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COMMERCIALE
(Campobasso)
Volume 1
- Il diritto dell’impresa -
scritto
da
*Acquario
Capri*
L’imprenditore
Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla figura
dell’imprenditore definito all’art. 2082 c.c. Tre criteri di selezione sono alla base della distinzione tra i
diversi tipi d’impresa e d’imprenditore operanti su piani diversi:
1. Oggetto dell’impresa (agricola, commerciale…)
2. Dimensione dell’impresa (piccola, media…)
3. Natura del soggetto che esercita l’impresa (individuale, pubblica…)
Nel codice civile ci sono norme applicabili a tutti gli imprenditori e a tutte le imprese senza ulteriori
specificazioni e norme applicabili solo ad una categoria d’imprenditori e di aziende.
Le definizioni tra i vari tipi d’impresa ed i vari imprenditori servono a definire meglio l’ambito di
applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale.
L’impresa è attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. È attività
produttiva. Nel qualificare un’attività come produttiva è irrilevante la natura dei beni o servizi
prodotti o scambiati, il tipo di bisogno da soddisfare, la qualificazione come attività di godimento o di
amministrazione del proprio patrimonio. Quindi sono imprese commerciali le società d’investimento,
quelle finanziarie e le holdings.
Per alcuni la semplice organizzazione a fini produttivi del proprio lavoro non può essere considerata
organizzazione di tipo imprenditoriale e in mancanza di un coefficiente minimo di
eteroorganizzazione deve negarsi l’esistenza d’impresa. Per altri l’imprenditore è anche il lavoratore
autonomo. In conclusione un minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale è necessario per
aversi impresa. In mancanza si avrà semplice lavoro autonomo non imprenditoriale.
Per aversi impresa è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico con
modalità che consentono nel lungo periodo la copertura dei costi con i ricavi e l’autosufficienza
economica.
L’attività economica dev’essere esercitata con professionalità cioè dev’essere un esercizio abituale e
non occasionale di una data attività produttiva. Ciò non implica la presenza d’interruzioni nell’attività.
È possibile anche il contemporaneo esercizio di più attività d’impresa. Impresa si può avere anche
quando si opera per il compimento di un “unico affare”. La professionalità dev’essere accertata in base
ad indici esteriori e oggettivi.
Requisito minimo essenziale dell’attività d’impresa è l’economicità della gestione e non lo scopo di
lucro.
La destinazione al mercato della produzione non è richiesta da alcun dato legislativo. Ma per alcuni
l’impresa per conto proprio non è impresa.
L’impresa illegale non impedisce l’acquisto della qualità d’imprenditore e con pienezza di effetti
ferma restando l’applicazione di sanzioni amministrative e penali per l’oggetto dell’attività. Invece
l’impresa immorale non è impresa.
Il legislatore esclude la qualifica imprenditoriale per le professioni intellettuali. Per l’art. 2238 c.c. “Se
l'esercizio della professione costituisce elemento di un’ attività organizzata in forma d'impresa, si
applicano anche le disposizioni del titolo II. In ogni caso, se l'esercente una professione intellettuale
impiega sostituti o ausiliari, si applicano le disposizioni delle sezioni II, III e IV del capo I del titolo II.”
I requisiti dell’attività d’impresa possono ricorrere tutti anche nell’esercizio delle professioni
intellettuali quindi i professionisti non sono imprenditori “per libera opzione” del legislatore. Gli unici
2 casi d’imprenditori-professionisti sono il farmacista e l’agente di cambio.
Le categorie di imprenditori
La categoria degli imprenditori civili, sottoposti solo alla disciplina generale dell’imprenditore, non è
espressamente prevista dal legislatore. C’è una tesi propensa ad ammettere l’esistenza delle imprese
civili ritenendo che il requisito dell’industrialità debba essere inteso come attività che implichi
l’impiego di materie prime e la loro trasformazione in nuovi beni ad opera dell’uomo e che possa
essere qualificata attività intermediaria nella circolazione solo quella nella quale ricorre sia l’acquisto
sia la vendita di beni. Sarebbero quindi imprese civili quelle che producono beni senza trasformare
materie prime e quelle che producono servizi senza trasformare materie prime tranne quelle
individuate dai comma 3, 4 e 5 dell’art. 2195 c.c. Ma c’è anche una tesi contraria ad ammettere
l’esistenza delle imprese civili che è quella prevalente e ritiene che attività industriale significhi attività
non agricola ed il concetto di intermediazione debba essere inteso come equivalente di scambio.
Quindi l’imprenditore commerciale è ogni imprenditore non agricolo.
La L 860/1956 diceva che: “È artigiana, a tutti gli effetti di legge, l'impresa che risponde ai seguenti
requisiti fondamentali: a) che abbia per scopo la produzione di beni o la prestazione di servizi, di
natura artistica od usuale; b) che sia organizzata ed operi con il lavoro professionale, anche manuale,
del suo titolare e, eventualmente, con quello dei suoi familiari; c) che il titolare abbia la piena
responsabilità dell'azienda e assuma tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione ed alla sua
gestione. La qualifica artigiana di un'impresa è comprovata dall'iscrizione nell'albo”. Il suo dato
caratterizzante era nella natura artistica od usuale dei beni o servizi prodotti e non più nella
prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo. Questa qualifica era anche
riconosciuta alle imprese costituite in forma di società cooperative o s.n.c. purché la maggioranza dei
soci partecipasse personalmente al lavoro e ,nell’impresa, il lavoro avesse funzione preminente sul
capitale.
La L 443/1985 ha abrogato quella precedente dando una definizione dell’impresa artigiana basata su:
a) l’oggetto dell’impresa costituito da qualsiasi attività di produzione dei beni o di prestazione di
servizi sia pure con alcune limitazioni ed esclusioni;
b) il ruolo dell’artigiano nell’impresa che deve svolgere in misura prevalente il suo lavoro nel
processo produttivo;
Il numero massimo dei dipendenti è più elevato rispetto al 1956, con la possibilità di raggiungere le
dimensioni di una piccola industria di qualità, ed è ribadito che devono essere diretti personalmente
dall’artigiano. Egli può essere titolare di una sola impresa artigiana.
Società cooperative e s.n.c., dapprima, poi anche s.r.l. unipersonali, s.a.s. e, più di recente, anche s.r.l.
pluripersonali possono essere imprese artigiani a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno
nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e
che nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.
È scomparso ogni riferimento alla natura artistica o usuale, quindi si qualificano artigiane anche
imprese di costruzioni edili. Non è consentito desumere da nessuna norma che debba ricorrere anche
la prevalenza del lavoro proprio e dei componenti della famiglia sul lavoro altrui e sul capitale
investito.
Ma se non è rispettato il criterio della prevalenza dell’art. 2083 c.c., l’artigiano non è sottratto allo
statuto dell’imprenditore commerciale, sarà artigiano ai fini delle provvidenze regionali ma non ai fini
civilistici e potrà fallire. Anche la società artigiana in caso di dissesto fallirà e non godrà più
dell’esonero.
Le imprese artigiane non possono essere qualificate come imprese civili per la presenza del requisito
dell’industrialità.
Lo Stato e gli altri enti pubblici possono svolgere attività d’impresa in 3 modi:
a) possono svolgere direttamente attività d’impresa avvalendosi di proprie strutture
organizzative dotate di un’autonomia decisionale e contabile (imprese-organo);
b) possono dar vita ad enti di diritto pubblico il cui compito istituzionale esclusivo o principale
sia l’esercizio di attività d’impresa (enti pubblici economici) [dall’inizio degli anni ’90 sono
stati privatizzati prima formalmente e poi sostanzialmente]. Essi sono sottoposti allo statuto
generale dell’imprenditore con l’esonero dal fallimento e dalle procedure concorsuali minori
sostituiti da altre procedure;
c) possono svolgere attività d’impresa servendosi di strutture di diritto privato (società a
partecipazione pubblica).
Per le prime 2 tipologie le regole peculiari sono dettate dagli art. 2093, 2201 e 2221 c.c. L’art. 2093
dice che “le disposizioni” del libro V “si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni
professionali. Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro,
limitatamente alle imprese da essi esercitate. Sono salve le diverse disposizioni della legge.” L’art 2201
dice che “Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale sono
soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese.” Quindi gli enti titolari d’imprese-organo
sono implicitamente esonerati dall’iscrizione nel registro delle imprese e dall’assoggettamento alle
procedure concorsuali per l’art. 2221 (“Gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi
gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, sono soggetti, in caso d'insolvenza, alle procedure del
fallimento e del concordato preventivo, salve le disposizioni delle leggi speciali.”). Solo gli enti pubblici
che svolgono attività commerciale accessoria sono sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore e
a tutte le restanti norme previste per l’imprenditore commerciale.
Le associazioni, le fondazioni e tutti gli enti privati con fini ideali o altruistici possono svolgere attività
commerciale qualificabile come attività d’impresa se fatta con metodo economico e professionalità.
Questa può essere anche l’oggetto esclusivo o principale dell’ente. Più frequentemente costituisce
un’attività accessoria. Non ci sono norme specifiche per questi enti. Essi possono essere imprenditori
a pieni effetti con l’esposizione al fallimento. Il fallimento di un’associazione non riconosciuta non
comporta però il fallimento degli associati illimitatamente responsabili.
L’acquisto della qualità d’imprenditore
Secondo la teoria del potere d’impresa, quando l’attività d’impresa è esercitata tramite prestanome,
responsabili verso i creditori sono sia il prestatore, sia il dominus, per quanto solo il primo acquisti la
qualità di imprenditore e sia senz’altro esposto al fallimento.
Secondo la teoria dell’imprenditore occulto il dominus di un’impresa formalmente altrui non solo
risponderà insieme a questi, ma fallirà sempre e comunque qualora fallisca il prestanome. Ciò sarebbe
giustificato dal 2° comma dell’art. 147 l.f. per cui il fallimento della società si estende anche ai soci la
cui esistenza sia scoperta dopo la dichiarazione di fallimento della società e dei soci palesi (fallimento
del socio occulto di società palese). Se fallisce la società occulta è inevitabile che fallisca anche
l’imprenditore occulto. Quindi si afferma la responsabilità e l’esposizione al fallimento di chiunque
domini un’impresa a lui formalmente non imputabile. È stata affermata la responsabilità del socio
tiranno di una s.p.a. e quella dell’azionista o degli azionisti sovrani. Si arriva a sanzionare con la
responsabilità personale o col fallimento ogni forma di dominio occulto o palese dell’altrui impresa.
Se il compimento di atti tipici d’impresa non è preceduto da una fase organizzativa oggettivamente
percepibile, solo la ripetizione nel tempo di atti d’impresa coordinati ed omogenei renderà che non si
tratta di atti occasionali ma di attività professionalmente esercitata.
Se viene creata preventivamente una stabile organizzazione aziendale, indice non equivoco di attività
professionale, anche un solo atto di esercizio sarà sufficiente per affermare che l’attività è iniziata.
Anche gli atti di organizzazione sono atti d’impresa e possono essere equiparati agli atti di gestione
non preceduti da una fase organizzativa. Questi determineranno l’acquisto della qualità
d’imprenditore quando manifestano in modo non equivoco lo stabile orientamento dell’attività verso
un determinato fine produttivo sia pure non realizzato. Ma un singolo atto o più atti non coordinati
non saranno sufficienti per l’acquisto della qualità d’imprenditore per una persona fisica. Per le
società, invece, basta un solo atto di organizzazione imprenditoriale.
La qualità d’imprenditore si perde solo con l’effettiva cessazione dell’attività. Gli avvisi al pubblico, la
cancellazione dagli albi o registri… sono solo indici presuntivi. Solo per l’imprenditore commerciale è
importante la determinazione esatta del giorno di cessazione dell’attività per la previsione dell’art. 10
l.f. che lo stesso può fallire entro 1 anno da questa data. La fine dell’impresa è di regola preceduta dalla
liquidazione che costituisce ancora esercizio dell’impresa e si chiude con la definitiva disgregazione
del complesso aziendale. Posso sopravvivere solo le passività.
Per quanto riguarda le società, queste perdono la qualità d’imprenditore con la cancellazione dal
registro delle imprese che presuppone la disgregazione dell’azienda e l’integrale pagamento delle
passività. L’art. 10 l.f. si applica dal giorno di questa cancellazione.
C. CAPACITÁ E IMPRESA
La capacità di agire è presupposto per l’acquisto della qualità d’imprenditore, si acquista al
compimento del 18° anno di età e si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione. L’esercizio
dell’attività d’impresa in violazione di tali norme non fa sorgere la qualità d’imprenditore ma la sorte
dei singoli atti dallo stesso compiuti è regolata da disposizioni.
L’incompatibilità è un divieto di esercizio di impresa commerciale posto a carico di coloro che
esercitano determinati uffici o professioni. La violazione di ciò espone solo a sanzioni amministrative
e ad un aggravamento delle sanzioni penali per bancarotta in caso di fallimento.
L’inabilitazione temporanea all’esercizio di un’attività commerciale non impedisce l’acquisto o il
riacquisto della qualità d’imprenditore commerciale.
A. LA PUBBLICITÁ LEGALE
Gli imprenditori hanno l’esigenza di poter disporre di informazioni veritiere e non contestabili su fatti
e situazioni di carattere organizzativo delle imprese con cui entrano in contatto. Ciò viene soddisfatto
dall’introduzione di un sistema di pubblicità legale che obbliga di rendere in pubblico dominio
determinati atti o fatti della vita dell’impresa, secondo forme e modalità predeterminate per legge.
Questo oltre all’accessibilità a terzi interessati (pubblicità notizia) ha anche effetto di opponibilità agli
atti.
Lo strumento utilizzato dalle imprese e società è il registro delle imprese, previsto dal nostro codice
civile. Questo ha dovuto attendere lunghi anni prima di essere applicato per la mancanza del relativo
regolamento d’attuazione, in cui è stato applicato un regime transitorio imperniato sull’iscrizione nei
preesistenti registri di cancelleria presso il tribunale e sull’esonero degli imprenditori commerciali
individuali e degli enti pubblici economici. Per le società di capitali era prevista anche l’iscrizione nel
Busarl, per le società cooperative nel Busc. Leggi speciali prevedevano altri adempimenti pubblicitari.
Con la L 580/1993 è stato istituito il registro delle imprese, pienamente operante solo dal 1997, con la
soppressione dei precedenti registri. Il registro delle imprese non solo è strumento di pubblicità
legale, ma è anche di informazioni di carattere organizzativo.
Il registro delle tenuto dalle camere di commercio in ciascuna provincia con tecniche informatiche, è
retto da un conservatore ed è vigilato da un giudice delegato dal presidente del tribunale. È articolato
in 2 sezioni:
1) Sezione ordinaria: vi sono iscritti gli imprenditori la cui iscrizione era prevista dal codice civile
cioè:
a) gli imprenditori individuali commerciali non piccoli(art. 2195 e 2202c.c.);
b) le società tranne quella semplice(art. 2200 c.c.);
c) i consorzi fra imprenditori con attività esterna (art. 2612 c.c.);
d) i gruppi europei di interesse economico (D.Lgs 240/1991);
e) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale
(art. 2201 c.c.);
f) le società estere che sono soggette alla legge italiana (art. 25 L 218/1995);
L’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese ha sempre funzione di pubblicità legale e
ha diversi tipi di efficacia a seconda dei casi:
Efficacia dichiarativa: di regola è sempre presente. I fatti e gli atti iscritti sono opponibili a
chiunque e lo sono dalla loro registrazione, momento dal quale i terzi non potranno eccepire
la loro ignoranza (solo per le società di capitali e le cooperative l’opponibilità è piena solo
decorsi 15 giorni dall’iscrizione);
Efficacia costitutiva: è presente in alcune ipotesi tassativamente previste, è presupposto
perché l’atto sia produttivo di effetti e può essere totale (iscrizione dell’atto costitutivo delle
società di capitali e delle cooperative) o parziale (registrazione della deliberazione di riduzione
del capitale sociale per esuberanza di una s.p.a.);
Efficacia normativa: è presente in altre ipotesi ed è presupposto per la piena applicazione di
un determinato regime giuridico (s.n.c. e s.a.s.).
2) Sezioni speciali: sono 2 e vi sono iscritti gli imprenditori che inizialmente erano esonerati cioè
nella 1^:
a) gli imprenditori agricoli individuali(art. 2136 c.c.);
b) i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);
c) le società semplici;
d) gli imprenditori artigiani.
… nella 2^:
a) le società fra professionisti (ora solo quelle tra avvocati).
L’iscrizione nelle sezioni speciali ha solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia,
ma per gli imprenditori agricoli e le società semplice ha efficacia di pubblicità legale.
I fatti e gli atti da registrare sono specificati da una serie di norme e sono diversi a seconda della
struttura soggettiva dell’impresa. Alcuni atti delle società di capitali e delle cooperative devono essere
pubblicati nella G.U. anziché nel registro delle imprese.
Prima di procedere all’iscrizione l’ufficio deve controllare che il fatto o l’atto è soggetto ad iscrizione e
che la documentazione è regolare nonché la sua esistenza e veridicità. Il controllo non investe anche la
validità dell’atto. Per gli atti sottoposti a controllo notarile l’ufficio deve verificare solo la regolarità
formale della documentazione. L’iscrizione viene fatta nel registro della provincia in cui ha sede
l’impresa e negli atti e nella corrispondenza dev’essere indicato il registro presso cui è stata iscritta. È
eseguita su domanda o d’ufficio come la cancellazione. L’iscrizione viene fatta nel registro della
provincia in cui ha sede l’impresa e negli atti e nella corrispondenza dev’essere indicato il registro
presso cui è stata iscritta. È eseguita su domanda o d’ufficio (come la cancellazione) entro 10 giorni
dalla data di protocollazione della domanda mediante l’inserimento dei dati nell’elaboratore
elettronico e la loro messa a disposizione del pubblico. Contro il provvedimento motivato di rifiuto
dell’iscrizione il richiedente può ricorrere entro 8 giorni al giudice del registro che provvede con
decreto. Contro di esso può essere proposto ricorso al tribunale che provvede con decreto.
L’inosservanza dell’obbligo di registrazione è punita con sanzioni amministrative pecuniarie e con
sanzioni indirette.
B. LE SCRITTURE CONTABILI
Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini quantitativi
e/o monetari, dei singoli atti d’impresa, della situazione del patrimonio dell’imprenditore e del
risultato economico dell’attività svolta. Queste contribuiscono a rendere razionale ed efficiente
l’organizzazione e la gestione dell’impresa e la loro tenuta è obbligatoria per tutti gli imprenditori
commerciali individuali non piccoli, per tutte le società commerciali non semplici e per gli enti
pubblici e di diritto privato che svolgono attività commerciale in via secondaria o accessoria. Per gli
altri la tenuta è facoltativa. (art. 2214 c.c.)
Il principio generale delle scritture contabili obbligatorie è che l’imprenditore deve tenere tutte le
scritture richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’azienda. In ogni caso devono essere tenuti:
• Il libro giornale: registro cronologico-analitico, numerato progressivamente in ogni pagina
prima dell’uso, in cui devono essere indicate le operazioni relative all’esercizio dell’impresa
nell’ordine in cui sono compiute (art. 2216 c.c.);
• Il libro degli inventari: registro periodico-sistematico, numerato progressivamente in ogni
pagina prima dell’uso, redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e ogni esercizio che si
chiude col bilancio (prospetto contabile riassuntivo dal quale devono risultare con evidenza e
verità la situazione complessiva del patrimonio e gli utili conseguite o le perdite sofferte alla
fine di ogni anno) (art. 2217 c.c.).
Devono essere ordinatamente conservati gli originali della corrispondenza commerciale ricevuta e le
copie di quella spedita. Altre scritture contabili sono richieste dalla natura e dalle dimensioni
dell’impresa: libro mastro, libro cassa, libro magazzino. Tutte le scritture devono essere tenute
secondo le norme di un’ordinata contabilità (art. 2219 c.c.)o con sistemi informatici e devono essere
conservate per 10 anni (art. 2220 c.c.). Non sono soggette ad un controllo esterno tranne quelle di
s.p.a. quotate in borsa. Le sanzioni per la mancata tenuta delle scritture non sono generali e dirette ma
eventuali e indirette.
Le scritture contabili sono destinate a restare nella sfera interna dell’imprenditore non essendo
accessibili ai terzi. Ma ci sono delle eccezioni per le società di capitali e le cooperative che devono
rendere pubblico il bilancio depositandolo presso l’ufficio del registro e per le imprese soggette a
controllo pubblico che non hanno segreti nei confronti dell’organo pubblico preposto alla vigilanza.
Le scritture contabili possono essere rese note in un processo come mezzo di prova (efficacia
probatoria) a favore o contro l’imprenditore o contro i terzi. Il giudice può chiedere solo l’esibizione
delle singole scritture contabili. Solo in caso di controversie relative allo scioglimento della società,
alla comunione di beni e alla successione per causa di morte il giudice può ordinare la comunicazione
di tutte le scritture contabili alla controparte (art. 2709-2711 c.c.).
C. LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
L’imprenditore si avvale della collaborazione di altri soggetti interni ed esterni all’organizzazione che
possono agire anche in rappresentanza dell’imprenditore. In generale il conferimento ad un altro
soggetto dell’incarico di compiere uno o più atti giuridici relativi alla propria sfera patrimoniale non
abilita di per sé l’incaricato ad agire in nome dell’interessato. Quindi il terzo che contratta con chi
dichiara di agire in veste di rappresentante è tenuto ad accertare esistenza, contenuto e regolarità
della procura, senza la quale non c’è un espresso conferimento della rappresentanza.
Vi è un sistema speciale di rappresentanza fissato dagli art. 2203-2213 c.c. determinato da 3 figure
tipiche di ausiliari interni automaticamente investiti del potere di rappresentanza, effetto naturale di
quella determinata collocazione nell’impresa ad opera dell’imprenditore che potrà essere modificata
solo con atto specifico. Queste 3 figure sono:
1) L’institore (art. 2203-2208 c.c.)
È colui che è preposto dal titolare all’esercizio dell’impresa o di una sede secondaria o di un ramo
particolare della stessa (direttore generale). È un lavoratore subordinato con la qualifica di dirigente,
al vertice assoluto o relativo della gerarchia del personale. Possono essere preposti
contemporaneamente all’esercizio dell’impresa anche più institori che agiranno disgiuntamente salvo
diverse previsioni. L’institore ha un potere di gestione generale, è tenuto, congiuntamente
all’imprenditore, all’adempimento degli obblighi d’iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta
delle scritture contabili e all’assoggettamento al fallimento. Può avere anche un ampio e generale
potere di rappresentanza sia sostanziale, compiendo in nome dell’imprenditore tutti gli atti
pertinenti all’esercizio dell’impresa (non quelli che esorbitano dalla sua gestione e non può alienare o
ipotecare i beni immobili del proponente senza autorizzazione), sia processuale, stando in giudizio sia
come attore che come convenuto per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell’esercizio
dell’impresa a cui è preposto. I poteri rappresentativi possono essere ampliati o limitati e ciò sarà
opponibile a terzi solo se la procura originaria o il successivo atto siano pubblicati nel registro delle
imprese. Mancando tale pubblicità la rappresentanza si reputa generale. L’institore deve rendere
palese al terzo con cui contratta la sua qualifica spendendo il nome dell’interessato. Per la
contemplatio domini l’institore che non comunica la sua rappresentanza fa valere ogni contratto per
se stesso ed il terzo. Egli è personalmente obbligato se omette di far conoscere al terzo che tratta per il
proponente e lo è anche il proponente.
2) I procuratori (art. 2209 c.c.)
Sono coloro che, in base ad un rapporto continuativo, hanno il potere di compiere per l’imprenditore
gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso. Sono ausiliari
subordinati di grado inferiore rispetto all’institore ed il loro potere decisionale è circoscritto ad un
determinato settore operativo dell’impresa o ad una serie specifica di atti (dirigente del personale,
direttore del settore pubblicità). Non hanno rappresentanza processuale, non sono tenuti agli obblighi
d’iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili e l’imprenditore non
risponderà degli atti senza spedita del suo nome.
3) I commessi (art. 2210-2213 c.c.)
Sono ausiliari subordinati cui sono affidate mansioni esecutive e materiali che li pongono a contatto
con terzi (commesso di negozio, cameriere). Possono compiere atti che ordinariamente comporta la
specie di operazioni di cui sono incaricati. Non possono concedere dilazioni o sconti, non possono
derogare al contratto preposto dall’imprenditore, possono ricevere per conto dell’imprenditore le
dichiarazioni che riguardano l’esecuzione dei contratti ed i reclami relativi alle inadempienze e
chiedere provvedimenti cautelari nell’interesse dell’imprenditore.
I consorzi fra imprenditori
Per l’art. 2602 c.c. “Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione
comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”. Ciò è stato
introdotto dalla L 377/1976 ed è regolato dagli art. 2602-2620 c.c..
Ci sono 2 tipi di consorzi:
1. Consorzi anticoncorrenziali: sono costituiti prevalentemente o esclusivamente per
disciplinare la reciproca concorrenza sul mercato fra imprenditori che svolgono la stessa
attività o attività similari, presentandosi così come una manifestazione di patti limitativi della
concorrenza. Essi sollecitano controlli per impedire che s’instaurino situazioni di monopolio
di fatto contrastanti con l’interesse generale (disciplina antimonopolistica);
2. Consorzi di coordinamento: sono costituiti per lo svolgimento di determinate fasi delle
rispettive imprese, presentandosi così come strumenti di cooperazione interaziendale
finalizzati alla riduzione dei costi di gestione delle singole imprese consorziate. Questi
ricorrono soprattutto nelle piccole e medie imprese. Rispondono all’esigenza di conservare e
di accrescere la competitività delle imprese e concorrono a preservare la struttura
concorrenziale del mercato. Perciò sono agevolati dal legislatore.
Il contratto di consorzio può essere stipulato solo fra imprenditori. Per l’art. 2603 c.c. “il contratto
deve essere fatto per iscritto sotto pena di nullità. Esso deve indicare:
1) l'oggetto e la durata del consorzio;
2) la sede dell'ufficio eventualmente costituito;
3) gli obblighi assunti e i contributi dovuti dai consorziati;
4) le attribuzioni e i poteri degli organi consortili anche in ordine alla rappresentanza in giudizio;
5) le condizioni di ammissione di nuovi consorziati;
6) i casi di recesso e di esclusione;
7) le sanzioni per l'inadempimento degli obblighi dei consorziati.
Se il consorzio ha per oggetto il contingentamento della produzione o degli scambi, il contratto deve
inoltre stabilire le quote dei singoli consorziati o i criteri per la determinazione di esse.”
La durata del contratto può essere liberamente decisa dalle parti. In mancanza di determinazione
questo è valido per dieci anni (art. 2604 c.c.).
Il contratto di consorzio è un contratto tendenzialmente aperto ed ammette nuovi consorziati con le
condizioni stabilite nel contratto. Comunque i nuovi imprenditori potranno aderirvi solo con il
consenso di tutti i consorziati. Infatti il contratto, se non è diversamente convenuto, non può essere
modificato senza il consenso di tutti i consorziati e le modificazioni devono essere fatte per iscritto
sotto pena di nullità (art. 2607 c.c.).
Salvo patto contrario, in caso di trasferimento a qualunque titolo dell'azienda, l'acquirente subentra
nel contratto di consorzio. Tuttavia, se sussiste una giusta causa, in caso di trasferimento dell'azienda
per atto fra vivi, gli altri consorziati possono deliberare, entro un mese dalla notizia dell'avvenuto
trasferimento, l'esclusione dell'acquirente dal consorzio (art. 2610 c.c.).
Il contratto di consorzio può sciogliersi limitatamente ad un consorziato per recesso o per esclusione.
Le cause dell’una e dell’altra devono essere indicate nel contratto. Quando non sono indicate opererà
la clausola di esclusione prevista dall’art. 2610 c.c. Nei casi di recesso e di esclusione previsti dal
contratto, la quota di partecipazione del consorziato receduto o escluso (cioè la quota di produzione
riservata a quel consorziato e non la quota di partecipazione al patrimonio del consorzio) si accresce
proporzionalmente a quelle degli altri.
Per l’art. 2611 c.c. “il contratto di consorzio si scioglie:
1) per il decorso del tempo stabilito per la sua durata;
2) per il conseguimento dell'oggetto o per l'impossibilità di conseguirlo;
3) per volontà unanime dei consorziati;
4) per deliberazione dei consorziati, presa a norma dell'art. 2606, se sussiste una giusta causa;
5) per provvedimenti dell'autorità governativa, nei casi ammessi dalla legge;
6) per le altre cause previste nel contratto.
Se il contratto prevede l'istituzione di un ufficio destinato a svolgere un'attività con i terzi (consorzi
con attività esterna), un estratto del contratto deve, a cura degli amministratori, entro trenta giorni
dalla stipulazione, essere depositato per l'iscrizione (pubblicità legale) presso l'ufficio del registro delle
imprese del luogo dove l'ufficio ha sede. L'estratto deve indicare:
1) la denominazione e l'oggetto del consorzio e la sede dell'ufficio;
2) il cognome e il nome dei consorziati;
3) la durata del consorzio;
4) le persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio
ed i rispettivi poteri;
5) il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione.
Del pari devono essere iscritte nel registro delle imprese le modificazioni del contratto concernenti gli
elementi sopra indicati (art. 2612 c.c.).
Entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale le persone che hanno la direzione del consorzio
redigono la situazione patrimoniale osservando le norme relative al bilancio di esercizio delle s.p.a. e
la depositano presso l'ufficio del registro delle imprese (art. 2615-bis c.c.).
I consorzi possono essere convenuti in giudizio in persona di coloro ai quali il contratto attribuisce la
presidenza o la direzione, anche se la rappresentanza è attribuita ad altre persone (art. 2613 c.c.).
Quindi la mancanza di rappresentanza processuale passiva è inopponibile ai terzi.
Nei consorzi con attività esterna, i contributi dei consorziati e i beni acquistati con questi contributi
costituiscono il fondo consortile. Per la durata del consorzio i consorziati non possono chiedere la
divisione del fondo, e i creditori particolari dei consorziati non possono far valere i loro diritti sul
fondo medesimo (art. 2614 c.c.).
Ci sono obbligazioni assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentanti, per le quali risponde
esclusivamente il consorzio e i creditori possono far valere i loro diritti solo sul fondo consortile (ma
non c’è nessuna forma di controllo sulla consistenza del patrimonio consortile, sulla rispondenza al
vero della situazione patrimoniale e sul rispetto del vincolo di destinazione del patrimonio consortile),
e obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli consorziati, per le quali
rispondono solidalmente sia il consorzio o i consorziati interessati, sia il fondo consortile ed in caso
d'insolvenza nei rapporti tra i consorziati il debito dell'insolvente si ripartisce tra tutti in proporzione
delle quote.
Consorzi e società sono istituti diversi per la diversità dei loro scopi. Il consorzio ha la funzione tipica
di produrre beni o servizi necessari alle imprese consorziate e tendenzialmente destinati ad essere
assorbiti dalle stesse. Quindi il suo intento non è lo scopo di ricavare un utile ma quello di usufruire
dei beni e servizi prodotti e messi a loro disposizione dall’impresa consortile in modo da conseguire un
vantaggio patrimoniale diretto nelle rispettive economie sotto forma di minori costi sopportati o di
maggiori ricavi conseguiti delle proprie imprese. Lo scopo consortile è simile a quello mutualistico
delle cooperative ma è specifico e tipico. Nel 1976 è stata riconosciuta la prassi dell’utilizzazione delle
forme societarie per il perseguimento di uno scopo consortile. L’art. 2615-ter dice che “Le società
previste nei capi III e seguenti del titolo V possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati
nell'art. 2602”. Le società consortili sono integralmente soggette alla disciplina del tipo societario
prescelto e non sono regolate per i profili formali dalle norme societarie e per quelli sostanziali dalle
norme del consorzio.
L’azienda
Definizione di azienda. L’art. 2555 definisce l’azienda come “il complesso dei beni organizzati
dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Da ciò emerge che l’azienda è un complesso di singoli
elementi che hanno unitaria destinazione verso uno specifico fine produttivo. Essa può essere vista
come il mezzo di cui l’imprenditore si avvale per lo svolgimento della propria attività (rapporto
mezzo/fine tra azienda e attività d’impresa).
L’azienda assume inoltre forte rilievo sul piano economico, acquistando solitamente valore maggiore
rispetto alla somma dei valori dei singoli beni (avviamento).
Si distingue tra avviamento oggettivo, quello ricollegabile a fattori suscettibili di permanere anche se
muta il titolare dell’azienda, e avviamento soggettivo, quello dovuto all’abilità operativa
dell’imprenditore sul mercato ed in particolare alla sua abilità nel formare, conservare e accrescere la
propria clientela.
Elementi costitutivi dell’azienda. Al fine di qualificare un dato bene come bene aziendale è rilevante
solo la destinazione dell’imprenditore all’esercizio all’attività d’impresa. Irrilevante è il titolo giuridico
(proprietà, usufrutto, altro) che legittima l’imprenditore ad utilizzare un dato bene.
Riguardo a cosa ricomprendere nella parola “beni”, l’opinione più diffusa considera elementi
costitutivi dell’azienda solo le cose in senso proprio di cui l’imprenditore si avvale, escludendo dunque
servizi, crediti, debiti, rapporti di lavoro e rapporti contrattuali.
Tra concezione atomistica e concezione unitaria. Le teorie unitarie considerano l’azienda come un
unico bene immateriale, sul quale il titolare potrebbe avere un diritto di proprietà unitario. Le teorie
atomistiche concepiscono invece l’azienda come una semplice pluralità di beni tra loro
funzionalmente collegati e sul quale l’imprenditore può vantare diritti diversi (proprietà, diritti reali
limitai, diritti personali di godimento). Mancando una legge di circolazione propria dell’azienda
l’ipotesi unitaria va rifiutata, tuttavia bisogna sempre tenere conto, nelle controversie, della
salvaguardia dell’unità funzionale dell’azienda.
Anche per quanti vogliono considerare l’azienda un’universalità di beni mobili (che secondo l’art. 816
sono “la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria”), la
disciplina dettata per tali universalità non è applicabile all’azienda, se non per risolvere problemi
pratici lasciati insoluti dalla disciplina dell’azienda. Infatti, l’azienda è di regola costituita da beni
eterogenei e può comprendere anche beni (mobili ma anche immobili) che non sono di proprietà
dell’imprenditore.
Trasferimento dell’azienda. Per stabilire se un determinato atto di disposizione dell’imprenditore
vada qualificato come trasferimento di azienda o come trasferimento di singoli beni aziendali, non si
guarda al nomen dato al contratto, ma al risultato realmente perseguito e realizzato.
Con il trasferimento di azienda, saranno considerati trasferiti tutti quei beni che hanno come funzione
lo svolgimento dell’attività d’impresa: è necessaria la specificazione dei beni che l’imprenditore non
vuole includere nel trasferimento.
Si noti che il trasferimento di azienda può riguardare anche un solo ramo d’azienda, purché dotato di
organicità operativa. Non è neanche necessario che l’azienda sia in funzione al momento della vendita,
ma solo che l’insieme dei beni trasferiti sia di per sé potenzialmente idoneo ad essere utilizzato per
l’esercizio di una determinata attività d’impresa.
La forma necessaria per la validità del trasferimento deve essere “la stessa forma stabilita dalla legge
per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura del
contratto”. Non esiste quindi un’autonoma ed unitaria legge di circolazione dell’azienda. Di
conseguenza, ad esempio, il trasferimento di immobili comporterà la forma scritta pena la nullità.
La forma richiesta ai fini di opponibilità ai terzi è invece quella scritta, per quanto riguarda le
imprese “soggette a registrazione”, includendo tra queste tutte le imprese, poiché tutte le imprese
vengono registrate, seppure con diversi tipi di pubblicità. Sempre per le imprese soggette a
registrazione, l’art. 2256 stabilisce anche che i relativi contratti, redatti per atto pubblico o per
scrittura privata autenticata, sono soggetti a iscrizione nel registro delle imprese.
I segni distintivi consentono all’imprenditore di essere individuato sul mercato e di essere distinto
dagli altri. I 3 segni principali sono la ditta, l’insegna ed il marchio. La loro funzione è di favorire la
formazione ed il mantenimento della clientela poiché consentono ai consumatori di distinguere fra i
vari operatori economici e di effettuare scelte consapevoli. L’imprenditore ha un’ampia libertà nella
formazione dei propri segni distintivi. È tenuto a rispettare però alcune regole. Egli ha diritto all’uso
esclusivo dei propri segni, relativo e strumentale alla realizzazione della funzione distintiva rispetto
agli imprenditori concorrenti. Può anche trasferire ad altri i propri segni distintivi.
L’insegna individua i locali in cui l’attività d’impresa è esercitata ed è disciplinata dall’art. 2568 c.c..
Il marchio individua e distingue i beni o i servizi prodotti ed è disciplinato dagli art. 2569-2574 c.c. e
dal R.D. 929/1942.
DIRITTO
COMMERCIALE
(Campobasso)
Volume 2
- Il diritto delle società -
scritto
da
*Acquario
Capri*
Le società
Le società sono organizzazioni di persone e di mezzi create dall’autonomia privata per l’esercizio in
comune di un’attività produttiva. Sono strutture organizzative tipiche, previste dal nostro
ordinamento per l’esercizio in forma associata dell’attività d’impresa. Il legislatore pone a disposizione
8 tipi di società:
1. la società semplice (art. 2251-2290 c.c.);
2. la s.n.c. (art. 2291-2312 c.c.);
3. la s.a.s. (art. 2313-2324 c.c.);
4. l’s.p.a. (art. 2325-2461 c.c.);
5. la s.a.p.a. (art. 2462-2471 c.c.);
6. l’s.r.l. (art. 2472-2497-bis c.c.);
7. la società cooperativa (art. 2511-2545 c.c.);
8. le mutue assicuratrici (art. 2546-2548 c.c.).
I singoli tipi di società sono diversi ma presentano alcuni elementi in comune che permettono loro di
essere raggruppati in categorie omogenee:
1. la società semplice, la s.n.c. e la s.a.s. sono società di persone;
2. l’s.p.a., la s.a.p.a. e l’s.r.l. sono società di capitali.
A. LA NOZIONE DI SOCIETÁ
L’art. 2247 c.c. dice che “Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per
l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili”. Fino al 1993 non era
consentita la costituzione di una società da parte di una sola persona. Con il D.Lgs. 88/1993 ciò è stato
eccezionalmente previsto per la s.r.l. che quindi può essere costituita anche con atto unilaterale.
Le società sono enti associativi a base contrattuale e possono essere inquadrate nella categoria dei
contratti associativi o con comunione di scopo. I caratteri strutturali dei contratti associativi e quindi
del contratto di società sono:
a) Le prestazioni di ciascuna parte possono anche essere di diversa natura e di diverso
ammontare ma tutte sono finalizzate alla realizzazione di uno scopo comune e trovano il loro
corrispettivo nella partecipazione ai risultati dell’attività comune o nell’acquisto della
partecipazione sociale;
b) Il contratto associativo è un contratto plurilaterale ed aperto (in aumento o in diminuzione);
c) Il contratto associativo è un contratto di organizzazione di una futura attività e non esaurisce
la sua funzione con l’esecuzione delle prestazioni.
d) La nullità, l’annullabilità, la risoluzione per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta
che colpiscono il vincolo di una delle parti non comportano la nullità, l’annullabilità, la
risoluzione per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta dell’intero contratto.
Essendo la società definita un contratto, ad essa sarà applicata la disciplina generale sui contratti nei
limiti della compatibilità con i caratteri propri del contratto associativo e del tipo di società in
questione.
Il patrimonio sociale è costituito dai conferimenti eseguiti o promessi dai soci e successivamente
modificato qualitativamente e quantitativamente in relazione alle vicende economiche della società.
La sua consistenza è accertata annualmente col bilancio d’esercizio dove la differenza tra attività e
passività è chiamata patrimonio netto. L’attivo patrimoniale costituisce la garanzia generica
principale od esclusiva dei creditori della società.
Il capitale sociale nominale è un’entità numerica che esprime il valore in denaro dei conferimenti
quale risulta dalla valutazione compiuta nell’atto costitutivo della società. Esso rimane immutato
finché, con modifica dell’atto costitutivo, non se ne decide l’aumento o la riduzione. Il capitale sociale
nominale assolve a 2 funzioni:
• Funzione vincolistica: il capitale sociale indica il valore delle attività patrimoniali che i soci si
sono impegnati a non distrarre dall’attività d’impresa e che non possono liberamente
ripartirsi per tutta la durata della società. Ciò è un margine di garanzia patrimoniale
supplementare per i creditori.
• Funzione organizzativa: il capitale sociale è termine di riferimento per accertare
periodicamente se c’è un utile o se ci sono perdite.
• Funzione di base di misurazione: solo nelle società di capitali il capitale sociale è base di
misurazione di alcune situazioni soggettive dei soci sia di carattere amministrativo, sia di
carattere patrimoniale.
Ma le società possono essere utilizzate anche per l’esercizio di attività produttiva a carattere in
imprenditoriale come le società occasionali e le società fra professionisti.
Le società occasionali prevedono l’esercizio in comune di un’attività economica ma senza
professionalità (cioè occasionalmente). Quindi a loro è applicabile solo la disciplina della società
prescelta ma non quella dell’impresa. Si ha società senza impresa quando si è in presenza di un
esercizio in comune di un’attività oggettivamente non duratura.
Le società fra professionisti sono società formate da professionisti intellettuali che hanno per oggetto
unico ed esclusivo l’esercizio in comune dell’attività professionale. Essi esercitano un’attività
economica non considerabile per legge attività d’impresa. Gli incarichi professionali sono assunti dalla
società che giuridicamente si obbliga ad eseguire le relative prestazioni professionali. Le professioni
intellettuali hanno un carattere rigorosamente personale ed i professionisti intellettuali, per la L
1815/1939, devono usare nella denominazione del loro ufficio e nei rapporti con terzi esclusivamente
la dizione “studio tecnico, legale…” seguito dal nome e cognome, con i titoli professionali, dei singoli
associati.
Però l’evoluzione delle professioni intellettuali ha spinto verso l’utilizzazione di strutture organizzative
di tipo imprenditoriale per il loro esercizio in forma associata. La L 266/1997 ha conferito al Ministro
della Giustizia il potere di fissare con proprio decreto i requisiti per l’esercizio in forma societaria delle
attività previste dalla L 1815/1939 ma nel 1998 il governo ha rinunciato ad emanare il regolamento
sulle società di professionisti affidandolo ad una futura legge delega.
Ma la società fra professionisti non va confusa con l’assunzione congiunta di un incarico da parte di
più professionisti poiché questi eseguono personalmente una propria prestazione intellettuale, né va
confusa con la società di mezzi, costituita per l’acquisto e la gestione in comune di beni strumentali
all’esercizio individuale e personale delle rispettive professioni, né va confusa con la società di servizi
che offre sul mercato un prodotto complesso per la cui realizzazione sono necessarie anche prestazioni
professionali dei soci o dei terzi (società di ingegneria, società di elaborazione elettronica dei dati
contabili, società di revisione contabile).
Per le professioni non protette la forma societaria può essere assunta senza limitazioni ma per
costituire una società quanti esercitano professioni non protette esercitano un’opzione che li pone
fuori della categoria dei professionisti intellettuali e che impedisce di qualificare l’attività della società
come esercizio di una professione intellettuale. Per le professioni protette è esclusa l’ammissibilità di
qualsiasi forma societaria. È necessario che il legislatore definisca uno specifico statuto per le società
fra professionisti.
L’unica società fra professionisti attualmente esistente è la società per avvocati, introdotta dal D.Lgs
96/2001. Questa ha come oggetto esclusivo l’esercizio in comune dell’attività professionale dei propri
soci e può acquistare beni e diritti strumentali all’esercizio della professione e compiere qualsiasi
attività diretta a tale scopo. È regolata dalle norme della s.n.c.. Tutti i soci devono essere avvocati e
non devono partecipare a nessun’altra società tra avvocati. Il socio cancellato o radiato dall’albo viene
automaticamente cancellato dalla società, per quello sospeso l’esclusione è facoltativa. La ragione
sociale è costituita dal nome e dal titolo professionale di tutti i soci o di 1 o più seguito da “s.t.p.”. La
costituzione della società per avvocati è uguale a quella della s.n.c. ma l’iscrizione viene fatta in una
sezione speciale del registro delle imprese ed ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità
notizia. È iscritta anche in una sezione speciale dell’albo degli avvocati. L’invalidità della suddetta
società è regolata: le cause sono le stesse di quelle dei contratti, per gli effetti c’è una disciplina
speciale. La società per avvocati non è soggetta a fallimento. La disciplina è volta a conciliare
l’esercizio in forma societaria della professione forense con il rispetto del principio della personalità
della prestazione e di quello della diretta responsabilità del professionista nei confronti del cliente. Il
cliente può scegliere il proprio difensore. L’incarico professionale può essere svolto solo dai soci in
possesso degli specifici requisiti prescritti per l’esercizio dell’attività richiesta. Solo gli incaricati sono
personalmente ed illimitatamente responsabili per l’attività svolta in esecuzione dell’incaricato. Con
essi risponde la società con il proprio patrimonio.
Riassunti scritti da GennaroAcquario1980 (acquario.80@libero.it). Disponibili tutti i riassunti di Giurisprudenza.
Gli elementi di distinzione tra le società e le associazioni risiedono nella natura dell’attività e nello
scopo-fine perseguibile:
- l’attività delle società dev’essere produttiva e condotta con metodo lucrativo o quanto meno
economico;
- lo scopo-fine delle società è uno scopo economico mentre quello delle associazioni è la
devoluzione a terzi degli eventuali risultati positivi dell’attività comune.
Quindi un’associazione per essere definita tale o non usa il metodo economico, o lo usa ma devolve
istituzionalmente gli utili conseguiti a scopi altruistici. Ma spesso gruppi associativi con scopi ideali si
servono dello strumento delle s.p.a. dichiarando nell’atto costitutivo un’attività economica ed uno
scopo lucrativo poi non perseguiti. Queste forme non sono legittime. Non poche sono le società di
diritto speciale senza scopo di lucro.
La differenza tra società e comunione è che la prima è un contratto che ha per oggetto l’esercizio in
comune di un’attività economica, la seconda è una situazione giuridica che sorge quando la proprietà
o altro diritto reale spetta in comune a più persone o un contratto che ha per oggetto il semplice
godimento della cosa comune. Anche nella comunione è previsto lo svolgimento di attività a contenuto
patrimoniale nell’interesse comune attraverso l’organizzazione di un gruppo ma il rapporto beni-
attività ed i poteri di cui l’organizzazione è investita sono diversi nei 2 istituti: nella società i beni
comuni hanno funzione servente, nella comunione è l’attività che svolge funzione servente rispetto ai
beni. Nella società i beni che fanno parte del patrimonio sociale hanno un vincolo di stabile
destinazione allo svolgimento dell’attività d’impresa, ma ciò non è presente nella comunione. Nella
società e nella comunione operano i seguenti differenti principi cardine:
Società Comunione
Ciascun partecipante può servirsi della cosa
Il socio non può servirsi, senza il consenso degli
comune, purché non ne alteri la destinazione e
altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio
non impedisca agli altri partecipanti di farne
sociale per fini estranei a quelli della società.
parimenti uso secondo il loro diritto.
