi dato i desiderati e loro naturali frutti j aggiunger una terza causa, sendo morti i Muselli, gli Ottolini, che pronti furouo sempre ad aiutare coll' oro le grandi imprese tipografiche, non potr annoverare in quest'ultimo periodo della mia Storia le splendide publicazioni che allegai nel ~affeiano. XXXI. All' onore per della nostra Biblioteca incominciava provvedere un giovane Canonico, il March. Gia. Giacopo Diofli.ri, eletto dal Veronese Capitolo con savio consiglio a governarla. Nello stesso anno che moriva il Maffei dava egli in luce le sue

l. Apologeticlu "jlellioni lopra d,l /O'I&dame#tale p"flUegio ai CaflOflici di Verona COflCellO dAl VUCOfJO Ratolo. Verona, 1755, iD'
8.", con tav. inc, Non del mio tema entrare nelle ragioni addotte dal giovane Canonico, che prendeva in questo, come lo chiama, suo j.fle.ile ee.taf1U# a combattere i colossali Ballerini, sulla questione di che ho gi parlato in addietro. Cito quest' opera perch reca uno Spicilegio di docume.ti tratti dalla Biblioteca, e dall' Archivio Capitolare, perch infatti dessa il risultato di studi fatti sui nostri Codici. Vi si trovauo i seguenti aneddoti: .4.) Il /ac-limile della combattuta membrana ai Ratoldo, 24 Giugno 813: bella incisione e diligentissima in sul rame, dove recasi per intero quel documento cos esemplato.

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Dj Il Papiro, che sta nella Capitolare in cornice, di che parlai sulla fine del Libro J, Cap. IX. Cj Un' altro Papiro, che affermasi tratto dall' Archivio, n so pi dove sia di presente. Dj Una Epiltola Dni N. J. O. ad Thomam, breve scrittura tra le apocrife, tratta da una antichissima membrana in calce al Codice Capit. I (l l. E) Altri quattro documenti dai Rotoli dell' Archivio Capito degli ano 814 all' 847. F) Lezioni emendate nei Documenti dati in calce alla Storia Teologica del Maffci. G) Emendazioni e complemento alle lacune nella stampa delle eo.plellioni di Oalliodoro: sendosi in questo giovato della nuova recensione del Codice fatta dal Campagnola, come ho gi detto in addietro, dove esposi i lavori di quel benemerito Cancelliere. Nell' esemplare di quest' operetta Dioniaiaua, che possed la mia privata raccolta Veronese (l), sta aggiuntavi una Lettera di 4taOaimo dato MantofJa Il Settembre 1756, che ne fa bella commendazione: la credo estratta da un Giornale letterario dell' epoca. Nel\' esemplare poi in Casa i Marchesi Dionisi vi sono legate insieme parecchie lettere mss. di chiarissimi letterati in lode dell' Autore; ne parlava con elogio anche il Zaccaria nel t. XII, c. 389 della sua Storia letier. Italia. 2. Dato ch' ebbe cos il Dionili questo saggio del proprio ingegno, e dell'amor suo verso la Capitolare, seguit l'operoso Bibliotecario ne'suoi diletti studi. Ne dava relazione in due Lettere (175657) al P. Francesco Antonio Zaccaria, da esso publicate nel t. XII della sopralleg. sua Storia letteraria d'Italia, a c. 109, 1I7. Nella prima Lettera dice il Dionisi maudargli l'altra Cronica, col rellante tki Calendari, ed altri aneddoti, tratti dai Codici del Capitolo . . . . . bea fJol~tieri pri1)andone la mia piccola opera, che sta 1)icina al torclio, per arricchiNle la lua belli8lima. Credo accennasse alla sua opera de Aidone et Notingo, della quale dir appresso; come pare indicar rolesse l'opera Bibliotheca Mart?JrologioN/,m, che stava da luogo tempo preparando quel dotto Gesuita. Bello esempio di cortesia e liberalit letteraria. In calce alla Lettera dava fuori l'opuscolo. .A.) Oratione, lell Ezorcilmi Adalberti: brevi cose di questo ce-

cr

(1: Ora nella Bibl. Comunale, quivi da mc donata per intero nel 1869.

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lebre impostore francese, condannato da pi Concilt nel 745, tratte dal Cod. Capito XC (85). Nella seconda Lettera gli descrive minutamente il Cod. Capitolare X (8), recandone stampata una apocrifa B) Oratio S. Cypriani, la quale sullo stile delle altre dateci dal 1danuzio, con le varianti lezioni prese sul raffronto della stampa gi fattane dal Pamelio, Antuerpiae 1589, a c. 456. Errava Maffei giudicandola inedita. Aggiunge il Dionsi aver trovato un Sacramentario Gregoriano pi antico e pi bello dei publicati .finora, promette spedirgliene le opportune varianti. Stimo accennasse al nostro Codice Capito LXXXVI ~81). 3. La Storia degli antichi Vescovi Veronesi, avvegnach si adoperasse il Card. e Vesc. nostro Valerio a rischiararla merc l'opera dei due valenti ecclesiastici Peretti e Bagatta, sebbene molto vi si adoperassero intorno il Cozza, il Da Lisca, e da ultimo l' Ughelli, rimaneva pur tuttavia in assai luoghi oscura. Il Canonico Dionisi tolse ad illustrarne almeno un periodo, e dava fuori De Duolltu

Bpiscopia AldonfJ et Notingo, Veronetlaia BcclesiafJ assertis et "indicatis. Verona, 1758, in 4, con tav. inc. Cresce pregio all' opera il cri tico uso ch' ei fece delle an tiche perga mene, onde l' aggi un ta Ap-

pendice A) Veteria Veronensia Agri Topog,.apltia, ejusdemfJue e3Jpositio, con


tavole incise, tutta illustrata all' appoggio dei Rotoli del Capitolare Archivio. B) Diplomatum et documentorum oolteotio, sono ben XLVI documenti, tratti dal medesimo Archivio, dall' anno 840 al 999. C) SfJrmo infesto S S. M M. Firmi et Rustici, che ritro\' fra le opere di Raterio, nel Cod. Capito CXIV (105), e diede ili luce la prima volta j e potevano parmi, accennarla i Ballerini questa prima stampa, riproducendola ben sette anni dappoi, come dissi al precedente Numero XXV-6. Noto che l'esemplare posseduto dai Marchesi Dioniai conserva importanti giunte, e correzioni mss. dell' Autore. 4. 'l'rovato ch'ebbe il nostro Bibliotecario Dionisi alcune membrane stralciate da diversi Codici, e di svariato argomento, reliquie di Codici guasti o perduti, avvis raccoglierle in un acconcio volumetto. Gli dava il titolo Veter paralipomena ms. Codd. Capituli Veronensis in unum colllcta, anno 1758; cos di sua mano leggesi sulla prima carta del nuovo Codice, segnato I (Appendice), ch' entrava, a merito del nostro operoso Canonico, a crescere il numero

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delle preziosit Capitolari: dir pi, ad aiutare la scoperta di un vero tesoro letterario. Sono in tutto poche membrane, ma tra queste una, che si pu. affermare agevolasse la famosa disccperta delle perdute Iltittlzioni di Gajo, come si vedr pi tardi al Num. XLII del seguente Capo. 5. Con altra Dissertazione port nuova luce il Dionisi su alcuni fatti della Chiesa Trentina, i quali aveano rapporti storici dilicati con la Veronese: De' due Ulderici nella CMesa di Trento non immediatamente successi, Verona, 1760, in 4. Vi si trova illustrato un Documento Veronese rlell' anno 813, e tre altri publicati del 1021, 1055, e 1077, tratti dali Archivio Capitolare. 6. La stampa di nuovi aneddoti documenti proseguiva il Dionisi in calce all' Operetta Osservazioni sopra un' antica Cristiana ,c.lt.ra ritrovata nel ricinto della Cattedrale, Verona, 1767, in 8, con tav. inc. Vi stanno carte dell' 806, 1187, 1193. Assai erudite 5I1DO le postille che apponeva a mano l'Abate Giuseppe Venturi sull'esemplare conservato nella Biblioteca Comunale. 7. L'Ab. Domenico Vallarsi lasciava morendo inedita una Dissertazione L'e Classensi labaro, cio intorno a quel famoso Velo di Classe, che contiene le effigie ed i Domi dei primi Santi Vescovi Verouesi: ed ancora trovaronsi fra le sue carte alquante Note sul Ritmo Pipiniano. Non ravvisando il Dionisi compiuto abbastanza n l'uno n l'altro lavoro, come pot avere in sua bal\a i mss., li depose nella Capitolare, al N. CCCXXXIV (426), d'onde schiettamente confessa averne tratto suo pr nella composizione dell'opera, che dava al publico Il Ritmo dell' Anonimo Pipiniano, fJolgarizzato, commen.tato e difeso, Veruna, 1773, in 4. 8. Dell' Origine e dei progressi della Zecca di Verona, Verona, 1775, in 8. f: UDa dotta Dissertazione che il nostro Canonico leggeva nell' Aecademia degli Aletofili ai 22 Agosto 1774, come trovo notato di sua mano sull' esemplare presso i Marchesi Dionisi. Pur qui dava in calce ben XII inediti Documenti, tratti dal nostro Archivio, dali' anno 100 l al 1238, ne' quali Ili parla della moneta Veronese. Con pi largo studio svolgeva poi l'argomento stesso della Zecca Veronese, in un ampio trattato, messo dal ZaDetti nel t. IV . della sua Raccolta delle Monete, e Zecche d'Italia. Quivi non sono allegati i documenti per intero, per ne dava nn estratto cronologico a c. 1I3 e seg., spogliandone eziandio qui molti gi publicati dal Yatrei, dal Biaucolini c da altri. Comincia dalla remotissima epoCSl

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dell' anno 639, e scorre fino al 1596: IV tav. in calce recano l'impronta delle Monete. 9. Mons. Diouisi illustrando un Trattato, o meglio Sermone del nostro S. Zeno, togliea dimostrare S. Arcadio Marti"e cittadino Verone8e, 1779, Verona, in 4; confermandone le ragioni quivi addotte [assai deboli invero) con successiva J)is8ertazione, Verona, 1782, in 4, e con la Vita del Santo ne110 stesso anno data fuori, e presentata al Pontefice Pio VI, quando, come esposi nel I Libro, il Pellegrino Apostolico visitava la nostra Biblioteca reduce da Vienna. lo sguito, sulle traccie critiche segnate cos valentemeute dal Perazzini nelle sue AnimadfJersiones in Praet: S. Zenoni8 etc., ed il raffronto del Codice detto Pompeiano dai Ballerini, poi Capitolare XLIX (47), dava egli mano a recar in volgare tutte le Opere di S. Zenone, che mettea in luce in Verona, 1784, in 4 gr., splendida stampa, assai ricca di erudite Annotazioni attinentisi alla filologia, alla storia, alla sacra erudizione, dedicata allo stesso Pontefice Pio VI, ricordandogli con amore la visita da lui fatta alla Biblioteca. e il divoto plaudente popolo, che affollatissimo stipato raccoglievesi nel nostro meraviglioso Anfiteatro a pur vedere di presenza il venerato Pastore Unlversale, ed a riceverne la benedizione. Non torner soperchio il mettere ne' documenti la bella Epistola, che gli rimandava il Pontefice da Roma, cavata dalla Biblioteca dei Marchesi Dionisi (1). lO. A combattere il vieto vezzo (gia cominciava venire in fastidio) delle poetiche Raccolte per Nozze, o per altri publici e privati avvenimenti, usciva in campo il nostro Mllrchese Dionisi con una Seri di Aneddoti, Verona, 1785-1806: sono VIII i fascicoli o Numeri, in 4. Inteso ei sopratutto alla recensione critica, e interpretazione storico-allegorica della Divina Commedia, po:o a dir vero in questi suoi Aneddoti si occupava de' nostri Codici; nell' VIII Numero per dava in luce a c. 79 e sego l'esposizione fatta dal Canonico Adamo Fumano di quella strana scultura di un Cane 1)(Jdito di 8acri arredi, che vedesi tra molte e svariate simboliche figure scol pite ai lati del Propileo della Porta maggiore della Cattedrale; la copiava dal Cod. Capito a.togr. DCCXCm. Di tutte le soprallegate opere, e d'altre ancora (ommesse, pcrcb estranie all' argomento che svolgo) dello studioso nostro Canonico, la Biblioteca VD1&i8iaaa, annessa con peculiar Sala alla Capitolare,
.). Doeumeuto N. XLIV.

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conscrva esemplari con assai giunte, correzioni e postille autogrr:ife, vi stanno allegate in particolare Scaffale. Il. Molti altri studi sui Codici e Rotoli Capitolari lasciava inediti e incompleti fra suoi mss. quel benemerito Canonico: la pi parte si trovano nella Libreria della Nobile famiglia sua, alcuni nella nostra, e sono : In casa dei Marchesi Dionisi:
l"

A) AfUICtlota q"aedam, letI San.ctOf'tl,m primorum MartY'l'Um Acta, apocrypla, ti"e tincera, e:c Codice memlJranaceo fere millenano

Capihlli Vn'Oft. Ben quattro grossi fascicoli, in 4, nella Busta I. Il

Codice Capito d'onde li trasse Mons. Dionisi, e copi diligentemente di sua mano il segno XCV (90). D) Ordo Veronenlu, quem Steplanul Prelbyur et Cantor IJjfUdem Vffl1fl. EccI. anM cirti/er 1049, et more praefCettorum Carplum '''CllpaMt etc. Copie 'del Cod. Capito XCI V :89); erane gi pronta la stampa, che poi non segu. Sta nella medesima Busta I. C) Oratio'UI, Mart1lrologium, Il Kalendaria ad fllum Vero. Bccieriu. Dai Codd. Capito CII (96), CV (98), CVI (99) e CVIII (101), nella stesse Busta I.

Dj Code:c Diplomaticul Veroulltil, lea oeter, quae in Veronenti Bccl. Capitaiari, et ubique per Urbem kalJ,ntur anecrl~ta, eaque

,ellctiora Diplomata, ae Monimenta, per enturial dutributa etc.


Presiosa raccolta che incomincia dal secolo VIII: vi sta aggiunto an volume in foglio, che contiene il Glollarium corr",pta,latinitatu pro ciartil Veron. Nelle Buste Il e 1II. La Biblioteca Dionisiaua, annessa alla Capitolare, conserva i seguenti aneddoti :
B) Veron,nsium Bpilcoporum, nec non Arckiprel!Jyterorum 0lIIai.,n, Praepotitorum, et ArckidiacoMrtlm V,ronensu Ecclesiae ab

Di,i AnftOfti, Prae""li, ezordio ad kaec ulque tempora juta MSI. Cod4. etc. Grosso fascio di carte in foglio, nella Busta Il. Secondo
la serie dei Codd. al N. DCCCLV.
F) Gregoriani Sacrameatarii lection.es 'Dariae, e:c antiqui88. Cod. C.pittUi Veron. Le prendeva sulla stampa fattane dal Muratori (l),

e il raffronto del Codice Capitolare LXXXVI (81). Nella stessa Basta II. G) Litaf&ianm collectio, e:c g,.uiflu antiquil8. Codd. ejfUdem C4pitrdi. Ivi dai Codd. Capito LXXXVIII (S3), e CII (96).
:1
~1l:RATORIl':i:' LCD.,

Liturgia Roman Vetus, t I, col. 293 e seg.

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H) J)iplomi tlifJerli, trascritti dall' Arch. Capito Nella Busta III, in buon numero. I) Marlliaalu sotae, li1Je G/oala ad librol &uv"., tratte dal Cdice Capito II (2), nella Busta Il. Meritevoli di speciale osservazione le giudic il Maffei: nec lane cOfI/emnetaae, allt toei, 'lUOI e:r:p/aMnt, i",,,,tiles: il Vallarsi inteso unicamente alla versione Geronimiana, recata da quel Codice vetustissimo, le prctermise. Opera dell' Arcid. Pacifico le sospettava il Dionisi, e per con assai diligente studio qui le trascrisse, messovi innanzi un suo breve Proemio. Non potendo aggiustare ai canoni della critica la sua conghiettura, si contenne dal publicarle come volea. Miglior fondamento ha bens l'altra Glossa, della quale mi tocca dir subito. XXXII. Compiuta la dichiarazione delle opere Dionisiane, l'ordine cronologico impostomi dapprincipio, mi obbliga a ritornare alcuni anni addietro. Il dotto Canonico Regol. Don GiofJan.i Lvigi Mingarelli nel suo A.ecotoNlm falcicu/fU, Romae, 1756, in 4, da c. 69-169 dave in luce le G/oltae luper Brzodum, che s' addormi vano da pi secoli nel Cod. Capito LXIX (66). Del nostro Pacifico ArCIdiacono le avea giudicate il Maffei j trascriveale con accnrata diligenza Monsig. Giuseppe Bianchini quand' era Canonico, e cortese al solito le comunicava colfac-simi/e del Codice all'amico suo Mingarelli in Roma. Nel discorrere che feci sulle Opere di Pacifico toccai brevemente anche della alossa. Svolgendo qui pi diffusa la trattazione sull' autenticit SUB, dacch me ne porge argomento la stampa fattane in Roma, osserver col Maffei che della Glo,sa ordinaria si fa comunemente autore Valafrido Straboue, distinguendola dalla inter/in,are, che viene per testimonianza di 8isto da Siena attribuita ad Anselmo Laudunese. La nostra, dico la publicata dal Mingarelli sulla fede dell' unico Codice Capito che la conservi, non interlineare, sibbene una breve sposizione del testo: e l'elSer (dice il Maffei) 'luelta fatica tli"ersa dal/e altre simiti cM si .ianno, e l'arlluirla nata e rimasa 'lui dal no. essersi "eduta attroe, mi ha sempre fatto congetturare cM posla esser una part6 dell' opera di Pacijlco (1). Del resto Pacifico nacque bene alquanti anni prima di Rabano, maestro a Valafrido. Nella Prefazione alla stampa della Glossa il Minllarelli non si mostra gran fatto favorevole alla conghiettura Maffeiafla (2). Gli
i l; MAFI'EI,

Yer. Illustr., Parte 11 de!J li Scritto l'erOllesi, Lib. 11, col 32.

,"lI Da c. iJ7.


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argomenti ai quali si appoggia per togliere a Pacifico la derivazione dell'opera, e attribuirla l\ non so quale straniero Autore, son' questi che prendo in esame. I. Deterrent me, cos egli, eeotic fjuaedam 'Doca!Jula, che ritrov nella Glossa. - Nou ne produce per che uno solo, veramente cotale j ma qual meraviglia che in una citt come Verona, alle porte dir cos della Germania, dove timti accorrevano anche a stanziarsi d' oltr' Alpe, avesse il Bacifco osata una voce tedesca '? Recando ei la parola rubus, e chiosandola ut fjuidam 'Dolune c01agregatio spiMarum, vi aggiunge la significazione nell' antica forma Tedesca idue tbron sellda, le quali due voci rispondono alla moderna locuzione dONUtande. Questa la sola voce prettamente straniera, che s'incontra nella Glossa: poteva essere una cotal sua vaghezza di sapere linguistico, e giova ricordare com' egli nel carme da s scritto, e ordinato per la sua tomba, erasi piaciuto in tre lingue segnare il proprio nome Pacijicus, Satomo miki. nomen,

atq.e Ire1le1U.
2. Osserva che nella Glossa vien citata lo Vita di Silvestro Papa j ora sendovene UDa scritta dal Metrafraste, autore secondo l' Oudino del XII Secolo j dunque ne inferisce il Mingarelli non potersi aggiudicare la Glossa 8 Pacifico, che visse nel IX. Sel;za troppo brigarmi a sciorre questa difficolt.. mi basti accennare come parve assai debole allo stesso onorevole opponente, dacch egli pur conviene non essere al tutto sincera l'epoca assegnata al Metafraste: e poi altra Vita di Silvestro, diversa da quella che corre sotto il suo nome, poteva benissimo 8 ver letta il Pacifico e resone conto. 3. Multae in 60 opere (cio della Glossa in questione) sune bar6arae fJOC6l, ac 10cueion6s, e ne viene allegando nua serie copiosa.E che perci'? Nella et in cui scrisse Pacifico, non era certamente in fiore il puro Latino; e se molte voci si trovano nel suo lavoro, le quali mancano persino al Glossario copiosissimo del Du-Cange, non panni questa una difficolt di peso. Troppe se ne aggiunsero nell'ultima bella edieione dell' Henschel, Parigi 1840: e poche carte addietro ricordai le molte voci barbare, o di bassa latinit, che dalle antiche Veronesi pergamene raccolse Moosig. Gian Giacomo

Dions (1).
Lasciando stare altre pi lievi obLiezioni, torno ben lieto a confermare e ribadire la conghiettura Maffeiana, la quale accon1) Yri al precedente N. XXXI, 11, D.

8~

sente al nostro Pacifico un' opera cosi preziosa, conservataci da DD Codice del IX o X Secolo; vi sono combattuti strenuamente gli Eretici Cerinziaui, i Fautasiasti, i Manichei, i Semipelagiani, gh Eutichiani, e propugnati i dogmi della Chiesa Cattolica, vuoi dell'Eucaristia, vuoi della Confessione, e toccate antichissime costotnanze del Cristiano culto. XXXIII. Bell' opera di molta erndizione onde il\ustrare le antiche memorie della Chiesa Trideutina era quella del P. B01aelli, Notizie isterico critiche tntorno al B. M. Adelpreto Vescono ete.; Trento, 1760-61, voI. 2, in 4. Nel t. Il, c. 328-333 inseriva alcuni Atti S. Vif/ilii Martllria, traendoli dal Cod. Capito XCV (90), con le varianti dell'altro Codice CXIII (214) j i quali Atti per al Maffei erano paruti non abbastanza netti, sinceri, sibbene impastricciati di giunte. e per di poca autorit (l). Di cos fatta stampa il merito qualsiasi dee certo tributarsi al nostro Monsig. Dionisi, che UDa copia degli Atti mandava all' Abate Girolamo Tartarotti; cos egli ne rendea conto a C. 282 delle sue Memorie antiche di Roeereto, Lucca 1758 .: XXXIV. La visita letteraria che fece il P. Francesco Anto'tio Zaccaria alla nostra Capitolare, non dovea rimanersi infruttuosa. Nel suo Excursus litter, per ltaliam. Venetiis, 1754-62, voI. 2, in 4, come fu sollecito di cavare. di versi aneddoti dalle Biblioteche disaminate e frugate, cosi dalla nostra ritraeva e dava in luce a c.220-226 del t. II, un antico Ckronicon ab ano 709 ad ano 912; glielo forniva il Cod. Capito CLXXI (158). Tanto pi avveduto ncl publicarlo, e quasi 'Pre~ago del pericolo che sovrastava a quel Codice, uno di quei pochi non pi ritornati da Francia, e che ignoriamo dove sia. XXXV. Intorno all'suno 1761 una simigliante letteraria visita ebbe la nostra Biblioteca dal dotto Don Martino Ge1'bBrt Abate della Cougregaz.one di S. Biagio nella Selva nera. Dava egli notizia della sua erudita peregrinazione coll' opera Iter Alamannicum, ltalicum , ,t Gallicum, 1765, in 8 fig., nella quale un particolare articolo risguarda Verona (c. 445-449), e discorre dei Codici Capitolari segnatamente, affermando inte millenarios Codices CB'I'/,tum circiter, uno ia Icrinio contentos, numerantur. XXXVI. Era da g'ran tempo ne' voti del S. Pontefice Pio VI che fossero illustrate le memorie e le opere di un illustre Vescovo
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nn, col, 213

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Italiano, e Padre della Chiesa San Ma:>simo. Dopo molti studi, nei quali a' conforti del generoso Pontefice ebbe mano principale il dotto P. Bruno Bruni delle Scuole Pie, usciva in Roma coi Tipi de Propaganda Fide nel 1784 in fogI. la splendida stampa S. Mazimi Epuc. l'a"rinensil Opera, j1l.8su Pii Sezti P. M. Nella dedica al Re di Sardegna Vittorio Amedeo lo stesso Pontefice vi comparisce segnato come editore, ed tutto un panegirieo delle virt e delle glorie della Casa di Savoja, sempre cos calda per gli interessi della Religione, cosi devota alla Sedia Apostolica: quella Augusta Real Casa, che giunse, dopo il sospiro di secoli, a rannodare le sparse membra d'Italia, a costituirla libera indipendente: quella Augusta Real Casa, aggiunger, che parea dalla Divina Previdenza chiamata a sciogliere la pi ardua questione politico-religiosa che fosse mai, tra il Romano Pontificato e l'Italia; dir pi tra l'Italia e il Cattolicismo; pi ancora tra la Civilt e il Pontificato. Questione assai perigliosa, perch la mala attuale corrente che minaccia Papa e Re, se invano si confida abbatter l'UDO, potrebbe ahi! vincer l'altro. Gran copia di Codici furono ricerchi e compulsst a rendere genuina al possibile la lezione delle opere di quel Santo Vescovo, e completa la bella stampa j tra i quali Coici uno, detto vetustissimo, veniva in grande ajuto proferto dal nostro Capitolo. Non mancano le cortesi lodi, e vere, tributate dal P. Bruno alla dottrina ed erudizione del Vescovo di Verona Giovanni Morosini, che trasmise le copie del Codice, tratte dal Bibliotecario M:asutti. Qaesto prezioso Codice Capito il LI (49): se ne cavarono A) Due trattati i1l Paganol et in.Judaeos. Vi stavano scritti senza nome d'Autore, ma perch insieme alle altre Omelie e Trattati del Santo Vescovo Torinese, parvero da aggiudicarsi ad esso lui. Chi dett la Prefazione cos esplicava il suo concetto atque ut eos (Tractatns) Sanoto eidem fJiro ad8criberem, grafJel mll causae permofJerlllt: (l) leggonsi a col. 721 e seg., e col. 735 e seg., non senza grandi lacune. D) Leetione, seu E:cpositiones Er;angeliorum. Anche questa Opera sta nel Codice Capito senza nome d'Autore: citata da Gennadio, da Ooorio Antisiodorense, e poi dal Tritemio, mancava in tutti i Codici conosciuti di S. Massimo, onde jamdium cum nos kuuerit, e:ciltima i4/"r/unditul periissfJ, A merito impertanto dci Codice nostro, che
:1, In Prue/al a
t',

XXXII.

H4
/

unico serbava cos prezioso documento, usciva la prima volta in luce, col. 751-782. Nelle Tavole incise, che recano i fac-simili dei molti Codici
consultati, il Capitolare vi fa bella mostra e onorevole tra i primi: al num. Il, di costa 61 Vaticano. In queste medesime Tavole trovo al N. XX dato ilfac-simile d'altro Cod. Capito l'LXXX (431), se ne saranno credo giovati per collazionare il testo delle Omelie. Dir da ultimo come l'Augu,;to Pontefice mandava in dono alla Biblioteca un esemplare dell' edizione, in carta grande stupendamente legato, con busta che lo racchiude j accompagnavalo quella cortese Epistola del Papa al Vescovo Morosini, di che parlai altrove, ed stimato recare ne' Documenti. (I) XXXVIr. Ippolito Pindemonte. Parr strano che nell' Albo degli uomini, i quali applicati a severi studi trassero alcun partito ilai tesori della nostra Capitolare, io annoveri anche il poeta gentile della melanconia, e delle Attiche Grazie. Pure il 8UO Biagio del Maren. Scipione Maffei, come in gran parte elaborato sui mss, di quel celeberrimo che son qu raccolti, mi obbliga al tutto a parlare di lui, ben lieto di recarne qui il nome illustre, tanto a me caro per titoli anche di parentela, e di belle giovanili memorie. I molti fasci di studi e carte, quasi tutto in autografo del Maffei, prima di venir a crescer pregiu alla Capitolare, passarono nelle mani del Seguier e del Torelli. Ambedue intesero a cavarne estratti, onde comporre la vita di quel grande, ma nessuno pose mano di proposito ascriverla. Seguier avanti lasciar Verona una parte di questi mss, trattenne cou s, e port in Francia (2): il resto, che era il pi, adempiendo il voto dell' illustre amico depositava nella Capitolare. II Cav. Ippolito Pindemonte, vuoi giovandosi delle informi bozze ed appunti lasciati dal Seguier e dal Torelli, vuoi ricorrendo alla fonte primigenia, certo che dettava il suo Elogio di Scipione Maffei riferendosi continuo ai mss, conservati nella Capitolare. Molti Elogi c Vite abbiamo di lui per le stampe j ma il lavoro del Pindemonte per la copia delle notizie, l'analisi delle opere, i dotti raffronti, la coltura dello stile soverchia in pregio tutti. Usciva dapprima nel tomo XII degli Elogi Italiani raccolto dal Ru bbi, Venezia 1782 in 12. Il March. Gian Francesco Maffei ne
(1) Documenti N. XXXlI1. (2) Stanno oggi nella Biblioteca Comunale di Nimes; ne dar conto nel Il. Volume di quest' opera, dove la notizia de' Mss, Maft'ejani

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procur una ristampa, che sebbene col ritratto a~giuntovi potea ben farsi per tipografico splendore pi degna, in Verona 1784 in 8. Sta anche riprodotto dallo stesso Rubbi nel I. Volume delle Opere Ma.!eia.e, Venezia 1790 in 8. Il Cav. Pindemonte rimettendo in luce i suoi Elogi di letterati, Verona, 1825 vol. 2 in 8, ci r"idonava qnesto caro Elogio tanto rifuso e ampliato, da potersi dire opera al tutto nuova, XXXVIII. Altre pubblicazioni fatte col presidio de' Codici Capitolari non mi offre questo Secolo, dalla morte del Maff'ei sino al suo termine. Innanzi procedere a parlar del seguente parrni giusto ricordare gli studi che ci lasciarono mss., avvegnach inediti, alcuni de' nostri. Dir prima di Mons. Giuseppe MarcII,. Muselli. Nipote del benemerito Mons. Gian Francesco Muselli, generoso come lo Zio nel largheggiare del suo per le imprese letterarie che si venivano iniziando in Verona, lo super d'assai in coltura d'ingegno ed operosit negli stud. Ebbe come lo Zio il primo posto nel Capitolo, l'Arcipretura della Cattedrale: nella sua vita, che gli sorrise lunga, prospera di forze, immensa veramente la copia dei lavori compilati, che lasciava scritti di sua mano in caro deposito alla Capitolare, ue' quali manifesto il frutto che seppe cogliere dai Codici nostri, e pi ancora dalle antiche pergamene dell' Archivio. Ecco la serie dei suoi dotti lavori: 1.0 Acla Ecclesiae Veronensis, a!J anno 523 ad ate. 1770. Sono bene settantaciftlJue volumi in 8: vi stanno raccolti tutti i monumenti, Iscrizioni, Bolle Pontificie, Brevi, Epistole, Decreti Vescovili, ecc. che si riferiscono alla nostra Istoria Ecclesiastica, disposti secondo l'ordine cronologico. La massima parte cavata per dalle stampe j noter in seguito un, altro simigliante suo poderoso studio, nel quale campeggiano da soli gli inediti documenti. Stannovi aggiunti ben dieci volumi di indici:

Al indez CronologiCUI Actorum Eccl. Veron. ab. ano 523 ad ano 1770: un vol. in 8. B) Jndez Topograpltieus Ecclesiarum et locorum Cif)itatis, et Dicecel. Vero. quattro val. in 8. C) Jadez rerum et fJer!Jorum cinque voI. in 8.
Tutto questo colossale lavoro sta ne' Codd. Capito dal n. DXX al DCIV.

2. Miscellanea di ari erudizione. Dal Cod. Capito DCV al DCXVIII. Sono ben tredici vol. in 8 j contengono molti studi e suoi, ed anche d'altrui portato, che trascrisse e allog, senza par-

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ticolare 8istem~ talvolta n ordine, secondo che gli venivano in pronto: tutto un tesoro di notizie che s'attt'ngono alla Storia Veronese, ed a sacro argomento. La nota di quanto si contiene in ogni singolo, volume stimo qui soverchia, la d nella II. Parte di questa 'mia opera, dove la descrizione dei Codici.

3. Glossarium totiu Bullae Regis pacijicii Betiedicti X/P P. M. Questa la famosa Bolla che determina le ragioni del Capitolo
Veronese, e gli assegna una costituzione novella, dopo che il Patriarcato d'Aquileja estinguevasi, mettendo i Canonici Veronesi nella giusta dipendenza dal Vescovo Diocesano. Premette una Hi-

storia ckronologica, canonica, critica, et diplomatica Capituli Veron,


Sono moltissimi fascicoli, sceverati secondo i paragrafi della Bolla, e raccolti in dodici Buste in 4. Giusta la serie dei Codd. Capito dal DCXIX al DCX~X. 4. De AnnifJersariis uae celebrantur in Cattedrali: in due Buste DCXXXI, e DCXXXIL

5. Memorie diplomatiche dell' antico Castello e Villa di Cerea.


V'ebbe giurisdizione il Capitolo Veronese: la storia prende le mosse dal 922, il corre sino al 1223, tutta levata di peso dalle pergamene dell' Archivio. Un volume in fogl. in pi copie ne' Codd. DCXLIX, DCCLXXXVI, e DCCLXXXVII. 6." Il Carpsum 8{ephani Cantoria Beclesia Veron: copia del Cod. Capito XCIV (89:, con illustrazioni storico-liturgiche, in fogI. al n. CCCXX~II. 7. u Opera pi colossale, che riferisco da ultimo (per tacer d'altre, come estranie alla Biblioteca) quella che possediamo in dieiasette grandi Buste in foglio, nella serie dal N. DCCCXXXVI al N. DCCCLII, col titolo Memorie istoriche, cronologiche, diplomatielle,

canoniche, e critic1te del Capitolo e Canoniei della Cattedrale di Verona. Dopo una erudita Introduzione risalendo il Muselli da remotissima epnca, dall' anno 750, viene tutto di sua mano descrivendo anno per anno gli avvenimenti che stim degni di peculiar ricordanza. Infinite sono le copie, in parte o per intero, dei Rotoli Canonicali, in separate carte o foglietti, allogate, e racchiuse dalla copertina che reca la nota dell' anno cui rispondono. ~~ un tesoro di memorie storic're, con bella ed esatta scrittura ordinatamente registrate, che non saprei quale altro Capitolo possa vantaroe di pi prezioso.. XXXIX. Nulla diede alle stampe di suo l'Ab Antonio Masott;,: l'opera da esso impiegata come Custode, o Vice-Bibliotecario, tor-

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nara per assai fruttuosa alla Capitolare, ed in aggiunta a quanto venni qui e col toccando per incidenza dei suoi lavori, merita che di altri Ile faccia qui particolare annotazione.

a) Biblioteca Manuscripta Capitularis, recognita, digesta, suppleta, due grossi volumi io foglio con la data Veronae 1788, tutto di suo carattere. Si giov egli nel compilarla di quaoto avea stampato sui Codici Capitolari il Maffei, o lasciato nelle sue schede mss., e per la intitola di quel venerando nome; come cosa tutta dovuta n lui. Poco iovero aggiungeva del proprio il Masotti. Erasi dopo il Maffei dato nuovo ordinamento ai Codici, rispettata l'antica cifratura in numeri arabici sul dosso in alto di ciascuno, nuova cifratura con numeri romani fu segnata al basso. Si divisero in ciAque Classi (l: la I. Sacri, la II. Greci Sacri e prqfani, la IlI. Prqfani a'R.ticki, la IV. Latini delle seguenti et, la V. Italiaai. Secondo questo ordine il Masotti dava qui la descrizione di DXLIlI Codici, premettendo i fac-simili assa! diligentemente disegnati di ben LV de' pi antichi e preziosi. Larghe di notizie, con lunghi tratti di aneddoti, sono le due prime Classi, nelle quali si pa dire sta totta l'opera Maffejana: per le altre d'ordinario la sposizone segue assai breve incompleta. Buoni Indici aggiungono pregio al lavaro. Pi volte si palesato in pubblico il desiderio di avere alle stampe l'opera del Masotti, o dir meglio del Maffei j ma lasciando da un lato la gravit della impresa, parve anche soperchia, sendo gi il pubblico in possesso della sua parte pi rilevante, dico le illastrazioni Maffejane. Dacch ebbi l'onore di vegliare alla custodia del Capitolare tesoro, primo pensiero era surto anche in me di tentarne la stampa j dovendola per giustamente corredare di questi prolegomeui, e di ben altre giunte ad ogni singolo Codice, massime delle Classi successive alle due prime, cos digiune di notizie, poi di quanto si attiene ai molti Codici aggiunti alla Biblioteca dopo il Catalogo Masotti, ho stimato miglior consiglio abbandonare la pro~ttatll stampa, e studiarmi di satisfare al comun desiderio con 'un naovo e pi completo lavoro. Former la 11. Parte di questo mio stadio. Seguitando a dire del Masotti, abbiamo anche di sua mano 6) Il Catalogo dei lUri a stampa della Capitolare Biblioteca, due
ili Trovandosi ne' libri talvolta usata l'autica, talultra la moderna cifratora de' Codd. Capit., stimo opportuno in due Taool annotare la rispondenza di ambedue le cifre: le dar in calce aIla Serie de' Documenti.

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grossi volumi in foglio. I lihri vi sono registrati per ordine alfabetico degli autori j avea preparato i materiali secondo divisione di scienza, stando vi pur cos disposti negli Scaffali j ma non giunse a porli in netto.

c) Anecdota e Codd. M8I. Bibliotle. Capito Stanno nella Busta n. I. delle Maffejane, nella serie de' Codd. al N. MXLIX. Secondo le indicazioni da esso trovate nelle schede Mafi'l'jane copiava il Masotti molte Omelie, Lezioni, Epistole dei SS. Padri dai Codici CapitoI. che stim inedite, o di pi corretta mano. V' anche un lungo tratto della Cronica di Parisio de Cereta. Pochi sono A dir vero i documenti inediti, i pi stimati cotali erroneamente, qui trascritti j bene in maggior numero sono perven uto con assiduo studio a raggranellarne, come si dir in appresso, desideroso di farli quando che sia di pubblica ragione. Do la Dota necrologi ca sol nostro Masotti, che trovo ne' libri della Sagrestia in Cattedrale. MDCCCVI R. D. Antoni"s Masotei Reetor Bcclesia S. Clara, nec non Ze1tonis de Pellagallis, primtts e:c confratribus in Capitulari Bibliotlteca Praeses et Custos. Codicum facilitate, Syllabarum immitatione optimus. Dum praeter multa ua compleoit, summo tabore et assiduitate alia moliretur, e fJita e:cce8lit 12 Augusti, aetatis LXXIII, hora ante rneridiem 3 eirciter. XXXX. Nel 1788 brevi studi fece nella Capitolare nn dotto Spagnoolo l'Ab. Gio. Andres, in un suo letterario viaggio a Venezia, de' quali rese conto nell' opera Cartas familiares a su lzermano don Carlos Andrea ecc. E'Il Madrid 1790 por D. Ant. de Sancita
in 4. Descri ve (c. 339 e seg.) alcuni de' principa li Codici, trattenendosi peculiarmente sopra quelli che conghiettura essere derivati dalle Spagne. Del Cod. LXXXIX (84) cos parla. h'n primer lugar es digno de erse un bellisimo Breviario Muzarabe, qU6 es el C6-

digo G6ticokallado e'Il Verona, con el que se kieo muclto ruido, 8egun dice el doctisimo p, Brries en su carla al P. RtI/Ju!l0' 1.'1;0 estoy enterado de la ltistoria literaria de este C6digo, 'Ili que se kaya kec40 con il mas ruido que emJiarlo de Verona a Roma al P. Bianckini, y publicarlo este estre las Obra del Cardenal Tomasi. Pero desearia que se kiciese ilUr'110 mas, 'li que se iluJtrase con eopiosas y oporlNna Notas de erudicivn ltist6rica y teo16gica, y se la case,. de aquel preoioso C6dflo todas las riqueza literaria y eclesitfsticas que contiene . . . No si de positi 'DO el tiempo en que fui escrito, pero es seguramente antiqufsimo. 8e 'Den al principio de il otras cosas escritas

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de mano muy posterior, ?I en estas ltay una epoca, donde dice Mauritius Cannevarius fidi locor de amphora vino de bonello in XX anno Lnitiprandi Regis, que el decir en el ano de 733 .... De difJersos peda$O' de Liturgia Gotica, o Muzaraba se eompvso, como dice Burriel, para UIO de las Ilesias el Misal o Bresiario, que imprimi6 el Card,nal Ximnez,. el de Verona est todaoi en su oriinaria 'elCi/lez, 'li tiene por lo mismo muclla mayor autoridad, Cosi pure va seguitando (c. 352). Crecia la curiosidad al fJer tario, otros C6digol, fJue pareeia que ltubiesen fJenido igualmente de Elpana. Uno de esto (il Cod. LV (53}) contiene arios 0pulculos de Ha. l'idoro, y por algunas eepresione de il puede conjeturarse que le kaya traido de Espana - Otro Codigo (il LXI (59)) contiene un COfJtpendio de 101 Canones establecido en los Ooncuio de los sei pri/Urol Sigloa, ylos Decretos legitimos de las Epiatolas de los Pontifice', COli. otras eosas : .. y al fin de este Codigo le lee .. ex libro Complutensi, - Vi con todo un COdigo miscelneo de Astr61ogos Arabes (il CCXCI) el Centiloquio de Tolomeo en arabe. con Notes de Tllebit be1& Corran,. y una obra del Indio Zaltel, traducida toda en latin por fll4eltro Juan de SefJilla .. 1/ en este Codigo le fJen oarias oces, numerol arMigos. 811. la ultima pa.qina lta?l un planetario, ?I bajo de il "uhl '4otados por dOI eces todos los numeros arabigos, hasta elIO illClulirJe, lo que no Ile 'Disto en otros Codigos, llegando todos solo al 9. Vl tambien. con partieelar gusto un Kalendario, (l) fJue teniendo 11.0tada e:cpresam81l.te la fecha, puede servir para f)erijlcar 6 confutar citrtal i'4geaiosas rejlexiones del docto astronomo Ximnez, muerto en Florexia . . . . . Se escribiO este Kalendario en el ano 1190, Y como 1011 curiOIO", las oersos con que lo dice, te los pondri aqui como est.
Anno milleno centeno terque triceno Quando sacrum pascha fuit incarnatio facta Tuncqne peregrinorurn cecidit flos teutonicorum, Qui cmce signati sauctos fuerant imitati Terram Iinqueutes patriam, dominumq. sequentes ; Tunc Leo magnanimus Cesar occidit Fridericus Priucipibus mille fuit annus lcthifer i\le. (Continua) .
il. ~ol ritrovo fra i nostri Codici.

,..

LE RUBRICHE
D El

LIBRI Al1ST J DEL SENATO


PERDtJTI
TRASCRITTE DA

GIUSEPPE GIOMO

SOTTOARCHIVISTA NELL' ARCHIVIO DI STATO IN VENEZIA.

(Continuazione. Vedi VoI. X \'11I, p. 3151.

Flandria, Francia, Anglia, Jfuiorica, rspania et Araotua. - Dtsarmotum. narigium. - Ordines narigafldi in generali .umpti cum armaiis et disarmatts. - B91lptuset terre Soldant, Alexafldr{a etc. - (;ol'Ofii et Mothoni.

FLA~DRIA, FRANCIA, ANGI.IA, ~IAJORICA, YSPANIA ET ...\RAGONIA.

(Lib. II.) Petri Lanzoli bona sint obbligata pro mandamentis Francie et Johanninus Marchesini fiat sindicus etc., ii, 18, 29. Quod pecunia concordie Francie accipiatur super sale cum conditione quod consiliarii teneantur sol vere amni mense libras

C,35.
(Lib. II!.) Mittatur Regi Maioricarum sententia processus facti in facto Petri Gironi, 131. Dominus Guilielmus iudex fuit missus Maioricam super hoc, 133. (Lib. III!.) Volentes armare in Flandria curn galeis minoris mensure habeant libras X V in mense grossorum, et cum galeis maioris mensure libras XII grossorum, 40. Adducentes drapparia de Flandria cum galeis solvant datium sieut si adducentur per terram ; de lana vero et aliis solvatur 1-:pro centenario, et forenses possint ire et redire eum galeis, 41.

Xaulum galearum parvarum sit soldorum XV grossorum de


pendere librarum CCCC subtilium, de speeiaria et seta etc., II-:pro centenario de grana III-;- pro centenario : de auro et argento et predaria II pro centenario: de alumine et havere grosso soldorum XX grossorum pro milliare subtili: de balla pannorum de peciis ~ soldorum XX grossorum, et de balla lane ponderis librarum D subtilium soldorum XXX grossorum. - Galee vero maioris mensure accipiant de naulo quintum minus praedictis, 4t. Datiurn solvatur quantum solveretur si adducerentur per ter-

ram,4L
Forenses etiam possint ire et re dire cum ipsis, H. Ituri faciant se scribi et se obligent sub pena librarum I:J:J irea Kalendis marcii usque ad medium marci11m, 4t. Et solvatur armatoribus pro mensibus UII etc., usque ad menses VI, <1 t. Qui reeipiant omnes mercationes ab omnibus tam eundo quam redeundo nsque ad suum plenum,H. Galee parve caricent quantum galee de Armenia, 42. Extraorrlinarii rnutuent libras CI:J:J pro galeis Flandrie ne denariis Constantinopolis, 43. Ambaxata missa Maioricam pro facto ser Barboni Mauroceno et ad regem Aragone pro resto damni illati per comitem

Ampuriarum, 52.
Galee euntes in Flaudriam possint portare usque 40 anforas ribolij solventes grossos III pro urna, 50. Mittatur una persona cum eis hostensura nostrani iusticiam contra Petrurn Gironum, 52. Ambaxata missa Maioricam pro ser Bartholommeo Mauroceno, 52. Terra aperiatur ila quod navigia Venetorum possint ire in Flandriam et redire dando plezariam de exequendo viagio, et veneti et forenses possint ducere et portare ut poterant cum gleis que pridie navigarunt, 118. Vinum de Creta quod est in terra posslt portari in Flandriam sine datio, H9, 169. Armare volentihus pro Flandria mutuentur galee cum armis et corredis pro nichilo, etc., et accipiant rnercatori cuilibet habenti unum famulum grossos III in die, non habenti famulo gros50S

II, 166.

92
Exaudiatur petitio Michaelis Delphino et Dardi Bembo ad viagium Flandrie armare volentium, Hi7. Ser Gabriel Dandulo sit capitaneus et ambaxator, 182. Pro isto viagio armatores accipiant mercatoribus provianda iuxta solitum, 182. Missus fuit unus cursor Maioricam ad expensas comunis, 47.

(Lib. V.)
Naulum galearum Flandrie sit soldorum XXVII grossorum de milliare subtili et cetera multa, 21, 27. Possit portari vinum de hinc in Flandriam ed de Ystria sine datio, 32. Uva passa et masere possint cum galeis istis Flandrie absque datio mitti et res alie omnes, 37. Possint barchas grossas portare, 32. Ex superahundanti possint portare unum temonem, unam antenam superfiuam, panem, vinum, carnes et lignamina et necessaria provianda mercatorum post circam, 40. Nabula, dacia, mora libertas data forensibus sint in eo statu quo fuerunt anno preterito, 07. Quod patroni portent panaticam per unum meusem et viandam pro diebus XXII et alia, 97. Item quod recipiant mercatores cum suis trapuntis, scrignis, valisiis et armis, 07, Recedant a medio marcio usque totum mensem et vadant in conserva sub pena librarum M,120, 122. Ceciderunt 4 consiliari ad penam librarum C pro quolibet pro termino elongato et armatores promiserunt de servando indemnes, Teneatur galea quelibet habere in armario C inter supraensegnas et zupellos, CXXV curazias, et ultra LX arma a capite et homines CC pro galea, 97. Scriptum fuit Guilielmo de Fraganesco quod procuret aconcium cum Januensibus de dando sibi ad pro soldo et libra (le omnibus mercationibus que intrarent in portum Aquarum mortuarum vel in terris subditis regi Franrie, 38, Lana sit francha nec possit alibi discaricari, 172. Mittatur ali regem Angle, nichilominus possit armari pro vagio Flandrie, galee tamen habeant capitaneum per comune

etc.,

1i~,

177.

Commissurn fuit Ugolino Argentario concordandi represalias ~Iaioricarum pro lihris CCCCL barchinonis, 21, 153, 155.

93
Supraconsules teneantur compellere nostros contra quos litem venirent a magislris nundinarum Francie, 19. Mittatur unus notarius Massiliarn et Aquas rnortuas pro tractando acontio de re presaIiis, 20. Accepletur quod obtulit ser Marinus Geno de armando ad dictum viagium et si non haberet galeam comune dabit ad naulum pro libris X grossorum in mense et simile fat etiam aliis pluribus, 28. Non possit armari ad viagium Flandrie nisi prius datus fuerit orda, 157. Per ofdciales solvatur de datio galearum Flandrie illis de ca Bembo et Tingo, 157. Orda ipsarum galearum iIlo viagio, 174. - Stiva galearum

et nuntius illuc missus,


Capitaneus habeat libras sex grossorum in mense, 174, 175. Factuui Francie pro quo missus fuit ser Benedictus de Molino sit secundum consilium sapientum, 162, 163, 164, 165, 182. Pecunia solvenda pro concordia domini Karoli solvatur modo scripto, 178. Concordia et quietatio ipsius facti est in memoriali ad carlas 90.

I'nus meicus cirurgie datus fuit captaneo ipsarum galearum salarium cujus comune selva, 182. Xon vadant in Angliam nisi concordia facta foret, 185. Gratia XXV milliarium salis concessa Pinzino Babilonio et Dardi sub certa conrlitione, scilicet pro satisfaciendo mandamentis

Fran-i, 107, t 8!. Quod iste V galee iture in Flandriam teneantur ire et redire in conserva, et in suo reditu non possint extrahere aliquas mero caliones etc., t 2:3. Pro nabulo ambaxatoris nostri ituri cum galeis Flandrie golvatur pel' nostrum comune libre CCC LXXXXVI, 125. Possint dominus dux, consiliarii et capita eligere ambaxaton'm mittendum in Franciam pro novitatibus factis ibi et terminare salarium etc., 136, 144, 179.

(Lib. VI.)
Vinum Crete, pinella et omne vinum de extra culfum possit pxtrahi de Veneciis sine datio cum galeis Flandrie, 1. Possint portare scandolaria, 1.

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Solvatur pecunia pro concordia Anglie hoc modo, quod quiIibet sachus lane etc. : sed est cancellatum, 54. Vicedomini lombardorum exigant totum quod ordinatum est solvi iuxta formam consilii capti in alio libro, 43 . -tlie additiones circa ilIam solutionem servande, 43, 44. Havere forensium non possit mitti vel adduci cum dictis galeis pro illa mudua, 59. Galee viagii Flaudrie non possint esse de mensuris maioribus galee ser Justiniani Justiniano, 60. Ordines galea rum Flandrie sunt hi videlicet: Quod qui fecerit se scribi teneantur exequi viagium sub pena librarum ]\lM cum ligaminibus et ordinibus galee capitanie ser Marini Mauroceno. Non possit aliquis pro illo anno armare per aliquam aliam muduam pro transeundo montem de zibeleta. - Habeant capitaneus eum salario et conditionibus cum quibus fuit ser Marinus Mauroceno, GO, 01. Concordia facta per ser Beuedictum de Molino super facto mandamentorum Franeie contra ilIos de ca Babilonie firma sit, 55, 57, et Laurentius Bono. Scribatur ambaxatori nostro misso in Angliam quod si non posset compiere concordia m pl'O quantitate sibi commissa, possit expendere ultra quantitate marchas L, 7 l. Respondeatur ser Iohauni de.Lege ambaxatori in Anglia, 79. Capitaneus sit unus de euntibus cum galeis cum ordinibus et conditionibus quam habuit ser Marinus Mauroceno, qui si non posset facere capitaneriam, mercatores eligant unum ex se, non tamen haheat salarium, 79, 80. Habeatur posse dominus dux, consiliarii, capita et sapientes committendi ambaxatori nostro qui est in Anglia et quod possit expendere etc., 53 ; cancellatum. Non possint in aliqua parte levare havere forensium suh pena eontraordinis, 61. Nec possint recipere ultra rnilliaria LXX ad pondus suhtile, de mercibus grossis intelligendo quod alumen de roza etc., 61. De curamine concio, bombice filato et pilizaria solvantur soldi XXV grossorum pro milliare, 61, 130. Possint levare 'usque milliaria LXXX subtilia de ferro, piurobo, rame, stagno et aliis metallis pro savorna et de aliis mercationibus scilicet lana, pannis usque cr; milliaria etc., 61, H2. Capitaneus faciat circari galeas si transiverint mensuras ha-

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bitas inter pane et vino et aliis, etc: non stent ultra XL dies ubi faeient portum, 62. Quilibet armator faciat scandolare sue galee longum pedihus XVill cum canipa, 62. Capitaneus constringat armatores ad accipiendum homines loco defcentum, 62. Michael Alberto careeratus diu pro factis domini Karoli relaretur et remittantur omnia, 4D; cancellatum. Omnes mercationes de Flandria solvant datium sicut solverunt aliis muduis intelligendo quod ha vere forensium non possit portari nee adduci. De rame et stagno de Flandria conducetur Venetias, detur orda etc" 63. Xon ponatur banchum pro armando usque ad reditum galearum de Mari maiori, 6:3. Tele et stamegne sint franche, 62. Galeoti recolligant se ad terminum tunc datum sub pena soldorum III grossorum et armatores recedant die XV maii et si non recederent galeoti recollecti perserviant medium soldum et habeant viandam, 82. Capitaneus deliberet cum armatoribus et mercatoribus ubi fol'et melius portum facere et cornmittatur uni discreto viro quod traetet pacta cum camite Flandrie et duce Brabantie, 84. Declaratum fuit quod capitaneus non descendat in terram ubi esset civitas vel castrum alibi vero sic, 85. Corumittatur alicui veneto existenti in Francia factum male tolte quod procuret impetrare a rege quod removeatur, et posst expendere usque florenos C quos solvant mercationes que de hinc conducentur ad dictas partes et tractet in Brazes et Brabante de comodo mercato rum, 91. Venetus mittens in Francia mercationes per terram solvat unum pro centenario que est ordinata salvi pro concordia domini Karoli et defraudane etc., 50. Havere forensium passi t portari in Flandriam et readuci, non possit tamen eorurn havere levari extra Venecias, 123. Armentur ad Flandrie viagium per divisum galee VI, 125. Pondus stabilitum recipi su per ipsis galeis est milliarium LXXX ad subtile de mercibus grossis intelIigenclo in hoc alumen de roza, 130. Item possint recipere pro sa orna et 'de aliis mercationibus sciliret lana drappis et aliis usque ad milliaria CC et de telis usque

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ad milliaria XX recipiendo de naulo usque ad soldos XXX grossorum pro milliare subtili, 130. Ambrum quod de cetero conducetur Venetias cum dictis galeis solvat soldos XXV grossorum pro quolibet milliare, 1:~0. Curamen concium, bombix filatus et pelizaria solvant solrlos XXV grossorurn pro milliare ad subtile de naulo, 130. Omnes ordines alii remaneant in statu anni preteriti, I:H. De pecunia excussa de gratia facta ilIis de ca Babilonio dentur floren LII ser Leonardo. Gradonico, Donato de Lege et F. de M., 101. Quelibet galea Flandrie possit levare usque ad LXXX milliaria subtilia, de ferro, plumbo, stagno, rame et alio metallo pro sua saorna, de lana et aliis rebus usqne ad CC milliaria subtilia salvo de telis usque milliaria XX, 130, 131. (Lib. VII) Fiat capitaneus galearum Flandrie habiturus de salario libras III grossorum in mense, qui non posset facere mercationes neo recedere de galeis salvo etc., et mittat cursorem in Venecias, 1, 5. 7,8,83. Possit fieri concordia cum rege Anglie per modum commissum ser Petro Geno et Perono Justiniano exceptis etc., 58. 60. Terminus recessus galearum Flandrie ad diem XX VI Aprilis etc., et penas exigant officiales grossorum de Hassia, 82. Solvantur pro qualibet petia de zalono de Malines et Borsella solvantur soldi XX ad grossos etc.., 82. Eligantur per dominum, consiliarios et capita III de euntibus ali partes ilIas qui concordent cum offcialibus regiis pro mala tolta usque florenos CCC, 81, Que fuerunt scripta Iacobello Baseio super acoipieudis pactis firmatis anno preterito, 8:3. Ponatur in solario drapparia que venit, non obstante ordinamento de telis etc., 118. Ordo oneris galearum Flandrie eundo et redeundo, 1:~0. Fiat capitaneus per maius consilium cum salario et conditionibus cum quibus fuit ser Marinus Mauroceno, 130. Declaretur quod non possit habere partem in galeis nec mercari possit, medietas sui salarii solvatur per armata m et medietas per vaream rnercimoniorum, 1:32. Ambaxatores ituri in Flandriam debeant proferre altera die qua erunt electi et recedere etc., O, 1'2, l :3.

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Possint levare sapientes ituros in Scia voniam et unum temonem, unam peciam antene et remos XX, 18. Qui obtulerunt armare ad viagium Flandrie, 68. Electi ad providendum super certis capitulis datis per armatores et fiat eis capitaneus, 77. Quia predicta Flandrie expiraverunt fant duo ambaxatores qui miltanlur per terram ad comitem Flandrie et ad ducam Brabancie. Item committatur eis factum Anglie quod pos~t expedire etc., 8. Possint elevari galee de novo pro viagio Cypri et Flandrie sed non possint recipi in comune, 126.

(Lib. VIIL)
Galee nostre vadant in Angversam, 4. Possit pro isto viagio iri Maioricam et alio cum bavere grosso,5. Quid scriptum fuit sociis Peruciorum et Bardorum pro concordia Anglie, 35. Ordo galearum Flandrie de onere et hominibus et qualiter capitaneus debet Cacere fieri circarn, 68, 73. Ambaxator unus mittatur in Flandriam, Brabantiam et in Franciam et que fuerunt sibi commissa, 78, 81, 86.

(Lib.

vuu.i

Armatores galearum Flandrie possint pro nunc accipere unum tsicum, 7, 11. Forma litterarum quam volumus impetrare a rege Anglie pro facto Peruciorum et Azaiolorum, 35. Scriptum Cuit ser Dardi Bembo quod vadat ad regem Francie pro privilegio optinendo, 28, 33, 34. Bailia data domino, consiliariis, capitibus et sapientibus electis super significatis per litteras ser Dardi Bembo, 39. Recedant galee usque ad medium aprilem etc., 60. Vicedomini lombardorum ponant in sequestro pecuniam medie pro centenario exactam pro facto domini Karoli donec terminabitur quid solvi debeat, 76. Sicut est prohibitum galee Flandrie extra Venecias non posse levare havere veneto rum ita non possit levare havere forensium pena L pro centenario, 76. Capitaneus presencium galearum Flandrie habeat unum tsicum sieut habuit ser Peronus Justiuiano, 78. Possint ducere unum clappum antenne, unum temonem et reraos XX ne pluri, 78.
7


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Faciant portum in Angversam pro boe viagio, 79. Dentur marche L sociis Perutiorum ultra ex pensata per eos et optineant aliam litteram a Rege, 25, 82. Comrnissum fuit.Capitaneo et consuli Flandrie quod compleant concordiam tractatam per ser Dardi Bembo pro florenis CC solvendis singulis annis, 83. Quod capitaneus possit levare de nostrorum bavere suhtile usque X milliaria escepta lana per galeam ultra solitum non tamen transeundo signa. 1.04.

( Lib. X.)
Volente armare ad viagium Flandrie facant se scrihi usque ad et exequi viagium duro sint ad minus VI galee sub pena librarum C grossorum pro qualibet, 21. Quelihet galea debeat ponere milliaria XX subtilia de savorna et tenere illa sub pena librarum D armatori et CCC patrono. Quod diete galee non possint portare ultra milliaria CCLXXX mercimoniorum ad su'; tile, 22. Terminus caricandi et recedendi datus dictis galeis et est sub pena soldorum XX grossorum pro quolibet collo et est commissa offcialibus levantis, 42. Forenses possint ire et redire cum eis secundum usum, conditione tamen quod quantum extraxerint de Veneciis possint conducere: et non possint alicubi extra Venecias levare bavere venetorum ut non possunt havere forensium. - Habeant capitaneum eum condtione et salario qubus fuit anno preterito. - Non faciant portum ultra XL V dies non computatis diebus accessus et recessus. - Teneantur patroni portare vinum per dies XXII et in l'eversione panaticam et viandam per unum mensem de vino vero furniantur in l'eversione ubi melius videbitur capitaneo pro utiltate camere. - Non possit per galeas armatas per divisum extrahi vinum pro zurma maioris valoris librarum XX pro amfora. - Habere debeat galea quelihet vogerios CLXXV de numero ilIorum CC quos debet habere, - Capitanens teneatur facere ceream antequam illuc applicet. - Teneantur consiliarii post reditum galearum infra dies X V venire ad consilium rogatorum ad videndum de dando exitum drappariis. ...;., AHi ordines, liberttes et franchisie hactenus facte pro dieta viagio non l'evocale in sua maneant firmitatem, 2:3. Quod ex patronis et mercatoribus galearum Flandrie eligan-

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tur hic secreto XII qui sint cum capitaneo in partibus Flandrie ad diffiniendum ubi galee debeant portum facere, 48. Revocetur quoddam consilium in tantum quod galee Flandrie possint levare mercationes et caricare mercimonia de aliquibus navibus vel lignis que venirent de extra culfum, 48. Quod galee Flandrie possent deponere de hominibus a remo quot fuerint opportuni post factam circam, super galea delatura mercimonia in Y striam, 49. Concedatur galeis Flandrie quod possint caricare in ipsis galeis anforas XXI vini de Creta et non ad aliud in mercibus grossis, 4\). Responsio (acta ambaxatori nostro qui est in Castella quod procuret optinere intentionem nostram quam si optinere non posset protestelur quod nos providehimus super indemnitate nostrorum, 50,81. Absolutio multorum patronorum qui receperunt et mercatorum qui ultra terminum caricarunt, 74, 75. Scribatur ser Dardi Bembo capitaneo galearum Flandrie et consuli nostro quod tractent et compleant negocium male tolte usque ad ftorenos CC per annum etc., 81. r ia, XL) Sapientes electi ad providendum super petitione ser Marini Capello volentis armare in Flandria, 8. Non armetur in Flandria pro presenti mudua, 12. Quod possint armari a galeis IIII supra etc., 17. Scribatur consuli nostro Flandrie quod tractet etprocuret con. eordare factum male tolte usque ad C ftorenos, 14. Diete galee teneantur portare pro quolibet milliare C de mercationibus subtilibus ad minus non intelligendo in dictis milIiaribus suhtilibus lumen rozie nee bombicem filatum sub pena soldorum XL grossorum pro milliare, et de havere grosso usque ad milliria LXXX ad plus. Et caricasse usque etc., et recessisse usqne . - Et si non possent hic habere suum caricum, possint in Maiorica et inde supra caricare mercationes grossas, scilicet zafaranum et lumen non transeundo signa etc.; remanentibus firmis aliis ordinibus, 18. Sapientes electi super factis Hispanie, 19, 22. Si galee starent plus occasione negociorum ambaxate satisfat eis de mora quam fecssent de primis rescatis, 22. Terminus caricandi in galeis Flandrie prorogetur ad diem, 28.

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Portus earum debeat esse uhi difflnitum fuerit per maiorem partem mercatorum galearum etc.; si tamen ill de Brozes haberent guerram cum rege Francie portum faciant in Angversa, 29. Armentur galee VIII ad viagium Flandrie et compareant armare volentes usque ad, 6~. Prorogatio termini galearum existentium in Flandria possit fieri per capitaneum usq ue ad dies X februarii, 62. Galee ponant ante mercationes milIiaria XX suhtilia de savorna, 62. Item non possint diete galee eundo portare ultra milliaria CCLXXX mercimouiorum subtilia inter que non sint ultra milliaria XXX grossa, 62. Eligantur II per consiliarios et capita penes alios III super ordinibus qui expediant se usque ad diem XXII huius mensis, 63. Terrninus caricandi galeas sit usque ad dies VIII intrantis aprilia et recessus ad diem XII ipsius mensis, 63. Quorl forenses et havere ipsorum possint ire et redire secundum usum cum dictis galeis conditione quod quantum extraxerint de Veneciis possint cond ucere de Flandria et non plus et non possint levare havere forensium alicubi. - Item non possint levare ha vere venetorum extra Venecias eundo sub pena L pro centenario, possint tamen ire Maioricam et levare bavere grossum et havere casseIle et zaffaranum non caricando ultra signa: - Non possint starediete galee ultra dies XL V et V aliis diebus pro necessitate. - Te?eantur patroni portare viandam et vinum pro diebus XXII. - Tamen non possint extrahere vinum pro zurma maioris pretii librarum XX. - Conducant bomines CC soldatos de suo soldo de quibus sint vogerii CLXXV, 63. Faciat capitaneus cercam ter antequam applicet illuc, 65. Post reditum galearurn infra dies X V veniatur ad consilium rogatorum ad videndum de dando exitum drapparie, 65. Omnes alii onlines, lihertates et franchisie non revocati sint firmi, 65. Terminus VIII dierum comparendi pro dicto vagio incipat die, 65. Sapientes possint adhuc providere super mensuris galearum, 65. Galee navigature ad dictum viagium Flandrie et Armenie sin t unius calap et mensure que notate sunt hic et protomagistri debeant ire ad offiriales levantis et accipere mensuras ab eis etc., 67.

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Qui fecerunl se scribi ad viagium Flandrie, 69. Super facto lanarum tonsarum capta fuit pars de non, 71. Responsio facta patrono galee que vadit in Cretam quo sui homines qui accepissent soldum super galeis Flandrie si non redirent ad tempus erunt absoluti a pena restituentbus ipsis capi-. tale, 84. Eliganlur tres sapientes provisuri su per facto galearum Flandrie de portu et ambaxata, 94.

(Lib. XII)
Pecunia pro ambaxata Flandrie solvatur de pecunia soldorum II pro centenario et tantundem de mercationibus et excutiantur per

vicedominos, 2. Patroni galearum possint levare milliaria IIII ferri ser Donati de Lege, 4, 5, 7. Sit unus ex mercatoribus ambaxator ari comitem Flandrie et scabinos de Brozes, 6, 7. Fiat responsio Regi Maioricarum super suis litteris continentibns de suis darnnifcats in Cederico etc., !l. Clametur quod usque ad dies XV solvaut capitale illi qui accepissent soldum galearum Flandrie, 11, 8.). Responsio facta ambaxatoribus cornitis de Brenn excusantbus nos a facto, 36.

( Lib. XIII.)
Mittatur unus ambaxator ad regem Francia ad expensas mercatorum occasione arrestationis ballarum etc., 74. Quod ad viagium Flandrie armentur per specales personas galee VII, et inde, et faciant se scribi armatores hinc ad , 88. Certi ordines additi de carico et aliis pluribus et qui fecerunt se scribi, 88. Armata Flandrie debeat remanere et non ire, 10 1.

(Lib. XlIII.)
Quod in alleviatione damnorum patronorum galearum Flandrie non permissorum navigare elongetur terminus ipsis galeis ultra tempus V annorum per unum annum, 3. De elongando termino uni galee Nigri de ca Cauco et Marci Barbarigo ; captum fuit de non, ;l Per nostros capitaneos et rectores intromittantur bona hominum regis Yspanie etc., 20, 58, 59. Ad viagium Flandrie armentur Vlm galee vel inde supra, 80,84,85.

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Pro comodo dictarum galearum cridetur, quod lana de Anglia et Flandria que recederet et non possit conduci Venetias per terram pena de XXV pro centenario, post recessum vero galearum de inde possit conduci, SO. Item quod lane a Cades citra non possint conduci etc., St. Quod diete galee possint portare ad minus milliaria CXX de havere subtili pro qualibet intelligendo quod bombix flatus, curamen conciatum et lumen de roza et rubea macinata etc. sint mercimonia grossa, SO. Teneantur caricasse mercimonia excepto havere subtili usque ad dies X VIII aprilis et recessisse usque ad dies xxm dicti mensis, SO. De savorna ponant milliaria XX ad pondus subtile antequam ponantur mercationes, 80. Habeant capitaneum secundum usum et cetera plura capitula circa hoc, Si : et quod pro deficiente havere solvant libras X in mense capitaneus et pondere (sic). Prohibitio adducendi lanas cum navigio disarmato a Cades citra, SO, S4. Sapientes electi super litteris regis Francie et quorumdam baronum super facto passagii, 88. Cursores domini regis induantur decenter ut videbitur domino consiliariis et capitbus, 89. Quod sapientes nostri inquirant et consulant que videbuntur committenda ambaxatoribus ituris, 90. Respondeatur domino regi Francie ad suas litteras, 90. Mittatur ambaxata ad regem Francie, 99. Committantur eis facta de Turchis et Romania pro quibus potest accipi de pecunia montis, 99. Vadant ambaxatores primo ad dominum papam etc., 99. Vadant oum simili familia et expensa cum quibus iverunt dominus dux et ser Karolus Quirino ad regem Francie non tamen possint ducere secum aliquem nobilem, 99. Capitula committenda per sapientes consulta, 99.
DISARMATUM NAVIGIUM.

(Lib.1.)
Naves in Cretam iture non possint portare nisi concessa: hec sunt : lignameu laboratum et non laboratum, equi, valanidia, liqui-

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ricia, laboreria vitri, pegola, et rasa, 47, - Adducere vero possint frumentum et aliud hladum et salem quando habent orrlinem, alumen gatinum et sabulonem. Masine et mole possint adduci cum omni navigio Venetorum et forensium, 65. Modus vendendi lignum a C milliariis supra, in zaneta ad cartas, 73. Elevandi in piloso, 12, 59. Que vetantur portari a Dyrachio ultra cum aliquo navigio, 81. Rame et stagnum portentur cum navibus solvendo denarios xn pro libra non facien.lo portum intra culfum. Alie vero res portentur cum navibus quando volent, daciurn de mele reddatur, 89Navs transiens caput de Borsano portet mercationes quaslibet et redeat quandolibet cum mercibus illarum partium, 190. Nullum lignum coliopertum possit alienari alicui facienti contra ordinem, et patroni sint plezii comuni, 190. Adducentes merces de Apulia cum quolibet navigio solvant dimidium, 190. Lignum cohopertum non discedat nisi derlerit plezariam de medielate valoris ligni, quod non faciet contra ordinem, 190. Xon possit vendi alicui lignum facienti contra ordinem non intellectis lignis transeuntibus decennium, 190, Caravanne sint tres in Apulia in anno. - Non mittantur illuc merces nisi cum caravanna neo fiant bullete, 162. Possit fieri cambium siout solet. Non portentur Dyrachium nec inde ultra drapparia et tele, fustagni et laboreria sete, panni aurei, zaffaranum, cera et pylzaria, 189. Non veniat de Syria CUlli havere subtili per muduam pasee nisi recedendo etc., 189. (Lib. II.) Possit iri eum navigio omni ad terras imperatoris et ad Mare maius, 10, 39; et reversio cum termino. Disarmata galea possit re dire de Alexandria quandocumque adducendo alumen, - Nulla galea disarmata possit recedere ante vel post recessum galearum arrnatarum, 6. Perpetua. Non portentur Dyrachium nee ultra drapparia preter veterem et sunt hec commissa rectoribus et eonsulibus, 21,81. Xvigium disarmatum recedat de Cypro et Syria per mensem maii, 24, 68.

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Perpetua. Foleselli possint adduci Venetias cum amni navigio, !l9. . Navigia disarmata possint de Veneciis discedere quandocumque volent pro ire ad partes Imperii cum mercibus exceptis subtilibus scilicet tele, drapparia et alia, 39. Discessus navigii disarmati de ultramari, 68. Disarmatum lignum non vadat Alexandriam sub pena contraordinis, 66, 67. De Creta et Romania possit adduci bambacium illarum partium, 134: Quinque sapientes electi ad examinandum diminutionem daciorum grossorum etc., 33. Terminus recessus navigii disarmati de partibus Cypri et Syrie sit per totum madium, 124.

(Lib.

tu.,

Nullum lignum disarmatum transeat Cyprum nisi prius nostre galee transiverint Corfu, exceptis euntibus in Siciliam, 21. Lignum disarmatum non adducat de Alexandria, Damiata et Tenese mercationes nisi alumen gatinum, 22, 25; revocatum in 27. Revocatus est orda navigiorum disarmatorum scilicet galee que non portant havere ultra XL homiues, ita quod possint hahere quot voluerint remanentibus firmis aliis ordinibus, U. . Navigium disarmatu m possit ire versus mare Austri non tamen ad terras regis Roberti, 77. ltem possit ire quandocumque non eundo at terras regis Roberti nec Principis nec Imperatoris nsi forte etc., 88. Galea quelibet passi t recedere hinc cum prima mudua navigii disarmati non portando ultra XXV homines, et redire in terminis ordinatis, 1:30. Navigium disarmatum vadat quando vult non extrahendo vetita et redeat quando vult solvendo dacia solita, 142. Declaratum fuit quod possit recedere de extra culfum quando volet, et adducere omnes mercationes ut primum consilium continet, 145.

(Lib. IV.)
Nullus bombi x natus in partibus ultrarnarinis possit adduci Venetias nisi caricatus in Cypro et Armenia, 37. Stemus firmi ad ordinem captum anno preterito die XXIIII novembris et postea provideatur de facto Syrie, 37.

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Fustagni possint portari per venetos cum disarmato quocumque,51. Drapparia et omnes mercature que non possunt portari nisi cum galeis armatis possint portari cum disarmato pro hac mudua,84. Non possint fideles mittere navigium seu alias res de extra culfum intra culfum alio quam Venecias, 100. Terra aperiatur disarmatis navigiis eundi in Flandriam, et forensibus, 118. Non eatur ad terras soldani scilicet a Damiata usque ad portellam Armenie pena L pro centenario. Reversio navigli disarmati per muduas et que sunt eis vetita et que permissa, 162. Non possint adducere de Cypro et Armenia bombicem, setam, piperem, alumen roze vel aliud havere suhtile nisi recedendo per muduam yemis a medio septembre usque ad medium octubrem; de Creta vero et nostra Romania a buca de Avedo citra eum predictis nisi recedendo a kallendis aprilis usque per totum aprilem per muduam pasce, et per muduam yemis nisi recedendo etc., et solvant V pro centenario; foleselli vero solvant solum unum pro centenario; alia vero quecumque possint adduci solvendo unum pro centenario; e pelamine vero solvantur denarii sex pro libra, non includendo in hoc herculinas (hircinas) nec opus variorum,162. Quod conductum erit de Armenia solvat iuxta solitum sed de cetero de XlI deremis solvantur soldi XXXII pro bizancio, 185. Drapparia francsca possit adduci per mare per venetum et forensem sol vendo ae si duceretur per terram, 183.

(Lw. V.)
Sicut terminus navigii disarmati est de Creta in Kallendis aprilis ila sit per totum maium sed presententur per totum mensem aprilia et solvantur pro mercimoniis V pro centenario, 109, 121. Quod havere subtile habeat ordinem recedendi a bucca d ." Avedo supra cum navigio disarmato a medio marcii usqus ad medium aprilis et a medio septembris usque per totum octubrem

pro alla mudua, 130.


Preceptum factum aliquibus patronis navigiorum discedenlium sub pena quod vadant in conserva usque Jaeintum, 105, to7.

r ia:

VI.)

Perpetua. Nullus forensis, venetus vel habitator possit vendere

106
alicui veneto telas ad longiorem terminum trium mensium etc., i. 21. Quod mercationes venetorum possint apportari Venecias de partibus Avalone et Byrachii cum disarmato omni tempore solvendo pro centenario, 35. Quod si quid navigium disarmatum recederet contra ordinem pridie captum sit amissus valor navigii et medietas mercimonorum tam quando exirent navigia quam quando intrarent et duret usque ad annum novum, '122. Stemus firmi ad ordines qui fuerunt hucusque in ipsis navigis, 127. Perpetua. Rectores de extra culfum inquirant ne portentur mercationes ad partes suo rum regiminum contra ordines et denotent inventas provisoribus et habeant medietatern penarum, 127. Navigium discedens hinc a kallendis octubris usque ad medium marcium pro eundo a Creta supra non possit reverti Venecias pro mudua marcii et hoc duret, '134. Cera et alumen et alia possint de Constantinopoli adduci huc cum disarmato post caricum 1111 galearum, 56.

(Lib. VII.)
Navigium disarmatum tunc recedens de Veneciis non possit reverti Venecias cum havere suhtili pro illa mudua marcii, exceptis alumine de roza, cera et aliis rebus grossis pro mudua septembris, que tamen possint duci Venetias pro mudua marci ; et pro mudua septembris non possit adducere de predictis alumine rocie et aliis excepta seta grana etc. Varii tamen possint conduci Venetias de la Tana etc., 67. Portantes telas in Sicilia m non possint eas inde extrahere ; a Dyrachio ultra non possint portari drapparia tele, laboreria sete, panni ad aurum cera et pilizaria, 5. Disarmatum navigium possit exlrahere milliaria et non aurum nec argentum, '129. Panni laborati Veneciis possint extrahi cum disarmato nihil solvendo in exitu, sed havere quod exibit sit etc., 73. Declaratum fuit quoddam consilium in tantum quod bombix, omnis speciaria, seta, varii et panni ad aurum possint extrahi cum disarmato, 73. Habeant terminum solvendi dacium comuni mercationes adducte cum navi que venit de Tana et aliis navigiis p<>r totum decembrem, G3, 09.

107
Bertucio Marino data fuit licentia extrahendi cum disarmato rame vetus, 98. Quedam balle caricate in navigo disarmato ante impositionem galearum duarum possint licite in Cyprum et Cretam, 38. Possit iri Thessalonicam cum disarmato ut ante, exceptis telis etc., 75. Arma et remi domini Guilielmi Sanuto possint deferri Nigrapontum curo disarmato na vigio, 107. Grana et piper derobata per lignum principia Tarentini possint conduci Venecias sol vendo soldos V pro centenario, 141.

(Lib. VIII.)
Revocatum fuit quoddam consilium quod havere subtile possit conduci Venecias cum disarmato sol vendo V pro centenario, recedendo tamen in terminis ordinatis, 18. Mercationes nostrorum que non potuerunt venire cum galeis nostris possint adduci cum disarmato et sint absolute a V pro centenario, 27. Navigium disarmatum hinc dscedens vel de ntra culfum a kallendis octubris usque ad medium marcium pro eundo in Cretam et Nigropontum et inde supra non possit reverti Venecias eum ordine cum rebus solventibus dacium de V pro centenario pro mudua marcii et duret hoc biennio, 63. Perpetua. Disarmatum navigium non possit portare aurum vel argentum laboratum, nec aurum filatum, nec zafaranum, 63. Xavigium extimatum per consules, teneatur ultra extimationem habere unum marinarium pro qualibet decena etc., 63. Nullus possit cum disarmato conducere ntra culfum havere subtile pro dscarcando psum Veneciis nec alibi intra culfum sub pena de XXX pro centenario etc., salvia tamen mercationibus que tunc erant extra culfum que possint conduci ut ante, 65. Qualiter marinarii recolligant se sub pena et patroni faciant eis notum diem etc. : in fronesi ad cartas i 45.

(Lib. VIIl1.)
Possit mitti drapparia cum navigio disarmato per totum augustum, 40. Impositio unius marinarii per decenam, ponebatur removeri ab ipsis navigiis: captum fuit de non, 6i. Pro obviando malicis que fiunt contra consilium prohibens deferri aurum vel argentum etc. commissum fuit baiulo Constantinopolis et consuli Tane, 67.

108
(Lib. X.)
Navigium disarmatum recedens de intra culfum a kallenrlis octubris usque ad medium aprilis pro eundo in Cretam et Nigropontum, et inde .supra non possit reverti per muduam marcii et duret biennio, 16. Perpetua. Quod a capite Otrenti et Lingue citra non possit conduci havere subtile cum disarmato sub pena de L pro centenario etc. Nota quod alia consilia imponentia maiorem penam et committentia factum diversis officiis sunt in spiru in cartis 39, 50, 61. Conoessum fuit Maffeo Michael quod navis sua possit ire ad suum viagium pro ibernando et redire cum ordine, 96. Declaratum fuit quod bombix et aIia exceptata in parte navigiorum disarmatorum possint adduci sicut poterant ante et quam ccus fieri poterit scribatur castellanis Coroni, quod mittant duche Crete etc., 18. Capta fuit pars de non quod confrmaretur ordo prohihens extrahi de Veneciis vel de intra culfum aurum, argentum, moneta etc., 24. Sapientes electi super facto navigiorum captorum per Januenses extrinsecos, 117, 118. Perpetua. Navigiorum scribani teneantur restitusre tabule maris omnes bullettas rami, stagni et mellis de quibus redditur refusura sub pena, 30. (Lto. XL) Elargetur navigium disarmatum cum ordinihus solitis, non tamen possit deferri aurum vel argentum laboratum vel non laboratum zaffaranum, nec aurum filatum tele et samiti. - Dictum navigium possit venire Venetias curo ordinibus anni preteriti, H,72. Perpetua. Liceat cuilibet patrono navigii disarmati conducere secum pro expensis libras XX grossorum cuilibet mercatori habenti a libris M supra libras VIII grossorum, 72. Perpetua. Cum navigio disarmato non possint extrahi argentum, zaffaranum, aurum flatum, tele, samiti et drapparia excepta tamen drapparia laborata Veneciis. - Navigia tamen euntia in Calabriajh, Siciliam, Barbariam et inde supra remaneant in statu suo, 72.

Reoersio navigiorum ipsorum.


Navgium disarmatum recedens de intra culfum a medio septembris usque ad medium aprilis non possit reverti Venetias cum ordine, cum rebus' solventibus V pro centenario, - Thesalonica

109
sit ad conditonem Crete et Ngroponts. - Terrnlnus recedendi de Cypro el Armenia sit a debus VIII intrante seplembre, usque ad diem octavum octubris. - A capite Otrenti vel Lingue citra non possit conduci bavere subtile per dieta navigia pena L pro centenario, 73. Liceat tamen ipsis navigiis recedentibus cum ordinibus con- ducere Venecias bombi-ero, pulverem zuchari et incensi, lumen roeie, ceram, folicelos et stuppam sete, dragantem et auripgmentum eum dalia solito etc. ; intelligendo quod terminus recessus navigli de Creta, Nigroponte et alla Romania bassa sit a kallendis aprilis per totum ipsum mensem, et pro secunda mudua a kallendis septembris usque per totum octubrem; et iIIorum de Constantinopoli etc., 74. Ser Marcus Superando super sua galea disarmata possit portare homines XL: Iohannes Michael homines LX, et similiter quilibet pro hoc vagio, i 7. Xavigium aliquod disarmatum non possit vendi forensibus ullo modo, est in spiru ad cartas 32. XI!.) Navigia forensium empta per nostros a kallendis augusti et que emerentur de cetero non possint venire Venecias curo mercalionibus de extra culfum usque ad unum annum, exceptis etc., 52. Navigium disarmatum recedens de Veneciis pro presenti mudna exceptis hiis que ivissent pro frumento non possit extrahere hinc pro deferendo extra culfum rame, stagnum, plumbum, mel, oleum, canevatiam, saponem et drappariam laboratam Veneciis nec possit transire Cretam etc., 53. Quinque sapientes electi pro dando ordines galeis et navigiis disarmatis, 82. Non possint conduci lane francisce cum disarmato suh pena; verumtamen lane caricate etc., 92.

rie.

r t. xttt.)
Navigum disarmatum transire debens culfum non possit recedere sine licentia consilii rogatorum etc., 98. Elargata fuerunt navigia disarmata post recessum galearum,

iOt,I05. Deputentur tres nobiles ad providendum super navigiis disarmatis, lOt, 103. Dominus dux, consiliarii et capita possint dare licentiam narigiis que v.lebuntur cis eundi in Apuliam pro blado, 105.

no
Navigia disarmata exitura culfum non transeant culfum nisi nostra armata illuc pervenerit, 107.

(Lib. XIlIL)
Per dominum ducem, consiliarios et capita eligantur tres sapientes super facto navigii disarmali, 5. Consilium vetans adduci lanas franciscas cum disarmato confirmetur per alios duos annos, 84. Navigia disarmata possint quocumque voluerint navigare, 8. Terminus recessus navigiorum disarmatorum de Cypro et Armenia sit a kallendis septembris usque per totum dctum mensem,

91, 102.
Denarii marinaricie non subiaceant stricturis ordinaris, 100. Cuncti ordines de navigiis disarmatis confirmentur adhuc sal-

vis correctis, 102, 103.


Ser Marcus Contareno possit facere conduci Venecias cum navigio disarmato capsas XVII zuchari et fassios VI de verzin.Bt). Quod aliquod navigium disarmatum recedens de Veneciis vel de intra culfum a die octavo septembris usque ad medium aprilis etc. non possit reverti Venecias cum ordine pro mudua marcii sub pena etc., 102.
ORDINES NAVIGA:'iDI IN GENERALI S U M P T I C U M A R M A T I S E T D I S A R M A T I S.

(Lib. VI1.)
Si videtur vobis quod ordines capti in MCCCXXI in rogatis durent amplius etc., 129. Fiat una mudua de galeis armatis hoc anno in omni viagio condictione etc., 129.

(Lib. XIII.)
Quinque sapientes electi super facto navigandi et ordines navigiorum armatorum, et in mensuris galearum et mercationum, et omnibus ad predicta spectantibus, 64, 77.
EGYPTUS ET TERRE SOLDANI, ALEXANDRIA ETC.

( Lib. 1.)
Que commissa fuerunt ambaxatori ituro ad soldanum, 15J. 155, 157. Petat satisfactionem rlamnorum rlatorum nostris in Aymana etc., 155, 156.

111
Possit precipere nostris quod inde discedant, 157.

(Lib. 11.)
Ituri Alexandriam et inde redituri habeant tales ordines quales habent naves et galee alio navigantes, 6. Navigium disarmatum redeat de Alexandria quando volet pro veniendo Venecias cum alumine gatino, lino, dactilis, cassi fistula, archanna, sena, et omnibus aliis rebus grossis et si adducerentur mereature subtiles perdat quartum sine ordine, cum ordine vero solvant V pro centenario, 6. Consul Alexandrie possit imponere penam et penas nostris, 54. Ambaxator et littera missa Sa da mori. 49. Commissio consuli Alexandrie sit firma sicut erat ante cum certis tamen additionbus, 12. Galea volens ire Alexandriarn discedat cum galeis que ibunt in caravanna, et redire in conserva etc., 6. Mandatum missum duche et consiliariis quod congregent mamolucos delatos per Ottobonum Januensem, 48, 52, 65. Prohibita portari et permissa Alexandriam, 41, 60. Galea vel lignum paretur iturum Alexandriam etc., 62, 63, 64,65, Bi, 51, 52. Accipiatur pecunia pro ambaxata etc., 6i. Iste galee extendant se usque in Cyprum salvo quod committeretur de facto Alexandrie, 70. Solvant mercatores mediam pro centenario si concordia fiet, 65. Lignum disarmatum non naviget iIluc sub pena contraordinis,66. Scribatur rectoribus quod si habebunt quod sit facta concordia dent licentiam navigiis illuc eundi, 57, 71. Naulum solvatur in Alexandria et non possint accipi ultra V bizantios veteres pro libris DCCL subtilibus. Galee Alexandrie caricent usque ad tres pedes minus quarta,

84,85.
Denotatum fuit nostris quod iIli qui exiverunt cum ordine possint de Alexandria et cum mercibus terre Egypti undecumque de extra culfum venire cum quocumque navigio usque per muduam totam yemis, 79. Galee iture Alexandriam possint recedere quando volent usque ad terminum captum euntes simul in caravanna, et iIle de Syria similiter. et in reditu possint a Corono infra per Romaniam levare setamet granam etc., 83.

112
Armetur per comune in Alexandra, in Cypro, Armenia et Syria, et naulum solvendum, 90, 99. Mercationes adducende de Alexandria scilicet verzi et cannelle solvant naula, 99, 117, 118. Imbogli solvant bizantia VI de kantaris piperis, zinzibi, incensus etc., 99. Si galee de Alexandria repperirent se tres vel inde supra, et si non, 102. Galee non expectent ultra XX dies nisi ad expensas mercationum, 103. Ordines galeis Alexandrie de suo reditu, 112, 129. Mittatur ad dominum papa m pro via Alexandrie impetranda, 47. Naula bine in Alexandriarn, 27. Naula in reditu inde, 29. (Lib. tu.) Naulum galearum Alexandrie sit secundum ordnem ultimarum galearum, t. Galee iture Alexandriam non stent ibi ultra dies XX, ~:3. Solvatur hic dimidium pro centenario pro mamoluchis sicut solvebatur in Alexandria, 4. Disarmatum lignum non possit adducere de Alexandria, Damiata et Tenese mercaturas nisi lumen gatinum, 22, 25, 27. Havere quod extrahetur sit ad conditionem haveris quod portabitur cum galeis, 41. Havere quod superaret a carico duarum galearum missarum Alexandriam possit adduci Venecias cum quocumque na vigio solvendo V pro centenario; cum armato vero navigio conductum non salva t V pro centenario predictas, 63. Vetita et pe"roissa portari in Alexandriam, 115, 116.

(Lib. lIIL)
Non mittatur aliquid ad terras Soldani scilicet a Damiata usque ad portellam Armenie per riperiam sub pena L pro centenario, 161.

(Lib. V.)
De bizanziis Alexandrie solvantur libre Ili soldi V, 13. Quod ambaxatores nostri qui erant in Curia possint expendere usque ad quantitatem tlorenorum V mille pro optinendo lcentiam eundi Alexandriam curo rebus specifcatis, 13a.

113

rte. VIl.) Prohibita est via Alexandrie nostris et ad .terras subiectas soldano,71. Declaratio diete partis, 120. ( us. X1.) Pro impetrando licentiam eundi Alexandriam et al1 alia loca prohibita dominus dux, consiliarii et capita et provisores possint mitt.ere ad dominum papam etc., 1:~, 35. Littere misse per dominum Rizardum de Malumbris domino cardinali )~auroceno super factis custodie 1erre Egypti per eum scriptis et factis Ferrarie, 37, ::35. Sapientes electi super litteris Curie, 45.
CORll~I In MOTHONI.

(Lib, 1.) Rectores nostri Romanie non intromittant se de aliqubus insulis nisi pro nostro comuni, 4. ' (Lib. II.) Scripturn fuit Castellanis Coroni quod traetent, quod illi de Monovassia relaxent nostros et sua et castellos suos, 77, 87. Naula galearum ad viagia hinc Coronum et Mothonum et Clareneiam, 126. In reditu eciam naula, 127. (Mb.' III.) Manflatum fuit nostris rectoribus quod non lntromittant se de aliquibus insulis nisi pro nostro comuni, 4. Possint castellani concedere naucleriis adducentibus frumentum usql;le modia III pro quolibet, 134. (Lib. IV.) Duo ligna missa Coronum fuerunt, et preceptum castellania quod faciant ibi fieri arsenatum, 59. Castellani mittant hoe anno ypfwpera duo mille et ab inde in antea tria mille, et redditum de anagraffi, 14. Castellani sint absoluti laborandi ad muros, 39, 55. ie, V.) Taberne Mothoni destruantur, 54. Addatur in commissione consiliariorum quod teueantur facere rationem sucl".essoribus tam de exactis qum de exigendis, et 'cancellaritis sit cum eis, 54. .

114
Possit admiratus accipere a qnaIibet barcha unum modirrm frumen-ti et unarn peciam casei, 54. Non possint castellani nee consiliarii vendere vel vendi facere de suo vino in tabernis. - Non permittant accipi ab aliqua barcha per portulanos vel alios frumentum. - Castellani non possint absolvere vel condemnare sine consensu unius consiliarii, 56. Reducantur catastica in linguam latinam, 56. Mandatum fuit duche et consiliariis Crete et rectoribus Canee quod dent de frumento nostri comunis quod ibi remansit nunciis castellani Coroni etc., 7, 00. Astringantur castellani per eorum commissionem postquam emerint a navigis forensium ilIam quantitatem quam voluerint dimittant mercatores et habitatores emere, 57. Declaratio processuum factorum contra dominum Guilielrnum Sanuto pro Marco Gysi qui intellguntur veneti et qui non, 127. Qualiter scripsimus castellanis quod mittant auxilium Nigropontem, 160. Reducte fuerunf taberne Mothoni in pristinum statnm, 162. Dominus dux, consliarii et capita possint scribere castellanis Coroni quod de denariis frumenti illuc missi et de ratione iperperorum MM ibi dimissorum per ser Thomam Dandulo possint facere expensas galee quam armant pro Nigroponte et mittere unum lignum illuc, 105. Nicholaus Albizo habeat soldum in Mothono nt videbitnr castellano, 132, Dominus dux consiliarii et capita habeant libertatem mittendi et nune et alias usque ad sanctum Petrum frumentum ad loca Coroni et Motboni etc., 75.

(Lw: VI)
Nicolaus Grimani quondam Iohannis habeat soldum soldorum XL grossorum in auno in Mothono, 104. Duo ligna cum corredis missa fuerunt Coronum, 07. Reetores Romanie inquirant de mercibus contra ordinem delatis. Ratificetur cambium factum per ser Fantinum Dandulo castellanum cum canonicis, 16. Aliqtii accepti ad stipendium dictorum castrorum qui. sunt Marcus Teudi, 79, Vietor Nani, Andreas Papa~otolus et Illius, !)R. Aliqui denarii llro damnis datis per gentem imperatoria homi-

,.

'.

115.
nibus Coroni et. Mothoni, missi fuerunt castellans ut dividant, sa- . tsfacendo Theodoro Psimari de expensis per eum factis, 73.

(Lib. VII.)
Castellanus iturus Coronum vadat Clarenciam ad requirendum revocationem novitatum, alioquin dicat quod precipiemus nostris inde recedere, 77'. Dominus Blasius Geno iturus castellanus Coronum possit secum ducere magistrum Johannem de Brixia cum salario librarum vm grossorum, 132. Sit in libertate castellani de facto tabernarum Mothoni tenendi eas in statu presenti vel diminuendi in parvo et magno numero,132. Extraordinarii sciant a mercatoribus mittentibus ballas grossas a Corono citra si volent se subtrahere de naulizato, 20. Possint dicti castellani vendere domos comunis vel concedere ad acrosticum (sic), 136.

(Lib. VIII.)
Qualiter scriptum fuit duche Crete haiulo Nigroponti et castellanis Coroni et Mothoni quod habeant grecos imperatoris pro liberis, et franchis a comerclo ut vene ti, 30. Zuohatus, Staniarius, Hermolaus Mauro et alii duo sint stipendiarii in Corono et Mothono, 87.

r ie. vmt.)
Relicta est lihertas castellanis accipendi soldatos necessarios Coroni et Mothoni et quod de hinc non possint mitti nisi per VI consiliarios tria capita et XXXV de XL et duas partes maioris consili, 42. Castellani non possint de cetero dare primas custodias vel dianas alicui soldato, 43. Quilibet castellanus teneatur suo tempore facere fieri unam revolturam de petra cum scalis ad turres, et hoc quousque diete turres furnite fuerint de scalis et revolturis, 43. Pro puteis et cisternis possint castellani angarizzare de hominbus angarie, qui ascendant ab yperperis XX usque ad XXV, 43. Primus castellanus iturus Mothonum possit conducere unum bonum medicum ad salarium illius qui est. ibi, 43. Dicatur hic fratribus alemannorum ~e novitatibus et occupatione factis per fratres ordinis in partibus nostris Coroni. et Mothoni et quod scribant suis quod abstineant ah iniuriis alioquin nos provideb.lmus -etc.; 44.

, ..

HG
Par unum de vasis et palantie C et prese etc. mittatur castellaniatl . Castellani compleant granarium et stationes frumenti incepte per ser ~farcum Lando. Douiinus H. Michael castellanus possit .conducere unum spatarium , unum marescalcum, el unum curazarium cum provisione etc., 67. Siculi capti super galeis que sunt Coroni detineantur sic, 79. Dominns dux, consiliarii et capita habeant Iibertatem cambiandi et dandi unum Iignum coroneis et retinendi ilIa duo Iigna Coroni,80, Jacobus Gallus suspendatur qui captus fuit in galea capta per -illos de Corono. - Quod castellani comburi faciant galeam retinendo correda. - Hostituant res ser Manfredini Pizameio, 82. Dentur yperpera M de denariis nostri comunis deinde illis omnibus qui fueruut cum armata que cepit galem, 82. Frumentum missum Coronum et Mothonum factum eis quod solvant L libras grossorum patrono uavs nobilis viri Marci Superancio, 124.

( Lib. X.)
Solvatur precium frumenti missi Coronum et Mothonum de pecunis comunis pro factis Romanie per manus officialium frumenti, et castellani respoudeaut de dcto preci o dictis offcialibus, 17. Dentur omni anno castellania Coroni et Mothoni de frumento nostri comunis quod recipitur in Chanea staria quatuormille et castellani mittant arras tempore ordinato rectori, et rector procul'et etc., .30. . . Castellani teneantur habere de cetero in Mothono soldatos CCC tenendo II pro posta et mittantur de hinc usque X murarii et marangones in numero predictorum, 31. Dicatur fratrihus alamannis de hinc de novitatibus et gravaminibus qua funt per fratres ordinis in partibus Coroni et ~lothoni et quod a sancto Petro in antea nisi desistant intromittemus eorum bona, etc., 42.

(' Lib. XI.)


Sapientes electi pro examinandis redditibus Coroni et Crete,

53,56.
Quid .captum fuit super factis ~h.lniste,. et super qurellis

de

" . H7.-

r3n~ellariis et bailo romjl;~lt~tur ~ast~)lanis' novis 'rioti inlll~i;'ant et rescribant, (lo., -68. . ' . .. . . ResFtuatur. domino Martino Zacharie biscotsm introraissum in ~16thono per castellanum, g:t

( ui. xtt.)

".'

Scribalur castellania Coroni quod 'soldi'-ent usque homines LX, et iolidem pro Hgno mittendo ~igropontem, :3-1. . Seribatur serMarno 'Minoto et Dardi Bembo castellania quod euminent iura comunis et quorumdam vocatorurrr 'Dandoli et Lef- : cozoli in partibus Mothoni, 40. Consiliarii Coroni et Mothoni solvant sibi de medio. anno. in principio et sic deinceps. - Quod duo ;.onsiliarii stent duobus annis ~lothoni, et sic alii Coroni, - Quibus diebus debent venire ad cancellariam et sedere. ..:.... Faciant castellani cohoperiri turrim que laboratur unusquisque de planchis etc. - Non possint ipsi nec sue domine ire cum galea vel ligno ad expensas comunis sed omnes deferranlur secundum usum cum barchis, 75.

(Lib. XIII.)
Possessiones Symonis Crimolissi acquisite pe!' ipsum ultra illas sui stasii possint vendi pro solvendis suis debitis non obstante puneto commissionis castellani, 81.

(Lib. XillI.)
Satisfaciant castellani ser Iohanni Michael et aliis debentibus recipere pro frumento locorum ipsorum, 39. Super litteris Coroni et Nigropontis consulta, 93. Occasione litterarum Coroni et Mothoni mittantur de hinc castellanis et consiliariis libre C grossorum pro paga stipendiario-

rum, etc., 93.

(Continua).

DOCUMENTI
PER LA STORIA

:DELLA .ZECCA VNETA.


"..
.

(Contnuae, e fine. V. To"mo XVIII, pago 109.)

o,

APPENDICE .
t...

l'alore legale fU aleune monete "enete cl' oro e d' nrgenlo.


MDXXV . Die vij . Nouembris: in Consilio X. Essendo necessario limitar il. qual precio ile habiano ad aeceptar si li ori, come le monede neli officij nostri, Landara parte: che decetero li Mocenigi se debano acceptar per li officij nostri il. soldi 22. luno, et li Marcelli il. soldi vndese. El ducato sia "parmente acceptato dali officij nostri el venetiano, et lungaro li. Lire 6. soldi 18 : El fiorin largo il. Lire 6. soldi 16 : Et el scudo dal Sol Lire 6. soldi 12. Cercha le Monedc forestiere ueramenie el primo zorno che se congregara questo Conseio Cadauno deba uenir cum la opuion sua per deliberar quanto Bara pini expediente.

Non essendo anchora sta faUa deliberation circa li precij si de


i ori, come de le Monede in questa nostre Cita, se attrouano le cose

si pnblice de li officij, come de particulari si interdicte, che non, e piui da differir de farne una ferma limitatione, sopra la qual ognuno se possa g'oucrnar, Et perho Landara parte, che per auctorita de questo Conseio, sia statuido, che li Mocenigi se habiano li. spender si per li officij nostri, 00me fra priuati per soldi 24 . luna, et li Marcelli per. xij: El ducato veramente venetiano per Lire' sette soldi sle, Et lungaro per libre

11!>
sette soldt quatro, Et el fiorili larg~ per Lir,e 'sette. soldi do. Et la 'corona'al Sol Lir sie A31di' d~dese : Ma ben sia expressarueut stabil~to.che si le Modede, come. Ii 'orj soprascritti non se possano ...speader : dispensar: vender; comprar; Ne per alcun altro modo, ouer in'zegn'o 'dar ne acceptee il maior precio de li" sopra limitati, sotto irreinisaibile ~ena de perder la mita de tutto q tello danaro che fusse dato, ouer acceptato si al dante, come al receueute de quello, la mita de la qual pena sia 'del accusator et l' altra mita uenga in la esssa de questo Consei o, . . Preterea sia preso, che non se possa portar in questa nostra Cita alcuna Moneta Forestiera de stampa diuersa, et charatada deterior de quelle che fin. hora se possano spender per le leze et ordeni nostri, sotto pena de perderle tute vno terzo de le qual sia de qol!llo. che le trotlara, et presentara, ouer che ne dara la denuncia Il li Capi de questo Conseio, Et cadauno offiti al et min istro pu blico, sia tenuto inquirir 'tal prohibite monede tuorle et apresentarle ad essi Capi, Et li altri do te~i peruenguno in la Cassa de questo Con~io. Et tutta la execation et obseruantia del ordine presente sia et esser se intenda commessa ali Capi de quello senza altro Conseio. Et sia pablicata la presente parte in 8an Marco et Rialto. ad uniuersal intelligentia de cadauno. (Cons. X, Comun., R. I, c. 84).

Vi hanno poi due libriccini, che' porgono esatti e diffusi ragguagli sul prezzo dell' oro e di alcune monete estere in rapporto colla lira veneziana. Il primo s'intitola: Questa si la tariffa dei diversi ori correnti, come qui di $QUo chiaramente si uede, nouamente stampata in Villegia per Frrlncesco Bindoni et Maffeo Pasini, co-mpagnz' nel anno 1550 dtl mese di Settembre. L'altro, simile, dell' agosto 1552. stampato pure in Vezia, per Stefano de Nicolini de Sabio, stampatore apostolico.

D.
EpOf"he nelle quali si ,affermantJ ~oniale al~.".p Dlonel vetle:iarte.
Laus Dea B. V. M. Dall' anno 456. fin L'anno 709. Si batteua solamente monete d' argento; cio gtossi, grossoni, et soldi, et dell' anno. 709. essen-

120
do DOlSe D. D. Paolo A.nafesto si batt.s' Ducati cento ,d' argento pe~ buttar al Popolo menando "per sua Crtion~; il groseo' pesaoa Carati lO e grani ono andauano per 'ID'8rca N':o 1"12 t /2. il grofiison peeaua Carati io grani 2. :an'danno per marceN," 56 1/ et 'il soid~', era la quarta parte ?~l grosso, et dur il'baUer ~Iamente'le mo~e de d' argen~o, fino l'anno 1282 (1). 1178 - Prencipe D. D., Aoreo Mastro~tro. f stampada moneta d argento nominada Aorelij ~ulili pesauano Carati lO per uno, ValeuB Soldi due L'uno. 1282 - Prencipe D. D. Giovanni Dandolo forono fatti li primi- Ducati d'Oro di peso di Carati 17 l,', - L'ono de bontA de Carati 24, andaoano per Marca N.o 67 - Valeoano il moneta d' Aurelij N.o 31 - L. 3.2 1329 - Preucipe D. D., Francesco Dandolo f stampada moneta noua nominata Aure\li quali pesanano Carati 5 - L'uno Valeuano Soldi uno L'uno 1343 - Prencipe D. D, Andrea Dandolo li Aoreleij eressetero fino Soldi 4 L'uno, et si uominorno Grassoni - Prencipe Detto fu stampado moneta noua nominata Quartaruoli, che era un quarto di Groeson, Valeua Soldi UDO L'uno. 1351 - Prencipe Detto Il Ducato Valeo8. L.3.4 1352 3.6 1356 3.8 ,. 3.10 1359 In tempo del Prencipe D. D. Zoanne Gradenigo il metter Oro in Zecca si pagana L. 131.- La marca. 361 - Prencipe D. D. Laurentio Celsi Il Ducato Valeua L. 3.12. 1370 - Prencipe D. D. Andrea Ooutarini Il Ducato Valeu8 L. 3.13. L. 3.14, 1377 - Il Ducato Yaleua 3.16. 1378 " 1379 3.18. 1380 4.- et in questo tempo era la Guerra di Genoua; et Ducati 300 - faceuano - L. 1200. 1382 - Il Ducato Valeua L. 4.4. 1384 - Si Iaceuano Grossi, et Soldi d' Argento cb~' pesauauo Ca(1) Si sa qual credito sia da darsi ad alcuni asserti del, presente elenco, segnal,.,mente nella prima epoca; nondmeao )0 Bi recato parche. respillti gli anacronisrqi e le inesatteaze, porge utili cognieionk

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'r~ti 9':'" L'.urio,6ndau8~o''p~rmara N." 128, ~t f'sleze~idi d~ pes~ per esser il Ducato d'Oro - ' L. 4.4 L'un'o.
1408 - Le Lire de Grossi ualenano L. 32 - et Oro L. 4&. 14)3 - Prencipe D. D. Tomaso Mocenigo il Ducato d'Oro cressette.fno a grossoni No" 31 - Valeua L. 6.4 L'uno. 1424 - PrencipeD. D. Francesco Foscari f battuda moneta nou~ nominads Dopij per due Grassoni L' una r: Valeua soldi 8 - L'una. 1430 - Prencipe Detto f battuda moneta noua mista nomenada Tornesi per spender in Leuante, teneua argento per marca Caratti 80. 1445 - Prencipe Detto f battuda moneta noua mista nominada bagatini - che teneuano Argento per marca Carati 8aodauano N.o 48 - al grosso. 1463 - Prencipe D. D. Cristofi'olo Moro li Grassoni cressetero ~ soldi 5 L' uno. 1472 - Prencipe D. D. Nicol Tron fb stampada moneta nona nominata Troni peggio di Fin per marca 60, et Valeua grassoni quatro L' una, et in questo tempo f datto li.:. cenza alli Mistri degli Orefici di bolar l'Argento di Liga, che sia peggio di Fin per marca Carati 128, 1473 - Prencipe D. D.. Nicol Marcello f starnpada moneta noua di argento peggio 60 nominata Marcelli d grassoni due L'una ualeua, Soldi lO L'una. 1475 - Prencipe D. D. Pietro Mocenigo fu stampada mooeta noua d'argento peggio 1:\0 nominata ~ocenighi di grassoni quatro L'una, ualeua Soldi 20 L'una. , 1489 - Prencipe D, D. Agostin Barbariga fb stampada moneta nona nominata mezi Marcelli d- un grosson L'una, ualeua Soldi 5 L'una peggio 60. 1490 - Prencipe Detto fu stampada moneta noua de Latton 00minada bagatini de peso de Carati 16 L'una. 1499 - Prencipe Detto f stampada moneta noua d' argento fin nomiuada Soldini de Ponente, et besaetti piccoli tondi. 1509 - Prencipe D. D. Lnnardo Loredan fu stampeda moneta nona di Rame mista nominada quatrini d piccoli 4. L'uno, che tien argento per marca Carati 120, . 1514 - Precipe Detto C'u stampada moneta noua nominata Beza Quadri, tien argento per marca Carati 480 - et ~I Ducato d'Oro cressette L. 6 lO.

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151'8 .

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Prencipe D'etto - Slprtuclpiorono stampar inezi Dncati . d'Oro, e qua liti, e't il Ducato cr~ceteL. 6~ 14 L' un~;'et .: furono stampate monete d'argento d Soldi 16.8 e 4 L' un - peggio di fin per marca Caratti 60. Prencipe D. D: Antonio Grimani fh stampate monete none d'argento peggio Carati 60 'Dominate - Oselle Va1ena S!di 33 L'una pesaua Carati 47. '/~. Prencipe D. D. Andrea Gritti furono stampate noue monete d'argento peggio 60 nominate - Grassetti, e mczi Grassetti, e li Mocenighi Cressettero li Soldi 24 L'uno, e li Marcelli Soldi dodeci L'uno, e le monede d Soldi 16 18, quelle d 8 9 L' una, et quelle d 4 a 4. L' UDIl, e si bandirono tutte le monete Forestiere. Prencipe Detto Il Ducato d' Oro Veuetian crescette Lire 7.14 L'una. Prencipe Detto f stampada moneta noua d'Oro nominata Scudo, e mezo Scudo peggio di fin per marca Carati 96 - Valeua Il Scudo L. 6.10, et il mezo Scudo L. 3.5 L' uno, Il Scudo pesaua Carati 16 . 2 . ':" et il mezo Carati 8 . l l/M' Prencipe Detto fu stampada moneta ~oua d'argento mista nominata gazetta, d~ una banda la Giustitia, dall' altra S. Marco in Lion peggio di fin per marca Carati 4.3~ pe saua L'una Carati 4, Vanno in UDa marca 288 - et il Scudo f creando L. 6.15 L'uno. Prencipe D. D, Pietro L.ando fu stampada moneta noua di Rame mista nominada Sessini d piccoli 8 L'uno, teneua per marca argento Carati 92. Prencipe D. D. Antonio Treuisan fu stampada moneta uoua di Rame per Cipro nominata Cartie tien argento per marca Carati 92 - Vanno per Marca N," 454. Prencipe D. D. Lorenzo de Priuli furono stampate monete noue d'argento peggio 60 le quali sono da Soldi due, quatro e' Bei L'una pesauano come Sotto.. D Soldi 2 - Carati 2. '/2 Vanno per Marca 450 D 4 l) 5 . 225 D 6 li) 7. '/'1. . . 150 Prencipe D. D. Gerolemo de Priuli con parte 7 Geuaro futono stampate monete noue d'argento d'un Ducato, mezo Ducato, et un quanto peggio di Fin per marca

'I,

Carati ,60. e queste per I.a gran' quantit d'argent9, che .. era in Zecca. ' .
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1215 '.

Carati 158. 1/ " V..aano per Marca N.o 7 II Mezo . 79. '/\. . " N.o 14. 'h. Il 'Quarto 3 9 . '/'1 . ' . N.o 29 1564 - Prencipe Detto furono stampati li Boldini fini peggio 60, e sono con il Stampo del Mocenigo, e furono fatti dalli Zanchi Tagliador pesa L'uno Carati uno, grani uno, Vanno per marca N.o 920. 1565 - Prencpe Detto furono stampati Soldini della Liga bassa peggio di Fin per marca Carati 550 - L'uno pesa Carati 2 - Vanno per marca 576, e se ne fecero g~ndis sima quantit per esser comodi alla Citt. 1569 - Prencipe D. D. Pietro Loredan furono fatti Besini, e quatrini pi bassi de gl' altri, tien d'argento per marca Carati 54, Ii Sesini uanno in una marca ISO, e li quatrini 360. 1570 - Prencipe D. D. Aluise Mocenigo furono fatte monete noue d'argento della Liga Bassa peggio di Fin Carati 550 per marca, le monete sono d Soldi 6, Soldi 8, e Soldi 20, e queste per esser la Guerra di Cipro, essendo comode spender, e pagar li Soldati. D 6 pesaua - Carati 12 in Vna Marca 96 36 . . 12 D 8 D 20 40 . . 28. 4/ 5 1572 - Prencipe Detto furono fatte monete noue d'argento della Liga fina peggio Carati 60. Le monete sono d Soldi 40, d 20, d lO L'una, d una banda S. Marco in figura sentado, il Doge ingenochiato, dall'altra S. Giustina p~r memoria della Vittoria contro Turchi, e f iI giorno d'essa Santa - 1571. Quelle d Soldi 40 pesaua - Carati 43.3 Vanno per Marca 26. 1/ 4 ) d1l. 20 li 21. 3. I/,! . 52. Il! d1l. 1 0 10.~. 3/4 105In questo tempo Valeua L'argento - Ducati 7 grossi 20 La Marca et il Zechino L. 8.12. 1578 - Prencipe D. D. Nicol d Ponte si fecero monete noue d L. 8. 7, 4'e 3. 'I;, che sono li Scudi, e mezi Scudi d' Argento, quali monete sono della Liga fina peggio 60. D Lire8 - pesaua - Carati 175. 3 4

Il Ducato pS8U~

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D 7 .1> li) J53. 3 'i D 4 li) lo> 87. t!.. D li) 3. il'! )l' 7.7.1 ~ 1584 - Prencipe Detto Il Ducatod' Oro, che era L. 8.1.2 L'uno Crescette L. 9. perche in detto tempo {alite ~i Banchi" Pisani e Tiepolo, e per esser nelle nalute scarsezza, onde crescendo d L. 9 - sino L ~.1~, e L'argento ando 'Ducati 8. t/~ La marca, e ne uenero grandissima quantit in Zecca. 1585 - Vacant6 D'Ucatu forano stampate monete noued' argento peggio 60. d Soldi cinque L'una di peso di Carati 5. t /'1 andauauo in una Marca N.o 210 - e Le prime che furono fatte furono butate al Popolo in Piazza di S. Marco dal Serenissimo Prencipe D. D. Pasqual Cigogna creato il giorno inanzi Doge di Venetia ai 18 Agosto. 1587 - Prencipe D. D. Pasqual Cigogna furono fatte Gazette d'argento peggio 60 pesaua L'una Carati 2. &0/'263' andauano in Vna Marca 526; con il Stampo delle monete d Soldi 40 . .I:>88 - Prencipe Detto furono fatti Ducati, e mezi Ducati noui della Liga fina peggio Carati 60 j il Ducato pesaua Carati 135.3, andauano per marca 8. I h; il mezo Ducato Carati 67.3. I ! - andauano per marca N.O 17, e nel tempo del sudetto Serenissimo Prencipe il Zecchino sempre andato il. crescendo dalla L. 9.12 fino alle L. 10.14 L'uno crescendo Soldi 2. per uolta, e uedendo il Senato esser grande danno, e.disordine, che il Zecchioo cosi crescesse poi perche non era pi portato argento io Zecca per far monede prese parte add 14 Decembre 1593 - che uiun ardisca spender pi il Zecchino se non per L. lO. - e che tutti li Officij li potesse riceuer il L. lO - L'uno.
Sino qui l'annotatione sudetta Coppia tratta d Carte Antiche; Ci che segue fatto dalla dilligenza del Fedel Francesco Marchiori : 1643 Prencipe D. D. Francesco Molino. furono stampate Lirazze peggio 550 per marca d Soldi 24. L' una, e di peso di Carati 39.- et in progresso di tempo furono redote al peggio 560.

125
Prencipe Detto furono stampati d Dodeei, Otto, e

qnatro di liga" peggio 652. Il D Xij - pesaua - Carati 19. ",


Il D 8 . 13.Il D 4 . 6, Il, Tanto Le Lirazze, che d Xij. 8. 4 . .furono chiam'ate alla Zecca) e ci in virt di Decreto dell' Eccellentissimo Senato 21. Agosto 1722 - quale furono fuse e conuertite nella moneta noua d 5. X. XV. e XXX. Le Lirazze si pagauano in Raggione di marca Lire 47.12 Li d 12. 8 e 4 . 39. 13.4 1656 - Prencipe D. D. Francesco Cornaro - Si fecero Bezzoni di puro Rame di peso di Carati 13. 17;"3' e ne entranono per marca N.o 86. 1665 - Preucipe D. D. Domenico Contarini furono stampati Ducati, mezi, e quarti, e Lirete d'Argento peggio 200 per marca - con Decreto dell' Eccellentissimo Senato 3. Luglio 1665. Il Ducato pesaua - Carati 110 - e Valeua L. 6.4 Il Mezo 55 l) 3.2 Il Quarto. '27. ' j l) l. Il La Lireta . 13. ~/, . 1.1688 - Preucipe D. D. Francesco Morosiui - Si 'fecero Leoni per spender nel Leuante peggio 300 per. marca e di peso .di Carati 131 L'uno, con suoi mezi, e quarti, e 11 suo ualore era che ogni 2. I/~ - Valessero quanto uu Zecchino in Leuante. 1706 - Prencipe D. D. Aluise Moccnigo - Si feccero una nuoua moneta per spender in Dalmatia di Liga peggio Carati 450 j cio D L. 4. 2. i. Soldi X. e 5.e di peso come Sotto Il D Lire 4 - Carati 56 Il D l) 2 . 28 Il D l 14 Il D Soldi io 7 Il D 5 3. tis 1722 - Prencipe D. D. Zuanne Corner. Si diede. principio alla noua moneta bassa ; cio d .Soldi 5. X. \5. e 30 preso con. parte dell' Eccellentissimo Senato 21 maggio 1722, e Termmatione degl' Illustrissimi et Ec.eellentissimi 8i-

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126
. gnori Proaeditori in Zecca 22 dello Stesso di Liga, che tnghi Argento fno Carati 50'0, e Rame Carati 652; e del peso Sottodescritto Il D 5 - di peso - di Carati 6 Il D X . 12 Il D XV . 18 Il D XXX . ~ 36 - Prencipe D. D. Aluise Mocenigo - Continu il lauoro della sudetta moneta noua peggio 652, per marca sino il giorno 23 Settembre 1722 in Soma d'Effetiui Ducati 48558 - e poi con Decreto dell' Eccellentissimo Senato 27 Agosto passato, rellatiua Terminatione degl' Illustrissimi, et Eccellentissimi Signori Proueditori in Zecca de di 29 dello Stesso f regolato la bont di quelle, et in Locco di peggio 652 - al peggio 702 - per marca, fu accresciuto il Calo gli Ourieri in Loco di onze Il per ogni marche Cento, onze 13 come lo era nel Calcolo delle Lirazze Tagliate. 1736 - Prencipe D. D. Aluise Pisani si stampato una moneta noua nominata Galeazza per spender in Dalmatia, e Isole di peso come Sotto j e di Liga peggio 144 - per marca, et ogni tre di queste monete era il ualore di Vn Zecchino, e se ne sono stampate per monete N.o 2'L3387 per il Valore de - Zecchini 74462 circaLa Galeazza Intiera pesaua - Carati 92. '/3 Lo. meza. . 46. 1"3 Quarto . . 23. 1/ 6 Come che questa moneta fu poco grata ai Popoli della Dalmatia, et Isole j cosi quasi tutta da Particolari Stata fusa, ritornata alla Zecca in qualit di Paste.
(Provveditori in Zecca Ori e Monete: Scartafaccio di Memorie di Francesco MarcAio"i, maestro di Zecca, 1748, c. 18).

L'anno 1586 si fabbricauono Bagatini di Rame puro, e per marcii se ne cauououo N.o 200, che sono L. 16.8 'Laspesaeradi. 15.4.'/, in Raggione di 8. '/5 - Incirca per Cento.: Il peso di questi Bagatini ~rono Carati 5. lO/iO; Li Soldoni, e Bezzint]! suo origine f L'anno 1626 con parte 30 Ottobre in Pregadi.

, Li Bzzoni il primo Stampo f L'anno 1626, 1632. Le Liraue peggio 560. f il' suo origine L'anno 1644; consunte, e disfate L'anno 1122. L'ultimi d Xij stampati peggio 652 fh in Luglio L'anno 1657; consunti ut supra. Le Gazette d'Argento stampate era peggio 652, peaaua Carati 3 L'una; 11 tempo del suo origine non si uede. Le Gazette, Soldi di Rame per Candia furono fabricati Vanno 1658 .; pesauono La, Gazetta Carati 34 - Il Soldo Carati 17. L'anno 1649 . 6 . Settembre - In Zecca Doueudosi stamear Ducati lO mila - di Bezzoni di puro Rame per Venetia conforme alla deliberatione dell' Eccellentissimo Senato de di 27 Agosto passato, metendo nel bezzo il semplice Valor del Rame, c tanto meno solamente quanto importa l'interesse del stampo. -Il Rame Valcua Ducati 289 il mieroV. C.
( Ibid. c. 29).

127

c.
Laus Deo. 1661. adi 23 Giugno.
IIetJole, e' forme .oU'e a pra"cartA in occasione di lar far le proue a queUI che concor,.e."er9 per Maeslri di Sklmpe.
Primieramente li si fanno far un dissegno di un ducattone di argento cosi dretto come rouerso, lo qual fato che sia si mostra alli sopraintendenti alle proue alla presenza delli Eccellentissimi Proueditori li quali di poi danno ordine che siano aerrat] nel loco deputat far dette proue che per il pi snol esser il loco della residenza de detti Maestri da stampe nel qual loco se sono pi di uno che debbi far le proue si fabrcano tanti camerini quanti sono quelli che concorrono tutti serrati, et diuiai fin che l'uno non poss osseruar l'altro ad operar, ma essendo un solo basta aerarlo nel camerin di dett-o loco de detti Maestri da stampe doue serrato che sia nel ter-" mine di un Mese continuo doner far sopra il sud etto dissegno li polzoni cosi Ciel torse Ilo come della pilla tutte sue spese danni et interessi .li quali ferri, et polzoni tutt! doueranno esser bolati, et controsegnati fin che non possino esser cambiati o defraudati con li quali polzoni douernn~ poi far la pilla, et il torsello, che li sono

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128
dati spese publiche la qual pilla et torsello douerauno :med etpamente esser bollati j et segnati fio che non siano defraudati con li quali fnalmente si fl:lnno. stampar le proue ci le monede pur il spese publiche, le quali portate nell' Eccellentissimo Collegio sono ballottati etc. Deue uno dciii Eccellentissimi Proueditori ogni sera et ogni mattina riceuer tutti li ferri, et polzoni cbe saranno principiati et forniti custodendoli appresso di se la note, e la matina lui medemo consegnarli quelli che deuono far le proue non potendo alcuno niuno eccettuato entrar nel loco delle proue durante le mederue E'Ccetto el detto proueditor et quelli che haueranno le chiaui, et la custodia di aprir, et serrar le porte del loeo delle proue cbe sar la matina quando entreranno et la serra quando usiranno alla presenza sempre del proueditor che riceuer, cbe consegner li ferri. Giacomo Rompiasio Maestro di Ceeca,
ilnserta a copia del Decreto di 8<lnato lO giugno 1662 Provv. in Zecca ori ed argenti, Parti dj Senato, loG2-1680).

D.
AI modo medesimo di altre zecche d'Italia e fuori, la veneziana, seguendo l'uso la concessione del tern po, ebbe Il battere anticamente moneta altrui. Il commercio ne profittava per pagar tributi e gabelle negli Stati esteri. Stim il Galliociol\i (pel' induzione? val. I, pago 370) che con la Ji'lrte srguente fosse statuito cessar d.illa costumanza. Non cos; essa punisce ogni cittadino che ardisca far coniare di sirnil guisa monete, o vi prenda parte comunque, s nel dominio della Republica come altrove, trauue nei luoghi che ne hanno l'uso: 1353. indietione 7. a die penultimo februarij. Qood pro bono terre nostre' ad euitandas fraudes que Sepe cornmitti possent in hijs monetis falssis, Ordinetur, Quod aliquis Oiuis Veneriarum non udeat facere laborari, uel cadi aliquam rnonetam que sit sub stampa seu forma alieuius monete forinsece in Venecjs, nec in aliquo Iaea subiecto Venecijs. nec participare cum aliquo qui se intromittent 0110 modo in predictis, in pena essendi in banno Veneciaruffi, per quinque annos 'et standi duobns annis in carceri bus, Si uero .aliquis' alius noater Venetus fa-

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, .

129
eeret Laborari predictarn monetarn, siue parteciparet modo predicto com aliquo in aliqua terra, uel loco non subdito Venecijs, preterq08W in locis ub consuetum est laborari dietam mouetam, debeas baooiri de Yenecijs per duos Annos et standi uno anno in carceribus

(Quaraut. Crimin., R. Parti, 1347-75, c. 17).

E.
'ndif"a:done IJOmmarifl degli ordigni per la faI#"riea:ione di monete, medaglie ecc. gi ellilllenli nella Zecca "enela, ed ora anneui al ,Ulf3CO ""areiano.
I. Alcune macchine da trafla, da tagliare e ridurre a giusto le piastre, da contornare e mendare i pezzi, affilare i ferri. II. a. Trecento diciotto punzoni antichi, matrici ecc. di Z~C cAilli. - b. Dieci pille per la coniuzioue degli Zecckini a martello. - c. Nove torselli del rovescio dello Zecckino. - d. Due anelli dentati per lo stesso. III. a. Milleseicento ottnntatre cont e punzoni antichi var1 (I). - b. ~eiceutosessantotto punzonetti di mala conservazione. - c. Ottantacinque coni e pille per le Oselle. - d. Ventiquattro anelli per Medaglie. - e. Ventotto coni di monete del Regno italico 1805. - l'. Dodici cuscinetti delle stesse. - g. Quarantadoe con1 e punzoni di monete del Governo provvisorio di Venezia 1848-49. - b. Dodici cuscinetti delle stesse. - I. Sei coni di monete false. IV. Una piccola piattaforma antica pel conio degli Zecckini a filarlello, con alla testa le bilancette regolatrici del loro peso; V. E due torchi a bilancere. i<: noto come il processo di fabbricazione monetaria SiSBi spinto innanzi di molto fino dalla met del secolo decimosettimo. Nel 1645, dapprima in Francia, poi tosto nell' Inghilterra, si aboh il martello, col surrogar lo strettoio, e da ultimo il bilancere.
pe~o

,1, Frammezzo questi (oltre i gi3 indicati, parlando del Da diciotto che coni Giorannl Corner II) si notano quelli ancora dell' ottaoo, e del 8tdice'lf/I() di DJrJt'J di ~lvise Pisani .battnti, sembra, per saggio, e ambidue ammortati dallo ~ do~), del Zecr-kino, del suo mtzzo, del quarto, del Da cento, e del Da cin,.utll ZeccliJli, dello Scudo, e dci suo mtzzo di l.odovico Manin i V. la nota l, pag.38;', "01. XII, l'. II . 9

130
La Republiea di Venezia, adottando }' utile innovamente, ritirb da Londra, col mezzo del suo legato Simon Cavalli, la descrizione minuta di tali macchine, e le opportune istruzioni per l' uso loro. Con i due torchi sovraccennati (che si costrussero nel 1755) l'anno seguente fu battuto il Tall,ro pei possessi di l del mare j e nel 1760 la nona 0I611a del Doge Francesco Loredan. Vennero fllttl conoscere dall' opera: Graf1Ur6S rlprsentaat le i,fferefltes maccki1&eI

S6Nia1&t

lafabrication des monnoy6s au balancUr, construites

Venis6 paur 16 SeNiiC6 de la serenissim6 rpublique,. Panne 1757. (V.

Museo arclt601ogico della R. BiJJlioteca Marcia.a di V,nezia,. Vene-'


;Lis, tipo del commercio, 1872).

V.

PADOVAN..

ANEDDOTI STORICI E LETTERARI.

LXV.

DIFFII'ILES NUG.J?

(R FULIN.) Marino Sanuto nel tomo terzo dei Diarii (c. i34) trascrisse i versi seguenti, che si direbbero fattura d'un' altra et ;
De 8furtiall, Franei,ci, Ludo1Jici et Catllariuat ~orti"u", ge.ealogia, deque eju,dem C6tllarlllae ac LudofJici, AlCalIii'lllt caf'dinali, captivitate, 'Ulpefllo inter mecUOI angue, L,dii Catti rauflnatu carmen.
Sforlin. Franclscus. Ludovicus, mittitur. ergo. Fortuna. ad Gallum. Fr&ncisco. Sfortia. natua. Cotignolae. oritur. 83t1l8 est. Ludovleus. in orbe. Mntatur. eaptus, genitore. ad praelia. pugnat. Sfortia. Franclseus. Ludovicus. ducitur. hoc sito Exemplum. Venetis, prlnceps. victoria. vincit. Multos. bellorum. efllcitur. captivus. habenti. Imperium. A8C8nius. patriae. cantatur. in armis. Sfortia. Frauclscus. Ludovlcus. polIIIkiet. aeqnum. Civbus. anguigerum. fngit. oonnubia. terras. Debellat. Blancae, venientem. sceptra. tyrannus. Conservet, Gallus. regem. snseept, habetque. Sfortia. Franeiscus. Cautore. hoc aecldit. UD1L. Jnstitla. ex anns. populo. cum coniuge. praeda. Eftlcitur. pariter. Ludovicus. mille. regentes. Firmat. qningent\s. redl1t. dominantur. aquarum.

A prima giunta si vene che questi versi, ad intenderli, non ai debbono leggere cosi come sono scritti, e che questa composizione appartiene al genere dei cosi detti poemi difficili. Il Sanuto ag-

132
giunge per un epigramma dell' autore stesso, che porge il filo d'Arianna. E l' epigramma il seguente:
Ad lutort!m. Rex-Maurum, Veneti Ascanum, vi Martis, et aujrnem Lydlus hoc eep carmine Cattua ego. Hune capi; et, viso Ludovlc nomine, captum Suspendi et posn verslbus in modlls. Versi bus angus nest igitur, tu elariua l'rllO Auguineo, leetor, carmina more lege.

E badando:rrci a Lodovico il Moro, che deve trovarsi

IX'.. .

scibus in mediis, avremo:


Ludoveus Francisco aatus est genitore. Ludovicus princeps l'fficitnr patriae, Ludovicus fugit venentem regem. Fautore populo, Ludovens rediit.

Quindi. leggendo il resto, anqumco more, avremo:


Sfortia, natus C{)tigno"'-e, pugnat. Sfortia vlncit multos in armia. Sfortia terras debellat hnbetque. Sfortla praeda etRcitur aquarum, Francscus Sfortia oritnr ad praelia. Francscua, vctoea bellorum, cantatur, Franescus connubia Blancae suscepit, l<'ranclscu8 com coniuge pnriter domnuutur. Mittitur ad Gallum Ludovcus eaptus, Dueitur Venetis captivus Aseantus. Posstdet anguigerum sceptra Gallus. Hoc aecidit ex annia mille qungeutis, Ergo fortuna In orbe mutatur. Hoc ait exemplum habenti Imperium. Al'quum clvlbus tyrannull couservet. Una justitia regentes firmato

Cosi noi abbiamo pressoch tutto quello che promesso dal titolo della composizione. Troviamo prima degli altri Muzio Attendolo, nato a Cotignola ed affogato nel fiume Pescara; troviamo poi Francesco Sforza e Bianca sua moglie; e finalmente Lodovico caduto in mano dei francesi e il cardinale Ascanio dei veneziani. Questa circostanza ci mostra che gli strani versi debbono essere

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stati composti prima del 6 Maggio 1500, giacch nella notte fra il 6 ed il 7 i veneziani rimandarono Ascanio. Ma dov' la Catterina promessa? E innanzi tutto, chi l'autore dei versi? Un erudito potrebbe assai facilmente discorrere della vita e delle opere eli Lidio Catto. lo ne so quel tanto solo che ne dice nel suo dizionario il Melzi, dal quale ho appreso che il ravegnano Bernardino Catti o Gatti cangi il suo nome in quello di Lidio, in onora della sua Lidia, e public a Venezia un libretto: LYDU CATTI RAV~"NATIS, Opuscula, Venet., ap. Joannem Tacuinum de Tridino, 1502, in 4. picco Ho esaminato il libretto, quantunque non abbia avuto pazienza di leggerlo attentamente; ma non vi ho trovato alcuna notevole notizia sul Gatti. I suoi versi, latini e italiani, cantano l' amante, la moglie, i figli, gli amici; e creder volentieri agli onesti sentimenti del Gatti, ma, quanto al suo valore poetico, non posso che riportarmene al saggio, che ce ne aveva conservato il Sanato. II diligente cronista, trascri vendo quei versi l'ultimo giorno di maggio 1500, quand' erano ancora inediti, mostr, a dire il vero, di tenerli in qualche pregio. Ma c' era chi li stimava molto' di pi, Il libro eli Lidio comincia in fatti con una lettera del veronese Girolamo Avanzo a Vincenzo Quirini (del quale vedi CICOGNA" Iscriz. veneJ., V, 63 e segg.), ove si dice che Lidio rnorum probilate, legum peritia et carminis imprnis praestantia insimis, ad me egregium .misit poema, cuius ego novitate, lepore, varietate, nitore, venustate delectatus, cogitavi te novam huius jucundi ae lepidi libelli lectionem .... amaturum ~. Di tal lettura si sarebbero compiaciuti anche Pietro Bembo e Valerio Soperchi, compagn i in Roma al Quirini; e il loro plauso avrebbe determinato l'Avanzo a publicare colle stampe i versi del ravegnano: vestris ego auspiciis, elegantem et candidissimum libellum impressoribus hune emissuris tradarn ~. Naturalmente il Catti non aveva alcun dubbio sulla bont. dell' opera sua, tant' vero che la dedic al doge Leonardo Loredano, felicitandolo d'avere ottenuta (2 Ottobre L30L) la dignit ducale, che gli aveva pronostfcata quindici anni prima quando l'avea conosciuto l'retore a Padova. E non solamente erano, in generale, molto lodati i versi del Catti, ma erano molto lodati proprio quelli che aveva trascritti il Sauuto, Nel libretto che public il Tacuino, di fatti una lettera del cremonese Gian Francesco Bindo (22 Agosto 1500), nella quale paragona l'antica et alla moderna, e conclude che quella vinta da questa. E ne adduce questa per lui evidentissima prova: nonne anuinei isti oersus tui,

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quos nuper exeogitasti, sopra omnem priSCOl'\.I111, addam et neotbericorum ingeniorum facultatem, ascendunt i m si nulli alli sint qui nostrum hoc saeculum illnstrent, habeamus te carte, qui maxime de antiquis triumphes, cuius tamquam solis adventus stellis tenebras invexerit . n Gatti, lodato a questo segno, l~on poteva omettere nella erlinone dei suoi opuscoli gli anguinei versi, e li stamp di fatti. onde si leggono nell' edizione del Tacuino con alcune leggere varianti. Delle quali non prezzo dell' opera tener conto; salvo di quella che si riferisce a Catterina Sforza, la famosa vedova di Girolamo Riario. Di Catterina fa cenno il Gatti nel titolo del suo componimento, ma gli era poi inavvedutamente sfuggita dalla memoria. Rivedendo i suoi versi, sopperl a questo difetto, e dove prima leggevasi:
Fautore populo Ludovlcus rediit

sostitu
Catharina neptis bellatrix capitur.

A mantenere la sua promessa, r Autore doveva in fatti ntrodurre la Catterina; n poteva pi dire nel 1502 che, fautore populo, Ludovicus rediit ., quando gi Lodovico era a Loches, Chiuder con alcuni altri versi del Gatti, che si leggono negli Opuscula del Tacuino :
Ad LeoftardufII La.rodallufII (slo) lerel.,,,,",um YeneUa,... principem. Bt lt,al ,,'roque tramite.

Occidat ltallae Mors Christi Bel 118 Turchus

mora: fidei pacls hOlltIB : destructor tristis: gloria iniquus: Ditis

ltaliae terror: fldei :

Cbrlsti bostis : destructor: pacs : Ditls : amicus.

belna tristill : gloria Diti.

Turchns
nlquus :

Diti :

amena :

milite perdat: perdat in armis.

Questi versi ci spiegano i loro corrispondenti, che il Sanuto trascrisse (ibid. ), nella forma che l' A. aveva dato loro dapprima. leggermente vari nell' edizione del Tacuino. Anche questi si leggono, utroque tramite, in direzione orizzontale e verticale:
Ad e_m priflcipem, quo ,"pra tramitt.

,Vlvat et ltallae Spes Cbrlsti Gloria Marcua

spes : ftdei pacle dux : aervator grandis : copia amcua: Martis

ltallae tutor: fldei:

gloria M'arcns grandis amens : servator: copia Martla: pacs : Martis alumnns : vnoat : milite Martis: alumnus : vincat in armls. Chrlsti
d1lX:

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA.

ultm di Carlo Goldoni con proemio e note di ERNESTO MAsl. Bologna, presso Nicola Zanichelli, 1880. - Un volume in 8." piccolo, di pago 315.

Mentre si alpetta con curiosit, pari all' importanza vera dell'argomento e alla fama dell' autore , lo studio che il Galanti, pre~ side del Liceo di Padova sta preparando per celebrare l' inaugurazione del monumento al Goldoni, che avr luogo l' BOllO venturo a Venezia, studio che riuscir, lo crediamo, ben migliore di un altro, di coi con poca opportunit fu fatta di recente la ristampa, rlchiamano la nostra attenzione queste Lettere del sommo pittore dei caratteri e dei costumi, del quale si vanta in particolare la storia dramatica del secolo passato, Chi scrive, avendo parlato l'anno scorso, in questo stesso periodico, dell' altro volume publicato dal MllSi intorno a Francesco Albergati, non si crede sciolto dall' obligo di dire un verso anche di questo libro, che ha col primo non poche attinenze. Infatti il Masi Don dissimula, che il pensiero della presente raccolta gli venne mentre studiava nella corrispondenza dell' Albergati, amico al Goldoni. Ma Don vogliamo tacere, che se degno di applauso l' affetto riverente che indusse il Masi a dar fuori queste Letter J la loro importanza non in vero grandissima; e noi provia mo una sincera compiaceDo nel vedere che un terzo del volumetto occupato da uno studio che il Masi, con la nitida facilit che tanto lo distingue, ha cODdotto intorno alla vita e alle opere del Goldoni. Confrontando le Letter con le Memorie, trova il Masi cbe s'ilhlStrano e si compiono a vicenda, quelle essendo dettate l sul tamhoro, e riflettendo gli scoramenti e i languori che di quando in qoando lo assalivano (pag. 44), non disgiunti da conforto; questa scritte pensatamente nella vecchiaia, allorcb vinte le maggiori dif-

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fcolt, apparisce intera l'opera SUII riformatrice. Balestrato dII un" in altra fortuna, non 8 stupire che le Letter del Goldoni sieno -scarse, sebbene qua e l s'incontrino frequenti accenni di altre che potrebbero non essere affatto perdute [pag. 158, 175, 179, ~82-8:J, 217,237), e per il loro autore ebbe nello scriverle italianatnente maggior cura che non adoperasse nelle commedie j la quale anomalia spiegata dal biografo in modo alquanto specioso, con la necessit che il Goldoni commediografo aveva di tirar gi, per essere inteso in tutte le regioni d'Italia. E giacch ai lettori data piena libert di giudicare come meglio loro talenta dei pregi intrinseci ed estrinseci di questo epistolario, mi riservo di dirne pi sotto, per accompagnare il raccoglitore attraverso i suoi cenni, che a lui paiono indispensabili per chiarire le Leuere, mentre taluno potrebbe non pensarla proprio cos, e considerare che le pagine mandate innanzi al volume soddisfino in parte a questo scopo, ma pel resto non altro esprimano che un desiderio molto lecito e naturale, di discorrere con cognizione e alla buona di Carlo Goldoni. Infatti il Masi si diffonde a dire come l'Italia non abbia un teatro nazionale (p. 11-17), e poi si SCU!la di non accennarne in particolare le ragioni molteplici, mentre (non possiamo passargli buona III sua modestia) avendo pigliato l'abbrivo, gli sarebbe stato per facile approfondire questa importante e controversa materia. Egli, dal suo punto di vista, ha ben ragione di dubitare che le nostre divisioni politiche passate, e il mutarsi della capitale, e le condizioni attuali di Roma, abbiano impedito finora il formarsi di UII teatro nazionale, se gli sembra possibile la creazione di esso teatro, mantenendo e pur dominando la variet storica dei caratteri e dei costumi italiani. Il che ha fatto il Goldoni che, percorrendo l'Italia e cercando i suoi tipi anche fuori di Venezia, ci ha dato una commedia italiana anzich locale, perch si connette al concetto della riforma teatrale, la qu ale aveva in mira di fondere insieme la commedia erudita con la commedia dell' arte. L'ingegno elegante del Masi che, quando ha fra' mani un soggetto, se ne impadronisce e senza invidia ne apre allettare tutte le attrattive, viene svolgendo per sommi capi la vi ta del Goldoni, traendone il materiale dalle Memorie. Accompagna il suo eroe dalle dubbiezze ch' egli ebbe in giovent tra farai monaco e cappuccino, alle maggiori incertezze dell' et adulta, quando, in mezzo agli ostacoli e alle cattiverie degli emuli e del pubblico corrotto, intravvede prima, poi abbraccia con timidit e infine con animo risoluto

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la grande riforma che doveva sostituire il vero al convenzionale, dargli fama allora e conservargliela sempre. Le sue peritanze lo farebbero forse traboccare sotto il loro peso, se a sollevarnelo non apparisse Nicoletta Conio di Genova, sua moglie, un angelo, che lo segue tutta la vita, modesta, silenziosa, indulgente, allegra anche in mezzo ai guai, innamorata di lui e della sua gloria, aiutatrice, confortatrice inesauribile, la pi soave figura di donna, che ci apparisca nella storia messa accanto a un grande poeta (pag. 26). Carattere che ben si confaceva a quello del marito, c calmo, buono, fioamente e schiettamente umoristico (pag. lO), arguto senza sarcasmo, impetuoso senza iracondia Il (pag. 21). Nel 1748, a quarautun anno, il Goldoni torna dopo le sue prime peregrinazioni a Venezia, e qui il Masi ha campo per scrivere della repnblica, presso alla sua ultima rovina, alcune pagine (pag: 3Q-34), che sono un vero gioiello e che completano le altre che ebbi senu riserva alcuna a lodare nell' accennata recensione sull' Albergati. E in questi anni, che sono i pi noti della sua vita avventur08&, egli ebbe a soffrire le opposizioni maggiori da Carlo Gozzi, e dal Baretti ch' egli non nomina nelle MemoriB, e che nelle Lettere giudica pi odioso che ridicolo, e ad ogni modo uomo infelice. N doveva curarsi gran fatto dei nemici, chi contava fra gli amici letterati di gran nominanza, come il Cesarotti, il Roberti, 1'.-\ lbergati, e di gran valore, come il Verci, il Voltaire e lo stesso Gaspare Goz~i che non divideva le escandescenze del fratello, ma moatravasi critico imparziale di Carlo Goldoni (pag. 52). c Stanchezza, disgusto, desiderio di nuova gloria, necessit e aperanza di maggior lucro Il (pag. 55) fecero che il GuIdoni, dopo quattordici anni di continua dimora in Veneaia, meravigliosi per fecondit drarnatica , accettasse l'invito di recarsi a scrivere pel k8tro della Commedia Italiana a Parigi, donde non torn pi in Italia. Qui vengono in acconcio le lettere scritte all' Albergati, l'ellame delle quali obbliga il nostro biografo a ricopiare quasi testualmente quello ch'ebbe a scrivere nell'altra opera sU8,al punto in cui tocca le relazioni dei due autori, cos uniti nell' amicizia, come lontani per merito letterario. Noi non gliene faremo appunto, perch un medesimo autore, non prevedendo quali lavori gli verranno fatti dorante la vita, pu a suo agio, in due publicaaioni distinte, toccare ano stesso argomento, nel modesto pensiero che 110n tu.tti i lettori abbiamo ad interessarsi in egual !DOO di tutti i libri che gli possano essere caduti dallo penna.

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Della trentenne dimora di Carlo Goldoni in Francia, il Masi parla con giusta abbondanza, perch numerose sono le lettere che il nostro commediografo mand di l agli amici. Aveva occupato quattro mesi e mezzo in viaggio, essendosi fermato a Bologna, a Parma, a Genova, a Lione, e, accampando il pretesto di essere in compagnia della moglie, aveva dovuto rinunciare a veder Ginevra, dove lo aspettava il Voltaire, il quale se ne dolse scrivendo all' Albergati: j, fle lui aurail pal pril la femme, e allo stesso Goldoni rivolse una lettera in veneziano piena di rammarico. Il Masi dice che il Voltaire scrisse al Goldoni stroppiandogli,/orl' p,r ~,.detta, il suo veneziano l) (pag. 66). lo non sono con lui: quelforll non c' oro che lo paghi, e potrebbe rendere inutile III. mia osservazione, ma, tant' , non so tacerla. O cheY il Voltai re avrebbe saputo scrivere il veneziano come il doge Marco Foscsrini o come il buon Guasparri' Fu una semplice gentilezza il tentativo, e forI' la pr,tela, di usare il dialetto, nel quale era maestro il Goldoni. Ma queste sono bazzecole, e invece sono degne di nota le pagine che seguono (pag. 67 82), nelle quali il Masi, nulla occupandosi della sua raccolta di lettere, e non gran male, ci viene magistralmente parlando dei pregi del teatro goldoniano, che, prima della dimora a Parigi, si puo dire gi bello e fondato. Bellissima ed evidente la dimostrazione che il Goldoni rivelasse la vita decadente del secolo passato, nella variet dei caratteri molli e sbiaditi, anche se appartenenti a personaggi ridicoli o catti vi. A Venezia infatti si poteva notare con frutto una grande variet di tipi nostri, prima che fossero mescolati con gli stranieri, portati violentemente nella citt delle lagune, dalla reazione e dalla rivoluzione europea. falso che il Goldoni non abbia conosciuti e notati anche i difetti delle alte classi e in particolare dei Bernabotti, nobiluzzi spiantati, ringhiosi, pieni d'invidia; di boria, di malignit. (pag. 72). L'arte del Goldoni che non flore di stufa (pag. 78), ma si sviluppa capricciosa al bacio del sole meridiano, non ha da far nulla con l'arte dei drammi moderni, che il Masi il disposto a credere siena da ccusiderarsi come nuovi aspetti della vecchia e condannata commedia dell'arte (pag. 76, 77). La vita del Goldoni a Parigi ricalcata sulle sue Letter (pag. 82-97), e qui non ha pi ragioue il mezzo rimprovero ch' io mossi al biografo, il quale per costretto a valersi anche qui, in pih luoghi, delle lettere all'Albergati. Ma sono acerbe le ansie del poeta; che si vedeva coste etto a sconfessare la sua riforma, per dar nel genio al publico parigino, avvezzo alla commedia a soggetto, in

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coi gli attori, arbitri dell' antore, come ~ggi il maestro di musica tiranno dellibrettista, davano prova del loro spirito, andando a gara fra ehi impronis88se le scene con maggiore ardimento. Il gusto francese era di poco perfezionato dal tempo degli antichi misteri. Il Goldoni avrebbe di certo abbandonato la Francia, se non fosse stato chiamato Il Corte per dar lezione alla primogenita di re Luigi. Non fu per cortigiano, e con la pensione di quattromila lire visse tranquillo, scrivendo uno dei suoi capolavori Le BOfI..N"U BietV'aila,ae. In mezzo agli orrori della rivoluzione, privo di tutto, mori per di morte naturale il li febbraio 1793, fra le braccia di sua moglie, ~"a dlJ1&tUlta a Corte, ma in quest' ora suprema bella d'immutabile affetto, ultima consolatrice al capezzale del poeta morente, la IOla che pu avergli dato in nome d'Italia l'ultimo addio .. (pag. 98). Quei signori della Convenzione, molto migliori della loro fama, avenno decretato di restituirgli la pensione, per onorare CI g.' il , 11.1 pl., lacr lur la terre, la fJ,rt", l, !liflie, la fJilill"II ,t l'i./orl., l) (pag. 100). Ma Carlo Goldoni era morto il giorno prima! Ed ora venen do, che tempo, a questa raccolta di lettere goldoniane, la pi compiuta che si possa imag inare, corredata di note parche e sempre opportune, basti sapere che il Masi le trasse da ben venticinque fonti diverse, per essergli grati davvero della sua fatica. R siccome la statistica si caccia o'ggi dappertutto, non sar inutile dire che di queste 73 lettere, 28 furono ricavate da sorgenti edite, ~5 dII inedite. Fra le raccolte edite, la pi copiosa quella stampata per nozze a Venezia da P. A. Paravia che ne contiene 20, di cui 16 furono ricopiate dal Masi e 4 furono tolte direttamente dai manoscritti. Il Carrer, insigne letterato veneziano che dovrebbe mantenersi, pi che non si soglia, in onore, ne aveva stampate 4 j 3 il Cappelli di Modena, ed altre vennero Il luce, una alla volta, a Venezia in due differenti raccolte, a Pesaro, a Reggio e a Milano. Il numero maggiore, trovato in collezioni inedite, furono 20 della biblioteca nazK>Dale di Parma, poi 5 presso il marchese Campori di Modena, di cui UM stampata, 2 fra i manoscritti della Marciana e del Museo Correr di Venezia, e nelle raccolte private Borromeo di Illano. Succi di Bologna e Arrigoni j e un solo autografo abbiamo in dieci luoghi diversi, cio a Bologna nelle due biblioteche, univerItaria e comunale, presso l'Accademia filarmonica, e il comm. Minghetti, a Ferrara nella comunale e presso il compianto suo bibliotecario L. N. Cittadella, a Bassano nella comunale e presso il co. Rober\i, e finalmente a Venezia dal cav. Stefani e a Siena presso

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Giuseppe Porri. E giecch, mosso dl\ riverenza pedsntesca verso il mio illustre concittadino, mi san messo dentro in questo ginepraio statistico, soggiunger che, delle 73 lettere, ben 34 son dirette al marchese Albergati, senza contarne due citate nella Vita, e accennate nel registro che il Tognetti fece di lettere goldoniane all' Albergati, le quali si conservano per estratto nella comunale di Bologna. Gabriele Cornet, consigliere e agente dell' elettore di Baviera, in Venezia, ricevette I~ delle lettere di questa collezione, 3 l'abate G. B. Vicini, 2 Francesco Grisellini. Le altre 21 sono state dirette, non pi di una, a personaggi noti, come Francesco di Lorena granduca di Toscana, il ministro Du Tillot, il co. Paradisi e l' 8 bate Roberti letterati, a persone meno note o ad ignoti. Gli 'anni di maggiore fecondit epistolare, accennai di sopra che furono quelli del volontario esilio fuori d'Italia, e precisamente dal 1762 al 1765, dei quali si conservano ben 44 lettere; le altre 29 sono distribuite in 17 anni, ma per lunghissimi periodi non ne abbiamo nessuna. Onde qui, come conseguenza di questa minuta .dimostrasicne, viene opportuno un caldo appello a chi conservi, o sappia che altro conservi, lettere autografe del Goldoni, a volerle publicare, o meglio a comunicarle a Eroesto Masi per una seconda immancabile edizione della sua raccolta. Le Lettere del Goldoni non nanno tutte il medesimo stile: le prime appariscono stentate e artifaiose, piene di quei compliruenti convensionali onde andava distinto il secolo decorso; ma cominciando dalla lettera 16 ma , fin presso il termine del volume, a chiunque rivolga la parola e qualunque sia il soggetto che tratta., il Goldoni assume una spigliatezza piana e grll2.iosa che incanta. Ci si vede subito l'autor comico, di un' indole sempre vguale e invidiabile, maestro nel maneggiare la penna, contento dei trionfi passati, certo dei futuri. Giudica sempre cose e uomini benignamente, e se talvolta lo accende lo sdegno, questo non va oltre la prima pelle, e pure la fina ironia punge pi che non faccia un rabbuffo coi fiocchi. Ad esempio, quando il comico Bimoni, mancando a un impegno preso, si era scritturato nella compagnia del nobiluomo Grimani, il Goldoni scrive aU'Albergati: c A che servono le parole coi commedianti 'I (parla di quelli del secolo scorso) ..... I commedianti paiono tutti Genovesi: non vogliono che la loro parola lor rechi danno (parla dei Geuovesi di Dante, I_I. XXXIII, 151-2, e del secolo passato] ..... lo l'alisicuro, che non so come fare a rimproverare un eommediante che manca di parola; un costume, un abito, una
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galanteria del mestiere (pag. 154). Ad ogni modo cercher di vedere S. E. Grimani, ma non faremo niente, poich il Grimani nou ba tanti capelli in capo, quante volte musici, comici e ballerini (totti in un mazzo l] gli hanno mancato di parola (pag. 15;J). Il Goldoni aveva coscienza dell' esser suo e del suo valore, dimostrato, se non altro, ohararueute, dal fatto che l'associazione alle sue prime cinquanta commedie in dieci, tomi (J non poteva essere pi fortunata: 1750 copie che ne ho fatte tirare al torchio sono state smaltite e seguono i concorrenti e converr ristampare (pag. 109). Questa era l'edizione fiorentina; ma contemporaneamente a Venezia, a Pesaro, a Bologna, a Napoli, e forse altrove, erano ristampate le sue commedie, ond'egli dovette rivolgersi con una supplica al granduca Francesco di Lorena, perch impedisse per dieci anni la introduzione in Toscana di quelle semi-clandestine riprodueioui (Vedi CF.SARE GUASTI in ArckiDio Vef&eto, Tomo I, pago 376 - 380). Nel l'olmo della virilit il Goldoni si occupava a comporre con ogni possa, e sono quindici giorni ch' io mi riduco a pranzar col lume per lavorare da bestia. Ho due teatri sopra le spalle, e le monache mi tormentano, ed i matrimoni mi seccano, ora specialmente, che Amore mi fa essere impiegato per gli altri, e non vuole impiegarsi per me (pag. 123). E pure i suoi trionfi non gl' impedivano di misurare da filosofo le grandi fatiche e le difficolt della "cena: in tali opere tanto costa il far bene, quanto il fllr male, e riescendo bene, si ha del com patimento (pag. 152). Queste sono espressioni di uomo non millantatore, ma modesto, e all'ab. Vicini che voleva scrivere di lui e delle sue opere, diceva apertamente: 'c ella dee parlare come pensa, senza che l'amicizia tradisca la verit. Rispetto alla mia persona, quando sia persuasa di dire che io sono un uomo d'onore, non mi pu far maggior elogio ~pag. 121). Carlo Goldoni attribuiva i suoi trionfi pi alla fortuna che al merito (pag. 228), dicendo che se aveva aquistato maggior onore di quello che gli doveva, ci derivato dalla miseria, io coi languivano i teatri del mio paese, ed il poco cbe ho fatto mi ha valuto per molto (pag. 196). E a Marco Pitteri che gli aveva ine'iso il ritratto: c io sar in grazia sua, pi assai dagli uomini nominato di quello sperar io possa da sessanta commedie finora fatte edaaltrettante, che don farne (pag. 115). Con pari abbondanza non posso, e me ne duole, riferire altri brani delle Lettere di Carlo Goldoni, prima, perch devo considerare che il libro del Masi sia conosciuto e diffuso, pi che non debLa

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sperare'di questo magro articolo; poi, pereb Don mi sembra dover citare di terza mano quei passaggi, che giostamente hanno dato Dell' occhio al raccoglitore per abbellirne il suo proemio. Come fo lieta -l'accoglienza fatta al Goldoni a Parigi, dove non s'erano ristocchi d'aspettarlo longo tempo prima che arrivasse! Aven preso subito on buon appartamento (pag. 173), e pi tardi un altro di bello 'pago 191), e nei primi giorni i suoi noovi amiei andavano a gara per averlo a pranzo, ond' egli, confrontando la sna vita presente con la passata, non si avvedeva dei giorni che volavano in una citt dove c chi ha danari signore, e chi ne'n ne ha pare contento lt (pag. 187;, sperava sempre nell'avvenire e intanto si compiaceva di non c dover faticare come nn cane per guadagnare cento ducati, amareggiati ancora da rimproveri e malegrazie! ( p. 175! Ma gravi ed uggiosi gli tornavano i rapporti con lo spettacolo della Commedia Italiana, c composto di dieci personaggi italiani e dieci francesi, otto mnsici e quaranta ballerine lt (pago 173). Curioso accozzo! e poi bisognava pensare all' utile, oltre al diletto, ed eccitare nel pubblico francese l'amore alle produzioni teatrali, molto fiacco se si deduce dal fatto, che mentre a Venezia stavano aperti allora sei teatri, a Parigi ce u' erano tre, c e tutti e tre starebbero in corpo a S. Gio. Grisostomo lt (pag. 177). Era riuscito ad 3ttenere finalmente che i comici mandassero a memoria la loro parte (pag. 203), cosa da cui molti, anche oggi, ripugnano, e le loro eondiaioni economiche erano migliorate di sei tanti (pag. 200); ma la faccenda pi Ardua stava nel correggere il gusto degli spettatori, e obbligarli per forza a comprendere. bello tener dietro in queste Leuer agli accorgimenti nsati all'uopo dal poeta, i quali non sempre riuscivano, sia che alcuni personaggi si facessero parlare addirittura in francese, sia ch'egli volesse conseguire l'intento c a forza di situazioni, di accidenti, di pantomime, di verit, di natura, d'interesse e di cose simili. (pag. 225). Finalmente il Goldoni ritrova s stesso, e comincia a trionfare fuori della sua patria con quelle tre commedie (pag_ 225, 227, 231) cbe, rimaneggiate pi tardi alcun poco, vanno famose col nome di Zeli.da e Lindoro. Da questo tempo il Goldoni doveva fissare stabilmente la sua dimora in Francia, e cessando dalla dipendenza diretta dei commedianti c cbe sarebbe per me una cometa di vera pessima influenza. (pag. 261), trovarsi legato alla Corte, pur mantenendosi estraneo ai contraccolpi politici della guerra settenne, allora terminata, n aecorgendosi come f088e nata la generazione, che doveva dare una scossa violenta alla vecchia

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!IOCiet francese ed europea. Osservatore arguto, il Goldoni si occupavadi costuuri non di politica, accennava. al pi nelle sue commedie a riforme domestiche non a cataclismi sociali, e cessando di scrivere pel teatro, poteva bonariamente, ma non senza qualche rammarico, esclamare: .. I teatri d' Italia, e specialmente i nostri (di Parigi), hanno poco perduto nella mia persona, ma hanno perduta assai, se sono ricaduti nell'antico genio mostruoso (pag. 292). Come l'artista ha giudicato rettamente l'opera propria, cos i posteri oou lontani dovranno rendergli piena giustizia.

G.
OLIliDO GUBRRINI.

OCClONI- BONn'FoNs.

La Vita, l, op~r6 di GiwUo CIIQ,f'6 CroC6. Bologna, Zanichelli, 1879, un voI in 8., di pago XIII, 516.

Di Giulio Cesare Croce raro che anche tra letterati si conosca poco pi del nome. Il povero cantastorie bolognese ben ha reso imwllrtale un altro nome j ma d' on' immortalit, se si vuole, cosi umile e da poco, che se ne tace quasi sempre l'aotor principale. IDvero la trilogia buffonesca del Bertoillo, B6f'toldi1lo , Cacallefl.IO, cos popolare e diffusa, viene stimata merce di tal valore, che tranDe pochi bibliomani, vaghi di ricercare il dimenticato e l'oscuro, nessuno quasi si cura di sapere qualche cosa di chi primo. abbia introdotto Della nostra letteratura popolare quella fiaba divulgatissima, la quale con altri pochi libretti forma tra noi il ristretto ma necessario ed uni versai e patri monio dei quasi illetterati. Ma se n' curato con saggio intendimento il sig. Olindo Guerrini, il quale ha voluto con modestia di brav' uomo unire il suo nome, gi chiaro in parti pi agitate e notorie della letteratura, a quello del dimenticatoautor popolare. In tenui labor . Il poeta che ha destato clamore di plausi e di vitupert, con esempio degno di essere largamente imitato da lodatori e detrattori, s' volto a studi pi seri j e vi riuscito cos, cbe noi certamente crediamo frutto di mente proponionata e matura il volume, che speriamo non slir l'ultimo di questo genere tra i pensati dal Guerrini. Oggi, com' egli dice assai beoe, se lo studio dei piccolissimi della letteratura non pi cos raro e spregiato, nondimeno venne quasi interamente rist.retto a quella parte di letteratura popolare che dir si potrebbe f'Ultica. Tali lODO le pregiate raccolte di strambotti, stornelli e villette, Per COntrario Don si quasi posto mente, IL quanto accusi una tal quale

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origine veramente letteraria. Eppure accanto alla letteratura popolare rudica ve ne dovea essere in passato, come ve n' anche adesso, un' altra popolare cittadifla. vera letteratura di una gente che comincia a dirozzarsi ed a prender parte agli avvenimenti civili, letteratura che non deve punto confondersi con quella togata e azzimata dei dotti. Esempio e quasi tipo di codesta letteratura ci esibisce il nostro A.. nel Croce, di cui egli narra la vita, i tempi e le opere, sulla base di ricerche pazienti ch' egli imprese a fare, chiuso da parecchi anni come volontario gratuito nella Biblioteca Universitaria di Bologna." A questo proposito, se badiamo all' A., egli si lagna della povert delle nostre biblioteche, di che non ha potuto vedere quanto gli sarebbe stato necessario a meglio chiarire il trattato argomento. Ma ci prova soltanto il desiderio del meglio, onde son sempre tormentati i non mediocri tra gli scrittori. Per parte nostra troviamo bastantemente completa la monografia del Croce. Di lui l narrata prima diffusamente la vita; poi ricercata con molta ampiezza ed acutezza, scevra per altro da stemperate sottigliezze, l'origine pi lontana delle favole Bertoldiane ; quindi messa in chiaro e separata la parte del Croce come autore del B~rtoldo e poi del Bertoldino, da quella delIe aggiunte posteriori, quali sono il 04calenno del Banchieri, e il poema che sopra la detta trilogia si fece poi, opera di vari e non tutti oscuri (il Frugoni, p. e., il Z8notto, il Buruffaldil, poema edito da Lelio Della Volpe, tradotto pi tardi in dialetto bolognese e veneziano (Traduzion dal tOICa1l i. le1lgfla veneziana de Bertoldo, Bertoldin e Cacu81eno con i argomenti, alego. rie, spiegazion d~ le parole ~ frale oenezian, che no fuse capi i. ogni logo,. Itampae in sto carauer. 1Jivertimento autuflal de J. P. - Jsepo Plebi o Pighi -, Padoa, ZalDbatista Gonzati, 1747, tomo 3, in 8. o . Parte assai utile e poziente del lavoro pure il copioso saggio bibliografico delle opere del Croce, illustrato cogli indici, onde si chiude il volume La parte per pi importante e meglio riuscita al Guerrini ci sembra quella, dov' egli con intelligenza non comune chiarisce le origini antichissime del Bertoldo nel ciclo delle favole salomoniche, buddistiche, manicheiatiche, indi nelle svariate redazioni del Marcoifo tedesco e latino. Quell' analisi ponderata e quei raffronti giudiziosi strappano l' essenso dei pi posati lettori. Dove invece qualche cosa ci spiacque, e lo diciamo Irancameute, fu nella parte che precede le altre, e che tratta la vita e i tempi del Croce. Ivi oltre alle indagini accurate avremmo amato leggere anche giudizi pi sobrt degli uomini e delle cose, Vi si vede lo scrittore ade-

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gnoso di faci),j encomt, e vorremmo lodarlo. Ma ci sembra criterio storico di troppa importanza il riferire ogni cosa al suo tempo, ed assai fallace quello di giudicare sfrenatamente gli anni e gli uomini che furono, colle passioni e tendenze nostre. E poi, s'assicuri il Guerrini, non pi cosa seria, e molto meno da forti, lo spargere a destra ed a sinistra un biasimo ormai vulgare sopra istituzioni e persone e reggimenti misti di male e di bene, come ogni altra cosa umana. Non per questo vorremmo ch' egli lodasse alla rinfusa, o si astenesse dall' onesta censura. Ma come persuadersi e persuadere che tutti tutti ( e non son pochi i nomi dei reggi tori e Pontefici dell' epoca ch' egli tratta, o per un verso o per l' altro, siano da riporsi tra quelli dei reprobi, e dei tiranni, di cui si loda quasi soltanto l'invocato sparire dalla scena del mondo 1 E come giustificare al tutto le frasi insolenti e mordaci, onde ne viene contaminata inesorabilmente la memoria 1 E non dovr parere a propria condanna citato or qua or l l' onesto eppur franco Lodovico Antonio Muratori? Noi certamente non vorremmo che per far piacere a chicchessia il Guerrini dicesse bene dell' Inquisizione o dei Pontefici o dei reggitori bolognesi. Tuttavia sono ormai cos note, anzi direi disseccate, le fonti del brutto, che ci sembra cosa pi seria e meglio appropriata ad un erudito di merito quale il Guerrini, il ricercare piuttosto, quando se n'offra occasione, quella parte di bene che pure deve trovarsi nelle istituzioni e nei reggimenti d'altro tempo. C' tanto di nuovo a fare in questa parte, pi che non si creda. E sarebbe stato ottimo consiglio il ricordarsene, quando s'intendeva di togliere all' obblio il povero nome del valente cantastorie bolognese. Ci perdoni il chiarissimo autore; ma per noi come per lui:

Alticu Cicera, amiclU Plato, ,ed magil amica Verita.


C.
FRANZI.

Deil' aSledio di CrBmona (1446). c.-onl\ca inedita di


SOMMI.

MALADOBATO

Firenze, a spese dell' editore, 1880. Edizione di soli 300 esemplari.

Se Maladobato Sommi avesse, dettando la narrazione degli avvenimenti compiutisi nell'assedio di Cremona 1'anno 1446, potuto Clln~re la sorte che si preparava al BUO Memoriale, non a dubitarsi che se De sarebbe altamente rallegrato. Qual migliore compenso infatti alla sua fatica di questo dal caso concessogli, che il 100 obliato, anzi intieramente ignoto opuscolo, uscisse alla luce per lO

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opera di nn erudito nipote Y Il Marchese Guido Sommi Piceuardi, gi noto agli studiosi per altro importante scritto sulla storia di Cremona, ebbe in dono, a quanto esso stesso racconta, il Codicetto, che proveniva dalla Biblioteca Almerici di Pesaro; dell' opera di Maladobato, codicetto unico certamente, forse autografo, ma senza dubbio, se non tale, esemplare inviato dall' Autore stesso a Pier Giorgio Almerici, nobile 'pesarese, che aveva sostenuto in Cremona la carica di Podest. A quanto Malll.dobato scrive e nella lettera all' Almerici e nella dedica a Cicco Simonetta, il famoso segretario ducale, egli intendeva, narrando le vicende dell' assedio sofferto dai cremonesi, porre in chiaro la verit, non facile a conoscersi prople,. "arietatem lam~ et locorum distantiam et animo rum di1!ersitatem. E difatti negli istorici del tempo si hanno dell' assedio ricordi poco precisi; e se si eccettui, a giudizio nostro, il Corio che ne parla piuttosto diffusamente, gli altri cronisti tutti e in special guisa i cremonesi, non offrono che notizie generiche e troppo succinte. L'opuscolo di Maladobato, vissuto quando si svolgevano i fatti che esso narra, viene molto a proposito a colmare tale lacuna. Dell' inimicizia che per il genero Francesco Sforza nutr sempre Filippo Maria, duca di Milano, e della guerra or palese ora occulta, secondo g'li tornava utile, che sempre gli mosse, fanno testimonianza tutte le operazioni sue c tutta la sua vita. Non perci meraviglia che, quando per mala volont di Alessandro d'Este da una parte, e per i casi della guerra dall' altra, lo Sforza si trov costretto a difendersi. contro i nemici potenti che gli avevan tolte le Marche, il Duca pensasse subito ad aggravare le sue condizioni e cercasse di togliergli Cremona, data da lui, come notissimo, allo Sforza qual dote di Bianca Maria. Tent quindi Filippo di sedurre i cremonesi e corrompere le soldatesche dello Sforza; ma non riuscendo in tal guisa, si volse. all' inganno e coll' appoggio di Orlando Pallavicino, capo dei ghibellini di Cremona, form il progetto di sorprendere con le sue truppe la citt, che il tradimento di un Giovanni Schiavo, soldato sforzesco, doveva aprir loro. Ma il colpo fall; e l'esercito ducale condotto dal Piccinino e da altri capitani, varcato il Po la mattina di Calendimnggio, si schier dinanzi 8 Cremona, per gi ungere coll' assedio ad ottener quanto non avevasi fatto col tradimento. Dalla subitanea ed impreveduta apparizione dell' esercito ducale dinanzi 8 Cremona prende incominciamento il racconto di

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Maladobato, che ci informa dei preparativi fatti a difesa dai cremonesi, del ritorno dei capitani sforzeschi in citt, della carestia sofferta e cessata quando le soldatesche ducali abbandonarono per alcani giorni l'assedio e si recaron contro Soncino. Le varie scarawaccie e sorprese, le azioni gloriose di Giacomazzo Guarna da Salerno, che ebbe nel difender la citt tanta parte, le peripezie tutte della guerra sino alla disfatta dell' esercito ducale. che rinchiuso nell' isoletta di Badalogio su quel di Casalmaggiore, tocc gravissima disfatta , sono raccon tate dal Sommi con abbondanza e precisone di particolari. Ma a questo rilevantissimo pregio nell'opuscolo di Maladobato va unito uno non minore, cio uno stile purgato, Dna forma latina, che abilmente maneggiata, acquista calore e vita. Si legga questa breve descrizione di una scaramuccia alle porte della citt. Uno dei capitani cremonesi vuole ardere le case che Iormarauo un borgo fuor delle mura nel luogo dtto la Mosa (1), perch non divenisser di giovamento ai nemici contro la citt:

&.tiuf&t 4aec ip,i ltode,: mittunt pedite, plurim08 Uli08: turba ftOItro"'m jremitll.m 8entit: omni8 accurrit: arma guaeruntuf': cofVliet., fAa.1:imUl fit j alter alterum ferie j multorum membra maent more: fJetant ,caramuciam perficere guod statuerat j illum inco.g.itJWI fJelte rurali feriunt mortali iet. Quid plura? intrutlunt 1OI1ro, ifl.tra urbem ferro et i!lne (p. 19). E cos potrebbero essere
rammentati altri luoghi (la descrizione delle prodezze del Guarna a pago 24 ad esempio) nei quali il nostro quattrocentieta mostra di essersi educato sovra i classici esemplari, che imita anche introducendo nel suo racconto varie orazioni (2). E perci non meno importante il libro di Maladobato per la storia dell' assedio che per lo studio delle condizioni letterarie della citt di Cremona nel secolo XV. A quella schiera di eruditi e di letterati, di cui le opere giacciono inticramentc sconosciut ed i nomi. 800 quasi egualmente ignoti, come Niccol Ciria, Raimondo de' Fae(l) Il dotto Edltora in una nota a questo passo, spiega le parole del testo 114 1.111 MolifU, come se si trattasse di Molio, borgata che giace sull' Oglio a quaUro miglia da Canneto. Ma indubitablle che qui si tratta di quel terreno, che era chiamato !II08a, e c1i nome ad una porta, or chiusa, della citt. Oiacch ci torna a. mente, citeremo un luogo di Fra' Salimbene che si trovava a Cremona nel 1247: cum .. . . peneniuent ad quellldam campum, qui elI eetra civ;tlklll CrefNOfIfU et appellatur Jlola \Chron. p. 77J. (2) Una la pronuncia Attendolo Sforza, governator di Cremona (p. 18): l'attra il Simonetta (p. 22) a cui rispondono i Cremonesi.

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chini, Bartolomeo Petronio, possiamo ora anche aggiungere 'Maladobato Sommi e dobbiamo esser grati al signor Marchese Sommi Picenardi che rivendic dall' obblio, corredandola di note e di illustrazioni e d'una bella riproduzione fotografica di un antico ed or perduto ritratto di Giacomazzo Guarua, la importante operetta del suo antenato. F. NOVATI.

OpI,.e .della BilJlioteca Nazionale pwlicate dal ca!'. Felice Le MOfln81' 8 tf:Ce88ori. descritte ed illustrate da CunLI.o RUNEBI
BISCIA. Livorno, Vigo, 1880. Da un trentennio a questa parte non vi ha italiano, che ai libri ponga mente in qualunque modo, al quale non sia noto il nome del cav. Felice Le Monnier, editore della BilJlioteca Nazionaltl, che dalla culta Firenze ha sparso per ogni dove le opere de' nostri migliori antichi e moderni j talmente che non vi publica o privata biblioteca che di que' volumi non sia largamente fregiata. Pochi stranieri hanno ben meritato della patria nostra, come lui, modesto lavoratore, che continua la bell'opra nei successori, coadiuvati l'uno e gli altri da valentissimi uomini. AI favore non mai cessato, del quale prova incontrastata l'amplissima diffusioue dei pnblicati volumi, si deve aggiungere adesso una prova novella nel libro che annunziamo. Cun questo catalogo ragionato delle principali publicazioni Le Monnier, il sig. Raineri Biscia oltre all' utile bibliografico, ha reso un meritato onore all' illustro tipografo, onore che questi divide coi sommi, che furono i Giunti, gli Aldi, i Comino e pochi altri, i quali ebbero nei Bandini, nei Volpi, nei Federici, nei Renouard ecc. illustratori fedeli delle proprie celebrate edizioni. Non gi che la recensione data dal Raineri Biscia si assomigli a quelle dei precitati annalisti. Perch il nostro A" come si vede, ed egli stesso ce n'avverte, ha creduto meglio dilungarsi a considerare il merito letterario delle singole publicazioni, giovandosi di ci che ne dissero i critici pi competenti. La recensione comprende ben quattrocento ottantasei volumi della Biblioteca, cos) che a pi di trecento sommano i cenni ragionati del bibliografo. Nei moltissimi che abbiamo esaminato ritrovammo un' esposizione fedele e succinta delle cose contenute e quella parte di lode, alla quale ogni autore pu aver diritto secondo la variet dei meriti, riconosciuti da giudici vogliam credere competenti nella materia trattata. Ci permettaperb

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l'egregioillustratore di dirgli, che non sappiamo vedere a primo tratto laragione per la quale egli non volle darci pi completo il catalogo, e l'avrebbe potuto con poca fatica, comprendendovi altresr quelle pochissime opere che maucano alla sua recensione. Infatti non crediamo essere stato il criterio assai "ago della maggiore importanza quello, al quale egli abbia, cosi facendo, badato; giacch nessuno, pensiamo, potrebbe porre tra le publicaaon meno importanti alcune delle escluse, quali, per es., le Meditazioni Cartesiane del Mamiani (sola opera filosofica di questo Autore publicata dalla Biblioteca jazionale), la Teorica delta Religione e dello Stato del Mamiani medesimo, la Pilosojia della Storia del Vera, le Lezioni di Storia Veaeta del Romanin, le Storie letterarie Greca e Latina dci Cant, ed altre ancora, mentre furono accolte nel Catalogo le Antologie del Puccianti ed altre opere di molto minor conto dell' escluse. E diciamo questo, perch nell' opere bibliografiche, se difficile, pi che nell'altre, la perfezione, questa poi quasi affatto richiesta, affincb vi corrisponda l',utile che se ne cerca. Oltre modo poi disgusta l'imperfezione, quando quasi voluta, e non presieda alle restrizioni un criterio evidente, come sarebbe se il Catalogo escludesse soltanto le opere di tale o tal altra materia. Nel caso nostro per possiamo ritenere che l'egregio A. supplisca un' altra volta da par suo alle fatte omissioni. Quanto ai cenni esplicativi dell' opere, non dubitiamo di commendare il metodo generale tenuto in essi dall' Autore.. I moltissimi che abbiam letto ci parvero appropriati e fedeli. A quando a quando vi fa capolino la persona stessa del bibliografo, il quale, forse a titolo di ornamento in un lavoro per s stesso nojoso, ci manifesta i propri pensamenti politico - religiosi. Ma diciamo il vero. D' 1-' talia irredenta, di Conservatori Nazionali e d'altro tema consimile, per quanto ci garbino gli altrui pensamenti assennati e generosi, non ci pare il proprio luogo in un catalogo librario, quando il libro stesso non ne parli. In egual modo, a chi vool ricreare la mente stanca di leggere titoli e giudizi di libri, riescono certamente a diletto le venti novelle che si leggono sparsamente disposte nel volume, quali del Boccaccio, di Annibal Caro, del Firenzuola, una graziosissima di Luigi La Vista, ed altre di altri ancora, Ma so codeste uovelle ci mostrano egregiamente essere il sig-. Raineri Biscia appa..~iooato cultore di siffatta letteratura, se approviamo le retificationi e le aggiunte ch' egli ricordava molto spesso doversi fare alle raccolte anche pi accreditate, non ci asterremo tuttavia dal ripetere anche per le novelle, che quanto allo stamparle per disteso DOD

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era questo il luogo. E per nulla tacere, trattandosi di un' opera bibliografica, in cui, come dicemmo, l'esattezza non mai soverchia, non ci pare sempre felice la disposizione delle opere riassunte nella Tavola delle Materie che tien dietro al Catalogo. Vediamo, per es., poste tra gli scritti ascetici le Memorie di Scipione De' Ricci, e molte opere ripetute in luoghi diversi, mentre si potevano mettere in una sola serie determinata o nella Miscellanea. Questo ci che abbiam potuto grossamente notare, scorrendo con molto piacere questo nuovo lavoro bibliografico, il quale per certo non passer inosservato a quanti possedono i volumi della Biblioteca Nazionale. C. FRANZr.
RAIMONDO DI SORAGNA.

Vittoria. la ri?)olta e l'a8ledio di Parma nel 1247. Parma, San Paolo, 1880.

Come si rileva chiaramente anche dal titolo, fu divisamento dell' A. descrivere negli episodi particolari pi importanti lapagiua forse pi splendida che vanti la storia di Parma; quando, al risvcgliarsi della parte Guelfa, la citt, scosso il giogo del secondo Federico, pot resistere con indomato coraggio a strettissimo assedio, c, colto anzi destramente il momento opportuno, abbattere le forze prevalenti del nemico, e distruggere il campo fortificato e la citt ghibellina, Vittoria, gi sorgente in odio di Parma, mentre questa 'era ornai condannata a sovrastante ruina. Non scarsa lode il dire senz' altro, che ben fu raggiunto dallo scrittore il divisato intendimento, ottenendo di coordinare in un tutto armonico e critico le sparse notizie di quel fatto e quelle altre che ad esso anche lontanamente si riferiscono. Le quali notizie date dai sincroni (fra gli altri dal Salimbene) a' tempi in cui si badava pi a fare che a dire, e raccolte poi con molta diligenza dal p. Aff, si leggono qui ricomposte e confortate di quel calore, che senza turbare la serenit della storia, conferisce a diffondere tanta parte di diletto sopra le cose utilmente descritte. Inoltre, se molte sono le storie generali e, dir cos, magistrali, che ci ritraggono Federico Il e i suoi tempi, son poehi invece tra i moderni i lavori nostrali che trattino Con ampiezza gli svariati avvenimenti di quell' epoca fortunosa. L'amor patrio e quella naturale disposizione, che s'impone anche ai pi schivi, di esagerare talora l'importanza del fatto che si narra, avranno forse condotto l'A., anche nolente, ad ampliare, per quanto ci sembra, l'importanza dei fatti parmensi, studiati nelle conse-

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gnenze che ne derivarono per la politica generale. Tuttavia niuno vorr contraddirgli (e i consultati documenti smentirebbero ogni contraddizione possibile}, che non si usasse dal celebre monarca svevo d'innalzare sino alle stelle le geste de' suoi fidi, e ad un tempo deprimere oltre misura l' operato degli avversari, costume peraltro che trova modo di essere anche in tempi da noi men rem~ti. Effetto di ci, oscurit e confusione, cos moleste anche ai pi esperti fra gli studiosi. Di che si potuto talvolta enfaticamente asserire, che la storia di certi uomini e tempi, a paragone degli avvenimenti reali, riesce tutta ad una studiata menzogna. Libero appieno da siffatte incertezze procede l'A., fornito di quella sicurezza che indica l' uomo provetto negli studi. Sicurezza che gli permette ancora di esser franco in giudizi veramente assennati. Al qual proposito crediamo ricordevole quello ch'egli espone nel chiudere il suo lavoro, l dove deplora che cittadini faziosi abbiano poi fatto perdere alla patria il frotta di tanto magnanime azioni, soliti arruffoni che col nome di libert e di popolo sulle labbra non hanno a cuore altro intendimento che l'utile proprio.... Cos col sangue loro se ne fosse disperso l'esempio, come temo non sia: ed forse la triste influenza dei loro successori quello che impedisce cbe almeno con una iscrizione, con un nome apposto ad una via, si mantenga viva la memoria di coloro, che com batterono per Dio e la libert, e percb la lor patria fosse salva e gloriosa . Ed molto ben detto. Non diremo per,) molto bene del libro nella parte tipografica, trasandata alquanto e scorretta.

C.

FRANZI.

Midi.el SeNJet Portrau-Caracure par Henri Tollin, traduit de l' al/emand par M: Pieherat- Dardier, af)ec une biblio!/rapkie des o'/J,f)ra!/es de et sur SeNJet et un appendice en rponse au rcent mlmoire de M. Ckrau Histoire d'un /if)re: Michel Se'l'f)et et la circvlation pulmollaire par CHARLES DARDIER. Paris, 1879.
\

Gli studi che si van facend o intorno a Micbele Berveto, il famoso martire della intolleranza religidsa di Calvino, banno ridestata l'antica questione Bullo scopritore della circolazione minore o polmonare del sangue. Di gi il Zecchinell ',Delle dottri1~e sulla struttura e sullelun-

zw.i del cuore e delle arterie. Padova 1838, pago 12), biasimando
la poca auortezza del Rudio, che nel descrivere la circolazione mi-

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nore (De naturali atgue morlJola cordil c0'4stitutione. Venetiis 1600) us quasi le identiche parole di. Realdo Colombo (De re anatomica. Venetiis 1559 ), e senza citarlo, aveva detto essere probabile che il Rudio, ~edendoli scoperto plagiario del Colombo, abbia da sua part.

esaminato e sooperto B palesato af)eN~e ancAe il Colombo ru.1Jato le prime idee dal Sereet, cio dalla sua opera Restitutio C!ristianismi,
edita nel 1552. Quel ch' era probabile per il Zeccbinelli di venne certezza per il Micha, il quale nella Galerie des cllJrits medicales de la Renaislance. Paris ) 844, pag, 569, scrisse cos: Colombus a eu. l'avdace de se dcerner leI palme, du gnie. Mais le temps a rendu j.stic Michel 8ervet: ce malkeureu:c restera toujours le poi..t de dipart de la ckatne dont Csalpin et Harvey sont les dernierl afllleau. Il dottor Flourens (Journal des 8ar;antl, Aprile 1849, Ottobre 1853 e Aprile 1854) non dubit del pari che la scoperta sia dovuta al Serveto, quantunque ammetta che anche il Colombo debba averla fatta da s, poich egli stesso se ne attribu il merito. Premesso che la scoperta della circolazione del sangue non appartiene, n poteva appartenere, a un sol uomo, n ad una sola epoca i che Galeno, combattendo l'errore di Erasistrate, aveva indicata la distinzione dei due sangui, )' arteriola e il ~enoao, e il Vesalio dimostrata )8 impermeabilit del setto medio dei due ventricoli : questi, afferma il Flourens, essere stati i primi due passi, per cui il Serveto pot fare il terzo i quello cio del cammino del sangue da un ventricolo all' altro, non per il setto medio, ma attraverso il polmone: Fil au-

tem comunicatio kaec, non per parietem eordi medium, ut ~ulgo eredilur, sed magno artificio a datro cardis ventnculo, longo per pulmanes ductu, agitatur ,anguis 8ubtilis.
E Serveto, soggiunge il Flourens, ha scoperto non solamente il vero passaggio del sangue, s ancora il vero luogo della ,anguificazione, della traiformazione del sangue, del cambiamento del sangue nero in sangue rosso; Serveto il primo che pose questo luogo nel polmone; verit che, passata allora inosservata, fu compresa molto pi tardi, e non ebbe il suo pieno svolgimento che per l'esperienze de' fisiologi pi moderni, Goodwyn e Bichat. Ma come mai venne in mente al Serveto d'inserire la descrizione della circolazione polmonare io un libro teologico, qual la

R"titutio Ckristianiami '1


Anche a questa domanda crede poter rispondere il Flourens. Serveto, egli dice, cerca in teologia il senso letterale j accusa tutti,

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e:t:opra ogni altro Calvino, di non intenderlo; ammassa citazioni per provarech' egli Bolo )0 intende. Nella scrittura si legge: anima "' illla1lgflin~; anima ipl6 est sanguis. Adunque poich l'anima
nel sangue, cosi discorse seco il Serveto, per sapere come l'anima si formi, bisogna vedere come si formi- il sangue; per sapere come il sangue si formi, bisogna vedere come si 'muova; ed cosi che ti proposito della Restituzione del cristianesimo egli fu condotto alla formslione dell' anima, dalla formazione dell' anima a quella del sangoe, e dalla formazione del sangue alla circolazione polmonare. Con maggior ampiezza di cognizioni speciali n' attribuita la scoperta al Servctc dal sig. Tollin, pastore evangelieo a Magdeborgo, nell' opuscolo: Die Entdecltu1ag des Blutkreislau.fs durck Mic!ad 8eNJet, Iena 1876, uno dc' tanti lavori, frutto di assidue e profonde ricerche, ond' egli, da oltre 20 anni, va illustrando la vita e le opere di quell' infelice. E la stessa opinione espose sommariamente il sig. Carlo Dardier, pastore della chiesa riformata di Parigi, in nn suo studio sul Serveto, inserito nella Re"ue nistorigue del Maggio e Giugno 1879. Poco stante anche il dottor Achille Chrau, bibliotecario della facolt medica di Parigi, in UDa sua memoria che ha per titolo: Hiltoire ti' un li1)re; Mickel 8eNJet et la circulation pulmonaire. Paris 1879, riconobbe che il Serveto descrisse la circolazioM polIlIOtI4re con una esattezza quasi completa; ma lo accus di esser stato plagiario del Colombo. Indi l'esame critico di questa memoria che fece il sig. Carlo Dardier, e del quale stimo prezzo dell' opera compendiar qui le conclusioni. publicnto in appendice alla tradnsione francese, fatta per cura della sedicenne sua figlia, dell' opuscolo del Tollin: Cnaraltterbild Micnael Servet's. Siccome l'opera del Colombo De re anatomica comparve nel 1559, cio sei anni dopo il libro del Serveto publicato a Vienna del Delfinato nel 1553, e del quale non si trovano ora che tre esemplari, DDO nella biblioteca nazionale di Parigi, l'altro nella biblioteca imperiale di Vienna, il terzo, scoperto di recente, nella biblioteca della Universit di Edimburgo, cos, per poter accusare il Serveto di plagio, bisognerebbe provare o ch' egli abbia appreso la grande IK:Operta assistendo alle lezioni del Colombo in Padova, o che la gli li, stata comunicata da qualcuno de' suoi allievi. Manca invece ogni fondamento e all' una e all' altra ipotesi. Il Serveto non fu in Italia che nei sette mesi che vi soggiorn l'imperatore Carlo V in occasione della sna incoronazione a Bologna, dall' Agosto 1529 all' Apri-

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le del 1530. Egli era allora paggio o segret.ario del dottor QuintllnB. cappellano e poi confessore dell' imperatore. E ognun sa che il Colombo cominci a dare uno corso di lezioni in Padova soltanto nel 1540 per desiderio del suo maestro, il Vesalio, stato condiscepolo del Serveto nella scuola di medicina a Parigi, e che non occup la cattedra di chirurgia e anatomia che nel 1544, dopo la partenza del Vesalio per la Spagna. N v' ha prova alcuna che la grande novit fisiologica fosso conosciuta da quegli italiani che il Serveto invi nel 1537 al decano della facolt medica di Parigi per acquetare il tumulto sorto tra i medici della capitale in causa delle sue lezioni sull' astrologia. In ogni caso quegli italiani non potevano essere discepoli del Colombo, il quale a quel tempo era ancora uditore e preparatore del VesaIio. Che se il dottor Chrau fa ritornare il Serveto in Italia verso il 1540, il Dardier gli oppone quel ch'egli stesso aveva detto poc'anzi e poi dimenticato, essere cio stato il Serveto dal 1539 fino al 1542 correttore di stampe a Lione. La maggior parte di quel tempo, soggiunge il Charlier, pass il Serveto a Cbarlieu dove esercit per tre anni la medicina. Vero che il Colombo nella dedicazione della sua opera a papa Paolo IV dice di averla incominciata molti anni innanzi (quo alJhinc multo8 ann08 inckoa'Dl1ram: ; ma non dice gi di averla scriua, come si esprime il dottor Chrau. Non lecito dunque pensare cbe il Colombo, nel dar l'ultima mano alla sua opera, vi abbia aggiunto le pagine relative alla scoperta solo allora che conobbe il libro stampato o manoscritto del Serveto '? Al qual proposito il Dardier mette in sodo il fatto che molti anni prima del 1553, ch' l'anno della publicazione a stampa, giravano alcune copie manoscritte della Re8titutio Ckri8tianismi. Una di queste, autografa, mand il Serveto nel 1546 al Calvino, e fu la causa principale della sua condanna a Vienna del Delfinato e poi del suo supplizio a Ginevra, essendo i passi incriminati dagli inquisitori tolti appunto dal manoscritto. Ne mand un' altra anche al Melanctone. Ora s'egli ha mandato delle copie a' suoi avversarl, si pu ben credere che ne avr pur mandate a' medici suoi amici di Venezia o di Padova, i quali non avendo allora quel disprezzo dell' elucubrazioni teologiche che hanno adesso molti dei loro colleghi, potevano benissimo pe8car, la teoria del mO'Dimento de/sangue in mezzo alle acqUl toride, come le chiama il dottor Cbrau, della Restituzione dBl cri8tianesimo.

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E nelle copie manoscritte crede il Dardier che si trovassero gi i passi famosi che si leggono nel libro stampato, e proprio nel capitolo sullo Spirito Santo, dove dimostra come lo Spirito Santo esercita la sua azione sul corpo dell' uomo, come in un tempio divino. Lo crede j perch il Serveto non poteva ammetterli, essendo ciintimamente connesso col suo sistema teologico, e percb si trovano in fatto in quel manoscritto della biblioteca nazionale di Parigi che il dottor Chrau dichiara di aver cercato in vano, ma fu veduto ed accuratamente esaminato dal sig. Tollin nell' inverno del 185859, e poi dai signori Gordon de Be1fast e Stelnthal di Manchester. Il qual manoscritto registrato: Bib], la Vallire 162, ca talog. 912, apparteneva al contemporaneo del Serveto, Celio Orazio Cnrione, libraio di Basilea, figlio del celehre Celio Secondo Curione stato a studio in Padova, ed copia di un manoscritto anteriore per lo meno di sette anni al libro stampato nel 1553. Non meno notevole la parte in cui il Dardier ribatte gli argomenti adoperati a dimostrare incapace il Serveto di tanta scoperta. Il dottor Chrau, in prova dell' indole sua appassionata, fantastica, battagliera, febbricitante, adduce la testimonianza del decano della facolt medica di Parigi, il quale racconta a modo suo il processo intentoto dai medici della capitale contro il Serveto per aver questi detto in un corso publico di lezioni ch' era necessario anche ad essi di conoscere l'astrologia in quanto concerne alle cose naturali. Le contrappone il Dardier un documento pi autorevole, il protocollo del processo, registrato negli atti del parlamento e rprodotto da C. E. du Boulay nella sua storia dell'Universit di Parigi, da cui si vede che se la Corte suprema ha ingiunto al Serveto di portar rif7erenza ed.()lJlJedienza ai suoi maestri e precettori, come si conviene ad un buono e notabile discepolo, ha nuche imposto ai dottori della facolt di trattar lui dolcemente e amabilmente come /alM i padri coi loro .fluii. Non era egli dunque, prosegue il Dardier, uno scolaro di poco conto. Aveva allora 26 anni, e aveva gi non solamente publicato un trattato di terapeutica (Syroporum uni17ersa ratio) le cui cinque edizioni, in dodici anni (1537, 1545, 1546, 1547, 1548) attestano il valore scientifico e pratico, si ancora tenuto un corso publico di lezioni. Ed uno de' suoi professori, Giinther d'Andernach, nell' opera di medicina data alle stampe nel 1539 in Basilea, fece di lui e di Andrea Vesalio, stati suoi preparatori per le lezioni di anatomia, il pi ampio elogio. Disse del Serveto che l'aveva abitualmente as-

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sistito nelle sue dissezioni, ch' era eccellente in ogni genere di letteratura, e che non la cedeva ad alcuno nella conoscenza della dottrina di Galeno. Fatto , soggiunge il Dardier, che innanzi al 1553 nessuno parl mai della circolazione polmonare. E dopo quell' anno sorge tutt' a un tratto un gran numero di opere di medicina, in coi la mirabile teoria dichiarata e pi o meno felicemente svolta. Nessuno de' loro autori parl, vero, del ~erveto. Ma ci non fa meraviglia. al Dardier. Gliene farebbe anzi il contrario. Quegli autori, egli dice, avrebbero avuto a. che fare con la inquisizione, se solamente avessero lasciato supporre di aver avuto tra mano il libro maledetto, manoscritto o stampato, dell' eretico. Del resto tutti quegli autori, tranne il Colombo (quotl nemo kactenul aut animatlt>ertit,

aut Icriptum reliquie, licet ma:.cime lie ab omnibul animatl'Derlendum), se tacquero il nome del proscritto di Vienna e di Ginevra,
non si attribuirono per la gloria della. scoperta. Ma perch anche il Serveto non ha. detto che la gli spetta.? Il Dardier cerca rendersene ragione, adducendo l'ardente suo desiderio di approfondire la scoperta, e l'animo suo assorto nell' idea teologica, al trionfo della quale faceva concorrere tutte le forze della mente, tutti i risultati de' vari suoi studi. D'altra parte, soggunge, s'egli non dice di esser stato primo ad osservare il vero cammino del sangue, entra nondimeno nell' argomento con una certa solennit, affermando di rivelare una filosofia divina (Dif)inam .tic
p~ilolopkiam

atlju'Il(Jam).

Un' ultima. prova reca. il Dardier, e questa reputa. decisiva. Mette i passi delle due opere, del Colombo e del Serveto, a riscontro, e mostra. che il primo adopera termini identici a quelli del secondo per ispiegare la. teoria. della. circolazione polmonare nei punti pi importanti:
BERVETO 1546 E 1553. Longa per pulmones ductu agitatur saugus. Flavus efficitur ... inspirato acro
CoLOMBO 1550 E 1590. Sangus ob assiduum pulmonum motum agitatur. Tenuis redditur et una cum aere miscetur. Tandemque ad sinistrum cords ventriculum deferuntur (mixti sanguis et aer). Vena arteriosa magna est satis ... vas est satis insigne. Vena enim baec arterialis praeterquam quo sangulnem pro sui almen-

mlscetur.
Ha tandem a sinistro cords ventriculo totum mixtum per dlastolem attrahitur. Magnitudo insignis venne arteriasae, quae nec talls, nec tanta esset, nec tantam a corde ipso vim purissimi sanguns in pulmoues emitteret ob solum

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eoPllm nntrlmentum ... Ergo ad alnm nsnm elfunditur sanguis a corde. Cum sangua non sit extra vasa.
to defert, adeo ampIa est ut alius usus gratia deterre possit. Non adest ... sanguis extra propria vasa.

Realdo Colombo, conchiude il Dardier, deve dunque aver avuto davanti l' opera del Serveto.
GIUSEPPE DE LEVA.

GlorU Ve1Iete. Versi dell' Avv. G. B. LANTANA. Venezia, Tipografia


Istituto Coletti, 1880. Quatt' anni fa, il chiarissimo a vvoca to G. B. Lantana nveva publicato un volume contenente poesie di vario argomento, e commemorazioni d'illustri avvocati defunti. S'era ispirato a sentimenti religiosi e patriottici, e preferendo fra le forme poetiche il sonetto, in cui pi facile invidiarlo che superarlo, aveva cantato uomini e glorie di Venezia. Dciauove erano i sonetti patriottici, e fra questi uno solo era stato composto dall' autore nella sua giovinezza, mentre assistevo sila ricol1ocazione dei quattro famosi cavalli sul pronao della nostra basilica. Quel sonetto manifestava il sentimento e la forza poetica de'suoi anni pi lieti; gli altri composti in et pi matura, la massima parte ad ottanta e pi anni, facevano conoscere con meraviglia quanto poco l'estrema vecchiezza g'li avesse nociuto in ci che si riferisce alle opere del cuore e dell' ingegno. Piacque il bel volume; e, fra le lodi che gli vennero dai pi riputati giornali, si manifest il desiderio che i sonetti patriottici fo!lBero continuati. Il chiaro e venerabile Nestore de' nostri avvocati non tard ad appagarlo j ed ecco ch' egli offre ai suoi concittadini altri sessant' uno sonetti tutti scritti recentemente, che uniti agli altri diciannove formano una raccolta di canti nazionali col titolo GlM Veflete in cui illustrata ne' suoi principali avvenimenti tutta la storia di Venezia. Il libro comparisce in buon punto, poich per opera delle autorit cittadine si sono ridestati da qualche anno gli studI Bulla famosa Republica. L'autore ebbe il generoso pensiero di stampare il suo libro a benefizio di due nostri Istituti di educazione; e cos il suo libro si presenta ad un tempo come opera di patriottismo e di beneficenza. Nella glorificazione di questa illustre citt, l' avv. Lantana non ha dimenticato quasi nulla; e dico guasi perch Venezia nelle sue

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grandezze davvero inesauribile. Mancnno ancora alcuni nomi illustri nella patriottica raccolta; e fra questi mi limito ad accennare quei due fratelli Zeno che assai prima di Colombo visitarono una terra americana, la Groenlandia; e quelli gloriosissimi del 6arpi e di Goldoni. Ci dico ad onore della citt, non ad indiscreta esigenza verso l'autore, il quale nella sua prefazione non si dissimula punto che la storia veneta offre in fatto di valor personale, di scienza militare e di virt civili e politiche non pochi argomenti c che potranno, scriv' egli, in appresso trattarsi o da me se la vita mi basti, o da penne della mia pi felici . Desidero vivamente che possa essere la sua. Questa raccolta corredata da cenni opportuni sui fatti a cui si riferiscono i' sonetti, un eccellente prontuario per lo studio della storia veneta. Gli eroi di Venezia si presentano ad uno ad uno dinanzi al lettore, come si presenterebbe il soldato al suo duce, cio mostrando le ferite ricevute in battaglia. Molti d'essi narrano la loro storia, o manifestano i sentimenti che mossero il loro animo nel momento della loro vita illustrato dal poeta. Cos\ parlano animosamente Pietro Tribuno doge, presso a combattere contro gli Ungheri, il doge Domenico Michiel all' assedio di Tiro, Andrea Dandolo dopo la battaglia di Curzola, Vettor Pisani, Antonio Loredan, Biagio Zuliani,. e tanti altri sommi, pei quali l'autore, malgrado l' angUl~tia del sonetto, trova spesso nobili c giusti paragoni specialmente coi grandi uomini di Roma, per dimostrare quanta parte delle glorie romane trovi la sua continuazione nelle nostre. In questi sonetti la chiarezza del concetto non nuoce mai alla purezza della lingua e alla nobilt della frase j tutti spirano amor patrio, e fa meraviglia che abbia potuto scriverli con tanta forza chi s\ inoltrato negli anni. Bastano queste parole a far conoscere che molti d'essi sono un vero gioiello, e chi voglia assicurarsene non ha che a leggere quelli da me accennati pi sopra, e quelli di Marco Polo, dell' ignoto nuotatore, di Francesco e Jacopo Foscari, di Anna Erizzo, di Leonardo Loredan, di Cristoforo e Girolamo CaDal, della guerra di Candia, e di Angelo Giacomo Giustinian davanti a Bonaparte. Mu oltre questi anche gli altri brillano di notevoli bellezze j alcuni in cui si parla delle istituzioni di Venezia fanno meraviglia per la felicit con cui Dei quattordici versi e malgrado le difficolt della rima, fu fatto cenno di utili ordinamenti pi accomodati alle lodi della storia c della statistica che a quelle della poesia. Devesi an-

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che dar encomio all' autore per la varietll con cui egli seppe trattare faiti militari molto somiglianti fra loro. Mi sembra che il libro Glorie Venete potrebbe essere utilmente impiegato come libro di premio j ed anche come libro sussidiario nelle scuole in cui devesi far conoscere qualche parte della storia patria. In tal caso, non sarebbe necessario ordinarlo fra i libri scolastici, ma solo far s\ che ogni scuola ne fosse provveduto, atfinch l'insegnante potesse leggere e spiegare quel1i fra i sonetti che pi gli piacessero, e farne imparare qualcuno. Certo sarebbe questo un bel mezzo per imprimere nella memoria dei fanciulli alcuni dei fatti pi gloriosi della patria. Ma mi basta aver fatto cenno di ci j e piacemi piuttosto dirigere le pi liete congratulazioni all' autore, ed angorargli prospera e lunga una vecchiezza in cui egli d si bell'esempio di operosit intellettuale a' suoi concittadini. Noi attraversiamo un brutto periodo di transizione, ch' io spero assai breve j in cui, proscritta l'idealit cd ogni santo entusiasmo ed affetto, l'arte s' fatta laida in mezzo alle laidezze, e trascinando gli animi nelle brutture del sensualismo, prepara, se altri fatti non vi pongano ostacolo, generazioni codarde ed epoche vili. Tutte le nazioni possono in dati momenti aver bisogno di trovare nei popoli l'eroismo, l'abnegazione e il sacrifizio, ma sar difficile trovare tali virt l dove le lettere non predicarono che l'immoralit e la bassezza. Ed perci ch' io stringo la mano al vecchio poeta che evoca le glorie del passato, e parla a' suoi concittadini non di corruzione ma dei grandi uomini di Venezia, e delle glorie pi pure che quattordici secoli hanno accumulato sulla citt nostra.

G.

PIERMART1l'il.

Il unurale Alfonso La Marmora, Ricordi biografici per


MASSAI:I.

GIUSEPPE

VoI. unico, Firenze, G. Barbra editore, 1880.

Ci parrebbe mancare ad un dovere se ai lettori dell' Arc1tifJio


Y~to non additassimo i Ricordi biografici del generale Alfonso

La Marmora, or ora publicati dall' ono Massari. Come italiani e come veneziani siamo legati al generale La Marmora da troppi vincoli di stima, di affetto e di riconoscenza perch questo nome che abbiamo scolpito nel cuore non ci torni di sovente sul labbro. Pensiamo alla parte ch' ebbe il La Marmora in quella alleanza fra l'Italiae la Prussia, alleanza che, malgrado le difficolt e le tergiversazioni, fin\ col dare all' Italia le provincie del Veneto, e si vedr che

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senza la sua oculatezza, il suo senso politico, il suo pntriottismo, la sua abilit, non iscompagnata da un' onesta franchezza, questo gran fatto non si sarebbe compiuto. N ci si venga a dire che era ovvio l'argomentare che una rottura fra l'Austria e la Prussia sarebbe stata di necessit un' occasione d'avvicinamento fra l'Italia e la Prussia con possibili vantaggi per la prima, che un tale concetto conformavasi colle aspirazioni del partito liberale italiano e con la tradizione cavouriana, perch rester sempre al La Marmora il merito d'aver saputo attuare un tanto concetto. Si pensi piuttosto ai sentimenti di ripulsione da cui son dominati i popoli di razza tedesca verso l'Italia, non gi come la terra del sole, dell' amore, dei canti, ma come la patria degli italiani insofferenti d'ogni giogo straniero, e si converr come il compito altamente patriottico del La Marmora fosse irto di preasoch insuperabili difficolt. Ma, nella lunga vita del generale, l'opera diplomatica per l'acquisto del Veneto non che un breve episodio; perch tutta la sua vita egli spese in fare forte, agguerrita, libera e rispettata l'Italia; e l' ono Massari ben merit del paese illustrando la vita d'uno dei pi grandi caratteri del nostro risorgimento. L' ono Massari fu proprio fortunato nella scelta dei soggetti delle sue biografie: prima il Gioberti, poi il Cavour, poi Vittorio Emanuele ed ora il La Marmorn, tutte figure in cui doveva deliziarsi la tendenza ottimista del valente biografo. Nell' ultimo lavoro che bramiamo far conoscere ai lettori dell' .A.'I'cki1Jio Veneto riscontriamo le stesse doti degli altri suoi scritti, e soprattutto quella moderazione, non affettata perch sentita davvero, tanto difficile in chi ascritto ad un partito pel quale non volgono ora i pi lieti giorni. Si potrebbe dire che egli volle mettersi all' unissono col suo lodato, modello di onest, di patriottismo, di moderazione; per siamo d'avviso che l'ono Massari avrebbe serbate le stesse idee, dati gli stessi giudizi anche se si fosse trattato di parlare d' un uomo d'altre tendenze. Del resto egli non un panegirista, n un lodatore diffuso che d importanza alle pi piccole cose, ma non c' pericolo lasci passare un fatto, un' occasione per mettere in chiara luce quanto poteva far conoscere la parte che negli avvenimenti ebbe il generale La Marmora. Lontano dal1e forme ampollose dello stile elogistico, dalle frasi reboanti, dai luoghi comuni degli storici politici, egli si mantiene uno scrittore alla buona, il degno biografo d'un uomo che non sapeva che cosa foss la ciarlataneria; e, quantunque nutrito di forti studi, non fa pompa

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di citazioni. e dalla sua lunga pratica della vita politica non attinge se non quel tanto che ha relazione col suo argomento. N gli si pu muover rimprovero Be spesso simetle in mostra come vecchio amico del La Marmora. il che lo onora moltissimo. e se come antico direttore della Gazzetta UjJlciaZe si presenta come attore, anche subalterno, in qualche scena memorabile della storia degli ultimi avvenimenti: il fatto esisteva, e sarebbe stata nell' ono Massari falsa modestia l'eclissarsi affatto, o tacere certi particolari solo percb sarebbe stato necessario nominare anche se come attore o spettatore. Il che ci rammenta il fatto che di questi giorni mena Dn certo scalpore in alcuni giornali, cio quello da cui appare che if,.OIi gridi di dolore. la nota dominante dell' indimenticabile discorso di Vittorio Emanuele del lO Gennaio 1859. furono suggeriti a Cavour dallo stesso Napoleone III. che pare volesse affrettarsi a finirla coll' A.ustria. Veramente non sappiamo come, per combattere i moderati, si approfitti di questa rivelazione dell' ono Massari per rinfacciare al capo del partito la sua servilit verso Napoleone; pensino piuttosto che se Napoleone non avesse sposata la nostra cansa, egli non avrebbe rimurchiata dietro di s la Francia, e che senza la Francia. chi sa per quanto tempo ancora i trattati del 15 avrebbero pesato sopra l'Italia; e poi non forse vero che fra il Cavour e la sua politica, da una parte; e i cavouriani, o quelli che si danno per tali, e la loro politica dall' altra, ci corre di molto'? Almeno si si conceda questo e si ringrazi Napoleone d'aver osato questa. volta ancora pih del Oavour. Questi Ricordi si leggono tutti d'un fiato perch 1'argomento non solo attraente per quella vena di drammatico che ha questa vita di soldato. di 1000ri,l, di cittadino, di deputato. di ministro. di diplomatico. ma altamente istruttivo. Poche vite come quella del La Marmora furono pib nobilmente ed utilmente spese. poche vite pi della sua esemplare in ogni cosa, poche fanno spiccare il bisogno pi altamente ed urgentemente sentito in Italia, quello cio d' DD carattere fermo. franco e leale anche nei cupi avvolgimenti delIa politica. Povero La Marmora. il dover suo 'ei l' ba compito con l'abnegazione del soldato e la rassegnazione del martire. Basta leggere l'ultimo periodo della sua vita militante per comprendere i dolori di quel nobile cuore trafitto dagli strali della calunnia, e peggio ancora dai sospetti ingiuriosi. A che gli valse l' intemerata coscienza, a che il fortunato successo. quello intorno al quale lavor. COn tanto ansioso amore, se. questo ottenuto, l'uomo leale, il pa11

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triotta fu dimenticato e lasciato da un canto? Perch il giorno del solenne ingresso del re in Venezia, La Marmora, l'uomo che s'era tanto adoperato per ricongiungere alla gran patria italiana questa nobile parte che da tanti anni sospirava la sua liberazione, La Marmora non fu invitato. Ben vero che Venezia, comprendendo quanto dolore doveva avere recato al grand' uomo tale dimenticanza, chiamiamola cosi, tent del suo meglio di lenire tanto e S'l giusto dolore, e il Municipio interprete autorevole dei sentimenti di queIta popolazione, cui non fecero mai difetto n il senno n il patriottismo, invi al generale La Marmora il seguente indirizzo: Venezia, 12 No~emre 1866. c Nell' entusiasmo di questi giorni solenni fra tante persone care a noi e all' Italia che convengono da ogni parte della penisola Il salutare questa Venezia che solleva finalmente la fronte depressa e s'abbandona lieta e fidente in seno all' italiana famiglia, noi abbiamo cercato invano una nobile e severa figura, la vostra, o llustre generale, ,. Nessuno a Venezia dimentica-il soldato di Crimea, il collega del conte di Cavour, il ministro che ha stretto 1'alleanza con la Prussia, che ha portato contro il nemico d'Italia un esercito cos) mirabilmente ordinato da non lasciare altro dolore che di vedere troppo presto ed altrimenti che con le armi raggiunto lo scopo per cui scendeva in campo. Noi preposti al Comune di Venezia, la quale trasse s largo frutto dalla sapiente opera vostra, sentiamo il bisogno di paleearvi il nostro sentimeuto e dovere di farci interpreti di quello dei nostri concittadini, indirizzandovi una parola di affetto sincero e di devozione profonda. Noi saremo ben lieti, o generale, se voi l' accoglierete come una prova che l'ingrato oblio non difetto degl' italiani . Al qual nobile indirizzo con animo grato e dignitosamente rispose il La Marmora. Anche in altr~ occasione, cio a proposito d'una sua lettera ~,li ,llllori di Bulla, gli fu inviato dai veneziani uu indirizzo coperto da migliaia di firme di persone di tutti i ceti, ed anche quelto esprimente sentimento di affetto e gratitudine. Le lodi del generale La Marmora son presto dette quando si aggiunga che fu uomo di studi sert e pi vasti che non si creda, e che fra questi prediligesse gli studi militari e sui libri e coi viaggi in ogni parte d'Europa, che come ufficiale superiore fu severo e

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zelante della disciplina, ma buono ed umano sempre anche in guerra, che merit la stima d'eguali, di superiori e d'inferiori, di compatriotti e di stranieri che non potevano non sentirsi attratti verso IIn uomo che ai modi affabili e cortesi d'un gentiluomo accoppiava coltura, dignit e lealt scrupolosa nella trattazione degli affari pi delicati. Non c' che dire, il generale La Marmora fu, come si suoi dire, un uomo tutto d'un pezzo, ch data l'occasione, si mostrava consigliere severo ed anche oppositore accanito quando la sua pratica e la sua coscienza glielo imponevano, come ad es. nella giornata del 3 Maggio 1859 in coi, dopo un pi che vivace diverbio col re, che s'era incocciato in una mossa che disapprovava il La Marmora, questi la vinse per la fortuno d'Italia, ma giammai smentendo la sua riverenza e devozione alla persona del re. Di uomini come il La Marmora e non di cortigiani, n dei grandi n del popolo, non di ciarlatani, l'Italia ha bisogno, e dobbiamo esser grati all' ono Massari che senza astii, senza declamazioni ce ne porse in questa biografia un utile ed imitabile esempio.

o. O.
ATTILIO PORTIOLI. La Zecca di MantofJa. Parte I e II, ciascuna con tavola litografata. Mantova, tipo Mondov, 1879-80, in 8. di pago 118-76. Non tutti sanno che il sig. Attilio Portioli, autore di numerose memorie patrie, aveva in animo di scrivere una storia politico-economica ed artistica della sua Mantova j la qual citt, e per il nome dei Principi che la signoreggiarono, e per la sua importanza militare, ebbe larga porte, non solo negli avvenimenti italiani, ma s ancora negli europei. Distolto dall' attendervi per le molte difficolt della impresa, non tralasci egli tuttavia d'illustrare con pnblicalioni svariate le cose risguardanti la sua citt. Fra gli altri poi l'A. non volle pretermettere l'argomento della Zecca cittadina, senza dubbio la pi vaga fra le italiane per la variet degli emblemi, e non inferiore ad. alcuna per la finezza dei con, a lavorare i quali i Principi manto vani richiedevano l'opera di artisti valentissimi. Dtlla qual Zecca mantovana, come di ogn' altra cosa remotissimo, non si conosce propriamente l'origine j perch manca il documento della 8ua istituzione. Pure egli certo che a Mantova esisteva la zecca sino dal secolo X. Anzi al Muratori parve cosa di gran conto, che una piccola citt avesse la zecca, quando non l'avevano se non

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j e nelle Antiquitatea medii aef'i l'illustre storico Modenese public il diploma di Ottone III (997) che ne fa fede. Ma anteriore a questo esiste il diploma di Lotario (945), publlcato da Leopoldo Camillo Volta nell' Origine della zecca di Manto'Oa (Bologna, Dalla Volpe, 1782). E devesi notare che questi due preziosi documenti non accennano ad originarie concessioni, ma a conferma di precedenti anche pi antiche. Lasciando ai dotti di professione l'entrare nelle minutezze della materia trattata dall' A., ci limitiamo a notare, che non gi questa una pura e semplice rassegna della moneta j ma che vi si aggiunge la narrazione di quei fatti politici, economici ed artistici, dei quali la moneta snol essere l'espressione ed il monumento. I periodi storico - politici di Mantova, corrispodenti ai periodi numismatici sono quattro principali. Il feuda16, cio quello della prevalenza degli imperatori franchi e germanici, a cui corrisponde la specie di moneta ritenuta comunemente per t'eIcof)Ue j poich, sebbene non sia affatto chiarita la questione, se i vescovi avessero in Mantova durante il medio evo un vero dominio, tuttavia indubitato ch' essi furono privilegiati del diritto di zecca. Al periodo feudale segue il republicano, a cui corrisponde la moneta municipale j quindi il gonzag/tesco, e finalmente l'austriaco colla moneta corrispondente dei Gonzaga ed austriaca, sino all' ultima coniazione fatta da Maria Teresa nel 17;)8, e legalmente sino al 1785, anno da cui data il decreto che sopprime l'autonomia amministrativa del ducato ed accentra tutto a Milano. Ma questi, che 88rebbero i periodi principaliasimi, quanto alla monetazione si suddividono anche pi partitamente. Onde l'A. ha distribuito il suo lavoro in sette Parti, corrispondenti ai diversi periodi numiswatici indicanti le mutazioni del sistema monetario, determinate come dalle variazioni politiche, cos da speciali condizioni economiche. Queste che annunziamo ai lettori sono le due prime Parti, separatamente publicate. La l. riguarda la Zecca imperiale e podestarile (1256-1328), e vi sta unito un Proemio alla Zecca dei Gonzaga. Si nota che propriamente nel 1256 fu lasciato il pi vecchio sistema monetario, l' imperiale j e fu adottato il veneziano (ad modre". 17enetorum). La II. Parte riguarda la Zecca dei capitani Gonzaga (1328-1432). Le cinque Parti non ancora publicate riguarderanno: 1Il. La Zecca dei Marchesi (l432-1530) j IV. Zecca dei Duca, linea primogenita (1530-1627); V. Zecca dei Duca, linea di Nvej-s (1630-1707) j VI. Zecca austriaca (1707-1785). Finalmente nella Parte VII. l' A. intende di annoverare una quinta specie di moneta,

le maggiori

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cos detta ollitlionale, vale a dire battuta nell' intermezzo di alcuno tra i detti periodi, allorch Mantova era stretta d'assedio. Quivi troveranno luogo anche le notizie mantovane degli anni 1'196-97, 99 e 1848. Se, come abbiam detto, in questa recensione sommaria noi non vogliamo punto parlare, come fa l'A., di parpagliole, corole, colombine, DUllolotti, berlinghe, berrettoni, diamantini, doMe, dob/O#i, ducati di camera, ducati del sole, duca/ani, zecchini, giustilie, bagattini, piccoli ecc., tuttavia ben ci piace rilevare quanto utili

osservaaioni storico-critiche si possano desumere da questo genere di studi. E leggendo questa importante monografia, entrati una volta coll' A.. nella Zecca di Mantova, ognuno pu vedere come parecchie grossissime questioni attinenti alle cose di casa nostra ne ritraggano non iscarso lume. Perocch la moneta (come nota anche l' .\.), specialmente nei secoli andati, non fu semplice strumento di scambi, una merce; ma fu ancora l'espressione del sentimento politico e religioso, della coltura e dell' arte nell' epoca in cui fu fatta. A mo' di esempio, la moneta mantovana del primo periodo, dall' A. chiamato imperiale, a differenza delle altro monete lombarde di Milano, Pavia, Cremona, Brescia ecc., le quali presentano il nome e talvolta anche l'effigie dell' Im pera tore, non porta mai n l'uno n l'altra. E ci prova che il Municipio di Mantova godeva d'una pi larga autonomia. Giunti invece al potere i Gonzaga, i quali per raffermarai nell' acquistata signoria si fecero nominare vicari imperiali, le monete assumono l'insegna dell' aquila imperiale. Abbiam notato pi sopra la mutazione avvenuta nel sistema monetario, quando questo fu ridotto ad modum 'Denetorum. A tal proposito ricordiamo altres che l'influenza veneziana vi predomina cos, che le monete grosse e piccole doveano interamente conformarsi alle veneziane. E ci riusciva di grande utile ai rapporti commerciali di Mantova; perch in tal modo come la moneta veneziana si vedeva affluire nella citt, la mantovana era accettata favorevolmente in tutto lo Stato di terraferma della Republica. Perci avvenivll, che anche allorquando o per causa di speculazione o per copia soverchia si proibiva nel mercato di Mantova moneta straniera, era eempre accettata la veneziana. - Quanto al metodo tenuto dall' A' t avremmo voluto, a scanso d'inutili ripetizioni, che le notizie storiche fossero date, sia pur diffusamente, ma in un luogo soltanto; e qualora si credeva necessario, sarebbe bastato un facile richiamo. Quindi superfluo ci pare, in un lavoro che presenta evidente unit di soggetto, il ripetere nella II. Parte quasi colla stessa diffusione

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le notizie date gi nella 1., intorno alla storia di Mantova innanzi ai Gonzaga. E di queste ripetizioni non affatto necessarie, bench di pi scarsa misura, ve ne ha parecchie. Ma questo lievissimo no, che .{lon c'impedisce di far voti, perch 1'egregio A. ci faccia leggere presto le altre parti promesse di un' opera, la cui lettura si raccomanda caldamente agli studiosi delle cose italiane.

C. F.
Atina Maria Sforza Ipola ad Alfonso d' Bst l'Arte della stampa, 1880. Per le nozze Callaini-Lnciani, il presente opuscolo veniva dedicato dall' amico G. A. Venturi al padre della sposa, cav. Luciano Lucian. un pregevole documento che fa parte di un Codice (Lil1er dif)6f'larwfn dotum, n. 2581) spettante alla biblioteca del marchese Pallavicini di Cremona, trascritto per la fausta ricorrenza dal sig. Francesco Novati, pur di Cremona; e ci riporta il corredo nnziale recato da Anna Maria di Galeazzo Sforza nel matrimonio di lei con Alfonso d'Este, figlio di Ercole I, duca di Ferrara. Nella nati va schiettezza, ch' dote comune a questo genere di documenti, dovea riuscire graziosissima ed assai opportuna publicazione per nozze questa lista de robbe data alla ilI. ma madonna Anna da portare a marito die 22 Jauuarii 1491 Il. tratto dal f. 76, che contiene i documenti riguardanti codesto matrimonio, dei quali si pu leggere l'indice nei cenni illustrativi che vi premette lo stesso sig. Novati. Vi si aggiunge, come complemento alla lista delle rolJlJe, l'enumerasione dei giojelli, tratta dal f. 82 - 83 r. Ma perch nella publicazione nulla fosse a desiderare, vi si leggono innanzi tutto brevi e ben fatte notizie intorno ad Anna Sforza ed al suo matrimonio con Alfonso. Il sig. Venturi che n ' l' autore, le desumeva da fonti note; ma ci non toglie che si leggano assai volentieri le particolarit relative alla bellezza della sposa, 01 suo matrimonio e alle feste con cui fu celebrato in Ferrara. Quando poi Beatrice, sorella di Alfonso e moglie di Lodovico il Moro, si rec a Venezia, anche Anna ed Alfonso furono con lei e colla duchessa Eleonora, festeggiati nel modo che raccontato dal Romanin. Eppure nel 1497, n cosi breve distanza, Anna Sforza dopo un parto infelice scendeva a ventuo anno nel sepolcro; e pochi anni appresso Alfonso sposava .Lucrezia Borgia, la fanciulla dagli aurei capelli, dai grandi occhi espressivi . C. F. Firenze, tipo dci-

VARIET.
I~TORNO

ALL'ULTIMO LAVORO DI G. H. GIULIANI.

A S. E.

ILL. IL 810. DUCA DI SERMONETA

Illustrissimo Principe,
Non so bene a quanti meglio che a Lei si possa oggidi in Italia parlare di cose Dantesche, non tanto per la singolare Sua indulgenza e bont, quanto ancora per la larga dottrina, ond' Ella fece tesoro nelle opere del sovrano Maestro. E fa mestieri, a questo proposito, ch' io nomini le Sue Tre Chiose nella Dioina Commedia (Roma, 1876, 2. a ediz.)? Bench, a dir vero, non potrei tacermi delle Sue Tavole (La materia della Divina Commedia dk/iiarata in sei Tavole - Roma, 1872, 2.n ediz.), come quelle, che, mentre nella princpesca ricchezza, onde uscirono in luce, dimostrano l'animo Suo ai buoni studi liberale, nella materia, che contengono con sintesi maravigliosa, rivelano palesemente quant' Ella sia addentro nella
dottrina, che s'asconde Sotto il velame delli versi strani (bif. IX).

Abuon diritto adunque delle fatiche, che dur nella contemplazione della luce splendiente della sapienza Dantesca, Ella pu ripetere quanto l'Allighieri dell' ultimo della sua alta Visione: o abbondante grazia, ond' io presunsi
Ficcar lo viso per la Luce 'etl'rna, Tanto che la veduta vi consuns ! (Par. XXXIIl).

Vero che se pur questo non fosse, mal saprei a chi meglio rivolger la parola trattando d'una nuova fatica del eh, prof. Giuliani (1), a Lei legato coi vincoli della pi ossequente amicizia: e
Il)

e l'arte dell' Autcm: da lIonnier.

La Cumtliedia di Dante Allighieri j'afermata nel testo giulta la ragiotle GIAloIBATlSTA GIULIANI. Firenze, 1880, Successori Le-

168
questo Le sia ancora indcio d'omaggio riconoscente per la cortese bont, onde da parecchi anni Le piace di onorarmi; che se
Non l'affezion mia tanto profonda, Che basti a render Voi grazia per grazia (Par. IV),

valgami il comune amore a questi studi, valgami il nome e l' affetto dell' egregio Espositore di Dante, il cui sapere negli arcani dell' AIlighieri si profondo,
che, Be il vero vero, A veder tanto non surse il secondo (Par. Xl.

Peraltro, se la riverenza verso il Giuliani in me viva e profonda, e la buona opinione m' chiavata in. mezzo della testa
Con maggior chiovi che d'altrui sermone (Purg. VIII),

nessuno potr per sospettare che essa in me leghi l'intelletto: farei senz' altro ingiuria a me ed al Giuliani stesso se non fossi innanzi tutto fido seguace del precetto del savio Maestro:
La verit nulla menzogna frodi (Inf. XX) ;

che disse anche, riferendosi ad Aristotile: Se due sono gli amici, e l'uno la Verit, alla Verit da consentire (Convito, IV, 8). Dei molteplici servigi con tanta sapienza resi a Dante dalI' industre e verace amore del prof. Giuliani, parmi non sia il minore quello di essersi sobbarcato al paziente incarico di porgere agli studiosi del sommo Fiorentino il testo del Sacrato poema. Quale impaccio al sicuro e spedito procedere del commento rechi la rnoltiplicita delle varianti, non chi noI vegga; ma troppo meglio lo 'sa chi avendo dinanzi a s quaranta o cinquanta alunni, desiderosi di tutto veder chiaro, di sapere d'ogni cosa e perch e per come, con in mano disparate edizioni, si sente ad ogni pi sospinto interrompere e fermare, e chiedere ragione di questa o di quella variante: e alle volte interviene pur troppo di incontrare di sitfatti maestri, che, non drittamente, a mio credere, intendendo le ragioni della vera critica e filologia, con troppo ardore si lasciamo andare a sterili disquisizioni, a congetture di mera pompa;
Sicch le pecorelle, che non sanno, Tornan dal pasco pasciute di vento (Par. XXIX)

Di qui, se ben m'appongo, da misurarsi grande parte del merito che le scuole debbono senz' altro concedere al nuovo lavoro del comm. Giuliani. Certo, com' Ella ben discerne, ottimo Principe, questa non era

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impresa da pigliare a gabbo; e a compierla nel debito modo non ci voleva da meno che la dottrina d'un uomo in tali studi versatssmo, la sua tenace costanza e quel vivo amore, che mentre semema di ogni virtute, gli rende dolce ogni fatica, che torni a onore del suo Maestro ed A utore, e in pr degli studiosi. E nessuno invero meglio del Giuliani n con maggiore autorit poteva entrare animoso nella selva selvaggia di tanti Codici, di tante stampe, e, giusta la Ragione e l'Arte di Dante sceverare la vera lezione. Siffatta autorit del Giuliani la riconbsce non pur l' Italia, ma pur anco la Germania, e quanti son forestieri d'ogni nazione che a Dante professino culto ed amore. Il dottissimo Dantista Carlo Witte, nome carissimo alla Germania non meno che all'Italia, e giudice se altri mai in tali studi autorevolissimo, meritamente encomi il Giuliani pi volte, soprattutto pei suoi commenti al Convito: e L. G. Blanc, altro egregio, chiamava il Giuliani il pi profondo conoscitore della Divina Commedia fra gli Italiani tive1Ui.; e il valente Alemanno dovea dire non gi della Commedia soltanto, ma e si di tutte le Opere, che uscirono dalla penna del grande Poeta e Filosofo. Infatti, ognuno, pur di mezzana coltura, conosce i Commenti del Giuliani alla Vita Nuova, al Canzoniere, al Convito, alle Opere Latine, delle quali gli studiosi attendono con vivo desiderio la publicazione del secondo volume. E per acquistarsi l' autorit incontrastata, onde meritamente gode il valente Espositore di Dante, gli era senza manco mestieri di questo tirocinio di tutta far sua la dottrina, l'arte e la parola del solenne Maestro, rintracciandola in tutto il suo essere or palese, or recondito ai profani, nelle Opere Minori, tenendole dietro con amore perseverante, raffrontando, unificando, per formare quel tutto, che si esplica in Dante in maravigliosa sapienza, e nel suo degno Interprete in maravigliosa arte e destrezza di far conoscere il vero. Delle Opere tutte dell' Allighieri d'uopo dir quello che il Poeta dice de' Beati, che furono Contemplanti in terra,
Pi
O quello
8' abbellivan

che insieme con mutui rai (Par. XXll):

che, altrove, disse de' Beati in genere,


E come specchio l'uno all' altro rende (Purg. XV).

li perch io non potr mai persuadermi che possa punto punto capire e rappresentare agli altri vivo il pensiero di Dante chi delle Opere Minori non fece lungo e accurato studio; ed ecco la ragie-

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ne principalissima perch Ja pi parte de' chiosatori e de' critici non seppero tenere le penne strette diretro al Dittator (Purg., XXIV); onde ai loro lettori spacciarono lucciole per lanterne. Gi useppe Mazzini, che, se non avviluppato in mene settarie, sarebbe certo riuscito uno de' critici pi poderosi della letteratura contem.poranea, parlando del Discorso sul testo del Poema di Dante di Ugo Foscolo, scrisse: Lo 'studio di Dante ha da cominciare dalle Opere Mznorz', ch' ei designava come preparazione al Poema, per conchiudersi intorno alla Dioina Commedia, . . Perch Danta una tremenda Unit, .. , tutto Dante un pensiero unico, seguito, sviluppato . Poteva dunque meglio il Giuliani ovviare a sffatto pericolo, e tracciare agli studiosi di Dante una strada pi sicura 1 Dante con Dante , il suo sistema, avvalorato dall' alta parola, ch' ei si tolse per motto,
Senz'esso non fermai peso di dramma (Purg. XXI, 99) ;

e procede con Dante,


Al suo parlar distrettamente fisso (Par. VII),

n se ne lascia forviare giammai; solenne ammaestramento a tanti, anche in parte benemeriti, che si lasciarono e si lasciano volentieri trasportare all'impeto della loro fantasia, che tanto spesso intravede, imitando nel commento que' predicanti, biasimati dal Fiorentino, de' quali
Per apparer ciascun s'ingegna e face Sue in venzioui; B quelle san trascorse Da' predicanti; B il Vangelo si tace (Fa'" XXIX);

per la qual cosa, perdendo di vista l'Autore, solo e degno interprete di s stesso, non possono che smarrirsi, com' egli chiaramente ce ne porse ammaestramento a guardia e a cautela (Par. II, 1 segg.). Ma il Giuliani tenendo fede al suo principio, sempre pi si restringe a Dante, che sa tuttora all' uopo vendicare la propria ragione (Prefaz. al Convito, pago VII); il perch la rigida critica e la scienza piena lo guarda si, che
Dietro alle poste delle care piante (Inf. XXIII)

nulla pu mai sovra di lui


L'amor dell'apparenza e il suo pensiero (Par. XXIX);

e pare che tutto pronto e pieno di letizia nell' amore del suo Maestro dica al lettore le belle parole:
S'io posso Mostrarti Ull vero, a quel che tu dimandi Terrai in viso come tieni Il dosso (Par. VIII).

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E non se non perch avvalorato da questa dottrina che il Giuliani non isfugge, non iscansa, ma drittamente affronta anche le pi ardue ed intricate quistioni, come mi occorse di dimostrare al-

tra volta; per fin quelle dove Dante finora ai pi pareva contraddirsi; egli mette di fronte le due proposizioni, le disamina sempre attento alle sue inviolabili norme, e ti mostra che Dante in perfettissimo accordo con s; e che l dove altri intravvide contraddizione, non v' ha che un nuovo lembo di fecondo pensiero, che faeendo rifiorire in lume di bella scienza, conduce il suo lettore a discernere la verit chiara cosi, come tutti vedono
Ogni contraddizione e falsa e vera (Par. VI;.

Se non sapessi in quale stima Ella tenga, illustre sig. Duca, le fatiche del Giuliani e quale affettuosa amicizia professi al degnissimo letterato, temerei di averle per avventura recato noia con quanto son venuto discorrendo insino a qui; benche quanto ragionai, ad altro non serva che a dar lume a quello che verr esponendo in appresso. E or vediamo per quali ragioni si movesse, e di quali criteri si facesse scudo il nostro Dantista a darci questa sua edizione della Divina Commedia. TI testo del Sacro Poema, ei dice nella Prefazione (pag. VII), ci pervenne cosi guasto e scorretto, che a volerio ridurre all' originalit primitiva, sarebbe impresa oggimai disperata . I molti Codici infatti, che tuttavia in gran copia ne rimangono, hanno in s delle grandi differenze, colpa degli amanuensi, o ignoranti o sbadati, che seguendo le imperfezioni e la pronunzia del proprio dialetto, trasmutano a capriccio vocaboli e frasi ben legittime e certe. N il danno cessa, allorch in alcuno dei manoscritti si vede trascorsa la penna d' improvvidi letterati, mal disposti o impazienti ad apprendere e stimare per giusta maniera le parole del savio Autore (ivi, pago VIII) . E puraneo difettose ed errate mostransi le prime stampe, non eccettuata laAldina del 1502, derivata dal prezioso Codice Vaticano n. 3199, che il Card. Bembo, non per drittamente, attribui va al Boccaccio, e ch'ei si diede cura di copiare. Su questa edizione s'adoperarono gli Accademici della Crusca, mediante l'esame d'un centinaio di Codici; tanto che nel 1595 bastarono a presentarci la Divina Commedia assai migliore nel Testo, e degna perci di porgere nuovo fondamento alla Volgata, e pi sicuro (id, pago IX). Ma anche que'valentuomini lasciaron correre non poche e gravi mende; onde rest luogo alle correzioni che in appresso vi fecero il Perazzini, il Dionisi, il Lombardi, il Cesari, il Monti, il Biagioli ed

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il Foscolo, il quale libero discorrendo sul Testo di Dante, ne
rivolse gli studi in un campo vasto ed intentato, ma troppo facile a dar frutti pi speciosi che veri li) (ivi, pago X). Ma fra tante calorose dispute e svariate osservazioni de' Critici, non che dalla moltitudine de' Commenti, un segnalato benefizio si ottenne, ed , che siasi consolidata la genuina verit. del Testo Dantesco, riconosciuta dall' unanime e continuo senno della Nazione. Tal verit, quanto alla parte fondamentale della Commedia, e non ostante le infinite accidentali differenze, vuolsi ritenere ferma e incontrastata come il principio da cui muovere, chi brami di conchiudere alcun che di probabile nella discorsa materia li) (ivi, pago XI). . Pigliando dunque le mosse da questo sano principio, facendo nuovi raffronti su pregevoli Codici, alcuni de' moderni Accademici della Crusca (il Niccolini, il Capponi, il Borghi, il Becchi), ricorrendo le luminose tracce de'loro Maggiori, disegnata per fondamento quella del 1595 (gi. riprodotta in meglio dal Volpi nel 1727 coi tipi del Comino), ci diedero la nuova edizione del 1837, che si raccomanda sovra tutte, per averci, in sostanza, ridonata la vera dettatura dell' Autore li) (ivi, pago XIII). Vero che la Critica non si tenne contenta a questo, hench, quanto si fece dappoi, non riuscisse che a- dare sempre maggiore autorit. alla Volgata. Tuttavia il Witte, sagacssimo, del pari che fervido cultore di Dante, vi discoperse ancor troppi errori e imperfetta la critica... Laonde s'indusse nella persuasione che quel Testo, ornai ricevuto comunemente, si fosse trasformato di guisa, che bisognasse applicar la virt dell' intelletto e la conveniente dottrina per ricostituirlo di sana pianta li) (ivi, pago XIV). Ed ecco I' edizione di Berlino del 1852, seguita da quella del Daelli in Milano del 1864. Ma anche il lavoro del Witte, per quanto degno di essere pregiato, non fa che porre l'ultimo sigillo di verit. alla Volgata, che ornai sta incrollabile a qualsivoglia cimento od impugnazione (ivi, p. XVI). Stando le cose in tal guisa, non si pu non accettare il principio fondamentale del Giuliani, che alla Volgata, non altrimenti che a forma esemplare, conviene si rivolga attento lo sguardo di quanti pur vogliono a dritto e con discreta misura indurre nel Testo di Dante nuove varianti. Ma e nella scelta di esse varianti come si deve procedere? La Critica, risponde il Giuliani, insieme con il Buongusto e l" Autorit. de' Codici, parvero ognora le sole guide conducevoli all' intento. Se non che la Critica, siccome il Buongusto, suoI cangiarsi conforme all'opinione degli uomini e dei

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tempi; n sempre all' Autorit de' Codici, propugnata con vario ingegno ed amore, si consente intera fede. Di qui il buio s' affittisse dove pi fanno mestiri una vivida luce, potente di verit per la sincera fonte, da cui si deriva. Or chi, se non Dante, potrebbe esserci buon testimonio della sua parola? :. (ivi, pago XVII). Ora, com' Ella ben vede, egregio Principe, il Giuliani qui nel proprio suo campo, nel quale per vero nessuno gli pu insegnare come bene si semini e come copiosamente si raccolga: Dante con Dante, adunque; e il valentissimo Astigiano per ci stesso non poteva non indursi nella certezza che l'Allighieri non soltanto l'ottimo Interprete della sua Commedia, ma e s\ il pronto e credibile Mallevadore del Testo ~ (ivi, pago XVIII). Per la qual cosa, fra le tante varianti che da ogni lato, bene o male, si accumularono intorno al Testo della Commedui, egli si professa di eleggere sol quelle che meglio rispondono alla prescritta norma. e La quale inoltre, continua il Giuliani, mi persuase di accogliere per legittime e genuine parecchie lezioni, che raramente occorrono ne' Manoscritti e nelle Stampe, e altre che mi parvero quasi da ultimo prescelte dall' Autore stesso nel tornar sovra il proprio laforo. Per contrario, mi vidi costretto a ravvisarne come erronee alcune, tuttoch approvate universalmente; n seppi trattenermi dal riformarle al modo voluto da rigida scienza e dal contesto del discorso ~ (ivi, pago XIX). Ma il degno Critico non creda punto mai che questo suo sia ardimento temerario, per non dire inesr:usabile, com' egli si esprime; per san parole preziose queste, le quali, mentre dimostrano l'alta riverenza in che Dante tenuto dai veramente suoi degni alunni, sono anche documento di modestia educatrice, la quale, bench rara di tanto, sempre dovrebbe, soprattutto in si difficili studi, a/frenar l'ingegno,
Percb non corra, che virt noi guidi (Inf. XXVI).

E reputa Ella possibile, Signor Duca, che il ch. Giuliani sia uomo che possa in niuna cosa, ma in ispezialit rispetto a Dante, commetter mai e mai alcuna temerit? certo no, se egli nella Prefazione al Convito (pag. XIX) scriveva gi: Non la impacciosa farragine delle varianti che si pretende, ma il senno critico per eleggere quelle solamente, che spettano e valgono al proposito, e non sono ignoranze, capricci o trasviamenti degli amanuensi ~. n pi delle correzioni fatte di sana pianta dal Giulieni, e delle quali egli rende conto partitamente, s'appartengono alla terza Can-

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tica; dacch questa, egli dice, ebbe sempre assai meno studiosi, sebbene debba tenersi come il maggior lavoro, dove tutte le facolt. e le scienze dello spirito umano, concorrendo a gara, siansi dispiegate in perfetto e mirabile accorcio (ivi, pago C); parole, che mi richiamano alla memoria queste altre del Tommaseo: Le bellezze della terza Cantica sono meno continue ma pi intense, e, dopo la Bibbia, le pi alte cose che si sieno cantate mai . Se il Giuliani disse reciso: di congetture al presente ci sentiamo stanchi (ivi, pago XX), resta che ad ogni difficolt, ad ogni dubbio, ad ogni intoppo, non ad altri abbia ricorso da Dante in fuori: da gran tempo ei s' abituato a tenere per suo sicuro direttivo l'avviso salutare del suo Maestro:
Riguarda bene a me siccom l io vado Per questo loco al ver, che tu desiri, 5\ che poi sappi sol tener lo guado (Par. Il);

e dal processo del suo argomentare, a me, pare, o m'inganno, che tutto rispettoso e fidente gli chiegga ad ogni tratto: O Luce mia .. ... questo che dice1 (lnf. VIII, 8)
Solvetemi quel nodo, Che qui ha Inviluppata mia sentenza (Par. Xl:

e ben si parr anco a Lei, illustre Signore, che il Maestro accorto, pur riconoscente a questo suo fidato alunno, caramente risponda: Figliuol, segui z' miei passi (Purg. I),
Dd lo ti solver tosto la mente;
E tu ascolta, ch le mie parole
Di gran sentenZia ti faran presente (Par. VII).

E da che altro, se non se dalla parola stessa di Dante affettuosamente meditata, e degnamente compresa pu scaturire tanto lume di vero, quanto, chi voglia essere giusto, ne vediamo in questo nuovo lavoro? A riprova di ci, delle principali correzioni fatte dal Giuliani, disaminiamone qualcuna; ei pare invitarci a seguirlo, e se a Lei, egregio Signore, non gl'ava,
Ora accordiamo a tanto invito il piede (Purg. X\'II, GI). Se la oendetta eterna !l'li dslego (a'. dispiego), Rispose Btazo, laddove tu sia, Discolpi me non poter io far nego (Purg. XXV, 82-34),

cos leggevano l'Aldino, la Crusca, il Landino, il Vellutello, il Daniello e il Dionisi, e quasi tutte le antiche edizioni; ma da ci, Dio buono, per quanto si stilli il cervello, che senso ne pu mai ritrarre il lettore? e di vero, che ci ha mai da fare la vendetta

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euma in Purgatorio,
dove tutto a tempo e nel tempo' Fu per questo che il Lombardi, seguendo la Nidobeatina, si consigli di leggere veduta in luogo di vendetta, pur avendo in suo favore l'autorit di molti Codici, lezione adottata poscia da tutti i moderni; ma se la prima lezione arieggia ad una sciarada, la seconda,' checch se ne dica, somiglia a un loorifo ; e qui mi cade proprio in mente la sentenza del Nostro, che molte fiate addivenne
Che per fuggir perlglio .... , Si fe di quel che far non si convenne (Par. IV, 100);

onde da Scilla si urt in Cariddi: infatti, che vuol egli dire dislegare o dispiegare la veduta eterna? (1) per me buio pesto, e la confusione ne' Commentatori qui proprio al colmo; la quale confusione, chi ben discerna, manifesto argomento che il testo guasto: ora, che cosa domand Dante? domand una cosa semplicissima, cio come in Purgatorio,
L, dove l'uopo di nutrir non tocca (v. 21),

si possa divenir magro Virgilio, che avea detto che ogni dimanda onesta si dee seguir con l' opera (Inf. XXIV, 77), chiama e prega Stazio perch soddisfaccia al cupido ingegno dell' Alunno, sempre acceso di scoprire il dolce aspetto di bella oerit: Stazio, un' anima g6ntile, che fa sua voglia della voglia altrui (Purg. XXXIII), in presenza di Virgilio Maestro sovrano, tutto modesto, pronunzia la terzina recata di sopra, al cui primo verso fino ad ora dagli interpreti di Dante si mosse tanta guerra, e un pochino anche al buon senso: basterebbe questo solo per capire che qui non dee aver luogo ne veduta eterna n eterna vendetta: ma a farla una buona volta finita giungono in buon punto le stringenti ragioni del Giuliani,
Che solveranno questo enigma forte (Purg. XXXIII, 50).

n dotto critico, mostrando innanzi tutto come gli amanuensi abbiano pur in altri luoghi del Poema scambiato interno con eterIO, ed eterno con interno; per tal guisa s'aperse la strada a un dubbio, ad uno di qne' dubbi fecondi, che a guisa di rampollo naICOno appi del vero (Par. IV, 130); fiss quindi la sua attenzione
{Il Un Commentatore moderno, che, se il cielo l'aiuti, dar alla Divina Commedia per lo meno una mezza dozzina di commenti (finora ne diede tre', e che nel voli della fantasia e nelle sferzate spietate a confratelIl In Dante e morii e vivi sovercht tutti, qui giunto dice: " Veduta eterna Provvidenza; e tutto 8lI8liego8Oggiunge: (. Dilpiego, non dillego.~Dillegare la Provvidenza 1I0n Il bello ..: - lo credo anch' io!

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ad un passo di Boezio, autore tra i carissimi a Dante, e tenendosi sempre stretto alle fidate spalle del suo Maestro, con passi illustrativi della Commedia e del Convito, ei legge senz'altro veduta interna, cio la mente .. e la frase slegava la mente, ha per me s viva l'impronta Dantesca,
Che nel suo conio nulla mi s'inCorsa (Pa,.. XXIV, 87).

E di vero, nota il Giuliani, dislegare la veduta interna non pare punto diverso dal soloere o snodare la mente (Par. VII, 22); e io oso sogginngere che se ad accettare la proposta correzione mancassero pnr le forti ragioni addotte dal eh, Critico, per me basterebbe questo passo, al quale, dopo tanta evidenza di argomenti, il Giuliani credette soverchio l'appellarsi:
Pi volte piega L' oplnion corrente in falsa parte; E poi l'affetto lo intelletto lega (Pa,.. XlIl, 118-120).

Del che si pare che la risposta di Stazio a Virgilio quest' essa, netta, chiarissima, e in tutto rispondente al contesto: se io illumino la mente di Dante (disleo la sua veduta interna) in tua presenza, maestro dottissimo, oui ben meglio si converrebbe impartire ammaestramenti, non peraltro il faccio se non perch mio dovere l' ubbidirti ; cio se questo il tuo desiderio ch' io

spieghi a Dante come in Purgatorio si possa dimagrire,


Esser non puotc il mio che a te si nieghi (Purg. l,57).

Se poi ci fosse chi alla nuova lezione facesse il viso dell' arme perch esso non ha l'appoggio de' Codici, il Giuliani risponde a viso aperto: quest' appoggio le viene senza fallo dal Codice dei Codici, che la Ragione e la Scienza di Dante . Che s' ha da dire di tanta valentia 1 ringraziare il degno Critico, che colla sua veggentissima veduta interna disleg la veduta altrui, se: pur vorr da certi legami essere dislegata. E si badi per quali sottili argomenti ei muti in due Giovanni la lezione comune quel Giovanni (Par. IV, 2H); come s (w., IX, 75) e l (w., XIX, 57) sieno mutati in te e in qu/],,, e per quali ragioni spccchiato (w., XIII, 59) e spera (w., XXIV, 30) cedano al luogo a specchiata e a schiera. Ma ai di nostri, illustrissimo Principe, che Dante langue e lo Stecchetti impera" parr dura una metamorfosi, curiosa davvero, a carico del bel sesso. Che in altri tempi certe donnine venissero mutate in allori, in pioppo, persino in rondini, in usinuoli, e, ci che sta peggio, in gazze, forse lo si capisce, chi arriva a capire

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gli spassi, che allora si davano gli Dei e i Semidei; ma cambiar le donne in gonne? mi burlate l tant' ; il Giuliani, che par venuto apposta per iscacciare dal sacro tempio di Dante ogni merce indegna, s'accert che non fu altro che la mal riscaldata fantasia di qualche amanuense che intruse di soppiatto le donne ove il Poeta avea messo le gonne (Par. XV, 101); ond' ei, con molto garbo sl, ma risoluto, rimise le gonne al loro posto cacciandoue le donne, e dall' Albo civile di Firenze chiede che si scancelli cotesta generazione di signore, di origine molto equivoca, e, che se pur furono, non potean essere altro che nonne indegne delle indegnissime Cianghelle (Par. XV, 128), tenerissimo oggetto della protezione di qualche Deputato al Parlamento di quella Nazione, alla quale 1'Allighieri preparo grandezza, che pu, chi ben legga, essere anche racchiusa in questa parola:
Molte fate gi pianser li figli Per la colpa dI'I padre (Par. VI, 109);

e in quest' altra, ancor pi viva: ..... Paroulos quoque admirantes et inscios peccata patrum luere destinaios oidere pigebit (Epist. VI, 4). Chi alle parole del Giuliani voglia tener dietro col proprio seguace ingegno, non durer punto di fatea a dargli piena ragione s'eimuta in sementa il preteso rammenta del Canto XVIII, i i i, e se la lezione un poeo del C. XXV, H9 diventa in poco. Pur dove la ricca dottrina aiuta il Critico a persuadere colle sue chiare dimostrazioni, senza dubbio in questi due versi (Par. XXVIII, 55-56):
Udir convcmml ancor come l'e'empio E l'tlmtplaf't! non vanno d'un modo;

eosl la Volgata : e i Commentatori, con poca differenza gli uni dagli altri, interpretano di siffatta guisa: - L'esemplo la Terra co' suoi Cieli intorno; Yesemplare il Punto luminosissimo coi Cerchi sfavillanti, di cui pi sopra si tocca. - Per contrario, l'&empro anzi dev' essere quel Punto coi Cerchi, ond' attornialo, significandosi per quel Punto il Creatore, e per gli infocati Cerchi, rigiranti intorno ad Esso, le Gerarchie angeliche. Ed a cotanto efficace Esempio si conforma l'Ordine dei Cieli che si volgono intorno alla Terra, nel cui centro sta il Punto dell' Unil;erso: Inf, XI, 65 lt. Reca indi un esempio di Boezio, quasi per intero e letteralmente volgarizzato da Dante stesso nel Convito (1II, 2). dal quale si rende manifesto che non esemplare, sibbene
12

..

