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IL CLAVICEMBALO SENSIBILE:

luomo come macchina vivente

Scritto nel 1769, ma pubblicato postumo nel 1830, il Sogno di dAlembert


( Rve de dAlembert titolo originale) rappresenta, insieme ai Principi filosofici
sulla materia e il movimento (1770), la formulazione pi completa del monismo
materialista di Diderot. Lopera, di cui far una breve esposizione oggi, il
risultato di un lungo lavoro di ricerca e studio durato circa venticinque anni,
anni nei quali Diderot si interessa a numerose discipline e fa sua lidea di una
forte connessione tra i diversi tipi di sapere.
Per rendere pi agevole la contestualizzazione del Rve, prender in
considerazione due periodi cronologici.
Il primo, che va dal 1744 al 1748 circa, vede Diderot impegnato nella
traduzione del Dizionario di medicina di James e nella traduzione del Saggio
sulla virt e sul merito di Shaftesbury. Da questultimo Diderot mutua una
concezione teista per cui la perfezione dellorganizzazione biologica a
rappresentare la prova dellesistenza di Dio, e questo pensiero viene
mantenuto nei Pensieri filosofici del 1746. Un anno dopo, nel 1747, Diderot
scrive la Passeggiata dello scettico in cui la sua posizione deista si avvicina
maggiormente a quella di Voltaire. La questione importante che se un Dio c,
questo si rivela tramite la natura e non le Sacre Scritture; in pi Diderot cerca
di salvaguardare lidea delluniverso come macchina cosmica, integrandola
con un finalismo biologico.1
Il secondo periodo cronologico inizia con la pubblicazione della Lettera sui
ciechi, nel 1749, e il conseguente crollo della concezione deista. In questopera
Diderot nota come la natura non sia affatto cos bella e ordinata come si crede,
ma che produce mostri questione che ritroveremo nel Rve e molto spesso
sembra governata dal caso. Nel 1751 viene poi scritta la voce Animal per
lEncyclopdie, lo studio della biologia comincia a farsi pi intenso e il
philosophe abbozza la rivoluzionaria idea di una continuit tra la materia inerte
1

Significa che allinterno del grande Disegno Intelligente ogni essere vivente destinato a un
fine. Pi lorganismo conforme allo scopo per forma e funzionalit, pi sar considerato bello.

e quella organica.2 Il 51 anche lanno della Lettera sui sordomuti, opera che
nonostante si occupi essenzialmente delle questioni riguardanti il linguaggio e
lespressivit delle arti, manifesta gi la concezione delluomo come una
macchina vivente attraverso la metafora dellorologio ambulante,3 su cui
ritorneremo pi avanti.
Sar

per

negli

anni

1753-54

che

Diderot,

nei

suoi

Pensieri

sullinterpretazione della natura, presenter chiaramente lintenzione di


eliminare dalla natura ogni principio metafisico e ogni causa finale. La natura
ha in se stessa il proprio principio e attraverso esso produce incessantemente
forme, divertendosi, cito, a variare lo stesso meccanismo in uninfinit di modi
diversi4. Ma tale principio non si limita alle leggi della fisica, poich se prese
da sole esse sono incapaci di spiegare la formazione degli esseri viventi:
estensione e movimento non riescono a spiegare la peculiarit della
vita. Prendendo spunto dalle tesi di Buffon e Maupertuis, Diderot accenna cos
al fatto che le molecole stesse possano essere sensibili, e che in virt di questa
forza la natura riesca a produrre le numerosissime specie viventi: 5 specie che
non sono il risultato di qualche forma applicata alla materia da un Dio creatore,
bens di unepigenesi.6
Tutte queste teorie restano, nellInterpretazione della natura, a livello di
congetture che il filosofo sperimentale deve verificare facendo esperienza.
Proprio per questo il saggio si chiude con delle questioni, di cui la pi
importante forse il chiedersi come sia possibile che la natura mantenga
lunit nella variet. Detto in altri termini, qual la chiave di volta per
abbattere la barriera tra organico e inerte? Come avviene il passaggio dalluno
allaltro? Come fa leterogeneit a mantenersi come un tutto?
2