Il singolo socio non può provocare a sua
discrezione lo scioglimento anticipato della Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare
società e la conseguente divisione del lo scioglimento della comunione.
patrimonio sociale.
Il creditore particolare del socio non può Il creditore particolare dei singoli comproprietari
soddisfarsi direttamente sul patrimonio della può liberamente aggredire anche la cosa comune
società. per soddisfarsi.
La comunione non gode di autonomia patrimoniale. Il regime patrimoniale delle società è applicabile
solo quando i beni sono destinati allo svolgimento di un’attività d’impresa. Sono vietate le società di
mero godimento.
Con l’impresa familiare si è in presenza di un’impresa collettiva il cui esercizio non dà vita alla
formazione di un patrimonio autonomo ed il cui regime non è accostabile né a quello dell’ordinaria
comunione né a quello della società di fatto. I creditori d’impresa potranno soddisfarsi su tutti i beni
della comunione alla pari con gli altri creditori della comunione senza diritto di preferenza e possono
aggredire anche il patrimonio personale dei coniugi ma solo per la metà del credito e solo se i beni
comuni non soddisfano i debiti. I creditori particolari possono soddisfarsi direttamente anche sui beni
della comunione legale.
B. I TIPI DI SOCIETÁ
Le società si distinguono in base a vari criteri:
1) lo scopo istituzionale perseguibile: società lucrative e società mutualistiche;
2) la natura dell’attività esercitabile: la società semplice è utilizzabile solo per attività non
commerciali mentre tutte le altre società sono utilizzabili per attività commerciali e non;
3) la personalità giuridica: le società di capitali e le cooperative ce l’hanno, le società di persone
no, quindi:
Società di capitali Società di persone
Organizzazione di tipo corporativo
Non è prevista l’organizzazione di tipo
basata sulla presenza di una pluralità di
corporativo.
organi.
Modello organizzativo che riconosce ad ogni
socio a responsabilità illimitata il potere di
Principio maggioritario domina il
amministrare la società ma richiede il consenso
funzionamento degli organi sociali.
di tutti i soci per le modifiche dell’atto
costitutivo.
Singolo socio senza potere diretto di
amministrazione e di controllo, solo con Singolo socio a responsabilità illimitata con
diritto di concorrere alla designazione potere di amministrazione e di rappresentanza
dei membri dell’organo di della società.
amministrazione e di controllo.
4) il regime di responsabilità per le obbligazioni sociali: nelle s.n.c. e nella società semplice
rispondono sia il patrimonio sociale sia i singoli soci personalmente ed illimitatamente; nelle
s.a.s. e s.a.p.a. ci sono soci a responsabilità limitata e soci a responsabilità illimitata; nelle
s.p.a. e s.r.l. risponde solo il patrimonio sociale.
Personalità giuridica ed autonomia patrimoniale costituiscono 2 diverse tecniche legislative per creare
le condizioni di diritto privato più propizie per la diffusione e lo sviluppo delle imprese societarie. Il
legislatore concede ai creditori sociali un trattamento preferenziale rispetto ai creditori personali dei
soci e consente a chi costituisce una società di creare un diaframma fra il proprio patrimonio e le
obbligazioni contratte collettivamente nell’esercizio in comune dell’attività d’impresa.
Nelle società di capitali e nelle cooperative ciò è conseguito in modo diretto e lineare
con il riconoscimento della personalità giuridica. Le società sono trattate come soggetti di
diritto formalmente distinti dalle persone dei soci. Quindi queste godono di una perfetta
autonomia patrimoniale. I beni conferiti diventano formalmente beni di proprietà della
società. Comunque questa alterità società-soci è formale e sussiste nei limiti in cui essa è
riconosciuta dall’ordinamento. In alcuni casi, in questi tipi di società, ci sono anche soggetti
responsabili personalmente.
Nelle società di persone, che non hanno personalità giuridica, i creditori personali dei
soci non possono aggredire il patrimonio della società per soddisfarsi (solo gli utili spettanti al
proprio debitore) mentre i creditori della società non possono aggredire il patrimonio
personale dei soci illimitatamente responsabili (possono farlo solo dopo aver tentato con esito
negativo di soddisfarsi sul patrimonio della società). I beni sociali sono considerati beni in
comproprietà, le obbligazioni sociali sono qualificate come obbligazioni proprie dei soci e la
responsabilità come responsabilità per debito proprio. La società acquista diritti e assume
obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona
dei medesimi. Le società di persone sono trattate come autonomi centri d’imputazione, come
soggetti di diritto distinti dalle persone dei soci.
Quanti costituiscono una società possono liberamente scegliere fra tutti i tipi di società previsti se
l’attività non è commerciale, fra tutti i tipi tranne la società semplice se l’attività è commerciale. Se
l’attività non è commerciale, si applica la disciplina della società semplice a meno che i soci abbiano
voluto costituire le società secondo uno degli altri tipi. Se l’attività è commerciale, si applica la
disciplina della s.n.c.. Scelto un determinato tipo, le parti possono disegnare con clausole contrattuali
un assetto organizzativo della loro società parzialmente diverso da quello risultante dalla disciplina
legale del tipo prescelto. Se le clausole sono incompatibili con il tipo di società scelto, queste verranno
annullate con l’applicazione automatica della corrispondente disciplina legale. Non può essere
costituita una società stravagante che non risponde per nome e per criteri organizzativi ai tipi stabiliti
dalla legge. In questo caso la sanzione è la nullità della società atipica. I patti parasociali sono quegli
accordi che vengono stipulati dai soci al di fuori dell’atto costitutivo, al momento della costituzione
della società, per regolare il loro comportamento nella società o verso la società. Questi vincolano solo
gli attuali soci e la loro invalidità non incide sulla validità della società e degli atti sociali.
Con la stipula del contratto le parti contraenti divengono membri della struttura organizzativa creata,
acquistano la qualità di soci e diventano titolari di una serie articolata di situazioni soggettive di
natura amministrativa e di natura patrimoniale. Queste situazioni sono destinate ad esplicarsi
all’interno e nei confronti di un gruppo organizzato per la realizzazione di uno scopo comune.
La società per azioni
La s.p.a. forma con la s.r.l. e la s.a.p.a. la categoria delle società di capitali ed è una società nella quale:
1) per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio, a differenza della
s.a.p.a.;
2) la partecipazione sociale è rappresentata da azioni, a differenza della s.r.l..
La s.p.a. è il prototipo normativo delle società di capitali in quanto la sua disciplina è in gran parte
applicabile anche alla s.r.l. e alla s.a.p.a.. È il tipo di società più importante nella realtà economica a
causa della sua ampia diffusione e perché è la forma elettiva delle imprese di media e grande
dimensione.
Le caratteristiche della s.p.a. sono:
a) Personalità giuridica: la s.p.a. è un soggetto di diritto formalmente distinto dalle persone dei
soci e gode di una perfetta autonomia patrimoniale;
b) Responsabilità limitata dei soci: tutti i soci non assumono alcuna responsabilità personale
per le obbligazioni sociali, sono obbligati solo ad eseguire i conferimenti, perciò i creditori
della società possono far affidamento solo sul patrimonio per soddisfarsi;
c) Organizzazione corporativa: è basata sulla presenza dell’assemblea, degli amministratori e
del collegio sindacale. Il singolo socio ha solo il diritto di concorrere col suo voto alla
designazione dei membri dell’organo amministrativo e di controllo. Solo questi ultimi
rispondono personalmente dei danni arrecati alla società. L’assemblea è regolata dal regime
maggioritario e il peso di ogni socio è proporzionato alla quota di capitale sottoscritto e al
numero di azioni possedute. C’è un adeguato equilibrio fra ponderazione nelle decisioni ed
efficienza e rapidità nella condotta degli affari sociali;
d) Quote di partecipazione rappresentate da azioni: sono partecipazioni-tipo omogenee e
standardizzate con uguale valore e conferenti uguali diritti. La divisione del capitale sociale è
fatta con un criterio astratto-matematico, dividendolo con il valore nominale delle azioni e ciò
rende le azioni liberamente trasferibili e consentono la loro circolazione attraverso idonei
documenti.
La grande impresa sceglie la tipologia della s.p.a. per la limitazione del rischio individuale dei soci e la
possibilità di pronta mobilitazione dell’investimento che favoriscono la raccolta d’ingenti capitali. Si
rende possibile la compartecipazioni di azionisti imprenditori, di numero più ristretto ed animati da
spirito imprenditoriale, e azionisti risparmiatori, animati solo dall’intento d’investire fruttuosamente
il proprio risparmio e rassicurati dalla possibilità di pronto disinvestimento. Ma la s.p.a. viene
utilizzata anche per società a ristretta base azionaria.
La disciplina della s.p.a. ha subito numerosi interventi legislativi che hanno dato risposta ai problemi
irrisolti dal legislatore del 1942 e che hanno dato attuazione alle direttive emanate dall’UE. Le
tendenze sono queste:
1. È stato frenato il proliferare di mini s.p.a. con capitale del tutto irrisorio innalzando il capitale
minimo richiesto da £ 1.000.000 del 1942 a £ 200.000.000 del 1977 e a € 120.000 del 2004;
2. Si è dettata una specifica disciplina per le s.p.a. quotate in mercati regolamentati:
L. 216/1974: introduzione delle azioni di risparmio, maggior trasparenza degli assetti
proprietari, certificazione del bilancio, istituzione della CONSOB, organo pubblico di
controllo;
Riforma del mercato mobiliare del 1983: introduzione di nuove figure d’intermediari, di
organismi d’investimento collettivo e di specifiche regole di comportamento per l’offerta
al pubblico di valori mobiliari;
TUF (1998): revisione di tutti gli istituti delle società quotate precedentemente introdotti,
potenziamento dell’informazione societaria, rafforzamento degli strumenti di tutela delle
minoranze ed introduzione di altri, disciplina dei sindacati di voto, ridefinizione del ruolo
del collegio sindacale.
3. Si è riformata la disciplina delle società non quotate. L’obiettivo della riforma è quello di
semplificare la disciplina delle società di capitali e di ampliare lo spazio riconosciuto
all’autonomia statutaria per favorire la nascita, la crescita e la competitività delle imprese
italiane. Le caratteristiche della riforma sono:
Introduzione delle s.p.a. unipersonale r.l.;
Disciplina più flessibile dei conferimenti con possibilità di costituire patrimoni autonomi
destinati ad un singolo affare;
Previsione di nuove categorie di azioni;
Semplificazione della disciplina delle assemblee e introduzione di una disciplina dei patti
parasociali anche per le società non quotate;
Previsione di nuovi modelli di amministrazione e di controllo della società.
4. Si va delineando una disciplina specifica per i gruppi di società.
A. LA COSTITUZIONE
La costituzione della s.p.a. si articola in 2 fasi essenziali:
1. la stipulazione dell’atto costitutivo per atto pubblico
Può avvenire secondo 2 procedimenti:
a) stipulazione simultanea: l’atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro che
assumono l’iniziativa per la costituzione della società e questi provvedono contestualmente
all’integrale sottoscrizione del capitale iniziale;
b) stipulazione per pubblica sottoscrizione: l’atto costitutivo è stipulato al termine di un
procedimento che consente la raccolta fra il pubblico del capitale iniziale ed è congegnato in
modo da subordinare la stipulazione dell’atto costitutivo alla preventiva sottoscrizione del
capitale sociale. Il procedimento si articola in 4 fasi:
I. I promotori predispongono un programma che ne indichi l'oggetto e il capitale, le
principali disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto, l'eventuale partecipazione che
i promotori si riservano agli utili e il termine entro il quale deve essere stipulato l'atto
costitutivo. Il programma con le firme autenticate dei promotori, prima di essere reso
pubblico, deve essere depositato presso un notaio (art. 2333).
II. Raccolte le sottoscrizioni, i promotori, con raccomandata o nella forma prevista nel
programma, devono assegnare ai sottoscrittori un termine non superiore a 30 giorni per
fare il versamento. Decorso inutilmente questo termine, è in facoltà dei promotori di
agire contro i sottoscrittori morosi o di scioglierli dall'obbligazione assunta. Qualora i
promotori si avvalgano di quest’ultima facoltà, non può procedersi alla costituzione
della società prima che siano collocate le azioni che quelli avevano sottoscritte (art.
2334).
III. Salvo che il programma stabilisca un termine diverso, i promotori, nei 20 giorni
successivi al termine fissato per il versamento, devono convocare l'assemblea dei
sottoscrittori mediante raccomandata, da inviarsi a ciascuno di essi almeno 10 giorni
prima di quello fissato per l'assemblea, con l'indicazione delle materie da trattare.
L'assemblea dei sottoscrittori:
- accerta l'esistenza delle condizioni richieste per la costituzione della società;
- delibera sul contenuto dell'atto costitutivo e dello statuto;
- delibera sulla riserva di partecipazione agli utili fatta a proprio favore dai promotori;
- nomina gli amministratori, i membri del collegio sindacale e, quando previsto, il
soggetto cui è demandato il controllo contabile.
IV. L'assemblea è validamente costituita con la presenza della metà dei sottoscrittori.
Ciascun sottoscrittore ha diritto a un voto, qualunque sia il numero delle azioni
sottoscritte, e per la validità delle deliberazioni si richiede il voto favorevole della
maggioranza dei presenti. Tuttavia per modificare le condizioni stabilite nel programma
è necessario il consenso di tutti i sottoscrittori (art. 2335). Gli intervenuti all'assemblea,
in rappresentanza anche dei sottoscrittori assenti, stipulano l'atto costitutivo (art.
2336).
I promotori sono solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte per
costituire la società. La società è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte e a
rimborsare loro le spese sostenute, sempre che siano state necessarie per la costituzione della
società o siano state approvate dall'assemblea. Se per qualsiasi ragione la società non si
costituisce, i promotori non possono rivalersi verso i sottoscrittori delle azioni (art. 2338).
Essi sono solidalmente responsabili verso la società e verso i terzi:
1) per l'integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i versamenti richiesti per la
costituzione della società;
2) per l'esistenza dei conferimenti in natura in conformità della relazione giurata indicata
nell'art. 2343;
3) per la veridicità delle comunicazioni da essi fatte al pubblico per la costituzione della
società.
Sono del pari solidalmente responsabili verso la società e verso i terzi coloro per conto dei
quali i promotori hanno agito (art 2339).
I promotori possono riservarsi nell'atto costitutivo, indipendentemente dalla loro qualità di
soci, una partecipazione non superiore complessivamente a un decimo degli utili netti
risultanti dal bilancio e per un periodo massimo di cinque anni. Essi non possono stipulare a
proprio vantaggio altro beneficio (art. 2340). Ciò si applica anche ai soci che nella costituzione
simultanea o in quella per pubblica sottoscrizione stipulano l'atto costitutivo (art. 2341).
La s.p.a. può essere costituita per contratto o per atto unilaterale. L'atto costitutivo deve essere
redatto per atto pubblico e deve indicare:
1) il cognome e il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o di costituzione, il
domicilio o la sede, la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero
delle azioni assegnate a ciascuno di essi;
2) la denominazione (deve contenere “s.p.a.”) e il comune ove sono poste la sede della società e
le eventuali sedi secondarie;
3) l'attività che costituisce l'oggetto sociale (è pratica diffusa indicare una pluralità di attività);
4) l'ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato;
5) il numero e l'eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di
emissione e circolazione;
6) il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura;
7) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti (solo se si vuole modificare la
disciplina legale);
8) i benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori;
9) il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri,
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società;
10) il numero dei componenti il collegio sindacale;
11) la nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto al quale è
demandato il controllo contabile;
12) l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della
società;
13) la durata della società ovvero, se la società è costituita a tempo indeterminato, il periodo di
tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere.
L’omissione di uno o più punti legittima il rifiuto del notaio di stipulare l’atto. Lo statuto contenente le
norme relative al funzionamento della società, anche se forma oggetto di atto separato, costituisce
parte integrante dell'atto costitutivo e in caso di mancanza della forma di atto pubblico è nullo. In caso
di contrasto tra le clausole dell'atto costitutivo e quelle dello statuto prevalgono le seconde (art. 2328).
La s.p.a. deve costituirsi con un capitale non inferiore a € 120.000 (art. 2327), salvo i casi in cui leggi
speciali impongono un capitale minimo più elevato. Per procedere alla costituzione della società è
necessario:
1) che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;
2) che siano rispettate le disposizioni relative ai conferimenti in sede di costituzione;
3) che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la
costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto.
La stipulazione dell’atto costitutivo produce una serie di effetti immediati e preliminari. I contraenti
restano vincolati dalla dichiarazione di costituire la società e non possono ritirare il loro consenso
finché non risulti che alla costituzione della società non si può giungere per fatti estranei alla loro
volontà: le somme depositate a titolo di conferimento restano vincolate fino al completamento del
procedimento di costituzione e possono essere consegnate solo agli amministratori che provano
l’avvenuta iscrizione nel registro delle imprese, solo se entro 90 giorni dalla stipulazione dell'atto
costitutivo o dal rilascio delle autorizzazioni previste dall’art. 2329 l'iscrizione non ha avuto luogo,
esse sono restituite ai sottoscrittori e l’atto costitutivo perde efficacia (art. 2331).
Il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo deve depositarlo entro 20 giorni presso l'ufficio del registro
delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, allegando i documenti comprovanti
l’osservanza delle condizioni richieste per la costituzione. Se il notaio o gli amministratori non
provvedono al deposito nel termine indicato nel comma precedente, ciascun socio può provvedervi a
spese della società (art. 2330).
Fino al 2000 con il deposito dell’atto costitutivo si apriva la fase del giudizio di omologazione da parte
del tribunale che doveva verificare l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge per costituire la
s.p.a.. Ora il controllo della legalità dell’atto è affidato solo al notaio che lo redige. Ma questo è un
controllo non solo formale ma anche sostanziale dell’atto costitutivo. Il notaio, infatti, potrà e dovrà
rifiutare di chiedere l’iscrizione nel registro delle imprese se l’atto e lo statuto contengono clausole
contrastanti con l’ordine pubblico o col buon costume nonché con norme imperative della disciplina
della s.p.a..
Fra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle imprese possono essere
compiute operazioni in nome della costituenda società. Per le operazioni compiute in nome della
società prima dell'iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro che
hanno agito. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico fondatore e quelli
tra i soci che nell'atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato o consentito il
compimento dell'operazione.
Prima dell'iscrizione nel registro è vietata l'emissione delle azioni ed esse, salvo l'offerta pubblica di
sottoscrizione, non possono costituire oggetto di una sollecitazione all'investimento. La società è
tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte e a rimborsare loro le spese sostenute, sempre
che siano state necessarie per la costituzione della società o siano state approvate dall'assemblea. Ma è
libera di accollarsi o meno le obbligazioni derivanti da operazioni non necessarie per la costituzione.
Se il procedimento di costituzione non giunge a compimento perché l’iscrizione è rifiutata, la società è
tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte e a rimborsare loro le spese sostenute, sempre
che siano state necessarie per la costituzione della società o siano state approvate dall'assemblea.
Nei confronti di terzi che entrano in contatto con la costituenda società sono responsabili non solo
coloro che hanno agito ma anche i soci fondatori che hanno autorizzato o consentito il compimento
dell’operazione.
Qualora successivamente all'iscrizione la società abbia approvato un'operazione, è responsabile anche
la società ed essa è tenuta a rilevare coloro che hanno agito.
Il procedimento di costituzione e l’atto costitutivo possono essere affetti da vizi ed anomalie. Prima
della registrazione vi è solo un contratto di società che può essere dichiarato nullo o annullato nei casi
e con gli effetti previsti dalla disciplina generale dei contratti. Con la registrazione nel registro delle
imprese la sanzione deve colpire la società-organizzazione e può consistere solo nello scioglimento
della società. Avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della società può essere
pronunciata soltanto nei seguenti casi:
1) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico;
2) illiceità dell'oggetto sociale;
3) mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della società,
o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale.
La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo
l'iscrizione nel registro delle imprese. I soci non sono liberati dall'obbligo di conferimento fino a
quando non sono soddisfatti i creditori sociali. La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori.
La nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di tale eliminazione è
stata data pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese (per impedire la dichiarazione di nullità
basterà che si provveda alla redazione per atto pubblico dell’atto costitutivo e sarà sufficiente una
modificazione dell’atto costitutivo deliberata a maggioranza dall’assemblea straordinaria per sanare
l’illiceità dell’oggetto sociale). Il dispositivo della sentenza che dichiara la nullità deve essere iscritto, a
cura degli amministratori o dei liquidatori, nel registro delle imprese (art. 2332). L’invalidità della
singola partecipazione non determina la nullità della società, opera come causa di recesso ex lege del
socio e la dichiarazione d’invalidità non ha effetto retroattivo.
C. I CONFERIMENTI
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società e
hanno la funzione di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento dell’attività
d’impresa.
Nella s.p.a., se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in danaro.
Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il 25% dei
conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare (art.
2342). Costituita la società, gli amministratori possono chiedere in ogni momento ai soci i versamenti
ancora dovuti e non sono tenuti a rispettare eventuali termini presenti nell’atto costitutivo. Dal titolo
azionario devono risultare i versamenti ancora dovuti e coloro che hanno trasferito azioni non liberate
sono obbligati in solido con gli acquirenti per l'ammontare dei versamenti ancora dovuti, per il
periodo di 3 anni dall'annotazione del trasferimento nel libro dei soci. Il pagamento non può essere ad
essi domandato se non nel caso in cui la richiesta al possessore dell'azione sia rimasta infruttuosa (art.
2356).
Se il socio non esegue i pagamenti dovuti, decorsi 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, gli amministratori, se non ritengono utile promuovere azione per
l'esecuzione del conferimento, offrono le azioni agli altri soci, in proporzione della loro partecipazione,
per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In mancanza di offerte possono far
vendere le azioni a rischio e per conto del socio, a mezzo di una banca o di un intermediario
autorizzato alla negoziazione nei mercati regolamentati. Qualora la vendita non possa aver luogo per
mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare escluso il socio, trattenendo le somme
riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni. Le azioni non vendute, se non possono essere
rimesse in circolazione entro l'esercizio in cui fu pronunziata la decadenza del socio moroso, devono
essere estinte con la corrispondente riduzione del capitale. Il socio in mora nei versamenti non può
esercitare il diritto di voto (art. 2344).
Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi. Ci sono limitazioni
per i conferimenti dei beni in natura e dei crediti. Le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono
essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. Ci sono limitazioni anche per l’apporto
a titolo di conferimento di cose generiche, future o altrui nonché di prestazioni periodiche di beni. È
ammissibile il conferimento di diritti di godimento ed è conferibile ogni prestazione di dare
suscettibile di valutazione economica oggettiva e di immediata messa a disposizione della società.
Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di stima di un esperto
designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione dei beni o dei
crediti conferiti, l'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della
determinazione del capitale sociale e dell'eventuale soprapprezzo e i criteri di valutazione seguiti. La
relazione deve essere allegata all'atto costitutivo e deve restare depositata nel registro delle imprese.
L'esperto risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi. Gli amministratori devono, nel
termine di 6 mesi dall’iscrizione della società, controllare le valutazioni contenute nella relazione e, se
sussistano fondati motivi, devono procedere alla revisione della stima. Fino a quando le valutazioni
non sono state controllate, le azioni corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e devono restare
depositate presso la società. Se risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti era inferiore di oltre
un quinto a quello per cui avvenne il conferimento, la società deve proporzionalmente ridurre il
capitale sociale, annullando le azioni che risultano scoperte. Tuttavia il socio conferente può versare la
differenza in danaro o recedere dalla società; il socio recedente ha diritto alla restituzione del
conferimento, qualora sia possibile in tutto o in parte in natura. L'atto costitutivo può prevedere che
per effetto dell'annullamento delle azioni si determini una loro diversa ripartizione tra i soci (art.
2343).
L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di
beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei 2 anni dall’iscrizione
della società nel registro delle imprese, deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria. L'alienante
deve presentare la relazione giurata di un esperto designato dal tribunale nel cui circondario ha sede
la società contenente la descrizione dei beni o dei crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri
di valutazione seguiti, nonché l'attestazione che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve
comunque essere indicato. La relazione deve essere depositata nella sede della società durante i 15
giorni che precedono l'assemblea. I soci possono prenderne visione. Entro 30 giorni
dall'autorizzazione il verbale dell'assemblea, corredato dalla relazione dell'esperto designato dal
tribunale, deve essere depositato a cura degli amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese.
Queste disposizioni non si applicano agli acquisti che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito
delle operazioni correnti della società né a quelli che avvengono nei mercati regolamentati o sotto il
controllo dell'autorità giudiziaria o amministrativa. In caso di violazione delle disposizioni gli
amministratori e l'alienante sono solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci ed
ai terzi (art. 2343-bis).
Oltre l'obbligo dei conferimenti, l'atto costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di eseguire prestazioni
accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le modalità e il
compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento. Le azioni alle quali è
connesso l'obbligo delle prestazioni anzidette devono essere nominative e non sono trasferibili senza il
consenso degli amministratori. Se non è diversamente disposto dall'atto costitutivo, gli obblighi
previsti non possono essere modificati senza il consenso di tutti i soci (art. 2345).
-Costituzione e conferimenti-
1) In generale.
1) La Spa rappresenta la forma più importante della Società di capitali (Spa - Sapa - Srl), nella quale:
• Ingente capitale sociale (120,000 euro).
• Le quote di partecipazione sono rappresentate da azioni (liberamente trasferibili).
• Personalità giuridica + Autonomia patrimoniale perfetta (cioè per le obbligazioni sociali risponde solo la società con il suo
patrimonio, e non i soci con il loro patr personale, neanche in via sussidiaria).
2) Nota: La disciplina della Spa ha subito dal 1942 ad oggi numerosi interventi legislativi, come:
• E’ stato posto un freno al crescere delle mini società per azioni con capitale irrisorio (circa 500,00 euro).
• Si è dettata una specifica disciplina integrativa per le Spa quotate in borsa (possibilità di emettere azioni di risparmio + istituzione di un
organo pubblico di controllo: la CONSOB – TUF 1998, testo unico in materia di intermediazione finanziaria).
2) L’Atto Costitutivo.
1) L’atto associativo è distinto in due parti:
• Atto costitutivo: in cui si manifesta la volontà delle parti di dar vita alla società e di eseguire i conferimenti + deve
essere redatto per atto pubblico a pena di nullità (Art 2328 Cc).
3) La Costituzione + Iscrizione.
1) Per la costituzione di una Spa, è necessario:
• Stipulazione dell’Atto Cost (per atto pubblico dinnanzi ad un notaio che ne accerta la regolarità).
• Iscrizione dell’Atto Cost nel Registro delle Imprese (entro 20gg da parte del notaio/Amm).
*Nel 2000 è stata soppressa la fase dell’Omologazione da pare del Tribunale, la quale cmq può essere attuata facoltativamente per le
sole modifiche dell’Atto cost.
• Sottoscrizione per intero del capitale sociale (120,000 euro).
• Deposito entro 1 mese (presso una banca) del 25% dei conferimenti in denaro/beni in natura/crediti (con stima da parte di un
esperto).
• Autorizzazioni del Governo/Ministro del tesoro/Banca d’Italia.
2) Capitale sociale nominale: insieme dei conferimenti che i soci si obbligano a versare al momento della costituzione della
società/o aumento del cap, al fine di dar vita al “patrimonio iniziale della società” (può variare solo con apposite delibere).
Patrimonio sociale: è il complesso di att/pass della società in un dato momento (esso varia in base agli andamenti della società).
3) COSTITUTIZIONE SIMULTANEA: cioè l’Atto cost è stipulato immediatamente da coloro che assumono
l’iniziativa per la costituzione della società (provvedendo alla integrale sottoscrizione del capitale sociale) + stipulazione dell’Atto
cost in forma di atto pubblico davanti al notaio + il deposito da parte di questi/amministratori (entro 20gg) presso l’ufficio
del Registro delle Imprese che ne verifica la regolarità formale.
4) COSTITUZIONE PER PUBBLICA SOTTOSCRIZIONE: in alternativa al precedente procedimento, anche se cmq è
divenuto piuttosto in disuso in quanto complesso e costoso.
a) Programma: i promotori (con le loro firme) predispongono un programma di adesione per la costituzione della società, il quale deve
contenere: oggetto/capitale/principali disposizioni.
b) Pubblicità: il programma viene depositato dal notaio e reso pubblico (secondo le norme del TUF del 1998) mediante “offerte di
pubblica sottoscrizione” + preventiva pubblicazione di un prospetto info.
c) Adesioni: al programma mediante soscrizione delle azioni per atto pubblico/scrittura privata autenticata + entro 1 mese bisogna versare
i conferimenti presso una banca.
e) Stipula dell’Atto cost: per atto pubblico + deposito per l’iscrizione nel Registro delle Imprese.
4) La Nullità.
1) Differenza:
A) Prima dell’iscrizione: vi è solo un contratto di società, che può essere dichiarato nullo/annullato nei casi previsti dalla disciplina dei
contratti.
B) Dopo l’iscrizione: l’unica sanzione può consistere solo nello scioglimento della società.
2) Dopo l’iscrizione, la Spa può essere dichiarata nulla nei seguenti casi:
• Mancata stipulazione dell’Atto cost (o nella forma dell’atto pubblico).
• Illiceità dell’oggetto sociale.
• Mancanza di ogni indicazione (nell’Atto cost/statuto) circa denominazione sociale/conferimenti/oggetto sociale.
*Non ha efficacia retroattiva (cioè la dichiarazione di nullità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti (in nome della società) dopo
l’iscrizione nel registro delle imprese).
*Può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse/rilevata d’ufficio dal giudice.
3) Con la sentenza di nullità, la società entra nella fase liquidatoria (con la nomina dei liquidatori).
6) I patti parasociali.
1)Patti parasociali: sono degli accordi di natura contrattuale (stipulati tra soggetti appartenenti ad una stessa
società) al fine di allearsi e di regolare l'agire comune all'interno della società, tipo:
• Sindacati di voto (cioè l’esercizio del diritto di voto nelle Spa).
• Sindacati di blocco (cioè limiti al trasferimento delle azioni)
• Sindacati di controllo (cioè acquisti da parte di terzi delle azioni).
2) Durata:
• La loro durata non può essere superiore a 5 anni (3 anni per le Spa quotate in borsa) +
• Sono rinnovabili +
• Ciascun contraente ha diritto di recedere con preavviso di 6 mesi.
7) Spa unipersonale.
1) L’Art 2328 dispone che la Spa può essere costituita per contratto o atto unilaterale (infatti la pluralità dei soci è condizione
essenziale per la sua costituzione, ma non per la sua sopravvivenza).
3) Se viene meno la pluralità dei soci, i restanti dovranno effettuare entro 90gg i versamenti ancora dovuti.
5) Gli Amm devono depositare presso il Registro delle Imprese, una documentazione contenete le generalità dell’unico
socio.
-Le Azioni-
1) Le azioni.
1) AZIONI: rappresentano le quote di partecipazione dei soci nella Spa, liberamente trasferibili sono
rappresentate da documenti (titoli azionari) che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito.
a) Sono indivisibili/di uguale valore/conferiscono ai loro possessori uguali diritti.
b) A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte di capitale sociale sottoscritta.
c) Non possono essere emesse per somma inferiore/superiore al loro valore nominale.
d) Devono contenere (denominazione/sede sociale - data/dell’iscrizione dell’atto cost nel registro delle imprese – valore
nominale/numero/ammontare delle azioni e capitale sociale - diritti/obblighi).
2) Sono Titoli di credito: documenti che incorporano un diritto di credito, cioè di ottenere una data prestazione
consistente normalmente nel pagamento di una somma di denaro.
• Letteralità: il diritto risulta scritto sul titolo stesso.
• Autonomia: ogni possessore acquista un diritto aut/indip dai precedenti possessori.
• Incorporazione: il diritto è incluso nel documento, quindi il credito circola tramite il documento (regola del possesso vale titolo)
• Astrattezza: il possessore potrà esigere la prestazione anche se il rapporto non esiste più/è viziato (cambiale/assegno).
3) Distinzione tra:
• Valore Nominale: rappresenta la parte del capitale sociale per ogni azione.
• Valore Reale/Patrimoniale: si ottiene dividendo il patrimonio netto della società per il numero di azioni, e varia nel tempo in
funzione delle vicende sociali.
• Valore di Mercato: è il valore che risulta dalla valutazione del prezzo di vendita dell’azione.
• Valore di Emissione con Sovrapprezzo: cioè il valore dell’azione in occasione di un aumento di capitale/emissione di nuove
azioni.
• Valore di Liquidazione: cioè il valore in caso di scioglimento/liquidazione della partecipazione dei soci.
B) Azioni Nominative: sono intestate ad una determinata persona fisica/giuridica iscritta nel libro dei soci + per il
trasferimento c’è bisogno della doppia annotazione sul titolo/libro dei soci, e può avvenire tramite:
- Girata autenticata da un notaio.
- Transfert: si realizza mediante l’annotazione da parte della società emittente del nome dell’acquirente sul titolo/libro dei soci.
C) Azioni al Portatore: non sono intestate ad alcune persona + il trasferimento avviene mediante semplice consegna
del titolo all’acquirente che acquista tutti i diritti sociali.
*Non possono essere emessi al portatore finché le azioni non sono state interamente liberalizzate.
2) Regime di Dematerializzazione.
A decorrere dal 1998 le azioni di società quotate in borsa non possono essere materialmente emesse, ma sono rappresentate
da scritturazioni contabili all’interno di un sistema gestione accentrata (cioè le azioni sono sostituite da scritture contabili tenute
presso un depositario (il quale a sua volta li sub-deposita presso la società il Monte Titoli Spa).
• Dematerializzazione parziale: in questo caso esistono materialmente i titoli, e per il loro trasferimento l’alienante impartisce un
ordine di trasferimento al depositario che a sua volta effettua un giroconto a favore dell’acquirente.
*I diritti societari possono essere esercitati dal depositario (ove delegato dal socio) oppure direttamente dal socio (il cui depositario a
richiesta rilascia un’apposita certificazione).
• Dematerializzazione totale: nel caso di assenza totale del titolo sin dall’origine, in tal caso il trasferimento avviene tramite intermediari
autorizzati a norma del TUF.
3) Limiti alla circolazione delle azioni.
1) Limiti Legali: cioè le azioni sono liberamente trasferibili, tranne quando non possono essere vendute prima dell’iscrizione
della società nel registro delle imprese.
• Clausole di prelazione: è la clausola che impone al socio alienante di offrire le azioni preventivamente agli altri soci,
rispetto a terzi.
*La sua violazione comporta l’inefficacia del trasferimento + il diritto di riscattare dal terzo le azioni.
• Clausole di mero Gradimento: in cui i soci (da parte di un organo sociale come il Consiglio di amministrazione) si vedono
attribuito il diritto di “approvare” il trasferimento delle azioni da un socio ad un terzo.
*La clausola è efficace solo se prevede un obbligo di riacquisto/diritto di recesso dell’alienante.
Le azioni devono essere tutte di uguale valore. Possono essere emesse, ma non contemporaneamente:
azioni senza indicazione del valore nominale: lo statuto deve indicare solo il capitale
sottoscritto ed il numero di azioni emesse. La partecipazione del singolo azionista sarà
espressa in una percentuale del numero complessivo delle azioni emesse;
azioni con indicazione del valore nominale: lo statuto deve specificare il capitale sottoscritto e
il valore nominale di ciascuna azione (che potrà essere modificato solo attraverso una
modifica dell’atto costitutivo) nonché il loro numero complessivo.
In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare
globale del capitale sociale. Le azioni non possono essere complessivamente emesse per somma
inferiore al loro valore nominale ma possono essere emesse per somma superiore e ciò è obbligatorio
quando è escluso o limitato il diritto di opzione degli azionisti sulle azioni di nuova emissione ed il
valore reale è superiore a quello nominale.
Il valore di bilancio delle azioni si ottiene dividendo il patrimonio netto per il numero delle azioni. Il
valore di mercato indica il prezzo di scambio delle azioni in un determinato giorno e risulta
giornalmente dai listini ufficiali quando si tratta di azioni quotate.
Le azioni conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Questa uguaglianza è relativa poiché è
possibile creare categorie di azioni fornite di diritti diversi ed è oggettiva poiché sono uguali i diritti
che ogni azione attribuisce, non i diritti di cui ciascun azionista globalmente dispone.
Le categorie speciali di azioni sono fornite di diritti diversi da quelli tipici e possono essere create con
lo statuto o con successiva modificazione dello stesso. Tutte le s.p.a. possono emetterle. Le assemblee
speciali approvano le deliberazioni dell’assemblea ordinaria che pregiudicano i diritti delle azioni
speciali. La società, nei limiti imposti dalla legge (divieto di emettere azioni a voto plurimo), può
liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie. Possono essere create azioni
con diritto di voto limitato a particolari argomenti e azioni con diritto di voto subordinato al verificarsi
di particolari condizioni non meramente potestative. Ma le azioni senza voto non possono
complessivamente superare la metà del capitale sociale. Le società non quotate possono prevedere che
il diritto di voto sia limitato ad una misura massima e che sia introdotto il voto scalare. Inoltre per loro
non vale più il principio che il voto può essere escluso o limitato solo se le relative azioni sono assistite
da privilegi patrimoniali ma vale ancora il principio che possono essere emesse azioni privilegiate
anche senza limitazione dei diritti amministrativi.
Le azioni privilegiate attribuiscono un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili e/o nel
rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società. Le azioni correlate sono fornite di
diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale di un determinato settore. Lo statuto
stabilisce i criteri di individuazione dei costi e ricavi imputabili al settore, le modalità di
rendicontazione, i diritti attribuiti a tali azioni, nonché l'eventuali condizioni e modalità di
conversione in azioni di altra categoria. Non possono essere pagati dividendi ai possessori delle azioni
correlate se non nei limiti degli utili risultanti dal bilancio della società.
Dal 2003 è prevista anche l’emissione di azioni e strumenti finanziari partecipativi che però non sono
parti del capitale sociale e non attribuiscono la qualità di azionista. Questi possono dotare di diritto di
voto su argomenti specificatamente indicati. Gli strumenti finanziari conferiscono anche diritti
amministrativi.
I titoli azionari sono i documenti che rappresentano le quote di partecipazione. La loro emissione è
normale ma non essenziale nelle s.p.a. non quotate. Nelle s.p.a. quotate e nelle società con azioni ed
obbligazioni diffuse in modo rilevante le azioni non possono più essere rappresentate da titoli ma la
loro circolazione è basata su semplici registrazioni contabili. Le azioni rientrano nella categoria dei
titoli di credito causali che possono essere emessi solo in base ad un determinato rapporto causale e
che si caratterizzano per la parziale sensibilità del rapporto documentato dal titolo alle eccezioni della
disciplina del rapporto societario. Le azioni possono essere nominative o al portatore. Tutte le azioni
devono essere nominative, salvo quelle di risparmio e quelle emesse dalle Sicav. Le azioni al portatore
si trasferiscono con la consegna del titolo, per le azioni nominative c’è una specifica disciplina.
Le azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono formare oggetto di misure
cautelari ed esecutive. In questo caso il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o
all’usufruttuario che però non devono ledere l’interesse del socio, gli altri diritti amministrativi
spettano anche al socio. Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio ed al
medesimo sono attribuite le azioni in base ad esso sottoscritte. Qualora il socio non provveda almeno
3 giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di
opzione e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo, questo deve essere alienato per suo conto
a mezzo banca od intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati regolamentati. Nel caso di
aumento del capitale sociale, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si estendono alle azioni di nuova
emissione. Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di pegno, il socio deve provvedere al
versamento delle somme necessarie almeno 3 giorni prima della scadenza; in mancanza il creditore
pignoratizio può vendere le azioni. Nel caso di usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al
versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al termine dell'usufrutto.
In nessun caso la s.p.a. può sottoscrivere azioni proprie. L’unica deroga è per l’esercizio del diritto di
opzione sulle azioni proprie detenute dalla società. Il divieto è assoluto. Se questo è violato le azioni
s’intendono sottoscritte e devono essere liberate dai soggetti che materialmente hanno violato il
divieto. In caso di sottoscrizione diretta le azioni s’intendono sottoscritte e devono essere liberate dai
promotori e dai soci fondatori o dagli amministratori. In caso di sottoscrizione indiretta il terzo che ha
sottoscritto le azioni è considerato sottoscrittore per conto proprio.
La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve
disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto
azioni interamente liberate. L’acquisto dev’essere deliberato dall’assemblea ordinaria, la quale ne fissa
le modalità, indicando in particolare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non
superiore ai 18 mesi, per la quale l'autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il
corrispettivo massimo. Il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere la decima parte del
capitale sociale. Le azioni acquistate in violazione debbono essere alienate secondo modalità da
determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi senza
indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Le limitazioni contenute
nell'art. 2357 non si applicano quando l'acquisto di azioni proprie avvenga in esecuzione di una
deliberazione dell'assemblea di riduzione del capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di
azioni, a titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate, per effetto di successione
universale o di fusione o scissione, in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un
credito della società, sempre che si tratti di azioni interamente liberate. Gli amministratori non
possono disporre delle azioni acquistate se non previa autorizzazione dell'assemblea, la quale deve
stabilire le relative modalità. A tal fine possono essere previste, operazioni successive di acquisto ed
alienazione. Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione
sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni; l'assemblea può tuttavia autorizzare l'esercizio
totale o parziale del diritto di opzione. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono tuttavia
computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni
dell'assemblea. Una riserva indisponibile pari all'importo delle azioni proprie iscritto all'attivo del
bilancio deve essere costituita e mantenuta finché le azioni non siano trasferite o annullate. La società
non può accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni proprie.
La società non può, neppure per tramite di società fiduciaria, o per interposta persona, accettare
azioni proprie in garanzia.
E' vietato alle società di costituire o di aumentare il capitale mediante sottoscrizione reciproca di
azioni, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona. La disciplina e le sanzioni sono
identiche alla fattispecie della sottoscrizione di azioni proprie. La società controllata non può
sottoscrivere azioni o quote della società controllante. Le azioni o quote sottoscritte in violazione di
tali disposizioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate dagli amministratori, che non
dimostrino di essere esenti da colpa. Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della
società controllata, azioni o quote della società controllante è considerato a tutti gli effetti
sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni o quote rispondono solidalmente gli
amministratori della società controllata che non dimostrino di essere esenti da colpa.
L’acquisto reciproco di azioni è possibile senza alcun limite solo quando fra le 2 società non intercorre
un rapporto di controllo e nessuna delle 2 è quotata in borsa. La società controllata non può
acquistare azioni o quote della società controllante se non nei limiti degli utili distribuibili e delle
riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate
soltanto azioni interamente liberate. L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea ordinaria. Il
valore nominale delle azioni o quote acquistate non può eccedere la decima parte del capitale della
società controllante. La società controllata da altra società non può esercitare il diritto di voto nelle
assemblee di questa. Le azioni o quote acquistate in violazione di tali condizioni devono essere
alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea entro un anno dal loro acquisto. In
mancanza, la società controllante deve procedere senza indugio al loro annullamento e alla
corrispondente riduzione del capitale, con rimborso del valore delle azioni annullate.
Nel caso di incroci azionari quando una o entrambe le società hanno azioni quotate in borsa ma tra di
loro non sussiste un rapporto di controllo, ci sono solo limiti quantitativi: se entrambe le società sono
quotate l’incrocio non può superare il 2% del capitale con diritto di voto, se solo una è quotata non può
superare il 10%. Se questi limiti sono superati la società non può esercitare il diritto di voto per le
azioni possedute in eccedenza, deve alienare l’eccedenza entro 1 anno se no la sospensione del diritto
di voto si estende all’intera partecipazione.
- O.P.A -
1) Nel TUF sono regolate le Offerte pubbliche di acquisto (OPA - denaro) o di scambio (OPS - con altri strumenti finanziari),
la quale potrà essere:
- Volontaria (l'iniziativa proviene esclusivamente dall'offerente e può avere ad oggetto qualsiasi tipo di strumento finanziario).
- Obbligatoria (è l'ordinamento a costringere l'offerente se sussistono determinate condizioni e può avere ad oggetto solo azioni ordinarie).
2) Le società che effettuano tali operazioni, ne danno preventiva comunicazione alla Consob allegando il documento d’offerta
(destinato alla pubblicazione) contenente le informazioni necessarie per i destinatari.
3) La Consob entro 15gg dalla comunicazione, può aggiungere ulteriori infoi utili alla documentazione, oppure può:
- Sospendere in via cautelare (in caso di fondato sospetto di violazioni).
- Dichiarare decaduta (in caso di accertata violazione).
*Se entro i 15gg la Consob non abbia espresso alcun parere vale il silenzio-assenso e il documento potrà essere pubblicato.
4) Si apre così la fase delle adesioni all’offerta raccolte dall’offerente o da intermediari specifici (banche). La Consob vigila..
B) OPA PREVENTIVA: di acquisto/scambio avente ad oggetto almeno il 60% delle azioni quotate in mercati regolamentati
ita che attribuiscono il diritto di voto su argomenti rilevanti.
Squeeze out: termine giuridico che indica il diritto di acquisto sulle azioni residue in seguito alla promozione di un OPA
totalitaria. (Cioè in seguito alla promozione di un'Opa totalitaria (sia essa successiva o preventiva che conduce alla detenzione di almeno
il 98% del capitale con diritto di voto ma non della totalità delle azioni) l'offerente possa avvalersi del diritto di acquisto delle azioni
residue se ne abbia fatto menzione nel documento d'offerta).
C) OPA RESIDUALE: è un OPA obbligatoria che riguarda chiunque venga a detenere ed intenda mantenere una quota del
capitale sociale ordinario di una società quotata superiore al 90%.
*Chiunque si trovi in questa condizione (se non vuole lanciare l'OPA sul restante 10%) è tenuto a ripristinare entro 4 mesi un flottante
sufficiente a ripristinare il normale andamento delle quotazioni + la decisione deve essere comunicata alla Consob non oltre 10gg dal
superamento della soglia del 90%.
6) Chi ha lanciato l’offerta originaria potrà reagire all’OPA concorrente rilanciando il gioco con: aumento del
prezzo/quantitativo richiesto.
7) Alla scadenza del termine l’offerta è irrevocabile (se è stato raggiunto il quantitativo minimo richiesto) + ogni clausola contraria
è nulla.
*Se invece il quantitativo è stato superato, il documento di offerta dovrà specificare se si avrà riduzione del qnt/offerente acquista più
titoli.
Svolgimento dell’Assemblea.
2) Si è posto l’obbligo di preventivo deposito delle azioni, le quali non possono essere ritirate (blocco dei titoli) prima che
l’assemblea abbia avuto luogo.
*In caso di azioni nominative, la società deve provvedere all’iscrizione nel libro dei soci di coloro che hanno partecipato all’assemblea.
3) Il Presidente:
• Ha il potere-dovere di verificare la regolare costituzione dell’assemblea.
• Regola lo svolgimento dell’assemblea + accerta i risultati delle votazioni.
