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Dalla coscienza migliore alla grazia.

La dottrina della redenzione in Schopenhauer dai manoscritti giovanili al Mondo come volont e rappresentazione.
di

Nicoletta De Cian

Il dibattito schopenhaueriano degli ultimi anni caratterizzato da un rinnovato e mutato interesse per la questione della Erlsungslehre. La dottrina della redenzione delluomo dal mondo come volont e rappresentazione costituisce da sempre uno dei temi pi controversi degli studi schopenhaueriani, a causa della sua palese aporeticit rispetto ai presupposti metafisici del sistema. La possibilit della redenzione mette infatti in discussione lintero edificio della metafisica della volont, scardinandone lassunto fondamentale secondo il quale luomo sarebbe costitutivamente schiavo di uno Streben infinito, senza ragione n scopo, e oltre il quale non c nulla (al di fuori della sua manifestazione rappresentativa). Con la pubblicazione della monografia di Rudolf Malter A.Schopenhauer:

Transzendentalphilosophie und Willensmetaphysik (Stuttgart-Bad Cannstatt 1991) ha per preso sempre pi corpo una tesi interpretativa che ribalta i termini del problema e considera laporia della Erlsungslehre non come una pietra dinciampo ma come una chiave esegetica essenziale per intendere il messaggio schopenhaueriano. Secondo Malter, infatti, essa non costituisce il risultato scomodo, perch apparentemente incoerente - della riflessione sistematica schopenhaueriana, ma piuttosto la premessa che la rende possibile e da cui occorre partire per comprenderne lintimo significato. Laporia della redenzione, insomma, lungi dallinvalidare il sistema, sarebbe necessaria a garantirne il senso. In linea con questa tesi, diventata oggi punto costante di confronto1, la mia ricerca intende affrontare la questione soteriologica in Schopenhauer dalla prospettiva meno frequentata della sua formazione nei manoscritti giovanili. Il dibattito in corso infatti incentrato prevalentemente sulle opere a stampa di Schopenhauer, in particolare sul Mondo, e non tiene conto delle molte indicazioni del Nachla2 non confluite nello Hauptwerk. Lo studio dei sentieri interrotti che hanno preceduto e
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preparato

la

Erlsungslehre

definitiva

potrebbe

offrire

perci

un

approccio

Si vedano in particolare: J.WOHLMUTH, Das christliche Dogma von der Erlsung, Schopenhauer-Jahrbuch (= Jb) 74

(1993),151-168; G.SAUTER-ACKERMANN, Erlsung durch Erkenntnis? Studien zu einem Grundproblem der Philosophie Schopenhauers, Cuxhaven 1994; H.GERD INGENKAMP, Erlsung durch Humor, Jb 79 (1998), 137-148.
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Arthur Schopenhauer: Der handschriftliche Nachla, hrsg. v. Arthur Hbscher, 5 Bnde, Frankfurt am Main, 1966-

1975 (= HN, seguito dal numero del volume e, dopo la virgola, dal numero del frammento).

inedito alla comprensione di quello che per Schopenhauer costituisce il nodo e il mistero del mondo. Lorientamento metodico della mia ricerca vorrebbe essere genetico e critico insieme: teso cio, da un lato, a rivivere latto di nascita attraverso cui la dottrina prende forma (anzich assumerla come qualcosa di gi costituito), dallaltro, a vagliarne le condizioni di possibilit, per accertare lautenticit di questa origine e reimmergere gli asserti sistematici nella fluidit e nella problematicit delle domande fondamentali rispetto a cui si pongono come risposta. Il lavoro si articola in due parti, che corrispondono alle due fasi in cui si soliti dividere il periodo della formazione schopenhaueriana: la prima parte prende in esame i manoscritti anteriori al 1814 (le prime annotazioni sparse, o Frheste Aufzeichnungen, e i pensieri della cosiddetta Frhphilosophie), la seconda quelli dal 1814 al 1818 (corrispondenti alla nascita della vera e propria Willensmetaphysik e alla elaborazione sistematica del Mondo). Parallelamente, esso tiene conto anche delle contemporanee Kritische Auseinandersetzungen, le note critiche apposte da Schopenhauer a margine degli appunti universitari e dei testi di studio, raccolte nei Vorlesungs- e negli Studienhefte. Ora, un primo dato significativo offerto gi dalle annotazioni pre-filosofiche di Schopenhauer (risalenti agli anni compresi fra il 1804 e il 1811). Esse testimoniano infatti la peculiare configurazione della questione schopenhaueriana della teodicea (effettiva Anfangsfrage del percorso schopenhaueriano), che fin dal suo sorgere non si pone come domanda sulla possibilit di una redenzione per luomo, ma piuttosto sul modo in cui essa possibile: non sul se, ma sul come di una Erlsungslehre3. Una vera e propria dottrina della redenzione prende forma per solo nel periodo berlinese della Frhphilosophie. Le caratteristiche con cui si presenta sono ben diverse da quelle che conosciamo dalle opere a stampa: la vera redenzione del mondo - scrive Schopenhauer nel frammento 85 del 1813 - data dalla affermazione della coscienza migliore in noi4. Il concetto di bere Bewutseyn (concetto di vita breve, che compare solo nei manoscritti compresi fra il 1812 e il 1814 e mai nelle opere a stampa, recentemente riscoperto e rivalutato nellambito delle ricerche schopenhaueriane5) probabilmente di matrice fichtiana6, ma nasce sullo
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Cfr. in particolare HN I, nr. 12 e nr. 20. HN I, nr. 85. Si vedano fra gli altri: E.MIRRI, Un concetto perduto nella sistematica schopenhaueriana: la "migliore coscienza", in

