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1. SCHEMA GENERALE DEL SISTEMA NERVOSO
1.1 SUDDIVISIONE DEL SISTEMA NERVOSO
Il sistema nervoso composto da due parti principali:
sistema nervoso centrale: parte del SN contenuta nella scatola cranica e colonna vertebrale;
cervello: parte del SNC contenuta nella scatola cranica;
midollo spinale: altra parte del SNC contenuta nella colonna vertebrale;
sistema nervoso periferico: parte del SN non contenuta in strutture ossee;
SN somatico: componente del SNP che interagisce con lambiente esterno, composto da nervi
afferenti ( porta informazioni sensoriali al SNC) ed efferenti ( portano i segnali motori dal SNC
ai muscoli scheletrici);
SN autonomo: parte del SNP che partecipa alla regolazione dellambiente interno
dellorganismo, composto da nervi afferenti e efferenti (simpatici: muovono risorse energetiche
per situazioni di pericolo; parasimpatici: mantengono le risorse di energia).
Lattivit simpatica indicativa di arousal psicologico.
La maggior parte dei nervi del SNP emerge dal midollo spinale, ma ci sono 12 eccezioni: le 12 paia di
nervi cranici che invece fuoriescono dallenecefalo. La maggior parte contiene sia fibre sensitive sia
motorie. Il pi lungo il nervo vago.
1.2
Il cervello e il midollo sono racchiusi in tre membrane protettive dette meningi. La meninge esterna
chiamata dura madre; subito al di sotto vi una membrana pi sottile, la membrana aracnoidea e
sotto questultima vi uno spazio denominato spazio subaracnoideo, che contiene i grandi vasi
sanguigni e il liquido cerebrospinale. La meninge pi interna la pia madre, una membrana delicata
che aderisce direttamente alla superficie del SNC.
Un altro sistema di protezione per il SNC costituito dal liquido cerebrospinale che riempie lo spazio
subaracnoidale, il canale centrale del midollo spinale e i ventricoli cerebrali dellencefalo.
Il liquido cerebrospinale sostiene e funge da cuscino protettivo per il cervello. Esso prodotto dai
plessi coroidei una rete di piccoli vasi sanguigni che dalla pia madre protrude entro le cavit
ventricolari. Leccesso di questo liquido riassorbito entro i seni venosi che drenano il sangue nelle
vene giugulari del collo. Laumento della pressione liquorale determina unespansione dei ventricoli e
quindi dellintero cervello che prende il nome di idrocefalo. La terapia dellidrocefalo consiste nel
drenaggio delleccesso di liquor dai ventricoli.
1.3
LA BARRIERA EMATO-ENCEFALICA.
un meccanismo che impedisce il passaggio di molte sostanze tossiche dalla circolazione sanguigna
verso linterno del cervello. Le cellule della parete dei vasi sanguigni sono fittamente stipate, e
formano una barriera al passaggio di molte molecole.
2.
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Membrana cellulare di un neurone: composta di un doppio strato lipidico in cui sono incluse numerose
molecole proteiche responsabili di molte delle propriet funzionali della membrana.
Classi di neuroni: possono essere classificate sulla base del numero di prolungamenti citoplasmatici
che originano dal corpo cellulare. I neuroni privi di assone sono interneuroni; la loro funzione quella
di integrare lattivit di pi neuroni allinterno di una singola struttura cerebrale.
Da un punto di vista macroscopico, ci sono due tipi di strutture neuronali nel SN: quelle costituite da
aggregati di corpi cellulari neuronali e quelle costituite da prolungamenti assonali.
2.2
Nel SNC le cellule di sostegno sono denominate cellule gliali, mentre nel SNP prendono il nome di
cellule satelliti. Entrambe creano una matrice di supporto fisico per i circuiti neuronali e partecipano
inoltre al riassorbimento delle cellule morte e dei loro prodotti di disfacimento. Le cellule gliali pi
grandi sono denominate astroglia o astrociti. Altra classe di cellule gliali sono gli oligodendrociti che
emettono prolungamenti ricchi di mielina - una sostanza lipidica isolante e formano attorno agli
assoni delle guaine che aumentano la velocit e lefficienza della conduzione assonica. Nel SNP una
simile funzione svolta dalle cellule di Schwann.