• Gli esiti verranno poi verbalizzati per iscritto.
4) Conflitto di interessi:
• Il socio è libero di votare in assemblea, purché non si creino conflitti tra un suo interesse e quello della società (in tal caso
il voto o tutta la deliberazione finale potrà essere annullata).
• Il diritto di rinvio dell’assemblea (esercitatile 1 volta dai soci che dichiarano di non essere suff informati sulle delibere del giorno)
spetta esclusivamente solo ad alcuni soci in particolare, che potrebbero influire sulla decisione finale (1/3 del cap sociale).
• Nulla: nei casi di mancata convocazione dell’assemblea/del verbale/imposs-illiceità dell’oggetto, e può essere impugnata
da chiunque vi abbia interesse entro 3 anni dall’iscrizione nel Registro dell’Imprese (ma può anche essere rilevata d’ufficio
dal giudice).
L’assemblea è l’organo composto dalle persone dei soci ed ha la funzione di formare la volontà della
società nelle materie riservate alla sua competenza dalla legge o dall’atto costitutivo secondo il
principio maggioritario. L’assemblea si distingue in:
Ordinaria: nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l'assemblea ordinaria:
1. approva il bilancio;
2. nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del
collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto al quale è demandato il controllo
contabile;
3. determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito
dallo statuto;
4. delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
5. delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza
dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto
per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità
di questi per gli atti compiuti;
6. approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.
Nelle società ove è previsto il consiglio di sorveglianza, l'assemblea ordinaria:
1. nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza;
2. determina il compenso ad essi spettante, se non è stabilito
3. nello statuto;
4. delibera sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza;
5. delibera sulla distribuzione degli utili;
6. nomina il revisore.
Straordinaria: delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla
sostituzione e sui poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla
legge alla sua competenza. Lo statuto può attribuire alla competenza dell'organo
amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le deliberazioni
concernenti la fusione nei casi previsti dagli art. 2505 e 2505-bis, l'istituzione o la
soppressione di sedi secondarie, la indicazione di quali tra gli amministratori hanno la
rappresentanza della società, la riduzione del capitale in caso di recesso del socio, gli
adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il trasferimento della sede sociale nel
territorio nazionale.
Se i soci partecipanti all'assemblea non rappresentano complessivamente la parte di capitale richiesta
l'assemblea deve essere nuovamente convocata.
Il quorum costitutivo è quella parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in assemblea
perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori. Il quorum deliberativo è la parte di
capitale sociale che si deve esprimere a favore di una determinata deliberazione perché questa sia
approvata.
L'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l'intervento di tanti soci che rappresentino
almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto
nell'assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una
maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari.
L'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà
del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la
presenza di tanti soci
che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto
e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Salvo
diversa disposizione di legge le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono
computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea. Le medesime azioni e quelle per le quali il
diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del socio di astenersi per conflitto di
interessi non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta
per l'approvazione della deliberazione.
Se i soci partecipanti all'assemblea non rappresentano complessivamente la parte di capitale richiesta
l'assemblea deve essere nuovamente convocata. Nell'avviso di convocazione dell'assemblea può essere
fissato il giorno per la seconda convocazione. Questa non può aver luogo nello stesso giorno fissato per
la prima. Se il giorno per la seconda convocazione non è indicato nell'avviso, l'assemblea deve essere
riconvocata entro 30 giorni dalla data della prima, e il termine stabilito dal secondo comma dell'art.
2366 è ridotto ad 8 giorni.
In seconda convocazione l'assemblea ordinaria delibera sugli oggetti che avrebbero dovuto essere
trattati nella prima, qualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci partecipanti, e
l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale
sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea.
Lo statuto può richiedere maggioranze più elevate, tranne che per l'approvazione del bilancio e per la
nomina e la revoca delle cariche sociali. Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio è necessario, anche in seconda convocazione, il voto favorevole di tanti soci che rappresentino
più di un terzo del capitale sociale per le deliberazioni concernenti il cambiamento dell'oggetto sociale,
la trasformazione della società, lo scioglimento anticipato, la proroga della società, la revoca dello
stato di liquidazione, il trasferimento della sede sociale all'estero e l'emissione di azioni privilegiate.
Lo statuto può prevedere eventuali ulteriori convocazioni dell'assemblea. Nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è costituita, nelle convocazioni
successive alla seconda, con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale
sociale, salvo che lo statuto richieda una quota di capitale più elevata.
Possono intervenire all'assemblea gli azionisti cui spetta il diritto di voto ed i soggetti che pur non
essendo soci hanno diritto di voto. Non è più necessario il preventivo deposito delle azioni presso la
sede della società o le banche. Ma lo statuto può richiedere il preventivo deposito delle azioni o della
relativa certificazione presso la sede sociale o le banche indicate nell'avviso di convocazione, fissando
il termine entro il quale debbono essere depositate ed eventualmente prevedendo che non possano
essere ritirate prima che l'assemblea abbia avuto luogo. Nelle società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio il termine non può essere superiore a 2 giorni. Lo statuto può consentire
l'intervento all'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l'espressione del voto per
corrispondenza. Chi esprime il voto per corrispondenza si considera intervenuto all'assemblea.
Gli azionisti possono partecipare all’assemblea sia personalmente sia a mezzo di rappresentante. Salvo
disposizione contraria dello statuto, i soci possono farsi rappresentare nell'assemblea. La
rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati dalla
società. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la rappresentanza può essere
conferita solo per singole assemblee, con effetto anche per le successive convocazioni, salvo che si
tratti di procura generale o di procura conferita da una società, associazione, fondazione o altro ente
collettivo o istituzione ad un proprio dipendente. La delega non può essere rilasciata con il nome del
rappresentante in bianco ed è sempre revocabile nonostante ogni patto contrario. Il rappresentante
può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato nella delega. Se la rappresentanza è
conferita ad una società, associazione, fondazione od altro ente collettivo o istituzione, questi possono
delegare soltanto un proprio dipendente o collaboratore. La rappresentanza non può essere conferita
né ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, né alle società da
essa controllate o ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste. La
stessa persona non può rappresentare in assemblea più di 20 soci o, se si tratta di società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio più di 50 soci se la società ha capitale non superiore a €
5.000.000, più di 100 soci se la società ha capitale superiore a € 5.000.000 e non superiore a €
25.000.000, e più di 200 soci se la società ha capitale superiore a € 25.000.000.
Per le società non quotate sono stati introdotti 2 istituti:
1. la sollecitazione: è la richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta a tutti gli azionisti da
parte di uno o più soggetti che richiedono l’adesione a specifiche proposte di voto.
2. la raccolta delle deleghe: è la richiesta di conferimento di deleghe di voto effettuata da
associazioni di azionisti esclusivamente nei confronti dei propri associati.
I sindacati di voto sono accordi con i quali alcuni soci s’impegnano a concordare preventivamente il
modo in cui votare in assemblea. Possono avere carattere occasionale o permanente ed in quest’ultimo
caso possono essere a tempo determinato o indeterminato nonché riguardare tutte le delibere o solo
quelle di un determinato tipo. Si può stabilire che il modo come votare sarà deciso all’unanimità o a
maggioranza dei soci sindacati. I sindacati di voto danno un indirizzo di voto unitario all’azione dei
soci sindacati, consente una migliore difesa dei comuni interessi quando è stipulato fra soci di
maggioranza. Ma i sindacati cristallizzano il gruppo di controllo, il principio maggioritario finisce per
essere rispettato solo formalmente.
Nelle società non quotate sia i sindacati di voto e sia gli altri patti parasociali non possono avere
durata superiore a 5 anni ma sono rinnovabili alla scadenza. Possono essere anche a tempo
indeterminato ma il contraente può recedere con preavviso di 6 mesi. La stessa disciplina vale per le
società quotate e quelle che le controllano ma i patti a tempo determinato non possono avere durata
superiore a 3 anni.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti parasociali devono essere
comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. La dichiarazione deve essere
trascritta nel verbale e questo deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese. In caso
di mancanza della dichiarazione i possessori delle azioni cui si riferisce il patto parasociale non
possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate con il loro voto
determinante sono impugnabili a norma dell'art. 2377. Nelle società quotate i patti devono essere
comunicati alla Consob pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana e depositati presso il registro
delle imprese del luogo dove la società ha sede legale. La violazione di tali obblighi comporta la nullità
dei patti e la sospensione del diritto di voto relativo alle azioni sindacate. Nessuna pubblicità è
prevista per i patti riguardanti società non quotate che non fanno appello al mercato del capitale di
rischio.
Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere
impugnate dai soci assenti, dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di sorveglianza
e dal collegio sindacale. L'impugnazione può essere proposta dai soci quando possiedono tante azioni
aventi diritto di voto con riferimento alla deliberazione che rappresentino, anche congiuntamente,
l'uno per mille del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il
5% nelle altre; lo statuto può ridurre o escludere questo requisito. Per l'impugnazione delle
deliberazioni delle assemblee speciali queste percentuali sono riferite al capitale rappresentato dalle
azioni della categoria. I soci che non rappresentano la parte di capitale indicata e quelli che, in quanto
privi di voto, non sono legittimati a proporre l'impugnativa hanno diritto al risarcimento del danno
loro cagionato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto.
La deliberazione non può essere annullata:
1. per la partecipazione all'assemblea di persone non legittimate, salvo che tale partecipazione
sia stata determinante ai fini della regolare costituzione dell'assemblea;
2. per l'invalidità di singoli voti o per il loro errato conteggio, salvo che il voto invalido o l'errore
di conteggio siano stati determinanti ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta;
3. per l'incompletezza o l'inesattezza del verbale, salvo che impediscano l'accertamento del
contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione.
L'impugnazione o la domanda di risarcimento del danno sono proposte nel termine di 90 giorni dalla
data della deliberazione, ovvero, se questa è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese, entro 90
giorni dall'iscrizione o, se è soggetta solo a deposito presso l'ufficio del registro delle imprese, entro 90
giorni dalla
data di questo. L'annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli
amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione a prendere i conseguenti
provvedimenti sotto la propria responsabilità. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede
dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione. L'annullamento della deliberazione
non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge
e dello statuto. In tal caso il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della
società, e sul risarcimento dell'eventuale danno. Restano salvi i diritti acquisiti dai terzi sulla base
della deliberazione sostituita (art. 2377). L'impugnazione è proposta con atto di citazione davanti al
tribunale del luogo dove la società ha sede.
Il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell'impugnazione del numero delle
azioni previsto dall'art. 2377. Qualora nel corso del processo venga meno a seguito di trasferimenti per
atto tra vivi il richiesto numero delle azioni, il giudice, previa se del caso revoca del provvedimento di
sospensione dell'esecuzione della deliberazione, non può pronunciare l'annullamento e provvede sul
risarcimento dell'eventuale danno, ove richiesto. Con ricorso depositato contestualmente al deposito,
anche in copia, della citazione, l'impugnante può chiedere la sospensione dell'esecuzione della
deliberazione. In caso di eccezionale e motivata urgenza, il presidente del tribunale, omessa la
convocazione della società convenuta, provvede sull'istanza con decreto motivato, che deve altresì
contenere la designazione del giudice per la trattazione della causa di merito e la fissazione, davanti al
giudice designato, entro 15 giorni, dell'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti
emanati con il decreto, nonché la fissazione del termine per la notificazione alla controparte del
ricorso e del decreto. Il giudice designato per la trattazione della causa di merito, sentiti gli
amministratori e sindaci, provvede valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il
ricorrente dalla esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell'esecuzione della
deliberazione; può disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino idonea garanzia per
l'eventuale risarcimento dei danni (art. 2378).
Nei casi di mancata convocazione dell'assemblea (non si considera mancante nel caso d'irregolarità
dell'avviso, se questo proviene da un componente dell'organo di amministrazione o di controllo della
società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere tempestivamente
avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea. L'impugnazione della deliberazione invalida
per mancata convocazione non può essere esercitata da chi anche successivamente abbia dichiarato il
suo assenso allo svolgimento dell'assemblea), di mancanza del verbale (non si considera mancante se
contiene la data della deliberazione e il suo oggetto ed è sottoscritto dal presidente dell'assemblea, o
dal presidente del consiglio d'amministrazione o del consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal
notaio. L'invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata mediante
verbalizzazione eseguita prima dell'assemblea successiva. La deliberazione ha effetto dalla data in cui
è stata presa, salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano la deliberazione) e di impossibilità o
illiceità dell'oggetto la deliberazione può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse entro 3 anni
dalla sua iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la deliberazione vi è soggetta, o dalla
trascrizione nel libro delle adunanze dell'assemblea, se la deliberazione non è soggetta né a iscrizione
né a deposito. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano
l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili. Nei casi e nei termini previsti l'invalidità
può essere rilevata d'ufficio dal giudice (art. 2379). Nei casi previsti dall'art. 2379 l'impugnativa
dell'aumento di capitale, della riduzione del capitale o della emissione di obbligazioni non può essere
proposta dopo che siano trascorsi 180 giorni dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle
imprese o, nel caso di mancata convocazione, 90 giorni dall'approvazione del bilancio dell'esercizio
nel corso del quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita. Nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio l'invalidità della deliberazione di aumento del capitale non
può essere pronunciata dopo che sia stata iscritta nel registro delle imprese l'attestazione che
l'aumento è stato anche parzialmente eseguito; l'invalidità della deliberazione di riduzione del capitale
o della deliberazione di emissione delle obbligazioni non può essere pronunciata dopo che la
deliberazione sia stata anche parzialmente eseguita. Resta salvo il diritto al risarcimento del danno
eventualmente spettante ai soci e ai terzi.
- Collegio Sindacale -
1) Collegio Sindacale: è l’organo di controllo interno della Spa, con funzioni di vigilanza sulla corretta
amministrazione + sull’attività della società + controllo contabile.
2) Si compone di 3/5 membri (soci/non soci) + 2 supplenti (mentre il numero è libero nelle Spa quotate).
*In caso di rinunzia/decadenza/morte dei sindaci, subentrano i supplenti in ordine di età (fino alla prox assemblea), scelti dal Registro dei
revisori contabili.
4) Tutti i sindaci e i loro requisiti sono fissati da apposito regolamento del Ministro di Giustizia.
*Spa non quotate sono iscritte nel registro dei revisori contabili.
7) Sono resp in solido con gli Amm per le omissioni dei loro doveri (se sussiste un nesso di causalità).
8) Cause di ineleggibilità:
• Interdizione.
• Inabilitazione.
• Fallimento.
• Parentela entro il 4°grado degli Amm.
Nota: Con la riforma del 2003 il controllo contabile è sottratto ai sindaci ed attribuito ad un revisore esterno, il quale:
a) Persona fisica/società di revisione iscritta nel Registro dei revisori contabili presso il Ministero della Giustizia.
b) Per le Spa quotate in borsa, tale controllo è effettuato da una società di revisione.
Per le Spa minori (non quotate in borsa/non redicono il bilancio consolidato) tale controllo è in capo al Collegio.
- Amministrazione -
1) In generale.
1) La Spa può avere sia 1 Amm unico/Consiglio di Amm (organo collegiale + magg).
7) Devono adempiere ai loro doveri con diligenza professionale + sono solidalmente resp vs la società per l’inosservanza dei
doveri loro imposti dalla legge/statuto.
*L’azione di resp (promossa con deliberazione dell’assemblea ordinaria/soci), si prescrive nel termine di 5 anni dalla cessazione della
carica dell’Amm + l’assemblea provvede alla loro sostituzione.
B) Amministratori delegati (potere di rappresentanza): sono organi unipersonali che agiscono disgiunt/congiunt a
seconda di quanto previsto dall’Atto Cost.
*Amministratore di fatto: è il soggetto privo della veste formale di Amm, dunque è l’azionista di comando, detentore
del reale potere decisionale.
3) Sistema Monastico: vi è 1 solo Consiglio di Amministrazione come organo amministrativo + al suo interno vi è costituito
il comitato di controllo sulla gestione.
3) Il consiglio di Amministrazione.
1) Il consiglio è convocato dal presidente.
2) Per la validità delle deliberazioni è necessario il 50%+1 degli amministratori in carica (quorum costitutivo) e dei presenti
(quorum deliberativo).
3) Le deliberazioni contrarie alla legge/statuto possono essere impugnate entro 90gg da parte dei amministratori/sindaci
assenti o dissenzienti.
*Salvo i diritti acquistati da terzi in buona fede.
4) L’amministratore deve dare notizia agli altri amministratori/collegio sindacale di qualunque suo interesse che riguarda la
società, interesse indicato nella sua natura/termini/origine/portata.
5) E’ previsto un organo di controllo che vigila sull’osservanza delle regole adottate dal consiglio, e ne riferisce nella
relazione dell’assemblea.
6) Gli Amm rispondono solidalmente verso la società per l’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge/statuto promossa
con deliberazione dell’assemblea ordinaria/soci.
*L’azione di resp si prescrive nel termine di 5 anni dalla cessazione della carica dell’Amm + l’assemblea provvede alla loro sostituzione.
A. GLI AMMINISTRATORI
Gli amministratori (che formano il consiglio di amministrazione ma la s.p.a. può avere anche un
amministratore unico) sono l’organo cui è affidata la gestione dell’impresa e ad essi spetta compiere le
operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Essi hanno le seguenti funzioni, esercitate
in posizione di formale autonomia rispetto all’assemblea:
1) Deliberano su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che non siano
riservati per legge all’assemblea (potere gestorio);
2) Hanno la rappresentanza generale della società (potere di rappresentanza);
3) Danno impulso all’attività dell’assemblea;
4) Devono curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili della società e devono
redigere il progetto di bilancio;
5) Devono prevenire il compimento di atti pregiudizievoli per la società o evitarne e
attenuarne le conseguenze dannose.
La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che
sono nominati nell'atto costitutivo. Il numero degli amministratori o l’indicazione di un numero
minimo o massimo è stabilito dallo statuto. L'amministrazione della società può essere affidata anche
a non soci. Lo statuto può subordinare l'assunzione della carica di amministratore al possesso di
speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza. Non può essere nominato
amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato
condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o
l'incapacità ad esercitare uffici direttivi.
Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a 3 esercizi, e scadono alla
data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro
carica. Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto.
Sono cause di cessazione:
a) La scadenza del termine. Questa ha effetto solo dal momento in cui l’organo amministrativo
è stato ricostituito;
b) La revoca da parte dell'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto
costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene
senza giusta causa;
c) La rinuncia (dimissioni). Questa ha effetto immediato se rimane in carica la maggioranza
degli amministratori, se no ha effetto solo dal momento in cui l’organo amministrativo è stato
ricostituito in seguito all’accettazione dei nuovi amministratori;
d) La decadenza per una causa d’ineleggibilità;
e) La morte.
Per le cause b), d) ed e) sono previste 3 ipotesi:
a. Se rimane in carica più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea i superstiti
sostituiscono provvisoriamente quelli venuti meno con delibera consiliare approvata dal
consiglio sindacale;
b. Se viene a mancare più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea i superstiti
convocano l’assemblea per sostituire i mancanti ed i nuovi amministratori scadono con quelli
in carica all’atto della nomina;
c. Se vengono a cessare tutti gli amministratori o l’amministratore unico il collegio sindacale
deve convocare con urgenza l’assemblea per la ricostituzione dell’organo amministrativo.
Sono valide le clausole statutarie che prevedono la cessazione di tutti gli amministratori e la
ricostruzione dell’intero collegio da parte dell’assemblea a seguito della cessazione di alcuni
amministratori. L’assemblea per la nomina del nuovo consiglio è convocata d'urgenza dagli
amministratori rimasti in carica
Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiederne l'iscrizione nel
registro delle imprese indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita,
il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società,
precisando se
disgiuntamente o congiuntamente.
I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono
stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea. Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da
partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di
futura emissione. La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità
dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo
statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti
gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.
Gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società
concorrenti, né esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, né essere
amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell'assemblea. Per
l'inosservanza di tale divieto l'amministratore può essere revocato dall'ufficio e risponde dei danni.
Gli amministratori con rappresentanza devono essere indicati nello statuto. Se sono più di uno
dev’essere specificato se hanno il potere di agire congiuntamente o disgiuntamente. Il potere di
rappresentanza è generale. È in opponibile a terzi di buona fede la mancanza di potere
rappresentativo dovuta ad invalidità dell’atto di nomina. La società resta vincolata verso i terzi anche
se gli amministratori hanno violato eventuali limiti posti dallo statuto ai loro poteri di rappresentanza.
Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi
competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si provi che questi abbiano
intenzionalmente agito a danno della società. Sono opponibili ai terzi i limiti legali del potere di
rappresentanza degli amministratori.
I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell’impresa sociale. Sono
parificati agli amministratori sotto il profilo delle responsabilità penali. Le disposizioni che regolano la
responsabilità degli amministratori si applicano anche ai direttori generali nominati dall'assemblea o
per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti loro affidati, salve le azioni esercitabili in base al
rapporto di lavoro con la società.
B. IL COLLEGIO SINDACALE
Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della s.p.a. con funzioni di vigilanza
sull’amministrazione della società.
Nelle s.p.a. non quotate, il collegio sindacale si compone di 3 o 5 membri effettivi, soci o non soci.
Devono inoltre essere nominati 2 sindaci supplenti (art. 2397). Nelle s.p.a. quotate, fermo restando il
numero minimo di 3 sindaci effettivi e 2 supplenti, l’atto costitutivo può determinare liberamente il
numero dei sindaci.
I primi sindaci sono nominati nell’atto costitutivo, successivamente essi sono nominati dall’assemblea
ordinaria. Uno o più sindaci possono essere nominati, se ciò è previsto dallo statuto o ex lege, dallo
Stato o da enti pubblici. Nelle s.p.a. quotate, l'atto costitutivo contiene le clausole necessarie ad
assicurare che un membro effettivo sia eletto dalla minoranza. Se il collegio è formato da più di 3
membri, il numero dei membri effettivi eletti dalla minoranza non può essere inferiore a 2.
Nelle s.p.a. non quotate almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra gli
iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia. I restanti membri,
se non iscritti in tale registro, devono essere scelti fra gli iscritti negli albi professionali individuati con
decreto del Ministro della Giustizia, o fra i professori universitari di ruolo, in materie economiche o
giuridiche. Nelle s.p.a. quotate con regolamento del Ministro della Giustizia sono stabiliti i requisiti di
onorabilità e di professionalità dei membri del collegio.
Non possono essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadono dall'ufficio:
a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'art. 2382;
b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli
amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle
società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune
controllo;
c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la
controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un
rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri
rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza.
Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di incompatibilità e
limiti e criteri per il cumulo degli incarichi (art. 2399).
La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla
assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio (art. 2402).
I sindaci restano in carica per 3 esercizi, e scadono alla data dell'assemblea convocata per
l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica. La cessazione dei sindaci per
scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito.
I sindaci possono essere revocati solo per giusta causa. La deliberazione di revoca deve essere
approvata con decreto dal tribunale, sentito l'interessato. Nel frattempo la delibera è improduttiva di
effetti ed il sindaco sgradito resta in carica. La cancellazione o la sospensione dal registro dei revisori
contabili e il sopraggiungere di una causa d’ineleggibilità sono causa di decadenza dall'ufficio di
sindaco. In caso di morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco, subentrano i supplenti in ordine di
età. I nuovi sindaci restano in carica fino alla prossima assemblea, la quale deve provvedere alla
nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per l'integrazione del collegio.
La nomina dei sindaci, con l'indicazione per ciascuno di essi del cognome e del nome, del luogo e della
data di nascita e del domicilio, e la cessazione dall'ufficio devono essere iscritte, a cura degli
amministratori, nel registro delle imprese nel termine di 30 giorni.
Il controllo del collegio sindacale ha per oggetto l’amministrazione della società globalmente intesa e
si estende a tutta l’attività sociale al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel rispetto della legge
e dell’atto costitutivo nonché dei principi di corretta amministrazione.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è esercitato da
una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.
I sindaci hanno il potere-dovere d’intervenire alle riunioni dell’assemblea, del consiglio di
amministrazione e del comitato esecutivo nonché d’impugnare le relative delibere. Il controllo
sull’amministrazione ha carattere globale e sintetico.
Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società
controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Può altresì scambiare
informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di
amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale. Il collegio sindacale e i
soggetti incaricati del controllo contabile si scambiano tempestivamente le informazioni rilevanti per
l'espletamento dei rispettivi compiti. Nelle società quotate il collegio sindacale deve comunicare senza
indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza.
I sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di
controllo, e a chiedere agli amministratori notizie anche con riferimento a società controllate
sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Il collegio sindacale può altresì, previa
comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, convocare l'assemblea qualora
nell'espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità
di provvedere. Può promuovere il controllo giudiziario sulla gestione se ha fondato sospetto che gli
amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione.
Nelle s.p.a. non quotate il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea. Nelle s.p.a.
quotate è l’atto costitutivo a fissare i criteri di nomina. Il collegio sindacale deve riunirsi almeno ogni
90 giorni. La riunione può svolgersi, se lo statuto lo consente indicandone le modalità, anche con
mezzi di telecomunicazione. Il collegio sindacale è regolarmente costituito con la presenza della
maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Delle riunioni dev’essere
redatto processo verbale. Nell'espletamento di specifiche operazioni di ispezione e di controllo i
sindaci sotto la propria responsabilità ed a proprie spese possono avvalersi di propri dipendenti ed
ausiliari.
Ogni socio può denunziare i fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve tener conto
della denunzia nella relazione all'assemblea. Se la denunzia è fatta da tanti soci che rappresentino un
ventesimo del capitale sociale o un cinquantesimo nelle società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio, il collegio sindacale deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati e presentare le
sue conclusioni ed eventuali proposte all'assemblea; deve altresì convocare l'assemblea qualora ravvisi
fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere. Lo statuto può prevedere
per la denunzia percentuali minori di partecipazione.
I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura
dell'incarico; sono responsabili, anche penalmente, della verità delle loro attestazioni e devono
conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio. I
sindaci hanno l’obbligo di risarcire i danni qualora siano imputabili al mancato o negligente
adempimento dei loro doveri. Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o
le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità
degli obblighi della loro carica.
C. IL CONTROLLO CONTABILE
Ci sono 3 discipline parzialmente diverse:
1) Nelle s.p.a. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è
esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione, iscritti nel registro istituito
presso il Ministero della Giustizia. Lo statuto delle s.p.a. che non sono tenute alla redazione
del bilancio consolidato può prevedere che il controllo contabile sia esercitato dal collegio
sindacale. In tal caso il collegio sindacale è costituito da revisori contabili iscritti nel registro
istituito presso il Ministero della Giustizia;
2) Nelle s.p.a. che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è
esercitato solo da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili, la quale,
limitatamente a tali incarichi, è soggetta alla disciplina dell'attività di revisione prevista per le
società con azioni quotate in mercati regolamentati ed alla vigilanza della Consob;
3) Nelle s.p.a. quotate l’attività di revisione è riservata alle società di revisione iscritte in un
apposito albo speciale tenuto dalla Consob ed è integralmente assoggettato alla disciplina del
TUF.
Il soggetto al quale è demandato il controllo è nominato per la prima volta nell’atto costitutivo.
Successivamente l'incarico del controllo contabile è conferito dall'assemblea, sentito il collegio
sindacale, la quale determina il corrispettivo spettante al revisore o alla società di revisione per l'intera
durata dell'incarico. non possono essere incaricati del controllo contabile, e se incaricati decadono
dall'ufficio, i sindaci della società o delle società da questa controllate, delle società che la controllano
o di quelle sottoposte a comune controllo, nonché coloro che si trovano nelle condizioni previste
dall'art. 2399, primo comma. Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o di decadenza,
nonché cause di incompatibilità; può prevedere altresì ulteriori requisiti concernenti la specifica
qualificazione professionale del soggetto incaricato del controllo contabile.
Nelle società quotate l’assemblea conferisce, in occasione dell'approvazione del bilancio, l'incarico di
revisione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato a una società di revisione iscritta nell'albo
ma se la società non adotta la relativa delibera l’incarico spetta d’ufficio alla Consob. L’incarico non
può essere conferito a società di revisione che si trovino in una delle situazioni d'incompatibilità
stabilite con regolamento dal Ministro di Giustizia.
L’incarico di revisione contabile dura 3 anni e nelle società quotate può essere rinnovato per non più
di 2 volte. L’incarico può essere revocato solo per giusta causa, sentito il parere del collegio sindacale.
La deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal tribunale, sentito l'interessato. Lo
stesso vale per le società quotate ma non è necessaria l’approvazione del tribunale. Si provvede a
conferire l'incarico ad altra società di revisione ma l'attività di revisione contabile continua a essere
esercitata dalla società di revisione revocata fino a quando non acquista efficacia il conferimento del
nuovo incarico. Le delibere di conferimento e di revoca sono soggette ad iscrizione nel registro delle
imprese e nelle s.p.a. quotate devono essere trasmesse alla Consob.
D. I SISTEMI ALTERNATIVI
Il sistema dualistico, di ispirazione tedesca, è un modello organizzativo particolarmente adatto per
s.p.a. con azionariato diffuso e prive di uno stabile nucleo di azionisti imprenditori. Esso prevede la
presenza di 2 organi:
1. Consiglio di gestione
Svolge le funzioni proprie del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale. E' costituito da un
numero di componenti, anche non soci, non inferiore a 2. Fatta eccezione per i primi componenti, che
sono nominati nell'atto costitutivo, la nomina dei componenti il consiglio di gestione spetta al
consiglio di sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto. I
componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati consiglieri di sorveglianza, e
restano in carica per un periodo non superiore a 3 esercizi, con scadenza alla data della riunione del
consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della
loro carica. I componenti del consiglio di gestione sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello
statuto, e sono revocabili dal consiglio di sorveglianza in qualunque tempo, anche se nominati
nell'atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni se la revoca avviene senza giusta causa.
Se nel corso dell'esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di gestione, il
consiglio di sorveglianza provvede senza indugio alla loro sostituzione. L'azione di responsabilità
contro i consiglieri di gestione è promossa dalla società o dai soci, ma può anche essere proposta a
seguito di deliberazione del consiglio di sorveglianza. La deliberazione è assunta dalla maggioranza
dei componenti del consiglio di sorveglianza e, se è presa a maggioranza dei due terzi dei suoi
componenti, importa la revoca dall'ufficio dei consiglieri di gestione contro cui è proposta, alla cui
sostituzione provvede contestualmente lo stesso consiglio di sorveglianza. L'azione può essere
esercitata dal consiglio di sorveglianza entro 5 anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica.
Il consiglio di sorveglianza può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigerla,
purché la rinunzia e la
transazione siano approvate dalla maggioranza assoluta dei componenti del consiglio di sorveglianza e
purché non si opponga la percentuale di soci prevista dalla corrispondente disciplina dettata per la
rinuncia o transazione da parte dell’assemblea. La rinuncia all'azione da parte della società o del
consiglio di sorveglianza non impedisce l'esercizio delle azioni;
2. Consiglio di sorveglianza
Ha le funzioni di controllo proprie del collegio sindacale e le funzioni d’indirizzo della gestione che nel
sistema tradizionale ha l’assemblea dei soci. Salvo che lo statuto non preveda un maggior numero, il
consiglio di sorveglianza si compone di un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a 3.
Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati nell'atto costitutivo, la nomina dei
componenti il consiglio di sorveglianza spetta all'assemblea, previa determinazione del loro numero
nei limiti stabiliti dallo statuto. I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica per 3
esercizi e scadono alla data della successiva assemblea. La cessazione per scadenza del termine ha
effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è stato ricostituito. Almeno un componente
effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili
istituito presso il Ministero della giustizia. I componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili,
salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo con
deliberazione adottata da almeno un quinto del capitale sociale, anche se nominati nell'atto
costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. Lo
statuto, fatto salvo quanto previsto da leggi speciali in relazione all'esercizio di particolari attività, può
subordinare l'assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità
e indipendenza. Il consiglio di sorveglianza:
a) nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione;
b) ne determina il compenso, salvo che la relativa competenza sia attribuita dallo statuto
all'assemblea;
c) approva il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato;
d) esercita le funzioni di cui all'art. 2403, primo comma;
e) promuove l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio
di gestione;
f) presenta la denunzia al tribunale di cui all'art. 2409;
g) riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza
svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati.
Lo statuto può prevedere che in caso di mancata approvazione del bilancio o qualora lo richieda
almeno un terzo dei componenti del consiglio di gestione o del consiglio di sorveglianza la competenza
per l'approvazione del bilancio di esercizio sia attribuita all'assemblea.
Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea. I componenti del consiglio di
sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico. Sono
responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o le omissioni di questi
quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro
carica.
E. I CONTROLLI ESTERNI
Il controllo giudiziario sulla gestione delle s.p.a. (art. 2409) è una forma d’intervento dell’autorità
giudiziaria nella vita della società volta a ripristinare la legalità dell’amministrazione delle stesse.
Se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi
irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate, i
soci che rappresentano il decimo del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio, il ventesimo del capitale sociale (lo statuto può prevedere percentuali minori di
partecipazione), il collegio sindacale o l’organo di controllo nei sistemi alternativi e, nelle società che
fanno appello al capitale di rischio, il pubblico ministero, possono denunziare i fatti al tribunale con
ricorso notificato anche alla società. Il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i
sindaci, può ordinare l'ispezione dell'amministrazione della società a spese dei soci richiedenti (le
spese per l'ispezione sono a carico della società nel caso in cui la richiesta è del collegio sindacale, del
consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione e del pubblico ministero),
subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione. Il provvedimento è reclamabile. Il
tribunale non ordina l'ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se
l'assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità, che si
attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per eliminarle,
riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute. Se le violazioni denunziate sussistono
ovvero se gli accertamenti e le attività compiute risultano insufficienti alla loro eliminazione, il
tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l'assemblea per le
conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i
sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata.
L'amministratore giudiziario può proporre l'azione di responsabilità contro gli amministratori e i
sindaci. Prima della scadenza del suo incarico l'amministratore giudiziario rende conto al tribunale
che lo ha nominato; convoca e presiede l'assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci
o per proporre, se del caso, la messa in liquidazione della società o la sua ammissione ad una
procedura concorsuale.
La Consob è un organo pubblico di vigilanza sul mercato dei capitali. È una persona giuridica di diritto
pubblico. Ha il controllo del mercato mobiliare e dei soggetti che in esso operano. Assicura
un’adeguata e veritiera informazione (continua, su richiesta e periodica) del mercato mobiliare sugli
eventi di rilievo che riguardano la vita delle società che fanno appello al pubblico risparmio.
- Modifiche dello Statuto -
1) Modifiche dello Statuto: ovvero ogni mutamento del contenuto del contratto sociale
(inserimento di nuove clausole/soppressione di quelle già esistenti).
• Il notaio (che ha verbalizzato la modifica) entro 30gg provvede al deposito/iscrizione nel Registro delle Imprese.
• E’ prevista un eventuale omologazione del tribunale qualora la modifica non superi il vaglio di legittimità del notaio (in tal
modo entro 30gg gli amm convocano l’assemblea per gli opportuni provvedimenti), dopo il tribunale controlla le condizioni e
ordina con decreto l’iscrizione nel Registro delle Imprese.
• Diritto di recesso (con lettera raccomandata spedita 15gg prima dell’iscrizione) è concesso ai soci (assenti/dissenzienti/astenuti)
nei casi:
- cambiamento dell’oggetto sociale.
- trasformazione/trasferimento della società.
2) Competente è l’Assemblea straord (ma lo statuto da la possibilità agli amm di aumentare più volte il cap sociale per max 5 anni
dall’iscrizione della società nel Registro delle Imprese).
3) Il verbale della delibera deve essere redatto dal notaio + iscrizione nel Registro delle Imprese.
A) Aumento reale del Capitale sociale (a pagamento): con un aumento del patrimonio a seguito di nuovi
conferimenti.
• Entro 1 mese dalla comunicazione, i sottoscrittori delle nuove azioni devono versare il 25% del valore nominale di esse.
• Devono essere date in opzione prima soci attuali.
• Si ha un aumento del cap sociale nominale + patr della società.
*Le proposte di aumento del cap sociale devono essere illustrate dagli amm con una relazione + comunicazione al Collegio
sindacale/revisore contabile che effettua il controllo + deposito in sede 15gg prima dell’assemblea e visionabile dai soci.
B) Aumento nominale del Capitale sociale (o gratuito): aumenta solo il capitale sociale (utilizzando le
riserve/fondi disponibili) mentre il patrimonio della società resta invariato.
• E’ posto in essere dall’Assemblea straord (in proporzione alle partecipazioni possedute), attraverso:
- emissione di nuove azioni con le stesse caratteristiche di quelle in circolazione.
- aumento del valore nominale delle azioni in circolazione.
*Come forma di pubblicità/tutela verso i terzi (entro 30gg dalla sottoscrizione di nuove azioni) gli amm devono depositare un’attestazione
dell’avvenuto aumento presso il Registro delle imprese.
*Si richiede la pubblicità dell’operazione per consentire ai creditori sociali di proporre opposizione in tribunale (qualora il capitale
ridotto non è più sufficiente a soddisfare le loro esigenze).
B) Riduzione nominale del Capitale sociale (per perdite): consiste nell’adeguare la cifra del capitale sociale al
valore della perdita subita (purché non inferiore al minimo legale).
• Perdite non al di sotto del minimo legale (1/3): Gli amm convocano l’Assemblea straord per sottoporle la situazione
patrimoniale e deliberare sulla riduzione del cap sociale (in mancanza la riduzione è disposta con decreto del tribunale su richiesta
di amm/sindaci).
• Perdite al di sotto del minimo legale (1/3): Gli amm convocano d’urgenza l’Assemblea straord per ricostituire il minimo
legale/trasformazione della società (altrimenti vi sarà lo scioglimento/liquidazione della società).
- Le Obbligazioni -
• Attribuisce il diritto ad una “remunerazione periodica fissa” (indipendente dalle vicende eco della società) + diritto al
rimborso alla scadenza del valore del cap prestato.
• La società può emettere obbligazioni per somme non eccedenti il doppio del cap sociale/ris legale/ris disponibile,
risultanti dall’ultimo bilancio (tranne per quelli garantiti da ipoteca su immobili di proprietà della società max 2/3).
• Devono indicare denominazione-sede della società/ cap sociale/ data di emissione/ ammontare tot.
2) Tipi di obbligazioni:
• Obbligazioni ordinarie: danno diritto alla restituzione del capitale+interessi indip dalle vicende eco della società.
• Obbligazioni subordinate: il diritto degli obbligazionisti alla restituzione del capitale+interessi è subordinato alla
soddisfazione dei diritti di altri creditori (non azionisti) della società.
• Obbligazioni variabili: il diritto al pagamento degli interessi (non rimborso del capitale) è subordinato alle vicende eco
della società.
• Obbligazioni convertibili in azioni della società (proc diretto): attribuiscono il diritto potestativo di sottoscrivere azioni
della società utilizzando come conferimento le somme già versate al momento dell’acquisto delle obbligazioni
(l’obbligazionista diventa azionista).
- dopo la società deve deliberare sull’amento di capitale pari al valore delle azioni emesse.
- devono essere offerte in opzione agli azionisti/possessori di obbligazioni convertibili.
- non possono essere emesse per somme inferiori al loro valore nominale + il cap sociale sottoscritto deve essere interamente versato.
- competente per la loro emissione è Assemblea Straord/Amm (per max 5 anni dall’iscrizione della società).
- obbligazioni con warrant: attribuiscono all’obbligazionista il diritto di sottoscrivere/acquistare azioni della propria società,
fermo restando creditore per le obbligazioni possedute.
Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano frazioni di uguale valore nominativo e con
uguali diritti di un’unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo. Danno diritto ad una
remunerazione periodica fissa e al rimborso del valore nominale del capitale prestato alla scadenza
pattuita. Danno diritto al rimborso del loro apporto (che può essere uguale, inferiore o superiore al
valore nominale del conferimento eseguito)solo in sede di liquidazione della società e sempre che
residui un attivo netto dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori. Ci sono alcuni tipi speciali di
obbligazioni:
a) obbligazioni partecipanti (la remunerazione periodica è commisurata agli utili di bilancio
dell’emittente)
b) obbligazioni indicizzate o strutturate (neutralizzano gli effetti della svalutazione monetaria e
adeguano il rendimento dei titoli all’andamento del mercato finanziario)
c) obbligazioni convertibili in azioni (danno all’obbligazionista la facoltà di convertirle in una
partecipazione dell’emittente o di una sua collegata)
d) obbligazioni con warrant (danno il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni dell’emittente)
e) obbligazioni subordinate (il diritto degli obbligazionisti al pagamento degli interessi ed al
rimborso del capitale è subordinato all’integrale soddisfacimento degli altri creditori)
La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non
eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti
dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto del suddetto limite. Questo può essere
superato:
- se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori
professionali soggetti a vigilanza prudenziale che rispondono della solvenza della società nei
confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali se trasferiscono le
obbligazioni sottoscritte;
- se l'emissione di obbligazioni è garantita da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà
della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi.
- quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale con provvedimento
dell'autorità governativa (art. 2412).
Il rapporto fra capitale più riserve ed obbligazioni deve permanere per tutta la durata del prestito
obbligazionario. la società che ha emesso obbligazioni non può ridurre volontariamente il capitale
sociale o distribuire riserve se rispetto all'ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione il limite
non risulta più rispettato (art. 2413). È consentita la riduzione per perdite obbligatoria.
Le obbligazioni convertibili in azioni attribuiscono il diritto di sottoscrivere azioni della stessa società
in base ad un prefissato rapporto di cambio utilizzando come conferimento le somme già versate al
momento dell’acquisto delle obbligazioni. Devono essere offerte in opzione agli azionisti ed ai
possessori di obbligazioni convertibili precedentemente emesse. La delibera di emissione non può
essere adottata se il capitale sociale precedentemente sottoscritto non è stato integralmente versato.
Le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per somma complessivamente inferiore al loro
valore nominale né per ammontare superiore al limite dell’art. 2412. L’assemblea straordinaria
delibera l’emissione di tali obbligazioni. Lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di
emettere in una o più volte obbligazioni convertibili, fino ad un ammontare determinato e per il
periodo massimo di 5 anni dalla data di iscrizione della società nel registro delle imprese. In tal caso la
delega comprende anche quella relativa al corrispondente aumento del capitale sociale (art. 2420-ter).
L’assemblea straordinaria contestualmente alla delibera di emissione determina il rapporto di cambio
e il periodo e le modalità della conversione. Intanto la società deve deliberare l'aumento del capitale
sociale per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione. L’aumento del
capitale sarà sottoscritto via via che gli obbligazionisti eserciteranno il diritto di conversione. Nei casi
di aumento del capitale a pagamento e di emissione di azioni convertibili, il diritto di opzione spetta ai
possessori di obbligazioni convertibili. Nei casi di aumento del capitale mediante imputazione di
riserve e di riduzione del capitale per perdite, il rapporto di cambio è modificato in proporzione alla
misura dell'aumento o della riduzione. Fino a quando non siano scaduti i termini fissati per la
conversione, la società non può deliberare né la riduzione volontaria del capitale sociale, né la
modificazione delle disposizioni dello statuto concernenti la ripartizione degli utili. Può essere
superato dalla società concedendo agli azionisti la facoltà di conversione anticipata.
Gli interessi del gruppo degli obbligazionisti sono tutelati da 2 organi:
L’assemblea degli obbligazionisti
L'assemblea degli obbligazionisti delibera:
1) sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;
2) sulle modificazioni delle condizioni del prestito;
3) sulla proposta di amministrazione controllata e di concordato;
4) sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e sul
rendiconto relativo;
5) sugli altri oggetti d'interesse comune degli obbligazionisti.
L'assemblea è convocata dagli amministratori o dal rappresentante degli obbligazionisti, quando lo
ritengono necessario, o quando ne è fatta richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentino il
ventesimo dei titoli emessi e non estinti. Si applicano all'assemblea degli obbligazionisti le disposizioni
relative all'assemblea straordinaria dei soci e le sue deliberazioni sono iscritte, a cura del notaio che ha
redatto il verbale, nel registro delle imprese. Per la validità delle deliberazioni sulle modificazioni delle
condizioni del prestito è necessario anche in seconda convocazione il voto favorevole degli
obbligazionisti che rappresentino la metà delle obbligazioni emesse e non estinte. All'assemblea degli
obbligazionisti possono assistere gli amministratori ed i sindaci (art. 2415). La disciplina dettata per le
delibere assembleari nulle e annullabili si applica alle delibere dell’assemblea degli obbligazionisti.
Il rappresentante comune
Il rappresentante comune può essere nominato dall'assemblea, se no è nominato con decreto dal
tribunale su domanda di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società. La nomina è
soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese. Il rappresentante comune dura in carica per un
periodo non superiore ad un triennio e può essere rieletto. Può essere revocato anche senza giusta
causa (art. 2417). Il rappresentante comune deve provvedere all'esecuzione delle deliberazioni
dell'assemblea degli obbligazionisti, tutelare gli interessi comuni di questi nei rapporti con la società e
assistere alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni. Egli ha diritto di assistere all'assemblea dei
soci. Per la tutela degli interessi comuni ha la rappresentanza processuale degli obbligazionisti anche
nelle procedure concorsuali (art. 2418). Le disposizioni precedenti non precludono le azioni
individuali degli obbligazionisti, salvo che queste siano incompatibili con le deliberazioni
dell'assemblea previste dall'art. 2415.
- Il Bilancio -
1) Libri sociali.
1) Le società di capitali devono tenere i libri + scritture contabili, cioè:
• Libro dei soci: indica il n. azioni/cognome-nome del titolare/trasferimenti.
• Libro delle obbligazioni: indica l’ammontare delle obbligazioni emess/cognome-nome del titolare/trasferimenti..
• Libro delle adunanze e deliberazioni delle assemblee: vengono iscritti i verbali redatti per atto pubblico.
(consiglio di amm/ collegio sindacale/ comitato esecutivo/ assemblee degli obbligazionisti.).
2) Essi hanno efficacia probatoria, quindi devono essere regolarmente tenuti + numerati progress + bollati in ogni foglio +
sono esaminati solo da determinati soci.
2) Il Bilancio di Esercizio.
1)Bilancio di esercizio: è il documento contabile da redigersi al termine di ogni esercizio sociale (1 anno), che
rappresenta (in modo veritiero e corretto) la situazione patrimoniale/finanziaria + il risultato economico della
società.
*Ne sono i principi Chiarezza-Verità-Correttezza.
c) ATTIVO:
- crediti vs soci.
- immobilizzazioni.
- ratei/risconti attivi.
d) PASSIVO:
- debiti.
- patrimonio netto.
- Tfr.
- ratei/risconti passivi.
• Conto Economico: contiene una rappresentazione dinamica di tutte le variazioni intervenute nel patrimonio durante
l’anno (utili e perdite).
a) Le voci sono segnate da somme algebriche (+/-).
c) Il risultato globale verrà indicato prima al Lordo, poi al Netto delle imposte sul reddito (al fine di determinare l’utile o perdita
d’esercizio).