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esemplato la vera e genuina parola, che Dante dovette usare; dappoich esempio ed esemplare dicono la stessa cosa nel costante linguaggio dell' Allighieri. Nondimeno, chi volesse mettere

il suggello di verit alla proposta lezione, legga quanto il sommo Dottore scrisse nel Convito (III, 6) a proposito della creazione dell'Anima umana, e tra esemplare ed escmplato non rester pi di
fermo alcun ragionevole dubbio. E chi potr dissentire dal Giuliani nella correzione seguente 'l
Trasseci l'ombra del primo Parente, D'Abel suo figlio, e quella di No, Di Mois legista e ubbIdiente: Abraam patrlarcs, e David re (Inf. IV, 55 e segg.) :

cosi quasi tutte le edizioni, e di conseguenza i Commenti; ma chi ignora la disubbidienza di Mos, e l'ubbidienza cieca di Abramo l TI Giuliani aggiusta tutto, e legge, come si deve:
DMois legista, e l'ubbidiente Abraam patriarca:

n saprei indovinare davvero perch un valente Dantista Tedesco ritenga che in tal guisa si sforza non poco la costruzione. Bens mi ricordo d' aver letto che qualcuno impugn siffatta lezione, non credendo che Dante potesse mai scrivere ubblienic di quattro sillabe, riuscendo cos il verso assai aspro : sospetto vano, quando d'una delle pi alte Canzoni di Dante anche questo: Ubbidiente, soave e vergognoso (Canz. Le dolci rime d'Amor, etc. str. 'il

n meno rispondente alla ragione del contesto la lezione del triplice vedi in cambio del vidi (Purg. V, 61-67). Peravventura non tutti saranno contenti che il Giuliani abbia letto colla Crusca E in luogo di Ahi (Inf. I, 4), che sembra preferibile per espressione, tanto pi, come avverte il Blanc a questo luogo, che il Poeta se ne vale spesso; n tutti faranno buon viso ad Antifonte, che caccia via .Anacreonte (Pur. XXII, 106), bench accettato anche dal dotto Re Giovanni di Sassonia Mila sua traduzione tedesca; per la ragione che non sembra molto proba-

bile che Dante avesse notizia di Antfonte poeta tragico pochissimo noto (Blanc): e all' obbiezione che Dante qui non nomina che
poeti tragici, potranno rispondere che poeta tragico non fu di certo Simonide posto con Euripide ed Agatone. Peraltro non certo di poco peso alla nuova lezione che Antifonte sia nominato da Aristotile, e che vi suffraghi l'autorit di quel Commento che va sotto il nome di Pietro di Dante.

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Altre ancora son le correzioni proposte dal Giuliani; nondimeno a me piacque di fare come la bella donna vista dal nostro Poeta, che si gia
scegliendo fior da fiore, Ordera plnta tutta la sua via (Purg. XXVIII, 40),

facendone osservare alcuna delle piu rilevanti; ma


Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio

questo volume (Par. XII, 12t), certo non trooeria quasi carta dove o nelle parole, o nella punteggiatura non si riveli l'opera benefica del valente Dantista. Ed ora mi permetter Vostra Eccellenza, mel conceder il Giuliani, di proporre anch' io qualche variante? far
Come discente, ch' al Dottor seconda Pronto e libente in quel ch'egli esperto (Par. XXV, 64) j

vegga il dotto Espositore di Dante se le varianti, ch' io ardisco di proporre, rispondano alle sane norme da lui prefisse con tanta dottrina e verit: e non per altro il faccio se non se per mostrare' anche una volta l'amore, che mi stringe all' Allighieri, la mia profonda riverenza a Lei e al Giuliani, attendendone dalla cortese bont d'ambedue quel savio consiglio e quella parola,
Che lume fa tra il vero e l'Intelletto (Purg. XII, 45):

e, per dirla, se m' lecito, col nostro Autore (De Vulg. Eloq., libro I, cap. 1), mi studier di esporre alla men peggio quant' io penso, non solum aquam nostri inenii ad poculum hauricntes, sed accipiendo oel compilando ab aliis, potiora miscentes, ut I?;rinde potionarc possimus dulcissimum hydromcllum , In qualunque modo, se qualche dubiiazion mi commuove, certo non ha veleno, e quanto dico
argomento DI fede, e non d'eretica neqnizia (Par. IV, 64 e sogg.),

intendo di quella, onde molti Dantisti sono infetti. i) Il Giuliani legge cos il v. 31 ciel C. III deU' Inferno:
Ed io, chavca d'orror la testa cinta ....

avendo dalla sua il Guiniforte, il Daniello, molti Codici, e non poche edizioni moderne; mentre l'Aldina, la Crusca, e molte edizioni antiche e il pi dei Codici, come avverti il Blanc, leggono errore: fatta ragione che della testa propriamente l'errore, e l'orrore del cuore, e tenuto onto della domanda di Dante, che dalla risposta di Virgilio pare contenesse un vero errore, quello cio di credersi giunto al vero Inferno, avrei dato la preferenza ad errore:

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n a ci credo di poco valore quattro dei migliori Codici del Seminario di Padova segnati col N. 2, 9, 67, 310, e sui quali m'accadde in altro tempo di fare un po' di studio; resomi posca ancor pi proficuo da certi riscontri fatti in mio servigio dalla cordiale bon l dell' attuale Bibliotecario Don Francesco Zordan, al quale rendo qui publche grazie, valente e virtuoso uomo, degno di vegliare quella Biblioteca, che non ultima delle meraviglie operate dal Beato Gregorio Barbarigo; e quando co' vivi c' si poco sugo e costrutto di conversare, lo dir fortunato di vivere fra un esercito di morti, dove tanto sapere e virt si disvela. 2) Al C. XIII, v. 149, il Giuliani legge:
Sovra li cener che d'Attila rimase.

Innanzi tutto, se Attila venne in Italia, ognuno pur sa ch' egli non pass mai l'Apennino. vero bens che Ricordano Malaspini nella sua Storia (capp, 20, 21, 26 e 37) ascrive ad Attila la distruzione di Firenze; nondimeno Giovan Villani, coetaneo a Dante, riferendo con poca differenza le stesso fatto (Cron., II, 1) mut Attila in Totila (1); e bene sta, bench a vero dire, neppur Totila distruggesse Firenze, sebbene la danneggiasse di molto. Il mutamento di nome fatto dal Villani manifesto segno che la verit dei fatti, almeno all' indigrosso, non era da tutti ignorata al tempo dell' Allighieri, e a me sa duro ammettere che Dante la ignorasse, Inoltre, se poco potr conchiudere che il Poeta conoscesse Altila (Inf. XII, 134), non certo di poco momento avvertire con quanta verit storica egli parli e delle imprese di Giustiniano e delle vittorie del suo generale Belisario (Par. VI), delle quali imprese certo non fu ultima la distruzione del regno degli Ostrogoti in Italia, dei quali Totila fu il penultimo Re; oltrech da Attila a Totila ci corre un secolo. Per giunta, Dante nel suo De Vulgari Eloquentia (libro II, cap. 6), a dimostrare qual grado di costruzioni s'appartenga agli t"llustri Dettatori, forma questo esempio: Ejecta maanma parte florum de sinu tuo. Florenua, nequicquam Trinacriam Totila serus adivit. e sia pure, e io lo ammetto di buon grado, che il Dionsi e il Fraticelli e con loro il Giuliani veggano qui in
(1) Dir bens, per amore del vero, ohe li Villani dando a 1blila -l'appellazione dljfagellum Dei (ibid., cap. 3 e 21), ascrivendo fatta a lui l'ambasciata di S. Leone Magno, attribuendogli la visione che narras di Attila, o che per paura di ci 1blila ritorn In Pa'lflQn'a, si vede che lo storico qui mescola i fatti o li confondo eenza discrezione.

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Totila adombrato Carlo di Valois; ma se il principe francese che venne in Italia
Solo con la lancia Con la qual giostr Giuda, e quella ponta SI cb'll Firenze fa scoppiar la pancia (Purg. XX, '73-'75),

inteso per Totila, per me non v' ha dubbio che dunque Dante sapeva quali guai e danni il re Ostrogoto avesse recato alla sua Firenze. Oltracc, non chi non sappia come nel Medio Evo AttilJz, o bene o male, ci doveva entrare da per tutto; e che gli amanuensi di lor capriccio l'abbiano voluto cacciar dentro pur qui, l'errore non mi fa caso; di pi gravi assai ne commisero gli amanuensi. Adunque
Resta, se, dividendo, bene stimo (Purg. XVII, 112),

che si legga cosi:


Sul cener che di Totila rimase,

3) Alla maravglia di Dante che il Sole, a chi dal Purgatorio guardi ad oriente, ferisca da sinistra (Purg. IV, 57), venne opportuna colle sue dimostrazioni la dottrina del- buon Virgilio, sempre paziente e amoroso sanatore delle piaghe del Fiorutino : Dante a quella chiara spiegazione Don solo s'era dentro al suo ooler adagiato (Purg. XXV, 20), ma e si con intima letizia e reosceaza dice al Mantovano:
Certo Maestro mio, ... unquanco Non vid' io chiaro 81 com' or diseeruo L, dove mio ingegno parea manco (I. c., vv. '76-'78) :

e non contento a questo, a dare anche una riprova che avea inteso chiaramente la scienza amministratagli, vi fa questa giunta:
Cb 'I mezzo cerchio del moto superno, Che si chiama Equatore in alcun' arte, E che sempre riman tra 'I Sole e il Verno, Per la ragion che di', quinc 81 parte Verso Settentrion, qlUlfldo gli Ebrei Vedevan lui VerBO la calda parte (vv. 79-84).

L'Equatore, dice Dante altrove, egualmente in ciascuna parte

della sua rivoluzione rimoto dall'uno polo e da.ll' altro (Conv.,


Il, 4): queste parole del savio Maestro non (anno che ancor meglio persuadermi che nella citata terzina non solo siavi un' asserzione g!!Derale, come si ha dal quando, ma ci debba essere racchiuso aneo un tennine di confronto, che bellamente richiama il leggitore al posto principio che il Purgatorio antipodo a Gerusalemme (ilJid.,67 e segg.); onde, a mio avviso, non quando, ma sarebbe.

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da legger quanto, e, con bella elissi, il senso si risolve pi preciso e pi ampio in queste parole: per la dottrina, che mi esponesti, ne viene che il cerchio Equatore dal Monte del Puralorio tanto si vede inclinare verso il polo boreale, quanto dal Monte Sion (v. 68) lo si vede inclinare verso il polo austrate. Che di ci ne pensasse il valoroso Blanc, noi saprei dire, ch nel suo eccellente Vocabolario Dantesco questo passo sfuggi alla sua accuratezza ; bens l' Andreoli accett gi il quanto, pur senza accennare alla ragione che ve lo attrasse. 4) E tanto per dimostrare che del lavoro del Giuliani ho fatto di questi dl il mio studio. la mia delizia, accenner a qualche altra cosellina sparsamente qua e l. Chi bene attenda alla quistione, che i Santi del Cielo di Giove, disposti in sembianza d'Aquila, ad una voce risolvono al Poeta, non s'induger a tener per vera la lezione vostra cdtua (XIX, 02), anzich nostra della Volgata, seguite dal (liuliani : e vostro hanno i Codici N. 9, 67 e 316 del Seminario di Padova. 5) Il Giuliani legge:
Quando colui che tutto il mondo alluma Dell' emisperio nostro si discende, E il giorno d'ogni parte si consuma ..... (Par. XX, 1-3).

A me invece parve sempre e pare tuttavia pi espressiva e di costruzione pi semplice la terzina letta a questo modo, che del Codice 316 sunnominato :
Quando colui che tutto il monda alluma Dell'emisperio nostro s/ dlsende, Clte il giorno d'ogni' parte si consuma .....

6) E aspro mi suona
Rison per le spere un: Dio lodiamo (Par. XXIV, 1I3).

mentre pi dolce e pi comprensivo


Rison per le spere: Un Dio lolNamo,

di tutti e quattro i Codici accennati. 7) E dopo le dimostrazioni astronomiche del eh. P. Antonelli sul tempo che Marte impiega nella sua rivoluzione, credo che il tre della Volgata debba cedere il luogo al trenta (Par., XVI, :38).
8/ Come la fronda, che flette la cima Nel transito del vento, e poi si leva Per In propria "irti! che la sublirnn, Fec'io in tanto quanto ella diceva (Par. XXVI, 85

(l

segg.):

io prender certamente errore, ma di questa forma in tanto quanto

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non mi ricordo d'averne trovato esempio nella Commedia; bens in tanto in quanto trovo due volte nel Paradiso (II, 23, e XXII, 109), e quivi il Giuliani lesse pure in tanto in quanto " i quattro Codici, che soli io posso citare, hanno pure in tanto in quanto anche nelle terzine test riferite, onde mi sentirei tratto a leggere:
. . . . . . . . Fec' io n tanto n quanto ella diceva.

Ma coteste mie osservazioni possono per lo meno aver l'aria di innopportune saccenterie e di pedanterie solenni, onde, sentendomi da. me stesso rimorso, mi arresto, tralasciando qualche altra cosellina. Peraltro, da quanto mi sono ingegnato di venire esponendo, mi giova sperare, dottissimo Principe, di aver dato, per quanto alI' indigrosso, un sentore almeno dell' opera eccellente prestata dal Giuliani a Dante e a coloro che a Dante guardano con amorosa riverenza. La fatica, che il sapiente Critico ci dovette durar dattorno, mentre induce ammirazione per tanta costanza, trova il suo debito compenso nell' aver prodotto frutti cosi saporosi. Del Giuliani a buon diritto si possono ripetere le belle parole che egli stesso scrisse altra volta (Pre(az. al Convito, pago XIII) del Pederzini rispetto al Convito: Mai non cadono invano le

sue osservazioni; e rado , che alle umili proposte d'alcuna emenda e giunta, non gli si debba consentire. Dove mette il dito, del sicuro vi scopre il {allo, vi assenna e scaltrisce nell' ammoniroi . - L'ottimo Espositore di Dante pu bene andar lieto di aver reso al suo Autore quest' altro servigio, compiendo degnamente il ponderoso tema, al quale si era sobbarcato, sempre dritto e sicuro in sull' orme della sua Scorta saputa c fida, come il Maestro fa 'l discente. Veramente, tale lavoro, per quanto arduo, per quanto anche ripieno di noie, ei sei doveva addossare, per dare una ferma base al Commento dell' intiero Poema, che ci itupromette, e che ogni amico di Dante attende con tanto desiderio: e ben venga questo Commento allumato di tutta la luce del vero et! efficace e salutare pensiero del pi grande poeta tra i flosof, e del pi grande filosofo tra i poeti, pensiero diffuso e raffermato in tutte le opere dell'Allighieri, e mella un fine a lotte infruttuose, a fallaci fantasie, frutto di menti malate, a una vana accozzaglia di gratuite asserzioni, che, accampate in aria, non possono non contrari dirsi ; che anche della pi parte de' commentatori di Dante potrebbe dirsi la grande parola:
A questo segno

Molto si mira, c poco si discerne (Par. VII, 61).

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Ma, a proposito di lotte, egli mai sperabile, illustre Signor Duca. che i critici del sacrato Poema vogliano quindi innanzi attenersi a quanto offerse loro il Giuliani? facilmente sarem da capo; questo presso di noi il brutto vezzo, di sciupare sterilmente tanta virt di forze, e di non voler partire da un punto chiarito e raffermato, dove altri giunse colle sue fatiche e dimostrazioni: e quindi son costretti ad altalenare nel commento, plerumque anteriora posteriora putanies (Volg. Eloq.; I, i); critici doUi, diceva il Foscolo, contenti del titolo di modesti, onde insegnano insieme il credo e il non credo, e il pu dirs s : adunque critici e commentatori continueranno per la loro strada, come gli orbi veduti da Dante, .
Che l'uno il capo sopra l'altro avvalla (Par. XIII, 631,

e, divisi in due campi, nuovi prodighi e nuovi acari, si daranno con molto loro spasso la berta, gridandosi loro ontoso metro : Perch tienz'? Perch burli? (lnf. VB). Ma dalla crescente generazione io vorrei sperare qualcosa, se chi preposto a guidarla mi lasciasse albergare almeno la consolatrice speranza, vorrei, dico, sperare, che, innamorandosi di Dante, meglio che lasciarsi persuadere e vincere a vana pompa di ciarle, sappia con animo lieto e generoso ascoltare e assecondare l'invito gentile e pio, che le fa il Poeta (tracciando cosi egli etesso il vero metodo di studiarlo e di capirlo) nella dolcessa e nella dottrina che s' asconde sotto il velame di questi soavissimi versi:
Perch l'animo tuo tanto s'impiglia ...... che l'andare allenti'? Che ti Ca ci che quivi si pispiglia '? Vien dietro a me, e lascia dir le genti (Purg. V, lO e segg.).

E, se lecito m', espongo qui un pensiero, un desiderio: che non si alza qualcuno, cui non facciano difetto e tempo e scienza e mezzi, a dare alle scuole secondarie d'Italia un Commento e pieno e vivo e vero della Divina Commedia, secondo il metodo del Giuliani l ch egli appunto ne' Licei dove la mente de' giovani nel 8UO fervido aprirsi ha maggiore uopo di vital nutrimento: se mal quivi la si pasce, se trova aperto l'adito a traviare dietro a fantasmi, a speciose parvenze, di vera luce dispiccher tenebre (Purg. XV, 66), e difficilmente la si potr quindi ridurre in sul buon sentiero, con gravissimo danno della verit e del sodo sapere. Il Commento, che ci dar il Giuliani, sar senza manco quanto di meglio potrassi avere in simile studio, ma pure sar un commento

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per molte ragioni non accessibile alla pi parte degli alunni delle scuole secondarie; e a tali scuole importerebbe pur di provvedere iII servizio di tanta giovent, che con tanti Commenti contradditori si vede strascinare del continuo, come i dannati del Cerchio di Francesca, di qua, di l, di gi, di su,
. . . . ovvero procedendo Com' uom che va, n sa dove resea (Pwrg. 11, 132),

sempre sbattuta
come nave In fOl'tuna Vinta dall'onde 01' da pioggia

01'

da ona (Purg. XXXII, 116).

E proprio per amore alla giovent non so tenermi dal riferire le affettuose ed eleganti parole, onde il Giuliani mette fine alla sua Prefazione: Giovani, crescenti per virt e scienza alle speranze ) del Secolo nuovo, siavi raccomandato questo piccolo Volume: ~ ivi sta racchiuso l'Invidiato e provvido Tesoro della nostra Na) none. A vincere la lunga fatica, che intorno vi dovetti spendere, ) mi soccorse il pensiero di cooperare al vostro bene migliore, e ) la sicura coscienza che chi serve a Dante, serve all'Italia . Con tale augurio alla giovent Italiana conchiudo anch' io il mio dire, n certo saprei come meglio; se ci sar chi nelle mie parole, certo non autorevoli, ma ch'io professo in tutto sincere, trover un certo calore ammirativo, di questo io non mi chiamer punto scontento, se, senza nulla detrarre alla verit, il caldo della' parola avr in parte rivelato i miei sentimenti di riverenza e d' animo riconoscente a chi tanto n' degno. Comunque, io sar contento oltremodo, ottimo Signor Principe, se non avr di soverchio recato tedio alla sua indulgente attenzione; confido peraltro nella sua bont, la quale aggiunse con ci un nuovo argomento perch io debba essere con ogni gratitudine

Bergamo, 22 Gennaio 1880.


di V. S. Ill.

Devotissimo OblJligatisSt'mo servitore


Prof. Ab. G. POLETTO.

GLI ARCHrVlI NOTAIULI NEGLl AHCmVII

D[

STATO.

L'art. 91 della legge BuI riordinamento del Notariato, 25 luglio 1875, dice:
" Nell' Archivio 'sono depositati e conservati: l. le copie certificate conformi degli atti notarili che gli ufficiali del Registro devono trasrnettergli, decorsi due anni dalla registrusioue dell' atto, che non siano depositati negli archivi mandameutal ecc. 4. i volumi contenenti gli originali, I repertar! e gli atti ricevuti In deposito, dei notari morti, o che hanno cessato definitivamente dall' esercizio, ovvero hanno trasferito la loro residenza nel distretto di un altro Consiglio Notarile " ..

L'art. 149 del Regolamento per l'esecuzione della suddetta Legge dice:
Gli Archvt ora esistenti, bencb trasformati In Archlv! distrettuali, ai termini dell' art. 146 del presente Regolamento, sino Il che venga altrimenti provveduto, oonservano tutte le carte, i documenti e registri che vi sono stati depositati a partire dal 1. 0 gennaio 1830, ancorch riguardino luoghi che, secondo la nuova legge, dipendono da altro Archivio novellamente costituito. Gli atti anteriori alla data ora indicata, di qualunque natura essi siano, saranno depositati negli Archivi di Stato, e alla scadenza di ogni decennio vi saranno puro depositati quelli del decennio pi antico. Quando i Consigli notarili facciano istanza perch sia continuata la custodia nellurchivio di atti di uno o pi decennii anteriori, il Guardasigilli potr autorizzarla, purch risulti che lo Archivio Notarile ha proventi sufficienti per sopperire alle spese occorrenti per il personale, e per il locale necessario .

Infine nel Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia e dei culti (N. 4 deliG febbraio 1880, pago 63) l'art. 149 interpretato come segue:
1. Dalle combinate disposizioni degli allinea l e 2 dell' art. 149 del Regolamento 23 novembre 18i9, risulta che il deposito negli Archivi di Stato degli atti antichi anteriori al l. gennaio 1830, esistenti negli ArchivI Notarili, Don prescritto in modo aasoluto ; imperocch ove i Consgl Notarill ne faccian domanda, e consti che i dipendenti Archivi abbiano proventi sufficienti per sopperire alle spese occorrenti per il locale e personale necessario alla custodia degli atti medesimi, pu il Governo, ove lo creda, autorizzare che gli atti stessi continuino a rimanere presso tali Archivl.

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2. pero ovvio che tanto potr Il Governo valersi di questa facolt, In quanto nella formazione delle piante organiche degli Archivi Notarili, si restringano mite le altre spese al puro necessario, per modo che si verifichi nei loro proventi il sopravanzo di quel tanto che potr occorrere per le maggiori spese dianzi ricordate. 3. Impertanto il Governo non prender per massima verun provvedimento In ordinea simili atti anteriori al 1. gennaio 1830, fino a che, formate le dette piante organiche, e comprese nelle medesime le spese occorrenti alla custodia degli atti anzidetti, possa essere in grado di giudicare, con sicuro criterio, sulla sutllcienza o meno dei proventi degli Archivi Notarill a provvedere alla conveniente custodia degli atti medesimi ".

Noi non ricercheremo quali ostacoli abbiano impedito finora il deposito, al termine di ogni biennio, negli Archiv Notarili, da parte dell' Ufficio del Registro, delle copie conformi degli atti registrati; n se veramente l'art. 149 parli di alcuni Archivi Notarili soltanto (secondo l'art. 146 del Regolamento) o se di tutti, come interpretato nelle Massime publicate nel Bollettino ufficiale; n alla disposizione di consegnare agli Archivi di Stato gli atti NotariIi, quando manchino i mezzi per la custodia e la buona amministrazione di essi, opporremo l'art. 159 del Regolamento che dice: c qualora i proventi di un Archivio non bastassero in un mese a ) supplire al pagamento degli stipendii e delle spese, ne sar rife) rito al Ministero della Giustizia, acciocch vi sia provveduto coi ) sopravanzi . Pi tosto chiederemo: i. come si applicher agli atti notarili la consegna ad ogni decennio, oramai appena possibile, e non per tutti, gli atti amministrativi, secondo l'odierna costituzione degli archivi, p. es. giudi.iari, dell' A vvocatura Erariale ecc. ; 2. se si trasfonda adesso, cosi agevolmente, negl' impiegati degli Archivi di Stato, la facolt di rilasciar le copie in {orma eseadioa, concessa dalla Legge soltanto ai conservatori degli Archivi Notarili, se notai, o ad altro impiegato a ci delegato; e vietata ad altri, come conferm il Consiglio di Stato nella sua adunanza i giugno 1878, dichiarando che: l'Archivio Notarilc tutt' altra cosa dell' Archivio di Stato, il quale I/O, nulla che {are con r ordinarnenio giudiziario. Esso instusione essenzialmente ed esclusivamente destinala a completare l' instuzionc del Notal'iato ecc.; oppure se le questioni della esecutivit degli atti, e del si grande divario fra le due instituzioni, restino intatte; 3. come, dopo si grande avversione a depositare negli Archivi

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di Stato gli atti Notarili, si faccia ora dipendere il farlo o no, dalla 801a questione dei proventi e delle spese; 4. come infine tutto questo si sia fatto senza un calcolo, che era pur facile instituire, prima di publicare legge, regolamento, modificazioni, meditate dieci anni, e sia detto col dovuto rispetto, ma in omaggio alla verit, cos contradittorie nelle massime, nelle applicazioni, nelle correzioni di applicazioni che non ebbero mai; ecc. ecc. ecc. ben vero che tanto profondamente si conobbero le condizioni di quegli Archivi, da asserire, per esempio, che il personale ne era stato eccessivamente accresciuto, non avvedendosi che in alcune regioni si era lasciato perfino scemare di met! Del resto,' sebbene l'art. t 49 sia stabilito fra il sl ed il no, noi felicitiamo ohi ha introdotto nel Regolamento una disposizione, la quale pu ancora salvare dalla rovina, e infonder la vita della scienza, agli atti notarili precedenti al 1830 - che a dire alla massima parte degli atti custoditi negli Archivi rispettivi.

c.

PIETRO ESTENSE SELVATU~O.

L'Italia ha fatto il 20 Febbraio i880 una perdita gravissima, n flcilmente riparabile, nel marchese Pietro Estense Selvatico, spirato poco dopo le sette della sera di quel di. E che tale fosse generalmente tenuta, si raccoglie dai tanti telegrammi di condoglianza venuti da vicine e lontane citt, e dai moltissimi cittadini di ogni classe convenuti al funerale per impulso spontaneo, o incaricati da ministeri, da questa o quella accademia, da uno od altro corpo scientifico. Si conobbe da tutti che era in lui spento il pi grande ed acuto critico e storico dell' arte, del quale Italia giustamente menava vanto, e che forse le era anco invidiato dagli stessi stranieri. Questo v'era in lui di particolare e di raro, che non abbracci un solo ramo dell' arte, ma tutta l'abbracci nelle sue varie manifestazioni, con vasta e mirabile erudizione, con finezza di gusto e gravit di giudizio, rafforzate ne' suoi molti viaggi all' interno ed all' estero, da confronti diligenti delle diverse scuole antiche e moderne. N egli andava contento all' accurato esame, agli appunti e disegni che ne traeva, ma ne scrutava i metodi, i processi e la tecnica con l'esperienza e l'abilit dell' artista. Aconoscere anzi il modo peculiare di uno o di altro pittore, ricorse sovente sino all'analisi chimica, e volle vedere come ei preparasse il fondo al dipinto. Passione l'arte della sua vita, non maraviglia scendesse a sl minuti particolari, convinto che il fare de' sommi maestri va pienamente conosciuto, acci possa tornare di aiuto e d'indirizzo efficaci. Cos si addentr nella sostanza e nel vivo dell' arte, e pot farsene educatore. Perci era tutto nel combatterne l'ozioso, il convenzionale ed il falso che le si erano via via abbarbicati nelle teorie, nell' insegnamento e nella pratica. E come credea che parte del guaio dipendesse dallo insegnamento impartito nelle accademie, non omise occasione di censurarle, direttamente o per indiretto, parlando di opere d'arte condotte sulle norme di esso insegnamento. Fra gli scritti che hanno

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pi o meno questo intento, io accenner i seguenti: I peccati mortali c '()(Jniali dell' architettura italiana da mezzo secolo, Padova, 1863; L'insegnamento artistico nelle accademie di belle arti e nelle scuole ed istituti tecnici del reno d'Italia. Padova. 1860;

Di un migliore avviamento necessario agt' insenameau pubbioi dell'architettura in Italia. Venezia, 18i1. Ai guai lamentati propose anche il rimedio nelle Riforme possibili nelle accademie di belle arti in Iiaha.
A conseguire questo suo intento. convinto di esser nel vero. non misur sempre le parole, ed ebbe oppugnatori egualmente non misurati. Egli per non si rimosse dalla sua via. ma persever in essa imperterrito; ed i suoi principI, proclamati in pi modi e difesi, sull' appoggio dell' esempio e dell' autorit di grandi maestri e di ragioni validissime. a poco a poco si fecero strada. e molti ne sono ora i seguitatori decisi. se ve ne ha per anca di pi o meno ritrosi. A lui quindi si deve che venisse qua e l modificato lo insegnamento dell' arte; che si partisse da altri criteri per giudicarla. e pigliasse in parecchi altro avviamento. E la bont de' suoi principi si ebbe una conferma solenne nella scuola di disegno. d'intaglio e modellazione per gli artigiani, da lui ideata e promossa. e che venne poi fondata dal Comune di Padova. venendovi in soccorso la Camera di commercio ed il Governo stesso. Il di che la s'inaugur, egli vi tenne un discorso d'occasione, fatto anche publico sotto il titolo: Sul!' apertura della 1lUO-

na scuola di disegno pratico, di modellazme e d'intaglio per gli arti{Jiani, istituita dal Comune di Padova, Padova, 1867. Tali
in effetto furono i progressi che in breve tempo vi fecero i giovanetti istruiti coi metodi di lui, e tali i lavori che vi condussero, da fare non che contenti, ammirati. Il bravo uomo se ne compiaceva, e le sue stesse impazienze mostravano il grande amore che vi avea posto, e come ne desiderasse sempre pi la stabilit e l' incremento. Per questo lo si udiva lamentare spesso la scarsit dei mezzi per la maggiore utilit che ne verrebbe. Sparsa la fama della scuola, a lui si ricorreva, da vicino e da lontano, per averne norme e consigli per qualche cosa di simile; ed egli sempre pronto con piacere a contentare, mandandone il regolamento e tutte le altee notizie e spiegazioni, che gli erano chieste, o stimava opportune. N voglio taciuta, quant'o alla scuola. una coincidenza che ha del contrasto strano e maraviglioso, Un giovane fidato, di cui il marchese servivasi in siffatto cose, venne a lui

con bozze di stampa, quando egli era gi entrato in agonia. E quelle bozze erano la storia della scuola dalla origine sino al d d'oggi. Pare che egli, quasi presago della sua prossima fine, volesse lasciare in quella storia come il suo testamento, raccomandazione la pi bella e solenne. Il marchese Pietro Estense Seivatico nacque in Padova il 27 Aprile 1803, e dopo i primi elementi, avuti in gran parte dalla madre ingegnosa, lo si affid all' ab. Lodovico Menin, professore di grido alla Universit, iJ. quale sino a 19 anni lo istru nelle lettere e nelle scienze. Dal valente precettore molto approfitt il giovanetto, aiutato dal grande ingegno e dall' amore allo studio cheebbe sempre pur grande. Forse da lui assunse anche lo epigramma, che spesso gli usciva di bocca, frequentissimo in quella del maestro. Assolse poi alla Universit il corso legale, di cui non fece mai uso, dedicatos tutto all' arte, per la quale mostr per tempissimo viva inclinazione. Essendo allora a Padova per lavori il celebre pittore bellunese Giovanni Demin, ne colse l' opportunit, e da lui prese lezioni di pittura, e tali progressi vi fece da dar promessa che sarebbe divenuto valente, ove si fosse dato a quell' arte con l' amore e la costanza che erano di lui. Gli studi per e il meditare sull' arte gli fecero dare la preferenza all' architettura, come quella che pi si lega alla vita de' popoli e ne quasi l' espressione ideale, e come regina tiene subordinate le altre due arti sorelle. Fortunatamente pot avere nell' architettura un' ottima guida in Giuseppe Jappelli, maestro di ogni forma elegante e di bella invenzione, fornito come era di molta dottrina e di animo gentilissimo. Basti dire ,clle fu allievo di quella scuola di Modena, dalla quale uscirono tanti bravi uomini. Il continuo studio, l'accurata osservazione de' monumenti o il disegnare a mano libera, nel quale era praticissimo e sicuro, lo formarono architetto di vasta scienza. E questo valor suo, fatto publico da illustrazioni sapienti di fabbriche, cittadine negli scritti: Delr architettura padovana nel secolo XIV, Padova, 1836; Delr architettura civile e religiosa, Padova, 1840; e nell' altro In-

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torno alta simbolica figurativa ornamentale nelle chiese cristiane del medio evo, Venezia, 1840, lo fece salire in tale riputazione,
che non si toccava edifizio d'importanza, o non se ne alzava, ove non fosse chiesto, come ad autorit, il giudizio di lui. N quella ripulazione, alimentata da frequenti scritti, generalmente sull' arte,

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si restrinse alle patrie mura, ma si diffuse largamente all'intorno. A lui quindi si ricorreva, da vicino e da lontano, come a giudice competente, quando trattavasi di ridurre alla forma primitiva qualche insigne monumento danneggiato dal tempo o da male giunte; a lui si ricorreva quando trattavasi di dare compimento a qualche altro rimasto incompleto. Prova ne sono, fra altro, i seguenti due scritti di lui: Della condizione attuale del palazzo pubblico di Piacenza e sui modi di restaurarlo, con tav., Piacenza, 1862, e Sulla facciata del Duomo di Firenze, considerazioni, Firenze, 1865. E tanta era la stima e la fiducia che aveva acquistata, che Municipi e privati a lui, non architetto di professione, pure allogarono la costruzione di fabbriche, le quali intendeano murare. Passionato dell' arte, non vivea che per essa; amico di tutti i grandi artisti contemporanei, e consigliere benevolo dei giovani, si pu dire che fece, non avendone, degli artisti la sua famiglia. Attento seguiva l'andamento dell' arte, e nella Rivista Europea per lunghi anni fu il critico sagace delle mostre che Milano e Venezia annualmente facevano. Non usciva strenna artistica, nella quale non si leggesse la illustrazione di qualche pittura, o di qualche statua, scritta da lui. Nella Rivista Europea tratt pure dell'Arte moderna m Germania, fermandosi principalmente a Monaco dove re Luigi le diede s} grande e nobile impulso alla scuola di Dsseldorfper la bont del suo metodo. Tutto dell' arte, e promotore di quanto la potesse giovare, si fece a istruire in vari modi gli artisti. Cominci l'impresa con le Considerazioni sullo stato presente della pittura storica in Italia e sui mezzi di farla maggiormente prosperare, Milano, t 837. Da queste considerazioni probabile gli sia nata l'idea di venir meglio in aiuto al' pittore storico, e cinque anni dopo la incarn ne' Pensieri sull' educazione del pittore storico odierno italiano, Padova, 1842. E di questo soggetto tratt pure nelle Condizioni della pittura storica e sacra in Italia rintracciate nell' esposizione di Firenze 1861, Firenze, 1862. N si stanc di dare publicamente agli artisti consigli e norme, come fece negli scritti seguenti : Pensieri intorno alla educazione letteraria conveniente a chi esercita le arti del bello visibile, Milano, 1841; Sulla convenienza di trattare in piuura soggetti tolti alla vz'ta contemporanea, Venezia, 1850; Che cosa domanda alt arte oggidi la publica opinione, Padova, 1877. E poich sono negli scritti istruttivi di lui, preferisco di con-

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tlnuarl'argomento, anche prevenendone il tempo. Conoscitore profondo dell' arte, era impossibile gli sfuggisse la importanza grandissima del disegno che ne l'alfabeto ad un tempo ed il fondamento. Perci lo vediamo tornare ripetutamente su questo tema e raecomandarlo in pi guise. Tanta anzi era la rilevanza che dava al disegno, che lo propose con vista acuta a fondamento di educazione nello scritto: Della necessit di rendere il disegno elemento fondamentale di educazione, Venezia, 1857. Di fatto, avvezzando al disegno la mano, e l' occhio a regola, ad ordine e ad armonia, dee influire corrispondentemente anche sulla mente e sul' l' animo. Si aggiunga I' altro vantaggio che si ha dal disegno appreso di saper fare quattro segni a ricordo di cosa ammirata, il cui difetto pur troppo e invano lament ato al caso da tanti. Che se a tutti un po' di disegno buono, ai ricchi qualche cosa pi, e glielo volle far conoscere il Selvatico dettando espressamente: Sugli ammaestramenti del disegno opportuni agli agiati, Padola, 1.861. Sempre pi convinto della importanza del disegno, volle venirgli anche direttamente in aiuto col Disegno elementare e superiore ad uso delle scuole publichc e private con 13 tao., Padova, 1872, che difese nella Risposta alle censure del Giusti, Padova, 1872. Quattro anni dopo ribad l' argomento, volendolo e bene impartito nelle scuole, certo ai pi con maggiore utilit di altre materie negli Insegnamenti del disegno nelle nostre scuole elementari, Firenze, 1876. Ricorder qui pure altri scritti di lui che eziandio mirano, sotto riguardi diversi, alla istruzione e al bene del paese quali sono: Sul futuro cimitero della citt di Pad.(jVfl, osservazioni, Padova, 1860; Doreri dei municipi italiani rispetto alle opere di arte esposte al publico, osseroasioni, Padova, 1.869 ; La istruzione publica in Italia rispetto alle classi agzale e alle povere, Padova, 1874. Il Selvatico fu qualche anno meno fedele, n tutto dell'arte, per la campagna, e die' segno anche d'agronomo nello scritto: Sull' utilit di tener separate le colture ne' terreni, Padova, 1861., come consigliavano pure i trattatisti romani de re rustica. E dar termine alla rivista di siffatti scritti, accennando al suo Educhiamo il capitale alle industrie, osservasioni; Bergamo, 1871. ~el 1842 il Congresso de' dotti, che si era due anni prima iniziato a Firenze, radunossi a Padova, e nella Guida publicata, come usavasi, per quella occasione, al Selvatico si deve tutta la parte artistica. N contento di questo volle illustrare pi largamente la
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sua citt natale, publicando la Guida di Padova e de' suoi principali contorni don incisioni, cedute c piante, Padova, 1~Gf). Quando invece quel Congresso ebbe luogo a Venezia nell~17, il Selvatico, con felice pensiero, gli volle additati con fignre i pi bei monumenti che quella unica citt possiede in architettura e seuitura. E come fece per Padova, fece altrettanto pi tardi per Venezia, associandosi per la parte storica Vincenzo Lazari, troppo presto e troppo giovane rapito al molto pi che si aspettava dal suo ingegno e dalla, grande operosit sua, nella Guida di Ycnc.;ia e delle isole circonricine, Venezia, 1852. Amoroso dell' arte e tutto di essa, era naturale che il nostro marchese dovesse prima rivolgere i suoi studi a far conoscere c illustrare quanto la sua citt ne posscdea eli prezioso. Si diede all'uopo con grande amore a studiare i dipinti che sono nella chiesetta dell' Arena, il monumento pi largo di Giotto, il grande ristoratore della pittura, Non solo egli medit su que' dipinti a conoscere, direi quasi, lo spirito, ma ne trasse egli stesso i disegni 'che fece poi incidere in 20 tavole. Con esse corred in tine le sue Osservazioni sulla cappellina degli Scrocconi nell' A l'l'ila in Padova e sui [reschi di Giotto in essa dipinti, Padova, 18~G. N si tacque quando il 'prof cav. Guglielmo Botti compi egregiamente l'opera sua su que' dipinti famosi, e diede alle stampe: Sulle i'l"parazioni de' celebri affreschi di Giotto, Pisa, 1870. Tre anni dopo lo scritto sulla cappellina tratt Del Pittore Francesco Squarcione, studi storica-critici, Padova, 1839. Lo Squarcione ne' suoi viaggi artistici erasi formato sulle statue e sui bassorilievi antichi, e se ne avea cavato molti disegni; e innamorato di quell' arte se ne volle anche fare maestro. All' uopo nella sua casa apri scuola, dalla quale usc, fra altri, Andrea Mantcgna ben superiore al maestro, Del qual Mantegna il Selvatico rilev il valore nello scritto: Sul merito artistico del Mantcna, Padova, 1.841, come arricch di note e commentario la vita di lui del Vasari, nell' edizione Le Monnier. Parl anche a parte di due dipinti del Mantegna, uno de' quali nella galleria Scarpa, e ne illustr pure uno dello Squarcioue. N estraneo a quanto si fece sulle dipinture mantegnesche agli Eremitani, eseguito il lavoro S0vra esse dal valentissimo Dotti, ecco subito il nostro marchese scrivere Sulle riparazioni de' celebri affreschi di Andrea Monteuna ecc., Padova, 1874. Quantunque egli avesse fatto nella Rirista Europea "una 1'1-

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vendicazione contro il Forster che ave a spacciato aver lui fatto conoscere ai padovani un tesoro di pitture, pure volgarizz l' opera che quel tedesco compose: I dipinti della cappella di S. Giorgio con 14 tac. c note ed aggiunte del traduttore, Padova, 1846. Nelle riparazioni che poi si fecero a questi dipinti, ora assicurati e meglio ammirati, eseguile dal Botti e continuate dal valente Antonio Bertolli, padovano, ebbe il Selvatico parte grande e direzione. La tanta sua scienza in fatto d'arte, largamente conosciuta e apprezzata, indusse nel 1850 il Governo austriaco a chiamarlo a reggere l'Accademia di belle arti in Venezia, ed affidargli inoltre la istruzione degli alunni nella estetica e nella storia dell' arte stessa. ~ pago il Governo di sole queste prime attribuzioni a lui date, lo fece anche supplir vi nel G~ per uno anno allo insegnamento architettonico. Quanto lavorasse in quegli anni il nostro marchese, si pu facilmente dedurre, se oltre alle molte brighe d' uffizio, pot dal 52 al 56 publicare in 2 grossi volumi il lodato frutto delle sue lezioni nella Storia estetico-critica dell' arte del disegno, ovvero r archcttura, la pittura e la statuaria considerate nelle correlazioni fra loro e negli svolgimenti storici, estetici e tecnici, Veneza, Essendo governatore delle provincie lombarde-venete l' arciduca Massimiliano, per l' egregie qualit di mente e di animo len degno di altra sorte da quella che ebbe nel Messico, pens anche d'istituire una commissione a descrivere i monumenti pi insigni di esse provincie, e pel Veneto ne nomin presidente il Selvatico, Egli, associatosi il bravo paleografo Foucard, pose mano all' opera, e abbiamo descritti da loro e publicati nel 59 dalla i, r. stamperia di stato a Milano, la Basilica di S. Marco; il Duomo di Murano; . il Palazzo della Ragione detto la Basilica a Vzcenza e la cappella del Mantegna agli Eremitani in Padova. Ingrossando i tempi, Massimiliano si ritir dalle nostre provincie, ed a monumenti pi non si volse il pensiero e meno l' opera. Tornato anche il Selvatico a vita privata nel 1858, si ridusse alla sua citt natale, dove con pi agio e tranquillo pot consacrarsi ai prediletti suoi studi, e giovar possibilmente all' arte con la parola e cogli scritti. Frutto di questa sua operosit sono gli SCt'ifti d'arte (non tutti nuovi), Firenze, 1859; Arte e artisti, Padova, 1863; L'arte nella vita degli artisti, Firenze, 1870, Quegti due ultimi lavori sono una serie di novelle artistiche cavate dalla vita di artisti, genere scelto dall' autore con lo intento di

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diffondere piacevolmente ne' lettori l'amore all' arte, inspirarne buoni criteri e farne conoscere i modi importanti, onde alcuni artisti condussero le opere loro, Di queste novelle ne stamp anche alcune a parte per lieta occasione, come Andl'ea Schiaoone e Alessandro Vtoria, racconto artistico, Padova, 1860; Un aneddoto nella 'I.;ita del cav. Pietro Liberi, pittore padovano, Padova, f 871; e sappiamo che fra i suoi mss. lasciati, per siffatte novelle vi forse da farne altri due volumi. Per buona fortuna egli affid tutti i suoi mss. a due valenti amici, che certo non defrauderanno il publico di quanto, a loro giudizio, sia degno di stampa, per aderire anche al desiderio espresso dell'autore. Agli scritti di lui, ridotto a Padova, fo seguire questi: Del paesaggio, cenni storici-criiici (brano), Padova, 1859; Delle scuole pittoriche della Grecia e della Italia, per la nuova enciclopedia popolare di Torino; Relazione sui ricordi di architettura orientale del ]11"0(. G. Oastcllassi, negli atti dell' Istituto; Di alcuni obbossi di Tiziano e di altri dipinti nella galleria del conte Sebastiano Giustinian Barbarifo .. una Visa allo studio di Giovanni Dupr, Padova, 1874, Fece la commemorazione del valente pittore Ippolito Caffi, e parl del Tenrani, del Tadolini, dell' Overbeck e di altri. Ricordai moltissimi scritti, composti dal nostro operosissimo marchese, ma sono ben lungi dal credere di averli enumerati tutti, Quanto non iscrisse in giornali volanti e in fascicoli di cose di arte e di altro, e chi PIl conoscer tutto che usc da quella fecondissima penna, sempre diligentemente corretta e spesso elegante? Tale fecondit, pur con la lunga vita, a dire pi che altro meravigliosa, anche perch, massime nell' ultima parte di essa, gli fece fallo pi volte la salute, e ne pass circa due anni cieco del tutto ed alcuni altri non ben servito dagli occhi. Fu . accademico della Crusca ed insignito di pi decorazioni nazionali e straniere che mai non portava, e se non d'altronde, da lui certo non si sapeva. E quasi non bastasse il tanto gi fatto, e non gli fosse pi che giusta, necessaria una diminuzione del molto lavoro, accett facilmente di scrivere un' opera importante e di lena, che gli venne allogata dal Vallardi di Milano per la sua Italia dcscrta ecc., cio, Le arti del disegno in Italia, storia e critica. Sebbene la materia non gli fosse nuova, pure con attivit quasi giovanile si diede tutto a consultare i libri recenti, a prendere conoscenza piena delle ultimo scoperte e induzioni in fatto d'arte.

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Con le vastissime cognizioni che gi ne possedeva, in breve tempo, anche per le molte difficolt che dovette superare per avere de'monumenti illustrati i buoni disegni, onde va l'opera corredata, pot compire il voI. 1.0 ChA tratta dell' m'te antica e condurre a buon punto il 2. sull' arte medievale. La stampa di questo non finita; ma pi che sperabile certo non rimarr imperfetto; fra i suoi scritti dee esservene il compimento bello e pronto quanto al dettato. Valenti amici sono gi disposti a venire all' uopo in aiuto dell' editore. E qui fo un voto che il Vallardi possa essere fortunato di trovare all' opera del Selvatico, applaudita da nazionali e da forestieri, un continuatore che non lasci lamentar troppo la morte del primo autore. Gia la salute del nostro marchese ebbe negli ultimi anni dei forti attacchi; si rappezz, ma dovette aversi ogni riguardo, specie d'inverno, nel quale guardava sempre la casa; possibile per di leggere, di scrivere e di occuparsi della scuola con amore indefesso. Pass grandissima parte di questo inverno, bench rigidissimo. meglio di altri men crudi. Improvvisamente per una notte (saranno un 15 giorni) fu colto da si prolungata dispnea che temevasi dalla vita. Fu sola minaccia, ma a lui certo indizio di prossima fine. Scrisse la mattina dal letto poche righe a ciascuno de' suoi pi intimi amici, al cav. Antonio Tolomei, al comm. Emilio Morpurgo, a Pietro Vittanovich soprintendente scolastico e a chi ne fa la commemorazione. Si vide e s'intese con loro. Un buon miglioramento che sottentr dopo due giorni incuor la speranza che potesse superare pur questa malattia, come ne aveva superate altre e gravi, n molto dissimili le pi. Egli per meno di ogni altro si faceva illusione. Il suo organismo gi tanto scosso, e sostenuto si pu dire dai molti riguardi e da assidue cure, era troppo accasciato ed affranto. Di fatti non reggeva pi al letto, ma dovea starsene sur una poltrona, sulla quale anche mor, e ricorrere a farmachi e sino alle coppette per facilitare la respirazione stentata. Uomo che era vissuto nell' ideale dell' arte per lunghissimi anni, si raccolse allora tutto in un altro ideale, la religione. Fini francamente cattolico, e munito di tutti i sussidi, onde la religione conforta gli infermi al gran passo. Fu anzi di meraviglia e di edificazione agli astanti il sentirlo declamare con voce solenne le due ultime strofe del Cinque Maggio, e parlare della potenza della fede e della religione. 'Prese con parole affettuosamente commoventi

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congedo da questo e quello amico, e fu sino alla fine rassegnatamente forte, tranquillo e sereno. Anzi da quella sfera pi alta. nella quale avea portato la mente e l' animo, parea in tutto ritrarre, e tanto da non averlo mai si bene pria conosciuto. Era gi di bella e larga fama in vita, e questa fama andr crescendo col tempo, perch il vuoto che egli lascia nella scienza, nella storia e nella critica dell' arte, Dio sa quando potr venire colmato, ben difficile di avere un uomo (li eguale ingegno e che consacri all' arte in tutte le sue manifestazioni lo studio e l' amore operosissimi di una lunga esistenza!

Padova, 5 Marzo 1880.


PIETRO MUGNA.

A NT ONI O MIKELLI.

I lettori dell' Archioio Feneto ricordano senza dubbio la dotta dissertazione (inserita nel tomo VIII, parte I, pag, 25 e segg.) dd prof. Antonio }1ikdli, nella quale rivendicava al nostro Lazzaro jloro la teoria dei sollevarnenti. Altre memorie aveva il Mikelli promesso al nostro Giornale; e noi speravamo che la lucidezza della sua mente e la temperanza della sua forma potessero aiutare lo scioglimento d'una delle pi gravi questioni che si trattino ai nostri d per Venezia. Ma il primo studio, che del Mikelli abbiam publicato, doveva sventuratamente esser l'ultimo; giacch quantunque egli fosse nel fiore dell' eta e nel pieno vigore delle sue forze, una terribile malattia. lo sorprese e in quattro d lo disfece. Xella notte tra il 20 e il 30 Gennaio, Antonio MikeIIi mor. Era nato in Venezia nel Luglio 1836, e vi aveva percorso splendidamente gli studi classici, manifestando per altro una gran,le attitudine alle scienze esatte, distinguendosi tra i colleghi per la percezione pronta e la rigorosa ed elegante esposizione delle verit matematiche. Passato quindi allo Studio di Padova, divenne naturalmente carissimo a quegli insign maestri, l' ono senatore co. Bellavitis, l' ono deputato Raffaele Minich e l'illustre comm. Domenico Turazza, che tuttodi sono ornamento e splendore dell' Universit patavina. N fu men caro ai compagni, dai quali ho udito ricordare com ~ egli, con quella naturale disinvoltura eh' segno di modestia e di forza, nelle ore d'ozio liberalmente agevolasse ai men pronti le difficili vie della scienza. Non perci meraviglia che fin d'allora egli cominciasse a godere quella reputazione che veramente si meritava, e che si PIl argomentare anche da questo: che avendo il governo assegnato al giovane pi valente d'ogni Facolt una pensione, affillch~ dopo il corso universitario, potesse compiere la propria eduealone scientifica in qualche Istituto di pi elevata rultura. il rollcgio dei professori della Facolt matematica elesse il

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Mikelli, che nell' Ottobre 1858 recossi a Vienna, e frequent il Politecnico, ove non si distinse meno che a Padova per forza d' ingegno e per assiduit di lavoro. Scoppiata nel 1859 la guerra, si ricondusse in patria; e quantunque avesse di poco varcato i ventitr anni; nel Novembre 1859 ottenne la cattedra di fisica e di matematica nel r. Liceo di Mantova, per farvi il suo tirocinio. Ma se dei maestri pu dirsi quel che fu detto gi dei poeti, che nascuniur non funt, dir che il Mikelli nacque maestro; giacche in et cosi giovanile parevano in lui doli antiche l'ordine, la chiarezza, la precisione, l' efficace sobriet, rara dote in chi comincia, e un temperamento invidiabile di carattere, benevolo insieme e autorevole, che ad uno stesso tempo gli procacciava l'amore e il rispetto degli scolari. I quali, per le ragioni che tutti sanno, non sempre alle matematiche attendono con quel calore che portano in altri studi o pi geniali o men rigorosi. Ma nel Liceo di Mantova i colleghi del Mikelli poterono osservare con meraviglia, che alle lezioni di lui, e non solamente a quelle di fisica, ma pure a quelle di matematica, accorrevano i giovani con eguale se non maggior desiderio che alle lezioni pi calorose di letteratura o di storia. Ne1186! fu trasferito a Venezia-nel Liceo Marco Foscarin, e quindi nel Liceo Marco Polo ove insegnava la fisica. Qui cominci a rendersi manifesta l'instancabile operosit del Mikelli, che non solamente nel suo Liceo, ma in parecchi privati istituti d' educazione,in gran numero di cospicue famiglie e, non di raro, nelle sale del patrio Ateneo, senza dar mai alcun segno di stanchezza e nemmeno di svogliatezza, sempre buono, sempre perspicuo, sempre efficace, impartiva un insegnamento che tutti cercavano ogni giorno pi avidamente. Se non che questo campo, nel quale pareva che moltiplicasse s stesso, non assorbiva tutta l'operosit del Mikelli, Il quale, se non public molti scritti (l), molti pi ne pens, ne apparecchi, ne cominci (2). Ed veramente a dolere che a com(1) Dei dttermiilQnti, Mantova, Podest, 1869; Le stelle cadenti, Milano, Treves, 1868; Relazioni degli studi sClentijici dell' Ateneo Veneto dall' alino 1865 al 1874, Venezia, Cecchini, 1879, 1874. Scrissc inoltre parecchie Rivilte ,cientijiche nella Gazzetta di Montof1(1, nella Gazu!ta di Vt"e~ia. nel giornale sae. za t Morale, nel Politecnico ecc. (2) Ricordo fra questi le Lezioni popolari di fisica, che aar('bbero state un saggio prezioso di chiarezza scientifica. Dei suoi studi sulla questione Ingunare non lasci sventuratamente che cenni ed appunti.

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pierli e a publcarl non gli bastasse la vita. Tanto pi che da lungo tempo seguiva coll' acume dello scienziato e coll' affetto del cittadino la combattuta questione della laguna; ed anzi pu dirsi che gli ultimi e pi perseveranti suoi studi fossero volti a questo argomento, ave speriamo che finalmente la carit della patria e le ragioni della scienza prevalgano a qualsivoglia riguardo. Erano perci meritate le universali testimonianze d'affetto ond' era segno il Mikelli. Non turber colle mie parole il sacro dolore d'una famiglia, che in lui ha perduto un marito ed un padro amantissimo ed amatissimo. Ma considerando il Mikelli soltanto nelle sue relazioni col publico, potr ben dire che ottenne tutte le ricompense pi care agli animi onesti: il rispetto dei cittadini, l'approvazione dei preposti, l'amicizia dei colleghi, la confidenza degli scolari, la riconoscenza di tutti. N in qualche occasione gli venne meno l'involontario omaggio di quell' invidia, che morde e giova, Ma dall'aspetto di lui traluceva la serena e dignitosa coscienza; ond' io non vidi offuscarsi mai quel suo sguardo, limpido, sicuro, diritto, dinanzi al quale obliquamente sfuggiva, come serpe che strisciando s'appiatta, chi non aveva coscienza di sostenerlo, E quando si sparse come un baleno per Venezia la voce, che quast' uomo, ancor ieri pieno di salute e di vita, oggi era sfidato da' medici, e quasi morto prima che si sapesse malato, fu, mi si permetta la frase, una esplosione di dolore; e non tutti seppero divorare in silenzio le proprie lagrime, ma pianti irrefrenati e vivi singulti interruppero i canti funebri, e accompagnarono il perduto amico al sepolcro. lo l'avea conosciuto quando fu trasferito nel 1864 a Venezia, e da quell' anno noi siamo stati costantemente amici e colleghi. Ah, chi ci avrebbe detto la sera del 23 Gennaio, che quella doveva essere l'ultima volta che ci saremmo veduti ! Avevamo dovuto raccoglierei nel Liceo a conferire sul metodo pi conducente allo scopo, che l'insegnamento nostro potesse avere la necessaria efficacia sulla mente e sul cuore de' nostri giovani alunni. Quanto a s, diceva il MikeIli, esponendo i fenomeni e dimostrando le leggi della materia, egli ne traeva argomenti ad affermare la spiritualit dell'anima e l'esistenza di Dio, cosicch dallo studio della natura scaturissero insegnamenti morali. Queste furono le ultime parole che pronunzi nel nostro Liceo; quasi volesse, presago di non dovere pi rivederlo, lasciarci in breve riassunte le sue dottrine. Ed io le ricordo ben volentieri a conforto mio e degli amici, che tanti ebbe

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e cos sinceri il Mikelli. Imperciocch se colla morte tutto finisce, certo che la sua fede non gl' impedi di raggiungere le sommit della scienza i ma se, come noi crediamo, ci attende una seconda vita immortale, m' dolce sapere ch'egli professava dottrine, di cui in quella vita seconda avr trovato oramai conferma e mercede.

R.

FULI:i.

AT T I
DELLA

R. DEPUTAZIONE VENETA DI STORIA PATRIA

LETTERA D'INVITO
PER L' ADU:-ANZA GENERALE STRAORDINARIA

15

DECEMDRE

1879.

Venezza .10 Novembre [879. Preiatissimo Signore,


Ella pregata d'intervenire ad una seduta straordinaria dell'Assemblea generale che avr luogo in Venezia nella sede della Societ presso la Fondazione Quirini-Stampalia, il 15 Decembrc p. v. al tocco. Non verificandosi il numero legale nella seduta di prima convocazione, lo stesso Ordine del giorno verr discusso in seconda convocazione, a senso dell' art. 15 dello Statu.to.
LA PRESIDENZA.

ORDINE DEL GIORNO:


I. Relazione orale dei Delegati della R. Deputazione al Congresso di Napoli e deliberazioni sopra alcuni temi proposti pel Congresso di Milano. 2. Proposta di modificazione degli articoli dello Statuto relativi al diritto di voto nell' Assemblea generale, e conseguenti deliberazioni. 3. Proposta di prorogare la seduta ordinaria dell' Assemblea generale al mese di Ottobre v. 18RO.

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PROCESSO VERBALE
DEL L' ADUNANZA GENERALE STRAORDINARIA
t5
DECEMBRE

1879.

In seguito all'invito portato dalla lettera circolare 30 Novembre 187D, n. 90, oggi nella residenza della Deputazione, palazzo Quirini-Stampalia in Venezia, alle ore 1 pomo si raccolta l' Assemblea generale, per deliberare sopra gli argomenti posti all'ordne del giorno. Presenti: il vice-presidente cav. Stefani, i membri del consigli? direttivo cav. Fulin, comm. Berchet, dott. Joppi, comm. Barozzi, cav. Bertoldi ed i soci cav. Luciani, comm. Veludo, prof. Occioni-Bonaffons, comm. Dernardi e ab. Nicoletti. Giustificarono con lettere o telegrammi la loro assenza il Presidente conte Pompei ed i soci ab. Pellegrini, prof. Pertile, comm. De Leva, conte Bembo, cav. Foucard, cav. Gloria, cav. Cambi, eomm. Cavalli e conte Cipolla. Riconosciuta legale 1'adunanza, Invertito, sopra proposta del cav. Joppi, l' ordine del giorno, L'Assemblea a) Deliber ad unanimit di voti che l'adunanza generale ordinaria per l'anno 1880 e seguenti, abbia luogo nell' autunno di ogni anno, anzich in primavera, e nel giorno che verr fissato dal Consiglio direttivo. b) Deliber pure ad unanimit di voti, di aggiugere al Regolamento interno della R. Deputazione, per la applicazione degli articoli 14 e 15 dello Statuto organico, il seguente articolo: Alla validit delle deliberazioni dell' Assemblea, baster a :t senso dell' art. 15 dello Statuto, la presenza del quarto o della met, secondo quanto stabilito nello Statuto, dei Soci effettivi residenti nelle provincie Vene te . Dopo di che il cav. Fulin inform l'Assemblea dell' esito del I Congresso delle Societ di Storia patria tenutasi in Napoli nello scorso mese di Ottobre, e diede comunicazione dei seguenti voti espressi da quel Congresso : 1. desiderabile che le Societ storiche Italiane, come manifestazioni della scientifica amicizia che le stringe insieme, scambino

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fra loro tutte le proprie publicazioni, cio quelle fatte non solamente a cura, ma anche a spese delle Societ stesse.
II. utile che quando una Societ si accinga ad una determinata publicazone, faccia parte della deliberata impresa alle Societ sorelle, le quali vorranno giovarla di tutti gli aiuti che sieno da loro. III. desiderabile che quando una Societ storica s'imbatta in documenti e notizie che si riferiscano o interessino particolarmente la storia di altra regione d'Italia, voglia darne notizia, alla Societ consorella della regione a cui quel ritrovamento pu giovare. IV. Nel caso che una Societ storica avesse da far trascrivere documenti negli Archivi di un' altra regione, la Societ consorella voglia, richiedendo pure l'aiuto dei Soprainlendenti degli Archivi, sopravvegliare e raffrontare le copie e le trascrizioni dei documenti, rimanendo a carico della Societ richiedente le spese. V. Si fa voto che le Societ di Storia patria vogliano attendere alla compilazione di un catalogo delle fonti edite della Storia Italiana dal 476 d. C. al 1000 ; e perci s' invitano a volere, ciascuna .per la propria regione, compilare come in saggio, anche manoscritto, un catalogo di tali fonti per qu el periodo d'anni che parr loro, purch si comprenda nell' intervallo di tempo indicato, perch il Congresso prossimo possa, prendendo a norma questi saggi stessi, determinare il disegno dell' intero Catalogo, e i modi e i mezzi di compilarlo. I saggi devono essere presentati alla Societ di storia patria che avr cura di preparare il Congresso prossimo, tre mesi innanzi della riunione di questo, affnch una Commissione nominata da essa Societ, abbia tempo a formulare le considerazioni e le conclusioni da presentare al Congresso. VI. S'invitano le Societ di storia patria a proporre per il prossimo Congresso le aggiunte che potrebbero farsi ai Rerum ltalicarum Scriptores, senza pregiudicare la questione dell' estensione e dell' ordine che potrebbero essere dati alla ristampa della detla opera. S'applaudisce all' ardimentosa iniziativa della stampa dei Diari; di Marino Sanuio, promossa dalla Deputazione Veneta, e si raceomada caldamente alle altre Societ, affinch questa publicazione, che interessa la storia di tutta Italia e d'Europa, possa compiel'8i sollecitamente.

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VIII. Si fa voto al Ministero di pubblica Istruzione che assegni un fondo speciale alla Biblioteca Vittorio Emmanuele di Roma per acquistare le opere, gli opuscoli e i documenti tutti messi a stampa o inediti, originali o in copia, comprese le poesie di argomento politico, le rappresentazioni figurate, come ritratti, caricature, autografi, medaglie, tessere ecc., che riguardano l'epoca del risorgimento Italiano, cominciando d'intorno ali7DG. IX. Facendo voti perch possa tosto compilarsi una compiuta bibliografia di tutte le publicazion storiche concernenti l'Italia, si propone che le varie Deputazioni e Societ di storia patria comincino, ciascuna per la propria regione, a compilare un indice esatto di tutte le publicazioni storiche avvenute nell' anno corrente, con che si possa dare in certo modo principio al la varo pi generale c generalmente desiderato. X. Si approva di raccogliere dagli Archivi i documenti della diplomazia Italiana dall' anno 1415 al 14;)0, e di farne una sola pubblicazione per chiarire meglio le condizioni politiche di quell' epoca, tenuto conto del documento scoperto a Modena, col quale la Corte Estense proponeva ad Alfonso 1. d'Aragona di formar un sol regno d'Italia. XI. Si accettano le considerazioni espresse nella relazione del presidente Bonghi, e si delibera far voto al Ministro di pubblic a istruzione, perch i sussidi concessi dal governo alle Deputazioni e Societ di storia patria siano pareggiati a quello si d alla R. Deputazione di Torino; e perch si studi la convenienza di dividere questi sussidi in due parti, l'una fissa, e l'raltra proporzionale alle publicazioni fatte durante l' anno, obbligando le Deputazioni e Societ a mandare al Ministro una relazione annuale delle loro publicazioni da presentarsi al Parlamento e stau.parsi nel Bollettino di publica Istruzione. XII. Si fa voto che il Sopraintendente deg-li Archivi Napoletani si adoperi presso il Ministro dell' Interno, perch si voglia stabilire una sezione dell' Archivio di Stato che comprenda tutti gli antichi diplomi e manoscritti esistenti in parecchi luoghi dell' antico ducato di Benevento. XIII, Per favorire il progresso degli studi storici, si fanno raccomandazioni ai privati cittadini di voler depositare negli Archivi di Stato i documenti di lor propriet che possono illustrare la storia. XIV. Si fa voto che il Ministro dell' Interno inviti, nel modo

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che creder migliore le Societ di storia patria a proporreglt argomenti dei regesti da compilarsi dagli alunni diplomatici presso gli Archivi di Stato, colle retribuzioni annue loro promesse. XV. Si approva che il futuro Congresso si riunisca nel 1880 in Milano. Apertasi la discussione; L'Assemblea sempre pronta a cooperare, nei modi che le sono consentiti, al progresso degli studi storici italiani, prese atto delle risoluzioni votate nel Congresso di Napoli, e relativamente alle risoluzioni, V J VI e IX sulle quali fu dal vice-presidente invitata a votare, deliber : al ~. V. Che sia affidato il contemplato lavoro bibliografico al socio effettivo conte Carlo Cipolla, pregato di indicare previamente quale periodo storico intenderebbe illustrare; al N. VI. Che sia affidato al vice-presidente cav. Stefani il lavoro contemplato; al X IX. Che sia afrdata al prof. Fulin la compilazione del contemplato elenco, autorizzato a rivogliersi ad uno o pi soci per ciascuna delle provincie Venete, affinch gli forniscano le indicazioni necessarie.

Esaurito per tal modo l'ordine del giorno, l'adunanza venne sciolta alle ore 4 pomo dopo letto o confermato il presento Atto verbale.
IL PRESIDENTE

Cav. F. STEFANI, vice-presidente

Il Segretario
. Cornm,
GUGLIELMO BERCHET.

VITA RICCIARDI COMITIS.

All' illustre sig. cav. Federico Sle{ani Vice-presidente della R. Deputazione Veneta sopra fili studi di Storia Patria.

Nella lettera che Le diressi il 19 gennaio p. p. e che per soverchia indulgenza della Presidenza della r. Deputazione di Storia Patria, vide la luce nell'Arehimo Veneto (XVII, 198-9), Le toccai de' miei dubbi sull' antichit della Vita Ricciardi Comitis riprodotta nel volume VIII del Rcrum. Di quella breve cronichetta il Muratori fece alta stima, se la inseri nella sua grande raccolta. Qualche dubbio sul valore storico della medesima forse pi tardi sorse in lui, poich non la cit negli Annali. Il Mafl'ei la ritenne d'un umanista del secolo XV (1). Nella quale opinione fu seguito dal nostro illustre collega mons, G. B. co. Giullari (2). Alessandro Carli per l' opposto la cit con piena fiducia (3). L'ultimo ed autorevolissimo giudizio pronunciato in argomento la disse fattura d'una penna del secolo XIV. Ella ricorder che nella citata mia lettera Le sottomisi alcune difficolt, per le quali avrei preferito attribuire la cronaca ad una epoca alquanto pi tarda. Non Le sia discaro, onoro signor cavaliere, che Le svolga un po' diffusamente gli argomenti che mi paiono militare in favore della mia tesi. Alla sua: dottrina s'appartiene il pronunciarne sincero giudizio. All' esame della cronaca premettiamo alcune osservazioni sul proemio (col. 121 A, 122 B), che comincia dalla esposizione delle tradizioni sulle origini dei Sanhonifacio, vi si accenna quindi in generale alle discordie che divisero le citt italiane a motivo dei
(1) Vero Il, 180 (ed. Vero 1731 in 8.0) (2) Della letto fleron. al cadere del sec. XV, ecc. Bologna, 187G, p. 4. (3) 18t. di Ver., t. Ill, pago 325.

tu.,

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partiti dei guelfi e dei ghibellini, toccando in ispecialit delle fazioni della nostra citt. Termina il proemio col ricordo della venuta di Lucio in Verona, dalla cui morte ha principio secondo il n. A. il violento riaccendersi delle nostre guerre intestine. Sul!' origine dei Sanbonifacio l' Anonimo ricorda che, secondo l'opinione di alcuni, essi discendono dai Trojani. Di questa superba pretesa di quella potente famiglia, vorrei lusingarmi di potermi occupare altra volta; le famiglie come le nazioni hanno la loro boria, direbbe il Vico. Ma non essendomi oggi permesso di trattenermi lungamente sopra di ci, ricorder solamente l'albero che vedevasi e forse vedesi tuttora in una sala del palazzo dei Sanbonifacio irr Padova, il quale fa risalire l' origine della famiglia al primo secolo dell' era volgare. Ricavo questa notizia dal prezioso suo opusoolo Dell' oriine dei Conti di S. Bonifazio, Venezia 1873, p. 7. TI nostro anonimo, senza pronunciare giudizi sulla questiono dell' origine, continua dicendo esser cosa notissima, che da otto secoli la famiglia Sanbonifacio in massimo fiore: expedita res est, ab octingentis hinc annis, eam domi forisque fama rerum gestarum , potentia, oppidorum castrorumque dominatione inter Iectissimas Italiae claruisse, multisque pontifcis ac imperatoriis diplomatibus .... decoratam et auctam s (col. 121 B, C). E quando principiassero questi otto secoli lo dice subito appresso: Et quamquam Caroli magni potentissimi imperatoris usque temporibus, plerosque bello et pace insignes viros per tempora Italia edidit; unus tamen Ricciardus, cujus nunc vtam describendam suscipimus, polentia, dignitate, bellicae virtutis gloria ceteros, quorum memoria ad nos pervenerit, longe superavit (121 C). Parmi perci potersi conchiudere, che l'Anonimo scriveva otto secoli dopo Carlo Magno, vale a dire al principio del secolo XVII (1). La frase quorum memO:1a ad nos pervenerit s basta da sola, s'io non m'inganno, a provare che l' Autore era d'assai posteriore a Rizzardo. Del che una conferma lo stile affatto diverso, tanto da quello piano, rozzo e semplice d'un cronista antico, che dall' elegante periodo ciceroniano d'un umanista della Rinascenza. A me sembra che lo stile sia prolisso e tronfio, e non disconvenga ad un erudito del Seicento.

{lI Verso questo medesimo tempo anche la nobile e Illustre famiglia vcenUna dei Contiavanz la pretesa di discendere dagli antichi comitel di quella cito t, oome prov Il eh. prot. Morsolin, A/ferllio cotlte di Vicenza ecc. Vicenza,

18110, pago S9 e segg.


14

~10

Dei guelfi e dei ghibellini parla poi (121 D) come di cose passate, e di nomi deplorabili pernicosis ac infandis Guelphorum et Gibellinorum ortis nominibus . Di essi non sa poi dirci se non che gli uni stavano pel papa e gli altri per l'imperatore. Dopo aver detto (121 D, 122 A): Vesania haeo privata mox Federici Aenobarbi Imperatoris temporibus, perniciosis ac infandis Guelphorum et Gibellorum ortis nominibus coalut, quae factiones universam Italiam in duas distractam partes, Gibellinis Imperii, Guelphis Ecclesiae auctoritatem partesque sequentibus.... ad ultimum pene exitium redegere , l'Anonimo continua (t22 A): Neque enim solum aliae civitates Imperatorem, aliae Pontificem sequutae, eorum summorum princpum causis rebusque faventes, infestis inter se animis atque armis decertarunt, sed in psismet patriae viscerbus etiam .... contenderunt. Comites Sancti Bonifacii partes Guelphas, Monticuli Gibellinas suscepere . Questo passo ricorda in parte un luogo del XIV libro del de regno Italiac di Carlo Sigonio (opp, Il, 792 B. Mediol. 1732) s ea res non civitates solum in diversa studia traxit, sed novas in singulis etiam Civitatibus seditionum procellas excivit, ut alii Ecclesiae, alii Imperii partes aceesserint . In parte riproduce quest'altro di Onofrio Panvinio De Urbis Veronae iris, doctrina et bellica eirtute illustribus (Veronae, 1621) p. 62: Friderico Aenobarbo Romanis imperante, circa annum Christi MCLXX in omnem terram Italiam dirae et saevae Guelphorum, et Ghibellinorum factiones pervagari ceperunt, nam in discussione, et bellis quae inter Imperatorem Fridericum et Alexandrum III Pont. Maximum exorta fuit, curo tota Italia scissa esset, qui Imperatoris partibus studebant, Ghibellini, qui Pontificis vero, Guelphi appellabantur. Caeterarum omnium Civitatum morem et Veronenses sequuti sunt. Nam in duas partes divisa Urhs, duas nobilissirnas familias factionum capta constituit. Guelphorum fuerunt Comites S. Bonifaci, Ohibellinorum vero Monticuli . Anzi si osservi di pi: l'elogio di Rizzardo poco sopra riferito ha notevole rassomiglianza colle seguenti parole del Panvinio (op. cit, pago 62-3): Caeterum inter reliquos, quos plures tulit S. Bonifaeii gens, bello illustres viros Guelphae factionis notissimus Dux, et tota Italia celebratus fuit Riciardus, Comes S. Bonifacii . Il ricordo della dimora di Lucio III in Verona notevole solo per questo, che l'Anonimo credette che e aliquandc Veronae civiles discordiae Romanorum Pontificum Lucii III ac Urbanis III qui eam civitatem tune temporis incolebant, auctoritate et interposi-

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tionejaeerent ..... (Vila. 122 B). Locch concorda col giudizio di Onofrio Panvinio (Ant. Vero ed. 1647, p. 188 D): Romanorum Pontificum Lucii III et Urbani II[ auctoritate civiles omnes discordiae Veronae sopitae visae essent ~. La morte di Ceresio Montacchi non tolta per intero dal Panvinio, giacche da questo (p. 188 Il), egli non poteva avere la data di quel sanguinoso avvenimento. Lasciando l' anno, che un errore patente, pel giorno e pel mese, la notizia dell' Anonimo dipende dalla Cronaca Parisiana; infatti gli Annales Veteres hanno: Comes Saurus interfectus fuit a ... octavo intrante Madio ~ (nell'Arch. Ven. IX, 00). Gli Ann. S. Trin. (in Pertz XIX, 5, lino 31-3) dicono: et in eodem anno (H89) interfectus est comes Saurus 3. Idus Majas . Ma dal solo Panvinio tolta' la notizia, secondo la quale il Conte era zio materno del Montecchi. L'esame del solo proemio ci pose in mano, s'io non m'inganno, le fonti principali da cui l'Anonimo scrittore della Vita ha ricavato le sue notizie. Principiamo dal Sigonio il quale forni all'Anonimo la materia per disegnare lo sfondo del quadro, nsandone in ispecial modo quando vuole descrivere le condizioni generali d'Italia. Dal Sigonio sono qui copiati lunghissimi brani, conservandone quasi interamente anche le frasi e le parole. 122 E, 123 A. Bccelinus ipse custodiendos transmisit = Sigonio 882 A, 886 C.I 12-1 B. Paulo post Azo - exturbatus = Sig. 889 A, B. 1123 C. Azo - deiect Sig. 891 C. 112.'3 D. Otho quaedam Etruriae - defensurum jnravit - Sig. 888 A, B. 1123 D, E. Viterbium aperte intuIit = Sig. 889 B,C. 1123 E, 124 A. Pontifex - invilant = Sig. 890 A, B. I 124 A. In Italia compareret Sig. 800 B, C.I 124 il. Otho - in Etruriam advocavt = Sig. 894 C. 1124 B, C. Fridericus interim - perductus est = Sig. 894 C, 895 A. I 121C. Interim Azo - vita decessit = Sig. 896 A, B. 1 124 E, 125 A. Aldobrandino Atestino - caede compulert Sig. 903 D, 9li A, B, 918, A. 1126 A. Eccelino et Riccardo pangentibus = Sig. 932 C. 1126 E. Quoli cum frater Antonius - incassum Sig. 941 B. 1 126 E, 127 A. Azo vero - denuo immisisset Sig. 941 D (Cf. Panv. 193 E). 1127.\, il. Dum haec in Lombardia. - jusjurando sanxerunt = Sig. D42 D. 112713, C. Qui Friderico Sig. 943 D. 1127 C. Interim legati - perre- prohibuerunt Iere = Sig. 944 B,C. 1 127 C, E. Eccelinus - applicuerunt Sig. 944 C. 1128 B, D. Ha se Ricciardus - esse juravit Sig. 946 .i, B, il, C, D. I 128 E pacem interpartes confirmari jussit

= =

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Sig. 947 Bo I i29 E, 130 A. Interim Imperator - reservavit = Sig. 959 A, B. I 130 il anathematis - subrnovisset = Sig. 964 O, 130 B, C vastatoque - convenit Sig. 97 l C, D. I 130 C, D. Inde foederatam - octuagenarius moritur = Sig. 972 A, B, C, D. La Vita (130 D) dice qui che l'assedio di Ferrara dur sei mesi semestris obsidio mentre il Sigonio parla di soli quattro mesi per quatuor menses . Va pur notato per altro, che il Sigonio non dice che il Salinguerra sia morto a Venezia ottuagenario, poco dopo della sua condanna, ma ha soltanto (972 C, D) ... Salinguerram ... senem ... octuagenarium ... Venetias ablegarunt . Naturalmente 1'Anonimo conchiuse, che Salinguerra era morto poco tempo dopo dal non vederlo pi comparire sul campo delle guerre. I 131 il, C conjuncts cum Azone Atestino - indecapti = Sig. 989 C. Il Sigonio nella stampa milanese ha la data IV Kal. Jun; col Parisio, 13, lino 19 s'accorda l'Anonimo coll' indicazione della data 25 Junii I 131 C, D. Hinc Vastaldandum - Praetorem = Sig. 990 B. Il Sigonio per altro non allude direttamente al Conte Rizzardo, ma parla genericamente della parte ecclesiastica. I 131 D, E qui cum Gibellinorum vallo firmat = Sig. 990 B, 991 A, 991 A, B. I 131 E, - 132 A et fossa - stativa locat = Sig. 991 C, D (ivi 993 A: Victoriam appellavit. ) I 132A. Erat universus-omnes cecidere Sig. 991 E, 993 A. 132 A. I 132 A, il et ponte prope Brixillum - deducebantur = Sig. 993 E, 994 A, 994 B. I 132 B. Fridericus gravi - erumpunt = Sig. 994 C, D. I 132 B, C ac urbem Victoriam - elati incendunt = Sig. 994 D, E. I 132 C. Haec clades - perstitit miserrimus = Cf. Sig. 995,1008. I 132C, D suspcioSig. 1008 A. I 132 D. Morte neque veneno - veneno interiit patris accepta - conventum egit Sig. 1012 B. I 132 D. Adventus - studia = Sig. 1012 C, D. I 132 E. Octavianus Ubaldinus - habitaturos juravere Sig. 1012 D, 1013 A. I 132 E, 133 A. cum dcu - defendisset = Sig. 1017 C. I 134 A. Ludovico - relieto = Sig. 1017 C. Spesso l'Anonimo trascrive letteralmente il Sigonio introducendo tut!" al pi nel suo testo qualche inconcludente modificazione stlistica, talvolta invece lo compendia. Non voglio abusare del suo tempo, ilI.mo signor Cavaliere, e mi limito a presentarle un solo luogo della Vita confrontato col Sigonio: Vita 132 B, C. Fridericus gravi morbo correptus ex eo ubi

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eonvaluit, recreandi animi causa Vwtoraa urbe cum magno suorum comitatu aucupatum tribus passuum millibus exiiL, rerum omnium ab hostibus animo dejectis prope securus. Tum Montelongw legatus, vir impiger et vigilans, Riccardus, et PhiJippus Vicedominus occasione usi, Parma repente cum omnibus copiis, imploralo divino aua:ilio, erumpuni ac urbem Vwtonae adorti ut illi quibus calamtas, qua premebantur, vires supra vil'es ministrabat, cu.rtodibu.! fortissime oppressis, ac dissipatis, urbe ipsa cum ingenti praeda, corona regia praecipue, thesauris et supellecubus omnibus praetiosis Frideric etjumentis universis potiuntur, innumerisque captivalis hostibus, Vwtonam ipsam ira et letitia elati incendunt. Sig. 994 C, D. Sequenti inde anno Fridericus gram morbo correptus est; ex quo cum emersisset, recreandi animi caussa XIV Kal. Martias Vwtona cum magno suorum oomitatu aucupatum tribus pa3suum millibus exiit, rerum 0mnium ab hostibus prope securus. Tum Monteslongus legalus, 'Dir acer et vigilans, et Philippus Vreedommus occasione usi, Urbe cum omnibus copi . . . . implorato ditJino aueiuo, eruperunt .

Sig. 994 D,E... ac VretorUzm adorti, custodibus ... oppressis ac (ortiuime dissipatis, urbe ipsa cum ingenti praeda potitisunt : nam et coronam regiam, thesaurum et suppellectilem omnem praetiosam Friderioi, etjumenta unioersa, et carrocium Cremonensium repererunt, et captivis suis liberatis, multos hostium ceperunt. . . . . ac demum Yictoriam ipsam simul ira laetituzque elati cremarunt. Fra i conquistatori della Vittoria la Vita menziona il Conte Rizzardo, del quale tace invece il Sigonio. L'Anonimo copi qui dal Panvinio (De uris Veronae ecc. p. 63): Fridericum Parmam obsidentem, memorabili clade ab obsidione submovt s. Anche senza di ci, l'Anonimo poteva dedurre, che il Sanbonifacio avesse preso parte alla pugna finale, da quello che egli stesso, seguendo il Sigonio (991 A,B), aveva esposto teste (t31 D), che cio Rizsardo era accorso alla difesa di Parma. Oltre alla rassomiglianza non nelle notizie, ma eziandio nelle frasi, d'uoponotare, che l'Anonimo autor della Vita fa talvolta un centone di vari passi del Sigonio. Locch basterebbe a togliere ogni sospetto - se pur potesse esservi- che il plagio fosse invece del Sigonio. Non posso lasciare dal prendere in esame anche un' altro

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passo, nel quale evidente, che l'Anonimo copi dal Sigonio senza conoscere la fonte di questo. Alla col. 124 B, C parlando di Federico II scrive: Romae suspectum Genuenses cum triremibus suis Kalendis Maji Genuam devexerunt, ubi a Marchionibus Atestino at Monferratensi et Hcciardo S. Bonifacio receptus, Papiam Idibus Julii .... perductus est . Somigliantissmo il luogo corrispondente del Sigonio (894 D, E): Romae autem susceptum Genuenses triremibus suis Kalend. Maji Genuam devexerunt, ubi a Marchione Atestino et Monferratensi et Comite Sanbonifacii exceptus, Papiam Idibus Julii est perductus . La fonte del Sigonio Ogerio Pane (I), il quale non dice che Federico sia entrato in Pavia il 15 luglio, ma sibbene che in quel giorno egli part da Genova: die 15 Julij de civitate (Genova) recessit, et Papiam perrexit . Non dunque ammissibile, che il Sigonio e la Vlm siano indipendenti fra s, e dipendenti ambedue dalle fonti dirette. n Sigonio, secondo l'opinione del suo pi recente biografo, il prof. G. Francios (2), nacque nel 1523, ed insegn a Modena (1546), a Venezia (1552), a Padova (1561), a Bologna ( 1563 ). Compila sua storia de regno ltaliae verso il 15i7, poich add 10 settembre di quest'anno egli scriveva a Camillo Coccapani (3): io sto molto occupato, perciocch sto per metter alla stampa vinti libri di Istoria che forse vi porter meraviglia s , I primi 15 libri furono pubblicati a Venezia nel 1574, e poscia riprodotti a Bologna nel 1580; ma gli ultimi cinque rimasero molti anni inediti. Venuto a morte, il Sigonio ne regal il manoscritto ad Alessandro Caprara, patrizio bolognese. Questi nel 1588 essendo entrato nella C. d. G., lo don a Giacomo Boncompagni, duca di Sora. Giambattista PineUi pens poco dopo di curarne l'edizione in Venezia, ed il Caprara che trovavasi a Padova, prest a tale impresa il suo ajuto. Le opposizioni della Censura rallentarono la stampa. Nel giugno 1591 sorsero delle dffculta anche da parte dell' Inquisitore di Venezia; ma furono presto superate ed alla fine di quel mese gi vedevansi in Padova alcune copie dell' edizione (4). L'edizione veneziana fu

(l) In Pertz S8. XVIlI, 131, Iin. 30-1. (2) Della Vita e delll opere di Carlo Si90n;0, Modl'na, 1869, p. 3, 41. (3) Presso Il Francloai, op. cit., p. 41. (4) O. Ant. Sassi, In Carolt Sigon .... pOlltrtmil quinque l"bril (breve dlR8t'rtatazlone premessa al t. II delle Opp., Medio!., 1735). In questa edizione del Sigonlo 111lbro XVI comincia alla colonna 88:>

215 quindi ristampata a Francoforte (1). Anche da questo lato abbiamo dunque una conferma di quanto s'era detto superiormente. che cio la vaa non pu essere anteriore al secolo XVU o tutto al pi all'ultimo quarto del secolo XVI. La seconda fonte della Vita sono le Ant. Veron. del Panvinio, edite per la prima volta in Padova nel 1647. I punti di contatto sono numerosi e mi pajono evidenti. Vm 122C. Haec caedes - Veronae creatur Panv. 188 E, 189 A. 1 122 C, E. Ceterum cum - acriter dimicatur = Panv. 189 A. - Due frasi sono tolte dal Sigonio, cio la parola: Romandiolorum nel catalogo degli alleati del Sanbonifaco (Sig. 881 D: exercitu valido... ex Lombardis, Romaniolis, Marchianisque eonfato :t), e il brano cum Odorico praetore, Eccelno, Salingnerra, ac Monticulis (Sig. 881 D: curo Odorico praetore, Seilino, Salinguerra, et Monticulis ) 1 123 A. La frase fautorumque domus, et palatia Veronae evertuntur, homines exulantur, bona proscribuntur tolta dal Panvinio p. 189 B eorumdemque fautorum domus et palatia Veronae ad solum usque prostrata, bona proscripta, ipsi qui cIadi superfuerant relegati . 123B. Interim Otbo - duces composuit Panv. 189 D.E Pan. 1123 C,D.-Ludovcus S. Bonifacius- infamem reddiderat 190 A. 1 124 C, D. Eodem anno et Ludovicus - expelluntur Panv. 190 B. 1 124 D,E. Hicciardus praetor - submoverunt Panv. 191A. L'autore della vaa v' introdusse solamente la frase c communihusque copiis duce Hicciardo praetore . 1125 A, C. Azo postmodum anno 1224 - exemplis studoslssimum ee Panv. 191 D. 19'2A. La frase (l25A) Bononiensibus quoque auxiliantibus tolta dal Sigonio (925 B) Bononienses ceterosque Bcclesiae studiosos advocavit . 125C. Anno mox sequenti - fortius erumpente = Panv. 192 A. 1125 D. Guelpbi fere - prostratae Panv. 192 A. 1 125 D. Leo ipse - factus est Panv. 192 B. 1125 D.E. Is contra Capitaneus Generalis constituitur = Panv. 192B, C. 1 125 E, 126 A. POITO anno - ex publico restitutae Panv. 192 D. 1 126 A. anno 1229 - tractatur Panv, 192 E. 1 126 A. Proximo etenim -aggredientibus = Panv.193B. 1 126B,E. Verum cum ea de re- haud qucquam profecissent = Panv. 193 B, D. 1 127 A. tot

= =

(l) L. A. Muratori nella Vita dci Sigomo premessa al t. l. delle Opp., Medio!.,1732.

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hostium impressionibus - carceri bus dimiserunt = Panv. 193 E. I 128 D,E. Mox Ferrariensibus - et foedus pronuntiavit Panv. 195 A, B. La frase (128 E) ex suggesto mihi erecto _, ricorda l'altra super quo belfredo, del Parisio l. c. 9, lino 8. Le ultime frasi del brano ricordano' il Sigonio 947 B, come fu notato a suo luogo. I 129 A, B, inter filiam - coadjutores adiecit Panv. 195 B, D. I 129 D. La frase c ingentia . .. damna agro Veronensi _ tolta dal Panv. 195 E ingentia agro Veronensi damna _. 1130 A. Ceterum cum - tradidit Panv. 196 B; soltanto l'allusione a Leonisio da San Bonifacio (a fllius Ricciardi qui castrum defendebat) non dipende n dal Panvinio, n dal Parisio, ma bens dal Sigonio (958 C): Sanbonifacium, quod a Leonisio Ricardi filio tenebatur. 1130 A. Ricciardum - processit Panv. 196 B. I 132 E. 133A, 134A. Hac eadem in civitate - sepelitur Panv. 193E. Somigliante uso che del Sigonio t l'Anonimo fa anche del Panvinio; e lo trascrive con esattezza, o ne muta qualche frase: talora v' introduce delle osservazioni retoriche e inutili. Per saggio ne riferir un solo passo: VUa 122C. Haec caedes innovandae factionis causa fuit qua sasviente anno 1205 oppidum San-Bonifacium, Comitum sedem, Eccelinus cognomento monachus, in Monticulorum factone cremavit. Hujus incendii occasione Bonifacius Comes , Sauri filius pridie IdUB Maji adversae factlons domos nonnullas Veronae vastavit, et cum Guelphorum pars praevaluisset, virtute potissimum Rccardi ... Monticulis urbe pulsis, Azo Estensis Marchio, auctore Ludovico, Ricciardi patre, praetor Veronae creatur. Panv. 188 E, 189 A. Excitata seditione civili inter Monticulos et Comites S. Bonifacii, Bonifacius Comes, Sauri filius in ultionem oppidi S. Bonifacii, a Ghibellinis anno superiori succensi pridie Idus Mali adversae factionis multas domos Veronae vastavit, in his aedes nobilium ... Monticulorum ... Quum Guelphorum pars in urbe pulsis, auctore Ludovico Comite S. Bonifacii, Azzo Marchio Estensis primarius in omni Lombardia Guelphorum Dux Praetor Veronae creatus est ... Nel che abbiamo una nuova prova per persuaderei della dipendenza della Vita dal Panvinio. Dal Panvinio l'Anonimo ricava i nomi dei podest. Le Ant. Vero non videro la luce che tre lustri dopo la prima edizione della Vita, il cui autore deve quindi averle lette manoscritte. La cronaca nelle A nt. Vero (p. 219) giunge sino al 1558. dieci

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anni prima della morte del Panvinio, spirato di 38 anni iliO marzo 1568 (Maffei, Vero ili. II, 348, I ediz) (i). Come terza fonte da esaminarsi il Parisio. In un passo della Vaa (col. 128 C) che riproduce quasi alla lettera il Sigonio (946 A), mentre quest' ultimo cita il Parisio Parisius auctor est :t, l'A nonimo sopprime la citazione; ad esso allude invece pi abbasso nel passo seguente (131 C): Inter captvos ex extoribus Veronensibus Taliaferrum, et Octolinum de Ripa fuisse Annales referunt ... Ed il Parisio (XIX, 13) dice infatti: Et Taiaferrus et Octolinus de Riva ea vice capti, et in carceribus Veronae mortui sunt 25 Junii :t. Nella mia lettera del i9 gennaio, Le sottoposi, illustre Cavaliere, i motivi, pei quali riguardo la Cronaca del Zagatta come un anello della famiglia parisiana. Pertanto sotto il nome generico di Cronaca parisiana qui comprendo tanto il testo pertziano, che il Zagata (edito dal Biancoln). Le presento secondo il solito, la serie dei passi posti a cenfranto: 125E. Eccelinus - consttuitur Cf. Parisio 7, 7-8. I 129 B, C. Si postquam - sancirent = Par. 9, 35-8. I 129 C, D. Alcardinas de Lendenaria - tradidit = Par. 9, 45-7.1 129D. Riccardns vero - recuperavit = Par. 9, 54 -10, 4. I 129 D, E. Hinc Veronenses-cinxerunt obsidione = Par. 10, 10 segg. e 10,30-1. 1130 B. Mox cum - submovit = Cf. Par. 11, 25-6, 30-1 ..... I 130 D, E. Ricciardus postmodum - communivit = Par. 12, 39-41. 1130. E Henricus de Hegna-mandavit Par. 12, 42-7. 1130 E, 131 B. Non multis- Eccelino abstulit = Zagata 40, 11-26 1131 C. Inter captvos- referunt Par. 13, 18-19. I 134 A. Februarii mense = Par. 14, 43. Del Parisio, l'Anonimo fece egual uso che delle altre fonti esaminate. Soltanto pi liberamentene mut lo stile ch'egli trovava troppo arido, e freddo. Recher anzitutto ad esempio quel brano, nel quale egli stesso cita esplicitamente la propria fonte. VzkJ. 131 C. Inter captivos ex extorribus Veronensibus TaliaCermm, et Octolinum de Ripa fuisse Annales referunt. Parisio 13, 19. Et Taiaferrus et Octolinus de Ripa ea vice ~pti, et in carceribus Verone mortui sunto

(1) In 124D, ooplando un brano del Panvlnio 19GB, In cui v' Il nome ,. PeIrut!IIalladura l'Anonimo scrive: ,. Petrus Mandura ,

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Altro passo interessante il seguente : 131 D, E. Ricciardus postmodum anno 1243, Brixiensium et Mantuanol'um cohortibus extorribus partium sua rum Veronensibus coniuncts, Castrum Gazi, Gibellinorum Veronensium praesidium defensum, aggressus, quamvis Eccelinus cum mille qungentis equitibus suppetos advenerit, expugnavit, suorumque praesdio communivit. Parisio 12, 39-41: 1243, 21 Martii, Brixienses, Mantuaui, Rizardus comes sancii Bonifatii et domnus Furixendus ceperunt castrum Gazi et eum munierunt; et in eorum adiutorium venit dominus Jcerinus de Romano cum mille et qungentis militibus de Marchia. Riferir in fine l'ultimo passo della Vita che ha uno speciale interesse, sia per l'argomento di cui tratta, sia percb offre un bel esempio del modo con cui l'Anonimo fonde la notizia ricavata da pi fonti. 132 E, 133 A, 134 A. Hao eadem in civitate, ubi aliquot mensibus post Ricciardus in morbum incidsset, curo diu opibus, auctoritate atque virtute sernetipsum et suos ab bostibus, partesque Ecclesiae defendisset, senex factorum gloria clarus, Ludovico filio relicto , tanto patre baud quaquam degenere vitam deseruit Anno salutis MCCXIII. (sic) Februarii Mense et ad Fratres Praedcatores sepelitur. Panoinio 198 E, sotto l'anno 1253: Rcciardus Comes S. Bonifacij Guelphae factonis nobliasmus in Lombardia Dux , belli pacisque artibus clarissmus Brixiae obiit, sepultus ad Praedicatores. Sigonio 101 i C: Ricardus autem Sanbonifaeius, cum diu anetoritate atque virtute partes Ecclesiae defendisset, Brixiae vitam desernit, ac filium Ludovicum reliquit. Parisio 14, 42-3: 1253. Rizardus comes Sancti Bonifacii obiit in civitate Brixiae, in domo Praedicatorum de mense Februarii, Perci non necessario confrontare il passo della Vi14 col Monaco Padovano come fa il Muratori (1). Con queste tre fonti si d ragione di quasi tutta la Cronaca,

vaa

vaa

(1) Il passo del cronista Padovano (Ann. 8. Iust, patafJ. in Pertz XIX. 162, 13-5): " Sequenti mense, videlicet Februario Ricardus comes Sancti Bontael, qui tum pro se, tum pro ecclesia contra Federicum et Ecelinum perfidum purlmum laboravit, cum esset Brixie vlam universes carnia est lngrlll58u&. Rellqult autem unicum flium parvolum nowine Lodovcum ,

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esse non bastano tuttavia per intero, anche trascurando le piccole differenze fra il nostro Anonimo e gli scritti citati, differenze che abbiamo presso che tutte enumerate, e che non hanno importanza alcuna. Una terza fonte ritengo d'averla trovata nella Historia Trevigiflna di Giovanni Bonifacio (la 1. ediz. di Trevigi 1591), pubblicata contemporamente agli ultimi libri del Sigonio. Dal Bonifacio parmi che l'Anonimo abbia ricavato il seguente

passo :
VUll 127 E. Hinc Conilianenses, circumsessione oppidi ab validissimo Tarvisinorum exercitu laborantibus, opem una cum Azone Atestino tulit; Tarvisinisque proflgats, multis eorum proelio caesis, pluribus Athesis vorticibus absumtis obsidionem solvit. Giov. Bonifacio, p. 238 havendo assediata la terra, indarno si sforzarono con spessi assalti d'espugnarla, percocch i Caminesi, che li erano drento, difendendosi valorosamente, ributarono gli assalitori; et a questo modo durarono tanto, che furono soccorsi da Azzo Marchese d'Este, et da Ricciardo conte di S. Bonifacio. I quali venuti alle mani co' Trivigiani ... furono i Trivigiani ... rotti. Su questo passo cf. Verci, St. degli Ecc. II, 73-4. Rimane ancora da spiegarsi un altro luogo. Alla col. 124 B, l'Anonimo scrive: Eam nactus oppurtunitatem Innocentius pontuex, Azonem in Etruriam advocavit , qui una cum Ricciardo Comite, aliquotque aliis militia claris Veronensibus nobilibus, quos urbis ipsa, Pontifici auxilium cum haud modica suorum civium manu in eam expeditionem pie transmiserat, Ecclesiae omnia per Othonem in ea regione occupata restituit . Le prime e le ultime parole sono tolte dal Sigonio (894 C) che scrive: Interim Azo a Pontifce in Etruriam advocatus, brevi omnia per Othonem occupata recuperavit . La notizia intorno al soccorso prestato al Papa dal Conte Rizzardo e dai Veronesi manifestamente alterata, e non possibile di far risalire ad un' antica fonte il significato in cui egli adopera la parola militia . Ci nonostante non presumibile, ch' egli siasi tutto inventato eli pianta, e non abbia nominato Rizzardo, se non per accompagnarlo col Marchese Estense. Una cronaca celebre e diffusa ha questa frase che pu aver dato materia alle linee del nostro Anonimo: Estensis enim Marchio jam cum Papiensibus et Cremonensibus et Veronensibus consensit Summi Pontificis foedus inire ... Sicardi episcopi Cremo Chron. in Mural VII, 623 A, aU' anno 1211.

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Il Saraina (t), il Dalla Corte (2), il Cavicchia (3), che s'annoverano fra i principali nostri storici del XV e XVI secolo furono certamente ignoti all' Anonimo. Del pari non puossi dimostrare ch' egli avesse cognizione di nessuno dei cos detti Cronisti della Marca Trivigiana neppure del Rolandino, e del Monaco Patavino. Quanto poi alla ricerca dell'Autore della Vita reputerei soverchia arditezza sostenere qualsiasi ipotesi. Potrebbesi pensare a Felice Osio, fra le cui carte essa fu senza dubbio rinvenuta dagli editori delle Cronache della Marca uscite a Venezia nel 1636, sei anni dopo la morte del celebre erudito milanese: essi possono avere scambiato alcune note fattesi dall' Osio per propria erudizione colla copia d'una cronaca antica. Questo non tuttavia che un sospetto, sul quale non insisto pi di quanto sia conveniente. Non m'avvenne mai di trovar citato alcun codice della Vita. I manoscritti dell'Osio pare che sieno pur troppo perduti. Almeno nulla se ne conserva nell'Archivio di Stato e nella Biblioteca di Brera in Milano come gentilmente mi assicurarono per lettera gl' illustri preposti a quegli Istituti, Comm. Cesare Cant, e Comm. Federico Odoric, Checche del resto sia di ci, cotale questione la crederei di secondaria importanza. Queste poverissime considerazioni assoggetto, illustre Cavaliere, alla sua erudizione ed" alla perspicacia del suo giudizio. Frattanto La prego di accettare i sensi della mia alta considerazione; ho l'onore di dirmi Verona 5 Novembre 1879. della S. V. Ill.ma devotis. obligatis. servitore
CARLO CIPOLLA.
(l) Le 1&i,tof'ie efatti de Veronesi ecc. Ver., 1542. (2) L' Htstoria di Verona 2. vol. Ver., 159~6.

(S) MB. nella Bibl. Marciana cl. X, cod. 148.

ARCHIVIO VENETO.
TUMO AIX. - PARTE Il.

15

RICERCHE STORICHE
INTORNO

ALLA CHIESA DI S. ANASTASIA


IN VERONA.
(Conunuaaonc. "l'di VoI. X \'JlI, p. 2'74.1

CAP. III.
LE CAPPELLE E GLI ALTARI DELLA CROCIERA.

Alfar maiore. l'antico altare dedicato a S. Pietro Martire, il santo domenicano veronese, al quale fu intitolata la nuova Chiesa fino dalla sua origine. Lo sfondo della Cappella, ossia l'abside, era illuminato da cino que finestroni, di cui fu chiuso quello centrale, il maggiore, per collocarvi un'ancona rappresentante il Santo. Delle invetriate splendidamente dipinte, nel sec. XVII il P. Pellegrini vide nel Capitolo detto dei Conversi, l' imagine di S. Pietro Martire, assai grande, ma imperfetta, perch priva della testa. Trov pure l'imagine di M. V., ed un frammento di ornato a fiorami. Nel 1664, essendo egli sacrista, si giov di questi avanzi, per ornare la finestra della Cappella di S. Vincenzo Martire (1). Al tempo suo vedevansi ancora al loro luogo le invetriate delle altre quattro finestre: due non avevamo altre dipinture se non ornamentali, colla figura di un uomo che sosteneva r arma della citt; le due rimanenti erano invece tutte dipinte con ornati, santi, ecc. (2). L'ancona collocata come dicemmo nel mezzo della cappella, sul finestrone centrale, presentava nella sua parte centrale la figura di S. Pietro Martire. V' era dipinta anche la Vergine col Bambino, e con alcuni Santi. Al tempo del P. Pellegrini I ancona vedevasi
lI) (2)
PELLllGJlINI, PELLRGJUNI,

op. clt., cap. V. op. cit., cap. VI.

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ancora, colla data 1440, e coll'indicazione ch' essa era stata eretta da Cortesia Serego (f). Al principiare del secolo XVIll fu levata e barbaramente distrutta. Venne collocato in suo luogo un quadro del Torelli rappresentante il martirio di S. Pietro Martire, chiuso da una grande e barocca cornice in marmo. Al di sotto di questo fu collocata la seguente iscrizione, che ricorda l'antica ancona distrutta: AVRAT.LE SCVLPT.LEQVE TABUL.LE DIVI PETRI MARTYRIS IMAGINEM REFERENTI QVAM NOD. VIR MARCVSSVS A SERATICO AD ANNO VSQVE f440 DICAVERAT SENIO LABORANTI PP. PROPRIIS SVMPTIBVS RENOVATIS F AMILI.LE I~SIGNIBVS PICT AM HANC CVM ORNAMENTIS MARMOREIS ANNO DNI MDCCXXVI. Sul cornicione degli stalli del coro corre questa iscrizione: INTERCEDE PRO DEVOTO TVO POPVLO SVPPLICANTE VT ILLI PAX PERPETVA CONCEDATVR A DEO l'VA OPE O PETRI<: MARTVR (sic) INCLVTI ORDINIS PRAEDICA.TORVM GLORIA CIVIVMQVE TVORVM VERONENSIVM DECVS AETERNVM. Questa epigrafe scritta senza dubbio in caratteri del X VII secolo, copiata naturalmente da altra pi antica. Anzi sembra poterai dedurre da alcune parole un po' oscure del Pellegrini (cap. VI) che nel trasporto del Coro dal centro della Chiesa al luogo attuale, si abbiano dovuto togliere quattro scanni, sopprimendo perci un brano dell' iscrizione, onde era indispensabile trascriverla per intero (2). Nell' altare, il tabernacolo in marmo fu fatto eseguire a spese di Alessandro da Monte, dell' arma del quale era esso decorato. Venne lavorato a Venezia e fu posto a luogo il 22 Agosto f592 (3).
(l) Secondo il Pellegrini l'iscrizione della medesima era qnesta: e Il nob. mB (mtller) Marasto da Serego ha fatto fare quest' ancona. Secondo l' [flfQf'f1Ulziofle anonima, essa era affatto' differente: h 1440 a 3 di Luio. El nobll cavalier messer Cortexla da Serell'O ha fatto far quest'ancona. Oiacomo Moroson ntagiador da Venesia l'ha tutta lavorada in Venesia , Quest'ultima dev'elJI!('r l'esatta lezione, ed il Pellegrini pare non abbia voluto che darne Il sunto. (2) Oli scanni attualmente sono 32, oltre al centrale. Sul secondo a destra partendo dal centro del coro, leggesl intarsiato in legno: CHAR IITAS, In due linee, e sullo stalle corrispondente a sinistra: SPESo (3) Informazione conservata dal Perlni, f. 13. - Il tabernacolo piccolo, dice Il P. Pellegrini (cap. V), fu fatto fare lial P. Gov, Maria Venturinl.

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L'odierna mensa dell' altare, di bel marmo giallo chiaro.
Ancora nel secolo XVII serviva invece da mensa una grande pietra rossa, la quale adesso collocata nella base dell' altare, colla fronte verso il dietro del medesimo. La cornice formata da un toro sormontato da un listello, sul quale corre in una sola linea l'iscrizione seguente, riferita inesattamente dal Pellegrini (cap. VI), e non con perfetta esattezza neppure dal Persico (I, 243) (i):

LAPIS ISTE DATVS EST PRO ANIMA BONAVENTURE . IVDICIS. DE GARDA ET TABVLA SVPERPOSITA.ET. MVLTA. ALIA I3ENEFICIA CONVENTVI FRATRVM PREDICATORVM. ORATE PRO EO. AMEN.
Il carattere gotico antico ed un po' rozzo; certe forme sono ancora dure. ad angoli acuti, come vedesi nella E. Non per altro senza qualche ricercata eleganza, che dimostrasi in qualche coda ornamentale; le I non sono tagliate trasversalmente a met dall'asta. Non mi fu dato vedere con sicurezza se l'iscrizione sia preceduta, o meno, dalla solita croce; ma inclinerei a crederlo. Gli iati non sono molti, n sempre posti con regolarit. Come aveva notato anche il Pellegrini, il Bonaventura giudice da Garda qui menzionato dev' essere quello, che, secondo alcuni testi della cronaca parisiana (2) fu tra i condannati a confine a motivo della uccisione di Mastino della Scala, 12i7. Il carattere della iscrizione indica appunto quel tempo. Di Cortesia da Serego, figlio del celebre omonimo, abbiamo due testamenti. Il primo fu redatto in Soave add 3i Luglio 1424 (;~). Il figlio dello sfortunato capitano d'armi di Antonio dalla Scala, ordinava in quel testamento, che, se gli toccava allora di morire, dovesse esser sepolto il suo corpo in monumento siue sepultura vhi corpus condam .... Cortexie eius patris positum fuit, posito in Ecclesia sancte Anastaxie, conuentus fratrum predicatorum de Verona pelles hostium sacrastie ecclesie predicte . Dopo d'avere ingiunto che il suo sepellimento avesse luogo senza gli onori che gli sarebbero stati dovuti come a cavaliere, e quindi senza bandiere, e senza cavalli bardati, comanda che alla parete sinistra della Cappella dell' altar maggiore gli si innalzi uno splendido
Il) Fu publieata mancante dal DAL Pozzo, nella Genealogia della famigla
liti rJl4rch. CarTott.

(2) Cfr Cr. Zag. ed. BIANCOLINl, I, 53. 131 Conservasi in originale nell'Arch. Notarile di Verona, mazzo XVI, n. 241.

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mausoleo. e che al di sotto si scavi una sepoltura nella quale vengano deposte le ossa del padre. del defunto fratello Bonifacio, e le proprie (1). Il Cortesia sopravvisse di molti anni a questo suo testamento. Ebbe tempo di comporne un altro il 28 Aprile 1429, che fu scritto in urbe Verone et in contracta sancte Marie Antique, in offcio Jntus dominorum Prouisorum Verone, subtus salam officij veteris ducalium et dationum palatij comunis Vero ne (2). Da esso apparisca che l'arca marmorea che oggi vediamo infitta nel muro, era gi
, (l) ltem Reliquit ordinauit et Judicauit quod per infrascrtptoa eus fide;ycomissarios et tutores fllliorum suorum et heredum fieri debeat vna archa Inpidis viui ornata et cum fguris et insignis dicti testators, -prout dictis cnmiBl'arijs et tntoribus, slue maiorl parti ipsornrn vidvbitur, qne Areha figi debent in muro capelle magne diete eccleste sancte Anestaxie, a Intere sinistro eundo versus altare magnum, et alta a terra, prout dctis comissarijs et tutori bus metus videbitur, et quod suptus (!) dctum Archarn, penes dietum murum diete capello magne in terra flat eeiarn vnurn monumeuturn, sue sepultura cum lasta et. pcrflllijs lapldis vui, et eum arma dicti testatora sculta (! l, in quo monurnrnto sue sepultura supraserlptn facta in terra, voluit l't manrault quod 088ll condam prefacti (!) cortexe patris su)", et etlam ossa dicti testatoris rl'ponantur. et reponi debeant, et quod per prcdietos eomssarlos et tutores mitatur acceptum ossa condam Bonifaeij condam fratris dict testatoris, qua reposita et sepulta Cuerunt in ccclesia sanctl thome de papla ordinis prcdieatorum in dicto monumento sine sepultura rcponantur .... . Dispone di alcuni legati in favore dello stesso COllvento di R. Anastasia. Nomina 8110i commissarl, lo moglie Caterina, Bntti"ta Bevilaqua, ecc. : eredi universali i figli Sclpione e P1!,ndolfo Antonio. (2) Arcb. Not, m. XXI, n. 67. Ne riporto il brano per noi pi intere8llalJk!: Cum uero preCatus q. eius gsnitor Jam pluribus anns lapsis Cati sui munus Jmpleuerit, et corpus suum sepultum slt in eclesla fratrum predieatorum snncte Anastasie Veron. prope sacraatarn, ibique etiam sepulta sint suorum certa corpora derunctorum, et in memoria m dieti eius elnrisslm ll'enltorIR, et non pro gloria, neque pompa fecerlt idem testator fieri vnarn Archam ornatam figuris ex gipt;O celatls utque houorifice seulptis in fatie muri a manu sinistra alturis maiorls eiusdem Eclesie: Jdeo idem testator declaruns se non ad pon.pam id fecsse , sed ut homines vdentes arcbam ipsam deum rogellt pro anima dictorum patris et defunctorum suorum '): ordina che nessuno sia deposto nel sareofago, il quale deve rimaner vuoto: ngiunge pure che al di sotto dell'arca sia scavato un monumento, ornato d spade e decorato coll'arma geutilizia Camigliare, nel quale venga deposto il corpo di suo padre, ecc. - La tomba a terra ha sulla pietra che la chiude scolpito un giovane guerriero, tutto armato, colle numi incrociate sul petto, sut quale poggia una lunga spada; v' un pugnale al lato destro. - Nel citato ACcondo testamento il Cortesia nomina suo erede universale il figlio Pandolfo. Cotale atto, rimasto sconosciuto al Pellegrini ed al Persico, venne ricordato dall' ORTI (Di alcuni anticAi veroneli guerrieri. Verona, 1842, pago 29), il quale non dice peraltro dove l'abbia veduto.

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stata innalzata dal testatore. Perci non parla che della sepoltura
a terra, ripetendo le ingiunzioni gi date nel suo primo testamento. Pertanto il mausoleo fu eretto negli anni 1424-9. Gli ultimi ornamenti, ed in ispecialit le pitture (con santi domenicani) che circondano il mausoleo, ebbero compimento solo alcuni anni appresso. Una iscrizione, dipinta sopra un cartello, ha: ANNO. DO (lettere legate) . M . CCCC . XXXII . il carattere gotico tedesco. TI monumento del Serego venne riprodotto in bellissima tavola dall' Orti, che l'illustra brevemente, tessendo la vita di alcuni guerrieri della famiglia Serego (1). Quantunque il ricordato Cortesia Serego non lo dica, certo che l'erezione del mausoleo era stata ordinata in testamento dal di lui padre, come vediamo nel brano del testamento di quest' ultimo che viene riportato dall' Informazione (f. 12 1) e dal Pellegrini (2). il figlio Cortesia si limita a dire d'avere eretto la sontuosa arca in onore del padre, il quale perci senza dubbio il guerriero rappresentato dalla statua equestre che sta sulla cima del sarcofago. Sotto all' arca leggevasi la seguente iscrizione, riferita dal P. Pio da Bologna, dall'anonima Informazione presso il Perini, dal Pellegrini, e dal Torresani (3), con pochissime diversit: Cortesiae Marassi Scaligerum ducis inuictissimi iussu hoc insigne monumenturo et aram Cortesias F. posthumus comesque Seraticus posuit, quod ad Seraticae familiae decus et memoriam Cortesas III coeterique fratres eqvitis Antonij Mariae fili virtutibus opibusque insignes ornavere. TI Cortesia qui ricordato, visse alla met del secolo XVI, e fu uno dei quindici figli di Mare' Antonio (4). Dal Pellegrini sappiamo che questa pietra fu levata nel 1625, quando il P. Giovanni Maria Venturini fece fare di noce tutto il Pl'elibitero. L'anno stesso il medesimo frate, allora sacrista, fece
(I) op. cit., tav. III.

v. ft Jtem iubeo et uolo quod do mes bonls 11at et fieri debe:it una Capella In Ecclesia sancte Anasta8ie Verone, ad locum tratrum predicatorum, cum una venerabili ('f bonorabili) arca, in qua reponi debeat corpus meum. Pro qubus facendls expendantur per meoe commtasartoa Infrascriptos mille ducati aurei ... Il testamento, secondo il Pellegrini, tu rogato nel 1386, dal notaio Bartolomeo del tu Giacomo Brolo. (3) P. PIO, Progenie cit., p. 289; Informazione, r. 12'; PELLEGlUI'II,. cap. VI ; TORiISANl, Fam. Serego (Ma. 808, II, 406 della Bibl. Comun., e altro esemplare che Ca parte del deposito tatto dalla tamiglia Maggio negli Ant. Arcu. di Ver.). (4) TOlUlESANI, Tab. geneal. MIl. n. 974 della Bibl. Com. di Verona, C. 188.
12: Op. cit., cap.

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il tabernacolo piccolo . La famiglia Serego volle impedire iI Iievo della recata iscrizione, pretendendo alla propriet della Cappella; sicch i monaci dovettero dichiarare di non avere intenzione, wl togliere quella lapide, di ledere i diritti dei Serego ( 13 Settembre 1(25): dovettero di pi promettere che, datane l'occasione, l'avrebbero a proprie spesa rimessa (1). In questa stessa cappella, v'erano anche le tombe di Giacomo Lavagnoli, il famoso senatore di Boma di cui e parlammo, e dovremo parlare in seguito, e della marchesa Samaritana Malaspina. Ma le lapidi sepolcral fnrono levate quando si l'ostru. il pavimento (2). Due altri depositi vedevansi sulla pareto a destra (di chi guarda), di fronte al mausoleo Serego. Ecco come ne parla il Pellegrini: ~ alla sinistra muraglia in alto v' era una cassa di legno coperta, col corpo di Giano Fregoso dure gi della Republca di Genoa, et alla medema parte in terra v' era sepolto Valeriano fratello d'Henrico settimo imperatore; e per quanto ho letto, n mi ricordo dove, il suo capo era in una cassetta vicino al campanello della messa (3) ,.. Tanto alla parte sinistra che alla destra stanno anche oggid\ infisse quattro paia di ferri che forse sostenevano quattro casse mortuarie. t Di Giano Fregoso parleremo quando toccheremo dell' altare della sua famiglia. Il principe tedesco, che la tradizione diceva fratello di Enrico VII, lo si affermava ferito da un giavellotto nella domenica 18 Luglio 1311 all'assedio di Brescia; dicevasi morto cola
(l) Presso 1\ mausoleo Serego vedesi una piccola porzione di muru scoperto, e dipinto. Sopra un cartello, lpggesi n colori In parola MEMO I RlALE scritta in due linee. Il carattere gotico, la sola M s'avvicina alla forma romana, Pu essere del secolo Xv, (2) Conservasi nell' Archiviu della Fabbrlci ria di S. Anastasia un Sepultuari antico membro in cui stanno trascritte le scrlzlou sepolcrnli della Chiesa c dei Chiostri. La descrizione doppia: In prima della prima met del 81'1'010 XVI, e la seconda unteriore d'un secolo (verso il 1460); posteriore alla erezione della saeristia, precedette In costruzione del pavimento. In quest'ultima (fol. 23' del volume) leggesi: [J)Nfra capellam maorem ad gradua eius . aunt due sepulture. "nn Dni iacobi de lauaguols , cum litteris et arma. Alia. Dne samaritane. de malaspinis . cnm litterls et arma illornm de ~Ialasplnlll . Un' altra mano del sec. XV a~ginnse: " Ambo remote sunt propter paulmentum (3) Op. ct., cap. V: Le ossa di Giano Fregoso furono levate di qui il 29 maggio 1804, allorch si tolsero anche le casse mortunrie dalle cappelle di S. Anna (S. Vincenzo Martire), e di S. Geminano (S. Girolamo), per sepellirle nel Chiostro, nella sepoltura dell'estinta Compagnia di S. Gemlnanc ... Postilla di fra' Luigi Gnerreri al P. Pellegrini, cap. IX.

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il mercoled 28, condotto a Verona il seguente giorno, e quivi sepolto nel venerd, 30 di quel mese. L'anonima informazione (f. 12'), che riproduce queste notizie, aggiunge che esse sono ricavate da l'erti manoscritti ch'imprest il sig. Camillo Rizzoni al P. f. F. Felice da Verona, dai scritti del quale il P. che scrive l' ha tolto . Enotissimo che Walramo von Ltzenburg fratello di Enrico VII cadde nello state nel 1311, essendo all' assedio di Brescia, colpito al collo da un giavelloto. Giovanni de Bazano afferma ch' egli fu ucciso il 27 Luglio (1). La nostra notizia segnata e cotrollata rolI'indicazione esatta del giorno clelia settimana. Dagli altri eronisti non abbiamo indicazioni cronologiche: 8010 il Ferreto narra che il principe sopravvisse alcuni giorni alla sua ferita (2). Da ci si eonchiu.le che, ferito il 18, mori probabilmente nella notte dal '!7 al 28. poi conosciuto che il suo corpo fu trasportato a Verona; anzi il Ferreto aggiunge che venne chiesto ad Enrico vrr da .\lhoino, il quale, come prezioso dono, lo fece sopra carri trasporta l'e a Verona e quivi e juxta coenobium praedicatorum magnificis humari exequiis superposito marmore commendavit . Quest' ultima notizia, se conferma la tradizione col dirlo sepolto nella Chiesa dei Domenicani, la combatte dicendo che fu deposto solto ad una pietra,

superposilo marmore (:3).


Xella stessa informazione abbiamo anche questa notizia sulla cassa del creduto Valeriano (f. 12'): Adi 4 Settembre 1590 fu leuata uia una Cassa ch' era attaccata al muro nella Capella grande solto al Campanello che se sonaua all' eleuatione del N. S. nella quale u' era un corpo intero, uestito alla tedesca, il quale stette per un giorno intiero, ch' ogu' uno il poteua uedere, com' anco fu visto da molte persone, poi il giorno seguente fu sepolto nella stessa cassain terra, sott' allungo oue prima era esposto in aereo P. F. F. . Felice Osio, chiosando il passo di Albertino Mussato che riguarda la morte di Valeriano, afferma (ap, Mur, X, 382 nota 43) d'aver saputo dal conte Fernando Nogarola che il cadavere del principe
Il! CAraNo Mutin., ap. MURATORI, XV, 571. Cfr anche BUHKER, Regelta a q. date. (2) Hilt ap. Ml:RATORI, IX, 10i5. '3: GIOVANNI DA BAZANO (I. C., 5il;, Al.BERTINO MessATO (Hi,t. tJfIg. ap. lI(;RATORI. X, 382), e il Codice di Coblenza, di cui rese conto T. GAR nell' ArcA. st-Jrlco italiano (1 Serie, Il app. 331-2), lo affermano concordemente sepolto a \"erona. Solo, come avvert gi l' ODORICI (Star. bre,e" VI, 29'71, il MALVEZZI :ap.l!ullnoIlI, Xl V, 972) afferma aver udito che i bresciani lo dilaniarono, e ne
l.~rii Heinrich VII,

Illangiarono rabbiosamente Il ventre.

....

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ad annum usque MDLX (sic), Iaea edito parieti insertum conquievit, qua anno sepulchrum disturbatum est, et humi conditum cadaver, quod etiam tunc aurea caesarie insigne erat: conspectumque per tres oirciter horas fuisse passim, abiisse deinde in cineres . Se vero che Uguccione della Faggiuola, morto nel padovano l'1 Agosto 1319, e quindi trasportato a Verona, fosse sepolto nella Chiesa dei Predicatori piuttosto che in quella dei Frati minori (1). egli pu essere stato collocato di fronte o vicino al fratello d'Enrico VII. Se, come avvenne della cassa di quest' ultimo, anche la sua non venne chiusa in una tomba, intendiamo pi facilmente, come, e perch possa mancarne ogni epigrafe, ogni ricordo. Dinanzi all' altare una tomba a terra. La pietra, che la ricopre, rappresenta scolpito un frate domenicano col berretto da maestro. Al basso in bel carattere gotico del secolo XIV sta scritto: FRA NCISCHINVS (2) VENETVS FECIT (3) L'iscrizione che correva intorno alla pietra quasi interamente consunta. Riguarda Pietro de Specchj, che secondo L. Perini (seguito dal Biancolini) fu Priore dal 1385 al 138B (1387), successore del ferrarese Tommaso Cleri e predecessore del veronese Tommaso Carezati. L' iscrizione di cui appena una piccola parte venne stampata dal Biaucolini, cosi riferita dall' Informazione:
Hic dormit in tumulo doctoratus lumne diuo Qui legit in Speculo Petrus, sapientie preco, Hic vixit in seculo reg ulato ordine primo Qui vivit in domino celi raptus furnne trlno Hic vixit ergastolo cllmoratve anno terceno Qui cessit millesimo octua septeno centeno.

Mori cio nel 1387, Tiene il libro aperto dinanzi, con una sentenza, conservala dall' Informazione : poche lettere se ne veggono adesso: le scrisse in maiuscole: ots sapientia dno DEO Est et cum ILLO (isto legge l'Informazione) FVIT SEMPER. La sillaba finale per di semper, indicata dal solito p colla coda tagliata. In questa sepoltura, nel 1479 fu deposto fra Michele dei Predicatori, vescovo Canense, in Creta (Informazione cit.).
(l) Le notizie intorno alla morte ed alla sepoltura di Uguccione della Fap!riuola vennero raccolte con somma dlgenaa, o con altrettanta sagacia ordinale interpretate dal comm. Fedele Larnpertico, Cguccione della Faggiuola a J'icelua. ed. Firenze, 1880 (Estratto dall' ArcA. storo ital.). (2) Le lettere A ed N sono legate. (3) La publicano il PERSICO, 1,21, ed il BIANCOLIl';I, VII, 170.

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Questa tomba, che lavorata non senza gusto artistico, ci conserv nella sua iscrizione una memoria importante dal lato leUerario. Essa ci mostra che, a lato alle scuole sostenute dalla citt, erano vive le conventuali, nelle quali naturalmente si saranno di preferenza, se non anche unicamente, spiegate le scienze sacre. Se v' erano maestri, e se vi erano scuole, necessario arguire che sar esistita in quel convento anche una biblioteca. o piccola o grande, almeno fino dal secolo XIV.

Cappella Pellerini.

E la prima
a lungo sfondo.

a destra delle cappelle laterali dell'altar maggiore,

Nei l rimissimi anni del sec. XIV, i Pellegrini avevano il loro sepolcro famigliare nella Chiesa di S. Maria in Chiavica. Lo dimostra un'iscrizione sepolcrale veduta in questa Chiesa dal Torresani (t) (con stemma gentilizio): SepuI. ID dni Joannis de Pellegrino qui obiit 131~ de mense madij et svorum heredum. - Quando abbiano i Pellegrini preso possesso della cappella in S. Anastasia, ci ignoto: le pi antiche memorie in tal riguardo risalgono alla fine del secolo XIV. Un bel sarcofago di marmo. decorato dalle insegne gentilixie della fumiglia Pellegrini, e adorno di sculture, sta appoggiato al muro alla sinistra della cappella: sul liste Ilo superiore corre in elegante carattere gotico, l'iscrizione seguente, in una sola linea (edita dal Biancolini, Chiese, VII, i 70) : SEPVLCRVM NOBILIS VIRI', D . TOMAXII DE PEREGRINIS 7 SVORV~1 HEREDVM QVI OUIIT X VI IVNII l\1CCCLXXXXII. L'affresco dipinto al di sopra della tomba rappresenta il Pellegrini (velitito con lucco color rosso scuro) inginocchiato dinanzi alla Vero gine ed al Bambino. La sua fisonomia pallida: la testa magra, con poca barba che pende al bianco. Tommaso Pellegrini godette molto favore alla corte scaligera, ru documento del (j :\1a 1'1.0 1:375 ce lo mostra fattore di Cansgnorio super bonis rebellium (2). tradizione ch' egli siasi unito aGuglielmo Ievilaqua per dissuadere il morente Cansignorio dal
(I) Spll'esE'mplare delle Bue Famiglie alla Bibl. Com., Il, 330, e nella copia ldelsee. XVIIl) esistente negli Aut. Arch., t. II,fam. Peregr. V \2) ArcA. re'l., Xl, 348. GluLIAal, lJoc. .Dell' ane. dial. lIe~n. clel,eculo Xl . . y. elOlla, 18i8, p. 7, doc. u. 7.

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far ucedere il fratello Alboino, chiuso nelle carceri di Peschiera (1), Secondo il Saraina ('2), Cansignorio a lui ed al Bevilaqua, in sul morire, raccomand n'aver cura dei propri figli e successori Bartolomeo ed Antonio. Peraltro nel testamento del principe, il Pellegrini non comparisce fra gli esecutori testamentari Ad i consiglieri designati ai giovani principi (3), onde Antonio Frizzi (4) si permise di dubitare dell' asserzione dello storico Cinquecentista. Morto Canslgnorio, il Pellegrini non ahbandon la corte; nel 1377 e nel 1378 era factor di Bartolomeo ed Antonio (5). II 18 Febbraio 1379 comparisce col medesimo titolo in altro documento (6). SI' addl 5 Marzo dell' anno medesimo troviamo Montenario de Campsorihus del fu Giovanni rla S. Sebastiano, col titolo di factor generalis nei due Scaligeri (7), non dobbiamo credere che il Pellegrini avesse cessato dalla sua carica, Dell' officio di factor generalis s era investito il de Campsorbus anche sotto Cansignorio, come veniamo in un documento del 1372 (8), II Pellegrini senza il distintivo di nessun titolo, come semplice testimonio, prese parte alla donazione che Antonio della Scala - rimasto unico signore dopo l'uccisione rlel fratello-fece a Cortesia da Serego suo capitano, add 25 Marzo 1382 (O). II quale atto per noi importante, dimostrandoci che gli continuava il favore fino allora goduto alla corte scaligera. Un documento poi del 5 Ottobre 1386 ricorda il Pellegrini suddetto e certo Manfredo del fu Alberto da S. Quirico factores generales s di Alberto dalla Scala (fO); ed in un' altra carta del 19 Febbraio 1387 s factores generales sono pure il Pelle(l) (21
DALLA CORTE,

1st., Iib. XII.

uu, Iib. II.

(3) li testamento fu dato in luce dal BIANCOLINI, Serie croflologica: cee. \'erona, 1760, p. 117-120. (4) .l/em. stor. della noli.fa/iliglia Bevilacqua. Parma, li'9, p. 26. (51 Cio apparisce da vari documenti raccolti in un fascio col titolo: (. Bona olim tonta et : pOSSCB.'Ia per factores dnor. I de la scalla I 13i7 .. ; il qul fascio era ag-giunto ad un registro spettante all'Arcb. di S. Zeno, Ora quei documenti couservansl nel r. Arch. Gener. di Venezia, c li publicheremo in altra occasione. (6) Presso BIANCOLINI, Serie cronologica, p. 121. (7) Arch. Ospitale, pcrg. n. 1936 (Ant. Arch. Yer.). ,. Factor , scnz'altra aggtunta, cliamato in un documento del 28 maggio 1379 presso BIANCOLll'l, Chiese, 11, 2, 38. Il 31 ottobre di quest' anno medesimo il de Carnpsoebus era: . factor generalis " di llartolomeo e di Antonio, come vedesi in documento di quella data, nell'Arch. Ven., XI, 354 e presso Gn:LIARI. op. cit., p. 15, doc. n. H (8) GIULlARI, op. cit., n. 5. (9) Presso il BIANCOLINI, CMele, III, 132. (lO) Ospitale, perg. n 1970.

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grini e il sunnominato Manfredo da S. Quirico (i). Ed altre molte potrebbonsi recare. Dapprima solo e quindi insieme al detto Manfredo, il Pellegrini ebbe in quel tempo incarico (1386) dallo scaligero, il quale presentiva di dover presto perdere lo stato, di alienare i beni pubblici (2). Il 18 Ottobre 1387 la signoria scalgera era caduta. Quantunque onorato della fiducia dei Signori, non raggiunse il Pellegrini le prime cariche alla corte. Il citato documento 31 Ottobre 1379 (3) ci conserva tre nomi di personaggi che formavano il e conscllum speciale di Bartolomeo ed Antonio della Scala, ma fra essi non comparisce quello del Pellegrini. Sono Leonardo e Spinetta Malaspina, ed Antonio da Legnago (4). Vari documenti, come quello della donazione Serego, 1382, el' altro del 1386, ci danno il nome del padre di Tommaso, Andrea, allora gi morto. Nel suo testamento, Tommaso si ordin un anniversario in s. Anastasia, come risulta da un estratto dal testamento del di lui figlio Andrea, 4 Marzo 1402 (5). Sempre si nomina la contrada di S. Cecilia come quella in cui abitava il Tommaso. Nel secolo XIV le nostre principali famiglie attendevano al commercio. Come un documento del 1356 prov che il medico Aventino Fracastoro partecipava ad una societ per lo smercio della seta (6), ed un altro del 1355 dimostr che i Bevlaqua atten(II Ospitale, perg. n. 1974. (2) Di ci parlai nell' aneddoto l gioielli dell' ultimo principe Icaligef'O, nel 'olume publicato per le nozze Kayser-Gasperln. Verona, 1880, pag, 24. (3) .A.rcllirJio Veneto, XI, 354. (4) Sui due primi cfr ArcA. 'Veneto, Xl, 342. Aija notizia data dall'ORTI, \Dt a/ClIni atlUclI.i fJerone,i gwerrieri. Verona, 1842, p. 22) che nel 1379 Spnetta e Leouardo q. Galeotto Malaspina ebbero in dono dagli Scaligeri la possessoue diCampagnola, va aggiunto anche questo. Bartolomeo ed Antonio dalla Scala l'.llIl diploma 15 ottobre 1379 donarono ai medesimi il rivo d'acqua (Lori) che Yieoe da Avesa a Verona. Questo diploma, confermato 15 febbraio 1392 dal cav. llalzarino de PlUter!a podest di Verona per Gian Galeazzo Visconti, non era alla sua folta che la ripetizione della donazione fatta add\7 marzo 1338 dalla citt di Verona a Spinetta Malaspina (zio di Galeotto) ; ORTI, p. 21. - l citati documenti l!lIIO pnbllcati nel processo Stampa Fedelislima Citt di Verona contro Mare/leli .I{alupill4 (Verona, 1767), pago 2-]3. L'epitaffio di Antonio da Legnago fu publieato dal MAPPEl Vero itl., II, 112 (ed. 1731-2, in 8.). (5: L'estratto leggesi nel volume intitolato: l. Libro de' legati (Clero lntrln~ 'i, f. 8'-9, nell' Arch. della Congregazione ecclesiastica di S. Pietro Martire - Ant Arch. Vcr. \6) GIULlARI, op. cit., n. 2 (l'ab. C. Cavattoni vide per primo Il documento, che loscrivente comunic al eh. editore).

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devano al traffico dei panni (1), cosi una carta del6 Giugno t394 ci dimostra che anche i Pellegrini tenevano aperta una bottega, probabilmente pel commercio de' panni. Quest' ultimo atto scritto c in stacione Johannis et Andree fratrum condam nobilis viri Thomasij de Pelegrinis posita in centrata Sanct Marchi de Verona. (2). Da quest' ultimo documento pare che Andrea fosse il pi giovane de' figli di Tommaso. Tuttavia certo ch' egli premorl al fratello Giovanni. Questi, a quanto sembra, fece eseguire i bellissimi lavori di rilievo in cotto, che ammiransi nella cappella di cui parliamo, e che rappresentano la Vita e la Passione di Cristo. Infatti il guerriero, che sta inginocchiato verso l'altare, sulla parete destra della cappella, rappresenta secondo il P. Pellegrini, non altri che il nostro Giovanni (3). . 'Giovanni dett il suo testamento, sano di mente e di corpo, in Verona addi 30 Luglio l-H5 (4). Vi proibisce che gli siano tributati gli onori che gli spetterebbero come a cavaliere: stabilisce che i suoi eredi comperino a vantaggio dei Domenicani due apparamenli completi per messa solenne, ed ondina d'esser sepolto in s. Anastasia c in archa prefati olim dni thomaxij suy patrs s. Ricorda le figlie Beatrice, Lucia, Taddea, ed i figli suoi eredi e fdecomissari, Nicol, cav. Tommaso, e Bartolomeo, I quali tre sono menzionati anche nel codicillo 14 Ottobre 1416 (5), in cui il testatore parla ano che di Libera vedova del suo defunto fratello Andrea. TI cav. Tommaso figlio di Giovanni era stato cinto cavaliere da Francesco Novello da Carrara, entrando in Verona add 27 Aprile 140-1 (6). Nicol, il maggiore dei figli di Giovanni, tast il 13 Giugno 1426; egli non vuola esser deposto nella tomba del padre e dell' ava, ma stabilisce che lo sepelliscano in cappella sanctorum Apostolorum in terra et non in alto, et supra sepulturam suam volnit
(l) Mons. P. Vignola lo comunic a Mons. Giuliari, che lo diede nel lIlIoi nuovi dot" dell' antico dial. fJeronele. Verona, 18'79, n. 2 (cfr Ivl la PrYftlZWM, p. VlII-IX). (2) Ospltale, perg. n. 2051. (3) P. PELLEGRINI, op. cit., cap. V, VI. Anzi il diligente raccogUtore, ago glunge : e Giovanni fu quello che fece abellire la Capella eon statue e pitture '. (4) Arch. Not. di Ver., mazzo VII, n. ISO. Egli si chiama figlio del fu Tommaso de sancta Cecilia Verone . (51 Arch. Not., m. VIII, n. 92. (6) Croflic1&etta riprodotta dal VERel, M. T., n. 2025. Lo aveva avvertilo Il PSLLBORINI, che peraltro sbagli (op. clt., cap. VI), confondendo il secondo TomlDa80col primo.

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et mandavit poni debere vnam iastam lapideam non sumptuosam penitus sine aliquo ornamento (1). Nella tomba costruita per lui venne chiuso anche suo fratello Bartolomeo, che nel testamento 17 Giugno 1450 ordin d'esser sepolto in monumento baso Capele sue et nobilium suorum de Peregrinis s (2). Questo Bartolomeo fu, come vedemmo, uno dei primi fabricatores di S. Anastasia, eletti il6 Marzo 1428. Giovanni Battista, del fu cav. Tommaso, nel testamento 17 Luglio 1449 dispose d'esser sepolto in archa seu monumento in S. Anastasia (3). Uno dei fratelli di quest' ultimo, di nome Giacomo, volle essere sepolto nel cimitero della Chiesa stessa di S. Anastasia (4). Di fronte al sarcofago di Francesco Pellegrini, se ne vede un altro assai bello, d'epoca non molto diversa. Lo decorano le armi delle famiglie Pellegrini e Bevilaqua. Lo stupendo affresco, rappresenta tre personaggi segnati coll' arma Bevilaqua, che si prostrano dinanzi alla Vergine col Bambino (5). La tomba anefigrafa. Pi innanzi, pure a destra, incentrasi una pietra sepolcrale, appoggiata al muro, coll' iscrizione:

LmE&E . PEREGRIN,E VXORI . HIERONYMI . BRAID.E IVRISPERIT . NEPOTES . D' . VERITATE . P. C. OBI1T DIE . XXX. SEPTEMll . M . D . LXXIX (6).

(1) Arch. Not., m. XVIII, n. 83. i21 Areh. Not., m. XLlI, n. 112. (3) Arch. Not., m. XLI, n. 81. (4) Testi> add\ 16 luglio 1450, Arch. Not., m. XLII, n. 126. {nteressante per l'arte il Reguente auo le~to: $ Jtem reliqult et legauit eccleaio aanct! petri IlIartirii de Verona decem libras denarlorum aemel tantum pro fabrlcn Ipaius ecc1ellle, et quod In dieta ecclesia pngntur aumptibua heredum auorum figura beati dionisij ... Dove e da chi Ilia atato dipinto il a. Dionigi nella chiesa di s. Ana!baia, ci il aft'atto ignoto. (5) Sul legami stretti per via di matrimonio fra lo famiglie Bevilaqua e Pellegrini, Iliamo informati dalla citata opera nel Frizzi. Per quanto spetta al secolo iV, Galeotto Bevllaqua nel 1469 spos Paola figlia di Francesco Pellegrini, c oel1470 Pellegrino Pellegrln tolse in moglie Giovanna di Guglielmo Bevilaqua. (6) La riproduBBero il PELLEOBINI (cap. VI), ed il TORRK8ANI (Fam. Il, 331 e erU.llle CA1~'e, mI. n. 1087 della Biblioteca Comunale di Verona).

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Sopra di essa un' altra pietra sepolcrale reca l'epigrafe:

COM. OCTAVIANO PELEGRINO PATRI DULCISS. QVI VBERTINUM VIRTUTIS AMORISQUE SUI ET EXEMPLVM ET FRVCTVM FAMILIJE QVOQVE REM SPLE~DOREMQUE MIRE AVGENDO RELINQUENS JETAT. AN . LXIX DIE VII. FEBR. MDCCLXVII OBIIT COMM . THOMAS ET IO . FILII MOESTlSS. GRATISSIMIQUE
M. PP. Due tombe a terra stanno l'una a destra e l'altra a sinistra della Cappella (t). Il P. Pellegrini avverte che nella prima seppellivansi i membri del ramo della famiglia abitante nella contrarla di S. Cecilia, e nell' altra quelli del ramo di S. Pietro in ~fonastero. Ambedue le tombe erano anepigrafe. Ora non antica che quella a dostra ; l'altra fu l'innovata nel secolo SCOI'SO, incidcndovi sopl'a l'iscrizione;

SEPUL. FAMILLE PELEGRINJE VETVSTATE CORRVPTVM RESTITVTVM FVIT AN, M DCC LXXVII.
Fino al12 Ottobre 1800 (2) nel centro della Chiesa conservossi la pietra sepolcrale, che in quel giorno fu levata e incassata nel muro a sinistra (3). La pietra di marmo rosso veronese; v' scolpito a grande rilievo un guerriero completamente armato.
(l) Sono ricordate nella pi antica descrsone delle tombe, del citato Sepoltuarlo: (i)N capella apostolorum . sunt due sepulture . a dextris et a sinistrls : et due alle in terra iIIorum nobilium de pelegrinis cum lItterls et arma domus. et Illorum a legbus . Quindi st fa menzione anche delle seguenti tombe: (i)NCra capel1am predlctam . ad gradua eus sunt due sepulture . videlieet Dnc rodundelle . et l1lorum nobillum do domo surlana do Veneeljs . cum lItteris et arms . ..4.lIIbe remote .unt propterpaldmentum - (p)ORt iIIas duas sepulturas . d . rodundelo et iIlorum de domo suriana . est sepultura Illorum theotonleorum . de socetate tessarlorum . cum lItteris et arma. Remota elt . Sottolineo le parole aggiunte (mano del sec. XV). (2) Memoria dJ fra' Giovanni Guerrieri sagrestano maggiore, aggiunta in fine al cap. VI del P. Pellegrtn. (3) L'lscrlslone dipinta in nero, a ricordo di questo trasporto della lapide, ora quasi totalmente svanita,

L'iscrizione in COITe attorno ai lati della pietra in due linee, a cominciare dall'angolo a sinistra ( di chi guarda) del guerriero. Letta dal P. Pio (op. cit. p. 290), dall' autore dell' informazione presso il Periui, e dal Pellegrini, la verificai sulla lapide correggendone gli errori, :"ORIL. ET . STHE~ . D . GVILEL~l . D' . 13IBRA EQV (1) I ES. AVa. EX. DVCATv . FBATIE . ORIENTAL . ORIVD. SEREXISS . D . FEDEIUCI . III . CES.-\lUS . INVICTISS . I ET MAXimili.\.~I (:Z) El' . ~ATI. I-XCLITI . RO;\>lanOR . I REGIS. COSILIARI' . AD. S. D . E",OCI?l'IV'. PP. VIU. ET. NVTIVS. ATQVE. III . D-XI . HER:\iAXI I ARCIIIEPI . COLONIEN . PIUXCIPIS . ELECTo Il'US J1GR CVRIE . ET . CUSILIARI' . QVLl~lPLECT A (sic) . LEGATIOXE . EX . HO. CVRIA . DOMV REGREDITVR (3) . I I.x . HAC. iCLITA VRI3E . VEROXE . DIE I XXVIII . AVGVSTI . .te,O. MCCCCLXXXX . CVIVS . ANfA. REQVIESCAT . IN . PACE. Un' altra iscrizione, nel medesimo carattere, fu scolpita in un cartello sotto ai piedi del guerriero. riferita soltanto dall' Informazione, quantunque non con tutta esattezza: PEREGRI;'\OR . llllll (4) PIETATIS . GRA. HVC. MIHI I SOLI I:'{. HOC. S'la. SACELLO . TVMVLVM . COCESSrT. Nell' Archivio di S. Anastasia conservavasi il testamento del Bibra(14!JO), che in esso larg al Convento 8673,13 ducati vero che dovevano essere investiti in un fondo, coll' obbligo di un anniversario perpetuo (5). La fronte esterna della Cappella conserva ancora in buona parte ilfamoso affrescodi Vittor Pisano (G)rappresentapte S. Giorgio, col cartello SA~cTVS GEOHGIVS. Un altro affresco,con S. Eustachio, vide il Vasari nell' interno; l' uno e l'altro egli lod come eseIl) La V piccola, e collocata entro la Q. 12i La !U e la A formano un nesso, che non che una 1\1 in cui la seconda [lJefu il tagliata da una linea orizzontale. (3; La I piccola, e collocata entro alla D. (4) Sembra manchino due parole, di cui la prima potrebbe essere FAMILlA. E a lamentar~ che nel.citato Sepoltuario 8i faccia appena un vago cenno della tomba del Bibra, senza trascrivcrne I' iscrizione. Iii) Il testamento il citato nel Repertorio, p. 51. Questo prezioso documento non esiste neppure Il eli , Arcb. Notarlle e pu temerai perduto. Lo scudo gentiIirio cane l?) rampante ) scolpito presso alla testa. ili; Intorno a questo celebre affresco scrisse il Bemaseon che ne diede nncbe la fotografia tratta da copia del pit.tore P. Nanin, Il FilatiV, ecc. Verona, 1862, p. iO.

carattere romani

237

16

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guiti con disegno, congrazia e congtudizio straordinario (!) I due pilastri della porte della Cappella sono decorati da altre pitture, del sec. X VI, rappresentanti quattro figure, entro nicchie, con carteHi circolari: A d, DA I GLORIAM IDEO S. I ANDRE I AS S. I IOAN I NES A s. DEVS I ADIVTOR I NOSTER La cappella prima che s'intitolasse a S. Domenico, era dedicata ai SS. Apostoli, come vedemmo anche dal testamento di Giovanni Pelegrini, 13 Giugno 1420 (2).

Cappella Cavalli.
Appoggiata alla parete a destra in questa Cappella vedesi la tomba di Federico Cavalli, guerriero vissuto alla fine del secolo XIV. Il monumento notevole per bellezza d'esecuzione, nonch il grande affresco d'accanto, furono riprodotti nella tavola IV dell' 0pera: Di alcuni antichi veronesi guerrieri (Verona 184~) dell'Orti. L'iscrizione corresullistello superiore dell' arca, in una sola linea: S. NOBILIS 7 EGREGII VIRI FEDERICI . 9. EGREGI VIRI D~I NICOLAI DE CAVALIS 'SVORVMQ3 HEREDVM QVI SPIRITVM REDIDIT ASTRIS . ANO DNI . M. CCC. LXXXX VII MENSIS SETENBRIS .'. (3). Il Cavalli mor pertanto due anni prima di Tommaso Pellegrini. Tuttavia l'Orti (op. cit. p. 32) sostiene che l'anno 1390 non vi sia posto ad indicare la data della morte del Cavalli, ma quella dell' erezione del monumento. Egli scrive col partito preso dIdentitcare il presente Federico coll' anonimo che fu cinto cavaliere da Cangrande I nel 1328, e che, secondo una investitura del Vescovo Pietro Il della Scala, era gi morto nel 1370. Ma chiaro che l'Orti fa di due persone una sola. TI nostro Federico mori fuori d'ogni dubbio il 7 Settembre 1390, e il padre Nicol qui menzionato probabilmente colui che fu podest di Vicenza per dodici anni, fino al 1~~ giugno 1373 (4), e che I' Orti (pag. 33) erreneamente considera come di lui figlio,
(1) Vite, ed. Le Monnier, IV, l55G. (2) Del resto lo afferma anche Il P. PELUGRINI, cap. \'I. (3) La ha anche ANT. TORRESANI (ller. Ohiese, \. c .Pam., Il, 85). Una pat1t' ne trascri8110 il PELLEGRINI. Fu publicata dal BIANCOLIN1, \'11, 1'70. (4) Conforto da Costosa ap. MURATORI, XIII, 1290.

~39

Nel centro della cappella esiste una pietra sepolcrale con iscrizione quasi affatto consunta. Per buona sorte il Pellegini ed il Torresani (I) la trascrissero quand' era in buono stato.
ANTO~IO ET

CAROLa

FRATRIBUS AC SCIPIONI EX CAROLO NEPOTI . smr QVDQVE ET POST. FR.4NCI8CVS CABALLVS MDXXXIX.

n P. Pio da Bologna (2) testi fica che stavano in questa capella molti stendardi postivi a memoria (li Giacomo Cavalli. Ma il Pellegrini non ne virle alcuno (:~). Vennero dunque levati nel secolo xvn. Il Giacomo qui ricordato quello inferno a cui raccolse alenne buone notizie l'Orti (op, cito p. :m-4). Due tombe, decorate colle armi della famiglia Bevlaqua, stanno incassate nel muro (a destra) poco al di l del monumento di Federico Cavalli!4). Appena accenno alla bella ancona del Liberale per riferire l'iscrizione che corre sul dado dei piedestalli delle due colonnette mediane: MCCCCCX I MENSIS MARCII. Agli storici dell' arte tocca l' illustrazione di questo lavoro pregevole per rispetto si alla pittura, che all' arte d'intaglio (5).
Il) Quest'ultimo (Fam , Il, 85) ricorda anche un'altra iscrizione del Cavalli; ma questa non era in chiesa come apparisce dall' indicazione: prope sacellum in peristylia . la seguente: Monumenta Nobb. dc Cnballs. (2) RUlli aneo sepolto Giacomo Cauali, valoroso Capitano, con molti Stendardi, et il proprio Elogio, et Bpltaflo, ma per l'antichit consonto, et fatto In intelligibile , P. PIO, 0)1. cit., p. 290. 13: Op. cit., cap. IV. (t~ lns-me ad altre casse che stavano sospese nella Cappella di S. Anna 15. Yeonzo Martire), e dell' altnr maggiore, add 29 maggio 18u4 per decreto del Magistrato di Sanit, fu levata dalla presente cappella una cassa in cui" fu trOf.tto an corpo quas! incorrotto, certo di 1111 Cavalli; le ossa furono sepolte 0..1 ChilMtro nella sepoltura della Compagnia di S. Geminiano . Postilla di fra' Lnigl Guerrieri, al Pellegrini, cap. IX. - Notizia di un' altra tomba ci conserv l'untica descrizione dei sepolcrl : (i)Nfra capellam predictam (sancti geminlani) prope gradus ipsius apudanurum uersus subrpam (via SottoriDa). qet sepultura Dni ribaldoni . dc Papla . cum litteris et arma. Destructo est ajabricatoribu8 ecCklie propte" pauimentum II.

la) Il Persico aveva gi notato cbe il pittore, sui dadi dei pedestall delle qalttro colonnine, aveva dipinto profeti e sibille, l'uuo di fronte all' altra. Ne do le iscrizioni: sibila delphica I isaia pp Il sibila cumana I davit pp Il sibila erit

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L' ancona rappresenta S. Geminiano vescovo, e S. Girolamo. Lasciato il primo titolare, fino dal secolo scorso la Cappella intitolavasi soltanto a S. Girolamo (1).

Altare di S. Tommaso. Sta di fronte alla sacristia, nella crociera principale. Per collocarlo col si dovette ostruire la parte pi bassa del gran finestrone rispondente alla prima arcata. Probabilmente ci non si fece che alla fine del secolo X V quando l'altare fu ingrandito e rifatto; un altare dedicato a S. Tomrnaso esisteva nella Chiesa, come si veduto, anche nel XIV secolo, ed credibile .che forse appunto in questo luogo. Dinanzi all' altare trovasi una sepoltura (con stemma), e coll'epigrafe: SEPVLTVRA .IACHOm 9" DRI DANIELIS CETRAGO ET SVOR. HEREDVM.
in caratteri gotici, del secolo XV. Il Giacomo Centrego (Centrago) qui menzionato dev' esser morto verso il H20: era zio di certo Taddeo Centrego, e perci devesi ritener fratello (li Bartolomeo padre di Taddeo (2). Questa tomba fu col collocata dai Centrego rifabbricatori dell'altare, i quali distrussero anzi quella di Jacopo Centurario (:3). Chi ridusse l'altare alla splendida forma attuale, fu Cosimo
thrca i ieremla pp Il sibila Hbvrtlna I daniel pp. Sotto i duesanti nclle nicchie fra la prima Il la seconda, e fra la terza e la quarta colonna leggesi: 8. Hieronymus - B. Gemnlanus. (1) Sotto il nome di questo Santo annoverato il presente altare nella desorlaone degli altari che anonima conservasi In un processo, senza numero, Regnato Calto A col titolo" Altari di Chiesa . L'autore di tal relazione senza dnbbio un frate domenicano. I nomi dei proprietari degli altari ch'egli ricorda ci fa credere ch'egli scrivesse nella prim met del secolo passato. (2) (.Jacobus centregous campsor quondam dni danells ricordato nell'Esti mo 1409 (f. 164'), ed in quello del 1418 (f. 85). In questultmo comrarisce unito cum tadeo eius nepote . Invece nell' Estimo del 1425 (f. 102') abbarno Taddeo Indicato come erede di Giacomo - I detti estimi conserva nsi negli Ant. Archivi Veronesi. (3) Antica descrizione dei sepolcri: (i)Vxta altafoe sancti Thome de Aquino . est sepultura . iacobi oenturarl] . cum ltterls et arma. Et nota. quod . predicta arma. est in duobus angulls . predicte capolle . sancti thome . fIImc est retH()trz et reducta ante altare predictum et est iltorum de centreo (carattere del sec. XV ex) " j e nella descrizione posterioro non si menziona che la sepultura l\Iorum de een tregis CUUj litt<:rlB et arma l',

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Centrago, il cui nome leggesi a grandi e bei caratteri romani sul frontispizio dell' altare: COSMAS CENTREGVS VIVES DICAVIT Nella parola Centreus la T legata colla R: in icens, la I rientro alla V precedente; in dicam't la prima I racchiusa nella D. Cosimo, o meglio Cosimodamiano Centrego era figlio del ricordato Taddeo. Quest' ultimo test il 6 Ottobre 1439 ordinando d'esser sepolto in suo monumento, posito ante suum altare intitulatum altare sanct thome de Aquino (l). Taddeo aveva due figli, il suddetto Cosimoclamiano e Rartolomeogiacomo, oltre ad una figlia fii nome Elena, I due figli erano allora in et minore di quattordici anni, ed il testatore nomin a loro tutrice la moglie Tomea Pomedelli. Cosimodamiano testil 19 Maggio 1418 (2): benefic la moglie Orsolina figlia del fu Nicol de Cepollis , ma le diede l'obbligo di spendere annualmente per un triennio, sui redditi del testatore, ducati cento d'oro nel compimento della rinnovazione dell'altare di S. Tommaso ch' egli avea principiato, o darli in aumento della dote del medesimo, a di lei beneplacito (3). Il fratello Bartolomeo, dottore di leggi, test add 7 Gennaio 1402, ordinando d'esser deposto in sepultura sua sita sub capella dieta diuo thome aquinati, Jn qua sepultura requiescunt ossa parentum ac maiorum suorum (4), Ambedue i fratelli morirono senza figli. Bartolomeo premor a Cosimo, il quale ne fu erede (5), Quest' ultimo vide il principio
(l: Arch. Not. testam, DJ. XXXI, n. 2:l9. :2i Arch. Not. test. m. LXXX, n. 46 3; Beco le parole del restamento : " Jtem legauit, Jussit et ordinauit Jdem :estator quod mfrascripta dna vrsulina eius vxor teneatur et debeat vsque ad tres annos secuturos post mortem ipsus testatoris ex Jntraitibus ipsius testntorla expendere ceuturn ducatos auri in fabrica altaris predicti sanetl thomasij siti in eeclesia predcta sancte Anestase siue in augumontatione dotationis ijJS:u.~ altars, aut partem ipsorum ducatorurn in fabrica et partem In augumentatiot.o ipsius dotationis, praut conscientie diete vrsuline pro salute anime psus t~atoris melius videbilur ". l; Arch, Not. testam. m. LXXXIV, II. 5 Un esemplare del suo testamento {'$'R:f!1";\ nell' Archivio di S. Anastasia, come appare dal Repertorio p. 53. Moglie di Bartolomeo l'l'a Libera Nlchesola. 5! ~ell"Estimo 1417, contrada s Sebastiano, incontriamo per l'ultima volta i: nome di Taddeo. Negli Estimi I4;),i, 1465, comparisce invece la vedova Tomea. rlDalmellte nell'Estimo 1413 abbiamo ricordato Bartolomeo, insieme al fratello t1l alla madre. Da uua postilla dell' Estimo 1482 apparisce che nel 1486 i due fraklli divisero fra di loro la sostanza paterna. L'estimo 1482 ha per l'ultima volta il Dome di Bartolomeo.

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del secolo XVI (1), e cos pot terminare la cappella, gi principiata prima del 1488, e dedicarla vivcns, come dice 1'iscrizione. Marito di una Cipolla, colloc l'arma della moglie sul dado del piedestallo e sulla base delle colonne a sinistra dell' altare (a destra di chi guarda) : ne' luoghi corrispondenti pose la propria. Estinta la famiglia Centrego, in grazia di una lontana parentela, i beni della medesima, compreso l' altare, passarono alla famiglia Maffei (2). All' epoca del Pellegrini l'altare era propriet (dal 1603) di Pirro Maria Maffei di Castelvecchio (3). Sul principio del secolo XVIII spettava ai Nogarola (4). L'invetriata fu rifatta con elemosine nel 1669 (5). Per fabbricare l'altare fu abbattuta anche una tomba della famiglia Merzari, con iscrizione. Di questa famiglia adesso qui non esistono che due depositi parietali, sensa epigrafi, uno dei quali ora nascosto da un armadio. L'arma descritta gi dal P. Pellegrini (op. citata. cap. V, VI) e dal Biancolini (Chiese, VII, 17~~, 29i), rappresenta la testa di un pesce colla bocca aperta e armata di denti (met superiore) sopra le onde (met inferiore), Quest'arma sta al lato sinistro: al lato opposto v' un altro scudo, C~>Jl una banda, sulla quale stanno incisi tre cerchietti (G). Questi Merzari dovevano appartenere ad un ramo della famiglia diverso da quello che prosegui il lavoro del Castelbarco, Qui presso e proprio collocato fra i due de' Marzari, sta un piccolo monumento sepolcrale, ne' fregi architettonici assai somigliante ad una tomba che nella Cappella Salerni, di cui par(1) Trovaa il suo nome nell'Estimo dci 1502, mentre non compaesoe pi in quello del 1515. (2) Arch. s. Anastasia, Processo ultimo del Calto A (antica segnutura) Aut. Arch. Veronesi. (3) PELLEGRll'il, op. cit., cap. \"1. (4) Come appare dal citato indice anonimo degli altari. (5) PELLEGRINI, op. cit., cap. \"1. (6) L'antica descrizione dei sepolcri ha: iiJ1'em in muro uersus nn-ridicm . apud capellam sancti Thome de Aquino in [muro parietis capello saucte AU:Jstasie] elt vnum depusl'tum [sunt duu deposita lapidea j lapideu,lj uobiliuui de mercarijs [cum] sin litteris. et eptthaphijs . et cum armis Scrivo in corsvo quento aggiunse la mano del sec. XY ex, Il quanto questa cancell Jell'antico carattere pongo fra [l. La descrizione del secolo XYI completa In notizia, dicendo che presso alla tomba laterale erat aliud cunsimile depositu m eorumdem cum litteris et armis quod fuit remotum pro fabricanda dieta capella uoua ", c' un po' di confusione in tali descrizioni; una postilla della ricordata mano secolo XV ex, menziona anche la. tomba. Merzari anepigrafa. oggld) coperta dall'armadio.

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leremo in appresso. Dev' essere della fine del secolo XIV, ed certo che , come afferma il Pellegrini (capitolo V), appartenne a Guidone da Montechiaro (1). Gi s' detto che Costanza, vedova di lui, il 31 Agosto 1380 dispose d'alcuni legati in favore del Convento (2). Pi tardi fu concesso ai Nichesola. Rotta la base della spalla a sinistra (di chi guarda) della volta che copre la tomba, vi fu collocata una piccola lapide di marmo, colla seguente iscrizione in biti caratteri romani: M . CCCC . LXXXXIII ZACHARIAS . GENE ROSO. PATRE. IO. FR ANC . NICHESOLA ORTVS . SIBI . ET . SV IS . SEP . PROVIDIT Nel muro laterale (destro) della cappella che per la svolta della parete della Chiesa, riesce a fronteggiare la porta della cappella Cavalli, sta otturata una lunga e stretta finestra.
Cappella di S. Anna.

Passando all' altro lato (sinistro di chi guarda) dell' altar mago giore, la prima Cappella da mezzo secolo in qua dedkata a S. Anna. Xel secolo XV possiamo dimostrare ch' era intitolata a S. Giovanni Battista. Nella prima met (li quel secolo la Cappella fu acquistata da Filippo Furlani canonico veronese e bresciano, il quale dopo aver costruito il proprio sepolcro, ordin nel testamento (19 gennaio 1H9) ch' essa venisse ornata a carico della sua eredit (3). Erede universale egli nomin il nipote Donato del
(1! La pi antica descrlaiono dice: et in medio eorum est sepultura Dni Guidonia de monte cl aro . CUII litteris et arma et epythaphio , La mano del correttore aggiunge: ...... nune est concessa Zaeharie de nehesola, qui amo'eri fecit arma et Iitteras dui guidonis et sculp arma sua eum epithaphio ". (2) Repertorio, pago 12. ;3: Archivio Not. di Verona, mazzo XLI, n. 15. Vuoi esser sepolto (, in Eelesia fratrum predicatorum Verone Jn Capel\a apud capellam maorem diete Eclesio Jn sepulero ipsius testatoris alite altare diete CapeIle aquste per ipsum testaterem a Monasterio et fratrbus dictorum fratrum predicatorum ... Jtem leguuit, rclut, Jussrt, et ordinauit Jdem testator. Quod in capella per ipsum ut supra a dictis fratribus predieatoribus aqusta, Et in ipsius Capelle ornamento Expendantur in totum per infrascriptos suos Commssaros, et prout ipsis melius videbiturducenti ducati auri. sequendo tamen ornamentum descriptum mann propriaipsua dni philippi super uno Fioco bambueiuo existente penes me Bartholomeum uotarium ab cmete iufraseriptum [rogi> il testamento]. Cuius Capello

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fu maestro Canciano de Clemona. A chi passasse in seguito la cappella nol so; soltanto mi risulta. che un trentennio appresso essa era propriet della famiglia Lavagnoli. Guglielmo del fu cav. Giacomo della contrada di S. Giovanni in Foro, tast add 6 Novembre USO (1), eleggendo sepulturam sui corporis cum ex hoc seculo migrauerit in monumento suo et fratrum sito in capella sancti Joaunis Eunngelste in ecclesia S. Allestasie Veron. iuxta altare magnum diete ecclesie . Giacomo padre del suddetto Guglielmo, ebbe, come altrove dicemmo, una pagina importante nella storia d' Italia. Nel mezzo della cappella il P. Pellegrini (Cap. VI), l'autore della Inforrqazioue ed il Torresani (Iscriz. Chiese, c Fam.. II, 2:38) ne viliero la tomba coll'epigrafe, riferita anche dal Biaucolni (Ch. VII, 171): Clariss. ~iilitis . Dni . Iacobi . de . Lavagnolis . heredvmqve sepvlcrvrn qvi sub nicolao pontifice M . CCr.C . LIII Senator Rome obiit. Dali.' medesime fonti abbiamo che entrando nella cappella, a man sinistra, stava il busto in marmo bianco del celebre cavaliere coll' epigrafe: Iacobus Lavagnolus, Senator Vrbis (2). Il Lavagnoli fu eletto fabricator (Ii S. Anastasia, insieme con Pier Francesco de' Giusti e Nicola Zambonardi, add 1 Maggio 1441, dal Consiglio dei XII e 4 (3). .\. lui eli al suo figlio Guglielmo devesi quindi l' aver adornata e compita la cappella. Al tempo del Pellegrini e del Torresaui (4) vedevansi sospese
Titulus sit Jste. Capella ista sancti Jnhanuis Euangeliste est Filipi dc Furtnnis Canonici Veron. et brxen. Quam nquisiult a dus fratribus predicatori bus nt suprascriptum est u , Ordin anniversari e messe, lasciando corrispondente dotazione. - D'altra famiglia quel Domenico Furlani friulano che verso il tempo istesso (testamenti 13 ottobre 1451,13 marzo 1456. Arch, Not. di Vce., in. XLllI, n. 122, XLVIII, n. 36 , ordin d' es.q"r sepolto " in oimttero ecclesie snncto A:~a stasie ". La pi antica descrizione ch'Ile tombe (f:l. 23) menziona il monumento sepolcro.le del Furlani: (i)N Carella sanetl iohnnuis . iuxta altare . est locus subterro.ueus . in qua iacet corpus. Dni philpp . dc furlanis . Canonici Veron .

Ista capella data est illorum nobilium de /au,"U nolts . Et facia est sepultura ili medio eiu -, IlFnrlan! fu arciprete della Cat.tedrale dal 1441 al mag-g;o 1446. CARLO LInAROI, Vita Episcop. ecc., ms. eod Capitolar" DCCLXXXIIl, f. 20"19. (l) Arch. Not. m. LXXII, n. 116. (2) Prima che dal BIANCOLINI (loc cii), la presente iscrizione fu posta in luce dal P. PIO, op. cit., p. 289. La descrizione meno antica delle tombe, non ha che queste parole: c in medio paument est Sepulturn Illorum cle lauagnolls cum eorum arma et litteris . (3) Atti del COni. D, f. 99-99'. (4) Antonio Torresani mor di 76 anni add 23 Giugno 1676, nella parrocchia di s. Maria in Chiavica (Reg. Morti Citt, a questa duta, negli Aut. Areh. Ver.;.

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alle due pareti, l'una di faccia all' altra, due casse mortuarie d legno, coperte di velluto nero. Quella appoggiata alla parete dellaltar maggiore era distinta coll' iscrizione: hie . la . eq. L' altra (decorata dell' arma famigliare) aveva invece l' epigrafe: avg . la . eq. (1). Ammiriamo tuttora, in perfetta conservazione, un elegantissimo sarcofago' appoggiato alla parete a destra (di chi entra), con due graziosi genietti che sostengono le insegne gentilizie della fumiglia Lavaguoli. In purissimi caratteri romani, l'iscrizione dice:

;\NGELO . LAVANEOLO. AVO. MARSILIOQ. PATRI. EX. VTRIVSQ. TESTAMENTO ANGELVS. ET IOHANNES F-m.~S. LAVAN. F C M D LXXX (2)
Intorno a questo monumento non potei rinvenire che la se~llente notizia. Marsilio del fu Angelo Lavagnoli nel testamento scritto il 21 Aprile 1578 (;~) stabili, che non essendosi ancora esegnita l' arra sepolcrale ordinata dal padre suo, questa venisse fatta erigere dai propri eredi entro dieci anni, colla spesa di cento ducati. ;\!l~elo del fu Marsilio, uno (lei due fratelli che fecero erigere quel sarcofago, tostando il 13 Settembre 1615 (4) dispose di esser seppellito in sepultura ejus familiae Lavagnolae extructa in ecclesia s. Anastasiae Veronae in faciem altaris sancti Vincentij . curiosa un' altra disposizione del medesimo testatore. Egli dot la propria cappella di un legato cii messe, stabili che vi fosse incisa una lapide a memoria del proprio dono, e dett anche l'iscrizione: ( ab Angelo Lauagnolo impositum fuit fratribus sanctae Anastasiae OIlUS qnotidie celehrandi ad altare sancti Vincentij eius familiae mssas duas in perpetuum pro anima sua, vxoris (5), et defvnctorvm svorum, vt patet elogio scripto per Franciscvm Seraticvm anno dni 16l5. Idibus Septembris (6).11 perch non lo so, ma, a quanto

:11 Il TORRESA:'II tIscr. Chies,,), riferisco lo due iscrizioni, replicandole cosi : uie.Ja. l'q. hie. la eq . - avg. la. l'q. avg. la. eq . Il l'ELLKORINI (cap. VI) : llieroai[)lU8 Lavagn. Eques. - August. Lavagn, Eqnes, (2) Elila dalI3IANcOLI}'iI, C1lese, VII, 171. '3: Arch Not. m, (LXX, n. 266.
1) Arch.
No~.

m. CC:XII, n. 46G.
8U

i5: \loglie di Angelo era Speranze Borsello vicentina. (6) Franceaco Serego del fu Fortunato appunto il notaio che rog il

letitamen to.

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pare, l'iscrizione non fu collocata nella cappella, non esistendovi adesso, e non facendone menzione neppure le fonti del secolo XVII (1). All' opposta parete sta un altro monumento sepolcrale; l' aro ma famigliare ha il motto fatis agimur . L'iscrizione la seguente:

IVLIO . C.ES.\RI . DE . LAVAGNOLIS

DE. CAPITE . ALP()~rS . COMITI . ET . DO)UNO MARCVS . ANTO~IVS . FRATER HOC. AMOrnS MO:'\VMENTVM. POSVIT MDCCIX
Come test vedemmo nel testamento di Angelo Lavagnoli, la cappella era allora dedicata a s. Vincenzo. Chiamossi pi tardi e altare di s. Vincenzo, detto delle reliquie (2) per le molte reliquie in essa deposte. Il lunghissimo elenco estesone nella ricognizione che ne free il nostro vescovo Alberto Valier, add 10 Giugno 1615, sta riprodotto nell' anonima Informazione, presso Lod. Perini. Addi t 2 Maggio t 6(33 Giovanni Maria Pellegrini, lo storico del suo Convento, allora Priore, don alla Chiesa un' arca di cristallo contenente molte reliquie (3). Adesso la cappella dedicata a S. Anna: mut per gran parte il suo antico aspetto, a causa specialmente delle nuove mal riuscite pitture con cui si rivestirono parte delle pareti. L'opera recentissima, del 1822. L'anno fu scritto, poco esattamente a dir vero, in greco, cosi: I%J;x~. Il pittore ebbe la bizzarria di scrivere qui e col delle frasi greche, come p. e. :

8EO AI~IO III l\IONOl\" ~O::'A Sia glOi'ia soltanto a Dio eterno.
(li In una postilla pi volte citata di fra' Luigi Guerreri al cap. IX del PeIleg-rini leg-g-eRi: ,. per decreto del ~Iagistrato d Sanit furono nel giorno 29 mag-g-io 1801 levate dalla Cappella di s. Vincenzo M. due casse di legno poste in alto, una alla destra d, detta Cappella, l'altra alla sinistra; nella prima si tro'<J il corpo imbalsamato del Caval." Girolamo Lavagnoli quasi incorrotto, nelt'altra simihuente il corpo del Caval." Agostino Lavagnoli , l due cadaveri furono sepolti nella tomba dell' estinta Compagnia di l'. Geminiano, insterne colle ossa tolte dalle casse esistenti nella cappella dell' altar maggiore ed in quella di san Girolamo. (2) Citata Relazione della prima met del secolo XVIII. (3) Libef' In,e,.umento"l4m segnato A (dall' anno 1640 al 1682) f. 36 e egg. Mchivio di s. Anastasia negli Aut. Arch. Vero

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Cappella Salemi,
Questa cappella dedicata a S. Nicola da oltre un secolo abbandonata, ed aspetta la mano che la ritorni all' antica bellezza. Le pitture parietali sono in non piccola parte cadute: quelle che rimangono, malconce e coperte da strati di polvere, non si mostrano in tutta la loro bellezza. Sembrano della prima et del Rinascimento: forse della fine del Trecento o del principio del Quattrocento. Il Maflei vi lesse il nome del piltore: Gpus Boninsefna; la qual leggenda forse ritorner in luce quando gli affreschi si restaureranno, a meno che, come a temersi, non fosse scritta sopra qualche dipinto ora caduto (1). La benemerita Commissione chedirige i restauri di questa Chiesa, ha viva fiducia di restituire la Cappella al suo pristino splendore. La cappella fu dapprima propriet della famiglia Salemi: quinIJI dell' arte dei'Molinari, ed alla fine ricadde al Convento. ..\. man sinistra di'chi entra sorge un bel monumento sepolcrale, nello stile della fine del secolo XIV o del principio del seguente. Sul vertice dell' arco a sesto acuto scolpita l' arma gentilizia Salerni, sormontata dall' elmo. Tre iscrizioni ha il monumento, L' una incisa sul listello superiore dell' arca, in bel carattere gotico, conservatissima, in una sola linea:

+1+ SEPVLCRVM DNI IOHAIS qUA DNI DVLCETI


DE SALERNIS 7 EOR. HEREDVM: (2).

La seconda dipinta in rosso immediatamente al di sopra dell'arca, sulla parete. Il carattere del pari gotico. Poco conservata. Eformata di due distici:
NOBILIS H-;=.:::: - AS SaLER STIRPE IOHANNES cLAVDIT NI :=::: - S VTILIS VRIn ERAT PRONVS IO OMNE BONVM . . . RAT QVA PREPOTEST Clv1RVS 7 CVNCTIS opera GRATA LIBENT. La terza, quasi totalmente svanita erl illeggibile, era dipinta egualmente in rosso sopra un lungo cartello bianco sull' arco che COpre la seconda, al di solto d'un bell' affresco rappresentante la Vergine col Bambino, dipinto nella campata che sotto del volto
(I) E.~gera il BERNASCONI (Studi, p. 229), dicendo: "delle pitture di questa cappella non ci rimane quasi traccia ~. . \2) Mita dal BIA.NCOLJNI, VII, 171,

cs-;

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marmoreo q sest' acuto, di cui dicemmo dapprima. Ecco le poche lettere che Ile potei rilevare:

. . . . . ANIS ATE . . . . A TRAHIT SEME. . . . PROPIIANAT OMNIBVS OBSCVRAS , ... MA.:\VS.


Chi sia, eri in qual tempo vivesse il Giovanni sepolto in quest' arca non mi noto per dirette notizie. I memhri della famiglia ile Sclcrnis o dc Salcrnis viventi nei primi anni del secolo XV, nella contrada di S. Cecilia, li pos-iamo conoscere dagli Estimi 1400, lBR, U25, 1433, 1443 conservati agli Ant. Arch. Veron., e dal testamento del nob. Tommaso del fu 1l0ICf~t() Salerni (LO Ottobre tt:~~) (1). Coll' aiuto (li queste fonti, p in piccola part.e coll' aiuto anche (l'un albero annesso al Processo S, n,50 dell' Arch, di S. Anast, (ora negli Ant, Arch.) e delle Tabulac Gcncaloicac del Torresani (2), si potrebbe stendere la ge.. nealogia dei due rami viventi allora entrambi nlla contrada 41i S. Cecilia. Mi limito a quella parte che maggiormente c'interessa:
GIOVANNI,

NICOL

I
DOLZETO

+avo 1409
PRIAMO,

I natur.

RODERTO, nntur.

vivo 1409,1418

vivo 1438

cav.

vivo 1425 sp Francesca, vv 14:13


GIO. NICOLA,

I
TOMMASO,

+avo 1438

avo 1433 BJl. Flrmonda

Itast 1438
I I

ASDRBA,

Ivivo 1438

r GIO. NICOLA

GIROLAMO

Olt'!,;TA

CIlIARA

ELlS.\DETTA

Al'OELA

Nell' Estimo del 1409 Dolzeto Salemi, senza indicazione di pa.. ternit, figul'a coll' enorme estimo di 31 lira. Si doviziosa era allora la famiglia Salerni ! Nell' Estimo 1418 egli ha 20 1/'111'. di estimo, e viene indicato come figlio ciel defunto Giovanni, il quale senza dubbio era morto prima del 1-:l0n, altrimenti sarebbe stato registrato nell' Estimo. Parrni verisimile il credere che questi sia il Giovanni sepolto nel descritto monumento ; non improhabile che egli abhia avuto per padre un altro Dolceto, nome che vediamo l'i..
(l) Arch. Not. m. XXX, n. 261. (2) BibI. Comun. ms. 974 [91,6], f 11)<J.

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petuto nel tigliodi lui. Sarebbe affatto assurdo il supporre che questo Giovanni, fosse il Gian Nicola dei documenti, il qual ultimo, a differenza del primo era cavaliere (1). Giovanni viene distinto da Gian Nicola anche nel citato testamento di Tommaso Salerno, 10 Ottobre 14:38. Tornmaso dispone di esser sepolto in monumento suo structo per predecessores suos in Ecclesia S..\nestasie siue S. Petri Martiris Verone fratrum predicatorum et in capella S. Nicholai ipsius Ecclesie vbi maiorum suorurn cadanera ac clarissimi et generosi equestris ordinis viri d. Johannis Xicole de Salernis q. eius fratris sepulta sunt , Sopra tutto rimarchevole dal lato artistico, 1'obbligo dato ai suoi fedecommissari (la cognata Francesca vedova di Gian ~icola, la propria moglie Zirmonda, il dottor in leggi Maggio de' Maggi, ecc.) di far terminare 1'ancona per questa cappella di S. Nicola, ch' egli avea commessa a maestro Stefano da Verona pittore: oltracci ingiunge aimedesimi di far eseguire due invetriate per la stessa cappella (2). Il pittore Stefano qui ricordato sempre che non possa esser se non lo Stefano del fu Giovanni, pittore di cui il Bernasconi trov memoria in documenti di quest' epoca, e che egli reputa nato verso il 139:3 (3). Egli gli d il nome ai Stefano da Zevio juniore, ma non giustifica sufficientemente la patria assegnatagli, poich non ha in suo favore altra autorit che il Vasari, e questi lo disse da Zevio soltanto perch lo confuse coll' antico Stefano (4). Gian Nicola Salerni, che vedemmo sepolto in questa cappella, fu, insieme con Stefano Branchi da Gubbio, senatore di Roma nel f.t21, sotto il pontificato di Martino V (5).
[l) L'antica descrizione delle tombe rlcorda il monumento di Giovanni Salerno, ma non ne copia le iscrizioni. \2) "Jt!ID Reliquit et ordinauit quatenus dicti sui romissarij fieri facinnt, >iue proflci et eompl-ri vnam anchonam pro altari' Capelle R. Nicholni iam in~hollam, ut dixit, per M. Stephanum pictorem de Verona, cum quo dixt conuen~ de preco einsdem anchone, et iarn sibi dedsse summam (?) pro parte solncionia eiusdem ancbone; et nsuper duas speras vitreas pro ipsa capella cnm reguardis rami ab extra pro conservatcne dictarum sperarum li. Il testntore dipOl!e anche Ili Lire 100 in vantaggio della fabbrica della Chiesa. (3) BERNASCO!'iI, Studi, p. 220-226. (4) Ricordo il nome di un altro pittore del quattrocento in cui m'imbattei !ltudiando i documenti per la presento Memoria. Fra i presenti al testamento di ~mo Centrego .(19 maggio 1485 - Arch. No!. m. LX XX, n. 47) trovo: " Sanfino pitore q. francisci , un nme ignoto anche al Dcrnasconi. 151 Oaeooaovrus, Storta Illa citt di Roma nel medio evo, VlI, lO (ed. tal., \'ellezia, 1875). Sbaglia il Gregcrovius nel dirlo Giovanui figlio di Nicola Balerno,

250
Anche i membri dell' altro ramo della famiglia Salemi venivano deposti in questa cappella. Cosi Nicol del fu Pietro, con suo testamento il Aprile 1469 (l) ordin di esser deposto in S. Anastasia in sepulcro suo familiari in quo requiescunt corpora maiorum suorum . Come s' detto, il secondogenito dei figli di Tommaso Salerni, pupillo allorch il padre test, aveva nome Girolamo. Addl 5 Dicembre 148G (2), essendo per partire alla volta di Roma dove [nnocenzo VIII lo aveva eletto senatore, egli, gi cavaliere, dett il suo testamento, ordinando che. in qualunque luogo fosse morto, lo si trasportasse a Verona, e lo si seppellisse in archa structa in capella sub uocabullo S. Nicolai fundata in ecclesia S. Anestasie de Verona: in qua ossa parentoruru suo rum humata requiesrunt :t. A Roma non mor, e pot rivedere la patria, e deporre nella cappella famigliare i suoi stendardi e le sue armature. Infatti il P. Pelo legrini (cap. VI) virle cola le insegne militari di lui, di Gian Xicola suo zio, e di Bernardo Salemi capitano della Republica veneziana e cognato di Giano Fregoso, di cui spos la sorella Susanna (:l) Nel mezzo della cappella il Torresani ecl il Pellegrini videro una piccola lapide sepolcrale coll' arma della famiglia Salerni, decorata colla mitra abaziale. L'epigrafe, secondo il Torresani (Fam., II, :3(0) era la seguente : Nic. Sal. Abb. Imp. Res. MDLVII Il Biancolini la reca invece in questa forma (Clt., VII, 171): Nicolaus Salernus

1555.
La pi antica descrizione delle tombe ci conserva memoria Ili un' altra tomba: (I)Tem in eadem capella . in muro uersus capellam sancti iohannis . est depositum lapideum . cuiusdam theotonici militis . cum litteris et arma lt. La notizia ripetuta dall'altra descrizione, quasi colle identiche parole (4).
(1)

Arcb. Not. m. LXI, n. 38.

(2) Arch. Not. U1. LXXYIII, n. IG9.

(3) LITTA,

Fam. Frego8o, tav. V.

(4) Legges inoltre nel pi nntico sepultuarlo ; (1')ORt lllam . sunt t1'l'll J!('pulture fratrum . due ante ::l'rarlo!! cnpelle nmpnnilis . alia ante columnnm . lnlcr cnpellarn campanilis. et cnpellarn Sancti lohnnns . cum arma ordnis . reIique due cum Imaglnibus fratrum . Omne8 limI remote propter paNil'llertlum .

251
Cappella Giusti e Saristia.
Usciti dalla cappella Salemi, vediamo una bell' arca sepolcrale di marmo rosso, anepigrafa, incassata nel muro. decorata da due anni gentilizie (testa di bue), e da una croce al centro. AI di sopra diessa, sta dipinto un affresco in due scompartimenti sovrapposti, di mano non imperita. Lo scompartimento inferiore rappresenta la Vergine col Bambino, dinanzi a cui s'inginocchia un guerriero. Nel primo stanno figurati alcuni santi sotto uno de' quali, leggesi in carattere gotico del principio del secolo XV : S. IVLIANVS. Fra il primo ed il secondo scompartimento, sopra una fascia bianca, fu colorita (in rosso) l'epigrafe che ricorda il nome del guerriero qui sepolto. diftcilissimo leggerla, poich svanita assai.Oltracci il pittore la ripet, almeno due volte, nelle interlinee, cosi che le parole della prima dipintura si confondono con quelle della seconda; e da ci che parrebbe doversi avere un sussidio alla lettura, si ha, per cosi dire, piuttosto un ostacolo. Sembrano appartenere alla prima trascrizione le linee i, 3, 5, ed alla seconda le linee Z, 4.

t. VT.
2

.
S ERAT PATRIA DE STIRPE RVERAT SIC DICTVS
-A_

l.-\COBVS BECCVCCI ASPErimVS ARMIS. VERA

3. 4

src DlCTVS

IACOnVS BECCVCCI ASPERRIMVS ARMIS

IS. FVERYT BLANDVS

orro
ERIS CO~SVLTORETEQVI

L'iscrizione sembra ritmica. Il carattere identico a quello del nome del Santo ricordato test, il Pellegrini (cap. V) non ricorda soltanto questa tomba, ma anche due sepolture in terra deIIi Nobili Decucci da Fiorenza con lettere et arma . Ma neppur egli pu aver veduti cotali depositi a terra; n'ebbe notizia dal pi antico sepoltuario dove si legge: ( ..... sunt due sepulture . Nobilium de Bechutijs . de forencia . CUlO epithaphiis . et armis . supra quas . est depositum lapideum in muro . cum armis . eorumdem . Sepulture sunt amate propter pudmentum et depositum rcmansit . Sottolineo 1'aggiunta (del sec. XV). Chi fosse questo Giacomo Beccucci noI saprei dire. La famiglia non certo fra le pi nobili di Firenze. Per averne notizie mi rivolsi al eh. comm. Cesare Guasti, persona tanto dotta quanto

252
gentile; mi grato di rendergli qui' publica testimonianza di gratitudine, per le indagini ch' egli ebbe la bont di fare in mio servigio, nell' Archivio da lui diretto, In data 7 luglio 1870 scrivevami d'esser riuscito a trovare un Bccucci negli squittini del I JU1 ; ma nulla d'illustre, di guerresco; neppur l'arme cho adorna il deposito. ricorre negli armar fiorentini. Forse, come dubitava anche il Guasti, la parola (io/'cutino va intesa in largo senso, e il nostro Giacomo sar uscito da qualche terra dell' antico contado o dominio Ili Firenze. Dinanzi al descritto monumento di Giacomo Beccucci, cosi da coprirlo, il Pellegrini vide il Banco dei Calzarcri, rimast l, quantunque quell' arte ai suoi tempi non avesse piu ingerenza alcuna nella Chiesa. Solo da pochissimi anni la tomba fu rimessa in vista. Ivi presso v' era anche le tombe di Provolo Giusti (seuz' armi e senza iscrizione), e di Paolo del fu Lapo da Firenze (con iscrizione ed arme). Vennero levate quando si paviment la Chiesa (I). ::\ella medesima occasione fu chiuso il locus subtcrrancus di Cortesia Serego, di cui trovammo ricordo nei testamenti del!' omonimo sua tiglio. Era posto (dice il pi antico sepultuario) (l)n angulo sacristie prope murum uersus cimiterium . Il Pellegrini fa parola anche di tre tombe di frati, due delle quali avevano imagine de frati )I, e la terza l' arme della Religione Domenicana, L'antica sacristia, menzionata nei testamenti Serego, si trovava vicinissima alla cappella del Campanile, se crediamo al Pellegrini; mentre seguendo I'Informazione anonima, conservataci dal Periui, era collocata dove ora la cappella del Rosario, Secondo il P. Pellegrini (cap. VI) il terreno dove nel Quattrocento fu eretta la sacristia attuale, era dapprima destinato a cimitero. La sacristia attuale colla semplice e nel tempo stesso elegante sua porta (2), e coll' annessa cappella del domenicano S, Vincenzo Ferreri, fu eretta dalla famiglia Giusti nel 1452 ; locch si raccoglie dall' iscrizione scolpita (in bei caratteri romani) in una lapide inissa sopra la porta dalla parte interna:

(1) Dcscr lalonepi antica delle sepoltura (Da cui Pellegrini, c. '"l. (2) Lo due imposto di legno. ornate di graziosi intag"li, furono rrst~ur:Jh' quasi qunrnnt.' anni or Rana, cume indica l'iscrizione: la hore , fr . blwffi . l't. eura. i08. buffo I instante . eurione . CCCXL. ab. anuis I opus . priscre . perfectiotli I resti .tutum , a , MDCCCXLlI.

253
DEO MAGNO PROPITIO SACRARIVM HOC A SOLO AEDIFICA TVM ARA M DIVO VINCENTIO ORATORI SVO SEPVLCHRA IVSTORVM OSSIBVS CINE RIBVSQVE NOBILIS OPTIMI AC APPRIME FORTVNATI CIVIS PROVALI IVSTI SENI ORIS LIBERI NEPOTESQVE BONORVM GRATI SVCCESSORES AERE PROPRIO CONSECRA RVNT ANNO AB HVMANATIONE CHRISTI M CCCC LIII (t) Tolgo dal Torresani (2) un breve estratto genealogico della famiglia Giusti, riguardante il principio del secolo XV :
PROVALO,

test 14l>.6

dotto

PIER

FRA NCESCO test 1426

I
I

GIACOMO

I I

test 1426

GIUSTO

I
I

PROVALO

GUlOLAMO NICOLA

ANTONIO

LLIO dotto e ca V.

Pier Francesco e Lelio Giusti qui ricordati furono fabricatores J di S. Anastasia. Pier Francesco fu dei primissimi fabbricieri, essendo stato eletto il 6 Marzo 1428 (3). Lelio Giusti fu nel t489 sostituito da Giusto, uno dei suoi figli (4). L'altro figlio di Lelio, aveva nome Genovello : ambedue compariscono nell' iscrizione sepolcrale di Lelio Giusti, posta nella sagrestia, all' ingresso della cappella di S. Vincenzo (a man destra di chi entra). La cappella forma lo sfondo della sagrestia, la quale disposta parallelamente alla Chiesa. il carattere romano, elegante. La lapide sormontata dalla fenice che si abbruccia, simbolo della Resurrezione, col motto: SPERO RE I VIVISCERE. Riferisco l'epigrafe, avvertendo che Jurtua e Zenovellus sono i due nomi dei due figli di Lelio, il quale era tiglio di un altroGiusto: senza badare a ci, essa riesce inintelligibile:
(Il Edita dal BUNCOLINI, Chie,e, VII, 171. (2) Tab. Oefleal. Bibl. Com. di Vero ms. 9'74 [91 . 6] f. 100. (31 .dm del Con,., vol. C, f. 100. Cf. vl, Consiglio dei XlI e L, 1 maggio 14'41, TOI. D, f. 99'. Bra gi morto nel 1461: cfr ivi, voI. G. f. 210'. (4) MU del COni. (Cons. del XII e L), 19 settembre 1489. vol. K, f. 236'.

17

LAELIAE PERPETVITATI LAELII . IVSTI . EQVESTRI . AC . IV RISCONSVLTISS. DIGNITATE ELOQVENTIAE.LAVDE.FLOREN TISS . VRBIVM . MAGISTRATIBVS . GLORIOSE. GESTIS. OBLATIS. PLV RIBVS . PRAE . MODESTIA. NON. ADI TIS . AMORE. ERGA . P:\TRIAM . FIDE. INTGRA. ERGA. INVICTISS. VENE TORUM . IMPERIVM . PIA. IN . DEVM RELIGIONE. VITAE. UMNIS. INNO CENTIA . CLARISSIMI . QVI . FVNE RIS . POMPAM . SEPVLCHRI . FASTVM . TESTAMENTO. A. SE. ABDICAVIT. OPTIMATVM. OMNIVM . LACHRYMIS . VDOS . CINERES . IVSTVS . IDEA. PA TRIS . ZENOVELLVS . QVE . LIBERI . PIENTISS . PROPIORE . HOC. SARCO PHAGO.COLLOCARVNT.ANIMAM NON. IGNARI. AEVO . PERFRVI . SEM PITERNO . OBIIT . ENTEROCELIS MORBO. AD . III. IDVS . OCTOBRIS M CCCC LXXXXII (1)
Lelio Giusti, facendo parte del Consiglio cittadino, fu pi volte oratore a Venezia in nome della citt, del pari che il figlio Giusto, ed altri di quella rinomata famiglia (2). La cappella e l'altare vennero rinnovati dopo pi di un secolo e mezzo. In questa parte nulla ci rimane dell' antico, in ci che esternamente apparisce. All' attuale santo titolare, S. Vincenzo Ferreri, era peraltro dedicata anche in antico. come vedemmo nel l'iscrizione commemorativa del 1452, e come ce lo conferma il testamento di Pier Francesco del fu Roberto Giusti, 15 Luglio 1464, il quale ordin d'esser sepolto in monumento illorum de

(1) Edita dal BIAf)COLINI, C1&iese, VII, 172. (2) Cfr J. A. VERZA, Vero CifJ. Nomina ecc., I, 112'-113'. (MB. negli Antichi

Arch. Veronesi).

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instis in capella noua sancti Vincentii illorum de iustis, siue in sacristia noua ecclesie sancte Anastasie Verone (1). Sul frontispizio dell' altare leggesi la breve iscrizione dedicatoria: DEO B. MARI~ VIR AC VINCENTIO
Una grande lapide sulla parete a destra (di chi entra) conserva memoria della rifabbricazione dell' altare, fatta per <wera di Agostino, Girolamo e Massimo Giusti, nel 1598 :

AVGVSTINVS HIERO:NYMVS MAXIMVS IVSTI GADII COMITES SACELLVM HOC A MAIORIBVS ERECTVM MARMOREIS LAPIDIBVS PICTVRA DOTE AVXERVNT ANNO DNI M. D . LXXXX VIII (2)

La pala dell'altare un buon dipinto di Felice Brusasorzi. In essa figurano i santi dei nomi dei tre Giusti suddetti, insieme alla Vergine ed a S. Vincenzo. Del secolo XVI pure la triplice tomba (3), a terra, nel centro della stessa cappella, colla seguente epigrafe che corre sulle tre pietre, decorate ciascuna dell' arma Giusti (scudo con testa d'uomo) :
MO~VME:\T A

I NOBILIVM I DE IVSTIS

Di ben diversa epoca l'altra tomba a terra, nel centro della sacristia, fuori della cappella:

(1) Arch. Notar. m. LVI, n. 93. - La frase adoperata in questo testamento Iudica che .acri.tla e cappella consideravansl come un opera sola. Giacomo del tu Pro,olo Giusti, col testamento 18 luglio 1469 (Arcb. Not. m. LI, n. 77) dispose d'.-er Bepolto In monumento et sepultura sua sta in sacrestia noua ecc1esic ll8Dete Anastuie de Verona , (2) Edita dal BIANCOLINI, VII, 172. (3) ricordata nel secondo sepuHuario: ... In sacristia ante altare seti 'incentij sunt trillo monumenta llIorum de lustls cum eorum armls et litteris , Nell'altro sepultuario si tace delle tombe Giusti; la sacristia era allora appena ellItrutta. Bolo per incidenza (fai. 28) parlando della capeIla campa"tlt., l'autore del medesimo ecriBBe: . in muro sacrlatlam DOUam respiciente .

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MNVMENTVM.HOC TEMPORIS. INJVRIA. CONFRACTVM NOB. CO. VGVCCIO. DE. IVSTIS Q . NOB . CO . ASCANII NEPOS.SVPERSTES.ET.HAERES REFECIT ANNO MDCCXCIII L'antica sepoltura, rifatta come vedesi nel f 793, ricordata dal Pellegrini (cap. VI), che peraltro non ce ne conserv l'iscrizione, anzi neppure ne segn l'epoca. Nessuna notizia ci offre su tal proposito il Torresani, che pure trascrisse tutte le altre epigrafi della cappella. Verisimilmente essa era in pessimo stato gi nel XVII secolo. L'arma Giusti vedesi scolpita o dipinta in moltissimi siti della cappella e della sacristia, sulle tombe, sui capitelli, che, incassati nei muri, sostengono gli archi, sulle pareti, sulle invetriate. Quell'Agostino Giusti, che, sulla fine del secolo XVI, concorse al rinnovamento della cappella, nell' anno 1600, secondo la narrazione del P. Pellegrini (cap. VI), colloc nella sacristia il prezioso deposito di alcuni oggetti che si riguardavano come appartenenti a s. Elisabetta (1207-1231), che fu figlia di Andrea II re di Ungheria, e mor vedova di Lodovico di Turingia. Tali oggetti sono due, una cintura ed un libro. La cintura e assai lunga, fatta per venire stretta ai fianchi e lasciata pendente dinanzi, come si usava nel Medio Evo. Il libro composto di otto tavolette cerate, di cui la prima e l'ultima che servono di copertura, non hanno lo strato di cera che da una parte sola. Le tavolette sono legate da quattro piccoli cordoni, che le attraversano, passando per sei fori praticati in ciascuna tavoletta al suo margine interno, tre all' alto e tre al basso (1), cosi che si possano aprire le tavole ed usarne come di un libro. Pare che soltanto in epoca tarda assai la grossezza del libro siasi rivestita col pezzo di corame che ha attualmente. Di questo libro sono scritte, con una punta, solo alcuni fogli. Vari sono i caratteri, totalmente diversi, e di differenti epoche. In una scrittura sottile ed
(I) Intorno al modo assai somigliante con cui l romani legnvano assiemo le loro tavolette, veggas GIULIO DR PETRA, Le taoolette cerate di Pof1fpei nella NfM)f)a A"t., t. XXX, 80 segg., Firoo16 1875, e dello stesso Le tavoldh ceNU di PtJmpei, Napoli, 18'17, p. 5.

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acuta, sono segnati due periodi ai f. 3' e 7. La seconda frase, che leggesi senz' ombra di difficolt, la seguente: Elisabett Meine Hoffnug zu gott Anche l'altra frase d'argomento morale (1). Le tabelle cerate si usarono molto in gi nel Medioevo, specialmente fuori d'Italia. Ma anche fra noi, in Firenze, si adoperarono almeno fino agli ultimi tempi del secolo XIV (2). Nel 1878 con felice pensiero, fu riaperto il finestrone sulla fronte della sacristia, ch' era chiuso, e coperto col grande quadro rappresentante il Concilio di Trento, pennello del Falceri: il quadro fu allora collocato sopra la porta maggiore della Chiesa.

(Contin ua).
(1) Leggesi chiaramente nelle prime due linee le fral'li: wels nlcht wie I lang Jch mag sterben weys auch nlcht wan ich .... ,21 Ne sono una bella prova le sei taoolette cerate scoperte il. utl'antica torre di CIU/I Maiorji iii Via Porta Rossa in Firenze, lette ed illustrate dal prof. L. A. lfIl.ANI (P1Il1licazioni del r. Istituto di studi superiori in Firenze, t. II, Firenze, ISTII. Il primo a darne un cenno illustrativo fu il senatore M. T ADA RRINI nell'Arci. stor. ital, del 1846, che riprodusse il suo lavoro Ilei suoi Studi di critica Itorica, Firenze, 1876, p. 25 segg, Il TalJarrini parla con vasta erudtsouo dell'ueo delle tavolette cerate nel Medio evo e prova che non erano dismesse a Siena ael secolo XV; crede che cessasse d'essere universale verso lafine del secolo XIV
livi, p. 29-30).

UN EPISODIO
DELLA VITA

DI TORQUATO TASSO.

Verso la met dell' Aprile del 1595, in una cella del Convento di S. Onofrio di Roma, steso su di un piccolo letto, languiva un uomo di lunga e scarna figura. Il male sembrava assai grave e per modo che non avesse a guarirne pi. Lo circondava un povero corredo di masserizie, ma in compensa un' aria di quiete e di pace. Aveva un non so che di grande e di umile; di inquieto e di rassegnato. Pareva che a volte lo agitassero dolorose rimembranze del passato, a volte lo confortassero lieti presagi dell' avvenire. Chi sa quante delusioni non lo amareggiavano in quei supremi momenti e quante illusioni non lo pascevano ancora! Era una maest avvilita, che periva vittima di casi crudeli e di puerili debolezze. Davanti a s misere apparenze chi avrebbe mai detto che sotto vi si nascondeva uno dei pi grandi intelletti di quel secolo? Chi vi avrebbe ravvisato il brillante cavaliere, l'idolo delle dame, la gioja delle feste, l'amico, il protetto dei principi? Chi avrebbe riconosciuto in lui l'immortale cantore del pio Buglione? Torquato Tasso si era ridotto lass, presago della sua fine prossima, per incominciare da un luogo si eminente, disse egli, e con la conoersazione di questi divoti padri, la mia cont-'Crsazione in cielo lt. E in quell'abbandono di tutti, e nella rimembranza di tanti dolori, di tante ingiustizie, conserva ancora la sua anima fiduciosa in quelle cose che l' hanno fatto s1 grandemente delirare, in quegli uomini dei quali si doluto cos amaramente, dei quali ha diffidato tanto e che tanto male gli hanno fatto, e fra i molti che ricorda ne presceglie uno perch raccolga gli ultimi sensi del suo cuore, gli estremi aneliti della sua grande anima, Antonio Co-

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stantni, e gli scrive quella lettera, che fu anche l'ultima e che noi lutti conosciamo: Che dir il mio signor Antonio quando udr la morte del suo Tasso? E per mio avviso non tarder molto la nooella, perch io mi sento al fine della vita .... Pregate Iddio per me e siate sicuro che si come t'1 ho amato ed onorato sempre nella presente vita, cosi (ar nell' altra pi vera, ci che alla non finta ma verace carit si appartiene . . . . . (t) . E chi era questo uomo tanto privilegiato dal Tasso, quali ragioni gli meritarono un s grande onore? Antonio Costantini, romagnolo, fu letterato e poeta mediocre, e se egli ricordato tuttora nei fasti della nostra letteratura, non gi per i suoi versi e per la sua prosa, bens per la creduta sua amicizia col Tasso; per quel morale edificio che questi gli eresse e che dura dopo tre secoli, o poco meno, di esistenza, senza del quale il suo nome starebbe nascosto e dimenticato fra le carte vecchie degli Archivi. Pertanto egli creduto il pi vero, il pi costante amico del poeta, uno di quei nobili cuori che si innamorano delle grandi sventure e dei grandi sventurati. Ma ormai conviene strappargli dalla fronte questa corona che lo rende glorioso, e relegarlo nel novero, gi troppo grande, delle anime abiette, poich si viene a intendere che egli non fu mai quello spirito generoso, che fin qui fu creduto, poich della fiducia o diremo della ingenuit del Tasso abus per raggiugnere le sue ambiziose mire, facendosi perfido instigatore e strumento di un crudele attentato contro la persona e la libert dell' infelice uomo, attentato di cui non si ha esempio che in tempi atroci, che solo un triste, quale per esso il Costantini si appalesa, poteva ideare ed eseguire, ed un folle, quale fu Vincenzo Gonzaga, compiacersene e permetterlo. Per molti stato argomento di studi e di discussioni il carattere del Tasso. Chi lo volle una vittima delle altrui malvagit, delle inimicizie della fortuna; chi un pazzo. Non ha guari eletti ingegni, quali il De Sanctis, F. d'Ovidio, il Cardona, si aggiunsero alla schiera degli ultimi. Il Cardona anzi si fece a trattare espressamente il tema: Del Tasso alienato (2), e con ragioni assai gravi gli conferma l'addebito di pazzia, se non nel senso stretto della parola, certo in quello che attribuisce UlO stato' di mente e di animo che non n il naturale n il comune, ed asserisce che ad una s infelice
(1) GUASTI

C., BplolariO di T. Tauo.

(2) NfIOfJ(l, Antologi(l,.

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condizione fu spinto da una doppia corrente di cagioni, congenite le une, acquisile le altre; e prende poi argomento dalla pianta di S. Onofrio, sotto la quale si assisero e il nostro poeta e S. Filippo Neri, per fare un felicissimo riscontro fra questi due uomini si diversamente celebri, e che per le loro opposte attitudini finirono anche cosi diversamente. Che il Tasso abbia avute alterate le facolt della mente in maniera da raggiungere un qualunque grado di pazzia, pare vero. Se poi a tanto egli sia arrivato pi per le cagioni che il Cardona chiama congenite che per le acquisile, non ci dato di sapere e per avventura sarebbe anche ozioso il cercarlo, nello stesso modo che impossibile conoscere quale influenza i suoi privati infortuni, che sarebbero le cagioni acquisite, abbiano esercitato sulle naturali sue disposizioni, che sono le cagioni congenite, per farlo impazzire. Converrebbe anzi tutto intendere quale fu il loro reciproco grado, le genuine tendenze dell' animo, la sua sensibilit, che pure fu grandissima, e poi tutte quante le traversie, per le quali passato, la .101'0 intensit; fare insomma un' analisi ed un raffronto su di una materia che ci manca. certo che di sventure ne ebbe molte, che su di lui, delicatissimo di sentire, esercitarono una azione potentissima. La maggiore di tutte per, quella dalla quale procedettero tutte le altre, fu la povert. L'essere costretto a mendicare di continuo il vitto ed il vestito, gli cagionava i pi acuti dolori, le pi forti umiliazioni. Se non fosse stato povero non avrebbe cercato il servigio delle corti, non si sarebbe esposto a frequenti offese; dai principi e dai privati sarebbe stato trattato coi maggiori riguardi, perch il bisognoso sempre disprezzato; non sarebbe stato a S. Anna. La miseria fu il tarlo che spietatamente corroso le sue fibre, che la indipendenza del suo carattere fece parere stravaganza, e siccome egli fu povero per tutta la sua vita, cos dovette anche essere sempre mendico, ma con un prepotentissimo bisogno di non esserlo, mantenendo una fierezza d'animo che non gli fece mai difetto; la quale poi, portata alla esagerazione, se da una parta lo rendeva restio al chiedere, dall' altra lo faceva inetto ad aprirsi una via a guadagnarsi onoratamente quel pane che non possedeva. Perci tutta la vita sua fu una lotta tra la miseria e )' alterezza, tra l' istinto della personale indipendenza e il bisogno di stare in una corte di principi per esservi mantenuto. E i principi che erano spensierati, che facilmente e troppo spesso si annoiavano del querimonioso poeta, lo lasciavano non di rado mancare anche del

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necessario. Di qui vengono i suoi lagni e i dispetti, e quelle mutabilit di animo e quelle instabilit di propositi, e la facile noia di tutto, che negli ultimi anni specialmente gli fu tanto rimproverata. . TI Tasso era un grande e cultissimo intelletto, e presso la comune degli uomini godeva di una stima che pareva venerazione; e qualora la storia, eli egli stesso nei suoi scritti, non ce lo dicessero, non sembrerebbe credibile che tutti del pari non gli fossero stati larghi di ossequio e di cortesia. Egli era gentilissimo, bramoso di fare cosa grata, e la faceva sempre con tale squisitezza di maniere da mettere in dubbio se dovevasi apprezzare di pi il favore, o il modo con cui raccordava. E questa sua estrema delicatezza, non a dovere apprezzata, gli procur non poche amarezze. Alle persone letterate dava assai di buon grado da leggere i suoi componimenti poetici o filosofici, prima ancora che venissero per le stampe publicati ; ma quante. volte egli non ne doveva chiedere la restituzione, replicatamente! TI nostro Marcello Donati, che pure aveva del Tasso una altissima stima, tra i pi macchiati di queste colpe. Si ebbe il dialogo della Corte, le Tragedie, che si tenne per anni, non ostante le preghiere vivissime e ripetute del Tasso per averle di ritorno. E questi, che a gentilezza voleva che si rispondesse con gentilezza, non sapeva darsi pace, che con lui si fosse cotanto scortesi, e sapendo della propria superiorit sugli altri, ne impazziva dal dispetto. Ma ci era poco. Molte ingiustizie e perfidie gli usarono amici e nemici, stranamente concordi; delle quali alcune conobbe, ed altre ignor per sempre. Che in parte le abbia ignorate lo prova quanto sono per narrare, perch al Costantini, che ne l'inventore e l'esecutore, conserv una particolarissima stima ed UDa fiducia inalterata. Che se le conosciute ebbero tanta forza da levargli la serenit della mente, da credere che le altre, una volta scoperte, lo avrebbero fatto impazzire davvero, Per cui io porto opinione che assai pi alla malvagit degli uomini, che all'infelicit del suo carattere sia da accagionarsi la perturbazione del suo animo. Nel Luglio del 1586, Vincenzo Gonzaga ottenne da Alfonso d'Este, duca di Ferrara, la liberazione del Tasso dalla reclusione di S. Anna, e di condurselo a Mantova. il Serassi nella vita del Poeta narra la gioia della ricuperata libert, da tanto tempo perduta, le ridenti speranze di una vita tranquilla, onorata, che lo ristorasse dei morali e fsci patimenti

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troppo a lungo ed ingiustamente subiti, le accoglienze festevoli che si ebbe a Mantova dalla giovane principessa Eleonora Medici, moglie a Vincenzo, dai nobili, dai letterati, dal popolo. Il Tasso veniva a Mantova con un prepotente bisogno di una libert sconfinata, senza alcun freno che la inceppasse, od un sospetto che la guastasse. Abbisognava di un vivere largo, agiato, e quindi non solo senza i sopraccapi e le angustie della indigenza, ma spoglio anche di ogni apparenza di concessione. Voleva riavere il possesso e l'uso dei diritti di uomo, si direbbe ora, ed allora del gentiluomo; pretendeva, e con ragione, che in omaggio alle sue personali convenienze ed alla nomea di grande poeta, le necessit della vita gli fossero soddisfatte senza misura e come di dovere; in una parola, egli che usciva da S. Anna coll' animo gi stravolto, ma colla piena coscienza di s, che sentiva tutto il peso della crudele offesa recata alla sua personale dignit, della avvilita esistenza alla quale lo avevano obbligato per lunghi anni, confidava che nella corte dei Gonzaga, nella. casa di quel principe che tanto amorevole gli si era addimostrato, avrebbe trovato il farmaco salutare dei passati dolori. E in verit sulle prime parve che nel nuovo soggiorno trovasse ogni soddisfazione. Vestito riccamente, con abiti profumati, alloggiato nella stessa corte, nutrito con porzione delle vivande che ~i servivano al Duca, accarezzato di continuo dai prelati, dai cortigiani, dai ricchi, riverito dal popolo. Ma il sogno dorato non dur molto. E ben vero che, da qualche lettera che scrisse al Licinio ed al Costantini, parrebbe che ne fosse contento; ma non era cosi. Il Tasso aveva un' arte finissima di dire e non dire, di esprimere quel pensiero, o quella parte di esso che voleva, e come voleva. Nessuno meglio di lui seppe chiedere l' elemosina con miglior garbo e dignit, e quando era adirato . manifestare il proprio sdegno con maggiore urbanit ed elevatezza. E cosi mentre si loda del pane e del vino che gli fornisce il Gonzaga, delle sue stanze nella corte, non dice nulla dell' ospitalit mantovana; ed il silenzio vuoI dire assai. Questa ospitalit non era n poteva essere il suo ideale, non perch l'animo suo amareggiato da tante traversie non fosse pii! capace (li compiacersi a lungo di cosa alcuna, quanto perch aveva delle buone ragioni per esserne malcontento. Egli non solo non vi trov quello che nella sua poetica immaginazione aveva sperato, e di che le prime accoglienze lo avevano per avventura lusingato, ma nemmeno quanto gli sarebbe bastato con pretese ancora pi umili. Checch ne dica il

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Serassi, non trov a Mantova la quiete che bramava, l'ospitalit che desiderava, n la libert alla quale aveva diritto. Vincenzo Gonzaga era un principe di moti generosi e subiti, ma altrettanto fugaci e passeggieri. Leggero e vano sino alla follia, avido di piaceri diurni e notturni, ben presto gli inerebbe I' ospite suo e, se non lo dimentic, di certo lo trascur. E allora i cortigiani, che sono gli stessi in tutti i tempi e in tutti i luoghi, vedendo l'indifferenza del principe verso il poeta, alla loro volta si fecero un dovere di imitare il padrone; non lo visitarono pi; nobili e letterati che poco prima gli erano stati larghi di piacenterie, gli voltarono le spalle. Coscch, in mezzo alle baldorie di una corte splendida e spensierata, si trov a vivere derelitto e romito nelle sue stanze. Questo mutamento accadeva pochissimi giorni dopo che era a Mantova; e, non si tosto che lo conobbe, ferm nel suo animo di non volerne pi sapere del bizzarro protettore. E infatti il 25 dello stesso mese manifesta per lettera il suo proposito alla principessa Eleonora, la"quale era sempre generosa, come poteva, con lui.
lo sono stato sin bora spinto da la buona volont a baciare le mani
Il

v. Al-

tezza, e ritenuto dal rispetto, quasi assomigliandomi ad un cavallo che senta in


un medesimo tempo gli sproni e il freno, e bench babbia vinto il rispetto come d01'en; nondimeno non cessato l'altro affetto Et non havendo chi mi appresentl a v. Altezza, o cbi me ne dia maggiore occasione, bo preso ardire di supplicarlache si contenti che io le baci le mani, percb potrebbero venire alcune occasioni di partirmi o di allontanarmi da queste parti, le qnali troppo mi spiaeerebbono se prima non le havessi fatta riverenza .... (l).

A queste prime cagioni di disgusto si aggiunse anche la noia di esser privo dei suoi libri e di altre cose a lui necessarie, che aveva lasciate a Ferrara, ed il vedere che indarno pregava d il principe ed i cortigiani che gli fossero mandate. E bisogna dire che la sua risoluzione di partirai da Mantova fosse ben forte, perch a vincerla si dovette ricorrere a Seipione Gonzaga, patriarca di Gerusalemme e posca cardinale, affineh usasse di tutta la sua infuenza sul poeta per indurlo a rimanere. E il Tasso se ne persuase, ma pose la condizione che da Ferrara gli fossero mandati i libri e le altre robe, e cos ne scrive al principe: v. Altezza vedr in una lettera che mi scrivo il Patriarca di Gerusalemme, come io sia persuaso a fermarmi a Mantova, contro il mio primo proponimento di andare a Roma. E perch le persuasioni sono di persona, la quale non si do(1) Poarior.r, Scrmi inediti di T. l'allO. - Ririlia Europea, 6, 3, 18'70.

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vrebbe risolvere altrimenti da quello, che altre v.olte si sia risoluto, debbo cedere non solo alle persuasioni, ma alla autorIt di chi mi persuade. Per snr-plleo V. Altezza che mandi M. Claudio a Ferrara per la mia valigfa e per la 03888, seciooch io possa Cermarml volentieri .... (1'7 Settembre) (l).

Ma siccome il principe non si cura n del Tasso n dei suoi libri, cos questi non dura molto nella persuasione di restare, che anzi cinque giorni dopo l' ha gi mutata, e chiede di andare a Loreto; eri al sesto giorno domanda, senza ambagi, che gli si dia licenza per Roma, nell' occasione che il principe andava a Firenze, sdegnato per il mal giuoco che facevano di lui:
O Y. S. si scordato di quello che voleva dirmi o ha mutato proponimento, Prelll\ ma io d'alcune cose BOno ricordevole et in alcune altre costante dunque V. S che mi favorisca con sua Altezza, aeciocch mi dia licenza l'l 1'11'mosna e Cavare in fgrnire il pellegrinaggio, ovvero che scriva al sig. conte Federico Miroglio che mandi le mie robbe, prrch non pu esser di servitio di S. Altezza che io non habb i miei libri e l'altra mia comodit .... :2).

L'insistenza del Tasso produsse..due conseguenze: la prima delle quali si fu che egli conobbe che ancora non era libero n della volont n della persona; l'altra che il Gonzaga se ne indispett vieppiu, e lo lasci in un deplorevole abbandono. E infatti l'uscita dalla prigione, o meglio diremo col Tasso, dallo spedale di S. Anna, non era senza condizioni; Vincenzo Gonzaga aveva promesso al duca ferrarese che lo avrebbe tenuto in Mantova. Quegli riceveva da questo la persona del poeta, il quale venendo a Mantova, non faceva che cambiare la prigione di un galeotto, nella dimora di un mandato a confine. Quanto vi mai di obbrobrioso e di diverso dai nostri costumi, nell' agire di questi principi, che pure non erano malvagi, verso di un uomo il quale non era reo di alcun delitto e che per giunta portava un nome glorioso! L'ira ed il dispetto s' impossessarono dell'animo del Tasso, quando conobbe la sua vera condizione. Al vedersi poco meno che sprezzato alla corte, crudelmente sfumate le rosee speranze di. un vivere lieto, i suoi istinti di vita randagia, non frenati pi da alcuIla considerazione di riguardo, ma stimolati dal suo triste stato, sorsero in lui pi vivi e prepotenti. I suoi rapporti col principe Ili vennero tesi, e con fiducia di ottenerla, si. fece a chiedergli con maggiore insistenza la licenza di andarsene,mentre il verno si av(l) POBTIOLI, bd.

(2) lbd. Lo. lettera diretta a Cesare d'Este.

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vicinava, e vestiva gli abiti d'estate. Il principe gli fece rispondere,conderisione indegna, per il suo barbiere, che se ne era contento, gli concedeva di portarsi a S. Benedetto. E il Tasso il 18 Ottobre gli fece per risposta la seguente lettera, degno frutto del suo animo delicatissimo e addolorato :
Il barbiere di V. Altezza mi ha detto in suo nome cb' io po880 andare a S. Benedetto, se me ne accontento. E se questa dee essere In mia contentezza e la mialibert, non la ricuso, ma la domando maggiore a cbi pu darla o impetrarla. E certo V. Altezza lJU fare l'uno o l'altro, e pu sapere che io mi partii di Ferrara mprovsamente, senza portare meco alcuna delle cose necessarie, (e quali mi devono essere mandate Et hora che viene il verna non vorrei aspettarle invano a S Benedetto. Per la prego che si contenti di concedermi lo spazio di qualche giorno, snch io habbia spediti alcuni negotil, o di farmi libero affatto senza alcun indugio, e le bacio le mani (l).

Ma il Tasso non parti ne per Roma n per S. Benedetto, come da Ferrara non gli vennero n le robe n i libri. Per quel verno quindi gli convenne restare a Mantova, con quale suo contento, possiamo facilmente immaginare. La primavera successiva lo trov ancora ospite dei Gonzaga, e in uno stato ancora peggiore. Col principe sempre in termini poco amorevoli, cogli abiti sucdi e stracciati, e privo di danaro per comperarsene di nuovi. E poich l'Aprile volgeva alla sua fine, e vedeva che nessuno pensava ai casi suoi, il 26 di detto mese si decise di scrivere al principe, e scrisse una lettera dalla quale traspira tutta l'angoscia che turbava il suo animo:
Mantova 26 Aprile 158'7. Ser.- 8ig. e Padron mio Co/endil'. S'io potessi coi miei servigi satisfare a' desideri di V. Altezza, havrei aspettato che le sue gratie prevenssero le mie preghiere, cos in questa occasioue, come han uo fatto nell'altre: ma perch' ili mi conosco imperfettissimo per natura, impeditissimo per fortuna, ed occupatissimo per soverclna importunit degli uomini, ho voluto ridurre a' V. Altpzza in memoria i miei bisogni, stimando ch'altri per avventura non glieli ricordi. Ho bisogno di esser vestto, et non ho tanto credito co' mercanti e co' sartori quanto havrei desiderio di pagare s' bavess danaro. Ma tutti i debiti cii 'io facessi li sarebbon fatti con molto mio dispiacere, Don potendo io pagarl. Frattanto prego V. Altezza che voglia dar cummissione che mi sia dato da vestir per queltasiate, e perdonarmi cosi questo ardimento, con tutti gli altri errori, e le bacio la cortesissima mano (2).

Tutte queste lettere, scritte dalle sue stanze della corte, dipingono al vero le sue strettezze, le sue sofferenze; e ci rivelano quel.
(Il Ibid. (2) IHd.

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le verit che l'ignoranza o l'adulazione ci tenevano nascoste. Ci fanno conoscere in quali condizioni egli siasi realmente trovato in questo periodo importante della sua vita, posteriore a S. Anna. Ora, la descrizione del suo miserando stato non commosse il principe, perch circa un mese dopo egli era ancora sprovvisto di abiti decenti; onde allora rivolse una viva preghiera a Cesare d'Este, che dimorava a Mantova:
Supplicai il Ser.'" sig. Principe di Mantova che non potendomi agevolare il viaggio di Napoli e il negotio col vicer, mi facesse dare da vestire per questa stagione, e forse le commissioni sono state date, ma non sono eseguite (1).

Ma un altro bisogno aveva ancora, che non possedendo la eroce di un quattrino, egli non era in grado di soddisfare. Lo dice lui stesso, nella medesima lettera:
lo mi sento male, et ho bisogno di una purga; prego V. S. che faccia dare commessione a lo speciale del serenissimo signor Principe che mi dia le COlle necessarie, e qualche alberello, et in tal caso rosato et haromatato, per rinfrescarmi.

Ecco quale fu la ospitalit mantovana, ecco la generosa protezione del Gonzaga verso di questo uomo grande ed altrettanto infelice, il quale mentre onorava col suo nome la patria sua, i suoi protettori, gli amici, costoro lo vilipendevano, lo martoriavano in nefandi modi. L'autore della Gerusalemme liberata e degli altri scritti, che lo rendono immortale, era tenuto lacero come un pezzente, bisognoso come un accattone, privo anche di un soldo per potersi prendere un po' di medicina, in una corte ricca e sfarzosa, con un principe matto nello spendere. Sono sprezzate le sue preghiere, ed i suoi bisogni' oggetto di scherno. Possiamo dire . adunque che erano ingiusti i suoi lamenti, e l'indole sua bizzarra l Chi pu chiamarlo in torto se non voleva restare in un luogo che gli procacciava s umilianti amarezze, con un principe che lo lasciava mancare delle cose pi indispensabili al decoro della persona' lo non so se poi abbia avuti abiti e medicina; dalle sue lettere non ne abbiamo alcun cenno, egli per indubitato che il suo spirito non si calm, che continu mesto ed amareggiato pi che mai, cos da perdere anche quella urbanit che fin qui aveva serbata nelle sue querimonie. Fisso nel non voler pi godere le delizie gonzaghesche, stanco di essere il ludibrio dei cortigiani, di tutti, il 7 agosto scrive al principe questa breve ed iraconda lettera, per dirgli che al post.utto egli voleva andarsene:
(l) Ibd.

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lJer.- IigfWf' e padroA mio 011.... lo dimando a V. Altezza grtia di potermene andare e di portarmene una valigia, e prender il silenzio in luogo lIi con... cessione, aspettando migliore occasione di baciarle la mano e di Carie riverenza, in quel modo che sempre ho desiderato. N. S. Iddio lo conservi lungamente. Di Mantova '7 Agosto del 158'7.

Di V. Altezza SerHumillssimo servitore


TORQ.tO TASSO.

(l)

La lettera rivela un profondo risentimento e un gran dispetto. Ma sono vani clamori, ed ire inefficaci. Quelli non erano tempi, n il Tasso era l'uomo capace di prendere delle brusche risoluzioni coi propri superiori. Il povero poeta bravava alla luna. I rapporti tra i servi ed i padroni, tra i piccoli e i grandi erano allora ben diversi di adesso, e le leggi mentre agli uni davano dei singolari privilegi, agli altri imponeva un giogo che se non era quello della schiavit era quello della servit. Se avesse tentata una fuga, i birri del principe )0 avrebbero fermato. E poi dove fuggire, come riuscirvi1 Egli privo anche delle cose pi indispensabili, senza danaro, timido, irresoluto? A dire il vero per la lettera produsse un effetto che, se non era tutto quello che desiderava, era nondimeno qualche cosa; gli fu c-oncesso di andare a Bergamo, dove aveva i parenti e molti amici. N le sue lettere, n altra fonte di informazione ci fanno cnoscere per quale via sia riescito a ci. Part da Mantova nella prima diecina di Agosto, lieto per le accoglienze onorate e festose che parenti ed amici gli preparavano. Vi pass giorni tranquilli in mezzo a continue e svariate dimostrazioni di affetto e di altissima stima, ma furono giorni brevi, perch un inaspettato avvenimento, la morte del duca Guglielmo, e la successione al ducato di VincenZO, lo richiam a Mantova, dove era gi alla fine dello stesso mese. Torn alla corte portando seco il proposito di non rimanervi, rinvigorito forse dagli svaghi di Bergamo dove aveva gustate le delizie della libert e del rispetto. Altre suppliche quindi invia al novello duca suo mecenate, le quali come le precedenti, rimasero inascoltate. Quand' ecco "la fortuna, questa dea capricciosa e a lui nemica accerrima, gli sorride amica, e gli porge insperata occasione di compiere il suo voto ardente di recarsi a Roma. Il principe di Sassuolo, Marco Pio di Savoja, bramoso di avere alla propria corte il Tasso, per mezzo di Ferrante Gonzaga, ne lo richiede al duca mantovano, il quale vi acconsente di buon gra(1) Lettml itUdita. - Archivio Gonzaga.

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do, in quel modo che qualche mese avanti aveva aderito al viaggio di Bergamo. Il Tasso, che vi intravvide la possibilit di liberarsi dai ceppi di Mantova, e di fuggirsene a Roma, accetta l'invito, in apparenza per contentare il principe amico, ma in realt per soddisfare al suo ardente voto. Con questo si spiega la frase usata nella lettera che scrisse al Ghisolfi, abate di S. Benedetto, per avvisarlo del suo prossimo giungere al celebre convento, e chiedervi l'ospitalit per qualche giorno. Vengo disse per un mio viaggio. Non dice n per Sassuolo n per Roma, perch l'uno e l'altro non credeva di dirlo; il primo sarebbe stata una menzogna, il secondo avrebbe svelato inopportunamente il segreto. A.salvarsi dai due scogli, ricorse alla anfibologia. Egli esce finalmente dalle porte di Mantova, dal lato di mezzogiorno, avvolto in lunga pelliccia, montato sopra un ronzino del duca; febbricitante e potremmo anche dire delirante, passa sotto a quell' arco che reggeva il busto del sommo suo maestro Virgilio, rasenta Pietole, la creduta patria di questo, e memore delle grandi fortune da lui avute, quale amaro confronto non avr fatto colle propria sorte! Indi piegando a sud-est s'avvia al chiostro benedettino. Lo accompagna un servo parimenti a cavallo, ma senza provvigioni di vitto e di vestito. Non si sa il giorno della partenza da Mantova, ma probabilmente non sar stato prima del 20 di Ottobre, perch la lettera al Ghisolfi porta la data del 18. E conveniva lasciare un certo spazio di tempo tra il giugnere della lettera e dell' ospite. A S. Benedetto rimane due o tre giorni e vi compie tutte le pratiche religiose, volute dal suo animo ascetico, poscia con viaggio di una sola giornata si reca a Modena e vi giugne la sera del 24. Ospita presso quel vescovo e per una sola notte. Il di seguente, non ostante che fosse domenica, riparte, e invece di prendere la via dell' Appennino a mezzogiorno, infila quella di oriente che lo conduce a Bologna, colla gioia nel cuore della riavuta libert, l'ano sia di una fuga, il timore di una sorpresa; e vi giugne la sera stessa, e perch l'ora era assai tarda va a smontare all' albergo, col servo, suo compagno di viaggio. Era suo intendimento di restare a Bologna qualche giorno, onde ristorarsi dalle fatiche e dalle emozioni di un viaggo precipitato, e per salutarvi i molti amici che vi aveva, primo dei quali era il Costantini. A Bologna poi, citt del papa, confidava di poter dimorare al sicuro da ogni molestia, sia da parte di Mantova che

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Non appena fu giorno, egli SI rec dal Costantini che lo accolse con grande festa e molte espressioni di meraviglia, per vederselo si inaspettatamente comparire davanti. Esso che sapeva, senza dubbio, in quali condizioni il Tasso stava presso i Gonzaga, era ben naturale che fosse preso da stupore perch pi non vi fosse. L' ingenuo poeta, ingannato dalle accoglienze affettuose dell' amico, gli spieg l'arcano, come egli, lungi dall' essersi partito da Mantova colla buona grazia del duca, se ne era fuggito con inganno. Era la prima volta che il segreto esciva dall' animo del poeta, e per sua somma sventura lo confidava non ad amico, quale lo supponeva, ma ad un perverso. E perch non farlo? Onesto e leale come egli era, non sospettava che non lo fosse del pari l'amico suo, e da lui sperando se non aiuto, certo conforto e plauso, gli apri il cuor suo. Crudele destino di questo uomo! che lo mena contro una nuova serie di dolori nel medesimo tempo e per quella stessa via, per cui da altri lo liberava. E a I3010gna dove principiava la sua pace, e da quell' amico che voleva unico partecipe della sua nuova felicit, contro il diritto delle genti e i doveri pi sacrosanti dell' ospitalit, si ordiscono le prime trame di un disumano disegno, che, se fosse riuscito, avrebbe fatto inorridire il mondo, e gettato il poeta in condizioni morali e fisiche ben peggiori di quelle ereditate a S. Anna. Ogni uomo onesto si sarebbe sentito onorato della schietta confidenza del Tasso, ed avrebbe saputo quale via, quali doveri gli comandava. Ma il Costantini in quell'occasione se ne dimentic; non valsero, n i meriti dell' uomo, n le patite ingiurie, n il suo stato compassionevole a salvarlo dalla sua perfidia; temendo forse di inimicarsi i duchi di Ferrara e Mantova, ma, senza forse, conscio che la fortuna gli porgeva una ben singolare occasione di ingraziarseli, non si perito di avvisarne quest' ultimo, non solo, ma varcando anche i limiti delle ordinarie perversit, gli propose di ricondurre lui stesso il fuggiasco alla abbandonata prigione, in qualunque modo, buono o cattivo, di consenso o contro il volere suo. Fa orrore r infame tradimento, ma ancora pi l'infame proposta del perfido romagnolo; la quale, concepita a Bologna all'ombra di quella ospitalit che anche i selvaggi rispettano, colle apparenze della pi cordiale amicizia e del pi verace ossequio, proseguita a Roma coll' audacia del sicario, se non ebbe compimento non fu gi per mancanza di zelo negli attori, bensi per la sospet-

di Ferrara.

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~70

tosa diffidenza del Tasso, e per il volere del papa Sisto V, il quale resone edotto fece cacciare gli sgherri, e concesse al poeta la sua protezione. Il Costantini adunque, come seppe dal Tasso e la sua fuga ed il proposito di recarsi a Roma, pens al modo di impedirgli il cammino e di farlo tornare indietro. Ed il piano nella sua mente fu presto fatto. Rendere consapevole il Gonzaga della fuga, fargli le sue proposte ed attenderne gli ordini opportuni. Ma sicome, tra l'andare ,delle lettere da Bologna a Mantova, e da Mantova a Bologna occorrevano parecchi giorni, e intanto il Tasso poteva andarsene e cos frustrare tutti i suoi disegni, avvis alla maniera di trattenerlo a Bologna, per tutto il tempo necessario. Consapevole dell'indole sua piuttosto vana, credette di riescil'vi col renderlo oggetto di inviti, di onoranze straordinarie. Organizz quindi tutte quelle dimostrazioni per parte dei letterati bolognesi, che sono ricordate a vanto della dotta e gentile Bologna, e credo anche che siano, perch non posso supporre che quelle distinte persone, schiette et! entusiastiche ammiratrici dell' immortale cantore della Gerusalemme Liberata, fossero a parte delle macchinazioni del loro compatriotta, ma che le ignorassero affatto. per vero che il Costantini si serv e della loro naturale cortesia, e nel loro amore al Tasso per eseguire il suo progetto. I regali di provvigioni e di ghiottonerie, delle quali si sapeva che il Tasso era avido, furono molti; gli inviti a pranzi ed a geniali ritrovi e feste, moltissimi. La fu una gara viva e nobilissima di onorare l' uomo, vittima di tanti infortuni. Ma il Tasso ne ricevette una impressione assai diversa da quella che si impromettevano, ciascuno per il proprio fine, e i dotti bolognesi ed il Costantini. Non gli .pacquero, se ne annoi, cos da farne lamento col vescovo di Modena e con altri. Gli sembrarono esagerate e lo misero in sospetto di cosa, che egli stesso non seppe indovinare. Non perdette quindi il suo tempo; il giorno dopo il suo arrivo, in luned, scrisse al Papio ed al cardinale Lauro per avvisarli della sua presenza in Bologna, e del suo 'prossimo arrivo a Roma. Il marted seguente poi, dopo mezzogiorno, licenziato il servo mantovano, perch se ne ritornasse a casa, si scioglie bruscamente dai 'dolci lacci bolognesi; resistendo alle preghiere degli amici e del Costantini, e questi e quelli lasciando malcontenti, monta a cavallo e parte da Bologna. Il Costantini non per questo abbandon il suo divisamento. Il

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giorno dopo la partenza del Tasso, scrisse al duca Gonzaga, la seguente lettera che riporto per intero come quella che la base di tutto il dramma:
&r."'" lignore e padron mio colend...... lo sono stato e Bar finch io viva devotissimo servitore di V. A. Ser."", e se la devotione mia et desiderio di spendere la vita isteRaa in servit di lei, sin hora non l' stato noto, stato col pa di fortuna e non di volont. Hora In questa occasione dell'arrivo qua del s. Tasso ~t de la sun subita partenza per Roma, mi parso di far quello che a dlvoto, vero e fedeI servitore si richiede, cio di darle conto di tutto, acci essendo questo viaggiodel s, Tasso piuttosto per fuga che con buona gratia e licenza di V. A., ella possa (are, ordinare e comandare qU1'1 che le parr. Egli capit qui domenica a sera molto tardi, et non ebbe tempo di venirm li trovare se non il luned mattina, che venne a trovarmi a bonsslma hora, qual visto lo raccolsi come meritava la sua virt e come far sempre a tutti quelli che 80 che dipendono dalla A. V. Alloggi meco il luned, et per quanti sforzi io facessi e quante diligenze nsassi insieme con molti gentilhuomeni, noi potei ritenere, che hierl doppo desinare non partisse de qui; e vedendo io la sua fretta et il Iicentinre di un uomo mantovano che era seeo, mi fece pi sospettare anzi credo per (ermo che egli se Ile sia fuggito per andare aggirando dove lo guida il suo humore. Si laacia intendere di volere andare a Napoli e poi in Spagna, s\ che V. A. pu rimedare et tagliargli la strada agevolmente, quando questa andata di lui non , comeho detto, con sua licentia; et se ella vorr che io stesso gli vada dietro et lo rimeni fino cost, ubbidir ad ogni suo commandamento, con quella proutaza che mestieri. Intanto con ogni debita humilt et riverentia bacio a la A. Y. le mani.

Di Bologna, il 28 Ottobre drl 1587.

D V. A. Ser.... numil. ma Ser."


ANTONIO COSTANTINI.

(l)

Questa lettera conferma chiaramente quanto dissi degli intendimenti del suo autore, e degli scopi delle onoranze al Tasso. Non OCCOrrono quindi commenti. Ora resta a vedersi quale accoglienza far il Gonzaga alle proposte che gli vengono fatte. Il caso era grave e delicato, era. per urgente il prendere una risoluzione qualora si volesse raggiugnere il fuggitivo. E infatti il Duca, lui stesso scrisse al Costantini la seguente breve lettera:
Hageo Arnco car.... Mi dispacluto l'avviso che mi havete dato della fuga dal TUlIO. Sicome mi piace l'oiferta che mi (ate d'andarlo a fermare per ricondurcelo In qua, il che vi prego a voler fare, sicuro che ne ricever piacer grande ella spesa che (arete per questo conto, vi sar subito fatta rimborsare da mc. IntantoDio vi contenti. Di Mantova l'ultimo di Ottobre 1587 - per far.vl piacere.
A Hl.
ANTONIO COSTANTINI.

IL DUCA

DI MANTOVA.

(l) Arclil1o Gonzaga. - Questi e tutti i documenti che seguono sono nell'Archivio storico Gonzaga di Mantova.

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Non vi pi dubbio adunque. - Il duca accetta le proposte del Costantini. Le anime gentili potevano lusingarsi che il Gonzaga le avrebbe respinte con isdegno perch obbrobrio se, per tutte quelle ragioni che noi assai facilmente possiamo immaginare; ora il disinganno completo, ed lo stesso Gonzaga che direttamente se ne incarica. Perch non sorga alcuna esitazione sull' ordine e sulla sua esecuzione, ha voluto rispondere lui alla lettera del Costantini, tanto la cosa gli premeva e risoluta era la sua volont. Ma, chiediamoci, cosa fecero in questa circostanza Marcello Donati, Cesare Riva, Angelo Grillo, tutti amici del Tasso? Si provarono a dissuadere il duca da questa novella persecuzione? Lo consigliarono a miti propositi, a benevoli sentimenti? Noi non lo sappiamo, perch i documenti non ci dicono nulla di ci. Che se pure qualche cosa vogliamo dedurre da essi, si che tutti i consiglieri ducali furono zelanti esecutori degli ordini del loro padrone, e che lo stesso Marcello Donati fu il pi attivo di tutti, poich tutte le lettere che partono da Mantova contro il Tasso sono fattura sua. Non un generoso fuvvi quindi che alzasse la voce e prendesse le difese del debole perseguitato. Il puntiglio che nelle umane deliberazioni ha tanta parte, avr, siamo sicuri, esercitato una grande influenza sull' animo del duca per indurlo ad accogliere i suggerimenti del Costantini. Egli avr provato non piccolo dispetto di essere burlato da un semplice mortale, e per giunta da quello che, nel suo parere, aveva assai beneficato. Avr anche pensato alla meschina figura che faceva cogli altri principi e specialmente con quello di Ferrara, dal quale aveva in consegna la persona del Tasso. Vi era nell' insieme del serio e del ridicolo; e questo non lo vogliono nemmeno i folli del grado di Vincenzo I Gonzaga duca di Mantova. Frattanto il nostro peregrino, che aveva lasciata la citt dei dotti al dopo mezzogiorno del 28 Ottobre, in marted, colla sola compagnia dell' animale che cavalcava, e di una grande prostrazione d'animo, per dirlo coi versi dell' Ariosto
DI piano in monte e di campagna in lido Pieno di travaglio e d dolor ne gia

lungo la grande strada Emilia. Passa Imola, Faenza, Forli, Cesena, Rimini e con viaggio, se non precipitoso, affrettato, in due soli giorni arriva a Fano, e quivi smontato da cavallo, e dando un requie al corpo affaticato, scrisse, il 29, una lunga e commoventissima lettera al suo amico in Roma Scipione Gonzaga, per la quale

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mentre lo prega di accoglierlo nel suo stesso palazzo, con animo vero di vate presagisce la nuova persecuzione che sta. per piombargli adosso:
Hora sono cosi vicino a Loreto, che nuno dovrebbe impedirmi ch'io non ,lsitaslli quella sontuosissima chiesa,sicch potr adempiere il voto com'Io baveva deliberato. Nondimeno mi par di vedere et udire molti rumori, quasi urli e tuoni per l'aria che minacciano crudelissima tempesta. Passer nondimeno oltre, pregando Iddio che mi Caccia gratia di J,>assar pacificamente, perch' io di nluna COlla homaggior desiderio che di quiete. Ma s'altro avvenisse, t'OBBe almeno Il tempo de'cavalieri erranti, ch' al cavallero non era impedito il passo se non da un sol cavallero .... Almeno mi dovrebbe assicurar l'habito, il quale tutto pacifico, pereh'Iocavalco con una pelliccia lunga sino al piedi, e con un mantello d'egual grandezza (1).

Doveva essere certamente singolare l'aspetto di questo cavaliero! Avvolto da capo a piedi in lunghi e larghi panni, con una figura maestosa, composta a grande dignit, da solo, sopra un cavallo che non sar stato certamente n un bajardo, n un frontino, ma una bestia di mansuetudine pari a quella di colui che portava sul dorso. Egli invocava a proprie difese, i principi della cavalleria errante, e per vero in questa sua trista condizione, e con quegli nomini che si erano assunta una cosi crudele impresa contro lui, con animi feroci tanto da non commuoversi a piet dei suoi mali e dei suoi infortuni, non poteva certamente fare appello n a nobili sentimenti, n a quei diritti che possedeva come uomo, e che non essendo un malfattore era dovere di tutti di rispettare. La cavalleria errante poi non esisteva pi, le sue leggi erano morte, e per giunta, i suoi nemici non erano nemmanco cavalieri. Egli aveva da che fare con gente facinorosa, che non portava alcun rispetto n al suo abito pacifico n al suo nome glorioso e ovunque riverito, e che, qualora l'avesse raggiunto, non avrebbe esitato ad afferrarlo come un delinquente, e legargli mani e piedi, giacch questo era quello che si proponeva, per ricondurlo a Mantova. Frattanto egli affrettava il passo pi che gli era possibile per giungere prestamente a Roma, perch col soltanto pensava di essere al sicuro di ogni violenza o sopraffazione. Visitato il santuario di Loreto, onde adempiervi il voto ardente fatto dal suo animo religioso, forse fino da quando era a S. Anna, prosegue il cammino alla volta della eterna citt, e vi giugne il 4 di Novembre, alla sera
(1) .J.rckivio Gonzaga. Questa lettera Cu publicata dal can. W. Braghirolll per nozze Cavrian.

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del gioved, e va a smontare alla casa del suo amico, il patriarca Gonzaga. dal quale si ebbe accoglienze festose e cordiali. Ma intanto il Costantini che, dal duca Vincenzo, aveva avuto l'ordine di inseguirlo e di ricondurlo a Mantova, dal momento che non era riescito a trattenerlo in Bologna, fece lestamente i preparativi del viaggio, onde corrergli dietro, raggiungerlo, se era possibile e come sperava, lungo la via, e costringerlo al ritorno. La lettera del duca egli la ricevette al tre di Novembre, ed, il quattro mont a cavallo per la sua nobile missione, vale a dire il giorno stesso nel quale il Tasso arrivava a Roma. E questa volta proprio la fu una gran fortuna che la lepre corresse pi del cane, perch altrimenti il Costantini avrebbe commesso tale un' atto, per il quale ne sarebbe venuta maggiore onta a lui ed al nome italiano. Cosi non rimane che il disonore di averlo tentato. Avanti pero di porsi in cammino, cosi scrisse al duca Gonzaga:
Sermo signore e padron mio colmo Hieri mattina ricevei la lettera di V. A. et lo hoggi monter a cavallo per andare ad eseguire il suo commandamento, et di mano in mano li dar conto di quello seguir, aci se in alcuna cosa biaognasse il caldo della autorit di V. A. Berma, ella possa sovvenire. Intanto humilmente le faccio riverenza, prcgnndole dalla Maest dvnn ogni maggiore felicit. Di Bologna il 4 Novembre 1587. Di V. A. Ber.ma Def'ot."1J et kumiii ,erf'itore
ANTONIO COSTANTINI.

Il duca di Mantova non si accontent della missione data al Costantini; egli, divinando il vero, snppose che il fuggitivo, recandosi a Roma, si sarebbe rifugiato presso il patriarca di Gerusalemme; lo volle quindi avvisare dell'accaduto e ingiugnergli di farlo tornare a Mantova, e per mezzo del suo castellano Cesare Riva, gli fece scrivere questa lettera singolare:
Illmo s. Patriarca Gonzaga. S. A. ha inteso che il Tasso ha presa la fuga da Bologna, per venire forse cost, et pereh le pesa molto che se ne sia partito in questa maniera, mi ha comesso che io scriva a V. S. Illma pregandolo Insieme della A. S. sicomo faccio, a voler stare sull'avviso dell'arrivo d'l'8IlO s. Tasso, et capitando si contenti di rlnviarlo in qu, et COli il s. Marco, ovveramente con messo espresso, che il conduca, sicuro che l'A. S. ricever in ci da V. S l. grandissima soddisfatione, et trattante le bacio humilmente le mani, pregandole ogni dono di felicit. Di Mantova Il primo di Novembre 1587.

Il doloroso dramma sta per cominciare; tutti i personaggi si affrettano a prendere il loro posto, e noi vedremo svolgersi l'azione colla stessa parola degli attori. Sono essi che ci raccontano i loro intendimenti, le loro gesta, gli stratagemmi messi in campo, uno

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dopo l'altro, tutte le loro malizie. Non vi pu essere quindi dubbio alcuno'sulla verit del fatto anche nei suoi particolari, e noi, ora che stiamo per essere spettatori della scena, l'animo nostro avr a provare una grandissima piet verso il grande ed infelice uomo, il quale a sua insaputa, e senza che poi lo venisse a conoscere esattamente, vi rappresenta la parte di protagonista. Siamo adunque a questo punto: il Tasso che, fuggendo dalla corte dei Gonzaga, presago della bufera che sta per avvolgerlo, come il polipo del mare che attaccato allo scoglio, presente la vicinanza dell' uccello rapace e si getta in acqua, egli ripara a Roma nella casa del suo amico, il patriarca di Gerusalemme, come in luogo di salvezza; il duca di Mantpva furioso, che d ordini a diritta ed a manca per riavere il fuggiasco; il patriarca che lo ospita comandato di rimandarlo ; il Costantini che corre a Roma per tentare ogni via ed ogni mezzo per compiacere il duca Gonzaga. Come parti secondarie vi entrarono i mantovani pi distinti che dimoravano in Roma, il governatore pontificio della citt, l'ambasciatore del granduca di Toscana, il cardinale Albani e per ultimo anche lo stesso papa, che era il rinomato Sisto V. Il patriarca di Gerusalemme era uomo leale e sincero amico del Tasso..e questi anche gli professava una illimitata fiducia e ne prova l'avere cercato asilo nella sua casa. Non era possibile quindi che questo Gonzaga commettesse un atto indegno dei doveri ospitali, anche contro il volere del duca, come infatti accadde. La lettera che abbiamo riferita, e per la quale gli era ingiunto di rinviare l'ospite suo, gli viene consegnata dal corriere ordinario, il giorno dopo l'arrivo del Tasso, il 6 Novembre. Nel giorno seguente egli vi fa questa risposta, dalla quale si conosce quanta piet gli abbia inspirato il misero stato del poeta:
flllltre ligllor mio hrio. La lettera di V. S., col comandamento di S. A., miha liberato da un grandissimo travaglio, ma postomi in un altro poco minore, Il primotravaglio era che,essendo il Tasso capitato qui gioved sera, il di innanzi chearrivasse l'ebdomadario, smontato per antica usanza in questa casa, io mi trova! tutto confuso e dubbioso di quel che io dovessi fare, perch subito mi cadde in pensiero che egli COIlII6 fuggito; et ricever lo persona che con simil atto Bi lO88e renduta poco grata a S. A. non mi pareva in modo niuno conveniente lilla mia divotisslma servit verso di lei; d'altro canto non constandomi ancora. della verit, et mosso insieme a compassione della sua miseria, perch egli capit BeIIZa servitore et senza altri panni che una pelliccia, mi risolsi di tol1erarlo, f1nch dalle lettere di Mantova, io comprendessi meglio i! fatto; n restai frattanto dicomunicare questo mio sospetto col s. Camillo Strozzi, come agente di S. A., etdi chiedere il consiglio et aiuto suo per levarlo di qu, caso cae io ntendeaa

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lui essere partito con mala gratla et 118nZ9. licenza di B. A. Rora di questo traTaglo mi ha llberato Interamente la lettera di V. B. pereb, per eesa, I&pendo \o Il fatto, non ho pi dubbio di quel che mi convenga di Care. Ma l'altro in che la med~ima m'ha posto, che S. A. comanda, che lo invii Il suddetto T8880 Indietro a Mantova, con l'occasione del s. Marco de Pii, o con homo espresso che Il conduca, et io per molto che, da hlerl sera che capitarono le lettere in qll, v'abbia pensato sopra, non trovo modo sicuro da eseguire il commandamento, se gi non fosse per la via della forza, la quale lo non oserei sanza ordine espre.a. La causa delle difficolt che gi il s. Marco partito di tre o quattro d, et il dar io il Tasso ad uno che '1 conduca, son pi che certo che non gioverebbe a nulla, perch havendo io gi compreso, dalli suoi ragionamenti, che egli risulutissimo dI non tornar di buona volont a Mantova, almeno fino a tanto che egli non habbia dato fine a certi suoi humori neri, veggo troppo bene ohe ogli scapperebbe dalle mani di questi tali, anzi non mi asaleuro che, al primo annunzio del dover tornare, egli non si mettesse subfto in fuga, il che facendo, siccome potrebbe esser sua ultima ruina, cosi non sarebbe servitio di S. A. Come debito mio, nel miglior modo cbe per me si pu, bo pensato non poter far altro che avisar V. S. di questa difficolt et aspettare ordine pi particolare del modo che io ho a tenere in mandarlo, trattenendo lui fra tanto quanto pi potr, senza sospetto, acclocch non si dia di nuovo in gambe. A me par difficlli88imo, per non dir quasi mpoesiblle, che un solo il conduca, se gi quello non tale per autorit o per forza che egli tema di contravvenire agII ordini suoi. Pure S. A. deliberer, secondo la sua prudenza, e tutto quello che comander, sar da me eseguito senza oiuna replica o dllatione. Intanto mando a V. S. per suo trattenimento una lettera che il medesimo Tasso venendo, mi scrisse da Fano, ma ella non mi capitata se non questa sera et da quella V. S. comprender In parte i suoi humori, s\ ben veramente nello parole egli ha mostrata assai maggior risolutione; l'Jstesso ha scritto boggi a S. A. et io mando volentieri, in man di V. S. la sua lettera, aecloccb da quella si possa pigliar pi ferma deliberaziono a'cas suoi, degni certo di piet per pi cause, ma principalmente per non conoscer etIllO l' bonore e 'I comodo cho gli viene dalla benigna prottezione di s\ gran principe. Et in questo rest.andomi, bacio a V. S. senza fiue le mani. Di Roma a 7 di Novembre 1587. Di V. S. miiia
ScII'IONE Patriarca di Genua1eflufte

All'l/l'W; 8ig. Mio hon.... il 8.