3.
Essendo i neuroni densamente stipati, e i loro assoni e dendriti avvolti in modo cos intricato sono
state sviluppate tecniche per definire la localizzazione delle strutture neuroanatomiche nel SN dei
vertebrati.
3.2
IL MIDOLLO SPINALE.
Comprende due diverse aree: una regione centrale di sostanza grigia a forma di H, circondata da una
regione di sostanza bianca. La sostanza grigia composta in gran parte da corpi cellulari e da
interneuroni non mielinizzati, mentre la sostanza bianca costituita essenzialmente da assoni
mielinizzati. Le due braccia della sostanza grigia sono spesso chiamate corna dorsali.
Il midollo spinale diviso in 4 regioni principali (cervicale, toracica, lombare, sacrale) ciascuna delle
quali composta da un numero variabile di segmenti. Dai diversi segmenti del midollo spinale
emergono 31 paia di nervi spinali. Molte delle terminazioni sinaptiche di questi neuroni sono
localizzate nelle corna dorsali del midollo.
5.
Il cervello viene diviso in base al suo sviluppo embrionale. Il tessuto che dar origine al SNC si
presenta allinizio come un tubo pieno di liquido alle cui estremit si formano tre vescicole. Queste
vescicole sono i precursori del proencefalo, del mesencefalo, e del romboencefalo delladulto.
Prima della nascita le tre vescicole diventano cinque.
Il telencefalo (gli emisferi destro e sinistro) la regione che va incontro alla maggior crescita durante
lo sviluppo. Le rimanenti quattro regioni del cervello sono chiamate complessivamente tronco
encefalico.
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6.
Il mielencefalo ( o midollo allungato), la regione pi caudale del cervello, composto in larga parte da
tratti, fasci ascendenti e discendenti di fibre che veicolano segnali tra il corpo e le diverse parti del
cervello. Una delle sue strutture la formazione reticolare, complessa rete di circa 100 piccoli nuclei
che occupa la regione centrale del tronco encefalico. La formazione reticolare ha un ruolo nel
mantenimento dello stato di vigilanza, nel controllo di stati quali il sonno o il movimento.
6.2 METENCEFALO.
Ospita numerosi tratti ascendenti e discendenti oltre che una parte della formazione reticolare. Queste
strutture creano un rigonfiamento (ponte) sulla superficie ventrale del tronco encefalico. Il ponte
una delle principali divisioni del mesencefalo, laltra il cervelletto che una grande struttura formata
da numerose pieghe o circonvoluzioni, posta sulla superficie dorsale del mesencefalo. Svolge
unimportante funzione nel controllo motorio.
6.3 MESENCEFALO.
Presenta due divisioni: il tetto e il tegmento. Il tetto occupa la superficie dorsale del mesencefalo e
svolge funzioni uditive e visive.
Il tegmento una regione posta ventralmente rispetto al tetto e contiene oltre alla formazione
reticolare e a tratti tre strutture pigmentate di particolare interesse per lo psicologo: il grigio
periacqueduttale (sostanza grigia situata attorno allacquedotto di Silvio che media gli effetti
analgesici), la sostanza nera e il nucleo rosso che sono due importanti componenti del sistema
sensorimotorio.
6.4 DIENCEFALO.
Comprende due diverse regioni: il talamo e lipotalamo.
Il talamo una struttura a due lobi che occupa la parte rostrale del tronco encefalico. I due lobi sono
collegati mediante la massa intermedia, un tratto di fibre nervose. Esso comprende molte paia di
nuclei, la maggioranza dei quali proietta alla corteccia.
Lipotalamo posto immediatamente al di sotto del talamo. Ha un ruolo importante nel regolare gli
stati motivazionali. Esercita i suoi effetti controllando il rilascio di ormoni da parte della ghiandola
pituitaria (o ipofisi) che attaccata alla superficie ventrale dellipotalamo.