"Schopenhauer e il sacro", Atti del Seminario tenuto a Trento il 26-28 aprile 1984, a cura di G.Penzo, Bologna 1987, 59-82; anche in "Filosofia della natura e pensiero religioso", Napoli 1985, 11-49; R.SAFRANSKI, Hoch auf dem Berge und entronnen! Schopenhauers besseres Bewutsein: Ekstase des Sehers, Lutherische Monatshefte, 28 (1989), 267-

sfondo della violenta reazione critica che il primo Schopenhauer manifesta nei confronti delle filosofie della ragione e in particolare nei confronti della ragion pratica di Kant7. I manoscritti testimoniano infatti come egli metta in opera in questo periodo una vera e propria decostruzione del concetto di ragione, riducendolo progressivamente fino a vedervi una semplice capacit deduttiva, una meschina facolt di calcolo sempre rivolta al raggiungimento di determinati scopi: non pi privilegio delluomo, ma addirittura sua prerogativa bestiale8. Si capisce allora come la possibilit di una libert per luomo possa venire in questo quadro solo da qualcosa che al di l di ogni esperienza e di ogni ragione, qualcosa che al tempo stesso deve essere per misteriosamente collegato con il nostro essere pi intimo, al punto da metterci di fronte ad una scelta fondamentale: possiamo seguire la legalit sempre interessata e solo apparentemente priva di scopi della nostra ragione, e diventare dei filistei o degli scellerati, oppure possiamo soppiantare, rimuovere la nostra ragione per affidarci ad una forma superiore di consapevolezza, che tuttavia non offre alcuna determinazione positiva di s e che non in alcun modo dicibile, se non per ci che essa non 9. Tutto questo per Schopenhauer la coscienza migliore, una sorta di unvernunftliche bersinnliche in uns: essa sovrasensibile e extratemporale, al di l dello spazio e del tempo, di personalit e causalit, di soggetto ed oggetto, non n pratica n teoretica, un silente intuire 10 che non pensa e non conosce, ma che la fonte unica delle nostre attivit pi alte, dellarte, della morale, della filosofia. Ad essa si contrappone la coscienza razionale o empirica, e la dialettica coscienza empirica-coscienza migliore alla base della concezione che caratterizza la Frhphilosophie come filosofia della doppia coscienza. Vi corrisponde una visione dualistico-platonica del mondo, che interpreta il mondo sensibile dellesperienza come immagine umbratile di un mondo sovrasensibile e eterno. Il mondo sensibile il regno del caso, dellerrore, della pazzia 11, quello
71; F.DECHER, Das bessre Bewutsein: Zur Funktion eines Begriff in der Genese der Schopenhauerschen Philosophie, Jb 77 (1996), 65-83; F.-X.CHENET, Conscience empirique et conscience melleure chez le jeune Schopenhauer, Les Cahiers de lHerne (Paris), 69 (1997), 103-130.
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Schopenhauer aveva frequentato nel semestre invernale 1811-12 il corso di Fichte sulle Thatsachen des Bewutseyns,

in cui Fichte parla di un hheres Bewutseyn (cfr. linteressante Nachschrift schopenhaueriana in HN II, 16-216).
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Si vedano in particolare HN I, nr. 35 e il manoscritto Zu Kant degli Studienhefte (HN II, 302-304). HN I, nr. 85. HN I, nr. 35. HN I, nr. 261. HN I, nr. 79.