CESARE RIVA Caltellano di MautofJa

a MantOfJa.

La lettera scritta con arte fnssima, e per intenderla conviene sapere alcune circostanze. Intanto al Patriarca, nella sua posizione di subordinato, non era possibile il disobbedire agli ordini del capo regnante della casa; ci era voluto dalle norme che regolano fra loro i rapporti delle famiglie sovrane. D'altronde egli era gi in termini poco buoni col duca, e un rifiuto di accontentarlo gli avrebbe tirato addosso la sua completa disgrazia, la quale, in quei giorni, nei quali stava per essere nominato cardinale, gli avrebbe fatto perdere l'alto onore del rosso capello. J1all' altra

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parte non voleva essere causa di nuovi guai al Tasso, non voleva,
anche colle sole apparenze, mancare ai doveri ospitali. E giacch con tanta fiducia si era ricoverato nella sua casa, era ben risoluto di tenervelo. E per questo scrisse a Mantova il di lui triste stato, le sue idee, i suoi umori neri, che ancora non conosceva l'onore ed il comodo che gli venivano dalla dimora presso un s\ gran principe; ma pur troppo questo lo conosceva assai bene. Scrisse della sua fermissima volont di non tornare a Mantova, e come la sola violenza poteva ricondurlo. E per avvalorare meglio tutte queste ragioni, manda a Mantova anche la lettera di Fano, la quale per tale modo trovasi nel nostro Archivio, soggiungendo che nelle parole aveM mostrato una assai maggior risolutione che per

iscritto.
E tanto era ferma la sua risoluzione di fermarsi a Roma, che scrisse la sera stessa del suo arrivo al duca Vincenzo, per avere i libri e le altre cose sue che aveva lasciate a Mantova, ed anche al Pendasio in Bologna, la seguente lettera:
MoUo Bcc. re s: mio 011.- Dopo la mia venuta a Roma, de la quale BOno atate molte le cagioni e poche le comodit, io bo scritto al Sig. Duca di Mantova pregando S. Altezia che si contenti di restituirmi i miei libri, la maggior parte deiquali sono in due casse cbiuse, alcuni nltri pochi in una aperta, con altre mie robbe, I quali si potranno accomodare In un fardello di tela et porlo sona le caae e farlo portare a Bologna. Prego V. S. che si voglia prendere questa cura, per la quale lo lo rimarr obbligatissimo, o almeno fare officio che siano consegnati a chi li chieder in mio nome. La dimanda tanto giusta che non ha bsogno di tante preghiere, e la cortesia di V. S. le dovrebbe stimar soverchle se bl&ero aecessarle. Per aspetter di essere tosto compaciuto per sua Intercessione e le bacio le mani. Da Roma il l> di Novembre del 1587.

Ser.... 0.//.TORQuATO TASSO

Al Molto Ecc." Sig. mio 0.//.l/Sig. FBDERICO PEl'lDASIO in Bologna.

(ll

Ma alla suddetta prima lettera del Patriarca, del f Novembre, conveniva fare una pronta risposta, per molte ragioni, fra le quali quella di avvertirlo della missione affidata al Costantini e del suo imminente giugnere in R~ma. E la risposta fu fatta l' f 1 con questa signifir.antissima lettera:
d M: III. Patriarca. Il B. Coslantini fu quegli che da Bologna avvis S. A. della ruga che il Tasso si havea presa verso cotesta citt, offerendosl, so ella neslecosI comandato, di seguitarlo e ricondurlo, c che S. A. rispose che non
(1) Lettera inedita il di cui autografo dall' Archivio di Manrova passQ quello di 'lilano.
l\

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solamente sI contentava, ma l'avrebbe ricevuto In molto piacere, pregandolo Id avviarsi, che subito gli avrebbe fatto rimborsare il danaro speso, et sarebbe faci! cosa che di gi esso Costantini fosse A'iunto costi per questo elfetto. Onde s.. A. S. mi ha commesso che io scriva a V. S. III.... che se egli non comparso, essa 6 contenti di rinviar l'SSQ Tasso In cnroccia, sotto la custodia di uno, due, o tre, 80 tanti turanno di bisogno; cile far. prontamente pagare ogn! spesa. Et in caro che detto s. Costantinl sia comparso, S. A. prega V. 8. III.... a voleelo eons"liaro et njutare, nffnch detto Tasso sia quanto prima rlcondotto in qu,siccome l'A. S. desidera, con che a v. S. lIl .... bacio le mani bumilmente, pregandole ogni felicit. Di Mantova alli 11 di Novembre 1587.

Ma in questo il Costantini giugne a Roma e tosto va ad abboccarsi col Patriarca, al quale fa conoscere l'incarico che tiene dal duca di Mantova. Si presenta allo Strozzi e agli altri mantovani di conto che vi dimoravano, e con loro si accorda intorno al piano strategico per ricondurre il Tasso a Mantova. Parla anche col Tasso, e dopo di essersi persuaso che di buona volont non si sarebbe mai piegato ai voleri del duca, si risolve di mettere mano agli espedienti per riescirvi ad ogni modo. Il Patriarca intanto scrive a Mantova di nuovo le sue impressioni:
III.' S. mio hon.... Non dubito che S. A. avr accettato in buona parte quanto lo scrissi a V. S. con l'ordinario passato, in materia del rimaqdar cost il Tasso, poch dalla venuta del gentlhuomo che ella mandato per ricoudurlo, veggo esser caduto nella A. S. il medesimo pensiero, che non bastasse a questo ufficio qualsvogla persona. La qual cosa io confesso essermi stata di incredibil soddisfatlone, per quel dubo che io havea di servir bene a S. A. in questa occorrenza. Et che il mio dubio non sia stato irragionevole, il dimostra questo stCS80 che venuto, il quale diffida con tutta I'amcitia che tiene col Tasso di poterlo indurre Il pigliare Il suo cammino di Lombardia, so non s' Biuta con qualche inganno, piacevole per. Questo adunque si attende a ordire, per poter poi con tal meuo mettere In esecutone il commandameuto di S. A. et a far a lui quel beneficio che egli pure ancora non interamente conosce. Et in frattanto bacio a V. S. di tutto cuore le mani. Di Roma a 14 Novembre 158'7. Di V. S. III.... Ser, SCIPIONE Patriarca tIi GerrualefllMl
All' 111.' S. et hon.... il 8. CESARE RIV A Caltellano d1 MafdOfJa, Mantova.

Il gentiluomo di cui annuncia l'arrivo in Roma, era il Costantini, ed il Patriarca ha tutte le ragioni di compiacersene, perch e'gli veniva a restare cos in seconda linea nei maneggi e nei disegni che si facevano contro il Tasso, disegni che egli stesso accenna al duca. La responsabilit di tutto quanto stava per accadere gravava per intero sul Costantini, l'autore ed esecutore degli intrighi. Il patriarca che dice al duca, che sar necessario di aiutarsi con qualche inganno, si affretta a soggiungere, piacevole per, e noi vedremo quanto in ci avr ragione.

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Ora appunto il Costantini ne ha escogitata una serie di questi inganni, i quali, se potevansi dire piacevoli in se stessi, non lo era di certo quello che si traevano addietro come conseguenza. Tutta l'arte del Costantin consisteva nel tirare il Tasso a Firenze, oppure anche solo fuori delle porte di Roma, perch una volta che vi fosse riuscito, vi dovevano essere pronti degli uomini risoluti, i quali avrebbero afferrato il misero poeta e, a viva forza, posto in una lettiga, e cosi per lunghi giorni l'avrebbero tratto per aspro cammino, in una rigida stagione, a godersi ancora la graziosa protezione del duca di Mantova. La cosa, senza dubbio, parrebhe incredibile, se non fosse il medesimo Costantini che ce la narrasse. Pertanto il primo stratagemma usato fu questo: il Costantin si fa attorno al Tasso, gli parla di Genova, dell'altissima stima in cui tenuto da quella Accademia, delle feste che vi riceverebbe se mai, come in passato, pensasse, ora che era libero della persona e della volont, ad andarvi; egli ne lo avrebbe accompagnato di buon grado. E con tutti quegli argomenti che egli sapeva bene adoperare e che conosceva essere graditi alla vanit sua, cerca di invogliarlo al viaggio. E parendogli che i suoi argomenti facessero buona impressione, trae fuori una lettera falsa, come che l'avesse scritta l' Accademia genovese, al Tasso, colla quale lo invitava ad onorarla con una sua visita. Egli confidava questa volta che cosi lo avrebbe fatto venire fino a Firenze, dove gli ordini ducali lo dovevano attendere per farlo tradurre poi a Mantova. lo stesso Costautini che tanto ci apprende in una con altri particolari, con questa lettera che egli scrisse al duca, il 14 Novembre:

&1';;;0 Ilgnore e Padre mio Culmo, III effetto corre pi forte chi fugge che quello che tieue addietro. Non stato possibile, con tutta la diligenza usata, poter
arrivare il Ta3S0 per cammino, essendo cgli giunto a Roma prima di me, dove l'ho trovato subito al mio arrivo, et in loco appunto dove mi era immaginato, cio col Il. Patriarca di Gerusalemme, al quale ho esposta lo. volont di V, S. e l'ordine datomi a ci egli ajuti questo negotio quanto potr. Egli mi ha risposto che di gil per parto di V. A. gliene aveva scritto il castellano Olivo (L), e che perei farebbe ogni possibile sforzo, affnch si mandi indietro quest'huomo, ma che si conosce grandissima difficolt, anzi dubita che bisogner usar violenza, se non riusciranno alcuni disegni, c' habbamo fatto insieme. lo ho detto al Tasso che voglio menar-lo a Genova, dove l'invita di lIUOVO quella Accademia, e per meglio darglelo ad intendere, gli ho presentato una lettera finta, perch, levandolo di Roma, e conducendolo sino a Flrense almeno, si pu dire che sia poi a Mantova, dando l'A, V, ordi~Je che col sia ritenuto quando capiter, e se questo

(l) \'qol dire Cesare Rivu,

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non riesclr, bisogner qualche altro stratagemma, ovvero rleondurlo a fol'll, perch altrimenti non possibile mal, non volendo egli pur sentire a nomioare n Ferrara, n Mantova. Ma il venire alla violenza non ai far senza llllPrelllO comandamento di V.A., che, se cosi vorr, si far con quella maggiore destrezza e con manco streplti che sia posablle, mettendolo in una lettica, o come meglio si giudicher, star aspettando quello che piacer a V. A. di comandar; intanto non perder tempo In vedere se io possa con inganni, con lusinghe, con speranee, con promesse, con altro artificio rimoverlo; il che seguendo ne dar ragguaglio minutamente a lei, che per fine riverentemente inchino, e le prego il colmo di ogni vero contento. DI Roma il 14 Novembre 1581. Di V. A. Sar.Der:oti".- et 1lIlfJIil.- Ser."
ANTONIO COSTANTINI.

Al Ber- Sig." e Fro. mio colend - il Sig. DUCA DI MANTOVA.

Da queste lettere il Duca avr capito che il ritorno del Tasso non era cosa n facile n pronta, e che egli si era assunto un'impresa tale, che se il suo orgoglio non gli permetteva di riconoscere che era iniqua, la ragione doveva persuaderlo che era stolta. Se avesse avuto il senno comune avrebbero bastato a farlo desistere da ogni ulteriore tentativo; poich, dal momento che il Tasso non n acconsentiva di buona volont, non restava che la forza, come gli dicevano e suo cugino il Patriarca, e il Costantin, vale a dire, tentare un ratto. Ma questo era, per non dir altro, una follia! C0me poteva riuscire in Roma, in uno stato straniero, nella capitale e sotto gli occhi dello stesso suo sovrano? Come mai questi lo avrebbe tollerato? Non era desso contrario a tutti i diritti delle genti? Perci il Costantini mirava a fare andare il Tasso fuori delle porte, e quivi doveva succedere la scena, onde non farla accadere in Roma, dove i pericoli erano molti ed insuperabili. Ma il supposto invito della Accademia di Genova, per quanto fosse conforme all' indole del Tasso e abilmente architettato, non lo persuase; risoluto di non muoversi da Roma, lo respinse recisamente, senza per che pure sospettasse che era un inganno. Allora al Costantini fu mestieri di escogitarne un altro, e fece anche presto a trovarlo. Di questi giorni era accaduta la morte di Francesco Maria de' Medici, granduca di Toscana, e gli era succeduto il fratello suo Ferdinando, il cardinale. Questo avvenimento parve al Costantini che gli fosse propizio per ordire il secondo inganno, e difatto ne approfitt. Anche qui simul degli inviti per il Tasso, e questa volta non venivano da una povera Accademia, bens dalla Corte di Firenze.

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Si presenta quindi a lui, gli fa conoscere gli inviti, l' onore che gliene viene, la sua fama che si accresce, le speranze che pu avere di assestare i suoi affari mediante la protezione del novello Granduca. E tanta fu l'arte del traditore, che il povero Tasso ne rimase persuaso. Ma per impedire un pentimento, per tenerlo fermo nel suo proposito, tira in baUo anche l' ambasciatore toscano in Roma, e gli fa prendere parte all' intrigo. Questo ambasciatore adunque, va anche lui dal Tasso, gli conferma gli inviti che gli aveva presentati il Costantini, gli dice che il nuovo Granduca lo \1101e presente ai funerali del morto ed alla sua coronazione, perch co'suoi versi immortali renda eterni e l'uno e l'altro avvenimento. Non questo il luogo per rilevare quanto indecorosa sia la condotta di un ambasciatore, che si presta ad essere strumento a simili furfanterie; giova proseguire nel racconto. La finzione riesce completamente. L'animo leale e gentile del Tasso se ne persuade, acconsente di andare a Firenze col Costantini, il quale canta gi l'inno della vittoria, e scrive baldanzoso al Duca di inviare persone di sua fiducia in Firenze, a ricevervi la pecora smarrita. Si prendono tutti i provvedimenti necessari per il viaggio, abiti, casse, cavalcature ; e resta fissata per la partenza la mattina del gioved i9 Novembre. Il Tasso contento, di buon umore, vagheggia nella sua mente le feste di Firenze, e con queste ridenti lusinghe la sera del mercoled l'un l'altro si lasciano per rivedersi la mattina seguente e mettersi in viaggio. Ed ecco come ne scrisse al Duca:
~o1ta di

sffliio .ig .... e padron mio colend.... Domattina, piacendo a Dio, mi invio alla Firenze con il s. Tasso, quale ho disposto con bello inganno a venire lino l, havendo finto che il ser. mo Granduca lo inviti per volersene servire in

fargli Care una qualche composizione per l'esequie del Granduca morto, e per lacoronatione del successore; et acci esso Tasso lo credesse facilmente, il sig. Patriarca ha pregato il s:" Ambasciatore di Firenze, che lo inviti per parte del Ber.- Grandnca, e cos si fatto e la cosa riuscita sin hora molto leggiadramente. Potr V. A. Ser.... mandare uno dei suoi fino a Firenze, che nel nostro unTO sia pronto quvi, mostrando di essere mandato da V. A. a pregare il Grandoca, che, capitando il Tasso, lo consegni a lui, per ricondurlo a Mantova, poieh ne partito senza licenza di Let, et insieme scrivere al Granduca che ajuti a rieoprlrel'inganno, con mostrare al Tasso, che l'invito fosse vero, ma che non JlOSL trattenerlo, perch l'A. V. Ser. ma lo vuole. Con che faccio fine e prego il s." Dio che dia a V. A. Ser.... tutta quella felicit che io suo' devotissimo Ser." le deIidero. Di Roma 18 Novembre 1587. Di V. A. S.... Def)oti88. et lIumiliss. SeI'"
ANTONIO CoSTANTINI

~l ~." 8igfl()f' e

Pron mio Col.-

l18.

DUCA DI MANTOVA.

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Quanto studio, quant' arte per fare una cattiva azione! Anthe il Granduca di Toscana doveva immischiarsene e farvi una brutta parte. Intanto, secondo l'accOI'do della sera, il Costantini si reca di buon' ora al palazzo del Patriarca, gi in assetto di viaggio a prendervi il Tasso. Ma che che non , il Tasso non pronto, egli ancora a letto; lo si sollecita a vestirsi, egli invece dichiara risoluto che non si vuoI muovere, che ha mutato avviso, che non vuole pi. andare a Firenze. La notte gli era stata buona consigliera. gli aveva fatto abbandonare-il pensiero del viaggio. N valsero a smuoverlo preghiere, promesse, minaccie ; tutto serv anzi a persuaderlo vie meglio che faceva benissimo a non muoversi. Si fecero venire anche il cardinale Albani, lo Strozzi, agente mantovano in Roma, che alla loro volta pregarono, scongiurarono e minacciarono il Tasso, perch ubbidisse agli ordini del Duca di andare a Mantova. Se gli fecero vedere anche le lettere che davano cotesti ordini, ma ogni cosa riesci inutile. Quando si vide che tutto tornava vano fu di mestieri rassegnarsi, e subire la mortifcazione di narrare al Duca il disinganno, tanto pi amaro, quanto era inaspettato; e furono solleciti onde evitare che ricercasse il Granduca del servizio, che il Costantini gli aveva suggerito di chiedere, nel caso che il Tasso fosse andato a Firenze. Anche questa volta scrissero e il Patriarca ed il Costantini, due lettere, che sembrano di quelle da romanzo, ma che sono invece di storia la pi vera, tanto sono vive, colorite e piene di minuti particolari. TI Patriarca, come al solito, scrisse mite e calmo, ed in modo da fare sorgere a Mantova sensi di compassione verso l'infelice perseguitato. Arrogante e sprezzante fu il Costantini. Il Patriarca scrisse cos:
Se non fosse qui Il Costantinl mandato da S. A. per ricondurre a Mantoft questo povero TaBBO, hormai io sarei mezzo disperato vedendo riuscir vane tante Inventloni, tanti stratagemmi, quanto fin bora abbiamo usati eBRO et lo per mettarlo In cammino. Prima Ili finsero lettere che lo chiamassero a Genova, ad una lettura che gi gli fu proposta In Lombardia, et gli piaceva Il partito. Hora non ha voluto sentir parola, dicendo voler prima risanar dalla sua infermit, poi Ili cercato di imbarcarlo almeno sino a Firenze, fingendo che Il Granduca lo deIiderasse nella occasione delle esequie che si preparano al Granduca morto, per havere da lui poesie, Imprese, motti et cose simili i ma n anche questa inveDtoue ci riuscita, altro che al principio egli paresse disposto all' andare. Finalmente, vedendo mancarci ogni altro rimedio, si ottenuto dal 8. Strozzi, agente del S. Duca Ser .... che gli venga a parlar In persona, mostrando baver ordine eon questa lettera da S. A. di farlo andar a Mantova In tttll modi; et qui non si

..

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perdonato n a lusinghe n a minaccie per indurlo al partire; et insomma niente ha giovato. Gli ho ancora fatto dire che S. A. non ha voluto mandare questo ordine a me, perch sta mal soddisfatto ch' io l'abbia ricettato in casa, esIleIldo Cuggito da lei, et ci ho fatto perch, vedendosi mancar questo alloggiamento, egli sia tanto pi Cacile al consentire; ma tutto indarno, dicendo egli ri80lulissimamente di non voler partire di qua, et che si meraviglia che S. A. voglia usar con lui di questo rigore, non essendo egli suo suddito, n havendo mai accettato d'essere servitore stipendiato. Et dicendogli che si guardasse molto bene, che gli converrebbe poi andarvi per forza, a questo non ha mai risposto altro: Se non sar quanto che piacer a Dio, almeno di buona volont lo non v'andr mai, se prima non sar guarito. Et con questa nuova gli cresciuto di maniera l'humore, che sara gran cosa poterlo ritenere che non faccia qualche scappata e non pigli nuova fuga .

Ma quanto diversa la lettera del Costantini; di colui che si


sempre fatto credere per ar!lico e protettore suo. Essa cosparsa

del pi beffardo oltraggio, e del pi inverecondo sprezzo verso il grande uomo. La lettera diretta al duca e dice:
&".- Signore. lo sapeva bene, che '1 Tasso era matto, ma non gi tanto rome bora ho conosciuto; egli aveva promesso all'ambasciatore del Ser."'" Granduca, al Patriarca, et ultimamente all' ill. mo cardinale Albano, di volere andare sino a Fiorenza, et accettava l'invito che quella Altezza gli faceva, come con nn'altra mia ne ho dato ragguaglio alla A. V.; e gi ci eravamo messi all'ordine per partire il gioved mattina; quand'ecco che In un subito gli diede Tolta il cervello, e cominci a dire che si accorgeva della trappola, e che Indovinava molto bene quello che noi volevamo fare di lui, e che non voleva in modo alcunoandare n a Ferrara, n a Mantova, n a Fiorenza, e da questa opinione non stato mai possibile a poterlo smovere. E vedendo io che non govavam con lui n belle n buone parole, n promesse, n speranze, ho pregato Il s." patriarca Gonzaga che gli dica chiaramente che bisogna: che egli Ili risolva a ritornare a Mantova, perciocch l'A. V. cos vuole in tutti i modi, e Chi Re egli verr Tolentieri, sar Cacil cosa che ella gli dia buona licenza, vedendo quanto sia stato PlOIlto in ubbdirla ; ma che altrimenti bisogner che venga a viva forza, e perdere in tutto e per tutto la sua grati a, Ma il s." Patriarca ba fatto fare questo ufficio dal s. Strozzi, agente di V. A., acci esso Tasso pi facilmente credesse, elle ella havesse cos comandato che si facesse. Ma in effetto poco valso, pereb non 11010 si punto rimosso dalla sua opinione e rlsolutione, ma vi si tlll&aTia pi ostinato, ed saltato nelle furie s fattamente che fa strane pazzie, e li lasciato intendere che pi presto vuole ammazzarsi da s stesso che ritornare

8:

a Yauto,'s.

Ecco adunque, egli un matto perch diffida del traditore; ma se non avesse diffidato sarebbe stato tradito. Gli d volta il cervello, pereh si accorge dell' inganno che gli teso, e non si comprende la sua risoluzione di volersi piuttosto ammazzare da s, anzich acconsentire alle insane pretese del duca di Mantova; recarsi ancora in quella corte nella quale l'umiliazione ed il vili-

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pendio si contrappesavano in equa bilancia colla miseria. Ma a questa stregua quando, non soltanto il Tasso ma qualunque altro uomo, pu avere ragione dei suoi detti e dei suoi fatti? Non sar forse riputato matto, e forse peggio, colui che non andr a versi di queste serpi insidiose, le quali non fanno altro che spargere, da per tutto dove ponno, le loro venefiche bave? Ah no! Il Tasso non era matto, n il cervello gli aveva dato volta, e noi che udiamo oggi per la prima volta questi pietosi casi, intendiamo bene quanto fosse saggio e giusto nelle sue diffidenza e nei suoi sospetti! Come avesse ragione a non volersi muovere da Roma, e a non tornare in quella corte, dove era prigioniero e maltrattato, per modo che il vivervi era peggio della morte. e preferisse di togliersi la vita lui stesso piuttosto che mettersi volontariamente in simile condizione un' altra volta. L' intervento dello Strozzi, le sue minaccie, produssero un effetto contrario alle mire del Costantini . Per esse conobbe il Tasso tutta la seriet della sua posizione ~ come, senza un potentissimo aiuto, egli da solo non riescirebbe a liberarsi dalle violenze che cercavano di usargl , Ma chi era in grado di recargli l'aiuto a lui necessario, se non il Papa? Sedeva allora sulla cattedra pontificia . Sisto V, uomo che nella storia gode ancora rinomanza di energico e risoluto. Al papa quindi pens di ricorrere, e di chiedergli quella protezione alla quale aveva diritto, dimorando egli nella di lui stessa capitale, e non essendo n suddito, n in qualunque altro modo dipendente del duca di Mantova o di Ferrara. Cerc sulle prime di avere una udienza, ma il Costantini, che non l'abbandonava mai, che spiava ogni sua azione, impedi che egli l'ottenesse. E il TaSlIO non si accorse neanche di questo. Quando vide che l'udienza non l'otteneva, pens di mandare al papa un memoriale. Ma a quale persona affidarlo perch gliela recasse? Oh! la persona presl.o trovata, il Costantini. Egli, r uomo leale e intemerato, il manipolatore di questo dramma, quegli che lo teneva in piedi, e che MD ostante presso il Tasso fgura come suo amico, che non De perde mai D la stima n la confidenza, che gli scruta i pensieri unicamente per ingannarlo e per tradirlo. Cosl fece anche per il memcriale al Papa. Il Tasso lo scrive e lo affida -al suo diletto amico, a quella candida colomba, perch lo faccia tenere Delle sue stesse mani. Il Costantini lo riceve, e poi cosa ne fa? Il Patriarca quello che per primo ce ne informa, egli scrive, di seguito alla lettera prlicedente del 21 Novembre ':

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Gi ha tatto un memoriale al Papa, nel quale prega S. S.l a volerlo assicurare qui, da ogni violenza; ma il Costantinl gliel'Ha tolto, et non sar cbi l'ac-

cetti a presentarlo. Insomma da tutto questo V. S. pu vedere, cbe come io immaginai la prima sera del suo arrivo, impossibile senza forza di farlo tornare, et questo come gi parve a me, cos pure DI Costant!nl .....

TI memoriale era una supplica breve ma calda al papa, perch gli permettesse un soggiorno quieto e tranquillo in Roma, e diceva:
Belltiuirno e lanlulimo Padre.

Torquato Tasso bumi1issimo e devotissimo servo di Vostra Santit, essendo ricorso alla sua clemenza, dopo molti nnn di prigionia e Ili infermit, e molte ioKiurie rleevute e molti pericoli trapassati In diverse parti d'Italia, supplica \'oeltra Beatltudioe bumilissimamente che gli faccio. gratia di poterai fermare in Roma, senza alcun sospetto di privata violenza od ingiustitia, perch egli, essendo nato Del regno di Napoli, ilei quale oltre l'amor della patria, molti bi~gni il costriogono a ritornare, riconosce e riconoscer sempre Y. Santit per supremo suo Signore, e s'appella al suo do. tutti gli altri giudicj, per Il quali stato primacondannato che sentiato (lic). il XX di Novembre 1587 il).

TI patriarca ci dice appunto che il Costantin si fece dare il memoriale perch non anelasse nelle mani del papa, la qual cosa avrebbe fatto finire la brutta commedia sul piu bello del suo svolgimento. Se ne impossess adunque, ma non lo tenne per s. Egli, raggiungendo il colmo delle sue perf.lie, lo mand a Mantova, al duca, ed io, quando raccoglievo le note di questo fatto che sto narrando del grande poeta, lo trovai entro la lettera dello stesso Costantini, nel nostro Archivio Gonzaga, monumento irrefragabile del suo disonesto agire, e che gustifca i giudizi e gli apprezzamenti pi sfavorevoli sul suo conto. Confesso che quando mi venne fra le mani questa carta, che ci testimonio di uno dei pi angosciosi momenti della vita di Tasso, e ne la estrassi, dopo quasi trecento anni che vi stava racchiusa, ne provai un senso di ribrezzo, pensando a tutti quei dolori che la sua grande anima ebbe a soffrire dalla malvagit di coloro che si infingevano suoi amici. E dopo tutto era detto pazzo, e ad ogni momento si tirava fuori il suo umore strano. Il Costantini adunque manda a Mantova il memoriale nella
(l) Questa supplica compresa nella raccolta Guasti precitata, ma senza che spiegati la sua vera ragione ed Il suo significato, cbe adesso soltanto si vengouo a conoscere. Come poi sia andata in bali del publlco prima d'ora, lo si ignora; ma da supponi che il Tasso ne abbia falte due copie, una per B, che fII poscia divulgata, l'altra per il Papa, ed quella autografu che ebbe il Costaotlni e che mand a Man\Ova e che rrovas nell' Archivio Goueaga.

be Ii:mo

19

~86

lettera del 21 Novembre, della quale ne riportai una parte, e lo accompagna con queste parole:
Questa mattina stato a Palazzo e voleva udienza dal Papa, et non havendola potuta bavere, ha fatto una supplica, quale ha data a me, che mai lo lascio, acc la facessi presentare a S. Santit, ma io per servirlo bene, la mando qui inclusa a V. A., aee ella vegga a che termine sia il negotlo. Et nuno, se non si riconduce per forza, come io bsveva pensato di metterlo in una lettica, e legarlo anche se bisogner, non veggo in cbe modo si possa venire ll' bnon fine di questa pratica; e percha di questo particolare spero vederne la volont di V. A., col primo ordinario, per hora non mi accade dIrle, salvo che per fine le faccio humllissima riverenza. Di Roma il 21 Novembre 158'7. DI v. A. Ser ...
DefJotls.- et hllt1lili88'.... 8eMJitof'f!
AlIo"TONIO CosTANTINI.

Al Ser.- e Padron mio Colmo n Sig. DUCA DI MANTOVA.

Al tradimento aggiugne lo scherno beffardo. I traditori sono -tutti cosi. Per servirlo bene egli dice di mandare a Mantova la supplica, piuttostoch al papa, e come fosse ben servito lo sappiamo noi adesso. E qui propone ancora una volta il suo progetto di metterlo in una lettiga, legato, come il solo modo di farlo andare a Mantova; e al- Costantini, come non ripugna il proporlo pi fiate, gli basta anche l'animo di farlo (1). Le notizie recate dalla lettera del Costantini e dall' altra del Patriarca obbligarono quelli di Mantova a fare delle serie riflessioni. Il duca, prevedendo che non sarebbe riescito nel suo intento, e ricordandosi degli impegni contratti con quello di Ferrara allorch lev il Tasso da S. Anna, diviso di chiedere a quel duca il suo avviso sulla questione, nella quale si era messo con tanta temerit. I dotti disputarono se Vincenzo Gonzaga, togliendo il Tasso da S. Anna, ne ottenne una completa o condizionata liberazione, e di conseguenza, se questi con ci acquistava tutta la sua libert. Le opinioni furono diverse, ma ora si scioglie anche questo nodo; si viene cio a sap81'e che la liberazione del Tasso non fu senza impegni, che anzi fu condizionata a che questi restasse in Mantova; ed per ci che nel principio del racconto dissi, che egli non mutava che prigione, abbandonava quella da galeotto, per entrare
(l> Parecchie lettere del TaB80 BOno scritte a diversi, durante questa persecuzione, e comprese nell'epiBt61ario del Guasti, mentre non sospetta mal del Costantini, ma di lui sempre si loda, si lamenta della violenza che gli si vuoI fare, ed in quella che scrisse al Licinio (9'J2, 2 Dc.], eccita persino la citt di Bergamo, sua patria, a Interporsi in suo favore presso il duca di Mantova.

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nell' altra di uno mandato a confine. Ma era sempre prigioniero, sorvegliato, guardato a vista, non libero quindi n padrone di s stesso. Il Gonzaga non per questo meno encomiabile. Egli fece un atto generoso, e se pure il Tasso non ottenne di pi, la colpa non sua, ma del duca di Ferrara che non lo volle concedere. E di questi obblighi per parte del duca di Mantova, se ne ha il testimonio nelle lettere che vengono appresso. E quindi il Gonzaga, conoscendo bene che la lite si era avanzata presso il periodo acuto, e intendendo tutta la gravit della proposta che gli faceva il Costantini circa l'usare la violenza personale al Tasso, si ferm ai mali passi, e tanto anche consigli al Costantini, e nel tempo stesso volle sapere cosa ne pensava il duca estense. Pertanto egli cos ne scrisse al Costantini il 28:
Magcu Amico car.""'. Dalle due vostre lettere delli 14, delll 18 del presente, ho compreso quanta fatica vi prendiate, per condurre in qua il TaBSo, di che vi ringratio, pregandovi, se per non poteste, con qualche lussinga incaminarlo, a fermarvi cost, fnch io possa havere certa risposta, che sopra questo particolare aspetto da Ferrara, e con ci vi prego ogni prosperit. Di Mantova a'28 di Novembre 1587.

A M.
ANTONIO COSTANTISI.

Al piacer oostro
IL DUCA DI MANTOVA.

Assai pi esplicita l'altra che il Riva invi al Patriarca, poi. ch in essa detto espressamente che il Tasso era stato dato in consegna a Vincenzo Gonzaga:
A MOfiI. Ili."'" Patriarca di GUUlafetnlllt!. La principale cagione cbe muove S. A. a procurare il ritorno del Tasso, per poterlo restituire al S: Duca di .Ferrara, dal quale l'ba ricevuto cost In consegna. Onde Intendendo ella quello cbe V. S., colla sua del 21 spirante, mi scrive intorno alla resistenza che esso Tasso fa di ritornare, ha risoluto, prima che mandi altri ordini ~t, di aspettare di intendere quello che su ci ne sente esso Ser.'" Sig. Duca, al quale bora scrive, et in caso che non faccia pi che tanto stima del ritorno di quest' huomo, S. A. facilmente si risolver di porlo in libert. Tutto questo l'A. S. mi ha comesso che ne scriva a V. S. Il I. ma, f1nch con l'ordinario seguente, le potr far sapere l'ultima risolutione sua. Di Mantova ai 28 di Novembre 1587.

Per la l'arte di Ferrara si scrisse infatti al conte Federico Mi raglio, agente mantovano, il quale non pot cos presto, come si voleva, sapere le intenzioni del duca, perch allora si trovava lungi dalla citt, nella sua villa di Goro. Al Miroglio quindi convenne di scrivergli, e ne ebbe per risposta he non gli premeva pi che tanto se il Tasso se ne era fuggito, poich questo era quanto aveva gi

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presagito al medesimo Vincenzo Gonzaga, che sarebbe accaduto, allorch se lo condusse a Mantova. E ci si ha dalle lettere dello stesso Miroglio che scrisse al ~egretario Marcello Donati, il 5 Dicembre:
Molto .1lageo lll 8. mio OSS.O Beg. Per l'ordinario passato scrissi a V. S. di quello che esso mi scriveva d'ordine del Ser.''''' S. Duca, suo et mio signore, in materia del particolare del Tasso, che essendo S. A. a Goro lo non poteva per al. .hora dirle altro. Horn, supplendo con la presente, dico che, havendo fatto sapere alla A. S. ci che conteneva la suddetta lettera di V. S. per intendere ci che risolvesse, ha risposto che cotesta Altezza si pu ricordare che quando ella condusse seco l detto Tasso, le disse che era faci! cosa che egli se ne fuggisse, et che quanto a lei non se ne cura pi che tanto, lasciando che cotesta Altl'zza fael'ln ci che le piace, onde noti accadr che i! pover homo sia fatto altrimenti prigione per slml conto. Di Ferrara li 5 Dicembre 1587. Di v. S. molto III."

a.!'. mo ser
FEDERICO MlROGLIO.

MARCELLO DONATI

Al Mlto IlI.' S. mio 011.''' il 8. Ctlte Seg." et Commil. o di 8. A. S." a MUtltra.

Con questo il Gonzaga restava sciolto dagli impegni di Ferrara; gli veniva meno quindi una ragione fortissima di persistere nel suo proposito. E per verit il duca di Ferrara dimostrava miglior senno e pi umanit di lui. Il Costantini poi-nello stesse giorno ~e mandava al duca la supplica del Tasso, scriveva anche questa altra lettera a Marcello Donati:
Molt Ilt." S. mio lig. OS8 .... A dura impresa mi Sino esposto e molto pi che non credeva, e Dio vcglin che me ne sorttscn quel fine che io vorrei, per soddiafatione del Ser. UIO S. Duca; pure far con le mani e con i piedi, quanto sia possibile Il fare; e perch dubito che bisogner menar questhuomo per forza anzi che non, e non essendo io venuto provsto di quel1a quantit di danari che bisogner, pensando che la cosa mi dovesse agevolmente riuscire, come havevo designato, prego V. S. che dica a S. A. che faccia ordinare che mi siano dati qui trenta o quaranta scudi, che insieme con quelli che ho meeo, tirer a fine i! negotio, con quella maggiore destrezza, che sar posabile. Et a V. S. bacio le mani. Di Roma il 21 di Novembre 1587. D V. S. Molto III."' Ser... off;'o
ANTONIO COSTANTINI.

Al .lflto III.' 8. mio 8: 018,'0 il S. MARCELLO DONATI Secret,: di 8 A. Ser.- di MUlItof:Ja.

Lo sconforto comincia va a battere in breccia l'animo del Costantini, ma ancora non siffattamente da levargli ogni lusinga sull'esito della impresa. Gli restava ancora una via aperta, o, dir meglio, un espediente da tentare, quello cio di vedere se vi era modo di fare nella stessa Rqma, quanto si voleva fare fuori delle

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porte, impadronirsi cio del Tasso nella stessa casa del Patriarca. Ma la cosa presentava delle grandi difficolt. Correva, per vero, la stagione invernale, le notti erano lunghe ed oscure, vi era quindi tempo ed opportunit di fare. Nondimeno era impossibile di evitare dello strepito; il Tasso stesso non si sarebbe lasciato prendere senza opporre una risolutissima resistenza, e le sue grida, i suoi clamori avrebbero attirata gente e le guardie notturne della citt; e queste, od anche il popolo romano, non avrebbero mancato di liberare il prigioniero. E allora che ne avveniva? Compromessi tutti gli attori del dramma colle leggi dello stato, il Costantini, il patriarca Gonzaga, lo Strozzi e lo stesso duca; e di qui rigorosi processi, e scomuniche come si usava allora; un subisso da non dirsi. Ad evitare quindi tutti questi guai, si pens di esporre tutta la storia al gover natore di Roma, e di chiedergli che aiutasse od inqualche maniera favorisse l'impresa. Egli pensava che, qualora le autorit pontifcie favorissero, o in un modo o in un altro, la cattura del Tasso, poteva tranquillamente impadronirsi della sua persona, legarlo, p, forse anche imbavagliarlo onde non gridasse, e cosi metterlo in lettiga od in carrozza, e condurlo a Mantova. Che gli importava mai dell grida che avrebbe fatto, dei dolori suoi, od anche se fosse impazzito davvero! Bastava accontentare il duca di Mantova; a petto del quale un uomo qualunque, portasse anche il nome di Torquato Tasso, avesse pure .,scritto cento poemi, egli rimaneva sempre un essere vile e spregevole. Ma il governatore di Roma, dopo che ebbe udita la dolente storia ed inteso quello che gli si chiedeva, cio la complicit diretta od indiretta del governo pontificio in un atto di inumana violenza, d'accordo col Patriarca, volle prima parlare al Tasso e intendere da lui le sue idee, le disposizioni del suo animo. Egli parl al poeta, riguardoso e gentile; usando modi e parole amichevoli cerc di persuaderlo ad accontentare il duca di Mantova. Non lo minacci n di sfratto, n di disgrazia, ma lo assicur che, ad ogni modo, la sua volont sarebbe stata rispettata in Roma. E dopo che ebbe inteso il suo fermo proposito di rimanere, lo lasci tranquillo. E siccome il Costantini insisteva pure perch l'autorit pontificia gli accordasse il necessario permesso, il governatore comprendendo la gravit di quanto gli si domandava a nome di un sovrano estero, risolse di informarne il papa. Nella sua temerit il Costantini si illudeva sino al punto, da sperare che il papa avrebbe accondisceso

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alle sue brame stolte e feroci. Ma questo papa era allora per fortuna Sisto V, come abbiamo detto, il 'quale, meno di ogni altro, avrebbe tollerato che si facesse sfregio e alla sua autorit e all' 0nore del suo governo. Egli rispose quindi, da quel fiero uomo che era, che non voleva che in nessun modo si usasse la minima violenza per levare di Roma il Tasso. E questo lo sappiamo dal Costantini stesso che lo scrisse al duca, e dal patriarca che ne scrisse al castellano. Delle due lettere non riporto che quella del primo, perch anche la pi rimarchevole:
Ser.... ,ig. e padron mio cal."'" Havr V. A. inteso per l'ultima mia l' ostinatione del TaiJ80, risolutissimo di non volere uscire n anche fuori delle porte di Roma. La qualcosa bench mi havesse tronca ogni speranza cli poter fare alcun profitto, nondimeno non m'era alfatto perso d'animo, s che andai a tJ'Qvare Il S. Patriarca Gonzaga e mi consigliai con lui, se russe stato bene far parlare al TBiJ80 da qualcuno di questi principali ministri di S. S..., acci l'autorit lo movesse, giacch nessun' altra cosa era stata bastante; e risolvemmo che il S! Governatore sarebbe stato molto a proposito a fare questo officio. Laonde domenica mattina Il S: Patriarca pre!\" S. S.ia III."'" dopo haverle esposto, con debiti modi, la volont e i! desiderio di V. A., che volesse esser contento di esortare Il Tasso e quasi costringendolo al ritornare a Mantova. Ondeegll 8i oft'erse prontamente a volerlo fare, e lo fece in effetto, ma per con termini dolci et amorevoli, come amico, non come governatore di Roma, dicendo a noi che non aveva voluto usar parole imperiose e u valersi della autorit sua neanche con le parole, se prima non ne bavesse fatto motto a Sua Santit, e che per voleva a buon proposito parlargliene, e cos fece mercord mattina, cho fu Il giorno della,sua udienza. Et tornando io la sera da lui, per intendere quello che havea operato, mi disse che il Papa non vuole, in modo nessuno, che si usi pur una minima violenza per levar di qui quest'huomo, se egli non vuoi venire di sua volont; i! che udendo lo risposi, che non si farebbe se non quanto piace alla S." S. che tale era, e Il8r sempre la mente del Ser." Sig. Duca di Mantova, mio signore, et con queste parole mi licenziai da lui, con rlsclutioue di partirmi di qui quanto prima, per venire a dar conto a V. A. minutamente di tutto i! seguito. Ma essendomi comparsa la sua lettera del 28 passato, nella quale mi comanda che io mi fermi qui sino a tanto che ella habbia hauta la risposta che aspetta da Ferrara, non mi muover sino a 8UO commandamento. Con che facendo fine me le inchino humilmente e le prego dal sig .... Iddio longo c lieto corso della vita. Di Roma il 5 Decembra 1587. Di v. A. Ser ....
DefJotill.... et !Iumilill.'O SeNJitore
. ANTONIO COSTANTINI.

Al Ber.'" Sig. e Padrofl mio Colmo

et S: DUCA

DI MANTOVA.

Il dramma cos si avvicina al suo finale scioglimento, ed era la volont di Sisto V che impediva che pi oltre si prolungasse,

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Anzi si potrebbe considerarlo finito del tutto, giacch non vi era alcuno dei suoi attori che volesse azzardarsi di contrariare la volont del papa, e il Tasso poteva vivere sicuro che nessuno gli avrebbe non che intimato, ma nemmanco parlato di andare a Mantova; per cui diceva il vero il Costantini, quando assicurava il governatore che non si farebbe se non quanto piaceva alla Santit S. e che tale era e sar sempre la mente del Serenissimo signor Duca di Mantova. - Restava per ancora un legame da sciogliere. Colla lettera del 28 Novembre il duca Vincenzo scriveva al Patriarca ed al Costantini, che questi si fermasse in Roma sino a tanto che avesse inteso l'avviso del Duca di Ferrara, cessando intanto ogni.pressione sul Tasso. Ma come ebbe avuto questo avViSII , scrisse egli al Costantini, ed il Riva al Patriarca, che non insisteva d'avvantaggio per il ritorno del poeta, e che perci lo lasciava libero, tanto, quanto prima lo voleva schiavo. Queste due lettere sono i soli documenti che mi mancano della lunga serie; ma che poi siano state scritte ne abbiamo la prova nella risposta che il Patriarca fece a quella che fu scritta a lui. Le lettere del castellano portavano la data dell' 11 Dicembre, e la risposta del Patriarca del 19. Egli dopo di aver accennato alla deliberazione presa dal Duca di lasciar libero il Tasso, come conseguenza della risposta che aveva avuto da Ferrara, si fa a tessere il panegirico del Costantini e conclude col reputarlo degno dei maggiori favori del Duca. La lettera, come le altre, diretta al castellano Cesare Riva:
lll! Signore. Ho inteso per la lettera di V. S. di undici la risolutione che S. A. ha fatto circa la persona del Tasso, il quale stando tuttavia sull primi suoi humori, rester tanto pi libero del corpo quanto pi legato della mente. Il Costantinl mi par giovaue di bellissimo animo, et cos si confessa favorito da A. S. oon quello che gli ho oomandato, che questo isteBSo egli stima suo premio. Ht per me credo certiBBimo ch'egli non ne pretende alcun altro, tanto pi che da certo invito, che egli ebbe gi, di dover venir a Mantova, non senza qualche speranza, di poter esser Impiegato In qualche servigio di S. A.; ma dato anche che questo non sia, o pochissima cosa, credo che gli sar grandissimo favore e massimamente se havr pi forma di dono che di mercede. Tutto questo ho voluto, se ben con HTRndlssima Incomodit, scrivere a V. S. di mio pugno per dirle Insieme di mio pugno (","Cl quel medesimo che ella havr Inteso per le lettere de dieci, ma che io non potei scrivere a lei per difetto di tempo, cio che la maest de Dio ha voluto che i tanti favori del Sermo Sig. Duca nostro non siano vuoti d'etretto, havendo Inspirato nell' animo di N. S. di farmi Cardinale, non per li miei ma per Il meriti di S. A., dalla quale riconoscendo lo PerCi questo grado, han V. S. doppia ragione di rallegrarsene, oome di cosa di fellcitatlone all'A. S.,

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et bonore a me ohe 800 tutto 8UO di tanti IlIl III. Col quale flne, salutandola di tutto cuore, le prego ogni felicit. DI Roma a 19 di Xbre 1587.
Alli lervigi di
SCIPIONE GONZAGA

r. S.
Cardinale

All' Itlustr Sig. CESARE RIVA Caltellano di JfantoIJu, a JfantolJa.

E cos era proprio tutto finito. Ma come si finiva! Dopo una lotta fiera, accanita, quotidiana, durata quasi un mese, tra barbare esigenze, volute con modi crudeli, sostenute con ostinazione selvaggia, contro un uomo che non voleva pi ritornare in una fastidiosa ed umiliante prigione, appunto percb vi ritornasse, dalla quale era gran ventura se ne era fuggito; questi, che non faceva che difendere un suo diritto, ne esce fisicamente e moralmente peggiorato, nella publica stima ancora pi scaduto. Matto lo proclama il Duca di Ferrara per coonestare la lunga reclusione nello spedale di S. Anna; matto quello di Mantova, perch da lui, che lo ospitava in maniera cos indegna, se ne era fuggito, e non voleva pi farvi ritorno; matto il Costantini perch non si lasci da lui ingannare; e quindi matto per quella turba vile che d sempre ragione ai prepotenti ed agli schiamazzatori. Che meraviglia adunque se questa nomea di pazzia giunse fino a noi, se illustri frenologi ne fecero l'oggetto dei loro studi l Qual meraviglia se in mezzo a tanto imperversare di persecuzioni, di abiezioni, di vilipendi, qualche volta, in un momento di sconforto, di supremo dolore, nel . quale la serenit della mente gli veniva meno, gli sfuggita una parola ardente, od ha commesso qualche atto che agli aristarchi imperturbabili non sia parso di perfetta lega? E il Costantini? Il Costantini si parti da Roma tosto che dal Duca di Mantova ebbe avviso della risposta di Ferrara, e se ne part senza salutare il Tasso. Non sappiamo se gliene sia mancato il coraggio, oppure ne lo abbia trattenuto il dispetto, e venne a Bologna, di che il Tasso, ingenuo incorreggibile, si dolse con lui per lettera: possibile che il s(J. Antonio Costaniini faccia cosi poca stima delsuo Tasso l . . . . . Vi partisti senza darmi a dio. Ma il Costantini aveva prestato un grande servigio al duca di Mantova, uno di quei servigi per i quali non possibile l' ingratitudine. Gli si doveva' adunque un compenso, e lo ebbe anche degno del principe munificente che lo accordava. Sulle prime parve, come scrisse il Patriarca, che non si avesse a trattare che di un dono; ma poi, non si sa come, venne chiamato alla corte di Mantova a

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servire il duca in qualit di segretario. E quivi continu a possedere la confidenza e l'amicizia del Tasso fino alla di lui morte, come se nulIa mai fosse accaduto dei fatti di Roma, nei quali il Tasso ignor sempre la parte che prese il falso amico, cosi che agli estremi delIa vita gli scrisse: Che dir il mio signor Antonio. quando udr la morte del suo Tasso? Il Costantini, ne possiamo essere sicuri, non avr n pensato. n detto nulla di quanto supponeva il morente poeta, ma avr in cuor suo pensato e detto quello che possiamo immaginare noi, adesso che conosciamo questa dolorosa storia.
ATTILIO PORTIOLI

LA CRONACA ALTINATE
STUDIO -

DI

ENRICO SIMONSFELD
TRADOTTO DA

C. S. ROSADA.

(Coutlnuaaione. Vedi Tomo XIX, pago 71).

5. Contenuto e valore della Cronaca Allinate.


La barbara lingua nella quale sono state composte, o almeno pervennero fino a noi, appunto le pi antiche parti della Cronaca Altinate, mi scuser se, esaminando il suo valore storico, io tenter di esporne brevemente anche il contenuto - dico tenter, imperocch le dispregiate regole della grammatica e la latinit spesse volte incomprensibile, non mi permettono di promettere di pi. Quanto di ci debba porsi a carico degli autori, quanto invece ad aggravio dei copisti. non si pu naturalmente pi stabilire con assoluta certezza, oonciossiaoh i tre manoscritti sono d'un pi recente tempo. Pur d nell' occhio ed degno d'esser notato come anche la lingua di molti documenti veneziani del IX, X e XI secolo sia scorretta, guasta e difficile a comprendersi (Cfr Romanin, Storia doc., I, 388 e seg.) (1)..
(1) Quando serlveva questo studio, non aveva ancora pienamente confrontato il Codice Vaticano. Ora occupandoml a preparare la nuova edizione della Cronaca Altlnate per I Monumenta Gemuzfl;ae, e paragonando perci I tre manOBCrittl di nuovo, mi convinco sempre pi che infatti all' autore stesso o agli autori stessi m888lmamente si debba attribuire quella barbarie delle pi antiche parti della nostra cronaca. Impercloccb vi si trovano pure degli altri brani, BCrIttl In un latino molto pi corretto, e quindi si deve credere non che I copisti si siano resi colpevoli del molti errori, ma bens\ che essi, come sicuro lo serlttore del Codice S., talvolta abbiano fatto delle emendazioni. QulDlII il pi BCOrretto testo di quelle pi antiche parti - per dir 008\ un paradosso - sar il migliore;

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I. Cominciamo con quel brano (n. 6), che diede falsamente il nome all' intera Cronaca, col racconto cio della distruzione di Altino e della fondazione di Torcello. A meglio comprendere questa parte, ci si presenta come un qualche appoggio la compilazione che se n' fatta nella Cronaca Gradense del codice urbinate 440. Bens l'autore di questa si molto facilitata l'opera, imperocch egli ha ommesso semplicemente quei passi, che egli ritenne o di nessuna importanza, o che verosimilmente non ha compreso. Manca cosi, ad esempio, gi il principio del nostro brano, dove noi, dopo la lista dei primi vescovi di Altino (di cui vengono accennati soltanto i nomi) ritroviamo, pure in forma alquanto differente, quella leggenda, gi da noi (1) ricordata. Qui ella suona cosi: Gli abitanti di Altino, vedendo che gli uccelli, portando nei becchi i loro piccini, se ne volavano all' avvicinarsi degli invasori, si diedero pur essi alla fuga innanzi ai pagani (non vien detto se dinanzi agli Unni o ai Longobardi), e ad una parte dei fuggiaschi, che non seppe ove volgersi, venne da Dio, alle lor preci, il consiglio di salire su di una torre, dalla quale scorsero in vicinanza isole e navi. Vien quindi nuovamente narrata in poche parole la distruzione di Altino e la fuga di una gran parte (cio del terzo) dei suoi abitanti verso le confinanti lagune. Dopo aver essi abitato per lungo tempo sulle navi, vengono scoperti da un prete Geminiano, e avvertiti dello sterminio degli empi nemici; lasciano quindi, avendo un certo Arrio (che pi tardi vien detto Auro) alla testa, il soggiorno avuto fino allora, e si stabiliscono nei dintorni. Memori dell' antica loro patria, essi danno alle isole ove dimorano ormai i nomi delle torri e delle porte di Altino. Non si viene in seguito a parlar pi oltre di Altino, e la Cronaca Altinate si sarebbe quindi potuta nominare egualmente bene col nome di Cronaca Torcellana o, avuto riguardo alle altre parti, nominarla Cronaca Gradense o in generale Cronaca Veneta. Segue piuttosto un' enumerazione delle chiese fondate a Torcello, la fondazione delle quali viene in parte attribuita a visioni di santi che noi vi troviamo esattamente riferite, e di cui appare nominatamente fatto partecipe un certo Mauro, che ottenne pi
sco~tto per soltanto in quanto alle dispregiate regole della grammatica. Cosi la nostra cronaca sar, lo spero, uo pregevole documento anche nel rlgusrdl filologici e linguistici, donde si scorger da una parte la decadenza del latino, dall'altra l'origine del romano o taliauo, e qua e l l'inftuenZ3 del greco, (Il Vedi sopra pago 63, n. 2"

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tardi la dignit vescovile. Si discorre profondamente dell' instituzione del vescovado di Torcello, dell' acquisto di reliquie e della loro deposizione e del rapporto delle singole chiese colla cattedrale. Vi qui certamente frammisto molto di favoloso, ma devesi pur anco credere che vi si trovi qualche cosa degna di fede. Waitz loda addirittura (1) la copia e l' esattezza delle notize s ; e che se ne possano prendere alcune notizie per la storia veneziana, l'ha gi dimostrato nel suo discorso inaugurale il Teod. Wstenfeld (2), il quale non conobbe questa parte della Cronaca Altinate se non dalla compilazione di essa nella Cronaca Gradense. Per ci che riguarda primamente l' emigrazione degli Altinati, gi il WtiStenfeld osserva, che Andrea Dandolo scompone le favole relative alla fondazione di Torcello in tre parti. Egli cio fa avvenire la prima emigrazione degli Altinati nel tempo di Attila, e vi pone anche la denominazione delle isole (3). Una seconda emigrazione egli mette nel tempo dell' imperatore Eraclio (610-641) sotto il vescovo Paolo, al quale succede, dopo breve tempo, il suaccennato Mauro (4). E finalmente nel tempo del primo doge Pauluccio, cio alla fine del VII secolo, egli fa venir fondata la chiesa cattedrale di Torcello e venir deposte le reliquie di vari santi (5). Qual tradizione segua qui Dandolo noi nol sappiamo (6), per ad ogni modo noi possiamo prestar fede piuttosto alle sue asserzioni, che a quelle del nostro anonimo, il quale senza esitare confonde insieme dei secoli e nomina i dogi Obelerio e Beato, che viveano al principio del IX secolo, nello stesso momento che egli accenna a persone esistite pressoch due secoli innanzi. E all' incontro, quantunque non dimostrata da alcuna diretta testimonianza, pure molto probabile la parte eminente che nel nostro racconto il tribuno Aurio rappresenta dopo la fondazione della nuova comunit. Imperocch la famiglia Aurio (Dauro, Doro) viene pi tardi ripetute volte accennata nei documenti, specialmente in quei tali che si riferiscono a Torcello e alle isole circostanti (7).
(l) N . .d., t. II, p. 308. (2) Veneto rum hlstorla ab antiqutsslmls ternporibus usque ad ducum sedem Rivoaltl1lxam deducta Q. (GOttingeD, 1846). (8) MURATORI, na. 88., t. XII, col. 76' A. (4).. col. 116 A. (5)>> " lO col. 127 D. (6) Cfr ANDBBA DANDOLO, p. 133; ArcA. Vell., XIV, 143. ('7) Cfr CICOGNA, ilcrlziOfli VelJezialle, t. V, p. 222.

s.

Cosi un Giovanni Aurio soscrve come testimonio l' interessante privilegio che il doge Domenico - o piuttosto (i) Pietro - Tribuno conferisce intorno agli anni 887 o 890 agli abitanti di Chioggia. In un documento del i 125 compare come advocator S. Mariae di Torcello un Aurio Dauro (2), e in un altro del 1.207 un altro Aurio comparisce come pievano della Chiesa di S. Pietro de Maioribus (cio Majurbium o Majorbo) (3), e nuovamente in un altro del i21.4 sta sottoscritto un Aurius Presbyter et Canoncus Torcellanus (4) etc. - Devono pur tenersi come giusti anche i nomi delle altre famiglie ricordate in questo brano. Parimente ritroviamo in documenti posteriori i nomi dei lidi (littora) Vignolas, Debovis, Album e Mercedis, che secondo la nostra fonte furono stabiliti dal Tribuno Aurio; e anche la loro etimologia pu senza troppa difficolt venire accettata (5). Ci che vien detto . sulla derivazione dei nomi dati allo isole, cio a Torcello, Burano, Mazorbo, Costanzaco, Amiano, nomi presi dalle porte di Altino, si trova, come gi abbiamo accennato, simile nel Dandolo, il quale per nomina anche Murano (Amorianum) che manca qui nella Cronaca Altinate; ed egli parla soltanto di sei porte, mentre qui si parla e de1le porte e delle torri, che per (come frequentemente avveniva nel medio evo) possono essere state in parte collegate. Se Altino avesse veramente sei porte noi noi sappiamo; che fosse una fiorente e ricca citt ci ben noto (6). Non dobbiamo per passar sotto silenzio che Dandolo in altro punto (col. 118 D) riferisce ad un imperatore Costanzo o Costantino, che viveva nel settimo secolo, il nome di Costantiniaco - lo stesso probabilmente che quello della sopra (col. 76 B) accennata isola Costanziaco. Il Filiasi (Ioc. cit., t. VI, p. I, p. 190) combina le due notizie in tal modo che egli suppone, come in un tempo anteriore gli Altinati, ad onore di Costanzo, figlio di Costantino il Grande, abbiano nominata" Costanziaco (o altro di somigliante) una porta della loro citt, imperocch questa era stata da uno dei due imperatori abbellita ed

ire

(l) Cfr ROMANI N, 8tol'ia doc. di Vefltzia, t. I, p. 215. (2) FL. CoRNELIUS, Bee/e,. Torcellanae, t. I, p. 21. (S)., ., t. I, p. 297, (4)" t , Il, p. 15.
(5) Si confronti FILIASI, Metll. ,toro li l'eneti . . . ., t. VI, p. I, pago 145-159. (6) Cfr Acta 88. Bo/and. die 3 J.lij: " Ex Altlnate nutqulssma ae opulentiSBlma urbe ..... , haee namque Civitaa olim ex auro ct argento mire decorata magnls opibus pollebat, atque Inter ceteraa Venetiae civitates nobilissima dicebatur .

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ornata (ed accenna Filiasi come quegli imperatori aveano spesse volte soggiornato nelle citt della Venezia); che da quella porta poi l'isola abbia ricevuto il nome; che Dandolo poi abbia confuso quel Costanzo con un altro pi tardo. Il Filiasi rinunzia per ad una sentenza finale, e noi dobbiamo far lo stesso. Ci spingerebbe troppo lontano il numerar qui le singole chiese che si credono fondate in quel tempo, e dimostrare la loro esistenza autenticamente. Siano qui ancora accennate soltanto due notizie, che interessano la storia dell' arte. L'una riguarda la cattedrale di Torcello, consecrata alla Vergine Maria, del qual tempio cosi si dice (t. V, p. 76): fecerunt gloriosissimam et preciosam formam et excelsam et mirabilem abentem claritatem, ecclesia vero ad honorem Sancte Dei Genitricis et Virginis Marie; et fecerunt ibi episcopii domum et gloriosum habentem ediflcia: pavimentum ecclesie feccrltW, roda medium, billissima operatione (1). Tali pietre a forma rotonda si trovano (cfr Pertz, LL., t. II, p. 188) spesse volte nei pavimenti delle vecchie basiliche. - Presso alla . Cattedrale e quindi fuori della medesima si sollev, secondo le antiche usanze (2), il Battistero, consacrato a Giovanni il Battista. Esso era specialmente per questa circostanza interessante assai, imperocch l'acqua, .condotta sotterraneamente, o, a meglio dire, sotto il pavimento, sgorgava nella vasca battesimale per mezzo di teste d'animali in bronzo (t. V, p. 76): - hedificaverunt 6(? clesiam ad honorem S. Iohannis Baptiste non longe ab atrium S. Marie - In eadem ecclesia S. Iohannis posuerunt fontem baptismatis. Aurii tribuni (sic) composuit per circuitum fontis, et per longitudinem sub pavimentum eiusdem ecclesie, per mi rabile instrumentum, aquae rigare, et foris in fonte expuere per becs bestiarum figuris qua e sunt enei (3). Eguali notizie si ritrovano pure negli altri brani (4). II. Noi ci intratteremo piuttosto un po' nelle notizie sulle re(1) Oll'On. Grad. (VIII, 117): (, - Baslllcam fundaverunt, pulcherrimo pavimento omatam, cuus medlum pulchritudlne sua rota quaedam admodum decorabat . Sulla cattedrale In generale cfr A. COSTADONI, Ollenazioni ~flt0f'1l0 alla CMe,a cattedrale d~ Torcello (1750). (2) Cfr CORNELIUS, Ecci. Turcell., t. I, p. 57; FILIABI, t. VI, p. I, p. 222. (3) Clron. Grad. (VIII, 120): In psa (se, Eceleala) quoque Baptismatls fontea ponentes, mirum in modum per occultos meatus in elsdem fontlbusaereaa beBtlarum ymaglnes aquas evomere fecerunt D. (4) Cf'r V, 86; VIII, 96. - V, 95; vm, 82.

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lazioni interne, politiche ed ecclesiastiche della nuova eomunit. In ci consiste appunto, secondo T. Wstenfeld (1), il valor principale della Cronaca o delle Cronache Altinati. Esse , egli dice, quando sieno usate saviamente, sono una pregevolissima fonte per le condizioni e gli instituti del loro tempo, per la differenza degli ordini sociali, per la distribuzione e le cariche del fondo ecc.s. Ma peccato che gi per la grande difficolt di comprendere molte notizie, un tal uso savio venga pur troppo non solo reso molto difficile, ma perfino qualche volta impossibile. Wstenfeld suppone, che il nostro brano descriva la condizione che si era formata al principio del IX secolo (2). Si dovr dichiarare questa opinione in generale la giusta; ma ancor in dubbio se possiamo riferire questa descrizione a tutte le isole, o soltanto a Torcello. lo crederei solo a Torcello, riguardando ci che, secondo il Romanin (I, 40), Torcello aveva il suo proprio statuto . Neppure si potr negare, che alcune delle condizioni che vi sono riferite, vanno ancora pi in l, come ad esempio ci che vien detto sui coloni e sui loro dazi. Imperciocch Leo (3) fa rimontare fino all'invasione dei Longobardi nel VI o VII secolo, in generale le condizioni nelle quali si trovavano in Italia i poderi campestri nel XIII secolo ; e le instituzioni veneziane, come dice il Wstenfeld (4), non sono da spiegarsi se non mediante la storia generale italiana. Cerchiamo dunque di esporre in breve l'ordine delle cose, come risulta da questo brano. Troviamo anzitutto ricordata espressamente la supremazia dei dogi (di Malamocco). Imperocch non soltanto si dice, che per quasi tutti gli ordinamenti e le determinazioni vien richiesta la conferma dei dogi (Obelerio e Beato), ma espressamente si legge, che il tribuno Aurio, il quale evidentemente ne era stato il capo, si era con tutto il popolo sottomesso ai dogi:
V, 74 (VIII, 57): - - se pse AuCrono Grad. (VIII, 117,: c - - prerius tribunus curo totis omnibus sus, fatua Aurius tribunus cum unversa sublugavt eis ducibus quod retro inco- popuU multitudine qui ex praedicta lomitalis ordinis atatutum ilUs consm- Altinensi eonCugerant civitate, Obelie(l) Nelle Go"ttifllet' GeleArtefl A"uigen, 1854, Case. 115, p. 1444. (2) Vefletorum 1Ii,toria etc., pago 66: (, Traditio illa manifesto in

eo statu verUtur, qui ineunte nono saeculo post acerrimas dimicationes tsndem stabilita erat ". (3) Ge,cllickte fiO" ItaUen, voI. I, p. 8'7. (4) Gott. (Jel. Afilli., 1854, fase. 115. p. 1143.

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lantlbus erat quando (i manoscritti qn) fnerunt in Altinensem civitatem, quod multitudinem hominum de eadem civita.te sive et de allenls partbua erant ludlcantes. Tota gens illlus potestatis Mareus me, et fllius eus, duees appellati erant. Totas autem litteras ('ie llitora) quas apprehenderunt cum laudatione quod supra 'jam dictum est. Prlmum namque lltore invenit Manrum ". rlo et Beato duebua colla submittente8 se subiugaverunt, eo ordine quo in praefata civitate olim subdltl fuerant ducbus qui Ipsius regime obtinuerunt. His namque patratis, ut supra memoratum est, ex concessione iam dietarum Ducum et populi collaudatione quaedam littora in praefatl Aurii Trl bunl potestate concessa sunt o ,

Quindi non senza clausole i tribuni si sottomisero ai dogi. 'Ma non chiaro del tutto in che consistessero i patti o le concessioni che loro venivano riservate. L'autore della Crono Grad. ha con gran destrezza sfuggito queste difficolt allorquando dice, che essi hanno fatto ci colle medesime condizioni, sotto le quali essi si erano gi innanzi nella prima lor patria (Altino) sottomessi ai dogi di quel luogo. Egli ha trascurato semplicemente tutto il passo quod multitudinem - erant iudicantes . E pure, per quanto mi sembra, egli la chiave per intendere il passo. lo lo spiego cos: ai tribuni rimase guarentita la piena autorit giudiziaria sulla popolazione emigrante, e su quella che nuovamente immigrasse, podest, che essi avevano posseduta gi prima in Altino sotto i (certo alquanto dubbi) dogi (Marcio), Essi debbono pure, secondo la Cronaca Gradense, aver ricevuto in possesso privato alcuni lidi. Nel nostro brano (la fonte della Cronaca Gradense) vi qui evidentemente una lacuna, Ma pi tardi si parla nuovamente di ci, l dove, dopo l'enumerazione dei lidi gi da noi accennati, Vigniolas , Boum, Album, Mercedis, vien detto:
V, '17: .. Totls perserlptis llttoribus fstia quaenomlnatl habemus, appreluttde"mt Aurll trlbuni et principia Torcell1ad lure et domlnatlone /,c081 i maDoeerlttl) ad llIorum episooplum. Collonbue .... ,
Ct'01I. Grad. (VlII, 120) : - - haee amnia quae supra memoravlmUB \lttora, praefatuB Aurlus cum ceteris elusdem epscopl principi bus In jure proprlae domlnationls sub eodem epscopatu suseepernnt ".

Sorprendente la versione di questo brano nel codice S (VIII, 60): Omnia supradicta litora, que nominata habemus dederuni Aurius Tribunus et principes Torcellis ad ius et dominationem iIIius Episcopatus . evidente che qui si detto precisamente il contrario, cio, che i lidi fossero quasi sottoposti all' episcopato, e non possiamo decidere, se qua o l si abbia a fare con un equivoco,

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oppure con un mutamento premeditato. Pi tardi si dice, che i trbuni stabilirono su questi lidi dei coloni che dovevano lavorarvi, sotto la condizione che una parte delle rendite dovesse toccare al vescovo. E cio da ogni tratto di terreno messo a viti, egli doveva ricevere ogni anno due piante con tutti i grappoli (1). Altre parti del vescovado doveano invece pagare il tributo con polli ed uova. A queste prestazioni in natura se ne aggiunse anche una in denaro: otto sesterzt per ogni podere (mansus); e finalmente venne aggiudicata al vescovo la pesca tanto nell' acqua stagnante, che in quella scorrente. Non si parla all' incontro di servizi personali.Erano questi, si pu ora domandare, dunque coloni del vescovo di Torcello l O pagavano il censo anche ai tribuni I E dove consiste nel primo caso il dominio privato dei tribuni su questi lidi, dominio di cui sopra si fece parola? Si dovrebbe forse tuttavia tener per giusta la versione del cod. S. ? Non avranno forse i tribuni ricevuto nessun proprio possesso? Ci che sembra essere pi certo si , che quell' Aurio si sia riservato, o che abbia fatto valere una specie di patronato sul seggio vescovile ; imperocch dopo l'accenno alla fondazione della cattedrale leggiamo ':
V, 74: ,. Apprehendit Aurius ille ad ero. Gl'ad. (Vm, 117): Quam ec0PUI Iuum episcopium ad llus sube- cleainm lsc, Mariae) videlicet episeopaetionem cum laudatlonem Metarnaucensium et Rivlldensumomnium curn eonfematione. Obelerins et Beatus ducibus qui eruut in Matamauco ,
tum Autlus Trtbunus constituit; quod episeopium praefatus Aurius ex eolaudattene Metamuucensium et Rivoatensurn nec non ex coufrrnatione Obeleri E't Beati dueum qui ruuc Venecam regebant dueatum in proprtt dominii

inr 'CI17.dicQfJit .

Cosi vi sono vari punti oscuri. che non si possono pienamente spiegare. - Alquanto pi chiaro ci che ven detto nel se guente frammento del nostro brano circa le istituzioni sull' isola (? vicus) Aymano. Qui, secondo il nostro racconto, i Frauduni, i quali coi Villareni Mastalici aveano innalzato una chiesa ad onore di S. Lorenzo, ottennero dal tribuno Aurio e dal vescovo Mauro il
(1) Y. 77: Constituit perpetualiter per vindemiis in omnlque anno perflctum persolvente pro omnbus ccngugs vinearum duobus panpanls cum vltibus plenis .. (YIlI, 60: (. perflctum sol vere pro unoquoque iugere vlnearnm duos panpanos uvibus plenos .); Crono Grad. (VIII, 121): Constituerunt quoque quod singulis anns ex uno quoque sulcu uniuseuiusque viueae am dieta episcopatu duos palmtes cum omnlbus raeemis pro censu persolverent "

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tribunato, e col loro consenso presero in possesso la pi gran parte dello stesso lido, onde esercitare col la viticultura a profitto della chiesa accennata. Ottenero essi allo stesso fine la pescagione, e siti (cio paludi) per la costruzione di molini; coscch troviamo qui in qualche modo una copia miniata delle instituzioni su

Torcello.
In tutto ci che si racconta intorno ai Frauduni, vien accentuato il consenso del tribuno Aurio e del vescovo Mauro, e per ci noi possiamo con Wstenfeld presumere, che quelli abbiano appa~ tenuto ai tribuni minori, eli Aurio invece ai maggiori; e che i Fraudn abbiano appunto ottenuto le basse giurisdizioni in vico Amianarum . Similmente altrove si detto, che Aurio abbia invece a Majorbo (in vico Maiorihus ) stabilito un tale Massus come miles udicii , il quale abbia avuto in mano il potere militare ed il giudiziario. Finalmente in questo frammento si parla anche delle relazioni che aveano l'una con l'altra le singole chiese. Oltre alla chiesa consacrata a S. Lorenzo, i Frauduni, parte in unione ad altre famiglie e parte soli, costruirono nella stessa isola di Aymano alcune altre chiese in onore di S. Marco, dei martiri Sergio e Bacco, Marcellino e Massimo, le quali per eglino sottoposero tutte quante a quella di S. Lorenzo. Ogni anno nelle loro sagre in eorum festivitate doveano queste tre chiese apparecchiare un banchetto (prandium) al pievano di S. Lorenzo, e questi invece doveva, nella festa del suo titolare, apprestarne un altro pei. chierici delle tre chiese. Queste disposizioni sono in parte avvalorate da documenti posteriori. Nel 1184 il vescovo Leonardo Donato di Torcello concesse (1) a due donne, Agnese e Berta, la chiesa di S. Lorenzo, onde innalzare col un convento di monache secondo le regola di S. Benedetto. Neldocumento (riportato a p. 267) nel quale egli trasmette loro tutti i diritti della chiesa menzionata e del suo pievano, vengono ricordate come ad essa soggette, le seguenti cappelle: Sauctorum Apostolorum, Sancti Angeli, S. Marci e S. Andreae . Noi ci ricordiamo che la chiesa di S. Marco viene mentovata anche nel nostro brano; se le due altre suaccennate di Sergio e Bacco, Marcelliano e Massimo gi erano rovinate, non lo so. - Per ci che concerne il pranzo, in un documento del 7 Marzo
(I)
Cfr

FUM.

CORNELIUS,

Bctlt!8. TorceU., Il, 237.

sos
i44t (t) il papa Eugenio IV libera espressamente le monache del
chiostro di S. Maria degli Angeli di Murano (alle quali nel t439 le monache di S. Lorenzo aveano ceduto il proprio convento per congiungersi insieme), le libera, dico, dall'impegno cui erano state obbligate le monache di S. Lorenzo, di apparecchiare cio ai canonici della chiesa vescovile .n Torcello un pranzo nella festa di S. Lorenzo. Che la chiesa di S. Lorenzo in Amiano fosse soggetta alla cattedrale di Torcello, vien detto anche nel nostro brano o almeno nella Cronaca Gradense; giacche si legge alla fine di questo frammento che omnium supradctarum ecclesiarum censuerunt episcopium ipsam ecclesiam Sanctae Mariae . La medesima cosa risulta pure dal sucitato documento del vescovo Leonardo Donato nel t184, dove egli si conserva per s, sulla chiesa di S. Lorenzo e sulle cappelle che vi sono soggette, tutti i diritti spettanti alla sua chiesa ed esercitati dai suoi antecessori. Fra questi diritti vi ha principalmente quello che egli debba dare ogni volta il consenso sull'elezione dell' abbadessa, circa ,. electionem Abatise vel prelate que ibi per tempora erit eligenda, ut de nostro consensu et successorum nostrorum eligatur . Qualche cosa di simile si trova ora anche nel nostro brano. Nella Cronaca Gradense si legge, che i Frauduni col consenso del tribuna Aurio e del vescovo Mauro stabilirono che il posto di pievano di S. Lorenzo dovesse venir occupato da uno della loro propria famiglia, quandunque nella stessa si trovasse un chierico atto a tal posto, e in caso contrario rloveano gli appartenenti (?) alla stessa parrochia aver il diritto di scegliere un' altra persona a loro gradita, e che essa doveva, come ogni pievano, ricevere l' investitura dal vescovo di Torcello:

ero. Grad. (VIII, 122): <c Ex collaudatione Aurii Tribuni principis Torcellani et Mauri Presbiteri, qui in eplscopatu bonorifce electus luerat, per testamenti paginam constituerunt (se, Fraudunl) quatnus si quls e:c tllorum trllJ. utills inveniretur elerleus, aeeepta investieione a pontiflce Torcellano, sine alleuius oontradietione, In Saneti Laureneii Ecelesia pleIJanu8 eonstitueretur. SI autem ex praedleta prole nullus talis aupereeaet clerious, eiusdem parrochiae
(I)
FUM. CORNBLIUS,

V, 78: " Praeeepit autem ille (se, Frauduni) per paginae testamentum eum conflrmatioue Aurll tribuni prncipis Torcel1is Insimul eum Mauropresbitero qui debet fieri episcopus, ut si de lIIius prole utilis elerieus fuisset, ut eccle,{am Sanct{ LaurentU per in vesticionem Torcellus episcoporum aceperet, et cum potestate intraret in 1110rum (cos i manoscritti In luogo di nullorum) proprletatem suorum quidem pertinentam, iuxta no,trorum 11-

ilJid., pago 2831

. ricini In allam quam "ellent personern, lorumque eonstltutones, sve pagine


liberam Caciendi electlonem haberent ussonea, et cum conllrmatione flOlt,,'Opotestalem u , rum testamentorum, sive iussionis praecepto. De ceterts atus ecclesii, praecepit per hoc testamentum de illorum prole si fuisset nvestlconem eplscoporum acciperet, et cura poteslate ntus introire: et si de illius prole clerici nulli fulssent, electionem dedit plebano ccelesie S. Laurentli et investicionem episcoporum, Si non est de llorum prole ullus clericorum potestatem dedit cum convicinantium laude, matrls ecclesie episcopum elgere et investire, hor:oriflcutionem parentorum eccclesiis persolvere secundam composita m episcopi (cos i manoscritti).

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Cos la Cronaca Gradense, ed a ragione Flaminio Cornelio (EccI. Torccil., t. m, :322) vi scorge una testimonianza, che vi sia stato da una parte giuspatronalo, dall' altra elezione popolare. Ma nel nostro brano n. G mi pare che sia contenuta qualche altra cosa, Non gi in quanto al giuspatronato, imperciocch se noi giustamente interpretiamo le parole: De ceterisaliis ecclesiisinvesticionem episcoporum s , che nella Crono Gl'ad. sono ommesse completamente, quel gius anzi sembra essersi disteso anche su di altre chiese, vale a dire sulle gi nominate cappelle, -;oggette a S. Lorenzo. Ma, a quanto mi pare, qui non si parla di una elezione popolare, o a dir meglio di una elezione per parte degli appartenenti alla parrocchia; si parla piuttosto solo di un consenso (<< cum convicinantium laude ) all'elezione, la quale spetta al vescovo: cio nel caso che non esistesse alcun membro maschile della famiglia patronale dei Frauduni, il quale fosse atto ad occupare il posto del pievano di S. Lorenzo; ed in questo caso, secondo le ultime parole, intralasciate pur esse nella Cronaca Gradense, si doveva prestare alla famiglia patronale un risarcimento in denaro stabilito dal vescovo. Si scorge da tutto ci a sufficienza quali difficolt - anche ad onta o precisamente a cagione della compilazione (ben poco esatta) - si abbia nell' interpretare la Cronaca Altinate. IV. Alla prima parte di questo brano segue nel Codice D un passo, che nella Cronaca Gradense manca di nuovo, ma a quanto

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si pu conchiudere dal suo contenuto, sembra appartenere ancora a questa prima parte. Imperocch noi vi incontriamo nuovamente il tribuno Aurio e i Frauduni ecc. ; ma non vi si scorge una connessione coll' antecedente frammento. TI passo comincia in modo del tutto enigmatico colle parole: Ebbe luogo in queli' anno un' enorme inondazione . Noi domandiamo: In qual' anno 1 Ove 1 A Torcello 1 O ad Amiano? La popolazione dovette lasciare le sue dimore, perirono fanciulli e vecchi, ogni bene precipit. Per censiglio del sopra nominato tribuno (cos'I almeno pare venga narrato), si fabbric in altro luogo una gran torre, e l furono domiciliati gli schiavi (servi), i quali contro un' imposta annuale da pagarsi ai tribuni s'incaricarono di lavori. Gli uni nominarono questa torre s turris Pellaria , perch vi si lavorava in pellibus partichinis (1); gli altri invece la chiamarono dal nome Aurio te turris Auria . Anche qui si dimostra novellamente l'autorit e l'influenza di questi tribuni maggiori, i quali, anche dopo l'istituzione dei dogi, sembrano avere rappresentata ancor sempre una gran parte. V. La seconda parte del nostro brano tratta, come fu gi innanzi indicato, dell' istituzione del patriarcato di Grado. Fu gi innanzi accennato qual relazione esista fra questa e la prima parte (2); come l Torcello, cos qui Grado il centro e probabilmente il luogo in cui fu compilato il racconto. Ci pare almeno probabile per la precisa indicazione dei giorni nati vi di vari flanti, stabiliti dal patriarca Paolo, e del loro luogo di sepoltura. Essi, o una parte di essi hanno per ben tre volte, secondo la nostra relazione, mutate le loro tombe. Un prete Geminiano, dopo averli per ispirazione divina ritrovati a Trieste ed Aquileja (con ci incomincia questa parte) gli depone da prima in Grado e in chiese di cui ci sono ignoti i nomi; quindi il primo patriarca di Grado, Paolo, gli distribuisce in varie chiese; e finalmente il secondo successore di Paolo, il patriarca Elia, ne depone alcuni nella chiesa di S. Eufemia,da lui costruita. Ci non accenna quella Crono Grad., e mancano pure in essa le notizie su quest' ultima chiesa, notizie che sono di grande interesse per la storia dell' arte (3).
(1) Si devono qui intendere le porporine c. pelies Parthieae ~ (vedi DUCANOK alla stessa parola) o le pelles marturinae'l . (2) .4rch. Veli., XVIII, p. 245 e sego (3) V, 82: " Corpora earum sanotarum Virginum (se. Euphemiae, Dorotheae, Teclae, et Erasmae), oondiderunt In eadem ecclesia (S. Euphemlae) cum maxlmo honore. Super septem lalti& (ec laltrll'l qua in Aqui~egia deBtructa

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Da quel Geminiano il racconto salta subitamente al doge Beato di Malamocco, che, accompagnato da tutti i tribuni di Venezia (1) and a Roma dal papa Benedetto, onde ricevere la conferma del nuovo patriarcato di Grado, conferma che venne prontamente concessa. Gi da lungo tempo nota la falsit di questo racconto; qui voglio soltanto annotare, che le parole (V. 8t, linea 20 cominciando dall' alto): et missa vobis preceptione - perpetuo confrmamus sono tolte dalla concessione del papa Pelagio II al patriarca Elia, la quale si trova anche nel Dandolo (Muratori, XII, 99 E e segg.) e la quale gi nel noto sinodo di Mantova, 827, era stata letta e presentata dai patrocinatori delle pretese di Grado in fatto del patriarcato (2). - Oltre a ci da osservarsi e merita attenzione, quanto vien detto delle disposizioni del papa riguardo all' elezione ecc. del patriarca. Questa fu da lui conferita al popolo, l'investitura fu concessa al doge, ed egli riserv a s medesimo la consecrazione. Cos la Cronaca Gradenso; l' Altinate invece differisce alquanto, come ora si vedr dal confronto dei due brani:
VIII, 124: Eiusdem Praesulis (se. Patriarchae) electionem clero et populo liberam faciendi tribulmua facultatem. Praefatae praeterea regionis duci, post f'actam eleetiouem i1lfJestitionis potestatem committimus; qua ab iP80 Duce acoepta , eiusdem sptrraganeis consecrandi lIcentiam concedimus. Quibus expletis, ad hui us Sanctae Romanae Ecc1esiae Bedem ad palii benedictionem suscipiendam properare nungmus..... Ad huus rei conflrmationem, recto, ut supradctum est, ordine, quemdam Paulum Cardinalem Sanctae Romanae Ecclesiae, facta electione ab psa Tribunis et Nobilibus qui cum Beato Duce aderant, a praefato quoque Duce accepta investitlone, Patriarcham consecravit, atque cum pali! benedlctione in novam Aquilegiam cum es remisit IO. V, 81 : Concessit Benedlctus papa

Beatus dux cum omni populo Venecie


metropolitanum patriarcha Gradensem nove Aquilegie civitatis ut eligeret et Dux investiret ut per manu Romane sedis pontiflcem investiciouem acclperet : et iIlum debet consecrare et cum privilegi! preceptum per concilium, cum laude et confirmatione episcoporum et cum pali! benedictione in Aquilegia uove ch'Italia Gradus metropoli revertere ,

civitate supra illarum corpora, quao hic invenerunt, (erant), In eadem eeclesa mb sex ocnstltuerunt. Septlma autem In quatuor columpnis supra Sanctarum Vlrglnum altare composuerunt .,. (I) V, 80: cum omnibus tribunls Venetie . VIII, 123 (Cron. Grad.): _ cum (luiblUdam Tribunls et noblllbus sua . (2) Cfr DR RVBEIS, Monutnenta Bccleliae J.(llfilejefllil, (1740), p. 251 B ti 418 D.

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Ci consona completamente con quello, che altre volWl si riferito sui rapporti fra il clero ed il dominio temporale a Venezia in generale. Cosi Dandolo dice (col. 260 A) di Giovanni Gradengo, fino allora vescovo di Equilio ed eletto a patriarca nel 1105 (dopo la morte di Pietro Badoer): a coetu Cleri et Populi ad Gradensem sedem transfertur, cui [ueta solitum Duo: investilionem contulit. Certo l'elezione non sar stata sempre pienamente libera. Per esempio la deposizione del noto patriarca Fortunato e l'elezione di un certo Giovanni, abate del convento di S. Servilio, Giovanni Diacono l'ascrive direttamente agli ordini dei dogi Agnello e Partecipazio: Fortunatus ... cum ... contra Veneticorum voluntatem saepissime Franciam repetebat, et quia hoc amodo ducibus displicebat, pepulerunt illum a sede, et in loco eius ordinaverunt Johannem S. Servuli abbatem . Certamente i dogi in generale hanno esercitato una grande influenza sullo elezione dell' alto e basso clero. Per non dir nulla del primicerio di S. Marco che fu eletto dallo stesso doge (t), Dandolo fra i diritti aggiudicati al primo doge Pauluccio riporta anche questo, che in somma d'ordine del doge le elezioni del clero dovessero venir compiute da parte del popolo e dei sacerdoti (2). L'elezione del primo vescovo di Olivolo ebbe luogo alla presenza del doge e del patriarca: assistentibus Duce et Patriarcha Venetorum "Populi et Cleri synodus adunata Obelerium clericum .... Episcopum laudavit, et laudatus a Duce investitus et intronizatus a Patriarcha quoque consecratus est (col. 145 E), mentre Giovanni Diacono dice addirittura, che il doge ha ordinato il vescovo. Il trasporto della sede vescovile da Malamocco a Chioggia (1110) fu decretata, secondo Dandolo, dal doge Ordelafo Faledro alla preghiera del vescovo di quel luogo: decrevit ut Sedes transferretur (col. 262 B), ed a piena ragione Dandolo (3) soggiunge a questo proposito le seguenti parole sulla dipendenza del clero dal Doge e dal potere sovrano (col. 262 B): Consideret ergo Clericorum coetus Ducalis Throni auctoritatem et eminentiam venerandam absque quibus dignitatum spz'ritualium elec(l) LEBaET, Staatlgelcll. de,. Rep. Vefledig, t. I, p. I, pago 205. Col. 127 B: ei",que (se. Dueis) i",doM Clericorum Concilia et eleetona Praelatorum a Clero et populo debeant Ineboare et eleeti ab eo Investielonem IID1Cipere et ens mandato Intbronlzari . - RoIifANIN, (Stor. docum.), I, 341 ha ommeeso le due parole decisive eiUllJue ilUsiofle. (3) Non soltanto Lorenzo de Monacis come dice LEBaET, (l. c.), t. I, p. I, p. 347.
(2)

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fio fieri non potest, et ipsis electis a.lministratio inhibetur, donee investiti a Duce fuerint et ipsis investtis suarum Ecclesiarum translatio, et immohilium alienatio, sunt prohibita: et sint amodo sua iurisdictione contenti. nec temporalia iura invadere ambitiose perquirant . questo un tema, di cui si vivamente occupato il Dandolo, ci che vie n confermato espressamente dal suo cancelliere Benintendi de Ravagnani nella lettera che egli ha in lode (<< in commendationem ) dell' opera Jel suo signore publicata nel Dicembre del 1352 (1). Parimente annota Dandolo all' atto di fondazione del chiostro di S. Ilario che se ne palesi ad evidenza la giurisdizione dei dogi sovra del clero; e infatti il doge proibisce quivi ai patriarchi ed ai vescovi di convocare i monaci del nuovo chiostro a sinodi contro il loro volere, e lor vieta inoltre di riscuoter da questi alcuna imposta (2). Benintendi de Ravagnani da parte sua dice nella lettera sua ecennata, che Dandolo, nelle sue ricerche sul quando abbia avuto origine l'investitura del clero per parte dei dogi, ha ritrovato in vecchi documenti, che i dogi fin al tempo di Pietro Polano aveano posseduto non solo il diritto di investitura, ma anche quello dell'elezione e della conferma dei prelati, dai quali essi aveano, come dai laici, preteso ancora un giuramento di fedelt (:3). Fra il doge Pietro Polano e l'in allora patriarca di Grado Enrito Dandolo, nell'occasione della nuova elezione di un' abbadessa del chiostro di S. Zaccaria, sorse questione sui loro rispettivi diritti, questione di cui io feci parola altra volta (N. Arch., I, 4iO. Vedi Arch, Ven., t. XII, p. 33i). Al decreto di scomunica proclamato dalla curia si rispose da parte dello stato con l'espulsione del patriarca e dei
(1) MURATORI, t. XII, p. io. (2) Col. 16'7 A: ,. --- placut nobis nterdleere nostrne Gradensis sedia Patriarchis, sive nostris Rivoaltensis sedis Episcopis, nt nullum ex vobs invitis ad Concilium trahere audeant, nec nllam angariam, vel prandia aut exena R vobis requirere Iiceat aliqua , (3) MURATORI, XII, lO: ,. Ipse ut inter cetera, slc in servauds et ampliandis iurlbus, et honoribus Patriae curosus, erebro perqulrens, un de In vestitura illa, quam a Duce pcrclpiunt Ducatus Venetiarum Praelati sumsisset exordium, compertum habult antlqussmta monumentis, Duces Venetiarum ollm ex lonzaeva consuetudine, ne dum IIu;'18 IflfJt,titurae ,ed Blectioni, ttiam, et COf!flrmotion;, Ptmlatorum, a qubus Insuper de fidelitate ut a ceteria Laicls, conaueverunt juramentum exgere usque ad tempora Petri Polan Ducs, praerogativam pluritnam habulsse l).

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suoi congiunti e aderenti. colla confisca dei suoi beni eco. Sotto Domenico Mauroceno (Morosini), successore d Pietro Polano, si venne finalmente ad un concordato, che il Benintendi d solamente in un estratto. Imperocch qui non si legge nulla riguardo all' ele-zione, ma comincia tosto con ci, che in seguito all' elezione confermata dal patriarca ed annunziata al doge (1) debba anzi tutto l'eletto, dopo alcune cerimonie, venir dal primicerio di S,. Marco immesso nel possesso della sua chiesa, e quindi consacrato. Riceve poscia dal doge l'investitura, ed in appresso viene dal cappellano del doge messo al possesso delle sue rendite. - Non mi noto, se Dandolo abbia unicamente per interesse della stessa questione, o per un caso isolato, avuto motivo a queste osservazioni e ricerche; oppure se egli abbia trattato tal cosa solamente per una -dilucidazione teoretica o anche per una applicazione pratica di principi riconosciuti giusti. Voglio soltanto annotare, che sotto il suo ducato si procedette energicamente contro l'aumento dei legati su beni immobili nelle mani morte (2). VI. Ma ritorniamo ormai alla Cronaca Altinate. A quanto ci ricordiamo noi siamo rimasti alla seconda parte del pi antico brano (n. 6) sull'istituzione del patriarcato di Grado. Si legge in esso (3) poi che il patriarca Elia istitu nel paese che si estende da Verona alla Pannonia, all' Istria e alla Slavonia sedici vescovadi di cui sei nella Venezia rimettendo l'elezione dei vescovi al clero ed al popolo, e lasciando al doge l'investitura . Come primo vescovado della Venezia vien detto quello di Torcello o di Altino (4), e quindi ne deriva un' altra differenza colla prima parte del brano, dove il patriarca Elia non apparisce partecipe alla costituzione del vescovado di 'l'orcello. Falso in ogni caso, se qui lo si dice, che il vescovado di Olivolo sia gi stato fondato dal patriarca Elia.
(I) " Facta conflrmatione Electionis Patrlarchae, et enunciatione Duci . (21 ROMANIN, l. c., t. III, p. 162 j LEBRET, t. Il, p. 54. (3) V, 82: ,,-- per hoc sinodale concilinm cum laudntione clerioornrri cum totius per partes populi a Verona usque ad Panons flnem, et totum Foroiulensium aive Hystrie partibus, cum Pola et Parentioa clvitatlbus, et In capite Sclavanie quod est civitates nomine Potena, alia VegIa, torcia Absaro. Constltult et ordlnavit Helyas Gradensem patriarcha, per tote istorum provincie, decem et sex episcoporum. In Venetia autem consttut sex episcoporum fieri , Ch,.. Grad. (VIII, 125) : e Helyas cum omnlllla multitudine Eplscoporum, ac cleri et populi collaudatlone, ordnavt 16 episcopatus inter Forogluleusium, nec non et Hystriae sive Dalmatiae partes : videllcet (!) in Vcgla, in Apsaro, in Pathena , (4) I duenomi vengono usati scambievolmente anche nei documentI.

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Ci avvenne, come noto (f), solo nella seconda met dell' VIU secolo al tempo del doge Maurizio (164-787). E la cattedrale di S. Pietro di Castello venne costrutta soltanto sotto il ducato di Agnello Partecipazio (809-827). Prima di questo tempo non pu dunque esservi stata l'usanza, di tenere ad ogni sabbato mercato innanzi al palazzo del vescovo, quand' anche il fatto per s medesimo fosse vero (2). Vi qui parimente frammisto il vero col falso, confuso un secolo con un altro, e simi! cosa si dovr credere anche in quanto ai vescovadi di Malamocco, di Equilio, Eracliana, Caorle ( Caprulae ), che noi non vogliamo pi a lungo esaminare. Al novero dei vescovadi segue la descrizione del litorale da Grado a Poveglia (Popilia), descrizione gi da noi prima accennata (Arch. Ven., t. XVIII, p. 248), e probabilmente la pi antica e la pi precisa che abbiamo. Ed infine sono annotate, in una forma pur troppo oscura, le rendite assicurate al patriarca dai tribuni e da tutto il popolo. Sembra che ivi si dica, come tutto i! littorale fra Grado e Caorle venne soggetto al patriarca, con questa speciale determinazione che nessuno n di Grado n di Caorle, di Equilio o di Torcello, portasse nocumento al diritto del patriarca sulla caccia e sulla pesca. Pare che gli abitanti di Murano, Bibione e Fine si siano in iscritto obbligati (essi o tutti gli abitanti del littorale 1) a porsi colle loro gondole a disposizione del patriarca, ogni qual volta egli andasse alla caccia (che gli era permessa in tutta la sua giurisdizione), e a fargli tutti quegli onori e quei servig che i! doge doveva ricevere dagli abitanti di Caorle odi Equilio - e ci viene anche riferito e accertato con documenti. Cosi nel noto documento publicato dall'Ughelli (Italia Sacra, t. V, col. 1097 e seg.), e che si riferisce al tempo di Carlo Magno, e in cui gli abitanti dell' Istria si lagnano delle angherie da parte del duca franco Giovanni, noi leggiamo, come il patriarca di Grado sia stato in Istria e specialmente a Pola accolto festosamente da tutto il popolo (3). Noi troviamo anche in
(1) MURATORI, XII, col. 145, D. Helyas patriarcha cum omnls tribunl et Rivi a\tenll9ll populi ... conftrmaverunt, Rive conoederunt, sve per conftrmationiB scriptum anatheme conatrlotum, ut In omnl dle sabati convenirent in unum totl omnee Rlvolenlll populum ad curte epiacoplum hulo marche datat, Blve convenlret cio ounote Venacle populum ... Vedi FILIAS1, t. VI, p. I, pago 295. (8) - prmaa Polenllis dixit: Quando Patriarcha in nostrnlll l'k'itatem veniebat - - exibat Epiacopus oivitatia nostrae cum aacerdotibus et Clero et ludloee una cum populo veniebant cum algna (,le) et cum magno eum raciplebant bonore.
(2) V, 83: -

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Flaminio Corner, Eccl. Torcel., parte III (pag, 375 e seg.), inserito in un altro documento, un atto del 1015, nel quale vengono regolati i doveri degli abitanti di Citt Nuova (Eraclea) verso il doge Orseolo. In questo si legge, come essi, allorch il doge si recasse a caccia nel loro distretto, dovessero restare presso di lui durante il suo soggiorno, soddisfatte per in prima le stabilite re- . galie (1). Per ci che riguarda i beni del patriarca di Grado, sia qui rammentato il privilegio di immunit che Carlo Magno concesse nell'anno 803 al patriarca Fortunato (2), privilegio in cui si fa parola dei suoi possessi in Istria, Romandiola, seu in Longobardia vel ubique . Venendo finalmente al cosi spesso accennato consenso del popolo sui singoli atti dei tribuni o del patriarca (3), noi crediamo di avere riferito essenzialmente tutti i punti principali di questo brano (n. 6), e possiamo ora passare a quegli altri dall'i al 5, dei quali noi abbiamo gi innanzi (Arch. Ven., t. XVIII, p. 250 e seg.) fatto vedere, come formino, per cosi dire, un tulto completo. VII. Consideriamo ora nuovamente i brani in particolare, e rendiamoci conto del loro valore. Nei tre primi brani, cio nei cataloghi dei patriarchi di Grado, dei vescovi di Torcello e di Olivolo, meritano attenzione le indicazioni sulla nazionalit e sulla famiglia dei singoli prelati (4). L'ordine pure, eccettuati alcuni mutamenti ed errori dei copisti, giusto in generale. Le notizie per sulla durata del loro governo - le quali gi variano spesse volte nei tre manoscritti - non consuonano colle date finora stabilite, e ancora ultimamente ripetute dal Gams nella sua pregiata opera Series Episcoporum (Ratisbona, 1873). lo devo
(Il " - - quatenus (quando'!') nos debemus venire ad Llquentiam ad venandum, debetis nobls dare per unumquemque massariom semel in anno pullum unum et unam fogatiam, et unum denarium de vino et uobseum debetis stare ibi, usque dum n08 steterlmus - - . (2) MURATORI, XII, col. 154. (3) Cfr V, 82, 83 e 85. (4) Cos nel codice S manca del tutto il patriarca Domenico Bulcano (1045), (VIII, 44) e anche I vescovi di Castello Domenico Cantarana (circa 1044-10'15), Vitale Mlchel (1108-1l20l e Bonifacio Faledro (1120 al 1133 circa) (VIlI, 53), mentre I due vescovi di Torcello Domenico e Giovanni (circa 800) vengono confusi in uno solo (VIII, 45). Occorre lo stesso nel codice V, dove nella lista dei patriarchi si presenta da Bono Blaneanco (955-963) e Vitale Barbolano (963-967) lo stesso errore; e Del codice D manca il vescovo Gjovapnl Ma\lro di Tcroello (V,66).

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lasciar indecisa la questione, se per l'esame di pi esteso materiale manoscritto, e specialmente di documenti, le date del Gams ecc. possano venir forse emendate a favore della Cronaca Altinate. Per ci che concerne le notizie storiche, specialmente nel catalogo dei vescovi di Olivolo, io ho gi innanzi accennato al loro valore, e dimostrato in altro luogo (t) come Dandolo le abbia adoperate nella sua storia. VIII. Lo stesso vale per la prima parte del brano n. 4, nella quale sono riportate le fondazioni fatte dalle famiglie che da Eraeliana (Citt Nuova) ed Equilio eransi ritirate a Rialto (z). Anche qui si offre occasione a pi minute ricerche, quanto siano esatte quelle notizie. Neppure mi si faranno, io spero, dei rimproveri se io accenni soltanto strettamente la seconda parte dello stesso catalogo, che enumera le famiglie emigrate da Citt Nuova (Iesolo), e non mi approfondi in lunghe e minute ricerche, rimettendo ai Veneziani stessi il provare le asserzioni che si san fatte sulla provenienza diquelle famiglie, sulla derivazione dei nomi, e cosi via - lavoro che cero tamente non mancher di qualche difficolt. Merita del resto di venir asserito, che l' autore della Cronaca Giustiniani (Cod. Marc., lat. 36a, cl. X) cosi spesso accennata, il quale sembra essersi occupato molto colla storia delle veneziane famiglie, segue strettamente il nostro catalogo. Vi ha dunque appena hisogno di accennare quanto grande sia il suo valore, imperocch egli il pi antico di questa forma. - Un interesse singolare offrono le brevi caratteristiche aggiunte alle singole famiglie, la cui esattezza per io pure lascio indietro. Anche queste si ritrovano nella Cronaca Giustiniani, senza che io vi abhia osservato differenze esseno ziali. n pi delle stesse designano solamente caratteri personali, alcune altre indicano la condizione delle famiglie. Cosi noi leggiamo riguardo agli Aborlini o Zopoli che essi erano diligenti negozianti (non aliud operabantur nisi negocia, V, 100; VIH, 88); d'altri, come ad esempio, dei Moncanici o Moysolini e Flabianici , dei s Pntores o e Domarzi s che essi esercitavano un' industria (V, 99; VIII, 86: laborahant multa artfcia ; illi autem sco Flabianici designabant , V, iO~ : VIII, 89: .mirabilem pincturam (:3) facere sciebant ). Altri ven ~ono lodati
(1) ANDRBA DANDOLO, p. 87; Arch. Veli., XIV, 110. (2) Vedl.A.rch. Veli., XVIII, 2111 e ANDUA DANDOLO, p. 83 i ti. V., XIV, 10'7. (3) Vedi V, 3 il glOllllario alla voce Depinguo .

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come abili operai (V, 101; VIII, 88 e 89), e cos via. Per ci che concerne il grado delle famiglie, ci deve recar meraviglia, che quasi tutte vengono nominate Tribuni o Anteriores , e le spesse volte tutti e due insieme. )da questo fatto viene un poco chiarito per parte dal Dandolo (col. 88 B) il quale attesta, che il tribunato durava un anno, e per parte dal fatto che i tribuni si dividevano in maggiori o minori. IX. Grandi difficolt offre gi per esporre il suo contenuto quel brano n. 5, il quale nei tre manoscritti si unisce imu.ediatamente a quest' ultimo catalogo. Gi la transizione non perfettameute piana. Imperciocch il catalogo viene chiuso con queste parole: Totos namque prenominatos antiquiores et nobiliores Veneticos quos sigillatim nominatos habemus, fuerunt ab antiquis eorum progenie (?) sicut commemoratos habemus. Deinde vero recollegerunt se in antiqua Venecia ex diversis provinciis aedifficantes castra, manserunt ibi (V, 103; vm, 91) (1). Questo passo sembra pur bene significare, che le gi accennate famiglie, ritiratesi (in sul principio del IX secolo) verso Rialto, poteano vantarsi di illustri antenati (forse i troani ?), e che gi nell' antica Venezia aveano insieme abitato in sulla terraferma. Ma le citt dell' antica Venezia, le quali si nominano poco appre~so, vengono l'icondotte, in quanto alla loro origine, agli stessi troiani, e non sono i castra ricordati innanzi. Imperocch si legge: Totae .istae quas supradiximus civitates et ceterae aliae quae innumerandae sunt, et eum castellum Auxolum mirabile edifrlcaverunt ipsi Troiani qui curo Enea illorum princeps, quos antea gentiles fuerunt, venientes de illa antiqua magna 'Troia; quae modo ab Enea nomine Andreati Enetici nuncupantur. Enetici namque laudabiles dicuntur (V, 103; VIII, 91). L'etimologia del 'nome Eneti, Vene ti, che gi si ritrova in Jordans, De rebus Gett. (c. 2!}), il nostro anonimo evidentemente
(l) Strano si che lilla fine del Catalogo dopo i c, Ciliencii, Gemo appellati , vengono nuovamente nominati I Villiareni Mastalici, dei quali si detto innanzi nello stesso catalogo, come fiJssero venuti da c, Vegla Vercelli , Qui per si legge ~ cc qui de Troia magna civitate cum sua uxore venit (,icl) Verona nomine - - fecit permulta argumenta - - ad nomen uxorls suae Verona appelata est. Avercellis nomine Barcigessi nomen accept, similiter iIIorum fuerunt pertinentie , A queste susseguono le parole su riportate: "Totos namque etc. , Si potrebbe quasi sospettare che qui vi sia una lacuna, o che tutto il passo su Viii. Mast. sia un'aggiunta posteriore.

ai4
l' ha presa da Paolo Diacono (1. II, c. 14). Poich di l appunto (L II, c. 19) egli ha preso anche l'etimologia del mare Adriatico. Infatti, e Adres , che qui vien nominata come la prima delle fondazioni troiane e qua huc mare ab illa civitate nomen accept quod Adriatico sinu nominatur (V, 103; 91), fuor di ogni dubbio la medesima e Hadria di Paolo Diacono quae Hadriatco pelago nomen dedit . Le citt che vengono in seguito nominate, e che in parte non si ritrovano pi, sono le qui seguenti: Aquilegia, Concordia, Antinopolis, Padua, Mantua, Verona, Gardisana, Ovederzo, Altnum, AU101um, e castellum pulcherrimum, qui a terra usque ad culmen mellorum (cio merlorum) a gradibus ascendebat, Tarvisana, Cormona, Treyna, Modena, Vegla Vercelli, Crisopula eque Parma appellata est . Si legge in appresso, che tutte le citt della Venezia, Aquilegia in particolare, furon da Attila rovinate. Quelli dei loro abitanti che poterono sfuggire alla schiavit (o ritornarono da essa? qui remanserant de captivitate ). costruirono al tempo dell'imperatore Eraclio una citt che si disse Citt Nuova o Eracliana , dove essi rimasero fino al tempo di Carlo Magno. Venne allora ad accendersi un grande conflitto (che qui per viene soltanto accennato) fra il doge Paulicio e il patriarca di GradO,di cui non vien detto il nome. Imperocch l'autore inserisce qui una breve descrizione del governo nelle altre citt innanzi a quella lite. Mentre Paulicio e suo figlio governavano come dogi in Eracliana, un certo Gardoco reggeva come e tribunus et miles (probabilmente miles iudicii , dei quali ne sono accennati alcuni altri nella Cronaca Altinate) tutto il paese che si estende da Treviso a Padova; e dal Castello di Iesolo e di Oderzo fino alla Pannonia vi avea il tribunato Egilio Gaulo col figlio Enea ed altri 10 figliuoli. Ma in Padova iudicabant il chierico Obeliebato, figlio parimenti di Egilio, in una ai fratelli Obelerio e Beato e molti altri. Ma ci che in appresso si aggiunge, cosi imbrogliato ed anche mischiato con delle aggiunte posteriori (t), che io devo rinunciare a esporne il contenuto a'minuto, Specialmente oscuro si se i due Egilio costituiscano una sola persona, se siano diverse le loro famiglie.-Si legge quindi di una terribile letta avvenuta fra la popolazione sul e litus Pineti e dalla quale pochi scamparono. Il canale Archimcidio ricevette da questa il suo nome. Quelli che rimasero sapientes an-

VIlI,

:o

(l) Ad esempio le parole (V, 104; \"111, 92) : " Metamaucen88Ba Patua venerunt ... Equllegen888 de Auxoluw castellum ... CapurleU888 ab Concordia ... ", lo le teogo aggiunte da altri.

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teriores et nobiles s emigrarono, lasciando i morti in pasto agli animali ed agli uccelli, ed avendo alla testa il tribuno Enea costrurortb un nuovo castello Egilio (Equilium?) o Exu10 (Iesolo). L fondarono delle chiese, nuovi abitatori vennero da altri siti, e questi verso pagamento di un tributo alle antiche famiglie (antiquiores) vennero affabilmente accolti; e finalmente, a dispetto del doge Paulicio, che era generalmente odiato, venne, per consenso di tutta la popolazione di Malamocco ed anche di alcuni tribuni di Eraeliana, costituito ad Equilio un tribunatus iudciorum l'. Segue finalmente la lotta aperta fra Malamocco ed Equilio da un lato, ed Eraeliana dall' altro. Questa vien conquistata e data alle fiamme, e il doge Paulicio, suo figlio e i congiunti (perfino un chierico) furono uccisi. Si ebbe da ci un' emigrazione degli abitanti di Eraeliana verso Rialto, e soli libertini ac servi ac cultores vinearum rimasero nella desolata citt. Ma verso Rialto si ritirarono anche molti di Equilio, mentre qui, ma fuori del castello (extra castra), si stanziarono invece degli emigranti di Ovederzo, che pagavano ai tribuni di Equilio un tributo, e coltivavano i campi, i vigneti ecc. Segue un secondo e breve novero delle famiglie che da Eraeliana, Equilio e Malamooco si ritirarono a Rialto, quindi un quadro delle instituzioni su Malamocco, e altre notizie sulla fondazione di chiese, sulle condizioni dei vari ordini e sull' amministrazione della giustizia. Vi aggiunto - per senza connessione - quel racconto sulla fondazione di Grado e sul suo innalzamento a metropoli, del quale noi abbiamo gi innanzi trattato (t), allorch ricercammo la relazione di esso col brano n. 6 e ne determinammo le differenze. qui specialmente da render attento alla pi ampia lista dei patriarchi da S. Marco fino a Macedonie, o a Paolo innalzato dal Papa, di cui manca il nome. A quanto ci ricordiamo si legge qui quell' importante passo: Nomina posterorum ceterorum Patriarcharum supra nommatos habemus per ordinem l'. Immediatamente a questo ne seguono due altri, i quali devono formare apertamente la conclusione del precedente e la transizione al susseguente racconto, dei quali per sgraziatamente il secondo di bel nuovo molto oscuro: Modo dctum est per ordinem qualiter edificata est Gradensis civtas, tam autem intus Ecclesias. Ap(1) Vedi Ard.

Ven., XVIlI, 249.

316
prehendamus et dicamus etenim, qualiter post apta autem (sic U flagella tota Linguentie Iitus et lithore totum Romandine Barba romanus Villinicus (S Vilicus) ipse eum apprehendit et ad hoc appellatus est; et lithore (S litorem) totum Pineti cum toto ter ritorio qui hic patulihus (S paludibus) quae circumstantes sunt, . PIave appellantur; tam autem per longitudinem et latitudinem cum omnibus silvis ibi adstantibus usque Panonie fnes quod re tro ab antiquitate retinuerant omnes isti supra scripti ;sic totum ipsi antedicti tribuni apprehenderunt et reseroaoerunt ad opus Gradensem nove Aquilegie metropolim civitatem . Il senso pare sia questo: dapprima-il littorale appartenevi ai tribuni e alle famiglie tribunizie dinanzi ricordate. Quest lo sottoposero poi al patriarca di Grado, e ci viene accennato anche nel brano n. 6 (vedi sopra a pago 310). I Barbaromani Villinici governarono ed amministrarono illittorale in pr del patriarca, ed Anastasio Teodosio (o Polento I) vi ebbe il supremo potere militare e giudiziario. Imperocch secondo una breve descrizione del Iittorale - che noi abbiamo gi di sopra trovata, e che verosimilmente soltanto un estratto del brano n. 6 - , il nostro anonimo prosegue con le parole: Anastasius vero Theodosius sive Polentus, retinebat et iudicabat ut milex tota ista territoria s. Sia ora, perch il suo governo abbia eccitato malcontento, o, come dice il Rossi (VIII, 77), che i Barbaromani Villinici, divenuti ricchi, si siano impa'droniti dei terreni che aveano fino allora soltanto amministrati, e che si destasse perci l'invidia degli altri, o sia ci provenuto altrimenti da un motivo forse di rivalit fra i singoli luoghi; scoppi ad ogni modo sul lido Pineti una gran lotta (1) alla quale principalmente appare partecipe un Giorgio Ioannaceni - probabilmente il condottiero di quelli di Equilio, perch la sua famiglia viene ricordata fra quelle che da quel luogo immigrarono a Rialto. Egli viene ucciso nella pugna. Durante la lotta cadono ancora, uno eccettuato, tutti i sei figli di Egilio Gaulo (di Equilio); e il superstite fugge a Malamocco, onde implorare dai dogi Obelerio e Beato (secondo V, 104; VIII, 92, suoi fratelli) un soccorso. Questi vengono con una gran parte degli abitanti di Malamocco, avviano un esame e raccolgono infine tutti i tribuni della Venezia. Nella grande assemblea del popolo, che avvenne in seguito - si legge
(1) Non chiaro se questa formi tutt'uno con quella poco innanzi ricor-

data in questo medesimo brano (vedi pago 314).

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espressamente, che anche altre genti presero parte al consiglio (1):venne concesso ai dogi tutto il distretto che prima apparteneva ai patriarchi, r in il littorale. Anche il distretto di Equilio che i trihuni di col aveano diviso in quattro gl'ali parti, venne lasciato ai ftogi pAi' tre quarti, ed il resto che avea p!"r confine il canale Archimicidio, rimase in una al trihunato ereditario a Gaulo e alla sua famiglia. ---" Difficilt' si P, di conoscere ,;e in altra parte, cio nel distretto di Malamocco, ricevette llll altro tribuno (o una altra famiglia tribunizia) una simile posizione distinta. Si parla cio di un l'erto To.loco (V, (")l o Trodozo (VIII, 777) che t'l'a stato dapprima tribune in Padova, c che prese poi in possesso con altri una parte del littorale. abitata principalmente da pescatori, che egli (forse dal suo proprio nome: nomin Trnsonia (VIrI. 7771 () Fossone (V, (1), mentre una breve striscia di essa si chiam La ureto, Egli fond anche Chioggia e la possedette insieme coi Barbolan e coi Barbaromani Villiniri. Dal modo in cui ci,') vien narrato, non si sa precisamente, se essi potevano ritener tutto questo, eri abbiano riservato ai dogi soltanto il diritto di pascolo e parte dei vigneti, oppure se debba intendersi che e~.dillo possedettero anticamente quel distretto, e che questo venne ora ad incorporarsi nei beni allodiali dei dogi. Che nel precedente si trattasse appunto di questi beni, lo dice alla tine del brano lo stesso anonimo colle seguenti parole (V, 9:2; VIII, 778) : Modo dictum est que (VIII, quod) omnes trihuni nove Ve nerie constituerunt '4;'('fJitell attodun ducati Metamaucensium : dicamus que (VIlI, quot) nave~ modo constituerunt fieri . Dunque da capo ronclusioue e transizione! Cio transizione ai privilegi coi quali i dogi vennero dotati, transizione alle prestazioni che loro dovevano esser pagate dalla popolazione. (lui si trova anche quel quadro (Iella nuova popolazione di Equilio, del quale gi innanzi ho fatto parola (2). Cosi i brani si addattano abbastanza bene, ed inoltre il com1)
c.

el alios plures homines venerunt insimul ad duces in Iithore Pineti "

IV, 90;.
(2) Cfr A. V., t. XYIII, p 237, io dico: della nuova " popolazione di Equllio. Imperocch come abbiamo inteso di sopra (pag, 315) che gli emigranti di Overerzo si stanziarono al di filari del castello di Equilio, cosi qui noi leggiamo (Y, 9:?, 93: che questi abitatori stranieri, allorcb la primitiva popolazione abbandon Equilio, vennero nccelti in parte entro alle mura: " Constituerunt - duces, tribuni l't sapientes antquores, ut de his quifol'il castellum alquid de personis bonum apparibile erat, ibi il/fra eastellum in domibus parvs sus eOB mittebat - ", dopo di cbe segue quella descrizione della nuova popolazione.

21

....

RIR
pilatore stesso si , corue vedemmo, affaticalo a stabilire la connessione pel' quelle hrevi ricapitolazioni. Soltanto qui e col gli accaduto di ripetere il g-i detto, onde l'esposizione non ha punto guadagnato in quanto alla semplicit e alla chiarezza - presupposto che bens altri piiI tardi non abbiano fatto deile aggiunte che non si pu pi discernere, X. Se si richiede ora quale sia prr la storia puramente politica il valore di tutto questo brano, si deve tenerlo per molto scarso. Imperocch appunto in questo riguardo vi nel nostro brano la pii! gl'an confusione. Vipne in sul bel principio confusa la discordia, altrove accertata (1). fra il patriarca Giovanni (Ii Grado e i dogi Giovanni e Maurizio alla fine del secolo VIH, discordia che finisce colla uccisione (lei patr-iarca per parte del giovane Maurizio : questa discordia viene confusa con le controversie nelle quali il rloge Paulicio si dice essere stato ucciso. Si dice imperocch quand' anche nelle posteriori cronache veneziane ci venga spesso .ripetuto, in Giovanni Diacono e in Dandolo non si fa parola d' una uccisione del dog-e Paulicio : E' cio Dandolo non dire nulla su cio ne negli (gl'an(li) Annali, Ile nella Cronaca abbreviata che fu anteriormente composta (vedi !ind. Dandolo, pago 5:L Arch, l'l'n.. XIV, R, e dov,' eg-li parla ancora sulle contese fra gli abitanti di Equilio p di Eraclea ..\11' opposto Martino da Canale si accorda completamente con 1:\ Cronaca Altinate allorch (lire (!bch. St. u., VIII, 27X) : Messire Paulice - fu li premier Dus et II uca eu Hacliane, une vile Ile Veneciens, que il apelle Ciles Nove : mais auques "' pres Ile cele vile estoient Venesieus, l'Il une vile que l' l'n apele Exul. Si sstoient herhergies dedens cele vile maint gentis hOI11 mes, qui prisrent guerre 3 :\Iesir(~ Paulice, li Dus de Venice. Si fu tel cele guerre, quI' :'IIouspignor li Dus en fu ocis, et en si en tira la meslee en sa vile meism> , :'Ili sembra vana fatica il voler qui separare il vero dal falso, e fissare nei suoi particolari le lotte Ira i singoli luoghi e le isole, fra i tribuni t~il i dogi (o .lla{jisli'; milihtni). Imperocch si pu dire, che esse senza dubbio durarono pel' tutto il secolo VIII. Xoi abbiamo in Giovanni Diacono e iu Dandolo abbastanza notizie su di esse, e specialmente sulla sfortunata fine dei dogi di questo periodo. Ma non si pu dimostrare con assoluta sicurezza. quantunque sia veil) (110. DlAco:-;o, 88.. t. VII, pago 13 e DA:'(DOI.O, col. 151 E.

31)
rosimile, che quell' Egilio Gaulo, cos spesso accennato, veramente, come crede Wstenfeld (Goe/tinge,' Gelehrte Anzeigen, 1854, pago 1157), sia identico con quel Gallio o Galla il quale, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (e di Dandolo), tolse il governo al doge Deodato, figlio del terzo doge Orso, e lo accec, per venire egli stesso dopo un anno privato della luce degli occhi. Perch la suaccennata (p. 317) concessione del tribunato di Equilio alla famiglia di Gaulo seco~do la Cronaca Altinate condottiero di quelli di Equilio contro Eraclea , Wiistenfeld la fa giusto allora avvenire quando la residenza del ducato fu trasferita da Eraclea a Malamocco ; mentre che, all' occasione del ristabilimento del dogado, lelezione cadde su Teodato Orso, quantunque egli fosse di Eraclea, perch egli, figlio di padre valoroso e unito per parentela a Bisanzio, aveva ereditato le sue qualit ed alleanze, a tutti piacevoli. :\la si comprende facilmente come Gaulo superbo della sua autorit e delle sue ricche-ne, usurp subitamente il ducato, ma venne tosto detronizzato da Domenico Monegario di Malamocco, la qual isola finalmente voll~ raccogliere ella medesima i frutti della vittoria. Dopo poco tempo per la nobilt di Eraclea stabilitasi nel dominio tribunizio di Malamocco era divenuta cosi potente, da collocare Maurizio (di Eraclea) alla testa del governo. Questi divertendo le interne discordie a esterni affari, ed innalzando il commercio straordinariamente, pervenne a ricondurre un periodo (li interna quiete e di grande prosperit . Come l' erezione d'un vescovado e probabilmente anche d'un tribunato particolare sul Rialto corrispose principalmente all' interesse della nobilt di Eraclea col ritiratasi, nella stessa guisa si guadagn la fazione di Malamocco venendo instituito vescovo il figlio del locale tribuno (cio Obelehato) ; 4( Lutti i partiti apparvero quietati, cos che sembr si volesse accondiscendere anzi all' eredit del ducato, che cominciava ad aprirsi la strada, allorch le lotte del doge Giovanni col patriarca di Grado, lotte che non poteano del tutto mancare, dach questi per la conquista franca dell' Istria, era divenuto e metropolita franco e veneziano: queste lotte porsero occasione al tribuna di Malamocco (Obeferio) di guadagnarsi, col favore dell' antica frazione della sua isola, ora appoggiata dai Franchi, il ducato per s stesso . Ma le contese fra i Franchi ed i Greci cagionarono ben tosto anche la sua caduta, e sollevarono infine l'isola di Rialto a capo di tutta la Republica. L'ultimo sfogo dell' opposizione di Malamocco fu poi quella sfortunata spedizione

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di Obelerio sotto il governo di Giustiniano Partecipazio, che ebbe per fine, secondo la relazione degna di fede di Giovanni Diacono ( 830), la decapitazione di Obelerio e la distruzione di Malamocco. Wstenfeld apina che la distruzione (Ii Eraclea sotto Obelerio, rovina fatta per deliberazione di popolo (?) (I) e che vien riportata dalla Cronaca Altinate, altro non sia che una ricapitolazione dei fatti avvenuti al tempo della morte del doge Orso; e sembra che anche Dandolo si sia accorto di ci, allorch riporta l' una accanto all' altra le tradizioni sulla rovina (Ii Eraclea, delle quali 1'una l'ascrive all' impeto (ii Pipino, l'altra alla deliberazione del popolo veneziano. Pipino distrusse sicuramente il luogo stesso dove, dopo il ritiro della nobilt a Rialto, avranno ancora abitato e contadini e pastori; e la fondazione sul medesimo sito di Citt Nuova, fatta da Agnello Parter-ipazio, fu dall'un canto un'opera della piet di questo doge verso il luogo cui doveva l'origine la sua famiglia, e dall' altro canto fII un'opera resa necessaria per difendere l'importante commercio con T'reviso. Cosi il Wstenfeld, lo ho riportato esattamente le sue idee, imperocch, per quanto io sappia, egli in Germania il solo che abbia cercato di accordare la Cronaca Altinate coll' antica storia di Venezia ora conosciuta (2). Gfrrer, ad esempio; non cita mai la Cronaca Altinate. Romanin si appoggia assai strettamente alle ordinarie relazioni (:3), derivate per la gl'an parte da fonti posteriori, ed alla Cronaca Altinate quand'egli ad esempio tStor. docuni., doc. I. tOi) fa gi invilupparsi il primo doge Paulicio in contese con Egilio di Malamocco ed Aulo (sic!) di Equilio , e quando ci racconta della strage nel Pineto iesolano e ael Canale dello Arco. Segue pure le stesse fonti allorch narra dell' istituzione in Equilio di un proprio tribunato, o allorch colloca infatti al tempo di Obelerio e Beato (1. c., I, 1~n) la lotta disteug-g-itrice fra Eraclea ed Equilio (Iesolo) di cui sopra facemmo parola (lOi), e a cui noi trovammo prendere parte principalmente un Barbaromano e un Giorgio Ioannaceni. Manca, a nostro parere, come gi abbiamo detto, del

(l) Questa espressione Don mi sembra affatto congruente; imperoccb si pu appena parlare di una vera deliberazione del popolo, sebbene la distruzione di Eraclea fosse eseguita da esso. (2} Egli segue in ci quasi interamente le spiegazioni del Filiasi (ved I. C., t. VII, p. 152). (3) Vedi C. A. MARlN, Storia drt connnrrcio d,-T~lIezjlllli, (17981, t. I, p. 154. 180, 189,238.

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tutto il fondamento, dove stabilire con assoluta certezza la vera serte degli accidenti di questa prima epoca. :\fa perfettamente bene si pu esser d'act'ordo col Wstenfeld quando (I. C., pago 1w:~), ricapitolando. e conchiudendo, Pgli dice: Ad ogni modo il ducato pet' queste varianti ed interne lotte venne ora soltanto (cio nella prima met del IX secolo) a consolidarsi: la potenza dei singoli tribuni (lelie isole era 01' ora (dohbiamo aggiungere) quasi tutta distrutta, molto paese era confiscato ed alcune prestazioni di servigio passarono dai tribuni al doge. D'altro canto il patriarcato (li Grado venne ad impoverire, imperocch gli si era sottratt.a nel Concilio (Ii :\1antova la provincia istriana; ma non essendo d'ora in avanti piil che un mero patriarcato veneziano, esso non fu pi tanto periglioso per l' esistenza dello stato, e specialmente della famiglia or ora governante, quanto era ancora in halia di Fortunato; e divenne anche a cagione dei mezzi materiali necessari pp,r la sussistenza soggetto completamente ai dogi, a favore dei quali era gi stata, secondo la Cronaca Altinate, confiscata una parte considerabile delle sue rendite quando i patriarchi s' intromisero nelle lotte delle isole. XI. Il valore principale anche di questo brano consiste, se cos brevemente mi pO'SO esprimere, nelle notizie sulle condizioni interne. }la ci che di nuovo fa difficolt, si la domanda sul tempo cui esse si devono riferire (l). Imperocch quando (t. V, p. 105; VIII, 94) vien detto che gli emigranti di Ovederzo verso di Equilio, i quali, come spesse volte fu accennato, si stabilirono al di fuori del castello, quando si dice, che questi pagarono un tributo ai tribuni dentro, si indica probabilmente il tempo in cui i tribuni erano pel' cos dire i capi della republica (2). :\la a qual tempo si riferisce quella descrizione dello stato di Malamocco, descrizione che, com P osserva giustamente il Rossi (VIII. 71), ricorda l'et
i 1 ,I Anche il FILlASI (Jfemorie ecc., n, I, 91 e VIl, 59 noto i se ne duole, luddovc parla di quella traduzione della Cronaca Altinate (vedi Arch. Fen., tomo X \'III, pag. 236). Cosi egli dice nell' ultimo luogo: Egli peccato che una Cronaca antica assai e posseduta dallo Svajer sia confusissima nel racconto delle cCJSe, e talmente le confonda e imhrogli che ora pare che le riferisca a' tempi del primo Doge ora a quelli di Obelerio e Beato ~2j " Hii qui intus castellum erant habentes '5 habitantes Tribuni, triburum ex eis eircum hahitantes recipiebant: et mnltorurn in littore Pineti cultores erant vineis, carnps, saletis, pascuis seu molendins occupabunt. Hic vero omnes per unumquemque modum unurn pcrfctum persolvebant iu unnurn ipsis tl'ibunis " '

:t~2

..

dell' oro? (V, 106 e 107; VIII, f)5 e D6). Sono i tribuni quelli che stanno col. in prima linea, quelli ch tengono le popolari arlunanze, che esercitano la giustizia (1), e cosi via; - per tacere di ci che alcuni di essi vengono espressamente gloriati riguardo alla loro potenza ed autorit (2). Ma vi ha PUI'(1 inserita questa frase: Ohelerius et Beatus duces ihique ducatum tenehant . Vi ,era dunque nella residenza degli ora aceennnti dogi una relazione simile a quella che noi abbiamo scoria (vedi pago :300 e seir.) nel brano n. 6 fra i tribuni e i dogi di Torcello ? Pi chiara in questo riguardo si e l'ultima parte del nostro brano, nella quale, come noi abbiamo innanzi (pag. ~H 7) veduto, vien detto espressamente che i dogi PI't'Spro posse;;so Ili vari tel'reni, che parte aveano appartenuto al patriarca, e parte invece ai tribuni, e dove l' anonimo stesso parla dello allodium del doga. do. Soltanto riguardo ai giil accennati obblighi naturali ed ai sel'vigi si pu nuovamente stare in dubbio, se essi cio aveano da pI'estarsi soltanto ai elogi o almeno in parle anche ai tribuni (3). Ci converrebbe bene alla fine dell' VIII secolo od al principio del IX, imperocch non verosimile che nella seconda met ciel IX secolo i tribuni abbiano pi mantenuto una cosi alta posizione. Ora a' Tribuni precedenti i Dogi, dice il Filiasi (VI, I, 91 ), ora ad Anafesto primo tra questi, ora ad Obelerio pare che (le antiche Cronache) attribuiscano la manomissione di que' servi (4) e gli obblighi ad essi non che agli Eracliani liberi imposti riguardo a' servigi e censi publici etc. . XII. Malgrado tutto, quest' ultima .parte e certamente la pii!
(1) Voglio ancora accennare 8010 in f,'etta al posso interessante (I. c): .. De Romana autem sive de Salica traxerunt lesrem , che viene confermato dalla spessa commemorazione fatta (ad ano b74, 1041, 1008: della legge saliea nel Codice Padovano 11877. cfr p. LXVlll), pnblcato dalla R, Deputazione Veneta di Storia Patria, volume seeoudo dei Monumenti. i2\ V, l06,.VIII. 95:: ' Mag'nissimus BeU potenttssmus tribnnus Bmilunus propter magntudlne poteneie quam ipsc hnbebat et filii elus, Magnns nomine appellatus est - -- Nnllus erat de l'qultlbus, sive de armentis, omniumque bestias !&id bestiarnrn) tantnm habentes quam Maclgnius trihnnus qui Marcello!' appellati sunt u , (3) Vedi v, 92: ' Ceteri autem alia servta constituerunt, angaridiis, gUDdolio; In omniqne partlbus ubi duees, 8t!1I et tribU/li, iussionem fecerunt ", e V, 94 : - - pellem unam mnrturlnnm ..... isti Iribuni nceepturl l'MIDt. In Rivoolto am fuorunt habitantes etc ..... . (4) Nella nostra Cronaca Altiuat~ non si fa, per quanto io vedo, parola di una tale manomissione degli schiavi.

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importante e la piu interessante del brano intero. Poich ella avvalora e supplisce quanto altronde si. sa sulla posizione dei dogi in generale e ,in particolare verso la popolazione o delle altre isole appartenenti al ducato o rll~gli altri. luoghi come Eraclea ecc. Noi qui li troviamo parimente iII possesso di poderi. (li vigneti, di hosr-hi. dd diritto (li pascolo p di caccia sul littorale. Offrono poi IIn particolare interesse le notizie sugli obblighi degli ahitanti, o a meglio (lire dei coloni di Eraclea, di Equilio, di Caorle. Ili questi ultimi, a cui venne concesso tutto il territorio della Livenza, si legge rhe erano tenuti ad apparecchiare per il palazzo ducale . tutto il legname necessario alla costruzione delle navi, ed a coltiV,lI'(' i pascoli. Dovevano ancora ad ogni 6 poderi provvedere ogni anno una barca della portata di venti carra e condurla a Mala1ll(H;C'O (l). Erano inoltre obhligati a prestare servit (anghadel (' ai dogi e ai tribuui (~) nel distretto da Lirio Pineti fino a Caorle. In ricompensa aveano il diritto di cacciare e pescare tre volte all'anno, - Ai coloni di Eraclea venne pari mente imposto (a sei insieme) l'armamento di un battello da 25 carra, ed angherie nel distretto che si pstplldp da Equilio ad Eraclea; doveano inoltre coltivare pur pssi i poderi ed i vigneti, ed erano, come sembra, obbligati ari ogni lavoro pel' il doge di Malamocco (:~). Gli abitanti di Equilio finalmente doveano .lare in ciascun anno una pelle di martoro (' uno slaio di pigne, ed erano obbligati a prestar angherie (la Lido Vignola ad Equilio. Se agli abitanti (li Eraclea e di Equilio abbiano p"r ricompensa spettato cgllali concessioni che a quelli di Caorle non si fa parola. Si potrebbe ora bens dire

,l \ V. 92: UIIlIlC Iiguuuien quv ad ulililalem eiusdcm palacil de navihus pertinet, preceporunt eis facerl'. l'l omnern laboratiouern dc campis sive de pnscn is bestiarurn Consttuerunt eia in ornuique anno plathes ljrneis in sex eolnnihus. qne sunt mnssnril. unum dr cnrros vg nt! tenenti', ipsi ducere deberent usque ducatum Metumaucens . 0 ho tra (lotto l'ultima frase con card ') nel medesimo senso con cui noi parliamo ora del tonnel lagg-io di uua nave. Nella iutr-oduxioue alla seconda ,'dizione della Cronaca Altiuate 1,",6) si emette l'opinione, cill' si potesse intendere una barca, alla cui costruzione fosse stata impiegai la suaaocennata quantit di legname: ma questa spiegazione mi sembra molto sforzata. '2) Quanto si scorgv dal Dt;C'AXGE (U/ouart"ill etc>, la parola AlIgariru adoperata comunemente nel senso di servigl. Possono dunque esser dI'i servigi personali da prestarsi in acqua ed in terra. (~ui si penser a quelli in acqua. (8) V. 94: " Laborationes de terra apprehenderunt duces, per laudationem omniurn tribunorum in nova civitate, in vineis ili die ad araudum et oruniquo luboratlone ibi fucerc ad UPU8 ducali ~1('tamaucensiuI11 '.
l"

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che anche quelle altre notizie suiservivi ece., non sono perfettamente chiare e sicuramente non dI'l tutto complete : [Wl pochissimo si deve dubitare delle 10m verit. impero-che qual-heco-a di somigliante si leg'g-c nei .locumeuti ll(lslt'J"(Il'i. r.o"i ad esempio. nel trattato..!.;'i,il ricordato, fl'a il rlo;.;'(' Otto Orseolo f' ;,:-1 i ahitanti (Ii Citti! Xuova (Eraclea), trattato rhe il Homanin lf, :J8S) ha publicnto dal volume Il dei Lib)'ipaclrJ/'/Ii)/, e che innanzi a lui g-iil Flaminio Cornelio avea nH'SSO alla luce nella sua opera Eer'!. 1'OJce!I., III, pa~, :l75. togliendolo (la un documento flel ('or/l'.r Publicorum (I). Cola noi leggiamo fra altro, l'hl' gli abitanti fii r.ittil Nuova doveano angarias facere . ('ioe, serondo la spiegazione Ilei Filiasi, rloveano scortnre il doge colle 101'0 ha rrhe ari Equilio, Lovenzagn e Fine, che essi ili l!gllal modo dov-ano acrompagnare il doge. quand' e,~li venisse alla caccia, per tar'el'e df'i vari servigi naturali col riportati. Inserita fra quelle notizie si e la l'osi spesso accennata .lescrizione della nuova popolazione campestre di Equilio e di Caorle. della quale si dire ch'essa era del tutto simile a quella, e che il suo mangiare rassomigliava il divorar Ilei cinghiale, che essa non s'intendeva di altro la VOl'O che rlella pastorizia e della intrecciatura, Sussegue un passo, che in ~IHrco porta l' indicazione : De operihus et exercitiis quorundam Venetorum antiquorum ~. Di alcuni antichi veneziani? Di quali? si richieder. Neppure dal contenuto dello stesso passo noi riceviamo sgraziatamente alcun pieno schiarimeuto. <' Hetolus (Marco : Hercolus ) autem appellatus est , comincia il passo, quia ip-e erat Jir111cCJls dc '11:.. qui ininistcrii crau! rclincndis . E quindi: Noruina retinentium quomodo uppellautes erant, hoc modo dicaiuus . Segue in appresso una lista di famiglie, che come viene in fine espressamente annotato rZ), ricevettero il loro nome dalle loro or,c'upazioni. ~Ia non vi ha una parola sul d~\p. queste famiglie si siano trovnte : sp esse, corue opiua Filiasi (VI. I. Il~J), fOSSe'I'O Il=' prinripuli rlelle altre famiglie, in parte lasciate libere, iII parte ridotte il ('0,.11 Si ritrovu anche in nltrt manoscritti. cos ad es. alla :'tiarciana nel "llIliee

;;;;1. classe VII ital e nella Crono Giust 'cod. 3(\ a, clnsse X lat '. Anch Fll.l.\SI ne ,III nell ... sue .l/fllorif ecr., t. YI, p. I. pa~. 94 un l'stratt,) Eg-li lo ponl', probabilmente seguendo il Cnrner. nel 1015, col qual .. nnno si nccorda bel,j,~i
mo l'indizionc XIII colli indicata; ROMANIN lo poue invece nel 1009. ma questa data non pu appoggiarsi neppure sull'indizlonc 'VII in altro luogo riportata. 2. Et propter hoc unus quisque nomina acceperunt ..,

325
Ioni; o se, come sembra facciano il Romanin (I, 61) ed il Rossi

(A.rchimo Storico Italiano, VIII, 773), si debba credere che fOI'mavano qualche COlpO d'a'l(? Quest' ultima opinione sembra sia la verosimile. Noi leggiamo quivi di ispettori agli armenti, ai cavalli, ai cani da caccia, a:jli astori (probabilmente necessar alla cacciar: noi leggiamo qui di sellai, di maniscalchi (?), di carettieri, di pastori, di macellai, di beccai, e cosi via. Romanin aggrupp assai bene questi mestieri quando dice (I, Gl): Il cronista Marco (veramente la Crono Alt.) ci nomina nelle isole, fino dai primi tempi, i vari mestieri attenenti alle bisogna della caccia, della pastorizia, dell' agricoltura, delle vettovaglie, della navigazione, delle saline e perfino gli esattori delle publiche gravezze . Soltanto con quest' ultima espressione, che deve riferirsi alle parole della Crono Alt. (V, !):J): Ursi velud ursi fuerunt, rlomantes ad alapas, et colaphis erant caedentes, pro quo angaridiis nolentes esse faciendos , non p'JSSO esser d'accordo. Imperocch angariae non sono da prendersi soltanto per imposte ma, come gi fu accennato, pi generalmente per atti di servit. Ora crediamo di poter fluire il nostro commentario su questi pi antichi hrani della Cronaca Altiuate. Riguardo al valore storico che essi pur posseggono, essi sono quasl eguali, ma si potrebbe dire che l' un r altro vanno il gal'a in superarsi nell' oscurit dello stile e quindi nella difficolt (l'esser interpretati. cosicch disgraziatamente impossibile il potere col loro mezzo acquistarsi una chiara cognizione sulle condizioni di quel primo periodo Ilplla veneta storia. XIIr. In quanto a ci, essi vengono superati soltanto dal bruno, che noi abbiamo indicato eol n. 7, dal racconto cio di Narsete, [Angina ecc., e del quale non si pu in alcun modo esporre brevemente il contenuto. iruperocch lnutore, come Moutcolo Ltrch. Ven., t. XV, p. :3i) assai bene s'esprime, ha la mala piega di passure rapidamente da idea in idea, Ila fatto in fatto, da digressione in digressione. Ci condurrebbe troppo Il lungo il volerei trattenere a cercare, "e mai qua e la, pllr qualche cosa di vero giaccia nascosto in quel folto cespuglio. Noi possiamo, io ere-lo, accontentare i del giudizio di Wstenfeld, il quale (G. G. A., 185-1, p. 11-16) dive : Di tutto ci -h: quel Iihro (V[[ della prima edizione) contiene, uou l> fl(~glW Ili felie che la tradizione (?) di quelle chiese (cio di S. Teodoro e Geminiano, tradizione che si trova accertata in quel tempo (verso il L071). Imperocch la piet cl i

:~2o

Narsete attestata da Evagro, a detta del quale Narsete non and mai ad. una battaglia senza preghiere a Maria, e poich appunto allora egli aveva compita una pericolosissima marcia attraverso le lagune, quindi molto verosimile, che egli abbia fatto voto (Ij costruire quelle chiese. e che Ile abbia compita la fabbrica. Oltracci vediamo anche a Ravenna alcune delle piu maestose sue chiese venir costruile nel VI secolo [leI' provvedimento dell' imperatore Giustiniano. Per tutta l'altra storia della ritirata di Narsete col bottino dei Goti verso Venezia, quando venne Longiuo, e tutto ci ancora che il detto iII periodi quasi del tutto inconicompletamente finto ed immaquu-io . Noi per prcnsibili, aggiungiamo, che tutto questo appunto per ci non senza valore. imperocch la fonte delle posteriori favole su questo tema. dunque al pi un valore storico-letterario che noi possiamo aggiudicare a questo brano. XIV. Noi possiamo parimente toccare solo alla sfuggita quei due Cataloghi dei dogi e dei papi, che noi. come il brano n. 7. ahbiamo annoverati soltanto con rise l'va alla originaria Cronaca Altinate (cfr Archioio l'l'n., l. XVrII. p. 2;)!l, 2()1, 262, 271). Ch(' entrambi siano incompleti, ed abbiano delle lacune, ce lo insegna un confronto colle prime liste che ci capitano. migliori e pi compiete e ci non ha bisogno di pi lunga dimostrnzione. Si fece gi sopra (ibclt. l'en .. XIII, 2fi;3) parola del pas~o che chiude ii catalogo dei papi; per ci che riguar-da il catalogo dei .logi, il pi completo il quello che ci trasmesso dal codice D ed anche nel codice V (vedi N. A., I, 400, .4rch, Ven., XH, :140) ; ma non il neppure del tutto libero di errori, Per esso ('i d ancora il nome dell' uccisore (Marco Cassulo) del doge Vitale H Michel : mentre in qUf'1I0 IleI Codice S meritano attenzione le continuazioni posteriori e specialmente le alquanto dettagliate notizie e date sui r10gi Giacomo Tiepolo, Rainerio Zeno e Giacomo Contarini (I). E finisco notando ancora, che riportata anche nel manoscritto S la pensione di 1:>00 lire (in vece della parola . salarium , V m, 2':'), che lo stato assegn a quest' ultimo doge Contarmi (IUU11110 rinunziava il governo.

( ('olilii/urt.:

,II Cfr

1l1\)IA~I:O;,

su:

dornm.,

t. II, l'. 21fl. 28:1

l'

311.

LA VITA E LE OPERE
ilI

DOMEN 100 BORDIGALLO


DOCUMENTI.
(ColJtiIlU:Jzionc ledi pago 5'"

n O C n ~1 E ~ T O
tChron .. f. 400).

llacmet die Veneris decimo [Augusti 1;j~6] nephaudum unum crudelitatis plenum mibi Dominica Burdiralo accidit casurn, arrogantia et superbia cujusdam Civis, domestici et familiaris Couradini gubematoris. in quo multum confidehat parcialitate et hujus inclitae l'l'bis e duodecim regentibus principalis, cujus nomen verecundia pro meliori ob ejus familia nobili subticeo, Dum pI'O republica tuenda et conservanda, IIt regulator Quarterii de Glosauis, ad Lagorinum Hispanum vastatorum superstitem rum plures operarios de ipsa vicinia per laboraudo ad propugnacula Civitatis induxissem, ecce vir iniquus et partialis, affectionem illius demonstrare cupiens erga tyrannos vinolentus vel potius diabolcu-, ausu temerario in praesentia Lagorini, prope carneram aggregationis presidentium reipublicae existentis, contra me injuriosa ve l'ba haec vel simlia protulit : videlcet : Vegio poltron tu se' lento a far venire questi guastatori: tu sei venetian et leni la sua parte et nOI1 ami la serenissima mayesta Caesarea dal stipendio dei Venetiani hay Galieno tuo filiolo contro essa maiesta . Ad haec verba pro conservando famae meae et patriae hnnore humiliter respomlendo - ab op..sribus bonis homines agnoscuntur - lo son ben servitor de la mia patria et couservator et fedele a li Signori de essa melio che tu 1I0n sei: quale la destruze insema rum altri moli gubernatori de la patria f't in questo vegnamo a la prova al presente ali"

32~

diamo ambi doy alla bataria di Sancto Lucha unrlese bombarda la patria et muri et li si cognoscn la ventate elI' voy et mi chi ama pi la patria. Tunc insensatus alta voce clamans, Ligozinurn l't nonnullos Hispanos ihi existentes, positis manihus in pectore, violenter vocavit, dicens : menati costui nel fondo de la torre chel vojo far apichare perche il contra la Sel,.ma mayesta Cesarea : me negante et honorem servante ah operihus, Civis praedctus arrogans personaliter cum Hispanis in fundo turris ohsoure in vincli... posuit, injuste et indebite; rns : ibi per duas horas laetus permansi Deum conlaudans, malefactori de iniquitate peperci, ut Deus de peccatis meis parceret et ahsolveret . . . . . . . . , . Post haec, transactis duahus horis, alii presirleutes Reipuhlicae nonnullis cum civibus. praecipue nobili Camiti Hectore Covo, meisque vicinis, haec mala contra justioiam intuenles a carceribus et viuclis me liberaverunt : solutis tamen ex liher.ilitate carcerum custodihus Hispanis, solidis viginti iruperialibus.

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UO~II~Ir.rs Bt:HIJ1l ;AIXS (:HE~IO:"iAE P.\THICIUS SUl

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CRE:'IO~AEQUE DO~IJ~o S. D. P.

Quamquam, III,mf' et l'X. me F"'IIlC'i,.we Sfortia Vicecomes Spcun.le Mediolaui Dux Cremonaeque domino. il snpieutibus Pontifcurn, Imperatorum. H('~UIll, Priucipurn atque Ducum de rebus gestis ac de Civitatum aediri-iis et sitibus aliis miraculis nostram emolumentumque et insinualionem Istoriam scribeutibus, plurima anotata et su'iarata fueriut : nihilominus talia syrurata, per eos auctores satis copiose repetita, pro parvI) ingcnio meo curn majori indigero]n]! cura, fonti) fiori do l'a commemorata ne tedio legeutibus sint, breviter c't succinte, ut lectitancium suh breviloquio tedium mitescerent, iterum atque iterum repetere decrevi atque rescrihere. Laboriosam sane provinciam : tamen Deo spirante, mi -uavissime Princeps, tui amore, quirl non dicam henivalentia nostraeque patriae, matris carissimae, Cremonae reverentia, lihenli uuimo huic me onere subjcio : Domiuicum ut agno,.;cas Burdigalum, urbis Lune patricium viruni scrvurnque tihi ti,ldpm non verbo tantum sell

329
opere, tuorumque atavum sempet' de domo Vicecomitum amatorem rninimum quirlem cum majora animus noster stabilis in visceribus fdei Iittera mea exponit. Hoc loquendi genus non ficte: neque tui aliciendi causa dico; veram teneas inrevocabilem sentenciam ex abundantia cordis 08 loqui. Nihil profecto tam magnum, tamque operosum et grave a me petieris servo devotissimo, quin illud libenti animo serenaque fronte, pro posse, faciarn. Nam tibi explorare labor, inj ussa capescere fas est. Qnantum apuli mortales, mi suavissime princeps, antiquarum rerum Istoria caripendenda sit et magnifcanda, ingenium nostruni imbecille excogitandi genus, memoriaque fecunda memorandi 10quendique lingua tersa, exprimere nequit neque audet: tanta illi inest vis, ut indoctos et rudes sagaces faciat et expertos. Sapientes vera docet: malignorum vitia, verecundia, redarguit, rerum gestarum virtutibus Imperatores, reges, principes atque duces magnanmos aliarum ad exemplare ncitat, auge t, extollit: omnibus tan-' dem bene vivere volentibus prodest : nemini nocet: perversos al'. seditiosos deprimi t , confundit. Istorias scribentibus - Diodoro Syculo in principio atestante - imrnortales et innumeras nos monet conferre gratias, curn ali bene beateque vivendi finem et ad ipsum rerurn omnium Artifcem mortales inducant. Infantes nos "sine Istoria - Aristotile atestante - dici possumus. Infans nam a principio quae fuerunt et antequam esset, ignorare dicitur : de his ad aeternam rei memoriarn Isteria ipsa utrumque participando demuustrat viros magnifce : unde ad Panrlulphum Malatestam, quodam in Soneto, Petrarcha noster, Istorias laudando scribentiumque auctores breviter exprnnendo, rlixit :
Credete voi che Cesare o Marcelto O Paulo o Iafrican fosse cotali Per ncude gialJJ3i o per martello. Pnndolpho mio questopere 8011 fralli Alongo andare. 11 nostro studio e qUl'1I0 Che fa per fama li bomeni immortali.

Curo de annalihus igitur Veterum et Chronicis a principio mundi, nonnulla quoque Pontificum imperatorumque principum atque Ducum (praecipue atavorum tuo rum Vicecomitum) ; nec non ltaliae provinciae in Europa et Civitatum situ et aedificiis mirandis quoque nostris temporbus visis et lectis ab auctorihus fide dignis, breviter et succinte ferre praedicta in lucem decreverim, Christi et gloriosae Virginis Mariae totiusque Curiae celestis nominibus

336
invocatis, auxiliuin mihi praestare pariter et favorem velnt, rogo obsecroque: qubus pure et syncere, previa veritate, semotis mendaciis, praedcta omnia breviter nostra in istoria describere possm valeamque: suis locis et tempore a Chroncs antiquis prehabita adnotare et agregare : meisque temporibus vsa el lecta addendo etiam subarare. Nihil ad horuinum vitam conservandam melius, nihil ad bene beateque vivendi modum salubre et utile esse potest, qualll rerurn antiquarum imperatorum regum et principum gesta memorare: aliorum doctrinarn, exemplum et emolumentum in Istoria cornemorare : presentia deinde ad conservationem illorumque insinuationem, ut cauciores omni opera, cura et diligentia doctique effciamur, ordinare. De futuri-i vero contingentibus, cum ab omnipotenti Deo proveuiant, Irnperatores, reges, Principes atque duces et totum humanum genus inquirere desistant, Et si ea ellegantia eoque genere dicendi e tam te l'se Istoria nostra, prout excelentia vestrique doniinatio promeretur extolenda praedicta expresserit et scripserit, Senectuti nostrae hoc asoribendum duci lo : potus tamen antra ferae, mergus aquas, oves pabula t,urresque columbae vitent, quam de bis Chronicis careatis. Vernacula lingua humilis et domestica, ut sapientes aeque et semidocti ~t~.?r~rj8"IJJ intelligant, loquar Carmenque in principio tui ad laudes nostraeque patriae Cremonae titulos superaddam cum Deo..

il ( I C C ?Il E \ T O I l I .
(Ch,'OII

f.

~j7).

Cii Banchetto nuzia!e in Cremona (l51!J/.

Trattando degli avvenimenti successi nel 1519 in Cremona il Bordigallo fa anche esteso cenno di un matrimonio streUosi fra gli Affaitat ed i Secchi; e la descrizione ch' egli lasci della pompa nuziale e del convito, induce a credere che vi fosse spiegata una splendidezza non facile 8' vedersi spesso. A titolo quindi di curiosit e come documento utile a dare una idea dei costumi cittadineschi di quel tempo crediamo opportuno il riportare, restringendola in poche parole. la notizia del Nostro ; solo riproducendo nella lezione originale il menu del banchetto e della cena. Due altre descrizioni di laute cene nuziali si trovano nella Cronaca; l'una in occasione (li matrimonio tra gli Oldoini e i Da Borgo (1526, f. 402);

331
l'altra t'l'a i Trecclu e i .lIeli nello stesso anno (f. 408), meno splendide, ma nessuna delle tre tuttavia in tersi ( !) come stamp il sig. Roholotti in qualche luogo. . Scrive adunque il Nostro che addi 8 Febbraio, verso le ventu n' ore giungeva in Cremona da Caravaggio, ove dimorava, la nobile donzella Anastasia dei Secchi, figlia di Giacomo e di Cassandra Pallacicino, per andar sposa a Ladooico Affaitati. L'accompagnavano molti nobili signori, fra i quali i marchesi Galeazzo e Lodovico e Manfredo Pallavicini. Per le strade affollate e risuonanti di liete grida l' Affaitati condusse la sposa alla sua casa, posta a S. Vincenzo, che era stata sontuosamente apparecchiata; quarantotto stanze erano coperte di tappeti orientali e mobiliate con thoris moschinis et caprclis el nliis diccrsimodi luciis . Le nozze si festeggiarono per tre giorni: al solenne banchetto si , assisero cinquecento persone. V' erano, oltre a molte donne abili nel preparar vivande, quattro cuochi, due francesi. due italiani, cento servi o paggi juoenlutc ((fii/es; quattro nobili giovani cremonesi fungevano da coppieri. Il mercoled, giorno del convito, si apposero le mense.

A.rl prandium Epulac

CUiII

condnentis apposac.

Primo Marzapani cum Chizoletis ex Zuchero. Pasta regalis mal valico cum vino. Qualie assate. Lachieti (1), pastelli cervi de veneson rum potagio. Caprioli assati CUlli finiculis. Tonina, Cevani de bornhuello cum .\ceto. Carpioni noviter capti assali, Pastelli Inguillarum. Perdices, l'unii assati, Pastelli Capriolorum. Potagium Cervi, cum Ulivis compositis. Schenale, Stricti (2) in gradella, Sardelle cum aceto pro insalata, Pastelli de trutis (:l), Tenche more Francorum cum potagio. Fasani assati, Capones, Vitulurn pectora ales (-l), Limona cum husechia composita.
(1) Aniruellr.
,2) Stret: chiamasi in dialetto un posciat tolo.

:3) Trote. (4) Ales, voce di dialetto, che vale teuati.

332
Truta, Carpane ales, Pastelli de luciis albo cum sapore. Pipiones in jure lar.leo, Pastelli Qualearum. Spatule agnelorum assat-, potagium J\lagonorulU (l) rum pomis aranciis, Lamprete assate, Viscera piscium cun ovis Trutae. Pastelli iuanes cum avibus volatilibus risu, Formagelli zucharini CUlli pomis arancis. Pa vones assali, persuti (2), Lagune more francorum. Pavonata cum limonis. LlIl', tenche assate, Pastelli Carpanarum CUI1l sapore berelino. Anseres , Pulpete vituli .issate . Capita vituli ClIllI coramine cocta, Pastelli de gavarellis (;~) alpestri bus. Harti, Temoli assati, .\rme l'l'gale,; urorello cuui savore et pomis arunzi. Lepores assate, rum Galatina (.I) et grani;; pomO/'ulIl granatorum (i"l). lielphini in pastellis. Porcheti assati cum poiuis nraneiis. Pescharie assate (ti). Potagium inguilarum. Zeladia (7) Zucheri in ciatis, Salsa regalis. Spatule Muntoui, Pulpete aperte vituli assale, Pastelli Lingual'UI1l

Vituli, Zeladia gialida cum Zucharla,

Tenche, Barbi assali, Pastelli Carpionoruiu salitorum, tartarete

iII pastellis (8). Capoues, Louzie vituline assale.

CUllI

limonis, Visera viuli in

menestris, Pedes vituli cum sapore Gallico. Tortionus in teclis (D) CUlli zucharo el aliis rebus impositis.. Pastelli pomorum codignorum (iO). Lumaghe assale, Poma pipina (l 1) composita.
Il) Magon, in dialetto il rentrilto, la cipolla dci Pollo.
12)

Prosciutti.

S01'81S lo chiama Gargollello. Probabilmente (le/alina. :5; Intendi Melarawe, O) Chiamasi cos il pesce minuto che si fri;ge.
(4)

:3j Specie di anitra selvatca ; il

;7) Gelatmn .

(B) Tartare dcons certe Torte d' 110\'n, I"tte e zucchero. 9: Grossa torta in tl'g'llhin.

.io

~.Ielc cologne. (111 \Il'la Popina.

333
Tartare, Poma vastata et confecta, sparsa anicis confectis, Tartufole, Gamberi in aceto. Pantofole in pastellis more gallico. Ostreghe, Potarga (1) piscium, Canedelatus. Saldoni (2) zucheri in modo canonorum reto~dorom.

In coena eademmel die Februari nona p. m. Fcb. los manibus liquoris limonorum et aquerosarum odoriferarum inTie apponuntur [ercule cum triumpho et ordine ut supra:
Primo Canesoni Zuchari cum Chizoletis (3). Insalate herbarum viridentium et olentium. Lingue bonine salse mixte in aceto. Inchiove (4). Stridi in gradella, Inguille assate, Pastelli trutarum. Qualee, Turdi assati, Lingue vitulum aperte, Pastelli veneson, Cervi cum finiculo composito. Capari insalata, Tonina, Lamprede assate, Pastelli Carpionorum. Perdices assate, Caponi ales, Maeharoni more Galicorum. Salsizoni cum Olivis. Carpioni sine sale assati, Pastelli inguilarum, 'l'eriche more francorum in potagio bixo cum sapore. Fasani assati, Pastelli Qualearum, Spatule agnelorum assate, Potagium Capriolo rum cum Rusechia composita. Luci assati, Trute ales, Carpane albo cum sapore. Pavones, Persuti, Panonade. Lagane more francornm cum limonis. Piscarie, Visera pscium cum ovis Trutarum in menestris. Pastella luzorum, Zeladia crocea et morella diversorum cum zucharo. Gambari, Pavones a intelardeo Pastelli de gavarellis Arme regales.

il) Anche fra le vivande imbandite al ball~tto dato in Cremona l'anno 1526 da Malatestn Baglione troviamo rammentate le Botarge, uova di pescevsalate (Ved. Arch, storo Lomb., anno' I, fas, 2). \2) Forse Ciflldofli, grosse cialde. (3) Piccole focaccle o achiaeclate.
(4(

Acciughe.

22

Capita vituli negata, Donelli assati, Pastelli leporum bixo cum sapore. Carpioni semisaliti, Pastelli luzorum, Pastelli inanes cum avibus volatilibus risu, Lamprete assate rum Zuchata. Anseres, Pulpete assate, Lepores. Viscera Vitulum cum pomis aranzis. Luci, barbi assati, Tenche in potagio cum sapore morello. Perdices cum potagio more Gallico, Porchet assati, Pastelli pipionorum, Potagium. Pantofole in pastellis, Formagelli Zuchari, Zeladla crocea el morella. Spatule agnorum, Persuti assi, Zelarla carnium vituli alba. Formagelli cle Zucharo. ' Barbi, Stricti assali, Pastelli Luzorum, Zeladla Zuchari in ciatis. Tartioni rocti in tecla, Lunzie vituli, Capones assati, Pedes vituli cum sapore et limones. Turte albe, Pastelli Codognorum, Lumage, Potarga Piscium. Tartara in pastellis more Gallico, Poma Pipina composita Tartufole, Tobrasi (?). Ostraghe Canedelat, Saldoni Zuchari, Vinum Ipocratis artificiale rubeum compositum. Postremo Zuehari conferta diversorurn Mistichin in simul mista habunrlanter.

nOCT!MENTO IV.

i Chron., f.

~iO).

Rde Frater saluteru. a questi giol'ni passati receveti una vostra ala quale non ho mai facto risposta per le grande occupatioe che ho di continuo: me relegro che sciati restato a Cremona, benche scio sareti ben veduto: prego el Signore ve conceda gratia de fare bon fructo questa qu.aresma et a voy et ali altri. De nove de Franza no ce altro: salvo che habiamo una decima dopia, et io ho davantagio una taglia de la religione: de Roma ho nove chel Turcho ogni modo verra questo anno in Italia: et acio eh potiate dar pi fede, subjungam verba R." dni. Macloniensi oratoris regii ad me, et primo ex Iitteris XX VII decembris. Turchus parat magnam

33!)
classem apud Anchonam, haud dubio una nocte in Italiam transiturus. Hic quottidie crebissime nuntii et credo <:t n expectabitur. ltem ex ejusdern spxto Januarii Turchus Sicilia Marchia Anchonitana et Foro J ulio Italiam vult aggredi: terresti (sic) itinere Foro .Juliensi venet in persona et nil prohibeht quorninus usque ad portas mediolanenses non veniat. Hic n. nunc pro certo creditur proximo vere futurum. Item ex lrls R mi Archiepi nostri Nazareni dicens .... Nos habuisse ab oratore Venetorum magnum Turchum ipsorum Oratori Constantinopoli aperto marte dixisse : Deus vult ut personaliter vadam ad casligandum populum Christianum et ut eos instruam mandata ejus observari, Et maxime illos Christianorum presbiteros et ostendit ei totam preparationem Machinarum, navium lignorumque universi gl'neris, dicens iterum : Deus vult ut corrigam malos Christianos etc, adi XXIJU o del passato me scrivono -COIllO e venuto aviso da napoli da mercadanti al Papa, como uno figliolo del Turcho e gionto ala Valona et aspecta che tutta larmata sia racolta insema per passare in polia. ltem adi sette de linstante como la Scicilia e rebellata dal Re de Spagna, et han o amazato tuti li officiali del Re per tuta lisola. El re de Spagna glia mandato armata; Ma loro se defendeno gagliardamente, et hano mandato arnbasatori al Turcho per darsegli. Et credo che questo el far accelerare : Et domandando io allo Ill.?" Monsignore de Lautrech, se queste cose erano vere, me l'espose che si et che ha novelle certe chel turcho saproxima. A l'orna quello Cruxefixo che era intra la C~pella de papa pio et de sixto ligato cum tre Catene grosse casco la nocte de la Epyphania cum grandissima ruina, non senza gran paura de coloro che temeno Dio. Questa festa de natale un prete celebrando in campo sancto, poi che hebe consecrato, et volse levare l' ohstia (sic), se glie disparbe de mane che mai pi non fo vista. Quello prete fa spoliato da piu de 200 persone che erano presente et tuto per tuto l'emesse le tovalie, et el scabello de laltare et mai trovarono niente. A Nola in campagna una Madona ha gitato del l ecto del sangue et aqua piu volte in grande quantita, e questo e gravissimo per aviso del governator de quella cita, el quale e generalhomo (le Milano et dice averlo visto con li ochi proprii. Et dice che quasi tuto quello paese e vestuti de sacco et cridano misericordia. Altro non dico al presente me l'9Colllando alle vostre oratione. ~ni XVIII Februarii 1518, i~ frtlta JOANT p. G.

ms

rr vr

336
a t." R.do patri M.O! ZACHARIE
DE RAVBNA

ordims minoris theologie

professori, Cremonae in Et:<clUi Cathedrali evangelizanti,

fin' char,

mQ

nOCFMENTI V

1<:

VI.

tChron., f. :3:30 e 33:3).


Gennaio 1522. -

Norme sulle veltovaglze dei solda francesi in Cremona.


L

Intendendo lo miiio et ex.mo Monsignore de Lautrech regio locumtenente in Italia che la gente de guerra vivano cum qualche ordine et poliza et menor consumpto de le victualie che scia possibile per tenore de la pnte se fa publica Crida et comandamento che restante ferma la ordinacione facta il non sia alcuno homedanne ni archere regio ne servitore quali olseno over presumeno constrenzere li soy hosti ad dargli over pigliare da quelli, etiam che spente le voleseno dare pane ne victualie de alcuna altra sorte per loro ne soy Cavalli excepto de le infrascripte, sotto pena da essere cassati et missi in presone et oltra farli pagare diete victualie la mita de piu. Et specialmente che dicti hosti ni olseno adare ali dicti soldadi cosa alcuna se non per mane del Comissario et deputati sopra li Magazeni solto pena de scudi cento da esser aplicadi alla regia Camera per la mita et laltra mita alaccusatore qual sera tenuto secreto. Et benche le vitualie siano care tuta volta lo prefato Monsignore Illiiio a ordinato se diano per lo pretio infro, che uno terzo meno de quello valeno al presente, ma chel dieto pano debiano prehendere alla piaza a quello Magazeno li e ordinato mandando ciescaduno (aie) Capitano uno alevare tuto quello gli aspecta per la banda sua r uno giorno a raso ne de onze trenta de pane per Cadauna bocha E uno soldato da essergli pagati ne la consignatiO de dicto pane actualmente. . Quanto al vino chadauno homedarme possa haver da lo boste sive patrono suo stera uno e mezo de vino ogni dece jorni pagandoli realmente secundo sera ordinato per li deputati deli C~n.ei et de la Citade. Il qual vino debi esser messo nel proprio a'ogiamento del Soldato fora dela Canepa del patrono, uno archere

337

franche altra tanto per ogni vinti giorni, et uno archero sugietto la mita de dicto archere Franche. Quanto alla biada-dei Cavalli <lieto homedarme haverano haver da dir-ti soy hosti fin atanto che altrarnente sera provixo stera uno Cremonese di spelta ho avena il iorno, over non avendo spelta ni avena, mezo staro de sigalo o daltro grano, et li archeri alla rata pagando dieta spelta o avena ad rasone de soldi dodece,
dot. Cremone die iuvis secundo Januarii 15:t2.

subscripta
nDET DE

Fors .

O,'dinacil)}/C {acta PI't' lo lllitto Monsiqnore de Laulrech generalc del Re in Italia locumtenente, del numero dele gentc

tlarmc rcqie demorcno in Cremona et suo distrecto et del suo icere.


Primamenle la sua ex.celentia vale et ordina che le diete gente darme non habiano il vivere suo piu che quelle boche atali si ritrovano haver actualmente dimmodo che uno homedarme non possa havere piu che boche cinque et Cavalli quatro etiam che havesseno nno arcere sugetto. Lo Arzere franche due boche et doi cavalli; de li quali ne scia una nota sive l'alo in mane de li deputati de la Cita revisto dal prefato monsignor Illmo a rio che la Cita non resta inganata. Chadauno hoste havera adare alli Soldati quali sono albergati in casa sua nel proprio alozamento loro apte il vivere solamente dele victualie infre. Videlicet. Ad uno homedarme cum 8UOY famiglii pane arasone de unze trenta et vino (in ellectione del Soldato) arasone de onze sexanta de quello si ritrover havere dicto suo hoste in casa in ellectione del soldato per cadauno giorno la bocha, et n avendone lo hoste in casa, ne debia comprare. El qual hoste essendo agravato pi u che la sua portione, sia alezerito et restaurato del sopra piu da quelli achi aspetera de ragione, secundo li ordeni sopracio facti. Et quelli che non haverano hoste li sera provisto secundo lordine che fara la Comunita: interim le visnenze gli provedirano. Per chadauno Cavallo quarter uno di spelta,"aver avena et'

R38
11011 haveudo spelta ne avella la mita de altro grailo da sigel infora, aIe quale biave el conctato scia coustrecto prevedere dela mita, Le quale Iute cose li dehiano esser <late atalia, debba esser creduto allo hoste cum suo sacramento non exibendo lo soldato la contra talia. Legue, feno, palia, li salda ti se ne prove.leno in foragio non havendone lo hoste, et avendone et non sia da opera over uteusilij le dehia usar moderatamente. Carno, candele, all'O, Iormagio, grassa et altre cose eia sale infora li Soldati se ne prove-la al contante (Iandoli lo hoste ogni setimana doy Cavalloti per hrlarme, et 11110 l~ arcere da esser restituiti ala prima monstra uts, De le qual tute cose l'I prefato Mousiguor Illmo vole siano observate cosi da li hosti COllio dali Soldati solto alla pena de la indignatioe de sila excelentia et de la mayesta Christiuuissima.

Cremane die 22 Janunr 1521 (1 l.


Sigli."
()OET

m; Fovs,

1) ()

C n ;\1 E x T (I V I I.
(Uhron. .. f.
~~95}.

Epitaffio di B.

PELI.lr.IOLO.

Il Battista Petliciolo, che il Bordigallo dice anche Frantori (f. 394), sopranorniuato il Matto Cremonese, fu un valoroso soldato ed un capitano di acuta perspicacia. I suoi duelli con parecchi avversari, nei quali, combattendo corpo a corpo, era sempre riuscito vincitore, gli avevano data molta fama e fatto carissimo a Francesco II che, e con lui e con Francesco suo fratello, non meno valoroso, largheggi di doni, e fra gli altri di una casa in Cremona, sulla quale i fratelli fecero scolpire questi versi:
Invidiae et vulgi cessent mala murmura, sunt haeo Sphortiadae nobis libera dona ducls,

(Cfr Campi, III, 146). Mentre, essendo al servizio del Duca, il Capitan Battista muoveva all' espugnazione di un Castello, su quel
rl) QUll8to proclama datato secondo l'uso cremonese di cominciar I'unno dal 25 Marzo.

339
di Pontremoli, chiamato la Rocca, da un archibugiata fu ammazzato (6 Maggio 1525). Portato il suo corpo a Cremona venne onorevolmente sepolto nella Chiesa di S. Pantaleone, non in S. Agata, come scrive il Campi (I. c.): almeno se prestiamo fede al Vairani, che riferisce l'iscrizione posta sulla tomba, notando che per errore o dell' amanuense o dello scultore vi fu posta la data sbagliata 1515. Il Manini volendo correggere il primo sbaglio, cadde in un altro ponendo invece del 1525 il 1523 (Mem. di Crcm., II, p. 22). , Nell' iscrizione per come si legge nel Vairani sono incorse alcune ammissioni. che toglieremo, riportandola, come la conserv il Bordigallo:

Baplistae Pilizolo primi pili centurioni (adissimo - de patria benemerito - qui sinulo certamme quale;' oictor - praelio numquam viclu; - prooisus ex improviso tormento obiit Venturinus pale" Franciscus et Philippus - Fratres carissimi moestissimi plorant - anno 1525 pridie Kal. Maii. Ed ecco ora l' Epitaffio in suo onore composto dal Gaetani (Chron., f. a95):
Qui stulti sapiens fui emulator, Dux centum quater agminis pedester, Baptista, heu nimium appetens honcJl'iR Tantillo potui perire plumbo. Ter vici pedes ense snzulart, Quarlum cornipede et cruore nullo; Nullo marte subactus, inquam, vietus Censum dia placencia exhibebat. A te Sphortia vis mea exlt in te: Pranctscus tamen est mihi Rl1perstes Frater, pro patria mori paratus.

J)OCUMEN:fO

VIII.

( Chron.. f. :-376).

Capi/ula seu Conoeniiones ile m'be Laude Cllm Caslroleone a Fedcrio Gonzaga Duci Mli' danda inita et {acta.
Et primo chel se habia uno salvoconducto dal Ill.?" Signore Vicere di Napoli et dal Ill.?" Signor duca de Milano per doy gentilhomeni depso Signor Federico adcio posseno andare et ritornare fino a Susa et vedere se lo exercito francese e passato oltre li monti, et caso elle lo trovi esser passato li moti over che a Susa

340
non sia testa de exercito vechio o novo che venesse per far de novo impresa in Italia li pnti infsi Capli et accordio alla tornata loro se intendeno essere conclusi, et il prefato signor Federico debba liberamente et senza dilacione restituire la Cita de lode in mane del homo del Ill.'?" Signor duca de Milano che se mandera a tal effecto. Et se intenda essere passato lo exercito etiam se fossero restate gente in Alexandria in nome del Re de Franza, Che seguito lo accordio il prefato S! Federico et gente solto . la sua caricha nel ritornare in Franza per il camino nel stato de Milano habbieno lo allogiamento et victualie nel medesimo modo che hano le gente proprie della S.'" liga. Et che sopra Tizino se gli faza uno ponte adcio possano liberi et expeditamente caminare. Che tuti li pregioni li quali hano pagata l~ taglia, overo n lhano faeta, alhora che sera concluso lo accordio, Incontinenti siano relaxati. Cosi anche quelli sono homeni de guerra de luna et laltra parte alli quali non accadera pagaI' taglie sieno ancora l'l'laxati con quella parte de pagamento che sera declarato p lo m.mo S." duca de Urbino. Cosi conclusi li Capii se debeno restituire in mane del prefato Ill.?" S." Duca qe Milano tuti li bestiami bovi prehenditi per li Soldati del prefato S," Federico. Et che in questo tempo si ritrovarano in la Cita de lodi laltri botini gli posseno portare a piacere loro nel partire ch farano de lodi. Che ciescuno Citadino et gentil homo dessa Cita de lodi et qualonche altro del Stato ne Milano che volesse andar cum esso signor Federico possa andar liberamente securo in sieme con li altri. Che ritornato sii Ihomo del pfat S! Federico mandato a Susa et haute le sue Caucione, et se~ureze il (li sequente debba consignare la Cita dA Ioni in mane dA Ihomo de lo Ill.?" S! duca de Milano et in termine de giorni vinti o mancho secundo piazer al prefato S." Federico partire de essa Cita et andare al suo viagio liberamente con tute le sue gente darme Cavalli bagagie et robbe et cose loro de qual sorte sieno. Et perch al prato S." Federico non si glie concesso bovi ne Carri !:!. condure le diete cose sue, sia in arbitrio de sua Signoria lussare quella parte depse ad epso S." Duca de Urbino che piu gli piacera et simelmente lassargli el Castello adcio dispona como aluy piazera. Et chel prefato S." Duca habbi a conservare li homeni de la dieta Cita de lodi indemne cosi de la vita como de la robba.

341
Che per observantia de la conclusione et accordio de tuti li pnti capii, il prefato S.' Federico debba dare Idonei obstagij in mane del Ill.'?" S." Duca de Urbino, et del Cl."? et M.O Meser petro Carezo proveditore generale de Sancto Marche, li quali habbin ad stare per cautela che venuta la ssta chiareza laccordio debba seguire secnndo la Capitulaqione. Che per piu secureza del prefato S." Federico et gente che anderano seco ultra li salvicducti del S." Vicere, duca de Urbino, duca de Milano et proveditore Veneto. epso S." duca de Urbino insieme cum uno gentilhomo del S." Vicere et uno del S." duca de Milano vaddin accompagnarli fino che serano in loco securo et se alcuno depoi che havera accompagnato el prato signor. Federico nel retorno che fara il signor Duca de Urbino voran ritornare cum la gente de sua signoria che posseno liberamente venire securi sino al Stato della Signoria de Venezia. Che tuti li ssti Capii se intendens anche essere conclusi cum meser Andrea de Biragho et suoi soldati, et homeni de Castellione, per che se habbiano ad unire et iussi nel tempo partire et caminare unitamente insiema cum epso S.' Federico, Et in fede de le sste cose il po'n S.' Duca de Urbino et il So" proveditore et il R." S." prothonotaro Charazolo oratore Caesareo, et il :\1.'" rneser Carlo Cantarini oratore Veneto in Milano in nouie del pfato S. r duca de Milano, Et corno deputati et mandatari], ad acceptare et concludere qualonche Caplo cum il pfato S." Federico, como appare per patente sottoscripta de maue de sua ex." corroborate cii il suo Sigillo revise del S." Conte Hieronimo Morone. de mane de meser Bertholomeo Rozono secretario de sua ex." se sono sottoscrpti de loro propria mano adi desdotto di Mazo 1;)2...

DOC UME xT I I X
('/tI'OI/ .

X.

f. :37.-)

p.

:n6).

Chron .. f. 370: Die Jovis quinto mensis maij ah Anguigeris et Hispanis capta urbe Novayra et derelicta ah Asuevis (sic) quiuquemille qui in patri.un suam, relictis Galls et exulibus ultra Se-. siam debellatis et fractis, reversi sunt, ex litteris ab Illmo Duci Mli gubernatori nostro Mayno de Maynis emanatis .........

342
. , .... : qual'um litterarum tenor ah originalihus extraxi et talis est ut infra. Videlcet :

Dux Mli etc, La impresa e vinrta, li iniuiici acoiupaguati da ;Pii Sviceri che el'ano in no vara seco, che sono circa 5000 vano verso Susa, li altri Sviceri, quali erano venuti in 101' soccorso sono CC ad incirca sono ritornati ad casa ~ua Bayardo e morto lalrniraglio e vaudones feriti presi cinque stendardi et sei pezi (le artilaria, oltre li primi sette: X uy domane varuo a trezo per coucertare et deliberare CUlli il Signore providitore et Signori Capitani venetiani cerca la lmpsa conlra di lode, qual se ha arl far de puti. dal. ~Ii quarto xlaij.
.)

De natura Gallorum mribusque et in Italia destructione et ad laudes Illmi Fraucisci Secundi Sphorcie Meiolani ducis et Cremonae Diii;
CARME!'

Alme Deus qui cuncta creas, mi 8UO;P Redemptor. Aspirar" vcls, obsecro : porg-p manus, Quo posslrn l't. valearn Gallnrum scrlber n.orr-. Naturarnque sui, dura venena virum. Non bene couveuunt, una uee sede rnorautur Gentibus Italicis : 8UIII siue fue mali. " lulJlQurdi, o nitles " hlaterunt , repetoudo " cuct. ti"

Vtlles : da Bromuo;

ferr-uln multa petuut:

Tam cito Ili tuleris? baculo tua terga malpni Pereuciunt : " JI'I/es tl'r gerunando t01l3111. Xulla tdes : 1101' 1I11us amor: pietas : n.isorerv Extuut : vi rupiuut sed buna nostra lupi. III bello audaces primo: post ~er~,1 resolvnnt. Ut pecudes, cervi, vociterant.. cani'. Qnaf)ritiR Italinm bello superare ~ sepulehrum Sernper vobis adest : tempera lapsa doccn!. ~Iaguus Alexsnder Galles superavt in arrnis. Femueos fecit: sanguine terra madet. Romano immemores bello, Tyberina fuentn Corpora volverunt psebus Adriaci Ile te pulcbra nimis referam quid goesta, CrpmOI'H '! Contra llos Ppiae sanguine fluxit aqua . .\Iillia sex rnors sola viros pcrcussit amara: Strage Crcmouigeuum membra scpulrn jaorut.

343
Fiamineae in eamps domult vos atque Camllus : II1ud idem Caesar contulit in patriam. Virtutumqu Comes Galeaz superavlt lnquos, Mart~ gravi, Gallos : fecit et hOB humles, Sphortia bellipotens multos iugu\avit in agris In qubus a Jano moenia l'elsa manent. Bellaque Parthenopes tacco sirnul et Gariani, Cruda fuere amts, perlachrymanda diu. Gerolae in carnpis Tarrus produxit ad undas Adriaei vestrurn corpora lapsa virum. Quid procerum eaedes referam? quid g-esta Ravenue ? Mens stupet : ast tota Francia dat gemtus, l'andini in terra, noster velut Heetor in armis Chrlstophorus Calaber perdidit innumeros. Brixia destruxit multos : vicina Cremona Perpatitur poenas, dilacerata jaeet. Bichoehe et laudes Prosper Columna macellum Faecit '8ic): amara fuit perlachrymosa dies. Quld GraRsi fera bella canam mernoremque beati, Aspera, dira nimis, sanguinolenta rnanent. Quot Sesae neeuit numero fugientibus unda Subliceo: Hispanum quot ceeidpre rnanu. Disperdant Clotos, Laehesis, perversa Mcgpra Hos fatuos : Pluto claudat in ormiticon il'. SI strages hominnm varas descrlbere vellern Italine, sensus tempera defficerent. O cocci, revocate animoso mentesqun profana!' Vestrurn iter Italia vertite: mors rapiet. Fiuis eri t rerum foellcia guudia terrls Altera lex populis: utilitate virum. lledclerp, quodquo suum Pastor decrevit in orbe, VI. p"x perpetna regnet, amicicin. Seeptra tenenda Duci Lgurum. sua moenln, CAstra Linquite justieia: sic jubvt ipse Dsus Hine Mediolanum gaudebit principe tanto; Dans tltulos Domino laudibus assidus. Pulchra Cremona Ducern eOnep.rnerp fronte sprrna Gaudebit, dicens : vivat amore. fide. Rripuit tenebris. rnanibns nos et Phnraons Itallarn solvens exulibusque mals, Vivite foeltces populi, sub tecmne magnl I'rincipis : ore canant Spbortia duxqus potena. Omnipotens servet nobs pietate snpernn Pro Duce eurn nnts sceptrn tenenda du, Gloria sitve patri, genit{) de vlrgine pura, Saneto Spiritui, trlnns et unus bonor.

.1) A quanto dice altrove il B. ormiticon in caldeo

('l vale iK!e1'lIo.

344
DOCUMENTI XI
(Chron. f. :393).
-E

XII.

1.

A.d laudcs utsupra , Mondominique Burboni t't alioruni lige Ducum ad titulos, in dcstructione Grr.110l'um, Getarum rt eandumc oictoria habiia lriumplio.
IlARZEI.ETA.

Viva el duca di Burbon Cha cavato la cresta al ga Ilo Ognun faza gioa isic' e festa Poi chel gallo e facto capon Viva l'I Duca di Burbon. Nel bel Barcho de pavia Che alozava Il animali SI! hano in quello facto li balli Un polar di baston Viva l'I Duca di Burbon. Tu Pavia che secunda Del Ducato esser soleva Per il suo Antonio Leva Facta sei primo Canton Viva el Duca di Burbon, Quel che in tuti Capitaneo Vicerex Imperiale Col Peschara B leale Rupe a galli la mason Viva el Duca di Burbon. Altri degni Capitani Gentedarme e Schiopetcr Hano facto el dover Sotto lombra de Larchon Vlva cl Duca di Burbou. La ,riornata de lIfathia Chel bexesto d flnito Fu principio al gran conflicto Facto dentro al bastion Viva el Duca di Burbon. Rumpen nostri lalto muro De lo barcho verso Milan E da tre canti a le man Cum li EIvetij fen rason Viva el Duca di Burbou.

Salt poi tuta lurmatu Percutendo de ogni forte Che cum schiopeti de la morte Che ferisse de lanzon Viva el Duca di Burbon. Preso il Re: spavento e fuga E lasso li altri. nel Zeno Cavalehando a pieno freno Afrezando de speron; Viva el Duca di Burbon. Un fra[n]ces che se domanda Monsignor de la Motta Molto ascorto in quella botta Prese il Re di botion ('l) Viva l'I Duca di Burbon. Gi lu[n]tano qualche passi Dal conflicto era volato E cosi fu involupato E conducto nel panion Vva l'I Duca di Burbon. Perche l'l Rf' non de mentire In pavia fu menato E al Leva consignato Re Francesco per preson Viva l'l Duca di Burbon. Ludovico Re presone Fece il Duca Ludovico Da Francesco Re Francesco Versavce e facto preson Viva l'l Duca di Burbon. Se pensava il Gal trov are Iterum Maximiliano Et golder el bel Milano Senza doja del baston Yiya el Duca di Burbon,

345
Tutti nostri Capitanei Tanti galli hanno presi e morti Che galline de lor sorte Se darano per un pichlon Vivn el Duca di Burbon. Fa mo Duca de Milano Bon tractado al tuo grege Per che quel che tuto rege La vittoria ha data in man Duca, Duca de Milan.

NOTA. Precede a questa Poesia un carme latino del Nostro sullo stesso argomento, ma in lode intieramente di Francesco Sforza. Il modo col quale il B. parla della Barzeteta potrebbe lasciar incerti se debba ritenersi scritta da lui o semplicemente da lui riferita, ducch a f. 39~ si legge: de triumpho hac rictoria gaudio et lettcia ad III. Franciscum 8phorliam AlTi ducem Januae et Cremonae dominum Dominici: Burdigali ... Cal'flllen cum Barzeleta seguenU pridie Kal. Februarii 1525. A ritenerln di origine anonima e popolare sarebbe forte argomento la sua somiglianza colle altre poesie della stessa forma e dello stesso colorito, e ispirate dal medesimo fatto, come la Rotta di Paeia, il Lamento del Re CristiatlillifilO e l'altra. ristampata dal }'IULLRR (Cl"on. e Doc. Lomb. II) SOli di Pranza etc. Vedasi in proposito la Poesia Popolare di A. D'ANcmiA, p. 65 e segg.
o).

:2.

Copia de la lettera del gran turcho mandata'p suo ambassadore a la maiesta Xpianissima in sua lingua a leterc doro dolendose de la captivi/a sua (1).
Grandissimo signore cum honor de dio, alla gran corte cum gratia de Dio Mumeth aver Ansemar propheta de dio. lo Soldan Saliman signor et imperator sopra la facia de la terra et sopra el mare biancho e negro, Grecia. Anatholia, Cormania, asia, Trebesonda, lamech, Media, Jerusalem, Damascho, alep, Grus, Caspio egipto, tuta arabica et persia per gratia da Dio forte et potente como el re Alexandro, a voy che nel regno de Francia seti re Francescho. Sotto lombra de la grandissima et molto alta porta de nostra corte attendente al cielo: lo mando lhomo mio cote Johane Franchapan el quale ve po~ta littera el parola de credenza per haver vuy persa una Bataglia de la quale io ne son forte maraviliato et mal contento pur e vera che li He non se avena pigliare troppo dispiacere de bataglia persa over essere prigionero perho che questo usanza de la gueja, percio non lo doveti pigliar in gran dispiacere. Ma se per tal cagione voi haveti bisogno de oro, argento
(l) Riportiamo, quale documento curioso, questa lettera, che, come tant'altre, da considerarsi parto della fantasia dei contemporanei.

et de gente facenemelo !\apperp ,'P ne mandero gran numero quanto voy vorete. Soldan Salin de Soldan Sulim figliol Soldan salaman, padsach, Imperator havendo la cintura torte et la spada in mano, lo per tanto tuta questo che vi ho rlotto, prometo ve lo ohservar senza alcun dubio et venire amostrar a quello imperatore, quale e quello che e vero Imperatore, percha io lo ponero in tanta confusione cum tuto l'I suo payese terre e l'rami che eLI la grafia (le dio tuto l'I mondo ne intender fII' uovo l't ne l'estera maravigliato dal levante al ponente et ne parlera de me et q10 habiate p verita, Script.a nel palazo de Costantinopoli rlel hrlO !):~O. die 2'2 Aplis, DOr.I:ME:'\TO XIII.
i Chrun.

f. 401.

Descriptio Hispanorum et dircrsarum gm/ium eaercus


c/tin ducibus et comiois.

quorum Ducum nomina cum comitiva et personarum numero utriusque ordinis militum sequitur ut iufra. Videliret. ~I.nu Comandatarius Uria iuagister gnalis Hispanorum et totius exercitus Cesareae l1ayestatis. M!'" Comandatarius Corbeta Digurates loeumtenens. M.... Marchio Vasti equitum et peditum gnalis dux. Stren.?" Gurles Hispanorum perlitum forerius gnalis. Stren.?" Gratia de Vargas locumtenens Joanis de Cararnona,
Infrascriptae sunt armoruin gcnles equestri ordinis numero in Comitiois infrascriptorum Ducum in agl'o Cremoncnsi, opidis l'l l'ilis (sic) e.ristcnses cilicorum npcnsis.

Comitiva militum ad staciones terre Soncini.equestrium quondam Ill.mi Marchionis Peschariae numero lancie . Comitiva militum ad staciones Marchonis Vasti in loro Rumenenghi, numero lancie Comitiva Comitis Potencie in 101'0 Mozaniche lancie . Comitiva Gracie de Mandrich in locis Anici et Livignani . Comitiva capitanei Ludeyne in locis Gusole et Martignani et Castrinovi Buze Abdue lancie numero .

90
50 50
40

45

347
Comitiva Capitanei Petri Exuli in Iaea S. Joanis in Cruce . tOO Comitiva Marchionis Tripaldi in loco Casteleti de Ponzoni55 bus lancie numero Comitiva Capitanei Cesaris feramoscha in Iaea Casalsmajo60 ris lancie numero. Comitiva strenui Aschan Collumne in locis Piseharoli lancie 140 numero . Comitiva Capitanei Alouisi de Caravegiam in loeo Grotardi. 100 Comitiva Capitanei Sgnech lancie numero . 4U Summa : scribtur in totum lancie /iO militum equestrium.

Dcscriptio Ducum et peditum ad stacmes 11t supra.


Comitiva peditum Capitanei Conridaye numero aJO in loco Spineto. Comitiva de don Joanis de 40U,. ,. Calvatonis, Vil\anova Comitiva Capitanei Guvesi :310 lo) ,. Platine. Comitiva Philippi de Cor700 li) li) Casalismajoris. dovo Comitiva Petri de Mercato 41 i lo) locis Bordolani, Curtis , Fratrum et Aspics. Comitiva Branchamunti 400 lo) loco Paderno. Comitiva Joanis d Merchado :~25 lo) Casalisbutani. Comitiva Capitanei Monrleze :~;~() lo) Jovisalta. Comitiva Capitanei Avalos ;~tiH li) l'rivoli. Comitivll Capitanei de COI'dova :>:10 Soncini l't Casalismorani. Summa: scribtur in tOtUIII 44!W ordinis peditum,

Il O C IO M E :'i T l) X [ V .
(Ch,'oll. f. 413).

Capitoli della resa di Cremona, il :!4 Settembre 1526.


Havendo lo IIlmo duca de Urbino Capitaneo generale de la Serenissima Signoria de Venetia, et el clarissimo meser Petro de ca Pesero gliale proveditore de la prata Serenissima Signoria domandati per nome de la Sancta liga che li signori Capitanei et

348
gente di guerra, che sono in Cremona, che debeno rendere la dieta Cita .P. essa Sancta liga, hano essi Signori Capitani et gente in lo contamenlo et acordo de la restitucione dessa Cita domandati li inro Capituli. 1.

El primo essi Signori Capitanei de guerra liberamente se rendeno et prometeno dare la dieta Cita per tuto lo presente mese de septembre in mane de le pfate Illmo Signore Duca et Clarissimo proveditor per nome rle la Sancta liga .

. Item dicti Signori Capitanei et gente prometeno non tore le dieta Cita ne levare robe alcuna de qual sorte se sia, salvo 101' robe pprie et se havesseno debito debeno se li habeno da satisfare, se non se ne stia nel gudicio (sic) et arbitrio de li pfati Signor Duca et cla, mo proveditor,

ltem dirli Capitanei l't genie debeno lasar lartelaria e tute le monicione e insli bellici in dieta Cita reservati quelli da mano.

4.

Item tuti li prefati Signori Capitanei et gente (le guerra se obligano et prometeno de dare dodeci ostagii de tute le natione de li prefati Signori al Duca et Cla.'DO proveditore a loro ellectione p obsvancia de questa Capitulacione cum juramento de tuti essi Signori Capitane! et gente che se retrovarano in dieta Cita.
.l.

Item ch~ incontinenti sorano sottoscripti li pnti Capituli da li pfati Duca et Cla." provedilore et per la parte dessi Signori Capitanei et genle de tuti li Capitanei da pede et da Cavallo de ogni natione se havesseno dato li ostagii conio edeto disopra et aquella hora se habeno alevare le offese de luna et laltra parte et stia in

349
faculta de li pfati Signori Duca et Cla.aIO proveditore de mandare doy gentilhoi a stare residenti in Cremona, sino che dicti signori Capitanei et gente starano dentro, li quali haverano aprovedere che non se lavori de sorte alcuna haverano E offendere ne per deffendere et insieme eum li sui inagistri de Campo ad provedere non se faza violenza ad alcuno de la Cita ne in li beni ne in la persona loro.

n.
E li prefati Illmi Signori Duca et Cla."10 Signor proveditore gli prometeno dargli ampio et franco salveconducto et compagnia conveniente ali bisogni loro per andare in alamania, et volendo le gente darme cavali legeri et pedoni andare nelo rea me de napoli li pfati Signori Duca et Cla..... proveditore gli premete chel locutenente generale del nro signore per quelli vorano andare in dicto rearne gli fara salveconducto de poter passare per il stato de sua Signoria liberamente.

7.
E li prefati IlImi signor Duca et ela. mo proveditore volieno et comandeno ali prefati Signori Capitanei et gente posseno andare Cll gentedarme e Cavalli et altre 101' robe in troppa cum le bandiere sarete (sic) senza sonare Tambori ne trumbe salvo nel levarsse delo alogiamento de loco in loeo.

8.
Item che tuti quanti sono in epsa Cita de Cremona de qual grado et eondicione volieno siano li quali fosseno stati ali servici de la mayesta Caesarea posseno stare liberamente senza impedimento alcuno et siano asegurati et l'emessi de ogni cosa passata. Et se per caso volesseno stare in altro logo, et non in epsa Cita de Cremona, medesimamente lo posseno fare, pur che non vano ali servicii de li inemici de la sancta liga et che in le lor possione et ben non li sia donata molestia alcuna n impedimento, pur che non se trovano per altri tempi baniti da lo Ill.~ et ex. aIO Signor Duca de Milano e q10 partieularmente se intende per Nicolo Varolo (1).
(1) Era costui -- a quanto scrive il CAMPI, 11[, 141 - a cittadino molto potente e di gran seguito . Sbandito dai Francesi egli ord contro Il [oro potere

28

350

9.
Item se concede lieentia ali prefati signori Capitanei et gente de poter mandare quatro de li 80Y in compagnia de uno de li prefati Signori Duca et cla." proveditore a Milano, qual havera atrovare per tuto el dieto mese pnte et el giorno seguente partirano essi Signori Capitanei et gente de Cremona: salvo se havesseno exereito in loro serviso in Campagna, bastante a levar lo exercito veneto de la impresa de dieta Cita.

10.
Item li prefati Signori Duca et cIarissimo proveditore concedeno licencia ali prefati Signori Capitanei et gente de poter mandar li loro agenti a milano a solicitar le page loro. Conclusi et firmati ad 24 de Septembre 1526, nel felicissimo Campo Veneto a Cremona.

Subscriptiones coroboraiionis :
Francesco Maria duca de Urbino de manu propria. Petrus Pisanus provisor et procurator subscripsit. Conradinus de Glurnes collonello. El comandator Uries. Thomas Sanchez de Bayeza. Petro de Mercado. Lodrigo de Vargas. Pietro Osorio. Sarra Collona manu propria. Guido Vaino. Nauzos phmid capitano Per Andrea de Soma. Camillo Caraciolo. Arze. Alouiso de Cuenas.
nel 1521 una congiura, che, fallita, condusse a morte, fra atroci aupplet, quattro nobili Cremonesi. Quando la Citt si sollev nel Novembre dello stesso anno, Il Varolo, ritorn a porsi a capo dei tumultuanti; ma fu costretto a fuggire quasi subito. Cacciati definitivamente i Francesi, venne a Cremona e gli fu dato l'Incarico dal duca Francesco Il di assediare il Castello, che era ancor in mano dei Francesi; ma .. ci che se ne fosse la cagione non si sa (CAMPI, IlI, 145) fu levato dall' impresa e - da quanto si rileva da questo luogo-nuovamente espulso.

351
DOCUMENTO XV.

(C/tron. f. 371).
t.

Sonetti contro certi Astronomi.


De hoc mense februari nonnulli Astronomi insensati firmiter tenentes eorum judicium aquarum de diluvio in terris venturo certis diebus limitatis sexdecim ex sideribus insimul regnantibus hoc mense secundum aliquorum doctorum non bene intel1ectorum dieta in arte et de malis diversis hoc mense venluris multaque alia praeIgitur dieaverunt : quod profecto vehementer erraverunt contra hos de diluvio astronomos errantes et secreta Dei perquirentes predieereque ut prophetae et arioli volentes et atemptantes Soneta infraseripta seu Carmina in ipsos fatuos capias, mi lector, En. . Cfr. CAMPI, III, 150. Ecco due dei Sonetti:

Sonetum in Astronomos insensatos.


Soli congregati tuti li Pianeti

Per por (europa et I88Ja in gelatina : Chi vha insegnato questalta doctrina E fatto pi bugiardo che i poeti '! Astrologi voi sete et non propheti forse In ciel Cethego et Catalina, Che siano intenti al sangue et [a] rapina, Allavaritia alar como voy seti '! Il Sol da luce et vita: venere bella Col suo vltal calore scalda la terra, Giove e benigna et gratiosa stella: Marte fa corpi excelsi e arditi in guerra; Mercurio ha la eloquenca per sorella, La luna guida laeque unde vaga erra; Apre Saturno et serra La porta di consiglio et di prudenza, Et da senno, valore, virt, scienza. Questa vera sentenza : In ciel non 80n discordia, liti [nel mali: Ma san tutti i suoi lumi almi e vitali. Ponetevi gli occhiali,

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Et guardate la nocte il mappamondo, Et vedrete perch 1'0 rottondo.

In eosdem Astronomo 8onetli.


Caccio! questo il diluvio universale: La pioggia et grando, i venti e le procelle, Gli terremoti che quassan le stelle, !.linaccian morte, a ogni homo, ogni animale. O capi scemi, e zuche senza sale, Questi vostri astrolabi son patelIe, Le sfere balle da far magatelIe, Il quadrante una pentola, un bochale. Le tavole son mense apparecchiate, Ove voi i buon bocconi. Formando le figure in le frittate. Poi demonstrati a certi farfalloni, Rose nel ghiacio, il ghiacio nell' estate, I giorni sfortunati, i lieti et boni, Cujus, cuja, cojoni, Havete del propheta et del divino, Quando havete beuto ben del vino. lte col tacuino Nelle cocine, nelIe IItufTe in chiasso Ove sempre il diluvio d'unto et grasso.

2.

Memoria de alchuni segni spavetevoli & terribili coparsi nOvamente et maane in Cremona et z1Z diversi lochi del modo fin al di psente del MDXXViiij come legedo intederiti.
Segue una vignetta, che rappresenta un bosco, diviso in tre macchie: da quella di mezzo sbuca un leone con lunghi artigli: sovra un albero sta appollajato un avoltojo. Dalle macchie laterali sbucano teste di animali feroci.
Ascoltati mortali li horribill signali che annuntiano gran mali ala eta nostra. Sdegnato il ciel se mostra per diversI prodigii 1101 per li gran letigii de christian i. Per monti e per piani temete Dio superno cbi si voI far eterno sia prudente. Che la lcc tagliente menar intorno morte e le tartaree porte se apriranno.

353
Non dite dopo el danno io me ne lagno e pento che sera fummo e vto a dire el vero. Un serpte Impio e fero fra venti nube e pioggia de monatruosa foggia stato visto In aria, o augurio tristo, a cinque di de maggio li qual Cece passaggio Cra Lode e Cremona. E mentre chel ciel tona lui vomitava foco che non pareva gioco a chi mirava. Fieramente gridava agirando ne larla che era una cosa varia da vedere. Poi BO vide cadere inverso la Marina e per la gran runa si spezz In tre parte: una nand verso del Septentrione e una alla regione de levante. L'altra grave e pesante verso el mare AdrIano fu vista de lontano gi cadere Fra Iocho e nube nere et ognuno tremava qudo che pi guardava quel cho ditto. Novamente e aparito una donna in bianco vestita come ancho rasona Che pur dtro a Cremona per la terra cridava o gente stulta o prava fa penitentia Che la grande sententia proplnqua horroal che ti dar gran guai se non ti penti. Sparse poi imantinenti & pi non fu veduta la notte poi paruta fu el terremoto Che spaurite de botto el popol e la terra & dapol Il disserra un gran vento ~ tempesta como sento con una gran ruina che linferno & la fucina pareva aperto. Come el giorno fu aRto tutti I muri fu trovati de la terra Insanguinati la matina. A cinque fu questa ruina de luio mille e cinqceto che ognun E gora pnveto era smarrito. In Alemagna n-pito tre soli alfocati tutti tre cerchiati d un splendore. Fochi in laria con furore de notte visti sonno da qi che guardar vllno spesse volte. Romor de squadre folte e soni de trombette de maggio a giorni sette furno uditi. Doi angeli apariti Son co due spade l mano sopra il Paduano e in mezo un foco. Quati erano in quel 1000 li hanno visti certo c il miracolo aperto ste tre hore. A ognun tremava il core veder questo gra segno che minacclavan sdegno con le spade. E per molte contrade e terre li vicine terremotti e ruinc sono state.

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Sono In Venetla nate d aprile li giorno quarto due fanciulle l un parto e bavean le sehene Cangiante e una cO pene grid dal ventre uscita o Dio aita aita e poi mor. E l'altra rise e l rimase morta anche ella e per cotal novella fu ogniun smarito. E uno anticho romito c barba loga e chioma va gridando per Roma pace pace. Poi quando che li piace invisibil va via o molti chel sia Helia credon fermo. Un monstruoso vermo longo da braccia cento casco per pioggia e vto in campodoglio. De Fiorza dir ve voglio di natale nelle feste nacq un puto co tre teste e ancbor vive E molto se ne scrive di questo strano caso da Oriente a locaso non pi inteso. Sangue e foca acceso piovuto in Turchia e in gran malinconia i Turchi stanno. Et ancbor nll inganno comparse al gr soldano pi d un miracol strano hor state attenti. Fra nube fochi e venti se vista una gran spada scorrer la ogni contrada con gran furia. Perch ella fece ingiuria a Dio per pi d un canto cbel 8UO sepulchro santo ha fatto ruinare. Ma quei che fer cascare Il bel sacro edificio per scelerato vicio morir tutti Se ferno boridi e brutti qual diavoli infernali e via battendo I ali 80 n andorno. E tre citt la atorno si sonno ruinate et giuso profondate con gran guai. Augurii tristi e assa! sonno stati veduti da non esser creduti in molti loch. Nel ciel se veggion fochi terremoti sonno in terra ogni cosa anniitia guerra e chiar si vede. La iustitia e la fede gi pi n sono al modo la virt sta nel profondo el vicio in cima. Hoggi de pi no se stima 80 non chi san robare e chi meglio ingannare el 8UO vecino. E percha Dio divino dimostra chiaramente cbel victio dela gente val punire. Non si pensa al morire in questa vita breve che come al sol la neve se distrugge. Anzi pi presto fugge ebe l ombra d un gr lume e pi ogni mal costume se augumenta. [De perehe non vi spavta tanti segni e tanti errori Sancti Papi Imperadori e vui gran Regi. Delli christiani collegi veri principi e duci aprite ben le luci dello ingegno.

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Percb ogni vostro regno sar da Dio percosso et ogni fiume rOSBO fa per sangue] E se Italia hora langue sol per sua discordia perche e senza concordia vien rlunata. E perch de brigata acordative insieme' come chi honora teme el suo signore. E d ogni vostro errore chiamate a Dio perdono gridando tutti a un sono Iesu Christo. E andate a far lo acquisto de la gran terra santa menando tutta quanta christianitade E con le viri! spade vendicate chi in croce per voi pose il feroce popul vile Che uno atto fia gentile e Dio placarete tanto che poner da canto ogni furia. E la celeste Curia far triomphl e festa e ognun di voi la testa sar adornata De l'acro allor che gi (8ic) gran tpo che s'aspetta veder che tal vendetta . fata sia. Hor ponetevi in via che Dio sera con voi contra inimici sol e vostri anchora Del viver fugge I hora e chi pigro III far bene la morte sopravene in un momento. S che abiate spavento di quanto mostra il cielo levandovl dagli occhi ogni oscur velo. Anchora dal cielo cazuti sassi grandi inverso de le bandi del Cremasco. Che fece gran fracasso l dove la gionse e sotto terra ponse vin ti braza. Se portorno su la piaza e 11 hebbeno pesati cento poi fu trovati e vinti che pesava. Ognun se meravigliava del miracol veduto che dal ciel se piovuto sassi si grandi. Ascolta gli admirandi e gran prodigii anchora . che fu senza dimora a la Badia. "enti tal fu in quella dia (8ic) torre e teze in gran ruina Ili spiano con disciplina com' io sento. E un molI sen porto il veto che pi non fu veduto cridando a Dio ajuto misericordia.

LaU8 Deo
FINIS.

Nella stessa Raccolta di Poesie italiane in rare edizioni del Cinquecento, che si conserva nel Museo Britannico, nella quale trovasi la stampa della poesia, da noi ripublicata, in caratteri gotici senza data n luogo, contenuta pure una edizione in caratteri latini della medesima poesia; ma anteriore, e che offre alcune varianti che crediamo opportuno riferire ..\nche il titolo in questa

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prima stampa un p diverso: Memorie I del nooi segni, e spaven I tevoli prodigi} comparsi in pi taci de Italia et in varie parte del mondo l'anno miliecinquecenioundese. v. 9 non siate tanto strani. v. H-12 voi che avete il governo I della gente, v. 28 fra Bressa e Cremona. v. 52 dopo questo verso si' legge la seguente quartina: La dove fu il conflitto I delli Venetzani I di molti segni strani I son comparsi. - v. 148 et anchora quest anno. v. 157 percli elio ha fatto Isuria. - v. 168 dopo questo verso leggesi la seguente quartina : El paese dintorno I L de Soria I pieno de moria I e de guai - v. 200. Le tre quartine da noi poste fra parentesi si leggono in questa prima stampa: mancano nella posteriore: - v. 215 e 216 perch senza concordia I ogni stato ruina - e segue a tali versi questa quartina che non si trova nella stampa posteriore E la bont divina I cum vui signor christiani I per tanti cffecti insani I assai corrocciata - v. 256 qui termina la poesia nella prima edizione. La copia della Barzelletta, di cui ci siamo serviti per ristamparla, fatta sulla stampa dal signor Federico Sacchi, si conserva nel Museo Patrio Cremonese.

ANEDDOTI STORICI E LETTERARI.

LXVI. -

RICERCHE SULLA TOMBA DEL DOGE ENRICO DANDOLO A COSTANTINOPOLI.

(C.) Miss Amy Yule, figlia dell' illustre colonnello Enrico autore dell' opera su Marco Polo, nella sua visita all' Archivio di Venezia il 20 Novembre 1878, accennava al Direttore <li esso, l'esistenza della tomba di Enrico Dandolo, in S. Sofia a Costantinopoli. L' e,~regio signor Angelo Dal Medico, gliene parlava, quest' anno, manfestandogl l'interesse, anzi il dovere, che avrebbe avuto Venezia, di ricuperare le spoglie e lo stesso sepolcro di quel grande. Mosso anche da questo eccitamento, il Direttore si rivolto al Ministero degli affari esteri a Roma, ricordando quanto scrisse Girolamo Zanetti - Ad Brunatium; 1750, p. 11 (1)- sulla apertura della tomba del Dandolo che Maometto II avrebbe concesso di far eseguire a Gentile Bellini, il quale avrebbe anzi recato in patria la spada del Dandolo, e secondo altri anche gli speroni, e la bolla o il iorsello da imprimerla. Il Ministero gentilmente attinse informazioni dall' ambasciatore conte Corti, e noi riferiamo, sebben negativa, la lettera ministeriale, e la risposta pervenuta da Costantinopoli, in cui pe veneziani non avrebbe valore l' osservazione sulla discordanza fra il nome Henricus e il cognome Dandolo, anzich Dandolus, in una inscrizione moderna, la quale pure sussiste a S. Sofia, e' che anche per ci si vorrebbe giudicar falsa.
(Ii <. Ensis quoque fortissimi Ducs apuli posteros cum Bulla scrvatur. Longus sats lntusque, optimo ehalybe, et ut pbilosophi aiunt multa elasticitate polIcns, Elegantlbus ca.elaturis omatnr, auro argentova aft"abre obductis. Crucem sub capulo vidi cum litteris H. DANDUL. A Gentili Bellini fratre adlatum ensem Venetias vetus traditio fert, eamque familiari gentis Dandulere mss. Cbronico flrmari narratum est mibi ,

s:ss
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI DIVISIONE POLITICA

Roma, 29 .4prile 1880.

N. 94 DEL REGISTRO TURCHIA.

Aderendo ben volentieri al desiderio espreesogl da cotesta R. Sovrintendenza, con lettera del 13 gennaio scorso, N. 18, questo Ministero invit il conte Corti, ministro di S. M. a Costantinopoli, ad indagare se ancora esista in Santa Sofia la tomba del doge Enrico Dandolo. Per averne esatte notizie, il conte Corti si diresse al sig. Berthler, direttore dei Musei di Costantinopoli, e ad altre persone competenti, fra le quali certo sig. Paspati, letterato greco, versatiBBimo nella storia dei monumenti di quella citt. 1\ sig. Berthier, dopo aver fatto minute ricerche, rispose non esser riuscito a trovar traccia della tomba del Dandolo, n in S. Sofia, n altrove. Aggiunse esser possibile che e883si trovasse in uno dei fabbricati dipendenti da Santa Sofia, che furono posca distrutti. Il sig. Paspatl invece d'avviso che il corpo del Dandolo potrebbe tuttora trovarsi sotto l'altare della basilica dove fu sepolto. Se non che, mentre Santa Sofia rimane dedicata al culto di Maometto, il conte Corti non crede poaslbile di ottenere la licenza di smuovere i tappeti e le tavole, per ricercare sotto di esse le spoglie dell' eroe della Croce. Il sottoscritto stima far cosa gradita a codesta R. Sovrintendenza comunicandole una copia della memoria che il sig. Paspati scrisse al conte Corti su tale proposito. Al parere del sig. Paspati si accosta in parte quello emesso da un altro erudito, di cui Il conte Corti non indica il nome, il quale ha risposto che il mausoleo del Dandolo fu fatto demolire da Maometto II quando cambi la chiesa di S. Sofia in moschea.

Constantinople le 17/29 MarI 1880.


Henricua Dandolus, le chef de la 4.... crotsade, mort a Costantinople on 1205, a t enterr a Sainte Sophie. 1\ me parait probable qu 'il a t enterr sous l'autel, conformment aux traditions des Byzantins que les conqurants cross suvaent. C'est donc Ici (sous l'autel) et non pas ailleurs qu 'on doit chercher le tombeau; si rellement il en existe un. C'est une lgende, soyez en sur, que de crolre que Gentile Bellini, olt par S. E. le comte Corti, a ouvert le tombeau et en a extrait l'pe et les perons. Qui pouvalt, dans cette poque-l, ouvrir un tombeau dana Sainte Sophie et s' approprier de tela objeta precieux? .. Il a t probablement enterr sous l'autel, mais tout cet endrot l est couvert de plancbea et de taps pas, Il y a une qunsaine dannes, on a grav sur une dalle r!l' marbre sur le gyneoe droit de Saiute Sophie, l't, au dessus du trne putrlareal, les mots suivants: Hcnricus Dandolo 'I.

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Il est tonnant qu' on s'est trouv dans l'erreur nvec cette inscrlption, et "enille, dont Dandolo fut le citoyen illustre, l'a t auss en donnant ordre d'etudier cette inscriptlon. Qua cette inscrlption est fau886 il ressort: 1.0 de ce que les lettres graves sont de date roente; 2. de l' orthographe. En etret on devait crire: Henrlcu8 Dandol"" ou bien, Henrtco Dandolo et non pas Henricus Dandolo ". 3. de ce qu 'on n' avaitjamaisla coutume d'enterrer SUI' le gynece des glises ou des couvents. L'endroit SUI' lequel on a gl'av l' inscrlptlon de Dandolo, est peine d'un dem-rntre d' paisaeur. Les trangers guorant les choses de Constantinople ont t souvent dans l'erreur, comme l' ont t eeux qui ont dclar avoir deouvert le tombeau de Dandolo au gynece de Sante Sophie.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA.

MICHELE

CAPPI. Le tarsie pittoricke di fra' Bio'Danni da Verona nel coro degli Oli'Detani in Lodi. Milano, 1880, opuscolo di pagg. 7 estratto dall' Arck. storo 10mb., a. VII, fase. 1.

Questo piccolo opuscolo pieno di notizie importanti per la vita del grande artista olivetano. Le undici specchiature che rimangono del coro di S. Cristoforo di Lodi eseguite colla sua consueta e mirabile abilit da fra' Giovanni, vennero felicemente trovate dal Cam in una povera c~iesa suburbana di Lodi. Il fortunato scopritore ne aveva gi parlato nell' Arte in Italia, Torino, 1870, II, 66, e quindi nel capitolo Dell' arte lodigiana inserto nella monografia di Lodi edita dal dotto Fr. Vallardi (Mi!. 1878, p. 141). Qui ragionandone nuovamente, reca (p. 2) la descrizione che fa di quell'opera splendidissima la cronaca del frate olivetano Vincenzo Sabbia. Forse pi importante ancora la notizia che ricava da un ms., scritto in gran parte dal nominato Sabbia, da cui impariamo che fra' Giovanni era altres abilissimo miniatore. Pur troppo i suoi corali andarono (meno pochissime miniature) tutti venduti e dispersi or sono pochi decennt. La cronaca del Sabbia, che scriveva nel 1594, assegna l'anno 1525 alla morte di fra' Giovanni. Bene avverte il Cam essere impossibile accettare dal Vasari che fra' Giovanni morisse nel 1537 nell' et di 68 anni, mentre Giacomo Franco prov ch' egli profess nel 1476, quando dunque non avrebbe avuto che sett' anni. Accettando invece la data del Sabbia, se mor fra' Giovanni nell' et d'anni 68, nacque nel 1457; quindi nel 1476 avrebbe avuto 19 anni. da osservarsi che per altra via il Franco ( Di fra' Gio'Danni da Verona e delle sue opere, Verona, 1873) era giunto a somiglianti risultati. Nello specchio de' nomi de' monaci desunto dalle Fam. tab. (p. 27-31), egli aveva mostrato come nel 1524 vivessero nel monastero olivetauo di S. Maria in Organo in

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Verona due frati Giovanni da Verona, l'uno segnato coll' appellativo di senio e l'altro con quello di junior. Per contro fino 'dal 1525 hassi un solo fra' Giovanni da Verona, senza nessun' altra indicazione. Il senior era dunque gi morto. Da ci il Franco (p. 8) aveva posta la morte del celebre intarsiatore al 1524. Nel che era stato seguito da Cesare Bernasconi (1). Mi duole che le poche indagini da me fatte in tal proposito nell' antico archivio di S. Maria in Organo (ora negli Antichi Archivi Veronesi) siano state senza risultato 2).
CARLO CIPOLLA.

Pri-cilegien steierm. Stilate und Morlte (ne' Steiermarlt.iscke Gesckicktsbliitter kerausg. tlon D: J08. v. ZAHN, I, 51 e segg. Graz, 1880).
Ricordo questo articoletto tanto per dare il benvenuto al nnovo giornale storico impreso a publicarsi dall' illustre archivista di Graz, quanto per richiamare l'attenzione sopra due documenti che qui si publicano, e che hanno qualche importanza per l'antica storia commerciale delI' Italia settentrionale colla Germania meridionale. Trattasi di due diplomi, l'uno di Ottocaro II re di Boemia, e l'altro del suo fortunato antagonista Rodolfo I d' Absbnrgo. Nel primo (7 Settembre 1276, Praga) viene concesso agli abitanti di Judenburg, citt della 8tiria, che Lombardi seu Latini ad dictam civitatem ..... mercimonia deferentes siano obbligati a non vendere le loro merci ad altri che ai cittadini, e non ad alcuno degli ospiti (<< nulli hospitum ). Il secondo (19 Gennaio 1277, Vienna), tra molti altri oggetti, ricorda anche mercatores de terra Latina ducentea mercimonia Judenburg , i quali sono tenuti a vendere le loro mercanzie solamente civibus eiusdem loci et non mercatoribus alienis . Se si contravveniva a quest' ordine, veniva multato (in 5 marche) cos il compratore come il venditore. Simili proibizioni non leggendosi per altri mercanti accorrenti a Judenburg, mestieri dedurne quanto importante fosse per questa citt il commer(1) Studi sopra la pittura ecc. Verona, 1864, p. 319. L'ultimo che prima del CatR, abbia parlato di fra' Giovanni, fu, ch' io sappia, D, C. Finocchiettl, Della .coltura e tarsia in legno (A.lln. del Mini,t. di Aric., Ind., e Comm.), Firenze, 1873, p. 86-7. (2) Ai signori curatori della benemerita Fondazione Querini Stampalia non isruggir certo l'ultima nota che il CatR appose all' articolo. (N. d. H.)

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cio coll'Italia, e quanto ricco il guadagno ch' essa ricavava dall' essersi fatta centro di una specie di scambio internazionale. Tali notizie servono poi a completare quanto intorno alle vie ed ai centri commerciali del Friuli, lo stesso Zahn, aveva dottamente esposto ne' suoi Friaulucne Studien (in Arcni!' filr olterreicn. Gelcn., LVII, 2, 361 segg. Wien, 1878).
CARLO CIPOLLA.

Trnilo e Vicenza, due documenti patrii (Nozze Caotorta-Marzotto),


Treviso, 1879. Rditore di questo opuscolo l'illustre prof. ab. Luigi Bai1o, bibliotecario della Comunale di Treviso. Dai doc. 41,43 della M. T. del Verci era noto, che nel Dicembre 1208, per ispirazione del guelfo Azzone Marchese d'Este, Podest di Verona, si strinse in Padova un' alleanza tra questa citt, Verona, Vicenza e Treviso, in forza della quale venne annullata la lega che contro di Padova era stata precedentemente conchiusa dalle tre altre citt. Non questo il luogo d' indagare i motivi della nuova alleanza, che fu segnale del trionfo del guelfismo. Osserveremo invece che il primo dei due documenti verciaui (1208, Dicembre 19, Vicenza: Adesto not.) l'atto con cui nel consiglio di Vicenza, Drudo Marcellino, podest di quella citt, scioglie i procuratori di Verona e di Treviso da ogni vincolo da cui fossero legati in forza della precedente lega. Il n. 43 (1208, Dicembre 21, Treviso: Manfredino not.) un atto analogo fatto da Uberto Visconti, podest di Treviso, verso i procuratori di Verona e Vicenza. In ambedue i documenti si accenna alla c procuratio s dei procuratores s di Verona, rogata da Adesto notaio. Quest' ultimo documento, finora sconosciuto, il primo dei due editi nel presente opuscolo dal eh. prof. Bai1o. Esso porta la data di Montebello, 12 Dicembre 1208: presenti i podest di Treviso, Padova, Vicenza, Azzone d'Este nomina a procuratori suoi e della citt di Verona, Bonifacio (de Broilo, come risulta dai documenti verciani) giudice e Tenzone Sommari va (1), onde ricevano da Vicenza e da Treviso la absolutio dall' osservanza dei patti dell' alleanza precedente, e da Padova la remissione dei danni recati le. La presenza di tutti i podest della nuova alleanza danno speciale importanza a quest' atto, che l'editore tolse da una copia (del passato secolo) del
(1) Per errore nel n. 43 del Verci " Tinzonem de Summa ripa
>.

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can, Antonio Scotti. bell' originale egli dice semplicemente (p. 6) che dovrebbe trovarsi nell' Archivio del Comune di Treviso alla Prov- vedaria lI>. Il secondo documento edito dal Bailo la absolutio lP fatta dal Comune di Treviso, la quale, come si detto, venne posta in luce per la prima volta dal Verci, n. 43. Di questo documento, il cui originale nel XVIII secolo era posseduto da D. Maurizio Vicentini in Treviso, si conoscono due copie, l'una nella citata raccolte del can, Scotti, e l'altra nella collezione fatta pure nello scorso secolo da Vettore Scotti. Quest' ultima ha l'autenticazione notarile, e serv tanto per l'edizione del Verci che per la presente del Ballo. Quantunque ambedue le edizioni dipendano da un' unica sorgente, con una attenta esamina si possono riscontrare circa ottanta varianti, il maggior numero delle quali sta nei nomi dei consiglieri di Treviso. Il Verci in cinque luoghi omise per negligenza uno o pi nomi j alcuni poi li alter, come scrivendo (pag. 51,lin. 18) Ferardul in luogo di Gerardul. Peraltro in qualche raro caso credo sia preferibile la lezione del Verci. P. e., pago 51, lino 23, Graulo, dove il Bailo: GranIO; pago 51, lino 36: Sanciua, Nicolaua de Scla'Do,jove il Bailo omette la virgola. Forse ha ragione il Verci pago 51, lino 42: M'Uaaet'Ua enzignariua (M. ingegnere) dove il H: MfUlet'Ul, Enzignariua. Forse in questi luoghi poteva esser proficua la collazione della copia del can. Antonio Scotti. L'alleanza delle quattro citt fu conchiusa in Padova coll' antico e memorabile nome di sooietas. Infatti nel doc. verciano 43 leggesi: in brevi diete societatis Padue facto lI>. CARLO CIPOLLA.

Della fJita e delle opere di Lodo'Dico CastelfJetro per ATTILIO PLONCHER. Conegliano, 1879, Cagnoni, pago XII, 142, 8..
un compendio di notizie risguardanti il critico modenese, celebre pi per l' aspra sua controversia letteraria col Caro, di quello che per la quantit o per il merito delle opere a noi rimaste. Tempi ed uomini singolari! quando per un' assai mediocre canzone fu scritto tanto, e con tal violenza di linguaggio, da disgradarne la pi acerba polemica dei nostri politici da giornale. E vi si mescolarono i sospetti d'assassinio per una parte, e per l' altra i processi per eresia, cose allora in voga; tanto che il Castelvetro, abbruciato in effigie per sentenza del tribunale romano, dopo vari casi ripar in Chiavenna, dove mor ed ebbe splendido privato monumento. Occa-

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sione al presente lavoro fu appunto l'essere stato codesto monumento venduto dagli eredi di Chiavenna alla citt di Modena, desiderosa di possedere onorata memoria dell' illustre 8110 cittadino. Di che il nostro A., interpretando il pensiero dei chiavennati, dolenti di perdere il pregiato monumento, volle scrivere la presente biografia, pubblicata per cura della Bihliotecn popolare di Chiavenna, proponendosi col ricavato di porre una lapide commemorativa sulla casa dove abit e mori l'ospite illustre. Seguendo le orme del Muratori e del Tiraboschi, e sopra tutto comparando le loro notizie con quelle di una Vita anonima, ch' essi pure conobbero e ritiensi opera di Lodovico figlio di Gio. Maria Castelvetro, fratello e compagno di esilio del celebre letterato, il sig. Ploncher ha ben raggiunto il patriottico fine di mettere in mostra il carattere del Castelvetro. E noi, nel lodarlo per l'ottime intenzioni, non possiamo tuttavia trattenere la nostra meraviglia nel vederlo mettersi anche lui con tanto calore tra mezzo i due letterati contendenti, e con istile soverchiamente declamatorio, a quando a quando trasandare il semplice racconto dei fatti, intento a difendere contro tutti l'ospite di Chiavenna. Ognuno intende che non diciamo questo, percb alla critica rigida, al ferreo carattere, alla vita onorata ed alla pi profonda dottrina del critico modenese ci piaccia di preferire la causa del pi servile e lezioso suo avversario, sebbene le opere letterarie di lui pi numerose e pregiate gli abbiano assicurato una fama pi solida. Tutt'altro! Ma per quanto si voglia perdonare ai tempi, non sapremmo stemperarci in lodi profuse ad un uomo, come il Castelvetro, che ha consumato egli pure il suo tempo in una critica futile e cavillosa, senza dare grandi COS6 originali alla patria letteratura. Se infatti l' A. vuol sostenere per il Castelvetro il diritto di censurare sinanco i sommi, che han nome Aristotile, Platone, Euripide, Virgilio, Dante, Ariosto ccc., a pi forte ragione ci sar concesso di non comprendere un culto smodato per il loro critico, sia pure (come pretende bonariamente l'A.) sentinella avanzata di quell' eletta falange che proclam la libert del pensiero . E non sappiamo neppur intendere, come, mentre per una parte si debba ritenere effetto d'invidie letterarie l'accusa di eretico, in altra parte si dica invece che causa a denigrarlo fossero gl' interessi della Corte di Roma I Se l'A. si propose, com' egli dice, di onorare la memoria di un gran~e ed infelice scrittore, per tal fine non ci par necessario ricorrere a quell' artifizio logico che ha nome petizione di principio, e nemmepo a declamazioni omai viete e inconcludenti. C. FRANZI.

VARIET.

DI ALCUNI DONI
FATTI RECENTEMENTE

AL CIVICO MUSEO DI VENEZIA.

I provvedimenti che il Consiglio Comunale di Venezia adott perch il Civico Museo e la Raccolta Correr fossero trasferiti in luogo pi decoroso, ordinati con pi giusti criteri, e guarentiti e poscia illustrati in maniera da soddisfare completamente le ragionevoli esigenze dei donatori e del publico, ottennero l'applauso sincero di tutta la nostra cittadinanza. Ne posso addurre prova non dubbia, il numero e l'importanza dei cospicui doni che nell' anno test decorso vennero ad aumentare o a completare le raccolte, gi di per s cos riguardevoli, del Civico Museo. AI quale molto saviamente fu dato nome di Museo Civico e Raccolta Correr; perch se ad ogni singolo oggetto deve essere apposto il nome del donatore, affinch il publico sappia a chi deve essere riconoscente del dono, non era giusto che fosse prima e sopra d'ogni altro ricordato il nome del generoso patrizio, il quale colla Raccolta, che fu la fatica della sua vita, pose il fondamento primo del Museo Civico e spron col proprio esempio altri cittadini ad accrescerlo? Fra questi son certamente degni d'onorata menzione quelli che accrebbero ultimamente il patrio istituto coi loro doni; e vorrei ricordarli tutti per singolo, se non sapessi che i signori Conservatore e Vice Conservatore del Museo stesso apparecchiano a questo fine una speciale publicazione. Non metter dunque la falce nell' altrui campo, e mi contenter di ricordare quelli fra gli ultimi doni che possono pi direttamente ajutare gli studi che tendono ad illustrare il nostro passato.
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Cominceremo dal nome venerando di quella dama che descrivendo l'Origine delle feste veneiiane consacr il cuore e l' ingegno a difendere e rivendicare la dignit della patria infelice. Dire chi fosse Giustina Renier Michiel mi sembra opera inutile, quando ne parlano ancora i suoi scritti, e sono ancora nella memoria di tutti le reverenti ed affettuose parole che ne scrisse il nostro Carrer (I). Ricorder nondimeno che gli scritti, e la voluminosa corrispondenza epistolare della incomparabile donna, son custoditi, come dice lo stesso Carrer (2), da quella famiglia ove furono conservate, quasi per tradizione domestica, le consuetudini intelligenti e cortesi della Giustina. E nondimeno parecchie minute di scritture o lasciate a mezzo o poi compiute e date alle stampe, e non poche traduzioni, e studi, e disegni di mano della Renier Michiel, insieme con moltissime lettere di lei o a lei indirizzate dai pi chiari letterati del principio di questo secolo, erano custodite come una sacra eredit dal signor Vincenzo Busetto, il quale, legato alla illustre dama dai vincoli d'una gratitudine antica, pens di renderle omaggio col farne dono prezioso al nostro Museo. Chi vorr dunque d'ora innanzi discorrere della vita e degli studi della Giustina (e gi, crediamo, c' chi vi pensa), anche nel nostro Museo trover notizie non poche, che gioveranno a mettere in luce pi piena la mente e l'animo di quella figlia, che sparse di fiori la tomba della miglior delle madri, da lei veduta fatalmente spirare " (3), Anche nella bellezza morale, quanto pi si contempla, si scoprono nuove perfezioni e armonie, che in sulle prime erano sfuggite allo sguardo. D'altra parte, il Carrer discorreva ad una generazione che aveva conosciuta e ammirata l' illustre donna; e quel tanto che alior ne disse, bastava. Ma a noi, che conosciamo la Michiel soltanto dai libri, gioveranno a conoscerla pienamente le lettere scritte e ricevute da lei, fossero pur quelle sole di cui per il dono recente venne arricchita la libreria del nostro Museo. Forse, per esempio, pochi sapranno che, principalmente per influenza della Renier Michiel. fu dal Governo francese rico(I) Biografia degli Italiani illustri, Il, 358 e segg.; Anello di Sette Gemme, Prima Gemma. (2) Anello, pago 23(3) Prefaz. all' Origine delle Feste Venejiane.

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nosciuto e rimeritato l'ingegno di molti uomini rispettabili (I). I tempi presto cangiarono, e il credito della virt e del sapere venne grado grado scemando; ma nella Giustina non scem il desiderio di rendersi utile quanto e come pot alla sua patria e ai suoi amici (2). Queste cose appariranno dalle sue lettere; dalle quali si far pur manifesto quanti studi, quanta fatica, quanti consigli apparecchiassero le Feste Veneiiane. gi noto che al Filiasi, al Morelli, a Francesco Negri, a Sante della Valentina essa ricorreva frequente; n parr strano che una graziosa dama chiedesse a questi grandi eruditi le precise notizie, che nei suoi scritti rendeva poi popolari. Ma forse molti crederanno, che lo stile semplice e disinvolto dei suoi racconti sgorgasse naturalmente e quasi inavvertitamente dalla facile penna. Le minute, che abbiamo qui, d'alcuni suoi scritti e di parecchie lettere sue ci manifestano invece la parte che avea lo studio in quella apparente e felice facilit. N trascurava la lingua; anzi fra gli amici letterati pregava o i pi pazienti o i pi rigidi a rivedere i suoi scritti. Il Vittorelli, essa dice in un luogo, ha la bont di venire ogni mattina a rivedere i miei scritti. E qui appunto dove pi che mai appresi a conoscere il di lui buon gusto nel dire, senza mai pedanteria, e quella vera logica e filosofia che non dovrebbero andar mai disgiunte da qualunque composizione Il. Anche il Dalmistro era de' suoi censori; e le parlava con una sincerit, che talvolta si risentiva della semplicit rusticana tra cui viveva il degno arciprete. Manco male quando le dice (7 Marzo 1807): cc Ella ha uno stile disinvolto e franco ..... , ma bramerei trovarlo ad un
(I) La sottoscrizione di una lettera del 27 Ottobre 1806 cancellata in maniera da non potersi distinguere, ma usciva certo dalla Direction Gnrale de la Police des tats Vnitiens, e chiedeva alla Michel, un Teofrasto femmina , informazioni sul valore assoluto e relativo degli uomini, sopra de' quali il Governo potrebbe contare. per la publica istruzione. Si domandavano informazioni speciali su Zabeo, Meneghelli, Cicute, Tomaso Chelli, Bevilacqua, A. Zacchina e il p. Barnaba . Per amor di Dio, non mi lasciate solo, se no d legnate da orbo .... Se non vi piacer un professore, fatene un altro. Fate come avreste fatto altre volte col cav. Giustinian o 'l cav. Gradenigo, o altri Riformatori di Padova. Fate da pari vostro: savia nelle definizioni, giusta nelle opinioni, e umana e sensibile nelle proposizioni . (2) Molte sono le lettere in cui vediamo letterati notissimi' domandare l'ajuto della Michiel per ottenere collocamento onorato. Quanto a s, la Mi chiel non mancava mai agli amici.

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tempo plU gastigato. Se vorr Giustina leggere un po' pi i nostri bravi scrittori, andr acquistando poco a poco quelle grazie di 'casta dicitura, le quali non le sono tanto familiari Il. Ma in altra lettera (s. d.) aggiunge: Dar opera all' emenda delle nuove scritture .... Gi non intendiamo di volerle render testo di lingua; basta che il tutto cammini colle sue gambe, e che la sintassi non zoppichi Il. Dicono che il Dalmistro fosse un po' ghiotto; adulatore no certo. Fra le lettere alla Michiel, che cos sono venute ad accrescere le nostre ricchezze, troviamo nomi noti od illustri: Cesarotti e Barbieri, Foscolo e Pindemonte, Giacomo Morelli e Francesco Negri, Apostoli, Zendrini, Bianchetti, Canova ... , il fiore insomma di quella et. E scorrendo queste lettere, ci sembra quasi di assistere a quelle conversazioni, ove, come fu detto, dimenticavasi la misura del tempo. Naturalmente i discorsi erano per lo pi letterari (r); ma non senza interesse conoscere i giudizi di tanti uomini rinomati, che, nell' intimit d'una conversazione amichevole, non avevano alcuno di quei
(I) Gli avvenimenti meravigliosi che sconvolsero l'Europa in sulla fine del secolo scorso e in sul principio del nostro, dovevano necessariamente condurre sovente il discorso sulle questioni politiche. Il Cesarotti, per esempio, a d 12 Decembre 1800, parlando alla Michiel di non so qual libro, soggiunge: Se giova a far detestare i franzesi, sar sempre secondo il mio cuore, ... , Ardo propriamente di voglia che venga di proposito smascherato questo sublime impostore, che rende il bene e il male, la virt e la scelleraggine ugualmente stromenti della sua ambizione e tirannide .... Che il mondo insensato, ... lo metta alla testa della canaglia eroica; la storia veneta aprir sempre cento bocche per infarnarlo . E un anno dopo (IO Decembre 1801): Sono ansioso d' aver nuove del congresso di Lione, che dovrebbe terminare in una commedia lagrimante. Chiama Bonaparte il console eterno. (3 Luglio 1802), e Giuseppina, la gran sultana, diadernata il capo e brillante il collo. (20 Decernbre 1803). Alla diffalta di Moreau, egli crede che. in qualunque modo si conduca Tiberio, tutto per lui pericolo. (6 Marzo 1804). E all' aro resto del duca d' Enghicn, egli domanda a s stesso se Bonaparte, alle altre sue glorie, aggiunger anche quella di diventare il Robespierre degli ultimi avanzi della famiglia regale (30 Marzo 1804). Ma il console eterno e la gran sultana, Tiberio e Robespierre erano caduti dalla memoria del Cesarotti quando scriveva la Pronea, ed esclamava: San finalmente nelle forme cavaliere coroni-ferreo. (22 Agosto 180(i). E da Milano scriveva alla Michiel (3 Gennaio 1808;: Gi di Milano saprete tutto: commendatore, pensionato, commensale degli Dei: la vanit e l'interesse non possono voler di pi . Devo peraltro notare ch' egli soggiunge , Ma il mio vero trionfo fu a Padova, perch fu il trionfo del cuore. '

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rispetti che impongono o le cesoie della censura o la publicit della stampa. Del Cesarotti abbiam quasi un centinajo di lettere, e perci la messe pi ricca. Dice un d dell' Alfieri (20 Decembre (803): (l Il suo stile fece ridere fin da principio ogni uomo di gusto, e lo far sempre pi I). Loda l'orazione di Foscolo per i comizi di Lione (6 Novembre (802), giacch li vi sono dei piccoli difetti, ma essa abbonda di bellezze sublimi, e la sua arditezza republicana il monumento il pi onorifico che abbia a questi giorni l' Italia Il. Non gli piace ux-Chioma di Berenice (20 Decembre 1803), e (e chi dubitasse ancora se Foscolo fosse un pazzo, Callimaco potrebbe convincerlo.... Ma forse egli mira a qualche cattedra, e dopo essersi ammazzato in stampa, ha voglia di vivere il meglio che pu Il. Tre anni dopo (20 Giugno 1806) ripicchia: Cf Ho veduto Foscolo, e ne fui molto contento in ogni senso. Egli parmi un orso addimesticato, che pu anche farsi ballare, per da chi lo conosce e sa maneggiarlo Il. Di questi sgangherati giudizi mi pare molto pi giusta l'analisi (22 Marzo 1806) di un dramma gi scritto nel 1792 da Maria Giuseppe Chnier, fratello minore dell' infelice poeta Andrea Chnier. le Giorni fa abbiamo avuto un spettacolo teatrale, che far epoca. Del 96, l'autore, gli attori, il revisore e il presidente del teatro sarebbero stati scomunicati e imprigionati dalle due podest. Ora, la rappresentazione fu altamente applaudita, e replicata tre volte di seguito, fenomeno pressoch unico a Padova. Un vescovo, una badessa, una monacanda e varie monache, tutti nel loro preciso costume, erano gli attori del drama, intitolato il Fnelon. Sotto questo nome rispettabile si spacciano varie massime gallicane, nelle quali ci che v' di sano e di ragionevole viene, secondo il solito, guastato dall' eccesso e dai modi. La verit e la decenza dei caratteri sacrificata alla smania di declamare. Figuratevi una ragazza di 16 anni, fino allora penetrata dalla vocazione monacale, che sul punto di effettuarla, d'improvviso, senza nulla di precedente che scusi o prepari il cangiamento, sente una gagliarda rivoluzione di spirito, e vi si abbandona senza scrupolo e senza riserva, resiste con audacia e con forza superiore all' educazione e all' et a tutte le correzioni della badessa, e diventa una vera dottoressa di filosofismo franzese. Figuratevi un vescovo, un Fnelon, umano, filosofo, ma esattamente cristiano, anzi gi condannato a Roma non per di-

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fetto ma per eccesso di divozione, che parla non da prelato caritatevole, ma da teista tollerante, e che di propria autorit scioglie dai voti una monaca da dieci anni, solo perch attesta che prese il velo stimolata dalla sua povert. L'autore di questo drama Chnier, uno di quei tanti scrittori che mostrano che la bella letteratura non ha gran fatto a lodarsi della rivoluzione ; Non tutti peraltro gli amici della Michiel erano sempre di un medesimo avviso (I). lo per me Il, dice il Cesarotti (s. d.), sono infuriato di trasporto per le opere di madama di Stael, Ma l'Apostoli, parlando della Corinna (22 Giugno, s. a.): Il libro veramente francese, e, come tale, d negli eccessi: valore, generosit, amore, bravura, somrnissione, tutto' risente il primitivo carattere che Cesare ha dipinto, e che Sidonio Apollinare, vari secoli dopo, ha rinvenuto lo stesso, e noi abbiamo ritrovato ancora. Le loro donne sono druidesse, in altra forma, in altri usi. Scrivono, comandano, mercanteggiano e fanno assalti di spirito nella conversazione. Non abbiamo de' loro antichi libri, ma la signora Stael ci fa supporre cosa avrebbero sentito, scritto e mentito Il. Anche, ed naturale, il Cesarotti era appassionato di Chateaubriand: /I Necker e Chateaubriand sono.i due uomini che avrei sopra tutto bramato di vedere al mondo. lo gi era innamoratissimo di questo ultimo, e ne stava ogni giorno rileggendo una pagina (2 Agosto 1806). Ma il Zendrini (19 Settembre 1803) nauseato di Arala, e '/I chi si ricorda Paul et Virginie et la Chaumire des Indes, ed ha presente al cuore e allo spirito la sensibilit di Saint-Pierre e l'evidenza delle di lui pitture, pu difficilmente appagarsi di quelle del sig. Chateaubriand,
I)

(I) Questa osservazione non vale per Ippolito Pindemonte, sul quale erano concordi i giudizi. Scrive il Cesarotti a Giustina: Il titolo che gli date d'egregio, gli calza egregiamente. per il suo onesto ed illibato carattere, e godo moltissimo che v' accordiate meco nel pregiar questa qualit, pi che l'esuberanza dello spirito .... Uno dei pregiudizi sociali quello di apprezzar i talenti pi che l'onest. (27 Febbraio 1804). E Francesco Negri (25 Ottobre 1813): Egli (il Pindemonte) non vuole n sa pungere nemmeno per gioco. Chi, a questi tempi di sfrenatezza, mi sa mostrare un uomo al par di lui ritenuto, e fabbricato al par di lui colla squadra della giustizta t In una minuta di lettere della Giustina ad Ippolito (9 Febbraio 1814) trovo queste parole: Voi, il vero imperturbabile di Plutarco, avrete trovato tempo e mente per tutto. Ma voi vi avete un incentivo che a me manca: l'altrui utilit. S, s; siate sempre animato da questa nobile idea .

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il di cui ingegno fa spesso come le rozze: trotta, perch non pu andare di passo Enumera quindi e rimprovera mille .... espressioni o false, o strane, o esagerate, che riempiono questo scritto, il quale non mi desta il desiderio di leggere la grand'opera dalla quale staccato Il. Talvolta il giudizio prende la forma d'un epigramma, onde lo stesso Zendrini scrivendo alla Michiel (5 Marzo 1807) della lettera a Chateaubriand, che ella aveva allora publicata nel Giornale dei letterati di Pisa, dice: uscito il cahier del giornale che contiene la vostra bellissima lettera. Da Rio mi scrisse che riscosse molti applausi. Convien dire che voi avete operato un prodigio: far piacere ai padovani uno scritto che loda Venezia! Ma non a tutti piacevano gli epigrammi; onde il Meneghelli scriveva (s. d.): Non ho veduto per anco i ritratti di m. Albrizzi. Qui se ne parla cos e cos. Molti sono quelli cui non piace quell' eterno camminare in punta di piedi, e quel Fontenelleggiare cos frequente. V' ha per chi si compiace di quella bottega di epigrammi Certo che la Michiel, come desiderava di udire il vero, cos non sapeva dissimularlo; onde a proposito d'una lettura all' Ateneo, ave si propugnava la convenienza di vestire le statue alla moderna, esclam: Quest' amore di dir cose nuove guasta assolutamente il buon senso, e fa smarrir la ragione Giustissima sentenza, che ricordiamo appunto perch le occasioni di ricordarla non mancano. Ma, per un semplice annunzio, quello che abbiamo detto gi troppo, e il lettore pu ben vedere se e quanto a conoscere pienamente l'ingegno e l'animo di Giustina Renier Michiel sia necessario lo studio di queste carte, e se queste carte possano riuscire di non inutile sussidio alla storia letteraria dei primi trent' anni del nostro secolo. Rendendo perci le debite grazie al generoso donatore, passiamo a discorrere d'un altro dono cospicuo di cui fu recentemente arricchito il nostro Museo.
I). I) I).

(C

I).

Si tratta qui di 337 codici, legati al Museo nel suo testamento dalla nob. sig. contessa Elena Dolfin Gradenigo. Erano stati per la maggior parte raccolti dal senatore Pietro di Giacomo Gradenigo (1695-1776), del quale discorre il Moschini in un libretto ove diede, molto indeterminato a dir vero e molto incompleto, un suo inventario dei codici tutti che formavano

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allora la libreria dello studioso patrizio (l). Il q uale a tutti l suoi libri apponeva questa nobile scritta: Ex libris N. V. Petri Gradonico de confinio Sancta Justinai ab eo eollectis ad utilitatem studii sui et ad usum prcestantium nobilium Reipublica: Non peraltro ch' egli superbamente serbasse i suoi tesori soltanto ai colleghi del patriziato; ed il Moschini ricorda molti non nobili, il Zucchini, il Galliciolli, il Zanon, il padre degli Agostini ed altri parecchi, i quali liberamente poterono usare dei codici del Gradenigo. Per lui era nobile chiunque studiasse davvero; e l'aristocrazia del sangue e del censo non gl'impediva di riconoscere l'aristocrazia dell'ingegno. Ad ogni modo il Moschini fu in buona parte profeta, giacch dopo avere osservato che i codici Gradenigo giovarono Il a quanti scrissero negli ultimi anni sulla nostra Venezia Il, soggiunge che la preziosa raccolta IC torner pur vantaggiosa nelle venture stagioni Il. E la stagione venuta, dacch i 337 codici, che sono il meglio dell' antica raccolta, per liberalit della benemerita testatrice si aggiunsero alla ricchissima suppellettile che ormai possede il nostro Museo. I nuovi uffiziali, a cui ne venne affidata la conservazione, provvederanno senz' alcun dubbio, nel pi breve termine di tempo possibile, alla necessit d'un catalogo che veramente risponda al bisogno degli studiosi. Qui vogliamo dare soltanto una sommaria notizia di questi codici, dalla quale sia lecito argomentare l'importanza del dono e la liberalit della donatrice. Non mancano infatti qui n le solite cronache, n le solite collezioni di documenti. Ma non questo lo speciale carattere dei codici Gradenigo. Essi, nel loro insieme, sono una raccolta immensa di studi, divisi per magistrati, per avvenimenti e per epoche, ove e lo studioso senatore e i suoi amici, con esemplare perseveranza, per lunghi anni deposero il frutto delle loro ricerche. Ci son per documenti d'archivio, lettere di privati, alberi genealogici, cataloghi di libri, serie di magistrati, arringhe, narrazioni, memorie erudite, foglietti a stampa, disegni a penna o a matita, acquarelli, semplici appunti talora e puri richiami, tutto ci insomma che pu ordinatamente e completamente, per via diretta o indiretta, contribuire all' illu(I) Vita di tre personaggi illustri della famiglia Gradenigo benemeriti della letteratura nel secolo X VIII. Ven., 180<), Palese.

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strazione di singole magistrature, di singoli fatti o di singole et. lo non dir che, in tanta copia, tutte le carte siano del pari importanti; non negher che la serie dei documenti pu ritrovarsi pi sicuramente e pi completamente in Archivio; dico bens che negli Archivi stessi di Stato, bench s ricchi, o non facile o del tutto impossibile che si ritrovino le infinite notizie, raccolte da tante fonti, in tante occasioni, da tante mani, che sono finalmente riuscite a costituire queste raccolte ricchissime. Le quali, com' naturale, giovano principalmente a quelli che sanno giovarsene; il che, del resto, dee dirsi anche dei documenti d'Archivio. Imperciocch eziandio negli Archivi si trova il noto e l'ignoto; e a credere sconosciuta una circostanza non basta il leggerla manoscritta in un codice anzich stampata in un libro. Ma, dato che alle fonti manoscritte s'accosti chi vi si preparato, io credo che nella ordinata congerie che accumul il Gradenigo si troveranno elementi preziosi per la storia d'una citt, della q uale tanto fu scritto e nondimeno rimane ancora tanto da scrivere. Forse taluno avrebbe voluto, che, abbandonando le generalit, io avessi qui dato posto a qualche ragguaglio pi determinato e preciso. Unica difficolt mi sarebbe stata la scelta, poich su tutte le parti della vita publica e privata dei veneziani avrei potuto raccogliere notizie rare e copiose. Ma non avendo n tempo n spazio quanto vorrei, ho creduto opportuno di restringermi a ricordare con qualche particolarit alcuni codici della preziosa Raccolta, che paiono a me di straordinaria importanza, per questo appunto che sono, nel loro genere, UnICi. Agli stipendi di Pietro Gradenigo era in Venezia un giovane disegnatore, che, a quanto pare (l), doveva esser nato nel 1730, o in quel torno. Di quest' uomo il Gradenigo si valse per avere disegnate e colorite le svariatissime fogge degli abiti, che nei vari tempi usarono i vari ordini di cittadini in Venezia. L'opera intera fu intitolata: Abiti de' veneiiani di quasi ogni et, contiene 647 tavole, divisa in quattro volumi in foglio piccolo, e fu compiuta, come apparisce dall' il(I) Mor a 76 anni nel 1807, a d 3 Decembre. MoscHlNI, Vite di tre personaggi ecc., pago 20. E ci concorda colla testimonianza dei vari codici.

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lustrazione di alcune tavole (I), poco dopo la met del secolo scorso. Del Grevembroch io non potrei certo lodare la valentia della mano; piacemi di poter lodare piuttosto la diligenza con cui condusse il lavoro. E veramente il Gradenigo voleva vedere con fedelt riprodotte le fogge piaciute gi ai nostri antichi; era dunque la fedelt ch' egli chiedeva prima e pi d'ogni altra cosa all' artista. Crederei nondimeno che il Grevembroch, il quale a quel tempo o non aveva ancora toccato o toccava appena i vent' anni, prestasse bens la mano al lavoro; ma che lo studioso senatore fosse la mente, che nel lavoro guidava all'artista costantemente la mano. Imperciocch il Grevembroch aveva bens sotto gli occhi ogni giorno il meraviglioso spettacolo che offriva ancora Venezia, e passeggiando le vie, o visitando le chiese, o contemplando la maest delle publiche pompe poteva bens ritrarre al vivo il costume pittoresco dei vari ordini, dal doge all' infimo popolano; ma, dato pure che avesse felicemente ritratto quella variet stupenda di fogge, di stoffe, di colori vivi e smaglianti, non avrebbe infine ritratto che la Venezia del suo tempo, la Venezia vivente, la Venezia che si agitava innanzi a' suoi sguardi; non la Venezia che aveva successivamente rappresentato, anche nelle fogge degli abiti, l'influenza dei tanti popoli e dei tanti secoli, in mezzo ed attraverso dei quali s'era oramai quasi compiuto il suo storico svolgimento. Bisognava dunque raccogliere con amorosa pazienza e critico discernimento le reliquie delle varie et che Venezia avea traversato; perch dagli elementi cos rintracciati, trascelti e ordinatamente disposti potesse infine riuscire non un capriccioso lavoro di fantasia ma un' esatta riproduzione del vero. Ed per questo che all' opera del senatore Gradenigo attribuisco il merito principale di questa raccolta, che il Grevembroch deline e color e che porta quindi il suo nome. L'importanza di questi quattro volumi sarebbe poca, se dovessimo considerarli come opera d'arte; come opera storica hanno invece, a mio credere, una importanza grandissima. Si vegga infatti come l'autore cercasse i suoi modelli nei monumenti pi antichi, molti dei quali fortunatamente si conservano ancora, ma molti pure miseramente perirono. La prima fonte sono i pi vetusti musaici della basilica di S. Marco
(I) Vedi principalmente l, q c III, lti}

..