• Nota integrativa: è parte integrante del bilancio, attraverso di cui il lettore riceve info/spiegazioni sui valori dello
Stato patrimoniale e Conto Economico.
3) Procedimento.
a) Il bilancio deve essere redatto dagli Amministratori (assieme ad una relazione sulla gestione) almeno 1
volta l’anno + sottoporlo all’organo competente per l’approvazione entro 120gg dalla chiusura dell’esercizio
sociale.
*In caso di mancato deposito del bilancio per 3 esercizi consecutivi, la società è cancellata d’ufficio con consecutiva estinzione.
b) Il bilancio è approvato dall’Assemblea ordinaria (o nel sistema dualistico dal Consiglio di sorveglianza).
c) Almeno 30gg prima dell’approvazione dell’assemblea, gli amm. devono comunicare il bilancio + relazione del
Collegio Sindacale (il quale poi lo riferirà all’assemblea) + deposito in copia presso l’ufficio del Registro dlle
Imprese.
e) Il mancato rispetto delle regole comporta la Nullità della delibera di approvazione (e non l’annullabilità) +
può essere proposto prima dell’approvazione del bilancio solo da soci che rappresentano almeno il 5% del
cap sociale.
La nota integrativa, il cui contenuto è fissato dall’art. 2427, illustra e specifica le voci dello stato
patrimoniale e del conto economico fornendo informazioni integrative.
La relazione sulla gestione (art. 2428) assolve ad una funzione di resoconto sulla gestione della
società e sulle sue prospettive. Dalla relazione devono in ogni caso risultare:
1) le attività di ricerca e di sviluppo;
2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di
queste ultime;
3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta
persona, con l'indicazione della parte di capitale corrispondente;
4) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell'esercizio, anche per tramite di
società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione della corrispondente parte di
capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;
5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio;
6) l'evoluzione prevedibile della gestione.
Per il legislatore i principi generali da rispettare nella valutazione delle voci sono: la prudenza
(comporta che il criterio base accolto è quello del costo storico) e la continuità nei criteri di
valutazione. Inoltre nell’art. 2426 sono determinati i criteri a cui bisogna attenersi nella valutazione di
alcuni cespiti:
1) le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione (costo storico). Nel costo
di acquisto si computano anche i costi accessori;
2) il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel
tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro
residua possibilità di utilizzazione;
3) l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore
inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minore
valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi
della rettifica effettuata;
4) le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono
essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, per un importo pari alla
corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio delle imprese
medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del
bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli art.
2423 e 2423-bis. Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del
patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto
risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o collegata può essere iscritto
nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la
parte attribuibile a beni ammortizzabili o all'avviamento, deve essere ammortizzata. Negli
esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall'applicazione del metodo del patrimonio netto,
rispetto al valore indicato nel bilancio dell'esercizio precedente sono iscritte in una riserva
non distribuibile;
5) i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità
pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio
sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a 5 anni;
6) l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio
sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve essere
ammortizzato entro un periodo di 5 anni;
7) il disaggio su prestiti deve essere iscritto nell'attivo e ammortizzato in ogni esercizio per il
periodo di durata del prestito;
8) i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione (o prudente
realizzo);
8-bis) le attività e le passività in valuta, ad eccezione delle immobilizzazioni, devono essere iscritte
al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio ed i relativi utili e perdite su
cambi devono essere imputati al conto economico e l'eventuale utile netto deve essere
accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le immobilizzazioni in valuta
devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto o a quello inferiore alla
data di chiusura dell'esercizio se la riduzione debba giudicarsi durevole;
9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti
al costo di acquisto o di produzione, ovvero al valore di realizzazione desumibile
dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere
computati nel costo di produzione;
10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli:
"primo entrato, primo uscito" o: "ultimo entrato, primo uscito"; se il valore così ottenuto
differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio, la differenza
deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa;
11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali
maturati con ragionevole certezza;
12) le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo, possono
essere iscritte nell'attivo ad un valore costante qualora siano costantemente rinnovate, e
complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di bilancio, sempreché non si
abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione.
Nel sistema tradizionale il bilancio è redatto con la cooperazione dei 3 organi sociali, nel sistema
dualistico è predisposto dal consiglio di gestione e approvato da quello di sorveglianza.
Nelle società con sistema tradizionale, l'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta
l'anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura
dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a 180
giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato e quando lo richiedono
particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società. Gli amministratori redigono il
progetto di bilancio che, almeno 30 giorni prima della discussione dell’assemblea, dev’essere
comunicato al collegio sindacale con la relazione degli amministratori. Tale organo deve riferire
all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e sull’attività svolta nell’adempimento dei propri
doveri, e fare le osservazioni e le proposte in ordine al bilancio e alla sua approvazione. Analoga
relazione è predisposta dal soggetto incaricato del controllo contabile. Il progetto del bilancio e i
relativi allegati devono restare depositati in copia nella sede della società durante i 15 giorni che
precedono l’assemblea e finché sia approvato. L’assemblea può approvare o respingere il progetto di
bilancio. Può anche modificarlo direttamente. L'approvazione del bilancio non implica liberazione
degli amministratori, dei direttori generali e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione
sociale. Entro 30 giorni dall'approvazione una copia del bilancio, corredata dalle relazioni e dal
verbale di approvazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza, deve essere, a cura degli
amministratori, depositata presso l'ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo ufficio a
mezzo di lettera raccomandata. Le azioni previste di annullabilità e/o di nullità non possono essere
proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta
l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo. La legittimazione ad impugnare la deliberazione
di approvazione del bilancio su cui il revisore non ha formulato rilievi spetta a tanti soci che
rappresentino almeno il 5% del capitale sociale. Il bilancio dell'esercizio nel corso del quale viene
dichiarata l'invalidità tiene conto delle ragioni di questa.
La deliberazione sulla distribuzione degli utili è adottata dall'assemblea che approva il bilancio ovvero,
qualora il bilancio sia approvato dal consiglio di sorveglianza, dall'assemblea convocata dal consiglio
di sorveglianza. Non tutti gli utili sono distribuibili fra i soci. Se si verifica una perdita del capitale
sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in
misura corrispondente. Dagli utili netti annuali deve essere dedotta una somma corrispondente
almeno al 5% di essi per costituire una riserva, fino a che questa non abbia raggiunto il 20% del
capitale sociale. La riserva deve essere reintegrata se viene diminuita per qualsiasi ragione. Questa è la
riserva legale e costituisce una forma di autofinanziamento obbligatorio della società. La riserva
statutaria è imposta dallo statuto che stabilisce anche la quota parte di utili di esercizio da destinare
alla stessa e non distribuibili tra i soci. Sono riserve facoltative quelle discrezionalmente disposte
dall’assemblea ordinaria che approva il bilancio. Vincoli di destinazione degli utili possono derivare
dalle norme statutarie che prevedono una partecipazione agli utili a favore dei promotori, dei soci
fondatori e degli amministratori. Quindi gli utili di cui l’assemblea può disporre a favore dei soci sono
costituiti dagli utili distribuibili di esercizio e dagli utili accertati e non distribuiti negli esercizi
precedenti. L’approvazione del bilancio non determina l’insorgere di un diritto individuale degli
azionisti all’immediata assegnazione della propria parte degli utili, è necessaria un’ulteriore e distinta
deliberazione dell’assemblea. Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili
realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato. Gli azionisti non sono obbligati
a restituire i dividendi riscossi per utili non realmente esistenti quando erano in buona fede al
momento della riscossione, i dividendi sono stati distribuiti in base ad un bilancio regolarmente
approvato e dal bilancio risultano utili netti corrispondenti. La distribuzione di acconti sui dividendi è
consentita solo alle società il cui bilancio è assoggettato per legge al controllo da parte di società di
revisione iscritte all'albo speciale. La distribuzione di acconti sui dividendi deve essere prevista dallo
statuto ed è deliberata dagli amministratori dopo il rilascio da parte della società di revisione di un
giudizio positivo sul bilancio dell'esercizio precedente e la sua approvazione. Gli amministratori
deliberano la distribuzione di acconti sui dividendi sulla base di un prospetto contabile e di una
relazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società
consente la distribuzione stessa. Su tali documenti deve essere acquisito il parere del soggetto
incaricato del controllo contabile.
Le s.p.a. si sciolgono:
1. per il decorso del termine (ma questo può essere prorogato prima della scadenza con delibera
dell’assemblea straordinaria. Per le s.p.a. che non fanno appello al capitale di rischio è
richiesta la maggioranza di più di un terzo del capitale sociale anche in seconda convocazione.
In tutte le s.p.a. è riconosciuto il diritto di recesso agli azionisti che non hanno concorso
all’approvazione della delibera);
2. per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo,
salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche
statutarie;
3. per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell'assemblea;
4. per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale;
5. per deliberazione dell’assemblea straordinaria di scioglimento in seguito al recesso di uno o
più soci o all’impossibilità di provvedere al rimborso delle relative azioni senza ridurre il
capitale sociale o all’opposizione dei creditori alla riduzione;
6. per deliberazione dell'assemblea di scioglimento anticipato(per le s.p.a. che non fanno
appello al capitale di rischio è richiesta la maggioranza di più di un terzo del capitale sociale
anche in seconda convocazione);
7. per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto.
La società inoltre si scioglie per le altre cause previste dalla legge (art. 2484).
Gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e
procedere al suo accertamento e all’iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione o della
deliberazione assembleare. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente
responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi. Quando gli
amministratori omettono gli adempimenti previsti, il tribunale, su istanza di singoli soci o
amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con decreto che
deve essere iscritto nel registro delle imprese (art. 2485). Alla denominazione sociale deve essere
aggiunta l'indicazione trattarsi di società in liquidazione. Gli effetti dello scioglimento si determinano
alla data dell'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese della dichiarazione con cui gli
amministratori ne accertano la causa o alla data dell'iscrizione della relativa deliberazione
assembleare nei casi 5. e 6.
Gli amministratori restano in carica fino alla nomina dei liquidatori ma devono convocare l’assemblea
per le deliberazioni relative alla liquidazione. Essi conservano il potere di gestire la società, ai soli fini
della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale. Gli amministratori sono
personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed
ai terzi, per atti od omissioni compiuti in violazione delle precedenti disposizioni (art. 2486). Le
disposizioni sulle decisioni dei soci, sulle assemblee e sugli organi amministrativi e di controllo si
applicano, in quanto compatibili, anche durante la liquidazione (art. 2488). Il collegio sindacale
continuerà a svolgere la consueta attività di controllo. La società può in ogni momento revocare lo
stato di liquidazione, occorrendo previa eliminazione della causa di scioglimento, con deliberazione
dell'assemblea presa con le maggioranze richieste per le modificazioni dell'atto costitutivo o dello
statuto. La revoca ha effetto solo dopo 60 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della relativa
deliberazione, salvo che consti il consenso dei creditori della società o il pagamento dei creditori che
non hanno dato il consenso.
• Accomandanti: sono resp nei limiti della quota di capitale sottoscritta, ma (se nominati Amm) assumono la
qualità di soci accomandatari con la conseguente resp illimitata.
2) Sono applicabili le stesse norme della Spa + le quote dei soci sono rappresentate da azioni.
6) La società si scioglie in caso di cessazione dalla carica di tutti gli Amm (se nel termine di 180gg non si è provveduto alla
loro sostituzione), intanto verrà nominato un Amm provvisorio per gli atti di ordinaria amministrazione (egli però non assume
la carica di socio accomandatario).
- S.r.l -
1) In Generale.
1) Srl: è una società di capitali dotata (alla pari della Spa) di personalità giuridica e autonomia
patr perfetta (cioè per le obbligazioni sociali, risponde solo la società con il suo patrimonio).
3) Le quote di partecipazione dei soci non sono rappresentate da azioni ma da quote (trasferibili/divisibili).
4) La società si può costituire con contratto/atto unilaterale (Srl unipersonale, in tal caso l’unico socio è illimitatamente resp + deve
versare da solo l’intero ammontare), con la forma dell’atto pubblico.
2) L’Atto costitutivo.
• Dati anagrafici di ogni socio.
• Denominazione/sede + indicazione di Srl.
• Cap sociale non inferiore a 10,000 euro.
• Conferimenti di ogni socio.
• Norme sul funzionamento della società.
3) Conferimenti.
a) L’ammontare dei conferimenti non può essere inferiore al globale del cap sociale.
b) All’atto della sottoscrizione, bisogna versare almeno il 25% dei conferimeni in denaro presso una banca.
c) Nel caso in cui venga meno la pluralità dei soci, entro 90gg bisogna versare il dovuto.
d) I conferimenti possono essere:
- in denaro.
- obbligazioni alternative (polizza assicurativa/fideiussione bancaria).
- qualsiasi elemento suscettibile di valutazione eco(natura/crediti/opera/servizi).
4) Capitale e quote.
1) Il capitale della Srl è diviso in quote in base al numero dei soci.
2) Il socio è titolare di 1 sola quota non inferiore ad 1 euro (nella Spa invece il socio ha più partecipazioni).
4) Le quote sono liberamente trasferibili per Atto tra vivi (cn scrittura privata autenticata da notaio + deposito entro 30g nel
Registro) o per Mortis causa.
5) In caso di divieto del trasferimento delle partecipazioni, il socio ha diritto di recesso (non prima dei 2 anni dalla
costituzione della società) + in caso di divieto in Mortis causa gli eredi avranno dititto al rimborso della quota in
proporzione del patr sociale risultante dall’ultimo bilancio.
8) Il socio:
a) I diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione posseduta da ciascuno (diritto di
intervento/voto/utili/opzione).
b) Il socio può recedere per:
• cambiamento dell’oggetto sociale.
• fusione/scissione/trasferimento della società.
c) La qualità di socio cessa per:
• recesso.
• fallimento.
• esclusione.
• vendita della quota (in tal caso l’alienante è obbligato in solido con l’acquirente per i versamenti ancora dovuti (max 3 anni
dall’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci)
5) Amministratori.
1) L’amministrazione della Srl è affidata ad 1/più soci (Consiglio di Amministrazione) a tempo ind.
• Amm disgiuntiva (ciascun Amm esercita tale potere individualmente).
• Amm congiuntiva (si vota all’unanimità, quindi per le operazioni sociali è necessario il consenso di tutti i soci).
3) Sono di competenza dell’organo amm (redazione del bilancio/progetti di fusione-scissione/aumento di cap), ed hanno per
la legge la rappresenta della società.
4) Sono solid/illim resp vs la società (con i soci) dei danni causati dall’inosservanza dei loro doveri.
5) I soci che non partecipano all’amministrazione hanno diritto di riceve dagli Amm notizie sullo svolgimento degli affari +
consultazione dei libri sociali.
6) Collegio Sindacale.
1) Se non previsto dall’Atto Cost, è obbligatorio solo se il cap sociale non è inferiore a 120,000 euro (in tal caso si applicano
le norme della Spa).
5) Nelle società in cui manca il Collegio sindacale, alcuni poteri di controllo dei sindaci sono attribuiti ai soci non
amministratori:
- Modifiche dell’Atto cost.
- Approvazione del bilancio + distribuzione degli utili.
- Nomina degli Amm/sindaci.
6) Ogni socio partecipa alle decisioni con il suo voto (in proporzione alla sua partecipazione) + Quorum deliberativo (voto dei soci
che rappresentano almeno la metà del cap sociale).
7) L’Assemblea.
1) L’assemblea è convocata dagli Amministratori con lettera raccomandata 8gg prima (non è necessario la pubblicazione sulla
G.Uff.), presso la sede sociale.
3) Quorum costitutivo (tanti soci che rappresentano almeno la metà del cap sociale) + Quorum deliberativo (magg assoluta).
4) E’ presieduta dal presidente che verifica/controlla lo svolgimento + dell’esito deve essere redatto il verbale.
5) Le delibere:
a) contrarie alla legge/statuto: possono essere impugnate entro 90gg (dalla trascr nel libro dei soci) da parte dei
Amm/sindaci.
b) per oggetto illecito/impossibile: entro 3 anni dalla trascrizione (senza limiti quelle modificano l’oggetto).
c) di aumento/diminuzione del cap sociale: non può essere attuata finché i conferimenti dovuti non siano interamente
versati.
*si applicano le stesse norme della Spa.
6) Le modifiche dello Statuto riguarda l’Assemblea dei soci che delibera con voto favorevole dei soci che rappresentano
almeno la metà del cap sociale + verbale redatto del notaio + iscrizione nel Registro delle Imprese.
8) Srl Unipersonale.
Per le obbligazioni sociali (sorte nel periodo in cui l’intera partecipazione è appartenuta all’unico socio), egli è illimitatamente resp
+ deve versare l’intero ammontare.
La società semplice (art. 2251-2290 c.c.) è un tipo di società che può esercitare solo attività non
commerciale ed è il regime residuale dell’attività societaria non commerciale. È il prototipo normativo
delle società di persone in quanto la sua disciplina è in linea di principio applicabile anche alla s.n.c. e
alla s.a.s. per i rinvii operati dal legislatore.
La s.n.c. (art. 2291-2312 c.c.) è un tipo di società che può essere utilizzato sia per l’esercizio di attività
commerciale, sia per l’esercizio di attività non commerciale ed è il regime residuale dell’attività
societaria commerciale. Tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni
sociali e il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi (art. 2291 c.c.).
Si parla di società di fatto quando il contratto di società si perfeziona per fatti concludenti. Essa è
regolata dalla disciplina della società semplice, se l’attività non è commerciale, o da quella della s.n.c.
irregolare, se l’attività è commerciale. Nel secondo caso è anche esposta al fallimento che determina
automaticamente il fallimento di tutti i soci, anche di quelli occulti.
La società occulta è la società costituita con l’espressa e concorde volontà dei soci di non rivelarne
l’esistenza all’esterno. Può essere una società di fatto o può risultare da atto scritto tenuto segreto dai
soci. Per comune accordo l’attività d’impresa dev’essere svolta per conto della società ma senza
spenderne il nome. Non vi è l’esteriorizzazione della società. Nei rapporti esterni l’impresa si presenta
come impresa individuale di uno dei soci o anche di un terzo. Lo scopo è quello di limitare la
responsabilità nei confronti dei terzi al patrimonio del solo gestore. Ma, se si acquisisce la prova
dell’esistenza tramite alcuni indici probatori, la società occulta può anche fallire e si applica il 2°
comma dell’art. 147 l.f..
Una società, ancorché non esistente nei rapporti tra i presunti soci, deve considerarsi esistente
all’esterno quando 2 o più persone operano in modo da ingenerare nei terzi l’opinione che essi
agiscono come soci e da determinare in essi l’incolpevole affidamento circa l’esistenza effettiva della
società. Questa è la società apparente. Ciò non permette ai soci appartenenti di eccepire l’inesistenza
della società e la società apparente è assoggettata al fallimento.
La partecipazione ad una società di persone richiede la capacità di agire. Per quanto riguarda la
partecipazione degli incapaci:
- il minore, l’interdetto e l’inabilitato possono solo conservare la partecipazione proveniente per
donazione o per successione mentre gli interdetti e gli inabili possono continuare la
partecipazione con autorizzazione del tribunale;
- il minore emancipato può partecipare alla costituzione o aderirvi successivamente, con
autorizzazione del tribunale.
Non esiste alcuna norma che vieta la partecipazione delle società di capitali in società di persone. Ma
la partecipazione di queste deve ritenersi inammissibile e nulla quando essa partecipa ad una s.n.c. o
come accomandatario di una s.a.s..
Il contratto di costituzione di una società di persone è invalido per le stesse cause previste dalla
disciplina generale dei contratti:
- nullità (quando il contratto è contrario a norme imperative, quando l’oggetto è impossibile o
illecito, quando il motivo comune determinante è illecito);
- annullabilità (in caso d’incapacità delle parti o di consenso viziato per errore, violenza o
dolo).
L’invalidità della singola partecipazione determinerà invalidità dell’intero contratto solo quando la
partecipazione viziata è essenziale per il conseguimento dell’oggetto sociale.
La dichiarazione di nullità o l’annullamento dell’intero contratto se l’attività non è ancora iniziata
produrrà l’effetto ex nunc di liberare le parti dall’obbligo di eseguire i conferimenti promessi ed il
diritto di restituzione di quelli eseguiti.
La sentenza di nullità intervenuta dopo l’inizio dell’attività opererà come semplice causa di
scioglimento della società. L’art. 2332 c.c. è applicabile anche alle società di persone: “Avvenuta
l'iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei
seguenti casi:
1) mancanza dell'atto costitutivo;
2) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma di atto pubblico;
3) (Numero soppresso dall'art. 32, comma 3, della L. 24.11.2000, n. 340, in G.U. 275/2000).
4) illiceità o contrarietà all'ordine pubblico dell'oggetto sociale;
5) mancanza nell'atto costitutivo o nello statuto di ogni indicazione riguardante la
denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sottoscritto o
l'oggetto sociale;
6) inosservanza della disposizione di cui all'art. 2329, n. 2;
7) incapacità di tutti i soci fondatori;
8) mancanza della pluralità dei fondatori.
La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo
l'iscrizione nel registro delle imprese.
I soci non sono liberati dall'obbligo dei conferimenti fino a quando non sono soddisfatti i creditori
sociali.
La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori.
La nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata per effetto di una
modificazione dell'atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese.”
B. L’ORDINAMENTO PATRIMONIALE
Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale (art. 2253 c.c.). La
determinazione convenzionale del conferimento non è condizione essenziale per la valida costituzione
delle società di persona. Nel silenzio del contratto si presume che tutti i conferimenti debbano essere
eseguiti in denaro e se i conferimenti non sono determinati, si presume che i soci siano obbligati a
conferire, in parti eguali tra loro, quanto è necessario per il conseguimento dell'oggetto sociale (art.
2253 c.c.).
Può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione economica ed utile per il
conseguimento dell’oggetto sociale. Il conferimento può essere costituito anche dal trasferimento in
proprietà o in godimento di un’azienda pur se gravata da debiti, dalla prestazione di garanzie,
dall’inserimento del nome del socio nella ragione sociale ma non dalla semplice responsabilità
personale ed illimitata per le obbligazioni sociali.
Per le cose conferite in proprietà la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono regolati
dalle norme sulla vendita (art. 2254 c.c.). Quindi il socio è tenuto alla garanzia per evizione e per vizi e
su di lui grava il rischio del perimento per caso fortuito della cosa conferita finché la proprietà non sia
passata alla società. Il perimento della cosa, prima che la proprietà sia passata alla società, comporta
che il socio può essere escluso dalla società ma finché ciò non è stato deliberato, il socio partecipa ai
risultati attivi e passivi dell’attività.
Il rischio delle cose conferite in godimento resta a carico del socio che le ha conferite come la loro
proprietà. La garanzia per il godimento è regolata dalle norme sulla locazione (art. 2254 c.c.). Il socio
potrà essere escluso dalla società qualora la cosa perisca o il godimento diventi impossibile per causa
non imputabile agli amministratori. Il socio ha diritto alla restituzione del bene al termine della
società nello stato in cui si trova o al risarcimento danni a carico del patrimonio sociale in caso
contrario.
Il socio che ha conferito un credito risponde dell'insolvenza del debitore, nei limiti indicati dall'art.
1267 per il caso di assunzione convenzionale della garanzia (art. 2255 c.c.).
Il socio d’opera è quel socio il cui conferimento è l’obbligo di prestare la propria attività lavorativa a
favore della società. Egli non è un lavoratore subordinato e non ha diritto al trattamento salariale e
previdenziale: il suo compenso è la partecipazione ai guadagni della società. Su di lui grava il rischio
dell’impossibilità di svolgimento della prestazione. In sede di liquidazione egli parteciperà solo alla
ripartizione dell’eventuale attivo che residua dopo il rimborso del valore nominale del conferimento ai
soci che hanno apportato capitali, mentre non ha diritto al rimborso del valore del suo apporto, ciò
compete solo a chi conferisce denaro o beni in proprietà. In mancanza di pattuizioni la parte del socio
d’opera è determinata dal giudice secondo equità.
Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio
sociale per fini estranei a quelli della società (art. 2256 c.c.). In caso contrario egli è tenuto al
risarcimento dei danni e ad essere escluso dalla società. Ciò è derogabile solo col consenso di tutti gli
altri soci.
Nella disciplina della società semplice è assente la nozione di capitale sociale. Non c’è nessuna norma
che garantisce che il patrimonio netto presenta un’eccedenza pari almeno alla cifra del capitale
sociale. Non è richiesta la valutazione iniziale dei conferimenti.
Nella disciplina della s.n.c. è prescritto che l’atto costitutivo della società deve indicare i conferimenti
di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione (art. 2295 c.c.) ma non c’è nulla
sulla valutazione dei conferimenti diversi dal denaro. Non può farsi luogo a ripartizione di somme tra
soci se non per utili realmente conseguiti. Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi
luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente
(art. 2303 c.c.). La riduzione del capitale sociale è sempre facoltativa. La deliberazione di riduzione di
capitale, mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall'obbligo di
ulteriori versamenti, può essere eseguita soltanto dopo 3 mesi dal giorno dell'iscrizione nel registro
delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto
opposizione. Il tribunale, nonostante l’opposizione, può disporre che l'esecuzione abbia luogo, previa
prestazione da parte della società di un’idonea garanzia (art. 2306 c.c.).
Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e partecipano alle perdite della gestione sociale.
Godono della massima libertà nella determinazione della parte a ciascuno spettante e non è necessario
che la ripartizione sia proporzionale ai conferimenti. C’è solo un limite: è nullo il patto (patto leonino)
con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite (art. 2265 c.c.) e
nulli sono anche i criteri di ripartizione congegnati per escluderlo/i, le convenzioni fra soci non
risultanti dall’atto costitutivo che violano il precedente art.. Ma i patti sono nulli se sono privi di una
propria giustificazione causale fra le parti stipulanti e configurano un negozio in frode alla legge. Se il
contratto nulla dispone, le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono
proporzionali ai conferimenti. La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è
determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo equità (art. 2263 c.c.). La determinazione della
parte di ciascun socio nei guadagni e nelle perdite può essere rimessa ad un terzo (art. 2264 c.c.).
Nella società semplice, salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili
dopo l'approvazione del rendiconto (art. 2262 c.c.), predisposto dagli amministratori al termine di
ogni anno, salvo quanto stabilito. Nella s.n.c. ciò va coordinato con l’obbligo della tenuta delle
scritture contabili ed il bilancio dev’essere approvato da tutti i soci. L’approvazione del rendiconto o
del bilancio è condizione sufficiente perché ciascun socio possa pretendere l’assegnazione della sua
parte di utili. Nelle società di persone la maggioranza dei soci non può legittimamente deliberare la
non distribuzione degli utili accertati ed il loro reinvestimento nella società, sarà necessario il
consenso di tutti i soci.
Le perdite incidono direttamente sul valore della singola partecipazione sociale riducendolo
proporzionalmente. In sede di liquidazione il socio si vedrà rimborsare una somma inferiore al valore
originario del capitale conferito e solo all’atto di scioglimento della società i liquidatori possono
richiedere ai soci illimitatamente responsabili le somme necessarie per il pagamento dei debiti sociali
in proporzione alla parte di ciascuno nelle perdite.
Nella società semplice e nella s.n.c. delle obbligazioni sociali risponde innanzitutto la società col
proprio patrimonio: i creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale.
Nella società semplice per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente i
soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli altri soci. Il patto
deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la limitazione della
responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto
conoscenza (art. 2267 c.c.). Nella s.n.c. tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le
obbligazioni sociali e il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi. In entrambe le società la
responsabilità per le obbligazioni sociali precedentemente contratte è estesa anche ai nuovi soci. Lo
scioglimento parziale del rapporto sociale non fa venir meno la responsabilità personale del socio per
le obbligazioni anteriori al verificarsi di tali eventi. Ma lo scioglimento deve essere portato a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa
ignorato. Nella collettiva regolare e nella società semplice l’opponibilità ai terzi delle cause di
scioglimento resta soggetta al regime di pubblicità legale delle modificazioni dell’atto costitutivo,
quindi, avvenuta l’iscrizione nel registro delle imprese, la cessazione della responsabilità personale per
le obbligazioni successive sarà opponibile anche ai terzi che l’abbiano ignorato.
I creditori sociali sono tenuti a tentare di soddisfarsi sul patrimonio della società prima di poter
aggredire il patrimonio personale dei soci. Nella società semplice il creditore sociale può rivolgersi
direttamente al singolo socio illimitatamente responsabile e sarà questi a dover invocare la preventiva
escussione del patrimonio sociale indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi.
Nella s.n.c. regolare il beneficio di escussione opera automaticamente: i creditori sociali, anche se la
società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo
l'escussione del patrimonio sociale (art. 2304 c.c.). Se ci sono le condizioni per poter agire contro i
soci, il creditore sociale potrà chiedere a ciascuno di essi il pagamento integrale del proprio credito. Il
socio che ha pagato potrà esercitare azione di regresso verso gli altri soci secondo la partecipazione di
ciascuno nelle perdite ma prima dovrà agire in regresso verso la società per l’intero debito. Spesso i
creditori più forti si fanno rilasciare dai soci specifiche garanzie personali per sottrarsi alle lungaggini
della preventiva escussione del patrimonio sociale in caso d’inadempimento.
Il patrimonio della società è insensibile alle obbligazioni personali dei soci ed intangibile da parte dei
loro creditori. Il creditore personale del socio non può aggredire direttamente il patrimonio della
società e se è anche debitore della società non può compensare il suo debito con il credito che ha verso
il socio. Egli però può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore e compiere atti
conservativi sulla quota allo stesso spettante nella liquidazione della società. Nella società semplice e
nella s.n.c. irregolare il creditore particolare del socio può chiedere anche la liquidazione della quota
del suo debitore provato che gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti. La
richiesta opera come causa di esclusione di diritto del socio. La società sarà tenuta a versare una
somma di denaro corrispondente al valore della quota al momento della domanda. Per la s.n.c.
regolare il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la liquidazione della
quota del socio debitore. Ma i soci possono prorogare la durata della società: se la proroga è espressa
ed iscritta nel registro delle imprese, il creditore particolare del socio può fare opposizione alla
proroga della società, entro 3 mesi dalla iscrizione della deliberazione. Se l'opposizione è accolta, la
società deve, entro 3 mesi dalla notificazione della sentenza, liquidare la quota del socio debitore
dell'opponente; se la proroga è tacita ciascun socio può sempre recedere dalla società, dando
preavviso, e il creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della quota del suo debitore
a norma dell'art. 2270 (se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il
creditore particolare del socio può inoltre chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo
debitore).
C. L’ATTIVITÁ SOCIALE
È previsto un modello di organizzazione fondato sulla distinzione amministrazione-modificazioni
dell’atto costitutivo e basato sui seguenti principi:
a) Ogni socio illimitatamente responsabile è investito del potere di amministrazione e di
rappresentanza della società;
b) È necessario il consenso di tutti i soci per le modificazioni del contratto sociale.
Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società, dando
luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa. Esso coincide
puntualmente col potere gestorio. In mancanza di diversa disposizione dell’atto costitutivo esso spetta
a ciascun socio amministratore. Nell’amministrazione disgiuntiva ogni socio può decidere da solo e
stipulare atti in nome della società. Nell’amministrazione congiuntiva tutti gli amministratori devono
partecipare alla stipulazione dell’atto. Il potere gestorio e quello di rappresentanza si estendono a tutti
gli atti che rientrano nell’oggetto sociale e la rappresentanza è anche processuale. L’atto costitutivo
può prevedere una diversa regolazione del potere gestorio e di rappresentanza. Ci possono essere
anche delle limitazioni all’estensione del potere di rappresentanza del singolo amministratore. Nella
s.n.c. regolare essere non sono opponibili ai terzi se non iscritte nel registro delle imprese o se non si
provi che i terzi ne hanno avuto effettiva conoscenza. Nella s.n.c. irregolare l’omessa registrazione si
ritorce contro i soci. Nella società semplice si applica la disciplina della s.n.c. regolare mentre prima si
distingueva tra limitazioni originarie, sempre opponibili a terzi, e successive, portate a conoscenza dei
terzi con mezzi idonei.
I soci amministratori possono essere nominati direttamente nell’atto costitutivo o ivi può essere
stabilito che saranno nominato con atto separato. È rilevante ai fini della revoca la distinzione fra
amministratori nominati nell’atto costitutivo e amministratori nominati con atto separato: la revoca
del primo porta una modifica dell’atto costitutivo, dev’essere decisa all’unanimità e non ha effetto se
non ricorre una giusta causa, la revoca del secondo è fatta secondo le norme del mandato anche se non
ricorre una giusta causa. La revoca per giusta causa può in ogni caso essere chiesta giudizialmente da
ciascun socio.
Il rapporto di amministrazione costituisce rapporto autonomo e distinto dal rapporto sociale. Esso è
un rapporto sui generis non risolubile in quello del mandato. L’amministratore è investito per legge
del potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale. Restano esclusi solo gli atti che
modificano l’atto costitutivo. Nella s.n.c. gli amministratori devono tenere le scritture contabili e
redigere il bilancio d’esercizio e devono provvedere agli adempimenti pubblicitari connessi
all’iscrizione nel registro delle imprese. Sono solidamente responsabili verso la società degli obblighi
imposti. Hanno diritto ad un compenso per il loro ufficio.
Per l’art. 2301 c.c., nella s.n.c., “il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare per conto
proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società, né partecipare come socio
illimitatamente responsabile ad altra società concorrente. Il consenso si presume, se l'esercizio
dell'attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale, e gli altri soci ne erano
a conoscenza. In caso d'inosservanza delle disposizioni del primo comma la società ha diritto al
risarcimento del danno, salva l'applicazione dell'art. 2286.” Il divieto non impedisce di partecipare
come socio limitatamente responsabile in un’altra società concorrente né lo svolgimento di altra
attività della società quando si esclude un rapporto concorrenziale e può essere rimosso dagli altri
soci.
Il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non é convenuto
diversamente. Nella s.n.c., ed ora anche nella società semplice, le modificazioni dell’atto costitutivo
sono soggette a pubblicità legale e finché non sono state iscritte nel registro delle imprese non sono
opponibili a terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza. Nella s.n.c. irregolare le
modificazioni devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei e non sono opponibili a
coloro che le hanno ignorate. Può essere prevista nell’atto costitutivo una clausola che delibera la
modificabilità a maggioranza dell’atto costitutivo.
Il consenso di tutti i soci è necessario quando la decisione tocca le basi organizzative della società
(revoca dell’amministratore nominato nell’atto costitutivo, trasformazione della società, cambiamento
del metodo di amministrazione, V art. 2256 e 2301 c.c.)mentre la regola della maggioranza e della
maggioranza calcolata per quote d’interesse trova applicazione quando si tratta di decisioni che
attengono alla gestione dell’impresa comune (nomina e revoca degli amministratori per atto separato,
approvazione del bilancio…).
Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno
diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota. La liquidazione della
quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo
scioglimento ed il suo valore è determinato attribuendo ai beni il loro valore effettivo nonché tenendo
conto del valore dell’avviamento dell’azienda e degli utili e delle perdite sulle operazioni in corso.
Salvo quanto è disposto nell'art. 2270, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto
entro 6 mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.
Il procedimento di liquidazione è regolato dagli art. 2275-2283 c.c. e dagli art. 2309-2312 per la s.n.c.
ma può essere anche determinato dai soci nel contratto sociale o al momento dello scioglimento. Ha
inizio con la nomina di 1 o più liquidatori con il consenso di tutti i soci o, in caso di disaccordo, con
l’intervento del presidente del tribunale. I liquidatori possono essere revocati per volontà di tutti i soci
e in ogni caso dal tribunale per giusta causa su domanda di uno o più soci. Nella s.n.c. la deliberazione
dei soci o la sentenza che nomina i liquidatori e ogni atto successivo che importa cambiamento nelle
persone dei liquidatori devono essere, entro 30 giorni dalla notizia della nomina, depositati in copia
autentica a cura dei liquidatori medesimi per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese.
Nella s.n.c. irregolare dev’essere portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
Con l’accettazione della nomina i liquidatori prendono il posto degli amministratori che devono
consegnare ai liquidatori i beni e i documenti sociali e presentare ad essi il conto della gestione
relativo al periodo successivo all'ultimo rendiconto. I liquidatori devono prendere in consegna i beni e
i documenti sociali, e redigere, insieme con gli amministratori, l'inventario dal quale risulti lo stato
attivo e passivo del patrimonio sociale. L'inventario deve essere sottoscritto dagli amministratori e dai
liquidatori.. I liquidatori devono definire i rapporti che si ricollegano all’attività sociale: convertire in
denaro i beni, pagare i creditori, ripartire il residuo attivo tra i soci. I liquidatori possono compiere gli
atti necessari per la liquidazione e, se i soci non hanno disposto diversamente, possono vendere anche
in blocco i beni sociali e fare transazioni e compromessi. Essi rappresentano la società anche in
giudizio. Se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, i liquidatori
possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e, se occorre, le somme
necessarie, nei limiti della rispettiva responsabilità e in proporzione della parte di ciascuno nelle
perdite. Nella stessa proporzione si ripartisce tra i soci il debito del socio insolvente. Ma i liquidatori
non possono intraprendere nuove operazioni. Contravvenendo a tale divieto, essi rispondono
personalmente e solidalmente per gli affari intrapresi. Inoltre non possono ripartire tra i soci, neppure
parzialmente, i beni sociali, finché non siano pagati i creditori della società o non siano accantonate le
somme necessarie per pagarli. Gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori sono regolati dalle
disposizioni stabilite per gli amministratori, in quanto non sia diversamente disposto dalle norme
seguenti o dal contratto sociale.
Estinti tutti i debiti i liquidatori devono restituire ai soci i beni conferiti in godimento nello stato in cui
si trovano. Se i beni sono periti o deteriorati per causa imputabile agli amministratori, i soci hanno
diritto al risarcimento del danno a carico del patrimonio sociale, salva l'azione contro gli
amministratori. Se è convenuto che la ripartizione dei beni sia fatta in natura, si applicano le
disposizioni sulla divisione delle cose comuni. Estinti i debiti sociali, l'attivo residuo é destinato al
rimborso del valore nominale dei conferimenti. L'eventuale eccedenza é ripartita tra i soci in
proporzione della parte di ciascuno nei guadagni. L'ammontare dei conferimenti non aventi per
oggetto somme di danaro è determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto o, in
mancanza, secondo il valore che essi avevano nel momento in cui furono eseguiti.
Nella società semplice non vi è nessuna regola procedimentale per la chiusura del procedimento di
liquidazione.
Nella s.n.c. compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale e proporre ai soci il
piano di riparto (proposta di divisione dell’attivo residuo fra i soci). Il bilancio, sottoscritto dai
liquidatori, e il piano di riparto devono essere comunicati mediante raccomandata ai soci, e
s'intendono approvati se non sono stati impugnati nel termine di 2 mesi dalla comunicazione. In caso
d'impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il liquidatore può chiedere che le questioni relative
alla liquidazione siano esaminate separatamente da quelle relative alla divisione, alle quali il
liquidatore può restare estraneo. Con l'approvazione del bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai
soci.
Nella s.n.c. irregolare la chiusura del procedimento di liquidazione determina l’estinzione della società
sempreché la disciplina sia stata interamente rispettata e siano stati soddisfatti tutti i creditori sociali.
Nella s.n.c. regolare, approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la
cancellazione della società dal registro delle imprese. Dalla cancellazione della società i creditori
sociali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci e, se il
mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi. Le scritture
contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci sono depositati presso la persona designata
dalla maggioranza. Le scritture contabili e i documenti devono essere conservati per dieci anni a
decorrere dalla cancellazione della società dal registro delle imprese (art. 2312 c.c.). I creditori della
s.n.c. possono chiedere il fallimento dei soci entra 1 anno dalla cancellazione della società dal registro
delle imprese.
La società in accomandita semplice
La s.a.s. risponde alla funzione economica di consentire l’aggregazione di soggetti che intendono
gestire personalmente gli affari sociali assumendo la responsabilità illimitata e di soggetti che
intendono finanziare l’attività dei primi con rischio e poteri limitati ma assumendo la veste di soci.
Infatti la s.a.s. è una società di persone che si differenzia dalla s.n.c. per la presenza di 2 categorie di
soci:
1) Soci Accomandatari: rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali e
solo a loro compete l’amministrazione della società;
2) Soci Accomandanti: rispondono limitatamente alla quota conferita per le obbligazioni sociali.
Questa struttura consente l’esercizio di un’impresa commerciale con limitazioni del rischio e non
esposizione a fallimento personale per alcuni soci.
Alla s.a.s. si applicano le disposizioni relative alla s.n.c. (art. 2315 c.c.). L'atto costitutivo deve indicare
i soci accomandatari e i soci accomandanti (art. 2316 c.c.) e la sua omessa registrazione nel registro
delle imprese comporta solo l’irregolarità della società.
La s.a.s. agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di almeno 1 dei soci accomandatari, con
l'indicazione di “s.a.s.”. L'accomandante, il quale consente che il suo nome sia compreso nella ragione
sociale, risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con i soci accomandatari per le
obbligazioni sociali (art. 2314 c.c.).
La partecipazione di un incapace alla s.a.s. è subordinata in ogni caso all'osservanza delle disposizioni
degli articoli 320, 371, 397, 424 e 425. Ma si ritiene che questo regime non sia applicabile quando
l’incapace è accomandante.
I soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della s.n.c.. L'amministrazione della società
può essere conferita soltanto a loro (art. 2318 c.c.).
I soci accomandanti hanno il diritto di concorrere con gli accomandatari alla nomina e alla revoca
degli amministratori quando l’atto costitutivo prevede la designazione degli stessi con atto separato
(per l’art. 2319 c.c. “se l'atto costitutivo non dispone diversamente, per la nomina degli amministratori
e per la loro revoca nel caso indicato nel secondo comma dell'art. 2259 sono necessari il consenso dei
soci accomandatari e l'approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del
capitale da essi sottoscritto.”)e il diritto a chiedere la revoca per giusta causa degli amministratori.
I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in
nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio accomandante che
contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le
obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'art. 2286. I soci accomandanti possono tuttavia
prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se l'atto costitutivo lo consente, dare
autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e di sorveglianza. In
ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle
perdite, e di controllarne l'esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società (art. 2320
c.c.). I soci accomandanti non sono tenuti alla restituzione degli utili riscossi in buona fede secondo il
bilancio regolarmente approvato (art. 2321 c.c.).
Per quanto riguarda il trasferimento della partecipazione sociale per i soci accomandatari valgono le
regole dei soci della s.n.c., per gli accomandanti l’art. 2322 c.c. dice che “La quota di partecipazione
del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte. Salvo diversa disposizione dell'atto
costitutivo, la quota può essere ceduta, con effetto verso la società, con il consenso dei soci che
rappresentano la maggioranza del capitale.”
La s.a.s. si scioglie, oltre che per le cause previste nell'art. 2308, quando rimangono soltanto soci
accomandanti o soci accomandatari, sempreché nel termine di 6 mesi non sia stato sostituito il socio
che è venuto meno. Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il periodo indicato dal comma
precedente gli accomandanti nominano un amministratore provvisorio per il compimento degli atti di
ordinaria amministrazione. L'amministratore provvisorio non assume la qualità di socio
accomandatario. Scaduti i 6 mesi senza che venga ricostituita la categoria mancante, la s.a.s. si
trasforma tacitamente in una s.n.c. irregolare. I procedimenti di liquidazione e di estinzione sono
uguali a quelli della s.n.c.. Salvo il diritto previsto dal secondo comma dell'art. 2312 nei confronti degli
accomandatari e dei liquidatori, i creditori sociali che non sono stati soddisfatti nella liquidazione
della società possono far valere i loro crediti anche nei confronti degli accomandanti, limitatamente
alla quota di liquidazione.
È irregolare la s.a.s. il cui atto costitutivo non sia stato iscritto nel registro delle imprese. In questo
tipo di società il divieto d’immistione degli accomandanti ha carattere assoluto. La disciplina da
seguire è quella della s.n.c. irregolare.
Le società cooperative
Le società cooperative sono società a capitale variabile che si caratterizzano per lo specifico scopo
perseguito nello svolgimento dell’attività d’impresa: lo scopo mutualistico. La Repubblica riconosce la
funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La
legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni
controlli, il carattere e le finalità.
Le società cooperative possono fornire a terzi le medesime prestazioni che formano oggetto della
gestione a favore dei soci. Ciò è finalizzato alla produzione di utili: può essere attività oggettivamente
lucrativa. Lo scopo mutualistico può coesistere con un’attività con terzi produttiva di utili.
Incompatibile con lo scopo mutualistico è e resta l’integrale distribuzione ai soci degli utili prodotti
della cooperativa.
La società cooperativa di medie e grandi dimensioni utilizza la disciplina della s.p.a., quella di piccole
dimensione utilizza la disciplina della s.r.l..
Per procedere alla costituzione di una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno 9. Può
essere costituita una società cooperativa da almeno 3 soci quando i medesimi sono persone fisiche e la
società adotta le norme della s.r.l.. Se successivamente alla costituzione il numero dei soci diviene
inferiore a quello stabilito, esso deve essere integrato nel termine massimo di un anno, trascorso il
quale la società si scioglie e deve essere posta in liquidazione. La legge determina il numero minimo di
soci necessario per la costituzione di particolari categorie di cooperative. Non possono in ogni caso
divenire soci quanti esercitano in proprio imprese identiche o affini con quella della cooperativa, ma
ciò non vale per i soci sovventori. Il procedimento di costituzione ricalca quello della s.p.a. o s.r.l.. La
società deve costituirsi per atto pubblico. L'atto costitutivo stabilisce le regole per lo svolgimento
dell'attività mutualistica e può prevedere che la società svolga la propria attività anche con terzi. Le
indicazioni coincidono con quelle stabilite per la s.p.a.. È necessario inserire la indicazione specifica
dell'oggetto sociale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci, i requisiti per l'ammissione dei
nuovi soci e la relativa procedura, secondo criteri non discriminatori coerenti con lo scopo
mutualistico e l'attività economica svolta, le condizioni per l'eventuale recesso o per la esclusione dei
soci, le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei ristorni. La denominazione
sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di società cooperativa. Le società
cooperative a mutualità prevalente devono indicare negli atti e nella corrispondenza il numero di
iscrizione presso l'albo delle cooperative a mutualità prevalente. L’atto costitutivo dev’essere iscritto
nel registro delle imprese e con l’iscrizione acquista personalità giuridica.
La disciplina dei conferimenti e delle prestazioni accessorie è identica a quella per la s.p.a. o s.r.l. a
seconda della dimensione della società. Nelle società cooperative per le obbligazioni sociali risponde
soltanto la società con il suo patrimonio. Il socio che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle
quote o delle azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso.
Il socio che cessa di far parte della società risponde verso questa per il pagamento dei conferimenti
non versati, per un anno dal giorno in cui il recesso, la esclusione o la cessione della quota si è
verificata. Se entro un anno dallo scioglimento del rapporto associativo si manifesta l'insolvenza della
società, il socio uscente è obbligato verso questa nei limiti di quanto ricevuto per la liquidazione della
quota o per il rimborso delle azioni. Il creditore particolare del socio cooperatore, finché dura la
società, non può agire esecutivamente sulla quota e sulle azioni del medesimo.