A. Contini, relazione al Convegno Diderot di Milano e Parma, Forma e Sensibilit. Fra Bordeu
e Diderot, Ottobre 2013 (in corso di pubblicazione), p. 4. Su questo scritto si basa anche la
demarcazione temporale del pensiero del philosophe.
3
D. Diderot, Lettera sui sordomuti, allinterno di E. Franzini (a cura di), Denis Diderot. Lettera
sui sordomuti e altri scritti sulla natura e sul bello, Guanda Editore, Milano, 1984, p. 34.
4
D. Diderot, Penses sur linterprtation de la nature aux jeunes gens qui se disposent
ltude de la philosophie naturelle,1753, trad. it. a cura di P. Quintili, Pensieri
sullinterpretazione della natura, Armando Editore, Roma, 1996, p. 51.
5
Ivi, pp. 92-93.
6
Processo per cui ogni organismo consegue il definitivo piano strutturale, la sua forma,
attraverso un graduale accrescimento e differenziamento delle varie parti. Secondo i preformisti nellembrione, se non gi nelluovo o nello spermatozoo, era invece contenuto
lesemplare della specie gi totalmente conformato in miniatura.

Il Sogno di dAlembert riprende e sviluppa le congetture dellInterprtation,


proponendo una soluzione anche per le questioni irrisolte. Forte dellinflusso dei
medici vitalisti di Montpellier e degli studi di fisiologi come Haller, Diderot
scrive il suo manifesto materialista che in realt anche un piccolo trattato di
fisiologia. Non a caso uno dei protagonisti dellopera il medico Thophile de
Bordeu, autore nel 1751 delle Ricerche sulla posizione delle ghiandole e sulla
loro azione. In questo studio il medico di Montpellier rileva come le ghiandole
siano intessute di fibre nervose e come questo permetta loro di lavorare come
organi di senso, senza bisogno che vi sia unanima a regolare tutti i movimenti:
la sensibilit della ghiandola stessa a gestire i fluidi, ed la sensibilit in
generale quella forza che armonizza le funzioni del corpo nel suo complesso. 7
Diderot conosce il lavoro di Bordeu a partire dal 1752, collabora con lui per
alcune voci dellEncyclopedie8 e viene a contatto con le idee biologiche di La
Caze, Fouquet e Mnuret de Chambaud. 9 Il suo interesse per la biologia si
manterr sempre vivo e culminer con la produzione, nel 1778, degli Elments
de physiologie.
Premesso questo, mia intenzione ora introdurre il Sogno di dAlembert
citandone dei passi, in modo che possiamo riscontrare la continuit che lo lega
ai lavori precedenti; ma anche per mostrare una concezione dellorganismo
umano intenta a superare quella meccanicistica di matrice cartesiana.
Cominciamo subito con un passo in cui riassunta la risposta che Diderot
d a s stesso riguardo il passaggio dallinerte al vivente. Siamo a pagina 174,
ed un dAlembert molto sorpreso quello che parla:
Ma che rapporto c tra il moto e la sensibilit? Forse voi [Diderot] riconoscete una
sensibilit attiva e una sensibilit inerte, come c una forza viva e una forza
morta? Una forza viva che si manifesta per mezzo della traslazione e una forza
morta che si manifesta per mezzo della pressione; una sensibilit attiva
caratterizzata da certi atti significativi nellanimale e forse nelle piante; e una
sensibilit inerte che si rivelerebbe mediante il passaggio ad uno stato di
sensibilit attiva.10
7

A. Contini, Estetica della biologia, dalla scuola di Montpellier a Henry Bergson, Mimesis
Edizioni, Milano, 2012, p. 35.
8
P. Rossi, (a cura di), Il sogno di dAlembert, in Opere filosofiche di Diderot, Feltrinelli, Milano,
1963, p. 174.
9
Forma e sensibilit. Fra Bordeu e Diderot, pp. 3,10.
10
Il concetto di forza viva assomiglia a quello odierno di energia cinetica, cio la capacit di
compiere un lavoro. Essa implica lo sforzo, un movimento in atto. La forza morta pu essere
invece considerata come movimento in potenza, ovvero in essa non esiste ancora movimento