Oltre allipofisi la superficie ventrale dellipotalamo presenta altre due strutture: il chiasma ottico e i
corpi mammillari. Il chiasma ottico una struttura a forma di X che si forma nel punto di unione dei
nervi ottici provenienti dagli occhi. La sua forma dovuta al fatto che una parte delle fibre di ciascun
nervo si incrocia e proietta allemisfero cerebrale opposto. Queste fibre sono definite controlaterali,
mentre quelle che non si incrociano ipsilaterali.
I corpi mammillari sono un paio di nuclei posti sulla superficie ventrale dellipotalamo, subito dietro
lipofisi.
6.5 TELENCEFALO.
Regione pi ampia del cervello delluomo che assolve le funzioni pi complesse. Controlla i movimenti
volontari, decodifica e interpreta gli stimoli sensoriali e media numerose funzioni cognitive complesse,
come lapprendimento, il linguaggio, e la capacit di risolvere i problemi.
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- corteccia cerebrale: gli emisferi cerebrali sono ricoperti da uno strato di tessuto chiamato corteccia
cerebrale. Presenta profonde pieghe o circonvoluzioni che hanno lo scopo di aumentare la superficie
della corteccia senza accrescerne il volume complessivo.
Le pieghe corticali pi profonde prendono il nome di scissure, mentre quelle pi piccole sono dette
solchi. Le zone tra scissure e solchi sono dette giri. I due emisferi cerebrali sono quasi completamente
separati sulla linea mediana dalla profonda scissura longitudinale. Essi appaiono collegati da alcuni
tratti di fibre trasversali denominati commessure cerebrali (corpo calloso).
I due maggiori punti di riferimento sulla superficie cerebrale di ogni emisfero sono il solco centrale (di
Rolando) e la scissura laterale (di Silvio). Queste scissure dividono ogni emisfero in 4 lobi: il lobo
frontale, il lobo parietale, il lobo temporale e il lobo occipitale.
- il sistema limbico e i gangli della base: la sostanza bianca sottocorticale del telencefalo, oltre che
fibre assonali acendenti e discendenti dalla neocortex, contiene voluminosi nuclei sottocorticali. Alcuni
di questi sono considerati parte del sistema limbico mentre altri appartengono al sistema dei gangli
della base.
Il sistema libico un circuito di strutture mediane disposte ad anello attorno al talamo; implicato nella
regolazione degli stati motivazionali (fuga, lotta).
Lamigdala un grosso gruppo di nuclei posti nella porzione anteriore del lobo temporale.
I gangli della base comprendono tre grandi nuclei sottocorticali: il nucleo caudato (presenta due zone,
una testa e una coda che origina dallamigdala. Ciascun nucleo forma un cerchio), il putamen
(allinterno del cerchio formato dal nucleo) e il globo pallido (nucleo sferico e chiaro collocato
medialmente al putamen, tra questo nucleo e il talamo.
I gangli della base svolgono un ruolo importante nellesecuzione dei movimenti volontari.
Particolarmente importante il sistema di proiezione nigro-striatale che collega la sostanza nera del
mesencefalo al corpo striato.
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I METODI ELETTROFISIOLOGICI.
La psicofisiologia compie indagini non invasive su soggetti umani normali.
Gli studi si occupano principalmente degli effetti delle variabili indipendenti psicologiche su variabili
dipendenti fisiologiche (Stern, 1964).
In pi lo studio dei fenomeni elettrici del cervello costituisce un possibile mezzo per lindagine dei
processi materiali oggettivi che sono il substrato dei fenomeni psichici oggettivi (Danilevskij, 1891).
CARATTERISTICHE DELLINDAGINE PSICOFISIOLOGICA.
-
Impostazione correlazionale: a stati e fenomeni psichici sono collegate variazioni degli indici
psicofisiologici;
Registrazione contemporanea di pi indici;
Indaga soggetti sani.
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TAC
Procedura radiografica computerizzata dei primi anni 70 che consente di visualizzare il cervello e altri
organi interni in vivo.