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sovrasensibile il mondo della verit e della pace. La verit (e al tempo stesso la libert) - scrive Schopenhauer - che luomo pu considerarsi in ogni istante come una natura sensibile, temporale, o anche eterna 12: dipende da lui quale delle sue due voci seguire. Lesame di questi manoscritti traccia dunque un primitivo quadro della Erlsungslehre e offre alcuni risultati importanti per la nostra ricerca. In primo luogo, stabilisce quando prende forma la dottrina della redenzione, confermando come il bisogno di redenzione, lErlsungsbedrfnis sia per Schopenhauer unistanza originaria, anteriore alla scoperta del Wille metafisico13. In secondo luogo, definisce il modo in cui essa prende forma, come domanda sul come e non sul se della possibilit di redenzione. Consente poi di stabilire da che cosa scaturisce, qual lorigine del bisogno di redenzione, che sorge per Schopenhauer dalla constatazione che il mondo radicato nel male, non perch mosso da una volont cieca e originaria, ma perch un mondo-rappresentazione, il mondo parvente e in s conchiuso dellesperienza secondo ragione, che la nostra ragione tende ad assumere come un tutto. Permette infine di stabilire a quali condizioni possibile una vera redenzione del mondo: non certo per un atto della ragione, anzi, attraverso il suo soppiantamento; soppiantemento rimesso per alla nostra stessa coscienza, non a un atto divino o a un principio extra-mondano (noi stessi - scrive Schopenhauer - siamo a un tempo Adamo e Ges, principio della nostra colpa e della nostra redenzione)14. Nel 1814, anno della scoperta della volont, il concetto di coscienza migliore lentamente scompare e lascia il posto a quello che Schopenhauer chiamer poi definitivamente il puro soggetto di conoscenza. Nel nuovo quadro del mondo come volont e rappresentazione, la figura della coscienza migliore viene meno probabilmente perch troppo ambigua (coscienza significa a un tempo Erlebnis, intimo sentimento di s e con-scientia, sapere concettuale) e promiscua (la semplice comparazione che qualifica la coscienza migliore rispetto alla comune coscienza empirica insufficiente a distinguerla in modo adeguato). La conoscenza ora per Schopenhauer semplice , strumento al servizio della volont cieca e inconscia. Ci significa che la nostra una condizione di originaria illibert, che la possibilit di arbitrio unillusione, e il male non ha una natura apparente, non confinato nella fenomenicit, ma radicato nellessenza noumenica del mondo. Di fronte ad esso la nostra coscienza, da sola, diventa impotente. I manoscritti successivi testimoniano come, a partire dal 1814, inizi la fase pi tormentata
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HN I, nr. 72. E la tesi sostenuta anche da R.SAFRANSKI nella bella biografia: Schopenhauer und die wilden Jahre der

Philosophie - Eine Biographie, Mnchen-Wien 1987 (ora disponibile anche in italiano: Schopenhauer e gli anni selvaggi della filosofia, tr. Luca Crescenzi, Firenze 1997), cap. XIV.
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HN I, nr.145.

del travaglio speculativo della Erlsungslehre. Schopenhauer avverte la difficolt della nuova dottrina della redenzione: essa appare ora come una noluntas, come un atto cio di auto-negazione della volont che procede per dalla conoscenza, e non si configura propriamente n come un atto noumenico, n come un atto rappresentativo. E significativo che in questi frammenti (in particolare dal n. 210 in poi), egli riconosca alternativamente nella volont o nella conoscenza il ruolo di condizione ultima della possibilit di redenzione. Solo alla fine del 1816 Schopenhauer fa per la prima volta accenno al dogma cristiano della grazia (fr. 618). Nella versione definitiva della Erlsungslehre la struttura ontologica del rapporto di grazia chiarisce e spiega15 la verit filosofica16 della redenzione. La dottrina della grazia indica che la redenzione viene alluomo non per deliberato proposito, ma quasi volando dal di fuori, che talmente estranea alla nostra persona da comportare la soppressione della persona stessa - e tuttavia scaturisce dal pi intimo rapporto del conoscere col volere nelluomo, qualcosa che ci appartiene e che ci intimamente proprio17. Cosa significa questo? Che essa nostra e ci insieme estranea, perch irriducibile ai modi dessere e di dicibilit sia del mondo fenomenico sia di quello noumenico; ma proprio questa sua irriducibilit rende la contraddizione significativa: essa segno di qualcosa di ulteriore che ci cela dietro alla nostra esistenza e che si rende a noi accessibile solo quando abbiamo rimosso il mondo da noi stessi 18. Qui listanza critica della mia ricerca si innesta su quella genetica. Non appena ci si interroga sulla grazia, quello che sembrava essere lasserto fondamentale del sistema schopenhaueriano (il mondo inteso come volont e rappresentazione) cede e ricade su se stesso. Ci tuttavia non consegna il sistema al non senso, ma evidenzia come in esso urga in realt un interrogativo pi originario. Una volta assunto infatti che il mondo in tutto e per tutto volont e rappresentazione, resta infatti da porsi la domanda essenziale: ma questo mondo tutto?. Lindagine evolutiva sulla soteriologia schopenhaueriana porta alla rilettura sostanziale dellimpianto sistematico della filosofia di Schopenhauer sulla base della ridefinizione della sua domanda fondamentale: essa non tanto consiste nella domanda sullo statuto ontologico del mondo,
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Die Welt als Wille und Vorstellung, Bd. I (= W I), 70. HN I, nr. 665. W I, 70 e HN I, nr. 665. W I, 70.

ma soprattutto la messa in questione dei suoi limiti. Il mondo - scriver Schopenhauer nei Supplementi del 44 - non colma tutta la possibilit dellessere, ma vi lascia ancora molto spazio per ci che indichiamo solo negativamente come rinnegazione della volont alla vita 19. Laporia della grazia e della redenzione porta cos ad una metamorfosi dello stesso essere uomo, in base alla quale egli autenticamente se stesso solo quando pi e oltre se stesso - un pi e un oltre che non lui a porre, ma a cui si consegna.

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Die Welt als Wille und Vorstellung, Bd. II, cap. L.

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