Ebbene s, per Diderot ogni molecola di materia ha una sensibilit,


unenergia interna, che una e unica ma si manifesta in modi diversi. Non
stiamo parlando qui di un principio metafisico, ma di una causa sperimentale
che spiega la possibilit di passare dalla materia bruta a quella vivente. Come
noi sentiamo gli effetti della forza gravitazionale, pur non conoscendone
lessenza, allo stesso modo noi vediamo la natura allopera e dobbiamo
ammettere un principio che le permetta di operare. Diderot lo esprime a chiare
lettere a pag. 187 nel rimproverare uno scettico dAlembert:
Considerate le vostre argomentazioni e avrete piet di voi stesso; vi renderete
conto che, per non ammettere unipotesi che spiega tutto, la sensibilit, propriet
generale della materia o prodotto dellorganizzazione, voi rinunciate al senso
comune e precipitate in un abisso di misteri, di contraddizioni e di assurdit. 11

Con queste secche parole Diderot intende portare su scala universale quello
stesso principio che, secondo Bordeu, permetteva alle diverse parti del corpo di
operare in modo sinergico, di organizzarsi. Tuttavia le dissertazioni di Bordeu si
limitavano allambito biologico, ponendo unequazione tra sensibilit e vita per
cui la sensibilit diventava il direttore dorchestra degli organi e delle
rispettive funzioni.12 Nel Rve Diderot mantiene questa concezione, e infatti se
andiamo a pag. 266, Bordeu afferma quanto segue: Due qualit quasi
identiche [vita e sensibilit]; la vita appartiene allaggregato, la sensibilit
allelemento. In questo caso gli interlocutori stanno parlando di un ipotetico
essere senziente a cui non restano che vita e sensibilit dopo la perdita dei
cinque sensi, ma nelle pagine precedenti Diderot inserisce unimportantissima
ipotesi, ovvero che tutto sia collegato, non solo gli organismi sensibili presi
singolarmente. Siamo a pag. 218, parla la signorina:
de LEspinasse: [] Perch dunque io non so ci che accade nel mio, il mondo,
dato che sono un ammasso di punti sensibili, che tutto preme su di me e che io
premo su tutto?
Bordeu: perch le impressioni sindeboliscono in ragione della distanza da cui
partono.
ma solo lo stimolo verso il moto (forza centrifuga, centripeta, gravit, tensione della molla).
11
D. Diderot, Il sogno di dAlembert, p. 174.
12
A. Contini, Estetica della Biologia, pp. 36-38.

De LEspinasse: se si d un colpo leggerissimo allestremit di una lunga trave, io


sento questo colpo se il mio orecchio posto sullaltra estremit. La trave
potrebbe toccare con unestremit la terra e con laltra Sirio; leffetto sarebbe lo
stesso. E perch se tutto collegato, contiguo, se tutto la trave esistente e reale,
non sento quello che accade nellimmenso spazio che mi circonda, anche se tendo
lorecchio?
Bordeu: e chi dice che pi o meno non lo sentiate? Ma tanta la distanza, cos
debole limpressione, [] e poi fra Saturno e voi vi sono soltanto corpi contigui,
mentre occorrerebbe la continuit. 13

Ebbene, in questo discorso materia inerte e materia vivente vengono


nuovamente divise in quanto la continuit propria solo dellorganico, mentre
linorganico non pu che essere contiguo. Ma Diderot stesso non considerava il
tutto, la natura, come unit organica? Unit organica non significa porre una
sorta

di

continuit

nel

Tutto?