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(I, 1,2, 15; Il, 114, 115, "119) e i capitelli del palazzo ducale (I, 36, 56, 118). Testimoni dell' epoca nella quale sono stati scolpiti, seguono i monumenti, parecchi dei quali si san perduti con la distruzione delle chiese che li accoglievano, come, per esempio, i Servi (I, 38) e Sant' Elena (II, 135; III, 28). Vengono poi le pitture: dei Vivarini (III, 26), di Giambellino (I, 122, 123), o quelle che, discendendo coi secoli, erano poste a Sant' Elena (I, 30) e a San Domenico di Castello (I, 31 ), a S. Giovanni Evangelista (I, 115), ai Miracoli.( I, 127) e fino a Santa Maria Zobenigo (II, 19)' Se mancano i quadri, sopperiscono le miniature dei codici antichi (IV, 120), i dittici d'avorio (l,58, 117), i medaglioni di bronzo (I, II I) o le casse istoriate, ove le spose degli antenati nostri chiudevano la dote modesta (I, (1). Ottimo servizio renduno all' Autore i ritratti (I, 74; II, 39, 90, 138, 139; III, 20, 2 r , 43; IV, 31), ove colle fattezze son riprodotti gli abbigliamenti del capo e della persona. Ma della verit storica i nostri artisti non si prendevano sempre molto pensiero, e quindi non ogni cosa si deve accogliere senza discernimento; egli perci che a proposito del ritratto (I, 153) della vedova di Andrea Dandolo, Regina Ruzzini, tratto da un codice ch' essa aveva donato ai Frati Osservanti, l'Autore avverte che l'abito non corrisponde a quell'epoca (1474). Dicasi cos delle stampe, altra fonte dei disegni del Grevembroch; delle quali egli o nota l'et (IV, J 4, 39), o ne giustifica la scelta (la Dama dantante, I, 114, tratta dal Ballerino di missier ~ABRIZIO CAROSO DA SERMONETA, Venezia, 1581, Ziletti), o le accetta anche dal Franco, ma quando son guarentite dai monumenti (I, 31). Tutto quello insomma che egli non vide, e che perci si dovrebbe accogliere con molta circospezione, giustificato da monumenti coevi o molto vicini, i pi vicini. all' et della quale intendeva di rappresentare il costume. L'opera dunque, anche nella sua parte antica, ha un valore istorico, che nessuno poi potrebbe negarle nella sua parte moderna. Poco pi di un secolo corso, ma la fisonomia di Venezia si fatta cos diversa, che dai nostri costumi non sarebbe guari possibile di argomentare q uelli dei nostri bisavoli. Vero che non ci mancano quadri, preziosi anche per questo riguardo; ma i quadri, che ci hanno conservato tante memorie, non potevano conservarcele tutte, e dal medesimo Longhi non crederei che si potessero avere i particolari

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ragguagli che Pietro Gradenigo ci ha conservato nel lavoro del Grevembroch. Nel primo volume (162 tavole) rappresentato il maestoso costume dell' aristocrazia dominante. Il secondo volume (163 tavole, delle quali non fu disegnata la quarta) dedicato al clero e specialmente alle costumanze religiose. Al popolo sono riserbati di preferenza il terzo volume ed il quarto di Supplemento (tavole 164, 159). Quando adunque voi avete percorsi questi quattro volumi, la vostra fantasia popolata d' imagini, che vi riconducono a un' altra et e a un' altra vita. Qui il doge, non solo coll' aureo manto e collo storico berretto, ma col mantello di scarlatto, segno di lutto (I, 8), o colla romana e il pileo purpureo, ch' il suo costume dimestico (I, 14); l procuratori e cavalieri nelle loro toghe magnifiche, e colle loro stole di stoffe e di colori diversi; senatori e magistrati colle divise del loro grado e del loro ufficio; donne in abito di ceremonia o di casa, coi capelli esposti al sole per farsi bionde (III, 114), o raccolti a fungo (III, 112), in maniera che parve, a quei secoli, provocante, e fu perci vietata (1480) dai Dieci. Altrove i popolani, o chiusi nei cappucci delle pie confraternite, o seduti nelle loro botteghe, o affaccendati nelle loro officine; e maschere folleggianti, e giochi di forza, e il missier grande e i suoi birri, e soldati, marinai, rematori, galeotti o falila (I), e i fanti che portano dal tesoro le gioie che un greco tent di rubare, ma che la sorte riserb alla rapina dei liberatori francesi (III, 24), e l' ebreo col berretto giallo e l' O pendente sul petto (IV, 49), e i pitocchi Il contraddistinti dal San Marco ", ond' erano autorizzati alla questua (III, 151). Colla fantasia piena di queste imagini, fra tante fogge spesso magnifiche, talvolta strane, ma sempre pittoresche, vi riesce pi fucile imaginare la maest della operosa Republica, e la variet dei piaceri che negli ultimi tempi le resero cos gaia, e, pur troppo! cos spensierata la vita. Certo, se si potessero aver sott' occhio gli abiti stessi, anzich i loro disegni, se ne vantaggerebbero specialmente gli artisti, ormai divenuti, e non senza molta
(I) Questa voce non nel Boerio, eppure doveva esser viva se nel libro del Grevembroch (III, 109) si trova adoperata a spiegare la voce Galeotto. Deriverebbe da Falila la voce Falilla e la frase cantar la falilla, che il Boerio spiega come pu? O sarebbe invece l'opposto?

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ragione, cos scrupolosi negli accessori. Ma se il desiderio gi espresso dal Comitato Direttivo del Museo Civico (I) trover favorevole accoglienza nei cittadini, una sala espressamente serbata agli abiti, sar evidente commento al libro del Grevembroch, e riuscir di sussidio notabilissimo alla curiosit dell' erudizione e pi ancora allo studio degli artisti. Questa raccolta, che riuscirebbe cos importante, fu gi iniziata coi magnifici abiti antichi donati al Museo dal co. Marco Giulio Balbi Valier, e colla toga purpurea e coll' abito, che il Grevembroch direbbe Il lurninoso , come quello del cav. Luigi Mocenigo (I, 44), abito e toga che furono nel Museo stesso deposti dal co. Alvise Mocenigo (di San Samuele). Ma per tornare al Grevembroch, ciascuna delle 647 sue tavole dedicata a qualche riguardevole personaggio; e la storia di queste dediche sarebbe forse molto curiosa, perch ci condurrebbe a conoscere il fiore della societ veneziana alla met del secolo scorso. Avverto nondimeno che alcune di queste dediche son vere canzonature. Per esempio, il fanciullo che, mascherato, gira sui trampoli, dedicato al famoso presidente de' Granelleschi, Giuseppe Sacchellari, Il vago di posse(l) Riportiamo una parte della lettera circolare che il Comitato Direttivo diresse alle pi cospicue famiglie: ..... Il modo con cui furono messe insieme le molte ricchezze del Museo Civico e della Raccolta Correr, lascia argomentare assai facilmente che in qualche serie manchino uno o pi anelli, indispensabili a mettere in evidenza la storia d'una o d'un' altra manifestazione dell' artistica operosit di Venezia. E poich l'aggiungere questi anelli alla preziosa catena, sarebbe molto difficile anche al pi lauto censo, ma non punto impossibile alla carit della patria, il nostro Consiglio Comunale ottimamente provvide stanziando l'art. 4 del Regolamento Generale del Museo Civico, ove detto che il Museo riceve a titolo di deposito quegli oggetti di archeologia, che servono allo scopo del Museo stesso, e che hanno per fine precipuo l'istruzione nelle scienze storico-ausiliarie. Questo articolo riceve il suo ragionevole complemento dall' art. 53 del Regolamento interno, che dice espressamente: Gli oggetti messi in deposito nel Museo, porteranno una scritta col nome del depositante . Nello stanziare questi due articoli, il nostro Consiglio Comunale senza dubbio pensava allo splendido esempio di qualche altra citt italiana, ove poterono accumularsi tesori artistici ed aro cheologici, depositati in uno stesso locale da cittadini privati, che conservano integra la propriet degli oggetti, ma che hanno creduto di rendere un utile servigio alla patria e alla storia, raccogliendo in serie ordinate gli oggetti stessi: nobile argomento della passata e vivo sprone alla futura prosperit di quel glorioso patrimonio dell' arte, che gli stranieri c' invidiano, e che non dobbiamo lasciarci rapire.

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der luogo tra tanti nominati soggetti ... , giacch la di lui modestia si compiace anche del poco Il (III, 88). Il costume del forzato, te all' ebreo David Bassan, appaltatore del vestiario militare, le di cui instancabili faccende, quanto a s stesso proficue, tanto (san) pi costose a' soldati Il (III, 110). Una tavola rappresenta le Gentildonne ambiziose, te e alla signora Regina Tasso, tedesca, che affettava la lingua, il portamento e la civilt veneziana, pare che si adatti bene questa caricatura Il (III, Il,). Potrebbe essere un frizzo contro il Goldoni la dedica del Burchiello, capace ma lentissima barca che, in diciott' ore almeno, su per il Brenta portava da Venezia a Padova i nostri nonni e bisnonni. La descrive il Grevembroch, ed aggiunge u che devono andar cauti c cittadini e forastieri nel ragionare, stante potervi attrovarsi fra tanti galantuomini chi esplori o nell' andata o nel rcgrcsso tutto ci che d'improprio fosse uscito di bocca Il. Fatta questa osservazione, dedica la sua tavola al riverito signor et erudito poeta il dotto Carlo Goldoni, signor nostro ammiratissimo Il (IV, 134). Dico che si potrebbe credere un frizzo, e tanto pi che, ricordando la
l(

La S. V. 111. vede bene a che miri il nostro discorso. un appello, che noi facciamo, a quell' illuminato amore di patria che informa l'animo della S. V. Illustrissima. Se fra le ricchezze archeologiche, che tanti secoli di gloria e di prosperit accumularono cos degnamente nella casa della S. V. Illustrissima, un qualche oggetto, almeno in via di deposito, potesse accrescere o completare le serie che gi possiede 'il Civico Museo e la Raccolta Correr, la S. V. Illustrissima contribuirebbe efficacemente allo scopo ultimo e vero di questa istituzione, destinata ad avere tanta parte nella cultura del nostro 1"0< polo j e senza perdere, giova ripeterlo, la propriet degli oggetti, che tutti e ciascuno porterebbero il nome della S. V. Illustrissima, darebbe nuovo argomento della tradizionale intelligenza e generosit dell' aristocrazia veneziana . Prima di chiudere questa lettera, noi ci permettiamo ancora di esprimere un desiderio. Vorremmo tentare, se ci venisse fatto, di raccogliere in una sala del nuovo Museo una serie di vestiti antichi. La S. V. Illustrissima ben s' accorge come siffatta raccolta avrebbe un duplice intendimento: quello di rappresentare al vivo gli antichi e pittoreschi costumi della nostra Republica, e quello di offrire all' imitazione dell' industria moderna il superbo spettacolo di quelle stoffe, di cui l'et nostra finora non suole riprodurre che una pi o men fugace apparenza. Forse nessuna citt potrebbe, come Venezia, vantarsi d'una simile esposizione; certo nessuna citt, pi di Venezia, sarebbe in grado di farla. Egli perci che noi ci siamo rivolti alla S. V. Illustrissima, che, pronta sempre a favorire ogni pensiero onde venga lustro alla patria, vorr perdonerei l'ardire della nostra domanda, in grazia della buona intenzione che l' ha ispirata ..... n

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casa di Marco Polo, dice che su quell' area sorse il teatro Grimani (Malibran), Il sopra le cui scene, nella nostra et, per estro poetico del conte Carlo Gozzi, vedessimo rappresentate alcune di lui saggi e gesta, e superate varie superstiziose persecuzioni, nonch accreditata altrove la veneta nazione Il (I, 101), Ma vorrei credere che fosse sincera l' ammirazione verso il Goldoni; giacch dopo aver dipinto il costume del Venditore di chiavi di palchi, lo dedica Il al famoso poeta e gradito scrittore Carlo Goldoni, dal cui fertile intelletto uscirono tante meravigliose commedie, (essendo) ben ragionevole distinguerlo con questa' nostra, bench tenue, offerta Il (III, 124). Dalle cose che abbiamo detto il lettore s' accorto gi che le tavole sono accompagnate da una dichiarazione illustrativa, che ricorda o l' origine e le attribuzioni dei vari magistrati, o lo scopo o i doveri delle molteplici confraternite, o le cause e le occasioni delle publiche feste, o le diverse ragioni delle industrie e delle arti, delle istituzioni e degli esercizi; tutto ci insomma che pu appagare la giusta curiosit di chi guarda la tavola, della quale, sempre che torni necessario od utile, si dice anche donde fu tratta e perch. C'importa poco sapere se queste illustrazioni si debbano al Grevembroch, o piuttosto, come cred' io, e potrebb' essere confermato anche da pi d'una allusione, al Gradenigo ed a qualche altro benevolo dell'artista; certo si che nel pi dei casi esse ci hanno conservato interessanti memorie intorno alla vita ed ai costumi del nostro popolo, e aggiungono, a mio parere, non picciol pregio allibro del Grevembroch. Non vogliamo gi dire per questo che, specialmente quando si riferiscono a tempi antichissimi, le parole del Grevembroch debbano accettarsi a occhi chiusi; non crediamo, per esempio, che egli si apponga l dove parla degli Excusati del doge (I, 3). Ma, di consueto, quando l'autore non ben certo della notizia, la espone in forma dubitativa; onde, per esempio, parlando dei pescatori: Il Viene supposto Il, egli dice, Il che altre volte costoro nell'inverno avessero debito tenere un piede nudo in una mastella d'acqua fredda, e nell' estate dimorassero sotto a' raggi del sole senza cappello in testa, acci, dalla rigidezza e dall' ardore delle stagioni inquietati, sollecitassero l'esito, e non stancassero col contratto il popolo Il. Viene supposto, non so da chi; ma, da chiunque si sia, non vero, giacch il Maggior Consiglio nel 132 I (I I Ago-

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sto) ordin solamente che i venditori di pesce non possint stare sub aliqua cohoperta, ... nec tenere aliquid sub pedibus, potius stent super saliiata (1); prescrizioni che in parte furono temperate pi tardi (2). Non di questo luogo raccogliere dalle illustrazioni del Grevembroch tante notizie che ajutano a conoscere l'intima vita dei veneziani, specialmente nel secolo XVIII. Potrei appena, come saggio, dar luogo a qualche curiosit (3), ond' altri potesse forse invogliarsi ad uno studio pieno e completo di un' opera per tanti rispetti importante. Era Nicol da Ponte con Matteo Dandolo legato per la Republica al Concilio di Trento. Dicono che il da Ponte avesse la veste un po' logora, e che taluno, scherzando sul suo cognome, il chiamasse Pontius pilatus. Ma il da Ponte (IV, 8) ribatt prontamente:
Pontius ipse vocor sed non, ut ille, Pilatus, Quamvis sit vestis tota pilata mihi.

Discorrendo dei capitani minori (III, 12) il Grevembroch ricorda l'epitaffio che fu proposto ad uno dei pi destri:
Qui giace Marco Dolce, zaffo accorto. Lettor, s' hai qualche fallo, scappa via, Che non fingesse, per farti la spia Questo tristo guidone, d'esser morto.

Poco edificante l'osservazione che il Grevcmbroch si permette a proposito del Capitan grande (III, 7): (( Rare volte sostiene questo posto un uomo di buon contegno; quindi
(l) M. C., Fronesis, c. 77 t.O. (2) 1332,24 Maggio. M. C., Spiritus, c. 4i. Trovo peraltro in M. SANUTO (Diarii, III, 12 Novembre 1500, col. 1061): Vene sier Anzolo Sanudo,oteial a le raxon vechie, e f lezer una certa parte, regolation di dacij dii pesse etc.. Fo gran parole e consulti, tamen miora assa' a la Signoria nostra; et intisi, in pescharia non poi li peschaori vender con capello in

cao

I.

(3) Per esempio, che Francesco Molin, quondam Leone, fu eletto consigliere a cent' anni (I, 20), o che Luigi da Mosto fu eletto savio ben trenta volte (1,23). Importa ancora meno sapere chi primo usasse il ventaglio (Daniele Trevisan, 1,92) o l'ombrello (Michele Morosini, I, 97). Non peraltro inutile ricordare che Antonio Tron, sullo scorcio del secolo XV, invent i bossoli per le votazioni secrete (IV, 11).

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che o bandito, o degradato, o imprigionato, o ucciso sen muore Il. Ricorda spesso i personaggi che alcuna particolare circostanza invita a distinguere; come l'ottuagenario patrizio Il Antonio Carrara fu de sier Piero, che non si persuase mai di far uso della parrucca, e tuttavia con bianchi capelli, ultimo fra tanti, con antica zazzera nel broglio spicca li (I, 24). Talvolta le notizie hanno una importanza maggiore di quella che a prima giunta apparisce: il vecchio mercante Agostino Cavalli fu l'ultimo che, nei primi anni del secolo XVIII, portasse la romana nera, veste consueta de' mercatanti, nella sua bottega di drapperie all' insegna del Piacere (III, 60); e il farmacista Nicol Corradi, all' insegna del Lupo a' Santi Filippo e Giacomo, fu l' ultimo (intorno al 1720), a vestire ancora il costume dei pari suoi, simile a quello Il che portavano gli fanti dell'avogaria li (III, 59). Parmi che importi molto conoscere quando cogli abiti si dismettessero le consuetudini antiche. D'altronde, queste spicciolate notizie possono talvolta servire d'addentellato ad altre ricerche. Eccone infatti un esempio. Guglielmo Berchet stato 1'ultimo, ch' io sappia., a discorrere dei giapponesi venuti in Italia nel secolo XVI, e ricorda che Il il Senato commise al celebre pittore Tintoretto di fare il ritratto dei q uattro giapponesi per collocarlo nella sala di Pregadi li. Aggiunge poi: Il Non ho potuto ricavare per qual motivo tal quadro non venisse ultimato, mentre, sull' attestazione del Ridolfi, il Tintoretto avrebbe fatto soltanto il ritratto di Ito Mancia, il quale trovavasi nella sua casa all' epoca della sua morte, n pi se ne ebbe notizia (I). Si collegherebbe forse con questo fatto la notizia conservata dal Grevembroch? Egli dice (I, 108) che l'Ingresso degli ambasciatori giapponesi in collegio fu dipinto da Pietro Ricchi, lucchese, il quale a Venezia perfezion la sua maniera, e Jl v' introdusse del fare veneto e specialmente del tintorettesco li (2). Non sarebbe forse possibile che i gesuiti, presso i quali conservavasi il quadro, morto il Tintoretto, comperassero dagli eredi del, pittore la tela gi cominciata a dipingere, e commettessero al Ricchi di compierla? Do questa congettura per quel che vale. Dico bens che qualche volta le notizie del Grevembroch meriterebbero di essere tenute a memoria, come quella che ci d quando parla delle
l)

(I) Archivio Veneto, XIII, 26g.


1,2) DE BONI,

Biografia degli artisti, p, 855,

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premure della Republica per la conservazione dei pozzi. AI quale proposito aggiunge: Sopra il lido di San Nicol spicca maraviglioso il pozzo di cosi abbondante vena, che, fornendo tutte le galee et le navi che escono, riputato un miracolo di natura, perch non si scema o secca giammai Il (IV, 155). La notizia, a vero dire, non nuova; ma giova ripeterla, perch non venga dimenticata. Le sue osservazioni talor si direbbero presentimenti funesti. Rappresenta un soldato senz' armi, ed a Venezia, dice, cc mezzo secolo che non si sa cosa sia guerra Il. Ma poi, quasi involontariamente, soggiunge: Guai ad uomini disusati nella medesima professione! Il (III, 31) Insiste di preferenza sul commercio e l'industria dei nostri padri. La mercatura in Venezia li, egli dice, Cl fu sempre il nervo pi forte di questa Republica, poich col di lei mezzo si acquistarono ricchezze incomprensibili Il (III, 56). Beati quei tempi, nei quali non avendo ancora j portoghesi girato il Capo, li le nostre grosse galee traducendo le spezierie e tanti altri generi ... dal Levante, le diffondevano da Venezia per tutte le parti di Ponente Il (III, 49)' Ma i tempi cangiarono, e ormai gli olandesi e gl' inglesi, non che gli francesi, sono dannosissimi al nostro negozio di Levante li (II, 117). In questa et non rimane vestigio della fama, che gi in ogni paese del mondo decantava l'industria adriatica. Oggi la merceria sembra un accademico liceo, perch viene in gran parte occupata da' librai, a trattenimento de' letterati; quando nello stesso tempo gli pochi mercadanti studiano anch' essi, sopra gli registri, il modo di farsi finalmente pagare i loro crediti Il (III, 60). Nel secolo XVI avevano avuto gran credito i drappi intessuti a vari colori, ad oro ed argento, con s fina maestria che gareggiavano colla pittura (I, 146), onde nella chiesa di S. Salvatore ... , Sante Peranda dipinse ai lati di una palla di altare li ritratti di Bartolommeo e Grazioso fratelli Bontempelli, che inventarono li drappi a opera, professori di primaria eccellenza, noti a' principi europei, nonch ricchi di pi milioni d'oro, lucrati sotto il stemma del Calice Il (111,60). Ma ai tempi del Grevembroch, le arti erano ornai decadute; onde sospetto che sia trascorso un errore, ove dice che i fabbricatori di specchi contavano cinquecento capo maestri (III, 144). I fabbricatori di cuoia d'oro avevano appena sette botteghe con cinquanta uomini, per essersi quasi dimessa l'usanza Il (III, 139).
(C (C (C (C (C (C (C

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Di questa decadenza le ragioni traspirano anche da alcune rappresentazioni di questo libro, ove alla semplicit degli antichi messa in contrapposto evidente la dissipazione dei rnoderni costumi. Esaminiamo la tavola intitolata: Compari alla Maluasia (I, 84). Quattro o sei nobili amici della famiglia, solevano presentare ai colleghi il giovane patrizio che si recava per la prima volta nel Broglio. Si chiamavano compari, e il giovane gentiluomo, quasi a compenso del favore ottenuto, gli invitava alla Maluasia del Rimedio, nella piccola via che tuttora chiamasi del Rimedio, e mesceva lor qualche fiasco di vecchia malvagia; corroborante liq uore Il, dice l'artista, (l esperimentato al caso di verminoso incurabile morbo . E la tavola rappresenta appunto i compari, che bevono alla salute del novellino amfitrione. Poco appresso (I, 91) troviamo una tavola assai diversa, il Nobile al Ridotto, ove dipinto un patrizio, colla parrucca incipriata e coll' ampia veste foderata di pelli, che siede a un tavoliere da gioco. Sono due secoli a fronte! Dice l'Autore: Conoscemmo Luigi quondam Giovanni Querini, gentiluomo poverissimo, che vinse duecentomila ducati; poi volt la fortuna, e mor povero nel 1709 l). Era bene ricordare cos l'instabilit della sorte; ma forse sarebbe stato ancor meglio ricordare il nome dei ricchi, che nelle case da gioco avevano dimenticata la patria e consumato s stessi. Le costumanze antiche s'erano meglio conservate tra il popolo, il quale oramai s'era abituato a manifestare il suo attaccamento alle istituzioni colla puntuale e volonterosa osservanza di quelle consuetudini, che, ad ogni modo, ricordavano tempi e sentimenti migliori. Ne porter un esempio che credo non molto noto (I). Il doge Michele Steno, nel primo anno del suo governo, aveva composto alcune dissensioni insorte nell' Arte dc' fruttaioli; i quali avevar.o voluto mostrargli la loro riconoscenza, fferendogli un presente de' frutti che la stagione portava. Invalse quindi la consuetudine che l'Arte de' fruttaioli presentasse in gran ceremonia al principe nuovo, nel primo anno del suo governo, quel dono stesso che nel 1401 aveva offerto al principe Steno (III, 22). Ecco le particolarit che il Grevembroch ci ha conservato a questo proposito. Qui registreremo la comparsa dell' Arte de' fruttaroli, che si ese-

(I)

Ne parla tuttavolta anche il

PAOLETTI,

Il fiore di Veneria, IV, 85,

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guisce tutte le volte devesi presentare al nuovo eletto principe, onde tributargli il dono di alquanti meli ani. Precedono sei mazzi eri, con bastoni dipinti a color verde, filati d'oro, con le armi gentilizie di Sua Serenit. Vanno dietro quattro trornbettieri e tre tamburri; indi li tre stendardi dell'Arte; un gran solaro sostenuto da quattro facchini, con la figura di S. Giosafat ghirlandata di fiori; due fanciulli vestiti di nero, con due mazzetti di fiori sopra bacinelle d'argento. Tre signori con mazzetti in mano, cio l' interveniente dell' Arte nel mezzo, il doge de' Nicolotti, perpetuo gastaldo dell' Arte stessa, in ducale rossa e callotta nera a destra, ed a sinistra il vicario della medesima con tabarro di colore. Alquanti soggetti principali dell' Arte, a due a due, con mazzetti in mano. Due fruttaroli con piatti d'argento, con melloni di esorbitante grandezza, ornati di fiori. Una corba dorata con svolazzanti banderuole, con circa cinquanta melloni. Ventiquattro fruttaroli, con piatti di melloni, coperti di fiori. Un' altra corba inargentata e dipinta, ripiena di melloni, portata a spalle. Trentasei fruttaroli con piatto d'argento, e mellone per cadauno, della pi saporita qualit. Una terza gran corba tonda, dorata, ripiena di melloni e fiori. Altri ventiquattro fruttaroli, con piatti d'argento e melloni. Una gran corba inargentata, non dissimile alle altre. Otto fruttaroli con melloni e mazzi di fiori. Li facchini che portavano le corbe ed il solaro erano vestiti con casacca di tela stampata, bianca, con fiori di color rosso, ed un berrettone in testa con fiocchi e fiori Il (III, 23). Questo costume, con tutte le pi minute particolarit che qui si ricordano, fu religiosamente conservato insino agli ultimi tempi; e poich Marco Foscarini fu eletto doge a d 31 Maggio 1762, la Nuora Veneta Gaitetta, che in quell' anno era compilata da Pietro Chiari, nel suo numero 45 del I4 Agosto annunziava nel primo articolo: Il Gioved scorso si .... fatta la funzione del tributo solito rassegnarsi dall' Arte de' fruttaroli ad ogni serenissimo doge. Per tutto il Mercord antecedente videsi nella scola di S. Giosafat a Santa Maria Formosa, e fuori di essa, esposto alla publica vista tutto il tributo suddetto, consistente in alcuni centinaia di melloni della pi smisurata grandezza, del pi perfetto sapore e della pi rara bellezza che trovare si possano, ammirandone chiunque la disposizione e simmetria con cui erano disposti et ador-

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nati con fiori e banderuole. Nella seguente mattina, all' ora che fu all' Arte determinata, incominci la processione n. Qui il gazzettiere descrive minutamente ogni cosa, ricordando tutte le particolarit che abbiam trovato nel Grevernbroch, ed aggiungendovi di suo la folla del popolo, che i mazzieri sostenevano a stento, lo squillo delle trombe e lo strepito de' tarnburri, H che davano alla marchia un non so che di brillante e militare Il ecc. ecc. Mi pare tuttavia che dipingano quei tempi e quegli uomini le circostanze ch' egli soggiunge: H Arrivata la processione circa alle ore 15 112 alla porta del ducale palazzo, detta della Carta, si ferm col il solaro, et il resto and sopra le scale fino alla sala de' banchetti, dove erano preparati li doni di Sua Serenit all' Arte, consistenti in 2 barilli di moscato dipinti, sei formaglie. vintiquattro formagielle, due bacili di pane, due altri di buiioladi chiamati volgarmente delle monache del Sepolcro, uno con sei prosciutti, et un altro con dodici tra ossocoli, sopressade e lingue salate. H Furono depositati li melloni in detta sala, et introdotti l' interveniente, il gastaldo, il vicario e li bancali alla audienza di . Sua Serenit. Li due ragazzi presentarono li mazzetti al Serenissimo, e l'eccellente Rubbi (I) ebbe l'onore di rassegnare alla Serenit Sua l'offerta dell' Arte con oratorio discorso, a cui fu dalla innata benignit del Serenissimo risposto. H Licenziati dalla audienza, presero li fruttaroli li doni, e li trasportarono alla loro scola. Nel ritorno fecero la pi corta strada per la calle del Rimedio, quando nella loro venuta avevano fatta quella di S. Lio, S. Bartolamrneo, la Merzeria e la met della piazza grande. H D'universale aggradimento riusc tale funzione, e specialmente per que' spiritosi detti e quelle galanti barzellette che escono dalla bocca anche agli uomini serii in tale occasione. H Li bancali e principali del l' Arte la chiusero per altro molto saggiamente, assicurandosi che hanno fatto un sontuoso pranzo all' osteria, e magnificamente magnificarono quella giornata n. Nessun disordine, per testimonianza del gazzettiere, turb
(I) Nicol Rubbi, intervcniente dell'Arte. N'era in quell' anno gastaldo Bernardo Agustini, e vicario Giambattista Trevisan.

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. la cerimonia; ed un burlesco episodio ch' egli racconta nel suo stile sguaiato, avrebbe a Gaspare Gozzi dato occasione di scrivere una di quelle argute novelle. che due anni prima rendevano inimitabile la nostra Gazzetta (1). Nel quarto volume (tav. 149) della sua opera, il Grcvembroch rappresent il faro, artistico lavoro dci primi anni dci secolo XV, che indicava ai naviganti \' entrata dci porto di San Nicol di Lido. Era questo faro malconcio, laonde, Il prima che di pi vadi in rovina, noi volessimo sopra luogo -esaminarlo c prcndcrlo in copia Ora, il pensiero di conservare col disegno almen la memoria delle ricchezze artistiche di Venezia, sugger al senatore' Gradenigo l'idea di parecchi altri lavori, ch' egli affid alla perizia, fattasi sempre maggiore, dci
l).

(I) Notabile il caso nato nella Merzeria poco lungi dal ponte dei Baretteri, e che poteva divenire tragico. La curiosit un male originario nelle femine, e specialmente per li spettacoli publici. Una novizza volle ad ogni costo che il suo sposo la conducesse a vedere questa funzione, et egli, per non esporla alla folla del popolo. preg un suo amico che volesse perrnettergli il collocarla nella di lui bottega. La buona giovane attenta rimirava le corbe. e giammai avendo veduti melloni cos belli, e cos significanti la loro squisitezza, gravida essendo, se ne invogli talmente, che tutto ad un tratto cambi il colore della rubiconda faccia. le rose in gigli si cambiarono, e svenne; si riebbe subito, c confess che la voglia di rnelloni era la causa dci suo svenimento. Povere femine a che non siete soggette! e quanto poco di compassione hanno per voi gli uomini! Tanto crudele per non fu quel marito; appena della sua sposa sente il prurito, si lancia in mezzo la processione, e senza altra riflessione prende il mellone pi grande da un bacile, per portarlo a rimediare l'accidente nato. Il fruttarolo che vede rapirsi il suo mellone, tiene colla sinistra il bacile, e colla destra si avventa al rubatorc per necessit et amor coniugale. Tira uno, tira anche l'altro, e finalmente il manico resta al marito, et il mellonc al fruttarolo. Questo, contento: di avere riacquistata la sua insegna. ripiglia il suo posto; e fu per tale motivo che si vide poi nella piazza un melIone senza manico, la qual cosa tanto diede da dire e da riflettere alli critici osservatori, poich ognuno voleva dirne la sua, et interpretare sinistramentc una tale mancanza . Il sposo, altro non avendo potuto avere, port il manico alla sua novizza, ma glielo present in maniera, che rest ingannata, credendolo tutto il mellone. Frattanto a tale vista si riebbe, fu condotta in un caff vicino, e finalmente essendogli presentato il manico stesso, tutto lo mangi. ed il marito gli provvide poi una quantit di mclloni, onde, satollata abbondantemente la moglie, pass affatto il pericolo, e l'affare termin con tutta tranquillit, pace e concordia '. Questo era l'articolo di fondo della Nuova Ganetta Venet.t!

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Grevembroch. Ricorder per primo le Antichit sacre e profane, divise in due parti, ciascuna delle quali contiene 60 tavole, rappresentanti i pi preziosi oggctti archeologici che avesse allora Venezia nei molti e ricchissimi suoi musei. Un altro lavoro ha per titolo: Le insegne, confaloni et m'me degli ordini di uomini religiosi regolari che furono et esistono in Venep'Pz, espresse con breve narrazione della loro origine in questa cristianissima citt, contrade et isole adiacenti, aggiuntavi la serie de' generali ecc. (I). N lascier di ricordare l'elegante codicetto: Battori, Batticoli e Battioli in Veneiia, disegnato dal Grevembroch nel 1758, e gi conosciuto dal publico per \' eliotipica riproduzione del Brusa, Meriterebbero bensi una minuta illustrazione altre due opere d'importanza grandissima, che, per commissione del Gradenigo, lavor il medesimo artista. Primi, in ordine di tempo, sono i Monumenta veneta ex antiquis ruderibus templorum aliarumque aidium uetustate collapsarum collecta, studio et cura Petri Gradonici Jacobi seno F. anno MDCCLIV, Joannes Greuembrocli delineauit, cetatis sua! XXIII. Son tre volumi in foglio, che comprendono 311 tavole (103, 104, 104), ove son disegnati e coloriti i monumenti di Venezia pi riguardevoli rispetto all' arte e alla storia. Pareva che il senatore Gradenigo presagisse i futuri destini della sua patria, e non potendo difendere dagli insulti del tempo e, peggio ancora, degli uomini, le memorie d'un passato glorioso, volesse salvarne almeno le traecie, se mai potessero un giorno essere lezione e rimprovero agli incuriosi nepoti. Straniero all' arte, io non verr qui discorrendo del pregio dei mon umenti; ma, senza essere artista, posso a buon diritto rimpiangere che siano disperse e distrutte tante preziose memorie, raccolte nelle soppresse e demolite chiese di S. Antonio e di S. Domenico di Castello, dei Servi, di S. Michele Arcangelo (S. Angelo), di Sant' Elena, di S. Basilio, del Corpus Domini, delle Vergini, della Celestia, di S. Cipriano di Murano, della Certosa, di Sant' Ubaldo (S. Boldo), di Santa Marina, dei Santi Filippo e Giacomo, di S. Daniele, della Carit, di Santa Lucia e di S. Matteo, da ciascuna delle
(I) Queste imprese pajon di mano del Gradenigo medesimo, giacch por tano questa scritta: Dona et fructus piorum regularium "... expressa a P. Gradonico Jac.filio, in gratiarum actionem pro recuperata post diuturnam valetudinem incolumitate

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quali trasse il Gradenigo non uno ma parecchi dei monumenti, che rendono preziosa la sua raccolta agli storici non men che agli artisti. Chi ci potrebbe dire qual fu il destino di tante opere insigni? Di molte non sapremmo pure farci un' idea, se l'opera del Gradenigo non ce le mettesse innanzi agli sguardi. E talvolta, anche a quei semplici segni s'arresta il nostro pensiero. Perch la tomba di Piero Gradenigo, una schietta urna a lastre di porfido (I, 12), d'una struttura si semplice e s severa? Perch non vi si scolp una parola? Forse, come vorrebbe il Gradenigo, per non sapere a quei torbidi tempi esprimere a sufficienza il merito d'un doge, che gett il fondamento dell'eternit della sua Republica? II L' eternit ~ E della tomba del Gradenigo, come de' suoi ordinamenti, ormai non avanza che la memoria! E la memoria sola ci avanza di tanti oggetti, preziosi per la materia e pi per la forma, che il Grevembroch disegn in un' altra opera, divisa anch' essa in tre parti, dedicate successivamente (nel 1755, nel 1760 e nel 1764) al senatore Pietro Gradenigo. Quest' opera, in foglio piccolo, intitolata: l)"arie Ve1Zete cur-iosit sacre e profane, ed contraddistinta col motto: Molte gran cose in picciol fascio accolgo. E dice molte a buon dritto; giacch tutta l'opera comprende 263 tavole e un numero assai pi considerevole di disegni: nel solo primo volume, di tavole 109, sono delineati 296 oggetti diversi. Ora vorrei sapere in quanti musei dell' Europa si aduni tanta ricchezza. Non parlo della ricchezza materiale, che spesso era grande, avvertendo il Grevembroch che, per esempio, la lampada (II, 90), appesa nel tempio della Salute dopo la conquista della Morea (1690), pesava 800 once d'argento, e due lampade d'oro, una nella scuola di S. Giovanni Evangelista (II, 96), e l'altra in quella del Rosario ai Santi Giovanni e Paolo (II, 92) costavano diecimila ducati la prima, e la seconda quattordici mila. Parlo prima di tutto delle memorie che ai Veneziani rendevano particolarmente preziosi tanti svariatissimi oggetti: le armi di Sebastiano Ziani (I, 54), la spada di Enrico Dandolo (I, 55), i due stacchi, donati da papa Nicol V al doge Francesco Foscari e da Papa Pio II al doge Cristoforo Moro (I, 115), le corone e i pettorali gemmati, che ricordavano l'apogeo della potenza veneziana in Oriente. All' erudizione del sig. ab. Antonio Pasini noi dobbiamo molti particolari ragguagli intorno ai

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dodici pettorali e alle dodici corone, e queste e quelli d'oro purissimo, tempestato di preziose pietre e di perle, che si custodivano nel Tesoro. Nell' Agosto 1797 furono distrutti; e dai documenti sappiamo che le dodici corone erano ornate di 1804 perle di varie grossezze e 883 pietre preziose (367 balassi, 365 zaffiri, 150 smeraldi ed una ametista): 2687 tra gemme e perle. I pettorali erano ancora pi ricchi: le perle grosse e mezzane erano 2300; le minori, 1989: in somma, 4289 perle. Quanto alle gemme erano 1284 (una ametista, due rubini, 419 balassi, 374 zaffiri, 388 smeraldi). E cos i soli pettorali contavano 5573 fra perle e pietre preziose. Naturalmente la Republica aveva custodito con grandissima gelosia questi oggetti; onde nel 1797 si dicevano deteriorati per incuria quasi incredibile de' passati presidi e custodi. Capite? L'oro, le gemme e le perle erano state danneggiate dalla custodia; bisognava metterle al sole. E i francesi le misero; lagnandosi per soprassello dell' impostura del cessato Governo, che aveva esagerata la fama dci suo tesoro (I). Ormai dunque delle corone e dci pettorali non altro pi ci rimane che la memoria, e appunto per questo mi pajono ancora pi importanti i ragguagli che ne raccolse l'ab.. Antonio Pasini e il disegno che il Grevembroch ne conserv (IL 33). Anzi, parlando in generale, tutti gli oggetti pi o meno rari e preziosi, che possedeva S. Marco, sono perduti per seme pre; ma dei pi insigni cimeli il Grevembroch ci ha tramandato il disegno (I, I, 2, 4. 15 ecc. ecc.); come ci ha tramandato il disegno dei pi notevoli oggetti artistici ed archeologici conservati gi nelle sale del Consiglio dei Dieci (I, 76, 77, 91, I 13, 114 ecc.) o nelle sale dell'Arsenale (1,97,106, 107, 108, 109 ecc.). Quali di questi oggetti sono stati distrutti? Quali si conser(I) A farsi un' idea dello sperpero c delle ruberie che avvennero in questa occasione. necessario leggere l'importantissimo libretto dell' ab. ANTONIO PASINI, Il tesoro di S. Marco in Veneria dal 1797 al presente (Ven., 1878, tipo dell' Istituto Caletti), dal quale ho tolto le cifre sopra accennate. Ricorder solamente che il corno ducale nel 1557 erasi valutato 194092 zecchini; dei quali 454B rappresentavano il valore di 24 perle che lo adornavano. Ora nel 1797 queste 24 perle furono valutate appena un quarto del loro antico valore; un bel diamante dci corno stesso, nel 1797 fu stimato appena un venticinquesimo dell' antico valore. Un rubino (che chiamavano il cuogolo) stimato gi 25000 zecchini, non ebbe neppure l'onore d'una valutazione particolare, ma con altri rubini che complessivamente pesavano carati 502, fu stimato 1300 lire italiane:

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vano e dove? Sarebbe uno studio penoso; ma a cui questi disegni del Grevembroch sarebbero inaspettato sussidio, E dove c come finirono i preziosissimi oggetti d'arte che arricchivano tante chiese distrutte, e che troviam disegnati in questi medesimi Codici? Diecisette reliquiari stupendi (II, 2-16, 18,24-27), vari d'et e di stile, ma che, riuniti, formerebbero una collezione d'inestimabile pregio, erano nella sola chiesa dei Servi! Gli smalti o i nielli, che adornano sovente la Pace, onde provveduta ogni chiesa, rendevano singolare quella di Sant'Anna di Castello (I, 47), di S. Cipriano di Murano (I, 173), di Santa Agnese (III, ~), di Santa Ternita (III, 79), delle Vergini (III, 7), dei Crociferi (II, 82), dei Camaldolesi di S. Michele (III, 61). E i quattro Angeli di bronzo (II, 84) a S. Domenico di Castello? E il turibolo (I, 3) di Sant' Anna? E l'ostensorio (I, ~3; II, .22) di Santa Giustina e della Celestia? E il prezioso palliotto d'argento smaltato (I, 17), che le due monache Zeno e Vendramino donarono alla loro chiesa della Celestia, con una lampada (I, 151) anch' essa a smalti? E il calice (I, 98), che il doge Michele Steno don alla sua chiesa di Santa Marina? E gli elegantissimi vasi lustrali (I, 183; II, 86, ~) che sorgevano presso alla porta dei Santi Filippo e Giacomo, di Santa Maria delle Grazie e dci Servi (I)? E insomma quel numero esorbi.tante di oggetti preziosi, pi che per la materia per l'arte, dei quali il Grevernbroch in questi codici ha conservato il disegno, perirono tutti? E vero che nel 1797 molti cimeli, ch' erano o propriet delle chiese o propriet di privati, si convertirono in talleri democratici ed in zecchini, senza rispetto all' arte che gli avea fregiati e istoriati Il (2). Ma non tutti perirono; e, senza dubbio, per l'antiveggenza e la generosit del senatore Pietro Gradenigo, i disegni del Grevembroch potranno dirigere le ricerche e, ad ogni modo, gioveranno ad ajutare gli studi di chi vorr e potr dedicarsi a scrivere la storia, che ancor ci manca e che sarebbe cos importante, dell' orificeria veneziana. U n altro codice, illustrato dal Grevembroch, ha questo titolo pomposo: Pregi e Fregi de' veneti Gran Cancellieri. Ne
(1) Quello della Carit, disegnato anch' esso dal Grevembroch (11,32), c recentemente acquistato dal Comune, venuto ormai ad arricchire la collezione dei marmi dci Museo Civico, (2) LAZARI, Notiria delle opere d' arte e dantich della Raccolta Correr. pag, 178.

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trascrisse tuttavia una gran parte, e ne transunt il rimanente, E. A. Cicogna nel suo Codice segnato di numero 2937 (1). E quindi mi resta solo da aggiungere, che l'importanza di questo del Gradenigo deriva dalle effigie de' Gran Cancellieri, che il Grevembroch non disegn a capriccio, ma trasse o da qualche stampa del tempo (2), o dai ritratti (3) che alcuna volta ne fecero pittori anche di grido. Son questi i codici che hanno arricchito il Museo per generosit della nob. sig. contessa Elena Dolfin Bold. lo spero che la loro importanza mi scuser, se ho creduto di dovermene intrattenere un po' lungamente. E non dubito che la nobile testatrice sar ricordata con viva riconoscenza da tutti quelli, che trarranno in avvenire partito dalle notizie che la preveggente sapienza del senatore Pietro Gradenigo riusc a raccogliere e a preservare dalla dimenticanza. Prima peraltro di abbandonare questo argomento, debbo, a titolo d'onore, ricordare i nobili signori conti Girolamo e Francesco fratelli Dolfin Bold, che nell' adempiere la volont della nobile testatrice vollero gareggiare con essa di generosit, e donarono al Museo Civico una pregevole collezione di opere di numismatica, parecchie delle quali mancavano alla libreria del Museo. Questi esempi debbono essere segnalati alla riconoscenza del publico. Dovrei parlare ancor d'altri doni: l'antico modello d'una galera veneta, donato dal sig. Luigi Marcovich, operoso assistente nel Museo; e lo stendardo che i Bombardieri di Belluno offersero verisimilmente a Soranzo Francesco (4), gentiluomo
(I) Archivio Ve/zelo. IV, 3i~}. 'l) Luigi Dardani, m. '5'1; Giambattista Ballarino, m. 1666; Giambattista Nicolosi, m. '717; Angelo Zon. m. 17GS; Giovanni Colombo, ultimo Gran Cancelliere ricordato nel codice. l3 Andrea Franccschi, m. 155'; Gianfrancesco Ottobon, m. '575; Andrea Friziero, m. '58, ; Giovanni Fermento, m. [586; Domenico Vico, m. I(JOS (il ritratto di sua moglie, Elisabetta Ottobon, tratto da un disegno); Bonifacio Antelrni, m. 1610; Leonardo Ottobon, m. 1630; Marco Ottobon, m. 1649; Marc' Antonio Businello, m. 1651; Agostino Vianoli, m. ,658; Domenico Ballarino, m. 1(,'JR ; Pietro Businello, m. [713; Domenico Imberti, m. '747. L'effigie di Gio. Maria Vincenti, m. 1747, fu tratta da: una statua. (4) Francesco di Lorenzo Soranzo, soprannominato, secondo il Barbaro, Tocco d' oro, fu due volte podest e capitano in Belluno, nel 15~0 e nel 1590

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benemerito di quella Comunit, in sulla fine del cinquecento, depositato dal conte Girolamo Soranzo, che gi fu patrono ed ora fa parte del Comitato Direttivo del.Museo stesso. Ma finir ricordando il rarissimo e ricchissimo dono della nobile signora Amalia Mioni in Angeloni Barbiani. Il Civico Museo possedeva una raccolta quasi completa dei nostri zecchini. noto che dei zecchini alcuni sono assai rari, specialmente per la brevit del governo d'alcuni dogi. Eppure il Museo possedeva il zecchino di Nicol Marcello (1473-1474), di Pietro Macenigo (1474- 1476), di Marcantonio Trevisan (l,53 -1,,4), di Antonio Grimani (152 I - I ,23); possedeva anche il zecchino di Marin Faliero (13,4- I 3,,) ch' fra i pi rari; quello di Nicol Don, doge per 3, giorni (1618" Aprile-j) Maggio), e di Francesco Corner, ch' ebbe dogado ancora pi breve, venti d soli (16,6,17 Maggio-, Giugno). Insomma, mancava un solo zecchino, quello di Marco Barbarigo, che non dur in officio neppure un anno (148" 19 Novembre- 1486, 14Agosto). Possedeva questo zecchino la nob. signora Amalia Mioni, in Angeloni Barbiani; e ricordo con grato animo le incoraggianti parole con cui la nobile dama accolse il conte Girolamo Soranzo e me che scrivo, quando, qualche anno fa, le abbiamo esposto il difetto della nostra Raccolta e la speranza ch' ella volesse un d completarla. Una crudele malattia, che rap l'ottima gentildonna nel mese scorso, non le tolse la memoria della generosa promessa; e nel suo testamento leg al Museo Civico non solo il zecchino del Barbarigo, ma la raccolta intera, ch' essa possedeva completa, dei veneti zecchini. Ognun vede la singolare ricchezza e importanza di questo dono, che al valore intrinseco aggiunge l'inestimabile pregio che viene dalla rarit straordinaria di alcuni pezzi. Aggiunger che l'infelicissimo marito, nob. cav. Antonio Angeloni Barbiani, il quale onora cos nobilAbbiamo di lui la Relarione scritta nel '591 (non [519) 13 Settembre, nella Grande Illustras ione del Lombardo Veneto (Il, (,71 e segg.). Vi si ricordano gli aiuti, che il Soranzo diede del proprio alla comunit di Belluno in tempo di carestia (pag. 675), e il consiglio che sugger d'instituire anche in quella citt una scuola d'artiglieria (bombardieri), che saria per opinione mia di molto servicio publico (pag. 671). La scuola fu istituita j e riconoscente al magistrato che ne aveva suggerita e promossa l'istituzione, gli Ieee pi tardi il nobile presente dello stendardo, custodito lin qui gelosamente in casa Soranzo, ed ora dal benemerito conte Girolamo deposto nel Civico Museo

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mente la nostra citt co' suoi scritti, nel dare esecuzione all'ultima volont della perduta consorte, volle rendere, per cos dire, ancora pi pieno e pi pregevole il dono, aggiungendovi il zecchino di primo modulo, battuto nel 1798 col nome di Francesco II. Il dono Mioni Angeloni Barbiani dunque completo; e la memoria d'una dama, che lasci un sentimento d' inestinguibile desiderio in tutti quelli che hanno conosciuto le rare doti di mente e di cuore che l'adornavano, sar nel Civico Museo conservata con perpetua riconoscenza, giacch la ricorder non solo il nome scolpito gi sulla lapide posta a ricordanza dei donatori pi insign, ma, che pi , l'eloquente documento d'una generosit, che sar nuovo e non infecondo esempio a Venezia. R. FUI.IN.

FARINELLI.

Fra i maestri veneti compositori di musica che si ebbero a distinguere nella palestra teatrale, ad annoverarsi Giuseppe Farinelli, nato nel 7.Maggio t 769 in Este, arnenissima citt del territorio padovano. Particolari circostanze della sua famiglia non ci fu dato di poter raccogliere; possiamo riferire soltanto che in patria ebbe a ricevere i primi erudimenti dal maestro Lionclli, che quindi in Venezia sotto la direzione del Martineili progrediva gl'intrapresi suoi studi, e che nel 1783 veniva ammesso nel Conservatorio della Piet dei Turchini in Napoli, dove apprendeva il canto dal Barbiello, da Fago il partimento, il contrappunto da Sala, dal Trillo la composizione. Giovanissimo, uscito dal detto conservatorio, dedicavasi intieramente alla musica di teatro, danni ventitr circa faceva eseguire una sua farsa, il Dottorato di Pulcinella, probabilmente in Napoli, operetta che il chiarissimo comm. Francesco Florimo nel suo Cenno storico relativo ai Conservatori di quella citt, p. 586, ricorda come la di lui prima composizione, senza precisare il teatro dove veniva rappresentata, che parimenti a noi ci resta ignoto. Poco appresso scriveva un oratorio, il Regno del Messia, come ci riferisce il sullodato autore, quindi alcune opere buffe in Napoli: successivamente le principali citt Il' Italia accolsero ed applaudirono i pregevoli suoi spartiti che ebbero l'onore di essere riprodotti in teatri di primo ordine. In particolare per la Scala di Milano scriveva l'Amor sincero, poesia del rinomato autore delle Cronache di Pindo, l'Anelli, ed inoltre Annibale in Capua .. pella Fenice di Venezia Il Cl delle Spane , La caduta della nuova Cartagine, opere serie ambedue, poesia del padovano Antonio Simeone Sogra(i, l Ri

d'Efeso, la Vergine del Sole, il Colpevole salvato dalla colpa, Idomeneo, Zorala .. pella Perola di Firenze l' Attila ; pel San Carlo di Napoli Climene, e Carea ; pel Nuovo teatro di Trieste, la Pulcella eli Rab ; pel teatro Regio di TOI'il1o Lauso e Lidia, e

tante altre per teatri secondari, come riferiremo nella serie dei suoi lavori, precisando l'epoche e teatri relativi. A fronte di brillantissima carriera il Farinelli venne forse troppo severamente giudicato dal Ftis e da talun altro suo biografo, i quali lo ascrissero nel novero dei compositori di secondo ordine, dappoich a loro dire non ebbe ad emergere per genio, e neppure per invenzione. bens vero che i luminosi successi degli spartiti del nostro maestro non furono disconosciuti neppure dal sunnominato Ftis, ma vennero attribuiti alla fecondit e naturalezza delle sue melodie, ad una certa maniera semplice di condurre le arie, principalmente ad una buona disposizione dei pezzi concertati, conchiudendo che qualche volta fu imitatore felicissimo, mentre giungeva perfino a far credere un suo duetto introdotto nel Matrimonio segreto fattura propriamente del Cimarosa (1). Se a tanto cogli studi suoi poteva giungere Farinelli, a nostro subordinato avviso, non sarebbe Egli a ritenersi fra l'infinita schiera dei mediocri, ma ben piuttosto fra i primi. Il non lieve nu(1) CIMAROSA DOMENICO fu uno dei compositori pi grandi che possa vantare la nostra Italia per genio fecondo ed originale. Nasceva in Aversa nel l'i Dicembre 1749 da Gennaro ed Anna di Francesco, poverissimi ed oscuri. Nel carnovale 1801 scritturato per scrivere una sua opera nuova pel teatro la Fenice di Venezia col titolo Artemisia, non giungeva che a muslcare i due primi atti soltanto, mentre la morte lo colpiva nell' undici Gennaio 1801, essendo alloggialo nella parrocchia di S. Michele Arcangelo, vulgo Sant' Anzolo, chiesa che ora pi non esiste, e dove veniva sepolto con funerali splendidissimi a spese dei suoi ammiratori; l'abate Raffaele Pastore aveva approntata un'epigrafe, che si riporta anche dal Cicogna nelle sue Iscrizioni Veneziane, vol. 111, pago 184, la quale per 1I0n si scolpiva sulla tomba di lui, per cause che non si conoscono. Relativamente a questo celebratissimo musicista nella lodata opera del commendatore Flortmo; si legge un' estesa e dottissima biografia, pago 482, dalla quale rileviamo che la memoria di un cos grande maestro veniva onorata pur anco in Roma per cura e spese del cardinale Oonsato: di lui ammiratore ed amico, il quale oltre che disporre solenni suffragi nella chiesa di San Carlo llf!! Catinari, In seguilo faceva eseguire in marmo dal Cano"a, in mezzo busto, il ritratto di lui, e collocare nella chiesa di Santa Maria della Rotonda coll'epigrafe:
A DOMENICO CIMAROSA NATO NEL 1749 MORTO NEL 1801 P. P. Canova scolp\. L'accennato busto successivamente venne trasportato nel Museo Capitolino con quanti altri di artisti e letterati erano stati collocati In quel Panteon,

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mero (Ielle sue composizioni, specialmente teatrali, in ogni genere, dimostrerebbe che era profondo conoscitore della scienza musicale; per parte nostra, in una parola, lo crediamo meritevole di poter essere richiamato a fama pi favorevole. Non entreremo peraltro ad analizzare le di lui opere, perch sarebbe lavoro dalle nostre forze non consentito, n tampoco abbiamo opportunit di prendere in profondo esame i singoli spartiti per apprezzarne giustamente il merito relativo, e farne spiccare i pregi, ma ci limite'remo ad esporre la serie delle sue opere, pi diffusamente che per noi si potr, affinch altri pi valenti collo studio delle partiture si trovino in grado, volendo, di stabilire che il nostro maestro veneto doveva e deve essere ricordato in un grado pi elevato di quello in cui lo volle collocare l' illustre direttore del Reale Conservatorio di Brusselles. Un fatto, che, ragionevolmente, dimostrerebbe che il FariReHi avrebbe dovuto essere ritenuto fra i migliori maestri suoi contemporanei, e non nella schiera di quelli di seconda categoria, lo riscontriamo in altro dei giornali dei teatri del suo tempo, Nella stagione teatrale 1802-1803 gli spettacoli del gran teatro la Fenice di Venezia andavano di male in peggio. L'opera nuova l' Hr1ipo a Colono dello ZingarelN, maestro di stabilita rinomanza, posta in isceua nel 2G Dicembre 1802 aveva avuto un esito per nulla soddisfacente, neppure di stima, mentre la musica non aveva prodotto il ben che minimo effetto. L'impresa dovette ricorrere al ripiego di far eseguire per alquante sere Gli Orazj ed i Curiasj, opera di sicuro esito, che si sostenne perch vi cantava il famoso tenore Maueo Babbini, per il quale era stata scritta pella stesso teatro nel carnovale 1797 dal Cimarosa, ed anche perch avevasi lusinga che il maestro Raffaete Orano, scritturato pella seconda opera nuova della stagione, si affrettasse a compiere il suo spartito; ma caduto quel compositore gravemente ammalato non fu pi in grado di compiere i suoi impegni. In tale frangente il Cavos, impresario, per soddisfare l'obbligo contratto di fare eseguire un secondo spartito nuovo nel maggior teatro di Venezia, decidevasi ad invitare il maestro Farinelli richiamandolo all' uopo da Roma, ove trovavasi per aver dato a quel teatro Valle una sua opera buffa nuova - Chi dura vince nell' istessa stagione. Il nostro maestro in pochissimi giorni giungeva a corrispondere alla fiducia che in lui era stata riposta, e come d una relazione da Venezia 7 Febbraio 180:3. che si legge nella

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Gazzetta dei teatri .d' Italia, num, 11, pago X, unita al volume IX, del Teatro moderno di Roma, publicata in quell' anno dal Puccinelli, in 8.0 Possiamo conchiudere conseguentemente che il Farinelli a quell' epoca era considerato piuttosto fra i maestri di primo ordine non altrimenti di seconda categoria: (l'altronde non a credersi che il Cavos si avrebbe arrischiato di richiamarlo da Roma perch avesse a scrivere in meno di un mese un'opera nuova se non fosse stato molto stimato, e col pericolo di produrre alla Fenice un secondo fiasco pi solenne di quello che si era verificato, colla mosica dello Zingarelli, maestro di una celebrit stabilita. D'altra parte gli spartiti delle farse Teresa e Claudio, un Ef(etto naturale, dell'opera buffa Il matrimonio per concorso, della Ginevra dramma semi-serio, e dell'opera seria i Riti d'E(eso, per tacere di molti altri per brevit, sono tali da qualificare il maestro un compositore distinto. Per quanto si raccoglie da' precedenti biografi, il Farinelli dal 1810 circa al 1817 fissava la sua dimora in Torino, scrivendo, oltre che per quella citt, nuovi spartiti per diversi teatri della nostra penisola. Nel 1817 dava al S. Mois di Venezia una farsa col titolo La donna di Bessarabia, ed in appresso cessava di scrivere pel teatro, passando a stabilirsi in Trieste dove era stato nominato maestro di Cappella della cattedrale, non senza occuparsi di concertare gli spettacoli di quel Teatro Grande, pel quale ebbe a scrivere alcune cantate di circostanza. In quella capitale dell' IIIirio estinguevasi la di lui vita nel 12 Dicembre 1837, contando l'et di anni 68.
Le opere teatrali, oratori, cantate ed altro del celebre maestro di cui i premessi brevissimi cenni, per quanto abbiamo potuto rilevare da vari autori, e dall'Ispezione di parecchie edizioni dei libretti di drammi che a lui si riferiscono, sono le seguenti: - 1792 I. Il Dottorato di Pulclnella. - Farsa. Prima composizione teatrale, che eoll'anno suesposlo viene ricordata nella pregiata opera del Florlmo, pago 506, senza luogo di recita, di cui lo spartito esiste nell' Archivio del Reale Conservatorio di musica in Napoli. - 1795 2. Il Regno del Me881a. -- Oratorio in due parti. Ivi si ricorda, trovandosi lo spartito nel predetto Archivio. - 1796 3. L' lomoIndolente. - Dramma giocoso, rappresentato al teatro Nuovo di ~apoli nella stagione cii carnovale. Viene riferito nell'indice XI del Formentl,

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pago 101, ricordato, a pag. 585, dal Elorimo, da cui si rileva che anche questo spartito deposto nell' Archivio del Consarvatoro, senza indicazione di anno, come nel Ftis che ricord~ questa opera col titolo l'Indolente. Nell' Archivio ciel rinomato R. Stabilimento Ricordi di Milano trovasi pur anca un'esemplare dello spartito. 4. Il Nuovo savio della Grecia. - Opera semi-seria (sic) in due atti, rappresentata nel teatro Del Fondo in Napoli. Riferita dal sullodato Ptorimo, p. 583 al n. 3 dell'elenco degli spartiti del maestro di cui trattasi, esistenti nell'Archivio del Collegio. Il Clement, DiI'. Iyr, p. 488, la vorrebbe eseguita in Italia verso il 1804. - 1797 5. Soldano duca degli Svedesi. - Dramma rappresentato in autunno al teatro di S. Benedetto in Veneaia. Nel giornale dei teatri di Venezia, anno III, n. 11, parte seconda, pago Il, annesso al vol. XYIIl del Teatro moderno applaudito, veniva ricordato col titolo Celindo duca degli Srezzesi, ma nel libretto a stampa sta come da noi riferito. - 1799 6. L'Amor sincero. - Dramma giocoso di Angelo Auelli, rappresentato in primavera al teatro della Scala in Milano. Lo spartito autografo si trova nell'Archivio Ricordi. Il Clement nel suo dizionario vi assegna l'epoca verso il 1790 che non regge. ' - 1800 7. Bandiera d'ogni vento, ossia l'Amante per forza. - Farsa giocosa di GiUleppe Foppa, rappresentata nel carnevale al teatro Venier in S. Benedetto di Venezia. Nell' Archivio Ricordi si trova nn esemplare dello spartito. Il Cfement vi assegna l'epoca erronea 179l. 8. Annetta, ossia la Virt trionfa. - Farsa originale dell'abate Giulio Artu,i, rappresentata nella stagione suddetta al teatro S. Samuele pur di Venesia, Il Ricordi possiede una copia dello spartito, che il Clement vorrebbe, erroneamente, seguito nel 179-1. 9. Il Conte Rovlnazzo poesia del sig. Giulio Artusi, rappresentato in primavera nel teatro S. Glov. Grisostomo di Venezia. Riportiamo questo spartito, probabilmente farsa giocosa, dal Giornale dei teatri di Venezia, anno \ I, parte prima, n. l, che sta nel vol. 48 del Teatro moderno applaudito, ma non abbiamo avuta opportunit d'ispezionare qualsiasi libretto a stampa con il sopra riportato titolo, per cui nel registrarlo in questa serie ci riserviamo di praticare ulteriori indagini, onde far conoscere se sia stato riferito pi o meno esattamente. IO. Una cosa strana, amor semplice! - Farsa giocosa/di Gius'ppe Fuppa; rappsesentata in estate al teatro S. Luca di Venezia.

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II. Italia al tempio della pace. - Cantata dell'ah. Giulio Artus, eseguita
in primavera nel teatro in S. Benedetto di Vanezia. 12. Teresa e Claudio. - Farsa di Giuseppr Fopp, rappresentata in estate al teatro S. Luca. Copie della partijura di questo celebre componimento, in l'Ili producevasi il rinomato cantante Domenico Ronconi, si trovano nell' Archivio del Conservatorio di Napoli, ed iII quello del R. Stabilimento Ricord. Secondo il Clement sarebbesi data Del 17\)3 circa, epoca che nou regge. -- 180'2 13. Giulietta, poesia di Gaetano Rossi, in carnevale, al teatro Ducale di

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Parma. Citata dalla cronologia di quel teatro, parte seconda, pago '7, ove figura la prima di quella stagione, con cenno che fu espressamente scritta, perloch riscontriamo erronea la data, verso il 1792, esposto dal CltmUlflt. 14. Il Cld delle Spagne. -- Dramma del 8ograjl, rappresentato in camovale alla Fenice di Venezia. Equivoca il Clnn/mt nel riportare la data 179'7 circa. Nell' Archivio Ricordi trovasi un esemplare della partitura. 15. La Pulcella di Rab, ossia Rullo e Dullatcn. - Dramma del Sogr/Jjl rappresentato in primavera al teatro Nuovo di Trieste. 1&. Le lagrime di una vedova. - Farsa sentimentale di Gaetaflo BOlli, eseguita nella stagione della fiera del Santo al teatro Nuovo di Padova. 11 libretto porta l'indicazione da rappresentarsi la prima volta. 17. Pamela. - Farsa di G. ROlli, rappresentata in estate al San Luca di Venezia. Lo spartito col titolo Pamel maritata, esiste nell' Archivio Ricordi. AI Solito erroneamente \I Clement lo ricorda coll'anno 1791. - 180:3 18. Chi dara vince. - Opera buffa eseguita al teatro Valle di Roma nella stagione di carnovale. Si ricorda nel Giornale di teatro inserito nel val. VlI1 del Teatro moderno di Roma a pago IX. 19. La cadata della naova Cartagine. - Dramma di A. 8. Sograjl, rappresentato di Carnovale alla Fenice di Veuezla. . 20. Un effetto naturale. - Farsa giocosa originale di GiUleppe Poppa, eseguita in primavera ai teatro s. Benedetto di Venezia. 11 Ricordi possiede ia partitura di questa operetta, che il Clement erroneamente vorrebbe eseguita verso il 1793. Veniva riprodotta anche alla Fenice nella primavera 1808. 21. Il Ventaglio. - Farsa comica rappresentata al teatro Nuovo di Padova, in occasione della fiera del Santo. - 1804 22. I Riti d'Efeao. - Dramma di Gaetarw BOlli, rappresentato in earnovale al teatro la Fenice di Venezia. Nella serie dei teatri di Milano estesa dal Calderari si riferisce quest'opera eseguita al Cercano con musica nuova nell'estate 1810. Sotto questa 'data lo spartito esiste nell' Archivio del Conservatorio di Napoli, ed una copia ne possiede quello del R. Stabilimento Ricordi, ma nel 1810 la musica tutto al pi deve essere stata rinnovata. Il C/ement assegnerebbe a quest'opera l'anno 1789! 23. Oro senza oro. - Burletta per musica, con poesia e musica nuova eseguita in Roma al teatro Valle nella stagione carnovalesca, B ricordata nell'indice di Antonio CamiHer, p. 83. Nel 179"2 il Clement la vorrebbe data a Venezia, ma questa sua notizia erronea. 24. L'Inganno non dura. - Commedia per musica di GiUleppe PalomlJa, rappreaentata nel teatro dei Fiorentini In Napoli. Colla data 1804 esiste lo spartito nell' Archivio del R. Conservatorio di musica di quella citt. Ftorimo, pago 58'7, al n. 5 dell'elenco relativo. !vi, pago 585, per equivoco sta l'anno 1806. 25. La tragedia ftnlsce In commedia. - Farsa dell' ab. Giulio Artu&,-, eseguita in primavera al teatro S. Mois di Venezia. 26. Il pranzo Inaspettato. - Altra farsa per musica rappresentata in estate al teatro Eretenio di Vicenza, la qua1e non figura nemmeno nella storia di quel teatro scritta dal Pormenton, cui a ritenersi rimanesse sconosciuta, mentre riferisce per quella stagione unicamente l'Accortezza mateNla del PII~&i, la quale

400
certamente, essendo in un atto soltanto, non poteva aver costituito lo spettacolo della solita stagione della fiera in quella citt, 27. Odoardo e Carlotta. -- Dramma g-iocoso per musica in IIn solo atto d..l BuonrtrJoglia, rappresentato :n autunno al San Mois di Venezla. L'n esemplare dello spartito si trova nell' Archivio Ricordi, Il Clelilent lo vorrebbe colla solita sua esattezza eseguito in Italia verso il 179:J,
180ii -'

28. La Vergine del sole. - Dramma dd Sograj, rappresentato nel teatro


la Fenice di venczia in enrnovale. 29. Il Finto sordo. - Farsa eseguita al Carenno di Milano in primavera, Di questo spartito di cui esiste una copia nell' Archivio Ricordi, non abbiamo positiva notizia intorno al luogo di prima recita, mentre, se pur lo ricordano il Fetis e il Florimo, lo riportano svnsa luogo e data, la qual ultima vorrebbesi vprso 111191 dal Ctement, d'altronde il Calderart ilei la sua serie dei teatri di Milano non accenna che trattasi di muslca nuova. Nel 18:30 in Padova nella casa del celebre cantante Pacchterotti veniva eseguita col titolo l'Osteria della posta. 30. La Locandiera. - Dramma gioeoSQ rappresentato in autunno nl teatro Nuovo di Padova. Il libretto che ebbe a servire per questa recita, stampato in Roveredo, porta lo prime quattro pagine rimesse, e cio il frontespizio con relativa libera a tergo, la nota dei personag'g'i del dramma coi nomi degli arti~\.i a carta tre e la quarta libera, pella quale circostanza dubitiamo che l' opera sia sia stata prodotta pella prima volta in Padova, ma ben piuttosto altrove e forse in Roveredo. Col titolo La Locandiera di spirito lo spartito si trova deposto nl'll'Archivio del Conservatorio di Napoli, ed un esemplare sta in quello di Casa Ricordi, In anno non riferito dal Florimo eseguivasi al teatro Nuovo, e nr-l 1805 8t,,88O a Parigi Rf1Cl111do il Cleme nt, il qua le assoguerebbe il 1790 riguardo a prima rappresentazione riportando il titolo: La Locandiera scaltra,
1806-,

31. Stravaganza e puntiglio. - Dramma giocoso dell' ab. ArtUSi, rappresentato in carnevale al teatro di s. Mois di Venezlu. 32. Il Testamento e seicentomille franchl.- Farsa giocosn di Giuseppe Foppa, rappresentata in autunno ne! suddetto teatro. Il C/c'ment la ricorderebbe eseguita a Torino dieci anni dopo, 11 ilicurdl possiede la l'a rtitnra , cornv pure la seguente:
1807 -

33. L'amico dell'uomo, - Farsa giocosa del ridetto Foppa, datasi di camovale nel teatro di cui SOfJTa. 34. Climene, --- Dramma serio rappresentato al teatro S. Carlo di Napoli nell'estate, nel 27 GJ11guo secondo Jlf~ral. Lo spartito deposto 111'11'Archivio del Regio Conservatorio Ili mu sica, pag. 587 Flortmo. L'edizione del libretto non ci fu dato vederla,
1808 -

35. Call1roe. - Melodraurma eroico di G. Rosst, rappresentato in carnovale


ul teatro la Fenice di Veneziu. 36. Il nuovo destino. - Cantata di (l . Rossi i ('1 natalizio dell' imperatore Napoleone csegu.ta nella sede dvl Patria rea di Venezia monsig. Nicola Savi-rio Gambini. La partitura esiste anche nelloArchivio Ricordi. 37. Attila. - ~e1odramma del suddetto Rossi, rappresentato in quareaiura

401
al teatro Pergola di Firenze. Nel Dic. 'tlf. figura colla data 179"/ non da ritenersi. Due anni appresso nr-lla stagione di carnevale veniva rinnovata l'opera pel teatro la Fenice di Venezia. II Ricordi ne possiede la parttura, come pure della sepuente opera : - 1809 38. Il colpevole salvato dalla colpa. -- AZIOne eroica per musica di LUigi Pri1Jidali, rappresentato di carnovale al teatro sopra ricordato. Il Clemmt erroneamente vi assegna "anno 1793! 39.. L'Incognita. - Farsa di Giuseppe Poppa, eR()r:!'uitn al teatro S. Mois di \ enezia in autunno, che il suddetto Clement colla data, verso il 1795, riferisce

r Inconito,
181u

Farsu del suddetto 1"oppa, rapprosentata al sopra ricordato teatro in carnovale. Il RiclJrdi possiede l'autografo della partltura. 41. Non precipitare I giudizi, ossia La vera gratitudine. - Altra farsa del l'vppa, eseguita in autunno al ridetto teatro. 42. La contadina bizzarra. -- Melodramma giocoao , rappresentato nella stagione autunnale alla Scala di Milano. Con l'esposto titolo non si ricorda dal Fti il quale nella seconda edizione della grandiosa sua opera riporta La contadilla di spirito, senza alcuna data riguardo al nostro maestro. - 1811 -43. Annibale in Capua. Melodramma serio di Luigi Romaneu), eseguito ilei suddetto teatro di cnrnovalo. . 44. Amor muto, - Farsa di G. Poppa, datasi in autunno al teatro S. Mois di Veueaia, 1812 45. Idomeneo. Melojrallllllll eroico di Gaetano Russi pella Fenice di \'0uezia in earnovale, cui il Clement a8spg-ner\'lllJl' la data 1795. Nell'Ar('hivio della casa Ricordi si trova la partitura, rame pure la seguente: 46. Ginevra degli Almierl. -- Trag'ieoml1lpdia per musica di tre atti di Giuseppe Fuppu, eseguita in autunno al teatro Sali Mot- di \ eneaiu, che dal e/eme/lt vorrcbbesi data in Torino verso il 1798~ epoca clic non a ritenersi in ogni caso esatta.
181a

40. La terza lettera ed Il terzo Martlnello.

47. Lauso e Lldia. - Dramma in due atti dell ' Andreuli, scritto pI'I teatro
Regio di Torino e rappresentato nel curnovale. 49. Il matrimonio per concorso. - Dramma g-incoso di Giuseppe Foppa, rappresentato nella stagione primaverile al teatro S. ~lui8 di Veuezia. La partitura di quest'opera che il Cfement indren espg"nita in Italia verso il 1799, travasi nell'Archivio del R. Stabilimento Ricordi. Nell'autunno 1814 veniva riprodotta nella patria del maestro, senza varianti se si r-ccettu che il travestimento del locandiere Filippo veuiva praticato da turco anzich da CUIOlillPIIo tedesco, cambiate le parole in relazione al costume addottato etc. -- 1814 49. Caritea. - Dramma serio rappresentato al teatro S. Carlo di Napoli. Iu quel Couservatorio esiste lo spartito, El viene ricordato dal chaesstmo comm, Florimo pall. iJ87.

402
1815 '-

SO. Selplone In Cartagena. Opera seria, libretto dell' .,4"df'toli, rappresentata In carnevale al teatro Regio di Torino. Serle di quel teatro, pago 50. SI. Vlttorln. - Dramma di (JiUleppe Poppa, eseguito In primavera al teatro S. Benedetto di Venezia. 52. Il vero eroismo, ossia Adria serenata. ~~ Azione melodrammatica di Troilo Maltptero rappresentata al teatro la Fenice, In occasione della venuta in Venezia dell'imperatore Francesco primo. . - 1816 53. Zoralda. - Melodramma eroico di Gadano Rosst, rappresentato in earnavale al teatro suddetto. M. Chiarina. - Dramma di Angelo Anelli, rappresentato in primavera alla Sc31a di Milano. In quel R Stabilimento Rtcordt trovasi la partiturss 515. La presenza del Nume. - Azione allegorica, eseguita nel teatro Eretenio di Vicenza pell'arrivo in quella citt dell'imperatore Francesco primo e dell'Imperatrice Maria Lodovica - (La mUlica dei Cori). .- 1817 56. La donna di Sessarabla. - Dramma in un atto di (JtUleppe Foppa, rapppreaentato di carnovale al teatro S. Mois di Venezia. - 1826 57. Egerla. - Cantata con cori e danze di Gtuleppe LlIgrlarli, eseguita nel 12 Febbraio, natalizio dell' imperatore Francesco l nel teatro grande di Trleete.

182'7 -

58. Igea. - Cantata.


1829 -

59. Urani - Cantata.


Ambedue del Lllflna"t, ed eseguite nel suddetto teatro c pella stessa circostanza. All'oggetto che completamente siano conosciute le opere del Farl.elll ricorderemo altres alcuni titoli di talun altro spartito che abbiamo riscontrati riferiti da biografi precedenti, Intorno a cui non fummo In grado di stabilire n epoca n luogo di esecuzione. 60. Raggiri e sorprese. - Opera semi-seria In due atti. 61. Tollia. - Oratorio, Composizioni esistenti in partitura nell'Archivio del R. Conservatorio di Napoli. Fioritno, p. 287. 62. Il trionfo d' Elllllo (.tc). 63. La tinta aposa. 64. Il duello per cOllpllmento. - Opera ricordata dal Fttl, ed anche dal Ciem,erlt, per parte di quest'ultimo, con date che non possiamo ammettere. 65. Adriano In Siria. - Rappresentato nel 1810 al teatro Re di Milano in carnovale, che viene benst riportata dal Calderari come opera nuova, ma di altro maestro. 68. La donna di genio volubile. - Datasi nell' avvento 1808 al Carcano di Milano, la quale dal suddetto cronologista non si riporta come scritta espressamente per quel teatro. In argomento troviamo finalmente di far conoscere che Gt.,eppe Popp4 nell'appendice alle sue memorie, pago 53, dopo aver esposto l'elenco delle BUe opere per musica scritte per Veaesa, continua:

403
FUORI DI VRNEZI.-I.

ROMA, TEATRO VALLE

Una In bene ed una In male', di Giuseppe Farinelli. La casa da vender, del suddetto. Pamela nubile, del suddetto; ma d'altra parte troviamo altres conveniente eli RogA"!lInll;ere eha, dal canto nostro, temiamo assai che il Foppa non sia stato
molto esatto nel nominare il maestro che poneva in musica quei suoi tre libretti, dappoich ci consterebbe che fossero stati invece musicati da altri, come in altra occasione potremmo dimostrare; ci basta intanto di non aver passato sotto silenzio quanto in quel opuscolo veniva dal buon Fappa asserito relativamente al

FarInelli.
Quest.() maestro scriveva ancora varie composizioni per chiesa di cui abbiamo rilevata notizia dalla prelodata opera del comm, Ftorimo; le riportiamo: I. Messa per due e tre voci. 2. Altra per quattro voci in re. 3. Altrd per cinque voci. 4. Mes,a pastorale per quattro voci. 5. Altra a due voci in 101. 6. Dia:it Dominum, per quattro voci in re. 7. Detto, a due voci in 101. 8. Tedeum, a quattro voci in la. 9. Altro, in due voci in re. IO. Re,ponlorio per Sant' Antonio, per quattro voci. Il. M;Ierere a quattro voci. 12. Im1!.roperio per il venerd santo, a quattro voci. 13. Stabat mate per due voci. 14. Chriltus;>al mercoled, giovedl e venerd santo per voce sola con cori ed orchestra in mi bemole terza magziore (1795). 15. Altro idem, per quattro voci Il pi istromenti in mi bemole terza maggiore (li95). 16. l\1otetto a quattro voci e pi istrumenti in re terza minore. Le ultime tre partiture soltanto si trovano nell' Archivio del Reale Conservatorio di musica :0 Napoli.

G.

SALVIOLI.

A T r1' I
DELLA

R. DEPUTAZIONE VENETA DI STORIA PATRIA

FONTI PEH LA STOHIA

I)ELLA

I~EG IONE

VEN Ij~rrA

AL TEMPO DELLA DOMINAZIONE LONGOBARDA

(568-774)

AllOoorevole Presidenza della r. Deputasme Venero sopra gli studI di storia patria - Venezia.
Nel compilare il presente breve inventario delle fonti per la storia della nostra regione al tempo dei Longobardi, m'attenni quasi per intero al metodo indicato nella relazione del eh. prof. Antonio Salandra (I), la quale form la base della discussione tenuta nel Congresso storico tenuto in Napoli nel decorso autunno. Seguendo l'esempio della dotta edizione dei Man. Germ., il Salandra propose di dividere le fonti in cinque grandi classi: Scriptores, Leqes, Diplomata, Epistolae, Antiqul:tates. La seconda e la terza classe le ho riunite in una sola, alla quale lasciai il nome di Diplomata; vocabolo al quale ormai da tutti si attribuisce un senso molto largo. Per un' epoca lontanissima, com' la longobarda, dove ogni parola pu riuscire fonte preziosa di cognizioni importantissime, non credetti dover trascurare n i contratti, n le lettere famigliari, n altre carte consimili. Peraltro mi par(1) Vide la luce nell' .4rc;I';O stor. napul.

t", 4, 678.

Napoli 1879

405
ve utile tenere distinte le varie specie di documenti, che distribuii in cinque suddivisioni:

a) Diplomata Imperatorwm, Regum etc.; b) Instrumenta ; c) Epistolae Pontijicum et Episcoporum; d) Epistolae dive'l'sorum vi'l'orum ; e) lnscriptmes.
Non posso lasciar passare questa occasione senza manifestare il desiderio che tutti i documenti che hanno importanza generale, e non soltanto speciale per alcuna regione, come appunto il caso delle Epist. Pontij;u.m, si facciano oggetto di speciali bibliografie. Mi auguro che il nostro paese possa presto vantare un' opem che gareggi colle celebratissime del Jaff e del Potthast! Fino a quel momento peraltro, indispensabile che le bibliografie delle singole regioni registrino le bolle che le riguardano. Nel tessere questa qualsiasi bibliografia ebbi speciale riguardo alle fonti che direttamente illustrano la storia politica. Ma non potei lasciar da parte per intero anche gli scritti letterari, scientifici, teologici; e ci pel motivo che anche da questi scritti po;;sono ricavarsi insegnamenti storici preziosissimi, trattandosi di epoche cos lontane ed oscure. Solo dopo il mille, dopo, cio, l'epoca cui dovrassi arrestare la bibliografia italiana, secondo il voto del Congresso di Napoli, possono con frutto separarsi le varie strade nelle quali si svolge la vita nazionale. Ecco perch non trascurai i ritmi di Paolo Diacono. M'occupai specialmente delle fonti dirette e contemporanee; quanto a quelle d'epoca posteriore allu caduta del trono di Desiderio, ma che pUl'e illustrano l'et longobarda, ne feci cenno il pi brevemente che mc lo consentiva la loro importanza. Mirai allo scopo che la presente rassegna riuscisse un lavoro a s, senza tuttavia dimenticare che dovrebbe essa formare ~11l piccolissimo anello di una grande catena. Non volli dare incompleta la bibliografia paolina, escludendo (come forse avrei potuto fare) quanto egli scrisse di non essenzialmente storico, dopo la resa di Pavia e di Verona. Paolo la gloria letteraria della regione veneta al tempo dei Longobardi, e

406 sarebbe stato davvero un distruggerlo il non rappresentarlo intero. Senza che la sua stessa Dist. Langob. fu scritta sotto il regno di Carlo Magno. Sento poi vivo il bisogno di chiedere ora, se altra volta mai, il compatimento di codesta Presidenza, per le grandissime imperfezioni del presente lavoro; mi vi sobbarcai sol perch temeva che il mio rifiuto potesse essere riguardato come uno scortese ricambio a tante gentilezze che io confesso d' aver sempre ricevuto da quegli egregi che sono alla testa della nostra Deputazione. Ho l'onore di dirmi Verona, Maggio 1880.
Devotissimo servo
CA.RLO CIPOLLA

SCRIPTORVM
TABULA

W8

- soo
S. Gregorlus

601

700

701 -

774

Beeundus eps. Tridenti Cont. ebr.


8.

Proapert

Exc. ex chren. Horosli Origo gen. Lang. et Chr. Gothan,

Paulus
Liber Pont, A.-

--------dacunus
Gesta Pontifeum

--gnelll

Fontes Venetae

407

I.

I. Solo un ventennio dopo la discesa dei Longobardi in Italia ( 568), saliva la cattedra pontificia l. Gregorio I Magno (590) il quale nella sua opera: Dial., lib. III, c. 19, ci conserv memoria di una grandissima escresenza (l'Adige avvenuta in Verona nel novembre 589, narrando il miracolo operato da s. Zeno, per cui l'acqua non penetr per le finestre della chiesa a lui dedicata.
Di quale chiesa intendesse parlare san Gregorio, molto si disput. Cbi ne tratt con maggior larghezza e pi recentemente fu Il bibliotecario abate Cesare Cavatton, Memorie IntOfflo a 8. Zeno. Varona, 1839. Il citato passo dei dialoghi gregoriani fu rpubllcato (sulla fede di sette codici, de' quali il pi antico di 8. Gallo n. 214 del secolo VIII) da Giorgio Waitz, Beript. rer. Lang. et [tal. (Mon. Germ. Hann. 18'78) p. 583-4.

Il. Secondo velcovo di Trento (t marzo 612) scrisse i Gesta Lanobardorum, di cui ebbe conoscenza, come vedremo, Paolo Diacono, il quale saepe se ne giov e li cit pi volte (III, 28; 'IV, 27, 42). Quell' opera and perduta ed il frammento che avevano creduto d'averne trovato il cardinal Garambi ed il Bonelli, non (secondo il Bethmann, Die Geschichischreibung der Langobarden in Archiv d. Gesellschaft fur aere deutsche Geschichtkunde herausg. v. G. H, Pertz, X,350. Hann., 1849) forse che la fine di un atto sinodale, scritto da Secondo nel 580 (579), quando egli non era ancor vescovo. Checche sia di tale questione, quel brandello parla della venuta dei Longobardi in Italia, nel maggio (Iella seconda indizione. La prima regione occupata dai Longobardi essendo stata la Venezia, cotale notizia direttamente ci riguarda.
Mano.critto :
Weingarten, raccolta di canofI del secolo IX o X.

8diz1on1 :
Bonelli, Notizie .toriclledella (J1tle,a di rt'tnto. Trento, 1'762. id. Monum. BaI. Tr,'dentinae. Trid., 1'765. Carlo Troya, Cod. dipl. long., l, lO. Bethmann, ..4.rdlifJ, X, 350-1.

408
III. Antichissimi continuatori della Cronaca di s. Prospero di Aquitania sono: Mario AV8nticens8 vissuto sulla fine del sesto secolo, la cui breve aggiunta (455-58t) notissima.
(Migliore edizione curata dall' Arndt).

Anonimo autore di un Chron. Ianqobardicum scritto nell'a. 30 di Eraclio imp. (64t), e dal suo editore G. Hille (Berolini, 1866) intitolato Prosperi chronici continuator Haoniensis. In amo bedue queste cronache si tocca della morte di Alboino. Secondo il Bethmann il Conto Haon. si giov della storia del Vescovo Secondo, Iocch peraltro impugnato dal Jacobi (l).

IV. Al sesto secolo risale la fonte degli Etccerpia ex chro-

nica Horosii scritti nell' 8t9.


Sono conservati nel

.M"anOsc,.,tto :
s. Gallo n 8'78, SI'C. IX, donde ne fece una
EdIzione :

G. B. De Rossi nel

seu.

d' arch, cristiana, 1867, p. 18-23.

Questi brevi estratti giungono fino (p. 22 dell' ediz. cit.) alla morte di Alboino (25 maggio), e toccano anche della discesa dei Longobardi.
Il De Rossi li crede tolti da un Codice compendiato del cos detto Anonimu Cuspinianeo; afferma ch'esso dovea essere pi copioso dei Codici viennesi, perch mentre questi non giungono che al 539, quello arrivava al 573. Accettando e sviluppando l'opinione del Mommsen cnde, che il testo l'steso della Cronaca stessa, sla il cos detto Anonimo Valeslano, il quale si arresta all'epoca teodorlcana. Il De Rossl, secondo il suo sistema di calcolare i Consolati, fa che la morte d'Alboino cada appunto nel 5'73, a cui era stata !ri assegnata dal Bacchini, Agnelli libe,. pOtlti/. Mlltinae, 1708, ll , 142 segg.

V. Le tradizioni Longobarde sull' origine di quel popolo e sul loro stabilimento in Italia, furono dapprima scritte dall' anonimo autore dell' Orio gentis Lanobardorum, che fu una delle fonti di Paolo Diacono, L' Oriqo (che non l'i si conserv che in fronte all' editto eli Rotari, era stata trascurata dal Muratori il quale la credette desunta invece dalla historia paulina) venne posta nella sua vera luce dal Bethmann (2). Fu composta da un longobanlo
il) Cfr W. Watl.enbach, DeutlcAlam Gelchichtsqutl/en, 4 Anf" Il,40'7. BerIin, 1878. (2; lue (jelchlchlschl'tlbulIg der L!wgu/n'rdell nell ' .11chiv~di I'ertz, X, 35U

segg. e

.~60-1.

Hannover,

18~9.

409
verso il 670 (I). L' Or(qo parla (li Alboino. e nomina Zangrulfo duca di Verona (fine ciel VI secolo) (2).
Manoscritti:
di Madrid regio D 117, del sec. X. Cavense, n. 22, 8t>C. XI. Modenese, Arch. Canon., sec. IX e X.

Edizioni:
Baudi di Vesme in Mon. /tist. patrtae, V, 5. Cfr ivi, LXXI-LXXXII. Aug. Taur., 1855. Troya, Cod. dipl. long., n. 313 (da Baudi di Vesme). Bluhme, in sr. G. H. Leges, IV, 641-7. l'od. Dipl. Cavensis, III, codice legum, p. 5-17 (testo del Codice Cavense, colla riproduzione dell'l'dizione di Baudi di Vesme). Waitz, in Script. rer. Lang. et Ital., p. 2-6 (Hann. 18'18). EdizionI' critica colle varianti dei tre codici.

VI. Dal Codice di Madrid A 16, sec. X, Giorgio Waitz public (Scripl. rer. Lang. et Il., pago 188-9) il Calalogus prooinciaruni Italiae, di cui si era giovato Paolo Diacono, Hist. lang., II, c. 20 (3). Quantunque secondo il Waitz lo si possa credere compilato a Bobbio (monastero fondato nel (13), appartiene strettamente alla Venezia per la succinta descrizione che vi si fa di questa provincia, nella quale si ricordano le citta di Verona, Vicenza, Padova, Mantova, Aquileia, Cividale (cfr Paolo, II, 14). VII. Paolo Diacono, il grande storico longobardo, appartiene per origine alla nostra regione. Qui ne parleremo soltanto come storico, riserbandoci a dire delle lettere e dei ritmi ch' egli compose nelle classi Epistolae ed Antiquitates.
(1) Wattenbach, I, 135. (2) Le notizie dell' Origo sono ripetute nel Clir. Gallian., il cui compilatore non conosceva Paolo Diacono. Di questo non si ha che UII unico Codice a Gothn del secolo XII.

Ediz io Il i :
Rltter, Cod. Theod., II, prnef. p. XII. Lips. 173G. Baudl di Vesme, op. cit., p. 181. B!uhme, op. cit., p. 641. Waitz, Script., p. 7-11. Secondo il Bethmann (Archi1', X, 3(5) il Cliron. fu scritto fra l' 807 e l' 810. Cfr anche Wattenbach, I, 135. (3 1 Cfr Bethmann, Paulus Dtaconus Leben und SChrijlen nel citato Arckt,

X,SHi.

410
Delle fonti per la vita di Paolo parl diffusamente il Bethmann, Paulus diaconus Leben und 8cltri{len (1). Esse sono: 1) primieramente i suoi scritti (massime la storia longobarda; la cronaca dei vescovi di Metz; le lettere ad Adalberga, Adelardo, Teudemaro; le poesie ad Adelberga, a Pietro da Pisa, a Carlo Magno. 2) r indicazione nel necrologio di Montecassino (Cod. Casino 47, intorno a cui cfr Biblioth: Casin., II, 18 segg.) prima ediz. Gattula, Hist. Cas., I, ed ultima edizione in P. Del Giudice in Rendiconti del r. Istit. Lombardo, ser, II, t. XIII, p. :349. Milano, 1880) che ne segna la morte al 13 d'aprile. 3) l' epytaphium Pauli Diaconi scritto dal suo scolaro e monaco cassinese Hildrick.
Questo conservasi nel Cod. Cassinese 353 (gi attribuito al secolo X [cfr Bethmann, X, 250] ed ora [dai monaci cassnes e dal dotto Th. Sickel: cfr Waitz, Script. rer. Lan,. et It., 23] alla tlne dell' Xl). Bdizioni: G. B. Mari note a Pietro Diacono, c. 8. P. Gattula, m. Casin., I, 1,26. Mabillon, Annalel, Il, 716. Muratori, R. I. S., l, 402. Lruti, Not, de' letterati del Friuli, I, 180-1. Migne, Patrol. XCV, 429. Dahn, Paulul Diaconus. Lelpzig, 1876, p. 103 (n. XXXI). Waitz, Script. ecc., p. 23. Tale epltafto che si ebbe sempre come una delle fonti pi importanti per lo. vita di Paolo, venne dal Dahn (p. 9) riguardato come falso. Questi appoggia Il suo giudizio sopra gli errori in cui cade Hildrick pr-r quanto riguarda il viaggio in Francia e la monacazione di Paolo. Tali errori del resto erano gi noti al Bethmann (X, 250). L'ipercriticismo del Dahn che in Italia fu fatto rilevare da L. T. (Arell. storico lombardo, 30 settembre 1876, p. 681-4) In questa speciale questione fu combattuto dal Waitz (op. e loc, cito e prima in Gtt. Gel. Anz., 1876, p. 1515), e Ernesto Dtimmler (Neuel Arellif), IV, 112) e ultimamente da P. Del Giudice, in Rendiconti del r. Istituto Lombardo, serie Il, t. XIII, 343-4. Milano, 1880.

4) Giovanni Diacono (Gesta episc. Neap. in Murat., I, 2, 310, ed in Waitz, Script. ecc., p. 425, lino 30) appena lo ricorda t! cosi pure 5) Erchemperto, C. 1 (Waitz). Pi diffusamente ne discorrono: 6) Anonimo Salernitano (in Murat., VII, 144, 150) del sec. X ex. 7) Leone d'Ostia (ultima edizione in Pertz, 88., VII, 591), del secolo XII inc.
(l! AreAifJ, X, 247 segg.

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8) Giovanni da Volturno (Murat., 1, 2. 326 [:365]). 9) Pietro Diacono, de ortu et obitu instor. Casin., c. 25 ldal Salernitano], e deviris m. Casin., c. 8 [da Leone d'Ostia], del secolo XII.
Questi ultimi cronisti ci parlano con troppi ed in parte inverosimili dettagli intorno alla dimora di Paolo In Francia, onde non solo il Dahn, ma anche prima il Bethmann (X, 252), e quindi il Waitz (Script., p. 24) negano fede ai medesimi. Se in qualche punto si possa temperare il giudizio loro, lo vedremo in seguito. Gi il Mabillon (Ann., t. Il, lib. 24, 72) dubit delle narrazioni del Salemitano, nel che fu seguito dal Tiraboschi, III, 185 (Modena, 17'13).

Tralascio le fonti affatto secondarie (Romualdo Salernitano, Sigeberto di Gemblours (1) ecc.), sulle quali cfr Bethmann, I, 251-2. Intorno ad .Ugo Floriacense (M. G. Il., IX, 363) cfr Del Giudice. loc. cit., p. 347.

Cenni biografici.
Della vita di Paolo si occuparono diffusamente : G. B. Liruti, Not. de' letto del Friuli, l, 163 segg. Venezia, 1760. Tiraboschi, St. della letto ua., III, 184 segg. Modena, 1773. L. Tosti, Storia della Badia di JIonte eauino, l, 31 (si appoggia al Tiraboschi). Bethmann, Pau/fU Dtaconu Leben und 8cllriften in AreAi!), X, 247 sego Berlin, 1849. . Abel, o Paulu DiakOflul und die iibrigen Gelcliic1J,cllreiber der Langobarden, Berlin, 1849 (colla versione della Hilt. Lang.). Luc. Miiller in Neue Jalirb. fiir Plulol., XCIll (1860) p. 561. F. Dabn, Paullll Dtaconu. Leipzig, 1876. W. Wattembach, op. cit., 4 auf. pago 134-140. Waitz, avanti all'edizione della Bilt. Lang. nel volume degli Script. rer. Lang. Hann., 1878 (2). P. Del Gludiee, Lo storico dei Longobardi e la critica moderfla in Rendiconti del r. lstt, Lomb., ser. Il, t. XIII, p. 338 segg. Milano, 1880.

Leupchis avo di Paolo fu tra i longobardi discesi con Alboino in Italia allo epoca della conquista, e forse era fra i compagni di Gisulfo, costituito tosto dal re a duca del Friuli. I figli di Leupchis furono nel 610 condotti in ischiavitu dagli Avari (IV, 37): il minore dei fratelli pot ritornare in Italia e pervenire ad domum in qua ortus fuerat . Quivi (a Cividale secondo i pi dei vecchi eruditi (3), o almeno nei suoi dintorni: Dahn, p. 8) verso il 720-730
(l) Ed. Bethmann, in !d. G. SS., VI, 300. (2) Francesco di Manzano, Annali del Friuli. Udine, 1858, 1, H9, 2H, cita una vita ms. di Paolo Diacono, scritta da Marcantonio Nicolettl. (3) Mabillon aveva pensato ad Aquileia, polch Hlldrlck dice che Paolo na-

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ebbe egli a figlio il nostro Paolo. Pochissimo sappiamo sulla giovi. nezza di quest'ultimo. Egli stesso ci dice (II, 28) d'essersi trovato in Pavia, alla corte di Rachis (7H.9); forse col ud le lezioni di Flaviano che pu aver insegnato nell'aula, al pari dei di lui precettore Felice vissuto al tempo di Cuniberto. La servit di Paolo verso la famiglia regia appa!isce dal primo carme che di lui ci resta, scritto nel 71n, che tratta de annis a principio e che diretto ad Adelperga figlia di Desiderio e moglie di Adelchi di Benevento. Ad essa dedic la sua Hisloria Romana fino a Giustiniano, nella lettera dedicatoria promettendole di continuare la storia ad nostram usque etatem . Quest' ultima frase mostra che tale compilazione anteriore alla cauta del regno longobardo, 744, poich la prigionia di Desiderio sarebbe stata un tema troppo triste si per Adelperga che per Paolo. Arichi, fratello di Paolo, venne infatti condotto prigioniero in Francia, ed i heni famigliari furono confiscati. Dopo aver lamentate le sue sventure nel carme Verba tui famuli (782), Paolo recossi personalmente alla corte di Carlo Magno. Allora egli era gi monaco, come risulta non tanto dall' attestazione di Sigeberto di Gemblours, quanto Jalla lettera che dalle rive della Mosella (783?) scrisse a Teudemaro abate di Montecassino. Quando sia entralo nell' ordine ecclesiastico assai dubbio. Mentre il Wattenbach e il Waitz credettero che possa essersi recato a Montecassino al seguito di Rachis, o in occasione (Iella venuta in Benevento di Adalperga, il Dahn richiamando in vita alcune congetture di Mabillon (Annali, XXIV, 7;3) ritarda la sua monacazione fino alla catastrofe di Pavia. Lo segue il Del Giudice {op. cit. 346). Solo supponendo che sia assai tardo il suo ingresso in convento pu credersi che abbiano un fondo di vero le notizie almeno esagerate, dei pi tardi biografi, secondo i quali, Paolo fu alla corte di Desiderio, amico anzi notaio del re (1). Alla corte di Carlo fiorivano in qualche modo le lettere, Nel ciclo di letterati che circondava il futuro imperatore entr Paolo, e ci restano vari carmi da lui dique ('I ubi saepe Timavi I Amnis habet cursus . Cfr Bethmanu, 255. Ma veg'gasi Liruti, Lett., I, 164, secondo Il quale il Timavo qui ricordato solo come il pi celebre fiume friulano. - Adesso il Wattembacb (I, 136) si limita egli pure B dirlo nato nel Friuli. Egualmente nella I ediz. Berlin, 1858, p. 96. - Per Cividale sta L. T. nell' ArdI. Lomb., l. C., p. 683, ma P. Dci Giudice (op. eit.) segue i tedeschI. (l) Il documento dico 761 Pavia, recato dal Tosti (1,93): " Paulus notarius et daeonus falso. Bethmann, p. 256.

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retti a Carlo. ed alcuni altri che questi gli mandava in risposta. Naturalmente non era Carlo che verseggiasse, ma sibbene maestro Pietro da Pisa. Ritornato Paolo Diacono in Italia, si chiuse nuovamente nel monastero di Montecassino, ad attendervi esclusivamente agli studi (1). In Francia aveva scritto le vite dei vescovi di Metz, ed in Italia diede compimento al suo vecchio pensiero di narrare le gesta della sua nazione nella Hist. Lang. Che quest' opera sia stata composta a Montecassino apparisce dai luoghi I, 26; VI, 39. Non condusse a termine questo grande lavoro, essendo stato colpito dalla morte verso il 795 (secondo la congettura dal Dahn, p. 75: avanti al 787 la stabilisce il Bethmann, X, 272, contro il Mabillon che aveva proposto il 799: al pi tardi nel 799 dice il Del Giudice, p. :349).

Bibliografie. Numerosi furono coloro che attesero a raccogliere la bibliografia paolina.


Accenno ai principali eruditi che, dopo Leone Ostiense (lib. l, c. 15, ap. Pertz, M. G. H., 88, VII, 591-21, autore del pi antico catalogo delle opere pauline, si occuparono di tali ricerche. P. Arnoldo Wion, Lignum vu, Il, ;99. Giambattista Mari, nelle note a Pietro, continuatore di Leone Ostlense. Angelo de Nuce nell'illustrazione a Leone Ostiense 1,15 (prima edlelone. Lut. Pars., 1668). Casimiro Oudin, De Icript. ecct., I, 1923-33. Francorurti ad M. 1722. Fabriclus Bib!.H'. et Inf, Lat., ed. Mansi, V, 210-4. Patavii, 17M (la dedica 1736). G. B. Liruti, Notizie de'letterati del Friuli, I, 182 segg. Bethmann, in Arcllil', VII, 2i4 segg. e X, 288 segg , Tosti, Storia della Badia di Munte Cassino, I, 31 segg. Pallmann H., GelChichte d. V'l1urnand., li, 56 segg. Weimar, 1864. Potthast, Bibl. hilt. Jf. Ae., p. 484 segg, e 8uppl., p. 104. Dahn, PaulUI diacollul. Leipz. 1876 tal principio). Waitz, in G"tting. gel. Anz., 18;6, p. 1513 8I'gg. Wattenbach, l. c. E. Diimmler, in N. Archi!', IV, 102 segg. (a. 1878i.

Opere storiche ed ecclesiastiche. Parleremo meno stringatamente delle prime che non delle seconde ;quest' ultime infatti solo indirettamente possono considerarsi come fonti storiche.
(1) Intorno all' iufluenza di Paolo sull' educazione letteraria dei monaci caso sinesl veggasi W. Giesebrecht, de Itudio titt. upud Itatos. Ber., 1846 (1845). L'epitafto per la morte di Aricllis di Benevento (t 25 agosto 78'7) fII scritto senza dubbio ili ltalia ; a quest' epoca dunque Paolo aveva gi lasciata la Francia.

2'7

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t. Hisioria Romana. Giunge fino alla venuta di Narsete in
Italia. Che sia incompiuta, lo dimostra anche la nota con cui essa si chiude, nella quale Paolo promette di narrare il seguito delle gesta di Giustiniano in sequenti ... libello .
Come per primo not il Mansi .n Zaccharia, Jter litterarium pel' Italiam. Venet., 1762, p. 19), Paolo riprodusse per intero Eutropio, Inserendovi le aggiunte. Onde il Mommsen credette che Paolo abbia inserto delle schede tra i fogli di un Codice d'Eutropio, le quali poi sarebbero state da un copista trascritte insieme al testo dello storico romano. Dopo del Mommsen (Hermes, XII, 408 ', parl delte aggiunte Paoline il Droysen nella prefazone (p. XXXVIII segg.) della sua edizione. Paolo stesso cita le sue fonti: Orosio, s. Girolamo, Jordanis, Solino, Frontino, Prospero, Beda, Isdoro, Aurelio Vittore, i Gesta Pontiflcum, ecc. Il numero e la natura di queste fonti suggerirono al Waitz (SCl'ipt., p. Il) l'osservazione, che opera di tal fatta poteva essere scritta pi agevolmente in un convento che non altrove. Diversamente il Dabn, p. 19-20. Il Bethmann (X, 308) la credette scritta 766-782, ed il Dahn (p. 14) 766-774. Quest'ultimo limite (sebbene al Waitz non sembri sicuro) lo credo accertato dalla riferita osservazione del Dahn. In genere per la Hist. Rom., cfr Waitz in Foruhungen zur d. Gesch., I, 4, H. Droysen, Zusammensetzung del' H. B., ivl, XV, 167180. G. Bauch, Giitt. Dis: , 1873, e Wattenbach, l, 136. Manoscritti: Estese descrizioni di ms. diedero il Betbmann, X, 309-311 e quindi il Droysen (Praef. XXIX-XXXI). Riferisco i prlnr-ipali Il!') Droysen: Bamberg. E., III, 4, 513, del sec. IX-X. Vatc., 33:l9, sec. Xl. Berlinese Lat., 4, I, sec. XIII. Laurenz., LXV, 35, sec. Xl. Vaticano, 7312, sec. XII. Monacense, Aug. 16, n. 3516, sec. XI. G. Waitz (N. Archi!), in, 217) dieye conto del Cod. Bernese 196 (sec. IX-X), d'altro codIce assai tardo parI asi in N. Archiv, 111,424.

Quest' opera venne da Paolo dedicata ad Adelberga di Benevento coll' epistola Cum ad imitationem ). Le invia la storia di Eutropio, colle aggiunte da lui introdottevi desiderate dalla duchessa. Come abbiamo veduto l'epistola (p. 412) devo essere scritta anteriormente alla caduta della dinastia longobarda; non anteriore al 765 per quanto osserv il Bethmann, X, 2<J7.
Manoscritti .Nessun Codice risale al secolo XII; trascritta da Leone d'Ostin, I, c. 15. Cod. Perugino, H 75, secolo XIV. Viennese, 104, secolo XI\'-X\'. Laurenz., 89, inf. 41, sec. XIII ecc. Cfr Betbmann, I. c. Edizioni: Champollion Fgeae (Amatus), L' Ystoire de li Normont. Paria, 18$ preface ;dai Cod. Parig. 5ROO, 4960 B, 2320).

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Papencordt, GelcA. dtr fJafldali,cefl Het'.cAaft ifl Afrila, 188'7, p. 399 (dal Cod. Vat., 4853. Ottobonl 1702). Hartel, Efltropifll flfld Pafll diac. Berlln, 18'73 (dal precedente). Endlicber, Hafldlclariftefl d. Wien Dibl., p. 305 (dal Cod. Vfen. 104~. Waltz, in ArcllifJ (del Pertz), IX, 6'71>. Dabn, Paul, diac Lepslg, 1870, p. 77-8, n. III. Dr0YBen, nell'ediz. della Hist. rom. Berolini, 1879

L' hist. rom. fu continuata da Landolfo Sagace (fino all' 813), in un opera che solo pi tardi prese il nome di Hist. Miscella.
Edizioni (1). Distinguo l'Mlt. Mllcella coll'asterisco.

Roma, 1471 - Mediol., 1475 - Ven., 1489 - Paris., 1512 - Ven., 1516 - Fior., 1517 - Basil., 1518 - Ven., 1519 - Ven., 1521 - CoL, 1527 - Paris., 1531 - Basil., 1532 - Basil., 1569 - Francof., 1588 ed. Oothofr., 1591 - Lugd. Batav., 1592 - Lugd., 1593 - In~018t .. 1603 -- Aurellae Allobrog., 1609 - Hanoviae, 1611 - Ebroduni, 1621 - Amsterd., 1625 - Amsterd., 1630 - Lugd. Batav., 1648 - Lugd. Batav., 1677 - ed. Gotbofr. 1684 .- Muratori, I, I, 179-185 (colla continuazione tolta dal Codice Ambr. 85) - H. Droysen, Efltropi BrtfJiarium cllm rerliOflib1l, et cOflUfiflatlonibfll. Berollni, 1879 (forma il 2 volume degli Auct. Afltlqflill. ne' nuovi M. G.).

2. Vaa s. Gregorii Magni. Paolo stesso la ricorda nella Hist, Lang., IlI, 24, dove afferma d'averla scritta iam ante aliquot annos )t.
certo ch'egli la compose a Roma. Secondo il Dahu ci avvenne dopo il ritorno dalla Francia, e non prima del 773. Ma non d ragioni sufticienti a questa opinione. compilata quasi unleamente dalle opere di 8. Gregorio e di Bt>da (Dabn, 56-7).
Manoscritti': Cassnesl, 110, 145, 146, di Conehes ecc. (cfr Betbmann, 9(6).

Ed,ziofli principali:

Rembolt, I. Gregorli opera. Parls., 1618. Acta 88. Boli., 2 Martii, p. 130. Mablllon, Acta 88. Ord. I. Bened., I, 385. id., Analecta, I, 319. 8. Greg. M., Opera, edd. Maurini. Parla, 1706 (Ven., 1'7'76).

3. Gesta episcoporum Metensium. Paolo stesso ci dice (Hist. Lang., VI, 16) di avere scritto questo opuscolo a preghiera di Angelramno arcivescovo di Metz.
Etl80 va posto al tempo della sua dimora in Francia, e secondo Bethmann fArd., X, 906) fu acritto 789-6. :1) Per le vecchie l'dizioni vellgasi Betbmann, X, 3113 (da cui fotthast i86),

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Manolcritti : Parigino 5294, sec. XI o XII. Bibl. Comunale .n Brema, C. 36, sec. X (I!. Bdizioni: Marqu. Freher in Corpo Ailt. Frane. Franc., 16Oa, I, 171 (!lenza g-li epigrammi]. Duchesne, 8cript.franc., 1636, II,2015 !fraKm. ChI'8n.). Bibliot. Patr. maeima. Lugd., 1677, XIII, 329. Calmet, Hist. de Lorraine. Naney, 1728, I, preuv., p. iii (senza epigrammi, da un Cod di s. Arnolfo di Metz). Bouquet, Recuei], V, 190-4,649. Pertz, sr. G. H., SS, II,260. Hann., 1839.

4. il libro intitolato Vzia o Miracula s. Arnulf (vescovo di Metz t 632) dapprima attribuito al Beda (Op., III, 15:"3), fu dal Surio (16 agosto) attribuito a Paolo Diacono.
Riprodotta da Pietro Piteo fra gli storici di Francia, e negli Acta 88. Boll., 18 luglio, questa vita venne data in luce anche dal Mabillon, Acta 88. Ord. I. Ben., Il,158. Il Bethmann (seguito dal Dahn) peraltro non credette legittima questa attribuzione, e giudic che l'opuscolo abbia avuto per autore un contemporanoo di 8. Arnolfo, e sia stato anzi una delle fonti di Paolo iHist., VI, 15. Gesta, p. 324). Lacch era stato veduto precedentemente dal "ossia (De !list. Latinis, lib. 2, c. 24) e dall'Oudln, 1,1926. Anche Labbe (8cript. Bccl., Il, 170), dubitava dell'asserzione che il nostro Paolo avesse scritta una speciale vita d' Arnolfo.

5. Homiliarius (intorno al quale parla lungamente l' Oudin, 1930-2). Coll' enciclica Cum nos divina semper Carlo Magno ordin Paulo diacono familiari clientulo nostro di compilare una raccolta di varie omelie di Padri per ciascuna festivit dell'anno.
8.

Dell' enciclica il ms. pi antico quello di Carlsruche, 173 (XXIX) f. 3, del IX. Pertz, M. G., Legel, I, 44-5; Jatf, .Ilon. Caro in Hibl, rer. Oerm., IV, 372-4. Cfr in Liruti, Notizie de' tett, del Friuli, I, lH4 <, Caroli M. praefutlo ad Homil. Pauli dine. Quia ad noctnrnale officium compllatas -. Che il Paolo diacono delI'encclica di Carlo sia il nostro, deducesi anche dal confronto col carme .. Summa apici" di cui parleremo a suo luogo (veggasi Bethmann, X, 301-:1) (2).

De'manoscritti dell'omliario il pi antico quello di 81. Wandritte, sec. IX (Perta, 88., Il, 296. Bethmann, X, 302).
(I) Quest'ultimo Codice, di cui rese conto E. Diimmler, N. ArcA., III, 187-8, non fu ancora adoperato (2) Nella versione spagnuola, Valentiae 1552, l' umil. l'rasi attribuito ad Alcuno. Lo restitu\ a Paolo il Fabricio, edizione ct., \',210. Non conserva nessun dubbio neanche il Wattenbach, I, 138.

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Edizl'o.;:
La principale fu publlcata da Pietro Drach a Spira 1482. Merita speciale menzione quella del Colinus, Basil, 1557. Sull'Omiliarius in generale vPll'gansi !l'li studi di Ebrard, in Voyage lit, de deue l'eligieu:c Untd., l,56 (a. 1717). E. Ranke, Zur Geschicllte des Hunuliarium Karl des Gr. (in Theol. Studien und Kritiken, 18[\5, p. 382-96\.

H. lIomiliae di Paolo.
Cfr Pietro d'Ostia de oir. ili. 8 che ne cita :iO .rna con orrore, Bethmann, X,
:102) (l).

a) de sancto Benedicio.
Manoscritu: Cassn., 453, 473, ecc. Ddizioni: Mabillon, Ann. G. S. se. 1,674. Migne, Patr., t. XC\'. Anche il Dahn (op. cit., (9) la crede autentica.

li) dc ascensione s. Mariae.


Manoscritti: Cassin., 98, 100 ecc. Ddizioni: Martne, Coli. IX, 26'7-2iO. Migne, t. XCV. Dahn, p. 69 dubita dell' autcnticit.

c) intravit Jesus

lt.

Manoscritti .' Cassin , 34, 98, ] Ol. Ddizioni: Martne, Coli., IX, 270-6 (dal Cod. II. 101'. Mai, Script. cet, n. Cott., \'1, praef. p. :l5. Tosti, Stort di Jfonte Cassino, 1842, I, 106 111011 406 come ha \I Bethmann 3031. Migne, XCV, 1569, Ribl. Casinensis, III, fiorileg., 52-3 (dal Cod. n. 98 Dahn (p. (9) dubita.

d) de Matth., XX, 31-2.


Manoscritti: Cassinesi, 100, 109 ecc. Ddiz;oni: Tornm. Galletto, Opusc. Patrum. Lugd., 1615, p. Magna bibl. patr., XV, 834 sa: pat,.. max. Lugd., XXVII, 484. Migoe, t. XCV. Daho dubita.
Il) l'ci ms. Bethmann, 001-2.

~iJO

.,

418
7. Expositio in reulam s. Benedicti.
Jfano,critti: Cassin., 352, del sec. XI, 3r,2, gi attrbuto al sec. X, ora stimato della fine dell'XI (Per altri rns, cfr Retbmann, X, 3(0). Bdizioni. Solo il principio ne publle il Tosti (I, 101 se~II;.), sostenendo (p. 100) contro Angelo de Nuce e contro il Mabillon che la e:r;p~'itio veramente del nostro Paolo. Non solo il Bethmann, ma anche il Dabu, non dubita di ascrivergliela.

8. La Historia Lanqobardorum scritta da Paolo in Montecassino (I, 26; VI, 39) dopo il suo ritorno dalla Francia (1,5; n, 13; VI, 16) di gran lunga l'opera sua pi importante. Comincia dalle , origini del popolo longobardo e giunge fino alla morte.di Liutprando; senza dubbio fu la morte che gli imped di finirla e di limarla ; lo stile infatti della historia, se crediamo ai codici piu antichi rappresentati nelI'edizione Bethmann-Waitz, di gran lunga inferiore a quello dei carmi (1). Dahn (p. 58) la crede cominciata verso il

786-7.
Fonti di Paolo furono (ofr Bethmann, 314-5; R. lacobi, Die Quel/m d. Lan. gobardtngelCA. d. Pau. diac., Halle, ]877; Waitz, Script., pago. 2rHl; id., ZIIr Proge nacA den QUlllen der Hist Long. in N. Archi!', V, 717 segg. [anno 1880J; Th. Mommsen, Dte Que/~n de, Longobardengnchicllte de, P. D. ivi, V,53 segg.): la Origo genti, /allgob.; ediet. Rotbaris; Secundi tridentini epi bistorta Langob. ; s. Gregor.o di Tours; Bedae ehronca ; Gesta pontiflcum ; alcune opere di s. Gregorio magno (2) (speoalmente i dialoghi}; Eugippil, vita s. Severini; Catalogna provinciarum ltaliae; Aulperti vita Paldonis et Tesonts : Marco Casnese inno li s. Benedetto; Catalogna regum Langob. et princlpum Beneventi; Catalogua patriareh. Aquil., Plinio, Vergilio, Servlo ecc. Paolo (1,25) cita anche Il Codice Giustinianeo. Recentemente ebbesi uua polemica fra H. Fitting (J"ri,t. 8chrifutl de,fraAe" Mitte/alter,. Halle, 18i6. pago 103: NeUl' Archir, III, 399-401) e Th. Mommsen (."1. Arc/iiv, IlI, 185-6,401-2) sull'origine di quest'ultima notizia.

La storia della Venezia ha una larghissima parte nell' opera di Paolo. Narrata la discesa di Alboino e la costituzione del ducato del Friuli nella persona di Gisulfo (II, 6, 9), tocca di Felice vescovo di Treviso, cui Alboino conferm i privilegi per suum pragmaticum (II, 12). Tutta la Venezia, eccetto Padova, Monselice e Mantova, cadde tosto nelle mani del conquistatore (II, 14), il quale venne poi ucciso dopo il famoso convito di Verona (II, 28). Il miracolo dell' acque che in una innondazione si fermarono alle finestre
(I) Tratt di proposito la questione linguistica il Waitz, Ueber die hofld,cllrlft. Ueber/ieferung und die 8praclle der Bi,t. Long. des Pa,,/", in N. Arcllif7, 1,53S segg. (2) Sull' uao fatto da Paolo dell'epistole gregoriane cfr P. Ewald in Ne,", ~reli", III, sso.

419
della chiesetta di s. Zeno (1i ottob. 585?) narrato (III, 23).secondo il racconto di s. Gregorio. Lo scisma dei tre Capitoli, da cui origin la definitiva divisione delle sedi di Aquileia e di Grado, accennato in III, 26, dove Paolo parla della morte del patriarca Elia (t 586. Cfr Hefele, Concilienqesch, 2 Aufl., II, 917-8) cui successe Severo, il quale, condotto dal patrizio Smaredo a Ravenna, vi condann i tre Capitoli. Ma ritornato a Grado, torn ad accettarli nel conciliabolo di Mariano o Marano. Il matrimonio di Autari con Teodolinda in Verona (589?: III, 30), !'invasione dei Franchi nelle montagne trentine e veronesi (590: III, 31), la ribellione di Zanguolfo duca di Verona (IV, 13), la presa e la distruzione di Padova (IV, 23), !'invasione degli Avari nel Friuli (610: IV, 37), le diuturne guerre sostenute dai duchi del Friuli contro i barbari invasori (IV, 38-50; V, 17, 19-24), la occupazione di Grado (IV, 17), la guerra nel vicentino e nel friulano tra Cuniberto ed Alachi (V, 39), la rivolta di Rodaldo duca del Friuli (VI, 3), le guerre dei duchi Ferdulfo, Panno, Rachis (VI, 24, 25, 45, 52), sono appena alcuni dei principali fatti rammemorati da Paolo che pi interessano la Venezia. Quindi che a partire dai Cronisti medioevali, tutti gli storici speciali delle varie citt si occuparono di Paolo. Bethmann (Arch., X, 316), che conduce le sue ricerche in proposito fino alla met del secolo XV, fece gi menzione di Giovanni Diacono (Sagornino) (1). Andrea Dandolo non solo lo trascrive, ma ne cita anche il nome (2). Che G. B. Pagliarini (3), che fu il pi antico storico vicentino, e che visse alla fine del secolo XV, abbia conosciuto direttamante Paolo, cosa improbabile, come bene opina il prof. B. Morsolin (4), il quale studi il modo con cui di Paolo fecero uso i vecchi storici vicentini. Egli non dubita che l'abbia conosciuto Giacomo Merzari (p. 23) fiorito un secolo dopo del Paglierini. Quanto a Treviso certo che nel sec. XVI l'ebbe a mano Giovanni Bonifaccio, Hist. trioiiana. Trivigi, 1591, pago 78 (ediz. prima) il quale ne traduce anche un brano: La parte settentrionale della terra essendo dall'ardor del Sole rimota, et al ghiaccio et alle nevi esposta ... (5).
(l) crr G. B. Monticolo nell' ArchifJio Venetv, XV, 2-3,41. (2) Simonsfeld nell' Arch. Ven., XIV, 141. Montlcol0, loc. cito (3) Or. di Vie., 1653. Il testo originale latino sta ms, nella Com. di Vicenza. (4) Al/erilio cotlte di Vicenza, cimelio dell' et del RinaICimento. Vicen., 1880. (5) Conobbe Paolo Diacono quel Leonico della Torre che fu Cancelliere del Comune di Treviso dopo la met del secolo XV, e lasci una storia ms, di cui parl il prof. L. Baito nell' ArcMfJio Veneto, XVII, 403-4.

420
Quanto a Verona, il notaio Torello Sarayna non l' us per le sue Historie e fatti de Veronesi. Verona, 1542, ma l'ebbe alle mani Girolamo della Corte al finire del secolo stesso (1). Tralasciando le opere posteriori e d'interesse generale ricordo soltanto il Maffei (Ver. Ill., I edizione. Verona, t732, 501 segg. libro X) il quale esponendo i fatti narrati da Paolo che riguardano Verona, neg che Alboino, come imperito nelle lettere, abbia potuto ratificare i privilegi delle Chiese di Treviso. Gli si oppose mons. Rambaldo degli Azzoni Avogaro, in N. Raccolta d'opuscoli Caloger-Mandelli, IX, 405-453. Venezia, 1762. Altro scritto d'interesse speciale quello di G. G. Orti, Osservazioni sopra alcuni passi di Paolo Diacono relativi alla storia di Verona. Verona, 1827, ops, di p. 14 in 8.

r.

Maflo8crltti :

Descrissero i numerosisslm ms. prima il Bethmaun, \"11,214 segg. l' X, 317-9 e quindi assai pii! ampiamente \I Waltz (nella praef, alla sua edlz., p. 28 seg.) fundandosl in parte anche Bulle schede lasciate dal Bethmann. (;eutosette codici furono esaminati per la nnova edizione, fra' qnalil pio antichi sono: 1. ABllIBI, sec. VlII e X (cfr Waitz, in N . .ArcA, I, 537), fram. - 2. Cividale, secolo IX -- 26. Lipsia, biblioteca civ., I, 60, sec. IX-X 32. Vaticano, reg. Cristina, num. SOl, secolo X - 48. Fiorent. Laurenz., LXV, 34, sec. X-XI - 52. Snngallense, 63:>, sec. VIII-IX - 66. Giessen, 688, sec. IX - 67. Cassel. bib. fol. 6, seeolo IX -68. Heldelberg, Palat., 912, secolo IX - 70. Cheltenham, 1885, secolo IX - 73. U1traject., 28'7, sec. X - 74. Haagen, 90'7, 8llC. IX ex. - 78. Treveri, 1142, sec. X. Bdiziofli: Parts., 1514 - Augustae, 1515 ._. Basil., 1532 - Ludg. Bat., 1595 (cur. Lndebrogrusj, ripetuta Hamb., 1611, Lugd. Bat., 1618 - Hanoviae, 1611 - Amste!., 1655- Lugd., 167'7 (in Bibl. max. patr. XIII, 3'.32 segg.) -Muratori (Orazio Bianchi), I, 1,397 [Bouquet, 11, 634 soltanto estratti) Migne, Patr., XCV. Parts, 1861 - Waitz, in Scrlpt. rer. Lall' et Ital., p. 45-187. Hann., 1878.
Ver8iofli:

ltaUane ms. Torinese di cui il Bethmann, X, 318.


Lud. Domenici Veneala, 1548, 1554, Milallo 1631. Quirico Viviani. Udine, 1826. Tede8clte C, di Sprunner. Hamburg, 1878. Otto Abel. Beelin, 1849. Franu.e del Faubert. Parla, 1603. Per gli estratti e simili veggaai Bethmenn, p. 536 seg., Potthast, p. 485.

(1) L'/8toria di Verolla, I, 120 segg. Verona, 159t

421
La historia di Paolo ebbe continuatori ed imitatori (4) che solo indirettamente c'interessano. Prima pu ricordarsi Andrea da Bergamo
(intorno al quale: Bethmann, Arch., X, 367-70; Wattenbach, 1,250 1 (2): la sua cronaca (dopo la ediziono del Menken, 88., I, riprodotta dal Muratori, Ant. i) fu ripublicata dal Pertz (M. G. H., 88., nr, 231) e poi dal Waitz (8crlpt., 221-30).

Quindi va menzionato Erchemperto


(intorno al quale: Bcthmann, 374-5; Wattenbacb, I, 24S), il cui scritto venne stampato criticamente dal Pertz, M. G. H., 88., III, 241 segg., dal Waitz, p. 234-64. Prima edizione: Caraeeioli, cllronol. antiqfli tre, 1626.

Delle altre continuazioni od imitazioni sono per noi abbastanza importanti: a) la Romana che va dal 774 all' 825 (824) e parla dell' assedio di Verona, difesa da Adelchi ed assalita dai Franchi.
Sua fonte sono i Gesta Pontificum, Conservasi nel

ManolC'fitto: Cod Romano l'al. 92~, scritto in Verona (circa intorno al lISI) nel monastero della ss. Trinit.

EdIzioni:
Grutero, Script, Mlt. (/ug., 1611, p. 1191. Paolus Diac., ed. Lludebrog, 1611. Fn-her, Corpulll;,t. Frane, 1613, p. 178. Duchesne, Script., Il, 206. Bibl. max. patrum. Lugd., 1677, XIlI, 332 (dal Freher) Muratori, 1,2, 183-4 (dal Freher), Bouquet, Y, 190; VI, 1'73. Waitz, Script, rer. Lang. I!t It., p. 200-3.

b) la IIlSt. Lang. Fiorentina, che accenna alla morte di Alboino:


Codice Laurenz. Put. S9 supero 17 del secolo X V. una compilazione tarda, edita dal Waitz, 8cripl., p. 599 segg.

Dei vari Catalogi che si per l'origine che per la materia si uniscono alla hist. paulina, uno ha il titolo di C~/alogus Venetus reum Lanobardorum et Italicorum,
Sta nel ms Vaticano Urbnate 4~0, p. 39, in cui abbiamo il CAron. ren. di Giovanni Diacono. Intorno ad esso cfr Bethmann, 40S-9. Edizioni: Pertz, 88., VII, 38. Waltz, in 8cript. Lang., 004.
(l) Nella citata edizione di Waitz, alla Aist. seguono: Epitomae, P: 1~-7. Continuationel, p. 198-220. (2) Per la caduta di Verona ha per fonte i Gest Hadl'irllli.

422
9. Bacepta ex libris Pompe Festi. Paolo dedic a Carlo
questi estratti tanto colla lettera Divine largitatis munere s (edita dal Waitz, Script. 19 dal Cod. Monacense 14734, sec. X) quanto col ritmo Multa legit paucis (riprodotto dal Bethmann, Archi X,321).
Questo compendio di Festo recentemente si volle attribuire ad un Paolo Diacono diverso dal nostro (da C. O. Muller nell'ediz. di Festo 1839, e dietro a lui dal Bethmann, 320-2). 11 Waitz (Script., pago 19) trov leggeri gli argomenti degll oppositori e ritorn all' antica opinione (difesa dal Fabrielus, V, 210). 11 miglior Mano,critto quello di Monaco 14734 del secolo X (Waitz, p. 19). L'ediziofU principe di Milano 1471 ; la migliore la citata del Nuller.

10. Collectio delle epistole di s. Gregorio I, dedicata ad Adalardo abate di Corbie colla lettera Cupieram dilecte mi ,..
g questiono se tale raccolta e perci anche la lettera dedicatoria, debbasi al nostro o ad altro Paolo Diacono. L'ultimo a trattarne fu Paolo Bwald (.N. Arcll., 11I,4724) il quale prepara una edizione critica del registro gregoriano; el!'li crede che non si abbiano argomenti decisivi Il in favore, n contro a qu ..Ila opinione. Un argomento contrario il silenzio che Paolo porta intorno a tale raccolta nella sua Vita Gregorii; un Iortissimo argomento a favore questo che nella Lang. lIi8t. tale raccolta non viene citata col titolo di cotlectto Pauli, ma semplicemente con quello di collutto. Mnfl08critl; : Per la lettera dedic. : Bibl. di s. Germano a Parigi, perduto (rubato
1791). Tredici Codici gregoriani appartengono alla raccolta pauliua (Becondo la descrizione dell' Bwald), dei quali il pi vetusto il parigino di s. Germano, n. 169, del secolo YIII. Edizioni della lettera dedic. : MabilJon, De re diplom. Paris., 1681, pag. 360 (con facsimile nella tav. IX). id. AfIIl. I. Benedieti. Paris., 1703-13, II, 284. Acta 88. Ord. 8. Bened. Lucae, 1739, 1,397. id. Tosti, Storia di Monte C(ll8ino, l. 341l (trad.). \"altz, ,Y. A rehir , l, 566. Dabn, Pau/o diac., p. 81.2, D. VI. Waitz, In 8cript., p. 21.

11. Ars Donati quam P. d. eoiposuit.


Opuscolo trovato 1846 da Enrico Keil, intorno al quale Bethmaun, AN'It., X, 319. Cfr anche Mal, 8pieil., V, 191.

t2. Glossae P. d.
Cito Mai, 8pie., v, 193. Cfr Bcthmann, X, 320, il quale dubita che lauture s di questa che dellaprecedente opera sia il nostro Paolu.

423
13. Vua et ob.
8.

Scolasucae.

Senza nome d'autore, ma probabilmente del nostro. Bethmann, X, 319.

14. Vita s. Petri damasceni, Vita s. Germani Constantinapolani, Oratia in transitu s. Petri Damiani de dimittendo episcopatu.
Opuscoli ricordati come inediti dal Mari: Fabrleua, V, 214. Cfr Lruti, Lett., l, 187. I due primi non sono che estratti dalla Rist. Mi8eella. Bethmann, 322-3.

.. 15. Vita (ovvero Miracula) s. Cypriani.


Cfr Fabticus, V, 212; Betbmann, X, 323.

.. 16. Vita s. Mariae &gyptiacae.


Cfr Bethmann, 323.

.. 17. Poeneniia Theophili.


Cfr Betbmann, 323.

.. t 8. De Papiensibus episcopis.
Dell' r-sistenza di quest'opera che il Galesani (.\ot. ad IIlart!/ro/.) afferm aver veduto, dubit il Muratori iPraef. ad Hist, Mi,eell.). Cfr anche Tiraboschi, III, Hl3 e Bethmnnn, 322.

Per semplice errore venne t'O attribuiti al nostro Paolo i seguenti scritti:

m. Treberensium (dal Mai, Sptcil., V, 209); Vitae patr/lm Bmeritensium, Antuerpae, 1638 (dal Liruti, Lett., I, 187 l. Cfr Fabricius, V, 214. Bethmann, 322,324.
Intorno a P. d. oltre ai lavori critici ricordati, noto (cfr anche Potthast, loc, cit.):
Bhr, Ge8ehieltte der ehri8tl. DicAter Ulld Guchicht8chreiber Roms, pagina 155. ~ Dahn, Zu Paulus diaconus in Dau8teille, Gesammelte ltle;nt $cAriften. Berlin, lt80, Zweite Reihe. ,Diinge et Mone, Pauli diac. Forotultensts de gesti' Langobard. in Pertz, Archiv, III, 226. Nagel, Laflgobard. Gt8cllichte dem Paulu8 Dtac. nachergiiAlt fiir die deutsche Jugend. Schlichtegroll, Demerito iibu die alt. Hamllcllr. d. Paulus diac. de ge8tis Lang. ;" d. nOn. Dibl. zu Miiflclaen in Pertz, Arcllo, m, 138. Schiitz, Comm. crtticus de ,criptis et script. M8t. (de ;neogn;tu compilatore Frellcriano), p. 332-'71. Sopra un Codice singolare di Paolo Diac0110 nel Saggiatore giornale romano di storia, edito di Achille Gennarelli e P. Mazio. Roma, 1846, V,130.

424
VIII, Da Paolo non pu staccarsi la Vita s. Anselmi Abbatis
Nonaniulani che illustra i prischi tempi (749-R04) di quel famoso monastero fondato da Re Astolfo, e di cui fu primo abate s, Anselmo gi duca del Friuli. \
Secondo l'opinione del Mabillon essa fu scritta in tempi assai prossimi alla vita di s. Anselmo, ma mons, Rambaldo degli Azzoni prov che non n sincera, n di quella vetust che le si attribuisce iCarta dell' Yl Il secoo ecc. nella N. Raccolta Calogera-Mandel1l, XXIV. Venezia, 1773). QUl!8to 0pUBCOlo non interessa la lltoria veneta se non indirettamente, cio solo per l'origine del santo (per la cui fJita opera fondamentale quella del Tiraboschl, Storia della badia di NOfiantlJla, t. I).
lldizioni: Acta 8aflct. Boli., MarUi, 1,900 (solo alcuni estratti). Mabillon, Acta 88. Ord. I. Ben., IV, 1,3. Ughelli, lt. soer, II, 101 (l ediz. del 1647), Il, 83 (ed. del Coleti).

Muratori, SS., 1,2, 189. Waitz, in 8crlpt. Lang. et lt., p. 567 segg. Intorno all'opuscolo in s stesso, cfr Bethmann, 385.

IX. Appena pu ricordarsi il Liber ponlif. ecclcsiae Racennas di Agnello od Andrea che tocca dell' uccisione di Alboino e

della fuga di Adelchi.


L'ultima edizione (sui Codici a) Modenese Estense, V, F 19, sec. XV; h) "atleano, 5834, sec. XVI [fragm.]) fu curata da Holder Egger 18crlpt. rer. Lang., p. 278 segg.) Agnello nacque intorno all'805. Non pone conto di fermarsi a trattare di quei Cronisti (come p. e. Anna/es Lauri". in Pertz, M. G. H., SS, I, iss. Einhardo, Annalel Fuldenlel, ivi, 348; CAron. Mot"iacenle, ivi, 295) che accennano solo alla fuga di Adelchi a Costautlnopoli (6). Pi importante la Vita KarolJ di Einardo (ap. Jafi", Bibl., IV, 515), ma di essa e d'altre fonti consimili parler chi compiler la bibliografia veneta per l'epoca franca.

X, I Gesta Pontificum, la cui migliore edizione quella del Bianchini e del Vignoli t 7t8-35 in fol. (anche in Muratori, S8.. IIl), preziosissima ed antichissima raccolta (il principio della compilazione del Lib. Pontif. risale al VI secolo) di biografie di pontefici, dovute a varie penne di epoche diverse. Abbiamo ricordati i Gesta tra le fonti di Paolo Diacomo, da cui egli estrasse le notizie (III, 26) riguardanti lo scisma dei tre capitoli nel Friuli (Aquileia. Grado). Qui dobbiamo citarli anche come indiretta si, ma non
(l) G. G. Liruti, Notizie delle cose del Friuli, 111,53, cita due cronache ms. I passi che ne reca provano che l' una copiata da l'aolo Diacono tHtst: la7Jfl., VI, 33) e la seconda vi si avvicina (id, \'l,51).

425

per questo meno importante fonte per la storia religiosa e politica (cfr A. F. Gfrrer, Storia di Venezza nell' Archivio Veneto, XIII, 87) della Venezia orientale: scisma: origine del patriarcato di Grado: guerre di Desiderio, al tempo del doge Maurizio, il cui figlio fu appunto fatto prigioniero dal re longobardo. Notisi anche che talvolta (Paolo I nell' a. 761 ; Gfrrer, XIII, 81) i papi si giovarono dell' amicizia dei veneziani per opporsi ai longobardi. I Gesta lladriani narrano l'ultima catastrofe della dinastia longobarda (Adelchi in Verona), ed il loro racconto in ci la fonte dei continuatori di Paolo, come abbiamo avvertito a suo luogo. XI. Alla met dell' VIII secolo si trasportarono a Verona. i corpi de' ss. Fermo e Rustico, martirizzati in quella citt al principio del IV secolo. Si deposero nella attuai chiesa di s. Fermo maggiore.
Di questa traslazione fassi parola nella seconda parte degli Acta di questi santi,oltrech nel ritmo pipiniano di cui parleremo in seguito. La prima parte degli Atti era stata edita nella raccolta di B. Mombrlzln; la seconda fu publicata per la prima volta dal Malfei sopra due ilIanoscritli : Uno della Capito Vero e l'altro gi del Malfei (ora pure della Cap.). Edizioni: Malfei, Ist. Diplom. Mantova (Veronae), 172'7, l'editore veronese del Ruinart, Acta Martvr. sinc. ';eronae, 1731.

XII. Le fonti veneziane possono calcolarsi formare una classe a s, non tuttavia divisa del tutto dal resto dei Cronisti della Venezia per le strettissime relazioni che le isole delle lagune conservavano cogli abitanti della terraferma. Uno dei pi grandi fatti che leg la storia piu antica della citt poi chiamata Venetiae con quella dei vicini soggetti al regno Longobardo, il grande scisma dei tre Capitoli; e ci per motivi gi esposti dove parlammo di Paolo Diacono. Nel rimanente Venezia, pi o meno soggetta, certo congiunta con strettissimi vincoli a Bisanzio, e perci alleata per lungo tempo dei Pontefici, non poteva avere che relazioni di guerra coi Longobardi, ed anche questo non poteva verificarsi che in epoche al-' quanto tarde, solo nel secolo VIII, giacch troppo bassa era la civilt dei soldati d' Alboino per poter volgersi contro popolazioni lagunari. Questo sia detto senza toccare la questione se, quando e come i Longobardi usassero navi. Cotale questione 1I0n interessa al nostro scopo, quantunque possa aver importanza per uno storico della Venezia.

426
Non esistono fonti veneziane che risalgano a quest' epoca, della quale abbiamo notizia soltanto in posteriori compilazioni. Forse la pi antica cronaca veneziana il Chronicon Gradense che vuolsi ascrivere al Patriarca Vitale II (circa 900).
Publicato per la prima volta da Antonio RoMBi (dal Codice del Seminario di Venezia) come quarto libro del CAron. Alt. nel!' AreA. sto ttat., VIII, 116-129, venne riprodotto rlal Pertz, .lI. G, 88., VII, 39-47.

Del secolo X sono parimenti le parti pi antiche del Chronicon Amate.


Dopo del Rossi, loc. cit., 1-228, edito da T. Gar nell' ArcA. sto. it., V app. 1-128. Quali siano tuttavia queste parti pi antiche in parte incerto, discordando llOpra qualche particolare G. B. Monticolo ed Enrico Simonsfeld, che di ci per primi (dopo il Foscartnt, Storia detta letto Ven.) si occuparono seriamente. Ad Oll'Jli modo sembra indubitato che assat antichi siano i Cataloghi rlei Patriarchi di Grado, dei Vescovi di Olivolo e Torcello, dei Dogi e delle famiglie veneziane (li. Anteriore, secondo il Mouticolo, la cos detta narrazione della distruzione d'Altino; eR'li in vece fa molto posteriore (sec. XII il racconto della venuta di Longino. 11 miglior Codice del CAr. Alttn, il Vaticano 5273, che sar publicato dal Simonsfeld.

Viene terzo per importanza il Chronicon Venetum di Giovanni Diacono (gi conosciuto col nome di Chronicon Saqornini) ripublicato dal Pertz, M. G., VII, 4-38, sulla fede del Codice Val. Urbinate 440 (sec. XI). Questa cronaca fn compilata al principio del secolo XI.
Per le questioni critiche rimando il lettore a: W. Glesebrecht, GelcA. d. Kai8eruit, 1,790 (4 Aufl. Braunschweig, 1874). H. Wilmans, Di"ertatio m8. (ct. in SCript. rer. Lang., 392). Simonsfeld, in N. AreAifJ, I, 397 segg. Waitz, in N. AreMv, II, 347 segg. Kohlschiitter, Vefltdtg flnter H. Peter, 11, 63. oeu., 1868. Henry Simonsfeld, Andrea DanlJlo e le 8ue operestoriche (In ted. nell'a. 1876), tradotto nell' ArcA. Ven., XIV, 87 segg. Venezia, 187'7. G. B Monticolo, Intorno agli sttuli fatti tntorno aUa CroIlaCII liti ditU:otIQ Giooallni nell' ArcA. Ven., XV, l segg. G. B. Monticolo, La Cronaca del diacono GWrJanni nell' AreM"io Vetteto, XVII, 35 segg. H. Simonsfeld, La Cronaca Altinnte (anno 1878 l, trad. nell' Arcli"io Vefltto, xvrn, 225 segg. XIX, 54 segg. Venezia, 1880.

(l) Paolo Diacono (1,2,6,15; II, 8 ecc.) cita un Cataloglll palrlarehflrUI/I Aquileien,ium che rlguardasi come perduto (Bethmann, in AreAi", X, 3151. Forse ne UII' eco lontana quel Calalaglll che fu publicato dal Muratori nel t. IV degli Anecd. lotina.

427
Tratta forse dal Chr. Altin. (Arclt. stor., V, App. 73 segg.; VIII, 54 seg.) lo. breve Chronica Palriarcharum Gradensium.
Dal Mano.critto Barberiniuno, XI, 145; S. XI, 8, secolo XI, fu publicata la prima volta da Giorgio Waitz, Script., p. 392-7.

Per incidenza parla (all' anno (98) del sinodo aquileiese (raccolto dal patriarca Pietro) in cui fini lo scisma dei tre Capitoli, e accenna alla conquista di Verona nel 774 Sigeberto di Gemblours, Chron., in Pertz M. G. H., SS., VI, 300-7., Il Chronicon era composto prima del 1106 (Wattenbach,

II,

12~).

G. B. Monticolo (Arch. Ver., XV, 11) nega al Liber pontifcalia Ecclesiae Aquileiensis (Cod. Marciano Lat. X, n. 305) quell'antichit che gli aveva accordato il Valentinelli Bibl. ad s. Marci Venet., VI, 198. Il grande storico de Il' antica Venezia fu il doge Andrea Dandolo (t 1354) la cui cronaca edita dal Muratori (R. L S., XII) in una cattiva edizione, merita di essere riprodotta secondo codici migliori. Per il nostro periodo il Dandolo fa uso del Chron. Gradense e degli altri cronisti veneziani di cui parlammo, di Paolo Diacono, e, locch pi importante, di documenti (H. Simonsfeld, Andrea Dandolo nell' Arch. Ven., XIV, 87 segg.
Dopo un breve studio critico del Tartarotti (inserto nel t. XXV del Muratori), essa fu soggetto dell'ampia monografia del Simonsfeld (test citata), il Quale ne descrisse i codici e ne indag le fonti. Per la correzione del testo interessante il saggio dato dal Monticolo (.Arch. Vefl., XVII, 37 aegg) il Quale mostr col fatto come lezioni migliori fanno scomparire tante apparenti dlversit riscontrate (p. e. dal Gfrurer) fra il Dandolo e la Cronaca del diacono Giovanni La Cronaca del Dandolo va dall'anno 48 fino al 1280, circa tre lustri avanti alla nascita del suo autore.

II.

Leges.
Non potendo registrare le leggi di Raclus, sebbene egli fosse stato duca del Friuli, prima d'esser re, non mi resta che ad accennare alle sinodi ch' ebbero luogo dalla fine del VI alla fine del VII secolo in occasione dello scisma dei tre Capitoli. Sono tre: di Gra-

428
do, di Mariano o Marano, di Grado II, di Aquileia (1). Delle tre ultime non abbiamo gli atti, eccetto gli accenni dei Cronisti (riprodotti nelle raccolte dei Concili; quella di Marano anche dal Troya, Cod. dz'pl~ long., n. 56). Il primo concilio di Grado fu raccolto dal patriarca Elia (579) per farvi decidere il definiti va trasporto della sede da Aquileia in quella citt. Gli Atti che ne possediamo (nei quali sta inserta la lettera d'approvazione di Pelagio II [Jaff, Spur., CCXXXII] presentata dal legato Lorenzo) ci furono conservati dalla Cronaca d'Andrea Dandolo (2), e vennero publicati da:
Ugbelli, Ital. Sacr, V, 34-5, 1169 :1 ediz. del 1653). Forse col riscontro de! Cod. Barberin. 247. ughelli, Italia Sacra, V, 27 segg. (2 edizione del 1720). Harduini, Conci/., 111,224-8 (a. 17141 dal Cod. Vatic., 3922. Muratori, Xli, 98-102 (a. 1728:. Coletl, Conci/., VI, 651-5. De Rubeis, Mon. Bccl. ~quil., 23'7-40. Mansl, Concil., IX, 913-28. Troya, Cod. tlipl. long., n. '7. Cappelletti, Le Cl&ie.e d' Itaua, VIII, 58 seglo\". (dal ms, Dandolo, nella Marciana Lat. X, n. lO, fol. 42',44' del lire. XV).

Muratori, De Rubeis, Mansi ed i Ballerini (De Patr. Aquil. ori. in App. alle Opp. del card. E. Noris, IV, 1051-72) riguardarono tali atti come falsi, od almeno interpolati. Il Baronia, il Noris (Hist. Pelaq., cap. IX, 4) e pi recentemente il Troya li accettarono per autentici. L'ultimo (I, 168 segg.) ne fece una lunga ed erudita ricerca; preceduto in ci dal Liruti (Dell' ortine del Patriarcato d'Aquileia nella N. Raccolta Caloger - Mandelli, t. XXIV, e id. Notizie delle cose del Friuli, II, 279 segg.), il quale aveva preso di mira il De Rubeis (senza peraltro nominarlo) Il Walch iKetzerhist. VIII, 3(4) ritorn ad impugnarne l'autenticit e fu seguito dal vescovo Hefele (Conciliengesch., il, 917, 2 Auf.), il quale riguarda come impossibile la presenza d'un legato pontificio in un sinodo di scismatici. Hefele non sembra aver conosciuto la difesa del Troya. Accett l'autenticit degli atti, e si giov della menzione in essi fatta di Maaentius eps. s. Ecci. Juensis nella sua dotta dissertazione sui Vescol'i Giuliesi il P. Pietro Siccorti (Arch. Ven., X, 7), mentre la negava il Cappelletti, VIII,57.
CunctlieflguclticAte, 2 Auft. II, 917-8. CA,.. g,.aden.e, ed al CAro Ven. di Giovanni Diacono, accenna a questo Concilio anche Il Concilio di Mantova, 827 (Mansi, COlJCil., XIV, 4W7).
(1) Hefele, (2) Oltre al

429
Al concilio romano del 1379 (Mansi, XII. 28G; Troya, n. 345) furono presenti: Benenato d' Oderzo, Ursino di Ceneda, Paolo di Padova.

fII.
Diplomala.
a) Diplomala Imperaiorum, Reum, etc.
L 591. Lettera di Maurizio Imperatore a s. Gregorio Papa intorno al libello dei Vescovi: lo esorta a non molestarli.
Baronie (anno 590, Il. H-rI21, IX, 907 (ediz 1600) e quindi 11("111.' raccolte dei ConcilI. De Rubeis, MOli. Bccl. Aquil., 218. P. Girolamo da Prato nella NJI(Jf}a Raccolta Caloger-Mandelli, XLII. 50-2. Troya, n. 59.

2. 715 circa. Diploma di Liutprando in favore dei Veneti, ai quali vengono assicurate molte immunit.
Dandolo, ap. Murat., XII, 130. Troya, n. 412. Holder-Hegger,
Il.

55.

:J, 736? Ricordo della donazione della Chiesa di Torcello fatta da Liutprando alla chiesa di Vercelli.
Nel diploma Ottoniano Stumpf 1191. Separatarnente : Troya,
II.

505.

4. 7:~9 aprile 3 (1). Brani d' un falso diploma di Liutprando in favore della chiesa di Ceneda.
Estratti dall'abate Girolamo Leoni dallo statuto di Ceneda, egli stesso gli giudic falsi. Se gli oppose Almor Albrizzi, Mel/f()/'ie storicke d'Oderzo. Venezia (1743). Coll'ti riguard il diploma come affatto f,lIso. mentre il Troya si accontent di giudicarlo alterato, e di abbassarne l'et fino a crederlo del 993. Edizioni: Coletl in Ughelli, V, 173 (2 ed.j. Troya, n. 517

5. 753, febbraio, Ind. VI (Astolfo imp. aug. (I) a. 4). Astolfo duca dona varie possessioni al Monastero dei ss, Apostoli posto nella selva di Gena.
Morsolin, Al/erillo conte di Vicenza, ecc. Vieenea, 1880, p. 4~-'7 (da copia di F, Vigna, IX, 188, e da Macc, Cod. d.)l. Vic., l. Mss. Bibl. Comun. di Vleensa). Intorno a questo diploma falso od' almeno profondamente alterato cfr MiUl. d. iI.,terr. Inltitut, fase. 4. Wien, 1880.

.. ? 6. 754 aprile 14 (Kiersy). Promessa di Pipino a Stefano II d'aiutarlo contro i Longobardi: promette di lascargl gran numero di provincie e citt nominatamente descritte, tra cui Verona, 28

430
Vicenza, Monselice, Adria, Comacchio, d' Istria.
p,

il ducato di Venezia e

Fantuzzi, Mon. Rafleflfl., VI, 264-i, n. 99 (dal Cod. Trevis.) Cit. da A. Zeno e D. M. Pellegrini, Indice ragionato dei d,iplomi contenuti nel Codice Trtf)i,aMO (estr. dal Giornale dell' Italiana letteratura, diretto dai conti Girolamo e Nicol Da Rio, t. XVII segg.) p. 7 e segg. n. 7,8. Troya, n. 681. Quest'ultimo ne difende con erudizione l'autenticit, negata ora anche dal Gregorovus, Storia di Roma MI Medio Beo, Il,314, trad, il. Il Llrutl (Notizie delle cose del Friuli, 111, 141) aveva ritenuto inamissibile che nella donazione ppuana s'includesse la Venezia; Il Troya cerc di ovviare a questa difficolt dicendo che quel documento rest senza conseguenze pcl trattato pochi mesi dopo conchluso tra Stefano II, Plpino ed ABtolro. La mancanza di Padova combina col fatto che quella citt era stata distrutta da Agilulfo al principio del VII secolo (Paul, diae., IV,.23 [24)', tatto posto in chiaro e confermato dalle osaervason del Gloria, Cod. dipl. Pad., I, XV sego Ma dovrebbeai forse spiegare la frase ducato ecc. Mostra di aver avuto il diploma per fal90 anche A. Thelner che non lo ricevette nelauo CtJdw dipl. S. S., I, Romae, 1861.

7. 760 ottobre 4, Pavia. Desiderio, Adelchi ed Ansa confermano i privilegi del Monastero bresciano di s. Salvatore (fra i possessi trovasi il luogo detto Gussunaus in quel di Sermone.
Margarlnus, Bull. Ca&ifl., Il, 6, Troya, n. 74i. Odorici, Storie Bre,ciane, 111, 34, o. 17 del Codice dipl. bresc. Orti-Manara, La peni,ola di Sil'l1liofle &Id lago di Garda illu&trata. Verona, 1856, doc. 1. Odoricl nel Codice dipl. lartg. (Mon. lIi,t. patr., Xliii, 0.20 (ex apogr. saec. XI, Bibl. Quirlnianac civ. Brlxiae). Holder Kgger, n. 313,

8. 761, dic. Diploma di Desiderio riconosciuto da Paulus notarius et diaco nus .


Tosti, Storia di Monteca&&irto, I, 101 (da Pietro Diacono). L'ebbe per falso il Bethmann, Arcllifl, X, 256, aeguito dai pi recenti.

9. (765). Desiderio ed Ansa concedono al Monastero di S. Salvatore di Brescia i beni di Cunimondo del fu Cunimondo da Sermione, carcerato come uccisore di Manipergasindo di Ansa.
Margarini, Bull. Casi. Il,8. Troya, n. 838. Odorici, Storia brese., 1II, 41, Cod. dipl. Ortl-Mnnara, La penj,ola di Sirmione, n. 2. Odori ci in Cod. dipl, Laflgohardiae, n. 27 (ex apogr. Quirln. saec. XII'

iO. 705 giugno 13. Conimondo da Sermione, liberato per preghiera della regina Ansa, fa alcune offerte a varie chiese di Sermione.
Margarini, Bw1l. CUlin, Il, 9. Troya, n. 839. Orti-Manara, Lo, penilola di 8iNltiofle, n. 3 Odorici, Storia bresc., IlI, Cod dipl., n. 25. Odorlel, in Cod. dipl. Lang., n. 29 (ex apogr. Quirin saec. XI).

H. 772 ottobre 1~, Pavia. Diploma di Sigualt patriarca aquileiese in favore del monastero bresciano di S. Salvatore.

431
Banchni, Vind. Can. Scrtpt., p. 383. Id., BfJangelior. Quadr., para l, Prol. Margarino, Bui. Casin., Il, 15 rn. 19). Troya, V, 667, n. 9()7. Odorici (ex apogr. Quirin. saee. X) in Codice dip], Lang., n. 47. Per la data cfr De Rubeis, Mon. Aqllii., 326-7 che riassume quanto Insegna" loannes Andreas Aatesatus in Diasertatluncula II adlecta Commentariis in Historiam Evangelistae MlInelml .

i2. 772 novembre i i Brescia. Adelchi conferma a sua sorella Anselberga badessa di s. Salvatore di Brescia i privilegi di quel monastero (tra i possessi ricordansi quelli posti intra castro Sermionense ~).
Margarini, BlIll. Casin., 11, 16. Odorici, Storia bresc., III, Cod. dipl., n.40. Troya, n. 985. Orti-Manara, La penisola di 8irtll., n. 5. Odorici, in Codice dipl. Laflg .. n. 50 (ex apogr. Quir. saee. XI). Hulder Egger. n. 492.

b) Insirumenta.
L Sec. VI. Frammento di registro dei coloni abitanti nel territorio padovano che pagavano canoni all'arcivescovo di Ravenna.
Gaetano Marini, I Papiri diplomalici. Roma, 1805, pago 204. Papiro numero CXXXVII, sezione terza. Gloria, Cod. dipi. Padon., l, n. 1. Venezia, 1817 [1878].

2. 673 giugno iO. Opilione dona molti beni posti nel territorio bolognese al monastero di s. Giustina di Padova.
. Oggetto di molte dispute fra letterati d'Italia, di Francia e di Germania, fu nel passato secolo questa donazione, che altri dichiar fallm, altri attribui al 783 od al 793 od al 928. Gli accurati atudl del Gloria sciolsero la questione; egli publle tre volte quest' atto: dapprima nell' opuscolo (uscito nel 1859) IntoNlo alla donazilJ1Ie di Opiliofle al mcna,tero di ,. Giu,lina, esame critico; poi nella sua Pal.eogrojla e diplomatica, Padova, 1870, pago 670 segg. (con facsimile nella tav. XXV, n. 2); ed ultimamente (in due forme, da due copie del secolo Xl nel citato Cod. Pad., n. 4. Egli crede che la donazione ala vera, ma che il testo che ne possediamo ora, aia un risarcimento fatto dai monaci, essendo andato perduto l' originale nell' invasione degli lJ,ngheri dell' 899.

3. 681 ? Marzo i, ind. XIII. Due ravennati chiedono ai difensori della chiesa d'Aquileia l'enfiteusi Ili alcune terre nel Cesenate.
Cito da A. Zeno e D. M. Pellegrini, Cod. Trert,aneo, Indice ragiOfiato (estr. dal Gt01'nale deU'ttaltafkJ letteratura, diretto dai conti Gir. e Nic. da Rio, t. XVII e aegg.), Padova, 1807, p. 6, n. 3 Fantuzzl, Mon. Rarennatt, VI, 263 (dal Codice Trevlsaneo di Venezia, Bibl. Mare.). Troya, n. 347.

4. (710) indiz. VIII, Alfredo, Anuardo e Garone donano servi, case, ed altre cose al monastero dei ss. Pietro Paolo e Teonisto in Civitatecla del Trevigiano.
Monsig. Rambaldo degli Azzonl Avogaro in N. Raccolta Caloger-Mandelli, XX,", 6. Troya, n. 387. Holder Egger n. 43 (p. 244).

432
5. 725 sett. l - 726 giugno, Treviso, Candiana vedova vende ad Agrestio un ariale in Treviso.
Da carta Zenoniana Scip. Malfel, Ver lll. (in fine al IV tomo), "l'rona, li31, doc. 3. Troya, n. 4;'7. Holder Egger, n. 8:>:chl' cita un apografo del secolo XVIII nella bibI. di Siena}.

6. 726 dopo il settembre, Treviso. Lorenzo chierico e Petronia sua moglie donano le loro sostanze a s. Silvestro di Nonantola.
Rambaldo degli Azzoni, Carte IU' VlI I luolo ecc. nella N. Raccolto CalogerMandelll, t. XXIV, a. 1'7'73. Troya, n. 461.

7. 730 maggio iO. Capitolazione commerciale tra Liutprando e quei di Comacchio circa il sale ed altre merci da recarsi nei porti del Po.
Dal Cod. del vescovo cremonese Sleeardo, Murat., Ant. u., Il,23-5. Troya, n. 480. Robolottl, Repert. dipl. cremonese, I, l, n. 1. Cremona, 18'78.

8. 735-744. Donazione fatta dai re Liutprando ed Ilprando al monastero di s. Maria in Organo in Verona.
Nel diploma berengariano (28 febbraio 889, Biancolini, CAule, IV, 675) regtstrato dal Diimmler, n. 4. Troya, n. 570. Holder Egger, n. 150.

9. 745 maggio 15, Verona. Autconda e Natalia sorelle fondano in Verona un monastero di monache, sottoponendolo all' abate di s. Maria fuori di Porta Organo.
Muratori, Antiq. ltaliae, V, 529. Bancolln, Cllieu, Il, 400. Troya, n. 577. Holder Egger, n. 159.

iO. (751). Il Vescovo di Verona Annone consacra la Cappella dedicata alle sante Teuteria e Fosca.
Biancclni, Chiele, I, 1:19).

11. 762? 769? maggio, Nonantola. Erfone monaco, unitamente ai suoi fratelli germani, fonda i monasteri di s. Maria in Sesto nella diocesi di Concordia e di s. Maria in Salto nel Friuli.
A!lQuinl, Cent' ottanta uomini utustr del Friutt ,. 1'735). J. Fr. Madrisii, in app. Il ad opera l. Pau/ini Aquilei~nlil .anno 1'737,. De Rubels, MOfl. Bee/. ..4q";I., col. 331>-41. Troya , n. 907 (dal precedente). Cnppellett, VIII, 80-86.

12. 763, ind. I, Pubilmc (Povegliano nel veronese). Lopuald chierico dona a Forcolana un pezzo di terra posto in vico Pubitiana (Desiderio, a. 6. Adelchi, a. 4).
Maff'ei, Vero Ill., doc. long., n. 6. Troya, n. 807. Holder Egger, n. 953.

13. 768 marzo 20, Treviso. Badussione vende al gastaldo Ermualdo una terra in Fontanecta nel Trevigiano.
L. Plndemontl, 8acn ilcrizioni le/te dal T'al/arsi dimoltrate tlali, Troya, n. 886. Holder Egger, n. 420.
tllV.

VI.

4:13
U. 771 sett, 25,llrescia. Permuta tra Anselberga badessa di s. Salvatore bresciano ed Andrea Chierico(in questa carta si nominano varie localit del bresciano, del trentine, ciel veronese, del vicentino).
Odorici, Ant. crist, di Brescia, Jl. 18. Troya, II. 943 Odorici, Stor. BItlC., C~d dipl., n. 35. Orti Manara, Serm. n. 4. Odorici nr-l Cod dipl. long., n. 43:ex apogr. Quir. snee XI). Holder Egger, n. 469.

1.5. 772 novembre, ind, XI, Treviso. I fratelli Daniele ed Orso vendono una terra ad Ermualdo gastaldo.
Rambaldo
de~1i

Azzoni Avognro nella.Y. Raccolta Cillllg'l'ril-Mail(lelli,

xx v ,

5n. Troya, n. 970. Holder E~A'er. 11 493.

lG, 773 gennaio, inrl, XI, Treviso. Ebuno calzolaio vende a Lopulo monetario una terra posta presso monii. [Jubliga.
Mal1'ei, Vero W., doc. 7. TroYIl, n. 972. Holrll'r Egg-er, n. 496

17.773 sett. 1 - 774 marzo, ind, XII, Treviso. Permuta di fondi fra Ermoaldo gastaldo e Senatore in Treviso;
Mal1'ei. Vero IlI., doc. 8. Troya, n. 987. Holder Egger, n. 516.

18. 774 aprile, Verona. Orso detto anche Fadello vende alla monaca Forcolana un casale in Popiliano (Povegliano).
Matrel, Vero W., n 9 Troya, n 989. Holder Egger, n. 518.

19. 774 maggio, Bergamo. Tuido gasindo del re, figlio del bergamasco, Teoderolfo fa testamento legando al fratello Teudoaldo i suoi beni nel bergamasco, veronese e pavese.
Lupi, Cud Berg., I, 527. Troya, n. 991. Cudice dipl. Lf/Ilg., n. 51 . .11. G. D, Ltgel, IV, 660. Holder Egger, n. 520.

c) Episiolae Pontiflcum el episcoporuui.


1. 584-5. Pelagio II ad Elia d'Aquileia e ali altri vescovi dell'Istria, lamentando la loro defezione; invia legati insieme all'esarca Smaragdo. Quod ad dilectionem .
Baronie, Ann., IX, 88S (ediz 1600) Mans], Concil., IX, 891. Troya, n. 14. JlItr, n. 686

2. 584-5. Pelagio II ad Elia d'Aquileia e ad altri vescovi d' 1stria, annunziando loro che mander legati per toglie,re i dissensi; propone un sinodo a Ravenna: Dilectionis vestrae per .
Baronie, a 586, n. 2'7-44. Mansi, Concil., IX, 895. Troyn, n. 15. JHl1', n. 68'i.

3. 585-6. Pelagio II ad Elia d'Aquileia e agli altri vescovi (l' Istria, combattendo gli argomenti addotti in favore dei tre Capitoli Virtutum mater .
Maosi, IX, 433. Troya,
D.

18. JafJ', D. 688.

434
4. -l 578-500 aprile 20. Pelagio II ad Elia patriarca d' Aquileia concede che, per sfuggire alla rabbia longobarda, stabilisca la sua sede nel castro Gradense Condecvit apostolica - Convenit apostolico .
A. Dandolo, ap. Muratori, XII, 99. Ughelli, Italia sacr, v, 2'7. Mallai, IX, 9'24. Troya, n. 7. Jatr, n. CCXXXII Itra i ralsi).

5. 5'78-590. Pelagio II conferma a Paolo patriarca d'Aquileia il monastero di s. Maria in Organo fondato dall' abate Feroce Cum magna nobis . Panvlnlo, Ani. Veron. Veronae, 1648, p. 128. Ugbelli, Italia sacr, V, 69'7.
Cocquelines, Rull. prifJ ac dipl. romanor. pontif. ampi. colleclio. Romac, 1739, 1,95. Troya, n. 1'7 Jatr, n. CCXXXI (tra le bolle false).

6. 590. S. Gregorio I a Severo cl' Aquileia chiamandolo a Roma Sicut grarlientem (lib. I ep. 16).
S. Gregorio, Opera, edd. Benedectini. Parlslta, 1'705, Il, 501. Id, ed. Gallicciolli, VII, 20. Manal, X, 1038. Troya, n. 57. Jaft', n. 718.

7.590 in fine. Libello dei Vescovi scismatici a Maurizio imperatore contro s. Gregorio Papa, ed in difesa del defunto patriarca Elia.
Baronio (a. 590, \1. 38-44), Ann., IX, 904 in app. (ed. del 1600). Troya, n. 58.

8. 598 Sett.-Nov. S. Gregorio I a Callinico esarca d'Italia rallegrandosi delle vittorie contro gli Schiavi, le quali salvarono l'isola di Caorle Inter haec (lb, IX, VII, 2, ep. 9).
S. Gregorio, Opera, edd. Benedictini, Il, 983. Id., ed. Gallicciolli, VIII,49. Mansi, X, 117. Troya, n. 1'71. Jatr, n. 1165

9.598. S. Gregorio I a Mariniano Vescovo di Ravenna espone come l'arcivescovo d' Istria (Aquileia) cre vescovo di Caorle Giovanni Pannoniano; gli ordina di nominarne un nuovo, e di tenersi soggetta la diocesi di Caorle (lib, IX, VII, 2, ep. 10).
S. Gregorio, Opera, edd. Beuedietini, Il, 934. Id., cd. Gallicciolli, VIII, ;;0. Manai, X, 118. Jaft', n. 1166. ,. Latores ad 1108

lO. 598-9. S. Gregorio I agli abitanti di Caorle intorno ai convertiti dallo scisma Aquileiese Redemptor noster (lib. IX, ep. 9i, lib. VII, ep. 100).
S. Gregorio, Opera, edd. Benedectini, Il, 100. Id., ed. Galliceiolli, \'111, 127. Mangi, X, 174. Troya, Il. 205. Jaft', n. 1167.

1. L 599. S. Gregorio [ a Callimaco esarca d'Italia intorno ai convertiti dallo scisma Aquileiese Apud Excellentiam (libro IX, ep. 95, lib. VII, 2, ep. 98).
S. Gregorio, Opera, edd. Benedectini, Il, 999. Id., l'd. Gallicclolli, \ 111, 126. )Jautli, X, 173. Troya, D. 203. Jft'. n. 1253.

4~5

U. 599. S. Gregorio I a Mariniano vescovo di Ravenna intorno agli istrian convertiti dallo scisma aquileiese Latores praesentium (lib. IX, ep. 96, lib. VII, 2, 00).
S. Gregorio, Opera, edd. Benedectini, II, 1000. Id., ed Gallicciolli, \"11l, 12ti. Munsi X, 174. Troya, II. 204. Jaft', Il. 1254.

1;3. 600 circa, S. Gregorio l a Massimo Ili Salona ; egli parla degli Schiavi che, penetrati per l'Istria, gi cominciavano ad entrare in Italia Ad Romanam veniens s (lih, X, VUI, ep. ~J6).

s. Gregurlo, Upera, edd. Benedectini, Il, 1065. Id., ed. Galllcciolli, VIlI, 204. Mansi, X, 114. Troya, u. 228. Jaft', n. 1320.
14. (}0:3 giugno. S. Gregorio I esorta Smaragdo patrizio ed esarca a difendere Firmino vescovo di Trieste, ritornato ali" unit della chiesa, contro le ingiurie di Severo vescovo di Grado Olim novimus (lib. xm, ep, :33, lib, Xl, ep. 40).
S. Grejrorio, Opera, edd. Benedectini, Il, 1240. Id., ed. Gallicciolli. Ven., 1768, \'IlI, 397. Mansi, X, 364. Troya, n. 272. Jatr, Il. 1518.

t 5. 6051- 607? Giovanni scsmatico patriarea d' Aquileia ricorre ad Agilulfo re dei Longobardi contro le persecuzioni religiose dei Greci in Grado.
Baronia, a. 605 n. 7 (da Uli Codice della Vallicclliana descritto dal Troya, Della condizione dei VI1Iti romani, pago 309-310. De Rubeis (prima nel t. IX dci Cane. del Coleti, quindi nella sua dissertaz\one sullo scisma d'Aquileia, e finalmente nei ,1[011. Ecci. Aquil., 290-1, 416-7 (dallo stesso Codice). Troya, n. 282 (dal De Rubes). Holder Egger, n. li>.

16.628 febbraio 18. Onorio l raccomanda ai vescovi della Venezia e dell'Istria Primigenio suddiaoono romano, ond,\ sia consacrato vescovo di Grado, in luogo del deposto Fortunato. Aggiunge aver mandato nunzi al re dei Longobardi (Arioaldo) perch agisca contro Fortu nato Quidquid ad ea .

."ti

Cito Chr. Patr. Grad. edito in Script. rer. L(lIIg., 394 Chi'. Gr(1d. in Pertz, 88. VII, 45. CiI. A. Zeno e D. M. Pellegorini, Intce rnmonato d~i diplomi contenel Codice lrerisaneo, pago 5-6, n. 2. Dandolo in Muratori, XII, I1S. Troya, II. 298 colla data XII li. mart, Jaft', n. 1562 (il quale publica dal Cod. Trevisaneo il prinoiplo della bolla, mancante nella Cronaca del Dandolo.

17. 720 dicembre 1. Gregorio Il esorta Sereno (patriarca aquileiese) ve8COVO friulano a non molestare il patriarca gradense e a non uscire dai confini del regno longohardo Tanto munere .
CAro Patr. Gradellsllltn ed. Waitz in Script. rer. Lang. et ltal., pag.395. Giovanni Diacono, Chr. Ven. In Pertz, M. G. H.. 88., \'11, 12. CAro Grad., v, 46 Dandolo in Muratori, XII, 132. Ughelli, Italia Sacra, v, 108i. Munsi, XII, 247. Troya, n. -160, l. G. Cappelletti, Chiese d'ltalio, \ lll, 73-4. Jatr~, n. 1659

436
18. 7:!3 Gregorio II a Donato patriarca di Grado, a Marcello duca, ai vescovi ed alla plebe di Venezia e d' Istria, annunciando (l'aver scritto al patriarca d'Aquileia di non vessare la chiesa gradense cc Quamquam ex ministeria .
Cllron. Patr. Groden. ed. Waitz, p. 395-4. (IIron. Grad. ili Prt.z, 8:>., \'11, 46. Dandolo iii Murator], XII, 133. Ughelli, V: 1087, Mansi, XII, 248. Trovn. Il. 460, II. Cappelletti. VIII, '74-il. Jllif. n. 1660

--o

19. 725 marzo 1. Gregorio II ai vescovi ed al popolo della Venezia e dell' Istria uotifca che, per secondare le loro preghiere, reslitui alla sede di Pola Pietro, che n'era scadato per a ver invasa la sede gradense alla morte di Donato; -li esorta all' elezione (li un nuovo patriarca Creditae speculationis . Ughelli, v, 1088. Cito A. Zeno e D. M Pellegrini, Cod. tnri8oneCJ, In. ragIonato, p. 5, n. 1. Cappelletti, IX, 21-2 (dal Codice Trevsaneo.. Jaff,
11.

hi65.

20, Avanti ~I 729. Gregorio li esorta Orso doge di Venezia ad aiutare l'esarca che cola trovavasi, onde egli potesse ricuperare Ravenna invasa dai longobardi cc Quia peccato faciente .
Sigonio, De regno Itauae, lib. III (alcuni brani tolti dalla Cronaca del Dandolo;. Dandolo, np. Muratori, XII, 13;). Rossi, Hist, Raoen. VeD., 15\10, p. 217. Mansi, XII, 244. Troya, II. 463 Ja fl' , n. 1670.

21. Avanti al 729. Gregorio II ad Antonino (patriarca (Ii Grado) con parole simili a quelle dell'epistola precedente Quia peccato faciente .
Giovanni Diacono, Chroll. l'e'I. ili Pertz, 88., VII, 22. Jaft", n. 1671.

22. 7:31. Gregorio III esorta i vescovi eri il popolo della Venezia e dell' Istria ali eleggere un successore al defunto patriarca gradense Donato (manca la bolla).
Cit. Cllr. Grad. in Pertz,
8~.,

nl, 46. Cllr. Patr. Grad., ed Waitz. Seript,

396. Jaft", n. 1718.

2:3. 7::H. Gregorio III ad Antonino patriarca gradense (successore di. Donato) concede il privilegio colla benedizione del paliio. (manca la bolla).
CIIi'. Grad. in Pertz, ,"II. p. 396. Jaft", n. 1719
~t>

CII,'. Patr. Groden., ed. Waitz ili 8cript., ccc.,

24, 731. Gregorio 1II invita al Concilio in Roma pel 1 novembre Antonino arcivescovo gradense ed i suoi suffraganei, onde trattare del culto delle immagini cc Inter diversas .
Ughcll], Italia Sacra, v, 1090. Mansi, COtlC, XII, :JIJU. Citata da A. D. M. Pellegrini, p. G, u ;,. Cappelletti, IX, 25-6. Jaif, u. 1720 ..
ZeIlU

437
25. 73i, circa novembre t. Gregorio III nel Concilio romano decreta che Antonino patriarca di Aquileia, ossia di Grado, ed i suoi successori, siano primati della Venezia e dell' Istria, e che Sereno del Friuli (Aquileia) e i successori di lui restino contenti di Cormons Cum fimus dominicae plebis .
Cito Cllr. Grad. ap. Pertz, M. G. H., 88., VII, 47. Cltr. Patr. Grad. in &/';pt., p. 396. A. Zeno eD. M. Pellegrini, op. clt., p. 7, n. 6. Ja!f, n. 1722 (vide Il testo della bolla comunicatagli dal Pertz, ma non lo publc.

26. 731-3. Gregorio III ordina a Calisto patriarca di Aquileia di restituire alla chiesa gradense Centenario e Mussione, possessi del monastero di s. Maria in Insula Barbiana ch'egli aveva invaso Jam triennium .
Dandolo in Muratori, XII, 136. Troya, n 506. Gius, Cappelletti, VIl1 ..75-6 (d'al Cod. Trevsaneo d la parte che manca al Dandolo). Ja!f, n. 17115 (publica dal Cod. Trevs, la parte mancante nel Dandolo, sensa conoscere com!' al solito l'edizione del Cappelletti).

27. 733-4i. Gregorio III per il terzo giorno di Pasqua chiama a Roma Antonino patriarca gradense ed i suoi suffraganei; eguale invito dice d' aver fatto ai vescovi della Venezia Saepius evocatus ,
Ja!f, n. 1738 (n'ebbe notizia dal Cod. Trevis.; non publica la bolla).

28. 753-7. Stefano III annunzia ai vescovi ed al popolo cristiano del regno d'Italia e del patriarcato romano di avere concesso il corpo di s. Silvestro papa al monastero di Nonantola, ponendo questo ed Anselmo suo abate sotto la protezione di Sergio arcivescovo di Ravenna Residentibus nosbiscum . Mablllon, Acta 88. Ord. s. tu, sacco IV, I, 5. Ughelli, Italta Sacra, II, 84.
Muratori, 1,2, 189. Mansi, XII, 567. Ja!f, Il. CCCHI (tra le bolle false). Waitz in &1'ipt., p. 567-8 (dimostr falsa la bolla mODS. Rambaldo degli Azzoni, Carta dell' VIII secolo ecc., pago 50 segg. Della NupfJa Raccolta Caloger-Mandelll, t. XXIV, Ven. 1773).

29. 761. Paolo I scrivendo a Pipino accenna ad una secreta notizia trasmessa da alcuni fedeli veneziani a Sergio arcivescovo di Ravenna. Praecelsae et a deo .
C.

Cenni, Monum. domino pontif., I, 178. (Cfr GfrOrer, Arcll. Ven., XJlI, 81 ; 6 della sua Storia di Venezia). Duchesne, Bist. Frane. SCrlpt., 111,747. Muratori, II, 2, 150. Jatr, n. 1801.

30. 768-772. Stefano IV ordina ai vescovi d' Istria di obbedire all' arcivescovo gradense Quisquis sacerdotali .
Ughelli, Italia Sacr, ~, 1093. Cito da A. Zeno e D. M. Pellegrini, op. cito, p. lO, n. 9. Cappelletti, IX, 31-2. Jaft', n. 1831.

438
31. 768-i72. Giovanni vescovo (gradense) espone a Stefano IV papa quanto egli soffriva per causa dei longobardi.
Daudolo in Murat., XII, 144 (solo un cenno). Ughelli, V, 1091-3. Cappelletti, IX, 2'7-29.

32. 768-762. Stefano IV consola Giovanni vescovo (gradense) afflitto per cagione dei perfidi istriani; promette di aiutarlo dacch nel patto stretto fra romani. franchi e longobardi era stata sancita la liberazione dell' Istria Suscept itaque ,..
Dandolo in Muratori, XII, 144. Coleti, Conc., ".1090-1. Troya, n. 946 (I( (sta per il '771-2). Cito da A. Zono eD. M. Pellegrini, op. cit., p. IO, n. IO. Cappelletti, ClIiue, IX, 29-31. Jatr, n. 1832

d) Epistulae dioersorum irorum.

Sotto questa categoria non ho da enumerare che le epistole di Paolo Diacono. 1. Ep. ad Adelperam ducissam Cum ad imitationem .
Vedi sopra a pago 414.

2. Ep. ad Theudemarum abbatem. Amabillimo . Paolo parla della sua venuta alla corte di Carlo ed esprime il vivissimo desiderio di ritornare nella pace del chiostro. Secondo gli esametri alla fine (non publicati che nell' ultima edizione) l'epist. fu scritta sulle rive della Mosella, 10 gennaio. Forse del 783 (Bethmann, X, 297. Dahn, pago 32. Waitz, p. 16). Potthast (p. 484) la crede del 782-86.
Jfanouritto ..

Cod. Parig. 528, sec. IX .lntorno a cui cfr Dummler, in N. Areh", IV. 105).
Bdizioni ..

Abb Lebeuf, Dilurtatiofll lUI' l' /liltotre de Parli. Paris , 1739, 1,415. (Bethmann, Arek., X, 260, 2.7 accenn alla data senza riferlrne gli esametri). Dahn, PaUlfU diac. Leipzig, 1876, p. 79-81, n. 5 (dal LebeuC). Waitz, Script. ece., p. 16-7 (integra, dietro comlnciazione del Wattenbach).
I

3. Ep. ad Adalardum Cupieram dilecte mi ,..


Vedi sopra a pago 422.
(1) Con una Interessante nota (V, 625-6) Bulla storia dell' Istria all'epoca lougobarda.

439
4. Ep. ad Karolum reqem, sotto il nome del suo abate Teudemaro Propagatori ac dsfensori . Invia al re la regola di s. Benedetto. Dubitarono dell' autenticit Cointe e Menard; la difese il Mabillon. L'epistola fu scritta negli anni 789-794, come prova il Bethmann, X, 298.
Malw,cntti : S. Gallo, n. 914, sec. IX. Montecassno, n. 352, sec. XI ,gi giudIeato del sec. X). Pei codici meno antichi veggasi il Bethmann, p. 298, e I'edislone del Jaft". Uno nella Barberiniana, XI, 69 tu segnalato da Paolo Ewald, N. ArcAi", III, 154. 8dizioni: Haeftenus, Di8qui,. monasticae, p. 1086. Du Breul, CAron. Casi. Paris., 1603, p. 79'7. Angelus de Nuce, ad Leon, Ost., 1, c. 12, in Murat ,1\',217. Mabillon, Ann. Ord. Il. Ben. Paris., 1723, p. 19. Jaft", J{on. Carolina in Bibl. rer. german., IV, 358.

5. E'p. ad Karolum regem Divine largitatis munere .


Vedi sopra a pago 422.

?6. Ep. ad quemdam Abbaiem, scritta da Paulus minimus seruorum dei . Senza importanza storica.
Dal Cod. Veronese capito XXIII (21) ne publi. il principio W. Wattenbach (N. Archi", III, 2/)6'1), il quale suppone poBSB essere del nostro Paolo.

7. Un Bpistolarum ad dicersos librum unum attribuiscono a Paolo, il Fancaroli, Wion e Mari.


Secondo il Bctbmann, X, 323, non sarebbe che la raccolta delle lettere gi note.

e) Iscriptmes.

1. Sec. VI. Ricordo della edificazione della cattedrale gradense costruita dal patriarca Elia (eletto 571) Atria quae cernis .
G. G. Lirutl, Notizie delle cose del Friuli, II,2'73-4. De Rubeis, .'Ion. A'luil. 228. cappelletti, Cllielle, vm, :>1.

2. Tre brani d'iscrizioni in onore di Onorio I per aver fatto cessare nell' Istria lo scisma aquileiese favoritovi dai longobardi.
Grutaro, Corpo [",cript., 11, pago 1163, 5: 1165: 1166, 11, e 1169, 6. De Rubels, Moti. Bccl: Aquil, col. 299, 300,308. Troya, n. 299.

3. 648 O poco dopo. Iscrizione lapidaria sepolcrale di Tricidio vescovo padovano.


Orologio, Di"ert. ,opra l'i8tor. eccu. di PadOfJQ. Padova, 1802, dissertasione I, p. 27 tra i documenti. Cappelletti, CAie,e, X, 488. Gloria Cod. Dipl. J'rId., I, n. 2.

440
4. Circa 673. Opilione compie la fabbrica della chiesa di s. Giustina di Padova.
Brunacci, Ckart. coenobii s. JUltifiO' e:rplicatio, 1763, p. 20. Gloria, Codice Dipl. Pad., l, n. 3.

5. 700? Iscrizione sepolcrale di Tommaso diacono che contribui a far cessare lo scisma d'Aquileia.
Gl'utero, Corpo Inscrtpt., p. 1159, n. 6. Baronie, ad a. 638, 2. Troya, u. 365.

(l. 720 circa. Ricordo dell' erezione del ciborio nella chiesa di s. Giorgio in Val Policella nel Veronese, essendo re Lioprando, vescovo di Verona Domnico, gastaldo Refol. Sta sopra due colonette gi appartenenti al ciborio. Sopra una terza colonetta erasi cominciato a scrivere, ma non si continu l'iscrizione. Pauvinio, Ant. Fer. Ver., 1648, pago 131. Ughelli, V, 698. Matrei, leI'. tu.,

IV, in fine, lscrtz; n. 64, 65. Id., MUI. ~eron., pago 181. Biancolini, Chiese, I, 11;)-0 (tuv.i : IV, 645 .tav.] ; \'1,61-2. Veuturl, Comp. della storta di Verona. Verona, 1825, p. 143 .e tav.) .Persico, rerona e lUI! Provincia, Il, 167. Ver., 18:?1\. Pizzetti, Ailt. Tosc., I, 271. Troya, n. 487. Orti, Di due onticllillirni tempj cridi'lfIi oeronesi. Verona, 1840 [COli tavv.) (nel qual opuscolo s'illustra tutta la Chiesa, che, secon do l'Urti, risale all' epoca longobarda, almeno in alcune parti). Cappelletti, Cllieu, X, 7jO. Holder Egger, p. 248.

7. Circa 7:30-740. Tre iscrizioni (<< Quos regat : Hoc tibi :


(c)alistus egregius ), a ricordo di Calisto patriarca aquileiese.

Xella cattedrale di Cividale.


Bertoli, Antichitti d'Aquileia (anno li401, p, 440-1. De Rubels, Mon. Bccl. Aqui., 322. Muratori, .\'. Thes. tnseript., pago 1849,2. Liruti, .1I,"ot. delle cose del Friuli, 111,63. Mai, T'et. Script. .Y. cat., v, 170, 354. Troya, n. 540, 541. Cappelletti, VIII, 77-8.

8. Circa 7::37. Iscrizione di Amatore vesc. giuliense, in Zuglio.


G. Jacotti ms, citato dal P. Pietro Siccorti, I Vescovi Giuliesi n('II, Arcn. l'en., X, 22 (1).

n. Circa 740. Frammento discriz. relativa a (Liut)prand ed Hilprand nella cattedrale di Cividale.
m, ise. Mai,
Bertoli, Ant. d'Aquileia, 1740, p. 441. Liruti, Notizie delle cose del FriNli, l'et. script. cat., Y, 159. Troya, n. 541-2. Holder Egger, p. 260.

iO. Circa 740, Cividale. Iscrizione di Pemmone duca del Friuli e di suo figlio Ratchis.
Bertoli, Ant. d' Aquil., p. 439 Troya, n. 538. Holder Egger, p. 260. (l) L'iscrizione del vescovo Amanzio creduta dal De Rubeis di questo tempo, parla senza dubbio di un Amanzio assai anteriore (Cortenovis presso Girolamo Asquini, Del Foriogilllio c Cam;. Veroua, 182i, p. 21. Siccorb, .drcl;r;;ifJ l'elle/o, X, 0!4).

441
H. 741 (?). Altare di s. Giovanni Battista (ora s. Martino) di Cividale. Iscrizione a ricordo della sua costruzione dovuta a Penimone duca del Friuli; posta dal figlio Ratcbis.
Giulio Fon tan in i, Di,cUI argetlteu, fJotirlll ecc. Romae, 1727, p. 30-1 (con facsimile). Da lui: De Rubels, Mon. Ecci. Aquil., 319. Murat., N. TAe,. ifllCript., Hr23. Liruti, ]'lotizie delle cos del Friuli, 111, 125. Canciani, Lege, barbarorum, Il,33'7. Mai, 8cript, Veto Coll., V, '7. Tro'ya, n. 539. Cappelletti, Yl1I, 77. Helder Egger, pago 260.

s.

12. 753. Iscrizione sepolcrale di Victricius Ouetarius vicentino nipote di lVectarius princeps iustus. Dicesi copiata il 20 agosto 1.056 in Aquileia.
Faccioli, Mu,. Lapid., pars III, pago 128. B. Morsolin, Alferi,iu conte di Vicenza ecc. Vicenza, 1880, p. 47 idal Macc. Cod. Dipl, Vic., l, ms.) - Intorno all'autenticit molto dubbiosa di questa iscrizione veggasi Mitlheil d. Dslerr. In&titut, faac. 4.

13. - - Iscrizioni (<< Vrsus dux Vrsus dux fieri ) a ricordo che Orso duca di Ceneda don una tavoletta d'avorio con un crocifisso a Pietro duca del Friuli.
De Rubeis, Mon., 325-6. Liruti, Nutizie delle cose del Friuli, III, 131 (secondo il quale Orso fu successore di I1prando Ilpl ducato del Friuli). Cappelletti, CMe,e, Vl1I: 79.

14. (765?) ind. III. Pretesa iscrizione sulla cassa di piombo dei santi Fermo e Rustico in Verona, che ricorda come il vescovo Annone ripose nella medesima le reliquie di quei santi.
G. G. Dionisi, De Aldune et }tutingo. Veronae, 1758, png. 132. Domenico Vali arsi, Sacre antiche i,crizioni sopra la calla contenente i sacri curpi dei Il. Fermo e Rustico , ed interpretate. Verona, 1759. Luigi Pindemonte, Sacre i,crizioni lette dal Yatlarst dimo,trate ideali. Verona, 1762. Vallarsi, Natllfe,to

e categorica rtsposta al libretto contro la lettura ed interpretacione fatta da Dormmico Vallar,i ecc. (con una-lettera di G. B. Passeri}, Verona, 1762. Id. La realt e lettura delte sacre 18clizioni. Verona, 170a. Id., l,crlzioni lungubarde ollia di &trani latini caratteri lette e ,piegate in conferma delle scritte gi piu di ".'lle anni sulla calla di piombo cuntenente le reliquie dei Il. M!Il. Fermo e Ru-

suoo. Ver., 1703. Troya, V, 449 (sta col Pindernonte nel credere che il Vallarsi saal allucinato) .

? 15. Cividale, nel duomo. Frammento d'iscrizione riguardante un Paolo Diacono.


Dai mss, di M. A. Nlcoletti la diede il Liruti Kut. de' letto del /t'riN/i, l, lu9.

16. Sec. VII, Adria: Battistero della Basilica. Iscrizione fatta durante la vita del vescovo Bono a ricordo del restauro del Battistero stesso.
Arnaldo Speroni, Ad,'. epi,cop. serie. Cappelletti, Chiese, X, 13. Cfr anche F. A. Bacchi, Della ,ede epi,copale di Adria. Adria, 1858, pago 3.

442
17. Secolo VB, Adria: presso alla porta laterale sinistra della Basilica. Iscrizione in cui si fa menzione del vescovo Giovanni.
Cappelletti, GAiue, X, 13. Cfr F. A. Boeehi, op. cit., p. 3.

i8. Sec. VIII (?). Epitaffi di s. Kiberto e di s. Vittoria in Verona, sopra tavolette di piombo. Adesso conservansinella chiesa di s. Lorenzo: gi nella soppressa chiesa di s. Maria della Fratta.
Muratori, Anttq Italiae, V,55. Cenci, DU8erf. critico-cronologicle iftlorno all'epoca de' 88. Buprepio, Procolo e Zenot'e. Verona, 1788, p. 22 seg. (con interpretazioni discordi di Frane. Bianchinl, Muratori, G. G. Dions). Mai, Veto Script. Colt., v, 415. Troya, n. 368-. Holder Egger, p.242 (sotto l'anno 70S, ma con Incertezza; quest' anno dipende dalla lezione proposta dal Dionisl).

i9. Sec. VII, VIII (?). Frammento d'iscrizione riguardante i martiri Felice e Fortunato, in Valle s. Giorgio nel padovano.
Gloria, Il territorio pa/i(Joano illrutrato, 111, 85. Id., Cod Dipl. J'ad., I, n. 2 (in nota).

20. Secolo VIII (?). Iscrizione (perduta) di Ceneda riguardante il vescovo Valentiniano.
Cappelletti, Ghiese, x, 13. Questi, seguendo il Lotti ed il Bernardo, identifleano il Yalentiniano dell' iscrizione con quello noto come vivente nel 739. Il C0let (ma, citato dal Cappelletti) crede invece ch'egli vivesse nel 930.

21. 760 (?) Verona. Iscrizione ritmica sepolcrale del vescovo I Annone Veronae praesul ~ (i).
Edizioni:

Ugbelli, v, 703 (2). Biancolini, GAiue, I, 174. Cappelletti, l'/lir81!, X, 751.

IV.

.~n1IquUa1e8_
1. Hitmo Bobbiense. Principia dal lodare Ariberto e Bertrarido ed infine esalta Cuniperto per aver posto fine allo scisma d' Aquileia, col sinodo ticinese, Dev' essere stato scritto durante il regno
Il) chiusa colle reliquie del Santo nell'altare dei Maffili aUa cattedrale di Veronu. Dal facsimile in pietra esposto al lato d. dell'altare, sembra scritta in carattere del secolo XIII. Pu supporsi trascritta da altra pi antica? La cosa per lo meno assai dubbia. l2) Le iscrizioni recate dall' Ughelll, V,70S) del sepolcro di s. Maria Consolatrice sorella di s. Annone SODO troppo evidentemente posteriori di molti seeol pl'r trovar luogo nel nostro catalogo.

443
di Cuniberto (688-700), Della sinodo ticinese tacciono tutte le altre Conti, e non la registra neanche il vescovo Hefele. L'acrostico (riconosciuto da Holder Egger) ne dimostra autore certo Maestro Stefano.
Mafln,cntti :

Due Codici bobbiensi dell'Ambrosiana E 147 Parte Super., (' C 105 Parte Infer.
Ediziofti:

Oltrocchi, Bi,t. Lig. Ecci. Mediol., Il, :>34-6, 579-80, 625-7. Mediolani, 1795. Joh. Botsus, CbtIc. Papiefllia, 1852, p.l. Troya, n. 330, 353, 364. Reift'erseheid, 8itzllftg,fJer. d. Wieflu Akademie, 18'71, LX"II, 473. L'Archeografo trlestiftO N. S., 1,85. Waitz, In 8crlpt. rer. Laftg. et Ital, Hann., 1878, p. 190-1. Id., Pauli, H,,t. Laftg., ed. in 8 p. 245 . Holder Egger, p. 240-1 (sotto e. 698., dietro al giudizio del Troya).

I ritmi di Paolo Diacono appartengono alla Venezia soltanto in riguardo alla patria dell' autore. D'argomento religioso: 1. Versus de miraculis s. Benedicti Ordiar unde tuos . Li riferisce Paolo nella Hist. Lan., I, n. 26. Scritti forse verso il 780 (cfr Bethmann, Arch., X, 288).
j[tlftUlcntti : Cod. Naz. Par., 528, sec. IX. Montec8lllllno, 353, sec. X. Roma Minerva, B, IV, 18, sec. IX. Bethmann, X, 2889, 413. Ero. Dlimmler, in N. AI'cRiT, IV. 102, 105, e P. Ewald, N. AreAi", III, 156. Vaticano, 623, sec. XI, ecc. Veggana iII tal proposito: Bdizioni:

(Oltre alle edizioni della Bi,t. Lati'.). (Chr. Casin.) Pertz, !ti. G. H., 88., III, 198. Tosti, 8toria di Montecaslino, I, 129. Detbmo.nn, ArcA., X, 326-330 (coll'ag~iunta in fine). (Chr. ,anct"- EeMd. cali".) Wo.itz, Scrlpt., 478.

2. Hymnus de s. Benedicto Fratres alacri pectore . Riportato da Paolo, Hist. Lang., I, 26, insieme ai precedenti versus.
Quanto ai .}faftO,crltti veggas Bethmann, l. c, e Dummler, l. e.
Edizioni (oltrl' alle edizioni della Bi,t. Latlg.).11 principio nella CAr.,. Ben. Calin., ed. elt.

444
:t Hymnus in s. Johannem Bapt,
Liruti,
Ut queant laxis . Cfr

u. I, 192.

JfanoICritti (pi anticbi): Vaticano Urb., 532, sec. X. (Bethmann, Arc/I., X. 290. Rpifferschf'id, , Bibl. patr. Lat. Ital., I 592) Vut. Urbin., 585, sec. XI. 'Sui numerosi ms. cfr Diimmler in X. Archiv, IV, lO:]\.

Edizioni .'
Valentnani, H1/mn. Roman, 1646. Breriartum Romafll~m, s. d. 24 Jun. Giorgio Cassandro, Op. omnia. Paris., 1616, p. 261-2. Dahn, Paulu, diac. Lelpzig-, 1876, p. 98-9, n. XXVIII.

?t, Ve,'sus de s. Scholastica Sponsa rlecora Dei . Bethmann (AI'ch., X, 28\:}) non ha alcun dubbio sull'autenticit di questi versi; sono incerti invece' il Dahn ed il Dmmler (N. A rchic, IV, 10:~, n. 3).
.J!anoscritto .' Cod. Valic., 1202. f. ~59. dI'l secolo XI. Edizioni: Prosperi Marti:lengi, Poemata. Romae, 1590, t. III. P. Wion Arnoldo, Jfort1/r., sub d. lO Febr, Mabillon, Acta SS. Ord. s. Bened. Romae, 1739, l, 42. Dahn, Paulu diac. Leipzig, 18'iG, p. 101-3, n. XXX .

.. ? ~). Ve1'sus de s. Scholastica O benedicta soror . Nel citalo Xlanoscrta Vaticano. Contro il Wion (Signllm 'l,itae, II) ed il Mabillon (Acta S8., I, 44), il Bethmann (Arch., X, 32:3) accetta l'opinione del Baronie, e li ascrive all' abate Betrario.

? (i. I/ymnus de assumptione b. Mariac Quis posst ampio . E. Dmmler (N. Arcli., IV, 104) ri p~r dubbia l'autenticit di questo carme.
J'fanolcrilti .' Yut. Urb., 585, sec XI (Betbmann, ArcA., X, 413. Cfr ancbe Ozanam, Doeuments iMdit8, p. 229 l'd E. Diimmler, loc. cit.). C'adic,- della Benef!entflfla Mari, da cui Llrutl, Lett., l, 193: ~ in brevlario Beneventani .) Fabricius ed. Mansi, V, 214. Ediziotle: Morp.I, Eatein. H1/mtten d Mittelalterl, p. 111.

*? 7. Oralio s. Mercur Salve miles , coll'inno in transl. corpo s. Mercurii. E. Diimmler (N. Archi, IV, 104, n. 6), dubita
dell' autenticit. Su quest' inno cfr Liruti, LeU., I, 193.
Mancano Manoscritti. Edizioni .' Pietro Piperno, De magici8 efectibU8. Neap , lG34, p. 14'7, da cui Bethmann, ArcA., X, SS2-3.

445
-1 8. Hymnus de passione s. Mercurii. Ricordato da Piperno. -? 9. Versus de b. Mauro Dux via vita tuis . Dell' autenticit dubitarono non solo i moderni (Bethmann, Arch., X, 324), ma anche G. Fontanini, Catai. d. Bibl. Imp., p. 527. Gli ascrisse al nostro Paolo il Mari. Mabillon li crede scritti nell' 8~5.
Bdizioni:

Prospero Martinengo, Poemat. Romae, 1590, t. III. Mabillon, Acta 8S. Ord. I. Befl., 1,298. Liruti, Lettere del Friuli, l, 186.

-? iO. Carmen ad Deum Sancte Deus . :\Iai giudic quest' inno di san Paolino. Bahr (Geschichlschj'. Roms, 2 Auf., pago 98-100 ed il Dmmler (N. Arch., IV, 106) lo ritennero del nostro
Paolo.
Maflolcritto :

Yat., 533,
BdiziOfle:

II6CO!O XI\".
ta:

Mai, Sanct. Bptlc. Nicetae et Paulini ,cripta Romae, 182;, p. 63 id., Clau. allct., V, 369-379.

fJatic. Codic. edita.

11. Paraphrasis in Epistolas Pauli. Cita questa opera come di Paolo il Montfaucon (Bibl. Bibliot!leoor.), ma solo per un equivoco, come mostr il Tosti, Storia di Montecassmo, I, '104. Cfr Bethmann, Arch., X, 324-5.

Epitaffi: 12. Epit. Fortunati Iugenio clarus . Nella Hist. Langob.,


II, 13.
Jlano,critto:

(Oltre a quelli della M,t.) Bibl. Noz. Parig., 2892, f. 118, iBethmann, ArcA., X, 292. Dtimmler, .Y ArcAir, IV).
Bdizioni:

IlPC.

IX.

Duchesne, Script. rer. Francicar. I, 518. Bouquet, ReClltil de, Atlt. de la (Jaule et de la France, Il,

~.

'13. Ep.
iVafW,critti :

R~thaidis

filiae Pippini regis e Hic ego quae jaceo .

Parig. Naz., 52901 (Colbert, 2509), secolo Xl. Bibl. civ. di Metz, G. 76 (secolo XIV-XV). Blbl. Brussel., 6842. crr E. DUmmler, N. ArcAi", IV, I lO.
BdiziOfli:

P. Tommaso d'Aquino di s. Gius. earmelttano sealso, nelle Annot. al poema De origiflilnu gertlil FrancOf1lm. Parls., lf144, p. 43. Aleulnl, Opera ed. Froben, II, 553.

446
Gelta Bpilc. MetteR. in Pertz, M. G. H., S8., Il,265-6. Meurisse; Hist, dtl tfJ81qutl dt Metz. Metz, 1634, p. 28. Dahn, Pau/tU diac. Leipzig, 1876, p. 91, n. XVI.

14. Ep. Adelheidis

f.

Pipipi Perpetualis amor .

MaflQlcritti. Come sopra. Bdizioni: Duchesne 9cript. Franc. Paria. 1636, Il, 202. Meuri8lle, op. et., p. 29. Gelta eec., 266. Dabn, p. 21, n. X VIl.

15. Ep. Hildegardis reginae (t 783) Aurea quae fulvis .


MaflQlcritti. Come sopra. Bdizlofll: Baronio, a. 786, il quale dice di publiearlo c, ex ruinls monosterii s. Arnulphl MetenBis erutum , Alchwinl, Opera, ed. A. QuercetanuB, Lut. ParIB., 1617, col. 1757-8 (dal precedente). Acta 88. ssu., apro 1Il, 789. Mt!urllllle, op. ct., p. 27. Mablllon, ~flfl., Il, lIb. XXV, n. 34. Froben, ~/Cf4ini Opera, Il. Gelta ece., 266. Dahn, Paullll diac. Leipzlg, 1876, p. 91-2, n. 18.

16. Epit. Adeleidis f. Karoli regis quae in Italia nata est quando sibi eam ipse suhegit Hoc tumulata jacet .
Manolcritta. Come sopra. Bdizioni: Baronia, a. 787. Alchwlnl, Opera, ed. A. Quercetanus, Lut. Paria., 1617, col. 17589. Meurlue, op. cit., p. 28. Gelta eec., 267. Dahn, p.92-S, n. XIX.

17. Ep. Hildeardis filiae reqinac Hidegard rapuit subito .


MaflOlcritli. Come sopra. Bdizioni: Baronlo, a. 786. Alcbwlni, Opera, ed. A. QuercetanUB. Pars., 1617, col. 1758. Meuri8lle, p. 28. Gelta eec., p. 267. Dahu, p. 98, n. XX.

18. Ep. Arichis ducis bene. (t 25 agosto 787) Lugentum lacrymis .


MaflQlcrltti: Vaticano, 5001, secolo XIII-XIV. (Cfr ~rcllit", V, 131-3; X, 371-5; XII,247).

447
Edizioni:
Baronius, a. 787 (IX, 493 nell'ed. Aug. ,"ind. 1740) Buenau, Reic/l,ge,ch., 111,785. Camillo Peregrino nell'ed. napoletana dell' Anon. Ca,in., p. 235. Liruti, uu., I, 180, Friuli, 1760. Ughelli, Italia Sacra, VIII, 52. Dahn, PaNI"1 diac., p. 95-6, n. XXV.

19. Ep. Ansae reinae Lactea splendifico . Dahn nega che sia di Paolo. Waitz senza affermarne categoricamente l'autenticit, inclina ad ammetterla. Il Wattenbach (I, 137) non espone alcun dubbio.
MaflO,crltto:
Cod. civ. Lips., 1,74, f. 36', sec. X (cfr. E. Diimm1er, in N. Ardir,

IV, 104).

Edizioni:
Morltz Haupt, in Ber. d. 19l. liicli,. Geul/lcA. d. Willenlch., 1850, ph. hist. cl. Il, 6. id., 0pUIC. 1,292. . Dahn , Paul", diac. Leipzig, 1816, p. 9'7-8, n. XXVII. Waitz, in 8crlpt., p. 191-2.

-1 20. Ep. Chlotarii pueri reis Hoc satus in viridi . Questa


bella elegia scritta in nome di IIdegarda (quindi avanti al 783) messa fra le dubbie paoline da Bethmann (A rch., X, 319-20). Dmmler (N. Arch., IV, 1.05-6, 1.09) inclina a crederla di Paolo e la reputa scritta negli anni 780 (1) - 783.
Manolcritti : Cod. Naz. Parig., 528, loI. 135' sec. IX. Cod. Harleian. Britisch Mus. 3685, see XV. Edizioni: Lebeuf, Reeuei! de difJerl Icritl, 1,338-340. Bouquet, Recveil, V, 849.

- 21. Ep. Toctronis Clauditur hoc tumulo . Pauli, Hist.

Lan., III, c. 19 in Script. rer. Lang., p. 1.02. Il Dmmler (IV,


t05) dichiara non esser di Paolo.
Manolcrltto: Parig. Naz., 528, sec. IX. Edizioni: Nella m. Long.

-? 22. Ep. Sophia neptis Roscida de Iacrimis s. E. Diimmler (N. Archi, IV, 104-5, 1.09) non partecipa ai dubbi del Bethmann
e del Dahn intorno all' autore dell' epigramma.
Manolcritti :
Cod. Naz. Par., 528, sec. IX. Cod. civ. Lips., 1,74, sec. X. Cod. Har1eian. Brltisch Mus. 3685, sec. XV.

448
BdinOfli:

Marita Haupt, B",. d.igl. ,(k Oeullld. d. W'1UtI1C1., 1860, pb. biat. cl. Il, at principio.
id., o,..,c,IIa, 1,292-5 (rlprod.) Cfr L. Muller, ID Iati.. , MtI,.. N. F. XXV, 453-5 ..

23. Ep. Constantis Hic decus Italiae . Anonimo nel Cod. Pars, 528, f. 122, sec. IX. (Bethmann, Arch., X, 320. Diimmler, N. A., IV, i05). Versi diretti a Carlo Magno (colle risposte), o attinenti a questa corrispondenza :

24. Versus in tribunali Multiculor quali specie .


Mano,critti (l): Cod. civ. Lps., l, 74.. Cod. Il. Gallo, 899, eec IX. Hdl'liofti: Hanpt, in Bt,.'cltt d. igl, .lad. a"eUnli. d. Willtllltli., phil. bist. CI. Lelpzlg, 18:iO, Il. E. DUmmler, GedicAtt atll d. Hofkreut Ka,.t, d. GroIlI!R in Haupt's Ztil,chr.!ilr d. J.ltt,.tMim, XII, 460 (1865), Dahn, Au"" diac" p. n, n Il.

25. Versus ad reem precando Verba tui famuli . il primo dei carmi diretti a Carlo, nel quale Paolo dipinge le sventure famigliari, e narra la prigionia del fratello che durava da quasi sett' anni: septimus annus adest . Tiraboschi lo credette scritto a Roma nella Pasqua 781. Bethmannn lo dice (Arch., X, 294) ~ steriore alla Pasqua 782. Secondo il Potthast (pag. 487) fu scritto nel 782-3. L'ultimo a mettere in chiaro l'importanza storica di questo carme fu E. Miihlbacher (in Mittheilungen des Instuis fuI' jj,terreichische Gescbiciusforschun. Innsbruok, 1880. 1,263).
JIaJW,cn'tti : Parlg. Naz., :i28 del sec. IX, Vatle, Urbin., 53S del sec. XIV, Harleian, Britisch Mus., 368:), sec. XV. Bdi'lioni: Lebeof, Dil8",tatio,., ItIr l'/iistoire dt Pari" Paris, 1739, I, 414. Ang. Mai, S8. Hpi,c. Nicttae tt Patllini ,cripta. Romoe, 182'7, paR'. 712 (attrlbueodolo a B. Paolina). id., ellll'. atltt. Romae, lSSS, V, 880-1. Daho, Patii.., diac. Lepeg, 1876, p. 78-9, n. IV. Wl\itz, In 8cript, p. 15.
(l) Cfr Dt1mmlpr,

s.

J.rcAifJ. IV, 104,

449
Intorno a questo celebre carme cfr Bahr, Die Christl. Did&ter und Geschichtschreiher Roms, 2 Auf!. p. 98-100. ed E. Dlimmler in N. Archiv, IV, 105-6, 109.

26. Versus missi ad regem Cinthius occiduas _. Forse scritti avanti alla primavera 783, forse avanti alla met del 784 (Bethmann, Arch., X, 295). Intorno ad essi cfr E. Diimmler, N. Archiv, IV, 105.
M 4fW1crltti :

Parlg. Naz., 528, 110O. IX. S. Gallo, 899, 110O. IX.

Bd"'o.' I

LebeuC, Dllerl., I, 412. B. Diimmler, ZeitKltri/tJ. d. AUettA., XII. 456. Dahn, Paul., d'ac. Leipsig, 18'76, p. 82, n. \'II.

80

Versus regis nomine missi ad Paulum Paule sub umbroSecondo il Dlimmler (N. Archiv, IV, 105-6) questo carme legasi col carme Lumine purpureo _ di maestro Pietro da Pisa.
jJfaltOlcrltt.

: Parlg. Naz., 528, 110O. IX. S. Gallo, 899, sec. IX.

all.z'o.':
DiiBlmler, Zlil8cltrlflf """cl Alteri., XIl, 452 Dabn, PrI.I," dac., p. 83, n. VIII. (in parte: Betbmann, .4rel., X, 295).

27. Versus missi ad regem Sic ego suscepi .


MaflOlCrltlo: S. Gallo, 899, IJOO. IX.

ad'ztm. :
B. Diimmler, In ZIi/ICArlftJ. tleut AlterIA., XII, 4fJ2-4 (B. 1565). Dabn, Parll., Il'tU., p. 83-5, n IX.

Versus Petri ad Paulum Lumine purpureo .


JlaltOlcritti : Parig. Naz., 528, see, l}l. S. Gallo, 899, see. IX.

lId'ztm.:

LebeuC, DlIlf'I., I, 409. E. Diimmler, in Ze.tlcltriftJ. deul. AlIertll., XII, 454 Dahn, Palll", d'tu., p. ~, n. X.

28. Versus contra Petrum diac. Iam puto nervosis - .


lfaftOlCrltl :

8. Gallo, 899, sec. IX. Berllno, Blbl. Dlezlan. B. 66, iII 4. (con altre poesle del medesimo ciclo edite dal DUmmler, Z,llClI. citata, X"11, 141-4. Cfr RolIUI"ia, 18'74, p. 430).

450
Bdizioni:
E. Dimmler, in Zeit,eArljt citata, XII, 455. Dahn, Paulu dtac., p. 86, n. XI.

29. Versus Pauli ad Petrum Candide, lumbifido . Secondo il Bethmann (Arch., X, 295) sono questi i versi che formano la risposta al carme ,Lumine purpureo (Cfr altres Dmmler, N. Archiv, IV, 105).
J[anoscritto :

Parlg. Naz., 528, sec. IX.

Bdizioni:
Lebeuf, Dusert , 1.. 411. Dahn, Paulu, diae., p. 86-8, n. XII.

Versus Petri gramo ad Paulum rcqis nomine ussi Nus


dicamus .
Manoscritto: Par. Naz. 528, 8PC. IX, f. 112 (Cfr E. Dtimmler, N. AreA., IV, 105). Bdiuoni: Lebeuf, Dissert. Paris, 1'739, I, 404. Dahn, Paulu, diae. Leipzig, 18'76, p. 88-9, n. XIll. \Valtz, in 8cript. rer. Lang. et Ital., p. 17-8 (dalla collazione fatta dal Bethmann).

Carmen Alcuini ad Paulim Et (en) tibi Pauli .


Mancano manoscritti (Dmmler N. AreAio, IV, 112). BdizioNi: Duehesne, Alchwini, Op. ed. Quereetanus, 1'720 Froben, Aleuini, Op. II, 552. (in parte: Betbmann, ArcA., X, 296 Dahn, Paul". diae., p. 89 (n. XIV).

:30. Versus Pauli ad regem Sensi cuius , con unito l'epigramma: De puero qui m glade eaunctus est Trax puer . Questo carme, che la risposta al Nos dicamus , fu scritto fra gli anni 781, 786 (cfr Bethmann, Arch., X, 295: Dmmler, N. Archi, IV, 105; Potthast, p. 486).
Mafl()'crltto: Par. Naz. 528, f. 123'-4, sec. IX (Cfr Dummler, N. ArcA., IV, 105). Bdizioni: Lebeuf, Dissert., 1,406. Dahn, Paulus diae., p. 89-90, n. X,. Riese, AntAol. lat., 709 (l'epigramma I puero). Waltz, in 8crlpt., p. 18-9 (dalla collazione fatta dal Bethmann).

:31. Versus ad reqem Summo apici . Invia a Carlo la raccolla delle Omelie.

451
MaflOlerltti (l): Lelden, V088lan. Lat. 4, sec. X. Caplt. Monza, n. 159 (Lezionario), sec. VlII. Karlsruhe, 179 (XXIX), sec. IX. //dzon: Mabillon, Vekra analeeta. Par., 1723, Il, 19-20, in fol. (ed. Bee.) Id., Aliti. Dened., II, 929. Frisi, Memorie d MOlua, III, 152-3. Milano, 1794. E. Ranke, in TAeol. Studen '''Id EriUlen. Jahrg. 1855, p. 386. Jaff, MOIIum. Carol. in Dbl. rer. Germane, IV, 374. Dahn, PaulNl difIC. Leipzig, 18'76, p. 99-4, n. XXI. Waitz, in Serlpt. rer. Lallg. et ltal., p. 20 (dalla collazione del Codice VOlISiano eseguita dal Bethmann).

32. Versus ad regem Utere felix .


Mancano Manoscritti. lIdiJOll: Pauli, Homl., ed. Palinus. Basilese, 1557. Dacul: Mabillon, AMI. "et. (2 edlt.), p. 19. Llrutl, Not. tle' teue tlel Friul, I, 184. Bethmann, ArcA., X, 296. Dabn, Pau/tu diac., p. 94, n. XXIl.

Versus regia nomine ad Paulum in monasterium missi


Parvula rex .
Mancano Manoscritti. (Dlimmler, N. ArcA., 1\',112; Bethmann, ArcA., X, 249). //diziOlli: Duchesne, Alchwinl, Opera, ed. Quercetanus, p. 1720. MabUlon, Aliti., n. 78'7. Gattula, Hlt. CtU., I, 23. FabrlclUB ed. Mansl, I, 945. Froben, Alcuini, Opera, Il, 551. Bouquet, Ree. V, 411. Llrutl, Not. de'lett., I, 191-2. Dahn, Ptlultu dac., p 94-5, n. XXIV.

Versus Karofi regis ad Paulum Christe pater mundi . (Cfr Bethmann, Arcli., X, 249). TI carme Hinc celer egrediens citato (sulla fede di Leone Ostiense, I, c. '15) dal Liruti (Lett., I, '192) non che l'ultima parte (dieci versi) del presente, ed in tal forma fu edito dal Fabricio e dal Froben.
MatlOlerlllo: Intero il carme trovasi nel Cod. Casin., 257. EdiJOlli: Carlo de Montrond, in Dbliolk. tle l' 4cole del eAartel, 1840, I, 905. (l) Cfr Diimmler, N. ArcA", IV, 111. Bethmann, ArcA., X, 296.

452
Da cui : Tosti, Storia di MonlecouiftO, I, 105. Giesebrecht, De tetter. Ittlllii, apud llalo" 1846, p 26. Dahn, Paulu, diac. Leipzig, 18'76, p. 99-100, D. XXIX.

Di vario argomento:

3:l VC,'SltS de annis A principio seculorum (Cfr Eyssenhardt, in Neue Jahrb. (ii,' Philo]. und Pddag, 1877, p. 208).
Mano,ittu: Madrid, A Ili, secolo X copiato da Knust Del 1841 (cfr Dummler, in N. Arckir, IV. 102).
lldiziol' i :

Dahu, Paultt, diac., (l. 76-i, Il. I. Wailz, Script. rer. Lang., p. 134.

:H. Ve,'sltS de episcopis mettcnsibus Qui sacra . Sono 1~7 versi anonimi, che il Bethmann prch., X, 294) sostiene siano di Paolo.
,1!ano,criUo: l\az. Parg., 9428, S"C. IX. Edizioni: !lleurisse, Hi,toire de, eDelquu de JI~,. !tletz. 1634, p. 185 6. Calmet, Hi,toire de la Lorraine, I, preuves, p. 81-4.

J5. A Carlo, nviandogl il compendio di Festo.


, l'di sopra a pago 422.

? 30. l'ersus in laude Lar taci Odiar unde tuas laudes . Dahn nega che il nostro Paolo sia l'autore di questo carme.
,Vatlo,critti (1) :
Cod. civ. Lps., 1,74, sec. X. R. Gallo, 899. r. 5-6. sec. IX.

lldiziofti:
Haupt, in Berjc!lte d. kgl. ,ikltl. Geull,cil.. d. WilUlIICk., pbil. hist. cl. Jabr. 1850, Il. Dummler in Haupt's, Zeit,cllri/tf. deut,ck Altertll., XII, 451. Dahn, PaulUl diflC, p. 9'7, n. XXVI. H. Miiller, Bymbolfl(l ad 1flI1I,",. 'cripl. lat. Berol., 1876.

37..4.d Aricnis ducem Bene. Catholicus princeps . Cit. Pietro d'Ostia, c. 8. Cfr Bethmann, Arch., X, 294.
Matlo,critto:
HarleL, 46M (scoperto da E. Dummler).

Bdiziofle:
Waitz, in 8cript. rer. Lang., p. 22 (solo il principio).

,1) "cggalli Dl\wm1er, iII .V. Arch'D, IV, 104-10'i.

453
~? 38. Ve,'sus in ecclesia saneti Petri et Pauli apost. salerno Christe salus . Dahn (Paultu diac., 16, 71) e Dmmler (Neues. Archi, IV, 112) dubitano che questi versi siano del nostro Paolo.
Mancano Manoscritti.

Edizioni:
Ugbelll, Italia Sacro, VIII, 498 (II principio). Betbmann, .4.rc/t., X, 293 (dal precedente).

,39. Versus de episcopia sive sacerdotius Ad perennis . Carme anonimo, che Bethmann pone fra quelli di cui non sicuro 1'autore. .
Manolcritti (1) : Parig. Naz., 528, f. 128--9, sec. IX. S. Gallo, 573, 800. IX-X. Ed'zlQni: Dwneril, PotIi" poIJlOirtJl latin", p. 131.

., 40. De malis sacerdotwus Aquarum mais. Questa poe- \ (che il Bethmantl, p. 320 dubita d'ascrivere a Paolo) inedita.
MafUJlcritti come al n. 39.

-l 41. Fabule de vitulo et ciconia.


Jl.,.~tto:

S. Gallo, n. 81J9, f. 29, sec. IX.

EdiJicne :
Miillerboft', Ztitlcnriftfiir d. ...J.ltertk , XIlI, 319-321 (cfr X"111,3). L'editore l'attribu a Paolo, ma nel ms anonima.

-l 42. Angustae vitae fugiunt consorcia Musae .


Monolcritto :

Cod. Harlean. del Britlscb. Mus., 3685, sec. XV.


Edizione:
E. Dmmler, in Zeilchriftf deutlcn . .4.ltertn., XXI, 470. L'l'dilore (.v. .4.rch., IV, 109) attribuisce con piena sicurezza questo carme a Paolo.

, 48. Aemula Romuleis consurgunt moenia templi .


.l!"'MICrittO :

Cod. Harlelan., 3685, sec. XV.


Edizione :
E. DU,mmler, $titll!hriftf. d. .4.lurtlt., XXI, 471, L'editore (No .4.rchifJ, IV, 109) non dubita d'ascriverlo a Paolo.

-l 44. Versus de Aquileia Ad flendos tuos . Parla della distruzione di Aquileia, manomessa da Attila. Mentre Cassandro
(l) Cfr Bethmann, A.rcn., X, 320. Dilmmler, N. Areh., IV, 105. Quest'ultimo rende conto (Iv], 109-10) di vari carmi essteuti nel Codice di 8. Gallo 573 I quali potrebbero attribuirsi a Paolo.

454
gli attribuiva a s. Paolino (t in Aquileia, 804), Bethmanninclina

(Arch., X, :320) a crederli di Paolo.


M aM,crttli :

Vtenna, phil. 425, sec. X. Aquisgrana, SSU, sec. IX.


Edizioni:

Endllcher. Cod. lat. btbl. Vindob., p. 298. Dumeril, FolIiu pop. lat., p. 234.

Ritmi perduti (cfr Dahn, al principio. Bethmann, X, 295-6). Con sicurezza possiamo dire di non possedere la risposta ai carmi te Paule sub umbroso s e te Et tibi Paule , e quei versus ad Karolum (scritti, 787), veduti da Pietro Diacono in un codice Cassinese, ai quali Leone d'Ostia accenna (I, i5) con queste parole: te Cui (Carulo) similiter idem Paulus versifice resmibere et gratias pro visitatione et salutatione sua cunctorumque fratrum maximas studuit . Il velo. intessuto cos da rappresentarci i ritratti ed i nomi dei pi antichi vescovi veronesi, deposto da s. Annone vescovo sulla cassa dei santi Fermo e Rustico (cfr Diplom. Inscript., n. i4) ebbe nome di Velo di Classe dal monastero ravennate dove lo trovarono gli eruditi del secolo scorso (i).
Etliziofli:

Rossi, But. RaDentJ., lIb. 111, Ind. Diptgca.


P. Mauro Sarti, De Veteri Ca,ula Diptgca DiII. Faventiae, 1'753. G. B. Blaneolnl, Dillert. de' Ve,cODi e GODernatori di Verona. Verona, 1757. Cenci, Dilleri. critico-crotlologiclte intonlo all' epoca dei Il. K.prtpio, Procoloe ZenotJe. Verona, 1'788, p. 220. Cappelletti, C1lieu, X, 799-741. Oltre a questi scritti, per le questioni cronologiche cui diede luogo Il celebre Velo, va consultato: G. G. Dionisi, n Ritmo dell' AftOnimo PipitJiaftO. Veroua, 1'7'79, p. 36 segg.

Della stessa traslazione de' corpi dei ss, Fermo e Rustico, in Verona, regnando Desiderio ed Adelchi, con ricordo del velo di Annone, parla il ritmo pipiniano te Magna et praeclara composto in Verona durante il regno di Pipino. Chi compiler la bibliografia
(1) Come il velo paII88lI8ll a Ravenna sconosciuto. Non inverosimile la congettura di Alessandro Carll (l,toria di Verona. Verona, 1796, Il, 325) che sia stato rubato dagli Ungheri.

455
dell'epoca carolingia, tratter di questo carme. Per noi baster registrarne le edizioni scientificamente pi importanti.
Malfei Scipione, Storia diplomatica. Mantova (Verona), 172'7, pago 17B-181 (con cenno bibliografico di edizioni precedenti). Muratori, R. l. 8., II, 2, 1093. Med. 1'726. Biancolinl, Dilsertaziofli. Verona, 1757, p. 115-8. Id., Chiese, I, 1602. Verona; 1749. Dionisl, Il ritmo dell' afl/)flimo pipifliafto. Verona, 1713, pag.2-12 (dal Cod. di Lobbla, n. 1(6). Cenci, Diuertaz;ofli citate. Verona, 1788, p. 1&>-98.

ELENCO DEGLI ASSOCIA TI


ALLA NONA ANNATA DELL' ARCHIVIO VENETO.

S. M.

LA REGINA D' hALlA.

R. Deputazione Veneta di Storia Patria (per copie 30) Angeloni Barbiani nob. cav. Antonio Balbi Valier co. Marco Giulio. . . . Bembo co. comm. Pier Luigi. senatore. Berti prof. comm. Domenico, deputato . Bertoli dotto Gio. Batta . . . . . . Biblioteca della r. Accademia di Belle Arti. Biblioteca del r. Archivio di Stato. Biblioteca del r. Archivio di Stato. . . Biblioteca del r. Archivio di Stato. . . Biblioteca dell' Archivio Storico Gonzaga Biblioteca della Camera dei Deputati. Biblioteca del Museo Civico. Biblioteca del Museo Civico . Biblioteca Comunale Biblioteca Comunale Biblioteca Comunale Biblioteca Comunale Biblioteca Comunale Biblioteca dell' Istituto Superiore Biblioteca Labronica . . . . Biblioteca Marciana. . . . . Biblioteca della i. r. Universit. Biblioteca Nazionale Biblioteca Nazionale Biblioteca Nazionale Biblioteca Estense . Biblioteca della r. Scuola Superiore di Commercio. Biblioteca del Senato . . . . . . Biblioteca della Societ Letteraria. . Biblioteca del Seminario Patriarcale. Biblioteca della r. Universit Biblioteca della r. Universit Biblioteca della r. Universit Biblioteca della i. r. Univers it . Biblioteca della i. r. Corte. . Biblioteca Vittorio Emanuele Biblioteca Civica. . . . .

Veneria Veneria Veneria Veneria Roma Casaleone Veneria Firenre Palermo Modena Mantova Roma Veneria Padova Ferrara Treviso Verona Vicenra Bergamo Firense Livorno Yeneria Zagabria Torino Milano Parma Modena Veneria Roma Verona Veneria Bologna Pisa Pavia Grati Vienna Roma Trieste

457
Bilioni cav. Cesare. . . . . . Bocca fratelli, librai (per copie 6) . Bocca fratelli, librai (per copie 2) . Bold nob. Roberto. . . . . . Boncompagni principe Baldassare. Brandolini Rota co. Annibale . . Brunelli Bonetti nob. cav. don. Vincenzo Brigola Gaetano, libraio (per copie 4) . Buzzani cav. Augusto r. consigliere d'Appello Callegari dotto Ferdinando Calore Bartolameo . Circolo della Caccia. . . Cita Giambattista . . . Cittadella Vigodarzere co. Gino Clary Aldringen principe Edmondo . Colotta cav. Giacomo. . . . . . Cambi (de) nob. prof. cav. don. Carlo r. Convitto Nazionale. . . . . . Costantini comm. Girolamo, senatore D'Adda march. Girolamo . . D'Ancona prof. cav. Alessandro Dall'Oste cav. Luigi . . . Da Mosto nob. cav. Antonio. . Dolfin Bold co. Francesco. . Don dalle Rose co. Francesco. Don dalle Rose co. Antonio Drucker e Tedeschi librai. . . Fiena co. Loreuzo . . . . . Fomoni comm. Antonio, senatore. Fossati dotto Claudio . Ferruzzi don. Roberto. . . . . Gabinetto Minerva. . . . . . Giovanelli principe Giuseppe, senatore (per copie 2) Giustinian co. comm. Giambattista, senatore. Giustinian Recanati co. Giacomo . Giustinian Recanati co. Lorenzo Giunta Provinciale dell' Istria . . Grimani co. Gio. Pietro . . . . Hoepli Ulrico, libraio (per copie 6) Istituto Sabbadino. . . . . . r. Istituto Industriale e Professionale. Lanza Girolamo. . . . . . . . r. Liceo Marco Polo . . . . . . Loescher Ermanno, libraio (per copie 6) Loescher Ermanno, libraio . . . . . Lubin don. Antonio, prof. nell' i. r. Universit di Luciani cav. Tomaso . Madoniua (de) N.icol. . . . . . . . . .

Veneria Torino Roma Vener ia Roma VeJteria Padova Milano Veneria Veneria Veneria Roma Vicenra Padova Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Milano Pisa Mirano Veneria Veneria Veneria Veneria Padova Veneria Veneria Toscolano Veneria Trieste Veneria Veneria Veneria Veneria Parenro Veneria Milano Chioggia Veneria Veneria Venefia Torino Roma Gratf Venefia Capodistria

458
Manetti avv. dotto Antonio Malvezzi cav. dotto avv. G. M. Manin co. Lodovico Giovanni . Manzoni (de) nob. cav. G. A., deputato . Marcello Zon nob. contessa Adrianna Marcolini cav. dotto Antonio Maria Marchesini Vittorio. . . Miari co. Fulcio Luigi. . . i. r. Ministero degli Esteri Mocenigo co. Alvise (S. Stae) Morosini Gattenbnrg nob. contessa Loredana Monticolo prof. Giambattista Mugna ab. prof. Pietro Municipio di . . . . . . Municipio di . . . . . . Narducci nob. ab. Luigi, bibliotecario Occioni- Bonaffons prof. Giuseppe. . Ongania F. succo MUnster H. F., libraio (per copie 12) Papadopoli co. Nicol ed Angelo (per copie 7) Pasini ab. prof. Antonio . . . . Pellegrini Lucia nata Perissinotti , . Pisani co. Almor III. . . . . . Querini Stampalia (Pia Fondazione) . Rawdon Brown. . . . . . . . Reali (de) nob. comm. Antonio, senatore Ricco cav. Giacomo. . . . . Salvioli cav. Giovanni. . . . Sardagna (de) nob. cav. Giovanni Scoffo dott. Luigi . . . . . Scolari dotto cav. Saverio, prof. nella r. Universit di . Societ dell' Unione. . . . . Soragna (di) march. Raimondo. Soranzo co. Girolamo . Tessier cav. Andrea. . . . . Thomas dotto Antonio. . . . Torelli co. comm. Luigi, senatore. Treves de' Bonfili bar. Jacopo . Varisco cav. Francesco; sindaco Venier co. Piergirolamo . . Verona ab. prof. Pietro . . Villari comm. prof. Pasquale Visinoni Leonardo Antonio. Wcovich Lazzari Commeno cav. Michele. Zannichelli Nicola, libraio Zannini cav. dotto Giuseppe. . . . . . Veneria Veneria Passeriano Veneria Veneria Padova Verona Milano Vienna Veneria Veneria Veneria Padova Veneria Capodistria S. Daniele Udine Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Veneria Pisa Veneria Parma Veneria Veneria Veneria Tirano Veneria Pordenone Veneria Veneria

Firenre
Veneria Veneria Bologna Veneria

INDICE.

Memorie OI'ItJInait.
La vita e le opere di Domenico Bordlgallo (Francesco Novatl)

Pago

,,(Documenti) . . . L'Archivio della Camera Fiscale di Verona al cadere della Republl. . . . . . . . . . . . . . ca Veneta (C. Cipolla) La Cronaca Altlnate, Studio di Enrico Slmo.afelcl (trad. di C. S.
"

5 32'7

46

Ronda) (Continuazione)
4. La Cronaca di Marco e la sua relazione colla Crono Altinate . 5. Contenuto e valore della Cronaca Altlnate. . . . . . . Istorla monumentale, letteraria, paleogratlca della Capitolare Biblioteca di Verona per mons. B. B. Carlo co. Blullarl. (Coni.) Cap. III. Dalla mortA di Bepne Mat1'ei al cadere del secolo XVIII (1155-\199) . . . . . . . . . Ricerche storiche intorno alla chiesa di S. Anastasia in Verona.

"

54 294

12

ICarlo Cipolla) (COfItifluaziont)

223
258

Un episodio della vita d Torquato T8880 (Attillo Portloll).

. ..

Le Rubriche dei Libri Mi,ti del Senato perduti, trascritte (B. Glollo)
Flandl'ia, Fraflcia. Angla, Maiorlca, Y,paflia et Arogonia. . . Di,armatum flafJigium . . . . . . . . . . . . . . . Ordine, nOfJigandi in general ,umpt cum armati' et di,armati,. 8gypllu et terre Soldani, Alea:aflrla elc.. . . . . . . . . Coroni et Motloni . Docomenti per la storia della Zecca Veneta (COfit. eftne) \V. Padovan)

90

.,

102 l IO 110 113 118

..bIeddoU 8COrtei e Le&&erari.

LXV. D(Jicile' fluge (R. Fulln). . . . . . . . . . LXVI. Ricerche sulla tomba del doge Enrico Dandolo a Costantinopoli (C.)

131 357

Lettere di Carlo Goldoni coo proemio e note di Ernesto Masi lB. Dc

.olonl Bonatro..). . . . . . . . . . . . . . . . .
Ollndo Ouerrinl. La vita e le opere di Gulo Cesare Croce (C. Franzl).

135
143

"

46()
Dell'assedio di Cremona (1446). Cronaca inedita di Maladobato ~om' mi (F. Novatll . . . . . . . . . . . . . . . . . pago Opere della bbloteea nazionale publicate dal cav. Felice Le Monnier e succ. descritte ed \li. da Camillo Raineri Biscia (C. Fra_zl) . " Raimondo di Soragna. Yittoria. La rivolta e l'assedio di Parma nel 124'7 lC. Fraazl) . . . . . . . . . . . . . . . . ., Micbel Rervet, Portrait-caractre pnr Henri Tollln ecc. (G. De Leva). Glorie Veni-te, Versi dell' avv. G. B. Lautana (G. Plermartlal) . . Il generale Alfonso La Marmora, Ricordi biograftciper Giuseppe Ma883ri IG. C.). . . . . . . . . . . . . Attilio Portloli. La Zecca di Mantova. Parte l e Il (C. F.). . . . . Anna Maria Sforza sposa ad Alfonso d'Este IC. F.) . . . . . . Mlchelt> Camo Le tarsie pittoriche di fra'Giovanni da Verona nel coro degli Olivetani in Lodi (Carlo Cipolla) . . . . . . . . . " Prlvilegien steierrn. Stiidte und Markte von D: Jos v. Zahn (Carlo 145 148 150 151 157 159 163 166

360
3tH 3G2 36:1

C1potta). . . . . . . . . . . . . lC. Fraul) . . "

Treviso e Vicenza, due documenti patrI (C. Clpotta) . . . . . . Della vita e delle opere di I.odovico Castelvetro per Attilio Ploneher

"

'arlea.
Intorno all'ultimo lavoro di G. B. Giuliani (prof. ab. G. Poletto). Gli Arr.hlvl Not.nrlll negli ArchivI di Stato IC.'. . . . . . . Di ulcunl doni fatti recentemente al Civico Museo di Venesa (R. F.\. Farlnell (G. Salvlol1j . . . . . . . . . . . . . . .
(.OIII.-e. . .r .....I.

167

186
365 394

Pietro K&tenlle Selvatico (Pietro Mugna) Antonio Mikelli IR. Fulla). . . . .

189
199

A1U della R. Dep1J1aslone "e.eta di SCOria Pab'la.


Adunanza generale straordinaria del 15 decembre 1879. . . .

203
208

Yita Riccio,.di Comitll (C. Clpotta).

. . . . . . . . . .
"

Fonti per 18 storia della regione veneta al tempo della dominazione longobarda (Carlo Cipolla) . . . . . . . . . . . Elenco dE'gli associati alla nona annata dell' Archivio Venetc .

40-1

GIOVAN~I BIANCHI, Oere,..te N!IPOIIIQbile.

ARCHIVIO \JENETO.
TO\IO Xl. - PAUTE I.

ARCHIVIO

VENETO
PUBBLICAZIONE PERIODICA.

ANNO DECIMO.

VENEZIA
TIPOGRAPIA DEL COMMERCIO DI MARCO Vl8BNTINI

1880.

I8TORIA
MONUIENTALE, LETTERARIA, PALEOGRAFIC,t
DELLA

CAPITOLARE BIBLIOTECA
DI VERONA
PER

MONS. G. B. CARLO Co. GIULlARI CAN. BIBLIOT.


( Cont. del Lib. Il, 810,.;4 Letteraria. Vedi Tomo XIX, pago '72).

CAPO IV.
NfI,Of)i ,tfl,tU

e Il a pri fii a

fii

e t tle l S, c. X I X.

(1800-1856). Guerre assai grosse e desolanti funestarono l'ultimo lustro del Secolo XV111, e quasi tre del vegnente ; sturbati i pacifici ozi, tanto favorevoli agli studi, dal frequente rimbombo del cannone, e pi assai dalle stragi, espilazioni, e distrette d'ogni maniera. Disperse le doviziose Biblioteche Monastiche, la Capitolare tuttavia restava; ma, come ho narrato nel I Libro, non intatta, s\ monumento anche essa di tristezza, perch di molti suoi preziosi Cimell spogliata, e per l'universale acoramento degli animi diserta di cultori. XXXXI. - Unico de'nostri che in cosiffatto luttuoso periodo siasene giovato stitIto il Ca". Carlo Ro,mini. Nel suo bellissimo studio biografico letterario intorno alla Vita e alle Opere del nostro celebratissimo GuariM, e de' luM tlilClpoli, che pubblicava in Milano 1805,06, tre vol. in 8, molte sono le notizie aneddote e preziose, ch' ei traeva dai Codd. Capitolari, come apparisce sopratutto dalle copiose AnMtazioni poste in calce a ciascun libro. Sui pregi di que8~' opera del Rosmini parlai __ lungo pel mo lavoro J),ll~ l,ttl

'l'atu'I'a Ve'l'onese al cadere del sec. XV, e deUe sue opere a stampa,
Bologna 1876, p. 280-302, dove ho recato una pi larga notizia delle opere uscite a stampa, o rimaste ancora inedite ne' mss., del Guarino. Nella dotta Germania sorgeano chiarissimi letterati, che volto lo sguardu alla nostra Biblioteca, miravano a nuove investigazioni sui Codici Capitolari, coronate di assai felice scoperta.

XXXXII.- Un breve frammento de Inte'l'dictis, gi pubblicato dal Maft'ei (a p. 90 degli Opuscoli aggi'lDti in Appendice alla sua Storia Teologica), che trasselo da una membrana Capitolare, fu lieve scintilla, che raccolta studiosamente da alcuni dotti dovea presto levare sfolgorantissima fiamma. In quel frammento intravide, quasi divin il Maft'ei alcun che di prezioso, in quo antiqui Jurisconsulti

inte'l'pretatio kabebatur, aut compendium quoddam Justiniani Institutionum: ed altrove avendone prima fatto cenno, tanto lo reputava degno di estimazione, che dove ne fossero conserfJati i codici, niente si ka in tal genere, cke loro si potesse paragonare (1). Ora il Prof. Cristo Gott. Haubold cii Lipsia richiamava l'attenzione degli
studiosi, massime dei Giureconsulti, su questi cenni del Maffei, e sul frammento da lui recato, coll' opuscolo o Dissertazione Accademica: Notitiafragmenti Veronen8is de Interdictis, Lipsiae, 1816, in 4:' preso in esame il testo dato dal Maft'ei, riempiute le lacune, con belle osservazioni.

XLIII. - Intorno a quest' epoca medesima il Consigliere G. B. Niebkur, dotto filologo e giureconsulto, e storico Prussiano, rel

candusi Ambasciatore da Berlino a Roma presso il Pontefice, visitava le primarie Biblioteche d'Italia. e sugli appunti ricevuti dal chiarissimo Prof. de SafJigny faceva sottili investigazioni dove era traccia si trovassero documenti dell' antica Giurisprudenza Romana. Sift'atte ricerche stavano assai a cuore del SafJignll, gi troppo ben conosciuto per la sua Isteria della Giurisprudenza Romana nei bassi tempi, e che in unione ai dotti Eicbhorn e Gi:ischen dava in lnce un Periodico per la Storia della Giurisprudenza. Il Niebhur fn a Verona, e preso in esame il Codcetto, App. al N. I, di quelle poche membrane raccolte insieme da Mons. Gian Giac. Dionisi, vi trov (al fol. X) la pagella donde il Maft'ei trasse ilframmento de Inter(1)
MAFFEI ScIPIONE, Verona IllUII,..,

Parte III, capo VII, col. 251.

7
dictil; giudic fosse uno scritto de' tempi anteriori a Giustiniano, affermando egli il primo ad 6fJidenza da non por8i tampoco i1& dubbio che esso era un frammento delle 11tituzioni di Gajo: del celebre Romano Giureconsulto, fiorito sotto l'Impero di Caracalla, contemporaneo di UIpiano, di Papiniano, e di Paolo. Trattane nuova e pi fedel copia, con erudite illustrazioni e note mandavala al Sa1Jign1l. il quale si affrettava ad inserirla nel suo Giornale, aggiuntevi osservazioni proprie, e del Goscheu (1). La notizia divulgata pe' Giornali letterari d'Europa, destava un vivo interesse non solo, ma s alcuna tenzone fra i dotti di Allemagna, Heise, ed H"fIo di Gottinga esposero le loro critiche in altro fascicolo del soprallegato Periodico: H"fIo riprodusse il suo giudizio nei N. 202, e 203 delle Notizie letterarie di Gottinga. dove mirabile trovare una acerba censura fatta ai Veronesi per avere ignorato iI prezioso frammento: quasi non fosse abbastanza conosciuta la notizia datane dal Maffei pel primo, nella Verona llltlItrata, e la stampa eziandio del frammento negli Opu8coli in Appendice alla Storia Teologica. Anche HaulJold accrebbe il suo primo lavoro, p. parve inchinato a preferire la lezione del Maffei a quella di nuovo recata dal Niebuhr, vieppi ribadendo le ragioni, onde si facea manifesto l'inapprezzabile "alore delframmento Verone8e. Anche d'un altro frammento. che sta in quelle stralciate membrane dal Dionis raccolte, ai fogli XI e XII, avea fatto cenno il Maffei, e stimatolo un brano delle Pandette, e recatene alquante linee a saggio. Diligente e pi larga trascrizione ne fecc il Niebk",r pubblicaudola nel soprallegato Periodico del Savign1l" fu ritenuto contenesse alcune note sui diritti del./lsco. Siffatte ricerche e studi spianavano il cammino a molte scoperte di ben grande importanza. Angelo Mai, Bibliotecario dell'Ambrosiana in Milano, avea desto nel mondo letterario una nuova maniera d studi oe' Codici. Fino a lui non si avea dagli eruditi posto mente che a pur cavare tutto che nelle antiche membrane ci venia proferto dalla manifesta scrittura dell' amanuense , secondo che egli aveva compaginato il Codice, e dataci a leggere l'una o l'altra opera de' nostri vecchi Autori. L'ingegnoso giovane Bibliotecario, a modo di chi non pago di quanto gli fruttava benigna la terra alla superficie, affonda le indagini sue per iscoprire alcuna preziosa mi(I) Zeit,c"'rijt fur gesrhiclltlicke Recktl7IJi8lemchaft, tom, 111, p. 140-146, 150-11)8, 16:>-168. I

8
niera nascosta, osservando come segnata mente ne' Codici pi vetusti per difetto di pergamene eraai lavata o raschiata l' antica scrittura, e sovrapostane una nuova, coll' aiuto di reagenti chimici si adoper ravvivare il deterso e quasi scomparso carattere. Questo semplice suo pensiero, o dir meglio intuizione divinatrice, riuscivagli feconda di bellissimi trovati, incremento amplissimo n'ebbe il patrimonio antico de' Classici Greci e Latini; onde, a volerne ricordar solo alcuni, il Frontone, l' Omer, Cicerone, 8immaco, Oesoonio, Pediano, Plauto ricomparvero al pubblico pi integri, di miglior veste adorni, e con isfoggio di nuove opere. La Biblioteca Italiana, illustre Periodico di qne' tempi, cos commendava le glorie dell'acuto e felice scopritore, aver egli in quattro loli anni arricc1l.ito la tetteratura ekusica d'un maggior numero di opere prezio8C itUdite, di quello che li liafatto in tutta l'Europa in un Secolo (1). Tanto poteasi dire all'anno 1817: or quale encomio aggiungere dopo le scoperte ne' successivi anni, dopo che l'illustre Bibliotecario dall' Ambrosiana passava al governo della Vaticana, n la sacra Porpora onde fu decorato lo tolse punto dagli onorevoli studi, fino all'ultimo di UOl\ longeva e robusta et '? Sul conto delle quali scoperte ne' Codici rescritti, o palinlelti che vogliam dire, mi sia consentita una storica osservazione. Non certo a scemare il merito sommo che s'ebbe in questo Angelo Mai, s per non defraudare quello di una commendevole iniziativa, ad altri dovuta, n parmi avvertita abbastanaa, osserver come di cosiffatta maniera di Codici avea gi parlato per primo il Maffei. Membrane ho 088e'l'f)ate, cos egli. nelle quali per far nU01.'a Icrittura si lavata gi l'anteriore, che c'era (2). Ed in altro luogo spouendo alcune sue viste sulle membrane Capitolari, che portano il Sulpicio Severo, Cod. Cap. XXXVIII (36), in iiI (membranis) ret denuo Icribi pallet, Icriptura allterior lioe ab/ata est, sive abrasa : verumtamen tenuiSGima vestigia rimari non deatiti, atgue ret tranllucida jlerent lumini uaque adeo objicere, donee maioribus et elegantibul litteril Institutiones ibi olim perscriptal intel/eri (3). Ambedue queste note erano io mano dei dotti; n credo osar troppo affermare certamente adocchiate dal Mai, onde in lui venuto l'eccitamento 8 quelle ingegnose ricerche ed applicazioni, di che la republica letteraria esult, e trasse larghissimo guadagno,
(1) Fase. d' .dgolto del 1817, png. 220. (2) MAFPEI ScIP., negli Opnseol In Append. alla StCJn'a Teologica, p. 57. (3) Nei medesimi Opuscoli, ~g, 90.

9
Sull' esempio del Mai auche il Niebuhr nel suo viaggio per Allemagna ed Italia andava studioso in traccia di siffalti Codici re,crUti: a Ini pure, che dottissimo era, oveano esser conti i due soprallegati paragrafi del Maffei. Per aeguitando la sua ricerca ne' Codici Capitolari gli venne a mano il segnato al n. XV (13) contenente le Epistole di S. Girolamo, e lo vide quasi da capo a fondo rllcritto. Svolto avea tutto quel Codice anche l'Ab. Domenico Vallarsi, ma inteso alla stampa del S. Girolamo non pose studio che al bellissimo e antichissimo testo delle sue Epistole. Il Niebuhr nella breve sosta che fece di due giorni iu Verona pot con molta pazienza trascrivere due sole pagine, bagnando la membrana con infusione di galla, e le mand tosto al Savigny, accompagnandole di sue osservazioni: essersi egli oggimai assicurato che il foglio de 111.terdictis gi noto, e quelli del palinsesto Capitol. XV (13), erano stati scritti dal medesimo amanuense, dare la stessa opera: abbandonava il primo suo felice e giusto pensiero che fossero le I8tituziofii di Gajo, la sospett invece ignota opera di Ulpiaflo. Inseriva il Savigny nel suo Periodico (1) la copia e le osservazioni del Niebuhr, quelle ancora dell' Heise e dell' Ugo, fermo per a sostenere che s\ il foglio de Interdictis come quelli del palinusto contenessero le I-

stituzioni di Gajo. Duolmi per amore di veri ti, dover appuntare il Niebuhr di una
asserzione, sfuggitagli forse inavvertita dalla penna, forse per soverchio compiacimento della fatta scoperta. In quella sua lettera espositiva al Savigny afferma che, prima di lui, ignora1)asi al tutto fOlSe palinusto quel Codice. Ora nella Bibliotlteca Manuscripta Capitularis del Masotti, la quale come ho detto, massime nella descrizione dei Sacri Codici, ' tutta integra opera del Maffei, dove si parla del Cod. XV (13) contenente le Epistolae S. Hieronymi, COil1 sta scritto: Multae ea: cltartis Codicem alium constituerant, dilutis si-

quidem anterioribus litteri ac deletis; quae nunc cernuntur superinductae sunt, quod et in aliis Codicibus animadfJerti pluries, prima 8cripturae satis se prodente 1lestigio: ac si antJuitus adeo infrequentes occurreren: ooiuae pee, su nis! alterius interitu no'DUS liber oriri non posset [2]. Non so risolvermi a credere che al Niebuhr
fosse incognito il Catalogo Maffeiano, scritto cos nettamente dal Masotti, e che stette sempre nella Biblioteca, guida sicura, e sempre
(l) Nel fasc. l del tomo III.
(2) Bibliotll. m68. Capit., tomo l, p. 62.

la
offerta ai dotti che la visitano. Mi parve debito di giustizia, e secondo verit, nel ribattere questo asserto dell' illustre Prussiano, rivendicare nuova gloria al nostro Maffei; la quale non gli venne disconosciuta in seguito dallo stesso editore del Gajo, affermando

,!uamquam Codicem ex pa/impsestorum numero esse Maffejum minime fugerat (l).


Intanto la Reale Accademia di Berlino, troppo anelando dar piena luce alla scoperta de' suoi dotti, designava due dei pi celebri soci il BeUer ed il GIl,che."" commettendo loro di compiere l'opera iniziata dal Ntebuhr. Il Go,chen ne scrivea subito da Berlino al Bibliotecario Capitolare Mons. Bartolomeo co. Guarienti, in data 17 Gennaio 1817, e stimo opportuno recare per intero la Lettera, dulia quale apparisce la cortesia di que' letterati uomini, e la buona accoglienza che alla prima visita lor fece il Capitolo (2). Al cadere del Maggio erano in Verona. Li accompagnava una larga commendatizia della R. Accademia Berlinese diretta al nostro Vescovo Innoceuso Liruti, ben noto anche in Germania per la sua vasta dottrina, massime nel J us Canonico; pur questa allego in calce :3). Altre lettere avevano di onorevole commendazione per Sua Ecc. il Veneto Governatore Conte di Goes, ed il Barone de Lederer Delegato in Verona: li favorivano con ogni maniera di cari uffici, e gentili accoglienze i nostri Ab. Giuseppe Zamboni Prof. di Fisica, famoso per la SUIl scoperta della Pila a secco, onde l'Elettro-motore perpetuo, e il Co. Ignazio Bevilacqua-Lazise nella Storia, e Statistica, e scienze Naturali assai versato (4;. Come fossero dal Capitolo Veronese ricevuti i letterari messi di Prussia, e quanto restassero satisfatti nei loro desideri, amo riferire con le parole stesse del Goschcn : Cum autem a Refierendissimi Ca-

pituli decretis penderet suscepti operis efientus, illud nobi omnium ma:cime eeoptatum contigit, quod Re'lierendissimi Domini Marcltio",is Dionllsii Caroti Dionisii, sedis Episcopalis Vicarii. Generalis, et Refi8r8ndi88. Comitis BartltOlomei Guarienti Bibliotkeca8 Capitularis Antistiti, fJirorum omnium kumanitatis dotibus insignium, benivol,ntiam nobis conciliafiimus. Tanta imprimis excellentissimi Comi(l) Nella Prefazione alla stampa del GAJO, Beroliui, 1820. a p. 'XI.