I soci sovventori sono soci non specificatamente interessati alle prestazioni mutualistiche ed il loro
ruolo è elusivamente quello di apportare il capitale di rischio necessario per lo svolgimento
dell’attività della cooperativa. I loro conferimenti sono rappresentati da azioni o quote nominative
liberamente trasferibili. L’atto costitutivo può stabilire particolari condizioni a favore dei soci
sovventori per la ripartizione degli utili e la liquidazione delle quote o delle azioni. Il tasso di
remunerazione non può essere maggiorato più del 2% rispetto a quello previsto per i soci cooperatori.
L’atto costitutivo può attribuire a ciascun socio sovventore massimo 5 voti. I voti attribuibili ai
sovventori non possono mai superare un terzo dei voti spettanti a tutti i soci. I soci sovventori possono
essere nominati amministratori ma la maggioranza degli amministratori dev’essere costituita dai soci
cooperatori.
Le azioni di partecipazione cooperativa sono simili alle azioni di risparmio: sono prive di diritto di
voto e sono privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale. Possono essere emesse
per un ammontare non superiore al valore delle riserve indivisibili o del patrimonio netto risultante
dall’ultimo bilancio. Devono essere offerte in opzione per almeno la metà ai soci ed ai lavoratori
dipendenti della cooperativa. Possono essere emesse al portatore se interamente liberate. Le azioni di
partecipazione assicurano ex lege una partecipazione agli utili maggiorata del 2% rispetto a quella
delle quote o delle azioni dei cooperatori, hanno diritto di prelazione nel rimborso del capitale per
l’intero valore nominale, in sede di scioglimento della società, le perdite incidono sulle stesse solo per
la parte che eccede il valore nominale complessivo delle altre azioni o quote.
L’organizzazione di gruppo si articola nell’assemblea speciale di categoria e nel rappresentante
comune.
Alle società cooperative è stata consentita anche l’emissione di obbligazioni per la raccolta di capitale
di prestito. Il limite all’emissione è l’ammontare del capitale versato e delle riserve risultanti
dall’ultimo bilancio approvato. Tutte le cooperative possono emettere strumenti finanziari come la
s.p.a.. L'atto costitutivo stabilisce i diritti di amministrazione o patrimoniali attribuiti ai possessori
degli strumenti finanziari e le eventuali condizioni cui è sottoposto il loro trasferimento. Ai possessori
di strumenti finanziari non può essere attribuito più di un terzo dei voti spettanti all’insieme degli altri
soci presenti. Per gli strumenti senza voto è prevista un’organizzazione a tutela dei relativi interessi.
La cooperativa cui si applicano le norme sulla s.r.l. può offrire in sottoscrizione strumenti privi di
diritti di amministrazione solo a investitori qualificati.
Gli organi delle società cooperative disciplinati dalle norme sulla s.p.a. sono gli stessi della s.p.a. ed
identico è il riparto di funzioni, ma ci sono alcune diversità:
a) Ciascun socio cooperatore ha un solo voto, qualunque sia il valore della quota o il numero
delle azioni possedute. Solo ai soci persone giuridiche possono essere attribuiti massimo 5
voti, in relazione dell’ammontare della quota o delle azioni, oppure al numero dei loro
membri. L'atto costitutivo determina i limiti al diritto di voto degli strumenti finanziari offerti
in sottoscrizione ai soci cooperatori. Nelle cooperative di produzione l'atto costitutivo può
prevedere che il diritto di voto sia attribuito in ragione della partecipazione allo scambio
mutualistico, ma nessun socio può esprimere più di un decimo dei voti;
b) Nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno 90 giorni nel
libro dei soci;
c) Il socio può farsi rappresentare solo da un altro socio. Ciascun socio può rappresentare sino
ad un massimo di 10 soci;
d) L'atto costitutivo può prevedere che il voto venga espresso per corrispondenza, ovvero
mediante altri mezzi di telecomunicazione. In tal caso l'avviso di convocazione deve contenere
per esteso la deliberazione proposta;
e) I quorum costitutivi e deliberativi vanno calcolati secondo il numero dei voti spettanti per
testa ai soci;
f) L'atto costitutivo delle società cooperative può prevedere lo svolgimento di assemblee
separate, anche rispetto a specifiche materie ovvero in presenza di particolari categorie di
soci. Lo svolgimento di assemblee separate deve essere previsto quando la società cooperativa
ha più di 3000 soci e svolge la propria attività in più province ovvero se ha più di 500 soci e si
realizzano più gestioni mutualistiche. Le assemblee separate deliberano sulle stesse materie
che formeranno oggetto dell’assemblea generale ed eleggono dei soci-delegati che
parteciperanno a quest’ultima. L’assemblea generale è costituita dai delegati designati dalle
assemblee separate e delibera definitivamente sulle materie dell’ordine del giorno. Le
deliberazioni della assemblea generale possono essere impugnate anche dai soci assenti e
dissenzienti nelle assemblee separate quando, senza i voti espressi dai delegati delle
assemblee separate irregolarmente tenute, verrebbe meno la maggioranza richiesta per la
validità della deliberazione. Le deliberazioni delle assemblee separate non possono essere
autonomamente impugnate.
Le società cooperative sono sottoposte alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri controlli sulla
gestione previsti dalle leggi speciali al fine di assicurare il regolare funzionamento amministrativo e
contabile delle stesse ed il rispetto delle condizioni richieste per la concessione delle agevolazioni
tributarie e creditizie. Per alcune cooperative la vigilanza spetta al Ministero del Lavoro ed è esercitata
tramite ispezioni ordinarie e straordinarie disposte ogni qualvolta se ne ravvisa l’opportunità. In caso
di irregolare funzionamento delle società cooperative, l'autorità governativa può revocare gli
amministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad un commissario, determinando i
poteri e la durata. L'autorità di vigilanza può sciogliere le società cooperative e gli enti mutualistici che
non perseguono lo scopo mutualistico o non sono in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono
stati costituiti o che per 2 anni consecutivi non hanno depositato il bilancio di esercizio o non hanno
compiuto atti di gestione.
La formazione del bilancio è assoggettata alla disciplina delle s.p.a.. Le cooperative più grandi devono
sottoporre il bilancio a revisione obbligatoria da parte di una società di revisione. Qualunque sia
l'ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questo destinato almeno il 30% degli utili netti
annuali. Una quota degli utili netti annuali (3%) deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la
promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità previste dalla legge. Sono
indivisibili le riserve che per disposizione di legge o dello statuto non possono essere ripartite tra i
soci, neppure in caso di scioglimento della società. Le riserve indivisibili possono essere utilizzate per
la copertura di perdite solo dopo che sono esaurite le riserve che la società aveva destinato ad
operazioni di aumento di capitale e quelle che possono essere ripartite tra i soci in caso di
scioglimento della società. Per le cooperative a mutualità prevalente, devono essere previsti negli
statuti:
a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali
fruttiferi, aumentato di 2 punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in
misura superiore a 2 punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;
c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;
d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale,
dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici
per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
In tutte le cooperative possono essere distribuiti dividendi, acquistate proprie quote o azioni ovvero
assegnate ai soci le riserve divisibili se il rapporto tra il patrimonio netto e il complessivo
indebitamento della società è
superiore ad un quarto. Il divieto non si applica nei confronti dei possessori di strumenti finanziari. La
quota di utili che residua se non assegnata dev’essere destinata a fini mutualistici. Dagli utili vanno
tenuti distinti i ristorni che costituiscono rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o
servizi acquistati dalla cooperativa a prezzo di mercato, ovvero integrazione della retribuzione
corrisposta. Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all'attività svolta
con i soci, distinguendo eventualmente le
diverse gestioni mutualistiche. L'assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun socio
anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l'emissione di nuove azioni.
Le società cooperative sono società a capitale variabile. Nelle società cooperative l'ammissione di
nuovi soci, non importa modificazione dell'atto costitutivo. La società può deliberare aumenti di
capitale con modificazione dell'atto costitutivo. L'ammissione di un nuovo socio è fatta con
deliberazione degli amministratori su domanda dell'interessato. La deliberazione di ammissione deve
essere comunicata all'interessato e annotata a cura degli amministratori nel libro dei soci. Il nuovo
socio deve versare, oltre l'importo della quota o delle azioni, il soprapprezzo eventualmente
determinato dall'assemblea in sede di approvazione del bilancio su proposta dagli amministratori. Il
consiglio di amministrazione deve entro 60 giorni motivare la deliberazione di rigetto della domanda
di ammissione e comunicarla agli interessati. L'atto costitutivo può prevedere, determinandone i
diritti e gli obblighi, l'ammissione del nuovo socio cooperatore in una categoria speciale in ragione
dell'interesse alla sua formazione ovvero del suo inserimento nell'impresa. I soci ammessi alla
categoria speciale non possono in ogni caso superare un terzo del numero totale dei soci cooperatori.
Al termine di un periodo comunque non superiore a 5 anni il nuovo socio è ammesso a godere i diritti
che spettano agli altri soci cooperatori.
Costituiscono cause di riduzione del numero dei soci e del capitale:
Recesso
Il socio cooperatore può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall'atto costitutivo. Il
recesso non può essere parziale. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata con
raccomandata alla società. Gli amministratori devono esaminarla entro 60 giorni dalla ricezione. Se
non sussistono i presupposti del recesso, gli amministratori devono darne immediata comunicazione
al socio, che entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre opposizione innanzi il
tribunale. Il recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale dalla comunicazione del
provvedimento di accoglimento della domanda. Ove la legge o l'atto costitutivo non preveda
diversamente, per i rapporti mutualistici tra socio e società il recesso ha effetto con la chiusura
dell'esercizio in corso, se comunicato 3 mesi prima, e, in caso contrario, con la chiusura dell'esercizio
successivo.
Esclusione
Il socio che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte può,
previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso. Ciò può aver luogo anche:
1) nei casi previsti dall'atto costitutivo;
2) per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto sociale, dal
regolamento o dal rapporto mutualistico;
3) per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società;
4) nei casi previsti dall'art. 2286;
5) nei casi previsti dall'art. 2288, primo comma.
L'esclusione deve essere deliberata dagli amministratori o, se l'atto costitutivo lo prevede,
dall'assemblea. Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al tribunale,
nel termine di 60 giorni dalla comunicazione. Qualora l'atto costitutivo non preveda diversamente, lo
scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti mutualistici pendenti.
Morte
In caso di morte del socio, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso delle
azioni. L'atto costitutivo può prevedere che gli eredi provvisti dei requisiti per l'ammissione alla
società subentrino nella partecipazione del socio deceduto. In caso di pluralità di eredi, questi
debbono nominare un rappresentante comune, salvo che la quota sia divisibile e la società consenta la
divisione.
La liquidazione della partecipazione sociale, eventualmente ridotta in proporzione alle perdite
imputabili al capitale, avviene sulla base dei criteri stabiliti nell'atto costitutivo assumendo come base
il bilancio dell’esercizio in cui il rapporto si scioglie limitatamente al socio. Salvo diversa disposizione,
la liquidazione comprende anche il rimborso del soprapprezzo, ove versato ed il pagamento deve
essere fatto entro 180 giorni dall'approvazione del bilancio.
Il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma
consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese (gruppo cooperativo paritetico)
deve indicare:
1) la durata;
2) la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo, indicandone i relativi
poteri;
3) l'eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati;
4) i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;
5) i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall'attività
comune.
La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo
qualora, per effetto dell'adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i
propri soci. Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare in forma scritta l'accordo
di partecipazione presso l'albo delle società cooperative.
La società cooperativa si scioglie per le cause previste per le società di capitali con la sola differenza
che solo la perdita totale del capitale è causa di scioglimento. Sono specifiche cause la riduzione dei
soci al di sotto del numero minimo di 9 (o 3) se questo non è reintegrato entro un anno e la
liquidazione coatta amministrativa disposta dall’autorità governativa. In caso di irregolarità o di
eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria di una società cooperativa, l'autorità
governativa può sostituire i liquidatori o, se questi sono stati nominati dall'autorità giudiziaria, può
chiederne la sostituzione al tribunale.
Le mutue assicuratrici sono società cooperative caratterizzate dalla stretta interdipendenza che per
legge esiste fra la qualità di socio e la qualità di assicurato: non si può acquistare la qualità di socio, se
non assicurandosi presso la società, e si perde la qualità di socio con l'estinguersi dell'assicurazione.
Le obbligazioni sono garantite dal patrimonio sociale. I soci sono tenuti al pagamento dei contributi
fissi o variabili, entro il limite massimo determinato dall'atto costitutivo. L'atto costitutivo può
prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento delle indennità, mediante speciali
conferimenti da parte di assicurati o di terzi, attribuendo anche a questi ultimi la qualità di socio.
L'atto costitutivo può attribuire a ciascuno dei soci sovventori più voti, ma non oltre 5, in relazione
all'ammontare del conferimento. I voti attribuiti ai soci sovventori, come tali, devono in ogni caso
essere inferiori al numero dei voti spettanti ai soci assicurati. I soci sovventori possono essere
nominati amministratori. La maggioranza degli amministratori deve essere costituita da soci
assicurati.
1) Disavanzo: dalla fusione può emergere un disavanzo che potrà essere:
- Disavanzo da concambio: cioè quando il cap sociale della incorporante (causato dalla fusione) sia maggiore rispetto a
quella della incorporata.
- Disavanzo da annullamento: cioè quando il valore annullato della partecipazione della incorporata sia maggiore del
netto della stessa determinato dai minimi storici.
2)Leveraged Buy-Out: si configura nel caso di fusione tra società, ove una delle quali abbia
contratto debiti per acquisire il controllo dell’altra. La legittimità dell’operazione dipenderà dal
patrimonio al momento della fusione, che dovrà essere sufficiente a soddisfare le obbligazioni
assunte per l’acquisizione.
*Si richiede: Progetto di fusione (che indichi le risorse finanz) + Relazione degli Amm (che indichi le ragioni che
giustificano l’operazione + un piano eco/finanz che indichi la fonte delle risorse finanziarie) + Relazione degli esperti.
3)Il 15 Dicembre 2005 è entrata in vigore la Decima Direttiva: è diretta a favorire la fusione
Transfrontaliera agevolando la cooperazione/raggruppamento tra società di capitali soggette
alla legislazione di differenti Stati della Comunità europea.
MUTUE ASSICURATRICI
E
MUTUA ASSICURAZIONE
Ai soci sovventori possono essere attribuiti più voti (massimo 5), in relazione
all’ammontare del conferimento. I voti attribuiti ai soci sovventori devono però
essere in ogni caso inferiori al numero dei soci assicurati. E’ inoltre consentito
che i soci sovventori siano nominati amministratori, ma la maggioranza degli
amministratori deve essere costituita da soci assicurati.
- LA TRASFORMAZIONE DELLE SOCIETA’ -
La fusione è l’unificazione di due o più società in una sola. Essa può essere
realizzata in due diversi modi: a) con la costituzione di una nuova società, che
prende il posto di tutte le società che si fondono (fusione in senso stretto); b)
mediante assorbimento in una società preesistente di una o più altre società
(fusione per incorporazione). La fusione è oggi disciplinata dagli artt. 2501-
2504 sexies, nel testo introdotto dal d. lgs. 22/1991.
La fusione può aver luogo sia fra società dello stesso tipo (fusione
omogenea) sia fra società di tipo diverso (fusione eterogenea). La prima implica
anche la trasformazione di una o più delle società che si fondono. Le funzioni
eterogenee incontrano perciò gli stessi limiti esposti per la trasformazione, ed
in particolare si deve escludere la fusione di una società cooperativa con una
lucrativa.
1) PROGETTO DI FUSIONE.
Gli amministratori delle diverse società partecipanti devono redigere un
progetto di fusione, nel quale sono fissate le condizioni e le modalità
dell’operazione, con le indicazioni previste dall’art. 2501 bis. Il progetto di
fusione deve essere iscritto nel registro delle imprese e, se alla fusione
partecipano società di capitali o cooperative, deve essere altresì pubblicato per
estratto sulla Gazzetta Ufficiale, almeno un mese prima della data fissata per
la deliberazione. Gli amministratori di ciascuna società devono redigere una
situazione patrimoniale della propria società; si tratta in sostanza di un vero e
proprio bilancio di esercizio infraannuale (cd. bilancio di fusione). Sono inoltre
prescritte una relazione unica degli amministratori, nella quale questi illustrano
e giustificano il progetto e indicano il rapporto di cambio, nonché una relazione
degli esperti, redatta per ogni società da esperti designati dal presidente del
tribunale, sulla congruità del rapporto di cambio e sull’adeguatezza del metodo
seguito. L’esperto risponde dei danni causati alle società partecipanti alla
fusione, ai loro soci e ai terzi. Per le società quotate la relazione deve essere
redatta da società di revisione.
2) DELIBERA DI FUSIONE.
La delibera di fusione viene adottata da ciascuna società nei termini in cui il
progetto è stato depositato. Eventuali modifiche sono possibili, ma implicano la
necessità di riaprire l’intero procedimento, a partire dalla redazione di un nuovo
progetto di fusione. Per l’approvazione vanno rispettate le norme dettate per le
modificazioni dell’atto costitutivo. In caso di fusione eterogenea, i soci assenti
o dissenzienti avranno diritto di recesso; diritto che invece non è riconosciuto
in caso di fusione omogenea, con esclusione dei soli soci dissenzienti di società
quotata quando la delibera di fusione comporta l’assegnazione di azioni non
quotate. Le delibere di fusione devono essere depositate nel registro delle
imprese, previa omologazione del Tribunale se la società risultante dalla fusione
è una società di capitali. La delibera delle società di capitali deve essere inoltre
pubblicata per estratto sulla Gazzetta Ufficiale.
La fusione può pregiudicare i creditori delle società partecipanti più solide.
E’ perciò stabilito che la fusione può essere attuata solo dopo che siano passati
due mesi dall’iscrizione o dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, se
richiesta, dell’ultima delibera delle società partecipanti. Nel suddetto termine
ciascun creditore anteriore alla pubblicazione può proporre opposizione, che
sospende l’attuazione della fusione fino all’esito del relativo giudizio, salvo
autorizzazione del Tribunale subordinata ad idonea garanzia.
3) ATTO DI FUSIONE.
Il procedimento si conclude con l’atto di fusione, redatto in forma pubblica
ma senza necessità di omologazione e depositato nel registro delle imprese dei
luoghi dove hanno sede tutte le società partecipanti. L’atto deve inoltre essere
pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale se una delle società
partecipanti o la società che risulta è una società di capitali o cooperativa
(pubblicità dichiarativa). Efficacia costitutiva ha invece l’ultima iscrizione nel
registro delle imprese, a partire dalla quale si produce l’unificazione soggettiva
e patrimoniale delle diverse società.
2) Dopo la riforma societaria, il termine di durata non è più necessario, e se la società si costituisce a tempo
indeterminato, il socio può recedere trascorso 1 anno.
Infatti prima della riforma la durata era elemento necessario dell’Atto cost la cui mancanza impediva l’iscrizione nel Registro delle Imprese
(ma se ciò avveniva ugualmente, non determinava la nullità della società).
3) Il Tribunale di Roma del 2002 ha dichiarato valido il patto secondo cui “chi versa il capitale al momento della
costituzione della società, può anche anticipare il capitale agli altri soci” in quanto questi ultimi cmq
conferiscono il loro impegno e sono soci a tutti gli effetti/rischi.
Ciò si riferisce al caso dell’imprenditore (successivamente defunto) che in sede di costituzione della società ha versato il 60% del capitale
per lui + altro 40% per gli altri soci.
b) Attribuiscono diritti patrimoniali/amministrativi (escluso il diritto di voto nell’Assemblea degli azionisti) ma possono essere dotati
di diritto di voto su argomenti specifici.
c) Non è richiesto per tali apporti il requisito della valutazione economica (in quanto sono prestazioni non imputabili a capitale).
d) Così come gli Strumenti finanziari rappresentativi di uno specifico affare, che verranno contabilizzati tra i debiti se
attribuiscono un diritto di credito per la restituzione dell’apporto.
5) Corporate opportunities: ovvero la responsabilità degli amministratori per i danni causati alla società a
seguito dell’utilizzazione (a vantaggio proprio/terzi) di affari senza informare la società.
Oggi l’amministratore ha il dovere di informare prima la società riguardo opportunità di affari riscontrate nell’esercizio del suo incarico
(natura/termini/proprie intenzioni), la quale attraverso il consiglio deciderà sul da farsi.
6) La Polizza assicurativa ha ad oggetto la resp dei organi sociali per i comportamenti colposi che danneggiano
la società/creditori/soci/terzi.
In genere è la società a concludere il contratto di assicurazione in favore dei propri organi e a sostenerne i costi.
7) I soggetti del controllo contabile devono adempiere ai doveri con diligenza professionale + sono responsabili
vs la società/soci/terzi per i danni derivanti dal loro inadempimento. L’attività di revisione può essere:
- Obbligatoria (per le Spa quotate).
- Volontaria (richiesta stesso dalla società per informare i soci esterni sullo stato di salute della società).
- Certificazione.
8) La Corte d’Appello di Milano nel 1998 ha stabilito che (se il Rappresentate comune nell’Assemblea degli
obbligazionisti non verrà nominato) vi provvederà stesso il Tribunale su domanda di 10/+
obbligazionisti/amministr.
Egli può impugnare le deliberazioni dell’assemblea dei soci se lesive per l’interesse comune degli obbligazionisti.
9) Il Consiglio Notarile di Milano ha previsto che i conferimenti nella Srl di opera/servizi devono essere
limitati (natura/durata) + garantiti da fideiussione bancaria/polizza ass.
Se lo Statuto non dispone nulla, i conferimenti devono essere in denaro.
10) Oggi il fallimento non è più annoverato tra le cause di scioglimento della società Spa (si per Società di
persone).
Per cui dopo la conclusione della procedura concorsuale (se la società è ancora attiva) può riprendere l’attività senza che occorra alcuna
delibera assembleare.
SCHEMA COMPLETO DI CONTO ECONOMICO
B) Immobilizzazioni:
I - Immobilizzazioni immateriali:
1)costi di impianto e di ampliamento;
2)costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
3)diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
4)concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5)avviamento;
6)immobilizzazioni in corso e acconti;
7)altre;
Totale …………………………………………………
Il - Immobilizzazioni materiali:
I) terreni e fabbricati;
2)impianti e macchinario;
3)attrezzature industriali e commerciali;
4)altri beni;
5)immobilizzazioni in corso e acconti;
Totale …………………………………………………
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi
esigibili entro l’esercizio successivo:
I) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
a) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) verso altri;
3) altri titoli;
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore
nominale complessivo;
Totale………………………………………………….
Totale immobilizzazioni (B)………………………….
C) Attivo circolante:
I - Rimanenze;
1)materie prime, sussidiarie e di consumo;
2)prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3)lavori in corso su ordinazione;
4)prodotti finiti e merci;
5)acconti;
Totale………………………………………………….
II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio:
I)verso clienti;
2)verso imprese controllate;
3)verso imprese collegate;
4)verso controllanti;
4-bis)crediti tributari;
4-ter)imposte anticipate;
5)altri;
Totale………………………………………………….
III - Attività finanziarie che non sono immobilizzazioni:
I)partecipazioni in imprese controllate;
2)partecipazioni in imprese collegate;
3)partecipazioni in imprese controllanti;
4)altre partecipazioni;
5)azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo;
6)altri titoli;
Totale …………………………………………………
IV - Disponibilità liquide:
I) depositi bancari e postali;
2)assegni;
3)denari e valori in cassa;
Totale …………………………………………………
Totale attivo circolante (C) ………………………….
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti
PASSI VO
A) Patrimonio netto:
I -Capitale
II -Riserva da sopraprezzo delle azioni
III -Riserve di rivalutazione
IV -Riserva legale
V-Riserva per azioni proprie in portafoglio
VI - Riserve statutarie
VII -Altre riserve, distintamente indicate
VIII -Utili (perdite) portati a nuovo
XI -Utile (perdita) dell’esercizio
Totale…………………………………………………
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:
I) obbligazioni;
2)obbligazioni convertibili;
3)debiti verso soci per finanziamenti;
4) debiti verso banche;
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14) altri debiti.
Totale ………………………………………………...
1) Con la riforma del 2003 il controllo contabile è sottratto ai sindaci ed attribuito ad un revisore esterno (persona fisica/società di
revisione iscritta nel Registro dei revisori contabili presso il Ministero della Giustizia), il quale:
• Per le Spa quotate in borsa, tale controllo è effettuato da una società di revisione.
• Per le Spa minori (non quotate in borsa/non redicono il bilancio consolidato) tale controllo è in capo al Collegio sindacale.
4) Ancora:
• Per le Spa quotate, l’assemblea (sentito il Collegio) conferisce l’incarico di revisione del bilancio ad una società di revisione
(iscritta..), determinandone durata/compenso (sulla base di un regolamento della Consob).
• L’incarico ha durata di 3 esercizi (9 esercizi per le Spa quotate + non è possibile il rinnovo se non sono decorsi 3 anni).
• L’incarico può essere revocato solo per giusta causa (sentito il parere del Collegio + approvata con decreto dal tribunale + diviene efficace
solo con l’approvazione da parte della Consob che, entro 20gg può anche vietarne l’esecuzione per mancanza di giusta causa).
Dopo la Consob notifica il provv alla società che delibera per il conferimento dell’incarico ad altra società di revisione.
• Non possono essere incaricati come revisori: i sindaci di società controllate/coloro che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità e
decadenza dei sindaci.
• Attraverso poteri ispettivi, la Consob ogni 3 anni effettua controlli di qualità, vigilando sull’organizzazione/attività delle società di
revisione, applicando se necessario:
- sanzioni amm pecuniarie.
- vietando alle società di effettuare la revisione per max 5 anni.
• I soggetti incaricati del controllo contabile sono solidalmente resp vs la società/terzi dell’inadempimento dei loro doveri.
- Il Controllo Giudiziario (Art 2409) -
1) Per dare l’avvio al procedimento giudiziario, è sufficiente che vi sia fondato rispetto delle:
a) violazioni degli Amm nell’esercizio dei loro doveri (es: gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno patr alla società).
c) conflitto di interessi/mancata convocazione dell’assemblea per riduzione del cap sociale in caso di perdite.
3) Il procedimento di volontaria giurisdizione viene introdotto con ricorso al tribunale + notificato alla società.
4) Il tribunale deve sentire in camera di consiglio gli Amm/sindaci e (laddove riscontri fondato sospetto di gravi irregolarità) ordina
l’ispezione dell’amministrazione a spese dei soci richiedenti.
5) Da Notare:
a) Il tribunale non può ordinare l’ispezione (+ sospendere per un arco di tempo il procedimento) se l’assemblea sostituisce gli
Amm/sindaci con altri soggetti con magg professionalità (i quali accettano le attuali violazioni e faranno di tutto per eliminarli).
b) Se le violazioni continuano a sussistere, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori + convocare
l’assemblea per le conseguenti deliberazioni.
c) Nei casi più gravi il tribunale può revocare gli Amm/sindaci e nominare un Amministratore Giudiziario, determinandone la
durata/poteri/compenso.
2) Con la separazione patrimoniale si costituisce un nucleo patrimoniale (separato da quello della società) per un tipo di attività
inerente all’oggetto sociale, in cui possono soddisfarsi solo i creditori originati da questa attività separata.
3) Con questa funzione non si crea nessuna nuova società in quanto il soggetto giuridico/organi sono gli stessi, mentre i beni/rapporti
sono indicati distintamente nel bilancio (uno per il patrimonio normale, l’altro per il patrimonio destinato ad uno specifico affare).
- Per ogni patrimonio separato, gli amm redigono un rendiconto separato (allegato al bilancio).
- Per gli Strumenti finanziari è prevista un’assemblea specialeche:
-nomina/revoca i rappr comuni.
-costituisce un fondo per le spese per la tutela.
- gestisce le controversie.
4) Ancora:
a) Il valore del patrimonio sp non può superare il 10% del patrimonio netto della società (al fine di sottrarre ai creditori sociali garanzie
patrimoniali).
c) La deliberazione è adottata dal Consiglio di Amm/Gestione (magg ass) + deposito/iscrizione nel Registro delle imprese (come
deliberazione di modifica dello Statuto).
- Nel termine di 2 mesi dall’iscrizione, i creditori sociali possono fare opposizione se (con la separazione) vengono pregiudicate le loro garanzie patr
- Dal momento della separazione, i creditori sociali non possono più far valere alcun diritto sul patrimonio dello specifico affare.
5) Nel caso in cui cessi l’attività dello specifico affare, gli amm redicono un rendiconto finale + relazione dei sindaci/revisore +
deposito presso l’Ufficio del Registro delle Imprese + dopo i creditori possono chiederne la liquidazione.
6) I creditori societari non possono rifarsi sul patrimonio sp, ma i creditori del patrimonio sp possono rifarsi anche sul patrimonio
della società in tre ipotesi:
- non siano stati rispettati gli obblighi di pubblicità.
- oggetto dell’attività sp illecito/impossibile.
Codice civile
Del lavoro
Delle società
Disposizioni generali (2247-2250)
Della società semplice
Disposizioni generali (2251-2252)
Dei rapporti tra i soci (2253-2265)
Dei rapporti con i terzi (2266-2271)
Dello scioglimento della società (2272-2283)
Dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio (2284-2290)
Della società in nome collettivo (2291-2312)
Della società in accomandita per azioni (2313-2324)
Della società per azioni
Disposizioni generali (2325-2332)
Della costituzione mediante pubblica sottoscrizione (2333-2336)
Dei promotori e soci fondatori (2337-2341)
Dei conferimenti (2342-2345)
Delle azioni (2346-2362)
Degli organi sociali
Dell’assemblea (2363-2379)
Degli amministratori (2380-2396)
Del collegio sindacale (2397-2409)
Delle obbligazioni (2410-2420ter)
Dei libri sociali (2421-2422)
Del bilancio (2423-2435bis)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo (2436-2447)
Dello scioglimento della liquidazione (2448-2457)
Bis (2457bis-2457ter)
Delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici (2458-2460)
Delle società d’interesse nazionale (2461)
Della società in accomandita per azioni (2462-2471)
Della società a responsabilità limitata
Disposizioni generali (2472-2475bis)
Dei conferimenti e delle quote (2476-2483)
Degli organi sociali e dell’amministrazione (2484-2493)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo e dello scioglimento (2494-2497bis)
Della trasformazione, della fusione e della scissione delle società
Della trasformazione delle società (2498-2500)
Della fusione delle società (2501-2504sexies)
Della scissione delle società (2504septies-2504decies)
Delle società costituite all’estero od operanti all’estero (2505-2510)
Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici
Delle imprese cooperative
Disposizioni generali (2511-2517)
Costituzione (2518-2520)
Delle quote e delle azioni (2521-2531)
Degli organi sociali (2532-2536)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo (2537-2538)
Dello scioglimento e della liquidazione (2549-2541)
Dei controlli dell’autorità governativa (2542-2545)
Delle mutue assicuratrici (2546-2548)
Sommario del nuovo articolato del Libro V, titoli V e VI codice civile
CAPO V
Sezione VI – Dell’assemblea
2363 Luogo di convocazione dell’assemblea
2364 Assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza
2364 bis Assemblea ordinaria nelle società con consiglio di sorveglianza
2365 Assemblea straordinaria
2366 Formalità per la convocazione
2367 Convocazione su richiesta di soci
2368 Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni
2369 Seconda convocazione e convocazioni successive
2370 Diritto d’intervento all’assemblea ed esercizio del voto
2371 Presidenza dell'assemblea
2372 Rappresentanza nell'assemblea
2373 Conflitto d'interessi
2374 Rinvio dell'assemblea
2375 Verbale delle deliberazioni dell'assemblea
2376 Assemblee speciali
2377 Annullabilità delle deliberazioni
2378 Procedimento d'impugnazione
2379 Nullità delle deliberazioni
2379 bis Sanatoria della nullità
2379 ter Invalidità delle deliberazioni di aumento o di riduzione del capitale e della
emissione di obbligazioni
Sezione XII
2448 Effetti della pubblicazione nel registro delle imprese
CAPO VI
CAPO VII
CAPO IX
CAPO X
CAPO IX
TITOLO VI
Sezione II - Costituzione
2521 Atto costitutivo
2522 Numero dei soci
2523 Deposito dell'atto costitutivo e iscrizione della società
2524 Variabilità del capitale
CAPO II
scritto
da
*Acquario
Capri*
I titoli di credito in generale
La funzione dei titoli di credito è quella di rendere più semplice, rapida e sicura la circolazione dei diritti di
credito, neutralizzando i rischi e gli inconvenienti che al riguardo presenta la disciplina della cessione del
credito. Essendo le regole di circolazione dei beni mobili più sicure e semplici, si è creato un modello che
consenta di far circolare i crediti secondo regole analoghe a quelle che governano la circolazione dei beni
mobili. La finzione giuridica ritiene che oggetto di circolazione è il documento anziché il diritto menzionato,
mentre in realtà è l’opposto. Nel titolo di credito il diritto è incorporato nel documento e si concretizza in 4
principi cardine:
1) Principio dell’autonomia in sede di circolazione del diritto cartolare (art. 1994 c.c.): chi acquista la
proprietà del documento diventa titolare del diritto in esso menzionato anche se ha acquistato il
titolo a non domino, purché sia in buona fede ed entri in possesso del titolo. Ciò consente di
neutralizzare il rischio che chi trasferisce il credito non sia titolare dello stesso;
2) Principi della letteralità e dell’autonomia in sede di esercizio del diritto cartolare (art. 1993 c.c.): chi
acquista un titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è determinato esclusivamente dal
tenore letterale del documento. Acquista un diritto che è di regola immune dalle eccezioni fondate
sui rapporti personali intercorsi fra debitore e precedenti possessori del titolo. Ciò consente di
superare il rischio di vedersi opposte tutte le eccezioni che il debitore poteva opporre al cedente;
3) Principio della legittimazione: chi ha conseguito il possesso materiale del titolo di credito nelle forme
prescritte dalla legge è legittimato all’esercizio del diritto cartolare.
Pegno, sequestro, pignoramento devono essere effettuati sul titolo e non hanno effetto se non risultano dal
titolo (art. 1997 c.c.).
Il titolo di credito è un documento necessario e sufficiente per la costituzione, la circolazione e l’esercizio del
diritto letterale ed autonomo in esso incorporato.
Titolare del diritto cartolare è il proprietario del titolo, legittimato al suo esercizio è il possessore del titolo
nelle forme prescritte dalla legge. Di solito queste 2 figure circolano congiuntamente e coincidono nella
stessa persona.
Ci possono essere 3 tipi di circolazione:
a) Circolazione regolare
Il titolo viene trasferito dall’attuale proprietario ad altro soggetto in forza di un valido negozio di
trasmissione, che di regola trova fondamento in un preesistente rapporto causale fra le parti. Chi trasferisce
la proprietà del titolo dovrà consegnarlo ed adempiere le eventuali altre formalità necessarie per attribuire
all’acquirente la legittimazione all’esercizio del relativo diritto. Il solo consenso è sufficiente per il
trasferimento della proprietà del titolo ed il conseguente acquisto della titolarità del diritto;
b) Circolazione irregolare
La circolazione del titolo non è sorretta da un valido negozio di trasferimento. Se il titolo viene rubato, il
ladro non acquista la proprietà e la titolarità del diritto ma ha la possibilità di esercitarlo e di far circolare
ulteriormente il titolo. Chi ha perso il titolo può esercitare azione di rivendicazione e, se si tratta di titoli
all’ordine o nominativi, ottenere un surrogato del titolo smarrito o distrutto. Tutto ciò finquando il titolo non
perviene nelle mani di un terzo in buona fede (art. 1994 c.c.: “Chi ha acquistato in buona fede il possesso di
un titolo di credito, in conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a
rivendicazione.”). Quindi purché si perfezioni l’acquisto a non domino di un titolo di credito devono ricorrere
3 presupposti: un negozio astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del titolo, l’investitura
dell’acquirente nel possesso del titolo con l’osservanza delle formalità prescritte dalla relativa legge di
circolazione e la buona fede dell’acquirente;
c) Circolazione impropria
La circolazione avviene nella forma e con gli effetti della cessione e l’oggetto immediato del trasferimento è il
diritto cartolare non la proprietà del titolo.
Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo,
purché sia legittimato nelle forme prescritte dalla legge. Il debitore, che senza dolo o colpa grave adempie la
prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se questi non è il titolare del diritto.
L’ammortamento è uno speciale procedimento diretto ad ottenere la dichiarazione giudiziale che il titolo
originario non è più strumento di legittimazione. Chi ha ottenuto l'ammortamento, su presentazione del
decreto e di un certificato del cancelliere del tribunale comprovante che non fu interposta opposizione, può
esigere il pagamento o, qualora il titolo sia in bianco o non sia ancora scaduto, può ottenere un duplicato.
In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, il possessore può farne denunzia al debitore e
chiedere l'ammortamento del titolo con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui il titolo è pagabile.
Il ricorso deve indicare i requisiti essenziali del titolo e, se si tratta di titolo in bianco, quelli sufficienti a
identificarlo. Il presidente del tribunale, premessi gli opportuni accertamenti sulla verità dei fatti e sul diritto
del possessore, pronunzia con decreto l'ammortamento che deve essere notificato al debitore e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica a cura del ricorrente. Nonostante la denunzia, il pagamento fatto al
detentore prima della notificazione del decreto libera il debitore. È autorizzato il pagamento del titolo dopo
30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, purché nel
frattempo non sia fatta opposizione dal detentore. L'opposizione del detentore deve essere proposta davanti
al tribunale che ha pronunziato l'ammortamento, con citazione da notificarsi al ricorrente e al debitore. Se
l'opposizione è respinta, il titolo è consegnato a chi ha ottenuto l'ammortamento. Trascorso senza
opposizione il termine, il titolo non ha più efficacia, salve le ragioni del detentore verso chi ha ottenuto
l'ammortamento.
La procedura di ammortamento non è prevista per i titoli al portatore. Il possessore del titolo al portatore,
che ne provi la distruzione, ha diritto di chiedere all'emittente il rilascio di un duplicato o di un titolo
equivalente. Tuttavia chi denunzia all'emittente lo smarrimento o la sottrazione d'un titolo al portatore e
gliene fornisce la prova ha diritto alla prestazione e agli accessori della medesima, decorso il termine di
prescrizione del titolo.
I documenti di legittimazione servono solo a identificare l'avente diritto alla prestazione. I titoli impropri
servono a consentire il trasferimento del diritto senza l'osservanza delle forme proprie della cessione ma con
gli effetti di quest’ultimo. A questi 2 non è applicabile la disciplina dei titoli di credito ma solo l’art. 1992.
Il fallimento
Il fallimento è una procedura giudiziaria che mira a liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente,
opportunamente reintegrato, e a ripartirne il ricavato fra i creditori, secondo criteri ispirati dal trincio della
parità di trattamento.
A. LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
I presupposti per la dichiarazione di fallimento sono:
a) la qualità di imprenditore commerciale non piccolo del debitore;
b) lo stato d’insolvenza dello stesso.
Il fallimento è sostituito dalla liquidazione coatta amministrativa per alcune categorie di imprenditori
commerciali individuate da leggi speciali. Cede il passo all’amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in stato d’insolvenza quando ricorrono i presupposti specifici per l’applicazione di tale procedura.
L’imprenditore versa in stato d’insolvenza quando non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie
obbligazioni. Presupposto oggettivo è una situazione patologica ed irreversibile che coinvolge l’intero
patrimonio dell’imprenditore e non gli consente di soddisfare le obbligazioni assunte.
L’insolvenza si manifesta di regola con l’inadempimento di una o più obbligazioni o attraverso fattori
esteriori. Insolvenza è una situazione del patrimonio del debitore. Inadempimento è un fatto che rileva come
uno dei possibili indici dello stato d’insolvenza.
2. Il giudice delegato
Dirige le operazioni del fallimento e vigila sull’operato del curatore e di chiunque presti la propria opera
nell’interesse del fallimento. Le sue funzioni sono:
a) nominare il comitato dei creditori;
b) procedere alla formazione dello stato passivo del fallimento e renderlo esecutivo con proprio decreto;
c) autorizzare il curatore a compiere gli atti di straordinaria amministrazione ed a stare in giudizio;
d) decidere sui reclami contro gli atti del curatore;
e) adottare provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio.
Tutti i provvedimenti del giudice delegato sono adottati con decreto. Contro i decreti tutti possono opporsi
dinanzi al tribunale fallimentare entro 3 giorni. Il reclamo non sospende l’esecuzione ma costituisce il solo
rimedio contro i decreti del giudice delegato.
3. Il curatore
È l’organo preposto all’amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice delegato.
Ha la qualità di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Entro 1 mese dalla dichiarazione di
fallimento il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause del
dissesto e sulle eventuali responsabilità del fallito. La funzione centrale del curatore è di conservare, gestire e
realizzare il patrimonio fallimentare. Per alcuni atti è necessaria l’autorizzazione scritta del giudice delegato.
La delega delle attribuzioni è ammessa solo per singole operazioni. Il curatore deve adempiere con diligenza i
doveri del proprio ufficio. È tenuto al risarcimento dei danni causato dalla sua gestione. Contro i suoi atti si
può opporre reclamo al giudice delegato. Contro decreto del giudice è ammesso il ricorso al tribunale. Il
curatore può essere revocato dal tribunale. Ha diritto ad un compenso per l’attività svolta.
Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Dalla sua data i creditori del fallito
diventano creditori concorsuali che acquistano il diritto di partecipare alla ripartizione dell’attivo solo in
seguito all’accertamento giudiziale del loro credito. I creditori concorsuali si dividono in:
- creditori chirografari: partecipano solo alla ripartizione dell’attivo fallimentare in proporzione ai loro
crediti;
- creditori privilegiati: hanno diritto di prelazione sul ricavato della vendita del bene oggetto della loro
garanzia per il capitale, gli interessi e le spese;
- creditori della massa: diventano creditori del fallito dopo la dichiarazione del fallimento per atti
legalmente compiuti dagli organi fallimentari e devono essere soddisfatti in prededuzione.
Con il fallimento all’esecuzione individuale sui beni del debitore, si sostituisce l’esecuzione collettiva
fallimentare. Ogni credito dev’essere accertato giudizialmente nell’ambito del fallimento, secondo le norme
fissate per la formazione dello stato passivo. Dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione
esecutiva individuale può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento. I creditori garantiti da
pegno o assistiti da privilegio speciale su mobili con diritto di ritenzione possono essere autorizzati dal
giudice delegato alla vendita dei beni vincolanti. Le banche possono iniziare o proseguire l’azione esecutiva
individuale sugli immobili ipotecati a garanzia di operazioni di alcuni tipi di credito.
Tutti i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti agli effetti del concorso alla data di dichiarazione del
fallimento. La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali e legali, fino alla
chiusura del fallimento. La compensazione dei debiti del fallito con i creditori è ammessa anche se il credito
verso il fallito non è scaduto prima della dichiarazione di fallimento ma entrambi i crediti devono essere
anteriori alla dichiarazione di fallimento. La compensazione non ha luogo se il credito verso il fallito è stato
acquistato per atto fra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore. Il creditore concorre nel
fallimento di ciascuno dei coobbligati per l’intero credito ancora vantato alla data di dichiarazione di
fallimento fino al totale pagamento, ferma restando la possibilità di agire anche nei confronti dei coobbligati
in bonis. I diritti che spettano ai coobbligati verso il fallito, per effetto dell’azione di regresso, vanno a
beneficio del creditore finquando questi non sia integralmente soddisfatto.
Nel periodo che intercorre tra il momento in cui si manifesta lo stato d’insolvenza e quello in cui è dichiarato
il fallimento, l’imprenditore può aver compiuto una serie di atti che alterano l’integrità del proprio
patrimonio ed arrecano pregiudizio ai creditori. Ciò è risolto con le disposizioni che regolano l’azione
revocatoria. Il curatore, nell’interesse di tutti i creditori, può ottenere dal giudice che siano dichiarati
inefficaci nei confronti dei creditori gli atti di disposizione del patrimonio coi quali il debitore rechi
pregiudizio alle loro ragioni e che si soddisfino sui relativi beni come se gli stessi non fossero mai usciti dal
patrimonio del debitore. Tutti gli atti posti in essere dall’imprenditore in stato d’insolvenza si presumono
pregiudizievoli per i creditori perché idonei quanto meno ad alterare la par condicio creditorum. Presupposti
per la revocatoria fallimentare sono lo stato d’insolvenza dell’imprenditore e la conoscenza dello stato
d’insolvenza da parte del terzo. Gli atti posti in essere dall’imprenditore uno o due anni prima della
dichiarazione di fallimento si presumono compiuti in stato d’insolvenza. Per alcuni atti è posta anche una
presunzione relativa di conoscenza dello stato d’insolvenza da parte del terzo. L’atto di disposizione revocato
resta valido ma è inefficace nei confronti della massa dei creditori. All’azione revocatoria fallimentare è
applicabile la prescrizione quinquennale ed il termine comincia a decorrere dalla data di dichiarazione del
fallimento. Ci sono alcuni atti senz’altro privi di effetti nei confronti dei creditori:
a) atti a titolo gratuito compiuti nei 2 anni anteriori alla dichiarazione;
b) pagamenti di debiti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o successivamente, se
compiuti nei 2 anni anteriori alla dichiarazione.
Altri atti sono revocabili in seguito ad azione giudiziaria promossa dal curatore:
a) atti per i quali la conoscenza dello stato d’insolvenza si presume: atti anormali di gestione compiuti
nei 2 anni o nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento (atti a titolo oneroso caratterizzati da
una notevole proposizione fra le prestazioni del fallito e della controparte, pagamenti di debiti
effettuati con mezzi anomali di pagamento, pegni, anticresi ed ipoteche costituite per debiti
preesistenti non scaduti, ipoteche giudiziarie per debiti preesistenti ma scaduti);
b) atti per i quali il curatore deve provare che il terzo conosceva lo stato d’insolvenza: atti a titolo
oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Sono sottratte dalla disciplina della revocatoria alcune operazioni di finanziamento bancario.
Il fallimento produce degli effetti sui contratti in corso di esecuzione ma essi dipendono dal tipo di contratto:
1. Contratti che si sciolgono di diritto:
- contratti di borsa su merci o titoli;
- associazione in partecipazione in caso di fallimento dell’associante;
- contratti di conto corrente, mandato e commissione;
- contratto di appalto;
2. Contratti che continuano ma il curatore ne subentra ex lege:
- contratto di locazione di immobili;
- contratto di assicurazione contro i danni in caso di fallimento dell’assicurato;
- contratto di edizione;
- contratto di cessione di crediti d’impresa.
3. Contratti che restano sospesi e il curatore decide se scioglierli o continuarli:
- contratto di vendita (anche a termine e a rate);
- contratto di somministrazione.
Per quanto riguarda i contratti non regolati, ove non occorre l’analogia con le figure regolate, deve trovare
applicazione la più elastica delle 3 regole.