Suscit limmediato interesse dei neuropsicologici per diverse ragioni: 1) stata la prima metodica a
fornire una visualizzazione diretta sia del parenchima cerebrale che delle sue alterazioni patologiche;
2) la sua risoluzione spaziale molto elevata, nellordine del millimetro; 3) lesame non invasivo e
pu essere ripetuto; 4) possibile ottenere in vivo immagini TAC contemporaneamente alle
osservazioni comportamentali, risolvendo il problema della discrepanza temporale tra lo studio
psicologico e lesame anatomico post mortem.
Il paziente giace con la testa posta nel centro di un largo cilindro; su un lato del cilindro c un tubo a
raggi X che proietta un fascio di raggi X attraverso la testa del paziente contro un rilevatore di raggi
montato dallaltra parte del cilindro. Il tubo a raggi X e il rilevatore ruotano attorno alla testa del
paziente ed effettuano una serie di rilevazioni ciascuna delle quali viene combinata dal computer
generando limmagine (scan) di una sezione orizzontale del cervello.
Per ciascun paziente si ottengono otto o nove immagini orizzontali del cervello, che insieme
permettono una rappresentazione tridimensionale del cervello.
La tecnica permette di valutare la densit dei vari tessuti cerebrali tramite misurazioni dei valori di
assorbimento di un fascio di raggi X. I valori vengono tradotti dal computer, tramite algoritmi specifici,
in diverse tonalit di grigio a seconda dellassorbimento del tessuto studiato.
La localizzazione delle aree di alterata densit evidenziate dalla TAC richiede il riferimento alle
strutture anatomiche di interesse. Sono stati proposti diversi metodi di localizzazione anatomica delle
lesioni, mediante diagrammi o mappe, che rappresentano sezioni cerebrali assiali di variabile
spessore, o la convessit laterale dellencefalo. Sono state sviluppate procedure di analisi
computerizzata dei dati lesionali. I metodi stereotassici che utilizzano sistemi di coordinate
tridimensionali sono stati applicati alle immagini TAC.
Le applicazioni della TAC hanno interessato anche i disordini afasici del linguaggio, leminegligenza
spaziale, deficit associati a lesioni emisferiche destre e disordini della memoria. Oggi utilizzata per
investigare i correlati neurali di nuove sindromi neuropsicologiche.
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- PET
(metodo funzionale)
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RISONANZA MAGNETICA.
RM -
Lelevata risoluzione spaziale delle immagini ottenuta dalla misura delle onde emesse dagli atomi di
idrogeno del cervello attivati da onde di radiofrequenza in un campo magnetico. La RM fornisce
immagini del cervello pi precise e chiare di una normale TAC; limmagine ottenuta a colori.
RISONANZA MAGNETICA FUNZIONALE
- fMRI
Allapparato del soggetto, posto in un campo magnetico intenso e uniforme, vengono applicati impulsi
in radiofrequenza, di frequenza adeguata a stimolare i nuclei degli atomi di idrogeno che emettono un
segnale elettromagnetico di risonanza.
Questo segnale viene misurato ad una certa distanza di tempo da una bobina ricevente posta attorno
alla testa.
La tecnica pi evoluta e utilizzata la BOLD (Blood Oxygen Level Dependent Contrast) che una
tecnica basata sul livello di ossigenazione sanguigna; queste variazioni nello stato di ossigenazione
del sangue fungono anche da mezzo di contrasto perch la deossiemoglobina ha propriet magnetiche
diverse dallemoglobina, che ha la stessa suscettibilit magnetica del tessuto cerebrale (fungendo cos
da agente di contrasto endogeno).
Attivit neurale: pi elevato il flusso sanguigno pi c consumo di ossigeno. Cos si alza il livello di
ossigenazione del sangue che porta a una maggiore proporzione di emoglobina rispetto alla
deossiemoglobina e ad un maggiore segnale di risonanza magnetica.
Evidenzia le aree cerebrali attive in cui c un aumento di flusso ematico e, di conseguenza, di
ossigeno. La fMRI presenta quattro vantaggi rispetto alla PET: 1) non necessario che si inietti alcuna
sostanza; 2) fornisce nella stessa immagine sia info funzionali che morfologiche; 3) la sua risoluzione
spaziale pi elevata; 4) consente di valutare le modificazioni di flusso ematico cerebrale in tempo
reale e non richiede, come la PET, un minuto o pi per effettuare ciascuna singola misurazione.