(2; Docum. N. XLY!. (3) Docum. N. XLVII. (4) Sulla scoperta del Codice di Gajo discorre il cb. istorico CESARE CANT, 1116,.. Uni, Racconto, Epoca YI, cap. XV, tomo Il, p. 798, della cdiz. VII. Torino 1848.

11
ti" Guarienti erga no" fuit eomita, tantaque lilJeralita", Nt nulla, qua cOfUilia noatra promotum iri aentieoat, moleatia grafJari f)itleretur (1).
Trovo nota, che a ravvivare i dilavati caratteri usarono l'i-

droaulJ'uro di ammoniaca, ravvalorato all' uopo dalla soluzione della noce di galla. Valenti chimici consultava dianzi il Capitolo, testimonio il chiarissimo Prof. di fisica l'Ab. Zamboni: alcuni saggi davano buona guarllntigia, che il reagente adoperatosi non avrebbe guasto il Codice, messo cos alla prova, ad una dir come scientifica tortura, onde ci rivelasse quanto chiudeva nascosto. Se col trascorrer degli anni ebbesi a ravvisare con troppo dolore, un effetto ben diverso, contrario anzi a quello che si pensava: se il Codice Capitolare oscuravasi a poco a poco, e poscia, in alcune pagine sopratutto, annerivasi per forma da non consentire pi nuova lettura, da togliere ogni speranza di recensione novella, parmi soverchio apporne severo biasimo e crudo, cos ai dotti Prussiani, come al Capitolo Veronese. Ogni savio trover in questo fatto ripetutnsi una legge fatale, che qualsivoglia arduo e insieme utile imprendimento richiede i suoi martiri: e martire illustre della Paleografa amo appellare il nostro Codice. D'onde per venisse il maggior guasto, dir in seguito: non certo dai primi esploratori, e trascrittori del Codice. Dopo faticosissimo e lungo lavoro, Del quale oltre al Bekker ebbero 108U9 anche i Professori Hollweg, Buttman, Savigny, ed il Goschen, usciva nel 1820 da Berlino un bel volume in 8. 0 , col titolo: GAII lnatitutionum Commentarii l V, e Codice rescripto Biblio-

thecae Capituli Veronensis, auspiciis Regiae Scientiarum Accademiae Borussicae nune primum editi. La stessa R. Accademia lo dedicava, con assai cortese lettera, al nostro Capitolo: Veatro merito, vi si legge, debetur infJentum, quod in mazimia inde ab inata,uratione liteerarum eat memorandum. Vestrum eat quod notla lu:c kis litteria effulait, quodque 'Delut nOlia aeta Juriaprudentiae Romana nunc aurgi!.
H volume apresi, dopo la Dedica, con la Prefasione del Goschen, nella quale la storia dello scoperto palinselto, e come verificata opera di Gajo, e dettovi dei chiarissimi che vi dedicarono intorno accurati studi. Si tocca ancora d'altri documenti di antica Giurisprudenza esaminati nella Capitolare; come a p. LXl le due
(1)

Nella cito Prefazione, pag. XVII.

12
membrane N. XI e XII del Codicetto, Appendice al I (1), raffazzonato dal Dionisi, publicando in calce al volume stesso, a pago 341348, il:

a) Pragme.tum fJeteri" Juri" con.tUlti de Jure Pi,ci.


Seguitando a dire 'della Prifazione a p. LXVI, rendesi conto delle trf membrane rucritte, inserite nel famoso Codice Capitolare XXXVIII (36), che ha il Sulpicio Severo, nelle quali intravvidero (come dianzi aveva gi indicato Maffei) alcuni frammenti delle l .. ,tituzioni Giu'tinianee: pare che ne prendessero copia, senza per darla fuori. Di assai maggiore importanza manifestavasi l'altro Codice Capitolare LXII (60), in cui notarono su molte membrane re,criete di assai vecchia scrittura buona parte del Codice Gitutinianeo, con aggiuntivi Scolj Greci: ne discorrono a p. LXVII, affermando

gUflntum ad Ju,tinianei Codici8 cri,in momentum afferre p088it Avj,," libri manu8cripti accurata collatio: recansene due saggi. Vedremo in seguito come il eh. Prof. P. Krueger ci donasse una completa
illustrazione di questo Codice.

b) Con'titutionu Graeea fra!lmentum a p. LXXI, due mezze


pagine soltanto.

c) Scholiorum Graecorum, quae eod6m Codic6 contin6ntur 'p6cimina, a p. LXXIII, due pagine.
Noter da ultimo come la bella edizione prima Berlinese di

Gajo vada ornata di tr Ta. incise coi fac-,imili dell' antico nostro Codice, di cui eziandio recasi l'alfabeto, e alcune principali ,i!Ile, poi del sovrascritto delle Epi'tol6 di S. Girolamo, e delle due membrane d6 Jur Pisci.
Avanti di procedere nella sposizione storica degli studi fattisi in questo secolo sopra altri Codici Capitolari, parmi debito accennare un breve scritto uscito in Verona, che si riferisce appunto alla scoperta del Gajo, e parla della nostra Biblioteca. XLIV, - Il Conte I!I'(UJzio B6fJilacqua-Laziae, che aveva tenuto dietro con amore all'opera dei dotti Prussiani, e favoreggiatala non solo di cortesie, ma ancora di particolari aiuti (come col disegnare accuratamente i di versi fac-'imili, che poi diedero incisi) (1) mand al pubblico un suo libretto: Notizia d'alcuni frammenti di antica Giuri,prutlenza Romana, ,coperti nell' anno 1817 fra i Codici della
(1) Lo dichiara il GliSCHEN nella sua Prefazione a p. XVllI, e vi sta il nome segnato m calce alle Tavole.
8UO

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biblioteca del Capitolo Canonicale di Verofla, Viceuza, 1817, in 8. 0
Unico libro Italiano che ne parlasse di proposito, con aggiuntevi brevi notizie storiche sulla Biblioteca nostra. Ne rese conto onorevole il Periodico Milanese lo Spettatore (T. X, p. 443). XLV. - Essendo Prof. di Botanica e Agraria nel R. Liceo di Verona il sig. GiOfJanni De'Brigfloli di Bru/4'f1,ko.lf, visitava a quando a quando la nostra Biblioteca, e vago di letterarie notizie, avutane licenza dal Capitolo, dava in luce una Novella di Lionardo Bruni Aretino, Verona, 1817, tipo Mainardi, in 8.", che trasse dal Codice Cap. CCCCXCI (335;. Nel Codice leggesi: raccontata da un no,tro jlor,ntino, e stava gi impressa senza nome d'autore nel Libro di cento NOf),lle, e di belparlaregentiie, Firenze, 1572. Il nostro Professore con ingegnose osservazioni la attribuisce all' Aretino, e vi aggiunse le varianti lezioni sul raffronto delle pi recenti ristampe, con una promessa di venir pubblicando altri aneddoti: promessa che non pot attenere, traslocatoai altrove. L'opuscolo di poche pagine, ma raro, non essendosene tirati che 258 esemplari; dei quali due in pergamena, uno nella Biblioteca Patriarcale di Venezia, 1'altro nella Trivulziane, e 6 in carta colorata. XLVI.- Avido di scoperte, n sazio delle preziose gloriosissime fatte nell' Ambrosiana, Angelo Mai onorava di sua visita verso quest' epoca la Capitolare. Pi volte in seguito, singolarmente nelle Prifazioni ai molti volumi pubblicati da quel dottissimo (1), ne discorre, ora maravigliando la preziosit de' Codici, ora accennando ai diversi pali1U88ti di che la trov ricca, ora lamentando la breve sosta che gli fu consentita di fare in Verona, e per lo scarso frutto che pot cavarne. Non per cos'I scarso, che debba da mc pretermettersi; e lo vengo sponendo, 1. In questa sua prima visita alla Capitolare per luperiori, Autumniferia, (cos leggesi nella Prifazione al libro, del quale dar subito conto), cio nel 1818, lasciato da banda ne' Codici palin",ti presi in esame e studio a docti, Germani', gli argomenti estranei alle sue ricerche (2), pose l'occhio (3) al Cod. XL (38). Sotto alla bel(1) Nel val. VII, Alletor. Clallicor. Romae, 1895; nella Rtp"blica, e nel Frontone. Romae, 1846; nella :"ova Patrum Btblioth, al voI. 1, p. XXI e 383; volume m, p. IX. (2) Vedi MUTTI, Elogio di Ang. Mai, a p. 30. (3) Lo cita col. n. XXX VIII, scambando la cifratura arabica con la romana.

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lissima e vetusta scrittura longobarda dell'VIII secolo, che contiene parte de' Morali i S. Gregorio, discoperse larghi frammenti della Bucolica, Georgica, ed Eneide; di cos antica mano, da assegnar loro UD posto glorioso fra mezzo ai Codici Virgiliani, Vaticano e Mediceo, stimata )a scrittura essere del sec. IV. Or mentre il testo di Virgilio procede in grande carattere Capitale nel mezzo della pagina, sopra e sotto, in pi minuto carattere, certo della stessa et, addocchi Scolj o Commenti di Interpreti, anteriori a Servio e a Donato, la pi parte non che inediti, s ancora sconosciuti. Erano presenti alla felice scoperta Mons. Vicario Gian. Carlo Dlons, ed il P. Antonio Cesari, a' quali per volge cos il Mai la sua lieta parola: mei gaudii et admirationis teste, appello: f)obis ego non modo

inspectantibus. f)erum etiam plaudentibus, coltortafltibu'que, egregio, Virgilii Interprete, qui ante Donatum et Ser1Jium inclaruerant, deinde injuria temporum e:cole'Derant, e pa/impsesti squalore et tefUbris paulatim in lucem eu:ci (in Prej.). Allega in Nota come pi tardi dall' opuscolo del Co. Lazise
venne in cognizione, avere il Bekker prima di lui qua discoperto Vigilianijrammenti: per quasi appartenessero alla sola Bucolica, mentre ei ne trov in buon dato anche della Georgica, e della Eneide. Senza occuparsi del testo Virgiliano, volse il Mai a questi Commenti lo studio, e parcamente usando de' mezzi chimici, tanto da non guastare le preziose membrane, li ricopiava con molta cura, e dava subito al pubblico in Milano: lnte'l"prete' f)eterll Virgilii Mar., ..4.spen, Comutus, etc. e Veronen,i palimp,elto, in un volume col Pltilonis Judaei de copltinije,to etc. Mediol., 1818, in 4. Riprodotti poi nella collezione Cla"icorum Auctorum , T. VII, p. 247-320, Ro-

mae 1835.
A suggello di questo Articolo dir come il Mai, nella stessa

Prejazione, chiarisce di istorico-Ietterarie notizie tutti i nuovi Commentatori da esso recati: pasci a al capo quid jaciendum supersit in Codice Veronensi, esorta con calde parole alla diligente pubblicazione del testo Virgiliano, con isplendore somigliante alle stampe del
Foggini, e del Bottari. 2. Nella Prejazione ad un' altra preclarissima sua opera, il libro de Republica M. T. Ciceronil, Romae, 1846, p. XXXI, dopo aver discorso dei nostri Codici palinlesti, e toccata di volo la importanza del testo Virgiliano soprallegato, cui conseguitano preziosi frammenti di T. Livio adjutura, editionel nobilitandal, .... nU1II ibi par, aliqua ilUditajorte delite,cat (che non v' ), si ferma al-

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quanto il Mai a ragionare di alcune membrane rescritte nel medesimo (l) Codice Capitolare XL (38), dalle quali -oeltementer opto, aggiugne: suscitarifragmenta Matltematici Latini, liueri apprime

pulcltris et 'Dalde prisoi eearata. Sane ea: ltis plagulis carie admodum terebratis ea:cerpta quaedam milti confeci, e viene allegando
alcuna singolar voce che vi lesse. 3. Fra i nostri Codici Greci, venuti tutti, come gi dissi e ricordo con riverente amore, per dono di Scipione Maffei, avvene uno, o dir meglio una sola membrana, al N. CXIX (109), di vetusta mano, del VII od VIII Secolo. Le schede Maffeiane la indicavano un fragmentum S. Cllrilli in Psalmos, che quell' indagatore avidiesimo, s\ per onesto, ebbe da chi aveagli promessa pi larga quantit di simiglianti membrane: lamenta di non aver potuto poi conseguirne alcun' altra! Dove soperchia si reputasse la mia nota di onesto messa ad elogio di quel grande, da sapere averla apposta io qui a bello studio, perch lessi test sopra un Giornale certa favoletta a carico di quell' intemerato uomo (2). La credo originata suli' acquisto della membrana di che parlo, quasi egli visitando un Monastero della Grecia (dove non fu mai ) adocchiato un prezioso Breviario di S. Cipriano, ne avesse strappata una pagina, e portata via di soppiatto. L'aneddoto storico-umoristico messo in bocca al Canonico Bibliotecario, che lo narra con ingenua semplicit ad un forestiero visitatore della nostra Capitolare. Torna pur necessario ismentire queste spudorate ciarlatanerie! ... (3) La Cirilliana pergamena cos\ singolare e preziosa, che dove esistesse il Codice cui apparteneva, non potrebbe rimanersi occulto, e disvelata la ciurmeria di chi l'avesse cos\ mozzato. Ora visitando il Card. Angelo Mai la nostra Biblioteca (4) nel 1844, inteso ad emendare e crescere la stampa deUe opere Cirilliaue, dopo le gi publicate nel T. X Classicorum Auctorom, e nei IV e V dello Spicilegium Romanum, vide qui la famosa membrana, e il cenno breve illustrativo fattone dal Maffei. La riconobbe contenere il Proemio al Commentario di S. Cirillo in Psalmos, quel medesimo Commento che si accingeva di mettere in luce dai Codici
(l) Citato anche qui erroneamente con la segnatura XXXVIII (36;. (2) Il Giornale iltuetrato, 1865, N. 13, pago 104. (3) All' art. dell' umoristico turista rivide per bene le buccie un anonimo in Appendice alla Gazzetta di Vel"Ona, 1865, N. 93. . (4) Nei giorni 22 e 23 Ottobre, tratte~endovisi per parecchie ore; cosI trovo annotato.

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Vatican i : ne' quali tutti, sebbene di et pi recente, mancava il Pr06mio. Usciva il prezioso aneddoto in luce col fac-simile a p. 143 del suo T. III N01)a Patrum Bibliotkeca Romae, 1845, in fol. (l): ampia collezione di inediti sacri, che incominciata nel 1844 col II volume, e continuata via via auspice il S. Pontefice Pio IX sino al numero di sette grossi volumi in foglio, chiudevasi nel 1854: il I volume ha la data del 1852. 4. Pi importante pubblicazione fece il Mai, dico relativamente a' nostri Codici, in questo I Volume della N01)a Patr. BilJliotk., che tutto ricco di inediti sconosciuti Sermoni di S. Agoltino. Oltre ai Codici della Vaticana, e Sessoriana, che gliene profersero in buon dato, ben n01)e Sermoni uscivano la prima volta in luce dalla Ca~i tolare. Gliene aveva indicata la traccia il Maft'ei, allegando nella Veron Illultrata (2) fra' Codd. Capito tre Sermoni di S. Agoltino, di buon colore, non pi 'D6duti: ed altrove Di'DO Augultino mtlleae lfC

!til membranis dedicantur : led pr6cipuae lunt eju, Sermotul 'Darii, in Codicibul interspersi, quorum quatuor in/er 6ditOl kaud rep6 rio (3). Di questi preziosi documenti stavano memorie e copie anche
nelle schede Balleriniane, conservate nella Biblioteca de' nostri Padri Filippiani, ora nella Comunale. Pi diligenti, ed in pi largo numero di Sermoni le conseguiva il Mai, con pieno favore del Capitolo, bene lieto e onorato che le sue vetuste membrane venissero a crescere il patrimonio delle Sacre lettere, e per opera di tant' uomo. Nel detto I Val. inseriva quattro Sermoni, ed un/ramm6nto (p. 385 394), tratti dal Cod. Capito LIX (57): ed altri cinque (p. 394-404) dal Cod. Capito LXXVII (74), con preziose fJarianti di altro Sermone gi pnblicato: d'ambedue i nostri Codici univa il/ac-limil6. Due frammenti dava pure in luce in questo medesimo Val. a p. 493, 496 dal primo Cod. Capitolare LIX, che risguardauo a Virgilio Tap'6f&le, ed a S. Cirillo. Ricordai in addietro la bella Lettera, che l'illustre Cardinale spediva da Roma ai 19 Marzo 1846 al Capitolo Veronese, in testimania di grato animo per la gentile accondiscendenza a lui fatta (4). 5. Nel VI VoI. di questa sua medesima NOfJa Patrum BilJliotk., alle Greche e Siriache Bpistolae/eltal6s S. Atkanalii, fece conse(1) Ral1'rontando la stampa con la nostra membrana, rilevo tre errori corsi, per li credo da attribuirsi al tipografo. (2) MAPPEl SCIPIONE, Ve,.. Ill., Parte IlI, capo VII, col. 247. (3) MAFFEI ScIPIONE, OpUle. Beelel., pago 82. (4) Docum. N. XLII

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guitare il Ol"otIuoti Allaulia.tHlt, scrtto sotto al Vescovo Teoftlo, e che Maffei aveva prima pubblicato (1) dal Cod. Capito LX (58). Il quale prezioso laeino documento d molta luce all' altro CM01Iico. Siriaco che precede, e molte lacune isteriche vi riempie, ceter()qui quitlgwid erat in Lati.o Ckronico ad re' Alnallalii fIO. pef'ti.'.', praetef'1l&i,imu: cosi suggella il Mai la sua breve avvertenza a pago 161. Da lettere e memurie che mi vennero sott' occhio p08S0 dire, come l'illustre Porporato, dove gli fosse bastata non pure la vita (che lunga operosa gli consentiva benigno Iddio), ma non fossero sorvenuti pi nralagevoli tempi, disegnava pescare novellamente nella nostra Biblioteca alcun altro Aneddoto, da arricchirne la sua vasta collezione. Certo addimostr prediligere la Capitolare di peculiarissimo affetto, lasciandone morendo una luminosa testimonianza col dono di tutte lE! sue Opere a stampa: come ho narrato Del I libro al Capo VII. . XLVII.-Un dotto Alemanno, Federico B1NfIU, nella sua Italica peregrmaaione rivolta segnata mente alla disamina deIle pi celebri Biblioteche ed Archi\'I, in cerca di vetusti Codici e Diplomi, visitava pi volte negli anni 1821,22,23 la Capitolare. Del'accogtensa ricevuta assai cortese, e degli studi che qui fece discorre (2) nel suo iter itali~m, Berlin und KaIle, 1824-36, voI. 4 in 12. U : debbo renderne conto, anche per annotare alcune singolarit, che si permise quell' erudito di esporre. Nel I VoI. a pago 247 dopo :ii aver parlato dei principali Archivi di Verona, e date alcune poco esatte notizie sul nostro, viene a dire delIe Biblioteche. e prima di tutte della Capitolare. Tocca brevemente (pag. 254) della sua antica origine, de' Codici ragunati da Pacifico, di alquante sommit letterarie che nei passati tempi la visitarono e pregiarono, affermando certissimo il fatto che il Capitolo Veronese abbia possedute fino dal IX Secolo i molti vetusti Codici, che gli sono rimasti ancora. Riferisce scorrettamente l'Epoca della nuova discoperta de' Codici, recandola all' anno 1731: credo solo errore tipografico in cambio del 1713. Lamenta poi la nuova cifratura e allogamento de' Codici, onde gli sembra pi malagevole farsi l'uso del Catalogo. Non saprei a dir veru di qual Catalogo
(1) MAPPEI ScIPIONE, nelle O"ef'1)Q:&iofll letter. t. III j e negli Opu,e. Beele,. (2) Tom. I, p. 38, e 2M-26:).

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intenda parlare il Blume: non dell' unico Mssottiano che esiste, ed egli il vide e ricorda, che mette sempre la cifratura in numeri Arabici di costa alla novella in numeri Romani. Sistema che diligente adottai, e fedele seguir pur io, annotando esattamente la doppia cifratura, con Tavola infine onde vederne la rispondenza, e agevolare il trovamento di qualsivoglia Codice riferito nell'una o nell'altra maniera (1). Anzi che lamentarsi del fatto, pare a me che dovessi encomiare il nuovo allogamento pi largo, decente, dei Codici, in ,Ii partizioni o scaffali, dove stavano prima in soli quattro. Nuova cifratura fattasi indispensabile, vuoi per questo novello allogamento, vuoi massime dopo i nuovi acquisti e doni, onde s'era incrementata la Biblioteca. N posso pretermettere un' altra osservazione, la quale non credo giusta, n onorevole in bocca di an dotto Alemanno: che cio

k 'coplr" Ma.fejane fJenillero apprezzate a8lai poco in Germania:


'010 dopo k ultime, efltrata la Capitolar Biblioteca nel glorio,o albo delk principali d'E",ropa (p. 260). Per quanto largo scalpore destassero le scoperte del Gajo, e dei Virgiliani frammenti, a cui allude senza dubbio il sig. Blnme, la dotta Germania, non meno che qualsivoglia altro colto paese, non manc certo di tributare grandi encomi, apprezzar giustamente i frutti copiosi e svariati, che dalla Capitolare seppero cogliere il Maft'ei prima, poscia i Bianchini, i Ballerini, il Vallarsi, il Campagnola, il da Prato, il Dionis ecc., cogli altri molti, de' quali ho descritti gli studi e le opere. Basta scorrere i vecchi Giornali letterari d'Europa, gli Atti di Liplia tra' primi, le opere di Paleografia e Diplomatica del passato secolo, e altri libri non pochi, per assicurarsi in quale considerazione fosse tenuta la nostra Biblioteca in fatto di Codici. Passando il Blume a narrare la scoperta del famoso palin,ello che contiene il Gajo, ed i meriti guadagnatisi per esso dal Niebuhr, dal Bekker, dal Gschen, dall'Hollweg, racconta (p. 261) come nelle due stagioni estive del 1821-22 erasi occupato seriamente di una novella recensione del testo sul Codice Capitolare, e riconosciuto vano ogni studio a ravvivare i dilavati caratteri, senza ricorrere all'aiuto di nuof)i reagenti cnimici, dacch non bastava la ripetuta semplice tintura di noce di gal/a, n l'altra del fegato di zolfo. Adoper quindi la composaona Giobertina di acido muriatico, e pru,,iato di pota88a, che dice avere appresa dal celebre Ab. Peyron. Il
(1)

Oocum. ultimo.

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risultato degli studl qui fatti sul Gajo verr da me esposto nell' articolo seguente, dove dir delle ristampe del medesimo, fino aIl' ultima aplendidissima del Prof. Studemund 1874. Continuandomi neIle ricerche del Blume sui pali.,e,ti Capitolari, quanto ai frammenti dejure jllci, e deIle Inltitutionl8, afferma. (p. 263) non poterai cavar pi di quello che fu gi dato al pubblico nella prima stampa del Gajo, e nel Prodromo di Tubinga. Vedremo nel corso di questa mia Storia quanto ne ritraesse ben pi il Professar Krueger. Viene poi a render conto (p. 263-264) dei diversi monumenti letterart contenuti nel Codice Capitole XL ,38). E prima del !l'. Li'Dio, annotati con molta cura tutti i fogli del Codice che ne conseeva i preziosi frammenti: l'Indice di questi fogli prometteva mandare al III Volume, ma usciva. in cambio pi presto, perch troppo diti dotti deaiderato, nel MUleo Renano, Benna, 1828, p. 336-343, dando poca speranza di ritrarne lezioni varie importanti. Sentenza pur questa, a vero dire, troppo ricisa j vedrassi quanto solenne utilit critica n' abbia cavato il celebre Mommsen. Poi del Virgilio, e insiste affinch si faccia il raffronto ancora inesplorato del testo, e la revisione degli Scolj gi publicati dal Mai. Seguita a dire del frammento del XIV e XV libro di uno sconosciuto antico Geometra,' le poche membrane che lo recano stima doversi collegare con quelle di Torino e di Milano: spera di poterlo avere trascritto per cura. del Signor Majer prima del suo ritorno in Germania. N preterisce da ultimo i pochi fogli di argomento jl/Olojlco, difficilissimi a leggersi, e che non sembrano promettere gran frutto. XLVnI.-GIi studt fatti da Fed. D/ume nella Capitolare mi riconducono al nostro Gajo, assegnando un particolare Articolo a descrivere quanto ad illustrazione dei Commentari del celebre Romano Giureconsulto venne pubblicato fin ora. A compilare questa nota dichiaro essermi giovato assai delle notizie premesse dal Bching alla. sua quinta. ristampa del Gajo, Lipsiae, 1866: lieto di poter mostrare come un solo Codice della nostra Biblioteca forniva campo sl vasto, occupava tanto numero di belle intelligenze. Divido questa speciale monografia ne' seguenti Capi: avvertendo che le edizioni del Gajo pi degne di osservazione, portano innanzi l'asterisco.

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Edlslonl del Ga.jo.
1. Btroltni, 1820, Rei".,r, in 8., con Tav. - Ne ho gi parlato abbastanza al N. XLII, qui basti averla accennata come lo prima edizione del Goeschen. Non parml doversi qui dimenticare, che il primo editore di un /rammtJlto del Gajo si fu il nostro 8cipione Maffei a pago 90 degli apU8C. Bcctes. in Append. alla sua Istort Teolog. Trento, 1742, in f. 2 Pari8ii8, 1822, in 8.. -- Con Fanjat lTlpiafli, le Reg"'ae ad "111m l'raelectionum. Questa ristampa fa parte della l"ri8 ciriU8 ecloga, publlcata da CaD1'roy de lo Crolx, e Blondeau. 3. Berolifli, IR24, Reimer, in 8.", con Tav. - Assai pi emendata, a cura del primo editore Goeschen, che nella nuova Prefazione dichiara essersi giovato della revisione fatta del nostro Codice dal Blume. Non poche ed assai Importanti lezioni varie furono quindi introdotte nello stampa; per se Il Blume leggesee bene, e bene interpretasse le nuove linee diacoperte, in diversi luoghi non pi dato rilevare. Nella prima trascrizione, fatta dai dotti Prussant, erasl aqopersto un mite ed innocuo reagente chimico; apparisce manifesto dalla giallognola tintura di che sono ricoperte lo rescritte membrane. Fu il Blume, che per assicurarsi di molte parole, e luoghi dubbi, ricorse a pi violenti mezzi e roviDosi; ne Stanno ahi! troppe e larghe le piaghe sul nostro Codice ! ..... Tanto confessa egli medesimo nel tomo IV del suo Iter ltal. (pag. ISSI ,affermando che lo soluzione Giobertlna composta di Ufla parte di acido muriaUco, e di l/a di pru88iato di pota81'a, in 8ei parti di acqua semplice, non fu sempre da esso adoperata nelle suddette quantit, sibbene alteratene le proporzioni secondo stim opportuno. Cosl le membrane da lui bagnate annerivano per forma, che dove ritocc il Blume, non per lo pi consentita nuova recensione. Del lavori per del Blume torner a dire. Ricordo qui un articolo critico BU questa edizione del 1824 nella Jenauclle Allgemaifle Uteraturuit"ng, 1825, pago 210-215. 4. Lip8iae, 1825, Hartmonn, in 8.0 - Cattiva ristampa della prima edizione. 5. Parisiu, 1827, Boule8, in 8. - Con la versione francese, di che parler in seguito. 6.. Berolini, 1827, Reimer, in 4.0 - Il solo Comfnu.tario IV, che Aug. Gull. Hemer con molta acutezza d'ingegno si arrischiava di restituire quanto era possibile alla sua vera lezione, con bel corredo di note. 7. Var8Qf;iae, 1827, t1lp. 8c1l01ar.l'inrum, in 8. - Il testo riprodotto sulla ll800nda edizione di Berlino. Con premesso un (JOfIImtflttlrio della vita e degli RCritti di Oojo per Romualdo Hube; il quale ricordo con vera compiacenza oosl cortese vlstando la nostra Bibliot. nel 1877. 8. Romae, 1829, f:J: tupograpllia Virgiliana, in 4." - Edizione procurata da Giuseppe Sarzana. 9. Berolifli, 1829, Reimer, in 4._ Con le 18tituz. di Giustiniano, e note critiche di Clem. A. C. Klenze, ed Ed. Beking. lO. BOflflae, 1830, MarctS8, in 12." - Questa edizione, che fu curata dallo Hl'ft't.er, forma la prima parte del COrpU8 [uris antei"8tifl., publicato con mutue cure dal Bethmann, Hollweg, BOcking, Hasse, Pugg. 11. Ptiriliil, 1832, Gobtlet, in 12. - Per U80 delle scuole, edizione economlcs.

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12. BO'Hlal, 188'1, MarcII', in 12. -Il: la prima edlz. curata dal Bllcklng. 19. Paril{{', 1898-39, In 8. -o,n le l.utuz. 1ft Giustiniano pel Blondeau; poco esatta. 14. BOfIfJIII!, 1841, Mareu., In 8. - Bdizlone cominciata dal GoeBcben, e dopo la sua morte com piuta dal Lacbmann. Si trova ancbe nel CorpUl Jum a,,ttjtllU". Bonnae, 18~1, in 4.. 15. BOfu.al, 1841, MarCUI, In 12. - Edizione seconda del BOckinll'. 16. Blroli"i, 1842, limtr, In 8. con Tav. - Si pu dir la terza edizione del Goesehen, compita da Carlo Laehmann, e novellamente riveduta con tanto ingegn088 critica, da rend81'Ia di tutte le precedenti stampe la pi pregevole per la parte filologica. 17. Parl'iil, 1844, In 8. --' Ediz. fatta dal Pellnt SII quella dell' Hetner ; usciva per solamente Il primo volume; I commenti sul Gaio, glll lmpromessl, e cbe doveano ullClre nel seeondo, non comparvero. 18. Liplial, 1845, Micle"e", In 12. - Nel tomo II della raccolta J_m o;. cilil promptll(lrlum etc. del Laboolaye; di ben poco valore. 19. 1/o"nol, 1850, MarCfU, In 12. - Edizione terza del Bllcking. 20. Pari,iil, 1850, In 4. - Nel Corptll J_ri, CifJtUI, ed. GlIlI!ll!et. 2\. Up,jal, 1855, Hirul, in 12 - EdIz. quarta dello Btesl!O Bl5cklng, l'riOrt"tII adcuratior. 22. Napoli, 1856-62, lflzuti e MOfVIlli, in 4. - Nel Corpo tl diritto, corredato di note del Gottotredo e d'altri, e versione Italiana, in undici val. In 4., a cura del Consg], Gio. Vignal), Il Gaio li qui prodotto secondo 1& edizione di

Parigi del 1844.


23. Vlrotta, 1857, AlltlJfIIlU, val. II, in 8. - Fanno parte di una Bi1Jliotecll Ilitlrldica, teorlco--pratica, che aveva preso a pnblieare un nosteo valente giu-

reconsulto l'avvocato Giuseppe Tedescbi. Dopo una erudita, forse un po' troppo ardita, lf1troduziolle ci donava ei per primo in Verona Il testo del Gajo, secondo la migliore edlslone d'allora, la Quarta del BOcklng, Liplinl, 1855, Ilf71ltO rlcor,o eziafldio ~ei ItlogAi dubbi al Codlce OTIglnale; per consultato ben poco. A rtscontro pose una nuova SDa versone Italiana: con annotazioni In calce ad ognuno de' Commentarl. 24 Lipsio, 1858, Ttu1Jfler, in 8. - Utile opera di Rod. Gnelst, col titolo; ln8titutionum et Rellulorum Jtlrll Romani Syntnllma; il testo di Gojo procede a colonna col raffronto delle l",/ituz. di Giultinjllflo ; aggiunto il libro di mpiailO, e le sentense di Paolo, con brev note del Gnelat. 2rl. BotlOfliae, 1859, .lEOil!i, in 8. -- Latino ed italiano per Franc. Lisi, con annotazioni; inoomputa , non usciva che solo il l vol., cbe contiene il libro I di Gajo. 26. Lipliae, 1861, Teubner, in x." - Nnova recensione di E. HUBCbke, cen8urata come talvolta IlOverrblo ardita. ma sommamente IngegnOll8, e per la parte lZ'iuridica di grande importanza. Sta anche nelia raccolta del medl'llfmo celtico JUN'Iprudentia anteitllti"ianea. Aggiunti ancbe i framm. t Jllre Jlci [p. 520-526). 27. Paristt, 1866, in 8. - NI'I Maflll(lle jtlN" IYfI01ltictlm, ediz. querta del Pellat. 28. Parlliil, 1866, in 8. - Latino e francese, per cura di Demengeat, 29. Lip'i'V, 1866, Htrzel, in 8. con Tav. - Bplendlda edizione, ln cui dopo 1& 8taml'8 della prima PrE'CUiOn6 ileI G68cheD, sulle tcbede Ideiate dallo

fl1XJlrflJo del nostro famoso Codice, ritratto al vivo in litollT8fla. L'opera dedicata alla R. Accad. di Berlino (con epigrafe in carattere che imita il Codice' quod OflU ACi' q.dflqualiflta allllas, ut Gaj,., ref:iriscutt Jtlict1Jl curo", impefldtt. Vedremo a N. 36 una pi genuina rappresentazione del Codice. 30. Lip'iae, 1866, Htrzel, in 12. - Ediz. v dI'I BOcking: riveduta sull'apo grafo del Codice Veronese. Il merito speciale di questa nuova stampa non tanto nella parte critica, quanto nella diligenza usata in raccogliere lC(J parallela, che stanno a pie' di pagina. 31. Lip,iae, 1867, Teubflll', iu S." -- Secondo la recensione dell' Huscbke, nella ristampa del suo libro Jurisprudentia aflteju.tiniolla. 32. London, 1869, ButteNtJortlls, in S. - Con la versione inglese per Fed. Tomkips, e W. G. Lemon. 33. Cambridge, 1870, {[Aioer.ity Press , in 8. -- Con la versione, e nota in inglese per Abdy, e Bryan Walker. 34. Lip.;ae, 1874, Te.b"er, in 8. - Secondo la recensione dell'Huscbke, nella terza edizione della sua Juri,prudelltia antejUltifliano. 35. Parisi;s, 1873, apud Cotillotl et jil., in 12 - Nel XO'!'um Encll.iridio71 Juri, Romalli, etc. recelllUit et edidit Car. GiraNd. 36. Lipsiae, 1874, Sal. Hirzel, in 4. - Il prof. GugI. Studemund, ci dava la genuina rappresentazione del Cod. Capit., con impareggiabile diligenza, flna critica, e lungo studio, rltraendolo pagina per pagiua, aervendos di caratteri fuai a Imitazion del vetusto apografo: con la Dedica al Capitolo veronese. Nobilissimo e splendido volume, eseguito per ordine della R. Accad. di Berlino; che onora sopramodo i fasti dell'arte tipografica. Mi torner gradito discorrerne pi a lungo in seguito nel corso della mia storia. 3'7. Otlford, 18'75, Clarendot~ PreI8, in 8. - Con la versione inglese, e commento di G Poste; ediz seconda riveduta ed accresciuta. 38. Berolilli, 1877, apud WeidmoflflOl, in 8. .- Ediz. critica ad uso dei corsi universitarl ad Codicis Veroli. apograpllum Studemundioflllm, cio secondo la bella stampa del 1874. Editori P. Krueger, e Gug!. Studemund, di cui va inDanzi la Prefazione. Testo restituito con acuta prudenz.. : forma il primo volume della Collectio librorum Jurl. afltejUllin. publicata dai suddetti iII unione 8 Teod. Mommsen. 39. Lugdufl; ]1atoflorum, 1879, B. J. Polenaar, In 8. - Con a fronte le lstituz. di Giustiniano j audace critica del testo. 40. Lipsiae, 1879, Tallbuer, in 8. - Secondo la recensione dell' Huschke. Anche inserlto nella quarta l'dizione della sua Juri,prudelltio allteju,t;lIiona. 41. Edimburgh, 1880, Clark, in 8. -- Con la versione inglese, e con le Rellllae di Ulpano, publicata da James Miurhead. 42. Upsiae, 1880, Taubner, in 8. - Seconda edizione del SyntagfII(J di Gneist.
B

8te8llO, dall' Hollwl'g, dal Blume, il Bcking ci dava l' lutero

"ertllonl del GBJO.


l. In Tedesco. 1. &lllll1D1g.: 1824, irr 8. ...o. Per C. U. H. fiMi Brockdor. con annotaaon: Il primo libro solamente, n si ebbe a sventura che sleno rimasti inediti gli al-

,.

23
trio \'edl la recensione critica del libro nella Jttloilcht AllgemtiM Utleron.rZtitlmg, 1825, pago 236-240. 2. ]Joflnae, 1857, in 12. - Misera versione pnr questa di F. W. Konr. Beckhaus. Il. In Franeeae. I. Pari', 1827, in 8. - Per J. C. E. Boulet. 2. Paris, 1843, in 8 - Per Demengeat, con note: ebbe ristampa in Parigi nel 1866 III. In Italiano. I. Napoli, 1856, in 4. - Pel cons. Giov. Vgnal, nel tomo I del Carpo /l diritto, co:ne gi esposi nella precedente serie dei testi. 2. Verona, 18:>7, voI. II, in 8. - Per l'avv. Luigi Tedeschi. 3. Bologna, 1859, in 8. - Per Franc. Lisi: incompiuta, non usciva che solo il I voI. IV. In Polacco. l. Warza1lJa, 1865, in 8. - Pel dotto Teodoro Dydynski; per solamente i due primi libri. V. In Inglese. l. Londnfl, 1869, iu 8. - Con note per Fred. Tomkins, e W. G. Lemon. 2. Cambridge, 1870, in 8. - Con note per Abdy, e Bryan Walker. 3. Ozford, 1875, in 8. - Con un Commentario per G. Poste; seconda edizione riveduta e accresciuta. 4. BdimbuI'gh, 1880, Clarl, in 8. - Con l'Ulpiano, da James Miurhead.

Blbllopea8e del GaJo.


l. LAUTH, Note lur l' (poque Oli Gaiu, a ,,{cu. Paria, 1819. - Nella TMmi" oN BibliotMqUt du iUt'i,con'Nlte, tomo t, pago 294, 295 2. DITTMAR G. A. H., De nomine, aetate, ,/udii, ac 'CripUI Gaii Ieti Romani, Spec. l. Lipsiae, 1820, in 4." - Stimo citar queste due monografie, sebbene uscite prima della stampa del Gajo. 3. PERNICE: L., De Gajo J"O!!V'Il!!"" - Dalle Prelezioni del Savlgny, udite nella estate del 1821; legges nel Tom. IV, Parte Il, p. 85-88 dell'Allg. Bnc!/c/op. ron Br,ch und Gruber. Leipzig, 1822, in 4. 4. PUCHTA G. T.,- Nelle Civili,ti,che Abhandl. Berlino e Llpsla, 1823, in 8., pog.167-172. . 5. Reeenslone degli studi del Dttmar. _. Nella Jenai,che .Allg. tttter. Zeitung, 1825, pago 220 e sego 6. HUBE RoM., De vita et ,cripti, (lati. - Commentario premesso alla soprallegata edizione del Gajo. Varsoviae, 1827, in 8. 7. TEDESCHI GIUS., Conghietture intoNlo alla patria di Gajo. -In una nota a pago XVII e sego della sua Introduziotle alla ristampa e versione preallegata. Verona, 1857, in 8.; vorrebbe con ardita e infondata congettura che appartenesse alla famiglia Gavla, e quindi Veronese. 8. MUMM8EN T., GajUl ein l'ro1Jinzialjllri,t. - Nel periodico Jarh,.bllch /I gelll. /ut,chen Rechets. Llps., 18:>9, tomo m, pago 1-15. - 11 primo a mettere In cawpo la quistiouo se Gajo fosse Giurisla Proviucale, U Romano.

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SI. BUS("H~B ED., - Tratta la medesima quiltione nei Pro1qOflleu della sua atampa del testo del Gajo. Lipsiae, 1861, e 186;, lIOIlteDl'ndo contro il UomlMllO, eh' ei foIe Romano; parmi elle tUlbe ,II/) j.dict iii tll. lO. BOcJrISG Ho., De Gaii eetat ti Tipli,. - Selle P,-efaz,iotd alle sue
stampe del Gajo. Lipsiae, 1855 e 1~. 11. PAOUETTI Gemo, Del_e di Gajo gitlrttvf!olk. h'tter .... 1 prof. Httore de Ruggero. - Sell' .4rd. Gillrlti. del pro(. Fil. Seraftui. Pia, 1874, tomo Xll1, pag.

323-33'7.
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~k. (;~....... (.'rIUdae

-..enallto'"
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Leslold .&eeadellddae.

1. HAUBOLD CHBIST. G<YrrL., Xotuia fra,.,ereti J'trOfU"Ii; de IfJlerdiclil. Lipsiae, 1816, Birsebfeld, in 4. - Questa la prima stampa, che il presoso framml!llto, edito prima dal Maft'ei, pose meglio in Bugli oeeh della dotta Germania, e sospettando al Gojo preludeva alla sua dseoperta. 2. SIEBUHBG. 8., - Prima notlzin critica che al Gojo attribusee que' frammenti. - Nella Zeiuc/&crifl fuI' gncltic/&tlicltt ReclluwilM",tlIaft Berlino 181i, tomo 111, pago 140-146, e 1~168. Con OllIlervazioni del Savigny e del Gii6ehen,
pago 129 e segg. 3. BBISE, ed Buoo, - Nnove OEItlervazion- ~ Inserite nel medeslmo ~or" naie, tomo TIl, pag 289-304. 4. Buoo. - Critiche ricerche. - Nelle GOItingilclte geleArle A,":tingell per l'anno 1816, pago 2009: anno 1817, pago 601; anno 1818, pago 1'7 e 1849. 5. .4f1ollimi. - Notizie. - Nella Leipziger UtteNlt.r-Zeitflllg del 1816, pago 2{)29: e del 1817, pago 2641, 6. BEVILACQUA LAZISE CO. 10NAZIO, X(Jti,ia d' alcufli fro""'/'-nli di a"tica GiurilfJrl"knuz Rortlo"a 'co~rti fieli' a,."o 1817 fra i Codici tUUfJ BiblMeeo tUl Capitolo Calloflicale di Vel"Ofla. Vicenza, 1817, Paroni, In 8. a - Storica esposzlone del fausto avvenimento. 7. Kopp., Ricerelte paleogr"~e"e et del Codice di Gojo. - Nel soprall. periodico Zeit,ellr.fiir Ge,ch. tU, Recllte,., tomo IV (an. 1818), pago 473 e IH'g. 8. GOBSCHIIN. - Sulla scoperta del Gajo. "- Negli A.tti dell' .4cead. di BerUno ~r gli an. 1816-1817. Berlino, 1819, pago ~316. 9. Il medesimo articolo, tradotto in francese nel periodico Tlthni$ Oli BiblifltllifJwe dII Juruc. Paris, 1820, tomo I, pago 287-293.\ lO. HAUBOLD O. G, Oratio fJua1ltumfructum ceperit Jflrl,prutUntia ROtIIfIfla, et u.itJer'fJ ontifJllitafil cogniliu e reeem i1l"efltj, Gaii lm/itut. Lipslae, 1820, in 4. - La dotta Orazione giovo soprarnodo a crescere la importanza c l'amore degli studlos VPI'!IO il Gajo. Trovasi anche negli opuscoli del suddetto Autore T. I, p. 66:>-684. 11. BETHMAN!Ii-HoLLWEG. De cOlI,ue probatiotlt. Berolini, 1820, in 8. 12. BBINIl.IoIANN H. R., -YOtfU 111bitaneae ad Gaji l"stitultort. Cotnmelltat"08, Slevicl, 1821, in 8. 0 - Vedi la r~eDlliolle critica nella le". Allgemeifll Litteraterzeitung, 1825, pago 216 13 GANB ED., Sellolie" !Zum Gajfl'. Berln, 1821, In 8. 0 - Una 1'eCf'nlllone di questi studl del Gans 81 trova nella suddetta Ien, Ali. Lstter. Zeit .. 1825, pag.221-228.

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14. WICHEB VON SW1NDBllEN, ClJllatio lndit. ItlltiniaFli CNnI IFlII. Gaii. Negli Annali di Groninga, 1821. 15. DUPONT EVIl:B., Dilqui8itiollel in Commelltarillm IV. Iflltitulionum Gaii. Ludg. Bat., 1822, in 8. - Riprodotta negli .AfI". sudd. di Groninga : un eitratto della ditl8ertuzlone si trova nella TUmil, T. IV, p. 451-469: ed una recensione degli studi del Dupont si legge nella len . .Allg. Lit. Zei/u"g, 1_, pago 229-231. 16. WICHERS B. W., Dille,.t. ad locum GoJi de t.telil, Gronlngae, 1822, in 8.0 17. UNTERHOLZNllR C. A. D., COfIjecturae de lupplendil locun;I guae i .. (Jaii 1.,1. Com. IV occut't'N"I. Uratlsl., 1823, in 8. - Ne riprodu88e UII estratto Il Dupont nella TUmi" T. VI, p. 86-100. Vedi la recensione di questo programma nella Ien. Al/g. UI. Zei/ung, 1825, pago 217.219. 18. Lo stesso, Sopra qualche paBBO di Gajo. - Nella ZeitlCTtrift d. ge,cM. cMliclle" Reclltltt)illencllajt, T. V, fase. l, n. 2. 19. SCHRADER ED., Wal geftJinfil die ReclltlgelcMcAte durr:l& Goj., Inltit.' Heldelberg, 1823, In 8. - Una recensione di queste libro ai trova nella le". AIlg. uu. Zeit., 1825, pago 231-235. 20. HUTMAN F. G., De titulo pru lloerede. CdI., 1823, in 8.. 21. BLUE!" G., De u",capione P,.o llaerede. Tublngae, 182S, In 8.. 22. ScHROC'I'BB A, W., De IP01tlO1'iliUl,jldepromi8loriliuI, et jldejUlI. Jenae,
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S,

VAN MAANEN J. M, ]Je flu41iere in ma.1I ellfllelo ,ecundllm os 1.Lugd. Bat., 1823, in 4.. 24. DE USLAR A. G., De jUrt cifJiIi ea; genuini.J Goti (JOfImt.1&allriefldo. Gott1ngae, 1829, In 4.. - Ben poco seppe cavarne l'autore, come !li OllIle!'Va nella lefl. Ali. ia. Zeit., lB:26, pago 235 e 236. 25, D~KSEN H. E., Beitrage zlIr Kritik einzelner steue in de, (JrJ/f18 1.". Lips., 1823, In 8.. - Nella terza dissertazione del suo libro Ver,ucA zu,. K*'i/i1& und AII,ltgung dero Quellen de, fOmj,cllen Recllte,: vedi la Ien . .AlIg. Lit.-Zeit r 1823, pago 217). 26. POTTER vAN LoON Jo., Collatio Isut. 1mUtI. cum Gajj fllat. Groningae, 1829, In 8.. :n. DALyR. I. 1. E , De controctibUl ,ecundllm om. IIIItit., collat. cum (Jaii Comm. Lugd., Bat. 1823, in 8.. 28. BURNouF E , De re judicata, et de rei t'lIdic. opud Romano, di,ciplilla, Pars, 1824, in 8.. 29. STAS G. I H., De controctufiduciae, Leod. 1824, in 8.. 30. VAN SVINDEREN W., De LegaU,. Gronlngae, 1824, in 8.. 31. VAN IMHOFF G. G. H., De furti' ad Xli Tali. et lnst. Gaii et Iu,tin. Gronlngae, 1824, in 8.. 32. VAN HABBELT F. L., Speci1ltefl de legi, actiofliliu,. Gronin., 18:14, in A., 33. E!-VERS eHR. FRID., Promptllarillm Gajaflum. Gottingae, 1824, in 8., Indice accurato di quanto si contiene in Gajo, ed in U1piano. 34. Anonimo. Recensione della ristampa del Gajo. Berlino, 1824. - Nella lenai,cTte Ali. z. Zeit., 1825, p. 241-243. 35. OLSEN F. C., De legi, actioniliNl. Haunlae 1825-27, vol. 2. lu 8., 36. VON SCHROTER A. W., Uelie,.ltcllt der zeit, 1813, lie,onde,., durr:ll Cod. mcript neu entdecktell atacke ecc, - Nell' Herme.l oder Kriti,clle, JaIt,.li. der ,litmalur. Lps , 1~, T. XXV, p. 289-312

,m.

~.

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37. VAlJ ASSBN C I., Adnotatio ad Iflstltutionum Gaii Comm.., Lb. J. Lugd. 8at., 1826, In 8.. - Ristampato nel 1838, e 1850. 38. WESTRICIt L. V., Adnotatio ad locum Gaii [flll. t spofllorilJlII fldepr. Ile. Lugd. 8at., 1826, in 8.. 39. BOcKINO ED., De mancipii cau,i,. Berolni, 1826, in 8.. - L'autore si mostr poi malcontento del suo lavoro. 40. RYCHERE P., Iustiniani In,tit. eum Gajo collatae. Gand, 182'7, In 8.. 41. DEMBNOEAT CH., Cours lilmentaire de D'fOtt Roma in. Paris, 1827, voI. 2, in 8., ediz. 2.da. 42. HUSCHItE PHIL. ED., Zur Krltik, und Interprlllatio" "on Gojlll I,tit. Uratisl., 1830, in 8. -- 11 BOlo I VoI. ricce di assai profonde investigazioni: dopo 11 Goescben, uno dpi pi valenti e benemeriti del Gajo senza dubbio l'Huscbke. 4.'1. ZACHARIA H. A., Deflducia. Gotba, 1830, in 4.. 44. PuOo:ll: ED., OlJserl'ati01lts duae de jure civili. Bonnae, 1831, in 4.0. 45. PuCHTA G. F., Veri.fimilium Cap. VI. Lips., 1839, in 4.. 46. BICHON v AN YSSELMONDE, Specimen M,taricum jurl' Romani,'if:e commento ad Gaj; Comm. IV locum de legi, actio"ibw. Trajecti, 1840, in B.". 47. DE MAUBEUGE RICH., De ratione, qua Visigotlli Gaii ln,tit. itl epitome" redegerlnt. Lipsiae, 1842, In 4.. 48. HEIMBACH G. E., Sulle In,tituziani di Gaju" Note.. - Nel Leip:. Repert. der liti. del Gerdorf An. 1843, T. m, p. 49-57. 49. VON BUCHHOLTZ A., Adnotaliones etc. - Nel Kriti,che .Tdrbiicher. Lps., 1845, p. 481-501. 50. HlJBCHKE ED., Kriti,che Bemerlungen zum riertetl Bllch der lflltitutionen des Gaiu,. - Nella Zeit,ch. fiir Recht""ill. Berol., 1846, Tomo XllI, pago 248-338. 51. VAN ASSEN C. J., Adnotatio ad Gaii In,tJtutiunum Comm. Prtmlllli. Lugd, Bat., 1849, in 8.". 52. LUGLI GIUS., Iliscorso intorno ad un monumento di diritto anti-Giwtitliano, iNtitolato Mo,aicarum et Romanor. leum eouecuo. - Nel T. XIll, p. 270287 delle Memorie di Relig. moro e letto Modena, 1852. Continua:. Serie m. 53. Pl)SCMANN C. W., Studien ZII Gajul, Lps., 1854, in 8.. M. VAN ASSE;II C. J., Adnotatio ad Gaii Comm. secutldllm. Lugd, Bat., 1855, in 8.. . 5,',. HUSCHKE PH. ED., Gaju" Beitrage zur Kritik und zilm VerttiindnillIJ ,einer Iflltit. Lepzig., 1855, In 8.. - Uno dei pi rilevanti studi sul Gajo: l' Autore cbiarissimo ne nserl va il portato nelle dotte edizioni cbe bo riferite. 56. RUDORPF., Disp. critica ad Gaiu/ll I, 95. De major ac minore Latio. Berolln, 1860, in 4.. 57. KELLER, Der Rom. Ci"il Procesz; und die Actionen. Lips., 1863, in 8.. - Publicato nuovamente per ben sei volte. 58. TXDRSCHI G., Introdus. generale ai VoI. VII-XII della BilJliot. Gillridica, Milano, 1864, in 8.". - Precede il Manuale delle Pandet!: discorre di G3jO, e sulla necessit di fondare la legieaaona Italiana sopra le basi del diritto classico, di cui il Gajo s\ nobile rappresentante. 59. BXTHMANN-HoLLWEG, Der Riim. Ci"il Process. Bonn., 1864. 60. RUDORF A. F., l/'lJer die Leancate EfCcerpte alli den Instit. de, Gaju" Berlin, 1866, in 4.. - Dagli Alti della R. Accademia di Berlino. 61. STUI>SWUND G., Ueberden antiguari,eiter. Gevi"" der neue" Vef'glett4u"g

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du PaU.pmteA de, Gai'" - Negli Atti del eoft,,,,UO dei Jlologi di (}fflIJII,.ia, 1868, Llpsa, pago 121-131. 62. DERNBUBG H., Die In,titutionen de, GajUl ein Collegien1lejt au, dem Jahre 161 - Cio, Lo instituzionl del Gajo come semplici appunti, lasciati in boZZB dall' autore, o raccolti dagli aud.tor. Halle, 1869, in 8.. 63. KaUKGEa P., Kriti,cle VerlllChe etc. Critici ,agg; sulla Gillrilprudeflsa Romana. Berlino, 1870, in 8.. - Spiega alcuni luoghi pi oscuri e monchi di
Gajo: i risultati si trovano nella Edizione uscita a merito de' Professori Studemund, e Krueger. Berlino, 18'7'7. 64 ORTOLAN F., E:rplicatlon hi,tor. del In,tit. de lu,Unie,.. Paris, 18'70, voI. 3, in 8.. - Coi pass paralleli del Gajo. 65. ScHMIDT H. H., GaiUl und 'eine lfUtitutioM". Danzlg, 18'70, in 4. Opera affatto misera. 66. GOUDSllflT J. E., Kritl,che aanteckeningen etc. Leiden, 18'15. - In Olandese. Osservasonl critiche sul Gajo dopo l'ultima recensione del Cod. Veronese. 6'1. - - Studemunl Vergleicllung der Verone,er HandlcllMjt. Utrecht, 18'75, in 8.. - Versione tedesca !atta da S. Sutro dell' opera suddetta. 68. POLENAAR B. I., .Ad Gai In6W,lIion. Cod. VeroMIII. Lugd. Bat., 18'16. Nel Periodico ]fnemOI1/ne, 1\o"a series, T. IV, p. 113-134. 69. ;\fAYNTZ CH., Cour de droit Rom. Pars, 1876, voI. 3, in 8.. '10. RAMBAUD JUL., Manuel de Drott Romai, 014 queltiOflnaire lur lelln,Wut. de Ju,t1nien et de Gajul etc. Paris, 18'76, vol. 2, in 16.. - Ad U80 delle scuole, per abilitare gli studenti agli esami. '11. Fl'rmm H., Critica recensione dell' Apografo Gaiano del/'Edizione dello Stuwufld e del Krueger. - Nel Periodico Ien. Utteratur Zeitung, 187'1, pa-

glna 68'7689. '12. ScHllfIDT. AD., Critica recen. della Itampa del Gajo dello 8tudemufld e Kruegel. - Nel Periodico Lttterar. ce"tralblatt. di Lipsia, 18'7'7, p. 16'191681. "lS. ACCARIAS C., Prlcil de Droit Romain. Parls, 18'78-'19, voI. 2 in 8., edizione terza. '14. HISSCHFEI.D O., Zur Geschicllte del lateinilcllen Eechttl. Wien, 18'19, in 4. - Strenna per la Festa dell'lnstituto Archeologico germanico.

Dopo gli studi cos'l larghi sul Gajo"la nostra Biblioteca non sopperiva, a dir vero, argomento a lavori di tale portata da raffrontarsi ai gi descritti. Legge di natura che nelle miniere, avvegnach pi feconde, a forza di ripetuti scavi col volger de' secoli si esaurisca e dissecchi la vena pi preziosa j solo alcuni rimasugli dato raccogliere ai sopravenienti. Non guari diversa la causa, onde la Capitolare, poco alettando gli studiosi, sfduciati di trovarvi pi alcun tesoro, veggiamo dar languida luce di scienza, dove si raffronti alla sfolgorantissima che pass. Ad ogni modo la scoperta del Gajo traeva di frequente gli studiosi, o bene ancora i curiosi, a visitarla. Nell' autunno del 1832 il prof. Dd. Bllelcing (certo uno onorevolissimo de' primi) qui si trattenne per alcuni d, vago di eollaaouare la copia che l' Hollweg

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aveva iratta del famoso frammento de l.refllCi. Ne ripeteva ei vantaggiata la stampa in appendice alle sue edizioni di Ulpiano: ultima e pi copiosa quella di Lipsia 1855, che ho sott' occhio. Vi si leggono tributati i giusti elogi al primo .trascrittore , o dipintore come gli piace chiamarlo, non meno che alla religiosa diligenza del Goeschen i. l&ilfragme.ti8 ede.dil. XLIX. - Volgesi ora lietamente la narrazione mia, trattenuta da buon tempo a sporre gli stud di nobilissimi ingegni stranieri, a dire alcuna cosa ancora de' nostri. L'ordine de' tempi mi conduce a discorrere del Co. Gian Girol. Orti Ma.ara, che visitandola a sollievo di pi forti studi storico-critici, venne traendo di qua alcune brevi cose j non debbo lasciarle dimenticate. l.0 Dai Codd. Capito CCCCXCI, e DXIX pubblicava il Volgaf'izzamento d'tI.a Pistola d~l Petrarca a Nicol Acciaj.oli, Verona, 1834, Ramauzini, in 4.. - La versione anonima, d'Autore per del Sec. XIV, molto libera, e fatta sopra un testo latino ben diverso dalle stampe. II documento non era per aneddoto, s conosciuto da pubblicazioni precedenti. Vedi la belI'opera del Comm. Fr. Zambrini: Le opere 1Jolgari a 8tampa dei Sec. XIII e XIV indicate e de8critte, Bologna, 1876, a p. 3:>3 e sego Nella recentissima edizione latina delle Epistole Petrarchesche, eseguita con tanto 81U0re e critica dal valoroso Fracassetti, leggesi al T. II, p. 162 j e nella sua elegante versione Italiana al T. III, p. 106, dove in nota sono erudite illustrazioni isteriche sull' Acciajuoli. 2. Del primo dei suddetti Codici Capit., il CCCCXCI (335). rendeva conto in lettera al sig. Ab. Fruttuoso Becchi, stampata col titolo: Sul Volgarizzamento di due Orazioni di Sal/fUtio fatto da Brututto Latini. Verona, 1834, Antonelli, in 8.. Sono qui recati i due scritti del famoso Maestro di Dante, cio: l'Orazione di Giulio Celare co.tro ai congiurati di Catili.a, con breve Proemio; e l'altra di Marco Cato contro agli stessi. Versioni ben diverse da quelle che leggonsi nella stampa del Te8oro, fatta in Venezia per Marchio Sessa, 1533, al Capo XXXI, p. 201. Diversit forse occorsa per avere quel primo cominciatore e mae8tro in digro8lare i Fiore.tini, e farli Icorti in be#e parlare (cos\ il Villani), dettato 8' suoi discepoli suriata interpretazioni. 3. Frugando ne' Codd. nostri Italiani lo trattenne il segnato OCOCLV (298), che un antico anonimo volgarizzamento conserva dello 8t_8810 Salluatio. Ne reudea conto, 8 dava alcun saggio con

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L,IIIN al Cli. Sig. Bar, GitU. MafSno, Verona il 2) Ottobre 1834, allogata nel Poligraj'o. e data anche fuori in separato opuscolo Sopra alctlfti a.ticki insiiti f)olgarizzam,nti di C. Crilpo SalltUtio. Verona, 1834, in 8. La stampa delle due Orazioni preallegate fu severamente incriminata dal Nannucci nel suo Manuale d,Ila Letur. ltaliafta, III, 243 e seg., dove si st~dib riprodurle. Ignorava ei per quanto scrisse in seguito il suddetto Co. Orti. Sopra i volgarizzatori di 8allustio pnblc egli diverse altre lettere a S. E. il Co. Antonio Bartol. Fonduti Delascarenne, al Cav. Angelo Pezzana, al Big. dotto Giuseppe Bianchetti, al Sig. dotto Luigi Toccagni, nelle quali prende in esame alcune parti del Codice Capito j e sul raffronto poi d'un altro della Medicea-Laureuziana ridonava assai di lezione vantaggiata le due Orazioni, compiuta anche la seconda, che mutila ci di il Nannucci. Auche abbiamo sullo stesso argomento una su~ L,eiOftl Accad,mica. Tutto inserito nei Volumi del Poligraj'o con pochi esemp'lari tirati a parte. 4. 0 l'l&to",o alcllni MII. d,lla l. R. Biblioteca di MantofJa, , d,Ila Capitolar, di V,ro'l&a. Verona, Antonelli, 1835, in 8. 0 - questi un altro breve opuscolo del nostro Co. Orti, che usciva prima inserito nello stesso Poligraj'o, T. IV, p. 221-232, in cui dopo avere descritto alcuni Codici' della Mantovana Biblioteca, la pib parte venuti dalla famosa Badia di Polirone, si ferma al bellissimo che conserva la G'OIJrapll.ia Strabonis fatta latina dal Guarino j onde resta rafforzato il giudizio del Maffei, che sulla fede di due altri Codici aveva al grande filologo Veronese attribuita intera la versione del Greco Geografo. Volgesi poi a discorrere di parecchi Codici Capitolari, i quali hanno Epistole, Orazioni. T"ersioni latine ecc. dello stesso Guarino, lamentando a ragione che di quel SOIDmu restauratore de' buoui studt restino ancora inedite assai cose. Ed invero la Capitolare ne conserva in buon dato, ben pi che non sieno le qui allegate dall' Orti. Vedi quante ne ho riferite nel mio libro Della letter. Veronsse eoc., sopracitato al N. XLI. 5." Notizie sui pi preziosi Codici M88. che ,i couerfJano ..ella Capitolare di Verona. Verona, Antonelli, 1836, in 8. 0 Ben poca cosa: tocca brevemente la storia della Biblioteca, parla della scoperta de' suoi Codici a tempi MafTeiani, del Gajo, di due o tre 8'ltri principali mss., e non pib; l' opuscoletto di sole 16 pagine. 6. Il Co. Orti disegnava una pi ricca e importante pubblicazione, raccoglier cio inediti documenti a illustrare il periodo pi

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bello della Storia Veronese, l'Epoca degli Scaligeri. A colorire questo suo disegno alcune speciali monografie diede in luce: come una Cronica inedita dei tempi degli Scaligeri. Verona, Antonelli, 1842, in foglio, con notc, e tre Tavole, tratta da un Codice della Biblioteca dell' Arsenale di Parigi. - Di alcuni anticl1.i VerOf&e,i GueN'ien d.e fiorirono ai tunpi della Sca/igera domiflazione. Verona, An tonelli, 1842, in fog!., con quattro Tav. - Mi fermo a dire pi distesamen te dei suoi Cenni Storici e Documenti clte n,guardano Can Gran.de l flla Scala. Verona, Antonelli, 1853, in 8, con 'favo In questo bel volume, dopo le notizie storiche di Can Grande, pubblicava l'intero Poema del Vicentino Ferrcto, che narra le geste dello Scaligero. Maffei da un Codice della Saibantiana mandavalo stampare al Muratori: per i soli primi IV Libri, ch tanti, e non pi, si conoscevano allora, stimando l'opera cos) compiuta. Uscivano nel IX volume del Reru~n Italic. Seript., lamentandone la scorretta lezione, atta-

men nonadeo l1.aec depravata ,entie" ut fastidium lectori/Ju, i-uerere


P08lit, cosi quell' illustre editore. Un altro Codice del Poema del Ferreti sta va in mano del nostro chiarissimo sig. Presidente dell' I. R. Tribunale Mercantile in Venezia, il Nob. dotto Giuseppe de Scolari, in cui mara1Jiglio,alllente accoppian,i a di,tiflta modeltia, particolare cultura e ,i'll.golar gentilezza, disse l'Orti (l), ed io raffermando l'encomio aggiugner, caldo amore nel raccogliere cose patrie. Da questo Codice, che lo Scolari gli trasmetteva in cortese dono (oggi pesseduto dalla Comunale Biblioteca) trasse ei l'inedito e sconosciuto Libro V, dimostrandone con belli argomenti critici l'autenticit. La quale non era per cosi abbastanza messa in sodo, che il ch. Ab. Zanella non potesse insorgere con forti ragioni da renderla almeno sospetta. Vedi i suoi Cenni ,re Ferreto Ferreti, pubblicati in Vicenza, 1861, per laurea dottorale del Nob. Carlo Cogolo. L'Orti illustrava di erudite annotazioni tutto il Poema, ed a p. 121 rendea conto del Cod. Cap. CCVI (194), che in una miscea di opere storiche contiene i soli quattro primi libri del Ferreto. Avrebbe potuto ben ei giovarsene per la emendazione del testo, n 80 perch intralasclasse la opportuna fatica j saggiato appena da me il Codice nostro, sul raffronto della sola prima faccia mi soccorrevano quattro luoghi da emendare. . 7. A pi ampio lavoro, che avrebbe certo soverchiati tutti gli altri impresi sui Codd. Capitolari, agognava quell' erudito Cavalie(1) Op. clt., pag, 5.

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re. Vide nella nostra Biblioteca alcune grandi Buste (1), ripiene di L,ee,r, originali in latino, in volgare, in francese, alquante anche in cifra, del nostro celebre Lodovico di Cano8la V'scovo di Baj,u:c. Ebbe licenza del Capitolo di farne la trascrizione (oggi posseduta dalla Comunale Biblioteca), e stava inteso a ordinarie, annotarle, per metterle in pubblico: quando distratto da nuove cure e dolorosi avvenimenti, morte ferociasima gli ruppe da ultimo in mano le fila del lavoro. da sperare che altri lo im prenda (2), a illustrazione di quell' agitato periodo storico, in cui grandeggia non poco la figura del nostro Mons. di Canossa: raro tipo che presenti lodevolmente accoppiate le due missioni del Diplomatico e del Vescovo. Due dotti Bresciani ponevano amore e studio, intorno a questa epoca, ai nostri Codici. Dir i lavori di ambedue. L. f&a

Primo l'Ab. Giuseppe Brunati di Sal, d'acuto inl/el/no, di

,rudizione pi smisurata che easta, e pur sempre aflido di dottri(3). Nel periodo dal 1841 sino agli ultimi anni di sua vita (spenta nel 1855) ebbe stanza non dir ferma, che non gliel consentiva quel f)if)ido , boZZ,nt, suo spirito, sebbene assai pi lunga e riposata che altrove, in Verona. Dalla Capitolare, dove era frequentissimo, ritrasse assai documenti, de' quali vantaggiava i suoi studi biblici, e sturico-critici, volti a chiarire molti luoghi oscuri della antichit gentilesca e cristiana. Lasciando altre pi opere, toccher della nuova ristampa del suo: 1. L'I/I/endario, o Vite d,i Santi Bresciani. Brescia 1854-56, vol. 2, in 8., nella quale opera oltre allo sfoggio ammirabile di critica erudizione che gli guadagn larga filma, si dimostra l'uso grande fatto dei nostri Codici. 2. La necessit ch' ebbe in questo lavoro il Brunati di rovistare nelle memorie della Chiesa Veronese, lo condusse a di visarne un altro simigliante per la nostra Chiesa: ond' egli vi si applic fervido e ingegnoso. Rammento con quanto amore ei proseguiva nell'ardua impresa, e come, sendomi confdentissimo amico, mi comunicasse i suoi studi, e le ricerche di libri e di aiuti a compirlo. Ricordo pure (non sensa un cotal fremito di sdegno) come avendolo gi a termine condotto, invece di riceverne plauso e conforto, da
(l) Segnate dal N. DCCCXXXII-DCCCXXXV. (2) Si vedr in seguito come siasene occupato un 111. inglese lord Dalberg .4ctoft, al quale feci tener copia diligente delle 8pill01e Canollia"e. (3) ODoRleI FED., Cenni biografici, Brescia, 1856.

cui meglio dovea proruetterseli, perch uscisse in pubblico, incontr gretti miserabili intoppi I . . . La Chiesa Veronese, che difetta di una Storia critica de' suoi Santi, altamente reclama la pubblicazione di quest' opera, frutto di incessanti studi, in gran parte nella Capitolare. Dappoich la vidi qui nascere, e posso dire averla alimentata secondo ogni poter mio, e la ammirai compiuta, ho stimato un rigoroso dovere di Religione, di patria, di amicizia, adoperarmi che non andasse perduta. Moriva il B""aati in una sua villetta presso a Sal, avendo quivi da Verona trasportata la sua bella Libreria, con tutti i suoi Mss. Fatte ripetute ,ricerche presso agli eredi, sono alfine riuscito a conseguire cbe il fratello suo dotto Bartolomeo mi affdasse cortese e liberale la grosse Busta in foglio, contenente il prezioso lavoro. La copia ne ho gi ritratta, e la erudita opera spero vedr la ben meritata luce col titolo: Dei Santi Veronesi, opera polluma dell' Ab. GiUleppe Brunati, con aggiunte mie: il Manifesto per la stampa gi fuori (1), con promessa di due giusti volumi in 8. 3. Una storl'co-letteraria illustrazione della nostra Capitolare Biblioteca andava meditando il Brunati: quali memorie in tale argomento avesse poste insieme non so: non le vidi mai, e credo siena tutt' ora ne' suoi Mss. presso il fratello.

L'altro Bresciano di cui debbo parlare fu l'ex Olivetauo P. Placido Bresciani. Per molti anni, fincb gli bast la vita (morto all.o Febb. del 1855) tenne, a solo amore di studio, l'ufficio di
LI. Vice-Bibliotecario nella Capitolare, e giov dell' opera sua gli studiosi che ricorrevano a vistarla. Una sola ben piccola cosa trasse al pubblico dai nostri Codici j la seguente: 1. Epistola Bernardina scritta al Cav. Raimondo Signore del Castello di S. AmlJrogio, intornl) alla cura della famiglia. Verona, 1851, in 8.". Pubblicata la prima volta con la versione a fronte dai Codici Capito ccccxcr e DXIX. L'Editore mandava innanzi una sua erudita A v verteuza. Ricordo che nell' Album scientijlco-letterario det sig. Nae. Gallo, Trieste, 1857, in 4. gr., il Sig. Ant. Enr. Mortara pubblicava a p. :i40 la stessa Bpistola da un Codice della Parmense. 2. Maggior merito si procacciava il P. Placido nel favorire di aiuto le ricerche dell' illustre Card. Mai, bramoso di crescere la sua
(1) Dal 15 Giugno del 1865. La stampa tuttavia ne' pii desideri!

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NOf'a Patrum Bi1Jliotluca. Quanto el cavasse dai nostri Codici ho gi narrato; debbo qui per dire come nel !:lUO Proemio de flOf'U S. AugtUtif&i Sermof&ilJus 6Z Codd. ampliSl. Capituli Veronensis leggonsi belli elogi al Bresciani, pro sua ucellente peritia, et i. litterariis curis constantia (1). 3. Anche all' opera dell' Arciprete Luigi Castellani, Memorie storico-cronolog. sopra S. Toscana, Verona, 1856, in 8. u , con Tav.,
diede egli vigoroso aiuto: dai Codici Capitolari, e dall' Archivio (per tacere le altre svariate fonti) ritraendo in copia antichi monumenti a illustrare quanto era possibile la vita di quella Santa nostra Concittadina. I suoi studi e scritti sopra e.. Toscana sono conservati,.con altre memorie di varia erudizione, in tre grosse Buste nella serie de' Codici Capitolari segnate MXLI-MXLIII. LII. - Se la narrazione mia pervennta sin ora a sporre gli studi e le opere di uomini eminenti, parte degli antichi tempi, anche in parte dei nuovi, di quelli pure che ci rallegrarono di loro soave conoscenza o amicizia la vita (2), ma se ne sono svelati via, ora mi gode l'animo volgere il pensiero ed il discorso a quelli che tuttor vivono. Con tanto maggiore letizia, che la nuova serie capitaneggia un nostro valoroso concittadino, e mio carissimo amico il P. Bartol. Sorio D. Orat (3\. Notissima la sua valentia negli studi critico-filologici: troppo divulgate sono le molte opere di questo forte continuatore delle glorie Filippiane, e patrie, dico dei da-Prato, 'Manzoni, Ferrari, Bevilacqua, Bertolini, Cesari, Morelli, Zamboni. All' argomento mio baster indicare gli studi suoi, che s'attengono alla Capitolar Biblioteca. Un solo suo Codice gli aperse amplissimo campo a erudite investigazioni : dico il DVIII (337), che su fine membrane, con biparpartita scrittura del Secolo XIV, ornato di miniature, conserva il testo originale Francese del Tesoro di Ser Bru.etto Latini. Questo Codice fu del March. Bcipione Maffei: riconosciuto come assai pregevole, lo aveva egli cortesemente mandato a Firenze al Can. Antonio Maria Salvini, onde se ne giovasse nello spoglio che bisognava istituire pi corretto del Tesoro nel volgarizaamento Italiano di Bono Giamboni, per la quarta edizione del Vocabolario della C'Nlsca. Ma n il Salvini, n il Redi, n gli altri Colleghi Accademici, che
(1) MAI ANO. card., Nora Patr. Bibliotll., tomo I, p. 363. (2) Queste pagine erano scritte nel 1&5. (3) Il. P. Sorio or Don pi tra vivi, moriva ai 14 Aprile del 1867.

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ebbero mano in quella ristampa, seppero tesoreggiare da cos) ricca miniera: lasclavesi inesploratal Dopo qualche anno, il Codice fu rimesso senza pi a Verona j come si raccoglie da una lettera autografa del Salvini, che vi sta inuanzi, e nella quale pur si conforta il Maft'ei alla pubblicazione intera del testo Francese (l). E non pertanto cosi la stampa del testo, come la emendazione del volgarizzamento, si lasciarono lungo tempo desiderare. Strano consiglio, che al goffo e plebeo Pattq!lo si ponesse tanto studio, e si abbandonasse trascurato il prezioso 1'uoro di Ber Brunetto. Vane pur le doglianze del Perticari (2), per tacer d'altri; anche inefficace il pungolo del Giordani, l dove dice il 1'e,oro di Brwnelto Latini (-

IideriWile per.Il" li,.,wa dell'antico tradl'ttore, importante come Enciclopedia di grul lecolo cominciatore delta Ci"ilt, lo rupettiamo 1 ..ganuate dai Fiorentini, che ,oli pOIlDnO dare dottamente 1'",,//ato (3). A satisfare questo voto provvide il P. Sorio. Per sette anni svolse e studib a Condo il 1'e1oro, certo pi all' intendimento di migliorare la condizione del testo Italiano, che non del Francese; e se gli fallirono i mezzi da pubblicar per intero il testo Francese, e la desio derata emendazione del volgarizzamento Giamboni, i saggi molti che ne diede, e ve~r sponendo, ci palesano l' am piezza del suo lavoro, e la fina critica che adoper a condurlo corretto ed illustrato. Eccone la serie. 1. Primi Itudt,.l te,tofra.cue. Verona, 1850, Tip. Frizierio, in 12,". - Do questa intitolazione alla prima stampa che sul nostro Codice metteva in publico: una breve memoria, data Cuori per le Nozze Zanetti-Gilli. V' posta innanzi la lettera del Sal"ini al Maft'ei, di che parlai. Nella quale mi torna necessario appuntare la mala trascrizione della lettera e in i: tanto pi che veggo ripetuto questo errore manifesto nelle due ristampe Triestina del 1847, e Bolognese del 1858. 2. Seguitava il P. Sorio nelle su~ critiche emendazioni al 1'eloro in alcune lettere al sommo filologo Sig. Pietro Fanfani. Uscirono nel Giornale fiorentino l'Etruria, Anno I, 1851, a p. 1,202, 473, 593, e nell' anno Il, 1852, a p. 585, 737. 3. SfJII//io di studt intorno al Tesoro di Brunetto Latini. Modena, 1853, Eredi Soliani, in 8.. - Inseriti nelle Memorie di Relig., di morale ecc. Berie terza, T. XV.
(1) Vedi poco appr8880 allegatane la stampa, uscita in Parigi. (2) PEBTICABI G., Degli ICrltt. del 300, Iib. l, cap. 3. (3) GIOllDANI P., Lett, al marcA. Oilto Capponi.

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8.0 -

4. Altr6 6m6ndazioni 'Propolle. Modena, 1853, Er. Soliani, in Nel suddetto VoI. delle Memorie. 5. Sopra il 1'610'1'0 di Brunetto Latini, Lezione. Milano, 1856, in 8." - Nella Ri'Dista Ginnasiale, anno 1856, p. 41-49. 6. Il Siltema di Cronologia tratto dal Teloro di Se Brunetto Latini. Verona, 1856, per Vicentini e Franchini in 8. 0 7. Sul Trattato della fifera di Ser Brunetto Latini. Verona e Venezia, 1856-57, in 8.. - Sono tre Letture che ei faceva all' I.
R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, poi che vi fu eletto Socio: la prima stampatasi in Verona, le altre due negli Atti dello stesso Istituto, Serie terza, VoI. I e II. 8. Nuof)i studI filologici lopra il Tesoro ecc. Verona-Milano, 1857, per Gius. Civelli, in 8. 0 - Esposti in Lettera al nostro Prof. Abramo Massalongo, (l'illustre scieuaiuto, naturalista, che hai! ci scomparve s presto) usciva in una Raccolta di prose e versi per le Nozze Bizio-Pazienti.

9. Il Libro Primo 'Dolgare del Tesoro di Se Brunetto Latini recato alla lua f)era Lezione. Trieste, 1857, Tip. Weis,'in 4. 0 gr.Leggesi a p. 343-396 nell' Album scientifico-letterario del Sig. Naz.
Gallo: primo saggio del volgarizzamento fatto dal Giambon emendato: oltre al raffronto sul testo Francese Capitolare, vi sono gli appunti presi dai due Codici della Marciana, ed uno Ambrosiano. Sta premessa la Dissertazione sulla Nece88it e dijJlcolt di recare alla 'D/fra leziofle il Tesoro, con la Lettera di A. M. Salf);fli al Maffei.

lO. Volgarizzamento del primo Libro del 1'610'1'0 di Ser Bru,.6tto Latini fatto per Bono Giamboni recato alla lua fiera leziofU.
Bologna, 1858, Tip. delle Scienze, in 8. 0 - Ristampa del precedente, fatta dal dotto bibliografo e filologo Francesco Zambrini nel Giornale Bolognese l'Eccitamento, con sua breve Avvertenza. Il. Il Trattato della fifera di Ser Brunetto Latini ridotto alla sua f)era lezione, e illustrato con Note critiche ecc. Milano, 1858, Boniardi-Pogliani, in 8. gr. - Bella stampa fattasi per generosa larghezza del Principe Baldassare Boncompagni di Roma, cui inmolata dal P. Sorio con Lettera dei 2 Aprile 1858. Quello splendido caldeggiatore degli studi rivolti alla Storia delle Matematiche in Italia, mandavagli liberalmente usare da Roma dei suoi preziosi Codici Francesi del Teloro, proferendosi di stampar tutta a sue spese la grande opera nella domestica Tipografia. Tanto rilevasi da una Lettera dello stesso P. Sorio al Prof. Francesco Longhena de' 5 Giugno 1858, che posta in calce al volume. Nuove importanti

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pnbblicaaloni, e pi in rapporto a' suoi prediletti studi, tolsero quel Principe dall' attuare la vagheggiata impresa. Nella llifJilta Gi... alia/e, Anno V, 1858, a p. 709, il chiariss. filologo Adolfo Musaf6a rendea conto di questo libro, invocando il compimento dell' opera: come altres allegando gli studi, che in Francia sino dal 1852 la Commilione della lingua, Itoria ed arti, disponea per la stampa dell' originale Francese. 12. Pior di aentenze morali tratte dal Libro VII del 1'esoro di Ser Brunetto, Venezia, 1860-62, in 8.". - Sono ben cinque Leture o Memorie presentate all'I. R. Istituto Veneto, e pubblicate negli Atti, Serie terza, VoI. V, VI e VII.

13. Liro "ttimo del Tesoro di Ser BNenetto Latini, testo originale france", e traduzione toacana, ridotta alla lezione fJera dii cdncetto originale, con Note criticne ad ojni passo emendato. Modena, 1861, in 8.. - L'eruditissimo Sig. Cav. B. Veratti invitava il nostro P. Sorio a consentirgli di pubblicare nel suo Periodico Opulcoli di Jligione, di letteratura ecc. (in continuazione alle Memorie di Modena) guanto pi gli f088e in grado del 1'''01'0. Cominciava da questo Settimo libro nel T. IX, p. 386 della Serie I, seguitaudo via via in altri Volumi anche della Serie II. Grande fatica, scrive il Veratti, dOfJuto mettere infJero il P. Sorio in guesti luoi la,fJori: e tale, cne acni fJolesse dilpettarla, non ponendo mente a guanto di ,cienea e di ingegno !li ai ricniedefJa, oltre la paziente ,ollecit.dine per intrappt'mderla, en gli larebbero indiritte guelte altre parole del medllimo P. Sorio: " diranno i burbanzosi pedanti, che questi studi sono Iacchinerie : ma con queste i nostri vecchi ci diedero le perfette edizioni dei Classici Greci e Latini l) e meglio, pare a me, poteva aggiungere, alcuno de' nostri moderni critici. Intanto la Commissione Francese a cura del Prof. Chabaille ha gi pubblicati Li li"rea don Treao1' par Brunetto Latini, Paris, 1863, bella edizione in 4.. Nella quale per se venne fatto uso di molti Codici, e ne sono fedelmente recate le varianti lezioni, ben a lamentarsi che dopo tanto lungo studio, e copia di mezzi, fossero trascurati affatto i diversi preziosi testi che sono in Italia, e la critica discussione dei luoghi diversamente letti nei Codici manchi al tutto. Cos l'opera del nostro celebre Italiano, tanto reclamata dall' Alighieri al Nanuucci, abbisogna ancora di nuove cure ed amorose d'un suo patriotta. Non saranno, credo, allora dimenticati gli studi del Sorio, ed il Codice Capitolare (l).
(1) Sono lieto di poter annunziare, come una nuova recensione ed iIIustra-

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14. La Biliot,ca C/al8ica Sacra, che aveVA preso a pubblicare in Roma il Sig. Ottavio Gigli, forn agevole modo al nostro P. Sorio per la divulgazione di nuovi e importanti stud filologici. Nel 1845 usciva la stampa delle Leuer del B. Gio'Mnni dall, Clile. Nella Prefazione cos leggesi in Nota (p. 16): D,mulo,i dalla 1''1&-

tilezza dei lfJerendi". Monl. Canonici della Cattedr. di V,rona aperta tre TJolt, alla lettimana ai Itudioli la loro i'l&ligne BilJliouDa, Ao potutfJ troTJani e ltudiare a tutto mio agio Ufi ottimo M,. i'l& lerf'Jigio di g1lelte Leture ecc. Il Codice Capitolare qui indicato il
DXIX, e comprende parecchie scritture volgari del buon secolo di nostra lingua. Dopo la recensione migliore delle predette Lettere, di qua ne rivide altre ancora, che vanno stampate frammezzo R quelle del B. Giovanni. Aggiunse la versione di una Lettera attribuita a S. B,rnardo al CaTJaliere Raimofttlo: ed una del Petrarca al SinUcalco Acciajuoli, da un altro Cod. Capitolare il CCCCXCI, che conghiettura volgarizzata dal Boccaccio. 15. Il nostro critico filologo pose l'occhio sovra un altro Codice Capitolare, il CCCCXLV, che di mano del secolo XIV contiene la Vita NuofJa, molte Ballate, Canzoni, Sonetti di Da'l&e, AligAri, le quali poesie sono a vicenda recate sulle ultime carte del Ms. con altre del Cavalcanti, di Cino, del Guinicello, e d'altri molti autori del trecento. Il P. Bresciani, e pi ancora il dotto Alessandro Torri, che studiarono quel Codice, sospettarono ci conservasse Rime inedit8 del magno Alighieri. Il P. Sorio non fu guari felice in questa ricerca; con due Lettere al cA. Prof. l'. Fanfani stampate nell' Etruria, Anno I, (1851;, p. 271 e 385, dava notizia del Codice, allegava alcune emendazioni sul raffronto che ne fece della Vita Nuor:a, ed 8 saggio delle Rime stimate inedite recava un Sonetto, ed una breve Ballata. Infelicissimi versi! povero Dante! (l). 16. Dl1 questo medesi ma Codice CCCCXLV traeva in luce una

zione della grande opera di ser Brunetto abbia gi impresa il mio valorOllO amico e concittadino, e socio della R. Commillione pe' tClti di Unlw4, il prof. canonico Luigi Gaiter L'ilI. comm. Franu,co Zom!Jrini presidente della suddetta Comm;"jone favori la bella iniziativa, e sono gi usciti due volaml: Il TtlOrO di Brunetto Lattn, ,.,olgarluato da BOfto Giam!Joni, rafrontato col telto IltlU..tico frances edito dal P. ClIabaille, emendato con mi,. ed illUltrato. Bologna, 1878-'79, in 8" ;1) Dir in seguito gli studi, che feci pur io su questo Codice assai preaioso, B.ftc:ero litri ancora dopo di me.

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Canzon~ di Guido ea"alcanti, che public per Nozze Malaspina-Fumanelli in Verona, 1851. in 12.. Non s'avvide per che la Caszos~ era solo nel Codice per met, e per avere cominciamento dal verso:

lo non pensava che lo eor giammai la reput inedita; trovandola pur cos recata in altro Codice Capitolare, l' DCCCXXIV: ma sta bella e stampata intera al libro X della Raccolta di SOfUtti e Canzoni di di"~r,i antichi autori POlcani. Firenze. 1527, !,el Giunta, in 8. 17. Meglio provvide a recare emendata su) raffronto del Codice Capitolare CCCCLXIV (306) una Laude lpirituale di Fra' Jacopone da Podi: e con Lettera al Fan/ani usci va nel T. I dell' EtM4ria,

p. 679-687.
LIII. I vetusti Commentari Virgiliani, tratti, forse troppo rapidamente, dal nostro Codice Capito XL (3~) per opera del Cardinal Aug. Mai, parvero addomandare nuova e pi accurata revisione; alla quale pose mano un giovane filologo Tedesco, il Sig. Enrico Keil. Intorno al 1847 ei qui compiva il suo lavoro di paziente confronto; e n'ebbe cortese aiuto dal Can. bibliotecario, di che fa onorevole testimonianza nella Dedica del suo libro a Mons. Laureani Prefetto della Vaticana, jUlta laude non /raudandu, elt opti".., Capitu.li Veronen,i, Ca1l0nicu" qui ut Codicem le ad,tente Cfl.m Mai e:umplo con/erre pOllem, magnum laborem non gra'Dale mecum PalSU' est. Questo suo libro usciva alla stampa col titolo: M. Valerii Probi in Virgilii Bucolica et Georgica Commentarius. Accedunt Sekoliorum Veronen,ium, et Aspri qutU,tionum Virgilianarum /ragmesta, Halis, 1848, aumpt. Ed. .4.nton., in 8. 0 I Nella Prefazione davasi meglio ordinata la euumerazione delle 51 membrane, di che si compone il nostro prezioso frammento Virgiliano, secondo i quaderni in che sono compaginate. Non sendogli stato consentito trascri vere pi di quello che erasi gi pubblicato dal Mai (barbaro divieto, che dali' odierno Capitolo, dacch mi trovo a) governo della Biblioteca posso affermare non essersi rinnovato pi) dov il Ksil limitarsi a indicare soltanto con maggior diligenza le lacune lasciate da quel sommo: n potendo ravvivare flo'Dis medicamenti, la pallida scrittura del Codice, confessa che imper/ecta e'Dalit res, tamen kaud paullo emendatiora, et ad uaum aptio "a kaec Seolia edere liCfl.it, Dallo studio sui versi Virgiliani si asten-

39
ne al tutto, guoniam A,C a Maio medicameAtil tacti eraAt, tUe umptU

IUpererat.
UV. - Trovo bens memoria di un altro chiarissimo, che lasciati da banda gli 8coll si occup del testo Virgiliano: e fu il dotto Prof. di Berlino Ottone RiblJec! nell' Agosto del 1853. I suoi lunghi e profondi stnd su Virgilio sono oggimai conti all' Europa letteraria, in prima dalla sua dissertaz. VergleickuAp der altesten ltalieft. HandscMi!. des Virgililll (Confronto dei Mss. Italiani di Virgilio) inserita a p. 36-45 degli Atti della R. Accad. di Berlifto 1854: vieppi in seguit per la stampa del Virgilio, Lipsiae 1859-66 in quattro vol. in 8. Dalle varianti allegate in calce ai tre primi volumi, che recano il testo, apparisce quanto fra i diversi Codici consultati siasi giovato del nostro pali1mato Capitolare. Ricco di pellegrine notizie il IV VoI. Prolegomena critica, uscito ultimo nel 1866. Il RilJlJeel vi d la storia delle opere Virgiliane, discorre di tutti gli antichi Commentatori, spone il sistema seguito nell' emendare il testo, parla dei di versi Codici pi vetusti che si conoscano da esso usati, con dotte ricerche paleografche, e osservazioni sull' antica ortografia dc' medesimi, Tavole dello scambio fattosi delle lettere, per ultimo Indice grammatico copiosissimo. Intorno agli 8co11 Veronesi (dopo averne in pi luoghi reso conto', al Capo IX dove parla de'Commentatori, assegna un particolar paragrafo, il 23, magnificandone la grande importanza ad criticam

Virgiliatlorum carminum hiltoriam, ad commetltatorum pt'aeciJ'f'e antiguorum indolem cognolce#dam (p. 198): e ne reca nuovi saggi
critici, dopo l'ultima recensione. I Capi XI e XIII sono dedicati ai Codici de' quali fece uso. Del Capitolare, che nella seria dell' Indice ba il terzo posto con la segnato V, discorre 8 p. 226, ripetendo senza pi nel descriverlo quel tanto che ne avean prima detto il Mai, ed il Keil: mostra averlo consultato assai velocemente quantum, nullil adkilJitil medicamentil, tmparia a Canonicis permissi angustiis coercituI, e:epscari potfli. Quanto alla maniera della scrittura prOll:imal a Palatini et Romani ele-

gantia schedas Veronenles dizerim, sed hae 'Ut similiorel etiam liftt Vatica.il (p. 232). Il qual giudizio, che stimo vero, perch fatto certamente dal Ribbeclt. sull' ispezione del Codice nostro, non vorrei per si facesse sull' esame del fae-limile recato in calce al volume:
debbo dichiararlo scorrettissimo, al tutto non rispondente all'originale. Raffrontate le diverse lezioni dei Codici, ravvisa moltaat1init.

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del T'ero."e col Palati.o, come lo dimostrano paucae gua,dam lectione, utrigue libro soli propriae (p. 273', che viene allegando con assai accuratezza: i due Bernesi, che d ice affini, e:c antiquiori/Jtes libris maiore quam eetero constanti sectantur T'eronensem (p. 333). LV.-Un dotto Inglese visitava, credo nel 1853 la nostra Biblioteca, l'onorevole Roberto Curzon, e vi prendea nota de' suoi pi pregiati Cod-ici j la notiaia sommaria scritta nel suo breve lavoro col titolo A Ikort account qf lome of tke most celebrated Librari" qf 1tal" inserito nei volnmi delle Mucellanies qf Pkilobiblon Soci'ty (Marzo del 1855 da p. 4:3-48). Torna a ben giusta compiacenza vedere in questo libro la nostra Biblioteca tra le poche primarie d'Italia avo ta in cotanto onore. Mi corre poi debito qui rammentare come pi tardi nel 1866 il mio amico Sir Giorgio Dempster, saputomi desideroso di possedere la operetta rarissima del Cunon, me la procurasse cortese direttamente dal chiarissimo Autore, di cui serbo un caro autografo. LXI. - Nella Serie da me data degli studi sul Gajo, dissi di UD lavoro del nostro Avv. Giueppe Ted"cki (I). Qui come in luogo suo proprio debbo parlarne ancora, dappoich intorno al 1855 egli istituiva i suoi pazienti confronti del testo sul Codice nostro. Mi dolce altres\ riferire la Nota, ch' ei pose nella stampa, (2) troppo onorevole all' ottimo e dotto Mons. Cali. Girardi (allora Bibliotecario), il guale con esimia bont e tolleranza ci lalci fare ogni pi minuto esame e riscontro del palimp8llto coi t"ti stampati. E dopo aver fatto elogi a quel fiore di Cavaliere, che fu il pur mio carissimo

COlite Bonifacio FregOlO, in cui 11anl&O del pari dottrina, amore d,' lJtuJ.i Slfldi, e squilita cortesia, glifu dala ampia licenza difare esami di Codici .,lla Biblioteca Capitolare, di Itudiarli a piacer" be.cM SUM gi.stame.te con somma cura custoditi . . . . Il/atto dilegtUr. 'ltIIpre pilf la calunniola imputazio., di ostacoli, CM li dic,1Ja.o ifli frapposti alle i.dagini tle1l6 pWI01le di,cr6t6 , ,tudio". Accenna come la sua attenzione era destata allora da .m Codici di GiutiniaM, con pOltm, anticlt, in Greco. La fretta per, che il TetllJsclti pose in questo suo lavoro sul Gajo, non gli consenti guari di trar quel partito che poteasi dal Co.
(1) Al N. XLV!IJ, A. 23 .. B. !I1, 2 (2) IntrodUI, a

C. 7.

pago XXV

41
dice. Se ne sbrigava SeDI8 pih allegando a SCDsa lo ,'ato dlPlot'alJil, in cui lo vide: e come sarebbe stata um~rit prll"m,.,., di ag!liUfJn~r

!Iran/atto ai la"ori, ck~ mara"igliati ,,~demmo con injlnita dilig~nza c01&ilotti (l). I Eppure vedremo come altri sieno pervenuti a coglier belle palme d'onore sugli avvegnacb rovinatissimi Codici di Gajo, e GiulIiniano, due gemme tra le pi vetuste e preziose della Capitolare. (Contiflua).
(l) Introduz. I. e.

IL DIALETTO VENETO
NEI

PRIMORDII DELLA LINGUA ITALIANA.

1.
I dialetti erano un tempo riguardati quale feccia, o corruzione della lingua. Cosi li definisce appunto il Dizionario dell' Accademia della Crusca. Erano perci non curati, o disprezzati. Se alcuna volta l'uomo di lettere, volgeva ad essi qualche sguardo era una istantanea sbirciata, per compassione, o peggio, come al membro guasto di corpo vivo, e sano, che da esso divelto imputridisce, ed offende l' olfato e la vista. La filologia con migliore consiglio, guidata dalla filosofia, che innalzasi fino alla investigazione pi profonda che a mente umana sia concessa delle cagioni e delle origini, riconobbe nei dialetti la materia prima, dalla quale sorsero in circostanze particolari le lingue nobili, o scritte, e nella quale posseggono un tesoro inesausto di parole e forme sempre fresche e nuove in tutto il tempo della 101' vita. Sono, per cosi dire, la democrazia a fronte dell' aristocrazia, la quale avventurosamente s'innalz da essa, e sopra di essa; e da essa in ogni bisogno con politico avvedimento ritragge forza, ricchezza ed onore. Egli perci molto opportuno disaminare con lungo studio e grande amore i poIverosi documenti che da ogni parte oggi ripongonsi in luce, e tutte dedurne le conseguenze, che a ragione e verit pi si mostrino conformi. In una Dissertazione corredata di un Glossario, che ampliata vedr a suo tempo la luce in questo Archioio, diligentemente analizzando originali documenti, e traduzioni dal latino nel dialetto veronese del seco lo decimoquarto, dimostrai come nell' et stessa di Dante, questa pro vncia, indipendentemente da ogni deriva zio-

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ne dalla Provenza. dalla Toscana, o dalla Sicilia, possedesse un dialetto affatto somigliante alla lingua, che fu poi nazionale, in cui poteva a suo grande agio in prosa ed in versi dettare, e da altre lingue tradurre. Ripreso non guari dopo il medesimo studio sopra documenti originali e traduzioni dal latino scritti in Venezia nel medesimo secolo, ed in particolare sulla versione in vernacolo veneziano della Cronaca di Raffaino Caresini affatto somigliante alla versione veronese del Libro di Teodolo (1), riconobbi che tutte in generale le provincie della Venezia avevano nel secolo decimoquarto cotale perfezione di dialetto, che gli era mancata solamente favorevole fortuna acci divenisse lingua nazionale. Egli maraviglioso riscontrare, come i vocaboli, i modi e la grammatica sieno perfettamente italiani, del dialetto conservando solamente quegli idiotismi, che altres dopo avere studiato la lingua classica non sogliono s di leggieri ommettere le persone di mezzana coltura. Nel nostro secolo due persone di sufficiente erudizione come que' due traduttori del trecento, dopo tanta diffusione della lingua parlata e scritta, non farebbero per avventura opera da quella molto diversa in fatto di lingua. Fu gi detto, che i nostri antichi furono, o sembrarono di essere in forse, di scegliere il dialetto veneto, od il toscano, quale fondamento filologico del nuovo latino che volevano dare alla nazione, sopra della quale aleggiava lo spirito di novella vita. Quanto si moltiplica la publicazione di veneti documenti del secolo di Dante, ed altres del secolo che lo precedette, ne siamo sempre meglio persuasi e convinti. Ma non era solamente la Venezia, la quale anticamente abitata da colonie etrusche, malgrado le invasioni e le dominazioni dei popoli barbari, e malgrado gli aspri dialetti dei paesi a destra ed a sinistra del Po, dovesse conservare un dialetto cotanto somigliante a quello della Toscana. Altres nell' Emilia al tempo medesimo riconosciamo un fervido studio per dare vita ed incremento al nuovo latino. In questa frase comunissima nel trecento, tutta la ragione del fatto, che al primo aspetto potrebbe sembrare paradossale. La lingua latina, decaduta, egli vero, nell' infima sua
(Il Il libro di TlIeo101o, o la Vilio,.e di Ta,.talo. Bologna, 18'70, dispensa CXII della Scelta di curiolit letterarie dal secolo XIII al XVII. La Cronaca di Rafai,.o Careli,.,. tradotta in volgare veneziano nel secolo XIV, Venelia~ tlp. Villentinl, 187'7.

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condizione, ancora viveva se, come si fosse, usavasi nelle private e publiche scritture. In cotale infima sua condizione, lontanissima dali' artificioso periodare degli oratori del tempo di Augusto, e dei poeti loro contemporanei, imitatori pedissequi dei Greci; aveva sintassi del tutto naturale, facile e logica come fra i plebei ed i rustici romani, e nello stile detto umile, ebbe altres nell' aureo secolo: ed i versi, anzich per quantit di 'sillabe, componeva eufonicamente per accenti e con assonanze e consonanze come cantavali nel regno del vecchio Saturno, ed il popolo aveali sempre con suo grande sollazzo, creati e cantati. Parlavansi ancora i dialetti delle regioni italiche anteriori alla lingua latina, da uno de' quali essa ebbe principio, somiglianti l'uno all' altro, quali membri della stessa famiglia, comech ciascheduno con propria fisionomia, acci con nessuno de' suoi germani potesse per avventura essere scambiato o confuso. La sostanziale materia della lingua nascitura brulicava e fermentava per tutta la penisola. Col crescere ed espandersi della nuova civilt, universalmente sentvasi il bisogno di un nuovo latino. Come l'un giorno meglio che l'altro il popolo, ormai libero in comuni e republiche, sentiva cotale bisogno; argomentavasi alacremente di creare e perfezionare pari alla prima la lingua novella. Ecco perci fiorire i primi poeti del volgare illustre in Sicilia (1) : poco di poi altri fiorire a Bologna. Fannosi prove meno felici in altri paesi, fino a che la Toscana d gli esemplari a tutta la nazione; e la nuova Italia oggimai altera della nuova sua lingua. Egli era in questo senso, che Dante insegnava, la lingua apparire in tutte le citt d'Italia, e non risiedere in alcuna. Gli elementi della lingua erano, e sono, disseminati in tutte: la lingua perfetta, la gloria della lingua. era. ed , di qualche scrittore, e non di alcuna privilegiata citt. Era stata di Guido Guinicelli da Bologna. Era passata a Guido Cavalcanti da Firenze. Sarebbe poi di Dante Allighieri (2). Poteva essere di altri in qualunque terra italiana, come fu. Non era feudo, n primogenitura, n mano mor(l) DANTE nel libro De vII/lari tlogtlio annuncia il ~dtto come universalmente noto. - Contro di esso da alcuni moderni non si opposero altri storici fatti, ma BOlo IpotesI. (2) Cos\ ha tolto l'uno all' altro Guido La gloria della lingua; e forse nato Chi l' uno ~ l'altro caccier di nido. (JItttog XT I

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ta. La storia della nostra letteratura, contro i sofsm di qualunque egemonica pretensione, chiaro lo mostra a chi non voglia chiudere gli occhi per non vedere. Domenico Casini sul Propunatore (dispensa I, dell' anno 1880) fece di publica ragione molti inediti documenti del dialetto di Bologna dall' anno 1380 all' anno 1417. Sono dieci Bandi di magistrati, e settantacinque Lettere. sorprendente innanzi tutto la somiglianza, per non dire l'identit, della lingua in cui sono dettati, colla lingua in cui sono scritti nella et stessa, e possiamo dire perfino negli anni stessi, i documenti dei dialetti della Venezia. Chi prima su quel giornale ha letto parecchie novelle in dialetto bolognese della signora Berti Coronedi, non pu credere che questi documenti sieno scritti nel medesimo parlare, comech cinque secoli prima. Leggendoli invece dopo quelli del veneto dialetto contemporaneo, vi tocca con mano grande la rassomiglianza, e li pu credere dettatura di qualche scrittore veneto, che soggiornasse nel secolo decimoquarto a Bologna. Se non che, uno scrittore veneto che soggiornasse in quel tempo a Bologna, per comodo proprio, ne' suoi famigliari ricordi poteva usare a suo agio il dialetto nativo: ma quando scriveva agli abitatori della regione del suo soggiorno, gli era forza, anche suo malgrado, usare il loro idioma, qualunque si fosse, se da essi voleva essere compreso, come da noi furono costretti a fare perfino i barbari conquistatori, che per necessita vedemmo circondati da interpreti e segretari italiani: necessit, che appell clemenza, o magnanimit, la paura, l'adulazione, o la vilt dei rinnegati. Supposto, che la scuola di qualche famoso giureconsulto, o magistrato, avesse fatto passare nell'uso alcune formole speciali, che poi tradizionalmente siena state ripetute, come avvenne di alcune romane ancora usate; questo non pu supporsi per tutta quanta la lingua, nella quale sono dettati quei documenti, senza far eccezione per un solo periodo. Senza parlare dei Bandi, abbiamo settantacinque Lettere, scritte da diversi autori: da magistrati, da uomini di chiesa, da soldati, da persone private. Sono indiritte a cittadini di ogni condizione e coltura. Per alcune, che riguardano fatti politici, si possono credere composte dal segretario nello stile che a que' giorni era usato nei publici offcii, che pu eziandio supporsi fosse veneto, o educato a veneta scuola, o che parlasse dialetto molto simile al veneto; ma qui leggiamo anche viglietti contidenzialissimi .

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di poche linee, coi quali si annuncia la spedizione di qualche oggetto di vitto, o si avverte di averlo ricevuto, i quali senza nessuna meditazione debbono essere stati improvvisati come la penna gittava gi sulla carta, e non altrimenti. Altresi in alcuni documenti antichi della Sicilia editi dal prof. Vincenzo Di Giovanni, sul medesimo giornale ( dispensa 4 dell' anno 1879) ho fatto osservare la ripetizione, che non pu stimarsi fortuita, di parole e frasi, le quali pure leggonsi nei documenti veneti, gia registrate nel mio Glossario, poco sopra accennato. Ci non avvenne a caso, avvegnach il caso sia termine vuoto di senso anche nella filologia. L'Italia era stata una fertilissima campagna (mi si permetta questa imagine) nella quale abbondante e matura alla state biondeggiava la messe. Una pro cella aveva schiantate ed abbattute le piene spiche, onde i grani rimasero nel verno appresso per lungo tempo sepolti fra nevi e brine sotto il suolo isterilito ed agghiacciato. AI sopravvenire della primavera, la buona semente poteva credersi putrefatta, e macera sotto i solchi inarati e sodi. Avrebbe potuto germinare e spuntare tutta ad un' ora; ma per accidentali cagioni attecchi prima in una parte e poscia in un' altra, sino a che finalmente su tutta la campagna comparve rigogliosa una messe novella, che fece dimenticare l'antica ond' ebbe in operoso silenzio vita ed alimento perenne. Qualche embrione straniero portato vi dal nembo, che balza fuori qua e cola in mezzo all' ondeggiante messe novella, non le scema bellezza, o pregio, n adugge le spche. Il vago suo aspetto meglio rallegra la vista; ed il suo nuovo sapore solletica meglio il palato.

n.
Fino a questo punto, standoci sulle generali abbiamo argomentato. Veniamo adesso partitamente alle prove. Filologia non vuol dire grettamente amore delle parole; ma delle discussioni, e dei ragionamenti. Lasciando da parte l'indole, o carattere generale della lingua in cui sono dettati questi ottantacinque documenti bolognesi, di molti scrittori, che si estendono a ben trentasette anni; passiamo all' analisi dei vocaboli e modi di dire. Esposto criticamente il fatto, sia libero al lettore il giudizio. Essenziale differenza fra i dialetti della Lombardia e dell' E-

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milia, e 'quelli della Venezia, in primo luogo questa', ch' essi accorciano colla soppressione o reticenza delle vocali e mute e finali i vocaboli quanto pi possono, conservandone appena lo scheletro, si che di sovente a chi parla altro dialetto riescono duri e strani; dove i veneti coll' aggiunta delle vocali, o colla sostituzione delle pi sonore alle meno, li trascinano in lungo, in modo che riesce a chi parla altri dialetti tal fiata ridicolo. L'orologio, per esempio, dai primi pron unciasi .rloi, dai secondi areloio: il [rdssine, per i primi [rass, per i secondi [rdssano. Egli perci con sorpresa, che in questi ottantacinque documenti veggiamo gli avverbi stiracchiati oltre la giusta misura, che pur lunga e monotona abbastanza, coll' intromissione di inutili e, come allora solevano i veneti, ed i toscani. Per esempio, favoreoolemente 66 (t), equalemente 71, finalemente 71, umilemenie 55, personalemenie 63 ecc. Aggiungasi ncareo 10, careare 36 (incarico, caricare), mercadanzia 7, prettamente veneti di quella et. Un lombardismo diluito secondo il modo veneto cinque volte : piubega (publico ) 3, 43; piubegamente 13, 38, 39 (publicamente. ) I monosillabi accentuati, che pi acconci sembrerebbero a quell' idioma, hanno appiccicata una superflua vocale in fine, come usarono, ed usano, alcuni dialetti veneti, e toscani: qufe,11 ; le 36, 37, 171 ; pie v, 6; lie 45; que 38; ze (zo, ci) IV, vrn, IX, XX; ce (co', capo) IX; (oe (fo, faccio) 63; (ae (fa) IV; die (di) IV, v; poe (po', poi) 38. I nomi e gli aggettivi terminano in vocale, ed hanno permutazioni di lettere come i veneti: un paro de manzi 3; un paro de buoi 65; un paro de pollastri 71; tesorero IX; driedo, dirieto (dietro) IX; persona terrera o [orestera I; pezza o cavezzo de panno I; bariletta 110; bariletto 41; [radello 5, 57; brazzo e mezzo brazzo de panno I; pagni (panni) 16, 17; muera 64 ; nevodo 62; fiolo 35, 75; (amegio 36; inimigo 36; cavo (capo) 9; cmara "IX, 43; manara 31, 71; badile 31, 32; pertehe 32; ronchetta 9; [orcado de (erro IX; mnego IX; pezzo de arme IX; ghiesia (chiesa) IX; piastre 57; (il ritornello di Gidino da Sommacampagna : a bon piasere de l'amo); caldara 61 ; cosina (cucina) 48; sanza (sugna) 48; formajo 4~; eastelada de uva 54;
(1) La cifra romana indica il numero d'ordine dei Bandi; la eil'ra arabIca indica quello delle Lettere.

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mdego 61; nodaro 65; rne}o (meglio) 41; incaneoare x. Perfino l' alturio (aqjulol'iumJ del traduttore della Cronaca del Caresini, nella Lettera 57, ed altrove. I nomi ed aggettivi femminili, nel plurale finiscono tutti in e, come appunto allora nei dialetti veneti: 00ne IX, 9; le confine (i confini) 3; le possessione elle cose immobile IV, V; le m'me vn; le quale IV. Le desinenze in ado, le quali sono rare nei documenti Scaligeri, e adesso a Verona odonsi ad ogni aprire di bocca, qui sono frequentissime: la ctade de Bologna I; ammacstrado I; tignudo Il, III; sbandezado O1:vero rebello IlI; partido IX; confiscado IX; pagado IX; cavado IX; carcerndo IX; prouezudo IX; deputado VIII; portado VIII; spontado IX; malnudridi IV, V; usade VIlI; nudade IX; passado V; trooado v; stado V, VIII; dubiiado VI; soldado VII; mercado IX ecc. ecc. Il d al t, secondo il vezzo dei dialetti veneti, sostituito pertino in ardidamente VI; de'Vedo (divieto) VI; vedade (vietate) IX, e molte altre volte. Troviamo nei pronomi, elo Il, IV, V; ela 6; illi IX, 30; quilli IV, V, VIII, IX; quigli I ecc. I numeri sono conformi all' uso veneto contemporaneo: dui 28, 71; doe 16; tri 56; sie 56; diese 28, 51. 65, 71 ; dodese 74; sedese 77 ; vinti 28. Le date di questi documenti sono tutte in latino; ma essendo in essi nominati due mesi, sbucano fuori secondo i dialetti veneti lIfazo 5; Zugno 24, 65. Negli infiniti dei verbi costante la desinenza in vocale, contrariamente alla pronuncia lombarda, e conforme alla veneta, eccettuata la veronese. E frequente lo spostamento dei verbi dalle tre altre coniugazioni, con altri idiotismi, nella prima, come usano ed abusano ancora i rustici vernacoli veneti : stagano IX, 16, 17; daga 27 J 63; abbiando IX; subumdo III, vm, I; sapiando v; togliando 71 ; somenare 65 ecc. Alla terza persona singolare del futuro, si accoda un' e, affatto contrariamente alla pronnncia lombarda: tare I; replicare v; offendere IX; atere IX; sere 9 ;. trocare IX; torcare IX; peroenire 72; e finalmente netto e schietto paqarave 74 .
\ff'atto veneta, comech allora usata eziandio in Toscana, ed

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in Sicilia, ma non punto lombarda e la forma: oiemo I ; comanI, 37; seniemo 2; remo (facciamo) 29; averno 8, con cento altri esempi. Sono idiotismi veneti del secolo decimoquarto: zascaduno I, III, IV, V, VIII; nade (andate) x; biaoa I, VIII; mdere (mietere) 12; trafeare VI; re/are (risarcire ) 12, 1~3; s'accater (si trover) VlII; eoiere (raccogliere: nel contado veronese adesi tutto giorno argier) 46; rescodere IX; sitamento (saettamento colle balestre : nel contado veronese pronunciasi sita per saetta) IX, 1.4; lana gentile (fina) I ecc. ecc. Facciasi attenzione finalmente a questi modi affatto vene ti, che (anno capolino qua e col nei documeenti bolognesi: {ignudo in credenza III, IX; in caso che III; da quie a octo die prossimi IV, v; ancoi et al presente IV, x; al di d'ancuoi Il; ancoi 35; al presente 9, 49; da po' IX ~ de scura IV, IX; de [uora VI; de di c de nocte III, IX, 6; da pe' o da caoallo VII; da ma' inanzi VII,

demo

72; ancora mo' VIII, 4; o de che condizione se sia IX; determenando in-contrario IX; per niente (gratuitamente) 1.4; volerghe ( volergli) 1:~; al pi presto che porranno 26; domeneqa mattina 21, 71; marted che vene 32; lo primo di de Zugno prossimo che vene 65; domeneqa mattina prossima che vene 71; lo {are del di 75; de poe en que 38; bestiame da zoadehe 38; da tri anni in suso 56; somenado a tormento 65; porsere ( coVIII,

me nei documenti Scaligeri, presentare ai publici offci, o ad autorevole persona). Alquante di queste parole e forme erano, ed in parte sono ancora, comuni alla Toscana, come ho notato: ma se il dialetto bolognese di l avessele attinte; come mai ve ne aggiunse tante venete? Come mai il fondo dell'idioma di questi documenti, nel quale sarebbersi incastonati vocaboli e morii toscani, palesemente il veneto, anzich il bolognese? La somma di tutti questi riscontri fra il dialetto bolognese di questi ottantacinque documenti, ed il veneto dei secoli decimoquarto e decimoquinto, se male non mi appongo, non deve passare inavvertita nella storia della nostra lingua, quando si voglia veramente provarla e riprovarla cogli storici documenti. Egli ' nelle lingue che i popoli istintivamente hanno scolpiti i loro fasti. ed i loro annali. Dove tacciono i monumenti scritti, rivelano elcqucntemente il passato i monumenti parlati. Sulla filologia il grande nostro Vico innalz in gl'an parto quella ch' r~li rlonominavn
4

50
Scienza nuova, che noi diciamo Filosofia della storia, la quale sta alla storiografia nella ragione medesima in cui sta l'algebra ,all'aritmetica. - nostro nazionale dovere, ed interesse, ricalcarne fedelmente le orme.
Vei'ona, Jfa{l.'lin /88fJ
Ll'InI GAITEIL

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LE CARTE
DEL l\1ILLE E DEL MILLECENTO
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;o.lEL R ARCHIVIO NOTAIULE DI \;ENEZIA


TRASCRITTE

DA BARACCHI

ANTONIO.
.

(Coutlnuazione. Vedi Tomo X, pag. :13'.2

LXXX.
1188, 15 Apri/e. Rialto. Donazione immobili/atta da Mariff.o Balduino, a Pietro Marco. Atti , CUBO W ARI ENTE, prete
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno domini millesimo Centesimo Octagesimo octavo mense aprilis die quinto decimo intrante. Inditione sesta rivoalto. Magnus donati 0nis est titulus ubi easus largitatis repperitur. sed ad firmamentum ~neris sufficit animus largientis: Quapropter Ego quidem MarL . , balduynus de confinio sancti symeonis propbete ex dilectionc et amore quem in te semper babui et babeo, do. dono. concedo. atque transacto cum meis beredibus. 'I'ibi namque petro marco dc confinio sanctorum apostolorum simonis et iude et tuis beredibus BC proberedibus seu posteris tuis in perpetuum possidendi. Videlicct unam proprietatem terre et case coopertam et discoopertam in suprascripto confinio sancti symeonis prophete positam, Que firmat uno suo capite in canale de luprio in quo vero capite babet in sua latitudine plus minus pedes triginta duos. Alio autem suo capite parti m firmat In iacobo steno et partim firmat in lacu. et. habet in sua latitudine da ipso capite plus minus pedes quadraginta quinqua. Uno vero suo latere firmat in calle comuni. Alio antem suo latere firmat in fundamentum mausionis petri vitalis, Hanc autem euprascriptam et pre designata m proprietatem terre et case coopertam et discoopertam. tibi do. dono, concedo atque transacto cum

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omtm vigore et robore. cum omni longitudine et latitudine cnm capiti bus. et lateribus suis. cum calli bus et viis suis, cum gressu et regressu suo per terrarn et per aquam. et cum omnibus suis habenciis et pertinenciis intus et foris que tam subtus terram, quam Bupra tcrram ibidem adesso noscuntur. Et sicut a me suprsscripta proprietas terre et case cooperta et discooperta possessa et retenta fuit. itam eam tibi do. dono. concedo. atque. transacto cum omni suo vigore et robore, et me per omnia exiude foris facio et in tua virtute et potestate relinquo amodo in antea intrornittendi. habendi. tenendi. Vendendi. donandi, dorniuandi. cornrnutaudi et imperpetuum possideudi, vel quicquid exinde placuerit faciendi cum omnibus cartulis novi s ae veteribus ad cunctam suprascriptam et predesignatam proprietatem terre et case pertinentibus et cum omni earum pieno vigore et robore nullo tibi hornine contradicente. Unde eeiam promittens quod ullo unquam tempore contra hanc presentem donatiouis cartam quarn tibi factam babeo ire debeam. non per me ipsum neque per meos heredes lleque per aliquam submissam vel instructam personaID homiuuru. non eundo ad iudices. nec supplcando principibus. non in vita mea neque ad bobitum meum per ullum videlieet ingenium. Quum in legibus piissimorum augustorum imperatorum cautum atquc preceptum est ut qnod semel datum vel donatum fuerit nullo modo revoeetor. Quapropter plenam et irrevocabilem securitatern facie Ego quidew suprascriptus Marinus balduyno cum meis heredibus tibi namqne suprascripto petro Marco. et tuis heredibus, de tota suprascripta et predesignata proprietate terre et case cooperta et diseooperta. Amodo in antea semper inde securus et quietus permancas. imperpetuum. Quia nichil inde remansit unde te amplius requirere aut compellere valeam per ullum ingenium. Quos si unquam tempore contra hanc presentem donationis et promissionis cartamo at que securitatis cartam ire temptavero. vel eam frangere ve! eorrumpere presumpsero aut ego retro donum vel uieriturn ti bi exinde inquisiero tu ne non solurn medacii reatum incurram. verum eciarn prostimum persolvere promitto cum meis beredibus ti bi et tuis heredibus auri lbras quinque et hee donationis et promiasionis atque securitatis carta in sua firmitate permaueat. t Ego Marinus baldoynus ruanu mea subscripsi. t Ego iohauis bclignu testis subscripsi. t Ego Jacob dundulo testis subscripsi. Egoo War cntc calbo prcsbitcr et noturius completi et rohoravi.

LXXXI.
Il ~8, Maguio, Giugno. Rialto. Attestazione di J!fllltallario gastfdo ii Palazzo ii un ricorso fatto Ila Martino Marconi a nome di CU1&iza sua madre, contro iff,1Je8titur/l fatta da Giacomo 01'seolo di w.a propriet i. S. Seoero. Atti ANDREA prete.

1Do nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno domini millesimo centesimo octuagesirno octnvo mense Madii Junii
Indictione sesta rivoalti. Testificor Ego quidem Montenarius gastaldus curtis palacii. Quod die sesto intraute suprascripto mense Ego erarn in curia .ante presentia domini nostri Aurei mastrcpetri incliti veneeie ducis et eius iuclicum. quando Martinus marcuni de confinio 8ancte Marie assumptions. ploclernavit ibidem pro deprecatione Cuuise matris sue supra investitionem quam Jacobus ursyulus de confinio Sancti J uliani posuerat supra proprietatem terre et case coopertam et discoopcrtam positam in confinio Sancti Severi. que fuit Oderlici maripctro dc eodem confinio. et Ego propter preceptum supraacripti domini nostri ducis et eius iudicum eodem suprascripto die ad Gislam uxoreru eiusdem Jacobi ursyulu cognitam feci. idem quia ipse Jacobus tunc in venecia non erat. et postquam in veneciam ipse intravit infra octavum diem per preceptum suprascripti domini nostri ducis et eius iudicum suprascriptam proclamationem eidem Jacobo ursyulo cognitum feci. hoc per testimonium dico. Sigoum suprascripti Montenari qui hoc rogavit fieri t Ego petrus longo testis subscripsi. t Ego brafolo tango testis subscripsi. Ego Andreas presbiter sancti cantiaui et Notarins complovi et roboravi. Ah extra: clamore super iacomu ursilo.

LXXXII.
1188, 5 (26 '?) Giugfl,o T1'e'Diso. Confutazione di propriet e successiva in'Destitura fra Oberto 4e Ingaldeo ed i fratelli Giacomino

ed Alberto del Turco. Atti

MANFREDlNO.

In nomine christi. die dOlllinic:o Vexeunte iunii. preseucia. Teothonici de franco. Todnldi de pneso. Jacobini de Wereso. Leo-

uardi de todaldo de cima. Arponis et aliorum. Andreas de Johane Ile pelegrino. una CUlli Leonardo de bono homine refutaverunt In Obertum de Inguldeo totam emptionem quam psi eruerant, Abeo. scilicet de terris. et dornibus. Et ibi in continenti ide Obertus refutavit in dominis suis. scilicet. In Iacobinum de turco. et Albertum fratrem suutn, decem. iugera terre una cum sedimine ono. qoe habebat ab eisdem fratribus que Jacent in pertinentiie de villa orba, et sedimen iacet in villa Verte de villa orba pro qua refutacione idem Obertus clamavit se paccaturn ab eodem Andrea de triginta libris. Et statim Iamdicti fratres, scilicet Iaeobinus et albertus investiverunt Iamdictum Andream de Iobane de pelegrino. de ian dictis decem iugeribus terre una cnm sedimine que regitur per Mchaelem. Ad rectum feudum. UDO servicio et una fidelitate. et ibi predictus Andreas fecit fidelitatem iamdictis fratribus .salva fdelitate suorntn anteriorum dominorum. tali pacto, nt cuicnmque evencrit iamdicturn vasaalaticum in parte que custodiet ci fdelitate, Anno. domini. Millesimo. Centesimo. octuagesimo octavo Indictione. sexta. Actum. tarvisii. in ecclesia saucti leouardi. Ego Manfredinus sacri imperatoris. Notarius. Iuterfui his omnbus predlctis fsctis et ut superius legitur scripa. Ego Ventura de Boia sacri pallacii notarius. hoc instrumentum quondam Manfredini. Notarii. sumptum. nil adens vel minuens quod sentenciam Mutet preter pontum vel Iitterarn. bona fide scripsi ct exsemplnvi. signoque uieo coroboravi.

LXXXIII.
1188, Aflosto. Costantinopoli. Attestazione di GiofJanni Grade-

nigo, commissario di Giorgio d,lla Rode(/. morto in Alessandria, di afJer ceduto a Giacomo Reflini alcuni effetti di ragione d,l Rode(/. stesso Atti SORANZO DOMENICO diacono.
In nomine domini dci et salvatoris nostri ihesu christi. Anllo domini millesimo centesimo octuagesimo octavo mense Angusti Indictione sexta constantinopoli. Testificor Ego quidem Johanes gradonicus de confuio sancti Vitalis. fdei commissarius Georgii de la rodea qui quondam obiit in alexandrin, Com com essem ibi in alexandria post obitum eiusdem georgii de la rodea meus commissus, tunc dedi ibi et delibera vi de l;lonis et ha bere eiusdem defuncti mei commissarii ad Jacoburo regini de confinio sancti thome. per

debita leonardi simiteculu. secundurn quod ipse Jacobus reginus 0stcndebat per cartarn testatam et roboratarn et: per cartam commissionis similiter testatam et roboratam quas idem Leonardus illi fecero.t causa escuciendi ab eodern georgio de la rodea suis bonis et habere. onde ego per ipsum debitum ut dietum est dedi et dcii Leberavi eidem Jacobo regini. Caricaturas duas de pipere dc caricaturas de alexandria et Cantaria de lino. viginti octo. per bons et habere quod ipse defunctus meus commissus. dare debebnt eidem leonardo sirniteculo. Hec omnia ut suprascripturn est per verum dico testimonium. Ego Iohanes gradonico mauu mea subscripsi. t Ego Iohanes lanzollo testis subscrlps. t Ego Iohanes bembo testis suhscripsi. Ego dominicus superancius diaconus et Notarius compievi et roboravi.

LXXXIV.

1189, Maggio. (}(}statitifiopoli. Procura fatta da Marco A.lbafl.i prete a suoi nipoti Andruzana e Dome.ico Albafeo. Att SORANZO DOMENICO tliacof&o.
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu Cbristi. Anno domini millesimo Centeaimo Octuagesimo nODO mense Madii Inditione septima constantlnopol. Omnis commissio cum alicui committitur scripture vncuto debet anaodari, ut cum alicubi ostenditur removeri valeat omuis dubitacio. Qua propter ego quidem Marcus albani presbiter et prior ecclesie beati Nicolay de abido. do et committo vobs Audrusane nepcie mee habitantis in confinio sancti Iuliani. et dominico albano nepoti meo. ut amodo in antea ambo et unus solum de vobis in CUiUB manibus hanc presentem cartam commissionis. apparuerit totam meam plenissimam virtutem et potestatem habeatis de una videlicet pecia de terra. posita in suprsscripto eonfuio eancti Juliani. que firmat unum suum caput in uno calle comuni et aliud caput firmat in mansione beoti marci evangeliste unum quidem latus firmat. partim in uno calle, et parti m in pisscina. Aliud namque latus firmat in lan bandina, de qua vero suprascripta et dessignata pecia de terra quantum mihi pertinet. Amodo in antea totam meam potestatem habentis inquirendi. inter-

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pellaudi, ud vocatores inveniendi placitandi intromittendi domiuandi t.enendi vendendi donandi impegnandi commutandi alienandi et. quicquid inde vobis plaeuerit faciendi nullo vobis bomine contradicente. do etiam vobis potestatem qualem cumque cartam inde vobis fuerit ueeesse faciendi sicut ego ipse facere deberem. 1<:1. quicquid inde fecerint ambo vel unns de vobis solum. " me frmum conservabitur quia me inde foris facio et in vestram potestatem et dominacionem relinquo. Si igitur contra hanc presentem cartam commissionis ire temptavero. tunc emendare debeam cum meis successoribus vobis et omnibus illis qui bus carta aliqua pro inde alieni feceritis et vestris ac illornm heredibus et suecessoribus auri libras quinque. et hec presens carta eommisaiouis in sua firmitate permaneat, Signum suprascripti Marci albani presbiteri et prioris qui scit scribere set causa sui itineris festinatione scriberem non potnit. qui hoc fieri pro se et subseribere rogavit. t Ego Octavianus Quirinus testis subscripsi. t Ego Frngerius quirinus testis subscripsi. Ego dominicus superancius diaconus et Notarius compievi et roboravi.
LXXXV.

1189, N()1)embre. Ri'Doalto. 8icurt prestata da Or80 Badoe Giofianni Badoer. Alli CAUO W ARIENTE preti.

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In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu cbristi. Anno domini millesimo Centesimo actagesimo :Nono mense Novembris Inditione octava rivo alto. Plenam et irrevocabilem securitatem facio Ego quideru Urso badouario de eonfno sancti Stepbani confessoris cum meis heredibus. 'I'ibi namque Iobanni badonario de eodem confnio et tuis heredibns. Videlicet de cunetis et super totis investitionibus quam ego retro tempore posui supra callem latam de pedibus novem. posita ipsa calle in suprascripto confnio secuudum quod firmat unum suum latus in te predicto Iohani, Alio autem suo latere firmat in proprietate que fuit quondam Bartboloti badouarii. Nunc autern de totill suprascriptis investitionibns quas ego feci supra suprascriptum callem semper securus et quietus permaneas in perpetuum salvo tamen omnibus aliis meis rnciouibus quas nunc habeo ad dicendum supra suprascriptum callirn, Quod si quocumque tempore contra hanc secoritatis cartam ire presumpero tuac compo-

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nere promitto cnm meis heredbus ti bi et tuis hredibus auri libras quinque et hec securitatis carta maneat in sua firmitate. t Ego Urso bndouario manu mea subseripsi. T Ego pangrati g-abriel testis subscripai. t Ego petrus georglO testis subscri psi. Ego Wariente calbo presbiter et notarius compIevi et roboravi.

LXXXVI.

1189, G6nna'l'o. Costantinopoli. Attestazione fatta da Giorgio S'Ublimano, 6 Gotifreddo Corbella, che n6l commercio a'Duto in Costantinopoli con Gio'Danni Gradenigo e Leonardo S6mitecolo, non rimale al Semitecolo cosa alcuna di ragione del l'Uddetto Gio'Danni G'I'adenigo. Atti SOHAIIlZO DOMENICO diacono.
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno domini millesimo Centesimo octuagesimo nono mense Ianuari inditione octava constantinopoli. ~estificamur Nos quidem Georgius sublimanus. Et Gotefredus corbella ambo abitatores in constantinopoli, Cum de ipsa nave que vocatur leone in qua ego prefatus georgius uauclerus fui. que nos habuimus in simol cum Iohane gradenico. et leonardo semiteculo de confnio sancte margarite et aliis bonis hominibus. in taxegio de Alexandria. racione facta inter nos, nihil remansit in prefaturn leonardum simiteculom. de racone ipsius soprascripti Iohanis gradeuiei. in constantinopcli hec omnia per verum dicimus testimonium. Signum supraacripti Georgii sublimaui qui hoc fieri rogavit. t Ego Gutifredos corbella manu mea subscrips. t Ego henrieus iusto testis eubscrlpsi. t Ego petrus martinacio testis subscripai. Ego dorninicus superancius diacouus et Notarius cornplevi et roboravi.

LXXXVII.
118 .. Attestazioni intorno al bosco di Ceggia ed Altino, e delle Chiese di S. Stefano e S. Felice di Doza. Atti AI'DREA pret6.

Testes Episcopi. Flandina iurata dixit, silvam cese esse torcellani episcopatcs.

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Interrogata quomodo sciret. Respnndit quod quarngintn annis \'i~ dit nuntios et homiues episcopi uti in predicta silva pro predicto episcopatu. et audivit nuntios episcopi Wsasse predictam silvam. et banna posuisse. et piguora ab hominibus exegisse pro banuis, et quamplurium pignura vidit afferri. et boves etiam proprios abbatis vidit duci a nuutis episcopi. quia inciderant homiues abbatis in silva cese postquam fuerat Wizata. Interrogata si homines abbatis ibant ut incidereut in cesa quando non erat Wizata. Respondit. sic. et vidit homines altini habitantes super possessionibus episcopi eUDtes ad incidendum in cesa et libere. et bomines abbatis vidit ire ad incidendum similiter. set vidit pignora quedam afferri que dicebantur esse bominum abbntis. propterea quia inventi erant cedere in eadem sii va. Interrogata. si audierit a suis anteceasoribus. vel si publica fama erat quod homines abbatis haberent ius inr.idendi. capulandi. pasculandi. in predicta silva. Respondit. quod non recordator. Interrogata si publica fama est quod compositio fuerit inter abbatem et episcopum torcellanum quod homines abbatis per aliquarn exationem. vel sine exatione deberent capulare. pasculare. incidere in sii va cese. Respondit qnod uescit, Interrogata qui fuerunt homines abbatis pignorari. Respondit. petrus faber. et petrus defrasse longo et Conus de altino. et hec fuerunt pignora. pellis una. catena una. nnum dolabrum qui fuerint homines episcopi qui pignoraverint illos dixit quod non recordatur. et quo tempore fuerit aimiliter non recordatur et dixit quod vidit pignora sepiua afferri que dicebantur esse hominum abbatis accepta a nuntiis episcopi propter incisionem factam in cesa. set non recordatur quorum vel a quibus fuerint ablata, Interrogata cum quibus videret hoc. Respondit cum quibusdam qui mortui sunt, Interrogata. si episcopus de conscensu abbatis ponebat sultarios in cesa. vel qoisqoe per se. Respondit quod nuntii episcopi posueruut se presente. set non cum abbate, vel nuntiis eius. Eosdem confnes asaignat cese quos Manfredinus testis abbatis. de causa aliqua babita inter ullum episcopum torcellanum. et ollum abbatem sancti felicis. et si bunifacinus de musestre habuit causam cum episcopo torcellsno de slva cese. Interrogata. dixit se nichil sci re. De altino dixit quod episcopus torcellanus habet suas possessiones in eo. et abbas sancti felicis suas diatinctas. et dixit quod homines utriusque domini convene-:. ront simul et constituerunt iuratos pro custodiendis segetibus. et que pars faciebat dspnnm alii ernendabat. et dicit quod a fovea sancti Mauri que habet caput ad zerum. et descendit in pudisi usque

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ad aquam salsam et episcopatus torcel1ani hac ratione quod homimines sui sunt usi ilio loco tamqoam suo in pascuia animaltnm. et bomines abbatis similiter utebantur. set non aie frequenter. de pautera dicit quod audivit esse episcopi. et audivit eam esse concessa m committi manfredo per episcopum. Silvellam in ata montironem dicit esse episcopi. et quadraginta aanis vidit eam teneri pro episcopato torcel1ano. Silvellam iuxtam Sanctum maurnm dicit esse abbatis Sancti felicis ex auditu. et dicit quod abbas babuit plures bestias in altino quam epitcopus, et dcit eccleslas sancti stephani de Altino et sanoti felicis de doza quadraginta annis esse detentas per monasterium sancti felicis. nec sit aliquid dat.um vel debere dari pro ambo bus. vel una episcopatui torcellaoo. de herba paludum altini per quem datnr ad secandum dixit per episcopnm ut audivit. et dicit quod vidit sacerdotes institui in predictis ecclesiis prt) abbate sancti felieis. de ornnibus aliis eapitulis eomprehensis in libello dato ex parte abbatis. interrogata. dixit se nibil scire. Interrogata si est libera. Respondit. aie, set conversa est et nibil sibi datumvel promissum est pro hoc testimonio. de electionibus. episcoporum nihil sito Benevenuta iurata. dixit de facto cese idem quod flandina n viginti quatuor annis. excepto quod se presente nuntii episcopi non posuerunt saltaros in cesa. et addidit quod vidit pellem Carinthye anferri per viro a nuntiis episcopi quia maritus eius inciderat in cesam, de altino similiter dieit idem. et &. predieto tempore viginti quatnor annorum excepto quod nescit si homines abbatis sic frequenter utebantnr cum suis bestiis sieut homines episcopi. et addidit quod qniddam qui fuit eciam post ea suus vir laborator abbatis fuit verberatus ab horninibns episcopi dum pasceret animalia abbatis in pascuis altini ioter fossam sancti Mauri et aqualu salsam. et prata que sunt inter snpradictam fossam et aqunm salsarn vidit secari per episcopum. et fenum afferri in curia sua nec seit aliquos secaese inter eosdem conflnes per abbate. et viginti quatuor annis vidit hoc fieri. et dcit quod a fovea Sancti Manri usque ad pudisi, et a pndisi usque eastrazonern. et foveam storta m est proprium Sanete Marie hinc inde. exepto uua pecia de terra que est abbatis. et aliquibus cum cellis exceptis iuxta ailvellam -que suot eiusdem abbatis, Interrogata. quornodo sciret. Respoudit, quia homines episcopi utebautur ibi. et labornbant per episcopum. nec vidit bomines abbatis ibi laborare. set animalia pascere. nescit tameo si pro suo iure. de omnibus aliis interrogandis de qubus interrogata est

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flandina et testificata. dicit idem a vigiutiquatuor annis. excepto de ecclesia sancti fe!icis de doza de qua nihil scit. Mnrtinus magister iuratus dixit. slvam cese esse episcopatus torcel1ani. Interrogatus quomodo sciret. Respondit. quod recordatur a quindecim annis, et vidit eam custodiri a saltariis episcopi et Wizis vidit in ea factis per episcopum. et banna tolli. et homines pignerari set non recordatur cum quo viderit. et ipse idem fuit pignoratus a nuntiis episcopi sciente Angelo qui juravit. ideo quia nOJJ ostendebat signum aliquod episcopi. et vidit honiiues abbatis de altino incidere Iigna multociens in cesa scientibus nuntiis episcopi. et aliquando vidit eos pignorari incidentes etiam extra loce Wizata set si utebantur in silva cese homines abbatis pro inre eius, Respondito se nescire, et audivit a quodam suo avunculo antiquo homine quod homines abbatis morantes in domo eius in altino debebant incidere ligna in cesa et uti lignis ad usum ignis. set non debebat vendere. donare. nec portare ad monasterium. Interrogatus. de domibus illorum qui pignoraverunt homines abbatis et de nominibus pignoratorum, Respondit. quod non recordatur. Interrogatua. si audivit a suis maioribus vel si fama est quod compositio fuerit inter episcopum torcellanum et abbatem sancti felicis quod homines sui deberent. pasculare, capulare. incidere in cesa sine aliqua exatione. Responrlit. se nescire. nec scit. nec audivit quod episcopus cum abbate saltarios poneret io cesa. Confines cesa nescit. de altino dixit quod epscopus habet suas possessiones in eo, et abbas similiter. et a fovea sancti Mauri usque ad pudisi et usque ad aquam snlsam dicit esse episcopi torcellani hac ratione. sic audivit. et in locis Ilis homines episcopi ntebantur et laborabant et fructum vidi colligi. et prata secuit cnm avuneulo suo supradicto per episcopum decem annis. nec vidit in supradictis locis que sint infra rlictos fnes secari pro abbate. et quando prata erant secata per episcopo m homines abbatis pascebant animalia sua in eis scientibus nontiis episcopi. set quando berba non erat secata palam non mittabant homines abbatis anirnalia sua et si quando mittebant vidit nuutiari episcopo. et ipse significabat abbati ut faceret homines suos precavere a darnpno dando in pratis. Si abbas misit iuratos in altino qui maufestarent dampna data in segetibus. Responrlit. se uescire, Si dampna data abbati commendavit episcopus, vel abbas ci. nescit. de pantera buscarola cuius sit. interrogatus. dixit quod audivit a iamdicto avunculo suo quod era Sanete Marie de toreello. et ipse secuit herbaffi usque ad panteriam per episcopum. Si cornea maufredus tenuit

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supra dictam punteram per abbatem nescit. Et dicit quod abbas habet plures bestias in altino. quam episcopus, set aliquando epiecopus habuit plures. quam abbas. Silvellam iuxta montironem audivit esse episcopi. Silvellam iuxta Sanctum maurum dicit esse abbatis. de Causa episcopi et bonifacini nichil scit, de ecclesii Sancti Stepbaui de altino. et sancti felicis de doza. nichil sit. et scit quod homines abbatis aliquaudo fecerunt dampnum in pascuis et paludibus altini episcopo. et audivit quod emendaverunt. de electionibus abbaturn et aliis eapituls descriptis in libello dato exparte abbatie. Interrogatus. nichil sito Et nihil si bi datum vel promissum pro reddendo testimonio. Et audivt a quibusdatn suprascripta bene venuta quod hominel! abbatis pro hunore dabant unam vaccam omni anno in Natali de episcopo torcellano pro pascuis altini. set non vidit com dari et dixit se Iiberam et dixit se liberam et nihil sibi datom vel promssuui pro hoc testimonio reddendo. Girardinus de leonardo iuratus dixit quod audivit a multis silVIHlI cose esse torcellani episcopatus. et vidit Wizas factas in ea. et vidit fratrern suum lconardum. et leonem saltarios couatitutos in eadetn silva. et banna posita. et pignora ex acta a quibusdam in ailvalli cese per episcopum torcellanum. et sit bomines abbatis incidisse ligna in cesa scieutibus bominibus episcopi. set nesit an pro iurceius. nec vidit eos pignoratos a nuntiis episcopi. excepto quod una die trivisius decauus episcopi se teste presente homines abbatis in veutos in cesa pignoravit. et boves abstulit petro canovario, et Wilielmo de altino. Interrogatus si audivit a suis majoribus qnod homines sancti felicis deberent pascolare. capulare. incidere in cesa. et si publica fama est. quod compositio facta fuerit inter episcopum torcellanum et abbatem sacti felicis. quod homines abbatis deberent hec predicta facere in ail va cese sine exatione. Respondit se ncscirc. Interrugatus. si vidit ablata pignora reddi. Respondit. quod sit ea reddita que viit auferri. sed nescit angratis vel alio modo. _ de tempore dicit quod in preterito pasca fuit unus annua, Interrogatus. si saltarii pouebuutur de conscensu abbatis vel suorum nuntiorum di~_it se nescire. nec sit abbatem per se misisset aliquem. confines cede assiguat sicut Manfredillus. et hoc recordatur a decem auus. Dc altino dicit quod episcopus habet suas possessioncs in eo et abbas ainiiliter et a Lvea sancti Mauri usque ad pudissi et usque ad aquam salsam si scit episcopi toreellani nescit set vidit quedam prata intra hOB confncs vcrsus aquum salsaui dari Il trivisio ad se-

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candum Micbaleto pro episcopo. et post ca habuit peregrinus. et secuit pro episcopo. et ipse et tnrvisolus alio tempora secuerunt mandato decani episcopi et babuerunt fenum. et vidit bomines abhatis infra dictos fines pascere animalia sua simul cum animalibus episcopi. nec vidit eos pignorari nec probiberi. Si abbas et epscopus poneret saltarios in altino pro custodiendis segetibus. Respondit non ipsi se sciente. set homines eorum posuerunt. de dampnis datis invicem ab hominibus. vel bestiis predictorum dominorum et emendatione nihil sit, De pantera buscarola cuus sit nescit. scit tamen quod facta fuit per commitem manfredum. set per quem ipse fecerit uescit. et dicit quod abbas babet plures bestias in altino. quam episcopus. de sii vellis dici t idem quod flandina. et recordatur hoc a decem annis. et sit ecclesias sancti stephani. et sancti felicis de doza detentas esse per monaaterium sancti felicis et nichil sit pro eis datam vel deberi dari episcopatai torcellano. De caUSR si qua fuerit inter aliquem torcellanum episcopum. et aliquem abbatem sanctis felicis. nichil scit. de aliis capitulis descriptis in libello dato ex parte abbatis. Interrogatus. dixit se nichil scre. et dixit se liberum. et nihil sibi datum vel promissum pro hoc testimonio. Martinu! de furtino iuratus. dixit. se audi visse quod eilva cese est torcellani episcopatus. et vidit Wizas factas in ea. et banna poni per episcopum torcellanum. et saltarios vidit custodire silvam per episcopum. Saltarii fnerunt. leonardus. leo. et piscetus. et recordatur a decem annis Wzas factas per episcopum. et banna posita, set de nominibus saltariorum qui fuerunt singulis annis non recordatur. exceptis snpradictis saltariia qui fuerunt ibi per quodam tempora. et scit quod bomines abbatis de altino capulabant. et pasculabant in cesa. et nesit si pro iure abbatis. et sit boves petri canovarii hominis abbatis ablatos a nuntiis episcopi scilicet trivisio et aliis de quibus non recordatnr in cesa propter incisionem lignarum. et sit boves redditos set nescit angratis vel alquo dato. Interrogatus. si audivit a suis maioribus vel si fama est quod bomines abbatis debeant incidere in cesa et capu lare. et pasculare sine ulla exatione respondit quod non audivit eos debere. imo audivit eos non debere. et de fama nescit. et si compositio fnit inter episcopum torcellanum et abbatem sancti' felicis quod homines abbatis deberent hec operati in silva cese que dieta sunto Respondit. se nescire. neo famam sit de hoc esse. et saltarios non scit esse positos in cesa ab episcopo cum abbaee. vel ab ab bate solo. Confines cese assignat quos manfrediuus. De custodihus positis ah abbate in alti-

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no ut manifestareut dampna. data in segetiLus. et si episcopus emendavit. dampna data a suis abbati. et de pantera buscarola. Intcrrogatus. uichil scit. et dicit quod abbas habuit plures bestias in altino quam episcopus. de causa inter bonifacinum et episcopum dicit quod audivit eum obtinuisse, De altino et paludibus altini et omnibus aliis capitulis de quibus superiores testes testificati sunto Interrogatus. dixit se nichil sci re. excepto de castrazone in qua vidito iumenta poni ad pascendum per decanum episcopi trivisium. et audivit quod homines abbatis dabant unam vaccam episcopo causa honoris propter pascua altini. et dicit se liberum. et nihil sibi datum vel promissum pro hoc testimonio. Angelus corrado iuratus dixit. se audivisae ab avo suo conrado nomine qnod silva cese erat epiecopatus torcel1ani, et vidit avum suum impetrare licentiam ab episcopo ut incideret Iigna in cesa. et dc suo mandato incidit sepius. et ai homines abbatis iuciderunt vel debeatlt incidere. vel si fuerunt pignorati a nuntii episcopi in cesa nichil scit, et vidit Wiza8 fieri et bauna poni in cesa per decanum episcopi CUiUi~ nomen non recordator. et vidit quosdam iucidentes ligna pignornri a nuntiis episcopi. et ipse idem fuit aliquando pignorutus. de fama publica et de compositione si fuit inter episcopum. et abbatem. idem dicit quod Martinus de furtino et dixit quod avus suus secuit herbatn in partia que sunt inter foveam sancti Mauri et paludes desceudentes ad aquam salsam pro episcopo torcellano. et tribus annis, et dimidium feni habuit episcopus. et hoc recordntur a decem annis. et animalia abbatis non vidit mitti ad pascendum in paludibus altini. et audivit ab avo suo quod homines abbatis non debebant alia ratione pascere animalia sua in paludibus altini. nisi quia debebant dare unam vaccam episcopo anuuatim. Si abbas posuerit iuratos in altino. et si epscopns emendavit dampuurn datum a suis abbati. et si commes manfredus tenuit panteram buscarolarn per sbbatem. Interrogatus. dixit quod nicbil scit, set audivit ab avo suo quod pantera illa erat in loco episcopi. et dicit quod abbas plures bestias habebat iu altino quam episcopus. de silvella iuxta moutironem cuius sit nescit, de silvella iuxta sanctum MaurulD dixit quod audivit eam esse abbatis. Ecclesias sancti Stephani et sancti felicis dc doza audivit esse abbatis, et si quid datar episcopo nescit, de omnibus aliis capitulis interrogatus idem dicit quod martiuus de furtino. Ego Andreas prcsbiter Sancti Cantiani et Notarius. ex mandato domini mci Iohanis signoli saucte gradensis ecclesic patriarche

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C.
et dalmatie primatis qui ex auctoritate domini pape Clementil. causam inter episcopum torcellanum et abbatem sancti felicis habuit cognoscendam. et remota apellatione terminandum audivi. scripsi. compIevi et roboravi. A tergo. Item per testes episcopi. probatur quod bomines abatis sancti felicis, inciderunt ligna. in nernora sil ve. et quod abas babet suas poasessones separatas a possesaioni episcopi in altino. probatum est per fandinam. et quod pasculabat suas bestias in altino. et benevenutum. et Martinum. Magistrum. et gerardum de leonardo et MartinulD de furtino. et bandouatum et leonem de fortino. Testificationes super nemore cese et Altini. et Ecclesiarum Sancti Stepbani et sancti felicis de doza. quod p~gnora fueruut redita. videlicet hominibus abatis probatur per gerardum de leonardo et Martinum de furtino. Item quod scientibus nunciis episcopi. incdebant, pasculabant. et nec pignorabant. probatur per bandonatum. et albinum, et Gcradum de leonardo. et leone de fortino. ltem quod pantera fuit deteuta. per abatem probatur. per fusculum. et leonnrdum. de fortino. et trevisinum. de altino. et quod abas tenuit eam probatur per fandinam. Idem quod pascua altini. sint comunia abatis et episcopi. probatur per Guarnerium de muranis. Item quod homiues. episcopi. expulerunt. homines abatis de panthera un de lis est. probatur per trevisanam. de altino. et flandinamo et . . . . per leone m de fortino. ltem quod saltarii ponebantur. vel ponuntur. in altino per cpiscopum et abatem. probatur per albinum. et per flandinam. quod ecclesie sanctorum felicis. et stefani dc altino snt dotente. per abatem. probatur. per baudonatum et Vuarnerium. et ceteros. plures. ex utraquc parte.

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Quod canistrus et iohanes de cono dicant falsitatem. probaturo per hoc. quod. campum litis elle positum iater foveam sancti Mauri et aqaam salsam cum distet ab bis. terminibus per medium miliarium. SiClit constat ex diete olderici, de fortino. qui dicit quod caput campi litis teuet in aqua dO&8. et in sigifredum.

LXXXVIII.
118 . . . . . . Atleltaziof&i illtonw al lIolco di Ceggia ed Altino, e delle ClI.iele di S. Slffano e S. Fdicl di Dala. Atli ANnREA prete.

Testes abbats, Guizardus de siglone inratus dixit idem quam vivianus de buriano de nemore cese quam de pasculo. quam etiam de eccleeiis sancti felicis de dosa et sancti stephani de altino quod recordatur . . . . . . incidere in predicto nemore cese. Respondit solus. et forte com aliis set non recordor. Interrogatus. de omnibus questionibus super nemore factis dixit idem qnod silvester excepto Interrogatus si abbas aliqnid solvat pro ecci esia sancti felicis de doza epscopatu torcel1ano dixit quod semel vidit duae rotellas exportari. Interrogatus de electione dixit se nibil scire . . . . . altino. Interrogatns si vidit qnod suo inre inciderent homines sancti felicis in predicto nemore cese. dixit nescio. Interrogatus. si homiues sanct felcs piguorati fuernnt . . . . . . . . . per homines episcopi qui incipiat pignora djxit epscopus et homines eius, Interrogatns quis accpiat banna. dixit idem qnod silvester. Interrogatua. de aliis qnestionibus soper nemore factis dixit per oumia idem quod silvester . qnod bomines abbatis pascaant ibi in comuni. . . . . . . Maricns de barbano iuratua dixit idem eciam qnam vivianus de buriano tam de nemore cese, quam de pasculo altini et eecleaiis sancti stepbani et sancti felicis de don excepto . . . . . quod non recordatur viginti annis sunt transacti ex quo factus est abbas. Interrogatns si vidit homines sancti felicis incidere in predicto nemore cese soli aliis vel aliqno modo . . . . . . . et illis . . . . . . . . . . sancti stephani de altino. Interrogatus. si sciret qnod homiues sancti felicia inciderent suo iure in supraecripto nemore cese. dixit quod fuerunt bomines abbatis, Interrogatus si homines . . . . . . . . . . . . .. . . ,
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Interrogatus. qnis sit dorninus nemoris cese diait . . . ari episcopum. et abbatem. Interrogatus. qnis ponat saltarios et quis faciat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Interrogatus de ~liis qoestionibus saper nemore factis, dixit idem altini et . . . . . . . . . . . si pascant ibi hornines snncti felicis BUI) iure rlixit idem quod quis solvat abas episcopatui iuratus dixit quod triginta anni sunt quod vidit homines abbatis sancti felicis incidere ligna in nemore cese. et homines episcopi . Interrogatus si vidit episcopi si homines abbatis incidentes ligna in predicto Gemere . . . . . vel . . . episcopi homines episcopi pignora . . . . vidit. Interrogatus . . . . . . . . . . . . . . . . . . vizas fecisse, set aut in toto nemore vel in parte. dixit se nescire et anni sunt, Interrogatos si episcopus . dixit se scire quod episcopus babuit in Gemere cese . . . . . . . cum bonifacino de musestre et audivit ipSOID obtiuuisse et dixit se . . . . cese cese et altini dixit . debent homines sbbatis et bomines episcopi ad Boom nsnm cum morabantur in altiuo, Interrogatus cui sit proprietas altini. Respondit. se audi visse episcopi et . abbatif partes quas hahent . pascebant ibi sua aoimalia pro iure abbatis. et homines episcopi pro iure eius ut audivit. Interrogatos. si vidit dari vel a nuntiis episcopi. vel a nuntiis abbatis . homiues cese in altino. dixit se nescire. Interrogatus si sciret silvellam que est iuxta montironem cuius sit qui possideatur. Respondit se nescire set silvellam eSBe in . . . . . . . . . . . . . se sci re. Interrogatus a quo habeat abbas ecclesiam sancti felicis de doza et si silva episcopatui torcellano. Respondit quod abbas habet eam et . . . a vel medio iure . . . . . . . . Interrogatus. si pratis. vel pasculis altini episcopato i torcellano. Respondit. se nescire, et dixit se non esse fumulum. vel servuin. et nibil sibi datom vel prnmissum pro hoc testimonio reddendo . Bespoudit de nescire. Interrogatus si vidit com aliquo testiurn productornm n parte abbatis quorum nomina ipsi testi 01pressa sunto hcc fieri dixit se vidisse. Respondit se nescire et disit . . . . . . . . . .. . et di xit se ncscire quod pro illa ecclesia

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detur census torcel1ano episcopatu. et dixit se audivisse a comite manfredo quod petitis ad abbatern eactl felicis ut creditur . . . . . et ancellavit eam, Interrogatus cuius sit omnium pantere . vidit eam post Respondit se nescire dixit quod nemus cese est sancte Marie l:e torcello. Interrogatus quomodo sciret. Respondit quod vidit eum Wizatum in parte a comite skynella. et ram baldo eius filo per episcopum torcellanum et vidit saltarios episcopi in cesa. et qnosdam homines incidentes ibi ligna pignoraverunt. et vidit .. in silva pro suo iure. Respondit se credere quod pro suo iure utebantnr in nemors. et andivit episcopum torcellannm qui nunc est babuisset cum bonifacino da musestre . Interrogatus si suo predecessore. Respondit se nesclre. et parum distat a ailva cese. et determinat confines ab uno latere flumen aili. Ab olio flumen zeli. ab UDO capite . Interrogatus si sciret excepto uno campo quem tenet bouifacinus pro episcopo torcellano. et dixit multas possessiones esse discret8s. qussdam esse abbatis et quasdam episcopi. et . . . . . . . . . . . . . comperabat herbam a quodam homine episcopi torcellani. et hac ratione redit quod pratum fuerit supradicti episcopi torcellani. Iuterrogatus cuius sint paludes altini. Respondit se nescire . . . . . . . . . homines . . . . . . . .. et pascu de suis similiter. Interrogatus. si scire pudisi vel foveam de zero. vel foveam sancti Mauri Respondit. se nescire pudisi. set fovea de zero est inter puviglanum et cesam, foveam sancti Mauri cese iuxta pratum cuius homines . . . . . . . . . . . et quis eRm possideat. Respondit se nescire, et dixit silvellam iuxta sanctum maurum esse abbatis. sic audivit, et vidit homines commitis manfredi qui dicebant . . . . . pantera . . . . . . est sancti Manri ecclesias sancti stephani de altino. et sancti felicis de doza esse detentas pro monasterio sancti felicis viginti octo anni sunto et audivit aliquando set magis dampnum in cesa. vel pratis. vel pascuis altini episcopatui torcellano, dixit quod nescit, l;t dixit quod nec pro hoc te,~onio . famulus est nec servus . . quod sit episcopatus torcellani qua m leo de rivalta. et eosdcrn terrninos assignat ei, quos leo. et vidit nuncios abbatis ire . . . . . . . . . . . . . . qui habehant ius incidendi in predicta siIva. et homincs abbatis. noc sit, nec vidit Il nunciis episcopi pro incisione lignorurn pignornri l'piilCC1pO

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torcellano banum posuit et Wizam fecit, set pro qua fecerit nescit. l'et audivit quod pro episcopo torcellano faciebat qoia advocatus .. " . . . o et Budivit quod episcopus babuit . . . . . o . . . . . . . dicebant se abstulisse incidentibns in cesa. set autem esse nt homines abbatis dixit se nescire. Interrogatus si episcopus qui nunc est . " . . . . . . . . . . vel alquis Predecessor eius . . . . o . . . . quod episcopus " .- . . . . o . o o . . . as et discretas. et quidam canonici nescit cuius episcopatus habent siroiliter possessiones in altino. et bonifacinus. et laz . . . . W o habent similiter ibi possessoues. set an pro suo vei alio .. o o pascendum in paludibus altini a qui bus mittantur et pro quo. Respondit. quod homines abbatis pascunt ihi sua anirnalia et bomines episcopi . set an se pignoraverint. dixit se nescire . dentur. dixit quod homines. o . . . . prata abbatis vel secant. vei ad secandum dant. et bomines episcopi similiter. de pudisi ubi sito dixit quod nescit, foveam de zero dixit esse . . . . . . . . . . o . sii velIa iuxta montironem o .. o .. teneat. Respondit. ne utrum scire. Silvella iuxta sanctum maurum dicit esse abbatis et eam tenet. de pudisi ..' . . . . nescit, set . o o .. sunt vigin . . . . . o cui facta esset dixit esse detentas per monasterium sanct felicis viginti anni sunto et sine lite et audivit pro ecclesia sancti felicis dari o o .. in cesa vel pratis. vel pascuis altini ecclesie torcellane. dixit quod nescit, Si quis episcoporum interfuerint electioui abbatis sancti felicis dixit quod ignorato et dixit se nec famulum esse nec servum. et nichil sibi datum vei promissum pro hoc testimonio . . . . . Amabilis iuratus dixit se credere quod silva cese sit episcopatus torcellani. set aliter nescit. et comes skyuella advocatus episcopi Wizavit in partem supradictam silvam et credit pro episcopatu torcellano. et vidit bomines abbatis ire ad incidendum ligna in silva cese. et ferre . . . . . . . . . o . . . . set non cum aliquo . o . . . . . o et si incidebant homines abbatis utrum pro iure monasteri i dixit quod nescit, et dixit qnod audivit banna poni in silva cese pro episcopo torcellano. l\t audivit homines episcopi a nuucis o . pignorat . ibidem a nunciis episcopi pignoratos in eadem silva. set de hominibus abbatis quod pignorati fuerint nec sit, nec audivit. De causa habita inter bonifaciuum de mnsestre et episcopum de cesa et quod episcopus qood audivit o . cuins sit et dc palndibus altini. et de anirnalibus qui mittuntur ad pasccndum et de pignorationc si 6at pro pastu nnimalium. et si homincs abbatis

pascant animalia pro iure abbatis dc fovea zeri dixit quod in zero plures fovee sunto Fovcam sancti Mauri dici t tenere caput in paludibus et descendit in zero. et audivit quod homines episcopi verberaberunt homines abbatis in altino . . . . . ; tis verberaverunt qnandam mulierem. de silvellis iuxta montironem. et sanctum maururn cuius sint et quis eas possideat. dixit se nihil sci re. de eccleaiia sancti stephani de altino. et sancti felicis de doza pro comite rnanfredo inter sanctum maurum et silvellam. et ferebatur quod in Pl.lllsessione abbatis et post mortem commitis vidit homines abbatia portare aves ad nuxellandum . . . . . . . . . . . . . . dixit quod nihil sit. de IlUO statu. et precio promisso pro hoc testimonio. vel accepto. et de electionbus ubbatis et presencia episcoporum idem per omnia quod dominicus Wivianus pulpedella iuratus dixit quod credit silvam cese esse ecclesie torcellane. et vidit Wizas poni in eadem silva pro episcopatu a nnntiis eins. et banna vidit poni ab advocato episcopi pro eo in eadem silva . et in ea pignoravit quosdam homines. set non abbatis. et ipse idem fuit aliquando pignoratus a saltariis episcopi. et bannum a nemine vidit dari pro eo qui incideret ligna in prediota silva. et viit homines abbatis. set et mnltociens. et non vidit eos pignorari. set si homines sancti felicis inciderent ligna predicte silve pro iure monasteri i quod habent in silva. Respondit quod nescit, Interrogatus . cum bonifacino de mnsestre de predicta cese. set non audivit eum non obtinuisse et recordatur a triginta quinque anuis. set non vidit homines abbatis in De altino et paludibua altini cuius sit de auimalibus depastis in es, et de pignorationibus si fant, et de herbis datis ad secuadum et de hominibus abbatis si pascant animalia pro iure eius. et de pudisi ubi sit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . trat in cese, foveam sancti Mauri dixit se nescire ubi sito Silvellam iuxta montironem sit. et credit esse episcopi torcellani. Silvellam de sancto mauro nescit. et sic ignorat cuius sit. de pudissi . . . . . . . . . . et sancti felicis de doza detineri per monasterium sancti fclicis. de censu dato nihil sito de dampnis datis ab homiuibus abbatis episcopi torcellano . . . . . dixit se nchil scire . . . . . . . . electionibus abbatum dicit se nihil scire. VivianuB habitator intero . . . siglonem et doza iuratus. dixit quod credit cessm esse episcopatus torccllnni pro porte et abba-

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tis pro parte. set quanta pars sit abbatis nesit, set Don vidit Wizas fieri vel bsnna poni . . pignorari pro episcopo productorum testiurn uisi cum dompno alberi co ire ad incidendum in silva cese. et ligna vidit eos afferre nec vidit eos pignorari et hoc recordatur et octo annis. set non vidit in totidem annis set . accipiantur nihil sito Sii ve celle dat eosdem confiDes quos vivianus palpedella. de causa episcoporurn torcellani. et abbatem sancti . felicis nichil sit nec audivit sit episcopi et abbatis pro maiore parte. de paludi bus altini cuiue sint et per quem animalia mittuntur ad paaceudum dixit quod pro iure dominorum. credit quod sint episcopi set nescit quota S6 pertinente de pudsi, et fovea . . . . . . . . . . . . . et fovea sancti mauri, et sivel1am juxta montironem. et alam silvellam iuxta sanctum maurum. cuius sint. et quis possideat de doza dici t quod . sancti felicia et audivit censum dari. et vidit dari unam rotulam et parpullorurri de dampnis datis in cesa et altino. episcopo torcellano, et statu sue persone . . . . . . . . . . accepto vel promisso pro testimonio reddendo. Walpertus habitator in litore parvo iuratus, dixit quod credit silvam cese esse episcopatus torcellani. et vidit homines set non abbatis pignorari in silva cese pro episcopo . . . . . . . Wizis positis. et pro dixit . . . . . homiues abbatis ire ad ineidendnm et incidere ligna in silva cese. set an fecerint pro iure abbatis. Respondit se nescire et hoc recordatur viginti annis. de causia habitis inter excepta hac causa nichil sit. Confines cese eosdem assiguat quales designat amabilis, de altino et paludibus alt!ni cuius sint et per quem ' . . . . . ' . . . animali bus per de herbis datis ad secandum quern mittuntur ad .. ' similiter. Et si homines abbatis depascunt animalia pro iure eius in paludibus altini. Respondit. se credere quod sit . Interrogatus. cuius sit sii velia posita iuxta montironem . hanc causam quarn abbatis sito quia homines eius incidunt ligna in ea pro abbate et hominea torcelli similiter incidunt. nec vidit alios pignorari. Sii velia . buscantur in eadem. et panteram que est prope silvellam sancti Mauri audivit concessam commiti manfredo ab abbate sancti felicis commitis abbas habuit et aucellavit E'alU.

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et hoc dixit quia vidit eas detineri per viginti
quinque annos pro monasterio sancti felicis. set audivit quod pro

ecclesia sancti felicis dabatur una . . . . . . .. .. nichil sit. de dampnis datis pascuis . . . . . . . . . . dato vel promisao testimonio dicit idem de se quod superiores testes. de electionibus abbatum. et presencia episcoporurn nichil sit . us furlanus conversus monasteri i sancti felicis uratus, et interrogatue si sciret cuius sit proprietas silve cese dixit se nescire. Interrogatus si sciret quis fecit suo tempore Wizas in ea. et quis posuit banna, et si sit aliquos homines pignorante in predicta cesa 'et de confnibus cese dixitse nihi! scire. et recordatur a quadraginta annis quod homines abbatis inciderunt ligna in silve cese nec sit eos fuerint plgnoratos nec Bit eos . . . . quadraginta annis incidisse nec recordatur quocieus incidere. set ..' . . . . . dixit se oon recordari quod com aliquo predictorum testium viderit homines abhatis ire ad incideodum io cesa et aliquando, Interrogatus. si sit episcopum qui nunc est habuisse causam cum abbate et si episcopus babuit causa m cum bonofacino de musestre de cesa. et obtinuerit. et si saltarii episcopi soleant pignorare. . . . . . . . De altino et paludi bus altini cuius sint dixit se nescire. set animalia sua et credit pro iure eius quadraginta anni sunto set quadraginta annis omni anno continue non vidit. set multociens, Interrogatus quis det herbas ad secandum et per quem . . ibi, et de pudisi nbi sito et de fovea zeri. et fovea sanctum maurum. et de dampnis datis ab hominibus ecclesie torceliane in cesa. et pascuis et pratis altini. dixit se nhil scire. De pantera cuis sit nescit sancti stephani de altino et sancti felicis de dosa. Interrogatus dixit quod quadraginta anni sunt : ecclesia sancti felicis de dosa vidit portari duas rotas candele et duos pullos episcopo torcel1ano et ipsemet portavit aliquando episcopo qui modo est. set ipse non accepit. de electiouibus abbatum et presentia episcoporum nchil sit . . . . . . Vitaliana de arnianis iurata dixit silvam cese esse sancti felcis, Interrogata. quomodo sciret. Respondit quia vidit homines abbatis triginta anni sunto set non triginta anni continue set multociens. nec recordatur qnociens incidere ligna in predicta sii va. et . . . . petrus cui sit saltarium in cesa. Interrogata. quis banua ponat et quis Wizas faciat. et de placito habito cum bonifacino de mnsestre. et de litibns inter nliquern epi-

scopurn et abbatem, et de hominibus inventis in resa et pignoratis . . . . . . . . . . . . . episcopi . . . . . . . . . . Interrogata dc altino et paludibus altini cuius sito Respondit. saucti felieis. Interrogata. quomodo sciret, Respondit quia vidit homiues sancti felicis pascere animalia sua in co. et uti in co triginta anni sunto DCC vidit cos pignorari vel molestier pati Dec pignoratos ', . . . . . . . . . et non vidit . . . . . . . . . . . . de pudisi et fovea zeri et fovea sancti Mauri. et de silveUis iuxta montironem. et sanctum maurum cuins sint et ubi sint io veritatc nescit. set audi'fit quod altluum et ea que sint in altino sunt abbatis et ecclesia sancti felicis de altino et sancti Stephani de doza . . . . . . . . . . excepto de pullis et candelis quos nec portavit nec portari vidit. et dixit se esse lberam et nichil aibi datum vel promisso pro hoc testimonio, de electionibus abbatum et presentia episcoporum nihil seit. Ego Aurlreas presbiter sancti cantiani et No~arius ex mandato domini mci Johauis signa li sancte gradensis ecclesie patriarehe dalroatie primatis qui ex auctoritate domini pape C. cnnsam ioter episcoporum torcellanum cognoscendam et remota appellati/me terminandam. Andi,i. scripsi. complevi, et roboravi.

A tergo: Testlfcationes super nemore Ccxe et altini . . . . .. . . . . Altini et eccleslis sancti . . . . . . cis de dozn,

LXXXIX.
1190. 5 L'llfllio , Rialto, Dickiarazionefatta da .Domenico Albani di at'er ncet'uto a preltito dai Procuratori di S. Marco, Pietro Giu,tiniani e Domenico Memmo cento lire t'enete, a ,qaranzia tlelle quali obbliga una pezza di terra polta a S. Giuliano, di 'Pettanza di Marco Albani di lui zio materno. AttiPAOLINO MARCO diacono.
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi, Anno domini millesimo centesimo Nonagesimo mense Julii die quinto exeunte Indicione octava rvoalto, Per illam virtutem et potestatem quam mihi dedit MarcuB Albani presbiter et prior ecclesie beati Nicolai de abido avuneulua meus per ilIam ccmtnisaionis cartam factam Anno domini millesimo centesimo octuagealmo Nono mense

7:3
Madii Indicione ~eptima Constantinopoli qunm ipse mihi fecit. sicut in ea legitor. Manifestus surn Ego quidem Domuicus alba no habitator in confnio saucti Marci cum meis heredibus. Quia recep dc vobis quidem Petro iostiniano et dominico memo ambobus procuratoribos ecclesie beati Marci et vestris succeesoribus libras venecie centom. Quas apud me retinere debeo Amodo usque ad triginta dies completos. Et ad ipsum terminum. per me vel meum mssum vobis vel vestro misso. dare et deliberare debeam suprascriptas centum libras venecie sine amni occasione aut ullis interpositis capitulis. Hec autem que suprascripta sunt sinon observavero. tunc omnia in duplurn CUlli meis heredibus vobis et vestris successoribus emendare debearn. Pro maiori autem frmitate pono vobis nexu fiducie loco pignoris. totum quantum cumque pertinent suprascripto M..reo Albani presbitero avunculo meo de una petia de terra posita in confinio sanct J uliani, Que firmat unum suum caput in una calle comuni. Et aliud caput firmato in mansione beati Marci evangeliste. Uno eius latera partim firmat in uno calle. et partim in pissina. Et nlio suo latere firmat in Lambandino. De qua suprascripta et predesignata pecia de terra quantumcumque pertinent euprascripto Marco presbitero avunculo meo. curn tuta virtuee et potestate quam ipse E'X inde mibi dedit per suprascriptam. cornmissionis cartam cum omni sua longitudine et latitudine. cum capitibus et lateribus suis cum callibus quoque et viis suis, et curn accessu et egresau suo per terra m et per aquara. atque cum omnibus suis habentiis et pertinentiis ac adiaceutiis vobis in pignore pono pro suprascrlpto precio et habere ut si non deliberavero vos ad auprascriptum terrninum. tunc plenissimnm potestatem habeatis accedere et intromittere suprascripturn vestrum pignus et tamquam per legitimum documentum possidere. vel quicuid ex inde vobis placuerit facere nullo vobis bomine contradicente. et insuper inde io aotea caput et doplnm. prode laboreot de quinqne sex per annum. ~ignum suprascripti Dominic qui hoc rogavit fieri. t Ego Wal cogna da mugla testis subscripsi. t Ego dominicus anastaaius testis subscripsi. Ego ~llIrcuBpaulinusdillconusetDotnrius compIevi et Roboravi,

xc.
1190, Nooemre. Rialto. Dichiarazionelatta da Domenico Cortter di atler ricetluto Venete L. 374 da Mickiel Semitecolo di lui suocero per tra.fflcarfJ, con promfJlla di rl8tituziOf&e. Atti SATl'RNINO BONUSSENIOR prete.
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu ehristi. Anno domini. Millesimo Centesimo nonagesimo Mense Novembris Inditione nona rivoalto. Manifestum facie Ego quidem dominicus cornario de confnio sanctis Apollinaris cum meis heredibus. Quia recepi a te namque Micheli semiteculo dilecto socero meo de confnio sanctt cassiani et tuis beredibus Iibras denariorum veneciarum treceutas septuaginta quatuor Cum quo toto suprascripto habere ad prescens ire debeam cnm nave in qua nauclerus vadit flocarus celbo de hinc in taxegio de apulea negotiandum per mare et per terram in illis partibus prout melins potero. et de inde cum mudua primi venturi temporis per suprascriptam inditione curn supascripto habere cum nave qua mihi bona videbitur in venecia redire debeam ita quod aliud taxegium mutare non debeam. Verum tamen si mihi bonnm visum fuerit potestatem habere debeo de suprascripto habere tibi et ad tuum nomea ex inde mittendi in venecia per credentem hominem in testimonium bonorum hominum clare factum. Et infra dies triginta postquam primitus in venecia intravero tunc per me vel per meum missum debeam tibi vel tuo misso dare et deliberare hic in rivoalto tua suprascripta capitanea cum tribus veris integris partibus de toto prode quod iude dorninus mihi dederit cum iusta et vera ratione sine omni fraude, Reliqua vero quarta parte suprascripti prodis Ego babere debeo. Verum tamen suprascriptum totum tuum habere in toto suprascritto taxegio maris et gentis in tuo periculo esse debeat, quod sit clare factum. Hec autem omnia que suprascripta sunt si ti bi non observavero tunc curn meis heredibus tibi et tuis heredibus dare et componere promitto in duplum de terris et casis rneis et de omnibus que habere visus fuero in hoc seculo et inde in antea ipsum caput et prode IlC duplum prode laborent de quinque sex per annum. Signum suprascripti dominici cornari seribere scienti. sed festinationem itineris sui scribere nequivit qui pro se rogavit scribere. t Ego dominicus natalis testis subscripsi.

75
Ego dominicus aldoiuo testis subscripsi. Ego bonussenior saturnious presbiter et Notarius compievi et roboravi.

XCI.

1191, Aprile. Rialto. Sicu"t latta da Andrea Donato, a IJomeieo Corner. Atti LAMBARDO GIACOMO prete.
lo nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno dommi millesimo Centesimo Nonagesimo primo. Mense Aprilis Inditione Nona Rivoalto. Plenam et irrevocabilem securitatem facio Ego quidein Andreas donato de confoio sancti panli cummeis heredibus. Tibi namque dominico cornario de confuio sancti apolliuaeis et tui heredibus de illa memorialis carta qnam tu mihi fecisti bic in ri \'0alto. Anno domini millesimo Centesimo nonagesimo mense novembris. sub suprascripta Iadicione. pro libris denariorum veneciarum eentum quas A me in eollegancia accepisti. et tu posuisti in eadern collegaucia adversum me alias libras denariorum veoeciarum quinquaginta. Cum quo toto suprascripto habere tunc ire debebas in taxegio de hinc in apulea. cum nave in qua nauclerua fuit panchratius calbo. negotiando, et procertando ibidem et in ouinibus partibus calbo quibuscumque tibi bonum videretut prout melins potuisses. et cetera ut io ea legitur. Nunc autem tu de tota suprascripta co\legancia caput et prode sive de quantocumque continebatur in suprascripta memorialis carta, michi omnem iustam et veram racionem fecisti. et totum quod inde mibi evenit per aacramentum deliberasti. Tandem memorialis cartam ti bi rerlidi. Si exemplum inde alicubi apparuerit, inane et vacnum existat per omnia. Quod si quocumque tempore de suprascriptis omnibus capitolis aliquid requirere temptavero tunc emendare debeam cum rneis heredibus ti bi et tuis heredibus auri libras quinque et bec securitatis carta manca t in sua firmitate. t Ego Andreas. don atto. manu mea subscripsi. Ego Petros barbani testis subscripsl. Ego petrus Agadi testis subscripsl. Ego Jacobus lambardus sancte sophye plebauus presbiter et notarius compievi et Roboravi.

t t

7fi XCII.
1192 .... Maggio. Rialto. Procura generale falla da Pietro Giustiniani e Domenico Memm,o procuratori di S. Marco, a Domenico Sanudo e Benedetto Grilioni. Atti PAUI.INO MARCO diacono.
In nomine domini dei et salvaoris nostri ihesu christi, Anno domini millesimo centesimo Nonagesimo secundo u.ense Madii Indicione decima Rivoalto. Committimus Nos quidem Petrus iustinianus. et Dominicus memo ambo procuratores operis ecclesie beati Marci. Vobis quidem dominicus sanudo. et beuedicto grtlioni. ambobus legatis, et pleniaairnarn virtutem et potestatern vobis damus iuquirendi, interpellandi. plucitaudi. uni versa bona et .habere que ad predicta opera spectare videutur. ubicurnque vel apud quemcumque exinde in venire poteritis. cum cartulis et sino cartulis. et securitatis carta exinde fatiendi. sicut nos facere deberemus ratum et firmum quicquid iude feceritis habituri, Potcstatem quuque habeatis quicquid excesseritis. ducendi vel mnndandi in venecia in periculo predicti operis sancti Marci. Quod ::li contra hauc connnisaionis cartam per aliquod iugenium ire temptaveruuus, componere promittimus com nostris successori bus. vobis et vestris heredibus. et quibus cumque exlnde securitutcm feceritis et illorum heredibus auri libras quinque et hec.corumissiouis carta maneat in sua firmitaie. t Ego petrus iustiuiauus procurator sancti marci mann mea su bscri psi.

Ego dominicus memo procurator snncti marci munu mea

subscri paio
Ego Raynero Vitaliano testis subscripsi. Ego Stefanus badouario testis subscripsi, Ego Marcus paulinus diaconus et notarius com plevi et Rubora vi.

t t

XCIII.
1192. Luglio, Rialto. 8icurt latta da Giovanni Barastra, per COllto ed interel8e di Leonardo da Boeasso di Costantinopoli, a Pilippo Da,bolo. Atti STEliMl;IIO PI~1'Rf) prete.
In nomine domini dei et salvntoris nostri ihesu christi. Anno domiui Millesimo ceutesimo nonagesimo secundo mense Julii indi-

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ctione decima rivoalto. Per illarn virtutcm et potestatem quam leonardus de bOCllSBO habitator in constantinopoli michi dedit per unsm commissiouie cartam ut in ea Iegitur. Plenam et irrevocabilern securitatem facio ego quidam Iobannes ba-astro filius quondam Martini barastri de confnio sante Margarite Tibi namque philippo day bolo de confnio sancte Marie assumptionis. et tuis heredibus de una mernorialis carta quam tu fecisti in constantinopoli supraacripto leonardo de bocasso, Anno domini Millesimo centesimo octuagesirno nono mense octobris Indictione octava in constantinopoli pro perperis auri veteribus pensantibus septuaginta duobus quos ab eo in collegauciu recepisti. et tu in eadem collegancia posuisti alios tnos perperos auri vetercs pensantes triginta sex. Cum qua colleganoia tune ire debehas inde in uno taxegio de apulea. vel ancona. ad ucgocinndum prout melius posses. ad comune prode. cnm nave in qua nauelerus ivit samarici. longobardos. tic inde vero redire debebas in coustantuopcli cum eadem nave vel cum alia et cnm suprascripta collegaucia investita in ilIa prima mudua ita quod aliud taxegium mutare non debebas hoc et cetera ut in ea legitur. Nune autem omnem rationem instam et veram de capite et prode sive tota investicione atque duplo nec non de quantocumque continetur in eadem suprascripta rnemorialis carta quam supraseripto leonardo de bocasso fecisti per omnia me appagasti et deliberasti et etiam per sacramentum, Tandem vero memorialis cartsm cum suprascripte comrnissionis tibi reddidi. Si exemplum de cis ali cubi a pparuerit inane et vncuum persistat. in perpetuum. Amodo igitur in autea semper ex iue securus et quietus permaneas in perpetuuin. Quod si quocumque tempore de suprascnptis omuibns capitulis aliquid requirere temptavero tunc componere prornitto cum meis heredibus tibi et tuis heredibus auri libras quiuque et hec securitatia carta mancat in sua firmitate. t Ego Iohanus barastro manu mea subecripsi. t Ego petrus barbamaior testis subscripsi. t Ego petrns coustantiuus testis subscripsi. Ego petrus sterminus presbiteret notarius complevi et rohoravi.

78
XCIV.
1192, Gennaro. Rialto. Atte8taeione di ricorso di Giacomo Querini contro inr;estitura fatta da Olir;iero Vitale a Mabilia relita Pietro Vitale, e sentenza relatif)a. Atti DAL Pozzo PUERNIANO sudiacono.

""a

In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno incaruationis eiusdem Millesimo centesimo nouagesimo secuudo mense Jannuarii inditione undecima Rivoalto, Testificamur NOli quidem Iustus mcnguni de confinio sancte Marie iubanici et Philippus Zancarolus de confno sancti Iulian. quod undecima die intrantc soprascripto mense. Nos oramus in curiam ante presentiam nostrorum Iudicum qui de mandato domini nostri Henrici danduli incliti Venetiarum ducis ad placita tenenda sedebant. Quando Iacobus quirinus de confinio sancte Marie formose advocatus Mabilie relicte Petri vitalis de confinio sancti Symonis Apostoli placitabat in eadem curia et dicebat quod precipi feccrat per ministerialem coriam Ad Olveriom vitalern de confinio Sancti Silvestri ut veniret Ad euriam monstraturus quare investierat ilIam proprietatem terre et case que fuit suprascripti Petri vitalis positam in suprascripto confinio sancti Symonis in qua suprascripta Mabilia babitabat, et quam ipsa Mabilia investierat. Et ostendit eupraacriptns Iacobus unam testificationis cartam factam eodem soprascripto Anno mense Augusti inditionc decima quam fecerat Albertinus de Nana riparius corie palatii. quod die quinto intrante soprascripto mense ex precepto suprascripti domini ducis et lege iudicurn investierat sine proprio ad nomen soprascripte Mabilie suprascriptam proprietatem. propter onam diiudicatus eartam quam ei fecerat soprascriptos dominos dux com suis iudicibus eodem suprascripto Anno mense Jolii inditione decima per quam ei dederant plenissimam potestatem tantum intromittendi et ad propriom dominandi de bonis et babere atque proprietatibos terrarum et casarnm suprascripti defnncti viri sui Ab intus et. foris quantom sunt libras deuariorum venetiarum centum sexaginta una et mcdiam et cetera. Cnius investitioni interfueront frugeriue quirinus de suprascripto confinio Sancte Marie. et leonardus sanudo de confnio sancti Apolinaris ot in ca Legitur. Ad hoc autem soprascriptos OIivcrius respondens dixit quod rationes S08S Alteri dederat Undo snprascripti iudices hahito consilio per Irgl'm et inditium e\"8CU8-

'i9
veruut ad suprascriptum Oliverium iuvestitionem qua m saper iamdicta proprietate posuerat, in tantum videlicet quantum est ratio suprascripte Mabilie. pro qua ipsa iamdictam proprietatem ut dicturn est investivit. Hoc per testimonium dicimus. t Ego zustus menguui manu mea subscripsi. Ego philipus zancayrolo manu mea subscripsi. t Ego petrus michael Iudex mann mea subscripsi. t Ego raiuerius geno iudex manu mea subscripsi. Ego paterniauus da putheo subdiaconus et notarius complevi et Roboravi.

xcv.
1192, IO Febbraro. Torcello. Confessione di debito per fJenete L. I OO./atta da Andrea Pistello a J)aniele Emo. Atti BAMBO VIv
ANO

prete.

In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesu christi. Anno domini millesimo Centesimo Nonagesimo secundo mense februari introeunte die decimo, Indicione undecima torcel1o. Manifestum facio Ego quidem Andrea pistello de litore albo nunc hsbitator in litore malore. Quia recepi cum rneis beredibus a te narnque daniele Aymo de suprascripto litore albo et tuis heredibus libras denariorum veneciarum centum quas apud me retinere debeo amodo in antea usque ad treginta dies completos prode vero inde ti bi dare debeam ad racionem de quinque sex per annum scundum USUID nostre patrie et ad ipsurn prenominntum terminum triginta dierum. tunc debeam per me vel per meum missum dare et deliberare tibi vel tuo misso in iamdicto litore albo acprascriptas tuns librns denariorum veneciaruui centum curn suo prode ut suprascriptum est in terra salVIIi! sine omni periculo. et absque omni occasione aut ullis interpositis capitulis. Ree autem omnia que suprascripta suat si non observavero. tune emandare debeam cum meis heredibus tibi et tuis heredibus totum suprascriptum tuum habere in duplum, Pro maiori autem firmitate pono ti bi nexu fiducie loco pignoris cunctam et super totnrn meam proprietatem terre et case coopertam. et discoopertam posita in suprascripto litore albo. que videlicet firmat uno suo capite io rivo. Alia vero suo capite firmat in Iundamentello, Uno autem suo latere firmat in te predicturn danielern Bymo. Alio vero latere flrmat in Iohauem michael. Hanc autem runctam et super totam

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predesignatam mearn proprietatern terre et case ante et retro coopertam et discoopertam cum omni sua longitudine et latitudine cum capitbus e lateribus suis et cum universis suis habenciis et pertinenciis atque adiacenciis intus et foris que tam subtus terram quam sopra terram ibidem adesse noscontur. et cum eallibus et viis suis et com accessu et regressu suo per terram et per aqnnmo et secundum quod a me possessa et retenta usque modo atqoe dominata extitit. Ita eam tibi obligo et in pignore pono pro suprascripto tuo habere caput et prode omuia in duplum. ut si te . o .. o o ad costitutum terminum eo ordine ut superius legitur. tunc tribuo tibi potestatem accedere et intromittere atque domiua~i suprascripta toa pignora, et tamquam per legitimuw documentnm possidere. vel quicquid inde ti bi placuerit facere cum omni vigore et robore de omnibus cartnlis novis et veteribus maioribos et minoribus ad suprascriptam proprietatem terre et case pertinentibus nullo ti bi homine contradicente. et inde in antea caput et prode o . o o . laborare debeat de prode in prode de quinque sex per annum. apud suprascripta et predesignata pignora in perpetuum. t Ego andrea pistello manu mea subscripsi, t Ego Warnero staniairo testis subscrlpsi. t Ego Andrea trivisano testis subscripsi. . Ego Vivianus bumbo presbiteretNutariuscomplevi et Roboravi.

(Continua) .

LE R.UBRICRE
D El

LIBRI M 1ST J 'DEL SENATO


PERDUTI
TRASCRITTE DA

GIUSEPPE GIOMO

ROTTOARCHIVISTA NELL' ARCHIVIO DI STATO IN VENEZIA.

(Continuazione. Vedi VoI. XIX, pago 90.)

Ni,roponlum- .A.chait "'Poltu, Drrac1lium, Rodum tt .lia Romania "011 'Putjlcata.

NIGROPO~TUM.

(Lih. I.) Scribatur baiulo et consiliariis Ngroponti quod procurent de facendo armari in cursum contra imperatorem greeorum, 101. (Lib. Il.) Galee tune iture Nigropontum eogantur simulo redire, 28, 70. Possint disearieare ad ripam Hostie, 70. Naula bine Nigropontum, 126. Reditus vero nabula, 127, 128. (Lib. III) Scriptum fuit baiulo et eonsiliariis Nigroponti quod optineant a dominatoribus solutionem expensarum a duabus parti bus usque ad medietatem, 100, 10L Si dominatores nollent solvere partem suam diminuant baiulus et eonsiliarii expensas et mittant ad nos, 105, 106. Accipiantur hic yperpera M, et baiulus et consiliari requirant milites quod dent yperpera M, 137. Possint faeere nostros burgenses ibi 'tantum de venientibus ad habitandum ibi, 101.
6

82
Tractent nostri de voluatate lombardorum acontum cum compagna solventibus lombardis duas partes expensarum, et tandem descendant ad medietatem et possint expendere usque ad yperpera sex mille de danariis habendis a lombards, 118. 124. Ambaxatores missi Nigropontum habeant libras D pro quolbet in mensibus IIII et si ultra stabunt habeant libras C in mense.

1.37.
Accipiantur usque yperpera M danda in Nigroponto sed antequam procedant requirant milites quod dent eis yperpera M que dari faciant ills qui ea dederunt et si non darent nihil procedant in faets sed redeant, 137. (LilJ. IVJ Capitaneus et ambaxator missus in auxilio Nigroponti et ambaxata aibi commissa flenda domino patriarehe, arehiepiscopo Athenarum et domnatorbus, et qualiter iusticiam tacere debet,

68,69.
SUCCU1'8US mssus Nigroponlum eum intelleetu quod lombardi solvant medietatem expensarum, 62. Precipiatur baiulo quod adducat denarios quos habent, et presens baiulus posst accipere mutuo yperpera MD et exigant a lombardis quod restant dare. 8, 53. 54, 61. Mandatum missum in Cretam quod mittatur auxilium Nigrapontum et parent arserios CCC. 55. (LilJ. VJ Domino Francisco Dandulo baiulo Nigroponti fuit data libertas satisfaciendi debentibus recipere occasione Catellanorum quando fuerunt lb, 77, 93. Possit baiulus ille Nigroponti accipere medicum fisica dando sbi ultra libras IIII grosso rum, 1.55. Qualiter scrpsmus castellania quod mittant eis auxilium, 1.60. Capitania galearum tunc euntium commissa fuit domino Lodoyeo Mauroceno et eommittatur ei factum debentium recpere a dueha de la Patra, 130, 1.61. Modus observatus in eligendo baiulum, 130. Andreas Baffo sit capitaneus balistariorum missorum Nigro-

pontum, 1.30.
Duca Crete det de frumento nostris locs Coroni et Mothoni et Nigroponti in ea quantitate que videbitur domino. eonsiliariis et ca-

pitibU8,7.
Scribatur eapitaneo et baiul0 N'J.gl'Oponti et ser Iohann Mi-

83
chael, quod retineant Michaelem Alberto et sub bona custodia ipsum huc mittant, 132. Dominus dux, consiliarii et capita pnssint mittere capitaneo et baiulo .Ngroponti usque ad lihras deeem mille etc., 106, 122, 160,

t6i.
Provisa per sapientes super faetis Romanie et litteris regis Scile, et quod stemus firmi quod compagna non habeat nisi unam galeam vellignum pro nuneiis mittendis. - Nichil respondeatur regi su per capitulo de castris Caristi et Larmeni. - Requirantur damna ilIata per compagnam a tempore don Alfonsi, 173Transeat capitaneus de treugua io. treuguam sicut bene vide-

bitl11',90, 173.
Transeamus de eo quod facimus d.,minium super OJlmes, 173Lombardi possint uti suo eommerelo pontis sicut consueverunt,173. Reaptari Caciat baulus arsenatum, 173. Quod iste due galee eomunis iture Nigropontum possiDt portare etc. Nigropontum solum, et solvaet naulum comunis omnia etc., 37, 83. Soldizentur a L ad LX homines ad remum qui vadant cum ligno ituro Coronum et inde ascendant super galea Boni ituri Nigropontum etc., 122. Concessa fllit licentia nobili viro Andree Cornario dominatori sexterii Nigroponti extrahendi de insula Crete duos equos, 123.

(Lib. VL)
Baiulus et consiliarii compleant tractatum Arges et Neapolis, 42. Rectores Romanie inquirant de mercibus contra ordinem delatis. 57. Mittantur baiulo libre CCCC grossorum, 99. Baiulus et provisores vadant cum galea, sed baiulus et consiliarii faciant regimen usque ad terminum duorum annorum, et si ante compiementum duorum annorum novus baiulus illuc appleuerit habeat suum salarium integrum, et incepto regiminis termino teneatur habere equos et familiam, 98. Provisores missi Nigropontum habeant pIenam bailiam et sint per unum annum et habeant libras C in mense pro quolibet etc., 92. Qua addita sunt in cemmssione capitanai et baali Nigroponti, de familia, equis et alii, et conslarloeam, ~3. 98.

84
Non mittamus Nigropontum galeas petitas nee equites, sed habeant nostri passamentum cum Catellanis, 126. Scribatur baiulo et consiliariis quod discedant a pactis habitis cum dominatoribus et a+.tendant ad treuguam cum Catellanis, {38. Possint promittere pro habendo Caristum usque ad yperpera triginta mille, 139. Cum duobus galeiIl apertis per pupm super quibus mittantur Nigropontum C soldati pro qualibet et arnesia baiuli, provisorum et consiliarorum, 101. (Lih. VII.) Scriptum fuit baiulo et consiliariis Nigroponti quod procurent habere Caristum expendere valentes etc., 96. Mittantur baiulo Nigropont soldi octo mille grossorum pro expensis oportunis ibi et alias, 36. Sapientes electi super facts Feteley et domine Beatrcs, 94. Rati6catio treugue facte cum don Alfonso etc., i 7. Super facto Fete1ei remaneat in arbitrio capitanei, baiuli et consiliariorum de custodia et rectore, 96. Mittantur duo ligna Nigropontum, et baiulus et consiliar faciant de illis ventibus que sunt ibi quod eis videtur, 98. Redditus et casalia spectantia castro Armeni restituantur Thomasacio (de Carcerius) da Verona et feudatis, 96. Super facto domine Beatricis observent suas commissiones baiulus et consiliarii, 98. Mittantur littere de conslio domini Rizardi domino patriarche Constantinopolis, admiranti et baiulo exemplum et appellatio, 98. Date fuerunt domino Marino Faletro libre CCC grossorum et data libertas soldizandi balistaros C; precessori vero suo fuerunt misse libre CC grossorum, 98. Duo ligna nova missa fuerunt Nigropontum, 98. Que commissa fuerunt ser Marco Michael dicenda regi Sicilie super facto Caristi, i 8. Sapientes eleeti super querela domini Andree Cornario de oceupatlone sui sexterii, 31. Galee due armate delature drappariam in Cretam et Nigropontum postea redeant ad culfum, i i8. Ser Marino Bembo et Phylippo Barbadico provisoribus satsfat pro medietate salarii pro mense uno CUlO dimidio quibus steterunt defectu navigii, 56.

85Baiulus et consiliarii Nigroponti procurent inducere pacem inter dominum Andream Cornario et Perulium de Carceribus et non permittant fieri aliquam violentiam in insula etc., 35. Besponso missa baiulo et consiliariis Nigroponti de castro Fatelei recepto ad fidelitatem nostram, 45, 96. Ser Gabriel Dandulo baiulus, et consiliarii Nigroponti solvant naulum de suis equis que iverunt cum duobus galeis comunis detracto taman quod debent recipere a comuni pro sus equis solvant soldos VIII grossorum pro equo. (Lib. VIlI.) Scriptum fuit duche Crete baiulo Nigroponti et castellano Coroni et Mothoni, quod habeant grecos imperatoris pro liberis et franchis a comerclo ut venetos, 30. Scriptum fuit domino patriarche Constantinopolis, baiulo et consiliariis Nigroponti quod sumus contenti quod cognoscantur de iure questiones, remotis per partes processibus, 32. Quod contra illos de compagna si faciuat unum nostris, nostri faciant eis duo, 32. Observentur illis de castro Fetelei pacta, 32. Firment nostri treuguam cum compagna more solito, 98. Sapientes electi super corretone commissionis baiuli et consiliariorum Nigroponti et consulis Thesalonice, 17. (Lib. VIIII) Quod baiulus et consiliarii Nigroponti non possint interesse alicui convivio ubi sit aliquis miles, 30. Fiant commssiones baiulo et consiliariis Nigroponti, duche Crete, et castellanis Coroni aocipiendi pecuniam mutuo pro facts Nigroponti secundum usum, 35. Baulus et consiliarii non possint vendere per totum tempus sui regiminis aliquem suorum equorum nisi ut sua commissio continet,36. Duo camerarii mittantur Nigropontum per duos annos cum salario et conditionibus camerariorum Candide etc., 36. Quod baiulus et consilari Nigroponti non possint recipere nec habere aliquas regalias nisi specfcatas in partibus sequentibus, 36. Baiulus et consiliarii teneantur in castro FeteIey solum soldatos X cum uno capite et de subtus soldatos XV cum uno capite, 37. Dominus Dux, consiliarii, capita et provisores habeant liber-tatem super questonhus domini- patriarche, "37.

Libre CCL grossorum date baiulo Nigroponti ser Marco Mi.. noto et ser Miehaeli Cornario pro balistariis L, 37. Declaratum fuit quod si baulus vel consiliarii adiunxerint Nigropontum ante terminum duorum annorum suornm predecessorum quod baiulus et oonsiliarii ibi existentes compleant suosduos annos, et successores euntes postqwun illuc iunxerint habeant integre suum salarium, 37. Quod ser Mareus Minoto baiulus solvat de nabulo galea rum Trapesunde libras IIIT grossorum, 37. Non possint accipere nec tenere in regimine ad soIdum comunis aliquem qui sit de rumori consilio, 40. Sapientes electi pro facts Nigroponti, SO. Mittantur Nigropontum duo provsores cum pIena bailia.- Madus eligendi eos, et quod habeant pro quolibet lbras DC in mense et inde libras C in mense et habeaot familiam et sint ad suas expensas excepto de nabulis. - Non possint exercere mercationes,81. Qualiter misse fuerunt baiulo et consiliaris recommendando eos quod non permiserunt Marulam intrare terram et quod nos illuc mittemus solemnes provisores, 81. Res scripte Savii iudei de Nigroponto dentur sibi vel suo nuntio. - Sapientes electi super factis Nigroponti, so. Sapientes electi ad providendum super questione nsule sancte Herini vertente inter dominum Nicolaum Sanuto et Andream Barocio, 46, 47, 125. Commissio accipiend pecuniam mutuo flat baiulo et provisoribus, 94,125. Per abate m sane ti Georgii mittantur duo presbiteri Nigropontum qui celebrent in ecclesia Sancti Marci de inde quibus per nos debeat provideri, 96. Possint provisores redire si eis videbitur cum galeis Trapesunde, 98. Capitula provsionum eis missa super castro Fetelei et comerdo et quibusdam alis comittantur examinationi eorum et baiuli. Si redire volent cum galeis predicts non astringantur equos, 6.

(Mb. X.)
Terminus datus fuit procuratoribus domini Nicolai Sanuto et Andree Barozi ad providendum iura sua, 3. Diftlnitum fuit iuxta consilium sapientum quod dieta questio insularum sancte Herini et Tyrasie ad nos non spectat, nostre cognitioni non spectat eum feud~is st questio, 5.

8i
Quod preceptum per consilium de XL factum domino Nicolao Sanuto ne ofi'endat, ftrmwn duret; preceptum simile ser Andree Barozi,6. Duo provisores mittantur Nigropontum cura illa libertate, salario, et familia quas habuerunt illi qui sunt ibi et committetur eis de facto tractatus pacis et concordie inter dictum dominum Nicolaum Sanuto et Andream Baroz, quam si non possent inducere faciant proclamari quod nullus venetus etc., 6. Super querela domnorum Nicolai Sanuto et Bartholomei Gisi de sententiis latis pet baiulum et provisores captum fuit quod scribatur baiulo et provisoribus commitatur quod tractent pacem et coneordiam inter partes dimitendo uxorem dieti Bartbolomei in sua libertate, et sententie ipse sint revocate.- De rebus dicti domini Bartbolomei depositis apud baiulum et consiliarios scribatur eis quod si dctus Bartholomeus aliquid debet comuni solvare, satisfactionem fieri faciant et si quid superabnndabt residui, sibi restituent. - Respondeatur dictis dominis quod non commisimua baiulo et provisoribus quod super ipsis factis videant et examinent sicut pro bonorenostro et conservatione insule eis iustum videbitur faeiendum, 10. Seribatur baiulo et provisoribus, quod placut nobis quod non permiserunt intrare dominam Marulam, et adhuc mandetur eis expresse quod non permittant ipsam vel virum intrare cum nobis appareat ob fraudem per eam commissam ipsam privatam esse be. reditate petita, 19. Item quod si terminabitur per illos ad quos spectat quod bereditas predieta pertineat ad uxorem domini Bartbolomei Zacharia relinquimus in libertate baiuli et provisorum permittendi ipSUDl et uxorem eius venire et morari supra nostrum territorium et non permittere, ut eis pro meliori videbitur. Si vero terminabitur hersdtatem pertinere vel puelle ftlie quondam domini Bonifacii vel domino Nicolao Sanuto non est nostre intentionis eia val alieui eorum fecere novitatem, 20. Qualiter misse fuerunt due galee in Romaniam, et revocatum punctum cuiusdam consili, 15, 19, 21. Possint mitti cum ipsis galeis milliaria a XXX ad XL pro galea solvendo soldos VI grossorum pro milliari, 15. Soldati Nigroponti reducantur ad numerum de XL soummodo, sit tamen in liberiate dominationis ponendi plures et paueorei. - In Feteleo sint 50ldaij XV et duo eastel1a1U et unus pre-

88
sbiter, - Quod baiulus habeat de cetero equos VIm de quibus condncat III de hnc etc. - Teneatur baiulus domicellos XV vestitos de una manerie. - Non possint baiulus et consiliarii exire campum quin unus in campo remaneat, 41. Consiliarii Nigroponti non possint conducere amodo illuc nisi unum equum de precio, 43. Baiulus et consiliarii non possint tenere sergentes in domo secum ad comedendum, 43. Cassetur offitium camerariorum Nigroponti, 43. Sapientes super factis Ngroponti presentiant de homagiis,t6. Mittatur illuc una persona et pecunia, 47. Scribatur baiulo iet provisoribus Nigroponti quod placet nobis investitio facta damiselle Agneti et quod suum favorem detur sibi et quod fiant littere domino patriarche reoomendando sibi iura sua, 47. Scribantur littere predictis quod procurent inducere pacem intar dominos Nicolam Sanuto et Bertholacium Gisi licetnon videantur capta, 47. Due manus sapientum ad providendum super scrpturs et litteris de Nigroponto, 47. Fiant duo provisores Nigroponti per unum annum CUlO salario librarum MCCCC in anno CUlo tanta familia et aliis CUlo quantis fuerunt ser Petrus Bragadino et Marcus Iustiniano, salvo etc., 52,60. Responsio facta baiulo et consiliariis et provisoribus super facto tractatus sponsaliorum habiti inter Don Alfonsum de flia sua et Bertolacium Gysi de filio suo recommendando eos de hiis que fecerunt ut revocatur tractatus, 52. - Commitatur eis quod inducant dictum Bertolacium quod cesset a predictis, et quod omnia revocentur, 52. . Oue commissa fuerunt sapientibus alias electis pro quibusdam aliisarduisque de Ngroponto venerunt, 60. Super duabus galeis armandis lluc mittendis, una pro capitaneo etc., et ballistarii mittantur, 60, 62. Quali\er recommendavimus baiulo et provisoribus de suo bono portamento, et dominatores Nigroponti qui bene se gesserunt quod soldati maneant in statu presenti, 62. Scribatur baiulo et provisoribus quod purgata primo per Brtolacium Q-ysi contumacia 84a intromittant se de pace et concordiaeals inter' dictos dominos et ipsum. - Ipsi vero Bertela-

89'
cio scribatur littera reprehensoria de modo quem tenuit in facto maritagi tamen sibi remittamus. Revocata est missio provi sorum novorum, 63. Dominus Marcus Gradonico iturus in baiulo Nigroponti possit retinere Salomonem ibi degentem pro suo cancellario, - Possit hinc conducere duos equos precii librarum In grosso rum condi. ctione quod non possit vendere ipsos ibi, 71. Comerclum Nigroponti non incatetur amplius; et de Marinello Baduario, 72. Scribatur provisoribus quod flnito regimine domini Marci Minoto non intromittant se amplius de offcio, sed dimittant totum negocium domino Marco Gradonico, 73. Scribatur duche et consliariis Crete et aliis nominatis rectoribus, scilicet baiulis Nigroponti et Constantinopolis, quod cum do. mino imperatore Constantinopolis, Hospitali, domino Martino Zacharia et omnibus aliis debeant persentire de faciendo soeietate contra Turchos pro defensione locorum nostrorum et quicquid tractaverint et sciverint scrbant velociter, 75. Provisiones sapientum electorum super faeti Nigroponti tam contra Turohos quam super facto domini Bartolhomei Zaccarie et uxoris eius etc., 79. Ser Marcus Minoto baiulus Nigroponti possit redire cum galeis Trapesunde et eo revertente ser Marcus Gradonico intret regimen. Supersedeatur negocio novorum de guerra orta inter dominos Andream Barozi et Nicolaum Sanuto et super facto homagii Petri De Carceribus, et Don Alfonso, et similiter super facto Januensium intrantium mare maius, 95. Sapientes electi super litteris missis de Nigroponto, 97, 106. Scribatur baiulo et consiliaris Nigroponti super facto Castri Melazi examinent et rescribant nobis, 111. Scriptum fuit ser Petro de Carceribus super biis que promisit Don .<\Jfonso, 111. ' Responsio facta domino Nicole Sanuto super damno sibi illato per galeas imperatoris, t 16, t t 7. Responsio facta Bertolacio Gysi, et declaratio missa baiulo et consiliariis super inde et super facto castrorum, 1 i 7. Quid diffntum est quando baiulus Nigroponti (sit) in diversa opinione a conslliariis, t39. Tractet et procure t baiulus babere castrum Caristi a Don AI. fonso pro pecunla usque ad Seram, 139;

Admiratus Nigropont non possit ulterius habere navigia nec partem, spectantbus ad ea scilicet lignamine, ferro, etc., 53. (Lib. Xl.) Sapientes electi super facto litterarum domini Nicole Sanuto,

20.25,74.
Scribatur baiulo et conslliariis Nigroponti circa id quod seriptum fuit alias super facto Turcorum, 83, 92. Solventes censum in Nigroponto ascribantur nostro comuni et compellantur solvere pro armata contra Turcos, 92. Inducant illos deinde ad tenendum servicia sua in concio pro Maiori securitate sua, 92. Sapientes electi ad consulendum super factis Nigroponti, 74. (Lib. Xl!.) Due galee vel duo ligna mittantur Nigropontum ibi necessarie etc., iO. Que scripta sunt baiulo et consiliariis Nigroponti super damnia datis dominis Marco Capello et aliis in partibus Milisiao, 32. ltem super recusatione quam facunt domini Treceriorum, 33. Fiant littere et commissio baiulo Nigroponti accipiendi pecuniam mutuo pro facts Nigroponti. Committatur baiulo et consiliariis questio feudalis vertena nter ser Franescum Dandulo et Rugerium Fuscareno, 36. Scribatur rectoribus nostris Nigroponti presentibus et futuris quod dimittant de cetero domino patriarche cognitionem testamenti et feudatariorum etc. 37. Mandetur baiulo et consliars Nigroponti quod restituere debeant ser Laurentio Gradonico pecuniam euctam pro bano Cypri,38. Electi proviauri 8uper litteris Nigroponti, 80, 82, 103.

ru xm.)
Transeamus ad presens de significatis per bailum et consilaros Nigroponti super facto Cariati, 2. Super provisionibus consultis per sapientes super factis Nigroponti habeant bailiam dominus dux, consiliarii, et capita, sapientes, et provsores, consiliarii novi, et tres alli sapientes faciendi quid eis vibebitur, 14, i02. Super istis arduis negociis eligantur V sapientes et interim paretur unum lignum; et balistarii etc., i4, 87, Super questione vertente inter ipsum filium ser Francsci Dandulo, t Rugerium Permarino, 60.

91
Ad t'actum compagne faeta est responsio baiulo quid Caeere debeat.95. Item quod armentur ibi due galee ad expensa nostra pro dimidia, et per dominatores pro alia dimidia etc., 96, 97. Faciant quod ducati currant ad soldus duos grossorum, 109. Responsio facta baiulo et consiliariis Nigroponti super faeto Turcorum et illis de compagna, 112. (Lib. XIIll.) Sapientes III electi super factis Nigroponti provisuri, 25, 27, 31,34,75. Una galea mittatur Nigropontum, et lignamen etiam et arma et alia petita, 44. Preeeptummissum domino Nicolao Sanuto quod faciat relaxari Pbilippum Gysi de Creta captum in Larmurgo, 46, 50. Responsio facta baiulo Nigroponti super armata contro Tureos Benda. 50. Mittatur eis requisita pro arsenatu, 50. Treugua meta cum compagna placet nobis, 50. Ad illud quod illi de compagna intendunt ponere tantum ligna conu-a Turcos, respondeatur quod non placet nobis, 50 Caute procurent super facto Cariati cum Don Alfonso, 51. Consulta super litteris Coroni et Nigroponti, 75, 91, 93.
ACHAIE DESPOTUS, DYRACHIUM, RODUM ET ALIA ROMANIA NON SPECIFICATA.

rie. l.) Res que non possunt mitti cum disarmato Dyrachium neo ultra et que sic, et reddatur datium mellis, 189. Cum diceretur de termino condueendi de Curfo Venecias be. eunas et multonina captum fuit de stare firmos ad ordinem galearum, 62.

(Lib. u.) Concordia facta cum duce Athenarum, 40. 44, et captula, Bavero quod portatur Dyrachium cum galea armata et inde reddit cum galeisarmatis de cetero sit franchum sicut havere quod vadit et intrat intra et extra culfum et ultra Sasnum, 21, 123. Specales persone armantesper illam muduam in Romania non possint ire in Cyprum, .1rJIJeram, Syriam et Alexandriam, 92.

92
Ambaxator iturus ad imperatorem requirat ei damn faeti per fratrem Rugerium Cie emendationem, 97. Nabula mercationum in portando ea hinc Dyrachium et Corfu, 27, 126. De reditu vero, 128 .. Nabula galearum ipsius earavane ad partes predictas et ad alias multas, 126. Mittatur despine quod satsfacat ser Laurentio Mengulo et Petro Savonario, 11 i. III) Responsio faeta ad litteras magistri hospitalis et Johanino quod investiget si aliqui processus facti sunt per dominum Papam contra portantes res Saracenis, 40. In mercaturis venientibus de Curfu teneant se extraordinarii ad ordines veteres, scilicet quod solvant quartum minus alla Romania, 32. Dimittatur insula et eastrum Cederici Marco Venerio secundum (ormam paeti quod habuit cum ducha, 45. Ambaxator missus ad magistrum hospitalis in favorem domini Andree Cornario pro facto Scarpanti ad expensas comunis, 145, 146. , Quod mercatores de l Arta et Avalona possint ire et redire cum duabus muduis in anno cum drapparia et omnibus aliis cum ordine galearum et teneantur reeipere a cunctis volentibus, 121.

ne.

(Lib.IIlI)
Per comunes amieos cognoscatur utrum magistrum hospitalis debeat indueere dominum Andream Comario in tenutam et posses sonem Scarpanti et insularum acceptarum, 10, 22, 25. Sindiei super hoc, 80. Que eommissa fuerunt ambaxatori ituro ad magistrum hospitalis super darnnis ser Pantaleonis Miehael et Marci Contareno,

28,29.
Responsio facta fratri Leonardo priori Veneciarum de Hospitali ut leeta fuit et est in memoriali per ordinem. Baylia data super omnibus que habemus tacere preterquam, de auro, SO, 81. Qualit.er obtulimus mittere galeam principis in nostro servitio et solvere ei expensas, 73, 77, 78. Mercationes de Avalona que non potuerunt poni in galeam ser Saladini possint adduci Venecias solvendo unum pro centenario, 9,

H3.

rie. VJ
Respondeatur priori Rome et magistro hospitalis ut responsum fuit alias fratri Leonardo priori Venetiarum super auro, 1, 2. Declaratio processuum factorum contra dominum Guilielmum Sanuto pro Marco Gysi qui intelliguntur veneti et qui non, 127, 133. Que scripta fuerunt magistro hospitalis super facto sue galee capte per ser Joannem Michael, 138, 153, 163. Capitaneria commissa galearum ser Lodoyco Mauroceno et committatur sibi factum debentium recipere a ducha de la Patra, 161. Sapientes electi ad providendum utrum damni1lcati in partibus Moree tempore papalis processus debeant habere partem de uncis quatuor mille datis pro Rege Roberto, 114. Per extraordinarios satsfat damnificatis nostris comparentibus de danariis habitis ab infante et zolie reserventur pro certis, 59,182. Pro expellendo compagnam, dicant ambaxatores nostri domino pape nos daturos subsidium oportunum, 67. Extraordinarii mutuent lhras XlIII soldos XV pro ambaxata mittenda ad despotum et damnificati solvant per soldum et libram excepto Nicolao Savonario, 14, 15, 18. Ligna nostra armata extraentia debeant in reditu suo levare mercatores et mercationes nostrorum de Avalona et Dyrachio solvendo etc., 9. Veneti non mittant de suo ad partes despoti et duret quousque despotus fuerit concors cum damnificatis, 78, 108. In subsidium ambaxate mittende ad despotum dentur soldi XL grossorum de denariis nostri comunis, 16. Sapientes electi pro audiendis petitionibus quas fecit Nicoletus Zancharolus pro principissa Achaie et difficiendis, 99. Nullus venetus possit a partibus buche de Silafo supra per totam Romaniam tacere cambium vel recipere denarios ad presam nisi a Venetis etc., 130. Ser Filippus Belegno iturus castellanus Coronum vadat Clarenciam in faciendo ambaxatam ibi, 185.

ria: VIJ
Responsio facta ambaxatoribus despoti invehendo eis curialiter quod insule Zafalonie, Xanti et Valliscompari nostre fuerunt, 17. Quod mercationes nostrorum venetorum possint adduci Vene-

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tias de Avalona et Dyrachio omni tempore cum disarmato solvendo m pro centenario, 35Responsum fuit super factis principatus Achaie, quod bonum fol'et quod mitterentur duo de suis, et nos duos mittemusad dominum papam, iOL (Lib. VI1J Possit iri Thessalonioam cum navigio disarmato nt anta exceptis telis, 75. Nicoletus Gradonico habuit licentiam mittendi ad castrum Rappani, 136. Licentia data domini archiepiscopi Patracens\s nuntio extrahendi arma quedam, 27. (Lih. VDI) Ambaxata missa ad prineipem Achaie, 95. 96. Consul ThBaalonice et alla, 19. Scribatur rectori Dyraehii super facto Zanini Gabriel et Petri Tanoloico super facto frumenti per 80S accept, 45. (Lib. Vl1IIJ Sapientes electi cum provisorbus partis ClareDcie, 34. Inducietur factum Clarencie quousque vdebtur, et revocata fuit strictura navigandi illuc, 36. 1erminus datus domino Nicole Sevasto Avalone quod satiafaciat nostris et quod nostri illuc non vadaDt, 38, 84, 86. Littere misse comiti Johanni duche de la Patra pro derobatione facta domino Jacobo Contareno, 47. Mercationes nate et facte Clarencie solvant mediam pro centenario ut dicit consilium etiam si fuerint adducte Venetias de aliis partibus quam de Clarencia, 124. (Lih. X) Qualiter misse fuerunt due galee in Romaniam et revocatum punctum cuiusdam consli, 15, 19,21. Archiepiscopo Patracensi concedatur licentia extraendi bine CC scutos, lanceas CC, et dardos CC, 64. Replieentur littere misse Avalonam in favorem ser Baliani Contareno, et committatur etiam capitaneo culf quod si mercatorea timerent ibi morari levet eos in personis et rebus, 82. (Lih. XI) Capitaneus galearum levet reverendum virum dominum Nicolaum Salamon archiepiscopum Atheniensem absque nabulo, 23.

gg
Aceepta plezaria quam otrerunt mercatores, i'mveatur interdictum factum ne eatur Avalonam, 28. Pro damnis ser Iacobi Contareno mittat unam personam ad dominum Iohannem despotum Arte smul oum dcto ser Iacobo CUlO nostris litteris, 49. Deputentur duo qui loquantur euro domino archiepiscopo Thebano, 49. Terminus datus procuratoribus domini Nicolai Sanuto et AIldree Barozi quod non producant iura sua. 1, 3.

ne. XIIJ

Scribatur domino archepiscopo Patracensi super gravaminlbus factis per gentem Stevanini Mauro magni capitanei Amoree in casali Amoree et litterarum exemplum mittatur, 37.

(Lih. X1llJ
Fiant littere protontino Avalone in favore m domini Baliani Contareno, 43. Iacobus Contareno possit mittere Avalonam X ballas pannorum, 50. Tres sapientes electi super facto querele ser Iacobi Contareno contra despotum Iohannem de l Arta, 73.

(Lib. XIIl1.)
Nuncius domine dncisse Athenarum possit extrahere hnc et ducere in Apuliam arma specificata, 43. Fiat examinatio per sapentes electos per dominum, consiliarios et capita scripti damnorum porrecti per thesaurarium Hospitalis, 13. Responsio facta dieto thesaurario, 16, 27. Consulta super facto ser Jacobi Contareno, 6. Qualiter promisimus facere levari per nostram armatam in Apulia magistrum .Hoepitalis, 91. Mercatores nostri qui utuntur in Curfu possint facere conduci curo disarmato suam granam occasione novitate despotatus, 97. ( Continua.)

CAPITULARE

MASSARIORUM MONETE
ANNI MCCLXXVIII
ET SUBSEQUENTIUM (.).

MCCCLXXV. die XXVij. deeembris. Com maxima eonfuso sit in commiaaonibua Rectorum nostrorom, et in captulatbua offcialium nostrorum intas et extra, Et in libris consiliorom nostrorom, occasione' partiom, que cotidie capiontur in consilijs de reuocando et c:.orrigendo preterita, que confusiones intantum moltiplicaoeront, quod inducant maximam ob.scoritatem, ita quod Rectores, Iudices, et officiales nostri nesciunt, ad quod se tenere debeant, Saper qnbus, pro Vitando confusiones et Reducendo eommissiones Rectorom nostrorom, et Capitolaria oC6.ciorom nostrorom, et alia consilia nostra sub breuitate, et bono ordine, est, omnino, prouidendum, Et terra semper foerit solita pro-

(-l All' articolo sui Mauarl (lfIlciali all' 01'0, all' argento ed alle mOflete, inBtituitl dal governo veneto sin dal secolo decimoterzo) io, dopo aver brevemente esposto In questo periodico ('1'01. XIV, pago 25) la loro ragione di eslllI'Il e quali ne fo;;sero le incumbenze, ho detto che la publicazione del relativo Capitolart, da farsi poi, mi scusava Il carico di diffondermi su codesta magistratura ch' ebbe 8\ estesa e Importante azione nella nostra zecca. 801'1'0 ora Il debito, col recarlo precisamente conforme all' originale, di piena conservazione, Il quale, come fu accennato, steso In dieci grandi fogli membranacei.
V. PADOV4N.

97
uidere soper hoc, licet a bono tempore citra, non fuerit prouisum, in eligendo sapientes, ad correctionem cousiliorum, Vadit pars, pro bono istius utilis operis, Quod eligantur in maiori consilio quinque sapieutes, Qui iucipiaut et debeaut examinare primo, omnes commiseiones Rectorum nostrorum et postea Capitularia officiorom nostrorum intus, et extra, et omnia et singula consila et partes captas, in nostris consilijs: Et vbi iuuenient aliqua consilia expirata, et nullios efficacie, uel Valori s, habeaut lbertatem per maiorem partem eorum, faciendi ipsa cancellari, tam de commissioni bus Rectorum nostrorum, quam in capitularibua offciorum nostrorum, et de alijs libris uostris, sicut alias, solitum est fieri in simili casu. Verum si videretur ipsis sapieutibus uel alicui eorum de addendo, minuendo, corrigendo, uel mutando aliquid in aliquibus commissionibus Rectorum nostrorum, tarn da salarija, farnilia, quam aliter, uel in capitularibus, uel iu aliquibus alijs consilijs et ordinibus nostria, tunc debeant facere notari suum consilium et opinionem, et veuire ad consilium Rogatorurn et addicionis, et fiet, sicut videbitor. Et quilibet possit ponere partem, et id, quod captum fuerit in Rogatis et zonta sit frmurn, sicut si per maius consilium captum foret. Et cousiliarij teneantur eis dare cousiliuui ad suam Requiaitiouern, quondocunque requisiuerint, sub pena librarum decem, pro quolibet eorum, et vocetur omni vice cousilium, ad suarn peticionem, sub pena soldorum Centum pro quolibet, de ipso consilio. Et debeant isti aapentes, omni die de mane, esse insimul in aliqua camera palacij, sub pena soldorum . X. pro quolibet non venieute, Et notarius qui cis deputabitur teneatur per sacramentum apauctare illos qui Don veuient, ad canpauas, vt dictum est, et mittere illos pro cadutis aduocatoribus coutuuis, qui exigant peuas, habendo partem, vt de alijs sui officij. Et si aliquis ex dictis sapientibus quoquo modo defieeret, eligatur ulus, uel alij loco eius et nibilhominus remanentes interim procedant in factis predctis, per tres eorum ad minus iu concordia. Et non possiut refutare sub pena librarurn Centum, pro quolibet eorum. Et eligantur dicti sapientes per duas manus electionum in maiori consilio, et vnam per scrutnium, Inter dominum, coneiliarios, et capita, Et respoudeant die, qua eligeutur vel altera per diem, et sint per vnum annum, habendo ducatos decern, pro quolibet in mense, vt adimpleatur intentio terre, In fine quorum, per vnum mensem ante prouideatur per ducale domiuium, vt videbitur melius, nel eligendo sapientes de uouo, nel de elongando eis terminum, sicut

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vtilius videbitur pro bono terre. Et si consilium est contra sit reuocatum quantum in boe. de parte ... 420 - de non ... 43 - non sinceri ... 17. Item fuit dieta pars capta in . XL . ubi fuerunt. de parte ... 35 - de non ... 3 - non sinceri ... O. Electi sapientes primo ser Ioannes Nicolaus rubeo ser Ioannes bembo ser marci ser daniel cornario ser Andreas gradonico, et ser Bernardus bragadinus, et successive de alijs.
(Magg. Cons., Noeetta, c. 155!.

I. Iuro ad euangelia sancta dei profficuum et honorem Veneciarum et quod a die qua intrauero in hoc officio ad unum annum studiosus ero saper facto et laborerio monete et ad faciendum fieri simul cum socijs meis uel uno eorum monetam grossarn bonam bona fide. Et quod comparabo simul eum eisdem socijs meis uel uno eorum argentum et bulzonos seu monctam que utilia uidebuntur pro comuni ad faciendum fer dictam monetam et faciam fieri monetam istam grossam dc tam bono argento quod Don callet ultra medium quarterium pro marcha uel inde inferius ad racionem boni argenti. Et argentum istius monete non alegabo nisi ambo socij mei buius officij presentcs fuerint. uel ad minus vnus eorum si forte tercius meus socius tale impedimentum babuerit quod interesse non possit. Similiter ad hoc ut dieta moneta recte et legaliter efficiatur sine aliqno defectu sicuti esse debet quando argentum projectum erit in uirgas faciam quod de ipsis uirgis antequam dentur ad laborandum magistris quod ipsi debeant extrahere sazum uel sazios de ipsis uirgis et examinare diligenter uirgas illas cum ponderatoribus uel ad minus unus eorum et ipsas uirgas cum pendere dare ante saza torem et ipso argento affinato recipere ab eo cum pondere si ille uirge fuerint de tarn bono argento ut debent esse ad faciendum dictam monetam et si non forent de sie bono argento ut debent esse pro facere dictam monetam quod debeant facere reuerti dictas nirgas ad ignem tantum quod ueniant ad rectam ligam ut esse debent et ad boe ut ipsa moneta fieri deheat ita finis et bona sicut esse de-

99
bet. Item faciam fieri istam monetam taliter quod erit a soldis nouem et uno denario et tercia usque ad medium denarium pro

marche.
~. Et massarius cuius erit quindena nec aliquis alius de massarijs non de beat trahi sazum nec sazos de uirgis comunis nec de uirgis mercatorum siue uno de pesatoribus uel ambobus. et qualibet

uice qua pesator uel pesatores uoluerit trahere sazum uel sazos denariorum de peso et de conto aut de uirgis teneantur massarius uel massarij illud argentum uel illos denarios qui erunt eis requisitum per pesatores pro trahere illos sazos dare eis et si massarius uel massarij non concoraret cum ponderatore qui faciet quindenam de sazis tenean tur mitere pro alio ponderutore et de ipsis duobus ponderatoribus cum maesario qui associat illum qui facit quindenam uel cum ilIo qui non asscciat ubi maior pars fuerit concordes ita debeat obseruari per massarium cuius erit quindenam.

3. Et sexto mense primo uenturo faciam et reddam racionem simul CUID socijs tneis illis qui prefuerint raconbus comunis ueneciarum et predictis ponderatoribus uel uni ipsorum de tato argento quod bututum fuerit in moneta et de lucro quod inde factum fuerit slmil iter eis racionem reddam et faciam simul curn dictis meis socijs infra quiudecim dies post couiplementuin mei offcij, Et iufra alios quindecim dies sub pena libraruin . XX V . pro quolibet et si per defectum ponderatorum remanserit debeant ponderatores perdere li. bras . X . pro quolibct et si transierit terminus quindecim dierum ultra ut dictum est et infra unum meusem post modum non fecerint raciones et non assignaLunt et non dabunt bona comunis perdere debeant libras . C. pro quolibet ilupra pena dictarum librarum . XXV. et pouderatores si per eos remanseriut amittere debeant alias libras . X . pro quolibet.

.:I. Et teneantur dicti massarij estendere racionem de argento non rendente soldos duos pro marcha qualibet et plus si plus lucrabitur et si accideret quod deficeret eis ad soldos dnos pro marcha
teneantur refundere comuni de suis denarijs et raciones eorum non recipiantur quousque satisfecerint comuni ad terminum supradictum et sub pena superius ordinata de complere suas raciones.

100
De racionilnll facie.du ~t clauilnll r,cil'ldil IOCijl if\fra complem~1ltum quifJl'le.
6. Et dia penultimo infra complementum quindene mee faciam et reddam raeionem soeijs meis de omnibus que habuero tam de auere comuuis quam aliarum personarom et die seqoenti ipsis meis soeijs dabo et assignabo claues dicte monete et totom aoere et bona comunis boius monete que soperfuerint dabo integre et consignabo simul cum socijs eamerarijs monete qui eonstituti erunt uelalijs peracnie sicot preciperit dominos dux eum maiori parte sui consilij.

De 601&0 et datu moneu tractano et ad lalloranum.

reti~re

maf/utrol

8. Preterea tractabo et operabor bonum et statom monete et illos magiatros monete retinebo ad laborandum monetam qui mibi et socijs meis et ponderatoribos uel maiori parti nostrum boni et utiles atque legales uidebunt pro opere monete.
D~

arf/ento

leU

moneta non comprafJo.

'I. Et nullum argentum bulzonos seu monetam que uidebuntur mihi esse pro moneta ad meatn utilitatem nee ad utilitatem alicuius persone comparabo neo faciarn eomparari nee consulam alicui persone nee consoli faeiam quod comparet per totum tempus mei offlcij et nullum fraudem eomitam in comparando argentum pro moneta.

8. Et si mercator aliquis habebit argentum uel aurum ipsum argentum uel aurum non comparabo. Saluo si dictus mercator aut mercatores uendidisset ilIud aurum uel argentum quod aduxisset oenecijs alijs personis de extra moneta tune sit lieitom mibi uel soeijs meis emer'e dietum aurum uel argentum.

De lif/no faciendo in moneta.


9. Item cum soeijs meis uel altero eorum faciam fieri signum in moneta quam fieri faciemus ad hoc ut eognoscatur quod facta ait tempore nostri offieij de moneta.

De arf/ento

r~ndente

IcrilJendo.

O. Et totum argentum rendena comuni quod cum socija meis uel altero eorum sieut est ordinatum comparauero pro moneta seri-

101
bam pro se ad hoc ut possim reddere racionem de ipso argento per se.

I I. Et si sciero aliquem in domo mone (aie) uel extra in uenecijs falsos deuarios uel monetas facere uel stronzare ipsum manifestabo domino duci et maiori parti sui consilij infra tercium diem,
I ~. Et constituam simul cum socijs meis uel altero eorum in moneta vnum inquisitorem qui inquirere debeat omnes magistros artis si bene fecerint snum officium uel suum magisterium monete secundum quod mibi et socijs meis uel duobus nostrum bonum uidebitnr et ipse iuquisitor debeat mibi et socijs meis uel altero eorum manifestare ad hoc ut inde dampnnm debeat astiuere sic mee et socorum meornm uel uuius eorum discrecioni uidebitur. Item quod ornnes massarij nel ad minus duo eorum cum scribauo teneantnr facere suas raciones in capite cuinslibet quindene et massarius cuius fuerit quindena debeat facere notum de racione sue quindene socijs suis ad hoc ut quilibet eorum possit scire racionem cuiuscumque sociorum.

la.

14. Hec omniaque que superius dicta sunt et alia que dominus dux cum maiori parte sui consilij addere uel minuere noluerit atendam et faciam et obseruabo bona fide sine fraude.
I "'. Et si pro comuni ucneciarum extra uenecias in regimine electus fuero et ad ipsum regiminem ire uoluero nel si ad mercatum per mare uidelicet usque traynnm (Trani) uel ragosium abinde inantea ire uolnero . XXX. dies ante uel post dies . XXX. postquam disposuero exire de uenecijs hoc meum offcium domino daci et suo couslio resignabo ad hoc ut alius eligatur loco mei. 18. Et salarium meum non accipiam nisi in fine quinque mensium buius mei officij pro medio anno. et sic pro alio medio anuo eequeati obseruabo de accipiendo aliam medietatem mei salarij. quod ..alarium est. librarum . C . in anno et in racione anni.
Et si racionem secundum quod dictum est superlus non fecero et bona et bauere comunis non reddidero secundum quod dictum est superius si ellectus essem in offlcio salanj tam in uenecijs

l'.

102
qoam extra oenecias racione non facta et non redditis bonis et baoere comunis sicut dictum est electio illa non ualebit nec tenebit sicut dictum est.

18. Preterea societatem nec partem habebo cum aliqua persona in facto monete in aliqna terra nec in aliqua parte modo aliqoo oel ingenio. 19. Item si infirmus stetero ultra dies octo ita quod non ueniam ad officium meum exercendum non debeo de tanto quanto stetero ultra dies octo infirmus accipere meum salarium nec habere et si recepissem ipsum reddam camerarijs comunis. Et si infirmus stetero per unum mensem ita quod non ueniam et non stabo ad meum offcium exercendum ero foris de meo officio ab ipso mense inantea nec sub specie infirmitatis stabo nec remanebo de ueniendo ad meum officium exercendum occasione exeundi de ipso officio nisi iustam occasionem infirmitatis hsbuero.
~o. Item quod de omnibus rebus que nendentur in moneta siue parue sint siue magne uidelicet carboues rame plumbum et alias omues denarij qoi inde extrahentur ponantnr incontinenti in cassitula que manet su per tabnla massariorum que cassitula habere debeat duas claues qnarum una tenere debeat iIle massarius qui associat illum cuius est quindena et alia tercius massarius de extra uidelicet non cuius est quindeua et quolibet capite quindene illi duo qui habebunt claues debeant circare quot denarij erunt in dieta csssella et omnes massatij et scribanus eorum teneantnr scribere dictos denarios et quot erunt in sus quaternis et debeant de dictis denarijs facere et ostendere racionem illis qui sunt su per racionibus super se.

~ I. Item quod affinatores argenti non monete possint nec debeant per se uel per alios allo modo uel ingeuio comparare nec comparari facere argentum nec monetas nec ceneracios noc habere partem de eis sub pena perdendi soldoa . X. pro rnarcba de argento uel de monetis quod uel quas emerent uel haberent partem et de ceneracijs soldos . ij . pro marcha.

nfonditoribns causa faciendi denarios grossos ilIud argentom non poesit nec debeat

~~. Item quando massarij dant argeutom

103
ponderare ille massarius cuius erit quindena sed pesare debeat ille qui eum associat presentibns infonditore et duobus pueris nel vno ipso argento ligato et ponderato ut dictum est dari debeat dieto infonditori et pueris antequam socius secedat inde ad hoc ut nichil intus iungatur per sacramentum et teneatur massariua scribere et facere eciam scribi per eorum scribanum dictum argentum ut questio non possit uerti inter ipsum et funditorem et puerns de pondus dicti argenti.

Quo massarij non possintlacere injuni neo tra"',!! sazum post campanam marangonorum.
~3. Et non possint uel debeaut dicti massarij facere infundi nec trahi sazum postqnam pulsatum eri t ad tintinabulum marangonum et si inueniretur argentum in cresolo quando pnlsatur ad dictam campanam ebeat proicere illud argentum foras et non plus postquarn illud argentum erit proiectnm in uirgis ipsum recipiam ab infonditore saluo si esset ita sero quod non possem ipsum ponderare tunc debeam ponere dictum aI'gentum in uno de banchis uolte et dare clauem ipsius banchi infonditori qui infonderit dietum argentum usque ad alteram diem et alia die sequenti ipsum argentum accipiam et de qualibet infonditura extraham sazum et sazia sicut mee et ponderatoribus discr~eioni utilius uidebuntur pro moneta. et si primus sazus non bene iret faeere debeant postmodum usque ad tres et non plus et si omnes . iiij . irent male teneantur massarius cuius erit quindeua et ille qui eum associat reuerti dictas airgas in ignem et redueerc eas ad suprascriptam ligam,

De denarijs dandis pro injonditore pueris.


~.t. Et teueantur massarij dicti dare infonditori et pueris pro centenario marcharum denarios . Xij . pro eommestione uino et oleo et candelis,

~:i. Et sazatores habeant grossum unum pro sazio et quandocumque massarij miterent pro eis ad facieudum dictum sazum et non uenerit massarij teneantur aceipere unum grossum illi qui non uenerit et non steterit ad faciendum ut dictum est et scribanus teneatur hoc scribere.

Quo ma'8ariu8 non pO'8it comeere in moneta.


~8. Et icti massarij non debeant comedere in moneta de

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suo nec de illo comunis nec alieni persone saluo quod de suis denarijs possint comedere panem uel fructus et possint expendere de ilIo comanis. soldos . XX . pro uino in quindena t non plus.
~,.. Itern quod quilibet massarus teneatur facere suam quindenam pro se et debeat esse associatus ab uno suorurn sociorum et ille massarius cuius erit quindena debeat habere claues noIte et ilIas porte ubi ponderant argentum et illi duo rnessarij scilicet ilIe cuius erit quindena et ille qui debet eum associare teneantur uenire ad locum monete antequam campana officialium pulsari cesset et ibi stare usque ad terciam et plus si necesse fuerit et post nonam ante uesperas et stare usque ad uesperas et plus si necesse fuerit exceptis festiuitatibus sollempnibus et occasionibus alijs offcialibus spacfcatis et ille uel illi qui non uenerint et non stabunt sicut dictum est supra perdere rlebeat salarium suum illius diei et insuper soldos . X . et psi teneantur et debeant scribere in suo quaterno iIlum uel illos qui non uenerint et non stabunt ut superius dictum est et teneantur eciam facere scrib per eorum scribano in suo quaterno et teneantor dare infra terciom diem penam de qua ceciderint cum non uenerint et non stabunt ad officiom suum uidelizet pena soldorum. X . et salarium illius diei in quo non fuerint et steterint ad dictum officinm exercendum. ~8. Et quandocumque per nos aliquid cornparatum fuerit statim scribemus in nostris quaternis id quod comparabrnus simul cum UllO socorum meorum ad minus ita quod tercins infra tercium diem scribere teneatur et semper erimus tres uel duos ad minas ad emendum uel ligandum.

Horn quod isti massarij teneantur habere unum scribanum laycum qui sit uenetus apud se nec habeat sen habere poss,it aliud offcium in moneta nisi scribanum. et hoc intelligitur tam de illo scribano qui nunc est qua m de ilio qui pro tempore erit. qni scebanns teneatnr scribere in suo quaterno totum iIlud qnod dicti massarij scribent in suis quaternis et ille scribanns teneatur sacramento scribere et notare tarn lucrum quam dampnom quod dicti massarij facient per quindenas SU8S et iste scribanus non possit mutari nisi cum uoluntate domini ducis et consiliariorum et capitum de XL.

~9.

105
Et omnibus magistris qui laborant ad dictum officium monete debeant accipi sacramentom qnod si scioerint aut scire possent quod aliquis defectus efficeretor per aliquem laboratorem monetam si denarius effieeretur de peiori argento qnam debent esse quam de pendere quam de furto qnam de alio defectu modo aliquo uel ingenio quod domino duci et suo consilio et capitibus de . XL . manifestabunt quam cicius poterunt bona fide sine fraude. Et si contingerit quod fieri debeat aliquis laborator nel aliquis officialis qnod pertineat ad officium monete debeat elllgi per massarios et per ponderatores monete insimul et sit frmum per. iiij . ipsorum et debeat fieri ipsa eleccio cum busolis et si ipsi non poterint esse concordes infra tercium diem quod ipsi teneantur sacramento quarta die requirere illos tres . XL. qui erunt ad officium et eligere com ipss per maiorem partem cum buaolis et quem per maiorem partem elegerimus sit firmum et non possnm dicere accipe meum et ego accipiam tUUlD et quaudocumque ueniam ad faciendum istas ellectiones accipiam illum uel illos quos credidero esse utiliores pro moneta . .... Item omnes homines qui accipientur in moneta tam monetarij quam alij sin ueneti. Saluo de artnatoribus qui accipi debeant per me et socios meos et per ponderatores sicut nobis mellius uidebitur et hoc per ellectionem ita uidelicet quod de nobis tribus massarijs et duobus ponderatoribus quatuor nostrum sint coucordes nec aliquem cambiabo nec cambiari faciam aliquo modo uel ingenio nisi secundum formam consilij. Donum aliquod aliquo tempore non recipiam nec recrpi faciam occasione uius officij et si sciero quod aliquis recipiat pro me ipsum faciam reddi quam cicius potero.

.0.

34. Insuper illis qui argentum uendiderit et denarios 8UOB requisierint si denarij fuerint eis dabimus scut exeunt de monete, uidelicet denarios DOUOS quam cicins poterimus.
ii. Denarios quidem non trabucabo nec trabucari faciam modo aliquo uel ingenio Dee hauere comunis de moneta extrabam nee extrabi faciarn neo de eo utar ad meam utilitatem nee ad utili.. tatem alicuius persone per aliquem modum uel ingenium nisi tantum pro moneta.

106
Item quod non debeant uel possint dicti massarij ponderare aliquod argentum quod ement uel extimabunt nisi primo erit ponderatum per pesatores et postquam erit ponderatum massarij aut massariua teneantur recipere illud argentum per illnd pondus quod pesatores eis dabit.

a8.

, a7. Item quod massarius cuius erit quindena non debeat comparare nisi tantum argentum quantum potest facere laborari in sua quindena secundurn ordinem eis datura per maius consilium ad hoc ut denarij ueniant pulcriores . et si argentum superaret debeat illud dimitere alteri massario cui ueuit quindena et si denarij superarent qui non essent cuniati non possit facere ipsos cuniari sub quindena alterius massarij ad hoc ut nou misclent una racio curn alia et ad hoc ut denarij melius cunientur et informentur.

a8. Item si scient uel credent quod aliquis cambiator uel aliqua alia persona sit in moneta quando uoluerit circhare argentum pro comparare qui cambiatores uel alie persone starent et expectarent eciam causa comparandi dictum argentum teneantur massarij eos licenciare de moneta et si nolleut exire teneantur il\is tribus XL qui erunt pro tempora dicere.
aB. Item si quis uenetus uoluerit ire extra uenecijs uel duracium uel in romania uel ultra mare uel in pulia et uoluerit cambire denarios ueteres pro nouis tenemur sibi cambi re scientes prius per fdanciarn sibi acceptsm quod uadat ad aliquam parcium predictarum et quando cambiabirnus denarios tentabimus et uidebimus si erunt tonai uel minus boni quam esse debent et incidemus tonsos nel minus bonos. ita quod esset non possit abere defectum .
..o. Propterea gastaldionem in diebus quando laborabitur ad monetam stare faciam usque ad terciam et tantum plus quantum mihi et socijs meis aut socio meo pro bouo monete uidebtur et eodem modo stare faciam nisi remanserit occasionbus spacificatis alijs offcialibus et si gastaldio non uenerit ad campanam amitat unum grossum.
Item quando quindena erit mea teneor et debeo superstare mendatoribus quod Lene emendet et ualite et operarijs quod faciant pulcros fladoncs et bene rotundos et bene adwodum et reci-

-I,.

107
piam fladonos de qualibet fornace per se et temptabo si bene facti erunt et si non bene facti erunt per eos qui ipsos fecerint faciam reeonzare et quocienscumque faciarn reuerti fladonos ad fornacem pro reconzare accipiam pro pena magistris illius fornacis qui eos fecerint soldos . V . ante qnam compleat mea quindena et sicut recipero ita scribam et faciam uenire in comune dictos soldos . V . Insuper teneor et debeo minus dare 'ad laborandum illis magistris qui non bene laborauerint dictos fladonos quam alijs et mendatoribus qui non bene emendauerit diminuere eorum partes sicut ponderatoribus et uni meorum sociorum uidebitur. Itern non dabimus alicui magistro foruacis in die ultra March8s . XV . argenti et hoc ab introitu ma~j usque ad festum saueti michaelis et monederijs ultra libras . Viiij . grossorum per diem et ab introitu octubris usque per totum fabruarium non dabimus ultra Marchas . X . pro magistro in die et monederijs ultra libras . Vj . et ab introitu marcij usque per totum mensem aprilia non dabimus ultra. Marcha8. Xij . in die et monederijs ultra libras . Vij . in die. !tem teneor et debeo quando quindena erit mea facere blanchizare fladones cuiuslibet fornacis per se et quando blanchizati erunt dabo soldos. X . pesatori de qualibet fornace per se qui debeat eos trabucare cum suis manibus cum balanzolis et quolibet die quo laborabitur et de qualibet fornace per se simul cum socio meo et cum pesatore cuius eri t quindena circabo dictos fadones et si accideret quod inueniretur nimis graues non possint mesclari cum leuibus neo facere mesclari et si inuenirent nimis leues non debeant mesclari cum greuibus qui fadoni debeant trabueari et extrabantur foras illi qui erunt nimis graues et illi qui erunt nimis leues et leues destruant et graues aceentur ita quod moneta sit magis iusta et melius ad pontum et hoc fat CUlO uno de pesatoribus uel ambobus. et fsciam uenire gastaldionem mendatorum et inquiram quis mendator feeerit illos qui non bene steterint et eum qui eos fecerint compellam ad soluendum tantum quantum erit dampnum quod erit de llis fadouis qui non steterint . et si gastaldo nesciuerit dicere quis mendator fecerit illos denarios totum dampnum quod inde erit faciam soluere gastaldionem integre ante quam eonpleat meam quindenam et scribam quod inde recepero ad hoc ut ueniant in comune.

"'S.

"3.

108
..... Et si accideret eciam quod rnassarius cuius erit quindena uel eius socius non concordarent cum ponderatore de dictis fadonis et dicerent quod psi fadoni bene starent de pondere et de conto et ponderatori uiderent quo- non bene stllrent teneantur mittere pro alio ponderatore et pro msssario qui non associat massarium qui facit quindenam uel cum ilIo qui aasociat et de istis duobus ponderatoribos cum uno ex dictis maasarijs ubi maior pars ruerint coneordcs ita debeat obseroari per massarium qui racit quindenam. Item accipiemus duos mendatores pro unaquaque fornace qui mendatores teneantur trabucare omnes denarios sue fornacis donee emendati eront per alios mendatores et non possint esse dicti mendatores plures XXViij . si de illis qui nunc sunt defieerent. Item teneor et debeo superstare monetarijs quod facient pulcros denarios et bene positos in medio et bene tractos extra et nou referitos et teneor et debeo in quindena mea dare fadones euiuslibet fornacis per se ad monetaudum ad hoe ut cognoscere possim cui monetario dedero Badones cuiusibet fornacis . .. ". Et teneor et debeo in quindena mee temptare denarios grossos quando recipiam eos a monetarijs et si inuenero aliquem malefactum rupam ipsum et ilIi monetario qui non fecernt pulcros denarios debeo ei diminuere medietate sue partis si mihi et penderatoribus uel uni eorum bonum uidebitur et plus si bonum nobis uidebitor et si mihi ponderatori oideretur quod ille monetator non se emendabit ad faciendum pulcros denarios dicam domino duci et capitibus de . XL . et si aliquis fladonus eri t qui non sit bene raetus monetarij ponant per se et non debennt ipsnm laborare seu mo- _

,,:i.

"8.

netare.
Item non pos8um uel debeo dare licenciam alicui mone-' tario standi extra mouetam ultra tres menses et si aliquis monetarius stabit extra monetam ultra tres menses debeat esse extra monetam et allus accipiatur loco eius et dieti monetarij qui iuformant denarios grossos deut plezariam de libris . CC . pro qoolibet in manibus mnssariorum et quando ipsi laboraut denarios quando ibunt ad prandium duo ipsorum ad minus expeetare et stare debeant usqoe dum mllssarij ueneut. Item teneantur massarjj dicti soluere monetarijs omni ebdouiedadeo quod laborauerint saluo si offende-

"8.

109
rint in ipsis massarijs e08 possint condempnare sicut eis iusturn uidebitur. .... Item omnes fadouos qui refutabuntur a monetarijs non possint reconzari nec de ipsis fat aliqoa solutio doreris.

50. Item non permitam qnod aliquis de monetarijs die qua laborauerit denarios grossos possit laborare deuarios paruos nec dia qua laborauerit denarios paruos possit laborare denarios grossos et si aliquis de monetarijs steterit extra uenecijs de tanto quanto steterit non possit ei aliquid esse refusum et si per nos diminuta erit pars alicui ita quod non possit plus adimpleri quod socius eius non possit ei refundere aliquid. & Et si aliquis magister monete iuerit extra ueneeijs absque licenciam dominorum massariorum et steterit ultra dies. iiij . quod esse non possit in offlcio monete per totum tempus dietorum massariorum existeneiom.

&s. Et si inueniremus aliquem defeetum in aliquo istorum (magiatrorum?) monete et uiderent nobis eos licenciare de moneta pro ipso deffectu ipsos licenciabimus cum buxolis sicuti cum busolis ipsis nos accepimus.
58. Item tenemur semper fieri facere in primo mense quo intrabimus uidelicet infra dies. XV . intrant (aie) torsellos . XXiiij . et pil1as . XVj . et dictos torsel1os. et pil1as faciemus fieri faber qui lahorat ad monetam et pro qnolibet alio mense habebimus para. Xij . ferrorum de superfluo a fabro predicto et si de ipsis ferris acclperentor occasione taliandi tenemor facere fieri tot quot acciperentur ita quod semper remaneant para. Xij . et hoc fieri debeat infra . X V . dies. et quandocumque faber predicta non attendet nisi occasione infirmitatis remanserit tenemur ei accipere soldos . XX .
& ... Item est scieudum quod tres de . XL. semel in ebdomada uenire debent ad uidendum dictam monetam. ad hoc ut dieta moneta efficatur pulcra et polita et rotunda et ad hoc ut massarij accpiantur boni et legales ellectio eorum fieri debet per dominum ducem et eonsiliarios et capita de . XL . cum busolis et debeat esse dieta ellectio firmam per maiorem partem ipsorum et ipsi qlassarij dare debeant plezariam. de libris . M . pro quolibet.

110
ii5. Item quod omnia zenaracia que massarij habebunt tam de argento comunis uel alia zeneracia que emerent ab alijs personis pro comuni et granaia de cruxolis et bataduris de argento omnes maesarij et scribanus eorum teneantur ecribere in Buie quaternis totum id quod diete ree constiterint uel id quod computabunt in suis racionibus et ad affinandum res predictas teneantur omnes massarij scire totum illud quod exibit de dictis rebus et quot denarij extrahetur de ipsis et totum illud quod extrahentur plus diete qnod constiterint scrbatur per omnes massarij et per eorum scribanum hoc totum quod dictum est in suis quaternis per se et ostendere debeant raciones per se illis de racionibus non mesclando istaro racionem cum racione de lucro laborerij et omnes suprascripte res ponantur in uno banco nel arcella que babere debeat duas claues una quarum babere debet ille cuins erit quindena et alia qui eum associabit. et nicbil de dictis rebus possit poni uel extrahi de dicto banco uel arcella nisi erunt simul illi qui babebunt claues et non possint ponere de omnibus suprascriptis rebus in suis racionibus nisi solum de zeneracis de quibus possint ponere soldos . ij . pro marcba secunduro veterem cousuetudinem et massarij non possint nec debeant uendere zeneracia monete sed debeant omnes tres uel ad minus duo eorum si terciua haberet iustum impedimentum affinare e dieta zeneracia. 58. Teneantur eciam dicti massarij facere fieri unum fornellum in moneta si erit locus ad faciendum ipsum occasione affinandi zeneracos comunis pro melioramento comunis et si non erit locus in moneta ad faciendum dictum fornellum teneantur inuenire un aro domum in qua debeat affinari omnes zeneraci comuuis et proponere carbonum si oportuerit que domus accipiatur in insula sancti marci uel ultra aicut melius uidebitur pro comuni quatn domum debeant accpere infra unum mensem postquam intrauerint in officio suo pena librarum . XXij .
(La fine nel prollimo fa,cicolo.)

ANEDDOTI STORICI E LETTERARI.

LXVII. -

DI ALcu:-n COSPIRATORI GRAZIATI, NELLA CONGIURA DI MARINO

F ALIER.