Si può avere una continuazione dell’attività quando ciò è funzionale ad una migliore liquidazione del
complesso aziendale o si spera di venderlo in blocco. Ciò avviene con:
a) la continuazione temporanea: è disposta con provvedimento urgente dal tribunale, sentito il
curatore, quando l’interruzione improvvisa può provocare un danno irreparabile;
b) l’esercizio provvisorio: è disposto (e revocato) dal tribunale, solo se il comitato dei creditori si
pronunzia favorevolmente e indica le condizioni di ripresa.
c) l’affitto dell’azienda.
La liquidazione dell’attivo inizia dopo che lo stato passivo è stato reso esecutivo. Ad essa provvede il curatore.
Per i beni mobili ci sono varie scelte. La vendita dei beni immobili avviene di regola all’incanto ma può
avvenire senza incanto se il giudice la ritiene più vantaggiosa. Le somme che si rendono via via disponibili
sono ripartite fra i creditori. Si provvede al pagamento delle spese sostenute. Quanto residua è destinato al
pagamento dei creditori concorrenti ammessi con diritto di prelazione sulle cose vendute. Quanto residua
ulteriormente è destinato al pagamento dei creditori chirografari e privilegiati. Per le ripartizioni parziali il
curatore presenta ogni 2 mesi al giudice delegato un progetto di ripartizione delle somme disponibili. Il
giudice delegato stabilisce con decreto il piano di riparto e lo rende esecutivo. Le ripartizioni parziali non
possono superare i 90% delle somme disponibili. Il 10% va agli imprevisti. Esaurita la liquidazione, il
curatore rende al giudice delegato il conto della sua gestione che dev’essere approvato. Infine viene liquidato
il compenso al curatore e si procede alla ripartizione finale dell’attivo.
La procedura fallimentare può essere svolta con maggiore semplicità quando l’ammontare complessivo delle
passività non supera £ 1.500.000.
Nei soci a responsabilità limitata il fallimento comporta che il giudice delegato può ingiungere loro di
eseguire i conferimenti ancora dovuti. Nelle società lucrative con soci a responsabilità illimitata, il fallimento
produce anche il fallimento dei soci a responsabilità illimitata. Il fallimento dei soci consegue
automaticamente al fallimento della società. Quest’ultimo determina anche il fallimento dei soci la cui
esistenza è successivamente accertata. Anche la società occulta e quella apparente sono soggette a fallimento.
Il fallimento dei soci può essere dichiarato solo entro l’anno dallo scioglimento del rapporto sociale.
Al fallimento della società partecipano solo i creditori sociali. Al fallimento dei singoli soci concorrono sia i
creditori sociali che quelli particolari. Il concordato fallimentare della società ha efficacia anche per i soci e fa
chiudere anche i loro fallimenti.
Il concordato preventivo
L’imprenditore che si trova in uno stato d’insolvenza può evitare il fallimento regolando mediante concordato
preventivo i rapporti con i creditori. Ciò può essere attuato prima che sia dichiarato il fallimento e serve ad
evitare lo stesso. È un concordato giudiziale, poiché è necessaria l’omologazione del tribunale per il suo
perfezionamento, e di massa, poiché è produttivo di effetti per tutti i creditori anteriori. La legge fissa
particolari condizioni soggettive ed oggettive di ammissibilità alla procedura: sono ammessi gli imprenditori
meritevoli per aver svolto in modo corretto la loro attività e che devono poter pagare anche almeno il 40% dei
creditori chirografari. È ammesso l’imprenditore che da almeno un biennio è iscritto nel registro delle
imprese ed ha tenuto una regolare contabilità, nei 5 anni precedenti non è stato dichiarato fallito o ammesso
ad altra procedura di concordato preventivo, non è stato condannato per bancarotta fraudolenta o per altri
delitti simili. Ci sono 2 tipi di concordato:
1. Concordato con garanzia
Il debitore deve offrire serie garanzie reali o personali di pagare per intero i creditori privilegiati ed almeno il
40% ai creditori chirografari entro 6 mesi dall’omologazione del concordato;
2. Concordato con cessione
Il debitore deve offrire la cessione di tutti i suoi beni assoggettabili.
La procedura inizia con la domanda di ammissione e alcuni allegati del debitore presentata con ricorso al
tribunale. Il tribunale svolge una prima indagine volta ad accertare se ricorrono le condizioni soggettive ed
oggettive richieste dalla legge e valuta la consistenza dell’attivo. Se l’accertamento ha esito negativo, il
tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato e con sentenza dichiara di ufficio il fallimento. Se
ha esito positivo, è dichiarata l’apertura della procedura, sono designati il giudice delegato ed un
commissario giudiziale ed è ordinata la convocazione dei creditori. Il debitore conserva l’amministrazione dei
suoi beni e continua l’esercizio dell’impresa. È necessaria l’autorizzazione del giudice delegato per gli atti che
eccedono l’ordinaria amministrazione se no sono inefficaci. Gli effetti per i creditori anteriori sono uguali a
quelli del fallimento. Non è applicata la disciplina della revocatoria fallimentare.
Non c’è il preventivo accertamento giudiziario dello stato passivo. Il commissario giudiziale convoca i
creditori sulla base di un elenco del debitore. Il commissario redige l’inventario e una relazione sul dissesto.
L’approvazione del concordato preventivo avviene in apposita adunanza dei creditori. Ogni contestazione è
decisa ai soli fini dell’ammissione al voto e del calcolo delle maggioranze dal giudice delegato. Il concordato
preventivo è approvato se riporta il voto favorevole della maggioranza dei creditori votanti che rappresentano
i due terzi dei crediti ammessi al voto. Se la proposta è respinta il tribunale dichiara il fallimento. Se le
maggioranza sono raggiunte si apre il giudizio di omologazione dove il tribunale controlla la convenienza
economica per i creditori, la sicurezza delle garanzie offerte o la sufficienza dei beni ceduti e la meritevolezza
dell’imprenditore. Se i risultati sono negativo il tribunale dichiara fallimento, se no omologa con sentenza il
concordato.
Il concordato viene eseguito sotto la sorveglianza del commissario. Nel caso di cessione il tribunale nomina
uno o più liquidatori ed un comitato di creditori per assistere alla liquidazione. Il concordato può essere
risolto o annullato negli stessi casi del concordato fallimentare.
L’amministrazione controllata
L’amministrazione controllata consente all’imprenditore che si trova in una situazione di crisi temporanea e
reversibile, in una situazione di temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, di superare tale
situazione attraverso il risanamento economico e finanziario dell’impresa nell’interesse preminente degli
stessi creditori, se esistono comprovate possibilità di risanare l’impresa. L’amministrazione controllata è un
beneficio riservato agli imprenditori meritevoli per aver svolto la loro attività in modo corretto.
La procedura inizia con la domanda di ammissione rivolta dal debitore al tribunale. Con essa egli chiede una
dilazione dei pagamenti per un periodo massimo di 2 anni nonché il controllo della gestione della sua
impresa e dell’amministrazione dei suoi beni a tutela degli interessi dei creditori.
Il tribunale controlla se ricorrono le condizioni della legge, valuta la meritevolezza dell’imprenditore e si
pronunzia con decreto non soggetto a reclamo. Se la domanda è accolta, con lo stesso decreto sono nominati
il giudice delegato e il commissario giudiziale, sono convocati i creditori per la votazione…
L’approvazione dei creditori è disciplinata da norme analoghe del concordato preventivo ma è sufficiente il
voto favorevole della maggioranza dei creditori chirografari che rappresentano la maggioranza dei crediti e si
tiene conto dei voti pervenuti per corrispondenza.
Se la procedura si consolida il giudice delegato nomina 3 o 5 creditori che assistono il commissario giudiziale;
se no cessano gli effetti del decreto di ammissione alla procedura ed il tribunale può dichiarare fallimento se
il dissesto è definitivo ed irreversibile.
L’imprenditore conserva la gestione dell’impresa e l’amministrazione del suo patrimonio sotto la direzione
del giudice delegato e la vigilanza del commissario giudiziale a cui il tribunale può tuttavia affidarla. I
creditori anteriori alla procedura non possono iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del
debitore né possono acquistare diritti di prelazione. Continuano a decorrere gli interessi legali e
convenzionali. I rapporti in corso di svolgimento continuano. In caso di ammissione alla procedura di una
società gli effetti non si estendono ai soci illimitatamente responsabili.
La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale a carattere amministrativo cui sono
assoggettate determinate categorie di imprese. Può essere disposta non solo quando vi è lo stato d’insolvenza
ma anche per gravi irregolarità di gestione o per violazione di norme di legge o regolamentari. L’autorità
competente a disporre la liquidazione coatta non è mai l’autorità giudiziaria, bensì l’autorità amministrativa.
Obiettivo della liquidazione coatta è l’eliminazione dal mercato dell’impresa colpita dal relativo
provvedimento. Le imprese soggette a liquidazione coatta sono sottratte al fallimento. Solo in alcuni casi
sono ammesse entrambe le procedure e si risolve il conflitto fra le stesse secondo il criterio della prevenzione.
La liquidazione coatta amministrativa è disposta con decreto dell’autorità governativa che ha la vigilanza
sull’impresa. Entro 10 giorni dalla sua data, dev’essere pubblicato e depositato per l’iscrizione all’ufficio del
registro delle imprese. L’autorità governativa nomina il commissario liquidatore (svolge l’attività di
liquidazione)ed il comitato di sorveglianza (con funzioni consultive e di controllo). L’autorità giudiziaria
accerta lo stato d’insolvenza. L’accertamento preventivo dello stato d’insolvenza di un’impresa privata può
essere richiesto solo dai creditori. L’accertamento preventivo dello stato d’insolvenza di un’impresa che si
trova già in liquidazione coatta può essere richiesto solo dal commissario liquidatore o dal pubblico
ministero. In entrambi i casi l’insolvenza è dichiarata con sentenza. Gli effetti sono uguali a quelli del
fallimento sul patrimonio del debitore. Solo se è stato accertato lo stato d’insolvenza trovano applicazione le
norme della legge fallimentare relative agli atti pregiudizievoli ai creditori e le sanzioni penali disposte per il
fallimento. La liquidazione amministrativa non si estende ai soci illimitatamente responsabili a cui invece si
applica la disciplina della revocatoria fallimentare.
L’accertamento dello stato passivo, la liquidazione dell’attivo e il riparto del ricavato fra i creditori
concorrenti si svolgono in sede amministrativa. Lo stato passivo è formato d’ufficio dal commissario
liquidatore ed è da lui depositato nella cancelleria del tribunale. A questo punto si può aprire una fase
contenziosa. Alla liquidazione dell’attivo vi provvede il commissario. Per la sua ripartizione valgono criteri
analoghi a quelli dettati per il fallimento. Prima dell’ultimo riparto il commissario liquidatore deve
sottoporre all’autorità amministrativa di vigilanza il bilancio finale di liquidazione con il conto della gestione
ed il piano di riparto fra creditori. In mancanza di contestazioni il bilancio ed il piano di riparto s’intendono
approvati. Il commissario provvede alla ripartizione finale e all’iscrizione della cancellazione della società nel
registro delle imprese. La liquidazione coatta amministrativa si può concludere anche mediante concordato
ma non è richiesta l’approvazione dei creditori, è approvata direttamente dal tribunale.
TITOLI DI CREDITO
• TITOLI DI CREDITO (introduzione)
o La legittimazione cartolare
o La struttura del diritto cartolare; titoli semplici e complessi. Diritto principale e diritti
accessori
Titoli al portatore
Titoli all’ordine
Titoli nominativi
Titoli al portatore
• TITOLI CAMBIARI
o L’azione di regresso
• LA CAMBIALE
o Pagamento cambiario
o La cambiale di rivalsa
o Intervento cambiario
La nozione di titoli di credito comprende una serie variegata di documenti, quali ad esempio la
cambiale, l’assegno, le azioni e le obbligazioni.
Il titolo di credito è lo strumento volto a favorire la mobilizzazione dei diritti di credito, tutelando
l’acquirente contro i rischi insiti nel ricorso allo strumento generale della cessione di cui agli artt. 1262 e
ss., originato dal principio proprio secondo il quale l’acquirente non può acquisire posizione diversa da
quella del suo dante causa. Questo implica che:
a. Che se l’alienante non è titolare del credito ceduto, o lo stesso non è sorto o è stato già oggetto
d’una precedente cessione opponibili, allora nessun effetto acquisitivo si produce per il
cessionario.
L’eliminazione di questi inconvenienti è data dall’estensione alla circolazione dei crediti della disciplina,
tipica della circolazione dei beni mobili, che garantisce all’acquirente in buona fede l’acquisto della
titolarità del bene pur in difetto della stessa. Questo è dovuto alla nascita del credito cartolare, che
origina da una dichiarazione unilaterale con la quale chi è gravato dell’obbligazione nei confronti di un
altro soggetto, in base ad un rapporto tipico, ne trasfonde i termini essenziali in un documento, con il
quale s’impegna ad eseguire la prestazione stabilita, a favore del possessore del titolo.
• Letteralità: le risultanze del documento segnano i limiti della pretesa azionabile dal portatore.
Le eccezioni opponibili sono fondate sul contesto letterale. La letteralità può essere:
o Diretta quando il documento contiene tutti gli elementi utili ad individuare il contenuto
della pretesa
• Autonomia: indipendenza della posizione di ciascun portatore del titolo da quella del portatore
precedente, sia per la titolarità del diritto che per il contenuto di esso. L’autonomia implica
l’inopponibilità al possessore delle eccezioni fondate sui rapporti tra debitore e portatore
precedente, questo trova spiegazione sulla particolare modalità di acquisto a titolo originario.
Alla disciplina generale di tali titoli si affianca una disciplina speciale. La disciplina generale oltre ad
integrare le norme del codice e delle leggi speciali riservate a particolari figure di titoli di credito tipiche,
offre anche una disciplina minima alle figure create dall’autonomia privata.
Nel nostro ordinamento prevale il principio della libertà di emissione dei titoli di credito.
Titoli di credito: rapporto cartolare e rapporto fondamentale
• Cartolare: scaturisce dal rilascio del titolo, differenziato dal primo per la sua fonte (sottoscrizione
documento), per il suo contenuto (“lettera” del documento) e per l’individuazione del creditore.
Il collegamento fra rapporto fondamentale e cartolare sta nel c.d. contratto di rilascio, cioè l’accordo tra
debitore e creditore con il quale si conviene la sottoscrizione e la consegna del titolo; i due rapporti
coincidono solo in capo al primo prenditore, mentre successivamente divergono in quanto il
trasferimento del titolo non comporta il trasferimento del credito causale. Ciò implica che l’obbligazione
cartolare si presenta come astratta nei confronti del terzo portatore.
Per evitare il doppio pagamento, l’esercizio dell’azione causale è subordinato alla restituzione del
documento. A seconda che dalla lettera del documento sia individuabile o meno il rapporto
fondamentale, i titoli di credito si dividono in:
La legittimazione cartolare
Accanto alla titolarità del credito cartolare, riconosciuta al proprietario del documento, la legge
attribuisce al possessore del documento la legittimazione attiva (art 1992) che gli riconosce il diritto alla
prestazione in esso indicata verso presentazione del titolo; purché legittimato nelle forme previste dalla
legge (titoli al portatore, titoli all’ordine e titoli nominativi).
Alla legittimazione attiva si contrappone la legittimazione passiva in quanto il debitore cartolare, a meno
che non via sia dolo o colpa grave, è liberato se adempie alle prestazioni nelle mani del portatore,
anche se questi non è titolare del diritto.
La legittimazione è un mezzo tecnico per facilitare l’esercizio del diritto cartolare; il possesso del titolo è
condizione necessaria e sufficiente affinché il diritto cartolare venga esercitato.
I titoli possono essere distinti in titoli a legittimazione:
• Reale esercizio del diritto cartolare spetta a chiunque si trovi in possesso del titolo.
La possibilità di pretendere la prestazione, in base al possesso del titolo è propria anche di altri
documenti diversi dai titoli di credito: si tratta di documenti di legittimazione che servono, ad individuare
l’avente diritto alla prestazione (es. biglietto del cinema) e per i c.d. titoli impropri, a consentire il
trasferimento del diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione. I documenti di
legittimazione sono emessi in connessione a contrattazioni che hanno carattere di massa (spettacoli
pubblici, trasporti) in cui l’intervallo tra emissione e conclusione del contratto rende necessario ricorrere
ad un mezzo convenzionale per l’individuazione del creditore. Tali documenti si differenziano dai titoli di
credito per l’assenza dell’incorporazione, in quanto il diritto alla prestazione trova fonte e disciplina nel
contratto originario e non nella proprietà del documento, che ha la sola funzione di riconoscimento del
contraente. I titoli impropri condividono con i titoli di credito la funzione di agevolare la circolazione dei
crediti.
Riassunti scritti da GennaroAcquario1980 (acquario.80@libero.it). Disponibili tutti i riassunti di Giurisprudenza.
L’esercizio del diritto cartolare: le eccezioni reali e le eccezioni personali
Eccezioni reali - Sono elencate in modo tassativo nell’art.1993 c1 e sono caratterizzate dal fatto di
essere opponibili a qualsiasi portatore, esse sono:
• Eccezioni di forma: limitazioni che l’ordinamento pone all’autonomia privata, imponendo che la
dichiarazione cartolare debba avere un contenuto determinato, pena l’inefficacia del titolo.
• Fondate sul contesto letterale del titolo: non si basa solo sull’ipotesi di divario tra contesto
attuale del titolo e le pretese del portatore, ma soprattutto sull’ipotesi di divario tra le pretese del
portatore ed il contesto originario del titolo al momento del rilascio al primo prenditore?
alterazione del titolo
• Falsità di firma: non riferibilità psicologica della sottoscrizione a colui il cui nome appare sul
titolo; rientrano in questa categoria le ipotesi in cui pur non vi è contraffazione materiale della
firma (omonimia), ma ne restano escluse le ipotesi di falso materia attuato in conformità della
volontà del soggetto (imitazione firma altrui)
• Difetto di capacità: è esteso a tutte le ipotesi d’esclusione o limitazione della capacità legale,
con riferimento all’obbligazione cartolare; questa non si riferisce ad incapacità naturale, poiché
non conoscibile dai pubblici registri.
• Difetto di rappresentanza: si sostanzia in un rinvio alla disciplina dell’agire in nome e per conto
altrui dell’artt. 1392 ss. c.c., può essere sanata con l’eventuale ratifica, da parte del soggetto il
cui nome appare speso nel contesto del titolo. Questa disciplina generale va coordinata con le
particolari caratteristiche del titolo di credito. Es. l’eccesso di potere sarà eccepibile solo se
rilevabile in base al raffronto tra i termine della procura ed il contesto del titolo.
Sia il difetto di capacità sia quello di rappresentanza rilevano in quanto esistenti al momento dell’emissione del
titolo, anche se sottoscritto in precedenza, costituendo in questo momento l’ultimo in cui il sottoscrittore può
revocare l’impegno cartolare distruggendo il titolo, o cmq non mettendolo in circolazione.
• Mancanza delle condizioni necessarie per esercizio dell’azione: sono tutte le ipotesi in cui la
legge, o l’autonomia privata, condizionino, mediante apposita indicazione sul titolo, l’esercizio
del diritto cartolare; es. disponibilità del portatore alla contestuale restituzione del titolo.
Eccezioni personali - Sono eccezioni opponibili solo ad un determinato portatore (art. 1993 eccezioni
opponibili). Si ritiene che la categoria si suddivida in due sub categorie che sono:
• Eccezioni fondate su un rapporto personale con il debitore: si ricollegano a tutti quei rapporti
intercorsi con un determinato portatore che siano idonei ad incidere negativamente sulla
pretesa cartolare (dilazione del termine, compensazione ecc.). In genere tali eccezioni sono
opponibili al portatore con il quale è intercorso il rapporto personale che ne costituisce il
fondamento; esse si propagano al portatore successivo se questo ha agito intenzionalmente a
danno del debitore al momento dell’acquisto del titolo.
Ciò che è importante non è la semplice conoscenza dell’esistenza delle eccezioni, bensì il dolo
cioè la collusione con il portatore precedente.
o Essere entrati in possesso del titolo senza un contratto di rilascio o di trasmissione (in
base ad un contratto nullo o annullato)
o Dal difetto di proprietà del precedente possessore, salva la buona fede del portatore
attuale acquirente a non dominio.
Formazione dei titoli di credito
Il titolo di credito nasce con la sottoscrizione autografa del documento, ma non necessariamente
leggibile, essendo sufficiente un segno grafico che consenta di risalire al sottoscrittore.
• Titolo bianco: quando, già sottoscritto il titolo, la sua stesura totale/completamento spetta al
portatore.
• Titolo incompleto: ad esso è applicata la medesima disciplina dei casi precedenti, è quel titolo
sottoscritto ma ancora privo di degli estremi atti ad individuare l’obbligazione cartolare
• In caso di incapacità legale, totale o parziale, la sottoscrizione del titolo a cura del legale
rappresentante dovrà avvenire facendo risultare dallo stesso tale qualità così da evitare la
responsabilità derivante da una firma in proprio.
• La sottoscrizione tramite rappresentante dovrà avvenire attraverso la spendita del nome del
rappresentato, la quale deve in ogni caso risultare dal testo cartolare
• Titoli individuali: sottoscrizione del titolo di credito connessa ad un’operazione intervenuta con
uno o più soggetti determinati, es. cambiale.
• Titoli di massa: sottoscrizione del titolo di credito connessa ad un’operazione intervenuta con
la massa del pubblico di risparmiatori, es. azioni ed obbligazioni.
L’art. 1993 detta i requisiti necessari per la valida formazione del titolo, e sono:
• L’uso d’espressione o indicazioni determinate nel caso di titoli formali la cui omissione comporta
la nullità.
La struttura del diritto cartolare; titoli semplici e complessi. Diritto principale e diritti accessori
• Titoli semplici: struttura semplice, soddisfazione unico interesse -->> possibile adempiere uno
actu con restituzione del documento (cambiale).
• Titoli complessi: struttura complessa con pluralità di pretese; è possibile la restituzione del
titolo solo se sono state soddisfatte tutte le pretese.
• Sono diversi dai titoli caratterizzati da pretesa principale e pretese accessorie -->> ad essi sono
annesse le cedole al cui distacco e consegna al debitore è subordinato il loro esercizio; con
finalità di facilitare l’esercizio e negoziazione delle singole pretese inerenti al titolo complesso e
alle prestazioni accessorie.
• Volontaria: se fondata su un valido contratto di rilascio che comporta l’acquisto sia della
proprietà, nonché della titolarità, sia del possesso del titolo e quindi della legittimazione.
• Involontaria: quando manca il contratto di rilascio, ed in tal caso si avrà solo l’acquisto del
possesso e quindi della sola legittimazione. La scissione che esiste fra proprietà del titolo (che
rimane al vecchio portatore) e possesso qualificato (quindi legittimazione cartolare) può essere
sanato, a norma dell’art.1194 – effetti del possesso in buona fede - chi ha acquistato in buona
fede il possesso di un titolo di credito, in conformità alle norme che ne disciplinano la
circolazione, non è soggetto a rivendicazione.
Anche la circolazione successiva può assumere gli stessi aspetti, a seconda che il passaggio del
possesso sia accompagnato o meno da un valido contratto di trasmissione, si parlerà di circolazione
volontaria o involontaria.
Il fatto che il diritto cartolare circoli secondo i principi dell’acquisto a titolo originario, con conseguente
insensibilità della posizione del portatore alle eccezioni personali dei precedenti, non esclude che
questo diritto possa formare oggetto di una trasferimento a titolo derivato. Questo tipo di circolazione è
detta impropria e si verifica solo:
• nel caso in cui la legge dichiari espressamente il trasferimento del titolo soggetto alle regole
della cessione.
Tuttavia, poiché la cessione ordinaria deve avvenire accompagnata dalla consegna del documento
probatorio, la circolazione impropria non si potrà mai avere per i titoli al portatore e per i titoli all’ordine
girati in bianco.
1. titoli al portatore;
2. titoli all’ordine;
3. titoli nominativi.
La scelta di un tipo piuttosto che un altro, può essere modificata attraverso l’istituto di conversione del
titolo che consente di modificare la legge di circolazione fissata; da notare che tale modifica non può
avvenire unilateralmente dal portatore ma solo, su sua richiesta, dall’emittente.
Titoli al portatore
La legittimazione si ha con la semplice detenzione del titolo di credito. Per il trasferimento della titolarità
e sufficiente la consegna pura e semplice. Sono titoli di credito al portatore i titoli emessi in serie, ad
esempio le obbligazioni di società.
La libertà riconosciuta per l’emissione di titoli atipici trova un limite, all’autonomia privata, nell’art. 2004
che sancisce il divieto di emettere titoli atipici al portatore aventi ad oggetto il pagamento in denaro,
pena la nullità. -->> Ratio serve ad evitare la formazione di documenti suscettibili di fare concorrenza
alla moneta legale. Vi sono due interpretazioni:
• Estensiva, include quei documenti che svolgono di fatto una funzione generalizzata, uguale alla
moneta (buono acquisto)
• Restrittiva, esclude dalla ratio, l’ipotesi in cui il pagamento in il pagamento in denaro non sia
l’oggetto esclusivo della promessa.
Titoli all’ordine
Titolo all’ordine è quel titolo che arreca, all’atto dell’emissione l’intestazione ad una persona
determinata, integrando una forma di legittimazione nominale, in quanto la pretesa della prestazione è
subordinata all’accertamento della riferibilità.
L’indicazione nominativa del destinatario della prestazione può variare durante il tempo, questo
attraverso una apposito meccanismo che è quello della girata, con il quale si trasferiscono tutti i diritti
inerenti al titolo. La girata deve essere totalitaria ed incondizionata, può essere effettuata anche tramite
rappresentante essendo sufficiente la spendita del nome. Salvo diversa pattuizione la girata non
comporta nessun tipo di responsabilità cartolare del giratario per eventuale mancato pagamento.
La girata può essere fatta: in pieno, quando contiene il nome del giratario o in bianco quando viene
apposta solamente la firma del girante; in tal caso la legge (art.2011 c2) offre al portatore 4 possibilità:
4. limitarsi alla semplice consegna del titolo al terzo, in modo tale che il titolo girato in bianco,
circoli manualmente, questo infatti non comporta l’uscita del titolo dalla categoria dei titoli
all’ordine, infatti è sempre possibile riprendere la circolazione documentata.
Sebbene la legge non dia una definizione precisa, la girata deve ritenersi inserita in una serie continua.
Accanto alla girata in pieno ed in bianco vi sono due forme di girate speciali:
1. girata per incasso o per procura attribuisce al giratario la legittimazione attiva come mero
mandato ad incassare in nome e per conto del portatore ? il giratario potrà attribuire ad altri una
legittimazione derivata cioè girare il titolo solo per l’incasso. A lui sono opponibili eccezioni
personali al girante e non quelle fondate sui rapporti personali con il debitore.
• la girata simulata: si configura nel momento in cui si verifica una contraddizione fra posizione
apparentemente attribuita al giratario sotto il profilo della legittimazione e quella attribuita sotto il
profilo della titolarità in base al rapporto sottostante intercorso fra girante e giratario.
• la girata fiduciaria: presenza di particolari patti, fra girante e giratario, che limitano in vario modo
il diritto del giratario d’incamerare l’oggetto della prestazione riscossa, obbligandolo a trasferirlo
al girante.
Sono titoli a legittimazione nominale la cui intestazione risulta sia dal titolo sia da un registro tenuto dal
debitore. Questo implica che il trasferimento del titolo, comportando la modifica di tale registro, richiede
collaborazione del debitore a cui la legge affida l’obbligo d’iscrizione del nuovo portatore.
• acquirente: deve essere accompagnata dall’esibizione, oltre che del titolo, di un atto autentico
dal quale risulti il suo trasferimento da parte del precedente intestatario.
• mediante annotazione da parte dell’emittente del nome dell’acquirente del titolo, sul titolo
stesso e nel registro dell’emittente;
• il titolo viene trasferito mediante girata autenticata. Il giratario del titolo che si dimostri
possessore in base ad una serie continua di girate, ha poi diritto di ottenere l’annotazione del
trasferimento nel registro dell’emittente.
L’applicazione rigorosa del principio di letteralità fa sorgere il problema della tutela del portatore nel
caso in cui, per varie cause, il titolo si deteriori. In tale caso l’art. 1005 c.c, stabilisce che il possessore
ha diritto di ottenere dall’emittente un titolo equivalente contro restituzione del primo o rimborso spese.
Tale fattispecie si realizza solo quando il titolo consente ancora l’individuazione dell’impegno cartolare,
ma vi sia il rischio che il processo di deterioramento si aggravi. Nel caso in cui questa individuazione
non sia più possibile, si parlerà di distruzione materiale con conseguente diversa disciplina.
Titoli al portatore
In caso di:
• Comprovata distruzione del titolo al portatore: l’art.2007 consente all’ex possessore di ottenere
a sue spese, dietro dimostrazione del precedente possesso, dal debitore un duplicato del titolo
equivalente. Laddove il titolo presunto distrutto, risulti in circolazione prevarrà il diritto acquistato
sullo stesso da un terzo in buona fede.
Titoli all’ordine e nominativi
Per i titoli a legittimazione nominale i problemi relativi a smarrimento o sottrazione del titolo sono risolti
mediante il ricorso ad una procedura detta d’ammortamento, la quale è prevista per: smarrimento,
sottrazione e distruzione senza differenza fra certa o presunta. Tale procedura riceve una dettagliata
disciplina per i titoli all’ordine, la quale è interamente richiamata per quelli nominativi.
La procedura d’ammortamento che presuppone la potenziale circolazione del titolo si svolge in due fasi:
a. La denuncia al debitore
b. Ricorso all’autorità giudiziaria indirizzata al presidente del tribunale del luogo dove il
titolo è pagabile, e contenente i dati essenziali del titolo, o quelli necessari ad
identificarlo se in bianco.
A seguito dell’accertamento il presidente del tribunale emana un decreto detto d’ammortamento, il quale toglie
valore al titolo in circolazione e autorizza il pagamento se entro 30gg dalla data di pubblicazione sulla G.U. non
venga fatta contro di esso opposizione da parte del terzo detentore.
Per far fronte agli inconvenienti che la connessione tra credito e documento determina nella
circolazione dei titoli di massa, è nata l’esigenza di sostituire ai tradizionali metodi di trasferimento del
titolo una serie di operazioni contabili di giro. A tal fine si impone la sostituzione della posizione
possessoria del portatore su species individuate di titoli, con una posizione contabili su una semplice
quantità numerica di titoli di un certo genus, e l’accentramento di tutto il materiale nelle mani di un unico
soggetto in grado di amministrarli e di operare i trasferimenti non materiali con apposite registrazioni in
accredito ed in addebito.
Per risolvere questo problema il legislatore è intervenuto prima con la Legge 16/6/86 n.289 attribuendo
alla Monte titoli S.p.A. l’esclusività della gestione centralizzata dei titoli di massa, e poi con
l’emanazione del T.U.I.F. contenuto nel D.lgs. 21/2/1998 n°58, che disciplina tra l’altro, la gestione
accentrata degli strumenti finanziari, riservata a S.p.a anche no profit aventi come oggetto esclusivo
tale attività, ma operanti in regime di concorrenza.
Gli strumenti finanziari ammessi al sistema della gestione accentrata sono:
1. le azioni e gli altri titoli rappresentativi del capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali
2. le obbligazioni e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali
4. qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire gli strumenti indicati nelle
precedenti lettere e i titoli di Stato.
Se tali strumenti finanziari sono rappresentati dai titoli di credito, i soggetti abilitati ad entrare nel
sistema di gestione accentrata dei titoli, hanno la facoltà di sub depositare i titoli loro affidati presso il
gestore accentrato, previo consenso scritto del cliente. Ciò implica che tale sub deposito rompe ogni
rapporto tra cliente e specie fisiche da lui affidate in custodia, in quanto la gestione accentrata può
restituire non gli stessi titoli, ma altrettanti della stessa specie; il gestore accentrato non né acquisisce
la proprietà.
L’emissione di titoli a legittimazione nominale nel sistema di gestione accentrata, avviene mediante
l’apposizione di una speciale girata, con conseguente annotazione nel registro dell’emittente.
Presso la società di gestione accentrata, sono accesi conti a nome dei singoli depositanti, nei quali
sono totalizzati i titoli delle stesse specie, essi vengono trasferiti attraverso apposito ordine del cliente,
che poi il depositario trasmette al gestore accentrato, il quale eseguirà la scritturazione in addebito nel
conto del depositario dell’elemento, ed in accredito nel conto depositi dell’acquirente.
La gestione accentrata dei titoli di massa comporta una dematerializzazione del titolo che possiamo
definire impropria, cioè limitata alla semplice fase di circolazione, mentre si parla di vera
dematerializzazione quando vi è la soppressione della necessità del documento.
Decisivo è il D.lgs. 24/6/98 n° 213 che ha introdotto l’euro, il quale, nel dettare la disciplina degli
strumenti finanziari dematerializzati, esclude che gli stessi siano rappresentati da titoli ai sensi e per gli
effetti della disciplina del codice.
1. obbligatoria legale che si riferisce agli strumenti finanziari negoziati o destinati alla negoziazione
3. volontaria relativa a strumenti finanziari che pur non avendo le caratteristiche degli strumenti
soggetti a dematerializzazione obbligatoria, abbiano una rilevante diffusione fra il pubblico.
I documenti dematerializzati mantengono in ogni caso i vantaggi propri della disciplina cartolare, in
quanto:
• la tutela dell’autonomia nell’esercizio del diritto, è garantita dal disposto secondo cui l’emittente
del titolo può opporre solo le eccezioni personali al soggetto stesso e quelle comuni a tutti gli
altri titolari degli stessi diritti.
TITOLI CAMBIARI
I titoli cambiari sono una sub categoria dei titoli di credito, sono ampiamente diffusi nella pratica, ciò
implica la disciplina particolarmente dettagliata, introdotta nel nostro sistema legislativo già dal 1933
(d.lgs. 14/12/1933 n°1669 << modificazioni alle norme sulla cambiale e sul vaglia cambiario >> e d.lgs.
21/12/1933 n° 1736 << disposizioni sull’assegno bancario, circolare e su alcuni titoli speciali
d’emissione, del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia >>) e che ha costituito ispirazione per il
legislatori che della disciplina del c.c. del 1942, ha inserito una disciplina generale dei titoli di credito.
A tale disciplina del 1933, ancora vigente, si associa quella contenuta nel codice civile (art. 2001
secondo il quale le norme generali sui titoli di credito si applicano in quanto non sia diversamente
stabilito da altre norme o da leggi speciali).
I titoli cambiari si presentano come promessa del sottoscrittore, o ordine impartito del traente verso il
trattario, avente ad oggetto il pagamento di una somma in denaro al portatore; la sottoscrizione ha
immediato effetto obbligatorio del traente.
La cambiale tratta e il pagherò cambiario rispondono alla funzione creditizia (differimento del
pagamento di una certa somma), mentre assegno bancario e circolare rispondono a una funzione di
pagamento. Alle obbligazioni del sottoscrittore corrispondono le obbligazioni di altri soggetti quali:
girante, avallante, trattario accettante e accettante per intervento.
• diretti coloro ai quali ci si deve rivolgere per il pagamento (cambiale tratta -->> trattario
accettante e suoi avallanti, pagherò -->> emittente e avallanti, assegno circolare -->> banca
emittente
• di regresso sono coloro ai quali ci si può rivolgere solo dopo aver chiesto il pagamento
all’obbligato in via principale o, nella cambiale tratta dopo il rifiuto dell’accettazione da parte del
trattario. Sono obbligati di regresso nella cambiale tratta -->> traente, giranti, loro avallanti e
accettante per intervento, nel pagherò -->> giranti e loro avallanti, nell’assegno bancario -->>
traente, giranti e loro avallanti, nell’assegno circolare -->> giranti.
Mentre nei confronti del portatore,si presentano tutti sullo stesso piano (il portatore può agire su ognuno
di essi indifferentemente). Ad ogni sottoscrizione cambiaria si attribuisce un grado connesso alla natura
della singola dichiarazione cartolare; solo l’adempimento dell’emittente di primo grado, comporta
l’estinzione di tutte le obbligazioni portate dal titolo; mentre l’adempimento da parte di un altro obbligato
lasci al solvens la possibilità d’agire cartolarmente contro gli altri obbligati in grado anteriore; a
differenza dei coobbligati di pari grado, non vi è solidarietà passiva se hanno diverso grado.
Le obbligazioni portate dal titolo cambiario sono rette dal principio d’autonomia delle obbligazioni
cambiarie (l’invalidità di una non tocca la validità delle altre).
Vi è una distinzione fra requisiti:
• Formali indicazioni che devono risultare dal contesto del documento affinché questo integri un
titolo cambiario valido.
• Materiali sono le condizioni che devono ricorrere perché sia valida l’obbligazione assunta dal
singolo firmatario del contratto e sono:
o La rispondenza della pretesa del portatore ai termini del contesto originario della
dichiarazione sottoscritta.
La firma deve essere autonoma e autografa, costituita da nome e cognome o ditta, per la sottoscrizione
in nome altrui le norme cambiarie, derogando al diritto comune, addossano al sottoscrittore, senza
potere di rappresentanza, l’obbligo di pagare l’importo come se avesse firmato in proprio.
La circolazione dei titoli cambiari
Esistono alcune alla disciplina prevista per la circolazione dei titoli di credito che sono:
• Acquisto della proprietà per riscatto: si verifica quando il pagamento del titolo lascia sussistere
dei soggetti obbligati nei confronti del solvens;
• Tardività della girata, oltre che emissione della stessa, per quanto concerne la circolazione
impropria; rispetto alle constatazione del mancato pagamento da parte del designato in via
principale.
Molte sono le peculiarità per il trasferimento della legittimazione nei titoli cambiari emessi a favore di
persone determinate. I titoli sono soggetti alla legge di circolazione dei titoli all’ordine, effetto naturale
escludibile con la clausola “non all’ordine”, la quale comporta che il trasferimento viene sottoposto alle
regole della cessione, sia per quanto riguarda la forma, sia per quanto concerne gli effetti.
Altra differenza è la responsabilità cartolare del girante nei confronti dei portatori successivi, in caso di
mancato buon fine. Tale responsabilità è effetto naturale della girata cambiaria; la volontà del girante
può sia escludere, sia circoscrivere la responsabilità cartolare di regresso, vietando l’ulteriore girata del
titolo. Tale effetto obbligatorio è escluso per la girata all’incasso e la girata di pegno.
L’avallo è una dichiarazione cambiaria finalizzata allo scopo di garantire l’obbligazione assunta da un
altro obbligato cambiario. Riveste carattere d’accessorietà e è puramente formale, poiché la legge
dichiara che l’avallo è valido ancorché l’obbligazione è nulla, salvo che la nullità derivi da vizio di forma.
Costituisce garanzia dell’interesse del portatore come tale, non per adempimenti da parte del garantito.
L’esigibilità della prestazione nei confronti dell’avallante prescinde, oltre che dalla validità
dell’obbligazione del garantito, dalla constatazione di un adempimento da parte sua, poiché il portatore
può rivolgersi all’uno o all’altro.
L’avallante assume lo stesso grado di regresso dell’avallato. Poiché non è opponibile l’invalidità
dell’obbligazione dell’avallato, l’avallante non può opporre tutte le eccezione ad esso personalmente,
tranne il pagamento del titolo.
La prestazione dell’avallo, è consentita a chiunque, anche ad una altro firmatario, a condizione che il
suo impegno rafforzi la posizione del portatore. La scelta dell’obbligato da garantire è rimessa
all’autonomia dell’avallante; se viene omessa l’indicazione, la legge stabilisce che l’avallo viene dato
per il traente o emittente, facendo diventare l’avallante responsabile verso tutti i potenziali portatori.
L’avallo deve essere espresso con le formule per l’avallo o con la sottoscrizione purché questa sia
apposta sulla facciata anteriore del titolo e purché non si tratti di firma del coemittente o del traente.
Il pagamento effettuato dall’avallante non estingue il titolo, ma comporta l’acquisto a suo favore del
diritto cartolare contro l’avallante.
L’azione di regresso
Si distingue da quella diretta (verso obbligato in via principale) perché è condizionata alla verifica di 2
presupposti:
La mancata accettazione è presupposto (dell’azione di regresso) autosufficiente poiché rileva come tale
e l’azione di recesso non è esercitabile se esistono clausole che escludono la responsabilità per
mancata accettazione apposta dal traente o dai giranti.
Il protesto è la constatazione in forma determinata del mancato pagamento, effettuata mediante atto
autentico redatto da un pubblico ufficiale. Nel caso in cui tale constatazione non avvenga in un
determinato termine utile, la sua omissione con riferimento al rifiuto d’accettazione, determina
l’impossibilità di esercitare l’azione di regresso per mancata accettazione. Se l’omessa constatazione,
riguarda il mancato pagamento -->> si ha la decadenza del portatore dall’azione contro gli obbligati di
regresso.
La finalità è quella di garantire gli obbligati di regresso circa la tempestività della presentazione e
l’effettivo suo mancato pagamento. Questo non è un limite alla legittimità del protesto poiché ad esso
può farsi ricorse anche quando non vi è da esercitare azione di regresso, in quanto ricorre comunque
l’interesse del portatore a far contestare in modo solenne il mancato buon fine del titolo e ad esercitare
pressione sull’obbligato cartolare. È legittimo il protesto contro avallante dell’obbligato in via principale.
Oltre la possibilità concessa, al pubblico ufficiale o al richiedente, di presentare entro 5 gg dal protesto,
richiesta di cancellazione, non esistono forme di tutela preventiva dal protesto illegittimo.
Gli adempimenti formali possono esser omessi in determinate ipotesi, in particolare la dispensa dalla
preventiva presentazione del titolo, ricorre in caso del fallimento del soggetto designato a pagare in
via principale, cui si affianca (per la sola cambiale tratta) quella del fallimento del traente di una tratta
non accettabile,essendo sufficiente, per esercitare il regresso, la presentazione della sentenza
dichiarativa.
Ipotesi di esonero dal protesto: dichiarazione di rifiuto (scritta sul titolo e firmata dal designato a
pagare in via principale, con la quale si respinge la richiesta di pagamento) e clausole “senza spese”
(che ha efficacia generale nei confronti di tutti gli obblighi di regresso se opposte dal creatore del titolo)
-->> il protesto è superfluo.
L’azione di regresso contiene: ammontare del titolo non pagato, interessi compensativi e di moro,
spese presentazione titolo ed levata protesto. Analoga azione può esser proposta dall’obbligato di
regresso che ha pagato, verso gli altri firmatari di grado inferiore al suo.
La legge pone onere al portatore di dare,entro 4gg dal protesto, comunicazione a girante, traente ed
obbligati di regresso, i quali dovranno fare la stessa cosa, nei due giorni successivi, ai loro giranti
?ratio.; predisporre l’obbligato di regresso al pagamento e di premunirsi nei confronti degli altri obbligati
verso i quali ha diritto di rivalsa. Il mancato adempimento di tali termini non comporta la perdita
dell’azione di regresso, ma solo il risarcimento in caso di danno.
L’esercizio dei diritti cambiari
L’azione causale
Azione derivante dal rapporto fondamentale; presenta particolari caratteri, dovuti alla potenziale
presenza di una pluralità di obbligati -->> vi è la possibilità che il soggetto passivo dell’azione inerente il
rapporto sottostante, abbia pretese cartolari di rivalsa.
Chi vuole esercitare l’azione causale deve adempiere a tutte le formalità necessarie per conservare al
debitore le azioni di regresso che possono competergli (anche le formalità dell’azione diretta). Il
portatore deve presentare, con risultato infruttuoso, il titolo cambiario all’obbligato in via principale e
deve far contestare la circostanza mediante protesto -->> ciò deve esser adempiuto indipendentemente
dalla spettanza al debitore di ulteriori azioni cartolari di regresso.
L’azione d’arricchimento
È la possibilità riconosciuta al portatore che ha perduto, per prescrizione o decadenza, l’azione
cartolare nei confronti di tutti gli obbligati cambiati, di agire nei confronti di un firmatario del titolo per la
somma della quali si sia ingiustamente arricchito a suo danno.
Normalmente l’arricchimento è ravvisabile, sia in capo al primo sottoscrittore del titolo sia al trattario
accettante.
LA CAMBIALE
Il termine cambiale disegna due fattispecie distinte che sono la cambiale tratta ed il pagherò cambiario.
• Cambiale tratta: ordine incondizionato, rivolto al traente verso il trattario, di pagare una somma
di denaro al portatore del titolo.
I requisiti formali che una cambiale deve possedere sono elencati negli artt. 1 – cambiale tratta - e 100
– pagherò – delle leggi speciali, e sono:
1. Denominazione titolo espressa nella lingua in cui esso è redatto: cambiale tratta,
vaglia/pagherò
3. Indicazione della scadenza del titolo: per esigenza di certezza del portatore, può essere:
a. A vista: l’esigibilità del titolo è rimessa al portatore che procede alla presentazione per il
pagamento, la presentazione coincide con l’esigibilità immediata.
b. A certo tempo vista: l’esigibilità del titolo è rimessa al portatore che procede alla
presentazione per il pagamento. La presentazione fa decorrere un certo tempo alla fine
del quale si può ottenere la prestazione.
4. Indicazione del luogo di pagamento: non deve essere oggetto di enunciazione espressa, in
quanto se non indicato si considera luogo de pagamento, il luogo indicato accanto al nome del
trattario (nella tratta) o quello accanto al nome dell’emittente (se pagherò). Il luogo del
pagamento spesso non coincide con il domicilio dell’obbligato in via principale -->> se viene
fatta presso un terzo avremo: domiciliazione propria, se il pagamento deve essere effettuato dal
terzo, o impropria se il pagamento deve essere comunque effettuato dal debitore.
6. Indicazione espressa della data d’emissione: necessaria come punto di riferimento per
valutare la capacità legale e patrimoniale di rappresentanza del sottoscritto e per computare il
temine massimo di presentazione per cambio a vista o a certo tempo vista.
7. Luogo d’emissione deve risultare dal titolo, ma cmq non è oggetto di enunciazione espressa,
dal momento che in mancanza di esso coincide con il luogo indicato accanto al nome del
traente o dell’emittente;
La mancanza di uno di tali requisiti presuppone l’invalidità del titolo come cambiale: la loro presenza è
perciò necessaria solo alla presentazione del titolo al portatore in via principale, mentre possono essere
apposti durante la circolazione, dando così luogo al fenomeno della cambiale in bianco al momento
dell’emissione (equiparabile a quella incompleta, cioè priva di uno o più requisiti formalina entrata in
circolazione senza un accordo tra emittente e primo prenditore, in ordine al suo successivo
riempimento); la decadenza della possibilità di riempirla è 3 anni dall’emissione, ma cmq è in opponibile
al terzo in buona fede.
La cambiale di favore
L’apposizione della firma cambiaria, avviene da parte di un soggetto favorente, in base ad un accordo
con l’immediato prenditore, allo scopo di facilitargli la spendita del titolo ma con l’intesa che, al
momento del pagamento il favorente potrà eccepire al favorito il carattere di favore della firma.