Il

filosofo

sembra

pertanto

cadere

in

contraddizione, il che da un lato complica il nostro processo interpretativo, ma


dallaltro probabilmente ci istruisce sulle influenze e sui limiti del suo stesso
pensiero.
Dobbiamo dunque soffermarci un attimo sulla metafora che utilizza la
signorina de lEspinasse per rappresentare la continuit nellessere umano. Tale
metafora immagina un ragno, che equivarrebbe al cervello o alle meningi, da
cui parte una fittissima rete di fili sensibili, cio le terminazioni nervose di tutto
il nostro corpo. Se un filo viene messo in agitazione, tutta la tela ne sente la
risonanza, anche negli intrecci pi distanti: indipendentemente da quanto
possano esser lontane le parti del nostro corpo, esse sono sempre in una
stretta relazione sensibile.
La signorina ipotizza poi che il mondo intero faccia pressione su di noi
proprio perch lo stesso Diderot, cito Franzini, pensa alluniverso come un
tutto materiale dove ogni elemento collegato, come anelli in una catena,
senza che sia lasciato alcuno spazio vuoto, senza che venga instaurata una
differenza qualitativa fra i vari passaggi della materia e le facolt soggettive. 14
Sempre Franzini nota come nel Rve Diderot ribadisce una visione monistica

13

D. Diderot, Il sogno di dAlembert, pp. 218-219.


E. Franzini, Arte, bello e interpretazione della natura, Mimesis Edizioni, Milano, 2013, pp. 1213.
14

della natura, in cui centrale la nozione di sensibilit, sullo sfondo di una


profonda unit organica fra la materia, la vita e la coscienza.15
Le metafore della catena, della ragnatela e della trave sembrano pertanto
molto simili, rimandano tutte a una risonanza che si trasmette, anche se
impercettibilmente, in ogni punto; sulla base di tutto questo i dubbi della
signorina de LEspinasse si rivelano, a mio avviso, pi che legittimi.
Perch allora Diderot ripropone lo sbarramento della contiguit tra il
soggetto vivente e il resto del mondo? Probabilmente per due motivi. Il primo, e
lo dice lo stesso Bordeu dopo le domande della sua interlocutrice, che se vi
fosse continuit tra i corpi celesti vi sarebbe la possibilit che il singolo abbia
percezione di tutto, diventando una sorta di dio panteista. Il secondo motivo
riguarda forse il fatto che Diderot non rinuncia completamente al modello
meccanicista e alla sua concezione della Fisica, che prevede la contiguit tra i
vari componenti del meccanismo, ma lo riadatta in unottica vitalista.16
Per fare un esempio, nella Lettera sui sordomuti luomo visto come un
orologio, quindi un insieme di ingranaggi, pervaso da fili che vengono sollecitati
dalle pressioni esterne, ma anche dal movimento spontaneo dellartefatto. 17
Allo stesso modo, nel Rve, Diderot ci paragona a clavicembali sensibili.
Torniamo a pag. 185, dove Diderot descrive il filosofo come uno strumento
dotato di sensibilit e memoria che suona:
Diderot: Supponete che il clavicembalo abbia sensibilit e memoria e ditemi se
non sar in grado di conoscere e di ripetere da solo le arie che avrete eseguito sui
suoi tasti. Noi siamo strumenti dotati di sensibilit e memoria. I nostri sensi sono
altrettanti tasti toccati dalla natura che ci circonda e che talvolta si toccano da s;
ecco, a mio parere, in un clavicembalo organizzato come voi e me. Si ha
unimpressione, la cui causa sta allinterno o al di fuori dello strumento, una
sensazione che nasce da questa impressione, una sensazione che dura [] 18

In questi esempi icastici ricorre sempre il carattere relazionale delluomo


con la natura, nel senso che luomo pu esser considerato s come macchina,
ma che si muove in un mondo: vi anche una spontaneit propria del vivente
15