I vantaggi della fMRI sono la maggiore risoluzione temporale per cui possibile ottenere unimmagine
del cervello in 3-5 secondi (risoluzione limitata da caratteristiche temporali della variazione del flusso
sanguigno), una maggiore risoluzione spaziale (anche meno di 1 mm), completamente innocua (per
pazienti non portatori di protesi o pace-maker). Lesperimento pu essere ripetuto sugli stessi soggetti
e si possono acquisire consecutivamente centinaia di immagini, quindi attivazioni affidabili anche su un
singolo soggetto.
I limiti della fMRI sono la presenza di un campo magnetico che rende impossibile introdurre nella
stanza oggetti metallici e quindi usare strumenti elettrici non potendo cos ottenere registrazioni
elettrofisiologiche affidabili, in pi esistono molte fonti di disturbo del segnale misurato (ciclo cardiaco
e respiratorio, oppure disturbi fisiologici o dovuti a instabilit).
RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE
- RMN
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un esame non invasivo e non richiede la somministrazione di raggi X. oggi il gold standard dei
metodi di localizzazione morfologica con ampie applicazioni cliniche nello studio delle lesioni cerebrali,
sia focali che diffuse (malattia di Alzheimer).
Il paziente, a differenza della TAC, non viene sottoposto a dosi consistenti di radiazioni ionizzanti.
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Il metodo si basa sul fatto che il flusso pu essere determinato a partire dalla conoscenza del
gradiente artero-venoso di un gas metabolicamente inerte e liberamente diffusibile.
In breve un tracciante isotopico con queste caratteristiche (Xenon dissolto in una soluzione salina)
viene introdotto in circolo.
Le variazioni temporali di concentrazione regionale dellisotopo vengono registrate mediante detettori
extra-cranici, posti sulla superficie della testa, che misurano la radiazione gamma da esso emessa. La
capacit di risoluzione spaziale del metodo legata al numero dei detettori utilizzati.
Il segnale cos registrato va poi messo in relazione a punti di riferimento anatomici, per poter costruire
una rappresentazione corticale bi-dimensionale delle variazioni rCBF. Il segnale origina principalmente
dalla corteccia superficiale mentre il contributo delle strutture profonde limitato.
Inizialmente il tracciato veniva somministrato per iniezione intracarotidea (tecnica invasiva), che
consente la visualizzazione della perfusione corticale del solo emisfero ipsilaterale al lato deliniezione.
Successivamente, sono stati sviluppati metodi di somministrazione del tracciante per via inalatoria o
intravenosa che permettono di superare questi problemi e forniscono una misura del rCBF di entrambi
gli emisferi.
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- EEG
Misura globale dellattivit elettrica del cervello, registrazione grafica nel tempo delle variazioni di
potenziale elettrico generate da milioni di neuroni nel cervello; riflette,quindi, lattivit globale del
cervello o di aree cerebrali estese ed quindi un indice generale del livello di attivazione del soggetto.
stato anche usato per studiare lasimmetria funzionale dei due emisferi: lattivazione prevalente di
uno dei due emisferi indicherebbe che esso impegnato nel processo cognitivo in atto (verbale o
visuo-spaziale) per cui specializzato.
LEEG registrato mediante larghi elettrodi da uno strumento denominato elettroencefalografo.
Ciascun canale EEG di solito collegato a due elettrodi a forma di disco, di circa 1 cm che sono fissati
alla superficie del cuoio capelluto. Esistono due tipi di registrazione: nella registrazione bipolare
entrambi gli elettrodi sono posti su siti elettricamente attivi; nella registrazione monopolare uno dei
due elettrodi posto su un sito attivo, mentre laltro collocato su di un punto di relativa inattivit
elettrica, per esempio su un lobo dellorecchio.
Il segnale EEG riflette la somma di tutti gli eventi elettrici del cranio. Questi eventi includono potenziali
postsinaptici e PA cerebrali, segnali elettrici della cute, muscoli.