(C.) A ci che scrisse il Romanin (III, 181 e seg.) intorno la congiura Falier, aggiungiamo una curiosa lista di trentaun congiurati, i quali, datisi alla merc della Signoria, ne ottennero il perdono. 1Ja il Consiglio dei Dieci, nel graziarli, ne comunicava i nomi ai Paga tori all' armar (come gi ai Giustizieri eecchi), onde avvertissero bene e destramente, che nessuno di loro divenisse capo di nave del Governo, di armata, o vi fungesse altra carica, neppur di scrivano. La parte, coll' elenco, del 30 dicembre 1355, scritta su pergamena che si trova (senza che ne sia chiaro il motivo) nell' archivio dei Procuratori di S. Marco; e nel registro 5. dei Misti del Consiglio dei Dieci, colla postilla missa solutoribus, cum nominibus ordinatis ma senza i nomi. Sono di quei graziali due fratelli del fu Bertuccio Isarello, ed un nipote del fu Filippo Calendario.
MCCCLV, die penultimo decembris. Capta in Constio de X. Quod illi qui fueruut notati Iuisse conscios proclitionis priclie tractate, contra statum nostrum qui reddorunt ad miserleordiarn et ~ratiam nostrarn dentur in scriptis sclutoribus nostrls armamenti. sicut dati fuerunt Justlclariis veteribus, eommittendo es ut apponaut et apponi fatiant mentem dextro modo, quod aliquis eorum, non possit esse caput alcuus navigij armati nostri oomunls, videlicet adrniratus, Comitus, Patrouus "el scrba. 1355 Indictione VIII. Infrascripti presentaverunt so corata dominatione et lmploraverunt eius misericordiam, iuxta formam proclarnatons super boe facte, qubus dominatio, misericordiam grutiose et benigne concessit, qui sunt numero 31.

~ fratres olim Bertuzij Ysarelo proditoris. Torellus aurifex Nieoletus marinerius 5

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Macius de enselmo sanctl Martlni, in domo Andree seribe dominorum de nocte. Tbomeus de parisio saneti Iohannis Bragore a ca Iustiniani. Antonius de trapano sancti Martini a ca Gritl. Antonius fedelis sancti Pantaleons a ca Barbo nepos olim Philipi Kalendarij prodltorls. Marcus de arumeo, sancte euphomie tsie', Donatus Laurentij, sancti Gervasij. Iohannea Nicolal de iudecha. Marcus Zeno de iudeeha, a ca Alberto. Antoniu.s trivisano sancti Geremie a ca propria. Daniel favazo quondam Bartholomei sancti Geremie in domo palme paradixo. Menegus de Sandri de Maiorbio liguarolus. Marcus trivisano condam Petri, sancti Cassiani. Vanucius servus Dei de C. In domo sanctorum petri et pauli. Morelus rOS80 de C. a ca buslnello. Laurentius say de C. a ca Zeno. Bonsignorlus de muriano sanetl Felicis a ca sancti Iohannis Evangeliste. Nlcoletus panzera . magister operis varorum sancti felicis. lohannes blancberns sancte Marie Jubanico a ca georglo. Victor Marcello de k. marnarlus, a ca donati marcello. Agnoletus theoldus aurifex sanete marine, a ca Zancharollo. Bertucio Sancto tubator, Sancti Severi a ca monallum. (Archivio di Stato in Venezia, arclilrio del Prcuratori di 8. Marco, pergamene difJerle, dal 1353 al 1355, tomo CCLXIII, )

LXVIII. -

DUE ISCRIZIONI ROMANE A

S. MARCO.

Al prof: Rinaldo Fulin, Direttore dell' Archivio Veneto.


Sulla met del Marzo" di quest' anno venne a parlarmi nella sacristia della Marciana un giovane signore, il dottor Lodovco Zdekauer, nativo di Praga ed appassionato cultore di archeologia; e' mi dichiarava, come nel quattordici del mese, salendo alle loggie della Basilica per assistervi al solenne Te Deum pel natalizio di S. M. re Umberto, gli fosse caduto l'occhio sur un gradino della scala che vi mette, e gli fosse parso scoprirvi un' iscrizione latina; chiedeva perci di poterla a suo bell' agio esaminare e copiare. V. S. pu bene immaginarsi, che tosto disposi a che fosse pago il desiderio di quel valentuomo, ed anzi ve lo accompagnai, curioso oltremodo della novit sfuggita ai tanti e tanti i quali per di l in si lungo volger di secoli erano saliti. Lume, acqua, spugna, carta dilegine, spazzolino ad uso di calcatoio, matita, tutto quanto

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faceva all' uopo per leggere e calcare l'iscrizione, fu in pronto, e vi andammo. Precisamente nel decimoterzo gradino della scala a manca di chi entra in chiesa vedemmo a sinistra l'iscrizione in caratteri romani, corrosa in parte ed incompleta;' non basta; il gradino inferiore presenta a destra poche traccia di una simile. Tostoch lo Zdekauer ebbe fatto il calco delle due iscrizioni, ne discorremmo un tratto, convenendo, come la prima sia un monumento sepolcrale tolto dal sepolcreto di taluna delle isole ora distrutte o semiruinate dell' Estuario, perch servisse alla fabbrica di S. Marco; dell' altra poco o nulla potersi dire. Rapporto all' epoca, opinava il pragese pel secolo secondo, essendo di belle forme i caratteri; tuttavia andava poscia meco d'accordo, assegnando un' epoca posteriore di uno o due secoli, conciossiach due modi (locus sepulturae, intro) non sieno d'aurea latinit epigrafica; l'epitaffio parrebbe cristiano; difficile decidere se i due gradini facciano o meno parte -di uno stesso cippo. Dicevami t'erudito archeologo, spedirebbe copia delle iscrizioni al dottissimo suo maestro Mommsen, affinch le publichi interpretate ed illustrate. Se non che il celebre tedesco fu colpito da irreparabile sventura, e nella tema che eziandio la copia suaccennata sia rimasta preda delle fiamme, e che forse lo Zdekaur non ne conservi il fac-simile, trovo opportuno, ottimo professore ed amico, di pregar la sua gentilezza a publicarlo nell' Archivio e spedirne il foglietto al Mommsen. N con ci anelo ad abbellirmi delle penne altrui, giacche il merito della scoperta tutto tutto dello Zdekauer. Quanto ad illustrare le iscrizioni, non la soma per gli omeri miei; in ogni caso, ove c' di mezzo un Mommsen, sarebbe il tentarlo, pi che temerit, follia. Mi restringer quindi: a) A dar il tac-simile delle due iscrizioni; b) Ad accennare le dimensioni dei gradini (m. 1.16 su 0.28); c) A dir che la pietra calcarea: non la crederei comune istriana, parendone brunozza la tinta e pi compatta la grana. Colgo questa occasione per protestarmi con tutta stima

24 Agosto 1880. Suo devotissimo Serco ed Amico Pn. ANTONIO P ASINI.

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RASSEG.NA BIBLIOGRAFICA.

Geseliente des Kir!te",.,taaul, "Don MOB1TZ Baoscn, l Band. Das 16, und 17 Jakrkuflderl. Gotha, 1880, pago XII, 489, 8.
M'avvenne di leggere il libro che qui annuncio subito dopo d'aver percorso il Papa Alessandro VI (Bologna, 1880) del dotto P. A. Leonetti. Fr~ queste due opere ispirate a opinioni, e dir anzi a credenze, quasi diametralmente opposte, mi parve d'aver trovato dei punti di contatto: l'abbondanza dell' erudizione allato allo spirito di sistema. Nei Borgia il Leonetti vuoi tutto difendere, e per far questo nega, p. e., ogni fede alla relazione dell' ambasciatore venexiano Paolo Cappello; e per giungere a tale conseguenza non si limita ad attenuarne la credibilit, esaminando se il Cappello fosse animato o no da spirito di parte, ma va pi innanzi. Non ci giunse la relazione in originale, egli dice, ma, come confessa l' Albri che la diede alla luce, solo in un sunto fatto da Marin Sanudo. Questi, secondo il Leonetti (III, 493), si studi di supplire alle relazioni mancanti pei primi decenni del secolo XVI. Se il Sanuto fu presente al Senato negli anni maturi, a vedere se fu allora che il Cappello fece la sua relazione e , Al Leonetti non sarebbe tornato difficile accertarsene, quando avesse conosciuto il secondo volume dei Diar; che fu di g-i pubblicato, o gli fossero stati noti i Raglluallli di Rawdon Brown. 1\Ia egli non ne conosce nulla, ond' che quando l' Albri esalta i Diari come una ricca miniera di fatti, egli soggiunge: pei fatti di Venezia, ma non per quelli di Roma (I). Lasciando adesso da parte l'opera del Leonetti, che peraltro ha senza dubbio un valore ben pi grande del libro gi vecchio del(l) Il prof. Leonetti non conosce neppure la Cronaca della discesa di Carlo YIIl scritta dal Sanudo, e che si pubblica in Appendice al presente Archivio. Cita beusi pi volte il Sanudo, ma lo confonde con G. Priuli, il cui diario fu erroneamente attribuito all' altro serittorr-, dal MI!UATORI che lo stamp nel t. v XXIV del RUl4l11.

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J'Ollivier (Le Papa Aletea1l.tlre VI et lei Borgia), e delle apologie recenti del Kayser (Der fJiel'Oerlaumdete Papst Alezander VI, Regensb., 1878 e del dotto Valentino Nemec (Papst Alezander VI, Klagenfurt, 1879), dir sinceramente che il Brosch il rovescio della medaglia., e pecca, in senso inverso, del difetto medesimo. Senza uscire da Alessandro VI, il Brosch cita intorno a lui alcuni passi di nn ms. marciano H. Borgii, de bello Ital. (p. e., p. 16), che deve essere certamente dettato da un ingegno amante dello scandalo. Il cronista cos esagerato, che il Brosch stesso dice sinceramente ch' esso noo merita cieca fede. Toccando di Pio Il e di Callisto III (p. 14, 18) insiste nel sostenere che i loro sforzi per la crociata non erano disinteressati. Pi gravi mi parvero le espressioni ch' egli usa discorrendo di Sisto Vedi Urbano VlIl. Per questi due pontefici egli professa di sentir molta stirna j sono anzi per avventura i soli di cui parli con. qualche lode. Ma nel\' esposizione de' fatti, attenua siffattamente il merito loro, che il lettore in fine quasi domanda a s stesso, per qual motivo essi vengan lodati. Proprio nella pagina istessa in cui afferma (p. 297) che Sisto IV fu il papa pi grande che la Chiesa abbia avuto negli ultimi treceut' anni, riferiIce ch' egli mori senza ricevere i sacramenti dai quali per anni parecchi era rimasto lontano. Il titolo del libro promette la storia di tl1tt' interi due secoli, il cinquecento ed il seicento j ma nel fatto la narrazione non comincia che dall' elezione di Leone X. I primi anni del X VI secolo sono argomento della prefazione, nella quale d un rapido sguardo all' epoca di formazione dello stato ecclesiastico. E dice benissimo che chi diede forma di stato alle vecchie siguorie, l'una dall' altra divise e nemiche, fu da prima Alessandro VI per mezzo di Cesare Borgia, e quindi, e in modo pi completo, Giulio II. Intorno a questtultimo pontefice, considerato come il fondatore dello stato ecclesiastico, il Brosch pubblic qualche anno t'a un' opera estesa di cui ci siamo. diffusamente occupati. Un' altra mancanza del libro presente, e che pur abbiamo allora rilevata nella monografia sul della Rovere, la ristrettezza delle fonti nella quale per necessit si trovato pur troppo il Brosch. Egli si giov di opere pubblicate, e dei ms. dell' Archivio di Stato e della Marciana in Venezia. Nella breve prefazione, giustamente egli chiede che il proprio lavoro sia giudicato in riguardo alle fonti di cui si servi. Con ci egli stesso viene a confessarne l' iusuffeieuza, Basta scorrere il rcceunssiuio libro dci Gregorovius sopra \14

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politica (Ii Urbano VIII di fronte alle coalizioni europee che si COIllbattevano nella guerra dei Trent' Anni (1), e la pregevolissima monografia che quel bell' ingegno, che fu il compianto prof. Ignazio Ciampi, scrisse sopra 111.'4ocefl.zo X Pafl.jili (Roma, 1878), per comprendere quale immenso materiale si posseda ms, per la storia della vita esteriore ed intima di Roma e dei papi nel secolo XVII. N l'una, n l'altra di queste opere sono citate dal Brosch. Questi del Ciampi conosce un articolo comparso nel primo volunie dell'Archivio Storico di Roma, e null'altro. Nella monografia sul Panfili, quell'egregio scrittore cita nn immenso numero di documenti, di relazioni, di scritti di polemica e di occasione, di cronache, ecc., tutto desunto dall' Archivio di Stato di Roma, dalle Biblioteche Chigi, Casanatense, Corsiniana, dall' Arch. Capitolino, dalla Biblioteca di Siena. N il governo, n la vita del palazzo, n il risveglio della coltura compariscono in piena luce nelle poche pagine del Brosch (p. 411422), il quale non si ferm che a tratteggiare il carattere di Donna Olimpia, ch' egli conosceva dall' articolo del Ciampi. Il Gregorovius poi fece uso dell' Archivio di Modena, a cui, come noto, deve in gran parte, per cost dire, la sua Lncrezia Borgia, e frug ancora in archivi oltremontani. Al Brosch era negato tutto questo. Anzi non gli era nappur permesso di giovarsi, com' egli forse avrebbe desiderato degli archivi veneziani, dacch la ristrettezza dello spazio lottava colla vastit sterminata della materia. Rarissme volta cita i Diari del Sanuto. I dispacci degli ambasciatori a Roma, ch' egli coordina colle relazioni, formano la principal-e' sua fonte ms. E ne trasse senza dubbio delle notizie interessanti., Noto per esempio (240-1) quelle riguardanti la guerra che nel 1566 Pio V mosse ai banditi, lo spavento delle Romagnc j un documento veneziano gli d modo di parlare (p. 255-6) delle confische che il Papa medesimo oper contro i superbi baroni, e dalle quali dovette desistere, per non dar loro indirettamente motivo di allearsi ai banditi. Anche per l' epoca di Sisto V, il Brosch sa adoperare con acume e con vantaggio i dispacci veneziani, onde chiarire la caccia data ai handiti, che quel pontefice ittlraprese con rigorosissima severit (p. 269, segg.), pur non avendo denari, e trovandosi anzi costretto a licenziare le truppe (275). Invece si giova assai poco dei dispacci di Paolo Paruta, ch' egli cita,
(l) [lrbfu,o

fIll t la s"a oppo.izioHt al/a Spallla l'all' Imperatore. Roma,

1879.

f1S
p. e. (p. 304), dove parla dell' assoluzione accordata ad Enrico IV. Quale sia del resto l'importanza di quei dispacci non ancor noto, ma sperabile che sia molta, avuto riguardo all' illustre storico e diplomatico che li dettava (1). curioso l'aneddoto riferito dall'ambasciatore veneziano P. Contarini, Roma, 24 agosto 1624 (Brosch, p. 403). Trattavasi allora l'eterna questione politico-religiosa della. Valtellina, e l'ambasciatore francese Bethune ne parlava con Urbano VlII alla presenza del t 'ontarini, il quale rifer poi a Venezia: Cf repplic il Pout.w , che almeno si poteva Iasciarne padrone alcuno della sua casa col riconoscere la Chiesa superiore. A qual fine riuscissero quelle negoziazioni cosa ben nota j n star qui a ripeterlo. Ricorder solamente che delle fonti veneziane iu tal proposito fece uso il Cant fino dal 1856 nella sua Seorsa di tIll lomlJardo .egli Arc!ifJt di Venezia (p. 92 segg.). Gli affari della Valtellina toccati dal Brosch mi danno occasione di manifestare un' altra mia impressione. Il Brosch sempre incerto tra lo scrivere la storia dei papi e quella degli stati ecclesiastici. Nelle questioni europee ebbero gran parte i papi, in quei due secoli sovrabbondanti di fatti grandissimi; e il Brosch non ha tempo n spazio da esporre le loro azioni largamente, ma non sa decidersi a lasoiarle totalmente da parte. Cos per allargarsi (p. 183 segg,) intorno alla politica di Paolo DI di fronte a Carlo V, restringe entro limiti soverchiamente brevi la narrazione della tragica fine di Pier Luigi Farnese (p. 185-6), ucciso il lO settembre 1547; aczi non ci chiarisce il buio che nasconde la natura del sno governo. Allo stesso scoglio si espone nel cap. XI, dove parla di Urbano VIII, Non sempre tuttavia vi rompe dentro; e nel cap. XII trattando della politica di Alessandro VII e di Innocenzo XI, nelle contese con Luigi XIV di Francia, sa quasi sempre rattenersi entro i confini segnatigli dallo scopo unico del suo lavoro: la storia degli stati della Chiesa. Ma quand' anche non si distende a parlare della politica europea, pecca sempre nel discorrere troppo lungamen te dei papi e troppo poco dei popoli che ne dipendevano. La politica pontificia che intende a mantenere unito lo stato ecclesiastico, e ad assicurarlo dalle esterne minaccie, senza dubbio un lato essenzialissimo del tema che il Brosch erasi proposto, ma biso(1) l dispacci de! Paruta vanno dal 1592 al 1595 e la nostra Deputazione di storia patria ne approvb la stampa. - cr. Brosch auche a p. 305, che cita il Paruta anche parlando dell' Indice dei libri proibiti.

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gnaVl\ pur svolgere pi largaurente 111 questione amministrativa. Non ch' egli non tocchi spesse volte dell' importanza del cos detto nepotismo, del quale i pontefici si servivano per reggere la confusa e agitatissima loro regione; non ch' egli non tocchi dell'organizzazione dello stato, che Urbano VIII centralizz colla istituziooe di una speciale congregazione di ecclesiastici. Di tutto ci. egli discorre pi o meno largamente; accenna anche agli inferiori meccanismi di governo e specialmente alla distribuzione delle imposte (I); ma giovandosi quasi unicamente di fonti veneziane, le sue relazioni si manifestano sempre incomplete, o, per meglio dire, di riflesso. Interessante quello che, sulla fede dei soliti dispacci, egli ci sa dire sul militarismo nello stato papale al tempo di Urbano VIII (p. 395 segg.), quand' era in prospettiva una discesa di Gustavo Adolfo in Italia. Ma forse pi completo il quadro del governo di Sisto V (p. 289 segg.), perch quivi aveva a guida anche la biografia scritta dallo Hnbner. Qui parla del Senato di Roma, e della piccola autorit che gli era rimasta. A. proposito di Sisto V egli tocca del governo di Bologna e di Perugia. Del resto il Brosch si occup troppo poco di Bologna ed in generale della Romagna, e sebbene citi gl' inesauribili dispacci delle legazioni del Guiccardn, e la monografia che intorno a Giovanni Pepoli (Bologna, 1879) scrisse il Gozzadini, non mi pare che abbia tratto da queste fonti oolori abbastanza veri e vivi per dipingere la miseranda condizione di quella provincia, straziata dalle fal':ioni e dai banditi. Senza dubbio, se egli avesse avuto opportunit di fare negli archivi degli Stati Pontificl quelle diligenti ricerche ch' egli istitu nell' Archivio Veneziano, avrebbe potuto sciogliere i gravi problemi storici che riguardano la vita di quelle citt prima della perdita totale dei privilegi comunali. Per il periodo di Cesare Borgia, che avrebbe potuto essere il punto di partenza del Brosch, se a questo scopo avesse diretta la sua mira, possediamo eccellenti documenti Del notissimo libro di Edoardo Alvisi (2), libro questo che non trovasi ricordato dal Brosch. Egualmente troppo poco parmi ch' egli discorra degli Estensi. debito tuttavia di ricordare ch' egli lo fece
(1) Per Clemente VII, p. 119; per Paolo III, p. 173-4; per Paolo IV, p. 202; per Pio IV, p. 230 segg. ; per s. Pio V, p. 245; per Gregorio Xlii, p. 264; per Sisto V, p. 283; per Urbano vm, p. 414, ecc. A p. 265 discorre succintamente della revisione degli Statuti di Roma dovuta a Gregorio XIII. (2) {]t,are BOf'gia duca di Romllgna, notizie e documenti Imola, 1877, Galeati, Un vol. in 8." di p. 592.

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determinatamente. Egli non ne ragiona che nelle loro relazioni coi pontefici, e perci non ne parla mai direttamente, quantunque Ferrara, come tributaria del pontificato, avrebbe potuto entrare alquanto pi largamente nella tela colorita dal Brosch. Egli considera sempre lo stato pontificio nel suo centro, nel papa, e, solo in quanto ha relazione con questo, parla delle citt che lo componevano. In generale il chiaro scrittore informatissimo delle pubblicazioni, anche di piccola mole, uscite sopra i pi importanti argomenti; e sa citarle con parsimonia, e appropriatamente. Ooer, parlando del processo dei Cenci (p. 30B-9}, non solo fa menzione della celebre monografia del Bortolotti, ma d notizia della polemica cui essa diede luogo. Ci accresce il pregio del libro notevolmente. Talvolta tuttavia si pu notare qualche lacuna. Mi colpi specialmente il vedere che toccando (p. 488) del processo del Galilei, ricorda bens Wohlwill, Gebler e Scartazzini, ma non fu parola dei lavori di Domenico Berti, che pure aveva menzionato (p. 340-1) dove parla della morte di Giordano Bruno. Era stato rimproverato al suo J.lifU Il di mancare di tutto quello che rifletta la cultura. Non so se l'appunto fosse giusto, dsceh il Brosch in quel libro non aveva inteso di dare una monografia completa di quel pontefice, ma solo di considerarloveome fondatore dello stato papale. Diverso il caso dell' opera presente, nella quale infatti parla pi volte di letteratura e di arte. Ma se dovessimo esprimere intero il nostro pensiero, dovremmo dire che UD po' troppo soarse sono le notizie ch'egli raccolse. Tutto il cap. III (p. 127 segg.) dedicato a colorire la rinascenza in Roma nel suo pi florido periodo del secolo XVI. Ariosto campeggia (p. 131-2) alquanto largamente; ma distaccato dal terreno da cui sbocci, giacch avendo il Brosch escluso Ferrara dagli stati ecclesiastici, appena parl della munificenza degli Estensi, della gaia e dotta conversazione della corte, e DOD tocc delle scuole che nel precedente secolo erano sorta sotto la direzione di Guarino da Verona. Michelangelo c'entra quasi unicamente come poeta; e Raffaello per cos dire appena nominato. Pi innanz! discorre e lungamente del Tasso (p. 327), verso del quale parmi pi giusto che a riguardo di altri nostri sommi. Appropriato quello che dice intorno all'Universit romana (p. 333); ma del vero pensiero religioso, morale e scientifico negli stati ecclelHastici, non detto quasi nulla. Parlasi spesso dell' inquisizione. lD6 non parmi sia chiarito cfie cosa abbia fatto.

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Sarebbe pedanteria il ricercare minutamente se o meno il Brosch incapp in qualche svista. Ad ogni modo noto ch' egli talvolta (p. e. a pago 343) d ai cardinali il titolo di Bmiflentiltimi prima che ne fossero distinti. Del resto non voglio render responsabile il Brosch delle lacune ch' egli fu costretto a lasciar nel suo libro, per molti rispetti certamente pregevolissimo. Non agevole, anzi estremamente difficile, allargarsi in un mare sterminato di fonti, per attingere alle quali occorrono viaggi ed anni di la voro. Lo studioso avr davvero guadagnato il suo tempo leggendo l'accurato libro di questo pazien~e indagatore, che studia con intenso amore i dispacci di quegli acuti diplomatici che forono gli ambasciatori di Venezia. Una lode speciale va poi fatta al Brosch per la forma dell' esposizione; non parlo dello stile e della lingua, dove sono giudice incompetente, parlo del colorito generale del libro che attrae e che si fa leggere con vero diletto.
CARLO CIPOLLA.

La TOlcafl.e ate m01len-oge, lettre Iter l'arcltitectwre ci"ile ti militaire en 1400. Parigi, 1874, val. 2.
L' er uditissimo Giorgio Rohault de Fleory, membro delle Accademie <li Belle Arti a Firenze ed a Pisa, ha publicato quest' opera, di cui ho gi fatto cenno in questo Arcki"io ( T. XVI, p. 362 ), promettendo di scriverne ; ed ora, veramente un po' tardi, attengo la mia promessa. L'opera consta di due grossi volumi in ottavo, con opportune e numerose incisoui in legno a maggiore schiarimento dello scritto. Alleggere il lavoro di questo valentuomo, non sai se tu deva ammirare davvantaggio la vasta e fondata erudizione o la finillsima arte con cui riese) a trattare un tema per s arido con tanta maestria da renderlo soggetto di amena lettura. Oltre agli studi soll'architettura di quel tempo, vi trovi a dovizia ed all' uopo notizie storiche e dettagliate di guerre e sedizioni, di legislazione e procedura, di costumanze ed usi popolari, di procedimenti ne' mestieri e nelle arti, descrizioni di feste, e via dicendo. composta l'opera di una serie di lettere (cinquantuna in tutto) seguite ,da un epilogo, e da un cenno cronologico pei principali edifizi eoelesiastici, militari e civili della Toscana. Finge il Rohault ne sia scrittore il francese Raimondo del Tempio, rinomato

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architetto, costruttore della bella scala 1\ chiocciola del Louvre, e carissimo a re Carlo V: lo fa egli percorrere la Toscana verso il 1400, e scrivere a Parigi a suo figlio Carlo, figlioccio del re, su quanto vede con occhio artistico in quel giardino d'Italia. Come in tutti gli altri suoi eruditi lavori, cos anche in questo il Rohault procede con ogni accuratezza j non va a capriccio, non iscaraventa, al pari di tanti e tanti cerretani in scienze, lettere ed arti, opinioni ed ipotesi per veri dommatici ed assiomatici, ma quanto asserisce prova alla stregua di sana critica, tutto appoggia a copiosi, solidi e svariati documenti. Codici, statuti publici, cronache, memorie di famiglie, genealogie, necrologi, opere antiche e moderne, quadri, affreschi, miniature, medaglie, iscrizioni, bassorilievi ecc., s di qui che d'oltralpe, egli ha pel corso di ben dodici anni accuratamente consultati e raffrontati. Nel proemio nota l'Autore, come, rapporto all' arte cristiana, si possano segnare tre epoche j di Costantino la prima (passaggio dall' antico stile di Roma al bizantino), l'altra di Gregorio VII (transizione dalla barbarie al risorgimento rom ano;, e l'ultima della republica fiorentina tra il misbicismo religioso e il moderno realismo. Sarebbe troppo lungo il dare un dettagliato ragguaglio delle cinquantuna lettere, e quindi accenner dapprima in generale, come in ognuna il Rohault scriva a minuto e con moltissima erudizione di quanto vede ed esamina attentamente nei luoghi cui percorre, in ispecialit riguardo all' architettura militare e civile, parlando con frequenza degli avvenimenti sucoeduti in quel torno, o qualche tratto prima, o che si prevedevano vicini. Non posso trattenermi per altro dal toccare di volo una dopo l'altra le lettere di Raimondo, e spero non ne sar noiato il lettore. Nella prima questo viaggiatore storico-artistico narra, come da Nizza partisse per Genova, donde salpava, e come, dato uno sguardo a Chiavari ed alla Spezia, scendesse a Lerici, e di qui a dosso di mulo percorresse le quattro miglia fino a ~arzana, facendo una escursione alla fortezza di Sarzunello, la seconda lettera tutta dedicata li. Carrara ed a quelle cave di marmo. La terza mostra Raimondo il quale cavalca la via per Massa, ma, sorpreso dalla notte. si ricovera in un ospizio di monaci olivetani, riprendendo alla mattina il viaggio j pescia, visitata Serravezza, e' recasi a Pietra Santa. Ben nove lettere (dalla quarta alla duodeci ma) trattano di

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Pisa: nella prima v' hanno raffronti tra le case turrite di questa citt e quelle del mezzogiorno di Francia j nelle due seguenti parla delle mura urbane e delle fortificazioni esterne ; due altre trattano dell' arsenale e del porto j i bagni, i palazzi publici e privati formano il soggetto delle tre successive, mentre l'ultima delle nove dedicata all' edilizia pisana. Nella lettera decimaterza Raimondo narra la sua partenza a cavallo da Pisa, e tratta a distesa delle strade, dei mezzi di trasporto, degli ospizi ed alberghi, dei pedaggi per la manutenzione di ponti e vie j traversato in barca il Serchio, ei giunge al castello di Nozzano a tre miglia da Lucca, citt in cui entra a notte chiusa. Le tre lettere successive si occupano di Lucca, delle sue fortificazioni, torri e loggie, e de' suoi palazzi s publici che privati j nella decimasettima, Raimondo, percorrendo la, via per Pistoia, parla eruditamente delle terre e castella di Altopascio, Montecarlo, Pescia, Uzzano, Borgo li Buggiano, Montecatini, Monsummano e Serravalle. Pistoia tema di altre tre lettere, e di una (la ventesi. maprima) Prato. Come era giusto e conveniente, non meno di sedici lettere sono dall' Autore consecrate alla descrizione di Firenze. Per dirne qualche cosa, accenner come incominci a discorrere delle Cortificazioni, e pescia dei due palazzi della Siguoria e del Podest, delle confraternite, corporazioni e botteghe, delle torri e loggie, degli edifizi rurali e delle macchine guerresche j in seguito vi il diario dell' assedio di Vico Pisano dal dieci dell' ottobre 1400 al ventuno luglio dell' anno successivo. Nella trentesimaprima trovi curiose notizie su festini, balli, teatri, processioni, corse ippiche, tornei ed illuminazioni, e nella trentesima terza sui ponti cavalcanti 1'Arno, mentre la precedente trllttl\ dell' edilizia fiorentina j le tre seguenti lettere hanno a tema il mercato de' grani, le scuole e le prigioni, mentre l'ultima (trentesimasettima) tratta ex professo dell' arte di costruire usata a que' tempi in Toscana. mirabile, come in questa lunghissima lettera l'Autore scenda ai pi minuti ed interessan ti dettagli, nulla omettendo in proposito: a tale scopo offre il giornale della fabbrica del palazzo Aleasaudri, costrutto a mezzo il secolo decimoquarto. Dal tracciamento del disegno e dal livellamento si passa all' erezione delle muraglie, alle impalcature, alle travate e pescia ai camini, alle porte e finestre, ed a quanto spetta alle arti' di scultore, pittore, falegname, fabbroferraio, lDagnano e stipettaio. '

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La lettera trentesirnottava dice del viaggio da Firenze ad Arezzo, e tocca di Pontassieve, della torre di Filicaia, di Incisa, Figline, Castelfranco, San Giovanni, Terranuova, Montevarchi e Poppi; le due seguenti trattano di Arezzo, e la quarantesima prima di Cortona. Il viaggio da questa citt a Siena per le Chiane dettagliatamente descritto nella lettera aucceasi va, e vi leggi notizie accurate sulle terre di Fojano, Torrita, Montepulciano, Chianciano, Chiusi, Sarteano, Radicofani, Sanquirico, Montalcino, Buonconvento e Monteroni. Vi sono cinque lettere per Siena; le prime quattro parlano minotamente di fortificazioni, palazzi publici, torri e palazzi di privati, e di fontane; l' nltima degli artisti sanesi. Nella quarautottesima, dopo brevi accenni a Montereggioni, Staggia, Poggibonsi e Certaldo, il viaggiatore sosta Il S. Gimignano a coi dedica il resto di questa lettera e la susseguente, discorrendo a lungo sugli edifict militari e civili della citt: la ciuquantesima ci d il viaggio per Colle da S. Gimignano a Volterra, e la descrizione a pieno di questa terra importante. Sono le maremme il tema dell' ultima lettera scritta da Raimondo; tocca di S. Vincenzo, Populonia, Piombino, Follonica, Massa marittima, Grosseto, Roselle, Talamone, Orbetello, Capalbio e Montlilto. E qui sparisce il finto letterista viene in campo il vero autore dell'opera; quel che pi monta, se finora fu egli buon narratore e descrittore, adesso poggia a filosofo dell' arte architettonica. Prima di tutto nota saggiamente il Rohault de Fleury, come anche l'architettura s'informasse alla politica e ritraesse la storia dei tempi, riuscendo ora ghibellina o dei Signori, ora guelfa o dei Comuni, secondo che l'uno o l'altro partito prevaleva. In fatti, nell' undecimo secolo i grandi, i tirannelli, dimoranti alla campagna, si costruiscono a domicilio castella e forti, o su ciglioni, o cinti da fossati se in aperta pianura, a non temervi soperchierie dei loro simili o vendette dell' oppressa plebe: primo stadio dell' architettura ghibellina. La guelfa pescia ebbe origine, quando le genti dei Comuni, a propria tutela contro i soprusi dei castellani, chiusero di mura le citt e terre, ne fortificarono le porte e le munirono di cittadelle e guerreschi arnesi. Funi in seguito lotta accanita fra i due partiti, e rimasero alla fine perdenti i Signori dei quali furono atterrati quasi tutti i castelli, ed essi dovettero acconciarsi a vivere entro i recinti cittadini; non ismisero perci di provvedere alla sicurezza delle vite e degli averi, che anzi vi costruivano palagi turriti e fortificati: 8e-

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conda fase dell'arte ghibellina. Avvenne peraltro, che questi signorotti, mal comportando la propria disfatta e rimpiangendo la perduta grandezza, usassero rapine e violenze nelle citt ospiti j ed ecco queste 'allora accordare a propria tutela il supremo reggimento Bi podest, che dovettero premunirsi contro le prepotenze degli avversari pel retto e libero esercizio del publico carico j di qui l'erezione dei palazzi publici e delle torri comunali: epoca seconda ed apice della guelfa architettura, spettante quasi esclusivamente al secolo deciterzo. Tocca infine la ghibellina alla sua terza epoca, epoca di decadimento. Gi i nobili, pi che per violenza, anelano a primeggiare per isfoggio e pompa, preferiscono darsi all' industria ed al commercio, cattivardi il favore popolare ed aver parte nel governo; quindi sorgono le loggie ed i fastosi palazzi. Se non che i Comuni pi popolosi e potenti :e primo di tutto quello di Firenze) assoggettano i minori cui tiranneggiano j si danno i podest ad abusare del loro ufficio, e perci, sempre pi tementi di reazioni, ergono cittadelle a tener basse le plebi: segna quest' epoca la decadenza della architettura guelfa. L'Autore, dopo aver accennato a queste sei epoche, onestamente confessa essere l'architettura toscana un" ", o"u",.'" les p1u, 'lobi", " l'elprit kumai"j vincer essa ed in bellezza di materiali e in arditezza e grandiosit di concetto la francese, la bisantina, la saracena; offrendo un misto di eleganza e maest che invano cerchi altrove. In calce dell' opera v' la cronologia degli edifizi toscani del medio evo, e vi trovi 16 date delle cattedrali, mura urbane, cittadelle, terre munite e piazze, dei palazzi, orologi, ponti, granai e mercati, delle fontane publiche e degli ospitali e bagni, che in s gran numero ingemmano la Toscana. Prima di por fine a questi cenni dir, come forse taluni apporrebbero a colpa al Rohault di essersi permesso qua e l qualche anacronismo, sia introducendo a parlare od agire person~ non esistenti all' epoca data (p. e. il celebre medico Ugolino premorto nel 1392, letto IX), sia citando per sincroni fatti suocessi qualche anno prima o dopo lV. letto VI, p. 64, letto XXIV, p. 340, voI. I j lettera XXXVII, p. 145, voI. II, ecc.). lo per altro, al vedere che in ogni simile occasione l'Autore dichiara franco appie di pagina l'inesattezza della data, accennancio talfata al motivo onde fu tratto a tale alterazione, non mi perito
o

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ad affermare, che in questo caso il noto adagio Peccato confessato mezzo perdonato dovrebbe pi largamente interpretarsi; e dico: Peccato confessato tutto perdonato . Non vorrei tuttavolta mi si tacciasse di manica larga, se menassi buono al Rohault l'anacronismo che si trova nella lettera XXXII (voI. II, p. 88), malgrado ch' ei lo noti e faccia di giustificarsene. Mi perdoni il valentisaimo scrittore, ma anticipare nn fatto di trentasei anni nn po' troppo, n parmi sufficiente scusa il piacere di darci il bell' affresco di Lorenzo Bicci, e di accennare alla consecrazione di S. Maria del Fiore per Eugenio IV. Ohecch ne sia, certo essere l'opera del sig. Giorgio Rohault de Fleury un capolavoro, uno di quegli scritti i quali non temono l'andar degli anni, che anzi saranno letti con sempre pi vivo interesse da chiunque ami le arti; e gliene devono essere gratissimi, gli Italiani tutti ed in ispeciell i Toscani.

Pa,
FRANCESCO BI!:RTOLINI.

ANTONIO PASIN1.

Storia antica d' Italia dalle origini alla morte di Teodosio I. Milano, Vallardi, 1878, in 8. 0 , gr., di
pago 744.

Non gi questo uno dei soliti compendl, e neppure nn ampio raffazzonamento di altri lavori. Grave la mole, pi grave ancora il modo, con cui venne trattata la storia antica d'Italia, dalle origini sino al 395 d. C., nel presente volume, publicato dal ben noto e solerte editore milanese Vallardi, Il eh, sig. Francesco Bertolini, professore di Storia antica nella r. Universit di Napoli, non volle soltanto con larga erudizione attingere alle fonti pi antiche e darci insieme il risultato degli studt anche recentissimi, che dagli autori nostrali e stranieri furon fatti sulla Storia romana; ma oltre ad una bnona scelta e copiosa, ci porge altres, quando giovi, l'ajuto del suo franco giudizio nella soluzione delle difficolt storiche, che occorrono cos frequentemente. Di pi, n ci par poca cosa, il racconto e le osservazioni critiche anche pi acute s'intrecciano in un' esposizione disinvolta e continua, che non ingombra la mente, n affatica punto il lettore. Colproblema delle origini, senza dubbio il pi difficile di quanti se ne presentino poi, cominciar deve la storia antichissima d' halia. Eppure sin dall' Introduzione l' A. espone con lucidezza meravigliosa i vari sistemi escogitati sin qua per decifrare gli enigmi della romana storiografia nella ricerca delle

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prime origini e delle schiatte dei primi abitatori. Onde le ipotesi del Niebuhr, dello Schlegel, dello Schwegler, la critica metafisica del Vico, 6 quella filologica del Mommsen sono apprezzate con ampiezza di criterio dal Nostro, il quale se ne giova per quanto eiascuna presenta al retto giudizio una parte pi o meno larga di vero. N la smania di spiegar tutto con sistema preconcetto, o con eclettismo anche pi difficile, gl' impedisce di riconoscere in molti casi non rispondenti appieno le soluzioni proposte, come quelle che non allontanano del tutto le dubbiezze quasi dissi necessarie in una materia, dov' troppo facile il confondere lo sforzo dell' immaginazione colla realt delle prove. Ci avviene pih spesso, come naturale, nei primi capi, dove le origini ignote, o le prime storie in gran parte leggendarie, danno luogo a tanta diversit di pareri, anche fra i dottissimi. Quindi poi la storia procede pib franca, sebbene non cessi il lavoro della critica, sia nello scegliere i fatti, sia nell' esporre il progressivo sviluppo della romana costituzione. Al decadere della repubblica, durante il periodo delle guerre civili, allorch l'influenza personale di uomini potenti si manifesta pi efficace, l'A. ci presentaben disegnati i profili de' politici pih famosi che comparvero allora sulla scena j e, come per il resto, egli tutto nello scegliere giudiziosamente per non falsare j caratteri, tenendosi egualmente lontano dalla detrazione e dalla lode soverchia. Indi succede, per tanta parte inesplorato, il periodo dell' impero sino a Teodosio, il qual periodo con assai trasparente delimitazione egli divide in repubblicano, liberale, militare ed amministrativo. Ed anche qui ci persuade grandemente il criterio imparziale, ond' guidato quasi sempre l'Autore. Il che tuttavia non riconosciamo col, dov' egli, indulgente di soverchio ai pregiudizi che corrono, sembra inclinare troppo spesso alle conclusioni che meno favoriscono il cristianesimo, di giorno in giorno crescente allora sulle rovine dell 'antica fede. Onde avviene, ch' egli con ingiusta preferenza viene indotto ad appoggiarsi piuttosto alle fonti pagane, disprezzando oltre misura gli scrittori cristiani anche pi stimati. Ecco perch nello scegliere fra i differenti giudizi, che si pronunciano variamente intorno a Costantino, Costanzo, Giuliano ecc., il nostro A. ci sembra perdere talora quel suo criterio imperturbato, per seguitare, come fa, l'andazzo un po' volgare dei tempi. C. FRANZJ.

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Milaf&o d.rafUe la domif&azio1le Napoleoaica, gilUta le poelie, le caricatvre ed altre teltimotaiaf&u dei tempi, dudio di GIOVANNI
DE

CASTRO. Milano, Dumolard, 1880, pago 397, 16:'

Un valente critico francese, dalla publicazione di un voluminoso ORalUo.,.ier kiltorigru d. X V111 rM lick. prendeva, or son pochi mesi, argomento a sfogarsi contro quello, ch' egli chiama vizio degli odierni scrittori, di attribuire grandissima importanza alla letteratura, che si pu dire opuscolare, per la ricerca della verit nei fatti storici. Ben di sovente il poeta che si nasconde dietro il velo dell' anonimo, la cronaca che serba l' eco dello scandalo, la canzonetta vernacola che pretende esprimere i sentimenti del popolo, mastrarne la gioia, l'ira, il sarcasmo, non hanno voluto, egli dice, conservare la verit, ma han cercato di oocultarla ; i libercoli, le poesie sparse forse tra il publico del tempo per traviarne il giudizio, assecondando troppo bene gli intenti dei loro autori, dopo avere sorpresa la buona fede dei contemporanei, sorprendono ancor quella dell' erudito che d loro valore di testimonianze sincere. L'invidia, la malignit, i rancori, tutte le multiformi e brutte passioni che occupavano il publico, solito ad alleviare il diuturno travaglio della servit collo spirito di critica e di resistenza verso tutti i governi, hanno indubbiamente ispirate moltissime fra quelle adespote scrittnre, che correvano stampate per la citt, o, vietatane la stampa, dift'ondevansi anche pi, ripetute di bocca in bocca. Dovremo or dunque accettare come veritiere ed esatte queste scritture '1 No certamente: il critico francese ha ragione; ma non in modo assoluto. Le caricature, le poesie, gli scritti satirici, possiedono oltre che un grande interesse, anche vera importanza storica; ma indispensabile, in chi vuol giovarsene per illustrare gli avvenimenti che intende descrivere, moltissima cautela, perspicacia somma, profonda cognizione dei tempi in cui i fatti avvennero. Queste doti essenziali, accoppiate con una forma semplice, ma elegante o vibrata, si ritrovano sempre nei libri che il chiaro prof. G. De Castro va publicando da qualche anno sulla letteratura popolare italiana in relazione alla storia nostra. Festosa accoglienza hanno ottenuto alloro apparire e la Storia Mila poelia popolare milaMle (:L'empi 1Jeccki), e il volume intitolato Milaf&o e la RepvlJlica cilalpif&a. del quale, arrestatosi all'intimazione de' comizt lionesi, segue la materia il libro che ora annunciamo. Mentre in quello era ampiamente narrato il risveglio non meno importante che curioso degli italiani alla vita politica, quando, come

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scriveva mordacemente l' Alaeri, li una fogna si travas nell'altra, e d'oltralpe ci giunsero, dopo le dottrine filosofiche e letterarie e le mode nuove, ignote aspirazioni a libert; in questo si descrive la breve esistenza della Cisalpina protetta dal Bonaparte, la fondazioue del bello italo regno, il breve orgoglio dell' armi e del nome che bast, nello spazio di diciotto anni, a ritemprare il nostro carattere, a ridarei dei sensi virili e delle audaci speranze, ed a farci in qualche modo pregustare le gioje ancor lontane del nostro riscatto . Ma se, discorrendo di que' tempi, il nostro A. costretto a lasciar larga parte al racconto delle gesta di quel fatale, che fece tremare per pi d'un decennio l'Europa, egli nun per accecato dal fulgore di quel nome, dall' imponenza di quella dominazione, n sedotto dalla sua grandezza; bens ne fa vedere schiettamente i meriti, come ne smaschera, senza prevenzioni, le colpe. E gli san guida nel racconto i poeti popolari e gli aulici, i quali ultimi in singolar modo usurpando pi a turto del solito (se possibile) il nome di vti, predicono ~utti eterno, imperituro quell' impero, che di eterno nulla doveva ottenere fuor che la fama. Il fragore degli applausi e de' voti, i canti tutti rivolti 8 celebrare trionfi, a festeggiar nozze e nascite nell' olimpica famiglia del Giove terreno, non impediscono per al De Castro di udir le voci de' malcontenti, di porre in luce l' attitudine nobilissima di quegli iugegni che fecer parte da s stessi e, n si contaminarono d'adulazioni verso il potente, n lo calpestarono caduto. Vicino a quel libero, e indegnamente oltraggiato, ingegno del Foscolo, nello studio del prof. De Castro troviamo con piacere -eicollocate il Ceroni, poeta di sensi magnanimi, troppo dimenticato; e fra loro ben potrebbe esser accolto onoratarnente, come terzo, Giovanni Redaelli, pur esso affatto ignoto oggidi; il quale, morto appena trentenne (1785-1815) non pot giungere a quella fama che meritava. A lui la ritirata di Mosca ispirava un nobilissimo caute, ancora inedito, in cui un soldato italiano, gi assiderato e moribondo, cosi rammenta la patria:
Morrei felice -

grida - 8e quel sole A cui richeggo indarno un raggio amIco, Mirasse in libert l' itala prole. Ma chi sciar la dovea ne fu nemico, E a morir trasse in quest' infausto lito I pi bei germi di quel suolo aprico. Tardi sar di quell' error pentito: Ma qual pro per l'Italia 'f e in cos dire il flato estremo colla voce uscito.

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Eppure Napoleone li chiamava doppi e simulati gl' Italiani, che pur morivano per lui; quegli Italiani che per bocca del poeta gli dicevano:
. . . irata sorge contro te la terra, E chi la strada a te del regno aprio, Quel trono che innalz pentito atterra. Mertata sorte! . . . . ma non vii son io, N insulto Tu da questo labro udral Sacro de' carmi all' incorrotto Dio. Te quand' eri tiranno disprezzai, Ch i tiranni alma libera non cura; Ma or pi grande ch' uom non Cosse mai TI rende agli occhi miei la tua sventura.

A questi giorni di amaro sconforto 'e di desolazione per l'Italia che perdeva nelle ghiacciate steppe quarantamila de' suoi figli, col morir" del maledetto e rio anno decimoterzo l) si arresta il professore De Castro. E noi, congratulandoci di tutto cuore con lui per il bel libro che ci ha donato, facciamo voti peroh al pi presto esca il nuovo volume, che narrer le tremende umiliazioni e fatiche della schiavit, e lo svolgersi di quel sentimento nazionale, cbe lo straniero credette soffocare ed invece santific ed accrebbe cogli esilt, le prigionie ed i supplizi.

F.

NOVATI.

8f11la Rspublica PiOf'entina a tempo di COlimo il Vecchio. 8aggio di Itudl del dott. FR. C. PELLEGRINI. Pisa, Nistri, 1880. Estr. dagli Annali della R. 8CtWla Normale 8uperiore di Pila.
Ecco un lavoro che, sebbene non ancor condotto a compimento, non dubitiamo di affermare Importantissimo per chiunque brami conoscere uno dei periodi pi oscuri e insieme pi notevoli della storia di Firenze. cosa assai nota come, dopo il 1384, la citt si riducesse a bello e riposato vivere sotto il governo dell' Arti maggiori; e come questo nuovo stato, che tutti gli storici fiorentini ricordano con desiderio e decantano, fosse, non ancor compiuto il terzo decennio del secolo XV, travolto da una mutazione violenta, prodromo d'altra pi violenta ed essenziale (1434). Or, come nacquero, donde ebbero origine quoste mutazioni '? La risposta facile: dal conflitto delle parti rinate in Firenze. Ma quando e come queste parti rinascessero, ecco la difficolt; ecco il punto oscurissimo, a

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schiarire il quale ben poco giovano gli scrittori contemporanei ed indarno si sono affaticati i posteriori. Ora l'egregio Pellegrini, intendendo a studiare le condizioni della Republica Fiorentina al tempo di Cosimo il Vecchio. si trovava indotto a ricercare per necessit dell' istituto suo, in mezzo a tanta dubbiezza, a tanto contrasto di giudizi, a tanta disparit di opinioni, le vere, le reali cagioni del mutamento avvenuto il 1434. Un breve esame del suo libro, mostrer, meglio di ogni altra cosa, se egli vi sia riuscito. Il nostro valente amico trovava dinanzi a s, ad impedirgli di scoprire la verit di quegli avvenimenti, un ostacolo gravissimo: l'apparente attendibilit, che ai pi opposti e contraddittori giudizi avevano dato, colle loro narrazioni, storici di gran nome, il Macchiavelli, il Guicciardini, il Giannotti, il Nardi. Ad accrescere la incertezza si aggiungeva il fatto, che gli scrittori coutemporanei delle parti non dicon parola o, se le accennano, come il Cavalcanti, non sanno additarue le origini; di pi, si noti che un documento sincrono e, per questo appunto, e per il suo carattere, ritenuto degnissimo di fede, l' .Esamina del notaio Nicol Tinucci non si pu ormai considerare che quale un tessuto di astute menzogne; giacch i fatti vi sono travisati, e posti sotto quell' aspetto che l'interrogato stimava opportuno per giovare a s ed aggravare i Medici. , , Non perci meraviglia che gli storici moderni, non potendo far tesoro delle testimonianze del tempo, traviati da menzogneri documenti, dall'autorit di storici di gran reputazione, siano caduti in asserzioni infondate ed in errori assai gravi. Cos il Sismondi ed il Reumont hanno commesso lo sbaglio singolare, di presupporre gi formate le parti di cui ricercavano l'origine (ved. p. 7 e 8); ed il Capponi, insieme a quelli che l'avean preceduto, giudico falsamente, che la cassazione dei due Notaj delle Riformagtoni (14271428), fosse la prova della aperta inimicizia fra i Medici e gli Albizzi. Il Nostro, respinti, dopo un accurato e sagace esame, questi giudizi e questi racconti, si accinge a ricercare quale sia la verit dei fatti; e le lettere di Rinaldo degli Albizzi, publicate dal Guasti, gli forniscono argomenti atti Il stabilire che, lungi dall' essere nemico dei Medici, a tempo delle due cassazioni, l' Albizzi era loro amicissimo (p, l l '. Alla spiegazione dei fatti, che egli ripudia quindi come falsa, ne sostituisce un' altra multo ingegnosa e probabile: che le mutazioni del 1433 Don siano dovute, come era stato creduto, alla esistenza di due vere fazioni in guerra fra loro, quella degli Albizz'

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e dei Medici, ma ad altre divisioni pi gravi, bench pi nascoste j cio alle invidie reciproche, alle gare fra i pi autorevoli cittadini, che tentavano di abbassare l'un l'altro con subdoli modi, tanto da potersi, per loro cagione, ripetere le parole di un vecchio cronista: tutto ci che di male stato nella benedetta citt di Firenze, nulla cosa proceduto se non da volere gli uffcii, e poi auti, ciascuno a volerli per s tutti e cacciarne il compagno (p. 15). Giudiziosamente aggiunge l'A. nostro, che mentre queste divisioni si vedeano fra gli aderenti del Valori, dell' Albizzi, di Nicol da Uzzano, non esistevano invece fra quella !le'Ate 'AUOf)a che si andava raccogliendo intorno ai Medici j la quale, essendo tutta senza stato o con poco, non invidiava l'esaltazione d'alcuno de' suoi, ma ripotavala all' accrescimento proprio giovevole. E questa !le.te ."ODa (come la chiama Nicol da Uzzano), poco curata, per il suo contegno scevro di sospetto, dai cittadini, poco favorita perfin da colui che essa riveriva qual capo, Giovanui de' Medici, guadagnava insensibilmente terreno ogni giorno pi, cosi da pervenire alla notevole vittoria della riforma delle gravezze nel 1427, primo passo alle futore conquiste. Il Machiavelli scrisse che, dopo la morte di Giovanni de' Medici, avvenuta il 20 febbraio 1429, i maneggi delle parti divennero pi vi vaci j ed alla sua opinione fecero eco gli storici posteriori j i pi recenti de' quali, sospesi fra l'autorit di lui e le testimonianze apertamente contrarie dei documenti, accrebbero l'incertezza e le contraddizioni. Il nostro amico nega che, morto Giovanni, i suoi figli, il nepote, la fazione si abbandonassero a pi vivi intrighi partigiani. Tale asserzione non per lui che una conseguenza del falso presupposto, da tutti accettato: chi ammetteva gi cominciato' il conflitto fra gli Albizzi ed i Medici, vedendo ora le discordie cittadine ringagliardite, doveva di necessit concludere che le due famiglie rivali avevano portato maggior calore nel combattersi. Invece le divisioni fiorentine mantengono sempre la loro n&tora, tranne che assumono un aspetto diverso, e se prima manifestavansi nelle dissensioni interne, nelle brighe di palazzo, ai mostrano ora pi singolarmente nelle relazioni di Firenze colle citt circonvicine, e ne nascono, forse, la piccola impresa di Volterra, e certamente l'altra, molto maggiore e infelicissima per le conseguenze, di Lucca (pag. 17), giacch le parti che la produssero, da lei ebbero grande incremento. La solita discordanza che abbiamo osservata presso gli storici,

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il N. la riscontra anche in quest' occasione i trattandosi di porre in chiaro chi volle e istig la guerra, ogni scrittore d la colpa alla fazione avversa a quella cui apparteneva. Il Machiavelli poi ne accusa, come promotori, Rinaldo degli Albizzi e i Medici (incolpati di ci anche dal Tinucci). Dalle Commissioni di Rinaldo, publicate dal Guasti, il N. cava argomento a dimostrare chiaramente esser falsa l'accusa fatta ai Medici dal Tinucci, da M. Bruto, dal Machiavelli (che il Reumont ha seguito, sebbene conoscesse e lodasse le Commillioni, da cui scaturisce la verit), d'aver promosso la guerra di Lucca, che invece provocarono altri, e fra tutti, in slngolar guisa Rinaldo degli Albizzi, Neri di Gino Capponi ed alcuni chiari seguaci della parte Ilzzanesca (pagina 26-27). E falso adunque che i Medici volessero la guerra di Lucca, come falso che Giovanni cassasse il notaio Fortini, e che istituisse il Catasto. E tutti questi errori nacquero dal preconcetto di vedere nelle di visioni di Firenze l'opera di due parti, capitanate dalle famiglie Albizzi e Medici, mentre non sono dvute che a un ribollimento universale di invidie e di sospetti (pag.28). Non seguiremo il nostro A. nella narrazione particolareggiata che esso ci d di tutti gli avvenimenti notevoli di quella disgraziata e importante impresa di Lucca. Scorta fedele nel racconto gli sono le lettere, che l'Albizzi dal cam po dirigeva alla Signoria. Soltanto noteremo che Rinaldo si lagna spesso e acerbamente di talnni nemici suoi, che in patria lo calunniavano assente j e che il Machiavelli afferma i caluuniatori:essere stati i Medici j il che dai documenti provato falso. Nella incredibile noncuranza, con coi i cittadini pi ragguardevoli, intenti soltanto alla soddisfazione delle private ambizioni e de' privati rancori, trattano i pi essenziali bisogni della patria, appaiono soli nella santa opera di porre rimedio a tanti danni, uniti Luca e Rinaldo degli Albizzi, Cosimo ed Averardo de' Medici (p. 46). Nei tre anni che la guerra di !-ucca aveva durato, si era cercato di tempo in tempo di por riparo alle divisioni civili, e sulla fine del 1429 crasi ricorso alla legge contra ,candalolol, dopo altri ed iuutili tentativi. Ma lo scopo non fu raggiunto nemmen per questa via; ed alla legge, sebben rimanesse in vigore tre anni, non fu mai posto mano. La radice del male era confitta nel cuore dei cittadini, e ogni rimedio riuscir doveva inutile. I fiorentini pare ne fossero persuasi, giacche, occupati anche dalla guerra, dopo il Marzo 1431 non si dettero pi pensiero delle loro di visioni fuo alla pace del 1433.

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Ed ecco, appena posate le armi, riaccendersi pi vivaci le discordie in citt j eccole finalmente cangiarsi, e a capo di due parti porsi i Medici e gli Albizzi. Quale la cagione della nuova inimicizia fra le due famiglie, che i documenti ci mostrano fino allora aliene da reciproco odio'? Gli storici del tempo e i posteriori non ne fanno alcun cenno. 11 Pellegrini per, che alla mancanza di documenti editi ha supplito con il lungo e iligente studio condotto sulle fonti stesse inedite, o poco o nulla conosciute, negli Archivi fiorentini, sottilmente indagando e confrontando fra loro le testimonianze contemporanee, si pone sulla via di spiegare con probabili congetture fatti avvolti in tanta oscurit. Pargli che, pi che in altro, debbaai trovare la ragione della nuova inimicizia nell' indole stessa di Rinaldo degli Albizzi, uomo onesto, amante del giusto, aperto e leale, ma sommamente ambizioso; quindi, pi del convenevole, superbo e volubile, Le parti, per vivere in Firenze, avevano d'uopo di raggrupparsi intorno a determinate famiglie: l'amicizia fra le famiglie degli Albizzi e dei Medici, le rendevano impossibili. Coloro che, per private mire, bramavano dare unit e forza alle parti, dovevano naturalmente aspirare a distruggere tale amicizia. Vi si accinsero pertanto e vi riuscirono con un segreto lavorio, suscitando sospetti, gelosie, che, appena furono accolte, vennero premurosamente stuzzicate, irritate, invelenite C08\, da cangiare i celati malumori in aperte ostilit. Cosimo e Rinaldo quindi si debbono, a giudizio del sig. Pellegrini, stimare non capi - parte spontanei, ma strumenti delle fazioni, nelle quali son trascinati senza determinata volont, e che esercitano sovra di essi tanta efficacia, da mutare perfino l'indole dell' Albizzi, e renderlo, da uomo aperto e generoso, finto ed irrequieto. Tale infatti egli si mostra nel governo che si fonda per opera sua in Firenze. Obbedendo prima all'impulso delle passioni in lui accortamente fomentate, poi alla ineluttabile forza delle vicende, Rinaldo spinto a cacciare i Medici da Firenze prhna, poi a ribellarsi per difendersi dagli avversari. Le colpe apposte ai Medici, a giustificare la loro cacciata, sono dal N. agevolmente mostrate insussistenti o false: sono accusati d'avere promossa l'impresa di Lucca, mentre l'avversarono sempre j incolpati di una congiura che non avevano avuto tempo, non di, preparare, ma nemmeno di immaginare. Fraudolenta fu la loro espulsione, e fraudolento il governo istituito in Firenze dopo il Settembre. Quantunque su di esso vari giudizi siano stati formulati, e alcuni lo dicano odioso e tirannico, altri libero e onesto,

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tutti per, osserva il Pellegrini (p. 92), lo riconoscono inetto. Cosimo espulso, la sua parte viveva pi vigorosa di prlma ; n l'indebolirono gli esill suggeriti poco dopo dal timore ai nuovi governanti, che a nulla giovarono, mentre irritavano il popolo. Presto Rinaldo dovette accorgersi, come la cacciata di Cosimo null' altro che odio gli avesse partorito, e la sua autorit fosse piuttosto diminuita che accresciuta. Per conservar quella che gli rimaneva, e allontanar la bufera, si pieg a variare condotta, us maggiore umilt di parole; accolse premurosamente Eugenio IV, sperando farsene un appoggio. Ma a nulla giovarono i maneggi; e, giunto il momento del pericolo, quando volle ricorrere all' aperta violenza, gli indugl, le incertezze consuete, la diserzione degli amici mandarono a vuoto l'impresa. Rinaldo, dopo aver corso pericolo di perdere, come ribelle, il capo sotto la scure, era confinato; ritornavano i banditi del 1433 e, primo fra tutti, Cosimo de' Medici. A questo punto si arresta per ora lo studio del N., arricchito da esso di una Appendice, ove sono in copia raccolti que' documenti, che meritano esser dati per intiero alla luce: lettere scelte fra quelle della Republica, degli alleati, dei Medici; provvigioni, informazioni, pratiche e consulte. Dal rapido esame che abbiamo fatto di questa interessante monografia, chi stato tanto cortese da seguirci sin qui, sar, ci giova crederlo, indotto a consentire che da essa tutti gli intricati avvenimenti, agitatisi in Firenze in cos breve giro d'anni, vengono singolarmente rischiarati. Non per il sig. Pellegrini piccolo vanto l'aver messo in luce un fatto, che nessuno aveva notato, e che pure essenzialissimo: le divisioni fiorentine in questo tempo, allontanandosi da ogni tradizione, non esser tra famiglia e famiglia, ma universali, multiformi, tra i singoli cittadini; quindi fiacche e senza carattere, Forse, indagando come avvenisse che a capo delle parti ritornassero le due famiglie degli Albi7.zi e dei Medici, il N. ha fatto cenno un po' troppo fugace dell' efficacia che deve aver esercitato il ricordo di un' inimicizia gi esistita; spentasi poi, vero, ma non da gran tempo; forse propenso ad ammirare, un po' pi di quel che meriti, il vecchio Rinaldo, che egli si compiace dire dopo Dante la vittima pi splendida delle divisioni fiorentine l'. Ma l'intiero libro Ili legge con piacere: la lingua purgata, lo stile piano e di una chiarezza da pregiarsi assai in lavori di critica storica. Insomma crediamo che quanti amano questi studl, non potranno a meno di rallegrarsi col sig. Pellegrini per il bel saggio offerto, e incitarlo

136
a continuare nella via che con s felice auspicio ha cominciato a , percorrere.

F.

NOVATI.

Giulietta et Romeo, NoufJelle de LUIGI DA PORTO, traductio1&, prelace et notes par HENRY COClIIN. Paria, Charavay 1879, 8. 0 ,
pago LVI, 196.

questo un libro, che parecchi de' giornali italiani e d'oltr' alpi hanno annunziato con parole di molta lode. Non che a' francesi fosse ignota in passato la Novella di Giulietta e Romeo. Delescluze ve l'avea fatta conoscere per una buona traduzione fin da quando s'era rimesso in onore dalla scuola romantica il teatro di Shakespeare; e Montgut, uno de' pi insigni tra i traduttori e commentatori del celebre tragico inglese, ve l' avea poi fatta maggiormente apprezzare, discorrendone con molte particolarit e riferendone alquanti frammenti. Nessuno per seppe farla gustare a' francesi, quanto il Cochin. La sua versione presenta, come fu detto, tutto ci che di pi perfetto si pu esigere in s fatti lavori. La religiosa fedelt al testo italiano non ha impedito a lui d' infondervi quella grazia, quella vivzza e quel brio, ch' proprio non delle copie, ma dell'opere originali. Ma non per questi pregi soltanto, che vuolsi lodare il nuovo libro. Al Cochin non era nascosto, che la fama della novella s'era diffusa per tutto il mondo, dacch il Shakespeare ne avea tratto il soggetto a uno de' drammi pi belli e pi popolari del suo teatro. Conscio per gli studi della critica, che i punti pi oscuri intorno al sommo tragico inglese si riferiscono di preferenza agli argomenti attinti a sorgenti italiane, ha non piccola fiducia, che la storia di quest' ultime deva riuscire un giorno la pi feconda, e tale forse anca da portar la certezza in parecchie questioni dubbiose, c particolarmente intorno alla personalit dello Shakespeare, incominciata gi ad agitarsi in Inghilterra e in America. Fermo pertanto in questo proposito, non si appaga dell'unica traduzione della Novella, che egli reputa fra le pi belle dell' et del rinascimeuto, ma ne scruta con diligenza la genesi, la natura e il carattere, per poi discendere a raffrontarne l' insieme e le parti col capolavoro del tragico inglese. A riuscir meglio nell' intento, il Cochin si fa ad evocare l'et, nella quale visse e fior 1'autore della Novella. Pi, per altro, che P iuaieme de' fatti, segnatamente letterari ed artistici, che si compievano allora da un capo all' altro d'Italia, richiama la storia

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de' luoghi, ov' ebbe i natali, fu educato e s'agit la vita, breve al, ma operosa di Luigi Da Porto. Il Cochin lo accompagna da Vicenza, ad Urbino, nel Friuli, a Venezia e a Vicenza, dove, condannato a un ozio involontario, detta la maggior parte de' suoi scritti j il Canzoniere cio, languido e sbiadito come tutte le rime del tempo, le belle lettere storiche, e la stupenda Novella di Giulietta e Romeo. La Vicenza d'oggi non pi fa Vicenza de' tempi del Da Porto. Trasformata dall' arte del Palladio e dello Scamozzi, tanto da esser chiamata nel secolo decimo sesto la citt de' pelassi, non conserva pi l'antico aspetto. A farsene un' idea, il Cochin ha bisogno di aggirarsi alquanto per le vie tortuose degli antichi sestieri, ha bisogno di affissarsi ne' modelli architettonici, che accusano ancora le semplici grazie dell' et del rinascimento. La casa de' Pigafetta alla Luna, cosi bella, cosi elegante, cosi foriera d' incantevole malinconia segnatamente a' francesi, che vi leggono il motto - il n'est rose sa", e,pine, - basta da sola a figurargli il palazzo, ave dev' esser nato Luigi da Porto. Il concetto dell' et del rinascimento non affacciasi a molti, che Ile' tempi del suo apogeo e della sua decadenza. I pi non se la sanno rappresentare, che ne' momenti delle guerre micidiali, dello splendore della potenza, del dominio del genio, dove spiccano a un tempo Giulio secondo, Michelangelo, Raffaello e Tiaiano, e dove ROlDa distrutta dal sacco del Borbone, Venezia perde l'egemonia del mare, soccombe con Firenze l' ultimo baluardo della libert italiana. Ad altri invece il rinascimento si figura, se non cosi grandioso, certo pi incantevole, nel suo primo manifestarsi, quando cio, diradate le tenebre medioevali, si scavano le antiche rovine, si disseppelliscono gli avanzi artistici de' classici, si ammira con entusiasmo l'arte de' greci e dei romani, si d mano alla istituzione de' musei e delle biblioteche, si trasfonde, in una parola, negli italiani del secolo decimoquinto la vita de' tem pi di Augu8to e di Pericle. Nato sulla fine del secolo decimo quinto, il Da Porto dovea sentir pronunciare tra' nomi, che incominciavano a suonare famosi, il Trissino e il Fracastoro j duvea rimanere ammirato dinanzi al grido, che s'espandeva gi largo, del Ficino, del Poliziano, dell'Ariosto, e alle prove di quell' arte, che seguendo le traccie luminose del Masaccio, del Della Francesca, del Signorelli, del Perugino, del Ghirlandaio, del Lippi, del Botticelli, dci Ghiberti, del Donatello, di Mino da Fiesole, de' Bellini e della SCDola di Murano, andava in cerca di forrue uovelle e faceva presentire la feconda grandezza del

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secolo decimo sesto. E questo entusiasmo in nessun luogo doveva suscitarsl cos potente nell' animo di lui, quanto presso i Montefeltro, ove i parenti lo mandarono giovinetto a impararvi l'arte del perfetto cortigiano. II Cochin, necessitato a seguirlo nel suo partir da Vicenza, non sa non ricordare, quantunque di volo, i fatti delle citt, attraverso o presso le quali gli forza passare; di Ferrara, cio, dove gli Estensi attiravano d'ogni parte dell' Europa i letterati e gli artisti; di Cesena, gi famosa per la ricca biblioteca de' Malatesta; di Pesaro, dove lascia la costa adriatica per salir lentamente la lunga via, in cui l'aria si fa pi pura, quanto pi si avvicina alle sommit nevose dell' Apennino, dove la musica de' torrenti dalle acque chiare serpeggia alla lunga intorno all' ardue colline . Nessuna delle terre percorse ba forza per altro di commoverlo ad entusiasmo, quanto Urbino, la citt munita di larghe mura per opera di Federico da Montefeltro, il principe ottimo, il capitano valente, il letterato, l'artista, il mecenate incomparabile, famoso sopra tutto per la ricca biblioteca, raccolta con enormi dispendI. Ma, al giungervi del Da Porto, Federico era gi uscito di vita. Chi lo rappresentava degnamente, era il figlio Guidobaldo, bello di forme, grazioso di modi, dotto in ogni maniera di sci bile, morto nel fiore delle speranze e degli anni, lasciando nell' anima de' suoi popoli cos profonda l'ammirazione delle sue virt, che dopo quasi quattro secoli ne dura aucor la memoria. II Da Porto non poteva incontrarsi in un modello pi perfetto. In Guidobaldo, paragonato da' contemporanei ad Amore e ad Achille, il pi leggiadro de' Greci, si raccoglievano veramente tutte le grazie dello spirito e del corpo; n altra corte poteva prestarsi alla piena sua educazione, quanto quella di Urbino, dove intorno a Elisabetta Gonzaga e ad Emilia Pio, due matrone d'ingegno e di cuore elettissimo, s'intrattenevano ora in dotti ragionamenti ed ora in esercizi cavallereschi Baldassar Castiglione, Lodovico Canossa, Giuliano de' Medici, Bernardo da Bibbiena, Federico e Ottaviano Fregoso, Pietro Bembo, l'Unico Aretino, Roberto da Bari, Pietro da Napoli e altri parecchi. Fu nel palazzo d'Urbino, popolato di spiriti cos eletti, e abbellito degli stupendi a fresco di Pier della Francesca e delle ~adonue di Donatello, che il Da Porto attingeva quella squisitezza d'immagini e di sentimenti, per la quale doveva poi concepire la maravigliosa novella di Giulietta e Romeo. A Luigi Da Porto, reduce dalla corte d'Urbino, non manca modo di provarsi nell' arte, imparata dagli allievi di Federigo a

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Montefeltro. Vicenza, abbandonata da' veneziani disfatti nel 1509 a Ghiaradadda, invasa dagl' imperiali, introdottivi da Leonardo Trissino. Le angherie de' nuovi signori non tardano a suscitare nei pi caldi tra' cittadini il sentimento della rivolta. Anima e vita degl' insofferenti si fa Bimone Da Porto. Luigi, che gli nipote, non si mostra restio ad abbracciarne la causa. Ricordevole del mite dominio della Repubblica, e sdegnoso d'incontrare ad ogni passo i soldati nemici, viene un giorno a con tesa con uno di loro e lo ferisce leggermente. Fiutato lo spirito di rivolta, gl' imperiali raddoppiano i soprusi j e i vicentini, perduta la pazienza, invitano in segreto i veneziani, che sopraggiunti all' impensata cingono d'assedio la citt. Il principe d'Anhalt, impotente a sostenersi di fronte a un esercito formidabile, e in mezzo a un popolo irritato ed ostile, interpone negoziatore lo stesso Bimane Da Porto, e, venuto a patti col nemico, lascia senz' altro la preda. A Luigi da Porto, il quale aveva contribuito in gran parte al ritorno de' veneziani, non manca il compenso d'un posto onorato nell' esercito della Repubblica. Da Lonigo, ove d le prime prove dell' arte sua, mandato sui confini del Friuli. Desideroso di gloria, si segnala in due scontri a Cormons e a Gorizia. In un terzo, sulle colline di Manzano a poca distanza da Gradisca, cade ferito dal ferro d'un tedesco. Raccolto la notte da' suoi commilitoni, portato semivivo nel campo esultante di gioia, dove il provveditore Giovanni Vitturi, commosso fino alle lagrime, non pu non protestare, che gli tornava odiosa una vittoria, conseguita a prezzo s caro. Le subite cure di Marco Lnzzara, un buon medico accorso alla notizia del caso, non valgono a guarire interamente la ferita. Il Da Porto, sperimentate inutilmente nuove prove dell' arte a Udine e a Venezia, non sa riacquistare il vigore primiero, e giovane di poco oltre i cinque lustri, con l'anima piena ancora di forza e di vita, si vede condannato alla condizione d'un infermo. Ne' diciott'anni d'esistenza infelice, che gli rimangono, si ritira ora a Vicenza, ave la piet e il rispetto circondano la sua sventura, ed ora nella solitudine campestre di Montorso, ave aveva una villa. Unica consolazione alla sua anima delicata lo studio delle belle lettere. Mediante una corrispondenza epistolare col Bembo e con altri eletti spiriti, pu il Da Porto seguir da lontano il movimento fecondo, che attraeva il suo tempo e svolgeva lo squisito pensiero del secolo decimo sesto, chiamato da taluni il beato cinquecento. Il Cochin peU88, senza dirne i motivi, che degli scritti del

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Da Porto non sia rimasta che una breve porzione. I cinquanta sonetti E1 i quindici madrigali, pubblicati in Venezia il 1539 dal Marcolini, sono, secondo lui, esercizi giovanili. Un pi giusto concetto dell' ingegno del Da Porto offrono le Lettere storiche. Ma la narra~ione viva, serrata, ricca d'aneddoti curiosi, lo stile facile e 'senza pretesa, la copia de' documenti, giovevolissimi allo storico delle guerre veneziane, non bastano, sec .ndo lui, ad assegnargli un posto importante tra gli storici del secolo decimo sesto; non bastano a render ragione dell' imagine, che si d di lui in un sonetto del Bembo. Quello che non valgono n le Rime, n le Lettere storiche, gli acquista senza fatica la novella di Giuletta e Romeo, che costituisce, non v' ha dubbio, un vero poema; dove il Da Porto presenta agli occhi del lettore due personaggi spiranti, fa rivivere una societ reale, nella quale si sviluppa la storia eterna dell' amore e della morte :b. A ben comprendere questo poema sarebbe necessario, dice il Cochin, conoscere la storia degli amori delicati, che il poeta ha voluto tenere nascosti, c il cui velo si solleva alcun poco nella lettera indirizzata alla sua degnissima nemica e donna . Al critico per altro non importa, che l'amata dal Da Porto si chiamasse Ginevra; non importa, ch' ella fosse, come avrebbe voluto qualche indiscreto, la Ginevra Rangona di Gonzaga, figlia a Bianca Bentivogliu. A lui basta sapere che il poeta era amato, come si rivela dalle calde preghiere e dalle sollecite raccomandazioni, che la donna mandavagli al campo. Ci conosciuto, egli si riporta senz' altro alla Novella, che gli rappresenta senza dubbio l'imagine vera dei due grandi amanti, il Da Porto e la degnissima nemica e donna, assai pi vivamente, che alcun documento . Nella Giulietta e nel Romeo il poeta ha lasciato il vero tipo del cavaliere innamorato e della donna amata, quale si potea concepire nell' et del Risorgimento. Nei San Giorgio, che Donatello ha scolpito in Firenze nella Chiesa d'Or San Michele, si rappresenta l'immagine perfetta del condottior di soldati, bello, bravo, istituito nelle lettere e sempre innamorato. Spira da esso tutto il pensiero, tutta la grazia, la forza e la confidenza del tempo. Quel San Giorgio l'ideale del cavaliere dell' et del Rinascimento, il condottiere avventurato, che combatte da un capo all' altro d'Italia, l'ospite della corte d'Urbino, il Da Porto, o, se vuolsi, Romeo. E la Giulietta 1 Il Cocbin non ha difficolt di ravvisarla nella' storia della Vergine del Ghirlandaio in Santa Maria Novella, nelle fini pitture di Pier dalla Francesca, nella Donna, che il padre di Raffaello

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pennelleggiava nella casa Santi in Urbino, o nelle teste delicate, incise nelle medaglie dal Pisanello e dallo Sperandio. E pi ancora che in queste, la scorge in una piccola testa in cera, modellata, a quanto si dice, da Raffaello, e conservata in un museo di provincia della Francia. In Giulietta e Romeo si affaccia l'ideale degli amanti. Quali gli ha sogpati il Da Porto, tali sono ancora e tali gli ha conservati il Shakespeare, quando gli vest de' suoi versi sublimi. Il grande drammaturgo non ne ha modificato che i contorni; e v' aggiunse, create dal suo genio poderoso, le figure secondarie, i parenti, cio, gli amici, i famigliari e le balie. Aggrandi il tipo del monaco Lorenzo; tramut in violento il carattere del Capuleto, che il Da Porto chiama signor festoso e piaoevolisslmo lD j sostitu\ allo sfondo della Novella, rappresentante l'allegro paesaggio italiano, un campo tetro e selvaggio, che risente della rigida natura del settentrione. Ne'sarcasmi, che si gettano a vicenda i seguaci delle due famiglie rivali, nelle scurrilit di Marcuccio, nelle trivialit della nutrice e in quel non so che di aspro e di sanguinario, che informa da capo a fondo il dramma dell' inglese, ti si presenta non il cielo dolce della Lombardia e le immagini graziose della rinascenza italiana, ma le nebbie d'Albione e il truce spettacolo delle crudelt d'Elisabetta e delle atrocit di Cromwell. In egual modo, allo stile largo, facile e piano del Da Porto fa contrasto il serrato e conciso del Shakespeare, dove non v' ha motto, in cui non si condensi un sentimento profondo, e dove il pensiero anche vasto, si restringe entro i confini della pi succinta brevit. La Novella del Da Porto, accouiodata al teatro inglese, si modifica in una maniera maravigliosa; l'azione si concentra e si svolge con un passo assai rapido; vi s'innestano magistralmente episodi e caratteri secondari; ma i tipi che vi si conservano inalterati sono quelli di Giulietta e Romeo. Non importa che il Bhakespeare non abbia conosciuta nel suo originale la Novella del Vicentino; non importa, ch'essa gli si sia rivelata per una traduzione in versi inglesi, fiacca, ampollosa, infedele. Il genio di lui, che crea il dramma, sa pur dispogliare di quanto han d'inutile le vesti sfarzoso dei due semplici tipi, e rappresentare vivi e spiranti i due innamorati, quali gli avea potuti vedere la terra d'Italia e quali erano usciti dalla fantasia del Da Porto. Giulietta e Romeo sono sempre gli stessi cos nella Novella, come nel dramma; entrambi parlano ugualmente d'amore, l'una con 11\ semplicit d'una vergine, l'altro con quel non so che d'immaginoso e di nuovo, che s' eleva al di

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sopra dell' espressione e del concetto volgare. Nel dramma le scene si succedono come nella novella; Giulietta e Romeo muoiono a un modo, e davanti allo spettacolo del grande amore, che gli conduce a morte, si spegne l'odio di due potenti famiglie e si scambiano il bacio di pace due fazioni ri vali. In questa pittura a larghi tocchi il Cochin non ha inteso di porgere un' idea completa dell' et del rinascimento in Italia. Il suo compito mir piuttosto a determinare qual parte il senso estetico e letterario abbia avuto nel formare lo spirito di un prosatore o d'un poeta, in preparare la produzione d'un' opera artistica. Lontano dallo sconoscere quel contrasto tra i bassi appetiti e le alte aspirazioni, per il quale si contrassegna il secolo del risorgimento, si compiace d'attenersi unicamente a ci, che v' ha di nobile e di squisito, contento di ridestare per un momento P impressione del tempo delizioso, in cui visse il Da Porto, affine di disporne gli animi a leggerne la graziosa Novella. E sotto questo rispetto non si pu negare, che il Cochin abbia raggiunto il suo scopo; e l'abbia raggiunto per di pi con quell' incantesimo, che infondono alla lettura il brio dello stile, la squisitezza delle imagini e lo spleudor della edizione, bella di tipi e d'incisioni, tramezzate con raro magistero nel testo. Ma se l'insieme dello scritto pu piacere a chi si appaga di una coltura superficiale, non basta a soddisfare chi esige qualche cosa di pi, che non sia il lenocinio della parola. I luoghi, de' quali discorre principalmente il Cochin, sono Vicenza ed Urbino, dove pass buona parte della sua giovinezza il Da Porto. Il testo, seguito in ci che si riferisce a Vicenza, la storia del Cabianca e del Lampertico, pubblicata del 1861 in Milano. In una delle larghe note, dove se ne riassume per sommi capi il contenuto, gli errori e le inesattezze si ripetono ad ogni passo. Il minor torto che si possa fare al Cochin, quello di dire ch' egli non capisce l'italiano. E certo non intese il testo, del quale s' giovato, quando dichiara pi crudeli e pi funesti a Vicenza i Longobardi che non gli altri barbari, o asserisce che Peredeo parteggi per il papa a danno di Liutprando, mentre sta scritto che Peredeo fu lasciato a Ravenna da Liutprando, a guardarne in suo luogo la. citt. Se il Cochin avesse saputo legger bene, non avrebbe comprese nella famosa lega delle quattro citt della Marca Veronese le due terre di Bassano e di Lonigo, ricordate dal testo tra quelle che giurarono fedelt a' Vicentini. Cos del vescovo Cacciafronte, caduto di ferro

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assaaslno, non avrebbe asserito, che il corpo ripose, ma fu deposto in un avello di marmo bianco j n si sarebbero C05\ confusi gli Eccelini da far che A.lberico ed Ezelino il tiranno discendessero non dal Monaco, ma dal Balbo. Negli stessi studt particolari intorno al Da Porto, il Cochin non va immune da errori, che pur era facile evitare. Nessuna reliquia rimane della casa, in cui nacque l'autore della Novella. A.I Cochin per altro si fa molto facile il ricostruirla. Gli storici vicentini raccontano, che all' entrare del secolo decimo sesto un forte incendio s'appicc, per opera de' fuorusciti, alla torre del tormento, alla quale era annesso l'archivio del Comune, e vi distrusse parecchie carte assai importanti. Il Cochin, allargandone di suo cervello le proporzioni, dice che le fiamme consumarono la pi gran parte della citt, compresavi la casa del Da Porto. Ci premesso, egli mette come indubitato, che quella casa dovesse assomigliarsi per la natura dello stile all' altra de' Pigafetta, ch' egli fa risultare a suo capriccio dall' insieme de' due stili, cbe s'ammirano nella loggia di fra' Giocondo in Verona e nella scuola di San Giovanni Evangelista in Venezia. E capriccioso com' , fa che la casa fabbricata da Matteo Pigafetta fosse d'Antonio, il famoso compagno di Magellano, che v' avrebbe passato, secondo lui, gli ultimi anni di vita. N pi esatto sa mostrarsi, quando parla degl' illustri vicentini, contemporanei al Da Porto. Con una sbadataggine, ch' tutta sua, fa che il Trissino nascesse non nel 1478, ma nel 1487, due anni dopo il Da Porto, cui rappresenta poco appresso ammiratore del suo concittadino, pi innanzi alquanto di et. Con altrettanta leggerezza asserisce, cbe il Palladio, nemico dell' antico, rifabbricasse a suo capriccio la citt di Vicenza, e che lo Scamozzi, accusato in generale d' aridezza, abusasse ne' suoi palazzi di s rverchio ornato. Con s\ fatti concetti giudica Vicenza una citt classica del secolo decimo sesto, senz' avvertire i bei monumenti architettonici che ancor vi -rimangono dall'et precedente, e senza sembrar di tener quel conto, che altrove professa, della casa Pigafetta, fatta da lui riprodurre con molte inesattezze in un' incisione, della quale s'adorna il volume. Gli storici vicentini, discorrendo delle condizioni di Vicenza al momento delle guerre, suscitate da' collegati a Cambrai, avenn detto che i cittadini, molli per le secolari richezze, menavano vita inerte e spensierata. E il Cocbin applica, non si sa il percb, il giudizio di pi che tre secoli addietro a' vicentini del secolo decimo nono. E questa idea ha fitta cosi nel capo, che la storia della citt

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si risente, secondo lui, della tendenza all' ozio e alla mollezza; dei quali intravvele l'antichissimo istinto persino nelle linee delicate della casa Pigafetta. N meno notevoli sono le inesattezze, per ci che si riferisce ad Urbino. Parlando de' pi antichi della famiglia de' Montefeltro, il Cochin avverte, che il primo a conceder l'investitura della citt a Buonconte, figlio d'Antonio, fu Onorio terzo, e vuole che l'atto della donazione si confermasse da Federico Barbarossa, morto trent'anni addietro. Pi avanti scrive che Pio secondo, vissuto sulla cattedra di San Pietro dal 1464 al 1471, conferisse nel 1443 la dignit di Gonfaloniere di Santa Chiesa a Oddantonio. Le mura d'Urbino furono costruite, secondo lui, da Bartolommeo Corradini, conosciuto sotto il nome di fra' Carnavale. Altrove non s'accorge nemmeno di cadere in contraddizione. Il Castiglione narra nel suo. Cortigian , che Guidobaldo fu preso a vent' anni dalle podagre, che lo afflissero poi per tutta la vita. E il Cochin scambia senz' altro l'et, in cui fu colpito dalla infermit, sens' avvertire d'aver detto in altro luogo, che Guidobaldo succedeva, giovane ancora, al padre, mancato nel 1482, e finiva di vivere nel 1508. Gli storici affermano, che Guidobaldo ebbe a maestro Cristoforo Odassi di Martinengo nel Bergamasco. Fu anzi l' Odassi, che, morto il principe, ne scrisse e recit l'elogio funebre. Ma quell'elogio fu pubblicato nel 1530 dal Bembo, che lo inser, col nome per altro dell' autore, ad altri suoi scritti in lode di Guidobaldo e d'Elisabetta Gonzaga j e il Oochin, senza distinguer cosa da cosa, asserisce con una sbadataggine inqualificabile, che maestro del Duca fu il Bembo, e che al Bembo e non ad altri fu commesso di dirne le lodi. noto che gli anni, ne' quali Guidobaldo teneva in Urbino quella corte, ch' magnificata cos splendidamente dal Castiglion i, furono i primi del cinquecento, nei quali il Bembo, nato nel 1470, passava di poco la trentina. Ma il Cochin si fa comodo d' introdurlo nelle riunioni dei dotti con la barba bianca, attingendone, a quanto dato conghietturare, l'idea dalle medaglie e da' ritratti del dotto uomo gi vecchio e cardinale. In egual modo, parlando de' gentiluomini, soliti a prender parte alle conversazioni della corte d'Urbino, scambia in Nicol, un bravo artefice del secolo decimo quinto, il nome di Roberto da Bari, e chiama doge di Genova quel Federico Fregoso, che fu invece arcivescovo di Salerno. Lascio di far notare come il Cochin, accogliendo alla cieca le lodi, che di Federico e di Guidobaldo di Montefeltro hanno tessuto

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gli adulatori del tempo, non faccia alcun conto de' gindizl, che vi rec sopra l'imparzialit della storia. Chi ha detto al Oochin, che l' Ariosto riceveva nell' umile sua casa i re di questo mondo'? In qual libro si legge. che Luigi Canossa, diplomatico eccellente e vescovo prima di Tricarico e poi di Bayeux, fu cardinale di Santa Chiesa'? D'onde fu attinto, che il Bembo era nunzio pontificio a Venezia non nel 1514, IDa al momento della morte di Leone decimo'? e che rifiutava giovane il cappello cardinalizio per accettarlo solamente nel 1539 'i S'aggiungano le serque di errori che si riferiscono agli anni, in cui vissero o morirono molti de' letterati e degli artisti, de' quali occorso discorrere nel lavoro. NOQ vero che Marsilio Ficino nascesse del 1433, ma del 1438; n che il Poliziano morisse del 1496 anzich del 1494. falso che il Masccio, nato nel 1402, vivesse ventisette e non quarant'un anno, e che Bartolommeo dalla Porta nascesse nel 1475 anzich ilei 1469. Quale biografo asser mai, che Michelangelo vedesse la luce non del 1474 ma del 1475, o che il Cellini morisse del 1571 in luogo del 1570 'i Cos a ritenersi, che il Sansovino e il Giorgione nasceesero entrambi del 1477, anzicb del 1479 il primo, e del 1578 il secondo; che il Ghirlandaio morisse del 1493 e non del 1498; che Giulio Romano nascesse non del 1499, ma del 1492; che la vita d'Andrea del Sarto si abbracciasse tra il 1488 e il 1530, piuttostoch tra il 1487 e il 1531. N esatto vuolsi credere il periodo d'anni assegnato a Luca Signorelli, che visse non dal 1441 al 1523, ma dal 1440 al 1521; o l' anno della morte del Donatello, che si fissa comunente al 1456 e non al 1455. Insomma io sono stanco di rilevare nuovi errori, che pur si manifestano l dove il Cochin confonde spesso il secolo decimoquinto col decimosesto; chiama il Bandella un elegante narrator di novelle dell'ultimo scorcio del cinquecento; e si sforza di ribattere le prove con le quali il Todeschini ha dimostrato, che la novella di Giulietta e Romeo non un fatto storico, ma un' invenzione, sino a un certo punto, del Da Porto. Ricorder piuttosto che il volume, bello, come s' detto, per formato e per tipi, va adorno d'eleganti incisioni. Oltre la casa Pigafetta vi sono riprodotti il San Giorgio di Donatello; una testa di paggio, disegnata, a quanto si dice, da Raffaello nella Chiesa di San Pietro in Perugia, le vedute della citt di Urbino, delle fortezze di san Leo e di Magliuolo, del Canal grande e del Ponte di Rialto in Venezia, dell' Arena e della Porta Stnppa in Verona tre medaglie, due del Pisanello e una dello Sperandio,

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rappreseutanti Malatesta Novello, Cecilia Gonzaga e Federico da Montefeltro; i ritratti di Guidobaldo di Emilia Pio; una battaglia di Tiziano, UDa testa di cera del Museo di Lilla, modellata, secondo la tradizione, da Raffaello; un frammento d'una tavola del Carpaccio ; il chiostro del convento de' Francescani di Monreale; la camera di Giulietta, desunta da un dipinto del Carpaccio, raffigurante una storia di Sant' Orsola; e il sarcofago di pietra ove tradizione giacessero i resti di Giulietta e Romeo. S'aggiunga un catalogo ragionato delle principali edizioni della Novella, corredato d'un cenno sulle diverse traduzioni in francese, in inglese, in ispagnolo; sulle tragedie e sui melodrammi, tessuti a pi riprese sul racconto del Da Porto. Il lavoro del Oochn fatto, a dir breve, come lo sanno fare i francesi; bello d' imagini e di forma, ma leggiero ne' giudizt e storicamente 'scorretto; ci che avvien quasi sempre, quando i nostri fratelli d'altr' alpe si fanno a discorrere delle cose italiane. B. MORSOLIN.

Letter ifUdite di Ogniene da Lonigo, con una rer:e iol/rafia narrata da RIUIIGlO SABBADINI. Lonigo, Tip. Gaspari, pag.80, 8. n
Di Ognibene da Lonigo, buon umauiata del secolo decimo quinto, fu scritto diversamente e da molti ora in succinto sotto forma di articoli o di note nelle storie letterarie, nelle enciclopedie, nei dizionari biografici, ne' giornali e ne' cataloghi librari, e ora diffusamente nelle storie particolari, o in appositi elogi. Ultimo a parlame fu Remigio Sabbadini nel presente lavoro, del quale non riuscir forse discaro un ragguaglio a' lettori dell' Arcki1)io T'etieto. La vita d' Ognibene non offre nulla di singolare, nulla ch'esca dalla comune degli uomini di lettere. Nato in Lonigo dopo forse il primo decennio del secolo decimo quinto e istituito in Mautova alla scuola di Vittorino da Feltre, il dotto uomo incominci assai per tempo a professar l'arte del maestro, I luoghi, ne'quali insegn con plauso, furono Treviso, Mantova e Vicenza, ove morr avanti il 1480. Pi che per le vicende della vita, il Leoniceno si rese celebre per aver propagato il metodo di Vittorino da Feltre e coutribuito alle emendazioni ed illustrazioni de' testi antichi, greci e latini. chiaro, che un raffronto de' commenti, ch' egli fece a Persio, a GioveDale, a Lucano, a Sallustio, a Cicerone, a Valerio Massimo, a Quiotiliano e ad altri, con gli scritti congeneri de' contemporanei, avrebbe giovato mirabilmente 8 determinare il valore e il posto, che

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gli si compete tra i grammatici e i retori del secolo decimo quinto. Sarebbe stato uno di quei lavori, che avrebbe giovato, quando che fosse, all' intero edifizio, eh' pur un desiderio, della vera storia letteraria d' Italia. Tanto pi, che l'argomento si sarebbe potuto illustrare grandemente per le versioni dal greco, per gli scritti di grammatica e per i discorsi d'occasione, le prolusioni, i versi e le lettere, che pur ci rimangono del dotto Leoniceno. Ma il Sabbadini non la pensa cos. Per lui conoscere un commento d'un retore del quattrocento conoscerli tutti: le differenze tra l'uno e gli altri stanno, tutto il pi, in questioni di punti e di virgole. La sua, per conseguenza, non che una nuda biografia, la quale si limita a dire in qual tempo il Leoniceno insegnasse in un luogo piuttosto che in un altro, quando nascesse, dove e quando finisse di vivere. N la secca brevit dispensa, come pur parrebbe, l'autore dal dare al suo scritto le proporzioni di un lavoro di qualche mole. La biografia ha la sua prefazione, la divisione della vita del Leoniceno in quattro periodi, e l'aggiunta d'un' appendice. Nella prefazione discorso de' di versi scritti, che rimangono, del dotto umanista. I quattro periodi abbracciano le poche notizie intorno alla vita dello stesso. Nell' appendice fatta parola de' due codici, conservati nella Bertoliana di Vicenza, ave stanno raccolti parecchi scritti del Leoniceno. Non occorre dire, che nella prefazione v' hanno accenni di cose particolareggiate poi nell' appendice; tantoch non sarebbe stato difficile n fuor di convenienza, se ad evitar la soverchia partizione del lavoro, si fossero fuse le due in una sola. Del resto noi non vogliamo negare al Sabbadini una certa facilit e spigliatezza nel trattare gli argomenti storico-letterari. La biografia si legge con piacere e, sino a un certo punto, non senza profitto. Ma da lui, svegliato d'ingegno e colt.o com' , si avrebbe voluto qualche cosa di pi. Molto da condonare all' et d'un giovane, che d i primi passi in una maniera di studi, ne' quali, a giudicare dal saggio presente, voglionsi presagire ottimi frutti. Ma non gli si pu menar buono per questo il concetto, ch' egli ha dello scrittore di s fatte materie. Finch si tratta di note dichiarative da porre in calce o in appendice agli scritti, egli ha tutta la ragione, sal va poche eccezioni, d'escluderle; ha tutta la ragione d'esigere, che lo storico, a non interrompere di tratto in tratto l' attenzion del lettore, fonda il contenuto delle note nell' insieme del testo. Innalzata dal Vico al grado di scienza, la storia non ha rinunciato per questo alle vecchie prerogative dell' arte. Ma la cosa ben altrl!ol

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ave si tratti di citazioni. Il Sabbadini sa, che lo scetticismo ha invaso oggid, e con tutto il diritto, anche il campo della storia. In generale non si crede se non a ci, ch' provato da' documenti, o dall' autorit dei contemporanei a' fatti, de' quali si parla. Sta bene, ch' egli dica, che quanti hanno scritto anteriormente di Ognibene sono caduti in injlniti errori; sta bene ch' egli dichiari d'aver rettificato il 'Decclt.io t1 aggiunto di nuo"o " ma come si pu credere alla parola di lui, se non addita neppure dove stesse l'errore e come aiaai corretto? Il diritto, ch' egli s'acquista alla pubblica fede , mi pare, non punto maggiore di quello, che vuolsi prestare a' propalatori degI' injlniti errori; se pur non lo scema il sospetto, che agli occhi di lui, discendente, com' egli fa sospettare, del Leoniceno, possa aver fatto velo la ragione del langue. E veda bene il Sabbadini, che anch' egli non procede, come pur si vorrebbe, diritto. Da nessun documento dato determinare l'anno della nascita d' Ognibene. Si sa solamente, ch' era fanciullo gi maturo, matut'U8 jam puer, quando Lodovico Gonzaga era ancora fanciullo, puer. AI Sabbadini noto soltanto, che il Gonzaga nasceva nel 1414. Con quest' unico dato si determina da lui, che Ognibene nascesse verso il 1412. L'anno della nascita, scrive il Sabbadini, non conosciamo, ma lo possiamo indurre con tal quale probabilit da quello, che dice egli stesso nella lettera a Federico Gonzaga, ch' era cio pi vecchio di Lodovico, padre di 'esso Federico. Ecco le parole precise: in puero (Ludovico) puer ipse (ego) led matUt'UI iam puer: Lodovico nacque il 1414 j giusto quindi, che noi poniamo verso il 1412 lo nascita del nostro Ognibene :t. E pu essere, ch' egli, il Sabbadini, colga verameute nel segno j ma non logicamente giusta la conseguenza, ch' egli trae dalle premesse. Perch non potrebb' essere nato verso il 1411, od anche verso il 1410? Chi non trova pi ragionevole che tra la semplice fanciullezza e la fanciullezzn matura corrano non 'due, ma tre, quattro e Cors' anco pi anni'? Pi avanti il Sabbadini nota con prove sicure, che Ognibene fu non solo coetaneo, ma condiscepolo di Lodovico alla scuola di Vittorino da Feltre. Vittorino, dic' egli, secondo la concorde testimonianza degli scrittori, si rec a Mantova del 1425, quand' Ognibene poteva aver compito forse il dodicesimo anno j in quelIo stesso anno adunque dev' essersi recato col anche Oguibene . San certo che il Sabbadini s' accorto prima ancora di me, non discendere naturalmente dalle premesse, che Ognibene siasi recato a Mantova del 1425, anzich prima o dopo quell' anno. E in

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egual modo non dubito neppure, ch' egli siasi avvisato della poco evidente argomentazione, con la quale si credeva forse provare la morte della moglie di Ognbene. Il Nel 25 Settembre, sta scritto, del 1453, pochi mesi dopo il ritorno 1>, il Leoniceno facea testamento, con cui istituiva erede il figlio Giacomo j in quel tempo perci doveva essergli morta la moglie Il. Lascio di rilevare la poca precisione d'altri luoghi. Che nella Cltans, in cui lode ha tessuto una lunga elegia, il Leoniceno adombrasse Agnese Calderari, che poi mea moglie, io non trovo a ridire j ma cbe sotto il nome di Ckaris si nascondesse, come dice il Sabbadiui, il vero nome della fanciulla , non mi pare espresstone .esetta del tutto. N chi si facesse a esaminare anche di corsa la storia del secolo decimo quinto potrebbe dire, mi sembra, in modo riciso, che Ognibene fu onesto e religioso pi di quello, cbe allora si potesse essere D. Altre mende, se non di sostanza, potrei avvertire di forma j potrei notare qualche voce, cbe farebbe torcere il naso non dir a un pedante, ma al pi indulgente de'poristij potrei notare certe forme e certe inesattezze di linguaggio, che, adoperate anche famigliarmente in Toscana, divengono vere stonature, per noo dire sgrammaticature, in uno scritto di natura tutt' altro che famigliare, qual quello del Sabbadioi, dove, con quelle dell' uso, non mancano talvolta le frasi antiquate. Ma ubi plura .iunt, dir con Orazio, ego paucis offendar macul. Sono mende, cbe si condonano volentieri in un primo lavoro, e percb leggere in s stesse, e perch non difficili a correggersi da un giovane d'ingegno e di buona volont, qual il Sabbadini. Quello, che non si pu approvare, non dir in un novizio, ma neppure in un provetto negli studi, il fare alteramente riciso nei giudizi. lo non intendo parlare del modo, col quale il Sabbadini ebbe R trattare tutti quelli, che hanno discorso pi o meno particolareggiatamente d' Ognibene. Forse non darebbe in fallo chi dicesse che la breve biografia lavoro troppo tenue, che le rettificazioni e le novit si riferiscouo Il cose di troppo scarso rilievo, perch si possa menargli buona l'aria cattedratica e, diciamo anche, poco riverente verso gli scrittori, che l' hanno preceduto. Mi preme piottosto avvertire, che anche ne' giudizi intorno agli scritti d' Ognibene,il Sabbadini non procede sempre con le norme della sana critica. A parlar convenientemente d' un autore necessario non isolarne gli scritti dal secolo in coi visse. Volerne giudicare con l'idee de' tempi moderni, sa, non f08s' altro, d'auacronismo. Dire che al latino d'Ognibene Cicerone

.0.

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e Livio arriccerebbero il naao s , proprio dir nulla, S6 pur non v'ha 1'intendimento di dar rilievo al barocco del concetto. Chi non sa che Ognibene, col sangue e l'anima d'un quattrocentista, non poteva pensare e acri vere come un contemporaneo d'Augusto'? Pi che certe idee generali, le quali non conchiudono nulla, s'aveva ragione d'attendere qualche cosa di determinato, che per mezzo di raffronti co' contemporanei, i quali sono parecchi e taluni anche insigni, mettesse il Leoniceno nel suo vero posto. E questo si cerca invano nello scritto del Sabbadiui. Del poco, che vi si detto, non so anzi, se tutto si possa accettare. . Il Sabbadini distingue due maniere di scrivere latino: l'una sta nel tenefsi religiosamente all' uso del secolo d'Augusto , l'altra nel far entrare in quel materiale linguistico classico una corrente di nuove idee, e con le nuove idee anche vocaboli nuovi latinamente foggiati e costrutti nuovi, o gli stessi vocaboli antichi con una nuova significazione. Comunque possa tornar altrui preferbile l'una anzich l'altra delle due maniere, il fatto , dic'egli, che la seconda li la maniera propria dei quattrocentisti, e propria anche, fino ad un certo segno, di Ognibene I). Se debbo dire il vero, io non so capire in che stia Cl la corrente delle nuove idee, e con le nuove idee anche i vocaboli nuovi I) che il Sabbadini incontra ne' latinisti del secolo decimo quinto e tra gli altri in Ognibene. Basta leggere un quattrocentiata per persuadersi del contrario. Lo studio degli umanisti era indirizzato, chi non lo sa'? non a escogitare il nuovo, ma a far riviver l'antico. Cosicch l' istessa idea cristiana, accomodata alla forma pagana, rimane spesso svisata. Si legga per tutti il poema De Part" Virginil del Sannazzaro, ch' pur uno dei pi insigni del secolo d' Ognibene. E in ugual modo, perch non metta i brividi (come pure li mise al Sabbadini pur tanto progredito nel greco), perch non metta i brividi, dico, il giudizio del Bessarione, che aditone un discorso greco, dichiarava aver il Leoniceno tolta a' greci e trasportata s' latini la palma dell' eloquenza , si leggano le poesie greche di quell' Angelo Poliziano, che costrinse al silenzio in certe quistioni ellenistiche Demetrio Calcondile, che pure veniva di Grecia, anzi d'Atene. Del resto non neppur a dubitare, che gli eruditi faranno buon viso non solo alla biografia, ma anche alle diciannove lettere, che il Sabbadini trasse dagli Archivi de' Gonzaga e de' Capilupi di Mantova e da' codici della Marciana di Venezia e della Bertoliana di Vicenza, e public raccolte in un sol corpo per primo. Cos v'avesse

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egli aggiunte le non molte edite talvolta in opuscoli d'occasiono, ma pure rarissime, e il monumento, eretto da lui all' illustre antenato, sarebbe stato pi completo e pi prezioso!
BERNARDO MORSOLIN.

L' [stria .. Note storicke di CARLO ns FU.NOESCBI, sfJgrfJtario emfJrito della Giunta provincialfJ Jstriana. Pa renzo, Coana, 1879, pag5. 08, 8." - La VfJnezia Giulia. Studi politico-militari di PAULO FAMBRI con prejazionfJ di RUGGERO BONGBI, aggiuntfJvi notfJ e carta geograjica. Venezia, Naratovich, 1880, pago XXXV, 245, 16~o

Altra volta nei quaderni di questo Archivio abbiamo richiamato l'attenzione dei lettori, sopra importanti pubblicazioni che riguardavano l' Istria, a cui le memorie gloriose del passato e le speranze liete dell' avvenire fan volgere naturalmente gli studi degl' italiani, segnatamente de' veneti, Ch non son questi dimentichi dell' antichissimo VfJ'IIfJtia et Histria, onde furono romanamente congiunte le due terre con eguale cittadinanza in una sola regione, non fallace presagio delle poste re sorti per tanta parte comuni. Di che ci parve poter senz' artificio annunziare unitamente le presenti pubblicazion, come quelle che, sebbene per vie diverse; pur con intento comune ci parlano dell' Istria, o riferendo il passato ad apparecchiar l'avvenire, oppure a quest' ultimo prossimamente intendendo sulla base inconcussa d'un passato, cui nessuno pu dar mentita, e d'un presente che si confonde colla natura stessa delle cose. Le Not storickfJ del De Franceschi, sotto un titolo modesto, stanno a paro colle pubblicazioni paesane del Carli, dello Stancovich, del Kandler, del Cambi, del Luciani e di altri ed altri dottissimi illustratori delle cose istriane. Perocch innumerevoli (pi di tremila) si contano le opere che trattano .materia istriana. Eppure quei valentuomini che ne scrissero, anzich dettar storie magistrali, si limitarono modestamente, ma con profitto moltiplicato, a raccogliere materiali e a dare frammenti preziosissimi di una storia, che quasi potrebbe dirsi formata, cui manca forse soltanto l'appariscenza del colore e del titolo. Patriotti di solidissimo carattere, potenti nell' analisi, procedono in cos bell'accordo fra loro, che la sintesi identica, facile per ogni lettore che voglia farla da s, mentr' essi pajono quasi affatto trascurarla, nel tempo stesso

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che si mostrano filati, scrupolosi, tenacissimi nella ricerca. Tal appunto il De Franceschi. Alieno dall' introdurre nella storia ci che storia non , le proprie vedute subordina al racconto sereno dei fatti cosi, da non destare il pi lieve lontano sospetto che l'A. qualcosa ponga del suo. Certo, quanto all'arte, con diverso criterio furono scritti gli articoli del Fambri, e ci serve a spiegare la maniera affatto di versa seguita da lui anche nella parte narrativa del suo libro; maniera per che non ci sembrerebbe quella da preferirai, se fosse stato suo intento scriver la storia. Sar questione di gusto; ma la vivacit dello scrivere, che dote cosi lodata nel Fambri, ci sembra dar nel soverchio e nell' affettato, quando si tratta di raccontare. E chi ci richiedesse di prove" legga nel De Franceschi i cap. VI e VII intorno alla conquista romana dell' Istria, il XIII delle incursioni dei barbari, il XV del dominio longobardico e franco-italano e del famoso placito di Carlomagno, indi la parte I, che il primo dei tre articoli del Fambri, dove sono narrate alquanto diffusamente le stesse cose, e poi ci dica sinceramente quale delle due narrazioni l' ha stancato meno. Tanto vero che la piacevolezza, come tutte le altre doti dello scrivere, non basta sempre il solo proporsela per ottenerla in effetto. Questo, quanto ad un eccesso di critica spiritosa e di motti arguti, onde va saturo il lavoro del Fsmbri. Invece egli ha senza dubbio ottenuto di dimostrare le ragioni politico-militari, per le quali il confine che di vide adesso i due Stati, italiano ed austriaco, non nspondono ad alcun criterio razionale, geografico od etnografico, n sopra tutto alle ragioni di sicurezza reciproca per ambedue gli Stati. Chi segue coll' esattissima carta geografica, ch' aunesaa al volume, le osservazioni geografiche e militari che l' A. ci espone; chi tien dietro alle ragioni d'alta politica, sviluppate cos nella seconda parte come nella risposta all'articolo dell' Haymerle, e confermate nella LBttB'I'a ungkB'f'tJtB all' auUJ1'B, non tarda gran fatto a persuadersi che nell' Alpe Giulia segnata ai due paesi la frontiera, la quale pertanto ci metterebbe al pcsaeaso di ci che a buon diritto Italia. Laonde, senza farne una questione ardente di guerra, sta nel bene inteso interesse dei due Stati di meglio determinare i limiti, che il trattato del 1866 ha stabilito secondo le condizioni politiche del giorno in cui venne sottoscritto dalle due parti. Certo che la natura delle cose dimostrata nella storia passata e presente dell' Istria, le tendenze legittime della nazione, lo sviluppo naturale dl'gli aneni-

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menti, e pi che tutto una politica sagace leale che non disgiunga la prudenza dall' ardimento, ci potranno condurre al possesso della frontiera vagheggiata all' Alpe Giulia. Che se l'uomo politico volesse anche maggior sicurezza, eccolo rassicurato da una prefazione del Bongbi, la quale degno premio al volume. Le stesse dubbiezze d'indole varia, che il Bonghi si propone con quel suo fare 0,;0 fo, si dileguano facilmente allume delle acuto che dimostra il 61 ragioni complessive che lo mettono d'accordo nel pensiero unico ond' ispirato il volume. E fu provvido consiglio lasciare a quell'ingegno potente la libert di opporre seco stesso ragioni a ragioni. Ma anche miglior consiglio fu quello di riprodurre fra le note i due studi del Cornbi : L'importanza dell' Alpe Giulia e dell' Istria per la difesa dell' Italia Orientale (estratto dalla Ri1Jista

COll.temporanea); Della Rivendicazione dell' Istria agli studi italiani (Discorso letto al r. Istituto veneto nel decemb. 1878). Autorit incontestata nella materia, lo scrittore del Prodromodella storia dell' Istria, della Porta Orientale, dei Cenni etnograjlci e di non s i quante altre
memorie sulle cose istriaue, riunisce egli mente e cuore e cognizione di causa quanto altri mai per trattar questo tema, che assume nelle argomentazioni di lui l'insistenza, il calore e la forza .del Delenda Cartago nella bocca del grande Censore. La sintesi lli tutti i ragionamenti, dice egli, sta in una memorabile sentenza proferita dal pi gran capitano dell' et moderna. L'Alpe Giulia compimento del Regno d'Italia. Perch questo non s'abbia il nemico in casa, la linea dell' Adige va portata a que' monti,

l' Istrie, qui l'emport, par la convenance et la valeur intrin8~que de beaucoup sur la Lombardie. Ma dalle memorie del Oornbi, patrictta istriano, assai facile il passaggio al libro del De Franceschi, di cui vorremmo dare un compendio, per tutti quelli che non si sentissero di leggere tutto intero il volume. Ma non ce lo consente la ristrettezza dello spazio. Ci basti soggiungere a quanto abbiarn detto pi sopra. che la geografia antica e moderna della provincia, lo studio degl' itinerari, quello sulla natura delle terre e delle pietre, le condizioni e le tradizioni dei tempi pi remoti sono argomenti trattati con sobriet e chiarezza. Il breve capito XXXVI, sulle misure adottate in Istria contro il protestantesimo all' epoca della Riforma, ci offre notizie importanti intorno alle condizioni religiose del pRese in quell' epoca travagliatissima. Assai sviluppato nei vari capitoli ci parve l'argomento della costituzione amministrativa dell' Istria, secondo le dominazioni varie che vi si sue-

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cedettero. Nell' importantissimo cap. XLIII, Dii "elco"ati, troviamo accennato che dottissima persona intende pubblicare un ampio la voro su questo argomento. Piuttosto ci soft'ermeremo alquanto coll' A. nella storia di ci ch' forse men noto, vogliam dire la coltura del popolo istriano. Degl' Istri pi antichi, da pochi nomi conservati di famiglie, di luoghi e di fiumi si rileva soltanto che erano, in parte di lingua affine alla greca, e in parte d'idioma celtico. Ma colla conquista romana, per la venuta di numerosi coloni, la civilt latina vi prese stanza cosi, che in poco pi di due secoli l' Istria era gi divenuta provincia italica per linguaggio' e civilt, quando Augusto la incorpor all' Italia, estendendo questa sino al piede dell'Alpe Giulia, dandole per termine il confine stesso segnato dalla natura nella formidabile barriera delle Alpi. E veramente il periodo della dominazione romana nell'Istria lasci qui, pi che altrove, splendidissime traccie, Iscrizioni e antichit romane si trovarono, non soltanto, come altrove, nei luoghi che furono citt, ma su tutta la superficie della provincia; e ogni d'l se ne scoprono di nuove, sarcofaghi di pietra, urne cinerarie, lumi sepolcrali, avanzi di bagni, di cisterne, tracce di fabbriche, di porti artificiali: il che tutto dimostra attivit d'industrie, agricoltura fiorente e fitta popolazione. Molti istriani durante l'impero furono senatori, consoli, prefetti, legati ccc, Accenneremo tra gli altri Tito Statilio Sissona Tauro, il quale sotto Augusto ottenne il trionfo per aver reso all' obbedienza la Si cilia ; Fabio Severo triestino, senatore al tempo di Tiberio, ch' ebbe in patria statua equestre j Sesto Papellio Istro, console e governatore della Siria; Antonio Felice della Giudea sotto Vespasiano ed altri. La decadenza di Roma e la distruzione di Aquileja furono colpi mortali alla coltura dell' Istria; ma allorquando Ravenna fu centro ai commerci, vi concorrevano i provinciali dell' lstria, e la lettera di Cassiodoro (538) ne decanta anche allora la floridezza delle terre; anzi furono in quegli anni edificate le pi insigni basiliche. Centro agli studi per gl' istriani furono Ravenna, poi Grado, poi Cividale. Per le posteriori incursioni dei barbari nell' interno, per le scorrerie dei saraceni, croati e narentani nelle spiaggie, per le frequenti pestilenze e pi ancora per l'introdotto sistema feudale (contro il quale protesta preventiva il reclamo portato dagl' istriani nel celebre placito di Carlomagno) grave danno soft'erse lo sviluppo economico e civile del paese. Ma in onta a tutto questo l' Istria conserv ['antica sua fisionomia, la

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civilt latina. fu salva. attraverso il barbaro medio evo, e per gran parte vi contribu il clero secolare e regolare. Durante questo tempo i pubblici e privati documenti (fatte pochissime eccezioni giustificate) sono scritti in lingua latina ed italiana, poi esclusivamente nell' italiana..Questo; l'aver dato a Venezia undici famiglie patrizie e due dogi, Pietro Tradonico (836) e Pietro Polani (11 50); l'aver conservato siuo a noi gl' istituiti vescovati, le basiliche, le citt coi loro nomi originari, conservatisi sinanco nella massima parte dei castelli, delle borgate e dei villagg'i j l'essere stata visitata. da Dante che da monte S. Michele vide il Quaruero, e nel suo libro De Vulgari Bloquio accenna tra i vari dialetti italiani a quelli dell' Istria ; l'essere stato scritto in lstria (1394) quel Codice Dantesco che si conserva nella biblioteca di Parigi j tutto prova che l' Istria, quanto le altre provincie italiane, era terreno preparato ad accogliere e fecondare i germi del risorgimento lettrario dopo il Medio Evo. Nell' et moderna poi potremmo dare facilmente un indice numeroso di nomi chiari nelle lettere, nelle scienze e nelle arti, che sino ai nostri giorni formano il vanto dell' Istria. Basti per tutti ricordare Vittore Oarpacco di Capodistria, tra i pi insign pittori della XV; e poi Giuseppe . . scuola veneta, anzi italiana, del secolo . Tartini di Pirano, Mattia Flaccio d'Albana, Girolamo Muzio, Santorio Santorio, medico illustre, e Samuele Romanin, e 'Pasquale Besenghi, e Francesco Cambi di Capodistria, felicissimo traduttore in ottava rima delle Egloghe di Virgilio, e Michele Facchinetti, per tacere degli storici dottissimi ricordati pi sopra e di altri ed altri innumerevoli oratori, medici, poeti. intarsia tori celebri, scultori, uomini d'arme ecc. Conchiuderemo colle parole dell' A. medesimo: Noi siamo dunque in possesso di una gloriosa civilt, la quale, risalendo alla conquista romana di duemila anni fa, gett nel nostro suolo s profonde radici che, attraversando i lugubri periodi delle irruzioni barbariche ed i lunghi secoli del medio evo, pervenne sino ad oggi incolume, vegeta, splendida e fiduciosa nel suo avvenire ... per modo che la continuit della nostra civilt latina risulta irrefragabilmente dimostrata. Quanto v' ebbe e v' ha in Istria di bello e di buono devesi a lei sola .

C.

FRANZI .

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Fa.
MARCELLINO DA CIVEZZA M. O. Saggio di bibliografia geogroJka storica etnografica Sanfrancescana. Prato, Ranieri Guasti, 1879.

Un vol. in 8." di pago XIV, 698. Quest' opera di lunga lena La uno scopo d'alto valore per la scienza uni versale. Il modesto quanto illustre francescano, P. Marcellino da Civezza, or sono ventidue anni, seguendo un lodevole impulso del Ministro generale d'allora, P. Bernardino da Montefranco, si assumeva l'arduo compito di pubblicare la Storia uni17ersak delle Missioni francescane, che, ben principiata, venne condotta sino al V volume, dove il racconto tocca gi il 1500. Non questo il luogo opportuno a dimostrare l'utilit somma, che al progresso delle scienze ed agli studt d'antichit universale dee conferire un' opera di questo genere. E fu veramente cosa deplorevole, che la leggerezza e la smania di legiferare con criterl di politica malsana e sommaria abbiano addotto alla patria nostra, per lo sperpero mal giustificato degli Ordini religiosi, tra g'li altri disastri, anche quello di impedire tanta parte di studl a cui attendevano uomini' tranquilli, liberi da ogn' altra cura, alieni dalle brighe di parte e dai rumori onde siamo adesso assordati. Per buona ventura, riavutisi dal colpo, gli studiosi dei chiostri ripresero animo e possa, ed anche della Storia uni17ersale delle Missionifrancescane, sgraaiatamente interrotta, si promette gi prossimo il VI volume. Ma poich l'illustre P. ]4arcellino si era avveduto di non poter pi oltre procedere, senza procurarsi i documenti di una storia nuova e meravigliosa, qual era quella della diffusione del Vangelo nel Nuovo Mondo e in altre parti, con ottimo consiglio gli fu concesso d' imprendere un viaggio per le citt principali d'Europa, affine di cercare e raccogliere nelle pubbliche biblioteche e negli archivt lo memorie ricchissime che vi si dovevano racchiudere. Onde a vvenne che il buon Francescano, visitando Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Olanda e Germania, pot vedere e studiare tal numero d'opere Il stampa, la pi parte sconosciute, e di manoscritti supra ogni dire importanti e preziosi, relativi alla storia delle Missioni, da poter darne il presente saggio bibliografico, e premetterlo alla continuazione della Storia. A chi apra soltanto il grosso volume apparisce l'immensa variet delle cose trattate j di che torna pi facile vedere e giudicare qual opera debba riuscire la Storia delle Missioni. Ai titoli delle' memorie studiate (e son pi di 800) seguono le note illustrative, per lo pi brevi, talfiata lunghissime, IDa pur sempre utili e gradite a chi vo-

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g1ia conoscere lo materia di che trattano i libri o manoscritti che son qui citati. A giustificare poi la pubblicazione presente riportiamo qui le ragioni che ne adduce il eh, Autore medesimo nella sua dotta Prefazione. L' ho creduta, dic' egli, indispensabile, primo, perch faciliterebbe a me stesso l' ordinamento dei documenti per la successiva narrazione. Secondo, perch questo libro servirebbe di citazione per tutte le altre che debbono dare autotit al lavoro; e chiunque potr senza fatica qui verificarle, o, piaceudogli, ricorrere alle fonti. Terzo, perch i miei confratelli veggano qual genere di studi esso importi j quelli specialmente che si sono maravigliati de' miei indugi. Quarto, perch mi parve che la raccolta riuscirebbe tale, da mettere sott' occhio come un compendio dell' opera immensa de' nostri Padri nella diffusione della fede e dell' incivilimento fra tutti i popoli della terra dal principio dell' Ordine insino a noi. Quinto, perch il ragguaglio ch' io d di tutte le scritture a stampa o manoscritte, da me vedute e comechessia studiate, render facile a chi ne abbia la volont, l'ammaestrarsi e scrivere di tante nostre glorie ignote, e agevoler agli scrittori non nostri il parlare dell'Ordine franescano, quasi sempre da essi dimenticato o maltrattato. Sesto, finalmente, perch accadendo che la morte m'impedisse di compir l'opera, chi sar destinato a continuarla e fiuirla avr la strada bella e fatta, e non incontrer le difficolt e le fatiche che a me tornarono penosissime! Ma noi speriamo che tali fatiche saranno coronate da ottimo successo, e che il nostro A. potr egli stesso veder compiuta l'opera, a cui attende con lungo studio e grande amore da tanto tempo. Per conchiudere, del presente lavoro possiamo dire (ci che sembra a primo tratto incredibile per un saggio bibliografico), che la lettura di esso riesce in buona parte amena e piacevole.

C.

FRANZI.

Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato n~l secolo X VI di BF.R~ARDO MO'SOLl~. Vicenza, Burato, 1878, pago 554, 8.
A ragione vien cos intitolato questo libro, che non poi una povera vita del Trissino, autore poco popolare e mediocre, le geste del quale, come gli scritti, destano in misura molto scarsa l' entusiasmo dei lettori. Il eh. scrittore della presente monografia ha tentato piuttosto, e ci pare con esito felice, di far rivivere il Trissino in mezzo agli uomini, ai costumi, alle credenze e, diciamo anche,

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alle superstizioni dell' et sua. Certamente riusc a darci un ponderato volume, per nulla increecoso, il quale ritrae benissimo, conforme all' assunto, il carattere dell'uomo e del tempo; onde, facciasi pur ragione alla frivolezza prevalente ne' nostri, vorremmo promettere all' A. qualcosa pi che i quattro sperati lettori. E notisi che del Trissino da vicentini e non vicentini fu scritto, potremmo dire, abbondantemente. Valga per tutti il nome di Scipione Mafl'ei nella vita e prefazione alle opere del Trissino stampate in Verona dal Vallarsi nel 1729; e tra i- vicentini, oltre al compendio biografico del Calvi, la vita scritta da Pierfilippo Castelli. Tuttavia, narrazione ristretta di cose, inesattezze non lievi, o prolissit stemperata di forma potevano indurre il desiderio che altri si ponesse a nuovo lavoro in modo pi conforme all' argomento, non senza rinnovate ricerche, rese pi facili ai nostri giorni per le moltiplicate comunicazioni. E cos appunto volle e seppe fare il Morsolin, il quale, propostosi di attingere alle fonti, anche per vedere qual uso fosse stato fatto in antico dei trovati documenti, confortato dall' amicizia di Jacopo Cabianca, pot per suo mezzo esaminare altres presso il conte Giorgio Trissino dal Vello d'Oro le carte concernenti l'illulltre antenato e l' intero archi vio eli famiglia, e conoscere ancora i preziosi documenti raccolti da Leonardo Tr!ssino, donati successivamente alla Biblioteca Comunale di Vicenza. Fatto sta, che il nostro A., scrivendo del Trissino, cui sarebbe stoltezza negare svariato e profondo sapere e domestichezza coi dotti del suo secolo, ha trattato da par suo cose talora poco note e di non dubbia importanza. E se i limiti, tra i quali ristretta la presente rivista, non ce l'impedissero, vorremmo indicare estesamente le varie notizie che acquistano nuovo lume o maggiore sviluppo per opera di un osservatore sensato, di un biografo intelligente, quale si manifesta il Morsolin. Anzi' possiamo dire che non c' quasi capitolo, tra i XXV nei quali si divide la narrazione, che non presenti in nuovi aspetti, nell' uno o nell' altro riguardo, uomini, fatti, istituzioni, arte, scienza, letteratura. Ond' , che s'ei ti parla di Trissino giovanetto, ti avviene di far quindi la conoscenza coi pi valenti istitutori del secolo, e ti trovi portato nelle pubbliche scuole di Vicenza. E i grandi fatti di quel tempo, quali furono per l'Italia le vicende di Lodovico il Moro, le lotte tra gli Estensi e Giulio II, la lega di Cambrai ecc., puoi vederteli ridotti a cronaca domestica nella storia di Vicenza e per la parte cbe vi prese Gian Giorgio. Di che, se questi si reca a Milano, eccoti brevemente descritta la condizione della citt durante il reggimento

59
del Moro, e nelle costumanze dei ricchi, presso i quali rinveniamo il letterato vicentino. Il Trissino a Roma, il Trissino a Padova, il Trissino oratore a Venezia, il risorgimento degli studi nell' Italia setteutrionale, le innovazioni dell' alfabeto e della pronunzia italiana, la questione intorno alla lingua, l'arte tipografica in Vicenza, altri ed altri importantissimi argomenti vengono accennati e svolti dall' A. in modo franco e spigliato. Della quale franchezza, Don disgiunta dalla moderazione e avvedutezza necessarie, ci porge esempio luminoso l' A. nel trattare dell' accuse di eresia, delle vicende di Giulio Trissino e della celebre assemblea dei Sociniani. Il volume si chiude colla serie di ben LXXXV documenti, p~r la maggior parte inediti; i non inediti furono qui nuovamente pubblicati, o perch rari o perch di complemento ad alcuni tra quelli ch' escouo la prima volta. Inoltre per i bibliografi, ai quali importasse conoscere dell' autore dell' Italia liberata dai Goti la serie di tutte le opere e le diverse edizioni, va ricordato )' indice completo che precede la narrazione, e ch' dovuto all' opera illuminata del ch. Andrea Capparozzo, amico del biografo, provetti l'uno e l'altro nella scienza dei libri. C. FRANZI.
G.
COLOMBO.

Notizie biografiche e lettere di papa Innocenza XI. Torino, 1878, tipo degli Artigianelli, ediz. fuori di commercio.

Sovra Benedetto Odescalchi comasco che, assunto alla cattedra pontificia, si chiam Innocenza XI, corrono presso gli scrittori giudizi assai diversi. Mentre alcuni che seguivano, o per amor di patria o per politiche inclinazioni, le parti di Francia, lo trattavano, esponendone il pontificato, assai severamente, e gli anonimi autori de' libelli politici, che usciva n dalle oftcine tipografiche francesi ed olandesi, lo beffavano quale uomo ignorante, ostinato, avarissimo; altri dalla esagerazione stessa delle accuse e dei biasimi quasi di necessit erano condotti ad esagerarne d'alquanto i meriti, che non sono per stati pochi n lievi. E fra questi ultimi scrittori ci sembra deb'ia esser annoverato l'erudito P. G. Colombo, il quale, gi favorevolmente noto per altre dotte monografie storiche, ha da qualche tempo dato alla luce in un elegante volumetto, le Notizie biografiche e Lettere di Papa Innocenza XI, che annunziamo ai nostri lettori. Scrive l'egregio A. che oggi verun documento, onde qual. che nuovo lume si tragga a viemeglio rischiarare gli uomini e le

io
~ cose, si rigetta; assai pi imparasi da un fatto minuto, da un

oscuro par'colare, che da certe storie voluminose, che stanno sulle generali: inutili esercitazioni rettoriche pi che vere sto,. rie (1) . Sono parole d'oro, ma, per dire il vero, non ci sembra che il P. Colombo ne abbia fatto intieramente suo pro'. A giudizio nostro appunto il suo libro ha, in qualche parte, il torto
di stare un po' troppo sulle generali: della vita e del pontificato di Innocenzo XI egli narra i fatti pi importanti, come fa parte che egli prese nella guerra indetta dagli stati europei contro i turchi, quando questi assediarono Vienna, e le sue celebri contese con Luigi XIV, in modo assai ampio; aggiunge a questi fatti storici, molto noti per la loro importanza stessa, alcuni particolari curiosi, forniti da documenti che egli ha trovati, e sta benissimo: ma perch poi restringere in tanta brevit le altre parti del lavoro? A noi sembra che l'egregio A. abbia posto molto in rilievo il Ponte(ice, assai poco l'uomo .. n possiamo veder volentieri spese molte pagine a rammentare alti che spettano al puro governo ecclesiastico, e una sola per narrare la gioventi! dell' Odescalchi, ed i primi suoi passi nella via gloriosa da lui percorsa. Come il P. Colombo sa benissimo, degli anni giovanili dell' Odescalchi si conosce ben poco; nulla quasi; sarebbe stato molto importante, e forse non senza risultati, il tentativo di portar sovra di essi maggior luce; di scoprire quali motivi, quali circostanze abbiano spinto il nobile giovane ad abbandonare nel fior degli anni la vita lieta ed attraente del gentiluomo per l'austerissima del sacerdote. noto come alcuni scrittori - il Pittoni, il Bayle, il Morer, il Voltaire - abbiano raccontato che, nella sua et giovanile, Benedetto Odescalchi segui la carriera delle armi, e che, combattendo cogli spagnuoli contro i francesi in Fiandra, in un combattimento tocc una ferita alla spalla destra, della quale risent il dolore per tutta la vita. Questa, che l'egregio A. chiama diceria , confutarono l'annotatore del Moreri ed il Rezzonico, narrando come un altro della famiglia Odescalch combattesse nelle Fiandre, e che da ci nacque l'errore; par certo tuttavia, che quando il Nostro torn da Genova, ove s'era recato per cagion di studi in casa di parenti nel 1626, alla citt nativa, fosse eletto (il 20 ottobre 1635) capitano delle milizie di Como. Se adunque non milit nelle Fiandre, pure al mestier delle armi attese in giovi(1) Pago 55.

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nezza, come a nobil garzone era convenevole. In quanto alla rapidissima guisa con cui percorse la scala delle ecclesiastiche dignit, e giunse assai presto, in pochi anni, alla porpora cardinalizia, dai contemporanei si credette che non poco gli fosse giovato il favore che erasi procacciato colla sua liberalit presso donna Olimpia Pamphyli (t); n la cosa ha in s alcun che di inverosimile, chi pensi alla sfrenata autorit che la cupidissima donna esercitava sul debole animo del cognato. Con ci non vogliamo negare che l' Odescalchi meritasse la porpora, o supporre che la raggiungesse con illeciti mezzi; ma anche ammettendo che le storielle delle partite giuocate con D. 0limpia e vinte da costei, e il dono dell' armadietto d'argento, siano false, non perci a riputarsi strano che a poggiar tant' alto ajutassero l' Odescalchi non meno i favori di D. Olimpia che i suoi meriti. I quali furono grandi assai; certo un Papa che, come lui, san (e per sempre) l'incancrenita piaga del Nepotismo sar sempre da tenersi in gran conto; n minor vanto gli arreca l'aver con tanta sollecitudine ajutato di danaro e di consigli la Polonia, che si dibatteva (sola senza alleati) contro l'irruente potenza ottomana, Fin da quando esso era soltanto cardinale, nel t674, incitava vivamente gli ecclesiastici a raccogliere le decime per soccorrere i polacchi, i quali difendevano la religione cristiana e l'Europa da una invasione barbarica, che egli prevedeva e temeva. Se si dzffcolteranno le decime (egli scriveva fin dal t(74) si far un allo

non solo di poca piet, ma che ridonder in danno proprio, percli potr dare occasione che si faccia la pace in Polonia, e che il Turco si volti o in Onaria o in Italia; verit cos palpabile, che non se ne pu dubitare, e sar maggior castigo d'Iddio che noi medesimi siamo causa del nostro male (2). Quasi dieci anni
dopo, la profezia del cardinale Odescalchi si avverava, ed esso, divenuto Pontefice, soccorreva efficacemente alla minacciata, tremenda rovina della religione e della civilt. La somma piet e religion sua, la severit e frugalit della sua vita, la sua rigorosa giustizia" la rettitudine e integrit da lui messe in mostra nell' amministrazione del patrimonio di S. Pietro, da nessuno, fra i suoi anche pi accaniti detrattori, vennero contestate. Qualche volta la sua austerit di costumi e la sua rigidezza
(I) La giu,ta Statera de'porpora/i. Ginevra, 1650. Menagiana, vol. 1., p. 185, ed.oland. (2) Lettera Inedita a mons, ['imbardi, del SO giugno 1674.

11

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parvero a taluno soverchie, come quando tent di voler render pi modeste le foggie femminili, o fece ricoprire (perch invereconde ) le nudit delle statue che fregiavano il mausoleo di Paolo III. Vero che in Vaticano i nudi di Michelangelo avevano dovuto rassegnarsi alle brache, che dovevano pi tardi rivestire in S. Pietro anche i genietti efdgiati dal Canova! Ancora certo che sotto il suo pontificato riforiva il S. Ufficio, e le prigioni accoglievano con molta facilit chiunque parlasse o pensasse un po'liberamente; tantoch Pasquino, il quale della promozione dell' Odescalchi alla dignit pontificia si era altamente rallegrato (1), borbottava pi tardi: Se parliamo, in galera; se scriviamo, impicca; se stiamo quiete, al S. Ulfizio; e cM bisogna fare? (2). Vien pur accusato Innocenzo XI di soverchia deferenza verso i suoi ministri, e specialmente verso il cardinal Cibo; per il quale aveva tanto affetto da attirarsi lo spiritoso epigramma:

Bellua Odescalcum notat insatiabilis, ut qui Vult sibl praesentem aemper adesse Cibum (3).

Lo dicevano anche poco dotto in teologia, e pochissimo nelle profane lettere; sovra di ci altro argomento non possiamo rammentare, che la faceta novelletta raccontata dal Menagio (4), che tuttavia risente molto di favola. Dalle sue lettere non si pu, a vero dire, ricavar argomenti in pro n in contro: non scrive n elegantemente n in buona lingua, ma in modo assai corretto e conciso. Ma quello che non si pu negare si , che mancava di quella mitezza, prudenza ed abilit che son indispensabili, a chi collocato in altissimo grado, per ben governare. Se egli avesse saputo condursi pi accortamente con il Re Luigi, ed evitato di irritarne l'infinita superbia, sarebbesi forse risparmiati tutti gli oltraggi e le amarezze che dovette ingojare per la contrastata abolizione del diritto d'asilo. Certo il monarca francese aveva dati gravi motivi di sdegno al Pontefice, col voler estendere a tutto il regno (1673) il diritto di regalia; ma non men vero, che le lettere scritte dalla Corte di Roma nel 1678 e nel 1679, contro que' Vescovi che ave(1) Vedo Il Vaticano languente etc, di G. LETI, Parte terza. Ragionamento ,opra la promozione dell' Bm. Odescalcki al Pontiflcato con molte Ctlrios,."ime particolarit fra il gobbo Pasquino e Marforio, (2) G. STOBY, Roba di Roma. Londra, 1864. (31 Vedo LETr. Il Vat. lang. Parte 1lI, p. 459; ave il vaticinio di Malachia riferito erroneamente a Clemente X. Cfr. anche MARY LAFON, Pasquitl et M.rforio. Biat. ,atir. de, Pape,. Paria, Dentu. (4) Menag. I, p. 52.
'0

1M
vano cercato appoggio in Re Luigi, erano concepite in termini tali da irritare facilmente un monarca come quello. E la ostinazione di Innocenzo XI, che si dichiarava pronto a soffrire anche il martirio piuttosto che cedere, era pi tardi, quando cio i dolori e le umiliazioni toccate in Roma stessa dal Pontefice sorpassavano ogni misura, disapprovata da tutti, anche da: suoi suoi amici, dalla regina di Svezia e dall' ambasciator di Piemonte, fra gli altri; il qual ultimo scriveva che, il continuare in quella ostinazione era, per cosi dire, resistere al cielo (t). In Francia la collera del Re, che non si placava nemmeno dinanzi alla tomba appena chiusa del Pontefice (2), infiammava tutta la nazi'one; a noi ne giunge l'eco dalle proteste del Ooncilio Nazionale, come dagli epigrammi del La Fontaine dagli alessandrini solenni del Racine. Abbiamo rammentato un detto dell' ambasciator di Piemonte. Era questi il conte de Gubernatis, che aveva nel t685 surrogato in Roma il conte Provana. Dalle lettere di questi due ambasciatori, da un Quinternetto di memorie del De Gubernatis, e da altri documenti conservati nel R. Archivio di Stato in Torino, ha il P. Colombo tratto molte curiose notizie, e ragguardevoli particolari che danno molto interesse e ne avrebbero dato di pi, se ne publicava pi copiosi estratti, al suo volumetto. Nel racconto dell' arrivo e della condotta dell' ambasciator francese in Roma, l'A. avrebbe potuto giovarsi assai di un libro che ne porge una lunga, notevole e minuziosa descrizione, la seconda parte, cio, dell' opera di un contemporaneo: la Monarchia Unioe,'sale di Luigi XIV del Leti. Quale appendice ai suoi Cenni biografici, il P. Colombo ha dato alla luce diciannove lettere dell' Odescalchi , gi Pontefice, indirizzate ad Antonw Maria Erba, suo nipote per parte di sorella. Queste lettere offrono per verit poco interesse; poich, come il chiaro Editore stesso non esita a confessare, si rifescono quasi interamente ad affari domestici ed economici, il preciso senso de' quali mi sembra talvolta malagevole ad intendersi (3). Noi conosciamo una corrispondenza molto pi importante dell' Odescalchi, da esso mantenuta per alcuni anni - dal 1671 al 1675 col marchese Pietro [simbardi, allora vescovo di Cremona.
(l) p. 45.

(2) Vedo la lettera di Luigi XIV del 24 Agosto 1689. (3) p. M.

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L' Isimbardi era di nobile famiglia pavese; entrato nell' ordine carmelitano si rec a Roma, ave insegn teologia nella Sapienza, e legassi probabilmente in amicizia coll' Odescalchi. La loro relazione, sebbene mantenesse, come era naturale, un carattere grave e contenuto, sembra per fosse assai intima; giacche dal 1670, anno nel quale l' Isimbardi fu da Clemente X designato a succedere nella sede episcopale di Cremona a Francesco Visconti, sino al 1675 nel quale mori, la loro corrispondenza fu vivissima ; le lettere dell' Odescalchi toccano quasi il centinajo. Per la massima parte si aggirano sovra i fatti quotidiani che occupavano la Corte e la citt: le elezioni, le partenze, gli arrivi de' prelati e de' governatori dello Stato ecclesiastico, le malattie e le morti dei personaggi importanti; nonch sugli avvenimenti del tempo: le guerre dei Turchi colla Polonia, quelle del Re Cristianissimo, la sollevazione di Messina ecc. Alcune sono anche pi curiose, perch recano notizie sulla famiglia del cardinale: impariamo da esse a conoscere una sua nipote, sorella di Livio, per nome Giovanna, innamorata di un giovane al quale i di lei genitori non voleano in verun modo concederla. Le espressioni delle quali fa uso il cardinale parlando all' Isimbardi della ostinazione, amorosa di cui s'armava la giovinetta, che tolta di ritiro era stata affidata alla amichevole custodia della' marchesa Isimbardi, madre del vescovo, e della cognata di questi, son sempre cosi severe da lasciar luogo a dubitare che il cuore dell' Odescalchi fosse cosi tenero e pietoso di natura li) come si compiacciono dirlo alcuni, e fra gli altri il P. Colombo (1). Mia nipote senza cervello, - scrive il cardinale in data del 22 Febbrajo 1675 - onde non dubito che far riuscita infruttuosa r opera della sig. marchesa sua cognata. Piaccia al sig. Iddio dz' darle lume. E il 9 Marzo: Piaccia a Dio che l'opera della sig. marchesa sua cognata riesca [ruiiuosa ; ma haoer a {are con un cervello pazzo, che haoeria bisogno detti esorcismi e del bastone mi lascia sperare poco di bono. Tornando V. S. a Mitano, la prego a compiacersi di far anch' ella la prova di incere un mostro d' ostinatione con la sua eloquenza e caritative esortauoni. Pare che le marchese Isimbardi proponessero di rimandar la fanciulla in un ritiro, giacch l' Odescalchi scriveva al vescovo il 6 Aprile: R Monastero per quella ostinata dubito sia stanza pericolosa, e non

(1) p. 51.

165 vorrei che si haoessero a fare nove piazzate, perch la corrispondenza facile acquzStar(la); poich basta che si guadagni una di tante donne che ioi si trovano. Andando V. S. a Milano, mi far favore di rappreseniarli fra le altre cose, che i mairtmanzi' falti per capriccio hanno sempre esito infelice, e che suo padre non volle mai dar orecchia a trattato alcuno, perch haveva il Personaggio per matto e pieno di mal franzese, n sar il primo pazzo di quella Casa, essendo stata tale una monaca zia del padre, alla quale si assomiglia anche di faccia il pronipote. Chi fosse costui, ed a qual famiglia appartenesse, non risulta
dalle non poche lettere del cardinale, che dell' amoroso intrigo della nipote era cosi malcontento. Sembra che alla fine per la fanciulla, stanca della continua ed invincibile opposizione che i suoi desideri incontravano, cedesse. Ci si ricava da un passo della lettera scritta l' 8 Giugno dal cardinale, che lieto dell' esito, ma dubitante per la leggerezza e presuntione ~ della nipote, concludeva: Resta che i fatti corrispondino alle parole, e che in avvenire i portamenti faccm conoscere che gli errori pas-

sati siano accaduti pi per colpa e [raude d'altri che per propria volont.
Abbiamo creduto che il far cenno dell' esistenza di queste lettere potrebbe riuscir gradito a chi si occupasse del pontificato di Innocenza XI; la vita del quale ed i grandi avvenimenti che vi si collegano meriterebbero d'esser fatti argomento d'uno studio profondo, giudizioso, meditato, elaborato colla scorta dei documenti, quale ce lo potrebbe offrire l'egregio professore di Moncalieri, autore di cosi notevole saggio.

F.

NOVATI.

AT T I
DELLA

R. DEPUTAZIONE VENETA DI STORIA PATRIA

ALCUNE AGGIUNTE ED
ALLA

U~A

POSTILLA

BIBLIOGRAFIA STORICA
DELLA VENEZIA AL TEMPO DEI LONGOBARDI
(V. AreA. Ve... , XIX, 404 segg.)

A p. 404, lino 8 dal fine leggasi terza e la quarta , in luogo di seconda e la terza .
A p. 411, nota 2, ricordo l'Inedita vita di Paolo diacono scritta da Marcantonio Nicoletti. L'Illustre bibliotecario di Udine, dotto V. Joppl, mi mand gentilmente alcune indicazioni in proposito. Il Nicoletti (+ 1596) non dice nulla di nuovo, e mal fatta la sua bibliografia delle opere paoline. A Paolo attribuisce anche pi libri di epistole.

P. 427. In fine alle cronache s'aggiunga:

XIII. Sermo oenerabis Coronati notarii de vita S. Episoopi et Oonfessoris Zenonis.


la pi antica vita di S. Zeno, vescovo di Verona nel IV secolo. Rozza, leggendaria, peraltro Importante. Secondo la comune Interpretazione (da cui si 8C08ta 00. Dlonlsi, L'epoca di S. Zenone, p 5. Verona, 17'78; Id. Dei Santi Veronesi. Verona, 1786, p. 84-5), questa Vita trasporta S. Zeno al tempo dell' Imp. Gallleno, Fu scritta senza dubbio dopo il 589. facendovs! menzione della piena d'Adige di cui parla S. Gregorio, e prima della traslazione del corpo del santo, ch'ebbe IUI)I\'O al tempo di Pipino. Pietro e Girol, Ballerini (S. Zenonil8eNttOnel. Verona, 1'739. Dissertat. LX, CXLI) la giudicano del VII o dell' VIIl secolo.

167
Codiai (il pi antico e prezioso era quello di Reims, forse del sec, VIII, che conteneva: Sermones zenoniani; studiato dal Maffei, serv per l'edizione halleriniana. And bruciato nel 1775). - Codici Barberini, VaIlicelliani III e VII, leggendario Urbevetano, cod. Napoletano, di S. Massimino di Treveri, di S. Salvatore di Utrecht, dell' Abazia di S. Salvatore di Monte Amiato (citati dai pi vecchi editori). - Capito Veronese, n. CXIII (del sec. XVI). Ediziani:
Bonino Mombrizio, Sanctuarium seu vitae Sanctorum, II (s. a.; l'opera dedicata a d. Cicho Simonetae [t 38 ottobre 1480] Illustrissimorum et Excellentissimorum ducum Mediolani secretario ). Ferd. Ughelli, Italia Sacra, V, 555-8. Romae, 1653 (riprod. nella seconda edizione curata da Sebastiano Coleti, V. 680-2. Venetiis, 1720). Acta SS. Bolland. Aprilis, II, 70-1 (volume curato da Godefr. Henschenio e Daniele Papebrochio). P. et H. Ballerini, S. Zenonis Sermones, p. CXLVII-CL. Veronae 1739 (specialmente dal Cod. di Reims). A p. 425, lino 20: si modifichi il passo cosi: Capito Veron., . LXXVIII, fol. 9-13 del sec. XI (un altro codice ne possedeva il Maffei). Ivi, lino 32. In luogo di r editore , scrivasi: L'editore .
A p. 436 citai le due lettere di Gregorio Il Quia peccato faciente (Jaff, n. 1670, 1671), con cui vengono eccitati Orso doge e Antonino patriarca gradeuse ad aiutare l'esarca rifugiatosi a Venezia, onde egli potesse ricuperare Ravennn invasa dai longobardi. Recentissimarnente un acuto critico tedesco, il dottor Guglielmo Martens (1) non solo impugn la genuinit di quelle epistole, ma neg od almeno pose in grave dubbio la verit della presa di Ravenna per opera dei longobardi. Classe sola, egli dice, fu da essi occupata e saccheggiata. Espong-o le testimonianze delle scarsssme fonti. Paolo (Ht,t. Langoli., VI, c. 49. ed. Bethmnnn-Waitz) parla cos della occupazione di Classe: Eodem tempore rex Liutprandus Ravcnnam obsedit, Clussem invast atque destruxit. Tunc Paulus patricius .... . Accenna quiudi agli editti iconoclastici di Leone, cui si ribellarono Venezia e Ravenna, rattenute solo dalla voce di Eugenio II dallo scegliersi un nuovo imperatore. Parla poi dello estendersi dci vittoriosi 10Dgobardi uell' Emilia, e di Liutprando che occup Sutri per restiturla di l a poco ai romani. Non molto appresso (c. 54), prima di esporre la rivolta di Trasamondo
(C

(I) PaU/t8che Ge8chichte de8 Langolirlrllenretche8 unter Kijng Lutpraftd 1112-144), Hedelberg, 1880; ~ quivi veggasi specialmente l'B:ccur8ul (p.66seg.) col titolo Wurcle Ravenna schon von Konig Liutprand eingeoommen?

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('738-9), e come riguardassero un tatto a quella anteriore, espone quanto segue: Rursus cum Ravennam Hildeprandus, regis nepus, et Peredeo Vicentinus dux opprlmerent, inruentibus subito Veneticis, Hildeprandus ab eis captus est, Pere. deus viriliter pugnans, occubuit u , Di uno solo di questi fatti assicurata la data. La presa di Sutri, come avverte benissimo anche il Martens (p. 39) cade nell' anno che va dal settembre 727 alsett. 728. Infatti l'autore della Vita Gregarii II (l) scrive: Eo tempore per XI Indictionem dolo a Langobardis pervasum est Sutriense castellum, quod per CXL dies ab iisdem Langobardis pOSBe8Sum est l>. Qnindi Liutprando, a detta della Vita, d'accordo col nuovo patrizio Eutichio, mosse contro Benevento e Spoleto (dopo il gennaio dell'ind. XIl: 729) 12). II longobardo, accampatosi sotto Roma, nel campo di Nerone, venno ad accordo col papa, e pacific col medesimo anche l'esarca EuUchio. Questi ultimi avvenimenti possono essere accaduti sia nel 729, sia nel 730, od anche in tutto il corso di quel biennio. Gregorio II (t 11 febbraio 731) ebbe a successore Gregorio III (t 29 novembre 741) sotto del quale continu la lotta pel culto delle sacre imaglni. Qualche trattativa pass tuttavia fra Costantinopoli e il Papa, il quale mand in Oriente (, Petrus defensor " (3). Sopra tutto notevoli sono le seguenti parole del biografo di Gregorio III, dalle quali risulta che vi fu di nuovo un momento nel quale Eutichio dimostr amicizia pel papa (cap. 5, pago 45): Hie venerabilis papa sex columnas onychnas volubiles, concessas ab Eutychio exarcho, duxit in ecclesam beati Petri apostoli , Scorrettissimo e pieno di lacune il testo del Liber pontjicalis del ravennate Agnello, di cui non abbiamo Codici anteriori al secolo XV. Agnello, dopo aver riportato (p. 375 dell'ediz. curata da Holder Egger negli 5S. R. L.) I'eptato dell'arcivescovo Felice t 25 novembre 1724), parla (p. 376) del suo 'successore Giovanni e descrive la sorte infelice della sciagurata Classe presa e saccheggiata dai longobardi (4). Ricorda quindi che l'arcivescovo stesso fu dai ravennatl esigliato in Venetlarum partibus , Non viene narrata la ricuperazione di Classe, n si accenna ad altre guerre intorno a Ravenna durante quel periodo. Questi cronisti pongono in sodo: a) presa di Classe, anteriore alla conquista di Sutri, e perci 727 circa. b) combattimenti contro Ravenna, cominciati colla vittoria dei longobardi, e finiti colla loro sconfitta pel valore dei venezlanl. Per questi secondi fatti non abbiamo dati cronologici diretti. E certo peraltro che ebbero luogo avanti alla assunscne di Ildebrando al regno, maggio 735 (Martens, p. 41). 11 Martens credette (p. 41) che il luogo di Paolo non ci conservi nient'altro che la narrazione della ricuperazione di Classe dalle mani dei longobardi. Ma che tale interpretazione sia inesatta, credo risulti abbastanza dalla parola rursus ", usata dallo storico. Ed essendo solito Paolo di distinguere Classe da Ravenna, non so come si possano confondere in uno quei due distinti
(l) Guta Ponttf., .ed. Vignoll, II, 33. (2) Nel gennaio dell' indiz. XII apparve una cometa. La guerra cominci post aliquod tempus '>; o secondo una variante eo vero tempore (Vignoli, II, 34). (3) Vita Gregarii III, in Vlgnoll, II, 45. (4) Agnello non nomina Classe, ma praedicta clvitas " senza aver prima nominata nessuna citt. Che peraltro si debba Intender di Classe e non di Ravenna chiaro dal contesto, e l' Holder Egger, in nota, lo pose in piena luce.

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avvenimenti. Piuttosto potrebbe81 difendere l'lnterpretaz!one, cbe Il Marteus reca (pago 68), senza formalmente aderirvi, secondo la quale la voce opprimerent J) dovrebbesi intendere non per dominare, ma per assediare Tale spiegazione, quantunque non escluda l'altra, non presenta nessuna difficolt. Naturalmente Ilongobardi, respinti da Ravenna, avranno perduta anche Classe. Il Martens non cita la lettera di papa Gregorio a Leone (che la prima delle premesse al secondo Concilio Nlceno) se non che per dichiarare (p. 69, n. l) che bisogna lasclarla da parte come falsa od almeno come corrotta. Che gravi difficolt racchiuda quella lettera era gi noto ai vecchi eruditi, p, e. al Pagi j ed il Troya s'era illuso credendo di scioglierle coll' assegnare alla medesima l'a. 726 (Codo dipl. lung., 111, 435 ~egg-.). Non tocca a noi addentrarci in sitraUe ricerche, tanto pi che il M. non reciso nel negare l'autenticit della lettera. Egli soggiunge che ad ogni modo non vi nominato Liutprando. Gregurio discorre delle incursioni fatte nella Decapol dai longobardi, i quali anche ,,,j.,'T,,, T"I)'. f-l"l)TpG'ltO),'.
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ed ora minacciavano Roma (l). 11 pontefice vuole, con tale esposizione delle vit,torie longobarde, scuotere il blsantmo dalla sua apatia, e ricondurlo sulla buona strada, all'abbandono dell'eresia. Queste ultime frasi, quantunque il tono della lettera sia molto severo, rendono impossibile l' assegnarle una data posteriore al Concilio '731, e dissuadono dell'attribuirla col Labb a Gregorio III piuttosto che a Gregorio Il. Rimangono le fonti veneziane, delle quali il Mo si sbriga presto col dire (pagina 6'7) che essendo l'una (Giovanni diacono, in Mun. Germ. SS. VII) del secolo XI, e l'altra (Andrea Dandolo: Murato XII) del secolo XIV, non hanno autorit pcl secolo VIII. Questo categorico giudizio inaccettabile, specialmente dopo l'erudito studio che intorno alla cronaca del Dandolo scnsse il ott. Henry Simonsfeld (Arrh Veri., XIV, 49 segg. Venezia, 1877). L'amplissimo uso fatto dei documenti, forma, com' noto, uno dei pregi pi segnalati della cronaca del Dandolo. Secondo Giovanni diacono (p. 11) nel '7:3'7 ebbe principio il dogarlo di Marcello che dur anni 12 e giorni 20. Perci Orso dovrebbe essergli succeduto nel 7:19, ed avendo egli governato per Il anni e 5 mesi, conviene ammettere che abbia terminato il suo dogado nel 740-1. Vennero poscia i " magistri militum ", ognuno de' quali durava un anno. Sotto il quarto di essi Jubiauo ipato, perci nel '744-5, ebbe luogo la presa di Ravenna da parte di Ildebrando e Peredeo, o la sua Iiherazione ad opera dei veneziani. Riferisce il cronista la lettera di papa Gregorio ad Antonino gradense, nella quale vien detto che Ravenna era stata occupata dalla nefanda [ neo dicenda l gente dei longobardi , costringendo l'esarca (di cui taciuto il nome) a cercar rifugio a Venezia; il pontefice esorta Antonino a far s che Ravenna, " quae caput erat [extat) omnium ", sia ritornata imperiali servicio dominorum filiorum nostrorum Leonis et Constantinl mao

(l) Coletl, CotiCo Coli. VIII, 651-2. Lettera ,< T< Tpaf-lf'-"TIZ. Litteras vestrae .. [Jatr, n. 1672, circa 729]. Notevole la somiglianza del passo recato col seguente d'una epistola di Gregorio III a Carlo, scritta 740 (Cod. Carol., ed. Jatr in Script, rer. Germ., IV, n. 2): "o oo. in partlbus Ravennaciurn nunc gladio et igni cuncta consumi a Liudprando et Hilprando regtbus Langobardorum: sed in ims partlbus Romanis, mittentes plura exercita, similia nobis fecerunt et faciunt Ilo Solo, dove qui menzionato Liutprando, col le ci S' accorda colla testimonianza di Paolo) parlasi soltanto dei longobardi.

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gnorum lmperatorum . Antonino, secondo la cronologia di Giovanni, avrebbe seduto sulla cattedra di Grado dal '724 al '74~'7. Andrea Dandolo riferisce anche la lettera istessa (coi. 135), ma colla direzione non ad Antonino, sibbene al doge Orso, Il cui dogado egli aft'erma aver principiato nel '726. Non lascia d'avvertire che una consimile lettera fu spedita ad Antonino. Implicitamente il Dandolo confessa di non aver per quei fatti altre fonti, oltre alla detta lettera, fuori di Paolo diacono, di cui area fatto uso, ma senza nominarlo, anche Giovanni diacono. Il Muratori (Afilla/i, 'i29) mosse dei dubbi contro l'autenticit dell'epistola ad Orso, dacch allora l'altra non era nota: impoBBibile che Gregorio chiamasse nec nefanda gens i longobardi, per dar il titolo di figli ad imperatori iconoclasti. Il Martens ripete gli argomenti del gran Padre della nostra storia; li trova g-ravi, come sono in fatto, ma riconosce che non evidente la falsit dell' epistola, la cui ~ patina a detta del Muratori pare genuina cd antica. Carlo Troya (111, 449) sper d'aver dileguata ogni incertezza coll' aft'ermare che la lettera fOBBe scritta nel 'i26, ma la necessit in cui ci troviamo di far seguire loppuguaaone di Ravenna alla presa di Sutri ('728) ci riconduce al punto di vista nel quale erasi trovato il Muratori. L'Assemani (l;, la cui difesa dI'll'epistola, citata dal Troya, non doveva pretermettersi dal Martens, sagacemente osserv che nell' occasione del!' accordo fatto ('729) con Gregorio III da Liutprando, questi riconcili col papa anche l'esarca Eutichio. Raccogliemrno pi sopra gl' indizt degli avvclnament replicati deU'eaarca ai pontefici. Resta perci sempre possibile trovare un momento in cui non riescano assurde, e la lettera gregorlana ai dignitari veneziani e l'altra agl' imperatori. N si dimentichi che Gregorio II aveva poc' anzi impedito a Venezia ed a Ravenna di opporre un nuovo imperatore agli iconoclasti di Bisanzio (2). La frase quae caput extat omnum .., con cui nella doppia epistola viene designata Ravenna (3), non sembra possa esser stata inventata dai gelosi veneziani. Se GIOvanni lasci da parte la lettera ad Orso, fu percb essa avrebbe atterrato il suo sistema cronologico (4). La cronologia del Dandolo preferibile a quella di Giovanni. Infatti la lettera gregoriana non pu essere stata scritta nel 'i44-5, poich a quell' epoca era morto anche Gregorio III (i 741). Del falso sistema seguito da Giovanili abbiamo un esempio, parmi, 881181 opportune. Giovanni ignorava l'esistenza de' magl8tri militum IO contemporanei ai dogi; onde cadde in grave errore rrspetto ai
(l) It. lli,t. 8cript., m, 265-9 [l '752]. (2) Pauli hist. \"1, c. 49. Costantino fu collega al padre fino dal 720. (3) A questa frase il Martens in un luogo (pag. 36) attribuisce gran peso, senza toccar punto dei suoi dubbI, da lui poi rlsollevatl sulla genuinit della lettera. (4) La lettera ad Orso (n. 20 del mio catalogo) fu ristampata, oltrech dall'Assemani (op. clt, lII, 265-6), anche da Pasolini (Delle antiche re/azioni tra Vellezia e Ravenna, nell'Arch. stor. ital., 1'. S., XII, 59), Il quale segu) il Troya senza dir nulla di IlUOVO, La lette m trovasi anol.e Del S:iDudo Vite dei Dogi (ap. Muratori, XXII, 444). Migliore la difesa del Romann (I, 11l sellg',', sebbene al Martens (p. 69) sembri sbagltato e superficiale. Estremamente ardita IR congettura del critico tedesco (p. 69, nota 3), il quale suppone che li doge Orso non sia mai esistito, e che non sia che il risultato d'una confusione col noto e dux Ursus Cenetensis >I,

171
confini segnati dal doge Parteolpazlo .col <' maglster milltum ,) Marcello. DI tatto al nome di quest' ultimo 8OStitU\ quello di rp Liutprando. Il Dandolo InvecEi esatto. Ma Giovanni fu selZ'ulto dacl storici, compreso Il Romanln, f1ncb Il Simonsteld pose in lnce (Arcll. Ven., XIV, 96-7) la verit. Concludendo, sembra che Ravenna sia stata davvero conquistata da Ildeprando e Peredeo, e sia stata quindi liberata dal valore del veneziani, In seguito alle esortazioni di Gregorio II. L'esarca dovea esser Euticblo (1), ed il tatto probabilmente avvenne nel 729-780 (2).

A pago 443 la linea 31 prepongasi alle linee 28, 29, 30. A pago 454, dopo la lino 16, s'aggiunga: Forse del sec. VIII l'anonimo autore del Rythmus de S. Zenone: Audient prncpes, audient populi :t.
La mat.erl tolta dalla Vita di Coronato.

Codice Capit. Veron. XC, f. 50 del sec. IX. Edizione. Ballerini, S. Zenonis Sermones. Veronae, 1739, p. CLI-CLII (da una copia di Bart. Campagnola). Verona, agosto 1880. CARLO CIPOLLA
(I) Come ba Gf~rer, XII, 804-5; sbaglia Il Romanln (1, 118) che menziona Paolo. (2) Il compianto marcb. Pietro Selvatico (Stor. delle arti del di,egflo. Medioevo p.60) afferma che I'anttca arte veneziana dipende in parte dalla ravennate. Trova in Venezia, anzi nello stesso S. Marco, dI'I capiteli i scolpiti senza rlubbio a Ravenna. A spiegar ci bastano le relazioni commerciali, ovvero tal fatto Importante riceve miglior luce dalla temporanea supremazia dei veneziani sulla gloriosa citt .. quae caput erat omutum t
l)

PUBLICAZIONI STORICHE

RELATIVE ALLA REGIONE VENETA


AVVENUTE NEU.' ANNO

1879.

All' ono Presidenta della R. Deputazione Veneta sopra gli studi di Storia Patria.

Ho l'onore di presentare a codesta ono Presidenza il catalogo, di cui mi venne affidata la compilazione nel decorso decembre. I soci, a cui mi rivolsi per avere le indicazioni necessarie, risposero colla consueta e cortese sollecitudine. Ma quantunque io debba rendere agli egregi colleghi questa testimonianza, e quantunque, per mia parte, io non abbia mancato di usare quella maggiore diligenza che mi permisero le circostanze, non recher meraviglia a codesta ono Presidenza se il presente catalogo ancora molto lontano dall' essere, come dovrebbe, completo. Del quale difetto sono abbastanza note le cause, perch io debba qui ricordarle; ma esse debbono persuaderei della necessit di raccogliere i nostri sforzi, perch in avvenire una completa bibliografia dei lavori che si vanno publicando non sia un semplice desiderio. Quanto alle note bibliografiche apposte a ogni titolo, esse non sono uniformi, perch molte delle publicazioni citate non ho vedute, e dovetti quindi affidarmi a citazioni che temo non sempre esatte, e non sono certo sempre complete, ovvero alle indicazioni che mi vennero amichevolmente trasmesse. Mi 'si potrebbe domandare qual sistema ho seguito nell'ordinare il materiale raccolto. L'ordine alfabetico il meno logico ma il pi facile; e tuttavolta non era esente pur esso

173
da qualche difficolt: alcune publicazioni non hanno nome d'autore n d'editore; altre hanno soltanto quello dell' editore; talvolta c' l'autore e l'editore, ed dubbio quale dei due debba essere citato di preferenza. Abbandonai dunque l'ordine alfabetico, e ordinai queste publicazioni in maniera che gli argomenti analoghi apparissero raggruppati e cronologicamente ordinati. Cominciai da Venezia e registrai innanzi tutto i lavori sulle cronache, e le cronache o storie generali della citt (1-9); poi le ricerche, gli studi e i documenti relativi a fatti particolari (10- 32); seguono leggi (33), moneta (34 - 37), marineria (38 - 39) e geografia (40 - 41); publicazioni relative al commercio (42-45) ed all' economia (46-56); costumi (57-63, 64) e curiosit (65-67), monumenti, cose d'arte, musei ecc. (68 - 87); e dopo avere ricordato le publicazioni sulla vitale questione della laguna (88-93), ho finito aggiungendo alcuni titoli come variet (94-97). Dopo Venezia Murano (98-100), Concordia (103-102), Adria (104-106), Padova (107-120), Vicenza (121-136), Verona (137-179) e Trento (180181), Treviso (182- 187), Feltre (188), Belluno (189- 194), il Friuli (195-210), Trieste (211-214), lIstria (215-233) e la Dalmazia (234) dove, come nei possessi oltramarini (235-240), la Republica di Venezia esercit per lunghi secoli tanta influenza. Doveva seguir poi la parte biografica, ma poich molti si compiacciono degli epistolari e delle raccolte di lettere d'uomini illustri, ho pensato di premettere alla biografia l' indicazione delle lettere (241-256) publicate in occasioni diverse. Le notizie genealogiche e biografiche occupano molta parte di questo saggio (257-328), e pi ne avrebbero occupato se avessi dato posto a tutti gli scritti necrologici che veggono la luce in giornali o in opuscoli; ma allora il campo si sarebbe smisuratamente allargato, senza speranza alcuna di poterlo percorrere, neppure in modo relativo, completamente. Vedr l'onorevole Presidenza, se, nel caso che questo saggio debba ripetersi per le publicazioni dell' anno corrente, giovi serbar la

1'4
misura che mi sono imposta, o se piuttosto convenga, e fino a qual punto, aumentare questo genere d'indicazioni. Ho riserbato l'ultimo posto a quei lavori che avrebbero potuto avere anche il primo. Che gli italiani della nostra regione appartengano tutti ad una stessa famiglia, non tra noi chi lo neghi; ma c' in qualche luogo chi l' ha negato. Gli studi adunque sui nostri dialetti son qui raccolti (329-33'), e dimostrano che tutti gli abitanti della nostra regione sono legati insieme da un vincolo, che certamente pi antico e pi legittimo di tutte le combinazioni politiche.

Vene'{ia, Agosto 1880.


R.
FULIN.

I.

MONTICOLO SIMONSFELD

G. La Cronaca del diacono Giovanni.

Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 35-73.

2.

E. La Cronaca Altinate, Studio trad. da

C. S. Rosada.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 235-273.

3. THOMAS G. Comunicatione.

M.

Di un codice storico della Marciana,

Negli Atti del R. Istituto veneto di Sciense, Lettere ed Arti, tomo V, ser. V, disp, V, pago 417-419. Da questo Codice furono tratte eliotipicamente le tavole De passagiis in Terram Sanctam per cura dello stesso G. M. Thomas.

4.
14 1 5 .

JOPPI VINCENZO.

Cronachetta venetiana dal

1402

al

Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 301-325.

5.

SANUTO MARINO.

La spedione di Carlo VIII.

In appendice ai fascicoli dell' Archivio Veneto.

6. I Diarii di

MARINO SANUTO.

Nel 1879 uscirono i primi undici fascicoli che vanno dal Gennaio 1496 al Luglio 1499.

7. Relationi degli Stati Europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo XVII. Relaiioni di Roma, vol. II. Ven., 1878 (1879), Naratovich, pago 456,8.
Vedi 1'articolo di A. d'Ancona nella Rassegna Settimanale, 15 Giugno 1879.

8. PUS C Hl ALBERTO. Attinente tra la casa d'Austria e la Republica di Vene'{l'a dal 1529 al 1616. Trieste, npogr. del
Lloyd, pago 60, 8.

9. Veneria per cura del prof. G. DE NINO. Milano, Muggiani, pago 126, 16.

IO.

BULLO CARLO.

La citt di Vigilia.

Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 329-331.

II. PETERS CARI.. Untersuchungen 'Iur Geschichte des Friedens von Venedig, Hannover, Hahn, pago VII, 160, 8.

U~

12. RIANT P. Le changement de direction de la quatrime Croisade d' aprs quelques trauaux rcents.
In un Supplemento publicato nel 1879 dell' Archivio Ligustico. A proposito della quale publicazione vedi l'articolo di R. Fulin nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 363-368.

13. BENIZELOS TEODORO. Della causa della presa di Costantinopoli fatta dai Latini.
Nel giornale
'A'J,jvGltov,

tomo VII, fase. V, tomo VIII, fase. I, Il del 1879.

14. Un diploma edito di Federico I ed uno inedito di Federico II trascritti ed illustrati da CARI.O CIPOLLA.
Negli Atti del R. Istituto veneto di Sciense Lettere ed Arti, tomo V, ser. V, disp. IV, pago 275-293.

15. CIPOLLA C. Vene'{ia e Gualtieri VI di Brienne.


Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 141-144-

16. Una memoria contemporanea del doge Foscari.


Nell' Archivio Storico . . . di Roma fondato e diretto dal pro! Fabio Gori, voI. IIl, pago 21 /, .

17. G. RICCARDI. Tre documenti inediti intorno a Francesco A/aria Sforta.


Nell' Archivio Storico Lombardo (31 Marzo 1879), pago 68-83- Si riferiscono alla lega dei veneziani e fiorentini contro Milano.

18. Venetianische Actenstiicke '{ur Geschichte uon Bogislau X, Hertogs va" Pommern, Reise nach Jerusalem im Jahre 1497 uon JUI.. MUELLER. Stettin, Herrcke et Lebeling, p. 132, 8., con una tavola. 19. REUMONT ALFREDO. Un' ambasciata ueneiiana in Ungheria (150-153), Commentario. Firenze, Cellini, pagine 22,8.
Estr. dall' Archivio Storico Italiano (1879).

20. BENVENUTI MATTEO, Banchetto m Crema nell' anno 1526, imbandito da Ma latesta Boglione, capitano generale della fanteria della Republica di Venep'a,
Nell' Archivio Storico Lombardo (30 Giugno 1879), pago 402-409.

21. Del successo in Famagosta (157-1571), Diario d'un contemporaneo. Ven., tipo Emiliana, pago 43, 16. 22. G. CAPASSO. Di Ima storia manoscritta dell' interdetto di Venetia del XVII secolo.
Nel Giornale Napoletano, Luglio 1879, pago 354-375.

23. G. CAPASSO. Fra Paolo Sarpi e l' interdetto di Venet ia.


Nella Rivista Europea, Luglio-Decembre 1879.

177
24. BARTOLI 25. GRIl'J
en 1669.
Nella Revue des Questions historiques,
).0

A.

Il duca Carlo Emmanuele a Veneria.

Nel Fanfulla della Domenica del 12 Ottobre 1879.


CHARLES.

Li expedition des Franais a Candie


Gennaio 1879, pago 67-13.

26. MAS L.URIE (L. DE). Traslation des Reliques du doge Orseolo I:" de France Venise, pago 20, 8.0
Estratto dagli Atti della Socit de l' Histoire de France, pago 241-260.

27. PAPA U. Vittorio Barioni e i tempi napoleonici in


Italia.
Nella Nuova Antologia, 15 Giugno 1879, pago 590.623.

28. CARLO LEONI. Epigrafi e prose edite ed inedite con prefaiione e note di Giuseppe Guertoni. Firenze, Barbera, pago XCIX. 595, 16.0
Contiene anche alcune memorie relative al 1848-1849. Vedi l' articolo della Rassegna Settimanale, 18 Maggio 1879.

29. Daniel Manin.


Nella British Quarterly Review, Gennaio 1879.

30. M. PERLBACH. Die neuere Literatur uber Daniel Manin.


Nel Jenaer Literaturseitung, 1879, N. 6.

31. D'ANCONA

A.

Daniele Manin e Giorgio Pallavicina.

Nella Rassegna Settimanale, 2 Marzo 1879.

32. Avanti il tribunale civile e correiionale di Vene,ia. Atto di citazione.


Per la rifusione dei prestiti 1848-49,

33. Le rubriche dei libri Misti del Senato perduti, trascritte da GIUSEPPE GIOMO.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 126-140,251-273; tomo XVIII, pago 4O.6g, 315-338.

34. Veneta.

PADOVAN V.

Documenti per la storia della Zecca

Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 74-gB; tomo XVIII, p. 109-138.

35. PADOVAN VINCENZO. Le monete della Republica Veneta dal secolo IX al XVIII. Ven., Visentini, p. XVI, 170, 16.0 36. MIARI FULCIO LUIGI. Bolla ducale inedita del doge Pietro Ziani.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 338-339.

31. HEYD W. Ueber die angeblichen Miin'iPragungen der


12

17S
Venetianer in Accon, Trrus und Tripolis. Wien, Hof und Staatsdruckerei, pago 6, 8.
Nella Numismatische Zeitschrift di Vienna del 18i9'

38. L.

FINCATI C.

ammiraglio. La pugna navale antica.

Nella Rivista marittima (III trimestre r8i9), pago 5-33. Vi si parla anche dcI modo di combattere delle flotte veneziane.

39. LUIGI FINCATI contro ammiraglio. Ordini e segnali dellaf/otta venetiana comandata da messer Giacomo Dolfin (anno 1.365). Roma, Barbera, pago 22, 8.
Estratto dalla Rivista marittima, Aprile 187'9.

Nota illustrativa del planisferio disegnato nel 14.36 dal ueneiiano Andrea Bianco che" si conserva nella Marciana in Vene,ia (con un fac simile).
AMAT DI S. FILIPPO.

40. P.

Nel Bollettino della Societ geografica italiana, Agosto 18791 pagine 560-570; e nella Rivista Marittima (terzo trimestre 1879), pago 367-380.

41. Cabot et les commencements des recherches polaires.


Nel giornale Dus Ausland, del r.? Settembre 1879.

42. Zur Quellenkunde des veneiianischen Handels und Verkehres, mit archiualiscen Beilagen von G. M. THOMAS. MUnchen, Straub, pago 60, 4-
Estratto aus den Abhandlungen des k. bayer. Akademie der Wiss. l cl., XV Bd., / Abth.

43. HEYD W. Geschichte des Leuantehandels in Mittelalter. Stuttgart, Cotta, 2 vol. di pago XXII, 602, 781, 8.
La parte che spetta a Venezia in quest' opera, ci persuade a ricordarla anche in questa bibliografia.

44.

THOMAS

G. M. Proposta dell' edione degli

Acta

et diplomata res venetas, graecas atque Levantis illustrantia


(1.3 0 0- 1.350). Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 188-191.

45. THOMAS G. Clemente VI.

A.

Atti relativi ad una patente di papa

Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago gB-125.

46. Terminazione dell' ill. mo et ecc.mo sig. POLO QUERINI, Inquisitor alle Arti. Ven., Fontana, pago 23, 8. 47. SALVIONI G. L'arte della stampa nel Veneto. La corporaiione dei librai e stampatori in Vene,ia (Frammento). Padova, Prosperini, pago 27, 8.

179
48. Relatione di ser CIACOMO GIUSTINIAN provveditore sopra i boschi (18 Giugno 1586). Ven. Cecchini, pago 21, 8. 49. MORPURGO EMILIO. Le inchieste della Republica di Veneiia. Roma, tipo Elzeviriana, pago 63, 8. 50. MORPURGO E. Il principe veneziano e la sua lista civile.
Nella Rassegna Settimanale,
22

Giugno 1879.

51. Di un manoscritto del provveditore cav. Jacopo Nani. Padova, Salmin, pago 40, 32.0 52. BERNARDI Jxcor-o, Veneiia dopo trent' anni. Impresstoni e sperante.
Negli Atti dell' Ateneo Veneto (serie III, voI. II, 1879), pago 99-111.

.53. Documenti per la storia della beneficensa in Veneiia. Venezia, Antonelli, pago 4 non num., 1'4, CCCXXXII, 250, in fol. grande. 54. Della beneficenia presso i Veneziani, Cenni di UMBERTO DAL MEDICO. Ven., tipo della Garetta, pago 90, ~.o 55. Dell' orfanatrofio maschile ai Gesuati in Venezia, per don GIUSEPPE PAJ.MIERI, rettore. Ven., Antonelli, pago 24, 8. 56. ANTONIO dotto BULLO. Per la ricchetia di Veneiia. Ven., tipo del Tempo, pago 4 non num., 8, 8.0
Estr. dal num. 73 del giornale Il Tempo,
27

Marzo 1879.

51. Relaiione della Giunta che prese in esame le due memorie presentate al concorso . . . . . sul tema relativo alla l( Vita privata de' veneiiani D. Ven., Antonelli, pago 8, 8.
Estr. dagli Atti del R. Istituto veneto di S. L. ed Arti (1879)'

58. Ritratto della vita civile dei veneiiani nel 1565, Lettera d'incerto autore a messer Camillo Paleotto. Pisa, Nistri, pagine 20, 8. 59. Festa al serenissimo Carlo Emmanuele I duca di Savoia, con un balletto a madama C;'istla di Francia, /' ultima notte del carnevale 1626. Ven., pago 23, 8. 60. I teatri musicali di Veneiia ilei secolo XVII (16.371700). Memorie storiche e bibliografiche raccolte ed ordinate da LIVIO Niso GALVANI (GIOVANNI SALVlOU). Milano, Ricordi, pago 195, 4- 61. MORPURGO E. La corrutione elettorale a Veneiia nella seconda met del secolo passato.
Nella Rassegna Settimanale,
11

Gennaio 1879.

...

ls
62. MOLMENTI P. G. La parrucca a Vene'(ia.
Nel Fanfulla della Domenica del 5 Ottobre 1879.

63. MOLMENTI P. G. Due viglietti di visita.


Nel Fanfulla della Domenica del 7 Decembre 187'9.

64. Notie e documenti di letteratura e storia giudaica del dotto rabb, M. LATTES. Padova, Crescini, pago 48, 8. gr.
Estr. dall' Antologia israelitica. Contiene parecchi ragguagli intorno alle condizioni e vicende degli israeliti durante il governo della Republica, ed una illustrazione dei codici ebraici posseduti dalla Biblioteca Marciana.

65. GIOMO G. II freddo del 1513 e /' alta marea del 1686 (in Venezia).
Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 328-329.

66. A proposito dell' acquedotto. Lettera inedita di FRAN~ CESCO CONTARINI ambasciatore deI/a Ser. Republica presso l'imperatore Carlo V. Venezia, Societ di M. S. fra Comp. tip., pago 8, 8. 67. Modo curioso di fare una fontana perpetua di acqua dolce, neI/a piaHa di S. Marco, tratto dai discorsi morali di FABIO GLlSSENTI del secolo XVI. Vene'{ia, 1879, Naratovich, p. 15, 8., 'con una tavola.

68. URBANI DE GHELTOF G. M. Le colonne deI/a piaHetta. Ven., tipo del Rinnovamento, pago 13,8. 69. P. SELVATICO. Gli antichi prospetti deI/a Basilica Marciana a Veneria scoperti nei due lati di settentrione e di meHod durante gli ultimi grandi ristauri (1862-1876). S. a. n. (1879), pago 13, 4., con due tavole. 70. S. Marco, gl' inglesi e noi. Ven., tipo dell' Immacolata, pago 47, 16.
Estr. dal Veneto Cattolico, num. '70-'74 del 1879.

71. L. SEGUSO. Del restauro deI/a facciata frontale della basilica di S. Marco. Ven., 1879, Fontana, pago 30,'16.
Estr. dai giornale L'Adriatico.

72. BaITa C. I restauri di

Sa1Z

Marco.

Nella Nuova Antologia, '5 Decembre 1879, pago 7'-721.

73. I bisogni di Veneria artistica.


Nel Veneto Cattolico del 1879: Soppressa Chiesa di S. Giuliano (n. 3, 6); Palazzo Ducale (n. 7, 8, IO, 12, 15, 18, 20,24, 36-40,42,47,49, 52, 57); S 'Fantino, Ateneo (n. 68, 7', 73, 75, 78, 79); Chiesa soppressa di S. Gregorio

181
ed antico monastero (n. 81); La Madonna dell'Orto, Sant' Alvise, l'Abbazia, Scuola della Misericordia (n. 83, 85, Sg, 91, % 96-99,101); Giudecca (n. 101,
106); Torcello (n. 108, II I, "4-116, "9, 123, 129); S. Michele di Murano (n. 142- 146, 148, 153, 159)'

14. X. La chiesa di S. Maria dei Miracoli iIIustrata.


Nel Serto di Fiori a Maria Immacolata (Ven., Merlo), pago 65-76.

15. TESSARIN A. Oratione inaugurale pel riaprimento deIIa Chiesa del Santissimo Salvatore in Vene,ia (.3 Agosto 1879). Ven., Visentini, pago 24, 8. 16. Brevi cenni suIIa chiesa di S~ Salvatore (Venezia). Ven., tipo S. Giorgio, pago 9, 16. 11. F APANNI F. Gli oggetti d'arte deIIa demolita chiesa di S. Lucia.
Nel giornale Il Rinnovamento, N. 222 (IO Agosto 1879)'

18. Iscrioni dell' ex Chiesa e monastero del S. Sepolcro in Vene,ia annotate per cura di GIUSEPPE dotto T ASSINI.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 274-300.

19. T ASSINI dotto GIUSEPPE. Alcuni palani ed antichi edi-

fid di Vene'{ia, storicamente iIIustrati, con annotaiioni. Ven.,


Fontana, pago 2g6, 8. 80. F APANNI F. SuIIe statue equestri erette ai suoi capitani daIIa Republica di Vene,ia.
Negli Atti dell' Ateneo Veneto (tom, III, val. II, 1879), pago 168, 16g.

81. URBANI DE GHELTOF G. M. Un busto di Andrea Briosco. Ven., Kirkmayr e Scozzi, pago 7. 82. SERVANZJ COLLIO co. SEVERINO. Pittura in tavola, di Carlo Crivelli uenetiano, neIIa Chiesa di S. Francesco in Matelica. Urbino, Righi, pago 9, 8.
Estr. dal Raffaello, num. 2, 3 del 1879.

83. F APANNI F. SlJIIe terminationi deIIa Repub/ica venetiana pe,' la conservazione deIIe cose antiche e sui publici Musei.
Negli Atti dell' Ateneo Veneto (ser. III, voI. II, 1879) p. 61-63, 163-165.

84. Museo Dbiiiano (a. 1806). Antichit esistenti in Venel'a.


Nei Documenti inediti per servire alla storia dei Musei d'Italia, voI. II (Firenze, 1879), pago 236-265.

85. STEFANI F. Rapporto suIIa verificatione del legato del N. U. G. A. Molin di propriet del Comune di Vene'{ia pres~o la R. Biblioteca Ma rciana.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 174-201,

182
86. D. P. Del come si formata la Biblioteca Marciana, Cenni.
Nel giornale La Yeneria, 4 e 5 Novembre 18i9'

87. B. C. Sulle condizioni presenti e avvenire degli Archiui Notarili nelle provincie venete.
Nel!' ~rchivio Veneto, tomo XVII, pago li6-18}

88. Nota ad indicazione di Wl documento pe,' la storia dell' idraulica marittima, dell' ingegnere GIO. ANTO:-1IO RoMANO. Milano, tipo degli Ingegneri, pago 8, 8.0 89. SQUARCISA ing. GIOVANNI. Sulla espulsione del Brenta dalla Laguna di Chioggia. Padova, Prosperini, p. 48, 8. 90. MINICH S. R. Articoli che possono servire d' ;'1f1'0dutione ad una nuova memoria sul porto di Lido. Ven., Antonelli, pago 70, 8.0 , con una tavola. 91. MINICH S. R. Sunto della introduiione ad una nuova memoria sul porto di Lido.
Negli Atti del R. Istituto veneto di S. L. ed A., tomo V, ser. V, disp. VI, pago 52i-530.

92. Sunto dell' introdutione ad una nuova memoria sul porto di Lido del pro.f R. MINICH, a maggiore sviluppo di quella gi presentata all'Istituto veneto di Scien;e, Lettere ed Arti il 14 Agosto 1876. Roma, Botta, pago 4, 8.0 , con una carta. . 93. La salute publica e la scogliera del Lido. Lettere di ANTONIO dotto BERTI, senatore 'del, regno. Ven., tipo del Rinnovamento, pago 38, 8.
94. LOCATEI.U TOMASO. L'Appendice della Gaiietta di Veneria, vol. XV. Ven., tipo della Gattetta, pago 214, 16. 95. DE BRcouRT. De Paris Venise.
Nella Revue Chrtienne, Aprile, Giugno 18i9'

96. DE MAzADE A. trauers l'I!alie, rimes. La corniche, Genes, Milan, Verone, Padoue, Venise. Paris, Boulanger. 97. Venetian sonnets.
Nel Macmillan's Magarine, Agosto 18i9'

98. ZANl':TTI VINCENZO. Giunte rettijica '(io ni e correpom alla Guida di Murano.
Nella Voce di Murano, num. 16, li, 20 (30 Agosto, 15 Settembre e 30 Ottobre 1879)'

183 99. ZANETTI VINCENZO. Progressi nei vari rami della. vetreria di Vene,ia e di Murano dalla met del secolo passato a tutto oggi.
Nel giornale La Voce di Murano, num, 3,4, 6, 7, 9, del 1879.
IO,

12, 14, IS, 24

100. Alla memoria di Vittorio Emanuele re d'Italia, Murano. Ven., Longo, pago 6S, 8.

101. BERTOLINI D. Notie degli scavi d'antichit. Concordia Sagittaria.


Negli Atti della R. Accademia dei Lincei, ser. III, Memorie, III, p. 5-14.

102. BERTOLINI D. Julia-Concordia, Vetri e Gioiello in mosaico. S. a. n., p. S, 8.


L'articoletto segnato Portogruaro, 31 Ottobre 1879.

103. BERTOLINI D.. Le vie consolari e le strade ferrate della provincia di Venep'a: Ven., tipo dell' Ancora, pago ~2,
con una tav.

104.

BOCCHI FR.

Notie degli scavi d'antichit. Adria.

Negli Atti della R. Accademia dei Lincei, serie III, Memorie, III, pago 260-278,405-416; e nelle Notirie degli scavi d'antichit ecc., p. 88-106, 212-224.

105. E.

BRIZIO.

Antichit e scavi di Adria.


/,0

Nella Nuova Antologia,

Decembre 1879, pago 440-462.

106. Patente a Vicario Generale data da Vene,ia il IO Novembre 1677 al canonico dott. Antonio Bocchi da Carlo Labia vescovo di Adria. Adria, Guarnieri.

107. GLORIA A. Notitie degli scavi d'antichit. Padova e Monselice.


Negli Atti della R. Accademia dei Lincei, ser. III. Memorie, p. 361-366.

IOS. PROSDOCIMI pro! ALESSANDRO. Le necropoli euganee di Este. Scoperte romano-euganeefatte nel 1877, con due tau.; con aggiunta di notizie degli scavi eseguiti nell' anno 1879. Este, Stratico, pago 16, non compresa 1'aggiunta non num. 109. SARTORI BOROTTO GAETANO. Sopra una tomba euganea della necropoli di Este. Canto. Bologna, Zanichelli, p. 17. 110. GLORIA pro! ANDREA. Codice diplomatico padovano dall' ""; 110~. all~ l!ace 1i Costania (25 Gi~gno 1183). Parte I. Ven., Visentini, pag:CXXXVIII, 459,4. ,

.184
III. PASQUAI.lGO GIUSEPPE. Antistoria padovana o gua.,abuglio di spropositi dettati dal Cappelletti. Padova, Salmin, pago 359, 8. 112. Intorno al Salone di Padova. Cenni storici con documenti di ANDREA GLORIA. Padova, Randi, pago 68 e tre non num., 8., con 4 tavole. 113. Discorsi e scritti rarii per la inauguraiione del busto del generale Alfonso La Marmora sotto la Loggia Amulea in Padova, il /.0 Giugno 1879. Padova, Salmin, p. 31,8. 114. L'Osservatore Euganeo. Annuario del Giornale di Padova. Padova, Sacchetto, pago 206, 8. 115. MALMIGNATI ANTONIO. Il Cimitero di Padova, Carme. Padova, Salmin, pago 32, 8. 116. Cenni storici dell' Accademia di Bovolenta di ANTONIO MARIA dotto MARCOLINI, premesse alle inedite memorie storiche sulla terra e castello di Bovolenta prodotte nel 1820 alla stessa Accademia da PLACIDO BUSINARI. Padova, Seminario, pago 46, 8. gr. 111. SARTORI ab. FRANCESCO. Memorie ecclesiastiche di Ponte San Nicol con note e documenti. Padova, Seminario, pago IO, 8. 118. SARTORI ab. FRANCESCO. Memorie storiche di Boccon (Circondario di Este). Padova Seminario, pago 15, 8. 119. SARTORI ab. FRANCESCO. Gallio e le sue chiese, memorie storiche con note e documenti. Padova, Seminario, pagine 38, 8. 120. BOITO CAMILLO. La Chiesa di Carrara S. Stefano pt'esso Padova. Milano, tipo degli Ingegneri, pago 7,4.
121. BARICHEI.LA VITTORIO. Una inscrione spiegata ( HER . MINE ).
Nel giornale Il Berico del 4 Settembre 1879.

122. BARICHELLA VITTORIO. Alcuni cenni sul coro della cattedrale (Vicenza).
Nel giornale Il Berico del 5 Novembre 1879.

123. Memorie storiche intorno la chiesa e il monastero di S. Vito di Vicena, raccolte dal can, dotto IGNAZIO SAVI. Vicenza, Paroni, pago 47, 8. 124. Statuto dei mercanti drappieri della citt di J'icen,\a. Vicenza, Burato, pago 3 1, 8.

]85
125. MORSOUN BERNARDO. L'Accademia de' Sociniani in Vicen,a. Venezia, Antonelli, pago 37, 8.0
Estr. dagli ANi del R. Istituto veneto di

s., L. ed Arti (1879)'

126. Lettera di LORENZO TORNIERI ad un suo amico sopra il funesto avvenimento del giorno 3 Novembre 1805. Vicenza, Paroni, pago 16, 8.0 127. Memorie storiche documentate del distretto di Valdagno, raccolte e publicate da GIOVANNI SOSTER. Padova, tipo del Seminario, pago 52, 8.0 128. (EGIDIO Mozzr). Memorie storico patrie . . . sul voto che si faceva da' piovenesi ... per la liberatione dalla peste . . . nel 1630. Padova, Giammartini, pago 19, 8.0 129. BOLOGNA G. Notiiie storiche della chiesa collegiata arcipretale di Schio. Schio, Marin, pago 60 in fo1., con 8 tavole. . 130. Inauguratione dell' ampliamento alla chiesa di Schio, relazione della fesia, e lapidi murate.
Nel giornale Il Berico del 3 Luglio 1879.

131. Inauguratione in Schio della statua di Giulio Monteverde, relazione.


Nel giornale Il Berico del 25 Settembre 1879.

Il Tessitore II

132. MORSOLIN BERNARDO. Ricordi storici di Brendola. Vicenza, Burato, pago XVI, 134, 16.0 , con 12 vedute. 133. Statuto del Comune di Carr.~Vicenza, Burato, pagine 24, 8.0
Vedi l'articolo di C. Cipol1a nel1e Mitth. d. Instituts jUr tisterr, Geschichtsforsch., I, 325-328.

134, MANFREDINI GIUSEPPE. Thiene e la sua storia. Padova, pago 32. 135. Inauguratione di una lapide murata nella chiesa di Polette, dettata dall' ab. Francesco Spagnolo.
Nel giornale Il Berico dell'
Il

Settembre e 26 Ottobre 1879.

136. Lapide murata sulla casa del sig. Giacomo Vivorio in onore dell' ab. Agostino Viuorio, matematico ed idraulico. Relaiione ed iscrizione.
Nel giornale Il Berico del
2

Marzo 1879.

137. Archivio storico veronese. Repertorio mensile di studi e monumenti di storia patria. Ed. OSVALDO PERINI.
Tra i lavori pi importanti publicati nel 1879 ricorderemo: Perini Osv., Del movimento letterario e scientifico veronese nel secolo X VIII; Cronaca ms. dal 173 f al f 73.;; Alberti Valentino, Memorie dal 1796 al 1834; Ma.

....1

186
rai can. G. D., Il Benaco illustrato; Giuliari co. Bartolommeo, L'anfiteatro di Vero.na; Maffei march. Antonio, Storia del mio Commiss. (1799).

138. MARTINATI PIETROPAOLO. Storia della paleoetnologia veronese, seconda ediz. Padova, Prosperini. 139. BERTOLDI. Notie degli scavi d'antichit. Erb.
Nel\e Notirie degli scavi d'antichit comunicate alla R. Accademia de' Lincei, Marzo 1879, pago 59-62.

140. BERTOLDI. Notizie degli scavi d'antichit. Verona.


Nelle Notirie degli scavi d'antichit comunicate alla R. Accademia de' Lincei, Decembre 1879, pago 329.

14.1. DE BETTA E. Notiiie archeologiche veronesi e degli scavi nelle stazioni lacustri del lago di Garda. Comunicarione.
Negli Atti del R. Istituto veneto di S., L. ed A., tomo V, ser. V, disp. V, pago 373-375.

142. BIZIO G. Sopra gli scavi nelle staiioni lacustri di Peschiera, Comunicaiione.
Negli Atti del R. Istituto veneto di S., L. ed Arti, tomo V, ser. V, disp. V, pag42 1-422

143. STEFANf (DE) STEFANO. Notie sugli scavi d'antichit. Lago di Garda. Legnago.
N~gli Atti della R. Accademia dei Lincei, serie III, Memorie, pago 257260, 304; e nelle Notirie degli scavi d'antichit ecc., pago 85-88, 255-257,
13 2- 1 33.

144. GOIRAN A. I Lauini di Marco.


Nell' opuscolo: None Martini Paturri (Verona, Civelli), pago 73-86.

145. POMPEI ANTONIO. Saggio di studi intorno alle varie mura della citt di Verona (con una tavola).
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 206-232.

146. POMPEI ANTONIO. Cenni popolari pe,' guida all' anfiteatro di Verona. Verona, Civelli. 147. Atti che si riferiscono al ristauro dell' anfiteatro secondo il progetto del co. A. POMPEI. Verona, Franchini. 148. CALIARI PIETRO. La basilica di S. Zeno. Verona, Civelli. . 149. GIULlARI mons. G. B. CARLO. Sul nuovo pavimento della Cattedrale. .
Nel giornale L'Adige, num, 180, 192,202 del 1879.

150. CIPOLLA CARLO. Ricerche storiche intorno alla chiesa di S. Anastasia in Ve,olla.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 274-314.

187
151. LUIGI Verona).
CRISTOFOLETTI.

La Cappella dei carcerati (in

Nel giornale L'Adige, 26 Maggio 1879, n. 141. Vedi l'articolo di C. Cipolla nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 349-350.

152. CIPOLLA CARLO. La Cappella dei carcerati in Verona.


Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 139.

153. I Santi Fermo e Rustico ;,Z Verona. Notie raccolte da IGNAZIO ZENTI sacerdote, bibliotecario comunale. Verona, Civelli, pago 30, 8. 154. GIULlARI G. B. CARLO. I diplomi imperiali recentemente scoperti nell' Archivio Capitolare di Verona.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 184-187.

155.

CIPOLLA C.

Sulle cronache medioevali veronesi. Di una iscrione medioevale vero-

Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 192-208.

156. CIPOLLA
nese.

CARLO.

Negli Atti del R. Istituto veneto di S., L. ed Arti, tomo V, ser. V, disp. V, pago 423-446.

157.

CIPOLLA C.

Un veronese ai soldi di Vene,ia nel se-

colo XlV.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 326-328.

158. Don Celso Ma./fei da Verona e Lodovico il Moro.


Nell' Archivio Storico Lombardo (30 Settembre 1879), pago 599-605.

159.

GAITER LUIGI.

1/ pallio di Verona.

Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 145-151.

160. CIPOLLA CARLO. Dono nutiale d'un patrizio veronese \ del secolo XV.
Nell' opuscolo: None Martini Patusri (Verona, Civelli), pago 19-25. Vedi l'articolo di G. Biadego nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, p. 160-166.

161, DALD G. Cangrande II signor di Ve1"0Ila. Lavoro scenico-storico. Verona, Dald. 162. GIUI.IARI G. B. CARLO. Istoria monumentale, letteraria, paleograjica della Capitolare biblioteca di Verona.
Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 233-250; tomo XVIII, pago 5-22.

163. LUIGI CRISTOFOLETTI. Cenni storici sull' antico collegio dei notari della citt di Verona (1220-1806).
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 70-108.

164. Rapporto alla Accademia di Agricoltura, Arti e Commercio di r'erona letto add 6 Mario 1879 dal m. e. bi bliotecario ANTONIO BERTOLDI. Verona, Franchini, p. 16, 8.
Espone l' ordinamento della Biblioteca dell' Accademia.

188
165. I musicisti veronesi (1500-1879). Saggio storico critico di AtESSA~DRo SALA. Verona, Civelli, pago 72, 16. 166. GI.\~BATTISTA CARLO GIUUARI. Della musica sacra In Ve,"ona. Firenze, Cellini, pago 12, 8.
Estr. dalla Rassegna Narionale, Novemhre 1879.

167. GIA~ FRANCESCO DA VENEZIA (GHEDINA GIUSEPPE). Del culto alla Immacolata Concezione di Maria in Verona Verona, Merlo. 168. ZAMBUSI DAL L.\Go. Storia della provincia di Verona.
Parecchi articoli nel giornale La Donna, Bologna, 1879.

169. DARIO PAPA. Deseniano.


Nell' opuscolo: Norre Martini Paturri (Verona, Civclli), pago 97-105.

170. SIMEONI G. B. Guida generale al lago di Garda. Verona, Civelli. 171. GOIRAN AGOSTINO. Le piene del Garda e i terremoti di Monte Baldo.
Estratto dal giornale L'Adige.

172. La Pesca nel lago di Garda.


Nell' Archivio Storico Lombardo (31 Marzo 1879), pago 147-15.

173. Appunti storici sopra Isola della Scala dell' arciprete ab. don PIETRO. GARZOTTI. Verona, Merlo, pago :,4, 8.0 , con due tavole. 174. MERZARI A. Monografia del Comune di S. Giovanni Lupatoto. Verona. 175. BERTINI PIETRO. Ossari di Solferino e San Martino, Ricordi. Padova. 176. NEGRIN ANTONIO. Monumento sul colle di S. Martino.
Nel num. 15 dci Giornale della provincia di Vicenra dci 1879. V. anche l' articolo di Galottini A. nel num. 22 dello stesso giornale.

177. L' ossario di Custosa (24 Giugno 1879), versi e prose di autori veronesi. Verona, Civelli, pago 47, 8. 178. Atti relativi alla costituiione della societ pe,- l' ossario di Custoia, e Resoconto della sua gestione. Verona, Franchini, pago 91. 179. BAGATTA FRANCESCO. Custoi;a, versi. Verona.
180. AMBRoSI FRANCESCO. Il medio evo trentine.
Nell' Archivio Storico Italiano dci 1879, disp. III (pag, 413-435), IV (pag, 74-87), VI (pag. 385-393).

189
181. Profili di una storia degli scrittori e artisti trentini raccolti e compilati da FRANCESCO AMBROSI. Borgo, Marchetto, pago 103, 8. 182. SCOMAZZETTO P. Notie degli scavi d'antichit. Asolo.
Negli Atti della R. Accademia dei Lincei, ser. III, Memorie, III, p. 305 ; e nelle Notizie degli scavi d'antichit ecc., pago 133-

183. BAlLO LUIGI. Di alcune fontiper la storia di Treviso.


Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 388'417,

184. Treviso e Vicen,a. Due documenti patrii. Treviso. 185. Relatione letta al Senato da LEONARDO VALMARANA, il 5 Giugno I i 39 nel suo ritorno da podest e capitano di Treviso. Ven., Visentini, pago 16, 8. 186. DIENA avv. MARCO. Innanti la Ecc.r Corte d'Appello in Vene,ia. Conclusionale nella causa della provincia di Treviso contro il r. ministero delle Finanie. Ven., Visentini, 64, 8.
Si ricerca a chi incomba la ricostruzione dei ponti distrutti dagli Austriaci nel 1866.

187. FlETTA L. Della rocca di Cornuda, oggid la Madonna di Rocca (diocesi e provincia dt Treviso).
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 23-39.

188. CAMBRUZZI ANTONIO. Storia di Feltre.


Lunghi squarci di questa storia furono publicati (1879) nel periodico feltrino: Panfilo Castaldi.

189. Intorno al modo di difendere la provincia di Belluno dalle invasioni tedesche, Memoria di DANIELE COLLE, scritta nella prima met del secolo XVI. Venezia, Visentini, pago 13,8. 190. MIARI FULclO LUIGI. Un vecchio gravame (Belluno).
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 340-347.

191. PELI.EGRINI FRANCESCO. Due documenti (I 3 I i-I 4I 2) per le Notte Miari-Lagorio. Belluno, Cavessago, pago IO, 8.
1317,21 Novembre, Belluno. Atto col quale Uberto co. di Lumello crea notaio Bartolommeo figlio di Bonaccorso Miari - 1412, 21 Maggio, Buda. Diploma dell' irnp. Sigismondo col quale nomina suo familiare il nob. Giov. Antonio Miari.

192. CIANI MARCO. Documenti del I 5 I 4 e del I i 97 riguardanti il Cadore. Cadore, tipo Comunale, pago 20, 8.

190
Ducale del ryra ; bigliettini di Alessandro Berthier e di N. Buonaparte, ed ordini di questo ecc. risguardanti il territorio di Cadore nel 1797.

193. Il Piave di ANTONIO RONZON. Ven., tipo del Tempo, pago 39, 16. 194. DEODATI E. Ricorso all' Ecc.ma Corte di Cassazione ... in punto di dichiarazione di propriet del monte Imperina. Ven., Visentini, pago 46, 8.
Vi si discute storicamente la questione della propriet dei beni comunali, anche giusta la legislazione della Republica di Venezia.

195. MARINONI CAMILLO. Bronii preistorici del Friuli. Milano, Bernardoni, pago 37 fig.
196. Aggiunta all' epoca VI degli Annali del Friuli compilati dal conte FRANCESCO DI MANZANO, Udine, Doretti, pagine 379, 8.
Vedi l'articolo di Krones in Steiermdrk. Geschichtsbliitter, I, 120-121-

191. Ultime relazioni dei Carraresi col Friuli. Documenti dal 1.388 al 142 I raccolti da V. JOPPI. Udine, Seitz, p. 24, 8. gr. 198. Numismatica friulana. Le medaglie, lettura del proj VALENTINO OSTERMANN. Udine, Doretti, pago 17,4. 199. MOHLBACHER E. Nuovi lavori di V. Joppi sulla storia del Friuli e dell' Istria.
Nelle Comunicarioni dell' 1. R. Istituto per la Storia Austriaca di Vienna, pago 156-160.

200. SCALA ANDREA. Il paiano del Comune di Udine. Relatione storico-artistica illustrata. Milano, pago 54201. Antichi Statuti inediti di S. Daniele del Friuli, 1.34.3- 1.368, con documenti publicati da V. JOPPI. Udine, Doretti, pago 38, 8. 202. Statuti del Comune di Attimis nel Friuli del secolo XVe XVI editi a cura del Municipio. Udine, Seitz, p. XVI, 47,8. 203. Statuto della Comunit di S. Vito (al Tagliamento) del 1528. San Vito, Polo, pago 22, 8. , 204. Consuetudines gradiscanae nel 1575, con una noti,ia di Gradisca, publicata da V. JOPPI. Udine, Seitz, p. 59, 8. 205. Documento che illustra la storia di Cordovado. Cordovado. 206. CRSOLE V. Les Reliquaires de la ville de Pordenone.
Nel giornale L'Art,

ve

anne (1819), tomo II, pago 265,

i91
207. Aclmi documenti antichi sulla nobile famiglia di Strassoldo, raccolti da V. JOPPI. Udine, Seitz, pago 20, 8. 208. STEINWENTER A. Ricerche sulla storia dei duchi Leopoldi d'Austria.
Nell' Archivio per la Storia Austriaca di Vienna.

209. San Giuliano l' ospitatore. Cenni storici dell' avv. RAFFAELE FOGLIETTI. Firenze, Cellini, pago 45, 8.
Nella Rassegna Narionale, fascicolo III (1879)'

210. Der Dom

VOlI

Aquileia..

Nei Bldtter des christlichen Kunstvereines der Discese Seckau (Gratz), 1879, n. I- 5, con una tavola.

211. PERVANOGLU dotto PIETRO. I Canti alle rive del mare Adriatico e della origine del nome Cl Trieste Il.
Nell' Archeografo triestino (voI. VI, fascicolo III), pago 239-249.

212. Sull' ingrandimento di Trieste nel secolo XVIII. Scrittura dei cinque sauii alla mercanzia al Senato della Republica Veneta, 16 Maggio 1768. Ven., Naratovich, p. 24, 8. 213. MARSICH don ANGELO. Regesto delle pergamene conservate nell' Archiviodel reuerendissimo capitolo della cattedrale in Trieste.
Nell' Archeografo triestino (voI. VI, fascicolo III), pago 25-266.

214. Il museo civico d'antichit di Trieste. Informazione di CARLO KUNZ. Trieste, Balestra, pago 102, 8. con 4 tavole.
215. L'Tstria, note storiche di CARLO DE FRANCESCHI, segretario emerito della Giunta provinciale istriana. Parenzo, .Coana, pago 5 IO, 8. 216. MARSICH ab. ANGELO. Effemeridi istriane.
In tutti i numeri del giornale La Provincia dell' Istria.

217. VATOVA G. L' Istria negli scrittori antichi, greci e


latini.
Nel giornale L'Unione, cronaca capodistriana bimensile, nel num. 17 (9 Giugno 1879) e successivi.

218, SU5ANNI GIUSEPPE. All' ill. sig. capitano Riccardo


Burton.
Lettera sulla divinit Ika. Si legge nel giornale La Provincia dell'Istria, num. 18 del 1879.

219. FAMBRI PAULO. L' Istria e il nostro confine orientale.


1.0

Nella Nuova Antologia, 1. Gennaio. pago 5-36, 15 Marzo, pago 193'228, Giugno, pago 514-551.

i92
220.
TEDESCHI PAOLO.

Cenni sulla storia dell' arte cri-

stiana nell' Istria.


Nel giornale L'Unione, cronaca capodistriana bimensile, num. 3-10 dell' anno V (1878-1879)'

221. Mosaici istriani.


Nel giornale La Provincia dell' [stria,
I

Decembre 1879.

222.

CaMBI CARLO.

Notiiie storiche intorno alle saline

dell' Istria.
Nel giornale L'Unione, cronaca ecc., num. 19-21 (9 Luglio - 9 Agosto 1879)'

223. TEDESCHI PAOLO. Del decadimento dell' Istria. Nel giornale La Provincia dell' [stria. num. 23 e 24 del 1879.
224. Istrien. ta Wegweiser.
Su questa opera; uscita nel 1878, un importante articolo nel giornale La Provincia dell' [stria, num. 24 del 1878 e num. I del 1879.

225. La stella dell' Esule. Roma, De Angelis, p. 296, 8.0


Contiene, fra altro: Ascoli Graziadio, Le Venerie (pag. 25, 26); Combi Carlo, Della rivendicaslone dell' [stria agli studi italiani (pag. 49-67);.Luciani Tomaso, Fonti per la storia dell' [stria negli archivi di Veneria (p. 149163) ecc.

228. KANDLER. Scritti inediti. Nel giornale La Provincia dell' [stria, num. 2-6, 13, 15, 20 e nel Supplemento al num. I l del 1879.

221.
tanova.

BERNARDI Jxcor-o.

S. Massimo protovescovo di Cit-

Nel giornale L'Unione di Capodistria, 9 Decembre 1879.

228. FRANCESCO
1010 di Capodistria.

PETRONIO.

Cenni cronologici sul Capi-

Nell' Archeografo triestino (val. VI, fascicolo III), pago 211-238.

229. PELLEGRINI FRANCESCO. Di Simone Gavardo, arcIdiacono di Capodistria.


Nel giornale La Provincia delf Istria, num. 16 del 1879.

230. Documento risguardante (fiorentini a Capodtstria (143 0 ) .


Tratto dai Misti del Senato veneto, questo documento si legge nell' Archeografo triestino (voI. VI, fascicolo III), pago 319.

231. KANDLER P. Pirano, Monografia storica. Parenzo,

53, 8.0 232. Folium Dioecesanum a curia episcopali parentinapolensi anno 1879 editum, Parentii, Coana, pago 204, 8.0
Coana, pago

Vi si aggiungono notizie storiche: De Euphrasio episcopo parentino i

193
lo Status dioecesis polensis anno 1074; la Synopsls historica ecclesiae et capitali Montonae ; la Descriptio ecclesiae S. Stephani aliarumque Montonae ; la Descriptio ecclesiae cathedra/is (Basil. Euphras.) parentinae.
NI.

233. Albona, studi storico-etnografici di TOMASO LUCIAVen., tipo dell' Istituto Coletti, pago 4 non num., 32 , 8.0

234 GELCICH G. Le lettere e le arti alle bocche di Cattaro. Ven., Visentini, pago 28, 8.0

235. MAS LATRI E (L. n). L'ile de Chypre, sa situation presente et ses souuenirs du moyen age. Paris, Didot, pago 8 non num., 430, 16.0 236. MAGNI RENATO. L'isola di Cipro, Memoria.
Nel Bollettino Consolare, vol. XV, parte I (fascicolo III, Marzo 1879), pago 161-18+

237. MAGNI RENATO. Casa di Savoja e l'isola di Cipro. Appunti storici.


Nel Bollettino Consolare, vol. XV, parte II (fascicolo VII, Luglio 1879), pag3- 19

238. P. GHiNZONI. Galeaiio lv/aria Sf01''(a e il regno di Cipro (1473-1474).


Nell' Archivio Storico Lombardo (31 Decembre 1879), pago 721-745.

239. Viaggio etnografico da Vene'(l'a a Cipro di Elia da Pesaro (1,66).


Nella Revue de Gographie di Parigi, Settembre 1879. Vedi l'articolo relativo nel Bollettino della Societ geografica italiana, Ottobre 1879, pago 683-685.

240. MAS LATRIE (L. DE). Les Comtes de Jaifa et d' Ascalon du XIIe au XIXe sicle.
Nella Revue des Questions historiques, 1 Luglio 1879, p. 181-200, e con correzioni ed aggiunte, anche di documenti, nell' Archivio Veneto, t. XVIII, pago 37-417.

241. Lettere al pontefice Alessandro VII di Giovanni Francesco Labia (1655). Ven., Naratovich, p. 8 non num., 8.0 242. Quattro lettere Miliiia, Morghen, Monti, Mustoxidi. Ven., Naratovich, pago 24243. Sei lettere autografe di Antonio Canova tratte dal Museo Civico e Raccolta Correr da A. Bertoldi. Ven., Visentini, pago 34, 8.0 244. Lettere inedite di ..... Ippolito Pindemonte, .....

la

194
Giustina Michiel . . .. ed ah. Giuseppe Barbieri.. Ven., Naratovich, pago 58 non num., 8.0
Noue Paccagnella Pigazzi.

245. CARPER LUIGI. Lettere inedite. Verona, Civelli.p. 30.8.0 248. Lettere inedite d'illustri scrittori a Filippo Scolari, premessa qualche notia intorno alla sua vita. Pisa, Nistri, -pago 54, 8.0 247. Tre lettere inedite di Melchiorre Cesarotti publicate da Giuseppe De Leva. Padova, Seminario, pago 16, 8.0 248. TORNIERI LORENZO. Due lettere. Vicenza, Paroni, pagine 16,8.0 249. None Colbacchini-Panittoni. Vicenza, Paroni, p. 8 non num. 8.0
Contiene due lettere dell' ab. Giuseppe Barbieri.

250. A. M. CANELLA. Lettere. Schio, Marin, pago 24, 8.


Noue Conte- Dalle Ore.

251. LORGNA A. M. Due lettere. Modena. 252. Due lettere d' Ippolito Pindemonte. Padova, Salmin, pag.8, 8.0 253. Nuove lettere di Benedetto Del Bene al marchese Gianfrancesco Dionisi. Verona, Civelli.
Su queste lettere v. l'articolo di Giuseppe Biadego nell' Archivio Ve-

neto, tomo XVII, pago 339-349.

254. ALEARDI ALEARDO. Epistolario. Verona, Civelli. 255. Lettere inedite di PAOLO CANCIANI ad Amedeo Srajer. Ven., Naratovich, pago 26, 16.0 .256. Alcune lettere del dotto Domenico de Rossetti publicale per cura di ALBERTO T ANZI. Milano, Rechiedei, p. 268, 8.0

257. YULE H. Marco Polo e la sua famiglia.


Nell' Archivio Veneto, tomo XVII, pago 359"362.

258. AMREIN K. C. Marco Polo. Zurigo, Herzog, pago 42


(ted.).

259. I Labia in Veneria, Notiiie storiche genealogiche di C. BULLO. Ven., Visentini, pago 40, 4-0 con un albero genealogico e tre tavole eliotipiche. 280. ZANETTI D. VINCENZO. La famiglia Serena di Murano, Cenni. Ven., tipo dell' Istituto Coletti, pago 19, 8.0 281. LUMBROSO G. Descrittori italiani dell' Egitto e di
Alessandria.

195
Negli Atti della R. Accademia dei Lincei, serie III, Memorie, vol. III. Da Buono da Malamocco e Rustino da Torcello (pag. 430) fino a Giuseppe Castellazzi (pag. 556) troviamo notizie di quarantasette o veneti o veneziani.

282. Giovanni III re di Portogallo, il cardinale Silva e Finquisitione, Memoria del comm. A.NTONIO RONCHINI, Modena, 1879, Vincenzi, pago 43, 8.0

r Emilia (Nuova Serie, voI. IV, parte

Estr. dagli Atti e Memorie delle Deputarioni di Storia Patria delI). Vi si parla di Luigi Lippomano.

263. Ferrante Vitelli alla corte di Savoja nel secolo XVI, Memoria storica con documenti inediti del barone GAUDENZIO CLARETTA. Torino, Stamperia Reale, pago 100, 8.0 264. Funerali al colonnello cav. Giacomo Zanellato e discorso di Paolo Lior,
Nel num. :u9 (1879) del Giornale della provincia di Vicenra. Vedi ano ' che il num. 79 del giornale Il Berico.

265. Tir.iano e le sue ceneri.


Nei giornali La Veneria, 11 Giugno, e Il Rinnovamento, 13 Giugno 1879. Vedi anche su questo argomento uno scritto di F. S. Fapanni. Venezia, Kirchmayr e Scozzi,

266. BIANCHETTI GIUSEPPE. Discorso intorno a Paris Bordone. Ven., Naratovich, pago 24, 8.0 267. Notia di quattro artisti di S. Vito al Tagliamento con cenni e documenti raccolti da V. JOPPI. San Vito, Polo, pago 35, 8.0 268. URB~NI DE GHELTOF G. M. Tiepolo e la sua famiglia. Ven., Kirchmayr e Scozzi, pago 138, 16.0
P. G. Molmenti ne scrisse nel Fanfulla della Domenica del 16 Ottobre 1879.

269. ANTOLINI PATRIZIO. Notie SU Leopoldo Cicognara e sua famiglia. Ferrara, tipo Sociale, pago 48, 8.0 270. Giovanni Quarenghi bergamasco, architetto alla corte imperiale di Pietroburgo, memoria di GIUSEPPE CoLOMBO B. Torino, tipo S. Giuseppe. 271. Vita di Giuseppe Segusini narrata da Jxcoso BERNARDI. Feltre, tipo Panfilo Castaldi, pago 288, 8.0 272. SCOFFO dotto LUIGI. Giuseppe Dala. Ven., Kirchmayr e Scozzi. 273. LIVIo Ntso GALVANI (GIOVANNI SALVIOLI). Tommasa Trajetta. Ven., tipo della Gattetta, pago 6, 4.0

196
274. Documenti inediti intorno a Francesco Petrarca e Albertino Mussato raccolti dal s. c. ANDREA GLORIA.
Negli Atti del R. Istituto veneto di pago 17-52.

s., L. ed A., tomoVI. ser. V, disp. V,

275. LEGRAXD EMILE. Les t7"aVaUX et les services du cardinal Bessarion.


Nel giornale La Rpublique Franaise, 4 Luglio 1879.

276. Il ridotto Mauroceno. Studio biografico del prof.


VINCENZO MARCHESI. I. Andrea Morosini istoriografo venetiano. Ven . tipo dell' Ancora, pago 27. 8.0 277. CIPOI.J.A C. Bartolommeo Campagnola.
Ncll' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 348 349.

278. CAVAI.I.I FERDI:'lASDO. Pietro Mocenigo, Luigi Gonjaga, Bartolommeo Benincasa , Giandomenico Brustoloni, Loremo Pelleati, F. M. Frauceschinis, Alessandro Pepoli.
Sono altrettanti articoli che si leggono nel vol. XXI delle Memorie del R. Istituto veneto di s., L. ed A., in continuazione dell' opera La Sciensa Politica in Italia.

279. Carlo Goldoni. Studio di P. G. MOLMENTI. Venezia, Kirchmayr e Scozzi, pago 129. 16.0
V. l' articolo relativo nel Fanfulla della Domenica, 16 Novembre 1879-

280. MASI ERNESTO. Il Goldoni in Francia.


Nella Rassegna Settimanale, 24 Agosto 1879.

281. BIAGI GUIDO. Il secondo amore del Foscolo.


Nel Fanfulla della Domenica, 23 Novembre 1879.

282. BIA!l/CHINI DOMENICO. Ancora di un amore di Ugo Foscolo.


Ncl Fanfulla della Domenica del 7 Decembre 1879.

283. GHIRON ISAIA. Una pagina della vita di Ugo Foscolo a Londra.
Nel Fanfulla della Domenica,
2

Novembre 1879.

284. SCUI.MERO PIETRO. Una nota inedita di Ugo Foscolo.


Nella GaH' letteraria di Torino, num. 7 del 1879-

,o Monti.
Ce7Zj'O

285. BIAGI GUIDO. Una visita (di Mario Pieri) a Vincen.


IO

Nel Fanfulla della Domenica,

e 17 Agosto

187~1.

286. BIAGI GUIDO. Seconda visita (di Mario Pieri) a


]Y[onti.
Nel Fanfulla della Domenica, 5 Ottobre 1879.

Vir"~

197
287. Del cardinale Placido Zurla di Legnago, monaco benedettino-camaldolese della Congregaiione di S. Michele in isola di lv/urano presso Vene'{ia, Cenni biografici (1 76 9~ 18.34). Verona, Merlo, pago 67,8. 288. GIOVANNI SCOPOJ.I. Dell' istruzione nelle Belle Lettere (i Ginnasi). Frammento dell' opera inedita intitolata: Relazione della visita fatta delle publiche scuole in pi luoghi di Germania e riflessioni su quelle del regno, presentata a S. A. R. il principe Eugenio, Vice Re ecc. Verona, Civelli, pag.44, 8.
Giuseppe Biadego prepose al libretto accurate notizie intorno allo Scopoli.

289. F APANNI FRANCESCO. Di alcuni begli umori de' tempi addietro, Ven., tipo S. Giorgio, pago 15,8. 290. O. DI HASSEK. Un poeta istriano (Besenghi degli Ughi ).
Nella Nuova Antologia, 15 Giugno 1879, pago 573-58g.

291. PANZACCHI ENRICO. Il Tommaseo poeta.


Nel Fanfulla della Domenica, [9 Ottobre 1879.

292. TOLOMEI GIAMPAOLO. Sulla vita e sugli scritti del prof. Giuseppe Todeschini-Munari.
Nei num. 237-239 (1879) del Giornale della provincia di Vicenra.

293"PAVAN A. In commemorazione di A. Aleardi. Pesaro. 294. DANEo G. Aleardo Aleardi. Memoria. Genova. 295. C. CIPOLLA. Paolo Pereto
Nell' Archivio Veneto, tomo XVIII, pago 361-36g.

296. Cenni biografici del prof. Paolo Pereto


Nel giornale La Voce del Lago Maggiore, 19 Settembre 1879.

297. BIADEGO GIUSE;PPE. Paolo Perei.


Nel giornale di Verona L'Arena, del 21 Settembre 1879.

298. DE VIT VJNCENZO. Paolo Pereto


Nella Rivista Nasionale del 1879, II, 127-14J.

299. TOFFOLETTO GIUSEPPE. Il trigesimo di Francesco Cita, poliglotto.


Nel num. 207 {1879) del Giornale della provincia di Vicenra,

300. LEVI A. R. UIl poste italien (V. Salmini). Venise, Vi sentini, pago 17, 16. 301. E. L. CATTELANI. Veneria e le sue letterate net se~ coli XV e XVI.
Nella Rivista Europea, r. 0 Ottobre- 1879.

198
302. MARCOLINI dotto ANTONIO MARIA. Cenno biografico di Caterina Piana Martinati, con lettera diretta da questa all' Accademia di Bovolenta. Padova, Seminario, pago 13, 8.
Nozze Pigorini-Martinati.

303. PATUZZI G. L. Caterina Bon-Brentoni.


Nella Garr. letteraria di Torino, num. 5 del 1879.

304. BIADEGO GIUSEPPE. Francesca Lutti. Milano, 1879, tipo editr, lombarda, pago 16, 16.
Estr. dalla Rivista minima del 15 Marzo 1879.

305. Intorno alla vita ed alle opere di Prosdocimo de' Beldomandi, matematico padovano del secolo XV, per ANTONIO F AVARO, pro! nella R. Universit di Padova. Roma, tipo delle Scienze matem. e fisiche, pago 213, 4-
Estr. dal Bullettino di bibliografia e storia delle sciense matematiche ' ejisiche, tomo XII, Gennaio-Aprile 1879.

306. MARTINATI PIETRO PAOLO. Sopra un fatto inedito della vita di Galileo Galilei, Congetture. Ediz. seconda. Padova, Prosperini, pago 30, 8.
Si riferisce alla dimora di Galileo in Padova.

307. BIADEGO G. B. Pietro Maggi matematico e poeta veronese (I8og-I8S4). Verona, Kayser, pago 176, 16.
Vedi anche 1'articolo di GUnter S. nell' Allgemeine Zeitung, riportato nel Giornale della provincia di Vicenra, num. 34 del 1879.

308. PAZIENTI dotto ANTONIO, Commemorazione del m. e.


Antonio Alippio dotto Cappelletto. Negli Atti del R. Istituto veneto di S., L. ed A., tomo VI, ser. V, liisp. I,
pag3- 15

309. PIRONA G. A. Della vita scientifica del pro! Roberto de Visioni, Commemorazione. .
Negli Atti del R. Istituto veneto di S., L. ed A., t. V, ser. V, disp. VIII, pago 637-6';2.

310. MENEGHINI GIUSEPPE. Commemoraiione del dottor Giovanni Zanardini.


Negli Atti del R. Istituto veneto di S., L. ed A., tomo V, ser. V, disp, X, pago 923-943-

311. BERTOLDI A. Elogio di Pietro Paolo Martinati. Verona, Franchini, pago 26, 8. 312. LUIGI PIGORINI. La Paleoetnologia veronese e il suo fondatore. Roma, Barbera, pago 16, 8.
Estr. dalla Nuova Antologia,a Settembre 1879.

199
313. Cenni sul/a giovent e sulle benemerenze del presidente Antonio Berti verso la Societ Veneta di Mutuo Soccorso medico-chirurgico-farmaceutica, letti nella seduta ordinaria 9 Luglio 1879 dal uicepresidente dotto LUIGI SCOFFO. Ven., Longa, pago 24, 8. 314. MARZOLO FRANCESCO. Commemorazione del dotto Antonio Berti.
Negli Atti del R. Istituto veneto di pago 775-803,

s., L. ed A., t. V, ser. V, disp. VIII,

315. CARRARa GIUSEPPE. Commemorazione del comm. dottor Antonio' Berti.


Negli Atti dell' Ateneo Veneto (torn. III, voI. Il, 1879), pago 139-162.

316. P.

G. MOLMENTI.

L'abate Brandolini. Lafine dell' a-

bate Brandolini.
Nella Rassegna Settimana/e, 9 Febbraio, 23 Novembre 1879.

317. BERNARDI J. Vita di mons. Antonio Gaua vescovo di


Feltre e Bel/uno.
Nel periodico feltrino: Panfilo Casta/di.

318. MILANESE GIOVANNI, canonico. Elogio funebre letto sulla bara di S. E. Il/.ma e Rev. ma Mons. Federico Maria Zinel/i vescovo di Treviso nella Chiesa Cattedrale Trivigiana il 1. Decembre 1879. Treviso, Novelli, pago 22, 8. 319. ZANOTTO pro! ab. FRANCESCO. Discorso funebre letto nel Seminario di Treviso in lode del defunto vescovo Mons. Federico Maria Zinelli. Treviso, N avelli. 320. F APANNI FRANCESCO. Federico Maria Zinelli, brevi cenni. Ven., Fontana, pago 12. 321. NETTI TOMM. Oratione in morte di don Felice Perlato. Verona, Merlo.
Interessante per la storia della strage di Castelnuovo, 1848.

322.

SIMONSFELD

H. Caterina Cornaro.

Nell' A//gemeine Zeitung, num. 187-ISg, 6-8 Luglio 1879.

323. ROSSI dotto UGO. Commemoraiione della principessa Elisabetta Clarr Aldringen. Ven., Visentini, pago 4, 8. 324. In morte di Clotilde Maria dei marchesi Saibante. Verona, Civelli, pago 16 non num., 8. 325. CALI ARI PIETRO. In morte della co. Eleonora Guerrieri-Miniscalchi Erio. Verona. 326. GIULlARI mons. G. B. Discorso in morte della contessa Eleonora Guerrieri Miniscalchi-Eristo. Verona, 4-0

~oo

327. A mesto ricordo della nob, co. Elena Dolfin vedo


Gradenigo defunta il giorno 8 Febbraio 1879. Ven., Sacchetti, pago 6, 8. 328. CITTADELLA G. Contessa Margherita Papafava .... Cittadella Vigodariere. Padova, Prosperini, pago 9, 8.

329. Raccolta di proverbi ueneti fatta da CRISTOFORO PASQUAI.lGO. Seconda editione accresciuta e riordinata. Ven., tipo dell' Istituto Coletti, pago VIII, 330, con due appendici, 8.0 330. GIULlARI mons. G. B. CARLO. Documenti dell' antico dialetto ueronese (1331-1475). Verona, Colombari, p. 12,4-0 331. GIULlARI mons. G. B. CARLO. Documenti dell' antico dialetto veronese (1480-1495). Verona. 332. GIULlARI mons. G. B. CARLO. Documenti dell' antico dialetto veronese (1496-1499). Verona, Colombari, p. 23, 4-0 333. MARINELLl G. Nota allibro dello Schneller, Deutsche und Romanen in Sud- Tirol und Venetien.
Nel Cosmos di Guido Cora, Aprile 1879, pago 198, 198.

334. ALTON J. Die Ladinischen Idiome in Ladinien, G,'~ den, Fassa, Buchenstein, Ampeno. Innsbruck, Wagner, pagine 375, 8. 335. Cimeli dell' antico parlare triestino, raccolti da )Acapo CAVAl.LI, illustrati da G. L Ascor,r.
Nell' Archeografo triestino (voI. VI, fascicolo III), pago 199.210.

GIOVANNI BIANCHI,

Gerent, l't!,po,,,obll,.

ARCHIVIO VENETO.
T(HIIl

xx. -

PARTF. II.

14

I8TORIA
IONUIENTALE, LETTERARIA, PALEOGRAFICA
DELLA

CAPITOLARE BIBLIOTECA
DI VERONA
PER MONB. G. B. CARLO Co. GIULlARI CAN. BlBLIOT. (Cont. del Lib. II, Storia Letteraria. Vedi pago I).

CAPO V.

IJalla mia fJenuta al !J0fJerno della Biblioteca Oapitolare sino alla inaugurazione della stanea Maffeiana.
(1856-1868 l.
Fin qui sono venuto sponendo gli studi fattisi nella Capitolare prima ch' io fossi eletto Canonico e Bibliotecario. Questa cara incombenza eram dagli Onorev, Colleghi miei conferita al cadere del 1856. Seguita la mia storia ad esporre quanto si fece sotto ai miei occhi di letterario lavoro da nazionali e stranieri, a che ho potuto porgere anch' io alcun soccorso: coll'aggiunta del poco da me fatto. LVII. - Con peculiare commendatizia di S. E. il Veneto Luogotenente, l'egr. Sig. dotto Teodoro SicAel fu qui nel 1857 a prender cognizione delle pi vetuste membrane Capitolari. La Imp, R. Accademia di Vienna caldeggiava a que' d una splendida opera in aiuto degli studi storico-critici j onde ritraendo a mezzo della fotografia esemplati al vero i tipi de' pi antichi documenti, la scienza Paleografica ne ricavasse nuovi criterl di verit, conforto a progredire nelle sue ricerche. Non pochi ne trascelse lo sperto e diligentissimo dotto Sickel tra i nostri mss., ed una intera pagina di eiascuno, seconoch ei riput meglio, presa a saggio, vuoi per l'et, vuoi per il carattere, vuoi per altra specialit del Codice, era nello studio del fotografo sig. Lotz e in Verona esemplata, con quella nettezza e diligenza, che gli sono proprie. L'opera cominciava uscire

204
in Viennn nel 1858 col titolo: Monumenta I/'I'apkica Medii Ae'Di ez A'I'cki'ois et Biliotkeci lmperii Austriaci collecta, auspice e Mecenate S. Ecc. il Conte Leone Thunn Ministro del Culto e della pubblica Istruzione. Splendida quant' altre mai, in fogI. mass., con le Tavole fotografate, e poste sulla tela, secondo la rispondente grandezza dell' originale membrana o carta j la deciferazione di ciascun documento in separato volume in 4. , Piacque al dotto editore dotto Sickel testimoniare subito la sua riconoscenza, per l'uso consentitogli cortese e largo de' preziosi Codici. Della Lettera che mi diresse da Vienna a' 30 Luglio 1857, appena ritornatovi col raccolto tesoro, lasciando alcune particolari cortesie che mi risguardano, reco questi soli paragrafi: vi si afferma che aucune BibliotMque de l'Empire ne possUe d' aussi 'Dieuz et p'l'ecieu:r; Manuscrits que la 'l'otre . . . . Monsieu'l' le Ministre a

appris aoee beaucoup de plaisir que M.' M: du Cltapit'l'e sont toujou'l's p'l'tts de dom~e'l' accs aoec tant de liberalit leu belle Bibliotkque. Aussit6t que la p'l'emire li1!raison des f'ac-similes sera te'l'mine, un ezemplaire en sera offert la Bibliothque du Cltapitre.
Fedele alla promessa, rispose il sollecito invio del l ,s Fascicolo delle Ta'Dole, in fogI. mass., con la sposizione delle medesime in 4.; e la nostra Capitolare impreziosivasi di cos splendida opera, dono veramente imperiale. Ogni fascicolo contiene XX Tavole j ne uscirono sino al 1869 ben IX fascicoli, ne' quali stanno undici Tavole de' nostri Codici bellamente ritratti in fotografia. In maggior nnmoro era la nota, che presa aveane il cb. Editore, n so percb tutti non prodotti; anzi con sorpresa, carne ammessi alcuni de' pi. vetusti e preziosi. Dar la nota de' Codici Capitolari, de' quali si banno le/otol/rafie in questa magnifica opera: . Tav. II, Cod. Cap. LV al faI. 34 v. Fase. 1. ,. Tav. III, Cod. Cap. LX al faI. 78. Fase. III. Tav. I, Cod. Cap. XXXIII faI. 22 V. Fase. IV. Tav. II, Cod. Cap. XLII faI. 78, 79. Tav. III, Cod. Cap. XL faI. 38. J) Tav. VIII, Cod. Cap. VIII faI. 47. Fase. VIII. Tav. I, Cod. Cap. XIV faI. 30 V. J) Tav. II, Cod. Cap. XXXVIII faI. 103. J) Tav. IV, Cod. Cap. IV fol. 6. Tav. V, Cod. Cap. X faI. 39 V. p Tav. XIV, Cod. Cap. LXV fol. 11 v., 12.

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LVIII. - Intanto che 8 Vienna attuavasi cos grande opera, la dotta Germania ne stava disegnando un' altra anche pi vasta a Berlino. Raccogliere tutte in un corpo le Iscriaioni Greche e Latine era un' impresa gi lungamente e focosamente vagheggiata dal nostro Scip. Maffei, per la quale fatte larghe ricerche, peregrinata buona parte d'Europa, e messo oggi mai insieme copiosi materiali. N' testimonio il Manifesto latino dato alle stampe; come eziandio un altro italiano, inedito ancora tra' Mss. Capitolari, e pi di tutto il suo Epistolario ne faranno fede. L'opera Malieiana com. pendiavas con la sola produzione del Museum Veronense, dove stanno pur le Iscrizioni di Torino, di Vienna, e di parecchi altri luoghi, raccolte da quel sommo, che, saputo inteso a simigliante lavoro il Muratori, ritraevasi dal continuarlo. Ma n tampoco i quattro grossi volumi in foglio del Tesoro epigrafico posto in luce dal Muratori poteano satisfare le giuste esigenze dei dotti. Una pi esatta recensione dei monumenti, spesso letti male, peggio publicati, sceverarne gli apocrifi, precisarne la derivazione, illustrarli secondo i canoni della critica progredita, con la giunta copiosissima dei nuovi discoperti, era questa l'opera cui s'accingeva con reale munificenza la illustre Accademia di Berlino. Capitanavano il lavoro i due chiarissimi letterati Heneen, e Mommsen. In loro nome il sig. dotto Tkilo reeavasi in Verona nell' Agosto del 1857; una lettera del nostro co. Gian Girolamo Orti mi raccomandava quel dotto e cortese giovane, perch gli fosse data licenza e modo da consultare quanto la Capitolar Biblioteca possedeva di pi interessante pe' suoi studi epigrafici. Ebbe agio amplissimo di esaminare nou solo le schede Maffejane, s ancora la ricca suppellettile d'Iscrizioni che sta ne' molti volumi Mss. di Mons. Francesco Bianchini. Sopratutto si piacque di svolgere le due preziose raccolte di antiche Lapidi, che i nostri Felice Feliciano, e Fr Giovanni Giocondo ci lasciarono manoscritte, e la Capitolare Biblioteca possede j in autografo la prima, Cod. CCLXIX .,240), in bellissimo esemplare e vetusto la seconda, Cod. CCLXX (241 l. Richiedendosi pi tempo a giovarsi compiutamente dei tesori qua adunati, negli anni appresso la Capitolare fu onorata di ripetute visite e ricerche degli stessi illustri Direttori dell' Opera, i professori Heneen. c Mommsen,. ed io reputai a gran ventura, e cara compiacenza, favorirli di quanto meglio desideravano. Il Capitolo acconsentiva di buon grado ritraessero esatta copia delle soprallegatc Raccolte del Feliciano, e del Giocondo, che loro trasmisi a Berlino,

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fatte collazionare sugli originali. Stimo atto doveroso allegare ne' documenti la gentile Epistola latina, che la R. Accademia spediva a me in segno di riconoscente animo (l). LIX. - In questo periodo piacemi ricordare l'opera di alcuni nostri concittadini, ~he volsero l'animo alla Capitolare. L'Ab. Celare Ca'Dattoni, Bibliotecario della Comunale, di bella fama per asBai lavori dati al publico, domandava licenza al Capitolo di giovarsi de' molti suoi Codici, i quali contengono opere del Guarino, per una da lui divsata raccolta e stampa delle Epistole, inedite pressoch tutte, di quel grande restauratore degli studi classici in Italia. Altri lavori occuparono il mio 'buono e valente amico; ma io ben mi prometto vorr continuare nel suo onorevole ed utile divisamento, publicando quandocbeaia l'Epistolario G7Iarifliaflo: cb qui non solo, ma ed in altre Biblioteche (massime nella Comunale di Ferrara) trover larga messe: e utilissima ne sar la edizione a chiarire la storia letteraria di quell' illustre periodo (2). Anche all' Distoria Imperialis del nostro Giovanni Mansionario, che sta inedita nel Cod. Capito CCIV (189), pose l'occhio il Cavattoni, e si accinger spero a darne illustrata la stampa: non dimenticando il raffronto del bellissimo esemplare, che gli feci conoscere da me veduto in Roma presso ai Padri Filippini nella Vallicellana. LX. - Si riferiscono del pari a quest' epoca mia gli studi dei nostri P. Bartol, Sorio in continuazione ai precedenti intorno al :l'esoro di Se Brunetto Latini: come pure quelli del bolognese dotto Francesco Lisi sul Gajo. De' quali tutti parlai sopra, come ne richiedea vuoi la serie delle opere del primo, vuoi la speciale attinenza al Gajo per l'altro. LXI. N vo' pretermettere un altro generoso voto del march.

Alessandro Carlotti (fu nostro amatissimo Sindaco, e Senatore del


Regno), percha gli sia nuovo impulso, onde veuga fatto pieno da lui (3). Questo nobile Cavaliere di preclaro ingegno, c molto innanzi negli studl di storia, ed in ispecialit di Numismatice, da pi tempo
(1) Docum. n, LIV. (2) Di questo lavoro (come nltres\ dell' altro che allego subito, non potuti ambedue attuarsi dal Cavatton: e imprese da nltrl, parler In seguito. (3) Ahll presto rapitoci add 4 Nov.del 1867.

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intende a raccogliere, oltre a Medaglie e Monete e Libri, quanto si rapporta al Benaco, di che ha gi in pronto una assai lunga bibliografia. Tratta copia da un Codice Marciano del Carme latino, in cui Lodovico Marchenti celebrava la gloriosa vittoria riportata nel 1438 da' Veneziani sul Lago contra Filippo Visconti, pensava mandarlo in luce accompagnato da alcun altro inedito documento, che illustrasse quel periodo guerresco. Glielo offersi nel Codice Capitolare CCLXXXVI (357), che unico ci conserva l'opera del nostro Georgio Bevilacqua de Lacisio Historia de Bello Gallico. La trascrizione che ne feci per favorire a' desideri dell' amico marchese Carlotti (ritardandone ei la stampa) ho spedita al chariss. sig. cav. Federico Odorci, allora a Brescia, oggi Bibliotecario della Parmense (1), coll' animo di rendere a quel dottissimo, e in singolar modo delle Bresciane cose conoscentissimo, una assai gradita comunicazione, e per averne ad un tempo maggiori schiarimenti.

r.xn, - La notizia de' frammenti Liviani data dal Bluhme, contenuti nel Cod. Capito XL (38), stuzzic l'amore letterario e l'ingegno del eh. sig. Prof. A. W. Zumpt. Lo ricordo visitatore per alcun breve tempo della nostra Biblioteca, quando (nel 1857) appena pervenutone al governo, non aveva ancora da' miei Colleghi potuto conseguire quelle facolt di maggiori e pi giuste accendiscendenze verso a' forastieri (dico per trascrizioni, e publicazioni) ch' ebbi in sguito j e saranno pur sempre mantenute a pr delle buone lettere e ad appagamento degli amatori. Gli studi qui fatti, comecch veloci sommari, dal Zumpt, comparvero pi tardi svolti nella sua Dissertaz. De LifJianorum lilJ1'orum inscriptione, et Codice antiquissimo Veronensi, Berolini, 1859, in 4. Gli porse occasione e stimolo, dir anche, a dettarla una breve 'Nota inserita nel PniloloflUS di Gottinga An. 1859, To. XIV, p. 158 - 160. Il sig. Prof. Detll/sen (al quale dovr assegnare qui appresso giustamente un proprio articolo) vi narra la sua rapida visita di poche ore fatta alla Capitolare nel Novembre 1858 per esaminarvi appunto i LifJiani frammenti. Descritta la triste condizione in che trov ridotto per longeva et il Codice, ed accennati i diversi monumenti letterari che contiene, di prima dilavata scrittura, secondo che ne aveva detto anche il Bluhme nel suo Iter Italicum, questo aggiunse di nuovo, dubitar egli pur qui la esistenza
(1) Oggi passato a governare la R. Bibl. di Brera
8

Milano.

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di alcuni frammenti di tema giuridico. Scrive egli infatti fJidi al-

meno sopra un foglio una serie di Capitoli di simigliante argomeAto. Errava il chiariss. filologo in questo suo sospetto: que' Capitoli, presi in pi accurato esame, rispondono piuttosto ad argomento filosofico. Postosi il lJetlifsen a svolgere le rescritte membrane coperte in antico dal Livio, ammir la bellissima pura Onciale a due colonne, a larghi margini; quattro sole colonnette per trascrisse, sulle quali fa le sue paleografiche e filologiche osservazioni. Non osando asse$nar la precisa et dello scritto, afferma tuttavia sembrargli questi frammenti la pi 1!etusta, bznck non forse la pi pura, tradizione del testo Li1!iano. I1fac-simile delle quattro colonnette ch' ei reca trovo molto diligente vero, quanto alla netta forma delle lettere j solo debbo appuntarlo di avercele date sul raffronto dell' originale alquanto pi piccole, pi accasciate l'una all' altra, e pi ristrette le linee. Dissi avere porta occasione allo Zumpt di scrivere 8U questi Liviani frammenti anche la Nota del lJetlifsen j per che in essa parlasi degli studi fatti l'anno innanzi nella Capitolare dallo Zumpt, si allega la copia di ben 14 pagine del Livio, che ritrov la~ciata in Biblioteca da quel cortese erudito a memoria del suo lavoro, copia ch' ei censura di poca esattezza, e come assai pi si potea leggere ch' ei non lesse. L'amara censura ribattuta, per con bel garbo, dal dotto Prussiano, facile hoc fero, aliu cnim alio cernimus melius. Intanto dacch n il Blukme n il .Detlifsen dissero verbo sulla et del nostro paliusosto, lo Zumpt si argomenta conghietturarla almeno dal raffronto innanzi tutto dell' altro palinsesto Piiniano edito dal Mani'!. Quel Codice fu giudicato aver tratta la sua derivazione, se non anca la sua origine prima, da Verona; ed a me pare averne messo anche in viemaggior lume le prove (1). Ei lo ravvisa fere simillimus al Liviano: sebbene il nostro lo vantaggi per nobilt di scrittura, e magnificenza di membrane. Ora se giustamente il Mon attribuiva l'et del Plinio al cadere del IV secolo, od ai primordl del V, egli ne inferisce che pari et potrebbe almeno assegnarsi al nostro Lioio. Ch anzi, meglio fatta ragione alla natura del carattere, segue a dire ut multo altiores originis fines constituamus fieri

potest (2).
(1) Vedi al cap. X del lib. I, (2) Dissertaz. cito p. 17.
D.

1.

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La quale remotissima et del nostro Codice viene egli argomentando, ricercandone studiosamente la lezione seguta, per veder modo se possa attribuirsi precedente o posteriore alla emendazione di Simmaco, che ai f al cadere del sec. IV. Premette non trovarsi alcun cenno di special correttore nel Codice Veronese, n tampoco una lustra cornechessia di emendazione: il che si pare vuoi dagli errori manifesti che vi si incontrano, vuoi per la stessa ripetizione di alcune voci, lasciate cos come scorsero dalla penna dello sbadato amanuense. Nel paziente e critico saggio poi di confronti che prende a rilevare coi Codici Vaticano e Mediceo, la lezione del nostro Codice ravvisa dispajarsi da quella, che ci d la emenda fatta a cura del Simmaco, e degli amici suoi; c per doverlesi estimare d'altra diversa origine, e pi vetusta. Opina egli ut Veronensis

Code:c Lioii manum, reliqui Symmackianorum AmicoNtm emendationem e:cltibeant (p. 22): se in molti luoghi scorretto, riconosce cho il Mediceo quam'Dis ex emendato exemplo scriptus sit, ac rursus altera manu correctue, etiam corruptior est, pluraque itia ex scribendi ne!Jligentia orta ostendit (p. 27).
Dopo nna lunga serio di confronti, di emendazioni al testo Liviano, suggerite dal Codice nostro, cos lo Zumpt nella sua dotta Dissertazione: Neque enim id aimus , ut quicquid in Veronensi libro

utile est, eehauriamsu; ne potuimus quidem, quia non omnia perlustra'Dimus. Sed illud sequeamur, ut 'Diroru.", doctorum studia eecitaremus, iisque, qui Licii cupidi sunt, e:c Veronensi. libro, fjuam'l/is itioso, si judicium reliquorumque Codicum comparatio adkiberetur, disci posse demonstraremus, .E'jfecimus i!Jitur antiquissimum esse Codicem Veronensem, atq7e8 alttiquiol'em adeo quam eum, e:c quo Mediceu8 reliqltique primae Decadis Licianae libri e:cpressi s'unt.. quem ipsum reliquorum quasi parentem ee tribus Symmacltianorum amicorum recensionibu tamqnam conflatum, saeculique quarti more vocabulis continuis nec spatio discreti scriptum fuisse conjecimu. Qfta in quaestione et Vaticanum librum, in nonnullis rebus leoioribu librariorum libidine corruptum, in plftrimis satis bonum cognor;imus, et Mediceum ita peccare oidimus, ut pro reiiquorm, qui e:ctant, Codicum quasi fonte atque origine haberi. non possit. Veronesuis autem naturam dum ezaminamu, non paucis eum ejus, qui scripsit erroriu maculatum, nec uila eju, qui'lJel cum Qll;'1'e.r,~~fr!j compararet, vel de ingenio suo mutaret, cura emendatum esse invenimus: apparebant etiam q'uaedam, qua in Symmackiana recensione consilio mutata esse 'lJiderentur, unde conjectura fieri potest, quid omnino

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illius aetatis emendatores c01&se1't'andarum litte'l'arum .rtudioti in 8criptoribus annotare atque obser1Jare consuerint (p. 37).
Si vedr in sguito (1) come un altro dottissimo abbia rilevati tutti i frammenti Liviani del Cod. Capit., con diligenza e studio, da rendere per poco frustranea ogni altra ricerca del palinsesto. LXIII. - Alla colossale racc olta delle antiche Iscrizioni, ideata e promossa dalla R. Accademia di Berlino, contribuiva di ajnto nn nostro cbiariss. Italiano. Era ben giusto che la sedia Pontificale di Roma Bi assumesse il compito di donarci il tesoro delle Cristiane Epigrafi pi vetuste, e l'opera commettevasi all' erudito cav. Giambatto de Rossi, il quale non risparmi cure e studi a compierla, secondo che richiedea la grave natura dell' impresa. Per questo visitava ei pi volte la nostra Biblioteca, e ne ritraeva documenti acconci 1\ illustrare il suo lavoro. Tra le diverse membrane rescritte del Cod. Capitolare LV (53) una sola, la 88, portava un frammento de' Fasn Consolari, gi conosciuto, ma non rilevato ancora, difficile a ritrarlo da quelli sbiaditi caratteri, e per la grande sovraposta corsiva scrittura che lo ricopre in grau parte. Con molta pazienza e accuratezza si accinse a copiarlo il de Rossi: aveva socio il eh. sig. Edmondo le Blant: accompagnavali il nostro egr. conte Francesco Miniscalclti Briezo; da ambedue volle cortese il de Rossi ripetere come la revisione del suo malagevole studio. Il prezioso frammento col titolo di Fasti Veronenses ora ci dato leggere al capo III, n. V, de' p,.olegomeni al I val. della stupenda sua opera Inscriptiones Cltristianae Urbil Romae 8eptimo saec. antiquiores, Romae, 1857-61, in fogl. Breve cosa, ma interessante per la vetust del documento: credo il primo che su tale subbietto si conosca in membrana. manifesto che l'unica qui conservata, dee essere l'ultima che portava scritta una serie de' Consoli: ora sendovi anuotati sulla faccia reeto q uelIi del 439, e dall' altra correndo la serie fino al 486, con ispazio ancor vacuo per altri nomi, si pu attribuire l'et dello scritto a questa precisa remotissima epoca. Al che risponde la forma stessa de' caratteri, bella oneiale (ma non davvero di tipo simile al Gajo come afferma il de Rossi) di che si reca inciso il fac-simile, delineato accuratamente dal le Blant. Vedi nuovi studi sul prezioso framm. con pi accurata indagine critica fatti dal Mommsen (2).
(l) Al D. LXXXIII. (2) Al n. CXXXVI.