Ivi, p. 19.
P. Quintili, La filosofia biologica di Denis Diderot, materialismo ed epistemologia, allinterno di
Prospettive della logica e della filosofia della scienza, a cura di Vincenzo Fano, Gino Tarozzi,
Massimo Stanzione, Rubbettino Editore, Catanzaro, 2001, pag. 373. Anche Quintili di questa
opinione.
17
D. Diderot, Lettera sui sordomuti, pp. 34-35.
18
D. Diderot, Il sogno di dAlembert, p. 185.
16

che tocca le corde vibranti della nostra sensibilit, non solo le pressioni
ambientali.
Questa spontaneit metter in secondo piano la Fisica per concentrarsi
sulla Biologia, ed per questo motivo che spesso nel Rve, quando si parla di
forme, si prendono a esempio forme biologiche e rispettive organizzazioni.
Diderot vuole evidenziare come quella forza unica che pervade il tutto,
quellenergia interna, sia il motore di un continuo processo di metamorfosi in
cui la totalit della materia viene rimestata ininterrottamente. Non vi alcun
progetto divino, n tantomeno cause finali come ricorder Bordeu parlando
dei mostri o delle anomalie fisiche , vi sono semmai produzioni particolari e
momentanee di questo pianeta che non escludono la vita in qualche altra parte
delluniverso. Pagina 213, dAlembert sta sognando:
Perch sono quello che sono? stato necessario che io fossi ci che sono Qui, s,
ma altrove? Al polo? Sotto lequatore? In Saturno?... se una distanza di migliaia di
leghe muta la mia specie che cosa accadr a una distanza di alcune migliaia di
diametri terrestri?... e se tutto in continuo fluire, come ovunque dimostra lo
spettacolo delluniverso, che cosa mai produrranno qui e altrove la durata e le
vicissitudini di alcuni milioni di secoli? Chi sa che cosa sia lessere pensante e
senziente su Saturno?... Ma esistono poi in Saturno sensibilit e pensiero?... Perch
no?... [].19

Volgendo

ormai alla conclusione di questa mia esposizione, vorrei

concentrarmi su un ultimo punto. Con chiarezza Diderot allude che la forma


della Vita sia quella dinamica della metamorfosi, ossia di un movimento, di un
passaggio, di una continua trasformazione. Un processo che per quanto possa
essere casuale e non determinato, tiene conto delle pressioni ambientali sugli
organismi, perch propria della concezione di Diderot lidea che la Natura si
mantenga come un Tutto instaurando una relazione di continuit tra le sue
parti eterogenee. Un esempio concreto sono gli animali, i quali influiscono
sullambiente per mezzo dellorganizzazione corporea ereditata dai genitori, ma
che allo stesso tempo risentono delle pressioni ambientali. Tali pressioni,
secondo il nostro autore, spesso generano dei bisogni che costringono gli
organismi a trasformarsi: se una certa funzione diventa necessaria per la
sopravvivenza, pu darsi che nuovi organi siano prodotti affinch possa essere
19

Ivi, p. 213.

svolta. Si tratta di unintuizione che anticipa la teoria evoluzionistica di Darwin


e che Diderot oppone alle dottrine che al tempo professavano il cosiddetto preformismo.
Ho accennato a questo proto-evoluzionismo di Diderot proprio perch
uno degli elementi presenti allinterno del Rve che pi dimostra come il
concetto di forma si sia molto evoluto rispetto agli scritti precedenti. Annie
Ibrahim,20 e concludo, nota infatti che se fino al 1746 il concetto di forma era
inteso come idos, forma ideale impressa dal Grande Architetto, diventa poi
morph sensibile nel 1753, lasciando cadere ogni istanza metafisica e
integrando idee di composizione e organizzazione. Questi ultimi due concetti
saranno ripresi nel Rve, dove il dinamismo della Natura emerger in tutto il
suo carattere poietico produttivo di forme per lappunto sulla base di un
principio immanente universale: la sensibilit.
su queste stesse basi che sar poi ricercato il grande artista: ovvero colui
che non copia la Natura, ma sa imitarne loperare.

20

A. Ibrahim, Le matrialisme de Diderot: formes et forces dans lordre del vivants, in Diderot
et la question de la forme, Presses Universitaires de France, Paris, 199, p. 92.

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