La sua utilit clinica e di ricerca risiede nel fatto che alcune onde EEG sono associate a determinati
stati di coscienza, o a specifiche condizioni patologiche cerebrali. Per esempio, le onde alfa, ampie
onde regolari con frequenza pari a 8-12 cicli al secondo sono indice di uno stato di veglia rilassata.
Poich il segnale EEG decresce in ampiezza man mano che diffonde dal suo punto di origine, un
confronto tra segnali registrati tra punti differenti pu a volte indicare lorigine di alcune onde
particolari.
LEEG pu essere effettuato con il Brain Mapping (mappaggio cerebrale) che lanalisi topografica
dellEEG (o anche dei PE); si crea quindi una mappa della distribuzione spaziale dellattivit
(generalmente punti allo stesso livello di voltaggio sono rappresentati nelle mappe con lo stesso
colore) e, in alcuni casi, la confronta statisticamente con dati normativi. Le mappe dellattivit
cerebrale sono state usate anche allo scopo di localizzare le funzioni corticali.
I ritmi EEG sono classificati in base alla banda di frequenza delle oscillazioni del potenziale elettrico
nel tempo:
- i ritmi ad alta frequenza e bassa ampiezza sono associati a stati di vigilanza e di veglia o stadi del
sonno in cui si sogna;
- i ritmi a bassa frequenza e grande ampiezza sono associati a stadi del sonno in cui non si sogna o
stati di vigilanza o coma.
In alcuni casi i ricercatori sono pi interessati alle onde EEG che accompagnano certi eventi
psicologici:
-
onde alfa: frequenza 8-13 Hz / ampiezza dellordine di decine di volt (50-100 V)/ stati di
veglia rilassata ad occhi chiusi; regioni parieto-occipitali
onde beta: frequenza 13-15 Hz (14-30 Hz) / ampiezza minima ( 5-10 volt) / apertura occhi,
sforzo mentale, interruzione ritmo alfa (reazione di desincronizzazione), attivazione delle
cortecce; regioni frontali
onde teta: frequenza 4-7 Hz / grande ampiezza ( 50-200 volt) / sonnolenza, vigilanza ridotta
o alcuni stati del sonno; regioni fronto-temporali
onde delta: frequenza minore di 4 Hz / grande ampiezza (100-500 volt) / stati profondi del
sonno e stati non vigili. diffuso
POTENZIALI EVOCATI.
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La registrazione dei potenziali evocati consiste nella registrazione dellEEG con alcune modifiche. Il
potenziale evocato da un certo stimolo lattivit elettrica che si registra in concomitanza alla
stimolazione e al compito somministrato al soggetto.
Queste onde EEG associate ad eventi (esterni o interni) prendono il nome di potenziali evento-correlati
(event related potentials o ERPs).
Gli ERPs sono una classe di potenziali elettrici non spontanei, generati sia da stimoli esterni che da
operazioni compiute dal soggetto (componenti esogene / endogene):
Uno dei pi comuni potenziali evento-correlati il potenziale evocato sensoriale cio la modificazione
del segnale EEG indotto dalla momentanea presentazione di uno stimolo sensoriale. Il segnale EEG
che fa seguito ad uno stimolo sensoriale presenta due componenti: la risposta allo stimolo (segnale) e
la contemporanea attivit di fondo (rumore). Il segnale la parte importante di ogni registrazione. Il
problema che il rumore di fondo di solito tanto grande da oscurare il segnale evento-correlato.
Di solito per attenuare il rumore di fondo si utilizza una procedura detta di signal averaging (media dei
segnali); vengono registrate molte volte le risposte EEG ad uno stesso stimolo. Poi il computer
identifica in ciascun tracciato EEG il punto dinizio in cui stato presentato lo stimolo acustico e calcola
a partire da quel punto e per tutti i punti successivi il valore medio di molte registrazioni.
I PE sono quindi una media delle variazioni di potenziale elettrico generate nel cervello e captate dagli
elettrodi in concomitanza con la presentazione di uno stimolo.
I PE dipendono dalle caratteristiche fisiche dello stimolo, ma possono dipendere anche dai compiti che
il soggetto deve eseguire.