La cambiale tratta
Ordine di pagamento, sia pure di regresso, dell’ordinate, il quale risponde dell’accettazione del
pagamento -->> delegazione di pagamento: delegante, debitore del delegatario, ordina ad un delegato
suo debitore di pagare al delegatario; se si è obbligato verso un terzo, il delegato non può far valere nei
confronti del terzo le eccezioni relative, sia ai suoi rapporti con il delegante, sia si rapporti di questo con
il delegatrio. L’obbligazione cartolare che il trattario assume verso il portatore, è insensibile sia al
rapporto di valuta sia al rapporto di provvista.
Prima dell’accettazione il trattario non è obbligato nei confronti del portatore, a meno che non abbia
assunto un preventivo impegno -->> responsabile cartolare, non nei confronti del portatore ma nei
confronti del traente.
Accettazione
Occorre presentare titolo al trattario; normalmente tale presentazione è facoltativa, specie se il
portatore ha fiducia del trattario (a parte l’ipotesi scadenza a tempo vista dove la presentazione è
necessaria).
Sull’accettazione può influire la facoltà del traente, facendo obbligo al portatore ovvero vietandola. In
questo caso abbiamo la figura della tratta non accettabile (vi è esclusione di responsabilità di regresso
del traente per mancata accettazione); l’accettazione può consistere nell’apposizione della firma del
trattario che deve essere incondizionata e conforme all’ordine ricevuto.
Garanzie del credito cambiario
Se l’emissione della cambiale è accompagnata da una garanzia reale (pegno o ipoteca) personale
(fideiussione), la garanzia è accessorio del credito e si trasferisce come tale a titolo derivativo. Se si ha
ipoteca, il trasferimento della garanzia dovrebbe rispettare le regole della nominatività (procedere di
volta in volta all’iscrizione del nuovo portatore nel registro immobiliare); per evitare tale incombenza si è
introdotta la cambiale ipotecaria (da trasmissione automatica a favore di ogni successivo giratario).
Le leggi speciali hanno introdotto la cambiale tratta garantita mediante cessione della provvista,
clausola che determina l’automatica acquisizione del credito di provvista che il traente vanta verso il
trattario, senza bisogno di separate cessioni o notifiche al debitore; il tutto alle condizioni:
Pagamento cambiario
La legge stabilisce i termini entro i quali la cambiale deve essere presentata all’obbligato in via
principale: data certa, certo tempo data o certo tempo vista, ciò implica che la cambiale va pagata o il
giorno di scadenza o entro i due feriali successivi, per le cambiali a vista entro un anno dall’emissione.
Mentre nell’ultima ipotesi l’inosservanza del termine determina la perdita di qualsiasi azione cambiaria,
negli altri casi si perde solo la possibilità d’esercizio dell’azione di regresso, mentre il primo prenditore
resta obbligato fino alla prescrizione (ma può comunque liberarsi, c.d. liberazione coattiva, di tale
termine per impossibilità d’identificare la controparte, depositando la somma oggetto dell’obbligazione
presso la Banca d’Italia).
In deroga alle norme sulle obbligazioni cambiarie, il creditore può rifiutare un pagamento parziale; l’art.
45 l.cambiaria stabilisce che il portatore è tenuto ad accettare il pagamento parziale per tutelare
l’obbligato di regresso; altra deroga al diritto comune, secondo il quale il tempo per adempiere
l’obbligazione si considera stabilito a favore del debitore, si ha sempre con il su citato articolo che
stabilisce che il portatore non è tenuto ad accetta il pagamento prima della scadenza, se comunque
effettuato, questo si considera a rischio e pericolo del debitore, in quanto non vi è liberazione cartolare.
L’azione di regresso per mancato pagamento è consentita, oltre che per l’infruttuosa presentazione
del titolo, anche anticipatamente, quando si verifichi la sottoposizione del trattario o dell’emittente a
procedure concorsuali le quali implicano o la presunta o la certa insolvenza del credito.
La cambiale di rivalsa
Cambiale attraverso la quale si figura come traente, il titolare dell’azione di regresso e come trattario
l’obbligato cambiario che è tenuto ad accettarle, pena risarcimento del danno.
Intervento cambiario
È costituito dall’iscrizione di un soggetto, che interviene prestando l’accettazione o pagando il titolo, allo
scopo di evitare l’azione di regresso verso un obbligato cambiario e verso tutti colore che hanno firmato
successivamente. L’intero può essere spontaneo o già programmato al momento della creazione, con
l’indicazione de un soggetto (sul titolo) al quale il portatore può, o deve, rivolgersi preventivamente,
prima di esercitare l’azione di regresso
Prescrizione
• L’azione del portatore contro gli obblighi in via diretta si prescrive in 3 anni dalla scadenza e, nel
caso di cambiale a vista, dall’avvenuta presentazione infruttuosa.
• L’azione di regresso dell’ultimo portatore si prescrive in 1 anno dalla data del protesto o della
scadenza se vi è clausola senza spese.
• L’azione di ulteriore regresso si prescrive in 6 mesi dal giorno in cui l’obbligato di regresso ha
pagato la cambiale o è stata promossa azione nei suoi confronti.
La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o di
un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo (art. 1470). La vendita è un contratto
consensuale: si perfeziona cioè col semplice accordo delle parti, senza che siano necessari la
consegna della cosa venduta o il pagamento del prezzo. E’ inoltre contratto con effetti reali: il
consenso delle parti è di regola sufficiente perché la proprietà si trasferisca dal venditore al
compratore, con conseguente passaggio in testa a quest’ultimo del rischio di perimento fortuito
della cosa (vendita reale o con effetti reali immediati). In alcuni casi tuttavia gli effetti reali della
vendita si producono in un momento successivo alla stipulazione del contratto, al verificarsi di
determinati eventi che determinano il passaggio della proprietà, senza che occorra un’ulteriore
manifestazione di volontà del venditore (vendita obbligatoria o con effetti reali differiti).
Costituiscono casi di vendita obbligatoria la vendita con riserva di proprietà, la vendita di cose
generiche, di cose future e di cose altrui.
Nella vendita di cose determinate solo nel genere la proprietà passa al compratore con
l’individuazione, fatta d’accordo fra le parti o nei modi dalle stesse stabiliti. Se si tratta di cose
che devono essere trasportate, l’individuazione avviene anche con la consegna al vettore o allo
spedizioniere.
Nella vendita di cose future il compratore acquista la proprietà non appena la cosa viene ad
esistenza, purché si tratti di cose individuate. La vendita di cose future non sempre però può
essere agevolmente distinta dal contratto d’appalto. Essa non è di per sé un contratto aleatorio. E’
perciò inefficace se la cosa non viene ad esistenza, salvo che le parti non abbiano espressamente
stabilito che il compratore deve ugualmente pagare il prezzo (cd. emptio spei).
Nella vendita di cose altrui il venditore è obbligato a procurare l’acquisto della cosa al
compratore e questi ne diventa proprietario nel momento stesso in cui il venditore acquista dal
terzo. Se il venditore non procura l’acquisto e il compratore conosceva l’altruità della cosa al
momento della conclusione del contratto, il compratore potrà ottenere la risoluzione del contratto
per inadempimento solo dopo che sia scaduto il termine, fissato convenzionalmente o dal
giudice, per l’acquisto da parte del venditore. Se invece il compratore ignorava l’altruità della
cosa, potrà chiedere immediatamente la risoluzione del contratto, con diritto al risarcimento dei
danni. Se la vendita riguarda cose solo parzialmente altrui, il compratore avrà diritto solo ad una
riduzione del prezzo. Potrà tuttavia chiedere la risoluzione del contratto se dalle circostanze
risulta che non avrebbe acquistato la cosa senza la parte di cui non è divenuto proprietario.
Il venditore è tenuto a fornire al compratore la garanzia per vizi della cosa che la rendano
inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (art. 1490). La
garanzia copre di regola solo i vizi occulti, cioè non conosciuti o facilmente conoscibili al
momento dell’acquisto. La garanzia copre tuttavia anche i vizi facilmente riconoscibili quando il
venditore ha dichiarato espressamente che la cosa era esente da vizi, nonché i vizi apparenti (che
emergono ictu oculi) quando si tratta di cose che il compratore non ha potuto esaminare al
momento della conclusione del contratto.
La garanzia per vizi può essere limitata o esclusa, ma il relativo patto è nullo se il venditore
ha in mala fede taciuto al compratore i vizi della cosa.
Per effetto della garanzia il compratore può chiedere alternativamente: 1) la risoluzione del
contratto (azione redibitoria) con conseguente rimborso integrale del prezzo e delle spese; 2) la
riduzione del prezzo (azione estimatoria o quanti minoris) in rapporto al minor valore della
cosa. La scelta fra le due azioni è irrevocabile quando è fatta con domanda giudiziale. Questi
rimedi operano indipendentemente dalla colpa del venditore, che dovrà risarcire anche gli
ulteriori danni se non prova di aver ignorato senza sua colpa i vizi.
Il compratore decade dalla garanzia se non denunzia i vizi al venditore entro 8 gg. dalla
scoperta, salvo che il venditore abbia riconosciuto l’esistenza del vizio o l’abbia occultato.
L’azione si prescrive in ogni caso nel termine di un anno dalla consegna.
Dalla garanzia per vizi occulti la legge distingue il caso di mancanza di qualità della cosa,
che non ha cioè le qualità promesse o quelle essenziali per l’uso cui è destinata (art. 1497). In tal
caso il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto, purché il difetto di qualità ecceda i
limiti di tolleranza usuali. In deroga alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento,
la relativa azione è però soggetta agli stessi brevi termini di prescrizione e decadenza stabiliti per
la garanzia per vizi.
Diversa dalle garanzie fin qui esaminate è la garanzia di buon funzionamento (art. 1512),
prevista per le sole cose mobili. Essa deve essere espressamente pattuita e riferita ad un periodo
di tempo determinato, durante il quale il compratore ha diritto di ottenere la sostituzione o la
riparazione della cosa. Il compratore deve, a pena di decadenza, denunziare i difetti di
funzionamento entro 30 gg. dalla scoperta. La relativa azione si prescrive in sei mesi.
Nelle vendite commerciali è diffusa l’utilizzazione di clausole sulla qualità della merce,
volte ad assicurare la presenza nella cosa venduta di specifiche qualità. Tali clausole sono: 1. la
vendita con riserva di gradimento, che si perfeziona solo dopo che il compratore ha esaminato
la merce ed ha comunicato al venditore che la stessa è di suo gradimento; 2. la vendita a prova,
nella quale il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva che la merce abbia le qualità
pattuite o sia idonea all’uso cui è destinata; 3. la vendita su campione, contratto perfetto ed
immediatamente efficace nel quale dalla merce oggetto della vendita viene prelevato un
campione che deve servire come paragone per la qualità della merce. Pertanto qualsiasi
difformità, anche lieve, dalla merce consegnata attribuisce al compratore il diritto alla
risoluzione; 4. la vendita su tipo di campione, analoga alla precedente con l’unica differenza
che la risoluzione può essere chiesta solo se la difformità dal campione è notevole.
La vendita con riserva di proprietà (artt. 1523 ss.) deroga sia al principio dell’immediato
effetto traslativo della vendita, in quanto il compratore diventa proprietario della cosa acquistata
solo col pagamento dell’ultima rata del prezzo, fermo restando che il venditore non ne può
disporre, sia al principio res perit domino, in quanto i rischi del perimento sono a carico del
compratore fin dal momento della consegna. La legge interviene tuttavia per tutelare il
compratore, stabilendo con norma inderogabile che il mancato pagamento di una sola rata, che
non superi l’ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto. Il compratore
conserva inoltre il beneficio del termine per le rate successive.
Risolto il contratto, il venditore ha diritto alla restituzione della cosa; deve però restituire al
compratore le rate riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al
risarcimento dei danni.
La riserva di proprietà è opponibile ai creditori del compratore solo se risulta da atto scritto
avente data certa anteriore al pignoramento.
La vendita ai consumatori fuori dei locali commerciali dell’impresa è fenomeno non privo
di pericoli per il compratore, specie in caso di vendita a distanza. La materia è regolata da due
testi legislativi in attesa di coordinamento: il d. lgs. 50/1992 e il d. lgs. 185/1999. Al compratore
è riconosciuto il diritto di revocare l’ordine di acquisto o di recedere dal contratto già concluso
entro 7 gg. (10 gg. per le vendite a distanza). Nelle vendite per corrispondenza o televisive tale
termine decorre dal ricevimento della merce. L’operatore commerciale ha il dovere di informare
per iscritto il consumatore del diritto di recesso indicando i termini, le modalità e le eventuali
condizioni per il suo esercizio. In mancanza, il termine è allungato a 60 gg. (3 mesi per i contratti
a distanza). In seguito all’esercizio del diritto di recesso, l’operatore commerciale deve restituire
il prezzo entro 30 gg. Il diritto di recesso è irrinunciabile ed è nulla qualsiasi clausola che ne
limiti l’esercizio. La competenza territoriale spetta inderogabilmente al giudice del luogo di
residenza o di domicilio del consumatore, sicché sono nulle le clausole che designano come foro
competente quello del venditore.
Il contratto estimatorio (artt. 1556-1558) è il contratto con il quale una parte (tradens)
consegna una o più cose mobili all’altra parte (accipiens) e questa si obbliga a pagarne il prezzo
entro un termine stabilito, salvo che restituisca le cose nello stesso termine. Tale contratto è
utilizzato nei rapporti tra fornitori e rivenditori quando quest’ultimo non vuole accollarsi il
rischio di dover pagare al fornitore la merce che gli rimane invenduta. Si tratta di un contratto
reale, nel quale solo l’accipiens può disporre delle cose ricevute, benché queste restino di
proprietà del tradens finquando il primo non le ha rivendute o comunque non ne ha pagato il
prezzo. I beni non possono essere sottoposti a pignoramento o a sequestro da parte dei creditori
dell’accipiens finché non ne sia stato pagato il prezzo, ma solo dai creditori del tradens. Con la
consegna della cosa tutti i rischi passano a carico dell’accipiens.
La somministrazione (artt. 1559 ss.) è il contratto con il quale una parte (somministrante) si
obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, ad eseguire a favore dell’altra (somministrato)
prestazioni periodiche o continuative di cose. La somministrazione è contratto di durata, che
consente di soddisfare un bisogno durevole del somministrato attraverso la stipulazione di un
unico contratto, che può avere ad oggetto solo cose (in caso di prestazione periodica o
continuativa di servizi siamo invece in presenza di appalto).
Il carattere continuativo o periodico delle prestazioni distingue nettamente la
somministrazione dalla vendita a consegne ripartite. La prima ha infatti per oggetto una
pluralità di prestazioni periodiche o continuative ed è diretta a soddisfare un bisogno durevole
dell’interessato, mentre la seconda ha ad oggetto un’unica prestazione, anche se per agevolarne
l’esecuzione da parte del venditore si stabilisce che la consegna debba essere frazionata nel
tempo. Alle singole prestazioni in cui si articola la somministrazione di consumo si applicano
tuttavia, in quanto compatibili, le norme che disciplinano la vendita obbligatoria.
Se le parti hanno omesso di specificare nel contratto di somministrazione l’entità delle
prestazioni, si intende pattuita la quantità corrispondente al normale fabbisogno del
somministrato al tempo della conclusione del contratto. Il prezzo, che si determina secondo le
regole della vendita, deve essere pagato all’atto delle singole prestazioni ed in proporzione delle
stesse. Nella somministrazione continuativa, deve avvenire secondo le scadenze d’uso.
L’inadempimento di una delle parti relativo a singole prestazioni legittima la controparte a
richiedere la risoluzione del contratto solo se l’inadempimento ha notevole importanza ed è tale
da menomare la fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti. Se l’inadempimento è di lieve
entità, il somministrante non può sospendere l’esecuzione del contratto senza darne congruo
preavviso (è ammesso patto contrario).
Il patto di preferenza è il patto col quale il somministrante si obbliga a preferire, a parità di
condizioni, lo stesso somministrante qualora intenda stipulare un successivo contratto di
somministrazione per lo stesso oggetto. Tale obbligo non può eccedere la durata di 5 anni.
La clausola di esclusiva può essere pattuita a favore del somministrante, del somministrato o
di entrambi. Nel primo caso, il somministrante non può ricevere da terzi prestazioni della stessa
natura né, salvo patto contrario, procurarsi le cose con mezzi propri. Nel secondo il
somministrante non può compiere forniture della stessa natura ad altri, nella zona per cui
l’esclusiva è concessa.
L’appalto (art. 1565) è il contratto con il quale una parte (appaltatore) assume, con
organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o
di un servizio, verso un corrispettivo in danaro. L’appalto si caratterizza nell’ambito dei contratti
di lavoro autonomo per l’organizzazione di tipo imprenditoriale che presuppone. Quando invece
l’opera viene realizzata con lavoro prevalentemente proprio, siamo in presenza di contratto
d’opera (art. 2222) e non di appalto. Netta è anche la distinzione fra appalto e vendita o
somministrazione: il primo ha per oggetto una prestazione qualificata di fare; vendita e
somministrazione hanno invece per oggetto un dare.
La disciplina dettata dal codice è integralmente applicabile solo agli appalti privati. Quando
invece committente è un ente pubblico, essa è in più punti integrata o sostituita da una vasta e
complessa legislazione speciale.
Obbligazione fondamentale dell’appaltatore è quella di compiere l’opera o il servizio
commessogli. Salvo diversa pattuizione, deve anche fornire la materia prima necessaria per il
compimento dell’opera. Se la materia è invece fornita dal committente, l’appaltatore deve
denunziarne prontamente i difetti che possono compromettere la regolare esecuzione dell’opera.
L’opera deve essere eseguita secondo le modalità tecniche concordate, di regola analiticamente
descritte in un apposito documento, il capitolato. L’esecuzione deve avvenire a regola d’arte, e
l’appaltatore non può apportare variazioni senza l’autorizzazione del committente, che deve
essere approvata per iscritto. L’appaltatore ha diritto a un compenso aggiuntivo solo se
espressamente pattutito, salvo che le variazioni siano necessarie o, pur non necessarie, siano
ordinate dal committente. Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e
verificarne lo stato, personalmente o a mezzo di un direttore dei lavori. Se non vengono rispettate
le modalità convenute o l’esecuzione non procede a regola d’arte, il committente può fissare un
congruo termine entro il quale l’appaltatore deve uniformarsi alle condizioni pattuite, decorso
vanamente il quale il contratto è automaticamente risolto. Completata l’opera e prima di
riceverne la consegna, il committente ha diritto di sottoporre la stessa a verifica finale (cd.
collaudo). Eseguito il collaudo, il committente è tenuto a comunicare il risultato negativo ove
intenda rifiutare l’opera. L’opera di considera accettata quando il committente omette di
procedere alla verifica senza giusto motivo, non ne comunica il risultato all’appaltatore entro
breve tempo ovvero riceve senza riserve l’opera, pur senza procedere a collaudo.
Con l’accettazione i rischi di perimento o deterioramento dell’opera passano al committente.
L’appaltatore è liberato dalla garanzia per difformità e vizi conoscibili dal committente e ha
diritto al pagamento del prezzo, salva diversa pattuizione.
La garanzia per le difformità e i vizi dell’opera copre solo i vizi occulti e quelli taciuti in
mala fede. Vizi e difformità devono essere denunziati all’appaltatore entro 60 gg. dalla scoperta,
salvo che siano stati riconosciuti o occultati da questo. L’azione si prescrive in due anni dalla
consegna dell’opera.
Il committente può chiedere la risoluzione solo se le difformità o i vizi sono tali da rendere
l’opera del tutto inidonea alla sua destinazione. In caso contrario può chiedere l’eliminazione dei
difetti a spese dell’appaltatore o una riduzione proporzionale del prezzo. Il committente ha
inoltre diritto al risarcimento del danno se le difformità o i vizi sono dovuti a colpa
dell’appaltatore; colpa che peraltro si presume, trattandosi di responsabilità contrattuale.
Se l’appalto ha per oggetto la costruzione di edifici o altri immobili destinati a lunga durata,
alla garanzia già esposta si aggiunge la responsabilità dell’appaltatore in caso di rovina totale o
parziale o di gravi difetti imputabili a vizi del suolo o a difetti di costruzione. La denunzia deve
essere fatta entro un anno dalla scoperta e l’azione si prescrive in un anno dalla denunzia.
Le grandi imprese spesso affidano ad altre medio-piccole alcune fasi della lavorazione dei
loro prodotti o di determinati componenti. E’ questo il fenomeno della subfornitura, che si
caratterizza per il fatto che il subfornitore agisce di regola secondo le direttive del committente,
si avvale del know-how di quest’ultimo ed è soggetto a controlli. La dipendenza tecnologica ed
economica del subfornitore ha indotto il legislatore a tutelarlo con la L. 192/1998. Tale legge,
che si applica alle subforniture di lavorazione o di prodotto eseguite in conformità a progetti,
conoscenze tecniche, modelli e prototipi forniti dal committente, stabilisce, tra l’altro: 1. il
contratto deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità; 2. nel contratto devono essere
specificati i requisiti dei beni richiesti, il prezzo e i termini di consegna; 3. il prezzo pattuito deve
essere corrisposto in un termine che non ecceda i 60 gg.; 4. è nullo il patto che riservi ad una
delle parti il potere di modificare unilateralmente una o più clausole del contratto; 5. è nullo il
patto che attribuisce ad una delle parti della subfornitura ad esecuzione continuata o periodica la
facoltà di recesso senza congruo preavviso. E’ infine introdotto un generale divieto di abuso
dello stato di dipendenza economica in cui si trova la ditta subfornitrice.
Col contratto di trasporto (art. 1678) una parte (vettore) si obbliga, verso corrispettivo, a
trasportare persone o cose da un luogo ad un altro. Il codice detta una disciplina differenziata per
il trasporto di persone e per quello di cose. Tale disciplina è inoltre applicabile integralmente
solo ai trasporti terrestri su strada, in quanto il trasporto marittimo, aereo e ferroviario sono
regolati da leggi speciali.
Disciplina comune dettata dall’art. 1679 per i pubblici servizi di linea. Il concessionario è
obbligato ad accettare le richieste di trasporto che siano compatibili con i mezzi ordinari
dell’impresa e deve rispettare la parità di trattamento tra diversi richiedenti. In caso di più
richieste simultanee, deve essere preferita quella di percorso maggiore.
La conclusione del contratto di trasporto di persone è di regola accompagnata dal rilascio
di un biglietto di viaggio, che costituisce semplice documento di legittimazione e non titolo di
credito. Il vettore è responsabile per il ritardo o la mancata esecuzione del trasporto. E’ inoltre
responsabile dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il trasporto e della
perdita o avaria del bagaglio se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il
danno, dunque anche per colpa lieve. Si tratta di una presunzione di responsabilità che il vettore
potrà superare provando che il sinistro è dovuto a caso fortuito, a fatto del danneggiato o di terzi.
Sono invece nulle le clausole che limitano la responsabilità del vettore per i sinistri che
colpiscono la persona del viaggiatore.
Per orientamento consolidato, alla responsabilità contrattuale si aggiunge quella
extracontrattuale fondata sul principio generale del neminem laedere. La prima si prescrive in un
anno, la seconda in due. La disciplina della responsabilità fin qui esposta è applicabile anche al
trasporto gratuito, in deroga al principio generale secondo cui la responsabilità per colpa è
valutata con minor rigore quando il contratto è a titolo gratuito.
Altro è però trasporto gratuito, altro è trasporto amichevole. Il primo presuppone pur
sempre un impegno contrattuale del vettore, il secondo non trova invece fondamento in un
contratto. Ne consegue che nel trasporto amichevole non trova applicazione la disciplina della
responsabilità contrattuale del vettore, del quale il danneggiato sarà quindi tenuto a provare
anche il dolo o la colpa.
Il trasporto di cose è contratto consensuale concluso fra il mittente e il vettore. Il
destinatario può essere lo stesso mittente o persona diversa, da questi designata. Il mittente è
tenuto a indicare, di solito in apposito documento detto lettera di vettura, le indicazioni
necessarie. Su richiesta del mittente, il vettore è tenuto a rilasciargli un duplicato di tale lettera o
una ricevuta di carico, che possono essere rilasciati anche con clausola all’ordine. In tale ultimo
caso diventano titoli di credito rappresentativi della merce: il possessore legittimo potrà
esercitare tutti i diritti derivanti dal contratto di trasporto o trasferirli mediante girata del titolo,
nonché ovviamente ritirare la merce. Titoli di credito rappresentativi sono anche: nel trasporto
marittimo, polizza di carico, ricevuta per l’imbarco e ordini di consegna; nel trasporto aereo, la
lettera di trasporto aereo.
Quando non è stato emesso titolo rappresentativo della merce e nel contratto è indicato
destinatario diverso dal mittente, si parla di contratto a favore di terzo. Tuttavia, in deroga alla
disciplina dell’art. 1411, il destinatario non acquista i diritti derivanti dal contratto prima di aver
chiesto la riconsegna al vettore. Fino ad allora, creditore del trasporto è solo il mittente, cui
infatti la legge riconosce il diritto di contrordine.
Obbligo fondamentale del mittente è quello di pagare il corrispettivo del trasporto, salvo
che questo non sia stato posto a carico del destinatario (porto assegnato). In tale ultimo caso il
destinatario non può esercitare i diritti che gli derivano dal contratto di trasporto se non ha pagato
il corrispettivo.
Obbligo fondamentale del vettore è quello di eseguire il trasporto convenuto e di
consegnare la merce al destinatario, dandogli prontamente avviso dell’arrivo. Il vettore è inoltre
tenuto a custodire le cose fino alla consegna del destinatario. Può infine assumersi l’obbligo di
riscuotere per conto del mittente il prezzo della merce (clausola d’assegno). In tal caso assume la
veste ulteriore di mandatario all’incasso e risponde dell’importo degli assegni se consegna la
merce senza esigerne il pagamento.
Il vettore risponde per la mancata esecuzione del trasporto o per il ritardo secondo le norme
generali, salvo che fornisca la prova negativa che l’inadempimento non è a lui imputabile. E’
inoltre responsabile per la perdita o l’avaria delle cose consegnategli, dal ricevimento alla
riconsegna. E’ questa la cd. responsabilità ex recepto del vettore, per sottrarsi alla quale deve
fornire la prova positiva e specifica che la perdita o l’avaria sono dovute a caso fortuito, natura o
vizi delle cose o del loro imballaggio, fatto del mittente o del destinatario. Ne consegue che resta
a carico del vettore il rischio per cause equivoche o ignote. Tale regime, operante per i soli
trasporti nazionali su strada, è temperato: 1. dalla presunzione di irresponsabilità per calo
naturale per le cose soggette a diminuzione di peso; 2. dalla validità delle clausole che
stabiliscono presunzioni di caso fortuito per eventi che normalmente ne dipendono; 3.
dall’introduzione di limiti massimi all’ammontare del danno risarcibile, che però non operano in
caso di dolo o colpa grave del vettore.
Se la merce trasportata è accettata senza riserve, il vettore non risponde della perdita o
dell’avaria se non per dolo o colpa grave o per perdita parziale o avaria non riconoscibili al
momento della consegna. In tali casi il danno deve essere denunciato appena conosciuto ed entro
8 gg. dal ricevimento.
Il contratto di viaggio, ignorato dal codice, è parzialmente regolato da leggi speciali (L.
1084/1977 e D.Lgs. 111/1995). Meritano in particolare di essere ricordati i seguenti punti: 1.
Prima della conclusione del contratto i venditori del pacchetto turistico sono tenuti a fornire per
iscritto e in modo chiaro, preciso e non ingannevole le informazioni sui servizi offerti; 2. il
consumatore ha diritto di ottenere una copia del contratto, che deve essere redatto per iscritto e
contenere una serie di elementi volti a garantire la conoscenza di tutte le condizioni del viaggio;
3. il consumatore può cedere il contratto ove si trovi nell’impossibilità di fruirne nonché recedere
in ogni momento, pagando un’indennità predeterminata. 4. l’organizzatore può annullare il
viaggio senza esporsi al risarcimento dei danni solo per il mancato raggiungimento del numero
minimo o per forza maggiore, escluso in ogni caso l’eccesso di prenotazioni. 5. L’organizzatore
e l’intermediario sono responsabili per l’inesatto o mancato adempimento delle obbligazioni
rispettivamente assunte, salvo che non provino che ciò sia dovuto a causa loro non imputabile.
Il mandato (art. 1703) è il contratto con il quale il mandatario si obbliga a compiere uno o
più atti giuridici per conto del mandante. Il mandato può riguardare uno o più atti giuridici
individuati (mandato speciale) o tutti gli affari del mandante o tutti gli affari di un determinato
tipo (mandato generale). Il mandato generale comprende solo gli atti di ordinaria
amministrazione, mentre gli atti eccedenti possono essere compiuti dal mandatario solo se
indicati espressamente.
Il mandato può essere conferito a più mandatari, congiuntamente o disgiuntamente, e può
essere anche collettivo, cioè conferito da più mandanti con unico atto. Il mandato è di regola
conferito nell’interesse esclusivo del mandante. Se è conferito anche nell’interesse del
mandatario o di un terzo si parla di mandato in rem propriam. Il mandato si presume oneroso e il
compenso, se non è determinato, è stabilito dalle tariffe professionali o dagli usi e, in mancanza,
dal giudice.
Nel mandato con rappresentanza il mandatario è legittimato ad agire non solo per conto
ma anche in nome del mandante. Tutti gli effetti degli atti posti in essere dal mandatario in nome
del mandante si producono direttamente in testa a quest’ultimo. Perché ciò si verifichi è però
necessaria una specifica ed ulteriore manifestazione di volontà: la procura. Il mandato è infatti
di per sé senza rappresentanza: abilita ed obbliga il mandatario ad agire per conto del mandante
ma in nome proprio. Il mandatario stipula perciò in proprio nome i contratti con i terzi ed assume
in proprio nome obbligazioni nei loro confronti. Né è tenuto a far conoscere ai terzi che sta
operando per conto altrui. Il mandatario senza rappresentanza acquista i diritti e assume gli
obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del
mandato.
Il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare diritti di credito derivanti dall’
esecuzione del mandato, purché ciò non pregiudichi i diritti che spettano al mandatario. La
norma quindi conferisce una semplice legittimazione ad esigere i crediti di cui il mandatario è e
resta titolare. Quando il mandato ha per oggetto l’acquisto di beni mobili, il mandante può
rivendicare le cose mobili acquistate per suo conto, salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto
del possesso di buona fede. Nel caso di beni immobili, invece, in caso di mancato trasferimento
dal mandatario al mandante si applicano le norme relative all’esecuzione dell’obbligo a
contrarre.
Obblighi del mandatario: il mandatario deve eseguire il mandato con la diligenza del buon
padre di famiglia. La responsabilità per colpa è valutata con minor rigore quando il mandato è
gratuito. Il mandatario deve rispettare i limiti del mandato e osservare le istruzioni, anche
successive, del mandante. In caso contrario l’atto resta a suo carico, salvo che il mandante non lo
approvi. Deve invece discostarsi dalle istruzioni ricevute quando circostanze ignote al mandante,
che non possono essere comunicate in tempo, facciano ragionevolmente pensare che il mandante
avrebbe dato la sua approvazione. Eseguito il mandato, deve darne comunicazione senza ritardo
al mandante. L’operato si intende approvato dal mandante quando questi tarda a rispondere per
un tempo superiore a quello richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi. Conclusa l’attività, il
mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha
ricevuto a causa del mandato. Salvo patto contrario, il mandatario non risponde verso il
mandante delle obbligazioni assunte dai terzi con i quali ha contrattato. Questa regola subisce
però eccezione quando, al momento della conclusione del contratto, il mandatario conosceva o
avrebbe dovuto conoscere lo stato di insolvenza del terzo.
Il mandatario può eseguire il mandato anche a mezzo di un’altra persona, senza
autorizzazione del mandante. Questi tuttavia può agire direttamente contro il sostituto, ed il
mandatario è sempre responsabile delle istruzioni impartite al sostituto, nonché del suo operato,
quando la sostituzione non sia stata autorizzata o non sia necessaria.
Obblighi del mandante: oltre a corrispondere il compenso pattuito, il mandante deve
somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento
delle relative obbligazioni; deve rimborsargli le somme anticipate e risarcire i danni subiti a
causa dell’incarico. In mancanza il mandatario può soddisfarsi sui crediti pecuniari sorti dagli
affari conclusi con precedenza sul mandante e sui creditori di questo. Ha inoltre diritto di
privilegio sulle cose del mandante che detiene per l’esecuzione del mandato.
Il mandante può in ogni momento revocare l’incarico, dando un congruo preavviso se il
mandato è a tempo indeterminato. Dovrà però risarcire i danni se il mandato è oneroso e non
ricorre giusta causa. Il mandato è revocabile anche quando espressamente sia stato pattuito il
contrario. In tal caso, però, in assenza di giusta causa il mandante è tenuto al risarcimento del
danno anche se il mandato è gratuito. E’ invece irrevocabile ex lege il mandato in rem propriam,
salvo che non sia pattuito il contrario o ricorra giusta causa. Se il mandato è collettivo, la revoca
non ha effetto se non è fatta da tutti i mandanti, salvo che non ricorra giusta causa.
Il mandatario può sempre rinunziare al mandato, ma è tenuto al risarcimento dei danni se non
ricorre giusta causa. Il mandato non si estingue: a) quando ha per oggetto atti di impresa e questa
è continuata, salvo il diritto di recesso delle parti o degli eredi; b) per la morte o la sopravvenuta
incapacità del mandante, quando è stato conferito anche nell’interesse del mandatario o di un
terzo. Il mandato si estingue, infine, in caso di fallimento del mandante o del mandatario.
La commissione (art. 1731) è un mandato senza rappresentanza che ha per oggetto l’acquisto
o la vendita di beni, per conto del committente e in nome del commissionario. L’attività del
commissionario è perciò quella di concludere contratti di compravendita in nome proprio e per
conto del committente. La disciplina ricalca quella del mandato senza rappresentanza, salvo
alcune disposizioni specifiche: 1. il commissionario si presume autorizzato a concedere dilazioni
di pagamento, indicando al committente la persona del contraente e il termine concesso per il
pagamento; 2. ha diritto a un compenso, di regola costituito da una percentuale sul valore
dell’affare (provvigione); 3. Se la commissione ha ad oggetto titoli, divise o merci aventi un
prezzo ufficiale di mercato, il commissionario può rendersi acquirente in proprio, salvo che il
committente non abbia disposto diversamente. Inoltre il commissionario ha ugualmente diritto
alla provvigione.
Con lo star del credere il commissionario si rende responsabile nei confronti del
committente per l’esecuzione dell’affare e quindi per l’adempimento delle relative obbligazioni.
In tal caso ha diritto a un supplemento di provvigione. Questa particolare forma di garanzia è
dovuto anche in assenza di espressa pattuizione quando risulti dagli usi del luogo di conclusione
dell’affare.
Con il contratto di agenzia (art. 1742) l’agente assume, stabilmente e verso retribuzione,
l’incarico di promuovere contratti in una zona determinata. L’agente assume il nome di
rappresentante di commercio quando, oltre a promuovere i contratti, può anche concluderli in
nome e per conto del preponente. L’agente di commercio opera avvalendosi di una propria
autonoma organizzazione ed a proprio rischio. E’ dunque un lavoratore autonomo, ben distinto
da piazzisti e commessi viaggiatori, e non un lavoratore commerciale. Anzi, di regola è egli
stesso imprenditore commerciale. A certi effetti la sua posizione è tuttavia parificata ex lege a
quella dei lavoratori subordinati. L’attività di agente e rappresentante di commercio può essere
esercitata solo dagli iscritti in appositi ruoli.
Il contratto di agenzia può essere concluso anche verbalmente o per fatti concludenti; deve
però essere provato per iscritto. Di regola, comporta un diritto reciproco di esclusiva per la zona
prefissata.
Obbligo fondamentale dell’agente è quello di promuovere la conclusione di contratti nella
zona prefissata. L’agente deve agire secondo lealtà e buona fede, attenendosi alle istruzioni
ricevute. E’ inoltre tenuto inderogabilmente ad un ampio dovere di informazione sia sulla
situazione di mercato che sui singoli affari proposti. Di regola l’agente promuove soltanto la
conclusione dei contratti, ma non ha il potere di concluderli direttamente né di riscuotere i
relativi crediti. Il preponente può però conferirgli tali poteri, anche disgiuntamente.
Obbligo fondamentale del preponente è quello di corrispondere all’agente il compenso,
normalmente nella forma della provvigione. Sull’agente grava il rischio del buon fine dell’affare:
in caso contrario, non ha diritto neppure al rimborso delle spese. La provvigione diventa perciò
esigibile solo nel momento e nella misura in cui la prestazione è stata eseguita. L’agente ha
anche diritto alla provvigione anche per gli affari conclusi direttamente dal preponente con terzi
che l’agente stesso ha acquisito come clienti o che comunque appartengono alla sua sfera di
competenza.
La possibilità di prevedere nel contratto di agenzia la clausola dello star del credere, anche
solo parziale, è stata vietata dalla riforma introdotta dalla L. 526/1999. E’ tuttavia possibile
concordare una garanzia per singoli contratti individualmente determinati, purché sia previsto un
apposito corrispettivo e la garanzia non può essere superiore alla provvigione prevista per tale
affare.
Il preponente deve avvisare l’agente dell’accettazione o del rifiuto dell’affare o della mancata
esecuzione dello stesso. Le provvigioni devono essere inderogabilmente pagate all’agente entro
il mese successivo al trimestre in cui sono maturate.
Il contratto può essere a tempo determinato o indeterminato; nel primo caso, se il rapporto
continua alla scadenza, diviene a tempo indeterminato. Nel contratto a tempo indeterminato
ciascuna parte può recedere dando un preavviso fissato inderogabilmente dalla legge in misura
variabile in proporzione alla durata del rapporto (da 1 a 6 mesi). All’atto dello scioglimento
all’agente compete un’indennità di fine rapporto se il preponente continui a ricevere sostanziali
vantaggi dalle relazioni di affari con la clientela procuratagli, e sempre che il rapporto non si
sciolga per causa imputabile al preponente. Questa disciplina può tuttavia essere derogata in
favore dell’agente, ed in effetti gli accordi di categoria stabiliscono che l’indennità (che è
corrisposta dall’Enasarco) sia dovuta qualunque sia la causa di scioglimento del rapporto.
E’ mediatore (art. 1754) colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un
affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o
rappresentanza. Il mediatore conserva piena libertà di azione anche se agisce su incarico di una
delle parti e può in ogni momento disinteressarsi dell’affare. Le parti sono libere di concludere o
meno l’affare, anche se al mediatore è stato conferito specifico incarico, salvo il solo rimborso
delle spese da parte di chi ha conferito l’incarico. Il mediatore ha diritto al compenso
(provvigione) per il solo fatto che l’affare si è concluso per effetto del suo intervento, quindi
anche se non aveva ricevuto alcun incarico di mediazione. Questa peculiarità del rapporto spiega
perché il legislatore si sia astenuto dal qualificare la mediazione come un contratto, e il dibattito
sulla natura contrattuale o meno della mediazione resta ancora aperto.
L’esercizio, anche occasionale o discontinuo, dell’attività di mediazione è subordinata
all’iscrizione in appositi ruoli presso le Camere di commercio. L’attività di mediatore è
incompatibile con l’esercizio di altre attività autonome o subordinate.
Il diritto alla provvigione matura con la conclusione dell’affare, indipendentemente dalla sua
esecuzione. La provvigione è di regola dovuta da entrambe le parti. Non ha diritto alla
provvigione il mediatore non iscritto negli appositi ruoli.
Il mediatore è responsabile verso le parti se omette di far conoscere le circostanze a lui note,
relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare. Egli è di regola estraneo all’esecuzione del
contratto, salvo diverso incarico da una delle parti. E’ infine responsabile ex lege per
l’esecuzione del contratto quando tace ad un contraente il nome dell’altro, anche quando dopo la
conclusione dell’affare il contraente occulto si manifesta all’altra parte.
Contratti Bancari
Con il contratto di conto corrente ordinario (artt. 1823-1833) le parti si obbligano ad
annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili ed
indisponibili fino alla chiusura del conto. Alla chiusura del conto il saldo, risultante dalla
compensazione globale di crediti e debiti annotati, diventa esigibile. Se il pagamento non è
richiesto, il saldo si considera come prima rimessa di un nuovo conto e il contratto si intende
rinnovato a tempo indeterminato.
Se non è diversamente pattuito sono inclusi nel conto tutti i crediti reciproci, esclusi quelli
non suscettibili di compensazione e, tra imprenditori, i crediti estranei alle rispettive imprese.
L’obbligo di annotazione può anche riguardare crediti verso terzi che, mediante inclusione nel
conto, vengono ceduti al ricevente. Tale inclusione si presume fatta salvo incasso. In mancanza
di riscossione il ricevente può agire per la riscossione o eliminare la partita dal conto.
I creditori dei correntisti non possono compiere atti conservativi od esecutivi sui singoli
crediti inclusi nel conto, ma solo sul saldo finale spettante al loro debitore.
Quando il contatto è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere ad ogni
chiusura del conto, purché ne dia preavviso almeno 10 gg. prima. Sono cause legittime di recesso
interdizione, inabilitazione, insolvenza o morte di una delle parti.
Le imprese bancarie sono imprese commerciali la cui attività tipica consiste nella raccolta
del risparmio tra il pubblico e nell’esercizio del credito. Le operazioni di raccolta del risparmio si
definiscono operazioni passive, mentre quelle di concessione di credito da parte della banca sono
operazioni attive.
La L. 154/1992 ha introdotto una disciplina generale dei contratti bancari e assicurativi che
prevede una serie di obblighi di trasparenza. Le banche sono anzitutto tenute a rendere note al
pubblico le condizioni economiche delle operazioni e dei servizi offerti, mediante avvisi sintetici
affissi nei locali aperti al pubblico e fogli informativi analitici. I contratti devono essere redatti
per iscritto a pena di nullità, che può essere fatta valere solo dal cliente. E’ fissato anche il
contenuto minimo obbligatorio dei contratti. Per i contratti di durata sono regolate le modalità di
comunicazione delle variazioni sfavorevoli al cliente.
Il deposito bancario costituisce un tipo di deposito irregolare con il quale la banca acquista
la proprietà della somma ricevuta in deposito e si impegna a restituirla nella stessa specie
monetaria alla scadenza del termine convenuto (deposito vincolato) o a richiesta del depositante
(deposito libero), con o senza preavviso. Il tasso di interesse e le altre condizioni economiche
devono risultare dal contratto. In mancanza, la banca dovrà corrispondere il tasso nominale
massimo dei B.O.T. emessi nei dodici mesi precedenti.
Oltre che in conto corrente, i depositi bancari possono essere semplici e a risparmio. I
depositi semplici non possono essere alimentati da successivi versamenti e non prevedono la
possibilità di prelevamenti parziali prima della scadenza (es. certificati di deposito). I depositi a
risparmio danno invece al depositante la facoltà di effettuare successivi versamenti e
prelevamenti parziali, ma solo in contanti e, salvo patto contrario, solo presso la sede della banca
dove è stato costituito il rapporto. Il deposito a risparmio è comprovato dall’apposito libretto, le
cui annotazioni fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante. I libretti di deposito a
risparmio possono essere nominativi, nominativi pagabili al portatore e al portatore. Per tutti è
prevista una particolare procedura di ammortamento (L. 948/1951). E’ pacifico che libretti
nominativi e nominativi pagabili al portatore non sono titoli di credito. Si discute se lo siano
quelli al portatore.
L’apertura di credito (art. 1842) è il contratto con il quale la banca si obbliga a tenere a
disposizione dell’altra parte una somma di denaro per un dato periodo di tempo o a tempo
indeterminato. L’apertura di credito differisce: dal mutuo (contratto reale) perché si perfeziona
indipendentemente dalla consegna del denaro; dalla promessa di mutuo in quanto la banca è
obbligata già con la stipula del contratto e non è necessaria un’ulteriore manifestazione di
volontà; dal mutuo consensuale, dato che all’obbligo della banca corrisponde un diritto
potestativo del cliente, che è libero di utilizzare o meno il credito concessogli. E il vantaggio del
contratto in esame è nel fatto che gli interessi sono dovuti non sul fido, ma sulle somme
effettivamente utilizzate.
L’apertura di credito può essere allo scoperto o assistita da garanzie, reali o personali. Le
garanzie si intendono date per tutta la durata dell’apertura di credito e dunque non si estinguono
nel momento in cui il cliente non dovesse essere debitore della banca.
Nell’apertura di credito a tempo determinato la banca può recedere anticipatamente solo per
giusta causa. Il recesso sospende immediatamente l’utilizzo del credito, ma la banca deve
concedere almeno 15 gg. per la restituzione delle somme. Nell’apertura a tempo indeterminato la
banca e il cliente possono recedere liberamente dal contratto, con un preavviso di 15 gg., ove non
sia fissato diversamente dai contratti o dagli usi. La normativa codicistica è ampiamente
derogata, tuttavia, dalle norme bancarie uniformi, che prevedono per entrambi i casi la possibilità
di recesso libero, anche con comunicazione verbale, con termine di 1 gg. per la restituzione delle
somme. Se il debitore è un consumatore il preavviso deve essere dato con lettera raccomandata e,
in caso di apertura di credito a tempo indeterminato si applica la disciplina codicistica.
Lo sconto (art. 1858) è il contratto col quale la banca (scontante) anticipa al cliente
(scontatario) l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, decurtato dell’interesse, e il
cliente cede alla banca, salvo buon fine, il credito stesso. La banca scontante può a sua volta
effettuare il risconto presso altra banca. Per legge il credito è ceduto alla banca salvo buon fine;
perciò lo scontatario resta obbligato al pagamento se non paga il debitore ceduto.
Diffuso è anche il forfaiting, sconto di crediti cambiari di regola a medio e lungo termine
che si caratterizza per l’assenza della clausola salvo buon fine e per il fatto che le cambiali sono
girate alla banca con la clausola “senza garanzia”, sicché nessuna azione è esercitabile contro lo
scontatario.
L’art. 1852 stabilisce che le operazioni bancarie possono essere regolate in conto corrente: il
correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito, salvo
l’osservanza del termine di preavviso eventualmente previsto. La banca apre un conto intestato al
cliente, nel quale vengono annotati versamenti e prelievi. Il cliente può disporre delle somme non
solo con prelevamento in contanti, ma anche mediante emissione di assegni bancari, rimesse,
bonifici, giroconti; può alimentare il conto anche versando assegni da riscuotere, se la banca li
accetta. La banca è inoltre tenuta a ricevere per conto del correntista i versamenti disposti da
terzi a favore dello stesso e ad eseguire incarichi di riscossione di crediti verso terzi.
Il contratto di conto corrente deve essere redatto per iscritto. Il titolare deve depositare la
propria firma (cd. specimen) per consentire alla banca di controllare l’autenticità della firma di
traenza degli assegni bancari e degli altri ordini ad essa indirizzati. La banca deve osservare la
diligenza del mandatario e risponde secondo le regole del mandato per l’esecuzione degli
incarichi.
Si distingue tra saldo contabile determinato dalle annotazioni in conto delle diverse
operazioni; saldo disponibile che indica l’ammontare giornaliero del credito di cui il cliente può
disporre e saldo per valute che rileva solo ai fini del calcolo degli interessi.