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Il medesimo sig. cav. Gio. Battista de ROlli ocoupavasr, ID altra visita fatta alla Capitolare, della pi volte citata Raccolta epigrafica di Fr Gio. Giocondo, che da noi si conserva. Erudite sono le osservazioni che spose nel Giorn. Arcad., To. CXXXIlI, trattandovi dei Fasti municipali di Venosa, restituiti alla sincera lezio.e, e che tornano a illustrazione del Codice nostro. LXIV. - Dal piccolo ripostiglio di antichit che possiede la Biblioteca, trasse l'amico sig. Ant. Bertoldi di Verona a illustrare un Anello, che stim appartenere al XII secolo, con la iscrizione P ARAINOCE cisellata nel cerchio, attribuendolo al Pontificato d'Inuocenzio II (1130-1143). La breve sposizione delle sue congetture col disegno dell' Anello usciva a pago 664 della Revue de l'Art Oltrit., Paris, 1860, Quatrime anne, erudito periodico redatto dall'ab. J. Corblet, ' . LXV. - Pi lunga riposata visita fece Del 1862 alla Biblioteca il eh, sig. prof. dotto Detlefse, che onorevole incarico aveasi dall' Imp. Napoleone, di perlustrare le Librerie d'Italia, e rintracciarvi pellegrine letterarie dovizie. Gli armadt della Capitolare gli furono liberalmente aperti; studi a fondo ne' Codici nostri; prese nota di alquanti de' pi famosi. Dal Cod. LII (60) trascrisse l'Itinerario detto Burdigalense, o meglio Hierotolymitanum, perch descrittivo del viaggio da Bordeaux a Gerusalemme, gi noto per le stampe, sulla fede per del solo Cod. Imp. di Parigi, Il. 4808. I sigg. Partheye Pinder avevano cercato invano un secondo ms., che valesse a migliorare e compiere la lezione del Codice francese, Il nostro appartiene al secolo IX, in elegante minuscolo, difettivo per di due membrane: onde la lacuna dell' Itinerario da Cesarea a Terracina. Fu publicato nella Reoue ArchologiqulJ di Parigi Nou. Serie, 1864, To. X, p. 99108. con le varianti lezioni l\ pi di pagina tratte dal Codice Imp. a cura di M.r Anatole de Barthlemy. Nel Bullettino di Archeologia Cristiana che publicasi in Roma, a studio di quell' illustre archeologo il cav. Giambattista de Rossi (anno III, 1865, pago 81), si d relazione di questa nuova stampa procurataci dal JJetlefsen, recando notizia di altri ltinerarl antichi a' luoghi santi. Spiacemi invero di leggere in questo pur dotto articolo affermarsi (stimo secondo l'asserto del JJetlefsen), come il Codice Capitolare onde si trasse l' Itinerario Gerosolimitano, si gio,-

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ceDa ignorato. - Ignorato? no certo, dopo la esatta indicazione datane al publico dal Maft'ei nella sua Verona Illu8trata (l). Sulla prima carta, a custodia dello stesso Codice, sta l'Indice dei monumenti letterari in esso raccolti; n vi obbliterato l'ltinerarium, ch anzi leggesi annotata a fianco la stampa T'etera Romanof'tlm Itineraria etc., Amstelod., 1735, in 4., dove a. p. 549 e sego si fece di publica ragione.
LXVI. - In quest' anno medesimo 1862 la nostra Biblioteca era onorata di una seconda visita dal chiariss. sig. prof. Teodoro Momm8en, proseguendo la disamina de' mss. Bianchini e Maft'ei, e la revisione delle epigrafiche raccolte di Felice Feliciano, e di Fr Gio. Giocondo. Un breve aneddoto, che il Maft'ci trasse dalle ultime membrane del Cod. Cap. II (2), e dava fuori a p. 84 degli Opttsc. Eccle. in Appendice alla Storia Teologica, porse nuovo argomento all' erudito prof. Prussiano di critici studt. Dalla membrana 254 e seguente del soprallegato Codice rilev migliorata la lezione che di il Maft'ci dei Nomi delle Provincie Romane, con l'aggiunta delle Genti barbare sotto gli Imperatori; prezioso frammento che gli era ignoto, quando nel 1853 publicava un suo analogo lavoro, inserito nel Calendario di Polemio Sileio. Il testo Capitolare posto in raffronto a quanto si legge nel medesimo Siloio, e nella Notitia dignitatum, ed in Jerocie, si manifesta di lezione a tutti superiore, la pi antica che si conosca, standovi le Provincie ordinate per Diocesi, e secondo l'ordine geografico. L'epoca di questo Catalogo od Indice assegna all' anno 297, o poco appresso; la scrittura del VII secolo, Tutto ci, con ampie e dottissime illustrazioni, fncea publico il Mommsen negli Atti della R. Accademia di Berlino per l'anno 1862 da p. 489-538, con tavola geografica del Kiepert, in una speciale Memoria. Dove da notare che l'aggiunta serie delle Gente bararae, quae pullulaTJerunt 8ub Imperatorius, nel medesimo Codice nostro viene illustrata dal suo amico .M1Ulenltoff, che la sti ma redatta avanti l'ultimo quarto del IV secolo. Ambedue le erudite disquisizioni si hanno anche voltate in francese dal sig. Emilio Picot, Paris, 1867, in 8.", con tav. geog. LXVII. - Nella primavera del 1863 cominciai a stendere il nuovo Catalogo dei mss, Capitolari. Le politiche oppressure che ci tra\1) MAFFEI SCIP., Vero Ill., parte IV, cap. VIl, col. 249.

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vagliavano a que' d), e confortavano a riparare, quasi a sicuro asilo, lontano dalla frequenza cittadina, alla pacifica stanza della Biblioteca: una spiacente controversia che nell' anno appresso rendeami pi disimpegnato da molti uffici del mio sacro ministero, tutto ci mi porse agio e libert maggiore da occuparmivi seriamente. Disegnava sulle prime di farlo precedere da una storica a",,,,ertenza, la quale rendesse conto dell' origine, incrementi e vicende, or fauste, ora infelici, cui and soggetta la Biblioteca nostra. L'argomento per mi crebbe tanto sotto la penna, e cos fecondo mi riusciva di osservazioni e notizie, che, mutato consiglio, stimai piu conveniente partire la trattazione in tre libri: l'uno storico, l'altro letterario, il terzo paleo!Jrajico. In quattro anni di studio ne venne l'opera, che da me fedelmente proseguita, e ritoccata, coll' opportuno corredo di nuove giunte, ora affido al publico. LXVIII. - Un dotto Sacerd. di Marsiglia, il Rev. ab. J. Albanes, desideroso di chiarire alquanto la storia letteraria che si rapporta al suo Gennadio, fu qui oel1863 a investigare i nostri Codici: la stampa Vallarsiana del S. Girolamo gliene aveva suggerita la traccia. Vi studi intorno alcuni giorni: mi ignoto per qual frutto ne cavasse, n credo ancor dato al publico. Pi tardi un altro chiarissimo Sac. pure di Marsiglia l'ab. Giulio Louehe nel 1876 dava in luce le Opere di Gennadio con versione francese. Nella lunga e dotta Prefazione in pi luoghi tocca i pregi del vetusto Codice Capitolare. Vedi come ne discorro al n. CLXXIV, n. 1. LXIX. - Sperandio da Verona era pervenuto alla Sedia Vescovile di Vicenza intorno al 1313,lasciandovi bella fama, segnata mente per alcune Costituzioni Sinodali quivi stanziate. Gli storici Veronesi e Vicentini le ricordavano con plauso; l'unico apografo delle stesse, di mano del nostro Bartolameo Campagnola, da lunga pezza conservato nella Comunale Biblioteca di Vicenza, non pi sapeasi rinvenire l Mons. Lodovico de' march, Gonzati, arcidiacono di quella insigne Cattedrale, squisito cultore di quanto s'attiene a letteratura e belle arti, e raccoglitore appassionato de' patri monumenti che laonornno, mi facea calda pressura, volessi rintracciare fra' Codici Capitolari le perdute CO'tstitutiones del suo Vescovo; la copia fattane dal Campagnola, senza allegar la fonte onde tratta, ingenerava a buon dritto il dubbio, che un pi vetusto esemplare stesse nei Codici nostri.

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Rinscita infruttuosa ogni mia ricerca, avvenne che sendami occupato nel 1864 a ripassare e ordinare una parte dell' Archivio (quella stanzuola, contenente carte di minore importanza, relative ad amministrazione di non tanto remota epoca), eccomi balzar fuori tra mezzo agli accatastati processi, un grosso volume in foglio, autografo del cal).o Adamo Fumano. Quel dotto uomo vi trascrisse bella serie di documenti, preziosissimi per la Storia Ecclesiastica Veronese. Ebbene tra questi, ecco a c. 186-205 le Conllittetiones Eeclesia Vicetinae del Vescovo Sperandio. La felice scoperta feci tosto o Mons. Lodovico march. Gonzati; pi tardi conoscere al mio Rev. m gli ho spedita una copia esattissima del ms. con una mia lunga Lettera critica, in cui gli rendo conto del Codice scoperto, e come autogr% si dimostri del can, Fumano, di quel valentissimo Segretario che fu al Tridentino, e il poco in aggiunta che si conosce pe' nostri Istorici, e dalle carte, intorno al Vescovo Vicentino. Le sopradette Constittetiones verranno, spero, messe in Ince da mons. Gonzati, con sue dotte illustrazioni. Il Codice del Fumano, onde le trassi, ora negli Armadi della Biblioteca. pi onorevolmente allegato, al N. DCCXCIII. Altri studi impedirono l'amico Canonico Vicentino di publicare il prezioso documento. Pi tardi stimai conveniente dar fuori la mia Lettera critica: vedi al N. CLXXXIV, 8. LXX. - L'anno 1865 come si apriva lieto promettitore di speranze per la nostra cara Italia, cos vollesi confortare di una ben alta solenne commemorazione: il sesto Centenario dalla nascita del divino Alighieri. Grande esposizione Dantesca a Firenze: Statue, Busti, Epigrafi, e Accademie, e scritti in versi ed in prosa, e feste per tutta la Penisola. Verona [bench sotto ancora allo straniero giogo abborrito) non volle esser da meno delle Italiche citt sorelle, gi libere: erigeva sulla Piazza dei Signori colossale UDa effigie dell'Alighieri, opera assai commendata del giovane concittadino Ugo Zannoni: e disegnava publicare una Raccolta letteraria, l' All>wm Dantesco Veronese. Dopo gli studl del Sorio e del Torri erasi diffusa una voce, che nella Capitolare Biblioteca stessero tuttavia sepolte alquante Rime ineite dell' Alighieri: onde la ressa che mi faceano alcuni amici di impreziosirne con la stampa il patrio Album. Appena venuto al governo della Canonicale Libreria, bene avea posto l'occhio al Codice ' CCCCXLV, che allegavasi come conservatore delle pretese Rime aneUote: ma pi vi studiai sopra, e pi raffermava il dubbio che

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non fossero aneddote, n degne del gran Padre dell' Italica Poesia. Onde non mi sentii l' animo confortato a metterle in publico; troppo persuaso che male si provvedeva all'onore dell'Alighieri, col produrre come suoi, pochi versi di assai bassa lega. Tanto risposi a chi vagheggiava publicarli nel nuovo Album Dantesco. Ma la foga dei Dantofili era s calda, che la felice discoperta di queste Rime, e la promessa di crescerne il comune patrimonio letterario fu dagli editori dell' Album divulgata per le stampe nel Manifeato. Ad ogni modo tenni fermo, e rifiutai riciso di compromettermi in publico: e ben feci, ch poco appresso ho rinvenute le pretese Rime J)antescke in una edizione (non potuta consultar prima) di quelle di Cino da Pistoja. A purgarmi per dalla taccia di scortese, o freddo amatore di Dante, inseriva nella patria Gazzetta una mia Lcttera al cav. ab. Francesco Zantedeschi prof. all' Universit di Padova (1); ed nn'altra pi estesa mandava allogare nel Giornale fiorentino il BorgMni alla nostra cultssima Donna la sig. Marina Sprea Baroni (2). In ambedue resi conto delle Rime che stavano nel Codice Capitolare, e della falsa voce corsa per l'Italia. Aggiunger come nell' Album soprallegato, per supplire anche al difetto delle sperate e impromesse Rime, usciva una mia Me-

moria sult' amore e studio de' Veronesi per J)ante AlifJkieri, e le opere sue.. trovasi pure in estratto, di soli 30 esemplari, con la data, Milano, 1865, Tip. Lombardi, in 4. L'editore milanese (debbo dirlo) falsava prima il titolo del mio povero scritto, come fosse senza pi una Memoria bibliografica Dantesca, che ben pi ampio l'argomento qui svolto: poi, trascurandone la correzione, senza lascarmi vedere le bozze, la tempestava fuor misura di errori tipografici. Prego chi avesse la cortesia di leggerla, o il bisogno di consultarla, non dimenticare il foglietto dell' Errata-corrige, che stimai necessario divulgare. Oltre alle notizie storico, letterarie, artistiche recate in questa mia Memoria, tutte relative all' Alighieri, alle opere sue, e alla sua discendenza in Verona, v' qui la serie dei Codici J)antesc!ti posseduti dalla nostra Biblioteca. Nei documenti allegati in calce leggonsi due Sonetti inediti, uno di Jacopo degli Acoretori da Imola, cui risponde con le medesime rime un altro di Pietro figlio di Dante, am(1) Nel Giornale l'Eco del Veneto, a. 1865, n. 4G. (2) An. 1ll (1865), n. 7.

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bedue tratti dal Codice Capitolare CCCCXLV; e due Lettere latine di Bernardo Alighieri (1395, 1399), le quali ho tratte dall' Archivio del Capitolo, di cui fu Cancelliere questo pronepote del divino Poeta. LXXI. - La Imp, Accademia di scienze e lettere di Vienna era intesa ad un assai generoso imprendimento: si proponeva dare al publico una novella stampa dei Padri della Chiesa Latina de' primi VII secoli, ordinando a parecchi dott ne fosse riveduto il testo sulla fede de' pi vetusti Codici, con quella esattezza e critica di ricerche e studi, di che giustamente ci d bello esempio la Germania. Una prima. generale investigazione affidavasi dall' Accademia al eh. dotto Augusto Reij'ersckeid forte negli studi di Patrologia e Paleografia: a lui dato il carico di visitare le principali Biblioteche d'Italia, c prender nota dei Codici pi importanti da vautaggiarne la stampa d'ogni singolo Padre. Per un intero mese, nell' autunuo del 1864 il dotto Reij'ersckeid ebbe amplissimo agio di trattenersi nella Capitolare, e ripassare tutti i mss.: il suo diligente lavoro usciva nei Bullettini dell' Imp. Accademia Viennese, ed anche in libro a parte Bibliotheca Patrum Lutinorum ftalica, Vindobouae, 1865, in 8," Torna. certo a bella gloria della nostra Biblioteca, che vi apparisca non solamente la prima degna di cos onorevole studio, ma s ancora che occupi nel libro del chiariss. Autore ben 116 pagine (l) : il che documenta la dovizia de' Codici qui rinvenuti, e meritevoli di maturo esame. Sommano infatti a quarantasette i Codici Capit., de' quali rende conto esatto il Reij'ersckeid, quasi tutti dal VI al X secolo; laddove in assai scarso numero la relazione che fa degli altri, dopo la Veronese Biblioteca, disaminati nelle diverse Romane. E di vero nella Sessoriana Codd. n. quindici, nella Capitolare di S. Pietro n. tre, nella Barberiniana n. cinque, nella Casanatense n. due, nella Vallcellana n. quattro, sbrigandosene l'autore di tutte queste cinque Biblioteche in sole 80 pagine di lavoro. Non poteva cessarmi dall' annotare un raffronto cos luminoso per l'onore della nostra Biblioteca. Utilissimo estimo il paziente e dotto studio del dotto ReifferscMid, e troppo da desiderarsi che vada compiuto, affinch il progetto della illustre Accademia Viennese conseguisca gli opportuni ajuti. Unito all' altro libro Initia librorum l'atrum Latinorum, che per cura della stessa Cesarea Accademia publicavasi nel medesimo
(1) Da p. 1 a 112, e di nuovo nell' Append. da p. 193 a 196.

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anno a Vienna 1865 in 8., tornano ambedue indispensabili a qualsivoglia Biblioteca, dove esistano Codici de' Padri, come ancora ad Clgnuno che ami addentrarsi nelle ricerche di Patrologia. LXXII. Sotto i pi infocati bruciori di un soli ione esti vo del

1865 venivano qua, a mo' di pellegrini, attraversando a piedi le


montagne del Vicentino, e la campagna Veronese, due singolari studiosi, il signor James Henf"J/ di Dublino, con la figlia Caterina. L'onorevole uomo, gi vecchio, da sopra 20 anni lavora di forza alla emendazione e interpretazione di Virgilio, ajutato nelle sue critiche indagini dalla.colta, e paziente, e pure di Virgilio appassioua tissima figlia. Stettero in Biblioteca assidui pi giorni (dal 24 Luglio al lO Agosto) studiando vi il nostro famoso palinaesto Virgilial10 al Codice XL (38). Il sig. Henry mi assicurava trovarlo nel carattere sornigliante al frammento custodito nella Capitolare di S. Gallo [che non pare dal pessimo jae-aimile datoci nei Prolegomeni del Ribbeck], e pi vetusto del Codice Mediceo. Senza ajuto di reagenti chimici ripass tutte le rescritte membrane, dove stanno i preziosi frummenti della Bucolica, del1a Georgica, e dell'Eneide, non recensiti gli Scoit, 1;1010 badando al testo: e sul raffronto delle varianti gi publicate dal Ribbeck, ne trasse non poche di miglior lezione. ~e ne giover nella stampa de' suoi nuovi CommentarI su Virgilio, che proponevasi dar presto fuori in Germania. L'edizione sendosi ritardata, ebbi campo di spedire alla sua figlia in Dublino (1~72) un nuovo ed esatto jac-simile del prezioso Codice. LXXIII. - Tornava il dotto A. Reiffersclteid in Verona nel 1865: c In Ces, Accademia soprallodata, desiderosa di cominciare la attuazione del suo vasto disegno, commetteagli rivedere il testo del Sulpicio Severo. Le varianti lezioni ch' ei ]Jrese sul Cod. Capito XXX VIll (36) pu~sa\"llno in mano del eh, Prof. di Monaco Carlo Halm ; onde l' anno appresso usciva il I VoI. del Corpua scriptorum

Ecciesiasticorum Latinorum, editu1Il consilio et impenais Accademia litterarum Caesareae Vindobonensis, Iniaiavasi la itnprouiessa publicaztone con le opere di questo antico scrittore: Sulpieii Ser;eri libri qui supersuat, recensuit et commextario critico instrueit Carolu Halm, VindoLJ., 1866, in 8. Nella Prefuzione, o Cornmcu tario critico (assottigliato veramente a sole XI V pagine), l'onorevole Editore mostr il gran conto, in che stima doversi teu ere il Cod. Capit., che sulla fede del Rei,ffel'}5

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sekeid (I) afferma appartenere al sec. VII, ed essere apografo di pi vetusto Codice scritto nel 519, come si pare dalla sottoscrizione in calce. Nel seguente libro piglier in esame la quistioue pnleografica intorno alla contesa et del nostro Codice Sulpiciano, se apografo, o meno; qui mi limito a chiarire due errori, uno certo di tipografo. Stando al Reifferaelteid il Codice va assegnato all' VIII secolo; e la soscrizione ci ferma l'anno 517. Accennate le tre famiglie dei Codici Sulpicani, la Italica, la Gallica, la Germanica, il eh. sig. Halm segue a dire priori, avtem familiae, quae alteri bonitate longe praestat, agme'R. ducit tiber ille 1Jetustiasimus, qui in Bibliotlteea Capitvli Vero'R.e'R.sis adse~atu" (2). Ond' che stim seguitnrne quasi sempre la lezione, i'R. Ma libri8 reeensendis !tane milti legem poaui, ut optimi (Codicis) VeroneflSi leetiones, 'R.isi manifesto corruptae 'Diderentur, summa eum fide eeprimerem (3): con assai maggior diligenza, debbo dirlo, che non us il primo a giovarsi del nostro Codice, cio il P. Girolamo da Prato.
LXXIV. - Sendo Precettore in casa del R. Delegato di Verona bar. de Jordis, il sig. Arnoldo He,.,.man'R. frequentava la nostra Biblioteca. Riprese in esame gli Scolt Virgilia'Ri, e con qualche legger tocco di reagente chimico tent vantaggiare le lezioni del Mai e del Keil : breve saggio de' suoi pazienti studi e accurati usciva in publico a mezzo d'un amico il sig. Frane. B'ilckeler negli Annali del Pleekeise, Lipsia, 1866, p. 65 e segg. Qui confessato schiettamente, in assai luoghi pur troppo importanti non essere pervenuto a legger meglio del Mai: osserva come il Codice dal fogl. 247 presenta una scrittura che sembra d'altra mano, a tratti pi sottili, e pi difficile quindi a rilevarsi: il Greco trova scritto da chi mostra averne saputo ben poco. Sul testo del Keil la nuova recensione di sole sette pagine: nelle parentesi quadre accennando quello che pot conghietturare, ma non al tutto legger nel Codice: nelle rotonde le lezioni alquanto dubbie; con due punti segnati i luoghi dove sono lacune, o storpiamenti. Di questo, cornecch breve, lavoro dell' Herrmann tenne conto anche il Ribbeck ne' suoi Proleomesa critica ad P. Virgilii Mar. opera minore, Lipsiae, 1866, in 8, p. 199. Vedremo in sguito (al N. XCI) nuovi studi dell' egr. Prof. intorno agli Scolt Virgiliani.
(1! HEIFFERSCHEID, BilJliufh. Pat rum, p. 112.

,21 Pago \ III. ::3) l'ag'. X.

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LXXV. - Pi volte avea meco stesso ne' passati anni lamentata la condizione in che stavano i mss. autografi del celebre Scip. Maffei, e vergognatone innanzi a illustri visitatori che me ne faceano inchiesta. Salvo poche Buste, ove raccoglieansi alcuni, erano i pi tuttavia in grossi fasci, non bene ordinati, e, per difetto di sufficienti armadi, allogati di retro ai Codici, nello sfondo degli scaffali. Il nuovo ordine in cui ho distribuite tutte le carte di quel famosissimo (da collocarsi con pi onorevole modo nella nuova stanza aggiunta alla Biblioteca), e lo studio necessario fattovi sopra mi fruttarono la conoscenza di molti scritti Maffeiani inediti ancora, n dispregevoli certo della publica luce. Ne feci trar copia, e collazionai sngli originali, e ridussi in pronto per la stampa, da riuscirne ben due giusti vol. in 8. Una A1JDertenza, che di tutti questi aneddoti ragiona, presi 8. stendere; cui farebbero seguito due Appendici, la Biografia cronologica sommaria del \laffei, ed una pi larga e completa bi1Jliografica notizia de' suoi lavori. A dettarle mi giov anche soprammodo la sua Letteraria corrispondeNza, che qui pur si conserva in quattro grosse Buste. N pago di tanto epistolare tesoro, venni crescendolo da fuori non poco, facendone- ricerca agli amici per tutto. Di qui il pensiero di uno scelto Epistolario Maffeja1to, brevemente annotato, acconcio a illustrare diverse pagine dell'Istorialetterariadel passato secolo. Le trattative per la stampa ho gi incoate con un Tipografo fiorentino (1). LXXVI. - 'Dalla remota Norvegia un dottissimo Orientalista e Teologo, Prof. all' Universit di Cristiania, il dotto Carlo Paolo Caspari volgea l'animo alla nostra Capitolare. Qui lo portavano nell' Aprile del 1866 critiche ricerche sopra la storia del Simbolo Apostolico, e degli altri Simboli della primitiva Chiesa. Sulle traccie segnate dal Maffei e dai Ballerini, pesc a fondo in parecchi de' nostri Codici, ne' quali parvegli trovare schiarimenti di non lieve importanza. Ne terr conto per la continuazione della sua dotta opera Ungedruclte, unbeac!ttete, und Denig beac1ttete Quellen zur gesckickte des Taufsllmbols, und der Glaubensregel, cio Inedite, no'~ osservate, o poco osseroat fonti p,r la storia del Simbolo battesimale e della regola del1a Fede. Il I. vol. usci va in Cristiana 1866, in 8. Il Prof. Caspari appartiene ad una famiglia, "Che dall' Italia trasmigrava in Norvegia, da oltre un secolo.
\1. Fino ad oggi ruselte pur troppo vane:

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LXXVII. - In una sua breve sosta in Verona il eh, sig. car. Alberto Maz:ucato di Milano, visitando la Biblioteca, mi sorprendeva inteso alla descrizione appunto di que' Codici, che si riferivano bellamente a' propri studi. Questo Professore valentissimo non solo nelle ragioni scientifiche e pratiche delle care armonie musicali, ma si ancora indagatore appassionato degli storici monumenti che le ri. sguardavano, vide con gioia i diversi Codici nostri Liturgici assai vetusti, coperti dalle primitive Dote musicali, ed i vari istromeuti antichi da corda e dII. fiato, che stavano allora appesi agli scaffali della Biblioteca (1). Confortando di cortesi parole il lavoro mio, che ebbe a osservare oggi mai bene avanti, eccitavami a farlo conoscere al publico ; proferiva egli stesso adoperar buoni uffici onde si' potesse divulgare per le stampe. Corrisposi alla gentilezza dell' egr. Prof. coll' inviargli poco appresso uua Lettera, nella quale spone\'a come prodromo, uno schema della mia opera intorno alla Biblioteca Capitolare, e' suoi Codici. Venne inserita nella Gazzetta Musicale di Milano, Anno XXI (1S66), al N. 26. Riprodotta con nuove giunte nel Gior. delle Biblioteche, Genova, 1867, Il. Il; e voltata in Tedesco dal Prof. Gugl. Studeruund nel Serapeum, Leipaig, 1867, n. 23. Ma quell' anno trascorreva troppo agitato in causa de' politici commovimenti in Italia, da poterne sperare largo f~utto letterariu; massime dove per conseguirlo a mezzo della stampa occorreva di necessit o l'aiuto del Governo, o il favore di alcun Mecenate, o la speranza di lucro commerciale ili un coraggioso editore. Tutti partiti disperati, iutantoch il pensiero d'Italia era volto a politica, le sue forze nou cospiravano ad altra meta, e giustamente, che Il francarsi dal vergog'uoso straniero dominio! LXXVIII. - Chi per ba l'animo fortemente preso dall'amore verso i buoni studI, non bada pi che tanto ai trambusti politici o guerreschi: ch questi non arr-ivano a sviarlo dII. essi. Eccone bella prova. Un. gi(1)ane zelantissimo e dottissimo, e CfJmunque dotto amabilissimo, il sig. dotto Guglielmo ::'tudemund di Stettino, area l'ifltenzione di recarsi a Verona per farei qualche 11,110110 studio sul Gajo. Ora temo che n.on abbia 'Ooglia di studiarlo, mentre i canno.i rimbombano, ,~~ di far dotta penitenza alla Biblioteca, dura.te l'assedio tli Verona. Pero se mai arrioa, la prego di trattarlo, com' Ella sa
il) O~ll'i
Yautli

trasportati con mig lor eonshrlo nclt'nuln del Capitolo, dove troaltri ogg-otti d'arte.

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trattare i forestieri che lo meritano: mi permett anch aggiu.gere, ci che quasi alla lettera, che far per me tutto che potr fare per lo Studemund. COS'I ai 5 Maggio di quest' anno 1866 scrivearni da Berlino il eh. Prof, Cav. T. Mommsen. E di vero il dottor Studemu'4d, non atterrito dagli approcci guerreschi, calava in Italia, e tratteneasi in Verona con bello intendimento di cavar qualche nuovo frutto da unu pi minuta diligente ricerca del famoso pali1f.usto Capitolare, che unico al 'lMndo serbava l'opera del Giureconsulto Romano. VenLJl qua recando in dono Il nome della R. Accad, Berlinese la bella riproduzione del Gajo sull'apografo e le schede dci Goeschen, dell' Hollweg e del Blubme, di che ho gi parlato (1). Accompagnava il dono una Lettera assai cortese di quell' illustre Corpo scientifico, che allego ne' documenti, con la risposta data Il nome del Capitole Veronese (2). Molte ristampe eransi fatte in Germania, ed altrove del Gajo, come esposi: infinite le' osservazioni critiche e filologiche, di che si illustrava quello stupendo monumento di Giurisprudenza; ma dopo il Bluhme nessuno aveva osato di ripassare con accuratezza tutto il Codice, rileggere que' semi - spenti caratteri. Solo che si ponesse l'occhio su quelle membrane, restava atterrito ognuno, e sfiduciato, dall' ardua difficolt che presentavano, malconcie cos dagli esperimenti chimici usati massime dal Bluhme. Riconosciutosi 111 tutto necessario di mester mano a nuovi reagenti, senza de' quali tcruave f mposaibile rilevare poco pi che qualche parole o qualche linea, stimai rigoroso dover mio, a giusta mia guarentigia, descrivere prima la condizione in che stavano le singole membrane del Codice, annotando gli imbratti delle minori o maggiori macchie, e il guasto segnatamente oud' erano alcune annerite, carbonizzate, per forma da rendere indecifrabile la stessa superiore scrittura Gerolimiana. La nota l\ futura memoria sta nei Registri della Biblioteca. Buona sicurt confortavarni all' uso di questi nuovi reagenti chimici, dacch la R. Accad. di Berlino espressamente me li suggeriva come opportuni, e seppi ancora per fattane esperienza innocui. Ne render conto, secondoch sotto a' miei occhi furono adoperati dal diligentissimo dotto Studemund. Di versa maniera di liquidi fu stimata acconcia all' uopo per
(l) Vedi al n. XLVIII, A. 20. E qui mi corre obbligo di aggiungere quanto allora dirneuticavn : un cenno di giusta riconoseenzn verso al mio carissimo Prof. Rtudemutld, che mi fu largo di aiuto a tessere la bibliografia tl ojona, /2) Docum Il. LY, l' LYI.

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ravvivare i caratteri, vuoi sulla faccia interiore della membrana che
liscia, vuoi sulla esteriore scabra alquanto e porosa. Per le prime

la composizione chimica usata la seguente: una parte di ammoniaca, disciolta in 15 d'acqua pura, con poche goccie di acido di sale: con tale sobriet e avvertenza, che dopo aver col penuello bagnato alcune linee, si astergeva subito il liquido con carta asciugante. Per le seconde fece uso per lo pi dell' ammo.io solforato. La prima tintura non lascia quasi alcuna traccia: l'altra rende pi oscuro il giallognolo della membrana. In qualche luogo dove il carattere quasi spento per la raschiatura, lascia pi velata la membrana, in modo per che leggermente umettandola quel po' di nuova oscurit si dilegua. Con tal metodo sforzavasi a dichiararci il recondito vero quella parte del GlIjO, che fu dal Goeschen bagnata solamente con la tintura di gala. Pei luoghi sformati, guasti, anneriti dal Bluhme, nelle pagine interiori si riusciva a leggere alcuna cosa tenendo la pergamena di rincontro alla luce, poi ch' erasi lievemente umettata con la suddetta tintura: sulle pagine esteriori tornava quasi inefficace ogni prova. Il eh. dotto G. Studemund per oltre un mese fu assiduo ogni 'h alla Capitolare. Credo ben raro il rinvenirsi tanta vivacit e acutezza d'ingegno, accoppiate a tanto virile pertinace proposito d'indagini e raffronti, come in questo amabilissimo giovane letterato. La sua stanza in Verona dava sospetto alla polizia Austriaca; onde pochi d prima della fa~osa battaglia di Cnstoza, imperiose pressare lo obbligavano a interrompere il suo importante lavoro. Abbandon Verona ... , ma con animo di ritornarvi al pi presto gli fosse consentito: e venne l'auno appresso, come dir. LXXIX. - Nel Giornale Archeologico delle Provincie Renane, stampato in Bona 1866, il sig. J. Becker inseriva un dotto articolo La discesa dei Romani presso Neumied, ed i suoi monumenti (l). Prende in esame la Dissertaz, dei chiarissimi Proff. Mommsen e Miillenhoff (riferita al N. LXVI). nella quale si riprodusse e chios d'ampio commentario il Catalogo delle Provinci Romane, ecc. tratto. dal Codice Capito II (2). Afferma che sebbene gli studi d'ambedue que' dottissimi archeologi possano servire acconciamente alla storica illustrazione de' paesi e luoghi accennati, pure ancora non poco
(l) Fase, XXXIX-XL, p. 10-44.

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rimane ft desiderarsi. Sopra tutto si occupa dell' ultima Appendice recata dal Mommsen, e imprende a rettificare il testo, spargendo nuova luce critica sulle Citt e Provincie, di che fatta parola in questo frammento prezioso di antica Cosmografia. LXXX. - Argomento a dilicate investigazioni sopra un Codice nostro porgeami una lettera del sig. dotto lliccardo Adelberto Lipsius Prof. dell' Uuiversit di Kiel neli' Holstein. Ne riassumo la origine storica. da sapere che tra Greci mss. acquistati al Monastero del ~lonte' Athos nel 1842, per conto del Governo Francese, a. merito di Monsieur Villemain (passavano quindi alla Biblioteca di Parigi), ve n'era uno col titolo di tu.tte le Eresie, anonimo, di mano scorretta alquanto, e non anteriore III secolo XIV. Il ch. M! Miller dell' Istituto francese lo mandava pubblicare alla Universit di Oxford nel 1851, come un monumento della pi alta importanza (l), perch non solo conteneva molti frammenti di Piudaro, e d'altri Greci poeti e filosofi ignoti ancora, ma sopr8 tutto dati istorici preziosissimi Bui moto e svolgimento del pensiero religioso nel II secolo dell' Era Cristiana. Parecchi dotti d'Allemagna fecero buon viso a questo nuovo portato della scienza, e tolsero a farvi sopra le loro critiche osservazioni. Il libro fu sospettato dapprima venisse da Origeue, Bunsen ne f autore Ippolito, quel Martire che il Romano Calendario celebra 8'13 d'Agosto. Baur e Zeller a Tubinga, ravvisando troppo romanzesco lo studio del critico ambasciatore prussiano, giudicarono l'opera a Cajo Prete di Roma, noto pe' suoi scritti contra i Montanisti e il gnostico Corinto. Scese in campo a occuparsene anche il Dollinger, teologo di prima forza a Monaco: con quella critica e imparzialit che gli sono proprie, e che lo resero famoso tanto, nei limiti che la sua fede cattolica gli consente benissimo usare ben larghi nel campo della critica storica {2), dimostr esserne autore Ull altro Ippolito vescovo scismatco, e antipapa. Nell' opera del
(l) Dopo la stampa di Oxford bella edizione gr. lat. Be ne fece a Gottinga, l8:i9. 12) Gli elogi qui da me fatti al dottissimo teologo alemanno, troppo bene stlmo dovuti a lui quando io li dettava nel 1867. Nel riprodurli fedelmente oggi, l'ome stanno sul mio scritto, non posso che accompagnarli con un sospiro! .... Guai, immenso guai, se la scienza, c tanto pi se vasta, se la dottrina comecch profonda. non vadano accompagnati da vera umilt ... Caldissimo IIn voto, aftlnch l' illustre Aleuranno ritorni sulla tl'tta via, segnata al cattoloo '

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Greco Anonimo sfreginvasi la buona fuma, e la stessa ortodossia di due Romani Pontefici Zefirino (200-218) e Callisto (218-223), quasi avessero apertamente professata e propugnata la falsa dottrina rli Sabellio. Il dottissimo Prof. di Monaco nell'opera sua Hippolitus,

und Kallistu ecc. Ippolito e Callisto, ossia la Chiesa Romana nella prima met del 111 secolo, Ratisbona, 1853, all' llppoggio di critici dncurneuti rivendic l'onore di ambedue i Pontefici soprallegati,
mostrando particolarmente, che le espreesiou di Callisto (citate e ri mproverate dall' Ippolito) doveano essere intese nel senso che fu poi deciso dal Conco Niceno, e sviluppate dai Padri ortodossi del l'l'colo IV. Fra i documenti che vennero addotti e discussi emergeva il

Liber Pontiji.calis, ossia il vetusto Catalogo, e breve biografia dei RoInani Pontefici. Bunsen nella sua opera Hippolitus, und seine Zeite, Li psia, 1852, al vol. l, p. 156, parla del famoso testo, cavato dal Codice Capitolare LII (50), cb' egli appella Code Veron. Pauli,uls,
perch lo stima scritto a' tempi del Pont. Paolo I, e ne reca un brano, col raffronto parallelo di tre altrt testi il Liberia1i.us, il FelieiaflUS, ed il Neapolitanus, scoperto di fresco dal Pertz. Ora il chiariss. prof. Lipsius mi richiedeva una revisione del Codice Veronese, per giovarsene in un cotal suo critico lavoro. La feci accuratamente, e trasmissi a quel dotto, ritrovando esatta la citazione del passo recato dal Bunsen sulla fede della stampa fattane da mons, Biauchini nel Tomo IV dell' Anastasio: non per questa al tutto fedelissima al Codice nostro j le varianti per, che ne trassi e comunicai, Don mi parvero ad ogni modo di grande importanza, noffrouo sospetti di studiate ommissioni, solo lasciano intravverere una soverchia precipitnzioue di copia, e l'audazzo dell' epoca,

che non pOllca valore a scrupolosa esattezza. Per quanto s'attiene al Liber Pontifteatis, e ad illustrazione del
Codice Capitolare, converr portarsi all' eruditissimo lavoro del Mornmsen, Ueber de1i C/tronograpken ete, cio Sop'l'a il Croaografo dell' anno 354, nei Trattati della Societ letteraria Sassone, Tom. Il, p. 649-693. Anche sarebbero di non poca rilevanza le Note che ci lasciava urauoscritte inedite il Maffei, e stanno nella Busta N. VI. II ch. prof. Lipsius pi tardi mi facea pervenire il suo erudito la voru Cltronologie der R{jmisc!l.en BisckOfe bis Z'lt1' Mitte de 'Dierten

Ja/trku1I.dertes, Kiel, 1869, in 8.", in cui a pago VIII della Prefazione, Il meglio ancora a p. 89 e sego dell' opera, si mostra gentilissimo verso la Capitolare, e riconoscente per le notizie che gli avea comu-

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niente. Non posso per convenire coll' Autore, quando, sebbene con seducente apparato di erudizione, sconvolge la serie dei Romani Pontefici nei primi tre secoli, e si sforza a dimostrare S. Pietro non essere mai stato a Roma! Un valentissimo critico, il nostro veronese cav. Bartol. Ambrosi, Prevosto di Biadeua, nella sua grande opera S. Pietro [Te. V, Cap. IX, art. VI) ci presenta gli argomenti pi critici e persuasivi ID conferma della tradizione cattolica, validissimi a ribattere le sottili deduzioni dell'ipercritico alemanno. 1867.
~XXXI. - Ad imitazione di un mio predecessore Can. Bibliotecario, mons. Gian Giacomo marchese Dionisi, avea cominciato publicare nel 1865 UDIl nuova Serie di Aneddoti, d'argomento storicoletterario. Del primo Aneddoto non ragiono, perch venuto d'altra fonte, che non la Capitolare. Intanto che mi prometteva occasioni e mezzi da renderli nella piccola mole almeno frequenti, stagnavasi non la vena, che qui avrei abbondantissima, sebbene il canale, onde poter derivarla in publico. Le fauste Nozze di una marchesiua Dionisi, che impalmavasi a un nostro prode cavaliere, il co. Giulio Piatti, aprirono il varco alla rigogliosa fonte. Alcuni Pro1Jerbl Toscani esposti in rime d'autore Anonimo fiorentino del secolo X V mi proferse il Codice Capitolare DCCCXXIV; r usciva il secondo Aneddoto per le stampe del Vicentini e Franchini ilei 1867, in 4. 0 Ben accolto per la novit anche dello scritto, dico della forma, sendovi i Prooerb; tatti esposti in rima per ordine d'alfabeto; con qualche voce noova non registrata nei Vocabolari, alcun'altra oscura, dubbia, forse di dialetto, che mi sono in parte adoperato interpretare nella Nota posta in calce.

LXXXII. - Alla fine del Mnrzo 1867 ritornava il dotto Guglielmo Btudemund fra noi, a compiervi il suo faticoso lavoro intorno al Gajo. N certo la illustre Accademia di Berlino, che or fa un mezzo secolo s'ebbe il precipuo merito di aver dato al publico i celebri cornmentarl del Romano Giurista, poteva a migliore intelligenze affidare la nuova recensione accuratissima di tutto il testo. Stimo giusto annotare com' egli non si giovasse delle tin ture, che solamente pei luoghi fiuo ad ora di dubbia lezione. E non pertanto, meno alcani affatto illeggibili, assai numerosa Ili serie di quelli che giunse Il rete tifcare c compiere con flna intelligenza lo sperto e diligentissimo

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Professore: il risultato delle sue critiche ricerche verr fatto conoscere al publico dalla stessa R. Accademia che gliel commetteva. Cos\ avremo assai vantaggiata la lezione del Gajo, sopra tutte le precedenti stampe, tanto da non poterne sperare pi in l, dico almeno per quanto ci pu offrire il celebre palinsesto veronese. Come nell' occasione di questi studi venisse data nuova legatura, pi agevole a maneggiare le membrane, e pi onorevol custodia al Codice nostro, spetta alla storia, e trovasi narrato sulla fine del primo Libro (1). Bensr ricorder altri lavori fatti dal dotto Studemund nella cara e lunga stanza che s'ebbe fra noi nel corso dell' anno. In sussidio alla nuova edizione Epistoloe S. Hieron1lmi, cui intende la Ces. R, Accademia di Vienna, si prese il cmpito di rilevare la primn rescritta parte del Codice medesimo di Gajo, che ne contiene frammenti in buon dato. Desta meraviglia come il VaIlarsi, contento alla terza scrittura (seconda Gerolimiana) non badasse tam poco all' altra che v'era sotto; la quale, sebbene coeva, presenta alcune varianti non dispregevoli. CoIlazionava poi noveIlamente il testo anche della terza scrittura, ma senza alcun frutto di varianti: a raccoglier le quali ebbe mano, e pi l'ingegno pose, un altro caro giovane tedesco, il dotto Rod9ifo Scltoell di Weimar. Cos) abbiamo una fedele immagine del Gajo, e altresi delle due scritture del S. Girolamo, conservata e sottratta al pericolo del successivo annerirsi delle membrane col procedere degli anni. Tanta perizia nel decifrare, e per poco divinare le semi-spente scritture, che notai nello Studemund, mi confortarono a mettergli sott' occhio l'altro Codice Capitolare XL (38), ne' cui ultimi fogli sapea trovarsi alcuni frammenti di fllosofico tema, ed altri di un !leometra. Li vide il Bekker dapprima, e li annotava il Bluhme: il Card. Mal, saggiati li alquanto velocemente nel breve sostar che fece a Verona, raccomandava fossero studiati, e se ne traesse copia (2). NE'l passato anno aveva tentato a ci l'animo del Principe Boncompagni, che versatissitno nelle scienze matematiche, e de' pi vetusti monumenti che le illustrano cercatore indefesso, generoso, poteva occuparsene utilmente. Le membrane stavano cosi mal concie, annerite, per la vecchia tintura, onde aveale tormentate non mi so bene se il
cap. IV, n. XLV, 1. (2) Nella Prefaaione al libro De Repubt. Al. T. Cicevoets. Romae, 1846, a pagina XXXI.
(1) Al

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B1uhme,od il Mai, forse ambedue, che assai malagevole riusciva il cavarne integra pur qualche linea. Inteso ad altro lavoro il Boncom-' pagui rimandava questo a migliore stagione. Coraggioso vi si pose intorno lo Studemund: riconobbe in sole le sei membrane, che qui stanno di argomento matematico, tre frammenti del libro XIV e XV, e d'altro incerto, di un antico trattato di Geometria: sembra versione dal Greco, di prima dettatura, perch con alcune correzioni di mano coeva: qualche figura, coi punti annotati in lettere Greche, le quali pure in Greco si riferiscono nel testo esplicativo. Il valoroso giovane professore dar presto fuori il suo studio, certo la copia che ne fece porge uno dei pi vetusti monumenti paleografici: ne dar conto nel mio terzo Libro. A renderlo pi largo ei si propone- visitare i frammenti, forse del medesimo dettato, conservati nelie librerie di Milano c Torino, onde cavarne per avventura anche nuovo lume per la storia e derivaaicne de' nostri Codici Capitolari, se pervenutici alcuni da Bobbio. . LXXXIlI. - Nuova ben lunga c onorevole dimora fece in quest'anno (Aprile, Maggio e Giugno del 1867) fra noi il ch. prof. cav. T. ilfommsen, rivedendovi pe' suoi studi epigrafici non solamente le pi riposte lapidi sparse per la citt e per la provincia, ma rovistando ancora tutti i documenti, le carte delle patrie Biblioteche, per assicurarsi delia storica loro origine e deri vazione : troppo necessari elementi alla critica e piena conoscenza di esse. I publici e privati cimeli furono largamente dischiusi al dotto Alemanno, e fornitogli ogni maggiore agevolezza nelie sue appassionate ricerche j di che lasciava egli una gentile riconoscente memoria nella Lettera al nostro egregio Sindaco il march. Alessandro Carlotti, Senato del Regno, che fu accolta nelie colonne del patrio giornale l'Adige, Ottobre 1866. Nuovi studi qui fece sulie Raccolte del Feliciano, e del Giocondo, sugli scritti moltissimi lasciati dal Banehni, e dal Mafl"ei: da ultimo sull' autografa versione fatta da Gabriele Saraina delie Historie di Verona di Messer Torello Saraina (Codice Capito DCCCXXII) j ben lieto di averla indicata, mostrandogli come neli' Appendice degli Epitaplti et lnscrittioni anticne di Verona stanno le Epigrafi bellamente annotate, e con diverso ordine, ed in numero anche maggiore, che non sono sulla stampa. Le quali erudite investigazioni sopra i Codici volle quell' accuratissimo autenticare con la disamina degli stessi marmi, quanto pi ne pot vedere in citt ed in provincia. Ricorder sempre con amore segnatamente la piacevole corsa che feci con esso ed il prof. G. Studemund sul patrio Adige, e quanta

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.ci convenne durar fatica per soffermare la piccola barchetta che ci
trasportava, arrancandosi alle pile del Ponte Nuovo, onde leggere le untiche Epigrafi incastonate Il' fianchi del secondo arco. Godo riferire la testiuronianza autorevole del Mommsen, come dopo Roma, la nostra Verona primeggi sopra le altre italiche citt per copia di antichi marmi storici. Il Proemio latino alle Epigrafi Veronesi, qui scritto dal dotto Prussiano (e che mi fu dato leggere ancora nell' (lriginal bozza, avendo ricevuto l'onore di albergarlo in casa mia), ne far prova: come lo documenter altres la ricca serie delle lapidi, che usciranno al publico nella grande opera promessa dalla R. Accademia Berlinese (IL N il Mommsen. a sole le antiche Lapidi pose mente: i frammenti del Linio che impreziosiscono il Codice Capitolare XL (3~) palinsesto, saggiati come dissi appena del Detlefsen e dallo ZUlllpt, attrassero pi riposate e ingegnose le sue cure. Indispensabile' fu il ricorso all' sjuto de' reagenti chimici, senza che vano riusciva ogni studio: con tale sistema per, che usando prima il prussiato di potassa, poi bene asciugati i fogli, li toccava leggermente con In soluzione di ammoniaca, secondo il metodo adoperato sulle pagine interiori del Gajo dallo Studemund: ne risult una bellissima tintura bleu, efficace a ravvivare lo spento carattere, senza portar guasto alla membrana. A forza di paziente studio pervenne il Mommsen a leggere quasi per intero le rescrirte, che stauuo in quel Codice, e sommano a ben 60. Un testo di C08\ antica mano avremo da lui publicato, e illustrato a dovere. La piega che s'ebbero i fJgli rescritti, diversa dalla primitiva, nella compaginatura de' nuovi quaderni, per distendervi sopra intorno all' VIII secolo il testo Gregoriano, mi persuase la necessit di sciogliere l'antico volume j ond" ebbe novella forma e custodia, Una mia Epigrafe premessa ricorda l'occasione che originava tale opera, ed a cui attribuirei il merito, cio al Mommsen. Nel seguente anno comparve in publico il Libro T. Lioii ab

Urbe c01f,dita Lib, III-VI qua supersunt in Codice reseripto Veronensi, Berolini, 1868,formis Acad., in 4." Fu inserito ne' Commentari per la Filologia e la Storia della R. Accademia di Berlino. Precedono 60 carte, sulle quali a due colonne con tipi fusi a rappresentare l'antico apografo Veronese, linea per linea, viene con rigorosa
(lI La stampa usciva bellissima da Rf'rlino nel 18:2-i7, e comprende il To. V, Parte I (' " dI'I Corpus Inscript, Lattn,

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fedelt posta solt' occhio ciascuna pagina de' preziosi frammenti Liviani. Segue descrizione esatta del Codice, quanto conservi di diversa mano, e da chi in varie epoche studiato. Venendo in proprio discorrere del Lioia, senza argomentarsi definire al tutto l'et in che fu scritto, inchina a giudicarlo del IV secolo, COl} analisi le pi minute dell' ortografia, disposizione delle linee, e particolari paleografici e filologici di sommo interesse. Noois, cos quel dottissimo,
Il

Codicis su.1flciet scribendi proprietate ezposuisse: quas qui ezpenderit, non ne.qabib opinor Livii Veronensem libr1lm in eiusmodi quaestionibus aliquid momenti haber, quippe qui cum propter supra (p. 158) oseroata ante quartum saeculum scriptum esse nequeat, propter 01"tkograpkiam piane Lutinam, et in multis priscae consuetudinis vestigia retinentem viz rect infra idipsum detrudatur (p. 176). Di molto
pregio la susseguente disamina del Codice Veronese sul raffronto del Vaticano, del Mediceo. del Parigino e d'altri, mostrandolo ben diverso dalla recensione Nicornachiana, allegando i comuni errori, le viziature sue proprie, ed altres i parecchi luoghi, ne' quali egli solo d vista di offerirci il vero. Mancava alla stampa un fac-simile del vetusto Codice j onde per favorire alla inchiesta fattane dal eh, Editore, che lo volle ritratto a mezzo della fotografia, pi tardi gliela procurai dal valente litografo sig. Bressanini. Noa riusciva per abbastanza netta da rappresentare il tipo del carattere, perch le membrane de' palinsesti oscurate dai reagenti chimici mal rispondono alla luce, Se ne giov nullarneno il Mommsen in altro suo libro, di cui mi toccher parlare all' anno 1873 (1). LXXXIV. - Nel Luglio visitava la Capitolare un dotto Inglese, il Rev. Ligktfoot" prof. all' Universit di Cambridge, e pose studio al Codice XXXVII (35), che ha le Recognitiones S. Ctementis ; prezioso per la vetust, da gareggiare col Vercellense (rlel VII secolo), c da vincerlo in pregio, recando di mano coeva assai correzioni, con in fine a pi d'un libro il contulimus, ed altre correzioni di una tersa mano dell'VIII secolo. Stretto dnl tempo, il prof. Inglese pregava lo Studemund a raccoglierne le varianti: la voro che ci fece con la solita sua diligenza e perizia nel Dicembre: la stampa Don vidi ancora.

l ,"peli alli CXXX\!.

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1868. LXXXV. - La casa in Verona che fu dei dal Verme, eredata in seguito dai Maffei, dove alberg e mor il celebre nostro marchese Scipione, ricevea nel 1868 un assai brutto sfregio per una congrega di tristi, i quali vi si erano con infinto artifizio insediati. N gi per esercitarvi conscienaiosi una parti colar maniera di culto (il che, poste le debite condizioni, sarebbe pur consentito da giusta e Lene intesa libert di coscienza", s piuttosto a intendimento di sfogare con insulti e provocazioni la loro antipatia contro la Chiesa dello Stato, o se non piacesse la parola, contro almeno la Religione della quasi universalit d,egli Italiani: dir breve contro la Fede Patria. A conforto e presidio de' miei concittadini e nazionali stimai opportuno mettere loro in sugli occhi la dottrina religiosa di &ip. Maffei, rappresentare pi viva con alcun nuovo documento la sua sapienza Cattolica, il giudizio di quel celeberrimo, che non dubitai affermare la pi eleTJata personalit laica Italiana, in fatto di scienza Teologica; per che sulle cento e pi opere da lui publicate intorno a svariati argomenti, ben trenta svolgono temi Religiosi, e sempre in difesa del vero Cattolico. Dai mss. che la Capitolare conserva in autografo del Maffci trassi l'opuscolo: Che cosa debba pensare un ftomO di sano intelletto in argomento di Religione. Con una mia Avvertenza e brevi Nute usciva per le stampe del Rossi in quest' anno 1868 in 8. 0 Lieve scrittura, se la si consideri a mole, non certo una completa e profonda trattazione; ma dove bens ci si rivela il diritto giudizio, il buon senso logico di quel grande. Spiacque alla congrega la stampa Maffejana, e pi l'ardire dell' editore: onde il sig. 1<'. Rostagno, Ministro Evangelico a quei d in Verona, tolse a trattarne, con inqualificabile proposito, o pretesto, di volere restaurato l'onor del Maffei I . . . Diversi articoli mandava ei stampare contro di me sull' Eco della Verit, Giornale Fiorentino della consorteria: a' quali risposi, stando in prima cos sulle general nella Rivista di Genoea, pescia in forma pi categorica col libretto I nuoTJi Apostoli in, Verona, e la libert di coscieftza. LXXXVI. - Anche lontano di qua i dotti si occupavano dci nostri Codici, e ne facean subbietto cii erudite lucubrazioni. Nel Bullettino mensile della R. Accad. Berlinese, Giugnu 1868, a p. 382

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e sego il eh. sig. Cav. G. Henee inseriva una rivista delle pi pregevoli raccolte di antiche Epigrafi Romane. Vi compariscono infra le altre con ouore le due di Felice Feliciano, e di Pr Gio'D. Gioco.do Veronesi. Della prima nota una doppia recensione; la pi antica in Cod. della Marciana: alquanto mutata nell' ordine la seconda, ma ben assai vantaggiata per la serie de' monumenti nel Codice Capito CCLXIX. Quanto all' altra di Pr Giocondo, che sta nel Cod. Capito CCLXX, dopo alcuni cenni promette larghe osservazioni nel Corpus lnscript. Latin; le quali ci verranno dalla dotta penna del Cav. T. Momuisen (l'. LXXXVII. - Una lettera cortese dello stesso Cav. Mommsen introduceva nella Capitolare con bella commendatizia il Prof. Paolo Krueger. Lo studioso giovane crasi gi fatto conoscere con due pregevoli stampe, le Justiniani Institutiones, Berolini, 1867, in 8., e la Kritil des Justiniznisc!ten Code, Berl., 1867, in 8.. A rendere pi completi ambedue questi lavori lo studio nella nostra Biblioteca gli riusci va oltremodo non che utile, s necessario, sapendo ei bene che stavano in essa depositati i pi vetusti monumenti della Romana Giurisprudenza. Nei suddetti libri erasi egli gi reso benemerito verso la Biblioteca nostra, toccando i pregi al tutto singolari de' suoi Codici Giustinianei, e come s'abbiano essi il primato di vetust in fra quanti mai se ne conoscono. Avvertir che nel secondo preallegato libro, la Kritil ecc., a p. 89, per solo errore tipogr. i due Codd. Capito segno CLXXIi, e CLXXIlI (che sono d' altronde i meno pregiati), vi appariscouo attribuiti alla Biblioteca Marciana. Ora da sapere che la copia qui fatta dal Bluhme e dal Majer negli anni 1821-22-23 del prezioso palinsesto Capitolare, in cui sta il Codice di Girestiniano (vedi addietro C~po IV n. XLVII:" trasmessa allo Sehrader, dopo la morte sua stette lungo tempo sepolta, tanto che si stim perduta. Discopertasi in questi ultimi anni, e depositata nella R. Bibl. di Berlino, i nuovi illustri Editori Prussian del Corpu Juris pensarono a farne lor pr, ma ravvisarono ben necessaria innanzi tutto la revisione del palinsesto Veronese. Onde lo studio che vi fe' sopra per pi mesi diligentissimo il Prof. Krueger. A

il i POlino leggersi nel t. V, Parte I e II della splendidu edizione. Ricorder qui con amore, come i Proteomen alle Iscrizioni Veronesi scrisse quell'erudtssimo proprio in casa mia, durante il uou breve studio eh l'i fece in Veronanl'118li7.

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meglio eseguirlo mi parve utile acconsentire che pur questo Codice fosse scompaginato, sciolti i Quaderni rescritti , e spiegati nella primitiva loro forma di 4. gr., dalla bislunga, in che s'erano ridotti per adattarli al nuovo uso: volli che speciale copertina ne custodisse ciascuno, chiusi per ogni quaderno in altro in viluppo, tutto poi gelosamente raccolto in apposita Busta. Sottosopra come feci a riguardi del Gajo, de' Paralipomeni Dionisiani, de' frammenti di T. LifJio, Virgilio ecc., e trovasi descritto nella storia (1). Assai mende riusc cavarne l'occhio intelligente del Prof. Berlinese, ajutandosi con soli reagenti chimici adatti a vincere quanto era possibile il guasto, recato grandissimo dal primo esperimento fattovi dal Bluhrne, senza recare al preziosissimo apografo piaghe novelle. Il frutto de' suoi studi si vedr all'anno 1874 (2). Pi breve lavoro gli offerivano le due membrane, le quali conservano il' prezioso framrn, de Jur Pisci, gi fatte eonoscere iu prima dal Maffei, meglio dal Niebuhr, dal Goescheu, e dagli altri successivi editori del Gajo. Stavano nel Codicetto de' Paralipomeni compaginato dal Canonico Gian Giac, Dionisi [Cod. Capito I, App. n. XI, XII); ma cos logore, che a tcuerne uniti i diversi pezzi fu bisogno ricorrere al sostegno di nuove applicate membrane. Or queste nell' atto di prestare il pietoso ufficio, ne ricopr ivano poi giuocoforza e occultavano qui e col di molte lettere, da renderue malagevole la lettura. Studiai pi acconcio partito da provvedere ad un tempo vuoi alla curiosit dci visitatori, vuoi alla conservazione del vetusto monumento, vuoi alla recensione del merlesimo j e stimo averlo trovato col togliere il sopruso delle nuove ag'giunte meuiLune, e collocare ordinati a dovere gli sdrusciti frustuli fra due cristalli. Ebbero cos nuova e completa illustrazione dal Krueer, nel libro'Pragmentum de Jure Pisci, Lipsiae, 1868, in 8.", con l'esattissimofac-simile di tutte e quattro le pagine. LXXXVIII. - La Imp. Accademia di Viennn m i ricercava con Lettera del eh. Prof, :l'eod. Sicltel, se il Capitolo di Vero Ila volesse usnr le cortesia trasuiettcndole il Codice vetustissimo di S. Agostino, che qui l'i conserva, per la divisata nuova ediziunc della opera de

Oioitat Dei di quel llIaguo Dottore e Padre della Chiesa. Presa voce
:1) Libro I, cap. YlIl.
:2) Al n, CL.

2 ~~i\
dai miei Rev. Colleghi, risposi che mal si poteva indurre il Capitola Veronese a spostare dalla sua Biblioteca il prezioso volume, avventurandolo a impreveduti rischi, per quanta fosse la intera fede nelle malleverie accennate e guarentite dalla Imp. Accademia. Mi proferiva in cambio di servirla io medesimo di qua, rilevandone esattamente le varianti, le quali avrei comunicate all' Illustre Consesso. Il Cod. Capito XXVIII (26) in bellissima oRciale del secolo V, o VI,- che alquanti libri conserva della stupenda opera agostiniana, dopo gli elogi massime del Card. Mai, aveva stuzzicato, anche prime di questo impulso venutomi d'oltre Alpe, il mio studio, e cominciato sul riscontro della stampa Veneta del 1742 annotarne a' margini della stessa le varianti. Dopo la lettera del Prof. SicTtel, ripresi con pi attivit ed accuratezza il lavoro, e l'avea quasi condotto a termine, allor che un'altro Prof. di Vienna l'egr. dotto Emm. Ho.ffmann mi capitava improvviso, con incarico di trattenersi a Verona quanto bisognava per la recensione del Codice. Alla mia proferta, ben vero, non s'era data risposta alcuna da Vienna j pur dacch ~' opera mia stava quasi compiuta, e' mi pungea forte vederla cos sprecata iudarno ! Per fuggire odiosi puntigli abdicai all'onore della priorit del mio studio, e il dotto Viennese rifece sul Codice la recensione desiderata, di che si vantaggier senza meno la nuova stampa. Pi tardi gli ho fatto anche pervenire una bella foto/lraja del Codice, rilevata dal bravo sig. Bressauini. LXXXIX. - Un altro anello aggiunsi in quell' epoca all~ mia catena o Serie di aneddoti ( segnato col n. III), che mi fu richiesto per infiorare le Nozze Brandolini Rota - d'Adda j alquante Lettere di Vittoria Coloua trau da UII Codice della Capitola,.~ Bit., Verona, 1868 In 4. Sono ben sedici Lettere al nostro Vescovo Giammatteo Giberti, ed una al Conte Baldassare Castiglione, che tutte mi vennero dal Cod. Capito DXXXII. Le accompagnava un mio Discorso, Del quale senza presumere di dar la vita della celebre Marchesana di Pescara (argomento di fresco svolto con penna cos'I dotta e purgata dal cav. Enrico Saltiui, Firenze 1860, premessa all' elegantissimo volumetto delle, sue Prose e Poesie), dissi breve i meriti ch'ella ebbe verso le buone lettere non solo, ma ancora verso la Religione e l' Italia: aaggiate ho le glorie del Prelato di Verona: e quanto al Castiglione mi stu.liai svolgere le cause di quel malumore, surto tra lui e la Colonnese. secondo che mi par\'e desumere dalla stessa sua lettera. Di questo iurportante Aneddoto fecero parola il conte Agol~

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stino Sagredo nell' Arek. Stor.Ltat., serie III, t. IX, parte Il, p. 241 ; ed il Pruf. Rinaldo Fulin nell' Arek. Ven., To. II, p. 46 l. Duolmi non aver conosciuto allora il bellissimo articolo del Reumont sopra Vittoria Colonna inserito nello stesso Arek. Stor. Itai., t. V. parte Il, p. 132.

(Continua .)

DEI

DOMINATORI DI ADRIA VENETA


E DELLE

MUTAZIONI AVVENUTE NEL SUO MUNICIPALE REGGIMENTO


COLLA SERIE DE' MAGISTRATI CHE SEDETTERO IN ESSA SI:"i') ALLO STABILE DOMINIO DE' VENf~ZIANI (101 t)

MEMORIA DOCUME:'\T AT.A

Che l' antichissima Adria del Veneto, gi stazione umbra ed etrusca, emporio commerciale del mare denominato da Lei, rovinata da' Galli ( 400 avo G. G.), risorta poi, e sotto il dominio romano Municipio con Collegio di Marinai (Lapidi del Museo Bacchi), avesse nella declinazione dell' impero, governatori col titolo di duchi, pu ritenersi, sebbene poco riguardo si debba alle cronache che danno un Teucore duca di Adria. imperante Onorio ( 400 dopo G. C.) ed un Agnpito figlio e successore di lui ( 4;30) : nonch un Foresto, ricco signore a queste parti, morto sotto Aquileia ( 452). (Ongarello, Hist., Pad., scritta nel 1-14 t : - Pigna. Rist. de' Principi d' h'ste, Ven., Valgris, 15'ii, p. 8 e segg.) Sappiamo da Cassiodoro (l'ariar., I, t!) che Teorlorico re de' Goti d'Italia, con lettera ai senatori Saturnino e Verbusio intorno l'esazione de' tributi, vuole siano sentite informazioni Adrianae C'itatis curialtm : Curiali s' uddimandavano allora i Decurioni, Senato de' Municipi, di che si prova che in Adria, ai tempi gotici, o si manteneva o veniva rimessa in piedi la condizione di municipio, come ai tempi romani. Cess sotto i Greci tal condizione, e forse Adria fII governata dall' Esarca della non lontana Ravenna a mezzo d'un Conte; ed un Conte ebbe certo la vicina, oggi scomparsa, citt di Gavello, divenuta capo dell' omonimo Cmnitalu ilei successivo scadere di Adria.

:\Ipll1hl'O rlell' Esarcato sino al cadere di questo pel' opera rfi Astolfo lougobardo (750), la nostra citt form parte del costui ,'pgno; quindi, appunto come membro dell' Esarcato, de' territori spettanti alla Chiesa Romana (75:3, o poco dopo), Autentica o no la donazione di Pipino re franco, certo che la S. Sede mantenne sempre su Adria tale diritto, e le successive conferme de' privilegi fatte dagli imperatori alla Chiesa Romana, comprendono e~prPllsa mente Adriam et Gabellum (anni 774, 817, 962, 1278 ecc.). E pur certo, fosse usurpazione o diritto,che l'Arcivescovo di Havenna, dal periodo dei Carolingi, la fere spesso da Esarca, e che il Vescovo di Adria ebbe sulla citt e su parte della diocesi, per tempo non breve, una tal quale sovranit territoriale sotto l'alto dominio del papa. E del 715 si conosce un Domenico mandato Ila papa Adriano IV a Conte della piccolissima citt di Gavello. Nel processo de' tempi non facile determinare come si avvicendassero e si concatenassero alle nostre parti i diritti della S. Sede e quelli dell' Impero e del regno italico, Noi vediamo, per esempio, il 27 Aprile 8:38 tenersi un placito in Rovigo, villa del contado Gavellense, per questione di beni siti nel territorio di Adria. tra Leone avvocato della Chiesa Ravennate e Bruncngo "asso dell'imperatore; e sono giudici un Teodoro vescovo e messo della S. Sede Apostolica, ed un Vilgei'o vescovo e messo dellunperatore, ambovassis domini imperatorie, presenti alcuni duchi e dativi e notai, ed altri vassi dell' imperatore (Carta piena di lacune, puhlicata dal Conte Fantuzzi ne' Monumenti Racennati, Tomo II, 0 Il. II, pago 5, G, 7). Come si saprebbe stabilire da quest' atto se l'alto dominio su questi paesi spettasse al papa od all' imperatore 1 i\'el patto 24 Febraio 840 tra Lolario re e Pietro Tradonico Doge Ili Venezia, si notano come vicini oeneticorum, cio inchiusi nel regno italico, anche i Gacelenses (Monum. Raoenn., T, VI, n.? C, pago 268-27:3. Eo: cod. Treoisano i. Qui non si nomina Adria, ed incerto se essa fosse allora compresa nel Contado di Gavello, oppure spettasse ai Veneziani, come vi spettavano i vicinissimi Loreo e Cavarzere (Laureti, Caput ArgelllJ), giacch FrancescoGirolamo Bacchi assicura aver veduto una copia dal suddetto documento, ove una lacuna dell' edizione Fantuzzi, fra i popoli venetiri, riempita colla parola Arianorum, Anche l' arcivescovo di Ravenna aveva possessi e signoria in qualche parte dell' Adriese..\\I/.i fuvvi 1111 periodo nel quale pare si fosse usurpato un ve-ro dorniuio lvmporale su tutto l'esarcato.
l'P

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Infatti Jl('1 concilio Laterauense dell' 860 i vescovi conprovnciali, fra cui Leone o Leoperto di Adria, ne accusano i tirannici procedimenti e lo costringono a restituire a S. Pietro ipredii che anea trasferito a S. Ap'.Jllinare, e distruggere gli alti con cui ne aveva investito altre persone. (Speroni Arnaldo, Ad,., Episcop. Series, pago 20. Padova, Conza ti, t 788: cf. Burcardo ne' libri Decret. Auastas, bibliotecario nella vita di papa Nicol . - Benedetto Bacchiai nell' Appendice ali' Agnello, Gian.ouienico .Mansi nelle addizioni al Labh, T. iG, pago 598). Pare che r imperatore proteggesse quel metropolita, Infatti ad una querela porta da questo a Lodovico II, che il papa detenesse possessi spettanti alla Chiesa Ravennate; Giovanni VIII risponde: . . . . colonos in territorio feAlllriensi el adriensi. . . . . ravennati archiepiscopo non ahstuliruus sed . . , . . l'a ab antecessoribus nostris possessa reperientes possedimus, hactenusque jure nostro retinemus (Murat., Ann, d' Ital. ad anno 874). Venuto il tempo dell' invasione degli Ungheri, che dopo Cavarzere portarono le rovine anche in Adria e vi distrussero la cattedrale, il vescovo Paolo che, se pu credersi all' Epitome Caltanea (Bononiae, t70t, pago 253), spettava alla famiglia di questi signori da Lendinara, ebbe ricorso al papa che gli accord molte prerogative sovrane, ed il diritto di fabbricarsi un castello nella Corte Bonevigo o Buonoico, ch' era in quella villa Rodico o Rodige che vedemmo nominata nell' 838 (Bolla di Gio. X del 920. Cf. Slvestri, Paludi Adr., t38; Speroni, op. oit., 32; Bocch, Sede Episcopale di Adrza). S'arricchi poi il vescovo col testamento de' coniugi Ametrico marchese e Franca Lanfranchi, che lasciarono moltissimi beni in Domo B. Petri apostoli S. AdI'. Ecclcsiae (ga8), e colla conferma di tutti i suoi vasti possessi fattagli da papa Marino II (914) (opp. citate ed inoltre Muratori, Antiquit. JL A eoi, Diss, ti); tra i quali possessi stanno: lnsula Hadriana. Portus Laureti, Porius Gauri (Loreo e Goro ~ Lasciando altre notizie nel corso di questo secolo tenebroso, dalle quali apparirebbe Adria talvolta in dizione dell' imperatore, talvolta de' Veneziani (St. impero di Riccobaldo Ferrarese); e la rinnovazione de' patti antichi tra Ottone II e Tribuno Memo doge (7 Giugno 983, a Verona), ove fra i popoli del regno italico sono nominati Gacclienses, e fra i venefici i Caputarelenses ed i Lauretani (n Adria figura in parte alcuna); certo che in principio del secolo XI sorsero gravi dissidi tra Pietro I vescovo di Adria

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l'

III repuhlca Ili Venezia, ppr occasione d'un castello eretto da

Loreo : che Pietro fu battuto (1017, presso le foci dell' Adige e della Carbonara r) in sanguinoso fatto dal doge Ottone Orseolo venuto in persona con molte barche. Che il vescovo esercitasse atto (li sovranit dunque evidente; ma dall' atto di pace (7 Giugno 1017) conchiuso in Rialto, si ha motivo di sospettare che nel GO\"l'!'Oo di Adria entrasse anche l'elemento municipale. Infatti la promessa Ili non toccare n il Castello presso Loreo, n alcuna persona soggetta a Venezia, bensi fatta dal vescovo, insieme col suo avvocato (advocalore) Giovanni, per s e pei suoi fedeli; ma sotto la firma di lui e de' preti Donato e Vito, intervengono aIJa promessa, firmandosi, Anastasio Console, Teobal([lll'sta }l"I'SSO

do Lono, Grnoaldo Lon60, Grimoaldo e Giovanni di Gerarrio, non come testimoni, che SOli o notati pi sotto, ma come parti. Non conosco documento anteriore a questo che faccia cenno cii consoli nel Veneto (Speroni, op. cit., 36, 37, trasse l'atto dal Cod. Treois. - Muratori, Antiq. Ital., T. I, Diss, V, lo trasse dalle Miscellanee di Pellegrino Prisciaui ). E pur notevole il vedere che il vescovo limita la promessa alla sua 501a persona: omnibus diebus citae meae, senza estenderla ai successori. Mentre 'le parti medie e superiori della Diocesi passavano poro a poco in dominio di principi secolari e di citt, e Marchesi di Toscana, Signori Estensi, Ferraresi, Veronesi, Padovani le andavano occupando a brandelli, e le faceano teatro di loro avidit e contese: la potenza ciel vescovo scadeva, e Benedetto, che OCI:Upava la sede dal, 1050, domand ed ottenne da Enrico III re (II come imperatore) mandiburnium protectionis, ove colla Corte 11driana, Corbola, Anuilku-a, Maneggl'o, pochi altri luoghi vengano con firmati come possessi suoi; pochi, in confronto delle precedenti investiture (!J20, n:l8, 944, vedi sopra). Anche questo documento prese Muratori rla Pellegrino Prisciani (Ani. Ilal., T. ve, Dissert, 73. Cf. Ann. d' Ital. ad anno 1054; St. agro rosso di Camillo Silvestri : Paludi Adr., pago 141; Speroni, op. cit., pago 58 ; Bacchi, op. c., p. 154 e 171- 174). Il non nominarsi il Castello (li Rovigo, n la stessa citt di Adria. fa sospettare che il primo fosse passato a principi secolari, e nell' altra prevalesse l'elemento municipale sotto la protezione di qualche maggiore potenza, Per ingraziarsi anche privati signori il Vescovo andava loro distribuendo il resto di sue possessioni in feudi e livelli, persino le decime e 11' oblazioni delle chies!', come fece nel 1054 (o 1055) in-

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vestendo dolla Chiesa, der-ime, ablazioni e pertinenze tutte di Poutecchio quel Tarulfo detto Bulgaro, progenitore degli Adelardi potentissima famiglia ferrarese, i cui vasti possessi passarono poscia agli Estensi (Murat. Ant. Iial., T. VI, pago 363 trae l'atto dalle Miscellanee del Prisciani. Cf. Speroni, op. cito pago 6i). La conferma de' beni fatta dal re Enrico IV neliOn ad Ugone e Falchetto, figli del March. Azzone, ci fa comprendere che i possessi del vescovo avevano subito nuove restrizioni, spettando a que' Signori nel Contado di Gavello, fra molt' altri luoghi, Rovigo. Ma non vi si nomina Adria, la quale, con Ariano e Corbola, pare durasse ancora sotto la Signoria del Vescovo. Questi su Loreo avea certamente perduto ogni diritto, essendone stato rifatto il Castello dal doge Vitale Faliero, che gli~ccord eziandio un notevole privilegio (Ottobre 1094). Ci che fece perdere da prima, 0, se non questo. limit d'assai la potenza temporale del Vescovo su Adria si fu l'elemento municipale. i~ certo che gli Adriani, facendo causa comune co' limitrofi Padovani e Ferraresi, molestarono, anche sullo scorcio del secolo XI, i confini veneziani, e specialmente Cavarzere, e n' ebbero nuovi danni e devastato il territorio. Anzi non mancano indizi che, ricuperata Ferrara dalla contessa Matilde , coll' aiuto de' Veneziani, che cominciarono sin d'allora a godere immunit e privilegi iu quella citt, Adria passasse per breve tempo in potere della Republica. Dal testamento d' Azzo III marchese Estense (15 Luglio 1142) abbiamo la prima notizia di beni di questa casa nel territorio di Adrin, ma pare non si tratti che di privato dominio (Alessi, Ant. rl' Este .. Muratori, Ant. Est., I, r~p. :n). E nel suo testamento Tancredi Estense (1 14G) lascia ai cugini, figli di Falco, quanto gli
spetta in Comitatu Rodigii, Gavelli atque Hadriae. i~ probabile che anche il Vescovo ed il Comune di Adria ri-

conoscessero la supremazia (Ii Barbarossa dopo la sornruessione di Milano (1158;. Che per il Vescovo seguitasse a godere di certa sovranit, lo rileviamo da un atto di concordia steso sotto le mura dell' assediata Crema (6 Gennaio 11GO) tra Guelfo duca di Spoleto ed i cugini, figli di Falco I estense, i quali, ricevendone in vesti tul'a feudale, giurano fedelt Obiso contra onines personas preter

nperaiorcm, A lbertus contra omnes preter contra imperatoreni et ducem llcnricum (Enrico il Leone) et Episcopuni AdricnSt'1J/ (~Iurat..

.inf Bst., pago :~.t:~: Ale-si, oJi. cit., ij;-ll). Dunque

210
Albert di Falco I estense teneva VP.rSO il ves('O\"O di Adria rapl'orti (li vassallaggio, forse sopra Rovigo, non sopra Adria. Cardalo definitivamente il veseovn Vitale, a quanto sembra scismatk-o, dal Castello (Ii Rovigo per opera degli Estensi (t 162), e tornato in Adria che non dipendeva per anco da principe alcuno. noi troviamo questa citta, forse ad insinuazione di quello, e perfavorire l' imperatore, di nuovo in lotta co' Veneziani, e crudeluiente rovinata nel 11(i:~ (Cf. Veri, Rcrum Venet., pago 60 dI'Il'edizione di Padova 1684, nonch Pietro Ginstinian , Paolo Morosini , G. B. Contarini, le aggiunte alla Cronaca del Dandolo ne) cod. Ambrosiano, Morari, St. di ChiO!Jgi'l, Bullo, .llemorie di Canarzere, pago 26). ~ella conferma rlegli an.ichi patti, fatta il 17 Agosto 1 in dal Barbarossa ai Veneziani. figurano, come ne' precedenti, tra i popoli del regno italico i Gaoellenscs, e tra i veneti i Lauretani: eri Adria non appare in parte alcuna. Lo stesso si elica della conferma 1197 fatta da Enrico VI. Adria non ispettava per ance agli Estensi nel 1 li8, giacche nellaudo fatto quest' anno da Torello intorno la divisione de' loro beni, essa non figura, mentre vi appare il Contado di Rovigo. Il diploma 12 Febbraio 1192, con cui Arrigo VI imperatore prende in protezione i Ferraresi suoi fedeli, farebbe ritenere Adria come inclusa nel Peri'arese, notandosene i confini alle nostre parti a mari usque ad Tarlarum et metlium portum Laureli.. Il vescovo poi manteneva diritto di sovranit, ma ristretto al castello e curia d'Ariano, accordati, o meglio confermati da lui in feudo ad Azza VI estense, il 27 Dicembre 1195. Pare che in qualche tempo il vescovo d'Adria coniasse monete. Il primo documento ove Adria apparisca indubitatamente in sovranit degli Estensi, si del Marzo f221. Federico II, da Brin(lisi, investe ad Azzo VII, oltre che il Comitatu Rodigi cum omnibus adjacentiis el pertineniiis, integraliter Adriam et Adrianum

. , . . . . cum [urisdicione plenaria, cum omni honore, dislri.. ctu et dominatu etc.; e l'anno medesimo Azzo spediva in Adria in qualit di giudice ossia di vicesignore (vicedomino o visconte) Massimiliano Eugenii ferrarese, primo della nostra serie. Ma non t,'oviamo il secondo che un secolo appresso. Forse da prima non si mand questo magistrato stabilmente ed a certi periodi, ma solo ppr circostanze speciali: Adria aveva sempre i suoi magistrati comunali, sindaci, massari, consoli.

241
Il 23 Settembre 1252 troviamo in Adria un Arrigo Zucchi rappresentante del marchese, ma non sappiamo se per affari di publica amministrazione, o di possessi privati. Certo in quell'anno, nella villa di Mezzana, Gio. de' Mezzana e Vincenzo Finotto de Pezoli, jurati curiae ad discernendum [ura D. march, Az01lls Estensis, determinano i confini d'alcuni vasti possessi tra esso marchese ed il Comune di Adria coram D. Enrico Zuco vicario D. Marchionis (Copia di documento spedito dal Muratori ad Ottavio Becchi, presso l' autore ). Che molte terre, passate in signorile dominio del Marchese, fossero spettate al vescovo d' Adria, lo prova una conferma d' investitura feudale fatta da Florio II vescovo al Marchese Obizzo di Rinaldo d'Azza VII, nella chiesa di S. Giustina di Rovigo il 26 Gennaro 1265 (die VI exeunte januario). Ivi il vescovo detto Dominus, il marchese oassalus che giura fedelt al vescovo e vescovado di Adria (Paludi Adr. del Silvestri, 166; Speroni, op. cit., 110, ave si dice esistere il documento nell' arch, vescovile di Adria, antico catastico A ossia t). Che il governatore mandato dagli Estensi in Adria si chiamasse visconte almeno dal 1272 non pu dubitarsi, trovandosi in antico registro che in tal anno fu sentenziato per il S: Cap." (Capitano) di Rovigo che le Papozze sono sottoposte alla mscon-

taria de Adri.
Non sappiamo quale efficacia potessero avere le conferme fatte a Gregorio X da Rodolfo I imperatore nel 1274 e 1275, colle quali si assicuravano alla Chiesa Romana le antiche donazioni, fra cui Adriam et Gabellum, come membra dell' Esarcato; luoghi di cui r impero aveva gi investito gli Estensi. N pu dirsi che il Marchese godesse Adria, come vicario della S. Sede, al pari di Ferrara, giacch stanno contro ci moltissimi fatti, e specialmente quello che nel secolo successivo (1332-1334), come vedremo. Adria fu tra coloro che fecero sicurta al Papa a favor degli Estensi pel vicariato di Ferrara. Quindi il 30 Marzo 1276 in Ferrara, Rodolfo cancelliere, vicario generale dell' impero romano, rinnova la investitura degli antichi beni di casa Estense al marchese Obizzo, e subito dopo Comitatu Rodigii si legge: ltem. de Adrio (sic) et Adriano cum omnibus suis adjacents et pertmentiis in integrum etc. In fatto i Marchesi d'Este continuavano ad avere indisputata la sovranit sopra Adria (Muratori, Ant. Estensi, II. 31 ). sebbene ad istanza di Nicol III, l'imperatore con diploma da

242
Vienna d'Austria, 14 Febbraio 12i9, restuisse alla S. Sede r esarcato e nominatamente Ferrara. Adria e Gaoello. (Cf. Frizzi, Mem, per la St. di Ferr., III, 18t; Murat., Piena esposis. etc. ed Ann. a: Italia ad a. 1278; Fontanini, Difesa della S. Sede sopra Comacchio, II, 170, 171). E di nuovo l'imperatore il 24 Agosto 1281 ricouferma al marchese i suoi Stati, collo stesso ordine del diploma 30 Marzo 1276: Comitatum Rodigii, Adriam et Atlrianum, arrabbattandosi invano il Fontanini (op. dt.) per rlimostrare questa imperiale investitura un atto di semplice protezione. Nel 1282 si nomina un Manfredino fu Paltoniero (Paltone l'io) sindaco di Adria, non sappiamo con quale autorit (Schede di Fr. GiroI. Bacchi). Il medesimo, in atto 24 Maggio 1287, figura come rappresentante della Terra di Adria, in un compromesso per posizione Ili confini del Comune di Loreo. Il dominio de' Marchesi su Adria doveva andar soggetto a restrizioni, per la grande ingerenza e privilegi che godeva la Republica Veneta nell' acque dell' Aige e del Po, ave teneva capitani (Vedi i Libri delle Commissioni presso l' Archivio de' Frari, I,

46,48, 55).
Del 1294 un Cataldo di J1nrtino era Sindaco e rappl'esentante del Comune di Adria, e come tale riceve dagli Estensi investitura feudale di parecchi latifondi, il godimento de' quali spettava per antico diritto al Comune medesimo. Intorno al 1:305 Frate Bonazonta vescovo di Adria, pone fra gli usurpatori de suoi diritti e della chiesa Adriese, gli Estensi, e li dice scaduti dal feudo d' .4.,-iano (non so con quanta efrcacia), perch non gli danno che il terzo della decima, mentre ne spettavano tre quarti a lui, la quarta a S. Basilio, cio alla Pieve di qnel luogo (Memoriale di quel vescovo, fra le schede autografe d' Otto Bacchi, preso da copie dell' archivio vescovile). Allorch alla morte dAzzo VIII (:H Gennaio 1:J08) sorse guerra tra suo fratello Francesco, favorito dal Papa, e Fresco bastardo di lui, favorito da' Veneziani, .4ndrea Caroso capitano li una veneta flottiglia ebbe ordine di stanziare in Adria, peraltro col beneplacito del Marchese Fresco (Settembre 1:~08). Poi quando questi cedette ai Veneziani tutti i suoi diritti (10 Ottobre), Adria, sebbene spettante di diritto ai tigli d' Aldobrandino d'Azzo VIII, rimase ai Veneziani Questi le lasciarono piena autonomia municipale, e strinsero con essa il 1~ Fehhrao 1::0n un patto, (li protezione e ('0111 III l'l'ci O. l'hl' ha tutte le {ll'l'arpl\ze Ili essere (la

243
pari a pari, sebbene nella sostanza debba giudicarsi un alto di cIpdizione. Adria pertanto, chiamata unieersas el cioas, governavasi gi da tempo (dudum) secundum suas consuetudines, democraticamente, sotto la direzione di un podest, leggendosi in principio dell' atto che Discretus et sapiens vir Dominus Thomas de Bonmarcato potestas, Comune Civitatis Adriae, Arenum, Consilium et Commune, Unioersus populus dictae terrae avevano scelto, il 16 Gennaio precedente, a loro ambasciatori e sindaci discretos et sapientes iros dominos Oataldum quondam. Domini Martini de Jordano, et Manfredinum quondam Paltoner, cioes dictae civitatis Adriae, ad tractandum cum Domino Duce et Comuni Vcnetiarum conrcntiones et pacta. Fra i quali il sesto porta che Communitas et homines Adriae generaliter et specialiter recipiantur ad citadinanliam civi/atis Venetiarum: et sint a modo cioes Veneliarum et oaudeant privilegiis et emunitmibus et erentionibus quibus gaudent cioes et habitatores Venetzarum, tam in. "Venecls, quam ubique terrarum. Non era per tolto qualunque vincolo verso gli Estensi, ma era per ragione di feudi, leggenrlosi di seguito che gli uomini d'Adria debbano giurare fedelt al Doge, salvo contra Marchionem Estensem el dominum Episcopum. Adriensem. Anche il notaio dell' atto, sebbene steso nel palazzo ducale, fu un cittadino adriese: Giovanni Lombardo (1). (Travasi nell' Archivio de' Frari l'originale, nel libro Paclorum, III, c. 28. Fu stampato la prima volta in Adria per cura di Francesco Girolamo Bocchi nel 1805). Morto il marchese Fresco prima del 5 Ottobre del medesimo 1:~09, pare che Adria tentasse sottrarsi affatto ai doveri di vassallaggio che la stringevano alla casa di lui. Certo che la Signoria scrisse al Podest ed Universit di Adria il 2 Novembre che quanto, vivente Fresco, era stata contenta che la citt soddisfacesse be(l) Quest'atto, qualunque ne sia la ragione, sebbcn fatto a Venezia, propriamente del l309 alla romana, 1I0n alla veneta iche sarebbe l310). 01trecb non Istarebbe nel 1310 per ragioni storiche, sappiamo che l' atto f~ steso in giorno di marted: die martis aecimo octaeofebruarti, indirt. r II. La S. Pasqua 1309 cadde il 30 Marzo, dunque il 30 Marzo fu Domenica; l'anno principi in rnercord , il Febbraio in sabato, li 16 Febbraio fu domenica, il 18 marted. Se Il documento fosse del 1310. nel quale S. Pasqua cadde il 19 Apri. le, il 18 Febbraio sarebbe stato mercord. Anche l'indizione VII combina: nel l:110 sarehhe stata '"III tanto cominciata in Settembre alla coatautluopolitana, quanto in Gennaio alla romana. SlJag-lia dunque il :\linotto ncl suo ltegeato poIl''11110 il Partum Adriae al l:llO.

244:
nignamente ad ogni debito ond' era verso lui tenuta, altrettanto ora dovea favorire gli interessi del fanciullo Folco figlio di lui, e pagarle quanto gli deve (Arch. cito Litterarum. Collegii, 61 t. Cfr. Minolto, Regesto di documenti spettanti a Ferrara, Estensi e Polesine, Parte II, 13). Poco dur questo rapporto di Adria con Venezia. Battute le genti della Republica a Ferrara dai papalini, Adria torn a Rinaldo ed Obizzo d' Aldobrandino estense, i quali le confirmarono gli antichi feudi il 15 Marzo 1315 (v. s. 1294). Pare tuttavia che si trattasse del semplice legame feudale gi preveduto nel Patto del 1309. Infatti il 21 Maggio 1314 un Decreto del Maggior Consiglio accorda al Doge di determinare qual quantit di sale debba spedirai in Adria, perch siano quivi impediti i contrabbandi; e nel 1316, in una questione su certe valli tra i Canonici d'Adria ed il Comune di Cavarzere, si nominano due arbitri veneziani con facolt al Doge di nominarne un terzo in caso di discordia dei primi; ed il Doge lo nomina infatti con Decreto 10 Giugno (C. I, 251 t. Cfr. c. Regesto Minotto, II, 52, nonch il Reqesto dei Commemoriali del Predelli,

n.694),
Questi atti fanno sospettare che gli Estensi non avessero peranco ricuperato, come per l'innanzi, la sovranit su Adria, ma ci avveniva certamente al pi tardi nel 1321, dal qual alIDO la mantennero indisputata sino al 1509, colla sola interruzione di 27 mesi, dal 5 Maggio 1482 al 7 Agosto 1484, come vedremo. Nel 1321 era giudice in Adria per que' signori Filippo de' Bertoloui, e lo ricaviamo da un documento inedito, ove il medesimo forma il 2 Giugno una sentenza in causa di privati possessi, intitolandosi: judex Civitatis Adriae pro magnificis Marchionibus Estensibus (copia autentica di Fr. Girolamo Bacchi). Quindi, con diploma 21 Ottobre 132i da Monaco, Lodovico il Bavaro imperatore conferma a Rinaldo, Obizzo e Nicol Estensi gli antichi loro stati, fra cui Rodigium, Adriam el Adrianum, Non erano peranco affatto privi di diritti sovrani, se non altro nominali, i nostri vescovi, come possessori di moltissimi beni iII Adria e territorio. Il 15 Maggio 13:31 Frate Benvenuto (al secolo Bartolommeo Borghesini) investe Francesco q.m Cataldo di Adria jure feudi ad usum regni de p luribus bonis in civitate Adriae ejusque distructi .. , cum anulo aureo quem tenebat in manibus, e l'investito in veram reconionem dicti feudi iuraoii corporali.. ter ad S. Dd Eoanqclia dieta D. Episcopo omnia quc in fideliIfLti:;

24:)

debite juramento conlincntur etc. := Actum in civitate Adriae in Domibus Episcopa'ibus (Arch: vescovo copia auient.)
Che, malgrado le antiche investiture che comprendevano Adria fra li territori donati alla S. Serle, il Papa riconoscesse di fatto la nostra citt e come fuori del distretto di Ferrara, e come non pi inchiusa negli Stati della Romana Chiesa, ne abbiamo la prova da ci, che nel 1332 la citt di Adria fa con altri, in favore degli Estensi, malleveria pel censo che questi devono pagare alla S. Sede per l'investitura del vicariato di Ferrara, conferita loro da Giovanni XXII. Antonio de' Lanzo, cittadino e nodaro di Adria, fu in questa occasione creato dal comune suo sindaco rappresentante (Muratori, Piena Esposisionc'[. Anche gli Estensi duravano in qualche rapporto di vassallaggio verso il vescovo: il 25 Gennaio 1:339 Frate Ben venuto suddetto investe di decime in Lendinara, state gi dei Cattanei per antico feudo, i Marchesi Obizzo e Nicol, che giurano p-rci fedelt al vescovo e successori ed al vescovato, el omnia tacere ad guae veri oassalli

suo domino tenenlur etc. Actum in palatio Bpiscopali de Rodigio (Speroni, op. c., 130). Questo feudo ebbe poi varie rinnovazioni. Nella conferma del Vicariato di Ferrara data da Clemente VI ai sunnominati fratelli Estensi, Adria figura di nuovo tra i fideiussori, a mezzo di Albertino de' Buoi suo concittadino, nominato sindaco ad hoc. Un privato documento 16 Agosto 1:HO ci fa 'sapere che i l'api del Comune di Adria si chiamavano Massa I "i, dopo i quali venivano Consoli e Consiflicri ; e che gli affari di maggior importanza si trattavano democraticamente, cio nel consiglio generala de" cittadini, Ecco i nomi di coloro che coprivano quelle cariche: Clementus de' Gallis Thomeus q.m Dni Adameti
Il

massarii Comunis Adrie

Antonius de Guarneriis Johanes de Pigozis Albertinus de Amatis

Dominus Franciscus q.m D. Cataldi


Petrus Clericus Bonmercatus de Mengis Ceriola de Zira (1) Johanes de Pellegrinis Bartholomeus Bellutius

~
!

consules dicti Comunis

I consiliarii Cornuuis Adrie

246
Ri;;us Pellolatii '1'" . \.1' . consl lal'll (' A)mllllIS, une Stefanus Scanavini \ Dominicus Amati et multi alii seu maior pars hominum diete terre, in dotuo comunis per sonum campane et vocem preconis, more solito congregati etc. ~ (Vecchia copia presso l' autore). Tra il 1:H4 ed il 135~ fu giudice in Adria per Obizzo March. Sapiens et Discretuscir Lapus de l\lelioratis de Prato legum doctor (Cosi da posteriore documento, del 1364, in copia autent, presso l' A.). Carlo IV imperatore confirm da Padova il j Xovamb. 1:354 ad Aldobrandino e fratelli, nati d'Obizzo estense, i loro stati, e di nuovo, presso il Contado di Rovigo, sono nominati Adria cd Armno. Francesco de' Costantini d'Argenta era nel 1:358 visconte di Adria; e sebbene e qui ed a Rovigo il titolo di giudico fosse sempre portato dal visconte, ed ambedue i titoli possano considerarsi nelle nostre citt come equipollenti, pure questo il primo che troviamo in Adria esplicitamente chiamato visconte. Lo sappiamo da un atto 23 Maggio, mercordi, pel quale l' arciprete della Cattedrale di Adria, Francesco, per s e capitolo si presenta corani

D'no Frane. de Costantinis de Argenta iceconute cioitaus Aci..iae pro illustri et magnifico Dino D.no Atdocrandino Dd gratia March. estensi, e domanda, contra Lincium filium. spurium

Dopni Sollinaaiii olim archipresberi dictae Ecclesiac S. Petri


de Adria, la l'escissione d'un' investitura, accordata dal padre al tiglio, di terre inalienabili spettanti ad essa chiesa. (Scheda di 1"1', Gir. Bocchi presa dall' originale). Paolo Rabuffetti da Modena, visconte, assiste il 12 Giugno 1:361 all' investitura che l' arciprete e capitolo d'Adria fanno ai (.!uirini de' loro antichi possessi in Papozze (Copia autent, presso l' A,). Morto l'anno stesso il march. Aldobrandino , Nicol II il zoppo suo fratello e successore ebbe riconfirmati il t 9 Dicembre da Carlo IV gli aviti possessi e vi figurano al solito Conutatum

Rodigii .. , , Adriam, Adrianum. Giacomo di casa Estense, visconte nel 136G, il 19 Settembre
assiste ad un arbitramento per definire questioni di privato possesso (Copia autent. pressI) 1'A.). L'era ancora nel 13Uj, come da istrumento di fitto (li beni comunali, accordato a Pietro fu Bartolomeo Gl'otto. Qui poi, invece di due Massari, a capo dell'azienda comunale trovansi 1111 sindaco ed 1111 ruassaro coi tre consoli, 110minati dopo il visconte nel modo Sf'~Ill-'l1tl' :

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Dominus Jacobus de dorno Estensi vicecomes civitatis Adriae pro ill.mo et magnif. D.no D.no Nicholao Dei Gr. March, Estense: Covala (?) de Lotis de Tumba sindacus dicti Cornunis una cum Gregorio de Pen~latiis Bernardo de Gallis \ cousules dicti Cornunis Antonio de Scanavinatis de tumba J et Fraucischo Campanato massario , .. ,.. (Copia autenl. di F. U. Becchi. Sulla distinzione della citt di Adria nelle due parti Casteilo e Tomba, velli la nostra illustrazione dello Statuto di Adria nell' Archicio Venelo). Il medesimo era visconte anche nel U70, come da documento 26 Febbraio nel quale Bartolommeo da Serravalle nodal'O di Adria dichiara estenderlo eai comissione et licentia concessa a nnbili et sapienti oiro Dino Jncob de domo Estense oicecome

cioiiatis Adriae, ubi erat major pars consiliariorum et hominltm unioersitatis dietae Civitatis Adriae etc. Lippo (o Lippio) Platri da Bologna nel 1:37:3 vien dato come visconte da Frane. Girol. Boochi (Serie de' visconti publicata, in seguito alla vita di Lodovico Lardi, nel libro: Continuazione rldlc memorie degli uomini iustri di Adria, Venezia, 1785, per Simeone Occhi; e seconda edizione nel t. I della compilazione Sul-

la condisionc antica e moderna di Atiria etc. Venezia, Molinari,

1S:m, a pago 135).


Nel 1:380 era visconte Simon de' Carboni da Cremona (Schede di Fr. Gir. Borohi). :Xel 1381 Francesco Pcrsuario, come da frammenti di protocollo originale, ave si legge: . . , . cobis discreto et sapienti
D/'O domino pro illustri et magnifico Il.no D.no Alberto Dd gl'alia Estensi marchionc honoraruio oicecomite cioitatis Adriae

. . . . , ,. (Presso l'A.). Nel 1:38:3 riappare Simon de' Carboni in un documento ove si lt'gge: . . . . dc eonsensu et ooluntnte Domini Simconis de

Carbonihus de Cremona vicecomitis Adrie cl etiani de oolunuue Leouardi de Penolats consul dieti Comunis, et Gnueti (Benvegnueto? Benvenuto?) Bocha (Bocchi ) massarii dicti Comunis . , ... ,. Era poi sindaco del Comune ed universit Bkuciolus fil. q.m Antlum dc Mazochis de Tumba (Pergamena orig. presso l' A.). Xel 1:393 Cristoforo Rangoni; nel 139-1 il medesimo e Nicolo Clerici de Imolcnsibus furono visconti, come da documento 30 Xovembre di quest' anno, contenente il mandato che Nicol III

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~Iardl. rilascia al Cleric, la cui raric') dovea durare sei mesi; non rilevandosi per altro se questo fosse il tempo ordinario di ciascun visconte di Adria, o fissato a lui solamente, come par piu probabile, giacche vedremo qualche visconte durare pi anni; sullo scorcio poi del secolo XV ed in principio del XVI sembra annuale, sebbene spesso riconfermato. Altro documento del medesimo 139-1, 30 Settembre, ci impara avere Xicol IU mandato Bernardino da Novara, ferrarese, quale suo sindaco, in Adria, per giudicare di tutte le quistioni gli fossero prte contro iI Rangoni, ordinando al Clerici di corrispondere ad esso sindaco soldi 35 (intendi ~Iar chesani, pari a circa ven. piccole 3:10) al giorno, oltre il vitto, l'alloggio, il nolo di nave e di carretta per lui e suo familiare; ritenuto che tali spese andranno a carico del Rangoni, se conda nnato ; del Comune, se il Rangoni venga assolto (Docum, in copia presso l' A.). Dopo un' altra lacuna abbiamo visconte nel 1412 Marchione (Melchiorre) de' Barcellini da Bologna .. e nel 1414 Ramaldo de' Piscali (Schede Bocchi c. s.), che l'era certo anche nell' anno successivo, come da documento 9 Marzo contenente arbitra mento per divisione di beni tra Giovannino q.m Antonio Barbieri e Benvenuto q.m Genuetto Bocca. Un atto del vecchio catastico de' Canonici della Cattedrale, sotto il 15 Luglio 1424, nomina Egregius dr O, Petrus (altrove Damianus, e sar stato probabilmente Pierdamiano) q.m Albertini de Guidobertis cicis Ferrariensis lune oicecomes Adriae. E nel 1430 lo era Nicol da Lorano (altrove Loyano) bolognese (Schede Bocch c. s.). Anche Sigismondo imperatore rilasci diploma di conferma de' feudi estensi a Nicol III marchese (Settembre 14:~:3), e vi si nomina a solito, con Rovigo e suo contado, Adriam cinatetn et Arlrianum cum loto districtu et comatu, e quanto i suoi predecessori habere et tenere in phcudum. visi suni in Dioecesi Adriensi (Muratori, Ani Est., II. 160, ed Appendice alla Piena esposis. etc., c. 384). Giacomo Villa del fu Xascimbene, ferrarese, era visconte di Adria nel 1441, ed anche nell' anno susseguente, trovandosi nominato nell' introduzione dello Statuto di Adria. sancito dal marchese Lionello (4 Gennaio 1442), da pochi giorni succeduto al padre (morto il 26 Dicembre 1441). Lionello poi il 20 ~Iarzo dello stesso 1 H2 cedette Rovigo. Adria ed altri luoghi al fratello Borso <. Alli Agostino Villa, notaio ferrarese. Cf. Muratori, Ani. Esi.. II, l'

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Frizzi III, 445). Succedette al Villa GiocZo de' Giocali quondam Bartolommeo da Ferrara, che sedeva in carica certamente nel t 445 e 1446. Di quest' anno ci noto anche il nome del suo luogotenente che fu Bartolommeo Grotto di Adria (Atti vari nelle schede Bocchi ). In un arbitramento 3 Marzo 1.447, per posizione di confini nella villa delle Corbole tra privati contendenti, si nomina fra i testimoni nob. viro Nicholao de' Nigrixoli de Ferraria oicccome Adriae .. e cosi pure in un decreto di Giovanni de' Superbi da Ferrara, dottor dei decreti, vicario generale di Tito Novelli vescovo di Adria (t8 Gennaio 1448), per obligare i Canonici di Adria alla residenza (Copie autentiche presso l' Autore). Ma nell' anno medesimo gli veniva surrogato Annibale Novello, essendo dirette a lui tre lettere del 'march, Lionello, modificatrici dello statuto di Adria, la prima senza indicazione di mese e giorno, r altre del 23 Agosto e del 20 Settembre. Figura anche in due decreti del 26 Novembre anno medesimo, con aggiudicazione di fondi posti all' incanto, intitolandosi: Nos Hanibal de Novellis de Ferraria honorando

oicecomes Adriae et ejus districtus pro Ill.mo et Ex mo principe et D. D. Leonello Dei gralia march. Est. etc. (Copia aut., c. s. ).
Una riconferma deU' antico feudo del comune di Adria fu fatta dal march, Lionello a' procuratori (sindaci ad hoc) del Comune Bartolommeo Amati, Antonio di Giasone, Gianfrancesco Gl'otto cittadini, i quali giurarono pei loro mandanti fedele vassaUaggio (25 Febbraio 1450; copia dell'Arch, est. spedita dal Murat. ad Ottavio Bocch, presso I' A. Questa e l'altre investiture del feudo nobile di Adria devono trovarsi anche ne' veneti archivi, cio: in cataslico eanstenti in officio dominorum supra Oameris). Sul visconte del medesimo 1450 siamo incerti del cognome, trovandosi in qualche memoria Cristoforo Memo, altrove Cristoforo Varo. Pare che siano due persone diverse. Succeduto nel 1450 al march. Lionello il fratello Borso, troviamo nell' anno successivo due visconti in Adria, prima Riccobono Bonlei, poi Tomaso Canale, ambo ferraresi. Federico III imperatore, con diploma 18 Maggio 1452, creando Borso Duca di Modena e H.eggio, e Conte di Rovigo, gli conferma con altri domini Adria Pioilaic et Adriano cmn loto eius distrido et comitatu. Era visconte di Adria nel 1-15U Antonio-Maria Signorelli .. nel 1453 Alessandro dalle Carte, poi Tomaso da Canale, iterum (v. s. 1451). che dur in parte del 1151, tnch> gli fII surrogato Nicol Costali

2.-,0
bili da Ferrara. Xel 14;j() Lanze'oto Costabili pur ferrarese, nei . 14:Ji di nuovo Cristoforo Memo (v. s. 1150), poi Cristofo, l"u'/'0. Questi dur tutto il 1458, del qual anno troviamo lettere ducali a lui dirette sotto I' 11 ed il 22 ~larzo (Stat, a stampa p, i3l. e parte del 1459, fnch gli successe }Vicol Costabili stato ancora visconte (1154), che dur in carica almeno fino ai primi di Maggio 1461, perch abbiamo due lettere a lui dirette in tal anno, l' una sotto il 30 Marzo, l' altra in principio di Maggio da Prisciano Prisciani fattor generale del Duca (autografi presso I' A,). Ebbe questi a luogotenenti nel 1459 Pieriooanni Guarnieri; nel 1460 il medesimo, ed il notaio Antonio Guarnieri. Guido Paglierini da Rimini tenne dietro al Costabili nel 1461 e 1462, avendo a luogotenente Bartolommeo Vercelli professore gramatico; nel 1463 e 1464 Giacomo Benedetto ferrarese, con luogotenenti Antonio Guarnieri e il sullodato professore; nel 14(~14G6 Tomaso Otioicro de' Grassi da Bologna; nel 1467-1468 Battista Gilioli da Ferrara, ch' era anche cittadino adriese, col luogotenente Pieriooanni Guarnieri; nel 1469 e 1470 Pietro Vello da Vicenza, con Rinaldo Guarnieri, dottor fisico, luogotenente (Stat. di Adria, pag, 76 del testo a stampa). Succedette al duca Borso nel 1171 I' altro fratello Ercole I, e fu visconte di Adria in questo e nell' anno successivo Paulo l'Cl"" lato di Vicenza, col medesimo medico Guarnicri luogotenente, Il 19 Agosto 1472 il duca, a mezzo del suo fattor generale Bonvicino dalle Carte, conferma la citt di Adria, e per essa i rappresentanti di questa Andrea GroUo, Donato de' Donati e Giovanni de' Guarnieri, tamquan sindicos, nuncios et procuratores Communis Unioersitatis et hominum Civitatis Adriae, de juaito, recto et antiquo feudo (v, s), giurando il vassallaggio contra omnem personam dc mundo : e questa si e l'ultima confrma estense de' nostri feudi. Anche nel 1472 continu visconte per qualche tempo il VerIalo, con un Francesco . . . . luogotenente, ma la serie di Fr, Gir, Ilocchi d nell' anno stesso un Francesco . . . , per visconte, quin(li Lodocico Lardi di Ferrara, cittadino anche di Adria, che vedremo visconte ben sette volte. Fu suo luogotenente un Tomaso Celsano, creato esso pure cittadino adriese, e non dur oltre i primi mesi del 1-173, certo essendo che nell' instrumentum Civilitatis nobilium D.ni Bardi et Laurent de Strozis de Ftorentia, 4 Aprile 117:1, interviene Lo.lorico r{rg!i .t l11illi ferrarese quale visconte.
\

251
Il documento medesimo, che accorda la cittadinanza agli Strozzi, dice che alla testa del consiglio generale (arengum), stavano, oltre :1 detto visconte pro tribunali sedens ad bancum juris, le seguenti cariche civiche: SeI' Antonius de Donato sindicus ( Johannes de Guarneriis consul Baptista de Amatis Joannes Bapta Grottus consiliarii Magister Bartolomeus a Caxellis ~.~'

Bartolacus Amatis
Franciscus GroUus E poco dopo, 21 Aprile, in altro conferimento di cittadinanza agli Alessandri di Chioggia, figurano il massaro Jacobus Cavalinus, nominato dopo il suddetto sindaco, e poscia, dopo il console Guarnieri, Petrus Campanalus nomine Bertolomei ejus fratri (altro console); e fra i consiglieri, oltre i due Amati ed il Gl'otto,

Rinaldus de Guarneriis, Bartholomeus (?) Guarnerius, Franciscus Gallus. Per tutto il 1474 e parte del 1475 dur visconte l'Alpini con ...indi'ca Grotto luogotenente; seguirono poi Peterzolo da Codigoro col luogotenente medesimo, trovandosi nello Statuto una lettera 4 Dicembre 1-175 segnata Andreas Grottus L. T. (testo a
stampa, pago 88), e con un altro luogotenente, Tomaso da Zonzano, forse lo stesso del 1473; Lodooico Lardi per la seconda volta (v. s. 1473) che si trovava in carica il 2? Febbraio 1476. In vista grandi benefici fatti da lui e da suo padre Costantino alla citt, questa, con atto del successivo 3 Marzo, per voto del Consiglio nenerale, gli dona la met delle condanne che fossero inflitte dall'ufficio del visconte a carico degli uomini d'Adria, e che, a senso dello Statuto, avrebbero dovuto applicarsi al Comune; e ci cominciando dal presente anno e finch egli duri in carica. Ci da copia autentica presso l' A, la quale ci d le cariche civiche d'allora: Penolatius de Penolatiis massarius

ne'

Baptista de .\matis Johanuinus ilp Vitalibus Cristophorus de Guaruoriis


Lartholomeus Gallus , represeutans personam Nascimbeni ejus fratris propter e.us f'gTill\llinrm. siurlicus

252
Bartholomeus de (luarneriis Antoaius Sacheltus Adriarrus de Guarneriis Dominicus q.m Bartholomei Galli et Nicolaus Zanello

consiliarii.

Lodooico Lardi fu visconte anche nel147i per la terza, e nel . 1478 per la quarta volta, sempre col luogotenente Andrea Grotlo; nel 1479 lo surrog Lodooico Marinelli da Ferrara, che senette almeno fino al 14 Febbraio 1480, come da lettera inserita nello Statuto (testo a stampa, pago RO). Gli tenne dietro Giovanni Facchini da Rimini, e nel 1481 torn in carica per la quinta volta Lodocico Lardi, con Filippo Vercelli luogotenente; ed ancora
nel t4R2 per la sesta volta. ~ei primi moti della guerra di Ferrara abbiamo una parte del Consiglio di Adria, 28 Aprile, scritta dal notaio Antonio-Maria Gratto (copia autentica presso l'A.), colla quale vengono eletti alcuni mandatari della citt (syndicos et nuntios speciales) per recarsi a Ferrara a comperare 50 moggia di frumento. Ecco i nomi, dopo quello del visconte, del Consiglio dei XII, al quale non manca che un consigliere. (Cf. la nostra illustrazione dello Statuto, in questo periodico, ave si parla delle cariche civiche). Il.nus Lndovicus de Lardis vcecomes Ser Jacobus de Blaxiollis sindicus Ser Franciscus de Caxellis massarius Ser Bartholomeus de Guarneriis ~ Ser Jacnbus Penolatius ronsules Ser Nascimbenus Gallus Sf'r Franciscus Bucha Ser Jheronimus Sachetus Ser Albertus de Zambono consiliarii. Ser Girardus de ladia Ser Dominious de Vitalibus . Ser Ncolaus de Donato Subito dopo la presa di Adria, fatta il 7 Maggio dai Veneziani, dopo accanita resistenza, molto sangue, sacco e fuoco, i cittadini adriesi Donato Donati e Cristoforo Mecenati, incaricati dal Comune, si recarono al Doge e ne riportarono la conferma degli antil'Ili privilegi nella citt (Copia autent, presso l'A.). Antonio Dicd fil il primo rappresentante veneto l'. rontera-

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poraneamenle o poco dopo , J ntonio JJanolesso, Pl'O vveditori. Siccome il capitolo XXII di que' privilegi ( l'ultimo) accorda: Iteni che in ditta vostra cittade de caetero s'abbia a fare q~llro massari, zo dui dallo Ladi (Iato) della Tomba, e do altri dal Lado del Castello, et delli migliori e pi sufficienti de dicta vostra cittade, li quali abbiano a riscuodere et pagare debiti e crediti de dieta Comunitade, et insieme cum li Consiglieri dover provedere alle necessitade di quella - cos nel secondo semestre 1482 furono eletti: ~ Ser Baptista de Jama [Amati] Sindici l Sei' Baldissera de Vidalle Ser Felippo de Vercelli Ser Zoane Penolazo Massari Ser Jacomo q.m Frane. Gallo Ser Zoanne Francesco Biasiollo, Furono poi nel corso dell' anno spedite da Adria varie deputazioni di cittadini adriesi pegli affari correnti al generale Damiano Moro, cio Benvenuto di Bellino Bocca (Bacchi), Francesco Renovat, Francesco Bocca, Guglielmo di Domenico Gallo; poi Francesco Renovat, Francesco Bocca, Guglielmo di Domenico Gallo; poi Francesco Renovati, Cristoforo Mecenati, Nicol Casella ti (Libro della Massaria del Comune, originale, presso l'A.). Parte presa in Pregadi, il 15pttobre, decreta la spedizione di un patrizio per Podest in Adria, scelto dal Maggior Consiglio, e fu Gabriel Venzero che stette in carica da Novembre 1482 sin circa l'Aprile 1481. In questo tempo sedeva in Adria anche un' altra carica, come rileviamo da decreto 31 Ottobre 1482, intestato: Nui Aluuiaie Basadonna pro Ill.mo Ducali Dominio Venetiarum etc. Sindico Proveditor et Avogador de la citt de Adri, et de tutto el Polexine de Rovigo Provedador etc. col quale decreto elegge Francesco Bello (qualche copia dice- Bullo) castaldo dell' Ill.ma Signoria in Corbola e Papozze, judice de arzeri dalla Polemella

sino a Manna etc.


Nel primo semestre 1483 coprirono le cariche del Comune di Adria come Sindaci SeI' Antonio Sacchetto, &1' Lorenzo de Vl~ dalle, e come Massari Ser Nicol de' Zanello, Ser Belin Bocha (Bacchi), Ser Barth. Campanato, Ser Domeneo de Bart. Gallo .. e nel secondo semestre, come Sindaci Ser Stefano de Jam (degli Amati), Ser Zuanne del Toxo (Tosi), Ser Bonarazia

<le' Zambou, Sei' Domeneo Too:o.

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Nel 1481, primo semestre, Sindaci J/asl/'o Giocanni Palamlese e Nascimben Gallo; Massari Bellino Guarnieri, Polo Amati, Cristoforo Mezzanato. Gabriele Venier il 19 Aprile era stato surrogato da Giacomo Cocco, come si rileva da documento che conferisce la cittadinanza adriese ai Bembo di Venezia ( copia aut. presso l' autore). A tal uopo in fatti si raccolse consiglio uni-

ccrsitatis Civitalis Adriac, in Camera cubiculari resslenuae magnifiei et generosi Domini Jacobi Caucho pro sercniss. el eiccelleniiss. Ducali Dominio Yenctiarum eiusdem cioiuuis honorando potestate. Erano poi presenti a detto consiglio nessuno
dei detti Sindaci, i massari Mezanato, ed Amati, ed i consiglieri Battista Amati, Cristoforo Guarnieri, Adriano Guarnieri, Bartolommeo Guarnieri, Bernardo Barbonsa (sar uno dei Tosi), Domenico Gallo, Giacomo Gallo. Cancelliere del Podest era Girolamo

Hossi.
Le cariche civiche del secondo semestre furono: Mostro Francesco Dercnoo (Henovat ), Ser Nicol Caaelato; Ser Ani. de Vidalle, Ser Antonio Toaio (Tosi) massari; Ser Adrian de' Guarnieri, Ser Zoane dejam (Degli Amati) sindaci.

F.
( La fil/e nel
prolI imo

UOCCIU.

fase iCI; Ili. )

AURELIO DALL' ACQUA


E

L'ISTITUZIONE DOTALE DETTA MENSA AURELIANA'


STUDI

DI FEDELE LAMPERTICO.

Vicenza, li 8 Ottobre 1880


L'intenzione sarebbe di illustrare tutte le Fondazioni Dotali di. questa mia dilettissima Patria. Ma, e il tempo 1 Mi conforto nel pensiero, che il lavoro fatto bene per una di esse si pu (lire fatto per tutte, n di Vicenza solo. Sono infatto istituzioni della stessa origine ed indole dappertutto, e che dappertutto dan luogo alle steso sissime ricerche non di erudizione soltanto, ma e di economia e di diritto. Non dir di averlo fatto bene, ma, comunque sia, per la pi cospicua di queste fondazioni e per pi riguardi notevolissima, sono arrivato a metterlo insieme. Poi, non so dire se occupato o distratto, lasciavo ogni cosa in disparte ed Aurelio dall' Acqua in pace, quando un recente articolo dell' Antologia intorno Lodovico Ricci mi pare che dia a queste investigazioni non solo un carat-. tere pratico, ma perfino di opportunit. Mi fo animo dunque a consegnare all' Archivio Veneto questi miei stud su Aurelio Dall'Acqua e la istituzione Dotale detta Mensa Aureliana. Voglia intanto publicar questa Parte Prima, che completa di per s. Vi . terr dietro subito una Seconda Parte, che si riferisce tutta alla Mensa Aureliana ed in generale alle istituzioni Dotali. Seguir 11U' Appendice sulla Catena Evangelica. opera inedita di Aurelio, e un' altra sull' Altar Maggiore eretto per sua munificenza nel Duomo, e sulla tomba di lui, onorificenze ed onori. Importunai mezzo mondo. Per Venezia Ella pure ne sa qualcosa, e il Barozzi,

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il Veludo, il Cambi, e, non parliamone poi, il Cecchetti: per Padova, il Gloria e il De Leva : e notizie del e dei Dall' Acqua chiesi a Lodi al Martani, a Bergamo al Mazzi, a Feltre all' ex Deputato Carniello, a Bologna al prof. D' Apel, a Verona a mons. Giuliari, all'ab. Zenti, al nostro Cristofoletti, a Trento all' Ambrosi. Larghissimo aiuto qui n'ebbi, siccome sempre e siccome tutti, da mons. Marasca. Altri mi accadr nominare via via: e qui intanto rendo grazie a ciascuno e particolarmente alla Patria Biblioteca ed ai Patri Archivi, ove ho messo proprio alla prova la pazienza di chi ne ha l'ufficio. Ed ora mi rimetto al suo buon giudizio quanto all'accogliere nell' Archivio V'eneto. questi miei studi, di che sarebbe onoratissimo

il Suo Devotissimo ed Obbligatissimo


FEDELE LAMPERTICO

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PARTE PRIMA.
Capitolo I. Case e Casato - Il. Genitori. - III. Vita di Aurelio Dall' Acqua.

CAPITOLO PRIMO -

Case e Casato.

Comincer subito con una confessione. Non so a che accenni Francesco Maturanzio, quando nei fasti della famiglia Dall' Acqua ricorda un Cristoforo Dall' Acqua, il quale preseduto abbia caste et magnfoe s alla fabbrica del sobborgo di Porta Nuova: Porta Nuova, s'intende, non gi quella che oggi cosi denominata, ma quella antica sulla strada da San Lorenzo ai Carmini e che perci si diceva anche Porta di San Lorenzo. N ho documento del fatto asserito dal Maturanzio, che, sovrastando a Vicenza le armi di Nicol Piccinino, il presidio di quella parte di citt sia stato affidato a Giovanni, Pietro, Antonio, Battista, Daniele dall' Acqua, perch, soggiunge, custodissero quella parte di citt quelli che dai loro maggiori la sapevan fabbricata e munita. Ricordo quando nell' Academia Olimpica si era costituita una Sezione di Storia Patria, il prof. Todeschini, che non volea prestar fede che alle cronache e ai documenti, e l' architetto Miglioranza, che non volea riconoscere come storia bella e buona se non quella che si rivela 'nei monumenti. Degli scrittori nostri n l'uno n l'altro volea saperne : immaginiamoci de' retori : eppure! Eppure quando asseriscono un fatto, non bisogna poi esser troppo corrivi a negarlo, od almeno a negarlo del tutto, poich infine o da carte che infino a noi nos sien giunte o dalla viva voce potean benissimo conoscere quello che per noi ventura di sapere anche solo di seconda mano. Ed in vero i Dall' Acqua, come abitanti in Quarterio Portae None , il Pagliarino li nomina nel 1260, e come tali, del Consiglio Maggiore. Anco nel registro dei beni del Comune, nel 1262, fra i beni posseduti dal Comune extra Portam Novam , si trovano beni confinanti coi Dall' Acqua. E tutte queste son cose dell' altro giorno. Ma del 1 Marzo 1234 si ha un atto, conservato dal Vigna nel voI. X, pago 40 (ms. nella Bertoliana di Vicenza), con cui Manfredo, Vescovo, investe d'un podere Manfredino del fu Pietro

~58

Hall' Acqua di POI'la Xova, e dello stesso :\lanfl'eJino (vedi il Vigna, ivi, pago 30), una permuta col fratello, 5 Xovembre 12:30, falta in burgo Portae Novae sub porticu Ugucionis Albertiui . E l'atto di divisione dei fratelli dall' Acqua, t Maggio 1484, fatto in burgo Portae Novae s e nella casa di loro abitazione: anzi ne risulta, che ai Dall' Acqua apparteneva pure apotheca apu. bechariam b. portae novae . Non giurerei che sia quella, ma ancora adesso la farmacia vi , ed in quel punto che conserva tuttora il nome delle beccarieUe. Mi si conceda qui rammentare-il testamento 17 Aprile U47 di un Daniele Dall' Acqua, che non il Daniele, padre ari Aurelio. E in atti del notaio Giovanni di Castelnuovo, e si conserva in questo Archivio Notarile. Ed documento per pi riguardi notevole, che qui va ricordato non tanto perch testamento fatto in burgo Portae Novae in domo habitationis testatoris , che ci stette vivo e volle esservi seppellito nella Chiesa di San Giacomo, de' frati Carmelitani, ma come bellissima testimonianza che il borgo di Porta Nova, come oggi si direbbe Contr dei Carmini, a dirittura avrebbe meritato d'esser denominato borgo dei Dall'Acqua. Cominciamo da una casa, col suo' tetto di tegole, e sia pur pagliericcia (<< paleata et cupata s), che il testatore legava alla Chiesa e Convento di San Giacomo, situata in ora confinium , ossia suppongo, all' estremit del borgo. Ma poi il testatore lega ai nipoti Giacomo, ...\ ndrea e Marco, figliuoli del fratello Battista, domos suas positas in burgo Portae Novae , in una quarum habitabat ipse testator: et confnes earum sunt a mane et a sera via publica, a latere versus Civitatem jura et bona Ecclesiae Sancti Jacobi ipse testator nune olim vero Bartholomeus a Seta, sive jura monasterii Sancti Augustini de Padua qual.' tenebantur per illos de Xoino ; ed il lascito delle case cum curte, horto, et canipa, et omnibus qual.' infra continentur confnes, ac cum tegete noviter per ipsum testatorem constructa super dictis juribus Ecclesiae Sancte Crucis , oltre il brolo al di l delle mura del borgo sul Bacchiglone. E poi ancora il testatore lega alla Caterina, come sua massaia, l' usufrutto e abitazione d'un' altra casa, posta anche questa in Borgo di Porta Nuova, e Contrada dei Carmelitani, che verso citt avea contigue le case suddette, e verso la Chiesa avea per conterminante il testatore medesimo, con la via pubblica di dietro e davanti. Infine al nipote Nicol, figliuolo di Antonio Dall' Acqua, lega medietatem unius domus cum duabus stationibus , una a caxolaria

(pizzicheria) et alia a spetiaria , p. in burgo Portae Novae in ora Hochetae Sancti Laurentii apud viam Commueis a duabus parlibus, apud olim haeredes magistri Francisci q. Ugutionis et nunc apud ipsum testatorem s ; n basta, poich gli lega una casa con tegole, muri e solaio, un' altra murata in parte, e in parte pagliericcia ma con corte ed orto, ed un' altra contigua, tutte e tre sempre in detto borgo e appigionate, una anzi a un sartore, e una ad un chiavaiuolo seraturarius , serrurier fr. (Dalle Serrature, de Serraturis s era anche cognome di una famiglia Vicentina e di altra famiglia venuta a Vicenza da Parma). Or date torto, se ne avete cuore, a Francesco Maturanzio ed ai Retori! Quella rocheta S.ti Laurentii s denominazione tanto insolita, quanto consueta e anche oggidi viva la denominazione di rocchetta di Porta Nuova, ma non gi della Porta Nuova antica o di S. Lorenzo. Non ci vuoi molta imaginazione a supporre, che s' intendesse con ci la Porta di S. Lorenzo ossia la Porta Nuova d'allora, co' suoi ridotti e fortilizi, e non saremo nemmeno audacissimi a congetturare che quella spezieria sia la stessa che poi si ritrova nell' asse che i fratelli Dall' Acqua si dividono fra di loro nel 1484. Persino quel nome di Uguccione, come uno degli antichi contenninanti, ci fa ricorrere colla mente a quell' Uguccione, sotto il porlico del quale abbiam veduto i Dall' Acqua rogare Ull contratto fino aI12:30. Volete anzi di pi? Mons. Lodovico Gonzati, nelle notizie che forn a corredo delle Orazioni di Girolamo da Castelnuovo, publicate nel 1804 dal sacerdote Cesare Cavattoni, direbbe che Daniele Dall'Acqua quel desso firmato come Apotecario seu Aromatario nello statuto degli Speziali nel i472, come d'altronde ne attesta che nello Statuto de' Medici del 1560 si trova un Giuseppe Dall' Acqua aromatario all'insegna della Nave. 'Che fosse droghiere e speziale quel Daniele Dall' Acqua in persona, dal testamentonon risulta: e poi sarebbe un farlo soffrir troppi anni, poich quando ha fatto nel H47 il suo testamento, era male andato; anche se non si voglia giudicare che sin da allora si sentisse ili sul punto del dire addio al mondo, dando, come dava, effetto immediato ad una delle sue disposizioni, e disposizione cospicua, a favore dell' Ospedale di San Marcello. Ma si sa, che principalmente in sul cadere del secolo XV, e quando il sobborgo di Porta Nuova era stato cinto di mura da Antonio dalla Scala, vi erano sorte e sorgevano di continuo nuove abitazioni; si sa che nel 1385 vi si provveduto alla cura d'anime, appunto perch diveniva inco-

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modo l'appartenere il sobborgo alle Parrocchie di Citta, quando gin tante case c intra ambitum dicti muri constructae et continue construantur et in futuro construi sperentur pro habitatione houiinum et personarum (Vigna, t. IX). Ora abbiam veduto che i Dall'Acqua ivi ebbero le loro case, e accadde a me, rivolgendomi ai possessori di case lunghesso la via, trovar documenti di appartenenza Dall' Acqua di tempi niente affatto preistorici, ma di questo stesso nostro secolo decimonono. Per pel mio assunto non ho d'uopo di provare queste sue .... cessioni e trapassi. Quando nel 1484 i Jratelli Dall' Acqua, e tra questi Daniele, padre di Aurelio, si son divisi il loro patrimonio, Daniele cedette ai fratelli la sua porzione di casa paterna in borgo di Porta Nuova. La casa paterna quindi rimasta con quell' atto a Luigi, Vincenzo, Agostino e Girolamo, e con essa assicurarono la loro quota di dote alle sorelle Lucia e Margherita, di trecento ducali ciascuna. La quota invece incombente a Daniele venne da lui assicurata a favore delle sorelle sulla casa che possedeva in proprio in contracta Pontis Furi . E questa la casa di Aurelio, come si legge nell' atto di publicazione del suo testamento medesimo in sua casa, nella Camera Superiore, in contra' di Ponte Furo , o nell' atto nuziale 2 Aprile i540, con cui Franceschina Sangiovanni, vedova di Aurelio, costitu la dote passando a seconde nozze con Vincenzo Lonigo, e che fatto in doruo q. M: Equitis et juris utr, doct, D. Aurelii ab Aqua in contracta Pontis Furi . Ed la e caxa murata, cupata, et solarata cum corte et orto in la citt di Vicenza in la contracta de Ponte Foro appresso la via comune , che figura per prima nell' inventario dei beni di Daniele Dall' Acqua falto il 1485, e che nellib. n.24 in Archivio di Torre, II. Girolamo da Castelnuovo, nella orazione in morte di un Daniele Dall'Acqua tra quelle di gi ricordate, dichiara, e sia pure con enfasi rettorica, cosa superflua majorum amplitudinem (della famiglia Dall' Acqua), divitiarum magnitudinem, liberorum ac nepotum multitudinem, et omnem denique eorum felcitatem (si qnis in hoc saeculo felix dici potest) jactare ; e tutto ci, perch a tutti noto quantum in hac egregia civitate Aquensium familia et vetustissima prosapia, et divitiarom maxima copia et praestantissimorum virorum multitudine semper viguerit, ac etiam nune vigeal . Ed in vero il Pagliarino annovera la famiglia Dall' Acqua fra le antiche della citt, e come e optms civibus ingenio et scentia et opibus Giara . Viene fra gli altri encomiato dal Pagliarino sotto

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la data del 1212 un Alberto, siccome vir opibus et amicitiis et populi favore potens , figliuolo di Giacomo Dall'Acqua, chiarissimo Giureconsulto. Ne viene ricordato inoltre e come valde dives , sotto la data del 1380, un Gherardo di Bartolommeo. TI Pagliarino italiano direbbe Giacomo, il Giureconsnlto, il principale nel Consiglio Maggiore della nostra citt. Sar, ma dal Pagliarino latino risulta, che il riferimento al Consiglio si collega con quello che segue, e non ha che fare con Giacomo. Ci provenne per difetto d'interpunzione, e nell' equivoco cadde anche il CapeIlari. Tutto bene, ma e come mai il Maturansio fa derivare honestissimum antiquissimumque ab Aqua genus s da Lodi di Lombardia, Laus Pompeiana, soggiungendo ea civitas Insubriae est potens sj E rammenta fra tutti un Cristoforo Dall' Acqua, come succeduto a Giovanni Vignati, signore di Lodi. Cristoforo Dall' Acqua avrebbe anzi, al dire del Maturanzio, tenuto la signoria di Lodi in tal guisa, da guadagnarsi l'animo, non che de' nobili, di tutti quanti, e ci per l'umanit, prudenza, autorit, liberalit, fino a che ( ci a dir vero non si aspetterebbe dopo queste premesse, ma nota bene il Maturanzio: son cosi varii i casi del mondo!) venne cacciato e lui e tutti i suoi, e venne allora sia per l'amenit, come da credersi, del luogo, sia per l'ospitale animo de' Voentini s a stabilirsi fra noi. Ed qui, che Cristoforo Dall' Acqua, stretto in parentela colle primarie famiglie, avrebbe, caste simul et magnfce s presieduto alla fabbrica del sobborgo di Porta Nova. La famiglia Dall' Acqua si mantenne in due rami a Lodi sino al secolo decimosettimo. Pi volte anzi ricorrono nelle storie di Lodi i nomi dei Dall' Acqua, o notevoli per publici uffici, o mescolati nelle fazioni fra cui la citt era combattuta. Un Bonadeo Dall'Acqua ricordato nello statuto vecchio di Lodi del 15 Luglio 1221, quale danneggiato dalla contraria fazione degli Overgnaghi. Carbone Dall'Acqua compare fra gli inviati Lodigiani nella Chiesa di San Zenone di Moso sul Mantovano per una Lega Lombard contro Federico II il 2 Marzo 1226 (Giulini, tomo VII, lib. 50). Egidio Dall' Acqua fu prima Vicario generale del Vescovo Valente, e nel1~107 promosso venne ali' Episcopato Laudense; nel 1311 era presente all' incoronazione di Enrico VII, poi al Concilio Provinciale di Bergamo, e mori il 1312. Antonio Dall' Acqua fratello di Egidio, fu mandato con Bassiano Fissiraga da Antonio Fissiraga a presentare le chiavi di Lodi all'imperatore Enrico VII a Milano nel 1311; il medesimo Dali' Acqua fu quello, che ha indotto i Lo-

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digiani a dar la citta al conte Enrico di Fiandra. Era prima stato in ostaggio di Enrico insieme al Fissiraga: medesimo: si lasciato poi entrare perch persuadesse i cittadini ari arrendersi. Il punto per non questo, di fatti egregi e gesta memorabili di che vada superba la famiglia Dall' Acqua nei fasti Lodigiani. Un cognome simile si trova facilmente in pi luoghi senza che perci le famiglie abbian nulla di comune tra loro. E tuttavia il Maturanzio io penso non andasse errato, quando i Dall' Acqua di Vicenza li fa derivare da quelli di Lodi. Fra coloro in fatto, i quali Ottone Morena, narra che dopo la distruzione di Lodi da parle dei Milanesi nel 1157 per diversas terras sunt vagati , erano i Cadamosto e i Dall' Acqua, che son venuti a Vicenza. La famiglia Dall' Acqua dunque sarebbe venuta a Vicenza da Lodi, non per soltanto con quel Cristoforo, che oltre due secoli dopo sarebbe stato signore di Lodi, ma bens sin dalla met del secolo decimosecondo, Or nelle storie di Lodi non troverei veramente un Cristoforo Dall' Acqua, cognato a Giovanni Vignati, signore di Lodi e Piacenza, ma Margherita Dall' Acqua era moglie di Antonio Vignati, fratello questi a Giovanni: ed nolo d'altronde, che da' Filippo Maria Visconti, i Vignati signori di Lodi, chiamati a Milano a titolo di conferenza, vennero messi a supplizio. Ci avvenne nel 1416. Ed facile imaginare, che i Dall' Acqua, congiunti ai Vignati, si saranno rifuggiti altrove, e pi peculiarmente a Vicenza, dove aveano attinenze d'origine, E continuando a congetturare, si capisce benissimo, che la Republica affidando ai Dall' Acqua la difesa della Citt all' appressarsi di Nicol Piccinino, facea assegnamento sull' animo, che contra un capitano de' Visconti avrebbe serbato questa famiglia la quale dai Visconti avea tanto sofferto. n nome di Cristoforo comincia intanto a figurare per nome di famiglia nei Dall' Acqua di Vicenza: da principio, a dir vero, il nome d'un figliuolo d' Andrea Dall'Arqua, che quel Daniele Dall'Acqua, di cui abbiam citato il testamento del 1447 beneficava, ma prescrivendo che si chiamasse figliuolo di Andrea e non di pi: ma in seguito nome che figura schietto e genuino negli alberi di Casa Dall' Acqua. Cosech ci sembrerebbe poter concludere, che la famiglia Dall' Acqua sia d'origine Lodigiana, e che nel secolo decimoquinto, dalla famiglia Dall' Acqua, che dopo quella prima espulsione si ritrova di nuovo a Lodi e investita di grande autorit, si sia cercato un' altra volta asilo ospitale, dove i suoi maggiori gi si erano ricoverati,

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CAPITOLO

II. -

Genitori.

Nacque Aurelio Dall' Acqua di Daniele e di Angela de' Calderari. Appartenea anche la madre d'Aurelio a famiglia fra le antiche. E di Aurelio, essendo ancor giovanetto aUa matte del padre, le spett dirigere l'educazione. Nel 1513 era ancor viva: come risulta dal lascito che le vien fatto nel testamento di Lucia Schio, moglie di Aurelio: spectabili dominae Angelae socrui meae meam vestem panni nigri cum cauda et unam velitam fili subtilis bra" chiorum quatuor curo dimidio , ch anzi nel libro 24 in Archivio (li Torre, di mano, io credo, d'Aurelio trovo un appunto dei legati di Lucia da Schio con di fronte il soddisfacimento di essi, e. tra questi, anche del legato alla madre di Aurelio. Si intitola: legata relicta in testamento sp, et honestae Dominae Luciae de Scledo olim consortis mei Aurelii ab Aqua doct., quae obiit die octavo hora XI Novemb. 1513. Tra essi si trova quello di Angela: n. legavt Sp. D. Angelae matri meae suam vestem panni nigri cum cauda et unam veletam subtilem brachiorum 4 cum dimidio de filo ; e di fronte si trova scritto: die 24 Novem. dedi contrascriptum legatum . Appena d' uopo avvertire, che oeleta s'intende quello che italianamente oeleuo, ed la voce tuttora viva nel nostro dialetto. Daniele, ascritto ai dottori Collegiali il 17 Luglio 1474, era uomo versato nelle leggi e per buoni studi e per uffici publici. Nella Biblioteca nostra si conserva, ed un esemplare ve ne ha nella Biblioteca di Brera, un liber vooabularii iuris irnpressus Vincentiae per magistrum Leonardum de I3asilea et Jacobum De Dusa (al. Ducensem) correctus per Danielem ab Aqua Vicentinum j uris doctorem egregium, pro comuni utilitate faciliori aditu ad utriusque iuris philosophiam Anno Domini MCCCLXXXH . Venne riprodotto in Venezia con la Nota Tipografica Venetiis per Bernardinum de Tridino 1498 , ed opera, come si ritiene, di Antonio Nebrissense, ossia di Nebrija in Andalusia, sotto il nome del quale si ristampata spesse volte nel secolo XVI (Bressan, Incunabuli della stampa ; ms, nella Bertolana ). Nel 1485 ci risulta dal testamento di Daniele Dall' Acqua, che era a Bergamo, giudice dei malefici, e che vi cadde ammalalo. l,' anno innanzi, Daniele e i fratelli Luigi, Vincenzo, Agostino e Girolamo erano devenuti alla divisione (h-Il' asse paterno, me-

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dio et intercessione egregiae et honestae Armorinae eorum matris lt. Aveano concordemente alla madre assegnato lrentadue ducati annui, dei quali ventidue per s, e dieci perch tenesse presso di s la sorella Veronica, inferma. E cosi pure aveano assegnato alle sorelle Lucia e Margherita quindici ducati a ciascuna, a titolo di alimenti, e quando col beneplacito dei fratelli andassero a marito. la dote di trecento ducati ciascuna. Daniele assicurava la dote alle sorelle sulla casa che abitava a Ponte Furo: gli altri fratelli sulla loro casa avita a Porta Noya, E dal processo che alla morte di Aurelio ebbe luogo fra i Governatori della sua eredit, ed i chiamali per fedecommesso a succedere nei beni di Daniele, ne risulta, che Margherita and sposa a Sebastiano Zuliani in Verona, e Lucia a Girolamo Chiericati. A Girolamo son pervenuti nella divisione i fitti della spezieria presso la beccheria di Porta Nuova, e molli altri livelli o fitti sparsi. Ad Agostino, il molino e possessi a Lobia su quel di Retorgole. A Vincenzo altri beni in Lobia, e canoni livellari. A Luigi la casa grande a Grumolo di Pedemonte con beni a Grumolo e Centrale. E a Daniele, il rimanente della possessione in Grumolo, Thiene, Zugliano, od altri luoghi vicini, e cum Iacultate aedificandi maleos, molas, aut alia aedifcia, exceptis molendinis lt sulla roggia, su cui Agostino avea il molino, e senza nuocere al molino stesso (istromento LO Maggio 1484, Notaio Filippo Venezian nell' Archivio Notarile di Vicenza).
CAPITOLO

III. -

Vita di Aurelio dall' Acqua.

Poich non si poteva essere ascritti al Collegio dei Giuristi prima di venticinque anni compiuti, o, avendo nel Collegio il palire, prima dei ventidue, e poich Aurelio al collegio dei Giuristi venne ascritto il 12 Marzo 1501, Aurelio deve esser nato non dopo il 1479. D'altronde dal testamento del padre risulta che nel 1485 Aurelio non aveva ancora quattordici anni. Ed in fatto Daniele Dall' Acqua, nelsuo testamento del 1485, nomina la moglie Angela e Girolamo Colz curatori del figlio Aurelio e delle figlie Emerenziana e Bianca, fino a che Aurelio abbia compiuto l'et dei quattordici anni, e rispettivamente le sorelle di lui gli anni dodici. Emerenziana e Bianca devono essere le due sorelle di Aurelio, che poi troviam monache in Santa Chiara coi nomi di Aurelia e di Giuditta. Il testamento dunque del padre non ci permette di portar la nascita di Aurelio al di l del 1471.

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N di Aurelio ne' suoi giovani anni abbiamo notizie particolari, ma quando nel 1510 alle sorelle Giuditta ed Aurelia, monache in Santa Chiara, mandava l'opera da esse desiderata sulla concordanza dei Vangeli, ne dice lui stesso che in patria lo avevano sino allora occupato legum studia, clientelae, judicia , e che colle cose private le publiche non gli avevano lasciato tempo di accudire al desiderio delle sorelle. Lo troviam nominato insieme agli altri Dottori Collegiati nel corteggio del solenne ingresso dell' imperatore Massimiliano a Vicenza (Castellini, lib. XVI, pago 5,.1'). L'anno dopo, anche Aurelio e sua moglie si san rifuggiti a Venezia nel generale sgomento, che prese gli animi alla partenza del Provveditore Gritti e de' Rettori. l' sodo pietosamente descritto, tra gli altri, da Luigi Da Porto, nella lettera 16 Giugno (n. 48). Ma udiamo lo stesso Aurelio Dall' Acqua nella citata lettera alle sorelle: ... quum omnem viderem Ausoniam barbaro, suoque milite plenam, ferrum, praedas, incendia, raptus, pestem, ruinas undique pati; verum ea, quae Dominii Venetorum erant (Vicentiam maxime dixerim) quasi funditus everti; paucis tantum collectis sarcinulis optimarum rerum, cum plurima civium et vulgi parte cuiusque sexus et aetatis (ut ait Virgilius egl. 1 ) Et patriae {ines et dulcia liquimus arva . Venelias mediis in aquis positas, tutissimum sinus Adriatici looum impiger petii; tutam uhi vitam vivo; Deoque vero, optimo, maximo pro tot in me collatis beneficiis assiduas ago gratias. Et ab bis, quibus in patria plurimum impeditus, veluti quandam in servitutem redigebar, vaco, Nec ilIis invideo, qui maluerunt domi mala omnia pati, quam foris tutam et quietam gravissimis tamen sumptibus vitam vivere .... . E si nel soggiorno di Venezia, che nell' ingrato ozio ha potuto accudire all' opera della Catena Evangelica. Nel 151 l sarebbe designato dal Conte Giovanni Da Schio nell'opera delle persone memorabili in Vicenza , ms. nella Bertoliana, come Conservatore al Monte di Piet insieme al cognato Lodovico da Schio. E da spogli che ho fatto nell' Archivio di Torre mi risulterebbe questa elezione del 1510; non solo, ma e del 1509, del 1510, del 1511, del 1512, come in molti anni dappoi, lo troverei fra i Deputati alle Cose Utili. Tuttavia o la moglie abbia intanto continuato a dimorare a Venezia, o a Venezia si sia ritrovata dappoi, in data di Venezia il testamento di Lucia Da Schio nel 1513. Ai Vicentini, a Venezia profughi nel 1510, era
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26G
stata dal Senato conceduta la fabbrica nuova, che la Republica avea edifcato per comodo dei mercanti tedeschi (Castellini, lib. XVI, pago 81; Bembo, lib. X, a. 1510). il Fontego dei Tedeschi sul Canal Grande, presso il ponte di Rialto, che incendiatosi nel 1505, si era test rifatto. Ma l'abitazione di Aurelio Dall' Aoqua a Venezia dal testamento di Lucia, sua moglie, si vede che era in confinio Sanctae Justinae . E dispone di esser sepolta nel convento di San Francesco della Vigna, fino a che potesse essere portata a Vicenza nel convento dei Francescani a San Biagio (v. testamento di Lucia Da Schio moglie ad Aurelio dall'Acqua, 20 Ottobre 1513, Notaio Girolamo De Bossis, nell' Archivio Notarile a Venezia). Il Marzari ne dice, che Aurelio, cavaliere et giurista in tutte le facolt eccellentissimo , ha esercitati con molto honore Vicariati et Giudicati diversi ; e il Barbarano (nel capitolo di alcu-ni Giureconsulti pi celebri) che fu molti anni Assessore in diverse Cittadi del Dominio Veneto. A Padova lo troviamo Vicario nel 1521, e nel 1523. ci comprovato dalla Serie Cronologica de' Podest e Capitani di Padova dal G Giugno 1509 al 28 Aprile 1797 documentata da Andrea Gloria. E, deputato che era delle cose utili nel 1518, troviamo che gli venne sostituito Angelo Caldogno, essendo lui Vicario a Verona. Publico anzi il seguente atto d'ingresso di Andrea Magno a Podest di Verona, che mi venne comunicato dal nostro egregio Cristofoletti, ed desunto dal libro intitolato Atti Civili dei Podest di Verona presso l' Archivio Notarile: In Christi nomine Amen. Anno Nativitatis ejusdem Domini millesimo quingentesimo decimo octavo, indictione sexta, die Dominco, vigesimo sexto mensis septembris, bora vigesima tertia vel circa. Magnificus et Clarissimus Dominus Andreas Magnus, Dgnissimus Veronae et Districtus Potestas pro Illustrissimo ac Excellentissimo Ducali Dominio Venetiarum etc. suum introivit regimen ad sonum campanae grossae Comunis ad martellum, cum insignibus consuetis suae Magnificentiae quam honorifcentius fieri potuit accipiendo ad solitam Capituli sedem sceptrum praeturae suae infrascriptis suis consociatus officialibus qui sunt vdelicet, Sp. Ju. U. Doctor Dominus Aurelius ab Aqua Vicentnus, Vicarlus ; Sp. Ju. U. Doctor Dominus Bonfilius de Padua, Judex Maleficiorum; Sp. Ju. U. Doctor Dominus Theodorus Paganus Belunensis, Judex Gryphoni; Sp. Ju. U. Doctor Dominus Andreas Finetus Venetiarum, Judex Reginae-Leonae; Dominus Bernardi-

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nus de Petris Paduanus, Cancellarius; Ser Franeiscus Marescalcus Paduanus, Conestabilis; Ser Thomas Antivarensis, Ser Petrus Zampa Venetus, Concilatores . E di Aurelio Dall' Acqua mi viene anche allegata dal Cristofolett, come pronunciata da lui quale Vicario e delegato del Podest, una sentenza del '1 Febbraio 1520 in causa dotale di Dorotea Albert, Certo, Aurelio Dall'Acqua ha versato negli uffici pubblici di continuo, n io mi fo mallevadore di averli ne' miei spogli dell' Ar chivio di Torre raccolti tutti. Comunque, Deputato alle Cose Utili lo avrei trovato, non che negli anni che ho detto, 1509-'12 inclus., nol 1517-1518, nel 1521, 1525, 1526, '1530, 1531, 1535, 1537; lo avrei trovato di nuovo, Conservatore del Monte di Piet nel 1526 e nel 1531 ; con Angelo Caldogno e Antonio Maria Angiolello, governatore dell' Istituto Proti nel 1520 (V. Magrini, Notizie del cav. Giampietro De' Proti e dell' Ospitale dz' S. M. della Misericordia da lui fondato in Vzeenza). Negli atti dunque di quegli anni, coi quali accadde od accade illustrare un qualche punto di storia patria, il nome di Aurelio Dall'Acqua ricorre ne' detti uffici di che si trovava rivestito, e ricorre inoltre per molte e molte incombenze che gli venivano demandate in particolare. Figura in tutta regola, e con tutti gli onori nell' autenticazione fattasi il 1531 del processo dei miracoli della Madonna del Monte Borico, che, essendo per la vetust quasi deleto e guasto, venne per deliberazione del Consiglio, seguita il 1529, rinnovato. Aurelius ab Aqua (vi si legge ivi quindi tra Id altre firme) Pontificii Caesareique juris doctor et sacrosanctae sedis Apostolicae eques maximique imperialis Palatii comes ac unus ex spectabilibus dominis ad utiIia M.'" ReipubIicae Vincentinae deputatis, infrascriptae auscultationi ( audizione, cio, della fatta autenticazione) interfui' et in perpetuum testimonium manu propria subscripsi, et sigillo mag.?" communitatis ac propriae familiae roboravi (Notizie sul Santuario di M. B., dell' ab. Disconzi, Vicenza, 1820, p. 141, riscontrate col testo nella Biblioteca Bertoliana). E figura nella storia del Palazzo della Ragione, quando nel 1535 insieme a Giovanni Trento cav. e a Francesco di Stefano Gualdo viene eletto ad intendersi con periti dell' arte sul modo di riparare al Palazzo di Citt, i cui poggiuoli e gli archi minacciavan rovina, con pericolo grande della vita, e delle stesse botteghe appartenenti al Comune (V. Il Palazzo della Ragione, op. postuma dell' ab. Antonio Magrini, Vicenza, Burato, 1875, doc. cit. pago 39,

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riscontrato col testo in Archivio di Torre). Aurelio Dall' Acqua viene sempre in campo: nel 1531 per definire le differenze pel Chiampo e pel Gu; nel 1533 insieme a Pietro Valmarana, oratore della Citt a Venezia per essere la Citt aggravata dalla. nuova Caratata imposta dal Serenissimo Principe, a cui molti erano renitenti; nel 1533, oratore per conservare intatte le giurisdizioni di Vicenza verso il Podest di Marostica; nel 1.535 per far valere, nel che gli venne aggiunto a collega Girolamo Scrofa, le ragioni della Citt nelle cause concernenti gli Anziani, il sussidio su che verteva la controversia fra Citt e territorio quanto al reparto di esso, e il divieto che da Vicenza le sete filate si conducessero a Vanezia. Ma benedetti i Retori: meno male, col dire che il tale dei tali ebbe mansioni publiche molte e importanti han detto tutto. E certo han detto il vero pi di chi ne tragga una a una le prove dagli Archivi, perch alcune gli sfuggono, altre non trova modo di porle a loro luogo. Mi rammento d'esser stato citato come testimonio, e a furia di aver detto laverita, avr detto la bugia. Quando infatto si viene interrogati a spizxico, e si risponda pure per flo e per segno, il fatto non risulta mai altrettanto genuino, come quando ci si rappresenta tutto ad un tratto nella sua interezza ed unit. E cosi : sappiano i lettori, e perdoni messer Aurelio, che le sue incombenze e mansioni io non pretendo di averle dette tutte, anzi so di non averle dette tutte. E~ in vero, col negar fede a tutto quello di cui non abbiamo il documento sotto gli occhi, molto che delle incombenze publiche di Aurelio ne fossero prima d'ora note appena alcune. Ed alcune solo delle tante missioni a Venezia. Che fosse stato Vicario, non si arrivava a negarlo, ma dove non si sapeva. Me felicissimo quando Vicario l' ho scoperto a Padova ed a Verona. Ancora poco. Aurelio non uomo che non debba aver mai perduto di vista la torre di Vicenza. Lui stesso ne dice nel far dono dell' Altare Maggiore al Duomo, che vi destinava le pietre d'alabastro, di porfldo, di serpenti no, e d'altri marmi da s con molta diligenza e dispendio raccolti in diverse parti. Se dappertutto si avessero quei preziosi indici delle persone che hanno tenuto uffici publici, come quelli di Andrea Gloria per Padova, di Bartolommeo Bressan per Vicenza, non giurerei che Aurelio non si scoprisse Vicario in altre Citt, cosicch sempre pi vera si riscontrerebbe la asserzione dei nostri Scrittori. Cosi non mi rimane che raccomandarm a coloro,

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cui capitino in mano questi ricordi. se mai nel reggime delle loro citt si risovvenissero di questo nome, e faranno bene a rendergli onore. Si capaciteranno, lo spero, che se non altro in Patria tenne. luogo onoratissimo, e merita di tenerlo nella storia degli studi ed in quella delle Opere' Pie. Aurelio specialmente per legazioni della Citta a Venezia veniva prescelto sempre. Di lui si suole citare la legazione ch' ebbe insiemeaG.G. Trissino, cavaliere, e Pietro Valmarana, dottori, come Oratori della Comunit di Vicenza, per opporsi alle nuove istanze fatte per il Commun et huomini da Schio , che a Schio fosse dato un Rettore Veneziano anzich il Vicario che vi mandava Vicenza. Ed uditi in pien Collegio coi Capi del Consiglio dei Dieci gli Oratori della Citt di Vicenza. udito il N. U. ser Sebastiano Venier, avvocato di quelli di Schio, colla Ducale 28 Gennaio 1~4, a cui tien dietro l'altra 28 Febbraio, le domande di quelli di Schio vennero definitivamente respinte (l'una e l'altra stampate nel Liber Novus Partium , che fa seguito al e jus Municipale , pago 351-2 dell' edizione 1706, sotto la rubrica Contra Commune et homines Villa Scledi ). Tutto bene: ma questa non stata di Aurelio, che una delle tante legazioni che ebbe, e di cui alcune, ma non tutte ho accennato. Ed anzi collo. stesso Trissino e con Pietro Valmarana era stato nel 1523 a Venezia per complimentare il nuovo Doge, Andrea Gritti (v. di queste legazioni del Trissino, l'opera del Morsolin, G. G. Trissino ecc., p. 133 e seg., p. 215 e seg.). Era stato anche eletto per oratore nel 1533 a Trento, ma si scusato di andarci e per molti impedimenti e per malferma salute. In quell'anno si radunavano in Trento arbitri Veneti e Cesarei dinanzi ai quali son comparsi tre Oratori spediti da Vicenza per far valere di Vicenza i diritti su Marcesina contro a quelli di Grigno (v. Bonato, Storia dei Sette-Comuni, t. III. c. IV, p. 377 l. E se quella missione Aurelio non l'accett, ne accettava per una dopo l'altra, si pu dir di continuo. Sin dal 1518 trovo che gli vennero sborsati ducati tre d'oro in mercede dalla Citt per essersi portato alla Dominante per publici affari (lib. II, Prov., c. 198); questo il 3 Agosto, e altri 6, subito dopo, il 16 (ivi, c. 199). E di simili retribuzioni d'Aurelio ne ho ricordi parecchi, come di ducati trenta per una missione a Venezia con Pietro Valmarana, cominciata il 5 Ottobre 1534, e finita il 3 Novembre, qua die rediit in patriam ; d'altri due. 33 per una nuova gita a Venezia il 20 Novembre, e che era durata sino al 22 Decembre: di 63 dal 15 Gennaio al 18 Marzo 1535; di

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33 dal 19 Aprile al 21 Maggio, quella con Girolamo Scrofa; di 2:7 dal 20 Giugno al 16 Luglio nello stesso anno. Ma vegga il lettore se Aurelio non meritava tutto. Era stato inviato nel 1533 dalla Citt a Venezia, colla retribuzione di un ducato per giorno, e a Venezia si fermato quindici giorni. Ma poich per duos dies nihil egit Venetiis nomine Civitatis, dictus D. Aurelius noluit salarium pro dictis duobus diebus et sc debet habere due, 13 . Nicol Tommaseo, che ambasciatore di Venezia a Parigi, mette in conto per la giubba non altro che il consumo! Dopo tutto ci diventa alquanto strana un' allusione che il conte Giovanni Da Schio troverebbe nel Canne di G. B. Dragonzini da Fano, delle lodi di Schio. per l'ingresso di Vincenzo Schio come Vicario. TI Poeta fa che Girolamo Repetta, messo in celia da Carlo Verlato per i suoi spasimi d'innamorato, di t'imando nomini tanti altri che si trovavano in amoroso martirio, e tra questi l'Aquatico Aurelio. Ma siamo nel 1526, ed Aurelio non era pi un ragazzo. Morta gi da alquanti anni la prima sua moglie Lucia Da Schio, non era da jeri ma dal 1517 che avea condotto in moglie Franceschina di Girolamo Sangiovanni, la quale a lui sopravisse, ed anzi nel 1540 pass in seconde nozze con Vincenzo Lonigo di Antonio (v. il patto dotale 2 Aprile 1540, notaio Biasio Macchiavelli), e mori il 12 Febbraio 1568, ben ventinove anni dunque dalla morte del primo marito. Aurelio Dall' Acqua, gi marito in seconde nozze da nove anni, uomo pi che stagionato, investito di publiche dignit, non pu dunque prendersi in pace quell' allusione, se non come ironia, e direm per ragione di contrasto e di contrapposto. Ed Aurelio fu un uomo di aderenze famigliari cospicue. Per la moglie Lucia Da Schio, figliuola di Francesco, Rettore dell' Universit di Padova, e la quale gli port in dote, oltre il corredo, mille novecento ducati d'oro (v. Archivio di Torre, lib. n. 24), avea parentado con quella famiglia nobilissima. Ricorda anzi particolarmente nel suo testamento, col legato di due coppe d'argento del peso di otto oncie ciascuna, Francesco e Marino figliuolo di Giovanni Da Schio, giureconsulto. Marino troviamo nei Memorabili gi citati, che fu marito a Margherita Trissino con ricca dote, e Francesco a Fiordiligi Thiene, a cui dal Consiglio dei Dieci (anni 1514 e 1522) venne con uno stabile redintegrata la dote nel valore che avea prima delta lega di Cambray. E dell' uno e dell' altro fra le persone memorabili in Vicenza, il conte Da Schio,

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narra le molte incombenze; e di Giovanni, loro padre, troviamo, che fu professore di Diritto a Padova, Sopraintendente alla Sanit nel Consolato d'Alessandria, giudice dei Malefici a Bergamo, ove mori, e nella Chiesa di San Gottardo gli venne eretto per sua disposizione un monumento; lasci una bella libreria. La Franceschina Sangiovanni poi, seconda moglie ad Aurelio, appartenea alla famiglia di quel Giacomo Sangiovanni, che (anche questa notizia ho desunto la prima volta dai Memorabili) venne aggregato alla cittadinanza Vicentina per concessione della Serenissima. Si conserva nel nostro Archivio di Torre la Ducale Steno, 1.405 6 Ottobre, che comunica a Giovanni Moro, Vicepodest di Vicenza, la parte presa in Consiglio Maggiore e Minore il 20 Settembre (v. libro segnato H a pago 92 tergo, dell' inventario n. 777). Vi fatta considerazione, che abitava gi da ventitr anni a Vicenza cum sua familia et massaricia , e civiliter continuo vivendo come era disposto a vivere in appresso, cosicch se mai statuto qualsiasi si fosse opposto a ritenerlo cittadino di Vicenza come se vi appartenesse ab origine, vi si doveva andar sopra, atteso quanto aveva scritto e detto il Podest Andrea Bembo, del Sangiovanni, che, uomo virtuosus et prudens, et in arte tabellionatus bene peritus et expertus , era perci benveduto dai cittadini tutti, ed era magis aptus ad civiles mores quam rurales . Del resto, il citato documento novella prova della provenienza della famiglia da San Giovanni Illarione (in antichi documenti ed in questo, S. Johann. henlarogna) attestata dal Macc, v. t. III, p. 188. Vicario, come abbiamo detto, di Verona nel 1529, Aurelio ebbe occasione di render servigio al cardinale Pietro Bembo, che del modo, prontezza e destrezza gli rende nelle sue lettere ringraziamenti cordialissimi (lettera da Venezia, Febbraio, 1529, lib. 6.) E ne risulta che Aurelio gli aveva mandato un suo gentile e poetico sonetto . Tanto pi gli professa che grato e caro gli era venuto il dono, quanto meno lo avrebbe aspettato da lui dato gi molti anni a diverso esercizio, cosicch con lui si congratula come di felice e fortunato ingegno, po ich in arti da lui si lontane era sl grande e si felice maestro. Avrei desiderato trovar notizie della relazione amichevole, che ebbe Aurelio col Campeggio, uno de' Nunzi venuti a Vicenza per predisporvi il Concilio, che poi si riunito a Trento. Ma ritorneremo su ci nel discorrere espressamente dell' Altar maggiore nella Cattedrale, dovuto alla munificenza di Aurelio. Diremo allora

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delle onorificenze, che ad Aurelio nostro non sono venute meno, vivente, e degli onori, che si ebbe la sua memoria. L'opera della Catena Evangelica, su cui pure discorriamo - particolarmente, si non meno dell' Altare un documento della piet di Aurelio. Ed altra prova di ci, se ce ne fosse mestieri, mi cade sott' occhio, aprendo la Storia del Monistero di San Francesco di Vicenza, del Macc: poich in un documento del 9 Aprile 1.537 lo trovo designato in prima riga e con tutti gli onori tra i Nobili Fondatori del Monastero: Magnificus Eques et juris Clarissimus Dominus Aurelius ab Aqua, Spectabilis legum Doctor Dominus Leonardus de Plovenis , e vengono dopo uno Scrofa, un Valmarana, un Godi, tutti fundatores ipsius Monasterii . Era in questo Monastero monaca una Suor Tommasina Dall' Acqua, che fu eletta nel 1.539 Abbadessa, et questa pass a miglior vita essendo Abbadessa . Moriva nel 1.539 anche Aurelio, ma imperituro il suo nome rimane, non che per l'Altare dovuto all' animo suo, non men liberale che pio, per la fondazione dotale da lui istituita, e che in questi studi ho, come seppi meglio, illustrato. E meriterebbe il suo nome di essere in onore per l'opera della Catena Evangelica, tuttora inedita, e di cui mi riservo dar qualche ragguaglio, augurandomi per, possa altri, se non forse io medesimo, dedicarvi uno studio speciale, perch abbia il posto, che ben le compete, negli studi biblici. Qui far ancora cenno delle due Medaglie, che in onore di Aurelio ha il Musaeum Mazzuchellianum . La pi grande, col volto barbuto e pi invecchiato, e l'epigrafe: Aurelius ab Aqua Vicentinus jurisconsultus Excel. Comes Palato et Eques Magn.; nel rovescio, la Giustizia seduta e laureata, colle sue insegne, e la iscrizione: In memoriae aetema erit justus, ex Ps. 1. t 1. ; e sotto : Op. Ju. Tur. , cio opera di Giulio Torre. compresa pur anco nell' Appendix ad Catalogum Numismaticum viris doctrina praestantibus, quae servantur Brixae s, nella RaccoUa d'Opuscoli Scientifici e Filologici del Caloger, t. 40, Venezia, 1. 749. L'altra ci rappresenta Aurelio pi giovane, o con intorno al capo queste parole: e Doctor Aurelius ab Aqua Vincen. Jur. Utr. Ex. , e sull'altra faccia le figure di uomo e di donna con un cornucopia, ed emblemi d'impero, rettitudine, prudenza, fermezza, colle parole: Deo duce, virtute colllite, fortuna faven. ; e sotto: Julii de la Turre opus . noto (v. Litta, Famiglia, Torriani; Scipione

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Maffei nella Verona illustrata, P. II, che contiene l' Historia letteraria o sia la Notizia degli scrittori Veronesi), che Giulio, della famiglia dei Torriani di Valsassina, ascritto al Collegio dei Giudici avvocati in Verona, negli anni suoi giovanili lettore delle leggi in Padova con sommo applauso, autore di un libro de felicitate celebrato dall' Asolano oh profundam tam sacrarum quam humanarum legum soientiarn omnibus passim mortalibus admirabilis , si dilettava pur grandemente dell' arte di fondere. Come testimonianza della sua perizia, si citano alcune medaglie de' suoi, siccome quelle di Marco Antonio, suo fratello, e de' suoi due figliuoli, Girolamo, preposito della Chiesa Maggiore, e Beatrice, moglie a Zeno de' Turchi. E di lui, e, come nelle altre, col suo nome son le medaglie, che abbiam detto, in onore di Aurelio Dall' Acqua.

OAPITULARE

MASSARIORUM MONETE
ANNI MCC LXXVIII
ET SunSEQUENTIUM.

l Continnazlone e fine. Vedi pag'o 00'

De partilJul conceenil magiltri8 in moneta.

5'1'. Item omnes partes que dabuntur in ipsa moneta alieni nel
aliqnibus dari non possint nisi nos tres erimus simul ita quod ex trihus nostrum duo ad minus sint concordes de ipsis porcionibus contendendis.

De magiltril qui non iuralJunt orinamenta mallarioN4m.

58. Itern si quis magister monete non inrauerit ordinamenta massariorurn infra tercium diem postquam per massarios sibi reqnisitum fuerit quod ille qui non iurauerit sicut dictum est non dcbeat esse in offcio monete per totum tempus massarij existent in officio monete. 59. Horn quod una stangata deheat fieri extra apud tabulam ub], stant massarij ot ilIa stangata taliter fieri debeat quod porta uoIte ubi ponitur hauore romaneat deintus.
De phzarijl jmeroNlm. 80. Et quod pueri qui ponunt et extrabunt hauere eomunis dare debeant pIezariam. dc libris .C. et in fonditorum qui infondit uirgas et ilIe qui infondit piatas argenti dare debeant pIezariam. de libris .CC. pro quolibet. Quo mallarij non pOllinI elle e maiori conlilio nec e alifuo alio o.lflcio. 81. Item non possum esse de maiori conslio nec de aliquo alio officio usque quo ero in officio monete.

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est sciendnm quod si aliquis nostrum quod aliqnod sociorum nel ponderatorurn miserit occasione officij et non uenerit ille pro quu miserit amitere debeat salarium illius diei in duplum et quilibet nostrum teneatur scribere illum qui non uenerit et dare euni in scriptis illis dc raciouibus et salarium quod amiserit et scribanus teueatur eciam scribere in suo quaterno suluo si haberet impedimenturo per quod non posset uenire secundum occasiones specificatas. et si ponderator cuius erit quindena miserit pro tercio massarlo qui non associat illum qui facit quiudenam teneatur uenire et si non uenerit perdat salarium illius diei in duplum saluo si non hnberet talem impedimentum per quod non posset uenire secunduw occasiones specfcatas.

8_. Et

83. Item quod massarij teneantur babere duos pisonos masizos- de duabus marchia pro quolibet quus facere debeant iustare

per extimatores auri cum marcha matre comunis unus quorum rnanere debeat continue in uolta et cum alio zirchare debeat deuarios et in quolibot capite quindene debeant omnes massarij uel ad minus duo eorum simul probare pisum de extra cum ilIo de uolta si eri t bene de illo peso et si erit bene quidem sin autem teneantur in continenti defacere ei adiungi et ipsum iusture,

De denarij, tozsi cambiandis.


Item debemus et tenemur accipere ab omnibus hominibus ueneciarum omnes denarios tonsos uel incisos quos nobis aduxerint et dare cuilibet de bouis denarijs grossis pensum pro penso. secuudnm formam consilij capti. Item omnibus forinsecis qui nobis aduxcrint dennrios incisos quos ipsi receperint in uenecijs pro suo pacamento tenemur et debemus eis cambiare sicut dictum est supre. 8G. Item de omnibus scouaduglis et omnibus lauaturis tam de cinere quam de focario de omnibus reddam racionern -pro se quando ibo ad faciendum racionem illis qui debent recipere racionem pro comuni ueneciarum et hec debeaut uendi in riuoalto ad incantum sicuti fiunt scouaduge auri.

8".

88. ltem teneor dicere callum mee quindene socjs meis et scribnuo id callabunt in fonditure mee,
Item non possint dicti massarij dare aliquod argentum ad affi-

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nandnm nisi sint duo ad minus qui esse debeant ad ponendum et ad extrahendum ipsnm argentum de igne et hoc nt ambo sciant qnod lncrabitur inde et quod amitetur teneantur eciam preffati massarij incontinenti scriberc in quaternis suis lucrum et dampnum et facere eciam quod corurn acribanus scribere debeat in suo quaterno lucrum et dampnum. et si non dederit ipsnm argentum incontinenti ad affinandum ponatur in uolta in banco uel arcella per ambos messaros et clauem ucl claues tenere dcbeat massarius qui associabit iIlum cuius erit quindena donec dictum argentum dabitur ad affinandum sicut superius dictum est. Item tencantur non adiunare se unus alterum de suis racionibus de hauere comunis tam de lucro qua ID de dampno.

8'.

88. ltem nou debeant facere nec fieri facere solucionem alieui persone nisi dc denarijs nouis sicnt exeunt de moneta oidelicet de dennrijs non trabncatis saluo si ipsi haherent denarios ueteres camhitos a uenetis sicut ordinatum cst pro neteribus de ipsis facere
possn t solucionem.

89. 100m teneor non facere laborare cnm alijs ferris nisi cum llis qui intaiabuntur intaiatore monete et si esset aliquis monetarius qui laboraret cum alijs ferria in moneta quam cum illis qui ei dabuntur a nobis perdere debeant soldos .XL. insuper teneor dicere domino duci et capitibus de .XL.

Item si aliquia monetarius esset qui monetaret alios Badoues quarn illos qui per massarioa dabuntur cuius erit quindena uel cum uoluutate ipsius perdere debeaut soldos .XL. et insuper teneor dicere domino duci et capitibus de .XL. per sacramentum.

'0.

, I. Et insuper denegabo quod aliquis monetarius non adiuuet


alium ut moneta pulcrior efficiatur. , Item qnod aliquis non possit nec debeat aliquo modo nel iugenio facere preces nec recordaciones uec dare aliqunrn cedularu per se uel per alios massarijs monete pro aliquo monetario sub pena .C. soldorum et quod massarii teneantur accusare illis de nocte infra tercium diem et mi de nocte dictam penam escutere teneatur et habeant terciam partem pene que excucietur et hoc

publiee debeat stridari et addatur in suo capitulari quod dictam penam excutere teneantur.

'18. Preterea teneor et debeo Iigare et ballare uel facere bullari totom argentum quod mihi per mercatores presentabltur ad ligam de sterlino et ilIud precium aecipiam uel accipi faciam quod per dominum dncem et eius consilium fuerit orduatum. '14. ltem quod non possint esse ad monetam ultra .XX. monetarij qui sint oeneti.
'J~. Et quandocnmque affuatores argenti monete nel alter eorum comparauerit argentum uel monetas seu ceneracia aut haberent partem in eia uel consuleret alicui quod emerent prout superius dictum est teneantur massarij infra tercium diem postquam fecerint contra predicta accipere ipsis affinatori bus nel affinatori penam snperius ordinatam scilicet penam soldorum. pro qualibet Marcha argenti nel monetis et soldorum .j, pro qualibet marcha de zeneracijs. denarios quos massarij inde receperint dare debeant infra tercium diem camerarijs comunis et scrlbere in suis quaternis quot erunt.

'18. 100m obseruabo formam maioris consilij cuius tenor talis est. Capta fuit pare in maiori consilo, quod si aliquis officialis iuerit extra terram pro aliquo fMto et steterit ita quod non uenerit ad suum officium ut tenetur per suum capitolare perdere debeat suum salarium de eo die quo non uenerit et non steterit ad suum offclum ut dictum est et si steterit per dies .XV. perdat offcium, tamen teneatur non exire occasione exeundi de offcio, Saluo quod licitum sit cuilibet officiaIi stare extra per totum tempus sui officij. per dies .Viij. non perdendo salarium ipsornm .Viij. dierum exceptis cousharja et electorbus in tantum qnod propterea non perdant officium. ltem est sciendum quod si aliqois propinqus meus habuerit placitum seu cassam coram curia de qua ero iodex non possum uel debeo placitom siue questionem illam aodire nec diffnire et secedam de placito et loco mei debeat esse unns de iodicibos per consilium ordinatis.
'l'I. ltem cum electi fuissent per capita de .XL. nobiles uiri Jacobus steno. Michael buldu. Johannes Iauretanus qui deberent

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fscere capitolare pesatoram de moneta et ad aidendam et faciendnm tam in addendo quam in minuendo totnm illud qnod eis aidebitar in capitulari rnassariorum monete et extimatorum auri pro melioramento monete et ipsi abita diligenti delberscione fecerunt scrb ea que utilia eis aisa foeront super hijs et legi Iecerint inter .XL. et in maiori consilio et posita fuit pars inter .XL. et maiorem consilium et capta quod ca que fueruut leta et inuenta per eos sint firma sicut continetur.

78. Hec et alia quecumque dominus dux cum maiori parte sui consilij huic officio addere minuere uel mutare uoluerit atendam et obseruabo bona fide - factum est hoc capitulare currente Anno domini millesimo .CC.LXXViij. mense marcij.

;8. Item quod massarij monete teneantur rcddere racionem


et dare denarios superatos de argento de oirgis mercatorum quos proiecerint camerarijs comonis sicut faciunt de illo monete.

80. Teneor et debeo pro facere fieri monetam paroam ponere unciam unam et dimidiam et karatos duodecim argenti tam boni aicut est grossus et uncias sex et dimidiam minus karatis duodecim de rame et sumat Ml1rcbam unam. et uadant isti denarij per Marcham unnm. libras .iij. et soldos .V':;- usque ad denarios .X. et non possum nec debeo facere aliquam ligam nisi fuerit ad minus unus sociorum meorum mecum. et quando erit ligatum dabo incontinenti cum uno soclorum meorum infonditori per poudus. et quando illud argentum crit infonditom et proiectum in uirgis non possum nec debeo dare ad laborandum neo recipere ab infonditore nisi erit primo extractum sazum de ilIis oirgis per unnm de ponderatoribus monete qnod sazum debet esse de uncia una de illis uirgis et debet remancre ad extrahendum de igne argentum tam bonum sicut est. denarios grossus karati .XXViij. de marcha.

81. Et quando fiet aliqua liga de istis denarijs paruis tencor scribere cum socijs meis et scribam et faciam scribi per scribanum qualibet ligam per se tam de argento quam de monetis quam de rame et scribam precium cuiuslibet rei per se tam de argento quam de monetis et quam de rame. Et non faciam extrahi de istis uirgis plus de tribus sazijs et si omnes illi tres sazij irent male debeant reuerti ilIe uirge in ignem et reduci -ad supradictam ligam. Et non

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permitam aliquos denarios extrabi de moneta nisi primo ciroati sint per unum de ponderatoribus monete et si denarij irent plus de libris tribus et soldis .V':;- usque ad denarioa .X. pro marcha non dabo extra monetam. Item tenor et debeo quandocumque fuero requisitus a ponderatoribus dare et dari facere per monetarios denarios paruos occasione circandi 60S sicnt est ordinatum.
8~. Item faciam laborari istam monetam cum ourerijs .Viij. et monederijs .Viij. et non pluribus, et non dabo ad laborandum ourerijs plusquam marchas .Vj. per diem, et rnonederijs plusquam .V. per diem et hoc a kallendis fabruarij usque per totum aprilem. Et a kallendis madij usque per totum augustum. ourerijs Marehas Vij. et monederijs marchas .Vj. et non ultra. et a kallendis septembris usque per totum octubrem ourerijs marchas .Vj. et monederijs marchas .V. et non ultra et a kallendis ncuembris usqae per totum.Januarium ourerijs marchas .V. et monederijs marchaa, iiij. et non plus.

8a. Item teneor et facere et faciam raeionem de denarijs parnis sicut faciam dc denarijs groseis racionem suprastantibus racionum et ponderatoribus monete. Millesimo .CC.LXXXViiij. die .Xj. septembris tercie indicionis, Capta fuit pars in consilio de .XL. quod eomitatur officium faciendi monetam paruam illis officialibus qui faciunt monetam argenti grossam qui debeant et teneantur omni anno facere raconem de utraque moneta per se scilicet de grossa per se et de parua per se et debeant eis dare de denarijs mensis. libras .C. omni mense usqne quod habeant libras .D. pro utilitate diete monete parue.
84. Item quod sicut pesatores monete auri et argenti erant .1IIJ. ita debeant esse de cetero solum tres et massarij monete diuidant eos ad aurum et argentum sicnt cis uidebitur pro tempore. Millesimo .CC.LXXXXj. mense madij. die .XXj. Capta fuit para inter .XL. quod massarij monete teneantur laborare seu faeere laborare monetam paruam cum hac coudicione uidelicet quod ipsi massarij debeant faeere dieta m monetam de ea liga et sazo quod eontinetur in suo capitulari et quod dieta moneta debeat ire per marcham secundum eam quantitatem quod continetur in suo capitulari et quod ipsa debeat incidi seu laborari magis equalis quarn poterit ad hoc ut ipsa non possit trabuchari. Item quod dicti mas-

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sarij teneantor faeere fieri de dicta ~oneta paroa ad minos omni qoindena marcha .CCL. et si fecerit laborari a dieta quantitate marcharom sopra habere debeant denariom onom parunm pro marcha de eo quod laborauerit oltra dictam qnantitatem et. in capite anni ueniant massarij ad dominom dncem et cousilierios et. capita et. dieant. condiciones et facta ipsios monete et si domino duci et consiliarijs et capitibos uidebitor quod debeat sic stare bene qoidem sin aotem ponant. inter .XL. iIIas partes que sibi uidebitur, ltem qood si dicti massarij fecerlnt ligam argenti com rame quod ipsi teneant dare Beo facere racionem de bono et nepto capitale sine aliquo dampno comonis et si feceeit ligam com oianali teneantur ad minos reddere racionem. de soldia .XXiij. ad grossos pro centenario de marchia de prode comuni et si fecerint ligam com imperialibua quod ipsi debeant dare de prode ad minos nostro comuni pro zentenario de Marchia. libras .V. et 8OIdoB .Vij. ad grossos, et si feeerit Iigam de mezanis quod ipsi debeant dare de prode ad minos nostro comuni pro centenario de Marchis. Iibras .Vij. et soldos .V. ad grossos.

S'i. Item obseroabo formam consilij infrascripti corrente anno domini Millesimo .CC. septuagesimo octauo dia .Viij. lntrantis octobris. que talis est capta fuit pars in maiori consilio quod aliquis mercator non audeat uendere nee emere aot oidere aorum a duobus oncijs soperios oel argentom a marcha ona superios in aliquo loco, saluo inter pedem pontis et scala m riooalti oel ad sanctom marco m ad incambiom ad monetam et extimatores teneantor ponderare et non possit ponderare uisi ad tabulas extimatorom qui eunt per nenecias constitoti nel ad moneta sob pena duorom soldorum pro libr~ saluo quod quilibet mercator oeneciarum qui oolnnt portare argentom uel mitere com carauana poasit oendere oel emere in omni loco dictom argentnm et facere forom saluo quod faciat ponderare ad dieta loea constitota et dicti extimatores teneantur scrbere totom argentom quod ibi ponderabitor et nomen emptoris et oenditoris et scrbere similiter omnes monetas de bolzono et dare omni ebdomada inscriptis iIIis qui sont constitoti su per aorum et argentum. Saloo quod qnilibet peregrinus possit oendere et ponderare in omni loco et si aliquis peregrinos inueniretur facieudo fraudem sit in potestatem dominorum suprascriptorom condcmpnandi nel soloendi et hoc fit pro eo quod comune oeneciarnm portat de hoc magnom defectum de soa racone quia

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illi qui docont argentum tenentur dare dacium comuni et defraudant dacium et qui emunt et portant illud extra terram absconse quod argentum porta t ita quod mercatores habent inde deffectum et propter hoc mercatores inueniet magis ad pleuum et melius forum. et si aliquis ceciderit in dictam pena m illi coustituti super officium debeant excutere dictam pena m et si aliq uis fuerit rebellis soluendi dictam penam debeant dare pro caduto in duplnm illis dominis de nocte qui teneantur exigere dictam penam infra octo dies postquam habuerit ab ipsis offcialibus inscriptis et babeant terciam partem diete pene et si quis accusauerit habeat terciam partem et alia tercia para deueniat in comune et ipsi offciales per sunm sacramentum debeant habere eum oel eos in secreto uel in credenciam et hoc ponatur in capltulari domioorum de nocte quod debcant excutere supradictas penas secundum quod dictum est superius ac eciam suprascripti offciales debeant hoc baonum facere stridari in omni capite duorum meusium et hoc addatur in capitulari dictorum extlmatorum quod teueantur scribere et pesare dictum argento m et nomen emptoris et ueoditoris secundum quod est dictum et teneantur omni ebdomada dare in scriptis ipsis offcialibus quibus iungatur hoc in suo capitulari, Item quod campeores teneantur per sacramentum de hijs et postquam hec pars fuerit capta in maiori consilio dicti campsores teneantur iurare domino duci infra octo dies postquam fuerit eis deouuciatum snb pena librarum denariorum ueoecialium .L. pro quolibet de obseruare quod dictum est superius et dominus dux debeat facere tolli sacramentum eisdem eampsoribua. Item quod unus scribanus stare debeat ubi proiectum fuerit et habeat pro suo salario omoi meose libras .iiij, ad grossos et teueatur scribere totum argentum quod proiectum fuerit et nomen emptoris .et oenditoris que omnia teneant dare in scriptis omuis ebdomada dictis dominis coostitutis super aurum et argeotum qui scribanus elligatur in illo modo quod elliguntur illi de camera auri. item quod scribanus massariorum mooetarum dare teneator in scriptis dictis officialibus totum argentom quod ibi fuerit proiectum et nomee emptoris et uenditoris. item non possit proicere argentum nec proci facere aliquis in aliquo alio loco nisl ad monetam et ad locum constitutum in riuoalto sub pena librarum .CC. Anno domini millesimo ducentesimo septuagesimo octauo die .XXij decembris capta fuit para in maiori consilio quod monetarij 19

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qui informant denarios paraos possint et debeant monetare denarios grossos in die quando non laborabitur moneta parna secandum discretionem massariorum et si consilium est contra sit reuocatum quantum in hoc.

88. Item obseruabo formam conailij capti currente anno domini millesimo .CC.LXXX ..die .XXiiij. aprilia que talis est. capta fuit pars qnod omnes offciales comunis qui recipiunt pecuniam pro comuni ueneciarnm teneantur scribere in suis qaaternis sic ad sex denarioa inferius omnea dcnarios qnos reeipiunt pro comuni sie teneantar seri bere a sex denarijs superius. 87. Item obseroabo formam eonailij infrascripti que talis est. capta foit pars qaod aarum et argentum quod uenditur et emitur debeant ponderari ad tabulam extimatorum aeneciarum et non alibi. Veromtamen dicti extimatores teneantor dare per aeriptum quantum fuerit aoram et argento m et monete predietis offieialibos de quarantesimo de portu groario latisana et aquilegiensia ligaencie et de omni alia parte foroiolij quando pecierint et eciam nomen emptoris et uenditoris et simile teneantur facere massarij monete. 88. Item teneor dare de denarijs nostris grossis omnibus qoi adduxerint nobis de denarijs de bresco pondus per pondos. 89. Item obseruabo formam consilij que talis est. millesimo .CC.LXXViiij. indicione septima die quartodeeimo exeunte ianio capta fuit pari) in maiori consilio qnod addatur in capitulari omnium officialium qai reeipiant pecuniam pro comuni qnod teneantor facere racionem de omnibus denarijs quos recipient quocomqoe modo ueniant et de expensis similiter et eciam teneantur omnes offciaIes conseruare quilibet 'per se snos quaternos suclauibus et serratoris quando recedunt ab officia et fuit pars de . XL .
90. Item obseruabo formam consilij que talis est. anno domini millesimo. CCLXXXij . indicione octaua die tercio intrantis octubrls capta fuit pars in maiori consilio quod iniungatur in capitolari omnium Officialium qui recipiunt pecuniam pro comuni qnod ipsi teneantur scribere in suis quaternis . millesimum . mensem . et diem et quantitatem pecuniarum quas recipiunt et a quo nel quibos recipiunt et quare et cui QeI qubus datar et quando

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intrant in officia debeant scribere diem quo intrant similiter in

suis quaternie.

DI. Millesimo. CCLXXXiiij . die , XVij . septembris capta


fuit pars in maiori consilio quod addatur in capitulari Cancellarij et alorum notariorum de super de palacio quod teneantur iniunxisse in capitularibus omnium offcialium de nenecijs et suorum scribanorum quod non possint recipere donum uel presens uel mutuum aliquo modo uel ingcnio ab aliquo qui habeat facere coram eis pro suis offcjs et teneantur domini accusare scribauos fucientes contra et scribani offciales aduocatoribus comunis et hoc infra. XV . dies postquam pars ista capta fuerit in maiori consilio in pena soldorum . C . pro quolibet uidelicet in illis capitularlbus in qui bus non est hec addicio.
D~. Et quod addatur in capitularibus omnium officialium qui recipiunt pecuniam pro comuni quod ipsi teneantur scribere de sua manu uel facere scribi et dare in scriptis illis qui pressunt racionibus recipiendis quantam pecuniam ipsi dant camerarijs comunis nostri et ipsi desuper rationibus teneantur scribere in preseneia ipsorum dancium in libro dictarn quantitatem et ad minns unum de camerarijs comunis Bit presens quando ipsi scribent.

D8. Nos dux cum nostro consi!io uobis nobilibus uiris super monetam constitutis dicendo mandarnus quod infrascriptum censlum in uestro capitulari addi facere debeatis cuius tenor talis est capta fuit pars quod omnes iudices palacij et officiales riuoalti teneantur scribere unus eorum ad ebdomada omnes dies qubus eorum scribani tam clorici quam laici non uenerit ad eorum offcia ad campanam ut tenentur per eorum capitulare . et illi qui faciunt soluere suis scribanis quando debent facere eis solutionem debeant eis tantum mnus dare per ratam. Et ifIi qui non faciunt solutionem sus scribanis teneantur dare in scriptis camerarijs comunis de quanto fefelerint eorum scribani et addatur in capitulari camerariorum quod teneantur eis tautum rninus dare per ratam et addatur in capitulari iudicum et officialium qui faciunt solutiones nisi in sexto mense de medio anno ut fit ills qui bus fit solutio per camera m comunis et si consilium est contra Bit reuocatum quantum in hoc.

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OLI. Die . XXiij . septembris capta fuit (parI) addatur in capitulari omnium offcialium qui recipiunt pecnniam pro comuni quod teneantur cum requisiti fuerint per camerarlos comunis quod ipsi eis dare debeant denarios quos habebunt et qnod teneantur eis dare illo die nel altero quo requisiti fuerint in pena duorum soldorum pro libra de omnibus denarjs qUOB habebunt et non dabunt eis ut dictum est non ostante aliquo capitulis (Iie) suorum capitularium quod quantum in hoc sit reuocatum.

9&. Capta foit pars inter . XL . cum domino duce et censiliarijs cum contineator in cnpitulari maesariorum monete quod teneantur semper habere . Xij . paria superflua de ferris . ita dicatur et addatur in BUO capitulari . Xij . pavua (Iic) ferria intaglata in uolta.

98. Item quod teneantur uisitare monetarijs omni die qno laborabitur ad miuus UUUB eorum si ferra sunt bona et Bi inuenerit aliquod deft'etum in ferris debeant ipsum facere reconzare quam cicins poterunt bona fide.

9'1. Item quod aliqnis monetariua non possit se cambirem (aie) faeere poni alium loco sui et addatur in capitulari massariorum monete et ponderatorum monete quod teneantur nullnm cambire nec permittere alieni persone accipiend aliqnem monetarium loco alicuius monetarij qui refutaret et hoc dicitur q uia fuerunt monetariorum pro temporibus qui oendiderunt suam monetariam pro denarijs et si aliqus inueniretur de cetero qui intraret pro denarijs sit extra moneta.

98. Item quod in ipsa moneta non posst esse aliqus massariua qui sit propnqus alicuus ponderatoris secundum formam consilij neo ponderator massarij et hoc dicitur quia massarij sunt in sentenciam ponderatorum.
99. Ad hoc ut pecie refutate non possint reuerti ad estimandum per fraudem addatur in capitnlari massariorum qnod teneantur signare uel signare facere pecias refutatas ut possint cognoaci.

100. Millesimo. CC . optuagesimo septimo indicione prima


die sabati. XXij . nouembris capta fuit pars in maiori consilio quod addatur in capitulari massariorum monete argenti scilicet grosso-

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rum et parucrum qnod de duabus millibus libris qnas ipsi babent pro faciendis dictis monetis deputentur libras M . CC . pro moneta parua et libras D. CCC. pro moneta grossa et quod de eetero non possit extrahi extra moneta m nec <le parus nec de grossis aliquomodo uel ingenio nisi prius reeeperint solueionem de ea quantitate que uoluerit trabi foras . item quod diete. libre . MM . debeant teneri in una capsela que habeat tres claues quarum clauium quilibet massariorum predictorum haheat unam et ilIi duo massarij quorum fuerit quindena possint extrahere ipsas libras . MM . pro otilitate diete monete et ipsas in capselam redueere quociens fuerit oppor- I tunum non extrahendo eas extra monetam ut predietum est aliquo modo et in hoc tercius massarius eis obedire teneatur ita quod si non oeniret ad socos quoeiens nocaretur ab eis perdat grossum . j . pro qualibet nice exceptis occasionibus speeificatis et si non posset uenire pro oceasionibus specificatis teneatur mittere clanem soeijs sub dieta pena et completa dieta quindena teneantur dieti duo facere racionem alij uel alijs qui intrabunt in dietam quindenam infra tereium diem post eompletam quindenam de dictis denarijs et si ille qui intrabit in quindena nolnerit reeipere cisuras tam grossorum quam paruorum pro ilio precio quo alius massarius eas dare uoluerit teneatur ipse qui eas dare uellet bullare eas stati m curn sua bulla propria et ponere in dieta capsella et in prima quindena qui eidemmet postea euenerit teneatur dictas oisuraa tollere et infondere . item quod dieti massarij teneatur dare de parois cuilibet neneto qui eis paruos pecierint non dando alieni ultra libras . L . de ipsis paruis pro qoolibet die.

101. Addatur in capitulari massariorum monete auri et argenti qood ipsi teneantur soluere tam intaiatori quam fabro de suis salarijs dando cuilibet eorum quartam partem sui salarij in principio anni et in capite trium mensium alia~ quartam partem et sic in quilibet tribus mensibus usque ad finem cuiuslibet anni et si capitulare est contra sit reuocatum quantum in hoc.
10~. Item teneantur accipere penas tam ntaiator quarn fabro contemptas in suis eapituluribus si psi non obseruauerint qua continentur in eisdem capitularibua.

108. Item si aliquis actinens alicu dictomm massariomm secundum formam consilj super hoc editi habuerit facere coram cis

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pro suo of/ieio ille massarius qui sibi pertinerit non possit stare ad illud iudicium loeo cuins debeant esse ad iudicium discernendum ponderatores auri si fuerit snper monetam auri. nel ponderatores argenti si fuerit factum super facto argenti nel salti m unus ipsorum ponderatorum.

IO". Item quod sicut dicti massarij tenentur uenire in mane ad snum offieium antequam campanam offcialium pulsare cesset sic teneantur uenire post nonam antequam campanam consiliari 0ram pulsari cesset et stare et si dieta campana consiliariornm non pulsaret teneantur uenire bona fide consueta et stare ut dictum est supra. . IO... Addatur in capitulari predictorum massariorum monete auri et argenti quod si carbones poterunt inucniri teneantur semper emere tantam quantitatem que possit sufficere diete monete usque ad medium annum ad minus ita quod moneta sit semper uarnita carbonibus pro medio anno.
108. Item quod quando massarij monete argenti uoluerint proieere argentum in uirgas que uirge dcbucrint extrahi de ucuetijs teneantur aeeipere securn unum de massarijs monete auri ad minus tam ad ligam faciendam quam ad accipiendurn sazum dietarum uirgarum et dicti massarij auri teneantur esse cum eis per unum ad faeiendum predicta quando de hoc ab eis fuerint requisiti. 10'1. Item quod si aliquis monetarius ourerius uel mendator non fecerit bonam operam dieti massarij teneautur dare eis ad laborandum solnmmodo medietatem unius alius magistri donee ipse fecerit bonam operam. 10S. Item quod dicti massarij teneantur dare tantum ferrum fabro quam erit suffciens pro laborerio diete monete. 109. Item quod dicti massarij teneantur reddere racioaes de eondempnacionibus quas fecerint sicut de alijs rebus tencntur.

I IO. Item quod massarij monete auri et argenti teneantnr deputare locum in quo uerberentur argentum quod emerint ad monetam ad hoc ut bomines non amitant terram.

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I Item qnod dicti massarij deinceps non accipiant monetarios ad informandum tam ducatos quam denarios geossos habentes a . XXV. annis supra.

I S. Item quod massarij monete argenti non pbssint amodo accipere alquod argentum factum in uenecijs quod sit peins de denarijs sex pro mercha.
18. Item quod omnes qui fuerunt masBarij monete comnnis a . X . annis hinc retro teneantur snas raciones Iecisse ilIis de supra racionibus et illis tribus . XL . qui erunt deputati supra monetam infra unum mensem postquam inde fuerint requisiti sub pena librarum . L . pro qualibet nice qua sib preceptum fuerit exceptis occasicnbus exceptatis.
Item qnod pueri qui custodiunt et seruiunt ad moneta m argenti teneantur uenire et stare ad monetam ad sonum campane secundum quod massarij ueniunt et tenetur et plus si necease fuerit et eis ordinatum fuerit pro utilitate comunis. Item quod dicti pueri non debeant exire extra monetam sine licencia massariorum ante horas ad quas tenetur stare massarij ac ante horas sibi ordlnatas a dictis massaeijs sub pena unius grossi pro qualibet uice qua m contrafecerit et massariua teneatur exigere dictam peuam item quod duo ipsorum puerorum ad minus teneantur semper dormire in monetam et inter mouetam intrare ante primam campanam et inde non exire ante ortum solis sub pena duorum grossorum pro qnolibet qualibet uice que fuerit contrafactum quam penam massarius cnius erit quindenam et ille qui eum associabit exigere teneatur scribendo et scribi faciendo per eorum scribanum dies in quibns fallabitur et penas quas accipientur faciendo de ipsis penis raconem quando facient snas raciones illis qui sunt super racionibus.

l''.

Il:i. Millesimo . CC . LXXXX. indicione quarta die XXViij mense decembris capta fuit pars in maiori consilio quod monetari] quando non laborant ad monetam possint cum licencia massariorum monete alibi laborarc alias artes si consilium est contra Bit reuocatum quantum in hoc.

18. Millesimo. CC . LXXXXj . die . XVj. intrantis aprilis capta fuit pars inter . XL . quod tuassarij monete argenti possint

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facere soluciones secundum consnetudinem de salario ponderatorum monete intaiatori scribani fabrorum et puerorum monete et emere ea que sunt oportuna pro laborerio diete monete. silicet carbones crnsolos ferrum azales patellas de rame zaponos et retortas C8D&uazam pro sachia ad sblaucandum bancss clanes et seraturas et possint faeere aptari portas et balchones et domum operariorum que Duper fuit combusta et hoc addatur in eorum capitulari et raciones eorum debeant recipi tam de preterito quam de futuro in istis expensis. Die XXiiij . iunij. V. Indicionis . Ordinatum fuit per dominum
duceui et suum consilium minus de. XL . quod omnes offciales nene-

eiarum astringantur et teneantur per sua capitularia omnes denarios grossos de brescoa et de rassa et aliam monetam factam ad similitudinem nostre monete non batutam in uenecijs que ad eorum tabulas et officia peruenerit pro suo officio teneantur incidere totam ultra per trauersum. Millesimo. CCLXXXXiij. sexte indicionis die nono mensis maij. Capta fuit pars in maiori consilio quod sicut massarij monete auri tenentur facere sazios uirgarum argenti antcquam permitant exire do cecha . ita massarij monete argenti teneantur facere sazios nirgarum auri antequam permittant exire de cecha. Millesimo. CCLXXXXiij . sexte indicions die penultimo apriliso Capta fuit pars quod addatur in capitulari massariorum monete auri et argenti et ponderatorum ac omnium officialium et laboratorum in moneta quod de cetero non possint per se nec per alios modo aliqno uel ingenio ab aliqna persona emere cineracia facta in dieta moneta nisi emerent ea pro nostro comuni. Item quod nulla alia persona possit nec debeat emere de cetero dicta cineracia nist extra dictam monetam sub pena soldos . C. pro qualibet uice fuerit contrafacturn. Et iniungant illis de nocte quod debeant exigere dictam penam et propter hoc habeant tercium et tercium accusator si per eius acusationem ueritas cognoscetur et teneatur de credeneia et si consilium est contra sit reuocatum quantum in hoc. Millesimo . CCLXXXViij. Capta fuit pars inter . XL . quod addatur in capitulari iutaiatoris monete quod admodo usque ad medium annum teneatur fecisse tot ferra ntaiata que sufficiant omni-

289
bus monetarijs et nsuper paria de superfluo que paria. Xij . permanere debeant in uolta monete ubi manet argentum sicut continetur in.capitularl massariornm . et quot accipient de dictis . Xij . parijs tot teneatur facere dictus intaiator. ta quod semper sint in dieta uolta paria. Xij . superflua et masaarij monete semper quando intrabunt in quindenam teneantur inquirere si dieta paria. Xij . erunt in dieta uolta et si ea non inuenerint teneatur dicere intaiatori quod debeat facere tot quot defeeerint et dictus intaiator teneatur ea fecisse intra dies. XXX. postquam sibi dietum fuerit sub pena soldorum duorum grossorum pro quolibet pari et massatij teneantur excutere dictam penam et si per defeturn fabri dictus intaiator non poterit adimplere quod dictuw est dietus faber amitat soldos . XX . pro quolibet pari et massarij teueantur exigere ipsam

penam.
Millesimo . CCLXXXXiiij. mense iunij die penultimo capta fuit pars quod omnes qui habent dcnarios grossos dc brescoa uel de rassa teneantur eos portare ad cecam infra dies quindecim postquam hoc fuerit stridatum et massarij teueantur eos accipere pro libris . Xj . et soldis . V. Marchiam. Itern teneantur dicti massarij tam prode quam dampnurn quod habebunt de dictis denarijs et omni quindena debeant dare in scriptis domino duci et conalarijs et capitibus de . XL . prode uel dampnum quod inde habebunt et similiter teneantur omni quindeua facere sazum de dictis grossis ut possint cognosci bouitas ipsorum et a predictis . XV . diebus inantea nullus uenetus uel furensis in districtu ueneciarurn hoe est a grado ad caput aggeris audeat accipere uel dare dictos grossos nisi pro. XXViij. denarijs quemlibet grossum. Itern a predietis . XV . diebus in antea quicumque habuerit de dictis grossis pro. XXViij . denarijs unum teneant eos portare ad cecham exet (sic) ullque ad dies. Viij . et dare eos massarijs et maasarij teneantur eos aceipere pro libris . Xj. et soldis . V . Marcham. Et quieumque feeerit contra predicta uel aliquod predictorum perdat . iiij . denarios paruorum pro quolibet grosso et qui accusauerit contrafacientes habeat tercium si per eius accusacionem ueritas scient et teueatur de credencia et addatur in capitulari dominorum de nocte quod debeant exigere dictam penam et propter hoc habeant tercium et reliquum tercium ait comunis et hoc debeat stridari in sancto marco et in riuoalto et. vbicumque ui.. debitur domino duci et suo consilio et capiti bus et si consilium est contra sit reuocatum quantum in hoc.

290
Millesimo . CC . LXXXXV. dia ultimo Marcij capta fuit para inter . XL . quod frater franciscus qui olim fuit ad officium monete et quia stetit ultra terminum extra terram fuit extra officium quod ipse esse debeat in dicto offcio et si conailium est contra sit renocatum quantum in boe. Millesimo. CCLXXXXV . die XXVij . mense aprilia . Viij . Indicionis capta fuit pars in maiori consilio quod addator in capitulari massariorum monete quod de toto argento et monetis qnod portabitur eis et quod ipsi ement tam pro monetando quam pro prohiciendo iu uirgis teneantur accipere soldos . XXViij . pro centenario librarum saluo si illi quorum erit ostendent quod satisfecerint dictis soldis . XX Viij o pro centenario locis deputatis uidelicet fontico teotonicorum uel tabule ternarie uel tabule lombardorum nel tabule

maris,
Millesimo oCCLXXXXV . Indicione Viij . die Vj omense Madij . Capta fuit pars inter oXL o quod benasutus nepos marini alberto sit monetator ad nostram cecbam cum condicionibus cum quibus sunt alij monetatores si ipse est bonus et suffoiens. Millesimo oCCLXXXXVj . mense Madij. die XViij. Intrante. Capta fuit pars . inter XL o quod andreas fusculo qui essendo ad postam lugnani fecit iuxta preceptum domini ducis quodam bonum scruicium comuni sit stampator ad monetam si aliquis deest alioquin sit primum uacantem et si consilium est contra sit reuocatum quantum in hoc, Millesimo . CCLXX,XXVj . die XXX Madij. none indicionis. Cum per consilium foret ordinatum quod de argento solnerent soldos , iij . pro dacie de quo nostrum comune magnum dampuum buc usque recepito Capta fuit pars quod non soluant de ipso dicti tres soldi sed reducatur ad illum statum in quo erat ante ipsum consilium et si consilium est contra sit reuccaturn quantum in boe. Millesimo. CCLXXXXViij o die Xj . octubris capta fuit pars inter. XL . quod michael triuisanus massarius monete argenti debeat esse ad officiurn monete auri loco petri nicbola donec prouidebitur de alio Massario eligendo et reliqui duo massarij monete argenti teneantur facere officium suum sicut nunc faciunt et non in-

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telligatur pro hoc quod dictus michael habeat alind salarium quam modo habet et si consilium est contra Bit reuocatum. Quod intaiator monete non possit recedere de terra Bine liceneia messariorum et massarij non possint sibi dare licenciam exeundi de terra vltra octo dies et si ipse exibit de terra cum licencia et steterit ultra licenciam Biti datam perdat salarium in duplum pro quolibet die qua steterit plus et si iuerit sine licenciam perdat soldi. ij . grossorurn pro quolibet die quo steterit foras et hec addatur in capitulari massariorum intaiatorum monete. Quod sicut factum argenti et auri est comissum illis de su per racionibus de foris sic de cetero factum argenti comitatur massarijs monete argenti et suis ponderatoribus et factum auri cornitatur massarijs monete auri et suis ponderatoribus et sicut extimatores auri tenebantur dare in scriptis aurum et argentum illis de super racionibus sic de cetero teneantur dare in scriptis aururn massarijs monete auri et argentum massarijs monete argenti et predicti massarij monete argenti cum suis ponderatoribus teneantur amni mense inquirere racionem illorum qui ernerint aurum et nrgentum silicet massarij auri ad aurum et massarij argenti argentum et scire si datum erit ad monetam nel quid iude factum erit et eciam si aliquis dedisset aurum uel argentum quod non esset ponderatum ab ipsis extimatoribus et in locis constitutis et teneantur eciam inquirere vnde uenerit et vnde habuerit ipsum aurum et argentum et quodlibet aurum et argentum quod intrabit in uenecijs et possint pouere personas ad sacramentum et imponere penam et penas sicut sibi uidebitur pro predictis inquirendis et examinandis quicumque fecerit contra predictam uel aliquod predictorum cadat in penam soldorum . ij . pro libra quocens contrafeceriut et qui accusauerit contrafacientes habeat quartum si per eius accusacionem ueritas cognoscetnr et teueatur de credencia et aliud quartum sit predictorum massariorurn et ponderatorum et residuum sit comunis et bee oinnia addatur in capitularibus predictorum massarlorum et PODderatorum et extimatorum . et iniungatur in capitulari dominorum de nocte quod debeant exigere dictas penas et babeant inde talem parte m quale habeant de alijs penis quas escuciunt. Ego iohannes nicholaus rubeus mauu mea subscrlpai. Ego nicholaus zinano manu mea subacripai.

292
Ego daniel chocho mano mea subscripsi. Ego nicholaus delfino manu mea subscripsi. Ego franzischus contareno manu mea subscripsi. Ego Iohannes Vido notarius curie istud capitulare monete de mandato suprascriptorum dominorum ad hec constitutorum cancellaui in MCCCLXXVj . die XXV. septembris. Quia p.er dictos domiDOS uel maiorem partem ipsorum dictum capitolare reformatum est et in alio uolumine reductum ex auctoritate et arbitrio eis attributis a maiori consilo.
(Miscell. Codici, n. 133, c 93).

LE RUBRICHE
D El

LIBRI M 1STl DEL SENATO


PERDUTI
TRASCRITTE DA

GIUSEPPE GIOMO

SOTTOABCHIVISTA NELL' ARCHIVIO DI STATO IN VENEZIA.

(Continuazione. Vedi pago 95.)

DomifllU Dua:, cOflliliarii, et capita de XL. - Prtn;incia. -- Sicilia. Marcllia Ancoflitana Ariminum iflcludendo. ,...-- Romafliola.

DOMINUS DUX, CONSILIARII, ET CAPI'rA DE

XL.

(Lib. IJ
Aggrevent Paduanos occasione daci impositi per eos sali delato per ante Lendenariam. Possint statuere et facere scrihi et crcar et facere alia necessaria pro expeditione galearum, f66. Possit provideri per eos ambaxata imperatori, f 70. (Lib. 11.) Possint mittere duche Crete quod habeantur libre CC que defcere videbantur Andree Delfino quondam camerario Crete, 85. Possint mandare fieri examinationem de rebus Januensium que pervenerunt ad illos de Cya etc., H7. Electi pro facienda commissione ituri Alexandriam possint facere satisfactionem Januensium de mamoluchs, 65. Fiat per eos commissio ambaxatori 'I'unisi et Sardinie et per provisores et taxationes etiam, 65. Possint deffinire duo capitula residua ambaxatorihus Crete, scilicet de quoddam bannito, et de modo elections consiliariorum si quis obierit, 79.

294
Committere possint consuli Alexandrie quod vadant ad soldanum pro liberatione captorum et Francisci de Canali, 85. Possint mitti de istis galeis due per speciales personas armale ante et possint expendere etc., 84. De naulo galearum, 1.20. Provideri possint uni hone persone mittende pro strata Alamanie, 34. (Lib. III.) Baylia predictorum et provisorum super provisione facieuda occasione daciorum impositorum per Tarvisinos et episcopum Feltri, 60. Naulum galearum Cypri et Armenie accipiatur quod videbitur, 90. Baylia data predictis ne dacium argenti fraudetur, et corrigendi,1.1.3. Item commitendi ambaxatoribus Cypri et Armenie sicut eis videbitur, 93. Predicti provisores faciant quicquid eis videbitur super facto Theotonicorum derobatorum supra Baseleghe, 1.44. (Lib. IV.) Dominus dux, consiliarii, capita et V sapientes possint disponere que videbuntnr eis super hiis que habemus facere cum hospitali, 22, 25. Possint mittere unum nuntium Bellunum pro emenda damnorum nostris iIlatorum cominaturum processus, 32. Super novitatibus factis nostris per Mediolanenses possint mittere litteras et ordinare ut videbitur, 24 1.63. Commitatur ambaxatori ituro ad magistratum Hospitals damnum ser Pantaleonis Michael, 28, 29. Responsio facta fratri Leonardo priori Veneciarum ordinis hospitalis leda ibi que scripta est in memoriali, 28. Possint committere ambaxatori ituro Conslantinopolim super facto Lodoyci fratris Andree Moresco detempti per dominum Andream Cornario. Mittere possint cum una galea unam crucem et quasdam l'es alias comunis que fuerunt unius de proditoribus ut vendantur, 7. Possint intromittere bona et havere hominum de Cumis imponendi penam et penas et committere aliis, 1.34, 135. Accusator de bonis predictorum de Cumis habeat soldos duos pro libra, 135.

295
Possint compleri factum Padi per eos et per VII sapientes, 43. Diffiniant super omnibus factis hospitalis preterquam super facto auri, 80. Possint cum patronis arsenatus facere imponi galea de novo,

96.
Super gratia domini Patriarche, 111, H3. Possint concedere licentiam tribus confnatis Justinopoli ire ut alias captum fuit, 163. Concedere possint de sale civitatibus quibus tenemur per pactum, tamen stricto modo, 185. Posst per eos dari licentia concedendi salem illis de Marchia, 183. Extraordinarii mutuent comuni de omnibus denariis sicut dicetur eis per eos, 182. Possint cum provisoribus corrigere ordines auri et argenti, 50, 120: provisos seu captos in maiori consilio, qui sunt in PresMero ad cartas 114. Mittere possint aliquos ad accipiendum ligna cum corredis que fuerunt ser Dalmasii, 33.

(Lib. V.)
Dominus, consiliarii et capita possint committere nostris lignis quod quando ibunt Curfu levent mercatores nostros et mercationes et conducant Coronum vel Mothonum etc., 107. Scrutatio fiat de invenienda via compositionis cum magistro Hospitali super facto auri, 2. Possint dare de sale Cervie illis terris que videbuntur eis pro soldis VIIIr grossorum modio preter Mantuam et Mutinam, et salem gl'ossum possint dare pro soldis XV grossorum, 7, 8. Quod occasione canipe vini, olei, et aliorum que fieri dicitur in Arimino possint mittere unum ambaxatorem, 43. Possint dare de sale Cervie Bononie pro precio quod videbitur eis et firmare pacta, 23. Possint facere omnia opportuna pro emenda damnornm illatorum genti nostre in S. Civrano, 81. Mittere possint unam bonam personam ad requirendum paduanos quod faciant restitui accepta apud Abbatiam contra formam paetorum, 84. Scribatur castellanis Coroni quod de denariis rationis frumenti quod misimus et de ratione yperperorum M M que dimisit domi-

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nus Thomas Dandulo, possint facere expensas galee quam armant pro facto Nigroponti, 105. Possint procedere contra illos III de quibus conquerebantur ambaxatores imperatoris, 158. Possint mittere Ser Benedicto de Molino ambaxatori ituro in Franciam super facto mandamentorum Francie, 136, 184. Notificentur magistro Hospitalis, scripta nobis per ser Johannem Michael de facto galee per eum capte et confessiones, t38. Baylia eis data in ambaxata ordinata mitti ad despinam expensis fiendis per mercatores etc., 14, 15. Fiat commissio ut videtur domino duci, consiliariis et capitibus et habeat ambaxator libras XII grossorum ad suas expensas, 15. Possint ordinare et expendere pro tractanda concordia inter dominum Canem et comune Padue, 15. Possint concedere licentiam consuli Apulie, quod possit expendere pro exigendis unciis quatuor mille nobis debitis a XXV unciis infra, 5. Valeant tractare et producere factum stratarum Lombardie usque prope finem etc., 9. (Lib. VI.) Habeant libertatem prorogandi terminum claudendi palatas, 80. Quod pro facto balloni pannorum de ca Trevisano possint facere ordinare et revocare processus. Habeant libertatem respondendi ambaxatori Mantua et faciendi de requisilis et committendi officialibus, t40. (Lib. VII) Eligant tres sapientes locuturos in Mestre cum ser Adalmario etc. t 32. Possint imponere penam capitaneo et patronis galearum 'Trapesunde comitis et naucleriis, 25, 93, tOi. Possint pacta firmare cum ambaxatoribus sancti Elpidii, 1t3. Eligant tractatores cum ambaxatoribus imperatoris Constantinopolis, 59. Possint respondere ambaxatori imperatoris si aliquid diceret de Acontio, 136. Possint ordinare officialibus vini quod accipant plezariam a quibusdam pauperibus hominibus de Arimino et Pensauro quousque de facto cognoscetur, 10.

297
Fiat per eos et sapientes commissio consulis ituri in Siciliam, 46. Habeant libertatem super petitione salis quam faeit serAveSOl' ambaxator Cervie, 6, 116. Provideant murario ituro Montonam, 12. Possint mittere litteras duei Calabrie et nostro consuli et barcas mittere super factis navgiorum naufragium passorum etc., 59. Possint mittere ser Johannem Boniola ad Marchiam et inquisitorem Marchie, 15. Mittant rectoribus Istrie quod sint super questionibus vertentibus inter nostros et gentem comitis Goricie, 76.

(Lib. VIIL)
Possint facere armari et mittere galeas culf et banna imponere et expendere, 86.

(Lib. VIIIL)
Possint respondere ser Dardi Bembo in Francia, 39. Possint dare licentiam aliquibus eundi cum lignis culf usque Coronum, quando ibunt levatum mercationes. Baylia data eis et sapientibus super questione mota abbati sancti Georgii, pro ecclesia sancti Marci de Nigroponto, 64. Mittant Pyranum a IIII ad V personas ad providendum de portu, 69. Possint scribere domino pape et aliis super facto executions quam petit archiepiscopus Jadre a iurisdictione patriarchatus Gradensis, 76. Super derobatione navium possint scribere regi Sicilie, 50. Committatur ser Petro Geno consuli Apulie super damnis faotis genti nostre per 2 ligna Ysele. Super eo quod nostri comerciantur in Rodo. jIabeant ipsi, et sapienles electi habeant libertatem faciendi super facto Bononie quicquid eis videhitur, 86. Scribant ut eis videbitur imperatori Constantinopolis super facto Guasmullorum, 87. Scribatur per eos paduanis super facto privilegiorum nostratuum que habent a comune Padue pro eorum frugibus libere Venetias conducendis, 115. Possint ordinare pro facto palatarum per paduanos factarum penes locis nostre iurisdicionis quod eruantur, 120.

20

298
(Lib. XJ
Possint scribere et ordinare pro habenda persona Jacobi Barro, et havere per eum asportato de Trapesunda, 24. Per predictos eligantur V sapientes super factis Turisii et Trapesunde, 25. Habeant libertatem faciendi que videbuntur ut homines se recollgant ad galeas, 40. Baylia eis data super factis Sagone, 43. Possint mittere lignum vel barcham vel nuntios pro recuperatione bonorum naufragatorum cum navi Nicolai de Stella et Nicolai Zapparini, 46. Pro expedienda armata culf habeant libertatem faciendi et ordinandi hinc et de Sclavonia quod videbitur, 66. Eligant V sapientes qui examinent litteras de Trapesunda et Armenia et dent suum consilium, 66. Item alios V eligant examinaturos si tenemur adiuvare istos dominos de questionibus et scandalis vertentibus inter eos et possint facere prcessus contra partes, 82. Possint mittere biscotum, frumentum, et bladum aliud locis nostris Coroni et Mothoni, 93. Ut videbitur eis remitti possit unus nuntius pro iuribus domini Rizardi, 94. Renoventur bresalia in locis ubi videbitur domino, consiliariis et capitibus et possint omnia ordinare circa hoc, 106. Ad petitionem domini legati possint dare licentiam alicui civi nostro eundi Bononiam, 138. Eligant III sapientes examinaturos super dirigendo statu insule Vegle, 139. Possint predicti cum V ambaxatoribus et salinariis salis maris finire tractatum cum ambaxatoribus Ravenne et Cervie, 149. (Lib. XI) Possint predicti et provisores pacta firmare cum ambaxatoribus Bononie cum venerint, 2. Simile possnt facere cum ambaxatoribus Cumarum, 2. Diffiniant predicti et supraconsules factum pecunie et zaffarani intromissarum officio supraconsulum que petit ambaxator Colle esse cuiusdam sui civis et non Florentinorum, 3. Possint predicti cum sapientibus mittere litteras Ragusium occasione ambaxate sue et commitere ambaxatori nostro, 5. Pro npetrando licentiam eundi Alexandriam et alia loca pro-

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hibita possint dominus dux, consiliarii et capita de XL et provsores mittere ad dominum papam etc., '13. Habeant bayliam dominus dux, consiliarii et capita exequendi consulta super facto Cypri, 22. Possint elongare terminum galeas caricandi, 26. Super facto Tragurii extrinsecorum et intrinsecorum dominus dux consiliarii et capita providere possint, 38. Possint committere et providere super facto quod scitis alicui fideli persone in Curia, 50. Possint mittere arma Ragusium cum galeis illuc mittendis t mittere unuro Iignum furnitum si videbitur, 65. Possint litteras mittere domino pape et cardinalibus in favorem sancte Marie de virginibus, 71. Dicatur ambaxatoribus Jadre de querelis factis de eis per ilIos de Nona et sapientes electi super hiis, 71Similiter possint scribere legato in favorem guardiani minorum, 71. Pro expeditione armate culf dorninus, consiliarii et capita possint ordinare et omnia facere etc., 81. Quod accipiatur castrum et burgus Scardone sub nostro dominio, 82. Mittantur III ambaxatores in Sclavoniam inducturi Jadratnos ad unionem cum aliis nostris terris, 82. Littere mittantur pro gratia postulata domino pape, et cardinalibus per eos, 9'1. Scribant baiulo et consiliariis 'Ngroponti et dominatoribus super facto Turchorum, 92. Eligant III provisuros de portu galearum Flandrie et ambaxata illuc mittenda, 94.

(Lib. XII)
Possint redarguere per litteras Haguseos de eo quod volunt concedere de suis barchis bano Stiposio venturo in offensionem ilIorum de Curzora etc., 2. Eligant III sapientes qui sint curo Ambaxatoribus Mediolani ad tractandum de bona concordia super facto damnorum ser Gulielmi de Freganesco, 3. Respondeant litteris domini regis Roberti et principis Acaie et roittatur exemplum consuli nostro etc., 13. Possint providere de persona mittenda Ferrariam et providere sibi de libris VI ad grossos in mense, 18.

300
Eligant V provisuros super facto frumenti. - Itero III super facto galearuro et lignoruro, 64. Super alio quodam facto ipsi cum sapientibus, provisoribus et consiliariis novis et tribus aliis faciant, quod eis videbuntur, 14. Possint mittere nuncium et scribere pro nostris detentis in partibus Tridenti, 26. Restringere possit salero ne portetur superfluum Portumgruarium, Latisanam, Paduam et alio, 35. Habeant facu1tatem super facto barchosii de Ragusio, 36. Per dominum ducem, consiliarios et capita fiat responsio ad litteras regis Roberti super facto Firmi, 42. Possint mittere adhuc Mottaro L balistarios, 42. Possit commttere alicui persone fdel facta nostra de Curia et providere sibi semei a fiorenis XXX infra, 43. Eligant illum qui debent mitti in Ystriam pro territorio, 57. Possint scribere in Cretam, Nigropontum et Coronum et Mothonum pro panatica galearum, 78. Eligant capitanem in Motta Ioco ser Iohannis Storlato, 94. Habeant ipsi provisores et capitanei ordinandi quod videbitur super facto ferri, 94, Ordinare possint et facere quod eis videbitur de retinendo vel relaxando quemdam missum de Motta, 104. Possint ordinare pro expeditione galearum culf, 106. (Lib. XllIJ Possint providere et mittere balistarios pro lignis et barchis Marchie etc. Electi ad providendum super factis camere frumenti, 5. Habeant cum sapientibus et provisoribus bayliam ordinandi quicqud eis videbitur super securitate galearum nostrarum, 13. Possnt ordinare capitaneo Riperie quod transeat vei non Ariminum ut eis videbitur, 17, 22. Habeant plenam bayliam in facto ferri, 25. Predict et sapientes VI examinent factum restrictionis salis etc., 35. Libertas data eis super facto galearum maris maioris, 53, 54. Baylia eis data pro necessariis reparationibus Belfortis, 75. Libertas pIena eis occasione derobationis duorum theotonicorum, 89. Possint dare licentiam navigiis qua eis videbuntur eundi in Apuliam pro blado, 105.

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Providere possint alicui persone usque ad florenos XXX pro nunc que scrhat nobis condciones Cervie, 109. Possint concedere ire cum galeis alicui, 11i. Super facts Nigroponti, 11i. (Lib. XlIII.) Possint committere alicui quod conferat cum nuncio principis Tarentini dicentis se damnificatum in galea Januensium capta per nostras galeas culti, 21, 52. Possint providere et ordinare facere et expendere sicut eis videbitur, 73. De hinc et de Ystria possint ordinare et facere pro reparatione castri Belfortis que eis videbuntur, 73. Possint dare licentiam aliquibus fidelibus eundi Bononiam non facientibus mercationes, 77.. Similiter possint dare licentiam quod lignum Ystrie conducere possit aliquas personas in Sclavoniam etc., 86. Induantur cursores regis France ut eis videbitur, 89. Scrbantur domino pape de litteris regis Francie et de responsione nostra ut eis videbitur, 90.
PROVINCIA.

(Lib. IVJ Super facto provincialium subditorum regis Roberti asserentium se damnificatos per galeas culfi quorum fuit capitaneus ser Petrus Geno respondeatur, quod non tenemur eis in aliquo eo quod dieta damna sunt remissa usque ad talem diem et hec fuerunt ante facta, 86. (Lib. V.) Mittatur unus notarius Massiliam ad Aquas mortuas et Montempesulanum pro tractanda concordia represaliarum, 20, 38, 39. Tria partita missa Guilielmo de Fraganesco in facts Massilie, 38, 39. Scribatur nostro ambaxatori de Curia quod ipse possit ire Massiliam pro aptatione represaliarum, 6. rie. VI) Baylia tractandi concordam Massilie et Aquarum mortuarum, 46.

302
(Lib. VIIJ
Responsio facta illis de Massilia iuxta tractatum habitum per Guilielmum de Fraganesco, 56.

(Lib. VIIIJ
Dentur libre XX grossorum Petro Quatrolengue per damno suo et sociorum, 41. (LiJJ. VIIIIJ Quod tres galee armentur per speciales personas ad viagium provincie, 26, 27, 28. Oblate fuerunt dari libre XX grossorum pro galea volentibus armare ad ipsum viagium, 29, 31. Armatores galearum provincie possint soldare in Sybinico et ultra usque homines L, 35. Elongatio termini galearum provincie et caricandi eas et recolligende gentis, 44, 45. Non eligantur sapientes super factis galearum provincie pro litteris Iacobini notarii, 42. Sit in libertate domini ducis consiliariorum et capitum de XL committendo capitaneo dictarum galearum capitulum pyratarum, 44. Cum poneretur pars quod galee armate non possint ire a Pysis et Barchinonia josum captum fuit de non, 61.
SICILIA.

(Lib.IJ
Ambaxator Sicilie dominus Marinus de Molino habuit libras CCCC de salario et tot servitores, 73. Taxationes damnorum Sicilie; sed cancellatura, 75. Quod post menses duos intromittantur bona Siculorum, 94, 95,163. Que commissa fuerunt domino Marco Marioni ambaxatori ituro in Siciliam, 163. Mittatur una disereta persona in Siciliam, 155. Relaxatio domini Peregrini de Patis, 139, 182, 183. Heredes ser Manuelis Lercharii mittant ad consequendum ius suum in rebus petitis per dominum Peregrinum, 184. (Lib. il) Ambaxator iturus in Siciliam habeat II pro centenario de exigendis per eum, 2, 3, 13.

303
Dicatur Andree Gomberto quod de pecuna dividenda inter nostros damnifcatos a Sculis, debeat dare sicut domino duci vi debitur pro ambaxata mittenda in Siciliam, - Quod ambaxator iturus possit expendere in nuptiis regis libras CC, 5. Committatur negocium Scilie ser Phylippo Belegno habituro soldos XL grossorum propter ea, 52. Non mittantur mercationes a capite columnarum et a Salerno ultra, 83. Compleatur factum Sicilie, - Que petit l'ex deduci etc., 109. Examinatio fienda de damnis petendis et distinctione eorum, 109,110. Comune solvat medietatem damnorum requisitorum per regem Sicilie deduci de Sera nostrorum, 110. (Lib. III) Elargatum fuit quod nostri possent ire in Siciliam, cum negocium sit concordatum, 7. Electi pro examinatione damnorum nostris illatorum a Siculis,38. Fiat solutio statim de parte tangente comune de damnis deductis per regem Sicilie, 47. (Lib. IV.) Ambaxator iturus in Siciliam concordet pro libris C grossorum pro damnis non taxatis. - Iturus possit se concordare dimittendo libras C, grossos XVII etc., 183. (Lib. V.) Responsio facta ambaxatori regis Scilie super damnis et factis Romanie, 92, 95. Scribantur littere graves regi Sicilie super facto captionis sgni domini Guilielmi Sanuto et barche de Creta, 99. Capitula commissa ambaxatori ituro ad regem Sicilie, 11.5, 116,121. Littera missa nostro ambaxatori Sicilie 8, 129,141,143,158. Responsiones consulte fieri ad litteras regis Friderici super factis Romanie, 173, 1.77. (Lib. VI.) Qualiter excusavimus nos a dando quedam petita per Regem F. et acceptavimus quedam alia, 58. Fiat consul per unum annum mansurus Messane et possit mercari de salario et aliis conditionbus provideatur ut videtur domino duci consiliariis et provisoribus, 81.

304
Commitatur consuli de aliquibus damnis datis genti nostre per pyratas Sicilie in partbus Romanie, 84.

(Lib. VII)
Mittatur consul ordinarius Messanam, 40, 44, 46. Declaratio super aliquibus mercationibus deferendis in Siciliam, scilicet quod non possint inde extrahi sub pena XXV pro centenario, 5. Cornmissum fuit ser Marco Michael ituro in Siciliam quod super factis Caristi et aliorum senciat de intentione regis etc., 18. Qualiter fecimus conduci nurum dicti domini regis in Siciliam cum duabus ex nostris galeis culf, 39, 70, 75. Mittantur littere domino regi Sicilie super factocondure capta per gentem suam, 96. Cautela adhibita ne ligna Sicilie damnifcent gente m nostram, 38.

(Lib. VIlI)
Sapientes electi super damnis a Siculis datis, 51, 52, 55, 56. Que fuerunt commissa ambaxatori nostro Sicilie et strictura facta ne de hinc portetur aliquid. Revocatum est in 9 libro, 62, 64. Quod fuit commissum ambaxatori Sicilie super facto Caristi et super tota ambaxata, 66. Galea itura in Siciliam adducat inde res derobatas nostrorum usque Ragusium, 92. Quod ambaxatores habeant tubatores, 92.

(Lib. VIIII)
Libertas data ser Marco Justiniano ambaxatori standi et redeundi,22. Qualiter est iniunctum dicto ambaxatori procurandi queda m, 30. Revocatio prohibitionis eundi in Siciliam, 44, 45. Per extraordinarios fiat examinalio damnorum petitorum per nos emendari gentis regis Federici et consulant de responsione, 50. Mittantur littere regi Sicilia super facto damnorum navium sicut videbitur domino, consiliariis et capitibus, 50. Capti de galea Sicilie pep nostros solventur Corono et Mothono. - Jacohus Gallus qui erat cum dieta galea suspendatur. Galea vero comburatur. - Res ser Manfredi Pizameio sibi reddantur, 79 Sapientum electorum consilium super responsione Benda regi Friderico saper hoc, 00, 102.

305
(Lih. X.)
Declaratio quedam duorum consiliorum fuit hec, quod portantes in Siciliam quedam expressa in dictis consiliis, scilicet drappariam . . . .

(Lib. XII)
Matheo de la Rama nuncio regis Sicilie concedatur posse extrabere de partibus Segne et Sclavonie unum caricum lignaminis pro furnimento castri de Zerbis, 32. Mittatur unum notarium in Siciliam pro requirenda emenda damnorum et respondendo ad suas litteras, 32. Per consilium eligatur et committatur alieui persone mittende in Sicilia m factum frumenti, 51. Respondeatur ambaxatori Sicilie ser Marco Miehael, 109.

(Lib. XIII)

Eligantur sapientes per dominum ducern consiliarios et capita provisuri super litteris ambaxatoris Sicilie. - Et super litteris etiam consulis Apulie, 2, 5, 37, 38, 40. Provisa per ipsos sapientes, 6. Responsio facta ad ipsam ambaxatam, 47, 48, 49, 51, 57, 58. Facta fuit responsio ad petitionem quorundam Siculorum conquerentium de aliquibus nostris rectoribus, 58.

(Lib. XIIlI:)
Responsiones facte ad eapitula ambaxatoris regis Friderici,33.
MARCHIA ANCONITANA ARIMINUM INCLUDENDO.

(Lih.

IJ

Certus tractatus habitus cum Anconitanis de certis elargationihus eis faciendis ut licentiarent forenses, 171, 174.

(Lib.I11:)
Comminatio faeta Aneonitanis quod nisi restituant accepta per eos nostris pro duobus centenariis, nos simile faciemus in nostris portubus, 8. - Responso nostra eis facta est in memoriali ad cartas 139. Remittatur datium Anconitanis duarum pro centenario promit.. tentibus ipsis quod non accipient nostris aliquid, 62.

(Lib. 1111.)
Denuntiatio facta anconitanis quod nisi satisfecerint pro pi.. pere et aliis rebus theotonicorum habebimus regressum contra

306
personas et bona anconitanorum in Venetiis et in amni parte nostri dominii, 32, 39. Contrabanna riperie Marchie commitantur offitialibus de contrabannis, sed habeant medietatem soldati, 70, H4. Bona recuperata ab anconitanis de derobationibus theotonicorum addantur cuidam tehotonico, 83. Capitaueus riperie Marchio fiat sc, 123. Armetur Clugiam unum lignum per riperiam Marchie curo honorificentiis et habebunt partem de acquisito quantam nostri, 125. Ponatur in commissione capitanei riperie predicte quod seribat in quaterno ditionem factam inter gentem suam et rationem faciat cataveris, 146. Et possint capitanei imponere penam a libris CC inferius, 168. Capitaneus riperie Marchie scribat ordinate in quaterno denarios quos dividit inter soldatos et de eis faciat rationem, 146, 147.

aa, VJ

Qualiter debent tractari veneti pro civibus terrarum Marchie unde facti sunt privilegio licet nati sint aliunde, 5. Quando tractari debent ut cives nativi. -Mittatur unus ambaxator Ariminum cum commissione que videbitur domino duci consiliariis et capitibus pro hiis que incanipantur ibi, 43. Qualiter requisiti fuerunt anconitani quod cum eorum baroh is aruratis non offendant venientes cum vietualibus vel alios, 114, 119. Videant sapientes electi si nostra ligna possunt se extendere ad custodiendum de contrabanns in partibus sancti Alberti et Padi et quanto, 21. Terminus datus Ariminensibus quod corrigant in directa (1) contra monasterium de Celestibus et alios nostros fdeles, 165. Capitaneus riperie Marchie veniat Lauretum et inde adducat Venecias iIlum comitum barche quem cassavit et tenet in cippo, 4. Inter hornines lignorum et barcharum riperie Marchie dividant officiales de contrabanns denarios quos recipient de contrabannis more solito, 23. Addatur in commissione capitanei diete riperie quod non recedat de partibus Primarii nisi duobus diebus ante complementum sui termini etc., 100.

307
(Lib. VI)
Qualiter responsum fuit ambaxatoribus Arimini et Pensauri et ambaxatori Fani, quod aliquam personam undecumque st non impediat Veneeias venientes et inde recedentes, 55, 73, 153. Captaneus riperie Marchie habeat soldos L grossorum in mense et dicitur quam partem debet habere contrabannis, 4, 6, 18, 119. Bona Ariminensium et de Pensauro non adducantur hic, 133, 134, 137. Regracentur Fanenses de oblatione potesterie etc., 142. (Lib. VIl) Ob reverenciam domini pape revocamus processus factos contra Ariminenses, 6, 17. Capitaneus riperie habeat soldos XXX grossorum in mense, 140. Sapientes electi ad determinandum confnia ligni riperie Marchie, 34: et ibi sunt determinati confnes, Capitaneus Marchie mittat lignum Petri Selavi in Sclavoniam ad nostros provisores qui remittant illa duo ligna que sunt ibi huc, 18. Pagator vadat cum paga lignorum Marchie, 18. Zerolus de Rechanato mittatur marchioni Marchia, 40, 43. Besponsio facta per nostros ambaxatoribus Marchie, 140. Mittantur ambaxatores ad marchionem Marchie et alio pro tractanda concordia habituri soldos XL grossorum de salario, 141. Restitutio facta Ugolino de Arimino de denariis sui vini, iO,36. Armentur tria ligna sollicite mittenda in Marchiam et detur soldum unius mensis, 4, 6, 39, (Lib. VIII) Processus factus contra Firmanos occasione damnorum illatorum nostris et terminus datus eis, 44. Firmata fuerunt pacta curn Firmanis pro damnis nostrorum et revocati processus, 64. Solvant Firmani nunc tercium et de duobus terciis fiat eis terminus, 75. Possint dominus dux consiliarii et capita concordiam firmare cum saneto Elpidio, 11:3. Capta fuit pars de non super responsione fienda fratri Jeronimo,23.

308

(tib. VmI.)
Mittatur unus notarius Firmum cum damnis nostrorum, 24. Firmani qui .steterunt tribus annis cum uxore et filiis Venetiis vel inde supra sint absoluti a procossibus, 39. Processus contra Firmanos suspendatur usque ad kallendas Marcii,51. Residuum bonorum Georgii et Filipucii de Firmo intromissorum restituatur et non subiaceat processibus factis contra eos, 76. Fiat gratia hominibus Camerini quod cum suis rebus et mercihus que nascuntur ibi possint venire Venecias usque ad quatuor annos solvendo unum pro centenario ut solvunt Perusini, 122.

(Lib. X.)
IIli de Sancto Severino cum rebus que fiunt et nascuntur ibi venientes Venecias solvant unum pro centenario, et hoc duret biennio, 37. Responsio facta domino marchioni Marchie super Iitteris papalibus et suis super facto Firmanorum et aliorum rebellium mis-

sis, 54.
Pro vitandis contrabannis addite fuerunt tres barche in riperia Marchio de remis XXillr pro qualibet et capitanei adhibeant bonam curam et fumiant bene buchas, 80; revocatum in 83. Excusemus nos ab illis de Senegalia cum pulchris verbis de non accipiendo terram, 144. Partes capte super ambaxata Ancone, primo super captulo vini quod solvantur apurl Lauretum vel Clugiam de vino extracto de Ancona deferrendo in Lombrdiam pro anfora soldi tres grossorum. - Item de represaliis concessis hominibus Clugie contra Ancontanos et certa capitula, 149. Reddatur vinum Anconitanorum captum pro contrabanno cum probatum sit illud non fore perditum, 150. Ncoletus Papaziza vadat vel mittat Anconam pro facto suo expectans XL diebus, 149.

(Lib. Xl)
Sapientes electi super ambaxata Firmi, 5, 48, 59. Super ambaxata Firmi, scilicet quod nostri possint ire ad quaslibet partes Marchie caricare et discaricare sine molestia et quod stemus firmi ad denotationem eis factam soilicet quod si damna fierent per eos nostris nos faciemus ea taxari et satisfieri de hons eorum, - Et mandetur extraordinariis quod taxent damna nostrorum tam de rebus oblatis quam de interesse, 16.

30ll
Terminus eis quod procurent relaxationem Hermolai Acotanto et aliorum captorum et ductorum Ausimum; et quod infra tres menses satisfiat eis alioquin nostri non vadant illuc et sui huc venire non audent, 16. Super facto Flordevini nostri civis habeatur per nos iurisperitorum consilium, 1.7. (Lib. XlI) Concordia cum Firmanis frmetur modo scripto, 8. Responsio facta Episcopo Senegalie nuntio marchonis Marchie, 32. Armetur unum aliud lignum in riperia Marchie, 63.

(Lib. XIII)
Armentur in riperia duo ligna et fiat bonus capitaneus habiturus de salario soldos L grosso rum in mense etc., 15, 17. Requisitio facta illis de Rechanato et illis de Ausim o quod satisfaciant Bertuccio Grassello infra tres menses alioquin etc., 42. Capitaneo lignorum Marchie fuit scriptum quod se extendat vel mittat ad persecutionem aliquorum malefactorum de Senegalia, 52. Fiat gratia comuni et hominibus Camarini quod de rebus que nascuntur in partibus suis solvant Venetiis unum pro centenario et nostri ibi nihil solvant etc., 70. Quod lignum conduca t unam personam de Clugia ve l Laureto et conducat Fanum, et ser Petrum Faletro Esculum, 37, 83, 106. Homines Sancti Severini solvant pnum pro centenario de rebus suis etc., 115. (Lib. XIlIIJ Paola tractata cun sindico Recanati super represaliis Petri Grasselli sint firma, 23. Scribatur dominis Malateste et Galeoto de Malatestis occasione verbo rum malorum dictorum capitaneo Riperie et quod rescr ibant voluntatem suam utrum nostri possint ibi stare securi more solito, 25. Capitaneus Riperie vadat et stet in portu Arimini more solito cum habeamus bonam responsionem a rectore, 30, 40. Terminus ultime page Firmanorum elongetur ad sanctum Michaelem dantibus ipsis plezariam etc., 44.

310
ROMANIOLA.

(Lib. V.)
Respondeatur Ambaxatori Cervie quod parati sumus facere pagas secundum pacta servantibus nobis ipsas conventiones et pacta et si vellent dicere quod possunt dare salem Bononie eo quod Bononiam dicant non esse de Lombardia contenti sumus quod cognoscatur per sapientes, 90, 96. Pro gratia milliarium trium salis Clugie ferrendi Ferrariam data Marco et Sclavo Capello cedant iura sua contra homines Argente comuni, 108. Per capitaneum nostrum Riperie permittantur portari ad monasterium sancti Laurentii de Cesena de ligna de onario et quercu, 10, 196. Decernent certi sapientes si ligna nostra possunt licite se extendere ad custodiendum de contrabannis in partibus Sancti Alberti et Padi et quantum ante et ubi et intromittere possunt etc., 24. Mittatur unum notarium Ravennam et Argentam ad tractandum quod mercimonia transeant illac et non per Bononiam, 54, 18i.

(Lib. VI.)
Processus Ravennatibus facti, 102, 103. Ut guerra fiat eis tractemus cum Forliviensibus, 104, 105, 106, 107, 110, 111, 112, Qualiter ad preces comitis Romaniole condescendimus ad pacem cum Ravennatibus condctone adiecta, 113, 114. Iniunctum fuit ser Marco Secreto quod det auxilium iIlis de Argenta, 105, 106, 109, 113, 114. Quod ser Saladinus Permarino inducat iIIos de Argenta ad seribendum si non scripserunt domino pape, qualiter scilicet factum processit, 113, 114. Occasione captionis capitanei nostri Riperie facte per Cervenses mittatur unum notarium illuc etc. , 24: cancellatum, 56. Comune et homines Cervie occasione excessus predicti et aliorum condemnentur in lbris XX V grossorum, 81: dentur ei page, 83,93. Rogavimus marchiones quod non molestent Argentam, H4, 135. Fuimus contenti quod ser Saladinus Permarino requistus ab eis st ad custodiam terre, 114, 116, 135,

311
Respondeatur capitaneo Forlivii quod nos in concordia cum Ravennatibs (sumus) et quod complacentes eis contenti sumus dare in suis manibus pecuniam adductam per nostrum ambaxatorem ut faciat inde quod sibi placeat, 117. Recommendetur per nostros ambaxatores solemnes domino comit Romaniole et regiminibus civitatum capitaneus Forlivii, 120. Relaxentur ravennates capti hic et scrihatur capitaneo Forlivii quod relaxet quos habet, 117. Tractatores dati Ravennatibus ad providendum super damnis datis ante ..guerram et tractandi omnia utilia pro nostro comuni 8Uper modis vivendi et conversandi invicem, 117, 118, 136. Respondeatur vicedomino Cervie de his que dixerunt sibi Cervienses de retentione pagarum, 71, 120. Restituantur panni cuiusdam burchii Testabuse qui fuit contra Ravennates, 118, 136. Nostri tractatores inquirant a Ravennatibus de occupatione cuiusdam loci episcopi Ymolensis in via qua itur Cosilicem, 112. Presentiat ser Saladinus si possemus habere datium catene Argente, 119, 126. Respondeatur domino pape litteris suis super facto Ravenne et comit Romagne, 119. Regratientur Ravennates de oblatione potestarie, 142. Consilium sapientum ad inveniendum viam concordie inter Ravennates et capitaneum Forlivii. (Lib. VIl.) Sapientes deputati ad cancellandum consilia tractent cum sindico Cervie, 2. Super petitione ser Avesoris (de Fantis) habeant libertatem faciendi quod eis videbitur, domini consiliarii et V sapientes, 6. Pax Ravenne cridetur, 14, 18. Respondeatur ser Saladino Permarino et super duobus captis quos misit, 22. Mittatur Clugiam et alio ad examinandum de domo Primarii possessa diu per comune, 22. Satisfiat Ugolino de Arimino id quod habitum fuit de vino suo accepto sibi apud Humanam per nostros custodes etc., 36. Responsio facta illis de Argenta quod de officialibus et aliis faciant ut placet eis, 22, 24. Mittatur ser Johannes Boniol ad marchionem et inquisitorem

312
Marchie super facto litterarum nobis missarum per eos et de responsione eis facienda, 15. Ambaxata mittetur discreta ad respondendum comiti Romaniole ad capitula missa per dominum papam et ipsum comitem super facto Ravenne, 30, 31. (Lib. VII!.) Responsio facta domino archiepiscopo Ravenne super facto Argente, 54, 55. Habeat libertatem collegium super petitione Avesoris ambaxatoris Cervie, 6. Commissio facta ambaxatoribus ituris tunc ad comitem Homaniole super facto Cervie, 8, 14, 17, 30, 31. Responsio facta domino comiti super sua requisitione de facto salis Cervie, 36, 78. M~ttatur ambaxator Ravennam dicturus eidem comuni quod observent pacta illi de Forlivio, 68, 88. (Lib. x.) Tractatus habendus cum ambaxatoribus Ravenne et Cervie, 147, 148. (Lib. XI.) Marinellus habeat quartum contrabannorum missorum per ipsum de Ravenna, 39. Prohibitio facta quod nostri non vadant illuc, 50. Mittatur Marinellus Ravennam cum copia ambaxate ut sit cum vicedomino ad examinandum, 56. Responsio facta domino Archiepiscopo Ravenne, comit Romaniole, potestati et capitaneo Cesene, 56. Mittatur Ravennam unus ambaxator occasione damnorum per eos factorum nostris in portu Cesenatico, assignato ei termino unius mensis et satisfaciant, 68. Qualiter taxata fuerunt damna data nostris per Ravennates et Cervienses bis in partibus Cesene, 87. Que consulta fuerunt super ambaxata Cervie et Ravenne plurium capitulorum, 88. Paga debita comuni Cervie pro portu in kallendis Marcii retineatur pro parte solutionis, et de secunda paga medietas et residuum solvantur in paga sancti Michaelis pro damnis nostrorum, 89. Concessa fuit gratia illis de Cervia et Ravenna de petitione super facto salis pro furnimento caniparum Romaniole, 92.

313

rza: XII,)
Mittatur Marinellus Cervia m pro excessu commisso in personam nostri vicedomini et super facto salis, 26, 42. Responsio facta ambaxatoribus Ravenne est, quod nos expectamus Marinellum, 44. Respondeatur ambaxatori Ravenne quod nos intendimus servare pacta, servante domino Hostasio pacta, et mittatur nostris vicedominis quod inde discedant, 45, 55.

(Lib. XIIL)
Complacuimus domino archiepiscopo Ravenne, comuni et hominibus Cesene, quod possint de Marchia conducere staria M M M.

(Lib. XIIIL)
Factum pecunie Avensoris de Fantis de Cervia, 78.

(Continua.)

21

LE CARTE
DEL
~MILLE

E DEL MILLECENTO
cns
SI CON8BRV ANO

NRL R. ARCHIVIO NOTARILR DI VENEZIA


TIU8CR1TTB

DA BARACCHI ANTONIO.
(Continuazione. Vedi pago 53).

XCVI.

1192. Il Feraw. - COMelnofU di Papa Celeltiao I l I a Giot'anni Patriarca di OraQ di poter raccogliere e trattefUre le tcitnl tlla chiela del Deato Aiindano prello Collantinopoli. Atti PLACENTINO GIORDANO.

Celestinus episcopos servus servorom dei Venerabili fratri lohani Gradensi patriarche. Salutem et apostolicam benedictionem. Bi quando a fratribos et coepiscopis nostris a nobis reqoiritur quod a tramite rationis non deviet eorum postulationi facilem nos convenit prebere consensum ot eo fortius circa inionctum sibi officium intendere valeant. et in nostra devotiooe . . . . persistere. qoo se a nobis benignius ac ce1erios senseriot exauditos. Inde est quod com ecclesia sancti akindani apud coustantinopolim te habere proponas. qoidam suffragaoeorom toorum decimas a parrochianis eiusdem ecclesie, qui de tois partibos ad eamdem parrochiam 8epe domicilia transferunt. ea occasione instanter requirunt quia partes eorom. Avi sive proavi decimas ipsis aliquando persolverunt. et ad ipS88 decimas extorquendas non numquam 800S vicarios transmittere non formidant. non attendentes. quod licet ipsi parrochiam eorum aliquando foerint. ex quo se ad alienam parrochiam traostulerint. manom non liceat cuiquam in messem mittere a1ienam. Ideoque 009 indempnitati tue sol1icite providere volentes fraternitati tue pre-

315
sentiom aoctoritate concedimns. nt liceat tibi a parrochianis prescripte ecclesie tue beati akindani. non obstante quod eorum antecesaores. predictis suffraganeis tuis, dnm in i psorum parrochia permaneban t deci mas persol verun t. li bere decimas percipere et tenere. Nichilominus etiam ius conventuale. quod in capellis ecclesie prenominate tibi de iure competit. sine contradictione cuiuslibet. de Aoctoritate nostra valeas exercere. Nulli ergo omnino bominum liceat. hanc noatre paginam concessionis infringere vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attemptare presumpserit. in.dignationem omnipotentis dei. et beatorom petri et pauli apostolorum eius se noverit incursurum. Datum. Rome. apud sanctum Petrum. 111. Idus. februarii. pontificatus nostri Anno. Primo. Ego Iordanus Placentinus. Serenissimi domini Roberti qoondam Constantinopolitani imperij imperatoris notarius. Autentcum huins exempli vidi et legi in qoo sic continebatur ut in boe licet exemplo preter litteras vel sillabas in eisdem dictionibus. plus minone continens manu propria cxemplavi.

XCVII.

1193. NO'DemlJre, Rialto. - Attestazione di ricorso, per turbato pOlsello,/atto da Giof1anni Badoer contro Urson Badoe". Atti CALDO W ABIENTE prete.
In nomine 'domini dei et sal vatoris nostri ihesn christi. Anno domini millesimo Centesimo Nonagesimo tercio. mense Novcmbris Indictione duodecima rivo alto. Testificor ego quidem Albertinos mala notte ministeralis curtis palacii quod die primo intrantc suprascripto mense ego eram in curia ante presencia domini nostri heurici danduli dei gratia venecie ducis. quando iohanis badouario de confinio sancti etephani confessoris pro clamavit in eadem curia sopra cunctum et universom laborem ediffcii et coopertura quam Ursone badouario de soprascripto confinio sancti stepbani fieri fecerat in suprascripto confinio supra rivuum snncti aogustini iuxta proprletatem suprascripti iohanis badouarii, Ego aotem per preceptum suprascripti domini ducis die octavo intrante suprascripto mense predicta proclamacio ad suprascriptam Ursone cognita feci hoc dico per testimonium. Signom suprascripti Albertini qui boe rogavit fieri.

316

+Ego leonardus leocari testis subscripsi.


Ego petrus grimani testis subscripsi. Ego Wariente calbo presbiter et notarius compIevi et roboravi.

XCVIII.
1193. 14 Dicembre, T'I'et7i8o. -

Vendita e UfJello Ira Leo.ardo Capitelle, e Giacomino ed Alberto Fratelli Terco. Atti LITALDtNO.

In christi nomine. Anno domini. Millesimo Centesimo Nonagesimo tertio. Indicione. Undecma, Die Martis decimo quarto. intrante dicembre. presentia Nasin Werre de vidoro. Leonardi de girardo. Enrigeti eius fratris. petroni de saketo. Auliverii. et aliorum. Leonardus capitelle fecit datam et venditionem. Jacobino de terco. et Alberto eius fratri. de. quatuor. domibus cnm ortis post se babentibus ad rectum libellum. et ad renovandum in capite. viginti novem aunorum, et pro renovatione debeat dare. decem soldos priori ecclesie sancte fusce. vel suis successori bus. que iacet in bora sancte fusce. pretio quadraginta Iibrarum. de quibus suprascriptus Leonardus abeis vocavit se bene solutum. et exceptioni non numerate pecunie pacto. renunciaas. Coheret cis ab una parte Warnerius de solario. ab alia versns silum Leonardus acob. et eius fratres posaident. retro vero mouasterius sancte Marie tenet. per antea via vadit publica. Et ita quod suprascripti Jacobinus. et Aibertus fratres in omni Anno in kalendis. Martii. pensionis nomine. octo, denarios venete monete. et expendibiles et pro tempore cnrrentes priori suprascripte ecclesie vel suis suocesaorlbus. et heredes eorum dare debeant. et si Jacobinus et eius frater Aibertus. et sui heredes dictam pensionem diete ecclesie ad dictum terminum non solverint. viginti septem solidos. minus quatuor denarios nomine pene priori suprascripte eccleeie dare teneantur. et si prior ultra dictam pensionem voluerit eos molestare. similiter eis dictam penampersolvat. pena quoque soluta presens libellus in sua permaneat firmitate. prout in pnblico instrumento per manum otonis. Notarii. confecto continetnr. Et hoc modo eis vendidit et dedit nominatas domos ut ipsi Jacobinus et Albertus et sui heredes Masculi et femine habeant et teneant atque possideant eas ad rectum Iibellum, cum accesse et ingressu. et cum omnibus rationibus et actionibus illis domibus et ortis a celo usque ad habissum. in integrum. pertinentibus. et faeiant ex eia sive vendere vel donare. et pro anima et corpore iu-

317
dicare. et qnicqud sibi et suis heredibus iore libelli melios visum fuerit facere. sine omni suprascripti leonardi suornmque heredum contradictione salva tamen dieta pensione. secundum qood euperius legitor. et preter qood non liceat eis dictom libellom in aliam ecclesiam alienare. promisit namqoe prefatos leonardus per se suosque heredes. Jacobino. et Alberto. sob pena dupli pretii. et restauraticnis talis libelli. secundum quod pro tempore melioratum aot valuerit sob estimatione in consimili loco, se dictam venditionem iure libelli eis et sois heredibus ab omni homine cum ratione Warentare et defensare. Actulll. tarvisio. ante domos iobanis bone partis. Ego Ltaldinus sacri imperii notarius. rogatua, interfui et scripsi. XCIX.