La valuta è la data convenzionale attribuita alle singole operazioni al fine del conteggio
degli interessi; essa di solito è differita di alcuni giorni per le operazioni passive e anticipata per
le attive. Per porre un freno agli abusi delle banche è stabilito per legge che i versamenti di
denaro, di assegni circolari emessi dalla stessa banca e di assegni bancari tratti sulla stessa
succursale devono essere conteggiati con la valuta dello stesso giorno.
Recentemente la Cassazione (sentenze 2374/1999 e 3096/1999) ha sancito la nullità della
clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi (a favore della banca). Il legislatore è
intervenuto attribuendo al Cicr il potere di stabilire modalità e criteri per la produzione di
interessi, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni di conto corrente sia assicurata la stessa
periodicità nel conteggio degli interessi debitori e creditori. Oggi di fatto entrambi gli interessi
vengono, di regola, capitalizzati trimestralmente.
Il conto corrente bancario è di regola a tempo indeterminato e il correntista ha diritto di
ricevere, almeno una volta l’anno, l’estratto conto; può scegliere di riceverlo anche ogni 6 mesi,
3 mesi o mensilmente. Il cliente può proporre opposizione scritta entro 60 gg. dal ricevimento
dell’estratto conto; decorso tale termine lo stesso deve intendersi approvato.
Nel caso di conto cointestato, se la firma è disgiunta gli intestatari sono considerati, nei
confronti della banca, creditori in solido del saldo attivo debitori in solido del saldo passivo; se è
a firma congiunta, invece, gli atti di disposizione devono essere fatti da tutti i cointestatari,
mentre i versamenti possono essere fatti anche separatamente.
Se un soggetto ha più conti con la stessa banca, questi restano autonomi; tuttavia i relativi
saldi eventualmente di segno opposto si compensano reciprocamente.
La fideiussione omnibus è una garanzia personale generale, che assicura la banca per
l’adempimento di qualsiasi obbligazione, anche futura, assunta dal cliente garantito. La posizione
del fideiussore è perciò particolarmente gravosa, e il legislatore è intervenuto stabilendo che per
le obbligazioni future, quale tipicamente è la fideiussione omnibus, deve essere stabilito
l’importo massimo garantito.
In deroga a quanto stabilito per la fideiussione ordinaria, la fideiussione omnibus produce
effetti anche se l’obbligazione principale è dichiarata invalida, in quanto il fideiussore garantisce
comunque la restituzione delle somme erogate dalla banca. Inoltre, in deroga all’art. 1945, il
fideiussore omnibus è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta,
restando così preclusa la possibilità di opporre eccezioni che spettano al debitore principale.
In caso di peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore, la banca non può
continuare a concedergli credito senza ottenere l’autorizzazione per iscritto del fideiussore.
Ispirato alla medesima finalità è il cd. pegno omnibus: i beni costituiti in pegno possono
essere utilizzati dalla banca a garanzia di tutti i crediti, presenti e futuri nei confronti del cliente.
Tale clausola è valida nei rapporti tra banca e cliente, ma non è opponibile agli altri creditori,
contrastando con l’esigenza della sufficiente indicazione del credito garantito dal pegno.
Col servizio delle cassette di sicurezza la banca mette a disposizione del cliente uno
scomparto metallico nei locali della banca, per riporvi oggetti, titoli o valori. La cassetta ha uno
sportello munito di doppia chiave: una è consegnata al cliente, l’altra è custodita dalla banca. La
cassetta può essere perciò aperta solo col concorso di entrambi, previa esibizione da parte del
cliente di apposito tesserino. La banca non può assistere alle operazioni di immissione e prelievo,
ma può solo chiedere la verifica del contenuto per ragioni di sicurezza. La banca risponde verso
l’utente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito.
Sull’utente incombe l’onere di provare il valore del contenuto della cassetta. Sono state
dichiarate nulle dalla giurisprudenza le clausole volte a limitare il danno risarcibile o a obbligare
il cliente a non introdurre valori superiori a un importo stabilito.
Il leasing o locazione finanziaria è una tecnica contrattuale nata per consentire alle imprese
di disporre dei beni strumentali necessari per l’attività produttiva senza immobilizzare ingenti
capitali per l’acquisto. Il successo del leasing, anche per le agevolazioni fiscali di cui gode, ne ha
notevolmente ampliato l’ambito di utilizzazione.
Il leasing finanziario è concluso nell’ambito di un’operazione trilaterale alla quale
partecipano la società di leasing (concedente), l’impresa interessata all’utilizzo del bene
(utilizzatore) ed un’impresa che produce o distribuisce il bene stesso (fornitore). L’impresa di
leasing acquista dal fornitore il bene e lo cede in godimento all’utilizzatore, stipulando un
contratto, il contratto di leasing, appunto, che presenta i seguenti dati caratterizzanti: a) il
godimento è concesso per un periodo di tempo determinato; b) come corrispettivo del godimento
l’utilizzatore deve corrispondere un canone periodico; c) all’utilizzatore è riconosciuta la facoltà
di acquistare la proprietà del bene alla scadenza del contratto, pagando un prezzo predeterminato.
Il leasing si differenzia dalla locazione con patto di futuro acquisto della proprietà in quanto,
con apposite clausole, l’impresa di leasing pone a carico dell’utilizzatore tutti i rischi connessi al
godimento del bene: l’utilizzatore è tenuto a pagare i canoni pattuiti anche in caso di mancata o
ritardata consegna del bene da parte del fornitore; non può invocare la garanzia per vizi nei
confronti del concedente; è responsabile per la perdita o il perimento del bene anche se dovuto a
causa a lui non imputabile. Nei primi due casi all’utilizzatore è riconosciuto il diritto di esercitare
nei confronti del fornitore le azioni che spettano al concedente.
Il concedente ha diritto di chiedere la risoluzione del contratto anche in caso di mancato
pagamento di un solo canone, quale che ne sia l’ammontare e può trattenere integralmente i
canoni riscossi, salvo il risarcimento dei danni ulteriori. Tali ultime clausole derogano
vistosamente alla disciplina inderogabile della vendita con riserva di proprietà; parte della
dottrina e della giurisprudenza di merito contestano la validità della seconda. La Cassazione
distingue tra leasing tradizionale o di godimento (beni strumentali d’impresa) e leasing impuro o
traslativo (beni di consumo durevoli: nel primo caso l’impresa può trattenere tutti i canoni
riscossi ed esigere a titolo di risarcimento dei danni i canoni ulteriori e il prezzo di opzione; nel
secondo l’utilizzatore deve corrispondere solo un equo compenso per l’uso e il risarcimento dei
danni nella misura quantificata dal giudice.
Minori problemi solleva il leasing operativo o leasing diretto del produttore, nel quale i
beni sono concessi in godimento direttamente dal produttore, che si obbliga a fornire una serie di
servizi collaterali (assistenza, manutenzione ecc.). Tale forma di leasing ha in genere ad oggetto
beni quali fotocopiatrici, computer ecc.. Si ritiene che il contratto rientri nello schema della
locazione e resti assoggettato alla relativa disciplina inderogabile.
Nel lease-back o leasing di ritorno un imprenditore vende propri beni ad una società di
leasing che ne paga il prezzo e stipula col venditore un contratto di leasing avente ad oggetto gli
stessi beni. Si tratta di una forma alternativa di finanziamento della cui liceità si è dubitato, atteso
che è assimilabile alla vendita a scopo di garanzia, che secondo i più recenti orientamenti
giurisprudenziali ricade nel divieto di patto commissorio. Si è però convincentemente replicato
che il lease-back non è identificabile con la vendita a scopo di garanzia, perché nel primo manca
un credito preesistente e soprattutto perché il bene resta nella disponibilità del venditore. La
ragione del divieto del patto commissorio è di impedire che il debitore sia costretto a concedere
in garanzia beni di valore superiore al credito concessogli, mentre nel lease-back l’importo dei
canoni dovuti è di regola proporzionato al valore del bene trasferito. Il lease-back sarà pertanto
nullo solo qualora risulti una evidente sproporzione tra credito garantito e valore del bene
trasferito.
Il contratto di factoring, di origine statunitense, può essere definito come una cessione
globale id crediti pecuniari futuri, verso corrispettivo. Cessione che è assoggettata alla speciale
disciplina della L. 52/1991 quando ricorrono le seguenti condizioni: 1. il cedente è un
imprenditore; 2. i crediti ceduti sorgono da contratti stipulati nell’esercizio dell’attività di
impresa; 3. il cessionario è una banca o un intermediario finanziario.
La L. 52/2001 precisa che nell’accordo di factoring deve essere specificato il futuro debitore
ceduto e che la cessione può avere ad oggetto solo creditori che sorgeranno da contratti da
stipulare in un periodo non superiore a 24 mesi. L’accordo determina l’automatico trasferimento
dei crediti man mano che verranno ad esistenza. Il fornitore dovrà consegnare al factor i
documenti probatori dei crediti cedutigli e notificare al debitore l’intervenuta cessione delle
forme comuni. La cessione avviene di regola pro solvendo, e anzi il relativo importo, dedotta la
commissione del factor, è messo a disposizione del decente dopo l’incasso. Il cessionario può
tuttavia rinunciare, in tutto o in parte, alla garanzia della solvenza e assicurare il pagamento del
credito anche in caso di inadempimento del debitore; ed in tale evenienza il relativo importo è
messo a disposizione alcuni mesi dopo la scadenza. Il factor può anche concedere anticipazioni
sull’ammontare dei crediti, pro solvendo o pro soluto; nel primo caso, le somme devono essere
restituite qualora il debitore non paghi.
I caratteri essenziali della cartolarizzazione dei crediti possono essere così delineati (L.
130/1999): 1. la cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari esistenti o futuri ad una società che
ha per oggetto esclusivo la realizzazione di operazioni di cartolarizzazione; 2. l’emissione da
parte di tale società di titoli di credito destinati a finanziare l’acquisto del portafoglio crediti
ceduto; 3. la destinazione esclusiva da parte della società cessionaria delle somme corrisposte dai
debitori ceduti al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto
dei relativi crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione.
Gli organismi di investimento collettivo del risparmio possono assumere nel nostro
ordinamento le forme dei fondi comuni e delle Sicav.
Nei fondi comuni di investimento gli investitori non diventano soci della società di gestione
che provvede all’investimento collettivo. Le somme versate dagli investitori e le attività in cui le
somme sono investite costituiscono infatti patrimonio autonomo (fondo comune) da quello della
società che lo amministra. I fondi comuni possono essere di tipo aperto o chiuso. Nei primi i
partecipanti possono ottenere in ogni momento il rimborso delle quote di partecipazione. Nei
secondi invece il diritto di rimborso è riconosciuto solo a scadenze predeterminate.
Le società di investimento a capitale variabile (Sicav) sono invece organismi di
investimento collettivo in forma di S.p.A., nei quali l’investimento da parte dei risparmiatori
avviene attraverso la sottoscrizione delle azioni emesse da tale società. Non si costituisce quindi
un patrimonio separato ed è lo stesso patrimonio della società, di cui gli investitori sono soci, ad
essere investito. La Sicav si differenzia da una comune S.p.A. per il fatto di essere a capitale
variabile: è possibile l’ingresso e l’uscita dei soci senza che le corrispondenti variazioni del
capitale sociale comportino una modifica dell’atto costitutivo.
L’appello al pubblico risparmio per sollecitare la sottoscrizione di prodotti finanziari di
nuove emissione (offerta pubblica di sottoscrizione) o l’acquisto di prodotti finanziari già emessi
(offerta pubblica di vendita) necessita di una specifica disciplina a tutela dei potenziali
investitori. La disciplina in esame, contenuta nel Tuf, non trova però applicazione quando
l’offerta è rivolta ai soli investitori professionali, o a un numero di soggetti non superiori a 200, o
l’ammontare complessivo non supera quello fissato dalla stessa Consob (attualmente 40.000
euro).
Coloro che intendono effettuare una sollecitazione all’investimento devono darne preventiva
comunicazione alla Consob, allegando un prospetto informativo destinato alla pubblicazione, che
deve contenere le informazioni necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad una
fondata valutazione dell’offerta e della solidità della società che la propone. La pubblicazione del
prospetto deve essere autorizzata dalla Consob. Prima della pubblicazione è vietato raccogliere
adesioni o dare pubblicità all’offerta. Per l’offerta fuori sede vale anche in questo caso lo ius
poenitendi per l’investitore, entro 7 gg. dalla sottoscrizione.
I contratti di borsa sono contratti standardizzati che hanno di regola per oggetto il
trasferimento della proprietà di un determinato quantitativo di valori mobiliari individuati solo
nel genere, la cui esecuzione è differita ad una scadenza predeterminata. Si tratta di contratti
standardizzati: i tipi di contratti ammessi e i lotti minimi negoziabili sono stabiliti dal
regolamento del mercato. La negoziazione in borsa e negli altri mercati regolamentati è riservata
per legge a S.i.m., imprese di investimento estere autorizzate, banche italiane ed estere
autorizzate, agenti di cambio (fino all’esaurimento del relativo ruolo). Chi intende acquistare o
vendere titoli è tenuto a rivolgersi ad uno di tali operatori, conferendogli un apposito incarico
scritto (ordine di borsa).
L’esecuzione dei contratti avviene col sistema della stanza di compensazione: a scadenze
periodiche, gli organi della stanza provvedono la compensazione delle partite omogenee e
determinano il saldo di liquidazione per ciascun intermediario. Gli strumenti finanziari sono
trasferiti mediante semplici scritturazioni contabili sui conti degli intermediari aperti presso la
Monte Titoli. A loro volta gli intermediari annotano nei conti dei propri clienti gli strumenti
finanziari e i corrispettivi di loro competenza.
I contratti di borsa si distinguono in contratti a contanti o a termine. I primi devono essere
eseguiti entro 3 gg. dalla conclusione. Mentre per i titoli negoziati nel mercato ristretto sono stati
sempre consentiti solo contratti a contanti, per quelli quotati in borsa era in passato possibile
anche la stipulazione di contratti a termine. A partire dal febbraio 1996, con il completamento
del processo di informatizzazione delle negoziazioni, tutti i contratti di borsa devono essere
conclusi a contanti. Sopravvivono invece, anche se destinati a scomparire, i contratti a premio,
nei quali il compratore o il venditore si riserva, dietro corrispettivo, il diritto di non dare
esecuzione al contratto.
Il contratto future è un contratto uniforme a termine su strumenti finanziari, con il quale le
parti si obbligano a scambiarsi alla scadenza un certo quantitativo di attività finanziarie a prezzo
prestabilito; ovvero, nel caso di future su indici, a liquidarsi una somma in danaro pari alla
differenza fra il valore dell’indice di riferimento alla stipula del contratto e il valore dello stesso
indice alla scadenza.
Con il contratto di opzione, invece, una delle parti dietro pagamento di un corrispettivo
acquisisce la facoltà di acquistare (opzione call) o di vendere (opzione put) un certo quantitativo
di determinate attività finanziarie a un prezzo stabilito (prezzo di esercizio). Nel caso di opzioni
su indici di borsa, si acquista invece il diritto di ricevere una somma di denaro pari alla
differenza fra il prezzo di esercizio ed il valore dell’indice il giorno in cui l’opzione è esercitata o
alla scadenza. L’opzione sarà esercitata se l’ultimo valore è superiore al prezzo di esercizio;
altrimenti non verrà esercitata e si perderà il premio.
Il riporto (art. 1548) è il contratto con il quale il riportato trasferisce in proprietà al
riportatore titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo. Nel contempo il
riportatore si obbliga a trasferire al riportato, ad una determinata scadenza, la proprietà di
altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso di un prezzo che può essere aumentato o
diminuito nella misura convenuta.
Il reato di aggiotaggio di borsa (art. 501 c.p.) consiste nella divulgazione di notizie false,
esagerate o tendenziose, ovvero l’utilizzazione di altri artifizi idonei ad alterare il regolare
andamento delle quotazioni di borsa.
L’insider trading (artt. 180-187 Tuf) consiste invece in operazioni speculative su valori
mobiliari poste in essere da chi, per la particolare posizione rivestita, è in possesso di
informazioni non ancora note alla massa degli investitori, che possono influenzare sensibilmente
il prezzo futuro dei titoli. Il divieto di tali operazioni, penalmente sanzionato, colpisce sia chi sia
in possesso di informazioni in ragione della propria appartenenza ad una società o all’esercizio di
una funzione (insiders), sia chi abbia ottenuto da questi ultimi informazioni privilegiate (tippees).
I titoli di credito sono documenti destinati alla circolazione che attribuiscono il diritto ad una
determinata prestazione, che può consistere in una somma di denaro (titoli di credito in senso
stretto), in merci (titoli di credito rappresentativi di merci), o in una situazione giuridica
complessa, come ad es. le azioni di società (titoli di partecipazione).
L’incorporazione del diritto nel documento è caratteristica fondamentale dei titoli di credito
e si concretizza in quattro principi cardine: 1. autonomia del diritto: chi acquista la proprietà del
documento diventa titolare del diritto in esso menzionato, anche se ha acquistato il titolo a non
domino, purché sia in buona fede ed entri in possesso del titolo. 2. Letteralità ed autonomia in
sede di esercizio: il contenuto del diritto è determinato esclusivamente dal tenore letterale del
documento. Chi acquista un titolo di credito acquista un diritto autonomo dalla posizione del
dante causa; a lui sono opponibili solo le eccezioni (cd. eccezioni reali) tassativamente indicate
nell’art. 1993. 3. Legittimazione: chi ha conseguito il possesso materiale del titolo di credito
nelle forme prescritte dalla legge, è legittimato all’esercizio del diritto cartolare, senza essere
tenuto a provare l’acquisto della proprietà del titolo e la titolarità del diritto. 4. Vincoli: i vincoli
sul diritto menzionato in un titolo di credito devono essere effettuati sul titolo e non hanno effetto
se non risultano dal titolo.
La creazione o il rilascio di un titolo di credito trovano giustificazione in un preesistente
rapporto tra emittente e primo prenditore (rapporto fondamentale o causale) ed in un accordo
fra gli stessi con cui si conviene di fissare nel titolo di credito la prestazione dovuta
(convenzione di rilascio). La dichiarazione risultante dal titolo di credito costituisce il rapporto
cartolare ed il diritto dalla stessa riconosciuto al prenditore del titolo il diritto cartolare.
Se l’adempimento è richiesto dal primo prenditore, il debitore può opporgli tutte le eccezioni
derivanti dal rapporto fondamentale, trattandosi di eccezioni a lui personali (art. 1993). Se invece
l’adempimento è richiesto da un terzo, scattano a favore del terzo possessore i principi della
letteralità e dell’autonomia, del diritto cartolare: non sono opponibili le eccezioni derivanti dal
rapporto fondamentale.
Sono titoli di credito astratti quelli che possono essere emessi in base a qualsiasi rapporto
fondamentale e non contengono alcuna menzione del rapporto che ha dato luogo alla loro
emissione (es. cambiali). Sono invece titoli di credito causali quelli che possono essere emessi
solo in base ad un determinato tipo di rapporto fondamentale, predeterminato per legge (es.
azioni). Nei titoli astratti il contenuto del diritto cartolare è determinato esclusivamente dalla
lettera del titolo, mancando ogni riferimento al rapporto fondamentale che anche se apparisse è
per legge irrilevante. Questi titoli si definiscono titoli a letteralità piena. Nei titoli causali,
invece, il contenuto del diritto cartolare è determinato non solo dalla lettera del titolo, ma anche
dalla disciplina legale del rapporto obbligatorio. Tali titoli si definiscono perciò titoli a letteralità
incompleta. E’ comunque oggi pacifico, eccezion fatta per i titoli azionari, che anche ai titoli
causali è pienamente applicabile in sede di esercizio il principio dell’autonomia del diritto
cartolare.
Uno dei profili caratterizzanti la disciplina dei titoli di credito è la distinzione tra titolarità del
diritto cartolare e legittimazione all’esercizio dello stesso: titolare del diritto cartolare è il
proprietario del titolo; legittimato al suo esercizio è invece il possessore del titolo nelle forme
prescritte dalla legge (possessore qualificato).
Si ha circolazione regolare quando il titolo viene trasferito dall’attuale proprietario ad altro
soggetto in forza di un valido negozio di trasmissione. Ma il contratto con cui si trasferisce la
proprietà di un titolo si perfeziona col semplice consenso (contratto consensuale) o è necessaria
l’investitura nel possesso qualificato, mediante girata e consegna (contratto reale) ? La prima
soluzione, tuttora prevalente, è preferibile, dovendo trovare applicazione anche per i titoli di
credito il principio consensualistico fissato in via generale dall’art. 1376 per il trasferimento di
proprietà di una cosa materiale.
Si ha circolazione irregolare quando la circolazione non è sorretta da un valido negozio di
trasferimento. Chi ha perso il possesso del titolo contro la sua volontà potrà esercitare azione di
rivendicazione nei confronti del possessore. Inoltre, se si tratta di titoli all’ordine o nominativi,
potrà anche valersi della procedura di ammortamento. Se però il titolo perviene nelle mani di un
terzo di buona fede scatta a tutela di quest’ultimo il principio dell’autonomia in sede di
circolazione: non è infatti soggetto a rivendicazione.
In base alla legge di circolazione i titoli di credito si distinguono in titoli al portatore,
all’ordine e nominativi. Sono titoli al portatore i titoli che recano la clausola “al portatore”,
anche se contrassegnati da un nome. I titoli al portatore circolano mediante la semplice consegna
del titolo e il possessore è legittimato all’esercizio del diritto in essi menzionato in base alla sola
presentazione del titolo al debitore. L’emissione di titoli di credito al portatore è ammessa nei
soli casi previsti dalla legge: assegni bancari, libretti di deposito, azioni di risparmio,
obbligazioni di società, quote di partecipazione di fondi comuni, titoli del debito pubblico. Per le
norma antiriciclaggio il trasferimento di danaro e titoli al portatore di importo superiore a 20
milioni può essere eseguito solo da intermediari abilitati, tenuti ad identificare chi esegue il
trasferimento. Per i titoli al portatore non è, di regola, ammesso l’ammortamento.
I titoli all’ordine sono titoli intestati ad una persona determinata. Essi circolano mediante
consegna del titolo accompagnato dalla girata. Il possessore del titolo all’ordine si legittima
mediante una serie continua di girate. Sono titoli di credito all’ordine: la cambiale, l’assegno
bancario, l’assegno circolare, i titoli rappresentativi di merci. La girata è una dichiarazione
scritta sul titolo, di regola sul retro e sottoscritta, con la quale l’attuale possessore (girante)
ordina al debitore cartolare di adempiere nei confronti di altro soggetto (giratario). La girata può
essere piena o in bianco. E’ piena quando contiene il nome del giratario. E’ in bianco quando non
lo contiene e di regola è costituita dalla sola firma del girante. Chi riceve un titolo girato in
bianco può: riempire la girata col proprio nome o con quello di un terzo; girare di nuovo il titolo
in pieno o in bianco; trasmettere il titolo a un terzo senza girarlo, con la semplice consegna
manuale del titolo. La girata non può essere sottoposta a condizioni e qualsiasi condizione
apposta si ha per non scritta. E’ nulla la girata parziale. Effetto della girata è quello di mutare la
legittimazione all’esercizio del diritto cartolare. Il debitore è tenuto solo a controllare solo la
regolarità formale delle girate, ma non l’autenticità e la validità. Di regola la girata non ha
funzione di garanzia. Salvo diversa disposizione di legge (come per i titoli cambiari), o clausola
contraria risultante dal titolo, il girante non assume alcuna obbligazione cartolare.
I titoli nominativi sono titoli intestati ad una persona determinata per i quali l’intestazione
deve risultare non solo dal titolo, ma anche da un apposito registro tenuto dall’emittente (doppia
intestazione). Possono essere titoli nominativi le obbligazioni, le quote di partecipazione a fondi
comuni di investimento, i titoli del debito pubblico. Il trasferimento della legittimazione in questi
titoli può avvenire nelle forme del transfert (rilascio di nuovo documento dall’emittente) o della
girata (in questo caso non è però ammessa la girata in bianco e la girata deve essere datata ed
autenticata da un notaio o da un agente di cambio). Inoltre la girata del titolo nominativo non
attribuisce la legittimazione prima dell’annotazione del trasferimento nel registro dell’emittente.
Le eccezioni cartolari si distinguono in eccezioni reali, che sono opponibili a qualunque
portatore del titolo, ed eccezioni personali, opponibili solo ad un determinato portatore. Sono
eccezioni reali: 1. le eccezioni di forma; 2. le eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo; 3.
la falsità della firma; 4. il difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell’emissione del
titolo; 5. la mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione.
Sono invece eccezioni personali: 1. le eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale,
opponibili solo al primo prenditore; 2. le eccezioni fondate su altri rapporti personali con i
precedenti possessori, opponibili solo a colui che è stato parte del relativo rapporto; 3.
l’eccezione di difetto di titolarità del diritto cartolare, opponibile al possessore del titolo che non
ne ha acquistato la proprietà o la ha successivamente persa. Le prime due eccezioni personali
(cd. eccezioni personali fondate su rapporti personali) sono opponibili nei confronti di tutti i
successivi possessori in malafede o colpa grave; la terza (eccezione personale in senso stretto)
solo in caso di dolo dell’attuale possessore.
La cambiale è un titolo di credito la cui funzione tipica, anche se non esclusiva, è quella di
differire il pagamento di una somma di denaro attribuendo nel contempo al prenditore la
possibilità di monetizzare agevolmente il credito concesso, con il trasferimento del titolo.
Esistono due tipi di cambiale: la cambiale tratta e il pagherò cambiario o vaglia cambiario.
Nella cambiale tratta una persona (traente) ordina a un’altra persona (trattario) di pagare
una somma di danaro al portatore del titolo. La cambiale tratta ha perciò la struttura di un ordine
di pagamento: il traente dà l’ordine e per legge garantisce l’accettazione ed il pagamento del
titolo; il trattario è il destinatario dell’ordine di pagamento e diventa obbligato cambiario
principale solo in seguito all’accettazione; il prenditore che è il beneficiario dell’ordine di
pagamento.
Il pagherò cambiario o vaglia cambiario ha invece la struttura di una promessa di
pagamento: l’emittente promette il pagamento al prenditore.
Tutte le cambiali, tratte o pagherò che siano sono titoli: 1. all’ordine; 2. astratti; 3.
rigorosamente formali; 4. che possono incorporare una pluralità di obbligazioni; 5. esecutivi.
La cambiale è di consueto redatta su appositi moduli prestampati, predisposti
dall’amministrazione finanziaria, con i quali viene assolta l’imposta di bollo. Sono requisiti
formali essenziali della cambiale: 1. la denominazione di cambiale, vaglia cambiario o pagherò
cambiario; 2. l’ordine incondizionato nella cambiale tratta e la promessa incondizionata nel
vaglia cambiario di pagare una somma determinata (in caso di discordanza tra somma espressa in
cifre e in lettere, prevale la seconda; se la somma è scritta più volte in lettere o in cifre, prevale la
somma minore); 3. l’indicazione nella cambiale tratta del trattario (che può essere anche lo stesso
traente); 4. il nome del primo prenditore (nella cambiale tratta può essere lo stesso traente); 5. la
data di emissione della cambiale; 6. la sottoscrizione autografa del traente o dell’emittente.
Sono invece requisiti formali naturali della cambiale: 1. L’indicazione della scadenza (se è
omessa la cambiale si considera pagabile a vista; se è indicata, deve rientrare a pena di nullità in
uno dei quattro casi previsti dalla legge: a vista, a certo tempo vista, a certo tempo data, a giorno
fisso). 2. L’indicazione del luogo dove la cambiale è emessa (in mancanza, di considera
sottoscritta nel luogo indicato accanto al nome del traente o dell’emittente; mancando anche tale
ultima indicazione, la cambiale è nulla); 3. L’indicazione del luogo di pagamento (in mancanza
la cambiale tratta è pagabile nel luogo indicato accanto al nome del trattario, il vaglia cambiario
nel luogo di emissione. E’ possibile indicare come luogo di pagamento anche il domicilio di un
terzo. La domiciliazione della cambiale è propria se il pagamento deve essere effettuato dal terzo
quale rappresentante del trattario; è impropria se il pagamento deve essere effettuato presso il
terzo dallo stesso trattario o dall’emittente).
Non costituisce requisito di validità della cambiale il pagamento dell’imposta di bollo. La
mancanza o l’insufficienza originaria del bollo privano però la cambiale della qualità di titolo
esecutivo.
Non è necessario che tutti i requisiti siano presenti all’atto dell’emissione del titolo, ma è
sufficiente che la cambiale sia completa al momento in cui il portatore ne chiede il pagamento.
La cambiale che circola sprovvista di uno o più requisiti essenziali si chiama cambiale in
bianco. Di regola l’emissione della cambiale in bianco è accompagnata da un accordo di
riempimento. L’eccezione di abusivo riempimento non è opponibile al terzo possessore a meno
che questi abbia acquistato la cambiale in mala fede o abbia commesso colpa grave. Il portatore
decade dal diritto di riempire la cambiale in bianco dopo tre anni dal giorno dell’emissione del
titolo. Il riempimento tardivo non è però opponibile al terzo di buona fede.
L’invalidità della singola obbligazione cambiaria non incide sulla validità delle altre: se una
cambiale contiene firme di persone incapaci, false o di persone immaginarie, le obbligazioni
degli altri firmatari restano valide. Tutti gli obbligati cambiari sono obbligati in solido nei
confronti del portatore del titolo alla scadenza. Nei confronti di quest’ultimo, gli obbligati
cambiari si distinguono in obbligati diretti e obbligati di regresso. L’azione diretta nei
confronti dei primi non è subordinata a particolari formalità; l’azione di regresso nei confronti
dei secondi presuppone invece il verificarsi di determinate condizioni sostanziali (rifiuto
dell’accettazione o del pagamento) e formali (levata del protesto).
Sono obbligati diretti l’emittente, l’accettante e i loro avallanti. Sono obbligati di regresso il
traente, i giranti, i loro avallanti e l’accettante per intervento.
Nei rapporti interni gli obbligati cambiari sono disposti per gradi. Nella cambiale tratta
accettata, obbligato di primo grado è l’accettante, obbligato di secondo grado è il traente,
obbligato di terzo grado è il primo girante e seguono nell’ordine i successivi giranti. Nel vaglia
cambiario obbligato di primo grado è sempre l’emittente, seguono poi i giranti nell’ordine sopra
indicato. L’avallante assume invece un grado cambiario immediatamente successivo a quello
dell’obbligato per il quale l’avallo è stato dato ed identica regola vale per l’accettante per
intervento.
La graduazione delle obbligazioni cambiarie comporta che se paga l’obbligato di 1° grado,
tutti gli altri sono liberati non solo nei confronti del portatore, ma anche nei rapporti interni. Per
contro il pagamento effettuato da un obbligato di grado intermedio libera definitivamente solo
quelli di grado successivo, dato che il solvens ha azione cambiaria per il recupero dell’intera
somma pagata nei confronti degli obbligati di grado anteriore.
L’emissione di una cambiale tratta non comporta la cessione del credito di provvista dal
traente verso il trattario e ciò rende la posizione del portatore insicura, soprattutto quando il
traente ha vietato l’accettazione. D’altro canto, l’eventuale cessione del credito di provvista offre
garanzia all’immediato prenditore, ma non opera automaticamente a favore dei successivi
giratari. Per ovviare a tali inconvenienti è stato introdotto l’istituto della cambiale tratta
garantita mediante cessione di credito derivante da forniture. Tale istituto consente di
realizzare un collegamento automatico fra circolazione del titolo e circolazione del credito di
provvista. La relativa clausola di cessione può però essere apposta solo nella tratta non
accettabile, o per l’eventualità che la tratta non venga accettata. La cessione può avere ad oggetto
solo un credito derivante da fornitura di merci e la clausola di cessione deve contenere, a pena di
nullità, la data e il numero della relativa fattura. La cessione può infine avvenire solo a favore di
una banca, ma giova a tutti i successivi giratari. La cessione diviene efficace con la notifica al
trattario.
L’avallo è una dichiarazione cambiaria con la quale l’avallante garantisce il pagamento della
cambiale per tutta o parte della somma. L’avallo deve risultare dal titolo; è sufficiente la
semplice sottoscrizione apposta sulla faccia anteriore del titolo, purché non si tratti della firma
del traente, del trattario o dell’emittente. L’avallo può essere dato per uno qualsiasi degli
obbligati cambiari e pertanto deve essere indicato per chi è dato; in mancanza di indicazione
l’avallo si intende dato ex lege per il traente o l’emittente. L’avallante è obbligato nello stesso
modo (diretto o di regresso) dell’avallato. Nei confronti del portatore del titolo l’avallante è
obbligato in solido con l’avallato e con gli altri obbligati cambiari; nei rapporti interni è invece
un obbligato di grado successivo rispetto all’avallato. Ha perciò azione cambiaria di rivalsa per
l’intero contro l’avallato e contro gli obbligati di grado anteriore.
L’obbligazione dell’avallante è autonoma, e pertanto è valida anche se l’obbligazione
garantita è nulla per qualsiasi altra causa che un vizio di forma. L’avallo si differenzia pertanto
dalla fideiussione, che è una garanzia accessoria. Non trovano pertanto applicazione nell’avallo
le norme che legittimano il fideiussore ad opporre al creditore tutte le eccezioni personali che
spettano al debitore principale.
La disciplina della circolazione della cambiale in larga parte coincide con quella dei titoli di
credito all’ordine in generale, con alcune peculiarità. Il trasferimento della cambiale mediante
girata può essere escluso dal traente o dall’emittente apponendo sul titolo la clausola “non
all’ordine” o altra equivalente. In tal caso la cambiale è trasferibile solo con una cessione
ordinaria, con la conseguenza che l’acquirente resta esposto a tutte le eccezioni opponibili ai
precedenti portatori.
La girata può essere fatta anche a favore del trattario o di uno qualsiasi degli obbligati
cambiari, senza che ciò comporti estinzione della relativa obbligazione per confusione (girata di
ritorno). Il giratario di ritorno, che può girare ulteriormente la cambiale, ha in tal caso azione
cambiaria solo contro l’obbligato diretto e coloro che hanno firmato prima di lui, non invece nei
confronti dei giratari intermedi, essendo a sua volta obbligato nei loro confronti.
Nella cambiale il girante risponde per legge, come obbligato di regresso, dell’accettazione e
del pagamento della cambiale. Può però esonerarsi con la clausola “senza garanzia” da ogni
responsabilità cambiaria per l’accettazione e/o per il pagamento.
La clausola “non all’ordine”, se apposta dal girante non impedisce l’ulteriore trasferimento
del titolo mediante girata, ma limita la responsabilità del girante all’immediato giratario.
La cambiale può essere girata anche dopo la scadenza. Tuttavia la girata effettuata dopo il
protesto per mancato pagamento o dopo la scadenza del termine per levarlo (girata tardiva)
produce solo gli effetti di una cessione ordinaria: il giratario non acquista cioè un diritto letterale
ed autonomo, pur restando dispensato dalla notifica al debitore.
Legittimato a chiedere il pagamento è il portatore della cambiale che giustifica il suo diritto
con una serie continua di girate. Le girate cancellate si hanno per non scritte. Chi paga alla
scadenza è tenuto a controllare solo la regolarità formale delle girate e la continuità delle stesse,
non l’autenticità della firma dei giranti e la validità sostanziale delle girate. Eseguiti tali controlli
ed identificato l’attuale possessore, il debitore è liberato anche se paga al non titolare, a meno
che da parte sua non vi sia stato dolo o colpa grave.
La cambiale deve essere presentata per il pagamento al trattario o all’emittente nel giorno
della scadenza o in uno dei due giorni feriali successivi (cambiale a giorno fisso o a certo tempo
vista o data) o entro un anno dalla data di emissione (cambiale a vista). L’omessa tempestiva
presentazione comporta la perdita dell’azione cambiaria nei confronti degli obbligati di regresso.
In deroga al diritto comune, il termine di scadenza della cambiale è termine essenziale non
solo per il creditore ma anche per il debitore cambiario. Il portatore della cambiale non è tenuto a
ricevere il pagamento prima della scadenza. Sempre in deroga al diritto comune, il portatore
della cambiale non può rifiutare un pagamento parziale.
Il pagamento per l’intero dà diritto alla restituzione del titolo, quietanzato dal portatore. In
caso di pagamento parziale, il debitore può esigere che ne sia fatta menzione sul titolo e gliene
sia data separata quietanza.
Il pagamento per intervento può essere effettuato, da un terzo o da persona già obbligata
cambiariamente (tranne l’accettante) per evitare che il portatore promuova azione cambiaria nei
confronti degli obbligati di regresso. Tale pagamento libera gli obbligati di grado successivo a
quello per il quale il pagamento è stato effettuato, mentre chi ha pagato acquisisce le azioni
cambiarie verso costui e gli obbligati di grado anteriore.
L’azione cambiaria diretta non è soggetta a particolari formalità, non è subordinata alla
levata del protesto e non è soggetta ad alcun termine di decadenza. Si prescrive in tre anni dalla
scadenza della cambiale.
L’azione cambiaria di regresso può essere esercitata alla scadenza, se il pagamento non ha
avuto luogo. Può inoltre essere esercitata anche prima della scadenza: 1. Se l’accettazione è stata
rifiutata; 2. in caso di fallimento o cessazione di pagamenti del trattario o dell’emittente, nonché
in caso di esecuzione infruttuosa sugli stessi; 3. in caso di fallimento del traente di una cambiale
non accettabile.
In caso di fallimento, per esercitare il regresso occorre produrre la sentenza
dichiarativa. Negli altri casi l’esercizio dell’azione è subordinato al protesto, che
deve essere elevato nei due giorni feriali successivi alla scadenza della cambiale (i
giorni di chiusura delle banche sono equiparati ai feriali). L’omessa levata del
protesto comporta la decadenza del portatore dalle azioni di regresso. Il portatore
può essere dispensato dal protesto, ma non dalla presentazione nei termini, con
apposita clausola (clausola “senza spese” o “senza protesto”).
Il portatore è inoltre tenuto a dare avviso della mancata accettazione o del
mancato pagamento al traente, al proprio girante e agli avallanti, nei 4 gg. feriali
successivi alla levata del protesto o al giorno della presentazione, se la cambiale è
“senza spese”. In mancanza il portatore non decade dal regresso, ma dovrà risarcire
gli eventuali danni, nei limiti dell’importo della cambiale. Anche l’onere di avviso è
derogabile (clausola “senza avviso”).
Gli obbligati cambiari, diretti e di regresso, sono tutti obbligati in solido nei
confronti del portatore, che può agire indifferentemente contro uno qualsiasi per
l’intera somma. Chi paga ha diritto alla consegna della cambiale col protesto e col
conto di ritorno quietanzato e può agire in regresso verso gli obbligati di grado
anteriore. Non ha invece azione cambiaria, neppure pro quota, nei confronti di
eventuali coobbligati di pari grado (es. coavallanti).
L’azione di regresso del portatore del titolo si prescrive in un anno dal protesto.
L’azione di regresso ulteriore del solvens in sei mesi dal pagamento. L’interruzione
della prescrizione opera solo nei confronti dell’obbligato cambiario rispetto al
quale è stato compiuto l’atto interruttivo.
La banca trattaria non può accettare l’assegno, dunque non assume alcun obbligo
cartolare nei confronti del portatore del titolo. Ma se l’assegno è regolare e
coperto, è quanto meno obbligata extracartolarmente verso il portatore a pagare
l’assegno ? E’ largamente prevalente la soluzione negativa: il rifiuto ingiustificato
espone la banca a responsabilità contrattuale nei confronti del traente, non del
prenditore.
La circolazione dell’assegno bancario segue regole analoghe a quelle dettate per la
cambiale, con l’unica differenza significativa che la girata al trattario vale come
quietanza ed estingue il titolo. Anche l’assegno bancario può essere garantito da
avallo, ma si tratta di istituto desueto data la breve vita del titolo. E’ precluso
l’avallo da parte della banca trattaria.
L’assegno deve essere presentato per il pagamento entro 8 gg. se è pagabile nello
stesso comune nel quale fu emesso; entro 15 gg. se è pagabile in altro comune.
L’omessa presentazione nei termini comporta la perdita dell’azione di regresso
contro i giranti e i loro avallanti, non però verso il traente. La banca è perciò libera
di pagare anche dopo la scadenza dei termini, salvo che abbia ricevuto l’ordine di
non pagare.
La banca è tenuta ad accertare la regolare continuità delle girate, ad identificare
colui che incassa ed a verificare che la firma del traente corrisponde allo speciman
depositato. Tali controlli sono necessari perché la banca non versi in colpa grave e
possa legittimamente addebitare al traente l’importo dell’assegno pagato.
Il comitato dei creditori è composto da tre o cinque membri, scelti tra i creditori e
nominato dal giudice delegato dopo l’approvazione dello stato passivo. Il suo parere
è consultivo in una serie di casi e vincolante in uno solo: quando deve essere decisa
la continuazione o la ripresa dell’esercizio dell’impresa del fallito. Il comitato ed
ogni suo membro possono sempre ispezionare le scritture contabili ed i documenti
del fallimento, nonché chiedere notizie e chiarimenti al curatore ed al fallito.
Dai creditori concorsuali vanno poi distinti i creditori della massa, cioè coloro che
diventano creditori del fallito solo dopo la dichiarazione di fallimento, per atti
legalmente compiuti dagli organi fallimentari. Questi creditori devono essere
soddisfatti in prededuzione, vale a dire prima dei creditori concorsuali, per l’intero
e via via che il loro credito diviene esigibile.
Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato
giudizialmente nell’ambito del fallimento, secondo le norme fissate per la
formazione dello stato passivo. Dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna
azione esecutiva individuale può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel
fallimento.
Quale è la sorte dei contratti che non hanno ancora avuto integrale esecuzione al
momento della dichiarazione di fallimento ? alcuni si sciolgono ex lege al momento
della dichiarazione di fallimento (contratti di borsa a termine, associazione in
partecipazione, appalto, conto corrente bancario). Altri invece continuano, in
quanto vantaggiosi per la massa dei creditori; sarà il curatore, che peraltro può
sempre recedere, a subentrare nel contratto (es. locazione di immobili,
assicurazione contro i danni, contratto di edizione, factoring ). Una terza categoria
di contratti resta sospesa e sarà il curatore, con l’autorizzazione del giudice
delegato, a decidere se sciogliere il contratto o continuarlo (es. vendita,
somministrazione, rapporto di lavoro subordinato, agenzia in caso di fallimento del
preponente).
In caso di fallimento delle società, ogni volta che la legge richiede debba essere
sentito il fallito, saranno sentiti gli amministratori o i liquidatori. Nelle società di
capitali il curatore può esercitare, con l’autorizzazione del giudice delegato,
l’azione sociale di responsabilità.
Per i soci a responsabilità limitata, il fallimento della società comporta come unica
conseguenza che il giudice delegato può ingiungere loro di eseguire i conferimenti
ancora dovuti, anche se non scaduti. Nelle società lucrative con soci a responsabilità
illimitata, il fallimento della società produce invece anche l’automatico fallimento
di tali soci, senza che sia necessario accertare la loro personale insolvenza.
Falliscono perciò i soci (palesi od occulti) della S.n.c. ; gli accomandatari della
S.a.s. ; l’accomandante che ha violato il divieto di immistione.
E’ invece controverso il fallimento dell’unico azionista della S.p.a., dell’unico
quotista della S.r.l., degli accomandatari della sapa. La soluzione negativa è
prevalente per l’unico azionista e per l’unico quotista. per espressa scelta
legislativa, invece non falliscono in estensione i soci a responsabilità illimitata delle
società cooperative.
In caso di contestuale fallimento della società e dei soci, al primo partecipano solo i
creditori sociali; al secondo anche i creditori particolari dei singoli soci. Vengono
conseguentemente formati distinte masse passive ed attive. Il concordato
fallimentare della società ha, salvo patto contrario efficacia anche per i soci,
ciascuno dei quali può anche concludere un concordato particolare.
Il concordato preventivo (art. 160 l.f.) può essere attuato prima che sia dichiarato
il fallimento e serve per evitare lo stesso. Può essere ammesso a tale procedura
solo l’imprenditore che: 1. è iscritto nel registro delle imprese ed ha tenuto una
regolare contabilità da almeno un biennio; 2. nei cinque anni precedenti non è
stato dichiarato fallito o ammesso ad altra procedura di concordato preventivo; 3.
non è stato condannato per bancarotta, delitti contro il patrimonio, la fede
pubblica, l’economia pubblica, l’industria o il commercio.
Il debitore deve inoltre rispondere quantomeno ad una delle seguenti condizioni: a)
Offrire serie garanzie reali o personali di pagare per intero i creditori privilegiati
ed almeno il 40% ai creditori chirografari; b) Offrire la cessione di tutti i suoi beni
assoggettabili al fallimento, sempre che la loro valutazione faccia fondatamente
ritenere che i creditori privilegiati siano soddisfatti per intero e quelli chirografari
almeno al 40%.
Alla domanda devono essere allegati le scritture contabili, uno stato analitico delle
attività e l’elenco nominativo dei creditori, il tribunale svolge una prima indagine
volta ad accertare se ricorrono le condizione richieste dalla legge. Se
l’accertamento ha esito negativo il tribunale dichiara inammissibile il concordato e
con sentenza dichiara d’ufficio il fallimento. Se invece ritiene ammissibile la
proposta con decreto non impugnabile ammette il concordato preventivo , nomina il
giudice delegato e il commissario giudiziale, ordina la convocazione dei creditori
entro 30 giorni, fissa la somma necessaria per le spese della procedura che il
debitore deve versare entro 8 giorni.
A differenza che nel fallimento, il debitore conserva l’amministrazione dei suoi
beni e l’esercizio dell’impresa, sia pure sotto la vigilanza del commissario giudiziale
e la direzione del giudice delegato. L’autorizzazione di quest’ultimo è necessaria
per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
Dalla data di presentazione del ricorso i creditori anteriori al decreto di ammissione
alla procedura non possono, a pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive
individuali.
Nel concordato preventivo manca l’accertamento dello stato passivo. Il commissario
giudiziale provvede perciò a convocare i creditori sulla base dell’elenco nominativo
approntato dal debitore, apportandovi le necessarie modifiche. Nel contempo il
commissario redige una relazione sulle cause del dissesto, sulla condotta del
debitore e sulla proposta del concordato. Diversamente che per il concordato
fallimentare, l’approvazione del concordato preventivo avviene in apposita
adunanza, presieduta dal giudice delegato, alla quale possono intervenire anche i
creditori non convocati provando in tale sede il loro credito. Anche per
l’approvazione del concordato preventivo è richiesta una doppia maggioranza: la
maggioranza dei creditori chirografari votanti che rappresentino i due terzi dei
crediti in chirografo ammessi al voto.
Se la proposta di concordato è respinta, il tribunale dichiara il fallimento. Se le
maggioranze sono invece raggiunte, si apre il giudizio di omologazione, analogo a
quello del concordato fallimentare.
Il concordato omologato viene eseguito sotto la sorveglianza del commissario
giudiziale e può essere risolto o annullato negli stessi casi previsti per il concordato
fallimentare.