1193.7 Febbraio, CaZaone. - In'Oestitura Zi'OeZZaria/atta da Berartlo de CaZaone, ad Andrea Co'OeZZo ed aifratelli Gio'Oanni FoZZe e Ci'Orano. Atti AR~fANETO EumpZa Ba: /lottenticis lumpta.
Anno domini Millesimo. Centesimo. nonagesimo tercio, septimo die exeunte mense februario. Indclone undeoima. Berardns de calaone, Investivit Andream covellom. et Jobanem follem et eius fratrem civranom. Inse et suos heredes nominative de peria una de terra libellario nomine. idest usque ad viginti novem annoso ad reI!0vandum. et est parti m cnm vineis. et parti m sine vineis. et partim Buscalia, et Jacet in loqoo qoi dicitur Rosta prope fontauam de ..... tro. ex uno latere et ex uno capite gafare1us de calaone possidet. ex alio latere et ex ono capite. via. ea racione et eo pacto, ut exinde predicti libelarii. et eorum heredes perpetoo debent habere. et tenere. et eam partem que est sine vineis piantare et laborare. seu excollere. Ita ut per eos melioretor et non peioretur. et exinde Rendere debent onum conzeum de poro vino. et pastum duobus hominibus super vindemiam. et omui anno In sancto stefano. et et doodecim denarios. et hoc tercio die ante vel totum quod reddiderint. conducere debent. in calaone ad canipam predicti domioi et in omni capite. viginti novem annorum debent dare duodecim denarios pro reuovatora libelli. et sex libras Venecie. fuit prcdictus dominus confessus. se aecepisse a predictis libellariis.

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pro in veneione predieti libelli. et si predicti libellarii hoc sunm ics vendere volueriut. per duodecimo denarios ad minus debent vendere domino antequam alieni. et si emere noluerit vendaot cui volant suo tamen pari. Alia imposita eis non fant. pena hine inde posita ut quis illorum. vel suorum heredum statuta violaverit. componat pars parti fdem servanti nomine pene vigintinovem solidos, et pena soluta iste libellus in suo permaneat Robore. AetulQ ad pedem Montis calaonis, Testes. Jhoanes de Aledaxa. terzoletus. Gerardus de gandulfno. Vulimotus de Jhoane de david. henrigetus. et alii, Ego armanetus federici imperatoris notarius preaens Rogatus

scripsi.
Ego ubertus, Regalis aule. notarius sicut in hotenticis. natalis et armaneti et itcrum armaneti notarii Inveni. nichil adens vel minuens. nisi forte literam ve! punctum geminatum. Curente anuis dominis. Millesimo. ducentesimo. nono decimo. Indicione scptima, Ita scripa et exemplavi dic ultimo exeunte. Madio.

C.
1193. 7 Febbraro, Calaone. - ln'Deltitura li'Dellariafatta da Gerardo de Calaone a Folle e Ci"rano fratelli. Atti ARMAl'iETO.
Bumpla ez kottentic 8vmpta.
Anno domini millesimo. Centesimo. nonagesimo tertio. septimo die exeunte februario. Indcione. undecima. Gerardus de calaone Investivit follem. ct civranutn eius fratrem Inse et suos heredes libellario iure In perpetuum. nominative de duobus campis paludis, ad rumeandum. et Bene laborandum. positis in curia calaouis. Coeret ei ex uno latere sicut fuit uiihi dictutn per lbellarios. Awericus. et paltrocns cum fratribus suis, et crescencius et artusios de Jhoane de thealdo. ex alio latere et ex uno capite curia. ex alio capite via plombate, Ea racione quod predicti libellarii. suique heredes. et flii, debent habere et tenere et bene laborare. predictom libellum libelario Jore in perpetuom. ha ut per eos melioretur et non peiorotur. Rendendo et conducendo. quartam pariem frugum predicti libelli ad calaonem et locare in canipa domini. ubi dominus voluerit. et omni anno In sancto stefano unum amiserem (anserem) tercio die ante vel retro et non partire siue uuncio domini. et si libelaril Jus suum hoc vendere voluerit. per duobus solidis ad minus debent ven-

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dere domino. anteqoam alieni. et si emere noluerit. tunc vendant coi voluerint suo pari. salvo iure domini. promisit dominus. per se et per suos heredes. libelariis suisque filiis. et beredibus predictum Iibellnm. ab omni homine defendere. pena hinc inde posita ut illomm. vel eorum heredes statuta violaverit. componat pars parti. fidem servanti. nomine pene. vigintinovem solidos. et pena soluta. hic libellus in suo perrnaneat Robore. Actum ad pedem Montis calaonis. testes. Jhoanes de atesa. terzoletus. Gerardus de gandulfino. Wielmotus de Jhoane de david. henregetus et alii. Ego armanetus federici Imperatoris. notarios. presens Rogatos scripsi. Ego ubertus. Regalis aule. notarius. sicut in botenticis. nataliso et armaneti. et iterum armaneti. notarii Inveni. nichil adens vel minuens. nisi forte literam vel punctum geminatum. Corente annis domini. Millesimo. ducentesimo. nono decimo. Indicione septima. Ita scripsi et exemplavi die ultimo eseunte, Madio. CI.

1794.7 Maggio. - Sicurtfatta da AlJialJene relita Pietro Marco. a Renur Totulo di lei genero. Atti DALMARIO VENERIO prete.
In nomine domini dei et salvatoris nostri ibesu cbristi. Anno domini Millesimo Centesimo Nonagesimo quarto. mense Madii. die septimo exeunte suprascripto mense. Indicione duodecima rivoalto. Plenam et irrevocabilem securitatem facio Ego quidem Abiabene relicta et commissaria petri marco de confinio sanctorum apostolorum Symonis et Jude cum mais auccessoribus. Tibi namqne Ruynerio totulo de confnio sancti bermachore dilecto genero meo et tuis . beredibos. Videlicet de illa testificacionis carta facta anno domini Millesimo Centesimo Nonagesimo primo mense madii die secundo intrante. Indicione nona rivoalto. quam fecit petrus aniane de confnio Saucte agathe fideiussor. et dicit quod Oliverius vitalis qnondam de confnio Sancti symeonis apostoli modo de confnio sancti silvestri extitit mediator de vadimonio comprobandi quod tu dedisti in curia ante presencia domini ~ostri Aurei maistro petri bone memorie ducis et eius iudicum pro mea deprecacione. De qnantocumque. ego infra octavum diem eomprobari potuissem de mea repromissa et donis. et de his omnibus que mibi babere pertinuit secundum usum nostre patrie. Infra vero octavum comprobavi ad supra-

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scriptum petrum aniane cum suprascripto Oliverio vitale. et cnm vitha relita dominici rozo de confinio sancti Symeouis prophetequod ego habui inter mea repromissa. et arcella et donis que mihi misse fuerunt in primo die lune mee uupcialis, de super totum libras denariorum nostre monete septingentas. quas suprascriptas septingentas libras nostre monete. ego habui et in potestate prefati petri marci defuncti viri et commissi mei portavi et habui. et comprobavi cum suprascripto Oliverio vitale et cum predicta vitha quod auprascriptus petrus marco defunctus vir et commissus meus in primo die lune nuptiarum nostrarum cnm primitus surrexit a latere meo donavit mihi marcas argenti tres, Hec omnia comprobata fuit ad suprascriptnm petrum Aniane infra snprascriptos octo dies. et hoc vadimonium datum fuit infra annnm et diem quod ego audivi de morte suprascripti viri mei sicut in ea legitur. et etiam de tota fidei commissaria suprascripti petri marci de functi viri et commissi mei. quam ad me pertinet per ordinacionem sui testamenti. per quod sua m fidei commissariam me esse constituit. Nunc autem quia mecum in pacti conveniencia convenisti. et de quanto cumqne in suprascripta breviarii et testificacionis carta continetur. nec non et de omnibus bonis et habere eiusdern petri marci de functi viri et commissi mei que ad me habere pertinuerunt per supraacriptam snam fidei commissariamo me de tuo proprio habere appagasti de super omnia deliberasti. Unde de suprascripta breviarii et testi ficacionis carta. et de suprascripta commissaria et de suprascriptis omnibus amodo in antea per omnia inde me foris faciens et in tua plenissimam potestatem relinquo. cum omni suo vigore et robore. habendi. tenendi. Vendendi. donandi. impignandi. alienandi. placitandi. avocatorem tollendi. et totum qnod in eis legitur excuciend i, et securitatis cartam de suprascriptis omnibus faciendi. et in perpetuum possidendi. vel quicquid inde tibi placuerit faciendi. cum omni suo vigore et robore nullo tibi homine contra dicente. Amado in antea semper inde securus et quietus pertnaneus. quia nichil remansit de suprascriptis omnibus unde te amplius requirere valeam, Tandem supraacripta breviaria et testifcationes tibi dedi. Si exemplum inde alicui apparuerit inane et vacuum existat sine omni vigore et robore. Quod si quocumque tempore de supraseriptis omnibus capitulis aliquid requirere temptavero. tunc emendare debeam cnm meis succeseoribus tibi et tuis heredibus auri libras quinque et hec securitatis carta maneat in sua firmitate. Signum supraseripte Abiabene que hoc fieri rogavit. t Ego bonifaeio totulo testis sub-

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scrlpsi. t Ego petrus mauro testis subscrpsl. Ego Venerius dalmarius presbiter et Notarius compIevi et roboravi. t Ego Angelus magno Clericus et Notarius quod vidi in matre testificor in flia. t Ego Bartholarneus graonicus Iudex ut Vidi in matre testis sum in flia, Ego Venerius d.dmarius presbiter et Notarius hoc exemplum exemplavi anno domini Millesimo Centesimo Nonagesimo sedo mense octubris. Indicione quintadecima rivoalto. sicut in matre eius repcri nec minui \lCC auxt compievi et Roboravi. CII.

1194. Settembre, Rialto.- Comprovazione della dote di p,.o?/za relita Domenico Corner. Atti LAMBARDO GIACOMO pierJano in S. Sofia.
In nomine domini dci ct salvatoris nostri ihesu Cbristi. Anno domini millesimo Centesimo Nonagesimo quarto. mense septcmbris. Indicione tercia decima Rivoalto. Breviarium facio ('go quidem petraca simiteculo de confinio saucte margarite fdeinssor. et dico quod Jacobus vitalis de confinio sancti siIvcstri extitit mediator. de vadimonio comprobandi quod Michael simitecuio de confinio sancti cassiani pro deprecatione froyze relicte dominici cornsrii de confinio sancti apollinaris dedit in curiam ante presentiam domini nostri henrici dandoli incliti venecie ducis et eius iudicum de quantocumque infra octavum diem ipsa comprobare potuisset de sua repromissa et arcella et dona et de his omnibus. que sibi habere pertinuissent secundum usurn patrie nostre. Infra vero suprascriptos octo dies corn probavit michi suprascripta froyza cum una securitatis carta quarn ipsa cum suprascripto viro suo fecerat ad suprascriptum michaelem simiteculum socerum et patrem eorum anno domini millesimo centesimo octuagesimo primo mense marci. Indicione quartadecima. de tota illa repromissa magna vel parva et arcella et dona. que oumia ipse eidem iamdicte froyze flie sue promisit in dia eorum desponsationis. que fuerunt super totum libras denariorum veronensium quingentas, de quibus perfecte appagati fuerunt. ut in ea legitur. Comprobavit quoque michi cum Alba relita Stephani cupo de confinio sancti raphaelis quod suprascrlptua michael eimiteculo transmisit pro dono eidem froyze filie sue inter primum festum pesche postquam desponsata fuit. et quando peperit primum

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iufantem. tantum quod bene fuit valens libra! venecie viginti qninque. Hec omnia michi comprobata fuerunt infra suprascriptos octo dies vadimoni dati. et hoc vadimonium datum fuit infra annum et diem quod euprascriptua vir suus mortuus fuit. t Ego petraca simiteculo manu mea subscripsi. t Ego petrus adoaldo testis subscripsi. t Ego petrus grisuni tcstis subscripsi. Ego Jacobus Lambardus sancte sophye plebanus presbiter et notarius compIevi et roboravi.

CIII.

1194. 15 Settembre, Padova. - Vendita immobilelatta da Baialardo a Malgareda figlia di Rolando de Lione e consorte a Clarello. Atti OTTOLlNO.
Anno domini. Millesimo. Centesimo. nonagesimo. quarto. indicione duodecima. die. decimo quinto intrante septembris bis testibus qui inferius dicentur preseutibua. baialardus frater Ecilini indicis. pro centum et septuaginta libris. denariorum. Venecie. seu Verone. quas confessus fuit se accepisse nomine finiti. et conventi precii. a domina malgareda flia rolandi delione. et uxore clarelli, ipse vero baialardus renuntians exeeptioni non numerate pecunie dedito cessit. tradidit. atque mandavit nomine venditionis eidem domine Malgarede seimen unum. curn domibus super hediflcatis iacene in confluibus padua. in bora qne dieitur rutena a sua turre et domo que est secus eandem turram ipsius baialardi. et extenditur usque ad terminum positum in capite ipsius sedimnis. Versus mane quasi per confuiutn predicti sediminis. et turris, et domus secus turrim a quo termino. Versus septentrionem. iIIud sedimen est per amplitudinem. decem perticas et plus ad perticam. sex, pedum. coheret illi aedimini ab uno latere. 1. a meridie baialardus cuius est predicta turris. ab alio via vcinalis. ab uno capite. l. a sera. via publica. ab alio. 1. amane. petrus de bonicis quod autem sedimen. cum domi bus idem baialardus predicte domine malgarede. dedito cessit, tradidit. iure venditionis. ad proprium. una cnm accessione. et ingressu seu CUlO superiori bus et inferiori bus suis. cum omnibus suis adiacenciis, et pertinentiis. cum amni iure actione. et racioue reali et personali. sedimiui. et ad eum per ipsum sedimen pertiuentibus. qualiter 8upra. legitur. in integrum. ab ista dia in antea. pro-

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dictus baialardus pro iam dieto pretio predicte domine Malgarede. dedit.. veudidit. tradiditque. profitens nulli alii datum, traditum. alienatum, neque pignori obligatum. neo ullo modo obnoxiatum. nisi predicte domine Malgarede. faciendo exinde iam dieta domina malgareda et eius heredes. quicquid voluerit facere. de dieto sedimine. et douiibus supra dictis. proprietario iure. sine omni predicti venditoris suorumque heredum contradictione. et insuper dedito Cessito mandavitque eidem domine malgarede omne ius, et actiones. et racioues, reales. et personales quod et quas habebat in predicto sedimine contra uuamquamque personam habentem et tenentem ex eo. et eam proeuratrieem ut in rem suam conatisuit. et quicquid inde fecerit. firmum. et ratnm habere promissit spopondit. atque promissit. predictus venditor. per se suosque heredes, predicte domine malgarede. stipulanti. et eius heredibus. vel cui dederit. predictum scdimen cum omnibus domibus super hedificatis ab omni homine cum racione. Warentare et defendere suis expeusia. in pena dupli. et quale. pro tempore fuerit melioratum aut valuerit. sub extimatione. in consimili loeo. et quod solvet ei omnes expensas quas fatiet. in defendendo predictum sedimen. si aliquod placitum ex eo habuerit credendo de expensis sive sacramento. et alia probatione et pro Warentatione. dicti sediminis. ad pignus obligavit. eidem domine malgarede omnia sua bona. et se nomine diete malgarede. habere, et tenere. ac possidere constituit. et iussit ei intrare tenutam et posaessionem dicti sediminis. et ibi in continenti dieta domina malgareda intravit tenutam et possessionem dieti sedimins. claudeudo. et aperiendo hostia dictarum domorum. et accipiendo de terra in mauibus pro tenuta dicti sediminis, et domibus. 'I'estes fuerunt his, presbiter. rainaldus de sancta iuliaus. bnceutaurus iudex. federicus. et egidiolus fratres. Bartolameus de peccato. et aliis, Aetnm padne, in predieto sedimine. Ego otolinus domini henriei imperatoris. notarius. bis interfui et eornm iussn boe scripsi.
CIV.

1194. Ottobre, Rialto. - Donasion immobili/atta da Angelo Caballo al proprio figlio Mat/eo. Atti CIVRANO STEFANO diacono.
In nomine domini nostri ibesu christi. Anno Domini Millesimo

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Centesimo nonagesimo quarto mense octnbris indicione tereiadeeima ri voalto. Magnus donaciouis titulus est ubi casus largitatis nullus reperitur. sed ad firmamentum muneris sufficit animus largientis. Quapropter Ego quidem Angelus caballo de confinio sancte Crucis cum meis ceteris beredibus nullum penitns cogente aut suadente nec vim inferente sed optima et spontanea mea bona voluntate et pro tuo bono et optimo servicio quod tu erga me semper fideliter exiboisti. ab bodie in antea in dei et christi nomine do. dono. concedo atque transacto. tibi namque Matheo caballo filio meo de eodem confinio et tuis heredibus ac prohepedibus seu posteris tuis in perpetuum possidendum. Cunctam videlicet et super totam proprietatem terre et case mee petrinee positarn in suprascri pto confinio sancte Crucis. et Cunctum et Universum meum habere et omnia mea mobilia et imrnobilia aurum argenturn. ferrum. plumbum. stagnom.laboratoriurn et in laboratorium servos et aucillas. et omnia qoe in hoc mundo habeo. et habere debeo, Hanc autem suprascriptam proprietatem terre et case mee petrinee cutn omni sua longitudine et latitudine cum capitibus et lateribus suis et cum universis habentiis et pertinentiis ab intus et foris que tam subtus terra quam supra terra m ibi ad esse noscuntur ... cartis novis et veteribus ad eandem proprietatem pertinenti bus et secundum quod ab auctoribus et pro auctoribus meis possessa fuit. et a me usque modo dominata et retenta extitit ita eam et universum meum habere et ornnia mea mobilia et immobilia que in hoc mundu habeo et habere debeo in tua do et trausacto plenissimn potestate. habendi, tenendi. Vendendi. donandi. commutandi et in perpetuum possidendi aut quicquid inde tibi placuerit faciendi. nullo tibi homine contradicente. Unde promittens promitto quod nullo unquam tempore contra han c douacionis cartam ire debearn non per me ipsuw neque per ceteros meos heredes ueque per aliquam subuiissam personam homiuum non ad eundo iudices nec suplicando principi bus non per ecclesiasticam interpellacionem. neque per testumentariam mearn ordinacionem et voluutatem non per ullurn ingeniurn non in vita mea nec ad obitum meum. QUUID in legibus piissimorum augustorum preceptum est. Ut quod videlicet semel datum et donaturn fuerit nullo modo revocetur. Unde etiam plenam et irrevocabilem securitatem facio Ego quidern suprascriptus Angelus caballo curn meis Ceteris heredibus. tibi narnque suprascripto Matheo caballo filio meo et tuis heredibus. De cuncta et super tota suprascripta proprietate terre et case petrinee posita in suprasceipto confinio. sive de omnibus rebus et spe-

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ciebus magnis vel parvis aurum et argentum et omnium meum habere et mobilia que in hoc mundo habeo et habere debeo. amodo in antea per omnia et in omnibns et de snper omnia inde secnrus et quietus permaneas. quia nichil inde remansit unde te amplius requirere debeam. Quod si quocumque tempore de suprascriptis omnibus capitulis aliquid requirere temptavero componere promitto cum meis ceteris heredibus tibi et tuis heredibus auri libras quinque. et hec donacionis carta in sua firmitate permaneat, Signum su{?rasoripti A.ngeli qui hoc scribere rogavit. Ego stephanus civranus diaconus et notarius complevi et roboravi.

A tergo:
Carta de senta erose de le case.

cv.
1194. Febbraio, Rialto. - Sicurt fatta da Pietro Regini ai fratelli Marino e Marco Malipiero figli del doge Orio Malipiero. Atti PAOLINa MARCO diacono.
In nomine domini dei et salvatoris nostri ibesu christi anno domini Millesimo centesimo nonagesimo quarto mense februari indicione terciadecima rivoalto. Plenam et irrevocabilem securitatem facio ego quidem Petrus regini de confinio sancti Johanis Baptiste cnm meis beredibus. Vobis quidem Marino mastro petro et Marco mastropetro ambobus fratribus filiis quondam domini Aurei mastro petri ducis, et vestris heredibus de quanto cum ad dicendum habui vel habeo supra illas proprietates terrarum et casarum que fuerunt Jobanis bono aldi de suprascripto confinio sancti Jobanis et sunt posite in conflnio sancti Bartholomei. quas Pbilippus bonoaldo vendidit suprascripto patri vestro et de omnibus proclamationibus quas ego feci super investiciones quas suprascriptus pater vester et tu suprascriptus Marcus posueratis supra suprascriptas proprietates terrarum et casarum. Videlicet per unam memorialis cartam factam. Anno domini Millesimo centesimo quinquagesimo tercio mense aprilis indicione prima constantinopoli quam snprascriptus Johanes bonoaldo fecerat suprascripto patri vestro pro perperis auri veteribus pensantibua centum triginta quos in collegancia ab eo recepito et

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ipse ibidem iactavit ad versus eum perperos auri veteres pensantes sexaginta quinque etcetera ut in ea legitur. Quamquidem memorialis cartam auprascriptua pater vester mihi dedit omni vigore et robore in tantum quantum sunt triginta perperi auri veteres pensantes de capite et prode. et duplum secundum qnod legitur in una se-

curitatis carta facta anno domini Millesimo centesimo septuagesimo sesto mense augusti indicione nona. sicut in ea continetur. Amodo
igitur in antea de quantocumque ad dicendum habui vel habeo supra suprascriptas proprietates per suprascriptam memorialis cartam et per suprascriptum vigore et robore exinde mihi facto. et de suprascriptis proc1amacionibus qnas feci super suprascriptas investiciones per suprascriptam mernorialis cartam semper securi et quieti permaneatis. Salvia tamen aliis meis racionibus si quas babeo. supra suprascriptas proprietates que in me remanent pIeno iure, Quod si contra hanc securitatis cartam ire temptavero. componere promitto cum meis heredibus. vobis et vestris heredibus auri libras quinqne et hec securitatis carta maneat in sua firmitate. t Ego Petrus regini manu mea subscripsi. Ego stefanns magnus testis snbacripa. t Ego stefanus fradello testis subsceipsi. Ego Marcus paulinus diaconus et notarius compIevi et roboravi. t Ego donatus Zancani presbiter et notarius sicut vidi in matre testis SUlll in filia. t Ego Leonardus navigaioso iudex ut vidi in matre testis sum in flia. Ego Pancracius rozo presbiter et notarins hoc exemplum exemplavi anno domini Millesimo ducentesimo tercio decimo mense Julii indicione prima rivoalto. nec auxi nec minui compIevi et roboravi.

CVI.

1195. Maggio, Rialto.- Promessa/atta da MartinoCoca, a Leonardo a1J1Jate nel Monastero di S. Felice di Ammiana. Atti NA:-II MARco prete.
In nomine domini dei et salvatoris nostri ihesn christi. Anno uomini millesimo centesimo nonagesimo quinto mense madii. Indicione tercia decima rivoalto. Promittens promitto Ego quidem Martinus Cauco de Confiuio sancte Agnetis cum meis heredibus tibi namque Leonardo abbati monasterii saucti felicis de amanis et tuia succesacrlbus. Quod amodo in antea nsque ad viginti annos compIe-

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tos debeam per me vel per meum missum dare et deliberare tibi vl tuo misso vel succeasores tuos. solidos viginti quinqne. Videlicet in festo sanctorum apostolorum petri et pauli mensis Junii. propter Unam aquam que vocatur Ceneza qne est de iure et pertinentia suprascripti monasterii. cum omnibus rivulis et paludibus et confiniis que ad eam pertinere videntur. quam quidem suprascriptam aquam mihi dedisti et concedisti per concessionis carta facta hic in rivoalto per suprascriptos annos domini et mensem et eadem indicione sicut in ea continetur et legitur. Si igitur contra hanc promissionis cartam ire temptavero componere promitto cum meis heredibus tibi et tuis successoribus Auri libras quinque et bee promissionis carta maneat in sua firmitate permaneat. Signum suprascripti Martini qui hoc fieri rogavit. t Ego acobus gassulo testis subscripsi. t Ego leonardus cavalero testis subscripsi. Ego Marcus nani presbiter et notarius compIevi roboravi. CVII.

1195. Giugno, forcello. - Donazione di una salina/atta a 6ioDanni da :l'umba atta Chiesa e Monastero dei Santi Felice e Fortunato. Atti BELLI MICHELE prete.
In nomine domini dei et salvatoris nostri Jhesu christi, Anno domini Millesimo Centesimo Nonagesimo quinto. mense Junii. Indicione terciadecima torcello, Si quis ergo de suis facultatibus sancte ecclesie dare vel offerre desideraus deo concedente perfecerit magnam. remuueracionem sibi die iudicii acquirit. quam enim ab eterno remuneratores certus sperat consequi, Quapropter ego quidem Johanis datumba de littore maiori. commissus quondam et gener Leonardi Lauzoli. cum meis heredibus pro divino scilicet amore et remedium anime mee et iamdicto Leonardo commisso meo. ab hodie in antea in dei et christi nomine do. dono. concedo atque offero ecclesie dei et monasterium sanctorum martirum felicis et fortunati omnibus pro futuris in perpetuum possidendi et dominandi..Videlicet Unam salinam posita in fundamento quod vocatur nova quod est de iure et pertinencie Sancte Marie ecclesie nostri epiacopatus. firmat uno latere in Octa Lauzolo, alio in Justo pistello. capiti bus vero suis tenet et firmat sicut ceteri consortes. Hec autem suprascripta et predesignata salina cum omni sua porcione de mo-

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rariis. lidis. virgis. seconda piaduriis scanno iaglacio et trans iaglacio com accessu quoque et egressu suo. et via eundi et reddeundi per terram et per aquara et cum omnibus suis habenciis et pertinenciis intus et foris. et sicut ad me usquemodo possessa et retenta extitit. Ha eam pleniter ipsam do. dono. concedo et offero suprascripte dei ecclesie et monasterii temporibus Leonardi dei gratis eiusdem monasteri i abbati. babendi. tenendi. vendendi. donandi laborandi. commutandi et imperpetuam possidendi vel quicquid sibi placuerit .faciendi cum ornnibus suis cartis novis et veteribus ad eam pertinentibus pieno vigore et robore nullo sibi hominem contradicentem. Unde promittens promitto ego suprascriptus Johanis nt nnllo unquam tempore contra hanc presentem offertionis carta m ire non audeam non per me ipsum neque per aliquam sumissam persona m bominnm non in vita mea neque ad abitum meum. Quia in legbus piissimorum augustorum cautum atque preceptum est nt quod semei datum vel donatum atqne offertum est nullo modo revocetur. Quapropter ego quidem suprascriptus Johauis cum meis beredibus Plenam et irrevocabilem securitatem facio vobis namque domino Leonardo dei gratia predicti monasterii abbati et vestris successori bus de suprascripta salina vos inde amplius requirere aut compellere debeam per ullum ingenium. Amodo in antea inde semper securus et quietus imperpetuum permaneatis. Tamen censnm et quintellum semper salvum sit in eccIesie sancte Marie nostri episcopatus. Quod si quocumque tempore contra hanc presentem offertionis cartulam quam bono animo feci ire temptavero incidat ira divina in me et in omnibus illis quacumque inde aliquid subtrahere vei minuere presumpserit et subauathema trecentorum decem et octo patrum maneat constrictus et insuper componere et mendare suprascripte dei ecclesie auri libras quinque et bec offercionis et donaciouis atque promissionis sive securitatis cartula in sua firmitate permaneat. Signus suprascripti Johanis qui hoc rogavit fieri. t Ego marinus bonci testis eubsorlpsi. t Ego Johanis paulo testis subscripsi. Ego Michael belli presbiter et notarius complevi et Roboravi.

A t8rgo: De saline.

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CVIII.
119:;. Luglio, Rialto. - Attcstazion d'inoestitura immobili a fafJOr6 di Abiabene relita Pietro Marco. Atti DALMARIO VEN~:nlO prete.
In nomine domini dei et salvatcris nostri ihesu christi. Auno domini Millesimo Centesimo nouagesimo quinto mense Julii, Indiclone tercia decima rivoalto. Testifcor Ego quidern Adam miniaterialis curtis palacii quod die quarto exeuute suprascripto mense propter preceptum domini nostri heurici danduli incliti venecie ducis et per legem iudicurn investivi sine proprio ad uomeu Abiabene relita petri marco de confinio snnctorum apostolorum symonis et Jude. Cunctas videlicet et ,mper totas proprietates terrarurn et casarum petrineas et ligneas positas in su prascripto coufnio et in confnio sancti symeonis prophete que fuit auprascripti petri marco defuncti viri sui. secundum quod frrnnt unum earum caput in canale de luprio. et aliud earum CRpUt firmat in una pecia de terra vacua. que est mathei steno, et heredes Jncobi steno. U num earum Intere firmat per ornniu in proprietntem terre et case qne fuit petri et nicolai vitale. Alium earuui Intere flr mat per omnia firmat in

una Calle camuna lata pedrbus quinque. propter unam videlicet diiudicatus cartam facta eodein alino die quurto decimo intro eunte suprascripto meuse per suprascriptmn Iudicionem, quam suprascriptus domiuus noster dux cum suis udicibus fccerat ad supruscriptarn abtabene postquaru comprobavit et iuravit de sua repromissa et arcella et doni" et de omnibus que sibi hnbere pertinuisset secuudum usum nostre patrie. per quam illi pleuissima m potestatem dederuut tanturn iutromittendi et ad proprium dominuudi de bonis ouiuibus et habere atque proprietari bus terrnrum et casarum coopertis et discoopertis suprascripti petri marco defuncti viri sui ab iutus et foris q uan turn su Il t Cen tu 1Il septuagi Il ta septe Ul li bras venecie et merlieta tem. sicut in ca Icg;itur. Ad hoc testifca mur et nos quidern Angelus Nicola. et Andreas mayruno ambo de su prascripto coufinio sanctoruui apostolornui symouis et Jude. quod nos tunc in curiam orarnus quando suprascriptus dominus noster dux per legem iudicurn precepit supraacriptam investicionem siue proprio fieri. et etiam cum suprascripto ripario ibi fuimus quando ipse per legem iudicum investivit sine proprio ad notnen suprascripte Abiabene totus suprascriptas proprietates terrarum t't casarum coopertas ct 22

:330
discoopertas. que fuit suprascripti pctri marco defuncti vrn sui. per suprasciptarn diiudicatus cartamo hoc per testimonium dicimus. Signu m suprascripti Ade. qui hoc fieri roga v it. Ego Angelus nicola manu mca subscr ipsi. Ego Andrea morano manu mCJ} eubseripsi. Ego Vcncrius dalniarius prcsl.iter et Notarius coinplcvi et roboravi.

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(Continua]

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PETRARCA,. CilRjtl. 3, cp. 24


~I:r()"1l0

I COnICI VERONESE E ?\L\RCIANO,

Le cpistolae sono la parte, se non pi bella, almeno pi colorita (Ielle poesie latine di Francesco Petrarca ; ritraggono quasi senza velo di classicismo tradizionale l'anima gentile del Poeta, facile a sentire profondamente il bello della natura, cos come a venir presa da entusiasmo per grandi concetti politici o religiosi, Petrarca intese le bellezze naturali, non solo considerate ad una ad una distinte, ma ancora riunite ed armonizzate in un gran tutto nel panorama e ilei paesaggio, Nelle canzoni eziandio e Ilei sonetti, dove lnmbiaioue letteraria non ratticne gli affetti del suo cuore, egli sa spesso trovare il luogo opportuno per dipingere qualche leggiadro quadretto, nel quale, sul fondo delle bellezze naturali, meglio risplenda la iigura idealizzata di Laura, Poich se pu dirsi che trattando ogni sorta d'argomento, si in versi che in prosa, il Petrarca rivela s stesso, pur vero ancora che dove la forma rimane pi libera, gli riesce di farlo pi compiutamente. Sono celebri varie delle sue llescrizioni, come quella delle rive del lago Ili Garda (1); ed famosa la narrazione ch' egli fa della sila ascesa al monte Ventoso, presso Avignone (:2), come pure la bellissima epistola (Carru. :3, ep. :24) ch' egli scrisse ritornando da Provenza in Italia, quando dall'alto delle vette alpine gli si spiegarono davanti le valli piemontesi, e senti nuovamente l'urla della sila patria, verso la quale moveva con bruma ardentissima: abbandonava per sempre Avignone e Valchiusa dove ormai da lunghi anni avea perduto il suo amore. Questa epistola si legge, scorretta al solito, nel!' edizione di Basilea (t. 0, pago '1100), che riproduce le edizioni venete : vi
'II see. i, l'I'. unica. '2' reMi!, '1. rl'. l

trascurata affatto la punteggiatura. La corresse il dott. Domenico Rossetti, tanto benemerito delle poesie latine del Petrarca (1). Egli asserisce , parlando in generale delle epistolae in versi, d' aver avuto alle mani un solo codice, il quale, sebbene siami paruto assai buono, non per tale che meritasse il predicato di ottimo (2) . Il Rossetti non aggiunge alcun' altra dilucidazione: n parla del luogo dove si conservava il codice, n della sua epoca, n delle epislolae che esso conteneva, n dell' ordine in cui v' erano disposte. L'edizione rossettiana del resto ottima, e presenta appena forse qualche difficolt di cui ci occuperemo. Di recente il prof. Luciano Loparco (;l) ce ne diede una nuova edizioue riproducendo, con qualche emendazione, la rossettiana. Collazionai Yepislola presente con due codici non molto vetustio Il primo (V) conservato nella biblioteca Capitolare di Verona, CCLXVI, f. 51'-52. Il Codice (~ una miscellanea del sec. XV, prima met; posteriore tuttavia agli anni i43~3, 14:>4, t43i segnati in calce od al principio di vari aneddoti (f. 8i, 6:3, 121); l'ortografia ancora antica; mancano i dittonghi; la lezione, come vedremo, molto trascurata. Il secondo Codice nella Biblioteca Marciana (1\1), Lat. cl. XI, codice LIX, f. 65': del secolo XV; la lezione pi corretta; usa quasi sempre i dittonghi. Debbo l' esatta trascrizione dell' epistola secondo questo Codice alla gentilezza del chiaro comm. prof. Giovanni Veludo prefetto della Biblioteca stessa. Il materiale critico ch' ebbi tra mano per la correzione dell'epistola petrarchesca non solo incompleto, ma eziandio tardo e cattivo; pur tuttavia ci servir per assicurare, almeno ili un luogo contrastato, la lezione genuina. Do il testo dell' epistola, nella forma in cui propongo di leggerla e punteggiarla; reco insieme i raffronti con ambedue i Codici p le edizioni basileense (b), rossettiana (1') e loparchiana (l):
Salve chara DI'O tellus, sanetssima salve: Tellus tuta bons, tellus rnetuenda superbs, Tellus noblibus multum generosior oris, Fertilior cunctis. terra formosior amni:
(l FR. PETRARCHAE. Poemata minora, ed. DOM. ROSSETTI, Mediol., 18'29-31. t. 2 (Mediol.. 1831), p. 266. (2) h'i, pref., pago VII. (a) Ricordi di giorinezza, versi. Napoli. 1877. pago 119. Egli peraltro nel/a prefazione (p. Il il lascia intendoro di non couoseorc che l'ediziooe bcslcense.

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;, Cincta mari gemino, fumoso splendida monte: Arrnorum, legumque eadem ueneranda sacrarum Pyeridumque domus, auroque opulenta uirisque ; Cuius ad exuulos ars et natura fauores Incubuere smul, mundoque dedere magtstram. 10 Ad te !lllIlC cupide post tempora longa reuertor Iueola perpetuus. Tn diuersoria uitae Grata dabis ft'ssae: tu quantam pallida tnndem ~lem!Jra tegant praestabis humum. Te laetus ab alto Italiam uldeo Iroudents colle Gebennae, 15 Nubila post tergum remanont ; ferit ora serenus Sprltus, et blandis asmrgens mutibus ur Excipit. Agllosco patriarn g-Hudellsqne saluto : Salve pulchra parens, terrarum gloria, salve (1). v.l cara Y, 1\1 - v. 2 telus .... telus V-v. 3 multum V, M, l', L multo b gl'nerosior horis M, guerosios (sici omni V, generosior oris b, 1'.1 - v. 4 Fertilllor M; contjs V - v. 5 Cinta \', !\I, cincta b, r. I; famoso V. M, b, r. l-v. 6 legun que V -- v. 7 Piertdum que domus auro opulenta iurisque V-V. 8 labores V fauol't'H 1\1, b, l', 1- v. 9 mondo que V-v. IO tenpora V -- v ]2 fexe V; tu quantum palida tantum V, tu quanta pallida tandem M, tu quantam pallida tandem b, r. i - v. ]3 tegat M -- v. H froudentjs V, frondentes M; gabenua V, zebenne M. gebennae b, Gcbennue r, gebennae l-v. ]5 fert ore Y - v. 16 asurgens V; montibus V-v. l patrian Y: l'esulto Y, saluto M, h. l' - Y. ]8 Banda pnrens Y; terarum V. Salve dal Cielo prediletta, salve O santissima terra. asilo ai buoni E ai pervorsl sgomento: o terra, salve, Fertile e bella: ugni strauer paese Quanto in ricchezza e in leggiadria sorpassi Cinta dal doppiu mare' celebrata Pel fumante Vesuvio: veneranda Sede dell' armi e <ielle sacre leggi E clelIe 1\lIIse: popolosa e ricca! Arte Il Natura s'accordar nel farla E bella e grande. c poserln maestra A tutto il mondo. A te con viva brama Alfu ritorno dopo lunga assenza: Voglio restar sempre con te : tu BOia Darai conforto alla mia stanca vita E l'ultimo riposo all<1 mi.. membra Concederai. Lieto dalI'alta cima Del selvoso Ginevra. ti riveggo O Italia. Dietro a me lascio le nebhie : Sento ferirmi in volto una leggera Aura che blanda dalle valli ascende: Riconosco la patria e la saluto Pieno di gioia: salve o bella madre. Deh sal n? Italia. onor dr-ll' uuverso '

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Nel codice capitolare veronese in capo all' episto '(l. lcggesi il titolo: ~ CAR . DOMINI FRAC. PETRAR in reuersione a geberna in italiam. poete laureatj feliciter incipit ; ed in calce, in rosso: Vale qui legis hec frauciscus petrarcha . Nel codice marciano in calce all' epistola i, descriptio Italiae per Franciscum. p. laureaturn poetam. Lege earn feliciter . Adottai due sole lezioni diverse ifumoso Y. 5, e Gccnnac v. 14) dalla edizione basileense ; l' ultima delle quali anzi acer'ttata rlal Hossetti e quindi dal Loparco ; mi staccai dalla edizione dI'I dotto letterato triestino per la prima eli queste lezioni. erl inoltre in appena due luoghi rilevanti seguii un diverso modo di punteggiare (vv. i e 17). S' detto che nella edizione di Basilea la punteggiatura pressoch arbitraria, I titoli dati all' epistola dai codici capitolare e marciano non sono antichi, n originali, ma rlebbonsi a qualche amanuense, che li ricav dal contenuto stesso dell'epistola. Notisi tuttavia che l' erl'ore del codice capitolare. Geberna per Gcbenna, dimostra che l'amanuense di questo codice trascrisse insieme all'ep~lo'a anelli' l'intitolazione da un codice pi antico. Il titolo dell' edizione di Basilea ad Italiam ex Galijs remeans assai migliore, e specialmente la frase ad Italiani potrebbe essere, se non originale. certo molto antica; questa sola venne ricevuta nell' edizione del Rossetti, e"poi riprodotta dal Loparco, Delle due varianti che ardisco proporre all' esame (lei (lotti, la prima fumoso per famoso al v. 5. Lasciando I'evidente sbaglio rlel codice veronese, la lezione universale famoso splendida monte , e non che con molta titubanza che ardisco presentare una variazione. Anche Tornmaso <Jargallo,nella elegante versione che fece di questa epistola (ap. Rossetti, loeo cit., p. 2(7) traduce :
. . . . . . . . del celebrato Tuo monte altere, . . . . .

Il primo sospetto, che fosse meglio leggere fumoso che non famoso , non mio: di mio fratello Francesco. Sembra mi che, secondo la frase volgata, rimanga affatto indeterminato il monte, o, se cosi vogliasi , la catena montuosa che giusta l'opinione del Petrarca forma uno dei pi conosciuti vanti d'Italia. Anche nelI'ep. i2 del libro 2 dei Carmina. il Petrarca parla del monte medio cl' Italia, che col suo piede tocca le due sponde della penisola; ma qui la voce monte , usata evidentemente nel senso di

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catena montuosa, non isolata, anzi spiegata dal contesto; molto meno poi data come l' espressione di cosa non solo comunemente nota, ma che forma eziandio oggetto dell'ammirazione universale. Descritte a vivi colori le bellezze della sua patria, Petrarca soggiunge:
. . . . . . . . . quid carmine longo Littus utrumque maris? medij qud prosequar irnum Montis utrunque latus?

Un passo alquanto somigliante lo ha Lucano (PhOiS., 2, 399):


Mons inter ~eminas medins se porrigit undas Inferni Superique marls :

e poco appresso (2, 630):


Cnm mediae iaceant imrnensis traetibus Alpes

Il Loparco traduce (p. 120): famosa Alpe . Egli pensava forse a quei versi famosi (all' Italia, str, 3):
Ben provvide Natura al nostro stato Quando dell' Alpi schermo Pose fra noi eIa tedesca rabbia.

:\Ia, come vedemmo test, monte non era sempre pel Petrarca sinonimo di Alpe in senso stretto, Le fumaiuole vulcaniche d'Istria e della baia napoletana richiamano spesso 1'attenzione del Poeta. Petrarca era stato a Napoli pi volte, e primieramente nel 1341, innanzi di ricevere la corona poetica in Campidoglio, volendo il giudizio di quel re che fu veramente Argo , di quel Roberto cui dedic l'Africa, e che non si stanca mai di lodare. Le pi dolci memorie della sua vita letteraria s'aggiungevano alle inarrivabili bellezze della terra meridionale, per fargli amare quella citt che costodiva le ceneri di Vergilio e di Plinio (1). Petrarca comincia un carme (2, ep. 6):
Parthenopea mihi quondam dulcissima sedes, Nunc animo

e all' amico poeta Rinaldo da Villafranca annuncia (2, ep. 10), ribeccante d'allegrezza:
. duleem elaramque reuisi Parthenopen.

Non sempre parlandoci della Campania nomina il Vesuvio ed


(l) Itiner. 8!1riaCUt/l, ed. Basil., J. 550: tem Veronenss cius ossa custodt .

Sl'opolis. hinc Mantuan. inde nu-

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Ischia, mentre con amore si ferma pUl'e a descrivere il lago d'Averno, ed il luogo dove vaticinava la sibilla Cumana, ch' egli visito ricordevole coll' Eneide (1). Quei luoghi ei li percorse con Vergilio alla mano, ed appunto per questo parla di rado del Vesu via di cui tacque l' epico antico, al cui tempo quel vulcano ancora taceva, Ma pur di sovente accenna ai fenomeni vulcanici della baia napoletana. Nell' Itinerarium syriacum (2) parlando di Ischia ha questo luogo importante: suh qua a Jove ab vinctum Typheum gigantem fama est, fecitque locum fabulae uapor , uelut hominis anhelantis, et .tElhnaeo more estuare solitum incendium . Lucano (3, 99) avea scritto :
. . . . . eeu Siculos famrnis urgenti bus ..EtnRm Undat apex: Campana fremeus ceu saxa vaporat Condtus lnarmes aeterna mole Typhoeus.

Col il Petrarca non tocca tuttavia del Vesuvio, come poco dopo (p. 5tH) descrivendo la costa sicula non parla dell' Etna: e vagamente accenna aUe colonne di fumo che s'innalzavano da Ilaja, in un bel pa.'lSO d'una celebre epistola (Senil., 10, epist, 2): muros quoque et plateas et mare et portum et circumfuso (? circumfusos) colles, uitiferosque eminus hinc Phalernum, hiuc Vesaevum : indi (? inde) Capraeas quoque et Inarimen et Prochytam, ictas flumnibus insulas et fumantes hybernis mensibus Baias . Il monte Vesuvio aUora non mandava n fumo n lava; ma il ricordo classico, i fenomeui vulcanici dei luoghi circonvicini, e la memoria dell' eruzione avvenuta nel 1306 (3), quando il Poeta era ancora nell'Infanzia e che molti a Napoli dovevano ricordare, bastavano a spaventare il Petrarca che nell' ep. 7 del libro 2 dei Carmi, a Barbato da Sulmona, parlando di Napoli, poco prima di ricordare Baiasque tepentes , ha questi versi assai importanti per noi:
. . . . . . . . . . . . . . . . dilecta Lieo Littora, qnaeque blceps aperit uga celsa Veseuus I Slt satls aspexisse procul ! l, cui fiammiger olim Fumabat vertex, Siculae velut aemulus ..EthnR8. ilI Famil. 5, ep. 4. In Rer. memorab., -t, cap. 3: cuus loeum nuper prope Cumas Carnpaniae uidtmus . (2) Ed. finali.. J. 3:i9. (3) OMOnU='II, Geologia, Milano. 1869. pag. 3i8 Il Roth trov che nel Medio Evo, avvennero almeno nO\"8 eruzioni: questa contemporanea al Petrarca forse fn l'ultima fino alla terribile del 1631, se omettiamo un Ipgger soffio di vita che alcuni ammettono neU'nnno 1590. STOPPAl'I, C"rro di gtologiu, l (!.1II .. 18il), p. 359 e Il bel paese (:\fil.. I8ili). p. 41:;.

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Se si accetta la lezione fumoso, non si pu infatti pensare se non che al Vesuvio, giammai al Mongbello. Di questo vulcano egli parla unicamente per riflesso classico. Petrarca non visit mai la Sicilia. Si risovviene dell' Etna quando dietro Vergilio e Claudiano tocca alla sfuggita delle sue eruzioni, e allora parla delle armi di Giove
Temprate a l\Iongibelio a tutte prove (l)

Se non si vuole accettare la lezione fumoso , sembra che ii famoso monte pI'I quale celebrata l'Ttalia, non sia stato bene inteso dal Gargallo:
. . . . . . del celebrato Tuo monte altera . . . . .

poich meno difficile interpretare la voce monte per catena montuosa; s' veduto che il Petrarca d nome di monte medio all' Appennino seguendo un passo di Lucano; pu quindi avere anche qui alluso allo appenninus mons di Lucano, che la catena montuosa propria esclusivamente dell' Italia: ma sembra che cosi vagamente non dovesse esprimersi colui che altrove aveva descritto:
. . . . il bel paese Ch' Appennin parte, e '[ mnr circonda e l' Alpe (2).

Se, volendo, si potr revocare in dubbio la lezione fumoso per famoso , certa la sostituzione definitiva di Gebennae a Gehennae nel v. 14. Gehennae non ha qui alcun significato, e gi il Rossetti lesse giustamente Gebennae. Il codice veronese leggendo gl'benna , ed il Marciano zebenne , quantunque 1'uno e 1'altro sia sbagliato, tuttavia confermano indirettamente la lezione rossettiana. Il dubbio pu cadere solamente sulla interpretazione da darsi a questo nome. L'autore della intitolazione dell' epistola nel codice veronese l'intese per un nome di citt: in reuersione a geberna (sic 1) ; Gebenna, come nome di citt. ci fa pensare a Ginevra. L'ab. De Sade inserendo (llfmoires, 3, 303-4) ili compendio la presente epistola nella sua narrazione della vita del Petrarca, trasanda il brano in questione, come pure omette il passo del monte fumoso, esaminato pllr ora; ma, dicendoci insieme che il Petrarca scrisse il carme aLtra versando le Alpi per il passo del Monte Ginevra, apparisce ch' egli abbia inteso Gehenna
(II :Sei SOli. iII vita: "Ia poi eh .) dolce risu 2) :SeI SOli. /1/ rrta : () urdeut.. virtute.

.-

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per Gieora, cio pel monte di questo nome. Il Levati [I) lo segue intieramente. Da questa bella interpretazione del De Sade si allontan il Hossetti scrivendo (l'. 4U~) in nota a quel luogo: pare che il Petrarca chiami col nome di Gebenna le Alpi cosi al di qua che al (Ii l del Ioilauo. Perch potesse dalle cime di Gebenna scorgere l'Italia, deve intendersi qualche Alpe alla sinistra di quel fiume. Anticamente per e pi presentemente Gehenna, ossia le Cf't'f?l1nC, chiamasi quella catena di monti che dalla diritta del Rodano si estende pel Geveaurlon e l'Alvergna, donde ha nno origine le acque che vanno alla Garonna, e I'Allier con la Loira , Quindi il Loparco traduce Da 'l sommo di Ceveuna ombroso colle . Un' altra volta il Petrarca fa parola di Gehenna, ed nella data della Fanul. Il, ep, O, scritta il 20 Giugno l:ml, Gebennae montis e vertice: allora il Petrarca ritornava dall' Italia a Valchiusa. Il dotto e benemerito dotto Fracassetti, che nella versione italiana interpreta Monte di Ginevra , nell' edizione latina, ritenendo che il Petrarca alluda alle Ce venne, propone la correzione Gencrac o Gcnebae. Ma sembra chiaro che nell' un luogo e nell' altro parla il Petrarca Ilei Monte Ginevra. Questo monte che s'innalza quasi duemila metri, posto tra la valle della Durance verso la Provenza e quella della Dora Hiparia verso J Piemonte, apre un passo alpino importante fra Oulx e Brianon, e cade sulla via che Petrarca poteva percorrere venendo in Italia ed andando ad Avignone. Le Cevennes, Lucano (1, -134) le chiama Cebennae :
. . . . . . . . . . . qua montbus ardua summis Gens habitat cana pendentes rupe Cebeunas.

Il Monte Ginevra chiamasi Matrona, ed era un passo che i Romani conoscevano quantunque lo reputassero difficile (2). Il nome romano si mut nel Medio Evo. In carte del secolo XI viene nominato Geneuus o Geneuius (:3), A quest' epoca anche la citt di Ginevra chiamavasi Geneue ciuitas (-1), e per ginevrino dicevasi geneuensis (.. Alla met del secolo XII Geneua Il
\11 riagg; d; Francesco Petrarca, 5. 122. (2) " Et bine alia celsitudo ereetior. aegreque superabilis. ad Malron,w porrigitur vertieem . AMM. MARCELL., 15, 10,6. (S) Carte 9 Lnjrllo 1029. 29 Dicembre 1038 in J1fonf4ln.llist. patriae, Churt. 1. n. 27'7, 304. (4) Carta 20 Febhraio 1015 in .:Vonul/I. M8t. patriat. Chart. 2, n. 92. (5) P. l'. due carte del sec. X. 13 Ottobre 10:19.... 1049.1084 circa. .'1""11111 llut.patrlf, Chart 2. n. 4(. 67.105.116.132.

33a
e geneuensis mutossi in Gebenna (\ Gehcnnensis (1). I documenti pubblicati nei Monumenta historiae patriac non ci permettono (li seguire l' identica trasformazione nel nome del Mons Geneue , ma ci danno abbastanza di che congetturarla per analogia. Lo storico Pietro Gioffredo trova che questo monte fu variamente chiamato mons Jenevrus, Juniperus, Genebra, Genua e Gehenna (2). Dalla vetta del Monginevra, Petrarca poteva penetrare collo sguardo nell' alta vallata della Dora, e distinguere i monti che coronano quella del Clusone; l'alta vetta su cui si trovava, la pi alta (lei dintorni, domina largamente le creste alpine e le valli piemontesi. Il principio deU'epzStola viene dal Rossetti (e dal Loparco) cosi punteggiato:
Salve. eh ara Deo tellus sanetssima. salve, Tellus tutn bonrs. tellus rnetuendn superbls.

Sembra miglior partito staccare la voce sanctissma dalla frase chara Deo tellus congiungendola Cl salve e sottintendendo nella' seconda frase la parola tellus della prima, con cui si ripiglia il verso seguente; lessi pertanto:
Salve chara Deo tellus. sanctissima salve: Tellus tuta bonis. tellus metuendn superbis.

Il Rossetti stacc l'ultimo verso dell' epistola dal penultimo. punteggiando:


.. Agnoseo patrirun. A"nudellBqllc 8:1ll1tO. Salv pulchrn pnrens, terra rum g-Joria. salve!

E parimenti Gargallo tradusse, un po' liberamente :


Patria, o patria! se' tu : le care glelll' Lieto io ne bacio. Sahc. o mndro. li !!rande Fra quanto il mar torro circonda, sa lve '

II Bassetti ed il Gargallo, se mal non m'appongo, stimarono l'he l'ultimo verso sia una esclamazione del Petrarca affatto corrispondente a quella del v. primo; mentre sembra pi probabile ch' esso sia veramente quel saluto che nel Y. penultimo afferma daver rivolto all' Italia; il verso ultimo non i~ perci separato dal
(l) Mentre in carla (I. e. 0.175) del 111li-35. abbiamo ancora purolu della eitt di .. Goneuo ". l'ag-gettivo .. g-ebenoposis " labbamo g-iii Del IHi(jiyi. Il. :181), DI'] Il71 (ivl. n. Il;10). m-l 1188 livi. 11. 15'14:. nel 12'JO rivi. n. 1888). 2) Storta ridir .itp marittime in .Jlollum. h ist, patri' c. 55.. 2.22

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penultimo, ma forma un tutto con esso, per forma che crederei puoteggiare:
. . . AgnORCo patriam, gaudensque saluto: Salve pulchra purens, terrarum gloria salve ~

E in ci mi trovo d'accorcio col Loparco. E perci non ammisi la lezione resulto , offerta in luogo cii saluto dal codice veronese. L'ultima variante del codice stesso sancta parens per pulchra parens li) non incontra per s stessa alcuna grave difficolt: la frase sempre modellata su quelle somiglianti che tanto spesso abbiamo in Vergilio, magna, alma, diva parens ; ma l' autorit di quel solo codice troppo debole per darle valore, I pensieri svolti dal Petrarca in questa epistola sono famigliari al Poeta; talun d'essi, massime qui esposto in latino, ci ricorda qualche frase classica. La frase (v. 5) cincta mari gl'mino in fOl'm~ poco diversa nell' ep. t Z del libro 2:
. . . . . . duplcique sedea cireumflun POtito.

For-e fu suggerita al Petrarca da Lucano (2, :J!lU :;egg.):


Mons inter geminaR medius "Il porrigit uudns Inferni Superique maris : coltesque corcent Hinc Tyrrhena vado fran~entes aequora P sal'. 11Iinc Dalmatics obnoxia flucttbus Aneon. Fontbus hic vastis immensos concipit nmnes, Fluminaque in gemini sparp;it divortia ponti.

Il pensiero esteticamente migliore (li questa gentile poesia la chiusa, dove dalla purezza e serenit del cielo, e dall' aura dolce e lene che gli viene incontro movendo dalle valli e dalla pianura, il Petrarca riconosce la patria, che non pu ancora distinguere da segni pi certi. Questo pensiero, con tutto il soave effluvio del delicato sentimento che l'nccompagua, pi volte ricorre nelle sue rime, e particolarmente al principio di due sonetti, scritti a rivedere la terra di Laura, l'uno in vita, l' altro in morte di lei. Cominci" il primo:
L'aura gentil che rasserena i poggi Destando i fior per q nesto om braso bosco Al soave 8UO spirto riconosco Per l'Ili convlen che 'n pena l' 'n fama }lOj:!'gi.

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ed il secondo:
Sento l'aura mia antica. c i dolci colli Vf'g'g"io apparir onde 'I hpl nume nacque Che tenne g-li occhi miei mentr' al Ciel piacque Bramosi e lieti, or li tien tristi e molli.

Pu notarsi eziandio che la parola nubila pu intendersi tanto per nubi (1). quanto, e forse meglio per le nebbie che col'Onano le vette alpine. Ci conforta in questa interpretazione un' altra frase del Petrarca icarm., 2, ep. 12) dove dice che l'Italia
. . . eoelo tranquilla sereno ' Semper odorferls f1ehU 1118 pugnantibus Euris.

L'occasione ed il tempo in cui Petrarca scrisse la nostra epistola, cosa gi nota. L' ha stabilita giustamente iI De Sade (op. cit.. ;3, 30::3), a cui si attennero il Levati (op. cit., 4, 222). il Rossetti (op. cit., 2, 113), ed il Fraccassetti (nell' erliz. lut. delle Familiares, praef., pag, CXLVII): il ritorno d' Avignone in Italia nel Maggio 1:353. A primo aspetto contro questa da'a sembra aversi una grave difficolt nel v. 10.
Ad te nune cupide post tempera long-a rcvcrtor.

Da esso parrebbe doversi credere che allora gin (la molti anni iI Petrarca fosse lontano dall' Italia; onde lo stesso Gargallo tradusse :
. . . . . . . . . . dopo assai lungo Volger di Soli. ecco al tuo Sf'!11 mi rendo.

E il Loparco dopo s lungo ordine d'anni . Per contrario certo che nel Maggio 135:3, neppure da due anni aveva fatto ritorno dall'Italia in Avignone e in Valchiusa. Citammo la lettera tFamil., Il, 9) ch' egli scrisse nel Luglio 1351 sulla vetta del Monte Ginevra, proprio nel luogo dove compose il presente carme, nel viaggio d'Italia in Provenza. Ci nonpertanto non possibile dubitare della data del nostro carme. La prima volta che Petrarca venne d'A vignone in Italia, fu quando nell'eta di lO anni si recava allo studio Ili Bologna nel 1:3:2:~ (SCII" lO, ep. 2). Nel Novembre 13:1(j venne dalla Provenza a Roma, ma viaggi per mare, essendosi imbarcato a Marsiglia (Famit., "l,
,l) Il

q ,\ R( .... LI.O

tradusse :
It' nubi Lusciu n
tf'l'fIO ,

342
Cf, DE SADE, 1, :311). :\'eI1:3-11 quando riLorn in Italia pel l' incoronazione in Campidoglio viaggi pure in nave da Marsiglia a Napoli. Nel 1:.343 venendo in Italia come oratore di Clemente VI alla regina Giovanna di Napoli, rasent in nave la terra toccando Nizza, Monaco, Porto Maurizio, ma non attravers le giogaie alpine; ci fa egli stesso una bella descrizione del suo viaggio nella ep. 3 del Iibr. 5 Famiares. Ritorn in Avignone nel 13-14; e dalla Provenza venne di nuovo in Italia quando Cola di Rienzo, fattosi tribuno del popolo romano, si propose di rialzare dalle antiche rovine e da' monumenti classici ch' egli avea studiato per primo con ingegno ed amore d' archeologo, r antico impero romano. Il pensiero indeciso, fantastico, ma appariscente di Cola, esalt del pi vivo entusiasmo l'animo del Petrarca; egli, restauratore degli studi classici, ammirava la grandezza porteutosa dell' antica Roma, la quale tristameute contrastava colla Roma de' suoi giorni, deserta, mezza in l'ovina, e non solo senza Imperatore, ma eziandio senza Pontefice. Venne dunque in Italia nel 1317, e da Genova diresse al tribuno una lettera datata dal2!J Novembre (1). La seconda met di Novembre era una stagione cui non conviene affatto l' olezzo primaverile che spira da tutta questa poesia. Eppoi egli non venne da Avignone a Genova attraversando le alte giogiaie delle Alpi, ma hensi per terra, lambendo la sponda (2). N il Petrarca allora, mentr' era ancora viva Laura, avrebbe potuto decidersi a rimaner per sempre in Italia (<< incola perpetuus ). Fin da quel tempo tut(l) Famil, 7, ep. 7 Ianuae III Kal. Dccembris . (2) Famil. 7, ep. 4. 5, 6, 7. La: prima lettera scritta, come appare, da VaIchiusa, l'ultima da Genova 29 Novembre; Ic epistole 5 e () "ex itnere . L'ep. 5 (22 Novembre) dimostra evidentemente ch'egli viaggiava per terra, scrivendo a Lclio di voler comporre i versi che costui gli chiedeva quando trover la quiete di un ombroso boschetto" modo frondosi nemoris uspiam diverticulum occurrat , Che poi Don attraversasse le Alpi sembra probabile da ci che nell'ep.". annunciando al vescovo Tricastrino il suo prossimo ritorno in Italia. gli dice di volere, per curare la sua salute affievolita, rimanere presso al Sorga tino alla fine d'autunno, onde non esporsi ad un lungo viaggio se non quando i calori esttr diminuirono; oltrech poi l'indica la citt che fu meta del suo viaggio, Genova. Chi andava da Genova in Provenza usava tanto percorrere questa via. come casteggiare per acqua la riva. Iacopo Salviati, andando oratore dc' fiorentini a Carlo VI di Francia nel Dicembre 1405, venne da Genova per terra a Savona e di qui a Nizza e ad Aix In Provenza; e nel ritorno, Maggio 1406, vennc per terra fino a Nizza, e di qui per mare fino a Savona, dove riprese la via terrestre \IAcoro SALVIATI, Cronica nelle Delizie degli eruditi toscani, 18,234 c segg.). 11 DE SADE non si occupa di ricercare l'itinerario percorso in questa occasione dal Petrarca. Petrarca deve avere percorso l'odierna strada della Cornice.
t

1~3.

34:)
tavia era incominciato a destarsi in lui, per n~otivi religiosi c politici, lo sdegno contro il molle Avignone. Petrarca fu sempre tra i pi fervidi a sollecitare i Pontefici a lasciar la Provenza e rioccupare labbandonata Sede di Pietro. Avignone era gi pel Petrarca la occidentalis Babylon isinc tuio, ep, 4): larnentavasi amaramente de huius occiduae Habylonis statu, cuius fato seu potius peccato meo, inuitus totiens ciuis fio (ivi, ep. 7, cf. l'p. 8): consigliava ad un amico di tenersi lontano (la Babilonia (ivi, ep. 12), e si rallegrava eziandio se altri la lasciava per tornare in patria (ivi, epistola 14); poich quella era sentina profundissma vitiorum omnium li) (1). Ricordiamoci e1ei famosi sonetti contro Babilonia. Lo sdegno contro Avignone cresceva cogli anni; del resto poteva ben egli, nelle lettere in prosa e nei versi latini ed italiani, sferzare i vizi della citt e della Corte cl' Avignone, ma mentr era in vita Laura, non poteva dimenticarsi che geminus mihi Paruassus, alter in Italia, alter in Gallijs li) (sine tuio. ep. 4). Venuto in Italia nel 1:H7. and per oltre tre anni girovagando da una in altra citta italiana; visit Verona, Padova, Parma, Carpi, Mantova, Roma e Firenze; in fine, nella state e1eI1:~51, ritorn in Avignone; ma qui vi tanti amici e la sua Laura non erano pi. Clemente VI mori il () Dicembre ,J:l:>2. Petrarca deliber d'abbandonare la Provenza PPI' sPllIpre. ~lano mano che aumentava la gelosia tra la Francia e l'Ttalia per la residenza pontificia, crebbe in lui ]' antico affetto per la patria; all' amore verso la terra natale, s'era congiunto un alto interesse religioso: e fors' anco, se non uno scopo, almeno una speranza politica. Cola di Rienzo, il fantastico tribuno, era ancor vivo, e il Petrarca non lavea dimenticato. Un' ardente brama Ili rivedere ]' Italia pertanto lo cacciava adesso da Valchiusa, Gi sul finire dautnnno l:J;)i avea mosso il piede verso l'Italia. ma prima un fiero uragano che lo colse tra via. poi le fervide istanze degli amici. lo l'attennero ancora in Provenza (2). La primavera dell'anno seguente, deliberato del ritorno. parti da Valchiusa e venne ari Avignone. donde il ~8 Aprile all'amico poeta Zenobio scrisse essere sul punto di partire (la Babilonia, dove non vuoi tornare mai piu, III irrediturus ahenm n). Questo pensiero pur quello che
(1) Apot, contra cuiusdam (lrllii calumnias. Questa apolog-ia degli u ll i unui della vita dci Potrurcu. c certo posteriore alla morte di L'rbauo V. :21 Famil .. 1:J. 1;(1(1. 2. a. ,:l F'II,dl .. 11\. l'p lO E data l:. ,. IV Kal. :\1;la~

344
esprime nella nostra epistola (v, Il) Incola perpetuus .. ; onde questo carme e la lettera allo Zenobio debbono essere pressoch del tempo stesso. eli ambedue del t:~. A ~lilaIW, a Padova, a Venezia, ad Arqua divise il Petrarca I' ultimo periodo della sua vita. finch mori iliB Luglio 1374. Non rivide piu Avignone. n ripasso pi le Alpi che ci dividono dalla Provenza. Fu nel 1366 legato dei Visconti a Carlo IV in Praga, ma allora non attravers sicuramente il Monginevra. Rimane perci che il nostro carme debba ritenersi composto in occasione del passaggio del Monte Ginevra sul principio del Maggio t:35:3Pel Petrarca sembravano gi tempera longa ,. r ozioso biennio passato in Valchiusa, presso il Sorga e ad Avignone, luoghi gi muti per lui. vuoti. dolorosi, dove la ricordanza del tempo felice aumentava la miseria presente, p\~r usare le frasi del Poeta; motivi interni ed esterni, individuali e generali, estetici. politici, religiosi. si univano per accrescere in lui la brama vivissima di rivedere l' Italia e non laseiarla mai piu, tino a deporre le stanche sue ossa in quella terra in cui posavano le ceneri di Dante.
CARLO CIPOLLA.

ANEDDOTI STORICI E LETTERARI.

LXIX. -

L'IsOLA CENENS&

(C. CIPOLLA.) Dov' era l'Isola Cenense? - Questa una vecchia domanda della geografia medioevale veronese, alla quale fu risposto diversamente. L'ab. Pietro Garzotti (1) di recente ader all' opinione di coloro che identificano l'Isola Cenense ad Isola della Scala, saggiamente osservando che nel secolo XII sila disputata Isola Cenense che l'attuale Isola della Scala ci apparisce come villa importante; e gran peso diede alle iscrizioni del 1126, 1130 che si leggono sopra due chiese d' Isola della Scala. Non sapendosi dire, come l'Isola Cenense possa essere .andata dimenticata, egli suppose una semplice mutazione di nome, non rara in quel paese. Questo ragionamento per altro non , come egli stesso confessa, una dimostrazione rigorosa. Accidentalmente mi caddero sott' occhio alcuni documenti che, s'io non m'inganno, sciolgono la questione. Add 15 Giugno 1169 Dns ripran dus come guiberti quondam filius de cuitate (sic) uer. dedit tenutam unam que nominatur monsaltus que iacet in pertinencia curtis isole sicut consignabitur presbitero lemizoni. et girardo gastaldio malsanorum (di s. Giacomo di Tomba). et bertarino not. istius uice et personis omnium malsanorum habitantium iuxta atesim. et ecclesie sancte crucis et eorum -successorihus et hoc fecit pro anin.a sua - et notum sit omnibus tam presentibus quam futuris michi heredibus me ad proprium dedisse hospitali malsanorum predictum montem alturn et hec datio est sicut trahunt fosati noui undique. a capite uie de uadodetuzo. et auia de capite sortis de uaodetuzo et uenit foras uersus meriiem et uenit usque ad clausuram petri de madekerga et uoluit se uersus meridiem usque ad clausuram zenonis virgilii, et ut uadit ultra paludem uersus mane et ultra iIlum bos(l)

Appunti storici sopra Isola della Scnla',

Yl'fOlla,

1879, p, 19-20,52-3. :<>:,

scum qui est a latere palude et sicut ille hoscus uadit uersus nullam horam usque in capite uallis de tuzo. a uia que est a capite sortis sci ypoliti. et transit ultra uersus sero. et uenit iuxta sortem uersus meridiem usque ad uiam que est a capite sortis de uao de tuzo et est iuxta pedem fossati noni de montealto. quidquid est infra predicta consignatione. de terra aratoria et uegra et de bosco et palude. pratis. coriis et pascuis et uineis et arboribus et casis (1) . - Questa descrizione risponde pienamente alla localit che sta a N. d'Isola della Scala, in mezzo a numerosi canali. Col c' un Montalto, e pi al N. trovasi S. Ippolito; a N. E. sonvi pi luoghi denominati Boschi; ad E. ed a N. terreni bassi, un tempo evidentemente paludi (2). I documenti completano la prova. Un istromento del 14 Ottobre 1201 rogato ad montem aItum. in pertinentia insule cenensis . I fratres s di S. Croce locano una pezza di terra boschiva posta ad montem altum que appellatur onada. de vno latere habet sancta crux. de alio vignale insule . Pi sotto lo stesso documento ha, fra i patti: - et conducere partem pradiete ecclesie de ilIo lignamine in montem a1tum in curte domus eclesie sancte crucis (3). - Montaldo e Val de Tuzo compariscono in documenti 14 Luglio 1234 come spettanti all' Insula Comitum: In Insula comitum. In curte uchelli de montalto - ~ In eadem uilla - terra que iacet in hora que d icitur ualdateo que (!) laborat uchellus et facinus fratres s (4). Ora il uchello aveva relazione coll' Isola Cenense. Difatti un documento 13 Marzo 1235 (rerIatto: In presentia - Magistri benteuenie archipbri insule Azanensis ) ha: Zuchellus de Montealdo dixit et denu ntiauit dno Rodulfo rectore et ministro ecclesie et hospi talis sci Jacobi de tunbo che non voleva tenere per la chiesa di S. Giacomo, ma sibbene per quella di S. Croce, terras de Monte allo (5). E un altro documento del 2 Dicembre 124G, rogato, In uilla et pertineneia Insule comitis (l), parla di una pezza aratoria In pert. Insule In Ioco ubi dicitur degnane , sognando fra i confini fossatus ville , e quindi aggiunge: Item de una pecia terre arat. Apud Montalti (G). E finalmente un documento del 13 Aprile
(l) Esposti, perg. 9. Ant. Arc1l. Veron.
~('::rnato

(2: Carta della Provo di Verona del Pollettini, tav. XI. Un altro l presso, a N. E. eli Isola della Scala. :3) Esposti, perjr. 3R. (4) Esposti, perg. 213. (ti) Esposti, perg- 22l. (li) Esposti, p..rg- :nl;

~folltaldo

347
1:339 parla di terre aratorie, boschive, vitate o con alberi, o paludose, in pertinentia Insule de la scala, in hora Montalti , ricordando anche la Via Montalti (1). Trovo anche un documento deli23i Maggio i, rogato In plathea Comunis Insule azenense , che parla di un prato In pertinentia - diete Insule In Iaea ubi dicitur frasinare (2). Non saprei dire ave oggi duri il nome di Frasinara, ma certo che era nella pertinenza d'Isola (Iella Scala, giacche un documento 2 Giugno 131!) ha vna pecia tere pratiue Iacent. in curia et pertinencia Insulle de laschala , in hora uhi

dicitur Irasenaro s (:3).


LXX. L'ULTIMO TESTA)IENTO DI LODaVI CA GRADENJGO, VEDOVA DI MARI~O

F ALIER.

(C.) - Nel tomo I (pag. 364, a. 1871) di questo periodico, fu publicato un cenno sui testamenti (Iella moglie di Marino Falier, La quale, secondo una sentenza degli Avogadori di Comun del 1 ~ Gennaio 1389 (Raspe, IV 33), avrebbe nella pienezza del suo intelletto dettato le sue ultime volont al notaio di Venezia Guglielmo de Chiaruti, il 7 Marzo 1385; ma poscia, alienata di mente, sedotta (la parenti, altro ne avrebbe affidato agli atti del prete e notaio Pietro Spirito; infine add 7 Marzo 1387, mentecatta, e ogni di pi deteriorata di mente, ne consegn un terzo che fu trascritto nel protocollo di Leone d Ravolon, notaio all' Ufficio degl' imprestidi: L'ordine vero per, dei testamenti della vecchia dogaressa, non sembra quale fu stabilito dagli avogadori. Primo infatti fu quello negli atti dello Spirito, 1381, 14 Ottobre (gi publicato), consegnatogli l' 8 Marzo dell' anno successivo; secondo, quello stilato dal Chiaruti, 1383, 7 Marzo; terzo il l'agata dal Leone, 1:3H7, 7 Marzo, che qui '. ede ora la luce. Non si comprende adunque perch l'Avogaria giudicasse nulli il primo ed il terzo, dichiarando valido soltanto il secondo, che nella sentenza qualificato come primo, e dettato dalla Falier a mente sana. In questo terzo, del 1387, l'agata sulla cedula bambagina rlel lO Febbraio dell' anno stesso, consegnata al notaio, chiusa (' sUf("(2

(I) Esposti, perir. 21:2i. Esposti, perg. l'm.


p(rl!.

(:1) E~po~li,

inn.

:~4:~

gl'lIata, la Falier dice (li esser sana di mente e di corpo, ma grave di et (senio prcraoatas: dice il marito semplicemente 1lfari7W Falier, e tace del titolo cui ha partecipato; nomina suo commissario Giacomo Gradenigo, sposo della nipote Marina, figlia della fu Ingoldise, moglie di Pietro Gradenigo e sorella di essa Falier ; e Bianco Barbo, uno degli esecutori anche del testamento 1384, (lei quali ricorda, con un lascito, il cugino Lorenzo Gradenigo. Di parenti fra i legatari non nomina che i Gradenigo. La sentenza degli avogadori fu promossa da Giorgio Giustinian di S. Mois e da Nicol Contarini di S. Benedetto; e il testamento che qui segue, fu annullato perchjura predictorum ....

multum .... derofabantur.


Ma nel testamento che la Falier dichiarava volere che fosse il solo valido, aggiunge: et questo facio per le grande et continue infestacion che dcti parenti et daltri continuadatamente con molti stimoli me vien dado . Vuole anzi che se avesse a farne un altro (e sarebbe stato il quarto), non abbia vigore se non rechi il motto libera anima mea, Domine . Malgrado ci sembra che i parenti abbiano ottenuto che fosse dichiarato valido soltanto il secondo testamento, del quale pero non si conosce il tenore. Puhlichiamo intanto I" ultimo, indicato ci da pochi giorni dalI" amico Antonio Baracchi, egregio coadiutore nell' Archivio Notarile, - il quale viene ad aggiungere qualche notizia alle considerazioni che il chiariss, cav. prof. Molmenti espresse nello articolo Ln 1fggenda di Marino Falicr /Bullcttino d' m'ti, industria, numismauc e curiosoeneziane, punt. I, dell~80, pago 14). Certamente se il cenno della Falier, agli anni suoi gravi, nel 1387, si vuole riferire anche a poco oltre la media durata della vita; alla morte del doge (del quale era gi sposa nel Settembre del 1335). essa doveva contar almeno otto lustri, et del resto che non tale da toglier ogni oscurit sul VCI'O personaggio colpito dall' ingiuria dello Steno; mentre poi non se ma valore la scritta passata in proverbio. Intorno a ci ricordiamo quanto ha scritto l' onorevole redattore di questo periodico (i1'chinio Veneto, tomo VII, 1874, pago DD: Due documenti del doge Marino Falier s ).
In Nomine Dei Eterni amen. Anno ab incarnatlone Domini nostri Yhesu Christ! millesimo troccntesiruo octogesmo septirno mcnsls marcij dia septimo intrnnto udiotione decima. Rivonltt. Cum vite suo tcrrninum unusquisquo pror,1l~ rrnorot. rt nchil crtlus hu hnamus quarn 'lliori rnortis non possumus evtar

34!J
dtscrmen recte ig ltur unicuique lmmnet preeavendum ne incautus occuuibat et sie bona sua nordlnata vel indisposita derelinquat. Quapropter Ego Aluica Faledro olim ducssa nunc de confnlo sancti Severi per Dei gratiam corpore et mente sana quamvis senio pregravata dubitans de subito CMU mortis ne bona mea Inordinata vel indisposita remanerent venire feci ad me Leonem Venetiarum notarium infrascriptum ipsumque rogavi ut hoc meum scribere testamcntum pariterque compleret et post obitum meum daret cum clausuls et additionbus oousuetis et opportunis juxta formam et tenorem unius eedule bombicine clause et bullate eidem notano per me porrecte et tradite. Cuiusquidem cedule tenor per omnia talis est. Al nome de Dio amen, Mille CCCLXXXVI die X de fevrer, In Veniexia, Jo Alueha Falier relicta che fo de miser Marin Fallier, considerando che tutti e mortaI et non volando che dapuo la mia morte i miei benni romangna desordenad, sana de la mente et del corpo fazo mio testamento in questo modo in lo qual io eonstltuisso mie fedel Comessarii ser Jacomo Gradenigho marido de mia neza Marina fia che fo de madonu Ingoldlxe moyer de miser Piero Gradenigho mia peramabille et dillecta soror, et ser BIancho Barbo per simelle marldo dc mia neza arsa fia che fa de la dita mia seror, I qual dapuo la mia morte si chomo io ordenero debla despensar et adimplir. Prima lasso per anima mia et de mio pare et de mia mare et de i altri mie parenti morti in lemuosene bexognevelle et pietose eomrf aparera meo ali ditti mie Comessarii ducati mille de i mie imprestedi. ltem laso al sovrascrito Ber Jacomo Gradenigho al qual io molto son tegnuda et a suo heriedi ducati mille de mie mprestadi. ltem lasso a mio cuxn ser Lorenzo Gradenigho libre mille de i mie mprestedi. Item lasso a Chatarina mia servizial libre IJ' de i mie Imprestedl. ltem lasso a dona Felixe de san Zenon per servixii Il mi fatti libre C. de i mie imprestedi. Item lasso a Maria Gradenigho mia neza munega in san Lorenzo de Vpniexia cl pro de libre lIJ' de i mie imprestedi et dapuo la soa morte vegna IHJeramente le libre IIJ' de imprestedi in le sovrascrite mie neze et in suo beriedi. ltem lasso ad Adriana mnnega in San Lorenzo fla de i sovrascrlti ser Jacomo Oradenigho mio Comessario et Marina mia neza el pro de libre J1J' dc mie mpfllstedi con la condicion che io IllS.'IO ala sovrascrita mia neza Maria. Item lasso Zana mia sciava francha et libera de ongni vinchullo de servitudine, et che tutti li suo drapi et cbose li sia dade liberamente et Iibre XXV de boni denari a grossi. Lo residio de tuti i mie beni si mobelli chomo stabell si chaduchi chomo dosordenadi che per algum modo me podesse aspetar ne vignir lasso libera et ugualmente aie sovrascrite mie neze Marina et arsa et a suo heriedi. Et questo voo che sia el mio ultimo testamento et voluntade el qual per modo algun Don intendo mudur. Et se per algun modo io el mudasse, non voio quello chio fesse da novo sia de algun valor, salvo se in lo so comenzamento el non fosse scrtpto libera anima mea Domine. et questo facio per le grande et continue infestacion che dlcti parenti et daltri continuadamente con molti stimoll me ven dado. Preterea do trlbuo confero ac concedo suprascrtptia meis Commissariis post obitum meum plenam virtutem et potostatern predrctarn meam commissariam intromittendi adminlstrandi furniendi et percomplendi. Et insuper inquircndi inter-pellandi placitandi et respondendl advocatorum precepta et interdlcta tolendi legem petendl, sententias audiend et cousequendi ipsasque executioni mandari faciendi, appcllandi et appellationes prosequcndi et protestaudi. Petendi nsupcr et exccutiendi omnla mea bona et havere a cuncts michl dare debentbus ubieumque et apud quoscumque ca vel ex eis poterunt quornodollbet reperir Cur.

350
tas quoquo seeuritatis fuis remsslons quietacionis eommissionis proeuralionls et omnes alias cnrtas ex nde necesearias et oportunas rogandi et fieri faeiendi cum clausulls oportuns. Et si opus fuerit in anima mea iurandi. Et generaliter omnia et sngula alia doend faeiendi exercendi et percomplendi que in predictis et circa predieta fuerint necessaria et oportnna, et que egomet vivens et presens facere possern et deberem. Et hoc meum ultimum testamentum meam ultimam eontinens voluntatern frrnum et stabile esse volo et judico in perpetuum. Si quis igitur ipsnm frangere corrnmpere aut violare presumpserit iram omnipotentis Dei se noverit incursurum. Et insuper componat eum sui heredibus et successorbus suprascriptis meis commissariis et suis successoribus auri libras quinque. Et hec mel testamenti carta in sua permaneat flrmitate. Signum supraseripte egregie domine domine Aluice Faledro olim ducisse que bee rogavit
fieri.

(l. T.)

Ego Leonardus Denziveni testis subscrlps Ego Leo quondam ser Jacobi de Ravolono notarli Venetiarum notarius et nune scriba ad officia Imprestitorum. Protocollo Testamenti del notaio Leone de Ravolono, carte 54. Sede dArchvc, 1i4, VII).
DI

(Archinio Notartle di Venezia -

LXXI. - L. A. MURATORI E L' ARCHIVIO CAPITOLARE

VERONA.

(A. BERTOLDI.) - Pubblicandosi in questo Archivio dal eh. Bibliotecario della Capitolare di Verona mons. Giuliari l' Istoria di essa, credesi opportuno di pur qui riportare una Ducale Veneta ai Rettori di Verona riguardante gli studi che l'ilI. Muratori desiderava di fare nell' Archivio di quel Capitolo intorno alla Casa d'Este. Questa Ducale, con varie altre dirette a quei Rappresentanti, si conserva in questo Civico Museo tra i manoscritti Cicogna 22:25-0;) (3479).
Joannes Cornelio Dei Gratia Dux Venetiarum, Nobilibus et Sapentibus Vlns Georglo Contarono Equiti de Sancto Marco Potestati, et Andreae a Mula Captaneo Veronae fldelibus dilectis salutem et dilectonis affectum, Desiderando Lodovleo Antonio Muratori Bibliotecario del Duca di Modena unitamente con altro compagno rilevare alcuni lumi ct informationi dalle scritture oslstent nelli Archivij di cotesta Catedrale a motivo di terminar l' Istoria della Casa d'Este voi per gliene' permetterete l'ingresso con quelle forme caute che creder proprie la virt vostra. Datae in Nostro Ducali Palatio Die 7 Aprilis lndictione IX, MDCCX\"I. LORENZO VIGNOLA segretario. Nobilibus ~t Sapientibus Viris Georgio Contareno Equiti Potestnti et Andreae a Mula Capitaneo Veronae.

Il Muratori per non pot giovarsi di questa Ducale. e CiO chiaro risulta da una sua lettera, che conservasi nella detta Capitolare, e fa parte della Corrispondenza Muselli, di cui pur fa cenno

RASSEGNA BIBLIOGR.\FICA.

Guicciardini e le sue opere inedite di CARLO GIODA. Bologna.


1880. Da che comparvero le opere inedite di Francesco Guicciardini il bisogno di riscrivere la vita publica di lui fu sentimento unanime. Di gi alcuni fra noi e il Benoist in Francia ce lo hanno rappresentato sotto un aspetto assai diverso da quello giusta il quale lo si considerava in addietro. Ma nessuno prima del prof. Gioda ne ha fatto uno studio si compiuto da ritraroi intiera e precisa quella insigne figura. La quale campeggia tanto nella storia delle vicende italiane, anzi europee, del suo tempo, che le 674 pagine spese a tal uopo non possono parer soverchie, massime a chi conosce le dilli-o colt dell' impresa, maggiori che non sembrino a prima giunta. Perch richiedevasi un' analisi paziente, minuta, penetrante delle materie contenute in ciascuno dei dieci volumi, e quest' analisi lumeggiata con un continuo riferimento delle azioni alle idee dell' eta in cui si maturarono, e con la ricerca delle cagioni ond' ebbero origine "e svolgimento le professate dottrine. Bisognava cio tirarsi in prima da parte per lasciare che l' autore e rcol racconto delle sue azioni e con la esposizione delle sue dottrine si dipinga da s; ma poi farsi cosi addentro ne' suoi pensieri ed affetti, tanto diversi dai nostri, che il giudizio esca spontaneo dall' apprezzamento non pur dei tempi da lui vissuti e degli uomini che lo circondarono, si aneora, e pi, dalla serie dei fatti a cui nell' istoria la vita e l'opera sua appartiene. Tale il modo con cui il Gioda condusse il suo lavoro. Vi aggiungono pregio le considerazioni sparse qua e l, come son quelle, per citarne alcune, sulle affezioni domestiche, sulle questioni attinenti al publico insegnamento e all' indennit de' deputati, sulla natura de' popoli della Romagna, le quali, mentre servono a dare il vero senso di sentimenti, concetti e istituzioni che passando a tra-

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verso i rinnovamenti della vita civile hanno mutato il significato, raccolte che fossero, potrebbero formar corpo di varia dottrina valevole anche per il presente. N si vuol passare senza lode speciale l'assidua cura del far spiccare in mezzo alle discussioni del suo autore su cose locali e accidentali certe auree sentenze che ci trasportano nelle regioni della saviezza immutabile , Terminata in dodici capitoli la faticosa analisi di quel gran dramma di azioni e pensieri politici che fu la vita del Guicciardini, non sta contento il Giada ai singoli raggi di luce l' un dopo l'altro guadagnati. Ma tutti facendoli concorrere come in un fuoco sopra l' imagine di lui ce la riproduce di riflesso, sgombra d'ogni velo, con quel' suo stile sciolto franco perspicuo, in una sintesi stupenda, dove trovi riassunti in altri cinque capitoli le conclusioni d~' precedenti e con esse tracciato un nuovo disegno della storia d'Italia di que' tempi. Questa critica seria e anche vera arte storica; e a questa risponde l'alta moralit de' giudizi. Il Gioda proscioglie l' autor suo dalla taccia di aver tradito la Signoria nella legazione di Spagna, sottoponendo a diligente esame la vita e le scritture dell' accusatore Iacopo Pitti; ne loda le giuste idee di go- . verno, la energica resistenza opposta in Modena e Reggio agli abusatori della libert e ai violatori della legge, la specchiata integrit del magistrato nell' amministrazione della Romagna, e l'animosa virt del pigliar da s partiti pronti e sicuri in que' negozi fortunosi della Luogotenenza generale per il papa Clemente VII che non pativano di rimanere in sospeso; respinge l' ingiusto biasimo datogli per il fatto di non poca importanza accaduto in Firenze il 26 Aprile del 1527; fa la dovuta stima dell' opera sua ne' moti che tent attorno al castello di Roma per liberare il papa prigione, quando questi. non aveva ancora disgiunta la sua causa da quella clelia patria comune, e poi ne' consigli con cui cerc di renderle meno aspra la vendetta ci i lui e cl elia sua fazione. Appro va anche a ragione la part e presa nel creare Cosimo non gi principe assoluto, ma capo e duca della ropublica fiorentina. \Ja senti rimescolarg lisi il sangue a quelle parole ciel discorso scritto nel L510 dove l' inter esse parti colare chiamato maestro che mena lutti gli uomini, e benedici allo scrittore onesto che si rileva ne' conforti de' magnanimi e non pochi esempi oud' < provato il contrario, che ripete il gl'ilio della coscienza universale contro la condotta tenuta durante l' assedio el i Firenze, elle spiega ma non giusifca la difesa di Alessand ro de' ~J e el i c i .

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Cosi il Guicciardini d " messo sott' occhio qual fu: l'uomo di stato del suo tempo, ma non con tutle le colpe attribuitegli dall'odio di parte, mirabilmente operoso e adatto a conservare la indipendenza del principato di Toscana; uno de' pi grandi inizialori di quella scuola politica italiana la quale ha trattato la scienza del governo de' popoli con metodo sperimentale; primo storico del suo secolo, primo a rappresentare l'Italia nella sua unit di nazione e a ravvisare gli infiniti legami che i grandi eventi di questa et sciagurata avevano stabilito tra i suoi Stati e le maggiori potenze di Europa, Una scuola di civile sapienza, cos scrive il Giada nella introduzione, vediamo sorgere sulle sponde ridenti dell' Arno nel principio d,el cinquecento. Chi n' il fondatore mira massima-

mente a propunare con essa una causa pia e giusta; poich cosi
degna di venir chiamata C impresa di far indipendente l'Italia.

assunta dal J.lfachiavelli , , , Con la ristorazione de' Medit-i avvenuta nel 1512, ! condizioni politiche dell' Italia eran mutate, e il Guicciardini, che ci iecoa in mezzo, si forma un altro concetto del reggimento dello stato, . , Al Guicciardini poscia succedono altri scrittori civili, che qualcosa mutano ancora in quella idea dello stato, su la quale getta pure qualche sprazzo di luce la nozione che hanno, sebbene oscura e confusa, di una gran patria di tutti gli italiani , .. Sarebbe argomento degnissimo di studio il tentare di chiarire quel pensiero della nazione che c' , e s'intravede fra mezzo alle varie speculazioni di tali statisti appartenenti, si pu dire, ad una terza maniera, Chi lo imprendcsse. . . vedrebbe il moto ricominciare non pi nel centro della penisola ma in una prooincia al settentrione di essa. Qual piu grande, pi nobile argomento di studio! dir anch' io col Giada. E chi meglio di lui chiamato a trattarlo t Di lui che, dopo aver esordito in questo campo con un Saggio su la vita di Castruccio Castracani, ci.ha dato la tanto lodata monografia su Machiaceili e le sue opere, poi questo egregio lavoro sul Guicciardini, e ci dar in breve un ampio studio su Girolamo Morone? Ho riportato quelle belle parole della sua introduzione, perch leggo in esse, come una cara promessa, il programma di successivi lavori. onde avremo finalmenle una storia della scienza politica in Italia. nlLSEl'l'E \.lE LE. A.

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Un' incisiotte i" legno di iVarcatltoltio Raimoadi, F. I Sarcnfagi della Saerestia di S. loretuo: Salla /ormazi01l.e del Breeiario GrimulIi, H. GrIllI!ll. Dipiftti sulle pareti del Chiostro dei Premonstratesi di Bratldeburgo, A. Schultz. - Sulla Storia della rappresentazioae det Crocejs,o, E. Dobbert. - Adamo .h'lslteimer, il pittore romano della NaziotU tedesca, W, Bode. - Il trattato, che n01l si ritrooaoa, di Piero della Francesca sopra i cinque corpi regolari, M. Jordan. - Sto.!e medioeMli stampate, del Museo d'arte industriale di Berlino, J. Lessing. Gli sc(7)i di Pergamo e i loro risultati, H. Couze, C. Hu 111111111 , R. Bohn, H. Stiller, C. Lolling, O. Raschdorff. - il trattato della Architettura di Eitaret, R. Dobme. - Articoli d'archeologia cristia1la I., F. X. Kraus, DfllItl sola enumerazione di questi studi scorgesi l' importanza loro, e come essi trattino sVllriati argomenti, parecchi dci quali riescono interessanti a tutti i cultori delia storia dell' arte. Non potendo mi qui intrattenere su ciascheduno di essi, far cenno almeno d'alcuno di quelli che riguardano l'arte italiana, fra cui ve ne sono che toccano in particolare la veneta. Il ohlariss. Friedlauder tratta delle Medaglie italiane del secolo XV (pag. 1 a 11,78 a 112,263 a 269 tav. I a VIIl). Accennate da prima le principali publicazioni 8U questo argomento, egli plHIR in particolare di quella recente del chiariss. Armand : Le, Medai/Inr, italiefU des qui"zi~me et seizi~me sicle, Paria, 1879 j e con giusta compiaceuza 8' affretta ad avvertire, che vi trov autorevolm.ente confermato che le sue serie sono complete. L'Arwand estende il 800 lavoro a tutto il secolo XVI, il Friedlil.nder che intitola il 8UO: Medaglie del secolo XV, principia dal 1430 e va al 1530, e dice di essersi tenuto a tal limite, perch le medaglie posteriori, per la maggior parte piccole e coniate, appartengono ad uu altro genere d'arte, e perch quegli artisti sono ben conosciuti. Piuttosto che tenere un ordine cronologico generale come l'Armand, credette bene il Friedlnder di raggruppare i diversi artisti secondo i luoghi in cui maggiormente lavorarono, e descrivere le varie medaglie di ciascuno secondo l' ordiue cronologico di esse. Cos mentre l'Armand comprende ai singoli nomi eziaudio quelle medaglie il cui artefice non potrebbe esser dedotto che da alcune lettere, le quali sarebbero pure accencie ad una diversa interpretazione, egli invece volendo procedere sopra solide basi, e non intendendo di dar se non cile le medaglie di cui possa essere assicurato l'autore, lasci quelle Durer:
Lippmann. -

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crede che se pure alcuna se no potr scoprire, parecchie no certamente. A compimento di questo dUO studio s'intrattiene pur sulle incerte e sulle rifiutate: e qui toccando del contestato bronzo di Tito Strozzi, che ritiene non poterai attribuire al Pisano, non fa per cenno dell' esemplare che se ne conserva nel Medagliere annesso alla Biblioteca del Re in Torino. Dopo del Pisano tratta di Matteo de' Pasti, probabilmente suo scolaro, il quale eziandio visse a lungo in Rimini alla corte di que' principi letterati ed amanti delle arti belle. D alcune notizie sulla vita dell' artista, ed accennando alla lettera scritta dal Valturio, segretario di Sigismondo Malatesta, al Sultano Maometto Il, in cui gli additava il Pasti come artefice assai valente, dice di non saper affermare che questi sia andato a Costantinopoli, giacch i tre medaglioni, che si conoscono di quel Sultano, portano i nomi di Gentile Bellini, del Costanzio e di Bertoldo. Poscia descrive colla solita accuratezza 22 medaglie del Pasti, e ne riporta 4 nella tavola VIII. In uno de' suoi tre studl il eh. H. Lippmann illustra una incisione in legno di Marcantonio Raimondi (pag. 270-276). Questa stampa, di cui ci dll. la riproduzione, rappresenta: L'incredulit di S. Pommalo , e sta con altre in un libro assai raro edito a Venezia nel 1512 per Euane Antonio etfradeli de Sabio, che ha per titolo: Eputole et euauelij "ol!Jari li.istoria etc. Il Lippmann mostra come queste E'listole siano il prodotto di quella specie gi conosciuta di libri illustrati, che si us in Venezia come altrove, e pei quali gli stampatori adoperavano tavole gi esistenti, che avevano pronte, aggiugendovene alle volte alcune di nuove, Egli fa giustamente osservare come meriti d'esser studiata una stampa iu legno del Raimoudi, il quale deve la sua fama alle incisioni in rame. A. F. Didot, nel suo Essai . . . sur l' Histoire de la Gra"ure en Bois, Paris, 1863, 8.", parlando a pago 105 di Marcantonio dice: quelquea planche, ont l, !Jra"' par lui s"r boia a!l6C u. "'l'ai tale.t; ellu s01ll e:ctr!meme7&t rare, entre autre celle qui est eft &tte d' fUi li!lre ia/. intitul Epistole etc., dont j'ai admir le belle e:xcution daRa l'ea:emplaire qui appartient M. Piot. Il Lippmann da queste frasi un po' vaghe del Didot, il quale non cita come realmente conosciuta se non che i' incisione delle Bpistole, dubita molto che ve ne sieno altre da attribuirsi a lui; e fa notare che ad ogni DIodo questa sasltkrato come pittore e come scultore in bronso, .lfemol'ie del dotto
NASCONI.
CESARE BER-

Verona, 1862, 8.

\.

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miniatura siasi inspirato a quel dipinto, e cos sarebbe da assegnarsi alle illustrazioni dei mesi il periodo tra il 1506 e il 1520, periodo che egli tenta per di ridurre a limite pi ristretto appoggiandosi ad altro argomento. Quindi osserva che la testa di un cavallo, con ramoscello di quercia al frontale, che vedesi nel foglio del Breviario al mese di Maggio (erroneamente scritto Aprile) concorda perfettamente con quella del destriero sul quale A. Durer pose il IlUO Cavalier cristiano, la cui data del 1513, e ne deduce che sia perci da attribuirsi alle dette miniature un periodo di tempo ristretto tra il 1513 e 1520. N egli crede si possa dire che il Durer abbia visto il Breviario a Venezia nel 1507, e da quella miniatura abbia preso la testa del suo cavallo; poich egli dice conoscersi, che quello del Durer proviene dallo studio ftAtto da lui di cavalli tedeschi, modificato dopo che vide quello del Colleoni. Di due altri studi, d'argomento artistico-letterario opportuno far cenno. Uno del Jordan intorno al Trattato, che non si rinveniva, di Piero della FrancSlca lui cinque corpi regolari ( pago 112 e 118 l. Avendo veduto compreso questo Trattato nel ca talogo della Biblioteca dei Duchi di Urbino compilato alla fine del secolo XV da Federico Veterani, il Jordan credette fosse da ricercarlo nella Vaticana, ma sotto un titolo erroneo, poich altrimenti non sarebbe rimasto fin qui sconusciuto: e lo rinvenne infatti coll' indicazione Urbinate 632. Esso comprende 67 fogli, a piedi dei quali stanno i disegni illustrativi. Nel primo foglio vi la dedica al Duca Guid' Ubaldo d'Urbino, che credette di riprodur per intero, e nel secondo il titolo Petri Pictoris BU'I'genlis de quinque COrporilntl regularilnu. Confrontandolo con l'altro di fr. Luca Paciol, gi accusato di plagio, che fu edito a Venezia nel 1509 col titolo: Libellul in tre partiales tractatul diuilU8 etc., nota come risult che questo ultimo non altro se non che la traduzione italiana del primo. Accenna poi ad alcune differenze che in qualche punto pur si riscontrano, e d uno specchio delle due diverse lezioni. Circa alla questione del plagio, egli dice, certamente pregiudica al Pacioli il non aver mai nominato Piero della Francesca in questa sua traduzione, mentre in altri scritti non manca di lodarlo; e, soggiunge, ci che al pi si pu dire a suo favore si , ch' egli non sembra sia stato un semplice trascrittore. Si trovano in fatti nell' originale di Piero alcune postille di altra mano, le quali son poi introdotte nella traduzione italiana, e che possono attribuirsi a fr. Luca. L'altro studio art.istico letterario intorno al Trattato d'Ar-

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confortarli con esempi autorevoli Il. E gli esempt autorevoli sono principalmente quelli dello Sclopis, a cominciare dalle postille che giovanetto (16 Decemb. 1819) aggiungeva all'opuscolo delle sue tesi d'aggregazione, e rivedeva con alta commozione e confermava mezzo secolo dopo (25 Luglio 1869), 'fino alle intime rivelazioni dei sentimenti che gli sgorgavano dal cuore secreto dopo il famoso arbitrato dell' Alabama (17 Settembre 1872). Di fatti II nel conte Belopis rimase unn 'consuetudine della vita quella contratta in giovinezza di mettere in carta i suoi pensieri ed i suoi propositi intimi ... Non incominci a tenere nota seguitata di quanto faceva o vedeva od udiva d'importante in faccende politiche che nell' anno 1859; ma prima scriveva, per lo pi, le aspirazioni interiori su trucioli di carta, de' quali molti si dispersero, , " ed i sopravvanzati ili conservano con religiosa vigilanza. E meritano in verit di essere custodite religiosamente queste rivelazioni, che rimasero, quant 'egli visse, ignote alla sua stessa compagna; giacch la tenerezza rispettosa e riconoscente verso la madre, l'amore di Dio e della patria, l' ossequio alla fede e il culto della scienza, l' umilt cristiana e la nobilt. squisita dci sentimenti, armonizzando perfettamente ncII 'animo dello Sclopis, gli diedero una coerenza meravigliosa tra il pensiero e l'azione iu tutta la sua lunga carriera ed una saldezza di principi immutabile in mezzo 8 tanto e cos vario succedersi di avvenimenti, onde la flsonornia di esso riceve un' impronta di elevatezza morale ch' senza dubbio singolare e stupenda. Presidente del Collegio arbitrale sulla questione dell' Alabama (al quale nffizio si prepar, come apparisce dalle notizie del Manno, con una diligenza scrupolosa che auguro 1\ tutti i membri delle infinite commissioni che pullulano sulla faccia del globo), egli ebbe 1'onore di proclamare il lodo solenne. E mentre il suo nome correva onorato cd applaudito nei due emisferi, mentre giuugevangli felicitazioni e complimenti da ogni parte, e telegrammi da ogni gente, e indirizzi da ogni ceto, persi n dai masson i; egli, umile in tanta gloria e sempre fervoroso e creden te, seri veva ne) suo libro di ricordi parole semplici, e che il Manuo ben dice degne di essere ricordate; le quali io vorrei trascrivere qui, se non credessi miglior consiglio invitare i miei lettori o cercarle nell' operetta del Manno. Cos le intime aspirazioni dell'onorando uomo nella sua lungo ed onorata esistenza, diventano una lezione continua, viva e, giova crederlo, non inefficace sull' animo della giovent, assetata com', e per natura sua sar sempre, di verit e di giustizia, Pur troppo non mancano i tristi che si aft'ati-

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nuova edizione, destinata ad estendere l'eCficacia dei buoni esempi che ci ha voluto proporre. E poich parliam di speranze, ci sia lecito di far premura all' illustre scrittore, affincb voglia darci al pi presto quegli altri libri, di cui ci fa intravvedere la non lontaDa publicazione. Quello che in queste pagine egli ci ba ricordato o rivelato dell' onorando suo padre, ci fa sentire pi vivo il desiderio della promessa biografia, che andr innanzi alla nona edizione della Portuna delle parole. Ancbe l'altra scrittura, parimenti promessa, sul Conte Ottavio di Revel, dovrebbe ricordare o rivelare parecchi tratti di quel nobile disinteresse e di quell' elevato giudizio, di coi troviamo gi qui non dimenticabili esempI. Non sappiamo infine S6 il Manno potr o vorr darci quella storia dell' antica Magistratura piemoutese, che and travolta nell' onda dell' universale rinnovamento . Certo si che lodando l'indipendenza di quella Magistratura, a cui malamente si appose taccia di debolezza, il ManDO si lasci cader dalla penna alcune osservazioni piene d'arguta bonariet, che mostrano in lui un animo eguale all' altezza dell' argomento.

R.
CESARE GUASTI. Il Sa'Donarola giudicato da Gino pago lO, 8' Estr. dalla Ral8eg'~a Nazionale,

FULIN.

Capponi. Firenze, 1880.

Par quasi fatale che certi nomi siano bersaglio delle passioni umane cosi, che in torno ad essi sorgano e perdurino i pi disparati giudizi j onde, anche tra gente di fede comune, vengano di qua inrialzati alle stelle, di l vituperati e dannati all' infamia. Di cosiffatti il combattuto nome del Savonarola, intorno al quale per lungo volger di tempo si addensarono fittamente le ombre per giudizi molto spesso appassionati e parziali. Nondimeno maggiore studio de' tempi in cui visse il celebre Priore di S. Marco, quindi copiosissima serie di publcasloui intese a ritrarre quella magnanima figura di frate, recarono via via tanta luce, che poco o nulla rimane omai d'inesplorato e di oscuro in questa parte. Ancbe solo a ricordare i pi recenti lavori, ov' parola di lui, c' da farne quasi una biblioteca. Dagli scritti dci Villari, del Marchese, del Masi, sino alle ultime raccolte di nuovi documenti, come quelli del P. Bayonne e del Cittadella, publicati dal Gherardi nella Rioista U1Jir;ersale di Firenze, ed alle pagine ispirate del Capponi c del Capecelatro, c' pi che abbastanza per giudicare con serenit e francbezza, quanto almese

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sione pi veemente che la vanitll di portare i natali fino alle stelle. Ed ecco perch nelle tavole genealogiche di molte famiglie trovano posto origini antichissime immaginarie, quando invece talvolta dai nepoti s'ignora perfino la pia prossima serie dei veri antenati. Eppure non chi non vegga, quanto giovi alla storia il conservare i nomi ed i fatti importanti delle stirpi pi nobili, percb nei tempi andati, e specialmente nei tempi feudali, la storia di estese regioni non quasi altro che la storia di poche tra le pi importanti famiglie, che vi tennero dominio pi o meno contrastato. La presente monografia genealogica di vetustissima casa siciliana fu scritta dal primogenito dei sopravviventi, nob, marchese Federico Lancia di Emmanuele, duca di Brolo ecc., e fratello al por vivente Corrado, del quale non ignoto il nome agl' italiani, che sel videro sedere tra i migliori nei consigli della nazione. Di codesta famiglia dci Lanza o Lancia, imparentata a tre dinastie e continuata per trenta generazioni nella millenaria sua parabola, dai piaciti di Roncaglia al parlamento di Montecitorio, dagli assedi di Parma e di Palermo a quelli di Malta e di Gaeta, dall' espugnazione di Tunisi a quella di Messina , qui tracciata la storia con semplicit e chiarezza, assai difficili in tal materia. Infatti non si trovano qui, belli d'apparenza e destituiti di fondamento, alberi folti con diramazioni moltiplicate. Il che avviene di fare in genealogie di famiglie, per le quali dubitasi manchi la sostauza. Qui invece, affermata la derivazione Aleramica della famiglia, viene delineato un semplice penuone che direttamente si prolunga oltre al mille, desunto da sincroni ed autentici documenti e da testimonianze concordi o discusse. Indi, quasi commento analitico. si fanno menzioni biografiche di ben 250 indi vidui, con uote strettamente affini al testo e capaci di porgere analoga istruzione. Tale si annunzia, ed nel fatto, il presente albero genealogico e biografico dei Lancia, al quale far seguito, speriamo, il promesso codice di tutti i diplomi di famiglia, e da ultimo una storia sommaria delle famiglie per alleanza congiunte.
C. FRA:-zI.
BERTOLINI FRANCESCO.

Storia delle dominazioni barbariche i. Italia. Milano. Vallardi, 1878, pago 392, 8. gr.

Dopo il volume della Storia antica d'Italia dalle origini alla morte di Teodosio I. l'editore Vallardi ci ha dato dello stesso Autore l'annunziata Storia delle dominazioni barbariche in Italia dal

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stieo, come potrebb' essere di un' epoea cos scarsa di scrittori Bilicrani. E il nostro A. ci sembrato aver qui chiaramente e gladiziosnmente assommate le deduzioni dell' Burter, del Thierry, del Manso, del Glden, del Mommsen ecc. Discorrendo dei Longobardi e delle loro istituzioni politiche (Iib. III), l'A. tratta aneh' egli lungamente la questione, se e quanto durasse fra loro il gius romano in pro; dei vinti, e ci per definire il trattamento che a questi hanno fatto i vincitori. E penetrando egli le ragioni, in varia parte prodotte, concbiude col seguire l'opinione mediana di quelli che asseriscono, non essere stati gl'Italiani privati al tutto della libert personale, ma piuttosto aver essi goduto della libert di sudditi o prof'inciali, non gi di concittadini al popolo conquistatore. Anzi nell' Editto stesso di Rotari pu trovarsene traccia, nella frase: in prof'inciam Italine Longobardorum Il; lo provincia infatti fa pensare ai provinciali. Questa opinione viene ammessa, come dal Capei, cos anche dal Villar! nel suo dotto Invoro: S_lla Famiglia e lo Stato nella storia italiana. Il diritto publico e penale, dice egli. poteva totalmente alterarsi sotto il dominio di un popolo conquistatore. Ma il diritto civile, che era lfiltrato per tauti secoli nel sangue romano, che avea regolato le mille e sottili relazioni di un popolo ci vile, che soddisfaceva a' suoi mille bisogni, non poteva morire del tutto sotto la spada di un popolo barbaro, che questi bisogni non conosceva, che queste relazioni non sempre intendeva.... I matrimoni, le successioni, i contratti poterono quindi assai spesso continuare secondo 1l:L consuetudine antica Il. Del resto, per quanto s'attiene a questo punto, tutti sanno che dopo gli studi amplissimi di autori, quali il Troja, il Balbo, il Tommaseo, il Manzoni, il Capponi, lo Bclopis ed altri, e dopo i lavori classici di Merkel, Leo, Bchupfer ecc., non rimane quasi altro che la difficolt della scelta fra i giudizi de' sommi. In questo stesso lib.lII troviamo al capo V le origini della citt di Venezia e del ducato veneziano. E qui l'Autore dopo avere chiarito cbe, al cessare della dipendensa degli- abitanti delle isole dai magistrati del continente vicino, la dipendenza primiera della Venezia marittima dai Goti, e poi dai Greci, si ridusse solamente ad una specie di protettorato auzich in uua sudditansa (e questo ammette il Romanin con cento altri), passa egli a riferire, appoggiato alle notissime fonti veneziane, le origini storiche del ducato, le attribuzioni dei primi Dogi e le relazioni col re Liutprando, colla morte del quale (744) si chiude l'importantissima storia dei Longobardi, di Paolo Diacono.

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Pontefici, l'asserita e Don sempre provata corruzione, la brama di dominio ecc. Il che ci trae a dire, che pi di una volta in quest' opera ha luogo il solito scambio di apporre alle istituzioni i difetti che sono propri sol tan to dei tem pi e delle persone. Vezzo preso a prestito da autori stranieri, dei quali i nostri, per seguire l' andasse del tempo, sogliano farsi imitatori, sinanche nel calpestare le glorie nostre pi salde. Leggasi, per es., come l'A., sul finire dell' opera (pag. 384), dovendo pur esaltare Benedetto VIlI, il quale con cuore impavido salv la bassa Italia dall' invasione dei Musulmani (1015), dopo avere osservato che il buon Balbo direbbe eal6rci il dito di Dio nel fatto rimarchevole che in cosiffatti pericoli uomini di carattere forte tengono la sedia papale , prosegue egli COli queste parole, che non gli fanno certamente onore: <Ii Noi, gente incredula, ci leniam paghi di attribuire il fatto alla buona fortuna, e siamo ben contenti che questa abbia prta ai papi occasione di far un po' di bene alloro paese, in compenso del grandissimo male che gli fecero, e clte non ai riatanno ancora dalfargli . Se poi si tratta di materia strettamente religiosa, propriamente degna di compassione lo disinvoltura, con cui si usa dai nostri di entrare in argomento e pronunciar sentenza sicura, per qunnto 1'ignornnza dell' obbietto dovesse renderli avverfiti intorno alla facilit di errori, che non rendono certamente pi serio uno scritto. Si accenna, per es., all' epistola di Carlo Magno, diretta a Bnugolfo abate di Fulda, colla quale s'invitavano i vescovi a fondare publiche scuole ed in queste attendere, oltre che allo studio delle lettere, a quello altres della S. Scrittura, perch, come detto, vi si contengono delle allegorie. figure ecc., difficili 8 intendersi, nel loro vero significato spirituale. Ed ecco il nostro A. ingenuamente meravigliarsi, che un uomo deU' ottavo secolo parli di allegorie nel codice religioso, quando oggi ancora un simile linguaggio potrebb' essere colpito dall' anatema della chiesa di Roma! Eppure chi sia anche un poco versato nelle cose che si attengono al codice religioso ed alla storia della sua interpretazione potrebbe rispondere all' A., che anzi, se v' ha cosa ammessa ab antico dalla chiesa di Boma, e contraddetta dalle chiese odierne dissidenti da Roma, ell' appunto l'esistenza dei sensi allegorici e mistici nella S. Scrittura. Ma forse non si obbligati a sapere di queste cose Il' nostri, sebbene sia lecito farne parola e giuizio liberamente. N scusa migliore sappiamo trovare per il eh. prof. Bertolini, se non questa,

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te . Apprendiamo eoil sicnramente eome il primo a coi sorridesae
il pensiero di raccogliere e stampare gli scrittori inediti di cose italiaoe sia stato lo Zeno, il qoale sollo scoreio del 1600 partecipua il 100 disegno al Moratori per otteneroe, come ebbe, premessa di aiuto. Ma lo Zeno dalle vicende della sua vita e da mille ostacoli impedito sempre, eolla partenza per Vienna, qoal poeta Cesareo (1717), dov abbandonare ogni speranza di incarnare il suo progetto, cbe fu premorosamente raccolto dal Moratori, il quale, lia come PreCetto dell' Ambrosiana, sia, pi tardi. come bibliotecario dell' Estense e iIlostratore delle antichit de' Principi suoi signori, aveva trovato opportunit di raccogliere in parecchi anni di ricerche, tanti documenti ignoti e tante storie aneddote, da trovarsi, sulla fine del 1719, pronta per la stampa ona raccolta da formarne qoattro .olomi in foglio. Comunicato il suo proponimento al libraio bolognese Filippo Argellati, costui, da intelligente negoziatore che egli era, ne vide tosto tutti i vantaggi che gli potevano derivare, e lo accolse con grande sollecitudine. Falliti varl disegni di dar alla 10ce la raccolta in Olanda, a Ginevra, a Torino, trov finalmente l'Argellati buoua accoglienza in Milano. A qoesto, o poco pi, si limita la parte di cooperatore cbe al buon esito della grande impresa ebbe l' Argellati j mentre, o per asserzioni sue o per altrui ignoranza si gionse a credere ed a stampare che da lui fossero stati ragunati e forniti al ~Iuratori quasi tatti i manoscritti e le notizie per i primi volumi! (l) Realmente l'ingerenza deII'Argellati fu in progresso di tempo pi dannosa all' impresa clie utile j giaccb come da principio durarono fatica ad accordarsi il Muratori ed i cavalieri milanesi por freddezza e sospetti che dall' UllO e dagli altri erano nutriti rigoardo all' Argellati, conosciuto come vantatore e uomo di gran bocca (sono parole del Moratori stesso), prodigo di promesse e pronto ad intraprendere grandi cose senza possedere i mezz! di condurle a buon fine j cosi, quando fu costituita la Societ e fattiai garanti il Trivulzio ed il Sassi, si di mano alla stampa, egli col ritener per al! nove sui ventiquattro carati da ripartirai fra i soct, collo spadroneggiare continuo, colla ritros\a a render esatto conto dello spese e degli utili, eccit gravi malumori, e fu poi cagione precipua delle discordie, sorte fra il Muratori ed il Sassi , che per poco non riuscirono fatali alla gloriosa intrapresa. Degli altri soci palatini, grazie alle diligenti ricerche del cav.
(1) Nella BiQ,rajla ufI;fJtrsalt, citata Ilal Vlseh], nota 5.

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dicate. Ho unito al Rerum ltaliearum anche i Snpplimenti (ne) di Firenze e gli Scrittl)ri delle cose Napoletane, che fortnnatamente trovai. Riceverete pure gli Anecdola Graeca et Latina del Muratori, rara ed utile raccolta. Il Supplemento del Donati qui non trovoesi, onde dovetti commetterlo a Lucca, paese di lenta spedizione. Appena giunto ve lo apedir colla cassetta dei Pari"i. Quanto agli esemplari, mi studiai di sceglierne i migliori. Essi furono tutti registrati. Prima di avere i Rerum ltalicarum Beriptore ne viaitai pi di venti copie, e le trovai tutte imperfette o malconce. Ques/' opera, oltre l'incendio di tre ~olumi, andala in 1'0-

fJina per la .egligenza dei Soct Palatini clte ne lasciarono marcir, la mal8ima parte. lo non trovai di meglio cae convenire con nn
libraio per averne a sua spesa un esemplare, per quanto si pot, nitido e perfetto i il che si ottenne, cangiando pi centinaia di fogli. Eccovi la nota delle opere co' loro prezzi e h.' !!pese qui occorse. Omillil. I miei saluti al gentilissimo vostro figlio. Desidero occasioni, onde contestarvi la sincera mia stima c premura ". L'accusa fatta dal Reina alla Socict, se vera, e pereh non lo sarebbe t grave e triste. Ma pur troppo questa la solita vicenda delle cose umane.

F.

NOVATI.

Filippo Strozzi prigioniero degli Spagnuoli. NuofJa ricerca di L. A.


FERRAl. Padova, 1880, tip odel Seminario, pago 52, 8.. Quaranta giorni dopo che il conte di Sifontes, ambasciatore cesareo, riconobbe legittima l'elezione di Cosimo I a duca di Flrense, nella battaglia di Montemurlo (2 Agosto 1537) Alessandro Vitelli cogl' imperiali ruppe e fece prigione Filippo Strozzi. Un anno durarono ", scrive Gino Capponi (III, 330, 2. ed.], le pratiche e le ambascerie di Cosimo a Carlo V per avere nelle mani lo Strozzi, essendo la fortezza (dov' egli fu chiuso) allora tenuta a nome di Cesare. Il qnale infine avendolo poi ceduto, fu sparso lo Strozzi essersi ucciso di sua mano, lasciando anche scritte intorno a quella determinazione parole solenni. Ma pi verisimile che egli avesse
III La minuta, autografa, tutta cassature, esiste nella raccolta Germani In Cremona. I Nomi del Reina e del Mlirescalchi son troppo noti, percb ci fermiamo qui a dame notizia. Il Marescalchi era forse a Parigi, quando il Rein8 gli scriveva questa lettera.

Diqitized

yG o og le

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Jakrelberickte der Gelcmcldl?lJillefllcktift ..... nera.'IIIII,be. l'M d: F. ABRAHAld, d: J. HEUIANN, d: Rorsr. MEYER. I Jakrllafl(l,
1878. Berlin, 1880, Mittler, pago XII, 663,
8.~

Il lavoro dei nostri giorni in tutti i rami dell' umano sapere tanto e s vario, che riesce assolutesnente impossibile, anche a quelli che fanuo professione di studl, badare a tutto. Gli uomini enciclopedici sono caduti da lungo tempo di moda; ciascuno sente la necessit di restringersi ad una scienza, anzi ad un ramo particolare di scienza; felice se, guadagnando in profondit quel che sacrifica in superficie, pu, per usare la non piil nuova metafora, aggiungere una pietruzza nuova all' edificio che si sta costruendo. I giorno li scientifici aiutarono e aiutano tuttod) gli studiosi; ma i giornali medesimi crebbero oramai tanto e di mole e di numero, che, se non affatto impossibile, certo molto difficile seguirne con attenzione l'incese.ante Il non infeconda fatica. S'imaginarono adunque mezzi pi rapidi e comprensivi, che rappresentassero sommariamente il procedere di ogni singola scienza in un periodo dato di tempo, affnch, in questi che vorrei dire in ven tarl delle fatiche di tutti, ciascuno cercasse quel tanto che pu giovare agli speciali suoi intendimenti. E nacquero cos gli AnnuarI Scientijici, tra i quali venuto a prender posto onorato anche questo, publicato per cura dei signori AbrablUll, Hermann e Meyer. Rappresentare il progresso degli studl storici (eccetto quelli che si riferiscono ad argomenti contemporanei) raccogliendo da ogni Ii~gua e da ogni maniera di scritti, opere voluminose od opuscoli, memorie accademiche od articoli di riviste, il contributo nuovo che hanno recato alla scienza; escludendo affatto la polemica, restringendo a qualche osservazione la critica, e mirando a dare .sistematicamente, succosamente, oggettivamente la contenenza di t,utti i lavori storici che veggono d'anno io anno la luce in tutto il mondo civile, ecco il c6mpito, arduo in verit e laborioso,.che si proposero i tre chiari editori. Raccolsero a questo fine uno scelto drappello d'uomini dotti e volonterosi, in compagnia de' quali hanno tentato l'impresa j e, siamo lieti di riconoscerlo, a malgrado di qualche lacuna, della quale nella prefazione del libro si giustificano pienamente, questo primo volume che abbiam sott' occhi, destinato a render conto dei lavori usciti nel 1878, pu dirsi pi che un tentativo, un successo. Totto il libro diviso in 65 capitoli, 8 eonsa-

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ria, ma anche perch ha recato il suo contributo alla storia d' 81'trl paesi. Piace di fatti vedere ricordati i lavori di Fr. Rossi sulla storia egiziana (pag. 22, 23) e quelli di Lanzone e di Ghiron sulla storia degli arabi (pag. 334); piace che sian lodati gli studi che Lattes, Cerato, Spano, Francesco Cipolla inserirono nella Ri1)i-

sta Sarda, nell' Archioio Veneto e nella Riflista di Filologia intorno agli ebrei, ai prischi Latini o aSolane (pag. 44, 45, 56, 76). Coufessiamo peraltro che nella storia di Roma antica e nella storia del papato gl' italiani potrebbero essere molto pi operosi di quello che appaia dalle citazioni di questo Annuario (pag. 72, 73, 76, 77, 320, 324) ; il quale poi rendendo conto dei lavori usciti sulla storia delle crociate (pag. 335-340), che pure tanta parte di storia nostra, non ricorda nel 1878 un solo autore italiano! Speriamo che sian pi fecondi gli anni avvenire; e che l'Annuario, a cui, per l' incon trastabile aiuto che recher agli studiosi, auguriamo prospera vita, debba pi lungamente e pi frequentemente discorrere dei nostri studi, che pure in molte provincie sono coltivati con tanto e S'l lodevole ardore. R. FULIN.

Storia delta Riviera di Sal. Libri quattro del conte FRANCESCO BETTONI. Brescia, Malaguzzi, 1880, voI. 4, in 4.
Giacch una fortunata occasione ci permise di leggere le belle pagine di questo lavoro, gi quasi del tutto stampato, ma non ancora fatto di publca ragione, ci affrettiamo a darne un cenno ai lettori dell' Archivio. 11 conta. Francesco Bettoni uno di que' pochi Bresciani, che alla dovizia del censo uniscono l'operosit dello S\Udio. Gi. noto per altri lavori letterari, con paziente cura, con amore e giusto senso storico, distese in bell' ordine la narrazione degli avvenimenti della Riviera di Sal, culla di sua famiglia, ed ave essa ancora possede vaste propriet ed una splendida villa (Bogliaco). Con stile chiaro, con dizione propria e corretta scritta questa storia, che fu dall' autore con molta maestria collegata con quella deIle vicende bresciane e nazionali, in modo che la lettura di essa ritorna facile e gradita. Nulla rin viensi di arrischiato, tutto ha base nei ocumenti, anzi in altri tempi si sarebbe accusato l'autore di critica troppo severa; ora non pi permessa l'accusa, molto pi che la sua severit non arriva fino all' ipercriticismo germanico. Nel I volume in cui narra le vicende della Riviera dalle ori-

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frase pi precisa, e qualche correzione maggiore, di lettura c di tipografia, nei due volumi dei Documeuti. Se nonch sono questa piccole mende in confronto ai chiari pregi di quest' opera, che certo verr letta con speciale interesse e soddisfazione di tutti coloro a cui stanno a cuore le patrie istorie; e crediamo sorger in essi, come sorse in noi, il desiderio che il onte Bettoni continui a donarci lavori storici COS"l accurati e di cos incontestato valore come questo BUna Riviera di Sal.

L.

FESTIDONtA.

Adelardo 11 de CattalJei, primo cardinale "eronese. Verona, 1877,


Francbini. Questo opuscolo opera di modesto? benemerito autore, che volle rimanersi anonimo. Lo dico modesto, perch esorta altri a scrivere meglio e pi estesamente Il la biografia del suo Adelardo; . lo dico benemerito, perch con molta diligenza rovist cronache e documenti ad illustrare una biografia assai rilevante nella storia particolare di Verona e generale delle crociate. Se dalla lettura delle cronache ci innalziamo bila meditaaione della storia, siamo costretti li desiderare l' estensione- che l'autore bramava da altri aggiunta al suo opuscolo, comunque erudito. L'et. di Adelordo (che visse assai lungamente dal 1122 al 1225) l'epoca famosa delle grandi crociate, alle quali prese parte, e non piccola, il medesimo cardinale vescovo di Verona, e dane quali riportarono, secondo le cronache e la tradizione, gloriosi e molteplici monumenti alla loro citt i Veronesi, oltre le prove non poche di marziale valore che diedero in molti combattimenti. Perch l'autore non ne fa parola, pago di seguire il filo cronologico della biografia di Adelnrdo unico e 80101 Avverto che la Nota 27, trascritta dall' Ugbelli, nella quale si parla di molti nobili Veronesi crocesignati ll, si riferisce a quelli che insieme con Adelardo legato pontificio assediarono Acconc, Tolemaide, o s. Giovanni d'Acri; non mai a quelli, com' detto a pago 19, che recaronsi col medesimo legato pontificio nei dintorni di Gisors ad invitare allo. crociala i re di Francio. e d'Inghilterra, che vi ebbero porti s avventurose. . Il cb. autore esalta il papa Alessandro III per essere stato inflessibile nel sostenere i diritti della Chiesa. debito di fatti avvertire che, per salvare lo. nave e i naviganti, fu sempre stimat pru-

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Se!Ja,tiano Bagolino, Studio critico di Uoo
mo, 1880, Amenta, p. 86.
A~TOSIO AMICo. Paler-

Il signor Ugo Antonio Amico publicava nel 1874 (Palermo, Virzt) uno studio su Se!Ja,tiano Bagolino poeta latino del secolo XVI, di 36 pagine; in quest' anno egli facev'" la seconda edizione del suo libro, ma vi arrecava tali mutamenti ed aggiunte da giudicarlo nuovo lavoro. Si legge che, fuggiasco di Verona sua patria, capitasse in Sicilia Lionardo Bagolino pittore, e che ridottosi in Alcamo vi sposasse Caterina Tabone d' on orevole e antico casato. La famiglia Bagolino pare venisse a Verona da Mantova j cos almeno ci assicura il Torresani, genealogista veronese (1). Non ci li nota In ragione della fuga di Lionardo j n la valentia sua nella dipintura, e quasi quasi si dubiterebbe della sua origine veronese, se si dovesse star contenti 111 Torresani, il quale non fa cenno di alcun Bagolino trasmigrante in Sicilia. Tuttavia il nostro poeta in pi luoghi ricorda la sua origine ~eronese, come in questo:
Alcamene tune me Crinisis in aequore terrae Conceptum ex Atbesi flumioe nympbn tulit;

ed altrove:
Alcamo, mi patria es : natus Criniside nympba Adsc vlsse Athesl dcor ab usque patrem.

Sebaatiauo Bagolino nacque di Lionardo in Alcamo il 25 Marzo 1560. Studi pittura e musica; ma per natura era tirato alla poesia, ed ebbe a primo maestro Marco Gentiluccio di Spoleto fJir

paucorum irorum dactrina non fJulgari, justus et integerrimu,.


And a Napoli; c fu discepolo di Ascanio Vopisco; e poi si diede ad educare giovani nobili all' arte della poesia. Contrasse illustri amicizie, tra cui con Ferdinando Carafu dei conti di Maddaloni , ch' era vescovo di Bajnno. Lasciata Napoli, and a Palermo e poi in Alcamo, ove nel giorno 7 Agosto 1593 si congiunse in matrimonio con Francesca Battiata, donna coltissima, autrice anch' essa di poesie latine. Dopo alcun tempo il nostro Sebastiano abbandonava di nuovo Alcamo e ritprnavasi a Palermo, splendidamente accolto nella casa di Francesco
(l) E/og. !listor. nob. VCi'onae propoginum etc., ca Comunale di Verona, Jl. 22.
Ir.8.

808, Il, della Blblcte-

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GIUSEPPE BIADEOO.

L' Aristodemo e il Caio Gracco di Vincenzo Monti giudicati da C.


VANSETTl e ~1. CF.S.\'ROTTI. Firenze, 1880, tipo del Yocabolario [Nczze Neucioni-Amerrghi, XXVlII Ottobre MDCCCLXXX).

Questa publicaziono fu fatta dai signori Giuseppe Picciola e Guido Mazzoni. Di quest' ultimo abbiamo altri lavori pregevolissimi alle stampe tra cui quelli sul Cesarotti. 11 Picciola in questo opuscolo ha dato in luce due lettere di Clementina Vannetti, dirette al Tiraboschi, intorno all'4ris'~".q.

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suo animo e del suo ingegno, entrambi governati dagli accidenti e dagli studi particolari della sua giovent . Il Trevisan non cieco ammiratore del Foscolo j eppure dopo un lungo e acuto esame del carme non si perita d', affermare che i Sepolcri sono la prima voce lirica della nuova letteratura, e l'affermazione della coscienza rifatta dell' uomo nuovo. Ed ha ragione; sebbene trovi che in essi non ogni cosa perfetta e che anzi ci ha parecchie mende, meritevoli di essere poste in evidenza. E per questo accolse spesso le censure di altri critici, in ispecie del Della Valle j col quale per non divide la conclusione. 11 Della Valle, per aver giudicato il lavoro del Foscolo pieno di imperfezioni, lamenta che se ne facciauo tante edizioni e se ne moltiplichino gli esemplari, che andando per le mani dei giovaui, questi, secondo lui, avrebbero davanti a s un cattivo modello da imitare. II Trevisan, al contrario d' avviso che i Sepolcri sieno degnissimi di essere studiati da ogni giovaue colto e per la gravit dell' argomento e per la nobilt dellu scopo dall' autore propostosi, e pel calore della passione, che anima la parola c lo stile. c Che se si volessero escludere quegli scritti che hanno imperfezioni o d'una o d'altra maniera, quale mai quel componimento che senza tema veruna si potrebbe proporre V Anche i libri pi reputati, e gli esemplari venerati da lunga tradizione quante monde e difetti non hanno! Quanto all' origine del Carme, il critico valente fa osservare come fosse melanconica l'indole del poeta. Cl: L'intelletto di Ugo circondato da un velo di nera meatizia che gli dipinge del suo lugubre colore tutti gli oggetti. Il mondo esteriore s' illumina della fosca luce, che rompe le tenebre del suo mondo interiore, dove i pensieri che penetrano dal di fuori e quelli che nascono spontaneamente s'impregnano della tinta che v' hanno trovata j onde il suo ingegno splende bens di una luce nuova e gagliarda, ma gitta insieme lampi di un bagliore funereo . Da questa ruestizia, insita per natura nel cuore del poeta, trae la prima origine il Carme foscoliano. E si vede anche come tutte le poesie anteriori preludono ai Sepolcri. Ricordiamo soltanto la chiusa del famoso sonetto: , , , , li noi prescrisse 11 fato illaerimata sepoltura.

Questo illacrimata pieno di lagrime, dice il De Sanctis. Morire e nessuno ti piange. C' qui dentro il germe dei Sepolcri . Non possiamo seguire passo passo il Trevisan nelle sue dotte disquisizioni : accettlamo per la conclusione, cio che ll'ercA. e il

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DELLA

R. DEPUTAZIONE VENETA DI STORIA PATRIA

ATTO VEIlBALE
della, Seduta 22 Ottobre 1880

DEL CONSIGLIO DIRETTIVO

Presenti i signori: cav. F. Stefani "ice presidente, comm. Barozzi, comm. Berchet e prof. Fulin.

(Omissis)
Data lettura della Nota 4 Ottobre N. 28427 del Municipio di Venezia (alleg. I). e della Relazione presentata dal Comitato ordnatore, sezione III, del Congresso geografico internazionale al Municipio stesso , intorno alla proposta publicazione del Liber SCC1'CtOrum fidelium Crucis (alleg. II), Il cav. Stefani vice presidente dichiara che dal proprio canto non pu che approvare pienamente il voto che si proceda ad una nuova e pii! esalta e completa edizione di quell' opera importantissima, tanto vero che egli stesso erasene di gi occupato parecchi anni or sono. Presenta quindi una lettera del dott. Simonsfeld (alleg. III), nella quale sono accennati alcuni codici importanti del Secreta !itlelium' che dovrebbero esaminarsi, e principalmente quattro nella Biblioteca Vatcana, e sono notate molte difficolt a superarsi perch la nuova edizione critica e scientifica si possa effettuare. Aggiunge il cav. Stefani che particolarmente sentito il bisogno della ristampa dell' opera, perch la edizione del Bongarsio cattiva ed imperfetta; anzi che bisognerebbe abbandonarla, ed eseguire la nuova edizione sui codici migliori specialmente vaticani.

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dby G o og le

Lena pI'ellellLal'e al uougl'ell:SO; e perclO, seunene sia cannssimo li suo voto perch un' edizione del Sanuto si faccia, e desideri anzi che la R. Deputazione veneta.di storia patria la promuova, crede che in questo senso sia da rispondere al Municipio; riconoscendo d'altra parte essere pi agevole e meno costosa la Illustrazione della mostra veneziana. Il cav. Fulin soggiunge: Appartenendo al Comitato che deve preparare la Mostra'geografica veneziana, ben naturale che io debba appoggiare la illustrazione degli oggetti che si esporranno, proposta da quel Comitato. E veramente a sostenere questa proposta concorrono a miogiudizio parecchi argomenti. Parmi, prima di tutto, necessario che sia fatta con~scere la importanza degli oggetti che si esporranno; parmi che la divisione del lavoro, possibilissima in questa publicazione, supplisca al difetto del tempo ed utilizzi tutte le forze; parmi finalmente che la spesa (la quale peraltro non potrebbe fin d'ora determinarsi, non conoscendosi ancora quali e quanti oggetti saranno esposti) senza dubbio sia per riuscire molto minore di quella che importerebbe I' altra publicazione proposta del Liber secretorum ftdetium Crucis . lo sarei del resto, quando la credessi possibile, partigiano dichiarato della publicazione Sanutiana. Il pensiero della Commissione che la propose non un pensiero nuovo, ma un pensiero eccellente, giacch come bene apparisce dalla Relazione, l' importanza del libro del nostro Torsello riconosciuta da secoli e proclamata da tutti. Ma noi non dobbiamo oggi discutere, perch siamo tutti d'accordo, se sia utile od importante una nuova edizione critica del Secreta fidelium , bens dobbiamo esaminare se tale edizione sia possibile di farla a Venezia in tempo utile, per. polerla poi presentare al Congresso geografico che avr luogo nel p. Y. Settembre. A mio subordinato giudizio, questa impresa impossibile, tanto se si guardi all' edizione pura e mera deltesto, quanto se si riguardi al corredo delle illustrazioni che sarebbe necessario di aggiungervi. Quanto alla edizione del testo, quand' anche, come farebbe supporre la Relazione, si potesse prendere per base la edizione del Bongars, emendandola e corredandola colle varianti di tutti i codici Sanutiani, che si dovrebbero studiare per singolo e poi"dividere in famiglie per valersene a seconda del merito relativo, quand'anche, dico, bastasse questo lavoro, non sarebbero sufficienti i pochi mesi

tempo e quanta pazienza sieno necessari per riscontrare minutamente il Secreta fidelium, con tutti gli autori che il Torsello deve avere pi o meno studiato; quand' anche non si trattasse che Ilei soli autori accennati nella Relazione, tratterebbesi forse di una fatica da poter esaurirsi in pochi mesi di lavoro? Aggiunger di pi che dagli atti della Sezione III del Comitato ordinatore del Congresso geografico veggo che si escluse la idea di un commento al Liber Secretorum. E non nego che un commento, nel senso che comunemente si attribuisce a questa parola, debba essere escluso da un' opera che deve essere presentata a un congresso di dotti. Ma non devono escludersi, tutte le volte che possono riuscire utili e necessari, quegli studi che sotto il nome di excursus accompagnano le grandi edizioni critiche, illustrando le notizie storiche, la terminologia commerciale, le indicazioni di misure, ragguagli di monete ecc. ecc. N vale il supporre che la dissertazione sulla vita e sui tempi dell' autore, possa sopperire a tutto questo. Il quadro che deve presentare questa dissertazione mancherebbe di unit, e non potrebbe essere colto nel suo complesso, se l'autore della dissertazione dovesse divagare perpetuamente in dissertazioni speciali per discutere le leggende, per determinare il valore delle monete, per illustrare le qualit delle merci ecc. ecc., cose tutte che appunto potrebbero trattarsi in quelle dissertazioni speciali, subalterne, a cui ho dato nome di excursus, e delle quali un magnifico esempio ci offl'i il colonnello Yule nella SQa edizione del Marco Polo, di cui il Comitato, se non fosse stata la spesa ingente delle tavole, avrebbe consigliata la traduzione. E una citt che offre un dono ad un' assemblea di specialisti, dovrebbe far meno di quel che fece un privato per uso del publico? Ora, io domando se sia possibile esaurire questo lavoro in pochi mesi, ed in modo, come accenna la Relazione, serio e degno di Venezia e della circostanza; e rispondo che, anche senza tener conto della accuratezza e della nitidezza della edizione, che vogliono pur esse il loro tempo, impossibile il farlo. Berchet dice che le difficolt alle quali accennano i colleghi Stefani e Fulin gli si erano ben presentate alla mente anche in seno alla Commissione del Comitato ordinatore del Congresso; ma dal momento che la Commissione decise che si proponesse la edizione del Liber secretorum fidelium Crucis ed affid a lui I' inJ

del Sanudo. Divide perci l' opinione dei suoi colleg hi, che, abbandonat a la edizione del Bongars, si debba piglia l'e per base della edizione nu ova il Codice miglior e, diligent emente riscontrato co n tutti i codici suaccenna ti, e sia poi l' opera arricchita di una estesa prefazione, di commenti e di note, per r end ere la publicazion e degna del tempo nost ro, e fam e apprezzare l'importanza dal Ial o storico, politico e geo g r afico. Lo stesso la " 0 1'0 sia fat to rispetto all e ta vale. Opina poi il comm, Baroz zi che anche per la illustrazion e della Mostra veneziana il tempo riescir assai limitato, l'esperienza insegn an do che gli ogge tt i per la esposizione vengono inviati l' ultimo moment o. D' altra parte necessario che la mostra veneziana riesca onor ev ole, r icca e deg na delle nostre tradizioni, per pat erne ra ccogliere e tramand are la memoria. I iassu mendo le cose dette, la discussion e venne chiusa colla dichiara zione che la Depu tazione veneta di stor ia patria non potrebb e che ap plaudire ad una nuo va edizione che si facesse dell' opera Liber sccrctoru m fldc lium Cruc is di Marino Sanuto detto 'I'orsello, anzi sar ebbe lieta di poter offer ir vi il pr oprio concor so ; ma, att esa la brevit del tempo disponibile per lo studio ed es a me dei vari codici e per la s ta mpa, riti en e non sia possibile di pr epal'aria per l' occasione del Congresso geo g ra fico int ernazionale che dev e aver luogo in Venezia nel Settembre 1881. Lett o ed appro va to (1).
IL PR ESIDE::"TE

..\ N T ON I O P OMP E I Il Scretario


GUG L IEL~IO BERCIIET .

sellus de purrochin snnct; Serert cir ita tts R inia lti de l'enetiis, ch e present a :lI
pou teflc o il s uo li bro . Le in iziali sono min iat e , Ha fogli }(JH, cl! al foglio 191 r.Jtro s i h~ g- ;.; c AUli o Domi ni millesimo trccentesimo ricestmo p rimo die XXIII men-

sis scptembris ego Marin us Sanudo dtct us Torsello de Venectis grafia Dei etc.,
come nel testo de l Bon g urslo a lla pa g- illa Y. (1) Quest ' a llo verbale fil presen tato a l Mun cpio che ne diede comunica zione a l Comitato ord ina ti vo Sez. 111 del Cong ress o geog rafco, il qual e nella sed uta del 12 Dcccm br e delibera va di non in sister e nel la proposta publlcazlon e d el Libro secrctorum fl deliu.n Crucis d i Ma rin o S an u to Torsel lo,

ueta zione, approrata netta seuuta aet ;jl) Ago"O HllW aaua 'leZione JJ / tU, f.,tJmltato ordinatore del Conresso geografico internazionale, e da questopresmtat al J[lIllieipio di l'ene:ia .
O:O;OREVOI.I COLl.EGIII.

Nella seduta del giorno 5 Ago~to questa Sezione terza ciel Comitato ordinatore del Congresso g'~ograflco nterunzionnle cd Esposizione annessa, accolse con viva soddisfazione l'idea di promuovere la publicazione di un'opera che attestasse l' amore allo studio della geografla c della stat istlca, e la vita intellettuale del paese . Forse fu la tradiz ione di quanto si fatto ili Venesla nel 184i, nllor-l'M si raccolsero in Congresso gli scienziati italiani, quella che inspir li vostro voto. A maggiormente confermarlo, questa Sezione del Comitato nella seduta del giorno 13 dvls che la contemplata publicazione costituisca un suo particolare impegno, c perc i ne fl'ce argomento cii uno fra gli articoli del suo Regolamento interno , e conseguentemente deliber, nclla stessa seduta, che la Presidenza associandosi taluno dei membri della Sezione, studiasse sotto ogni aspetto la cosa e ne riferisse in una prossima adunanza con una concreta proposta, In esaurimento, pertanto, di tale mandato si associarono in speciale Commissione il presidente barone Cattanei , i segretart signori Berchet e Barozzi, e i membri della Sezione signori Bullo, Combi, Iaeoll e Molmenti, i quali discussero In proposito in particolari conferenze il 16, il 18 e il 26 Agosto, come apparisce dagli atti verbali che vi presentiamo; Il eonehiusero coll' invitare il segretario Ierchet a stendere la Relazione che oggi appunto ho l'onore di leggervl, Esclusa l' idea di un lavoro originale, perch non si avrebbe il tempo di farlo in modo degno di Venezia c della circostanza, non si accolsero del pari le proposte di una Bibliografia geografica venezlann , perch giil pubblicata m-I volume l'be fu dalla Societ geog rnrca italiana presentato al Congresso internazionalo cii Parigi; - della traduzione del libro di Marco 1)010 di Yule, perch la sola riproduzione delle molt issime tavole che lo illustrano porterebbe una spesa ingente, e pcrche g iit il Marco Polo fu pubblicato dal Lazari nell'occasione del IX Congresso degli scienziati italiani a Venezia nel 1847; - quella della raccolta dci minori viaggiatori veneziani, perch di limitata importanza e in parte gi fatta dal Morelli; _ . quella di una mono rrafa della Societ veneziana degli Argonauti, che fu certamente la prima Societ geografica italiana, perch cosa breve e da augurare piuttosto che se ne occnpi qualche singolo studioso; quello di uno studio sui lavori idrografici compiuti nell' Adriatico durante la Republlcn, perch cadeva nella ser ie delle opere originali, la cui convenrensa e possibilit non vennero ammesse; - e quello, finalmente, di una illustrazione della Mostra geografica veneziana, perch questo lavoro deve riservarsi al Comitato locale per qu ella csposizione ; la Commissione concentr i proprI studi sulla publicazione della famosa opera del venezinno Marino Sunuto Torscllo, {'(II titoto Liber sccretorum fidelium Crucis, che assai desiderata da qnanti coltvano seriamente la scienza geografica e statistica, e eh!', senza dubbio, recherebbe onore a Yenezia e vantaggio agli studI. Couternporaneo di Marco Polo, il nostro Marino Sanuto, detto il Vecchio per

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Lurio e eli rrnportan I- Ime ' II U '" III u rma eroui Che I questo suo IIl:JN M cont en g ono d ' ogn i pi m in uta cosa spet ta nte il commercio di quel tempo. Vi son o ca lcolate le spese per ma nte ner e una flott a ed un' arm ata ; vi dichiarato il metod o, la d isc iplin a militare marit tim a e ter re tr e; v si ro van o descritte le macch ine da g uer ra, le var ie forme dei na vlg l a llora usat i, perfino la direzione della ea lami ta, la cui scoperta in Europa s i a ttri bui sce ad epoca posterio re. Yi spie g at a, insom ma , la teori a e la pra tica della na viga zione e del commercio d ell'Europa . dell' Asia e dell ' Africa in q uel secolo. Asseg na eg li, qu ali e qu an ti pr odotti t raesse a llo ra Veueaa ei a ogni parte dell' Ocea no, Mar l' er o, ~ lt?d i t e r ra n c o , Adriati-o, A rclpelago : come \I ferro, il le~no di cost ruzion e, la can apa , il ca tr a me , la pece, il g rano, la ce ra, le pelliccer ie, le d ro gh e, le g ioie, le lane, il sa le ed og ni a ltro prodotto c he fo rmava pa rt e de l ri cch iss imo comm er cio dei Veucziuni. Descr ive le sp ia ~ ge dell ' E g itt o, a lu ogo a lu ogo, della Se ri a, della Ca ra mani a , della Natalia e di t utti i lidi del Medi terra neo, con ta le p reci ione, c he non tr ov imitato ri al s uo temp o, e che ancora pu oggid add itarsi ad esempio. Insomma, egli fece tesoro in qu est ' opera di tu tt e le cogn izion i che si a veano ai s uo i tempi, e d i q uelle ch' egli attin se da lla propr ia esp erienza, dedicando la s ua vit a e le s ue ri cchezze ad un lav oro serio, da l qu ale e gli r tpromettcvas l u n fine tanto ele va to e tant o civile. )I Liber secretorum ftdel uan Crucis fu d al San u to present a to per sonalment e al Pon tefice Giovan n i XX]) , ma il Pap a , che a llora tr ov nvasi ili Avig none, a vea ben a lt ro a pensar e ; siceh al tr o frutt o non r lcnv il Sau uto, tr anne qu ell o di av er tr am andato a lla posterit un prezioso lav oro ch e onora l' autor e e Ven ezia, e eh' imp ort antissimo per la st oria dell a geog-ra fia e della stat isticn. li DlI Fresn e, il Burg er on , il Dernster , il lIlaimbourg , il W osslo, il W arta rn ed il Gndd ius , e qu anti sc r issero dell e spe dizioni anti ch e in Or ien te, allegano il Sa nu to. li Foscarin lo add ita sicco me il fond am ento de gli stud i sta t istid; il For maleoni , il Mnrln , lo Zurl a , Apost olo Zen o, Lu igi Con ta ri n i, Ia copo Albr izzi e ult imam ente il Des mon l, ne attestano e dim ostran o la somma im porta nza cd il merito ; Hum bold t chi ama il Sa n uto, il Rnyn al del medi o evo, ma che s i el eva an cor pi a g rand i vedute di polit ica commercia le ; Yul e, dopo di av er encomia to le sue mappe, lo ri cono sce pr ofet a per l'uso in g ue r ra dell e art igli eri e. Pi di r ecente il pr of. Kun stmann di Monaco, e Car lo Bopf di Cunisb er ga, ci so rnm lnls t rnro no pr eziose notiz ie sull o vit a c le ope re del Sanuto; e lavv. Canal e d i Genov a dice ch e il Liber secretoru m fide lium Crucis un v\'O ed am pio tesor o di notiz io geog ra fiche , n auti ch e, com me rc iali e sta tis tic he. li Sun ta re m, a na lizzando minutam ent o le map pe che cor reda no l' oper a, qu alitlcn il Sanu to como un o dci pi illustri , com ' il pi nnt co, dei Yen cztaui cosmogrn tl. Le cog n izion i geografch e di lui era no inspirat e nlle d ottrine cii Pomponio Mel a , d i O roso o di Isidoro di S vt g liu. E gli a mme tte va che l'Ocean o circo ndasse tutt i III terra ; e Gu gli elmo Libri dic e che fu pr ecisam ent e il Sa nu to qu egli ch e an nun ci positivam en te a ll' Europa per la prima volt a ch e l' Afr ica era !l'i ra ta da l mare. Riesce poi curioso, come il Su nuto, vivend o al tempo d i Mar co 1'010, non In segua ucll e s ue na r raz ion i. c piuttosto segna il Vcttrico, il F ron t ino, il \ 't'-

Placido :lll'l'l'l, che ebbe a!!io d consultare la preziosa eouertone een abate Canonici, !ri esistente in \'enezia, ed ora fatalmente dispersa, dice cbe l'atl~nte sanutiano, unito ad un prezioso esemplare del LittrsUrt!orllmJdeliNf1I che trovnvasl in quella collezione, comprendeva nove tavole. Egli doloroso che il Codice della collezione Canonici sia andato pprduto. Santnrern dice che quella collezione fu venduta in dite volte, cio le COSI? veneziane nel 180; alla Biblioteca Bodlej -ma di Oxford , ed il resto nel 183; a sir Walter Sneyd Baringbton a Londra. ~h pur troppo, nel catalogo dei Codici Canonicanl della Biblioteca Bodl ejana, non si trova ind icato il Sanuto, n si l'a dove siano andali a finire i manoscritti comperatl da sir \Valter B-\ringhton: solo bavvi speranza cbe sieno stati compresi fra i recenti acqu isti del Brittsh ~Iuseum _ Egli quindi n-cessarlo che alla publieazlone del Liber lecrttlllnl preceda una minuta ricerca di questo e degli a lt ri Codici manoscritti cbe esistono, per fare il confronto delle varianti dei diversi Codici, e per potervi unire in eliotipia 1'atlante completo. Il Ludewig ha gi fatto uno studio sulle vnrlantl dd Codici snnutlani. che potr servire di base. ~Ia dovrebbero esaminarsi i quattro COO :c; Yaticnnt, il Cod ice della Biblioteca nazionalo di Parig , quello della nazionale di Napoli, della Laureoziaua, della Riccar.liana di Firenze e d el!' ambrosiana di ~Iilallo, quelli delle Biblioteche dei duchi di Bc,rg.,;:na io Brussclles, di Vnlenciennes l' di Monaco, p. particolnrrnente quelli che si conservano nella "ostra Biblioteca Marciana, Qn i abbiamo uu belhsslmo Codice in pergnrneua di 144 paginl', con lettere a colori e frpg'i dorati, e con tI;ure allusivo assai vagamente miuiat.., il quale contiene una copia quasi coutemporanea del libro. QUC>lto Codice fu ritenuto di tale importanza, che nel 1803 fu richiesto dal Governo austriaco e trasportato Il Vienna, ma per uno speciale art icolo dI'I trattato di pace d, I 1866, rilorr. a '-1'nezla nellamca e naturale sila sede. Abbiamo pure un frammento del libro I del S ecreta jldeliurII , col t tolo OJndjliollCs terrae sanctae, bellissimo Codice di II) paglue riccamente miniate ; e, ci eh l'ii! importante, nbb amo uuu pug iua orlglua!e dell'uutcgruto dell'autore, la quale naturalmente dovrebbe fn'giare iII eliotipia la edizione che si propone. Come curiost 3p-giungiamo che nella stessa Marciana, CI. YI , cod . 2;6 ital., si trova una breve traduzione in vcneainno delle prime pagine del Liber secretorum fidetum Cracts, del XIV secolo, La proposta adunque da assoggettarsi al Municipio di Vonezla si il quella che, come ilei ISti si stamp nell'occasione del Congresso degli scteuzlat italiunl il libro di ~Iarco Polo, ora , nell'occasioue del Congresso mternnaionnle si pnbllcbi il libro del suo contemporaneo Mar ino Sanuto Torsel!o. Cos] \'en<'zia documenterebbe dinanzi al mondo scientitlco non solamente il culto ch' essa porta ai grundi padri delle scienze che formauo appunto ogzetto del ("ollg-r,o;;s<) internazionale, ma la propria giusta soddisfazione di av er dato la culla a quel sommi che crearono la moderna sc euzn geografica e statistica . L'opera dovrebbessere stampata con g rnude nceurntezza e con nltid e zzn di tipi. Il tipografo cav. Naratovlch, senza alcun impegno da parte nostra si nssumerebh la erl;zione, como rlnl prog-etto che ho l'onoro cii prcsentnrvl. e del quale apparisce che le probabili vendite dl'll'opl'ra ad UII prezzo rUlfiout" -ole compenserebbero le spese della edizione, laselundo un marzlue ("'r n.olt esem-' plari da otrer irsi in dono ai principuli membri del Congresso.

er.ci"

nend o essi cio un a redazione di tutta l'opera j redaz ione che olTre assa i g ran di d ilT er enz e con qu ella del Bon gars. il terzo libro dov e esse s i scorgo no su bito ad ogni diligente lett o re j non vi concorda il numer o dell e parti e de i ca pitoli ; il contest o molto pi br e ve e ri stretto. Quelle notizie poi , che ri gu arda no la vita pri vat a ovvero i viaggi del ~I a rino Sa nu to, in par te vi ma nca no an cora del tutto, in partc sono a pposte (. ili m ar gtn e " , in una man ier a che fac ilmente si ved e com e fu ron o a g g iunte post eri ormente dall'autor e. Esse ser vono qu indi per discern er e pi pr ecisa ment e l' oper a . do ve qu ei mano scrttl , ovver o qu ella red azton e a nte riore del Bon gn rs . fu scritta. Per esempio, vorrei collocare il cod. n. 1. negli ann i 1318 e 1321. Per mezzo di qu esti codici a nte rior i poi s.potr for se a nche sta bilire la re lazione fra il ~lari no Sa nu to cd il Fra Paoli na Ven eto , vescovo di Pozzuoli , la di cui opera imm en sa anc h' essa si tr ova iII var ie redazioni , d i cui ho parl ato altra volta. I codi ci n . 3 e 4 con ten gono la r edazione del Bongar s. Se mi tratten go ora un mom ento a ncora s u l codice (n. 1 i d ell a Vuti can a, perci che vera me n te es so h a a nc ora un va lore specia le e g ra nd issimo, orna to di bellissime ln izia lt e dist'gn i ri cca men te dor ati , che sen za dubbio fu pr esentat o a l Somm u Pou t et ce. E sso contien e ancora delle carte e map pe geo g r.u che , tutte esegu ite con so mm a finezza e sq uisita bell ezza (\ ri vehi sslrn e di noti zie gl'agra fich e ; e fra esse si t ravano a lc une ch e fin ' ora non sta te mai publcate , e ch e formano probahilmeute quell a mapp a del Med iterra ne o, la q ua le il Bcn gar s depl ora esse r perduta . Esse sono distribui te uel nostro codic e sui fogli 107 tino a fo:;1. 111, cd a bbracciano qu asi tutta l'Europa ed un a parte dell ' Africa se tten tr iona le. Dopo tutto c i credo sia abbast anz a chia ro ch e, pr ima di metter ma uo ad una ristampa del Secreta jideliu m Crucis , s i deve esa m ina re a fond o i s u a ccennati e t u tt i gli a ltr i codici dell ' ope ra che si couserva uo nell e va rie Bibli oteche. e ch e prima di av er 'fatt e qu est e ed a ltre r icer ch e nccessnrie, di uu a nu ov a ediziun e veramente critica e sc ient ifica non si pu parlare e n eppure pensarc . Accol g a V. S ,III. i mi ei pi umili risp etti coi quali ho l' on or e d ' essere sempre Di V. S . in. Venezia , nel mese di Set te m bre 1880.

Dccotiss. cd Obbligl/tiss . Dott Exm co S I ) I O:-lSt ELB .

In Seduta privata,
Ud /C il 7 Noc cnibrc ISSO.
l'I esenti : il Presid ente co nte Ant onio P ompe i il Vice-Presidente ca v. F ederi co Stefnni il Segretario com m. Guglielmo Berchet
i membri della Deputazione: se na tore Ant oniui , prof. Lui gi Hailo, comrn, Nicol Barozzi, conte Cal'lo Cipolla, prof. Rinaldo Fulin, cont e G. B, Giullari, dolt. Vin cenzo J oppi, prof. ab. Morsoliu , prof. Occioni Bonafons, pro f Marildli, prof P ellegrini. Assiste alla adunanza il cav. prof Prona assessor e Muni cipale per ci delegato, Scusarono la 101'0 assenza i soci : ca v. Glori a, ca v. P ertile, cont e di Manzano, se natore Lamperti co, ca v. Bertoldi , co mm, De Leva, cav. Ca ccianga, sena to re Cittadella, ca v. Bullo, ca v. Girotte , cav. Combi , cav. Luciani. Aperta la seduta il Vice Presidente ca v. St efa ni propone all'Assemblea di decider e se e come la Depulazione di Storia Patria debba prender parte al Congresso g eografco internazi onale, che avr luogo a Venezia nell' anno venturo. Segue una brev e discussion e nella quale, mentre i membri (Iella Deputazione dichiarano che si faranno iscri ver e al Congresso, fu adottalo il partito, sopra proposta del so cio Marinelli, di compilare un Catalogo ra gionato (I elle ca r te geografiche e piante cosi manoscritte come edite, antiche e modern e, ch e si riferiscono alla veneta r egione, ed un indi ce dei monumenti geografci che vi si conse r vano ; incaricata la Presidenza di nominare all' uopo una Commissione fra i membri (I ella Deputazione, con autorit di a go gregarsi persone competenti an che es tr ane e alla Societ. Viene inoltre stabilito, sopra proposta del Vice Presidente, di pregare il Gov erno a voler accordare la riduzi one dei pr ezzi nell e

01 'I'reviso e (II v erona, e avendo gia delibe rata la punncazion e del primo. Riguard o all e deliberazioni pre se nel Congresso di Napoli, il socio Fulin proponeva che si affidasse al conte Cipolla la r edazione del Catalogo delle Fonti per la Storia della re gione veneta dalla caduta del l' impero rom ano fino al mille, conforme al saggio offerto e gi inserito negli Alti. Quanto all' indice delle p ublicazioni che si vanno facendo, r eputava inutile di far e una specia le proposta, dacch l' il rchivio l" eneto aveva r ipresa la publi cazi on e del Bullettino Bibliografico.

In seduta publica

alle ore 2 pom.


Presenti gli stessi soci, e un numeroso e sce lto uditorio, Si esaur completamente l' ordine (lei gior no tenendo gli annuali discorsi il Pre sident e, il Segretario, il dott. J oppi e il co mm,

Barozzi.
Dopo il discorso del Presidente, domand la parola l' ono avv. Billia deputato al Parlamento , (lei Colleg io di Udine, per rispondere alle C030 gentili dette dal Presid ente alla citt di Udine.

II.

PRl'; SIDE:-iTE

:\ NTO~IO

conte

pO~IPEr

Il Seretario
G um.JEI.)ro comm, BERClfET.

torse al poeta S1 addicono che allo storico. X anche v conforter a investigare il luogo ave poterono sorgere le tante citt ricordate da Plinio; ma Aquileja.Ja illustre madre di Udine, che, quantunque da noi divisa, pur sempre Italia, chiede a tutto diritto se non i vostri continui studi, certo la vostra vigilanza, acciocch da quel terreno non esca pietra o medaglia, che non sia da Voi consultata. Di Aquileja, forse dopo Roma la pi importante citt dell' Impero, s'ignora l'origine; si sa nondimeno che esisteva prima che or- fosse condotta colonia, nominando Silio Italico fra gli ausiliari romani a Canne l'Aquilejese coorte; e di Udine, della gentile citt che ogtii ci d ospizio, dovr sempre essere al tutto oscura l' origine? Fu essa ai tempi di Giustin iann fabbricata da Xarsete, come potrebbe far credere la medaglia trovata nelle mura di questo castello l' anno 1855, ovvero da Attila, o dai Romani contro le incursioni dei Caoni, o meglio forse questa l'antichissima Utina dai Romani riedificata? Felici noi se potessimo portar qualche luce fra queste tenebre! Ma dato che non le possano essere dileguate, la storia di Udine dar tuttavia argomento a studi profondi, dei quali non dubbia l'utilit, essendo stata per importanza e per valore degna erede della gloria di Aquileja. Dico erede della gloria di Aquileja, non gi perch in Udine si rifabbricassero i templi, i fori, i teatri, che Attila in quella fiorenle colonia aveva atterrati, ma perch certamente molti Aquilejesi in questo luogo si rifugiarono, e perch a poco a poco divenne uno avanzato baluardo d'Italia; ed da rendere grazie alla Provvidenza che a guardia di queslo baluardo stia un popolo di valorosi, Rammento con giusto orgoglio d'Italiano che nell' anno 1848, quando il Friuli ricadeva sotto le vincitrici armi alemanne, una falange di Friulani stette salda in Venezia fino al successivo Agosto 1849, difendendo quella santa bandiera, che, se dovea per alto decreto tramortire nella polvere, dovea per rilevarsi novellamente piu animosa e raggiante, AI tempo dei Longobardi la storia dei Duchi del Friuli, quasi sempre in lotta coi re, quasi sempre in guerra con gli Unni, cogli Slavi, coi Greci, cogli Avari, pu forse in qualche punto essere meglio chiarita, come in qualche punto pu esser meglio chiarita quella dello scisma dei tre capitoli. L'influsso, che sui costumi e sul gove1'no di un popolo por-

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mento, che a chi ben lo contempli pu divenire d'importanza sommamente politica . Sorge fra voi una statua rappresentante la pace, che doveva essere posta in Campo Formio, per memoria della pace conchiusa tra la Francia e l' Impero; pace esecranda, che gittando dal trono la tradita Venezia, rendeva serva tanta parte d'Italia. Gentili donne friulane, che godo di poter ritenere pronipoti di quelle Aquilejesi, le quali al tempo di Massimino si tagliarono le lunghe treccie, acciocch agli archi non mancassero le corde, laonde venne in onore la Venere calva, quale si ricorda nella medaglia di Quinzia Crispilla ; llronipoti di quelle, che tanto contribuirono alla vittoria degli Udinesi al tempo del Patriarca Ottobuono contro Riccardo di Camino; di quelle Cividalesi, che furono di si grande aiuto a salvare la propria citt dagl'impeti di Massimiliano; gentili donne friulane, se voi qui foste presenti, vorrei dirvi: additate quella statua ai vostri figli, e a quanti Italiani entrino le vostre mura, acciocch tutti ripensino sempre quali speranze possano gl' Italiani collocare negli stranieri. Lo straniero, fnch se ne sta a casa, finch bada a difendere i suoi confini e la sua libert, si ami, si stimi, . con lui si stringauo alleanze, e si scambino commerci, se gli usi ogni maniera riguardi; ma s' egli si mostra armato alle nostre frontiere, dato pure che abbia sul labbro parole di amicizia e" di pace, trovi in ogni Italiano col furore implacabile della difesa il valor di un eroe, mentre quella statua troppo ricorda la tradita fede di un regnante e di una repuhlica. Erede di Aquileja, antico baluardo d'Italia, posta sulla via one a noi cal sempre il predone straniero, il primo propuguacolo della nostra bellissima patria sar pur sempre Udine, la quale, se priva di forli spald , per ricca di magnanimi petti; e il petlo del cittadino la prima e pi forte difesa della patria assalita. Al vostro grido accorreranno alle Alpi marittime e dal Lilibeo lutti gli Italiani atti alle armi, sotto la scorta di un Guerriero, stirpe di eroi. fregiato l'elmo di regale corona, sopra cui splender fulgida sempt'e la stella cl' Italia.
ANTOl"IO POMPEI.

butto,

Abbiamo proseguito la edizione del terzo volume dei Dispacci dz ' Paolo Parula, dalla sua legazione di Roma 15921595, a cura del nostro collega prof, Fulin, il quale l'avrebbe gi compiuta, se precisamente in quest' anno egli non fosse stato occupato nella edizione del terzo volume dei Diarii di Marino Sanuto a lui particolarmente affidata. Possiamo per assicurarvi che, per la prossima adunanza generale ordinaria, sar compiuto anche questo volume, e quindi vi sar distribuita l' intera collezione degli importanti dispacci del Paruta in tre volumi. La publicazione dei Diarii del Sanuto, malgrado le gravi difficolt, che ognor pi si riscontrano, procedette regolarmente, uscendo ogni di primo del mese, puntualmente, il promesso fasci- . colo. Ormai furono publicati 22 fascicoli, che comprendono il volume I dei Diarii, edito a cura del cav. Stefani, il volume II edito a cura del cornru. Berchet, ed il volume III edito a cura del prof. Fulin, cio un periodo degli anni 149G al 1501. Incominciarono a publicarsi anche gli indici, tanto necessari agli studiosi quanto penosi ai compilatori. L'aggradimento che incontra quest' opera, in Italia ed ali' estero, riesce invero assai onorevole alla nostra Deputazione che l' ha patrocinata ed assai confortante a chi vi attende. Le altre publicazioni che voi avete autorizzate, cio le Lettere di Vererio, gli Statuti di Trcoiso, la Cronaca veronese del Marzagaja ed il seguito dei Commemoriali della Repubblica, passeranno presto alla stamperia, e ci offrono cosi ampia materia per continuare le nostre publicazioni, che non ci fu dato in questo anno di proporre alla approvazione dell' assemblea alcun altro lavoro . Quelli che abbiamo in corso assorbono, non dir la nostra attivit personale, ma bensi la nostra forza economica. D'altronde abbiamo stabilito di non mettere alle stampe alcuna nuova collezione di documenti, se prima non abbiamo ultimate quelle in corso, a meno che non si tratti di publicazioni gi in corso, di pi volumi, come i Connuemoriali, per non dire dei Diarii Sanutmi; :\la la operosit della veneta Deputazione, non si per circoscritta anch e in quest' ultima annata ai lavori suaccennati; e nella Misccllaura dell' ii rchioio Veneto, oltre ai propri Atti, alle relazioni e ai discorsi pronunciati nell' ultima adunanza generale, abbiamo puhlicate le seguenti memorie:

.LU v,UL t,;.

Per l'occasione del Congresso geografico internazionale, che avr luogo in Venezia nell' anno venturo, il Comitat o ordina tore di qu el Con gresso ed Espo sizione annessa , propose 'al veneto Muni cipio di far pubblicare l'opera famo sissima di Marino Sa nu to Tors cllo col titolo: Liber sccrcloru m fleliuni cr ucis ; e il Com itato per la mostra ven eziana, propose la stampa di una illu strazione della mostra med esima. Il Municipio di Ven ezia dovendo scegliere fra le due proposte ci ric erc del nostro parere; e come potete ben e iminaginare il vostro Consiglio direttivo non esit a dichiarare unanimem enle ch e preferirebbe la edizione d l Sanuto Torscllo da lungo tempo invocata da tutti i dotti; pere ri conoscendo che per un lavoro di tan ta imp ortanza non vi sa re bbe tempo s uffi cien te, dovendo preporsi ali' edizi one minuti esami e confr onti fra i vari codici sa nutia ni dispersi per tutta l' Europa, e s tud i ampi , svar ia ti e profon di su lle co ndizioni politich e ed eco nomiche e sulie cog nizioni g eogr afiche e statisti ch e del trecento, opinava che fosse da preferi i-si la seconda propo sta, pi mod esta inv ero, ma di possibil e attuazion e nel brev e tempo che si ha disponi bile. Qual ora per il Municipio preferisse la prima, la ven eta Deputazi one si offerta di prestai-vi il suo aj uto. In oltre, oggi, essa ha delib erato di pre para re il Ca talogo l'agionato delle ca rte e mapp e cos man oscritte come incise, antich e e mod erne, che si ' riferiscono alla ven eta regi one, e l' elenco dei mappamondi, portolani, codici e monum enti geografici, che nei nastri archivi publici e privati si conser va no, e ci per dim ostrare a l Congresso l' amore a qu egli studi che appunto ne formano lo sco po. Noi cre dia mo pertanto ili pot ere,' senza va nit , a ffermare che anche nel suo quinto anno di vita la veneta Deputazione ri spose alle s per a nze che fino dal S110 inizi o av eva fallo eli s co ncepire ; e ne abbiamo una prova, nel falto elel continuato sussidio go ve rnativo (l'incoraggiament o, e meglio a ncora nel fatto ch e le rappresentanz e provinciali e co muna li le quali con annue contribuz ioni votate per un qu inquennio concorse ro alla istituzion e (Iella Societ, terminato il primo quinquenni o delib erarono gli stes si sus sidi per un altro, sicch la nostra es istenza assicurat a an cora per cinqu e anni, nei quali non man ch erem o eli impi egare tutte le nostre forze a decoro ed a vantaggio degli s tud i della ven eta r egion e. Ma per noi un confor to an cor pi soddisfa cent e si il ri sv e-

:P.A.ssx'V"xTA
I
II

Impor'o
PARZIALE

Il

TOTALE

Assegni al Cancelliere da 31 Maggio 1879 a tutto 31 Agosto 1880 . AI Cancelliere per spese varie AI Tipografo Visentini Agli Editori dei Diarii di Marin Sa nudo per resto credito del 1879. 732 08

489 g80
61 34

III IV

So

Agli Editori dei Diarii di Marin Sanuto, in conto sussidio de3000 liberato l'cl 1880 . .
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3732

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;8 :

Rimanenza come da Libretto della Cassa di Risparmio al A mano dci Tesoriere

Novembre 1880 .

12000

286 91

Totale Lire

~36cn

49

ENTE

?O~lPEI
IL SEGRETARIO

GUGLIELMO BERCHET

PER

LA STORIA DEL FRIULI


DISCORSO

Del s. e. dolt. VINCENZO JOPPI.

Costituitasi lino del 187! la Deputazione Veneta di Storia Patria, stabiliva che l'annua publica Adunanza sua si facesse alternatamente nella varie citt della veneta regione, ed in essa uno de' Soci dovesse intrattenere i Colleghi ed i gentili suoi ospiti con lettura di storica attenenza. - Nell' ultima riunione tenutasi in Treviso il 4 maggio 1.879 veniva a voti unanimi acclamata la Citt di Udine a sede nel quinto congresso, ed a me era affidato J'onorevole incarico dell' annuale discorso. Peritoso accettai, confidando nel compatimento de' benigni ascoltatori.

I.
Quell' estrema settentrionale parte (l'Italia, chiusa a tramontana e levante dalle Alpi Carniche e Giulie, ad occidente dal fiume Livenza ed a meriggio dal mare Adriatico, la Patria del Friuli, come si appell per tanti secoli, o, come in oggi viene chiamata, la Provincia del Friuli. A chi, dal piano volgendo le spalle al mare, guarda la vasta cerchia degli azzurrini monti e (Ielle sottoposte verrleggianti colline, che insensibilmente degradando vanno a perdersi in vastissime pianure, parte liete di bionde messi, parte estese in sconfinate praterie, qua folte per frequenti gelsi ed arbori fruttiferi, l per lunghi filari (li viti, e s-orge e monti e colli e piano seminati di castella. chiese, palazzi, ville, un tale spettacolo deve destare non comune sorpresa. Ma cosi non era ne' tempi antichi.

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dizioni. La storia del Friuli 'pu dividersi in quattro grandi periodi: l'antico che giunge sino a Carlomagno, il medioevale o patriarcale che va dal 774 alla caduta del dominio temporale de' patriarchi di Aquileja, cio sino al 1420; il Veneto che corre da detto anno al 1797, ultimo della vita della Republica, ed il moderno che dalla fine del secolo passato giunge fino ai nostri giorni. Per noi Friulani, il medioevo cessa colla caduta del principato ecclesiastico, e da l comincia un' ra nuova di ordine e progresso. che serve di prodrorno al grande rivoglimento politico, sociale 1';1 economico avvenuto alla fine del secolo passato. Gli scrittori delle cose del Friuli non cominciano arl apparire che nel secolo XIII, non avendosi de' tempi anteriori che alcuni Sillabi e brevi Vite de' Patriarchi d' Aquileja. Primo poi tra i Cronisti viene Giuliano, canonico (Ii Cividale, che narra degli avvenimenti a lui contemporanei da1127Z al1315 (Edita nell' App. az ' Monum . Ecc'. Aquil., del P. de Iubeis, dal Muratori e dal Pertz, Mon. IIist. Gcrm., X1X.) Lo seguono in importanza la cronachetta di Odorico da Pordemone dal1Z92 al 1350 (Ed. dal Bianchi, Documenti per la Storia del Friuli I); La Storia delle guei'i'(! del Friuli dal 1381 al 138,9 del notaio Ailino di Maniago (Ed. dal de Rubeis e Muratori) ed il Cronico Spilimbergense che va dal .12 11 al 118D (Udine, 185:3.) Tutte queste sono scritte latinamente, poich le prime storie del Friuli, che sieno dettate in italiano, si trovano solo dopo il principio del secolo decimosesto. Tale piccola collezione di Storie per una cosi vasta provincia come la nostra e per epoca tanto interessante, la sola suppellettile che sia stata publicata colle stampe, e sempre con errori e lacune che in una nuova edizione potranno esser tolte col confronto su copie antiche che trovansi nelle nostre Biblioteche. Pur troppo la ricerca di altri scrittori coevi all'epora patriarcale riuscita vana, tranne che a me fu dato di rinvenire ne' rogiti de' notai udinesi Quirino e Nicol Manino annotazioni brevi di alcuni avvenimenti dal 1400 al 1420, che dovranno unirsi al corpo de' nostri scrittori . E non a dirsi che siensi perdute le memorie di que' tempi remoti, poich non si lamenta lo smarrimento che della cronaca

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di valentuomini che da tutti i punti d'Italia mossero in suo aiuto, comunicandogli e cronache e documenti de' quali si valse nelle sue importantissime publicazioni. Ma i suoi amici friulani, con tutto il buon volere, poco poterono contribuire alla grande sua opera Scriplores Rerum Italicarum, non avendo da somministrargli che le cronache del Giuliano e dell' Ailino e le vite de' patriarchi di Antonio Belloni, compilazione mediocre del secolo decimosesto, A questa deficienza di Scrittori, devesi quindi attribuire la poca parte che tiene nelle narrazioni degli storici italiani il Friuli. A riparare a tale mancanza, gli eruditi del secolo scorso si accinsero a raccogliere ogni sorte di documento interessante il Friuli. Il primo di questa infaticabile schiera fu il domenicano Bernardo Maria de Rubeis di Cividale, il padre della nostra Storia. Questo valentuomo, a tessere le memorie della Chiesa d'Aquileja riuni un tesoro di documenti tratti da ogni dove, e li inser nel suo interessante lavoro ed in altri che and publicando sulla storia sacra e profana del Friuli. Contemporaneamente al dotto Frate, si accinsero ad unire documenti per un Codice diplomatico friulano Giusto Fontanini, Gian-Giuseppe Liruti, Carlo Fabrizio, l'abate Giuseppe Bini, il canonico Giandomenico Guerra e l'abate Domenico Ongaro. La messe fu abbondante, poich nel secolo scorso ancora esistevano pi o meno in ordine gli archivi delle chiese e monasteri che poco dopo andarono dispersi. A queste ricchissime collezioni, che quasi tutte ancora si conservano, dobbiamo aggiungere quelle falle in questo secolo dal conte Cinzio Frangipane e dal professore ab. Japcoo Pirona, quest' ultima precipuo ornamento della Udinese Biblioteca . Cosi ingente mole di documenti raccolti con scopi diversi, avea d'uopo di una mano esperta che la ordinasse. L'abate Giuseppe Bianchi. morto in Udine nel 1868, dalla natura de' suoi studi fu tratto ad imprendere una collezione di documenti friulani. Infervoratosi in tale opera, per la quale da s apprese e la diplomatica e la paleografia, in trent' anni di assiduo lavoro pot unire e trascrivere 6064 documenti di storia friulana dal 1200 al 1 tOO, che della generosit del di lui nipote cav. dott. Lorenzo Bianchi vennero donati all' Udinese Comunale Biblioteca. La raccolta Bianchi fu formata collo spoglio delle sopra menzionate collezioni, e quasi rad-

E con pari diligenza stendeva il Selvatico una guida di Padova, nella quale fece precedere alla descrizione artistica della citt una cronologia dei principali avvenimenti storici che avvennero in essa, ben sapendo che non si pu valutare l' importanza di un paese ove non se ne conosca almeno per sommi capi la storia. L' ullimo grande lavoro a cui si era accinto ha per titolo: Le arti del disegno in Italia. Vedendo egli come ben poco nelle nostre scuole, in generale, s'insegni la storia dell' arte e non s'impari a vedere il merito di un' opera insigne e sentire quindi curiosit dell' importanza ch' essa racchiude cosi rispetto al tempo come alle circostanze in cui fu condotta, e non si accoppi alla narrazione dei fatti positivi quella che pu dare una idea anche degli artistici, e vi siano quindi ben pochi dei nostri giovani, che dalla cattedra del loro precettore di lettere abbiano udito pennelleggiare il magnifico quadro dell' arte greca, di questa apoteosi dell' ideale, che nei marmi del Partenone e nei propilei dell' Eleusi si fa quando rivelazione, quando commento alle serene eleganze di Pindaro e di Teocrito, n forse alcuno che abbia ascoltato, narrate da eloquente istruttore, le pompe architettoniche di quella Roma che a mezzo di grandiosi edificl, eretti sino negli ultimi confini del suo vasto dominio, voleva mostrare all' attonito mondo, che dove l'aquila romana stendeva l'artiglio robusto tutto doveva diventare perennemente latino, volle sopperire a tale mancanza nello scrivere un' opera nella quale si contenesse un quadro storico-critico delle varie fasi che l'arte percorse dalle et piu remote alle odierne, un quadro che servisse a far conoscere quanto e quale fosse l' arte rispetto ai tempi ed ai costumi, fra cui, nei differenti periodi, si svolse; da quali pregiudizi si debba snebbiarla, e come lo studio dei suoi tramuta menti sia documento alle differenti manifestazioni del pensiero nel passato e nel presente. Non ebbe egli la ventura di veder per intero stampato il suo lavoro che aveva per allestito e pronto fino a tutta la parte che tratta del Medio-evo. Molte pagine egli consacra a due preziosi monumenti che possede il Friuli, al battistero cio del duomo di Cividale, monumento che appartiene, dice egli. alla et della dominazione longobarda in Italia non solo per quanto riguarda la costruzione, ma anche per le sculture decorative, e che pu quindi offrirsi a modello per rilevare il carattere architettonico dell'era

Bemorle orlp;lnall.
Isteria monumentale, letterariu, paleograflca della capitolare biblIoteca di Verona per mons . G. B. Carlo co. Giullari. Cap. IV. Nuov i studi nella prima met dr-l seco lo XIX (1850- 1856). Cap. V. Dalla mia venuta al governo della Blbloteca Capitolare sino alla inaugurazione della stnnza lIIaffdaua (1856- H!G8J Il dialetto veneto nei primordl della lingua ltallana (Luigi Galter: Dei dominatori di Adria Veneta e delle mutazioni avvenute nel suo municipale r<.'p-giml'nto (F. Bocchl; Aurelio Dall' Acqua e l'istituzione dotale della Mensa Aureliana (Fedele Lampertlco)

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203

42
235

.)

Documenti IUuMtrutl.
Le carte del mille e del millecento che si conservano nel R. Archiv io Notarile di Venezia trascritte da Baracchi Antonio. " ., Continuazione. Le rubriche dei Libri .Jlisti del Senato perduli trascritte da Giuseppe Giorno. Nigropontum Achaie despotus, Dyrachium, Rodum et alia Romania non specificata Dominus DUiC, constliarii, et capita de XL . ProfJ{ncia Sicilia Marchia Anconitana Ariminum includendo. Romantola Capitulare Jfa88ariorum Monete anni 1278 et subseq/mltiuliIlV. Padovan) . " ., Continuazione e fine Petrarca, Carm. 3, ep. 24 secondo i codici veronese e marciano (C. Cipolla).
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Storici e Letterari.

LXVII. Di alcuni cospiratori graziati nella congiura di Marino Falier(C.) LXVIII . Due iscrizioni romane a S . Marco (Ant. Paslnl). LXIX. L'isola Cenenso (Ca r lo Cipolla) . . LXX. L'ultimo testamento di Lodovica Gradenigo vedova di Marino Faller (C.l LXXI. L. A. Muratori e l'Archh'io Capitolare di Verona lA. Ber-

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347

toldl) .

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350

Alcune aggiunte ed uno. postilla. alla Bibliografia storica della Yenezia al tempo dei Longobardi (Carlo Cipolla) . . . . . Pago 166 Publicazioni storiche relative alla regione veneta avvenute nell'anno

1879 (R. Fulln). . . . . . . . . . . . . . . .


Atto verbale della seduta 22 Ottobre 1880 del Conslgllo Direttivo Atto verbale dell'adunanza generale 7 Novembre 1880 ili Udine . Discorso del Presidente (Antonio Pompei; . . . . Rendiconto morale ed economico (Guglielmo Berehet) . . . . Delle fonti per la storia del Friuli (Vincenzo Joppl) . . . . . Cenni commemorativi dei soci Giovanni Durazzo e Pietro Estense Selvatico \Nlcol Barozzl) . . . . . . . . . . . . .

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388 403

407 411
416

426

GtOVANNI BIANCHI,

Gerente relpol/lobll,.

r. I Diarii di M .\RI:-;O SANUTO, fascicolo XV.


Non esitiamo a dire, essere i Diarii sanutiani la pi importante publicazionc che siasi tentata in questi ultimi anni fra noi. Il primo d' Aprile uscir il fascicolo XV, nell' ultima pagina del quale comincia il z Giugno 1500. La commissione editrice promise di dare i primi dodici tomi di questi diarii in quattr anni circa. Ma qualche lettore potr meravigliarsi della promessa, mentre. essendo pure proceduta regolarmente la publicazione dei fascicoli, i due primi tomi esigettero un anno di tempo; e il terzo volume il pi forte di tutta la collezione. Ci crediamo quindi in debito di avvertire, che i successivi tomi diminuiscono notevolmente di mole. Il benemerito Rawdon Brown, che nel terzo volume (pag, 23-J e segg.) dei suoi Ragguagli sulla vita e sulle opere di .",1. 5., ci diede un prospetto della estensione dei singoli tomi della copia dei Diarii, ora a Vienna, ci d, per i primi tre tomi, quasi tremila pagine (2995) e. per tutti gli altri nove, poco pi di cinquemila (5107), cosicch i primi tre tomi, anzich essere soltanto una quarta parte, sono assai pi d' una terza parte dci lavoro promesso. Possiamo dunque sperare che la nostra publicazione, o non oltrepasser, od oltrepasser di ben poco il limite antiveduto,

2. Relationi degli Stati Europei lette al Senato dagli ambasciatori veueti nel secolo XVII, Serie III, Italia. Rela,imli di Roma, vol. II. Venezia, 1878 (1879), Naratovich, pago 0 4~6. 8.
A quanto ~i viene detto, questa publicaziooe si chiude col presente volume, nel quale alla Serie degli ambasciatori ordinari e straordinari invia. ti dalla Republica di Veneria alla corte di Roma dall' anno 1663 al 1699 tengono dietro le Relarioni seguenti: Giovanni Nani (1640), Piero Foscarini e colleghi (145), Alvise Contarini (1648), Giovanni Giustinian (1651), Giovanni Pesaro e colleghi (1 656), Angelo Correr (1660), Nicol Sagredo Irfr ), Pietro BasaJonna (16(j-J). Giacomo Quirini (1668), Antonio Grimani 11(71), Pietro Mocenigo (1676\, Girolamo Lando (1691 ). Non questo il luogo di dare una particolareggiata relazione di questo libro; e per ci basti ora di congratularci coi sig. N. Barozzi e G. Berchct d' avere concepito il pensiero di continuare la raccolta d' Alberi.

3. TASSI:-;I dotto GIUSEPI'E. Alcuni palaiti ed antichi edi.. .fici di Velleia, storicamente illustrati, con annotazioni. Ven. 187Y, Fontana, 8. .
L'A., hen noto per altri lavori di erudizione patria, vedendo che alcuni edifici insign di Venezia non avevano ancora avuto alcuna storica illustrazione. pens di raccogliere quanto aveva a questo proposito publicato in altre occasioni, o inserito nel!' Archivio Veneto, e di aggiungervi nuove inda-

Prosperini, pago 27, 8.


Per le nozze Rossi-Bressan il prof G. B. Salvioni, gi noto per altri studi economici, ha puhlicato questo, ch' egli chiama Frammento, ma che ci d molte importanti notizie sull' organamento e sulle condizioni dell' arte della stampa a Venezia. A'luoghi opportuni, il Salvioni d qualche cenno di confronto fra l'ordinamento dell' arte della stampa e quello delle altre arti in Venezia e fuor di Venezia, e paragonando i tempi scorsi coi nostri, nota le analogie e le differenze tra le passate istituzioni e le attuali, e non desidera, certo. che si ristorino le antiche consorterie, ma giustamente finisce coll' avvertire che, come di consueto, anche queste istituzioni del passato lasciano . .. qualche rimpianto . Questo libretto pieno d'interesse ci fa desiderare che il prof Salvioni continui con perseveranza i suoi studi, a dispetto della. fortuna infida. che poteva e non volle aiutarli.

7. MORPURGO EMILIO. Le inchieste della Republica di Veneiia. Roma. I879, tip oElzeviriana, pago 63, 8.
In questo libretto, estratto dali' Archivio di Statistica (ann . III, fase. IV ). l'A. traccia brevemente la storia delle inchieste ordinate dalla Republica, diligentemente notando in che si assomiglino e in che si differenzino dalle inchieste moderne. inutile dire che la mano maestra dell' A. si rivela nelle poche pagine che precedono gli importanti documenti, che qui si trovano accolti.

8. A proposito del!' acquedotto. Lettera inedita di FRANCESCO CONTARI:-II ambasciatore della Ser. Republica p,'esso l' imperatore Carlo V. Ven., 1879, Societ di M. S. fra Comp.
tip., pago 8, 8.
Nelle nozze Jachia-Sacerdote il sig.,l... C. Borghi public questa lettera dci Contarini da Bruges (IO Luglio 1540) tratta dai mss. Marciani , Ital ., cl. VII, cod. 802 . Il Contarini, ammirando l'acquedotto di Bruges, ne scrisse al principe, se mai paresse. a quelli iii ."'; signori sopra le acque. di fare altrettanto a Venezia. Ma ai signori sopra le acque non parve; e il tempo far conoscere se avessero torto i nostri nonni o se torto abbiam noi.

9, Relazione della Giunta che prese in esame le due memorie presentate al concorso scientifico dalla fondazione Queriui-Stampalia, sul tema relativo alla vita privata de' veneiianifino al cadere della Republica Il. Ven., J 879, Antonelli,
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pago 8, 8.
Non frequente il caso che ad un tema posto al concorso risponda un libro che possa lcggersi con facilit, come quello di cui discorre la relazione qui ricordata. La quale espone francamente i suoi desideri, ma d anche la meritata lode all' autore, che il sig. P. G. Molmenti. La Giunta esaminatrice era composta dei sigg. G. De Leva, E. Morpurgo, G. Veludo, F. Larnpertico e R. Fulin, relatore . La relazione poi estratta dagli Atti del R . Istituto .l't'neto dci l~i9 '

mente nel due prospetti laterali mancavano dI tondamenn. erano le paro decorative marmorcc " il che positivamente non pu supporsi per la facciata principale. Lo scritto del Scguso estratto da} giornale L'Adriatico.

13. Sei lettere autografe di

A:'>lTONIO A.

Museo Civico e Raccolta Correr da Visentini, pago 34- 8.0

Cxxov., tratte dal BERTOI.DI. Ven., 1879-

Le lettere famigliari dei grandi uomini non sono mai prive d' importan-

za, giacch, se non altro, ci fanno conoscere pienamente l'animo loro . L'editore volle peraltro accrescere l'importanza delIa sua publicazione (per le nozze di Leonessa Martinati con Luigi Pigorini), corredandola di note opportune, fra le quali notiamo quelIa che si riferisce al busto canoviano di Francesco I. gi destinato .111.1 nostra Marciana, e che fu invece portato a Vienna. Il sig. Berroldi non si contentato d' aggiungere annotazioni alIe lettere; corred il libretto d' un indice delle lettere publicate gi del Canova . E con diligenza degna di lode not trent' otto publicazioni (dal 18m al 1876) nelIe quali si trovano, spesso ripetutarnente, 183 lettere (dal 18 Dccembre 1779 al 2 Ottobre 1822) del grande artista. Pareva che il sig. Bertoldi dovesse essere contento del suo lavoro . Ma molto difficile conoscere tutte le publicazioni che avvengono in occasione di nozze, di lauree, di monacazioni ecc. ecc.; e presto il sig. Bertoldi s' accorse che qualche cosa mancava al suo indice, quantunque cos accurato. Il ch. .prof. Alfonso Corradi gl' indic di fatti altre dodici publicazioni (dal 1852 al 1878) ove si leggevano altre 45 lettere (dal 2 Marzo 1782 al 17 Ottobre 181(,). Il catalogo ora probabilmente completo ; e sono quindi non meno di 51 gli opuscoli ove si contengono 234 lettere canoviane. La publicazione del Bertoldi perci importantissima per chi vorr quind' innanzi discorrere di Antonio Canova ; e frattanto mostra la necessit di quella bibliografia che renda possibile la conoscenza di tanti scritti. i quali si possono dire inediti anche dopo che hanno fatto gemere i torchi.

14.

C.\RRER LUIGI.

LeI/ere inedite. Verona, IR79. Civelli.

pago 30, X.O


Queste lettere furono dedicate da alcuni amici all' avv. Giovanni Gasperini ncl giorno delle sue nozze. La prefazione, del sig. G. Biadego, contiene alcune interessanti notizie sulla vita e sugli studi di Luigi Carrer, tratte dalle lettere inedite della nob . co. Adriana Renier Zannini. Ma la prefazione contiene altres una promessa del medesimo sig. Biadego. Perciocch, parendo al Biadego che il Carrer sia lasciato in una ingiusta dimenticanza, egli pensa di dedicare al nostro poeta. uno studio pi paziente e pi completo ". che non siano le poche pagine preposte alIe lettere. Senza voler qui giudicare se per la memoria dci Carrer siasi o non siasi fatto quanto potevasi, noi siamo lieti che la penna elegante ed erudita del Biadego voglia illustrare il nostro poeta. Intanto egli ce ne d undici lettere. dirette al benemerito padre B. S<>rio, le quali discorrono della Biblioteca Classica onde uscirono ventisettc volumi, dei cento di cui doveva essere composta.

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a molti pi giovani, e una forbitezza di lingua e una correzione di stile di cui si va ogni giorno pi perdendo il secreto .

18. GIOVANNINI GEMMA. Sulla laguna, Rimembranze (Agosto 1879). Firenze, 1880, Cellini, pago 67,8.
Una signorina di Firenze, allontanatasi per qualche giorno dal suo bel San Giovanni, viene a visitare Venezia e ci racconta in questo libretto quello che vide ed ud. L'Autrice non pensava dunque a illustrare la nostra storia, ma la simpatia che mostra a Venezia ci rende caro il libretto, quantunque pi d'una delle leggende che vi sono accolte non abbia nella nostra storia alcun fondamento.

19. MUSATTI EUGENIO, Padova e i Padovani. Padova, 1880, Seminario, pago 163, 16.
L'intenzione dell' Autore era eccellente: egli voleva publicare un piccolo saggio storico, in stile popolare, all' unico scopo di rammemorare quei padovani che si resero pi insigni per singolari virt i ci ad ammaestramento delle presenti e venture generazioni I . Come si vede, l'A. augurava al suo libretto una lunga vita; si raccomandava perci alla benevolenza dei lettori, che non volessero giudicarlo dal punto di vista analitico ", e gli concedessero quel po' d'indulto che pu meritare chi ha la coscienza d'aver fatto un lavoro senza risparmio d'indagini e di fatiche I. Non so se tutti i lettori concederanno all' A. l'indulto che invoca, ma certo non glielo concessero tutti i critici . lo non posso peraltro ripetere qui le cose dette dagli altri ; tanto pi che l'A. non attende di proposito agli studi storici, ma agli studi economicosociali, il cui. elenco I , dic' egli, attergato. al frontispizio del libro.

20. Cemzi storici dell' Accademia dei Concordi di Bovolenta di ANTONIO MARIA dotto MARCOUNI, premessi alle inedite memorie storiche sulla terra e castello di Bovolenta prodotte nel 1820 alla stessa Accademia da PLACIDO BUSINARI. Padova, 1879, Seminario, pago 46, 8. gr.
Questo libretto, publicato dall' erudito dotto Marcolini per le nozze del nob. sig. ingegnere Emilio Brunelli-Bonetti con la sig. Elisa Vanzetti, contiene, come apparisce dal titolo, due parti distinte. Nella prina, dopo avere accennato alle cause che generarono tante Accademie in Italia e all' utilit che verrebbe dallo studio della loro influenza nei paesi ove nacquero e nella patria comune, il Marcolini, coll' aiuto di documenti che riusc fortunatamente a raccogliere, racconta l'origine (1772) e le vicende della tutt' ora esistente Accademia dei Concordi di Bovolenta. una pagina non priva d'importanza per la storia della cultura diffusa nella provincia di Padova. Seguono poi le Memorie del Businari, il quale, giovandosi degli studi ond ' era stato illustrato il territorio di Padova, raccolse quel tanto che si riferisce alla terra e al castello di Bovolenta. Ma l'erudito dott oMarcolini, non contento di publicare materialmente queste memorie, le illustr con interessantissime annotazioni. che rendono ancor pi importante la sua publicazione,

. ze fu publicato dall' erudito bibliotecario della Bertoliana, ab. Andrea Capparozzo, anche il presente libretto. L'anteriore statuto (129O) di Costozza era gi fatto di publica ragione, ma il Capparozzo pens che fosse bene divulgare pur questo, compilato de beneplacito magnificor. dominor. nostro" rum d. Bartholornei et Antonii fratrum de la Scala . . . . . imperialium vico gen. , che si conserva nella libreria Bertoliana. Quantunque il nuovo statuto non contenga alcuna prescrizione particolare al luogo per il quale fu promulgato, l'editore l' ha publicato, considerandolo uno tra i pochissimi documenti che ancora ci restano della scaligera dominazione, e certamente l'unico di questa fatta di statuti, che chiamer rurali, il quale sia sfuggito all'ira degli uomini e alla voracit del tempo .
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25. Le colonne di S. Marco e del Redentore "ella piai; de' Signori (a Vicenza). Vicenza, 1878, Staider, pago 23, 8.0
L'operoso e diligente sig. Vittorio Barichella festeggi con questa illustrazione le nozze Larnpertico-Piovene. La prima di queste due colonne, trasportata a Vicenza nel 1447, eretta nel 1464, e coronata collo storico leone nel 1473, colle sue iscrizioni e colle sue vicende (specialmente con quelle dci 1509-'520, 1797-(863), ricordate accuratamente dall' Autore, rammenta le politiche vicissitudini di Vicenza dal secolo XV ai d nostri. naturale che l' altra colonna abbia una storia men fortunosa. Ma le particolarit, che il Barichella riassunse in questo libretto, lo rendono assai interessante.

26. Lettere del cardinale NICOL RIDOLFI vescovo di ~~i centa a Giangiorgio Trissino. Vicenza, 1878, Burato, p. 22,8. 0 27. Lettere di MARCANTO:-lIO DA MULA a Giangiorgio Trissino. Vicenza, 1878, Paroni, pago 14 non num., 8.0 28. Quattro lettere inedite estratte dal volume manoscritto intitolato (( Lettere d' uomini illustri J' scritte a Giangiorgio Trissino, esistente nella biblioteca Bertoliana di Vicen,a. Vicenza, 1878, Paroni, pago 8 non num., 8.0 29. Lettere di VINCENZO MAGR a Giangiorgio Trissino. Vicenza, 1878, Paroni, pago 23, 8.0
Questi opuscoli, contenenti lettere al Trissino, furono tutti e quattro publicati per le nozze Larnpertico-Piovcne. Delle molte lettere, indirizzate al Trissino, e conservate con religiosa osservanza dal co. Giorgio, quelle che tengono il primo luogo per numero e, dir anche, per una certa importanza sono le scritte da Nicol Ridolfi a , Cos dice quello storico valoroso del Trissino. ch' il prof. B. Morsolin, nell' avvertimento premesso al primo dei quattro opuscoli, publicato dal sig. Carlo Cogollo. e che contiene appunto dodici lettere inedite (1518"548) al Trissino del Ridolfi. Del quale, nella prefazione alle lettere. d il Morsolin una succosa notizia. Lo stesso prof. Morsolin stese un sommario ragguaglio intorno al famoso cardinale veneziano Marcantonio da

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che gl' imped di scendere a pi minuziose ricerche, quantunque anche per i secoli successivi egli discorra dell' umile villaggio, in modo corrispondente alla sua erudizione. Seguono poi molte calorose poesie (V. Betteloni, G. Biadego, AI. Bianchi, P. Caliari, F. Cipolla, C. Facciali, A. Fagiuoli, G. Fraccaroli, L. Gaiter, L. Giacomelli, N. Merighi, P. V. Pasquini, G. L. Patuzzi, F . Salornoni, Francesca Zambusi dal Lago), e dodici epigrafi di L. Zamperini, relative al luogo ed alla circostanza. Poich ricordiamo questo libretto, che onora il patriottismo e 1'ingegno de' veronesi, vogliamo ricordare altres i due libretti : Ossari di S. Martino e Solferino, Epigrafi e lettere (Imola, 1877, Galeati, pago XXXII, 52, 16.), e Breve descrislone del/e miniature contenute nell'Album che si conserva nel/a torre di Solferino (Imola, 18i8, Galeati, p. X. 83, 16.), nei quali pcr cura del prof. P. Ferrato sono raccolte le epigrafi commemorative dc' prodi caduti, c le lettere che questi scrissero alla vigilia della battaglia. Solferino, fu detto, deve divenire I un sacro pellegrinaggio, ove ogni italiano si rechi a meditare quanto abbia costato la indipendenza d'Italia. ; ma intanto. aggiunge il Ferrato, torner almeno caro leggere gli ultimi pen0 sieri di coloro che diedero generosamente la vita per l'acquisto della indi pendenza e libert che godiamo . AI quale proposito l'editore avverte che il magnifico Album. descritto nell oaltro dci due libretti, I pu contenere ancora buon numero di autografi, e che le famiglie, che ne conservano, dovrebbero mandarli ... al prof. dotto Nestore cav. Lcgnazzi a Padova, o al sindaco di Solferino, sig. ing. Luigi Fattori .

Del!' istruiione nelle Belle Lettere (i Ginnasi). Frammento dell' opel'a inedita intitolata : Relaiio1te della visita fatta delle publiche scuole in pi luoghi di Germania e riflessioni su quelle del Regno, presentata a S. A. R. il principe Eugenio Vice Re ecc. ecc. Verona, 1879, Civelli, pago 44, 8.
SCOPOI.I .

34. GIOVANNI

Potrebbe parere straniero agli studi storici il presente libretto, publicato per le nozze Azzolini-Biasi, quantunque molti lamenti espressi nella Relarione . . . si ripetono pur troppo anche oggi giorno. (pag. Ii). Ma dobbiamo ricordarlo per le notizie accurate, che vi prepose il sig. Giuseppe Biadego, sulla vita di Giovanni Scopoli, il nome del quale non pu essere dimenticato nella storia letteraria d'una citt, come Verona, ove anche ai d nostri son tanti e cos operosi i cultori dei buoni studi. Dovendo parlare di Giovanni Scopoli. il Biadego ci d qualche cenno pure del padre di esso, Giovanni Antonio. che insegn nell' Universit di Pavia. E in questo cenno si giova delle Memorie e documenti per la storia dell' Universit di Pavia, che furono publicate di fresco, per opera principalmente dell' ili . prof. Alfonso Corradi, e che conteno gono una preziosa messe di notizie per la storia letteraria italiana.

35. Legge suntuaria circa il vestire degli uomini e delle donne ordinata intorno all' anno 1432 dalla citt di Treviso, tratta da un testo latino a penna del secolo Xl', volgarit-

ministratori di quel Comune, e al dotto V. Joppi che mise in chiaro la sag gezza di quelli e serv cos bene al desiderio di questi.

38. L' Istria, note storiche di CARLO DE FRANCESCHI, segretario emerito della Giunta Provinciale istriana. Parenzo, ,879, Coana, pag, 5 I o, 8.0 .
Uno dei giornali che senza essere, propriamente parlando, un giornale storico, aiuta costantemente la storia del suo paese con interessanti publicazioni, La Provincia del!'Istria . E mentre perci rileggevamo gli studi che videro la luce in questo periodico, per darne qualche notizia ai lettori. ci giunse l'importante volume del De Franceschi . Le ragioni dello spazio non consentendoci ancora che poche linee, non sar discaro alla Provincia se, riserbandole un posto nel numero successivo, ci affrettiamo oggi ad annunziare le Note storiche. Tanto pi che nel numero 5 di quest' anno (I Marzo ISSo) la stessa Provincia ha publicato un articolo dell' egregio patriota e dottissimo amico nostro Tomaso Luciani, il quale, giudice competentissimo, loda senza riserva il libro del De Franceschi . Del quale parleremo certamente nell' Archivio Velleto, ma vogliamo intanto riportare queste parole del Luciani : L'opera dci De Franceschi superer, a piena ragione, l'aspettativa di molti, perch d effettivamente pi che non prometta il modesto titolo suo. E infatti egli percorre tutto intiero il campo della storia dell' Istria, dai tempi pi remoti fino al d d'oggi. Che se il suo racconto non a stretto rigore una storia completa in ogni sua parte, per quel di pi e di meglio che si poteva fare oggi coi materiali finora raccolti in provincia. Ed ammirabile anzi, ch' egli, con notizie attinte a fonti d'indole disparatissima, disperse o ammassate senz' ordine e senza critica, e spesso contraddittorie, ch' egli. dico, sia riuscito a comporre un tutto, ch' io trovo omogeneo, ordinato, perspicuo . Nel corso dell' articolo il Luciani dimostra evidentemente la propria tesi; ma noi vogliamo ripetere soltanto l'avvertenza con che il Luciani chiude il suo scritto. Eccita egli i giovani a studiare e annotare il libro del De Franceschi ; e dice essere necessario che, seguendo il vecchio nazionale costume, rinnovato in questi ultimi tempi, i pi instruiti ne leggano e spieghino opportunemente ai borghesi ed. al popolo ora l'uno ora l'altro squarcio, e lo facciano soggetto di conferenze e conversazioni festive, serali, popolari, domestiche. La storia, per quanto la si predichi maestra della vita, non giova al paese, se dal libro non passa nella coscienza, nella tradizione del popolo. Quando il popolo se n' impossessato, quando gli passata, dir cos, in succo ed in sangue, allora, ma allora soltanto, influisu beneficamente sul costume, sul carattere suo s . Queste sono parole d'oro. che non ricordiamo a Venezia senza perch.

v cnezia 18.'\0, Tir. di M. Viscntini.

DELL' ARCHIVIO VENETO


(N.
2,

Giugno 1880).

Dobbiamo rendere le pi sentite grazie agli amici cortesi, che, a rendere possibilmente completo questo Bullettino, c'inviarono le publicazioni concernenti la storia delle loro particolari provincie. Uno speciale ringraziamento dobbiamo al benemerito bibliotecario della Bertoliana, Andrea Capparozzo, e al prof. Bernardo Morsolin, che al nostro invito risposero con generosit esuberante. Le ragioni dello spazio, e la necessit di prendere nota, prima dell' altre, delle publicazioni del 1879, ci scuseranno , speriamo, se non abbiam potuto immediatamente render conto di tutti i libri che ci vennero inviati, e che annunzieremo tutti al pi presto.

39, P. SELVATICO. Gli antichi prospetti della Basilica Marciana a Vme,ia scoperti nei due lati di settentrione e di mettodi durante gli ultimi gl'audi ristauri (1862-1876), s. a. n. (1879), pago 13, 4., con due tavole.
Primo ad accorgersi delle antiche tracce d'una facciata sotto le decorazioni marmoree del lato di settentrione, fu il sorvegliatore sig. Antonio Pelo landa, che tenne conto di quelle tracce e le rappresent in un disegno. Quegli per che comprese tosto la somma importanza della scoperta, e la raccolse e coltiv con amore, fu l'ingegnere sig. Pietro Saccardo, uno dei componenti la fabbriceria di S. Marco. Fu egli che volle rifatto con la massima cura il primo disegno, valendosi dell' esperta mano del sig. Giuseppe Canella; e fu egli del pari, che, nel successivo ristauro del lato di mezzogiorno, prese a tempo le debite precauzioni, affinch tuttoci che si andava scoprendo venisse fedelmente copiato dal vero; ed ebbe cura altres di far comprovare, col mezzo della fotografia, l'autenticit dei particolari pi importanti, registrando inoltre quelle circostanze che potevano crescer luce al singolare avvenimento. Il quale meravigliosamente conferma l'opinione che aveva espressa il Selvatico, che, cio, le facciate della Basilica, come ora stanno, siano di non poco posteriori all' et di Domenico Selvo. Resterebbe adunque dimostrato che la Basilica di S. Marco, modestamente innalzata da Giustiniano Partecipazio, fu allargata col sistema laterizio dei lombardi dal doge Contarini e dal Selve,

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e finalmente dal secolo XIII in poi fu abbellita con incoerente ma profusa magnificenza, giovandosi delle colonne, dei bassorilievi, dei ruderi che, dall' Orien te conquistato, i veneziani traevano in patria, monumento di operosit e di vittoria. Con questa publicazione l' illustre critico, di cui sentiamo ogni d pi grave la perdita, volle festeggiare le nozze Valmarana Cittadella-Vigodarzere.

40. LUIGI FINCATI contro ammiraglio. Ordini e segnali dellajlotta veneziana comandata da messer Giacomo Dolfin (anno 1,365). Roma, 1879, Barbera, pago 22, 8.
Questo documento contiene i segnali usati a bordo dalle flotte venete nel secolo XIV e, senza dubbio, anche prima. Jal aveva publieati gli Ordini e Comandamenti di Pietro Mocenigo, ma molto scorrettamente; oltracciquel1i del Mocenigo sono di molto posteriori a questi del Dolfin. Il contr' ammiraglio Fincati li public adunque, nclloro dialetto originario, facendoli peraltro. precedere parallelamente da una miglior lezione s , con che si rendono intelligibili agli stranieri, che pi di noi sembrano interessarsi allo studio de' nostri antichi documenti . Da questi Ordini si vede I come, con pochi e semplicissimi segnali, sussidiari da intelligenze e da prescrizioni preliminari, si sapeva provvedere a tutte le necessit della navigazione e del combattimento . Il documento tratto dall' Archivio Notarile di Venezia, e fu trascritto dal sig. Antonio Baracchi, paleografo valentissirno e ben noto ai nostri lettori. E il libretto presente un estratto dalla Rivista marittima, Aprile 1879.

41.

LUIGI FINCATI.

Splendore e decadenza di Vme'{ia.

Roma, 1878, Barbera, pago 28, 8., con una tavola rappresentante una galeazza veneziana da mercanzia (1430).
L'A. pubblic questo articolo nella Rivista marittima, col titolo: Splendore e decaden ra della marina mercantile di Veneria; ma, convinto che le vicissitudini di questa citt sono ,intimamente e indissolubilmente congiunte con quelle della sua marina, diede alla sua memoria un titolo molto pi largo e che gli sembr pi opportuno. L'A. comincia in fatti a discorrere di quelle squadre che si chiamavano galere dei viaggi, le quali avevano linee fisse di navigazione a somiglianza delle odierne, esercitate da societ pi o meno privilegiate, colla differenza che le navi in esse impiegate, in luogo di appartenere ad una societ, come oggi suoi dirsi, privilegiata o sovvenzionata, appartenevano al governo . Per far vedere l'esattezza del paragone. l'A. riferisce e, da uomo esperto delle cose di mare, traduce il giuramento di un capitano. Aggiunge poi il diario della navigazione fatta nel 1408(da Venezia a Jaffa e ritorno) dalla galeazza di Andrea Arian , carica di pellegrini per Terra Santa, notando che questo viaggio di 1600 miglia fu compito in 33 giorni nell' andata (20 giorni di navigazione effettiva) nei buoni mesi di Luglio e Agosto, ed in 62 giorni nel ritorno nei duri mesi di Settembre e di Ottobre: niuna nave mercantile a vela potrebbe oggi fare di pi , Aggiunge alfine alcune notizie statistiche, paragonando all' odierna la marina mercantile veneziana dei primi anni del secolo XV. Non vorremmo accettare a occhi chiusi tutte indifferente-

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MANO.

Milano, 1879, tipo degli Ingegneri, pago 8, 8.

Fra le Deposirioni al magistrato alle acque (voI. I, 1535 - 1572) l' A. ne trov una del nostro Cristoforo Sabbadino, nella quale adombrata la teoria del flutto corrente, con cui l'illustre Alessandro Cialdi spiega la formazione dei banchi e barre delle foci, delle spiagge e degli stessi lidi. Secondo l' A. il Sabbadino avrebbe dunque empiricamente veduto, quello che il Cialdi avrebbe scientificamente dimostrato tre secoli dopo. Questa Nota estratta dal Politecnico, anno XXVII.

45. I Labia in Vene'{l'a, Notie storiche genealogiche di C. BULLO. Venezia, 1879, Visentini, pago40, 4., con un albero genealogico e tre tavole eliotipiche. Il sig. Bullo public in una splendida edizione questa monografia, per le nozze del conte Leonardo Labia colla contessa Maria Buonaccorsi . La famiglia Labia discende da un Nicol de Labia, nobile catalano, originario di Gerona; si tramut di Catalogna in Provenza verso il 1400, e in Avignone avvi un largo e fortunato commercio, tenendo banchi a Firenze e a Venezia. Il primo dei Labia che si recasse a Venezia fu Pietro II, che nel 1528 vi ottenne la cittadinanza. Nel 1548 a Pietro III, figlio del precedente, fu accordata la cittadinanza de intus et de extra. E finalmente Gian Francesco Labia, ncll(46, offerendo alla Republica sessantamila ducati in dono e quarantamila a prestito, ottenne la nobilt veneziana. Ardeva allora la guerra di Candia, nella quale assai si distinse un figlio di Gian Francesco, Ottavio, che, come dice l' A., I pu ritenersi l'eroe della famiglia ' . La quale era celebrata in Venezia per la sua ricchezza, tantoch ne nacque il proverbio: Abia o non abia, Labia sar sempre Labia (ovvero : Abia o non abia, sar sempre el Labia). Monumento della sua ricchezza il palazzo a S. Geremia, la cui facciata sul canale fu architettata da Andrea Cominelli, e quella sul campo, a quanto si crede, dal Tremignon. Avevano decorato l'interno G. B. Tiepolo, Girolamo Mengozzi Colonna, il Cignaroli, G. B. Zugno, Bernardo Stroui, Gio. Enrico Ros detto Rosa di Tivoli ecc. ecc. Era un palazzo da principi; si diceva che i Labia vi avessero speso 1,161,300 ducati; ma abbandonato, dopo la caduta della Republica, deperito, negletto, fu a' tempi austriaci venduto per lire austriache 7.1,500 equivalenti a lire italiane 18,490: circa una quattrocentesirna parte di quel che aveva costato! Il Bullo ringrazia gli amici che lo hanno aiutato d'indicazioni o notizie j ma fece egli stesso le opportune ricerche, trov egli stesso la maggior parte delle notizie che accumul in poche pagine, ed per questo che noi lodiamo senza riserva la sua diligente ed erudita fatica.

46. Il ridotto mauroceno, Studio biografico del proj. I. Andrea Morosini istoriografo venetiano. Ven., 1879, tipo dell' Ancora, pago 27, 8.
VINCENZO MARCHESI. -

Leopoldo Ranke attribuisce alla giovent veneziana, che frequentava la dotta conversazione di Andrea Morosini, il pensiero del1a resistenza che spieg

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di FABIO Gl.ISSE~TI del secolo XVI. Ven. 1879, Naratovich, pago 1S, 8., con una tavola.
Dopo avere accennato ai provvedimenti della Republica per la conservazione dei pozzi. e alla necessit che ci stringe Il essendosi lasciati deperire non pochi degli antichi pozzi publici e privati . l'erudito sig. Andrea Tessier, che prepar questo libretto, d alcune notizie biografiche e bibliografiche intorno a Fabio Glissenti, e riporta le poche pagine relative allo irnaginata fontana . La quale si voleva ottenere, costruendo dci vasti serbatoi sotto la piazza di S. Marco, e poi Il tirando r acqua a certa altezza della torre o campanile vicino, per darle la caduta Il . Naturalmente fu questo il pensiero di un privato (la prima edizione dci Discorsi morali del 1596 . la seconda del I (~ ' , di cui non si preoccup la Republica. La tavola, che fu riprodotta in questo libretto, rappresenta l' ideata fontana . E il libretto fu publicato dal dottissimo cav. Luigi Anelli, gi consigliere d' Appello, per occasione di nozze.

50. Della beneficen;a presso i Venetiani. Cenni di UM BERTO Dxr, MEDICO. Venezia, 1879, tipo della Gazzetta, pagine 90 , 8.
Al/a cara memoria di Samuele Romanin mio [io, che m'insegn r amore a Vene;ia e la riveren sa al/e sue republicane istituioni, contro le bestemmie di straniere e nostrali ignorane. Con questa dedica apre il giovane autore il suo libro, del quale dice a pago 9 : Potr forse tornar comodo a taluno di trovar qui raccolti alcuni cenni, che compendiano le ricerche fatte su questo argomento, una compilazione cio delle pi 'ovvie notizie; e forse potrebbe questo povero scritto cader sotto gli occhi di chi, considerando l' importanza di ci di cui si tratta, e sdegnato di vedere s nobile tema capitato a mani immeritevoli, si invogliasse di trattarlo a , Questo modestia , in verit, commendevole; e quindi senza esaminare troppo sottilmente r opera dci giovane autore, lo confortiamo a prepararsi, com' egli promette ((I coi necessari studi e quando abbia raccolte sufficienti notizie. l, al nobilissimo tema, che potr rendere rispettato e caro il nome del nipote, come rispettato e caro quello del zio.

51. Dell' orfanatrofio maschile ai Gesuati iu Ve1lei.ia, pe,' don GIUSEPPE PALMI ERI, rettore. Venezia, 1879, Antonelli, pago 24, 8.
Questo istituto , ov' data a' poveri orfani l'educazione e l' istruzione necessaria alla giovent povera che deve guadagnarsi la vita col proprio lavoro, va troppo bene perch tutti ne debbano rimanere contenti. L'ab. Giuseppe Palmieri, che lo dirige. espone perci schiettamente le condizioni dell' istituto, e toccando del suo indirizzo morale, intellettuale ed artistico, dimostra agli spassionati lettori essere infondato il lamento, che i sacrifzt del Comune non portino quel buon risultato, al quale esso avrebbe diritto .

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Rinnovamento, pago 38. 8.


Sono 'c inq ue lettere (a G. Nicotera, al comm. Mezzanotte, ad A. Depretis e al comm. Baccarini) scritte dal Berti negli ultimi giorni della sua vita, nelle quali dimostra che il ritardo frapposto alla costruzione della scogliera del Lido danneggia la publica salute a Venezia. La questione lagunare (trattata in queste lettere, nel Senato a Roma e nel Consiglio Comunale a Venezia ove, parlandone, fu colto da subitanea morte) era la maggiore preoccupazione dci Berti, come dovrebbe essere di tutti quelli che non vogliono apparecchiare a Venezia l'infelice sorte di Altino, di Jesolo, di Torcello ecc.

54. Cenni sulla giovent e sulle benemerenze del presidente Antonio Berti verso la Societ Veneta di Mutuo SocCOJ' so medico-chirurgico-farmaceutica, lett i nella sedut a m'dinaria 9 Luglio / 8i 9 dal l'l'ce presidente dotto LUIGI S CO FfO. Vcn. , [879, Longo, pago 24, 8.
La parte pi imp ortante c pi istruttiva di qu esto libr ett o la prima , nella qu ale l' A. racconta le difficolt che angus tiarono la giovent del Berti (a cui fu a mico e consigliere fin dai prirn ' anni), e l' operosa costanza con la qu ale il Bert i le vinse. So no pagin e che conforta no, e che non is/ugg iranno certo ai futuri biografi d'un uomo, il qu ale, in mezzo agli onori ottenuti in sull' ultimo sco rcio del vivere, ricordava serenamente l' angustam pauperiem onde aveva alime nta ta in cuore la fede.

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55. Ra ccolta di proverbi uenetifatta da CR[ STO FORO P ASeconda edizione accresciuta e riordinata. Venezia, [879, tipo dell' Istituto Coletti, p. VIII, 330, con due appendici.

Mett ere insiem e pi di 5000 proverbi, veri proverbi e veramente vene ri, una fatica che a nessun o pu par er facile. Ordinarli poi, com e fece il prof. P asq ualigo, , per qualch e rispett o, ancor pi difficile. Dobbi amo du nqu e lodare il dott o raccoglit ore e per la copia e per l' ord ine. L'utilit del lavoro non men o manifesta, si gua rdi alla lingua o alla storia. A prop osito di questa, i pro ver bi, dice il prof. Pasqu aligo, riguardan o per lo pi qu anto vi ha di costante nei bisogni e nelle dir ezion i della vita, e sono principalmen te retaggio della classe pi numerosa del popolo; ond' naturale che debbano essere assai scarsi quelli che accennano a fall i sto rici, e an cora pi qu elli di a rgo mento politi co, massim e col dove si fatto sempre di tutto acciocch la minutaglia o non udisse o dovesse chiuder l' or ecchi o al rumore delle ruote governative . E appunto per qu esto alcuni proverbi, se corrispondono alle idee e ai sen timenti del pop olo, non sem pre corrispondono esatta mente alla verit sto rica. E basti qu el che tr oviamo nell' Appendice prim a : Soto i Diese, la tortura : soto i Tre, la sepoltura . (pag. 323)' Il pro verbio, naturalment e, non a nt ico ; e fu creato nei tempi in cui qu esta opinione comune della terribilit degli Inquisitori di St ato, era il prin cipale spediente di cui usavano per mantenere l'ordine e la tr anquillit nello S tato.

esempio, due lett ere dell' ab . Barbieri (1836- 1839) ali' abate bassanese co , G iuseppe Roberti, nelle qual i parla di libri e d i studi. E cos i due frat elli Paroni vollero festeggiare le nozze d'una loro cugina.

73. Lettere inedite del sig. Pozzato, 18j6, pago 12, 8.0

BARTOI.O~EO G_\~BA.

Bassano.

P er le nozze Jonoch-Chemin Palma furono publicate queste (tre) lettere ( due al co. Leonardo Trissino, una all' ab . Antonio Marsand), i cui o riginali si conservano nella Bertoliana a Vicenza , e che forse non saranno inutili ad un futuro biografo dell' erudito bassanese.

74. I Saliti Fermo e Rustico iu Verona. No tiiie raccolte da I G N AZ IO ZENT I sacerdote, bibl iotecario comunale. Veron a. 1879, Civelli, pago30, 8.0
Nel giorno (18 Maggio 1 879) in cui il cardinale "Can ossa fece la visita pastorale a lla Chi esa di S. Fer mo Maggiore, il Zenti public q ueste notizie. Nelle quali popolarrn ente ma diligent emente riassu me qu anto fu detto c scritto sul martirio dei Sa nt i F ermo e Rustico, sulla traslazionc delle loro reliqu ie, e finalm ent e sulle chi ese che innalz e sul culto che rese loro Ve. rona . L 'A. animato da una viva piet ; ma l'argom ento aveva eserc ita to la critica d i parecchi scritt or i (dci qual i basti rico rdar e Scipion e Maflei), giacchi: vi si collega no monumenti di venerab ile ant ichi t c d i strao rdinaria import anza , com e il ritmo pipini ano e il velo clnssense. E cos l' eru dizione pu rendere acce tto il libro , anche a qu elli, che fossero indifferenti agl i scopi morali ch e si pr op ose l'Au tore .

75. Del cardinale Plac ido Zu rla di Legnago, monaco benedett ino-camaldo lese della Congregaiioue di S. Mich ele iII isola di lv/ura no p resso Velietia , CeliIl i biografici ( 1 7 G91834). Veron a, 18j9, Merlo, pago67, 8,
I padri minori riformati dedicar ono qu esto libretto al cardinale l.uigi Ca nos sa, nel secondo anni versario della sua elezione al cardinalato. Il libretto scritto con mo lta dilig en za, e co rr egge parecchie ine sattezze s fugg ite ai precedenti biografi. In pi luoghi troviamo no tizie ch e non hanno soltant o un ' importanza loca le ; p. e., ch e sul do sso del Mappamondo d i fra' Mauro (trasferito nella Marciana ne l Maggi o del 181I se ne rit ro vi la data prec isa: A1CCC CL ad XX VII Avosto f o chomplido questo Il.1).or. Ci sorprend e che , a pr oposi to dei frat elli Zeno, l'erud ito autore non ricordi la dis sertazione del Mayor, che abbiamo inserita in qu esto Archivio (to mo VII e VIII '. Delle opere inedite dell o Zurla merit ereb bero di essere co nos ciute da i cultori della no stra sto ria le Mem orie della vita e deg li studi del cav. Jac opo Nani. E del Z urla meriterebbero, come ben dice l'Autor e, d i essere raccolte e publicate le lettere , buon numero delle quali si troni nel Civic o :'ol useo di Venezia .

TreVISO. Venezia,

1~79,

Visentini, pago 16,

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Al co. Lodovico Valmarana, sposo alla nob. co. Giustina Cittadella- Vigodarzere, dedicarono questo libretto i sigg. co. Filippo e Gio. Andrea Grirnani. La relazione corredata di note che le danno qualche maggiore impor. tanza, Per esempio, da queste note, parrebbe che la citt e provincia di Treviso non pagassero annualmente contribuzioni maggiori di lire venete 32540, che equivalgono a lire italiane 16270. Ma non sappiamo se del prospetto allegato alla relazione sia dato qui un completo riassunto. Da un altro prospetto, di cui qui non si danno che le ultime risultanze, apparisce che il Valmarana, andando a Treviso, trov la publica cassa creditrice di lire italiane 1,303,168:35, e, partendo la lasci creditrice di lire italiane 1,336.231:98. L'indulgenza, di cui il Valmarana si vanta nella sua relazione, aveva in circa diciotto mesi avuto questa spiacevole conseguenza. Dalle stesse note apprendiamo, che quando pass per lo Stato veneto Maria Amalia, figlia di Federico Augusto re di Polonia, la quale andava sposa a Carlo Borbone, la Republica spesc ducati 17,~I4=I, e Alvise Mocenigo 5., che le fu mandato incontro come ambasciatore straordinario, ne spese 2,,287:17. Si costru per questo passaggio un ponte sul Piave. E il nob. Rinaldo Volpato lo costrusse del proprio, e non volie compenso alcuno . Quanto alla relazione (tratta dall'Archivio di Stato), essa parla dc' miglioramenti procacciati alla citt e al territorio, la cui popolazione si distingueva per una perfetta venerazione e fede verso il publico nome .

SO. Ultime relationi dei Carraresi col Friuli. Documenti


dal 1388 al 1421 raccolti da V.
pago 24, 8. gr.
Publicato per le nozze del co. Lodovico Valmarana colla co. Arpalice Papa fava de' Carraresi dal co. Antonio di Trento, questo libretto una prova dell' amore costante 'con cui l'erudito bibliotecario della Comunale di Udine coltiva la storia del suo Friuli. Qui egli raccolse sei documenti inediti, i quali, com' egli dice, dimostrano la costante affezione de' Carraresi per Cividale .. . , il loro implacabile odio per Venezia, e la lunga vendetta colla quale costei perseguitava gli avanzi di quella grande ed infelice famiglia .
JOPPI .

Udine, 1879, Seitz,

81. Lettere inedite di PAOLO CANCIANI ad Amedeo Svajer. Ven., 1879, Naratovich, pago26, 16.
San cinque lettere dell' editore delle Barbarorum leges antiquae allo Svajer, e si riferiscono a scambi o a doni di libri . Il libretto fu publicato dal sig. Gustavo Boldrin per le nozze Paccagnella-Pigazai ; e le lettere, tratte dall'epistolario raccolto da mons. Giannantonio Moschini, che si conserva ag' gid nel Civico Museo di Venezia, furono illustrate da qualche nota e da una succinta notizia sul Canciani del cornm. N. Barozzi.
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Venezia 1880, 'I'ip. di M. Vi.enlin;.

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bris occultis et mani festis, et a morb o caduco, secund urn usum patrie Veneciarum (pag. 155) ecc. ecc. Sob rie ma utili note accompagna no il testo, che pu considerar si davvero come un nuovo regalo che il Mas Latri e ha fatto alla nostra storia . Irnpcrciocch l'A. mira naturalm ent e alla F rancia, ma i documenti per la maggior part e son tratt i dal nostro Archivio, dag li Atti del Sena to o dei Dicci, dalla Raccolta dei Patti, e da que i libri Commemoriali, di cui il nost ro Pr edelli cont inua a mettere in luce la vari a ed abbondante ric-

chezza.

84. ~I ,rlJ p. .e~ d J.Y) 'J!%Y)<; e7"':o pecx;. Docuni euts inedits r elatifs l' histoire dc la Gr ce alt moy cll age publis , , . . par C. N . S A T H A S ( P rc m ir e seri e, Do cum ents tires des Archives de Venise 140 0-15 0 0 ), Tome I. Veni se, [880, Visentini, pago XXXIX , 344, 8. gr ,
Quant unqu e l' A. dica nella sua prefazione : notre but en forman t certe collection n' est pas seulement dlucider l' histoir e, mais aussi la gograp hic de l' Hellade et sourtout la vie prive et sociale des Hellnes " chiaro che la illustr azione della storia e della geogra fia della Grecia, sorra tu tto quando desunt a da docum ent i .veneziani, un contributo prezioso alla sto ria della Republica di Venezia. Sa rem mo dunq ue ricon oscenti all'operoso editor e dei 209 document i (il num . 72 a pago 106 ripetut o) che troviamo gi in questo primo, e degli altri che ci pro mette nel secondo volu me, se non dovessimo aggiungere qu alche osservazione che, se non toglie, dim inu isce di molto, a giudizio nostro , il valor e di qu esta publicazione. L' Auto re dice che nella prefazion e al secondo tomo esporr il metodo da lui seguito . pour classer ccs pices " discorrer des archives d' o sont tirs nos documents , e dir finalment e dan s quelles circostan ces elles ont t copies et publies s . Quant o al metodo di classificar e i docurnent l' A., salvo uno o due casi (pag. 63 c wli) che possono att ribuirsi ad erro re di tipografia, segu l' ord ine cronologico ; e qui c' poco da aggiungere. Quan to agli Archi vi' onde si trassero i documenti , ci sar caro conoscere perch l'A., riscrbando pure ad altr o lavoro i documenti ante riori alle Cro ciate, non abbia spinto le proprie in dagini al di l del secolo XV, e secondo qual i criteri abbia accolto o rifiutato i documenti del quattrocento , relativi alla Grecia, che incontr nei Secreti del Senato, principalissima se non esclusiva font e di qu esta raccolta. Al qu ale proposito ci sar car o sapere perch dai CO lli memoriali non si sian presi che otto documenti e non pi (4 1, 76, 92, 144, 157, 182, 183,204), cinque e non pi dalle Comm issioni ( 116, 196, 197, 198, 201), due soli dai S in dicati (oh Sii) e il documento 2 00, uni co e solo, dal Consiglio dei Dieci! Ma sopra tutto sar im port ant e con oscere . dans qu elles circonstances i documen ti siano stati t rascritti. Debbono essere circostan ze ben tristi, se badiamo al testo che ab biam sott' occhi! Certo l' int elligenza dei docum enti resa, se non impossibile, assai difficile qu and o, scorrendo a caso qu esta edizione, si legge expediendi (pag. I , lino 24) in luogo di expendcndi; poterunt in dieta dominio (pag. 2 1

cademia delle S cienre in T orino), alla quale prepose una breve ma succosa
not izia int orn o alla vita e alle opere di Mar ino Sa nuto, dimostrando, per parte sua , un a volont incl inatissima ad aiuta re efficacemente la grande im o pr esa della publi cazione dei Diarii. Della q uale benevolenz a gli sono in som m o grado ri con oscenti gli edi tor i dei Diarii, a cui la vera meta cos lontana, ch e al lun go viagg io hanno necessit d i corrispo nde nte co nforto.

88. Introduiione della censura d ella stampa in Ve1 lei ia nell' a1l11O 1527, Notizie inedite estr atte dai Diarii di l\hRIN S A NU TO. Ven ., 1880, tip odell' Ancora, pago 14 non num., IG.o
Al dotto Gino Zajotti dedic qu esto elega nt issimo libr etto il sig. Domeni co Zasso, per festeggiarne le nozze. Nel q uale sono trascritt e alcu ne notizie del tom o XLIII dei Diari i Sa n utiani, ove raccontat o co me a d 29 Genn aio (J526 m . v.) 1527, il Con siglio dei Dieci attri bui sse ai suoi cap i il diritto d i censura dei libri. E t nota >I , dice il Sa nuto , tutto questo pr ocesso per una opera composta per un o medi co, domi no Aluisio Cyn thio vene to dotor, int itolata al pontefice, ch iam ata Origine di proverbi], in la qu al dice grandissimo mal di fra ti di Sa n F ran cesco, so tto il vocabolo : Og ni/ln tira l' aq/l'l al S /IO molin. E dir ti fra ti si hann o doleste d i questo ali Cai di X, et li Ca i mand ono n tuo l' tutte le opere . H or poi fo co messo a due zen ti lhu o min i " che furon o Loren zo Priuli e Ga spare Co n tari ni, " la vedi no e referiscano ' . L' edito re ci sa dire che l' opera si conserva nella biblioteca Marciana ; sarebbe sta to utile il dirci se sia sta ta o no cas tiga ta dai due censor i.

89. Ritratto d ella vita civ ile dei veneziani nel 1565, Lettera d 'incerto autore a messer Camillo Paleotto . Pi sa. 1879, Ni stri, pago 20, 8. 0
Il ch. cav. Federico S tc fani tr asse dalla sua raccolt a e pu blic qu esta lettera, dell a qu ale non a vendo pot ut o de termi na re l'a uto re, agg iung e che . ce lo ri veler il tempo, ch ' galan tuo mo, e l' er udiz ione de' sig nori bolognesi . .. ' . Ma l' autore non era sconos ciuto ad E. A. Cicogna . che aveva pub licato q uest a lettera istessn nel JS.p (Ven., tip . Merl o) per le nozze di Ange lo Cornello c Mad dalena de' con ti Montalb an , La lett era infa tti di Gabriello Sclvago ge no vese a m esser Ca m illo P aleotto. E del Sa lvago, del P aleotto c degl i altri nominati nella lett era , ragion a il Cicogna nel!' av vertenza A chi leg g e.

90. Di 1111 cod ice storico della Ma rc iana, Comunicat ione del s. C. G. M. TH Ol\L\S.
Nella tornat a del 23 Marzo 1879 l' illustre A. fece q uesta Co munica zione

01 R. Istituto Ven eto di S. L. ed Art i (si legge negli A lti, tom oV, sc r. V. d isp.
V, pago 417-419), acce nna ndo al pr egio straordi na rio della Chro nolog ia M a g na (La t., num . 319), cd alla rip rodu zion e cliotipica d i q uelle ca rte di essa che si riferiscon o alle Crociat e. Cos, egli co nch iude, " Venez ia avr il meri to di iniziare con nobile esem pio qu esto nu ovo e lodevole bel metodo, di o ffrir e alle ricerche ed agli studi dei dotti e dei lett erati gli an tichi testi ori ginali .

p ag o ooz c

~cg5 ' : ' rrcoruu la g lU n~ U1 z l u n c Ul 'lU\. -:)W m a gl ~u ,ll ur a sur F ~" U '" U piloti ven eziani , e da un a parte del Capitolare dei cinque savi alla merc ml' Tia (13 Giu gn o 151 8) argomen ta la cons uet udine di ten ere ogni anno una galer a allestita pe r i pellegrinaggi in T er ra Santa.

94. Bibliografia analitica del pro f. AN T O:-<IO V Al. SECCHI sulla Legislaiionc della R epublica di Velle,ia. ContinuaiioIle. Ven., 188o, Naratovich, pago 3i , 8.
Qu elli che seguiro no co n int er esse gli studi hibliogr afici del prof Valsecchi , vedranno con piacer e questo fascicolo, n el q uale parlat o dei cittadini veneziani, degli ebre i ecc. ecc.

Comparsa conclusionale per la Congreg atione di Carit di Venezia .. . Ilei punti di dicliiaratione dell'Ospitio ed Abbaiia della Misericordia iii Opera pia ecc. ecc. Vcn ., 188o, Soc. m. s. Comp. ed Irnp. tipografi,
DE KI RIAKI.

95. A. S.

pago:;:;, 8.
Con una eru diz ion e, che mo stra il lu ngo amore con cui studi questa caus a. Invv. A. S. de Kiriaki tesse e conduce fino ai giorn i nostr i la storia dell' Osp izio di S. 1\ 1. della Misericordia (fo ndato nel ~) 3 9 da Cesare de Julii, dett o an ch e Andr cardi), citando i docum en ti di vario ge ner e che ne fanno testim onianz a , e le vicende varie ch e cor se nel periodo ben lun go di pi che nov e secoli. Alla dili gent e esa ttez za delle ric erche com pagna u na chi ar a distribuzion e della materi a ; on de a un lit igio, del quale certo noi non possiamo esser giudici, sia m debitori d ' una scr ittura che in poc he pag ine h a cond ensato la storia d'uno dei pi antichi no st ri istituti.

96. I Benedettini a Venezia COli speciale rigu ardo all'isola di S. Giorgio lUag g iore, Cenni sto r ici di F r nnnrco P EL L EGRINI COI1 l/Il Saggio bibliografico. Vcn., 1 8~0, tipo dell' Immacolata, pago 77, 8.
Intorno ai cen obi i dc ' ben edettini e degli altri ord in i m onastici che ne hanno desu nta la regola, ma specia lme n te intorno al mo nastero famoso che sorge nell' isola di S . Gi orgio Maggior e, so n qui raccolte molte no tizie, pi o meno importanti, desunte dalle fonti pi acc redita te. T ra tt andosi peral tro d'una mem ori a che fu lett a in un a Accadem ia, l'A. ha dovuto in p ar ecchi luo ghi acce nna re i fatt i piuttosto che sviluppar li co me avrebbero meritato. Lo far in un a nuova ela bo razion e, che ci fa spera re, de l suo lavoro, dalla qu ale togli er qualche inesattezza che n on sappiamo spicga rci, Co mc pot, p. e., esser e citato il Sanudo (pag. 12), a proposito d'u n ane dd oto relativo ad Enrico III ? Cos pure, non sa l'A. ove si rac cogliesse il fiore dcl la biblioteca ri cordata a pago 1 8 '! Ut ilissima appendice a qu esta publica zione il Saggio di bibliografia per la St oria dei B enedettini in Venci7, nel q uale so no in di cati 165 codi ci conservat i nella Marci an a, nel Museo Civico e nell' Ar chivio di

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1874, tipo Sigonio, tavole XXII In fol. ed una di Aggiunte e Correiioni. 101. Appendice alle memorie storiche del casato Rusca o Rusconi. Documenti, Postille' e Tavole illustrative. Bologna, 1877, tipo Militare, pago 98, in fol. con I S tav. litogr.
Se tutti i nobili volessero illustrare il proprio casato con un lavoro simile a questo del marchese Alberto Rusconi, quanta luce verrebbe alla storia della patria comune! Qui peraltro non sarebbe luogo opportuno a lodare la lunga fatica dell'A., se un ramo della famiglia Rusconi non si fosse trasferito nel secolo XVI a Venezia (tav. XII), e non trovassimo un documento (XVIII) tratto dai Commemoriali (X, 2(0) del nostro Archivio, documento del resto gi publicato dal Verci, Marca Trivigiana (torn. XIX, doc. 212i).

102. GAETANO CAPASSO. Fra Paolo Sarpi e lLnterdetto di Veneria. Firenze, 1880, tipo della Gazzetta d'Italia, p. 264, LXIV, 8.
Come tutti quelli , i quali si innalzano per l'ingegno loro al di sopra dell' ordinario, fra' Paolo non ha potuto andar esente da odi segnalati e da falsi giudizi . . . Or fra' Paolo non fu n eresiarca n protestante . Queste parole con cui I' A. chiude la sua memoria, mostrano com ' egli si sia studiato di tenersi lontano dalle opinioni estreme, trattando un argomento che dest tante passioni. Il libro estratto dalla Rivista Europea, e la gravit del soggetto non comportando un cenno fuggevole, speriamo di poter darne estesa notizia nel successivo fascicolo.

103. Le idee politiche di Melchiorre Cesa rotti. Saggio d'Imo studio di GUIDO MAZZONI. Firenze, 1880, tipo del Vocabolario, pago 23, 8.
Questo saggio, che mostra il lungo studio dell' Autore e che si legge con vivo interesse, un Estratto dalla Nuova Riv. Internar., A,mo II, N. 4 (Luglio). L'A. si proposto lo stesso scopo che mi sugger la nota a p. 368 del tomo XIX di questo Archivio. Ci siamo dunque contemporaneamente incontrati nello stesso pensiero, che sorge, del resto, molto spontaneo in chi legge le lettere del Cesarotti. L'Autore vedr perci volentieri le lettere che hanno arricchito ultimamente il nostro Museo. Quanto alle citazioni che mostrano \' erudizione del sig. Mazzoni, ci sia lecito ricordare che 1'Adria consolata, la quale egli giustamente dice schifosa, se ignota a tutti i biograf s , fu ricordata peraltro dall'Arch . Ven., tom oXII, pago 195. Nel quale Archivio (torn. V, pago 15i) \' A. trover, se gli piace averla, la spiegazione delle lettere E. A. C. C. A. C. E. G. P. I., apposte al libretto stampato con falsa data a Venezia ne11814. In questo libretto sono raccolte le Satire andate attorno in Veneria nel tempo dell'assedio (1813-1814), e fra l'altre quel distico contro il generai Seras, che il Mazzoni ha citato in una sua nota . Ora dalla cortesia dell'ab. Antonio Pasini abbiamo saputo che quel distico fu scritto da un suo

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L'A. si propose di studiare la storia r dei corpi militari veneri ed alleati , , . . con disegno di svolgere in separato capitolo, per ognuno di essi, senza pretese di forma, ma con scrupolosa esattezza, la instituzione, o la venuta nel Veneto, la loro organizzazione disciplinare cd economica, i fatti d' arme nei quali combatterono, lo scioglimento" . ecc. ecc. Bench l'A. fosse autorizzato alle opportune indagini negli Archivi, s'imbatt in difficolt inaspettate, per la scarsezza e, talora, l'assoluta mancanza dei documenti. unica base ch' egli voleva dare al suo libro. Eppure, ch ' egli le abbia superate felicemente, lo dimostra il giudizio d'uno scrittore, il comm. Nicorncde Bianchi. che se ne intende di cosiffatti lavori. Le prove". egli dice, r d'amico eroismo, date dalle mi lizie venete nel memorabilissimo periodo dci 18~R-4~, ben meritavano di trovare un valente e coscienzioso scrittore, che con paziente studio togliesse dall' oblio la memoria di quei pred . A questo cmpito ha adempito egregia. mente il sig. Jdger, con carit di patria e con fedelt di storico, in modo degno del maggiore encomio. lo me ne felicito coll' egregio scrittore .. .. . Col quale ci congratuliamo anche noi del diligente lavoro, che meriterebbe di conseguire gli incoraggiamenti, anche materiali, necessari al compimento dell'opera . Questo volume peraltro forma da s un' opera completa, abbracciando in 63 capitoli la storia delle compagnie com battenti, dalla Crociata di Ernesto Grondoni (3 Aprile 184R) fino alla Coorte dei Veliti (3 Febbraio 18~~)~. Segue l'elenco dei morti e feriti in battaglia, quale risulta dai documenti che si conservano. Questa circostanza ci spiega il picciol numero di morti e di feriti che troviamo qui ricordati : san poco pi d'un migliaio (1015). Se non che l'A. molto a proposito avverte, ch' egli non volle fare una raccolta generale dei nomi di tutte le vittime della guerra " ma registrare quei soli che i documenti conservati ricordano come feriti o morti in battaglia. E, ristretta pur cos la ricerca , sono ben lontano dal Iusingarrni che la serie ch' io offro sia compiuta. Ritengo invece che non lo sia" (pag . 437). Queste parole, con cui l'A. chiude il suo libro, corrispondono a quelle della sua prefazione, e mostrano in lui una modestia, rara dote ai d nostri, che la pi certa guarentigia della diligenza dci suo lavoro, Non vogliamo peraltro abbandonare qu esto argomento, senza rivolgere una parola di lode al sig. Bartolamrneo Calore, altro ufficiale dci R. Archivio di Stato, che si fece editore del libro del suo collega. Non sappiamo se il sig. Calore sia ricco, ed probabile che noI sia ; ma tanto pi vivamente dobbiamo encomiarlo d'avere, a suo rischio, reso alla storia della difesa di Venezia un servigio, che avrebbe fatto onore ai pi doviziosi .

105. GIUS EPPE PASOLJ:lIl, Memorie raccolte da suo figlio . Imola, 1880, Galeati, pago 649, 8.
Il conte Pietro Desiderio Pasolini, autore di questo libro, ben noto agli studiosi della nostra storia, per l'erudito 13\'01'0 che public nell' Archivio Storico Italiano, e che raccol se poi in un volume (Firenze, 18i-t-. Cellini, pag oVIII, 371,8,) col titolo: Delle antiche relarioni fra Vene,ia e Ravenna. Dallo studio delle cose medievali, la piet filiale lo trasse 3 scrivere questa pagina di recentissima storia. La biografia del co. Giuseppe Pasolini s'Iatrec-

ta, voI. XII-XVI, pago 334, 275, IgO, 214, 100, 16. 0
Nel Bullettino di Bibliografia venes iana (num. oH. I I (i, 298,717) abbiamo ricordato gli ultimi (VIII -XI) volumi del Locatelli, publicati successivamente per cura amorosa de' suoi eredi. La publicazione continu d' anno . in anno, raccogliendo le appendici scritte tra il ISS4 e il 186" e giungendo cos al tomo XVI col quale ci pare che sia compiuta. L'arguta parola del .Locatclli sempre eguale a s stessa, e pi d'uno degli articoli sui Costumi, che leggiamo in questi cinque tomi, gareggiano con quelli che quarant' anni addietro facevano la delizia del publico. Non si direbbe, p. e., scritto nel 185/; r articolo: Calunnie contro Ve/lejia (XII, 14-26). Da qualche tempo', dice iI buon Locatelli, Venezia d una gran briga agli scrittori. E' si sono presi d'una bella passione per Id, e si permettono di consigliarla, educarla, correggerla . L'amano, ma v' assicuro che non l' adulano; mettono in pratica il proverbio: chi ama bene gastiga bene, e le attestano il loro amor con le botte . E , verso la fine, conchiude : Certo a Venezia, come in tutto il mondo, e forse un tantino pi che nel resto del mondo, chi pi pu, ed ha in sua balia le due pi gran leve dell' umanit, il tempo ed i mezzi ; chi potrebbe fare non fa, e poco aiuta anche a fare. Certo a Venezia, come in tutte le grandi citt, sono oziosi, ci son chiaccheroni, provocatori, insolenti. scribacchini di seconda mano, che rubano il pane , e nelle platee, ne' caff, in altri publici luogt.i gracchiano, accaneggiano, sparlan di tutto e di tutti: enti spregevoli e malefici, a cui si vorrebbe mozzare la lingua ; certo queste piaghe ci sono: ma confondere tutti nello stesso dispregio, attribuire a tutte le classi ci che, in parte soltanto, d'una sola difetto . . . . tale e s mostruosa ingiustizia, da non trovarne altro esempio . .. . '. E nel 18,8 (X IV, 6-9): Le lettere " egli esclama, che, per eccellenza, chiarnavansi umane, son divenute inquisitorie: fanno la critica e insieme il processo ; svelano i misteri dellarte, e quelli del canap e dell' alcova . . . . Di questo passo non so fin dove arriveranno . . '. . Quanto poi a me, poi ch' io fui posto nel novero, per verit non troppo largo, de' galantuomini, quasi tal grazia mi venisse dal Pungolo, e non tosse frutto delle mie opere di cinquanta e pi anni, doveva starmi contento a questa fede di buoni costumi, e non recarmi di nulla I . Povero Locatelli l Anche di lui si pu dire che. morte lo salv dal veder peggio! Ma della gentilezza dell' animo suo non voglio dimenticare la prova che diede anche in questi volumi, consacrandone alcune pagine alla memoria di Giacomo Gavagnin, il proto della sua stamperia, ch ' egli malinconicamente ricorda con un affetto vicino a riverenza I (XIV, 185-186), e a quella di Giannantonio Piucco (m. II Agosto 18(6), modesto e nondimeno chiaro scrittore, per ben 34 anni ... fedele cd omoroso compagno. suo nell' ardua e nOli grata opera della compilazione della Gazzetta. Ed oh quante oneste speranze " conchiude l' A. commosso, che tesoro d'affetto, quanta luce quasi ignorata si chiudono in quella tomba! (XV, 205-208).

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Nei Cenni intorno al collocamento desii oggetti costituenti il Museo nel nuovo edificio, pago R(i e seg., troviamo i.ndi.:ato nella Sala Xl il medagliere. Questa collezione, collocata negli scaffali all' ingiro della sala, nella parte superiore di essi disposta cronologicamente. cominciando dalle monete primitive, e continuando con quelle dei dogi, da Sebastiano Ziani a Lodovico Manin . Vengono appresso le monete coniate sotto i domini stranieri, quelle del 18-t-8-49 e quelle dei possedimenti veneziani. Di tutte queste monete r elenco si vede esposto al di sopra degli scaffali, coi numeri coi quali sono indicate .. , . Nella parte superiore dello scatfale nel mezzo della sala, havvi dal lato destro la serie completa delle oselle veneziane, e quella assai copiosa delle oselle muranesi. Ivi pure collocata una raccolta di tessere ed una di bolle ducali , . . Una scelta collezione di medaglie dei Papi vedcsi nella parte superiore dello scaffale di mezzo a sinistra . . . lvi pure sono e5;,oste le medaglie artistiche, nelle quali si ammirano le opere di Giovanni BoIJ, di Valcrio Belli, di Vittore Camelio ecc. ecc. A queste vengono appresso : la serie delle medaglie delle donne illustri, e quelle dei dogi di Venezia . Com e le altre collezioni gi accennate, pur di queste si vede l'elenco . Ora nel libro che annunziamo si trova appunto l'elenco delle monete primitive, delle monete ducali , delle monete coniate 'sotto i domin stranieri, di quelle dci 184'~'-1-9, di quelle dei possedimenti veneziani, delle oselle veneziane e delle muranesi. Non sappiamo perch non siasi aggiunto l'elenco delle tessere e delle bolle ducali, nonch delle quattro serie indicate delle me.laglie ; tanto pi che questo elenco si vede esposto al di sopra degli scntfnli a , Peraltro dobbiamo qui lodare l'elenco dei Desiderata delle monete vene/e, che troviamo alle pagg. 95-100 . E finalmente, perch sia reso a cias cuno il debito onore, ricorderemo che le medaglie del nostro museo erano state lungo argomento di studio al compianto vice-conservatore, dotto D. Urbani ; e che la num isrnatica veneziana era stata diligentemente ordinata e catalogata da quel nurnisrnatico insigne che fu il dott oV. Lazari, Resta ora che, sulle traccie d'un tanto uomo. il commendatore Nicol Barozzi, attuale con servatore, ordini e cataloghi il medaglierc, di cui la maggior parte non cade sotto gli occhi dci publico, ma deve essere interamente disposta in modo da contentare gli studiosi e lui stesso.

113. Archivio di Stato in Venezia. Sala diplomatica Regina Margherita. Vcn., 1880, Naratovich, pag, 174, lG,O
In una sala, a cui fu imposto il nome della graziosa nostra Regina, renne instituito nel nostro Archivio dei Frari " un Museo degli autografi; dove anche si potes sero collocare documenti cd oggetti di maggior pregio, i quali non trovassero posto ragionevole negli Archivi ", Questo libretto ~ come la guida di quella sala; e chi per poco conosca la ricchezza dci nostro Archivio. pu irnaginarsi se l' occhio e la mente trovino di che contentarsi. stato dunque un felice pensiero, che felicemente fu messo in atto.

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1880, Tip. di M. Viscntini.

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