Barret (1993) distinse tra potenziali evocati sensoriali (visivi e acustici) e potenziali evocati cognitivi
generati dai processi psicologici (riconoscimento, attenzione) associati allelaborazione dello stimolo.
I PE possono indicare anormalit funzionali in assenza di evidenti danni anatomici, come nel caso di
disturbi neuropsicologici in cui non sono accertati danni cerebrali.
I PE possono essere uditivi, visivi, somatosensoriali, cognitivi (intorno ai 300msec compare unonda
positiva che studiata nella > parte delle ricerche sui PE in relazione ai processi cognitivi).
Lanalisi dei potenziali evocati prende in considerazione i picchi o onde presenti nel tracciato EEG
medio. Ciascuna onda si caratterizza per la sua direzione, positiva o negativa, e per la sua latenza.
Per esempio londa P300 unonda positiva che compare circa 300ms dopo uno stimolo significativo
per il soggetto (Sutton e Ruchkin). In contrasto le piccole onde che si registrano nei primi millisecondi
dopo la presentazione di uno stimolo non sono influenzate dal fatto che lo stimolo sia o meno
significativo per il soggetto.
Queste onde sono dette potenziali troncoencefalici (far-field potentials) poich quantunque registrati
sul cuoio capelluto originano nei nuclei sensoriali del tronco cerebrale.
I vantaggi dei PE sono il metodo non intrusivo, lo studio dellattivit cerebrale diretto, si individuano
alterazioni funzionali anche in assenza di un riscontro anatomico o di alterazioni comportamentali, la
capacit di elaborare livelli inconsci di analisi delle informazioni e hanno una buona risoluzione
temporale.
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I principali limiti sono il fatto che essi siano una media statistica, che non permettono registrazioni in
profondit (sottocorticali), le diversit morfo-funzionali tra cervelli diversi, la difficolt di localizzazione
spaziale dei generatori PE e la grande variabilit riscontrata nella popolazione sana.
PRINCIPALI COMPONENTI DEI P.E.
Stimolo correlati:
- N100 = orientamento verso la sorgente di stimolazione
- N200 = attenzione selettiva e focalizzata sullo stimolo target
Evento correlati:
- P300 = lo stimolo target stato definitivamente riconosciuto e categorizzato (paradigma oddball)
- Slow wave = durata e livello di profondit al quale linformazione stata elaborata
- CNV (contingent negativit variation) = onda daspettativa che compare tra S1 avvertimento e
S2 imperativo
COMPONENTI DEI P.E. POCO INDAGATE
-
APPLICAZIONI CLINICHE
-
Deficit dellattenzione con iperattivit = P300 assente / P300 non appare prima dei 6 mesi di
vita e fino ai 15 anni ha una latenza maggiore;
Pazienti in coma = uso del paradigma odd-ball in 3 fasi: passivo (ascolto toni acustici), attivo
(nome del paziente come stimolo target), passivo (ascolto toni acustici). La comparsa della
P300 era associata ad una maggiore probabilit di sopravvivenza
Epilessia = studi farmacologici, effetto sulle funzioni cognitive
Soggetti affetti da sindrome di Down = EEG + PE con morfologia simile a soggetti anziani (<
alfa, > teta e delta; < ampiezza e > latenza della P300)
Soggetti affetti da schizofrenia = P300 lateralizzata a destra e ridotta a sinistra in associazione
alla presenza di segni negativi (alterazione del pensiero, dellaffettivit); attivit beta insolita
a livello temporale sinistro
Distimia con sintomi di depersonalizzazione/derealizzazione = alterazioni nelle regioni
posteriori bilaterali e temporale destro: sono implicati fenomeni visivi tipici di queste aree
cerebrali
Distimia con sintomi paranoici = alterazioni fronto-temporali sinistre e posteriori sinistre: sono
implicati fenomeni uditivi (allucinazioni acustiche)
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Alcuni eventi psicologici si associano a variazioni nel volume sanguigno in particolari distretti corporei.
Le varie tecniche per misurare queste variazioni di volume sanguigno in specifiche parti del corpo sono
denominate pletismografia. Un metodo per calcolare queste variazioni consiste nellavvolgere attorno
allorgano in esame un misuratore elastico in grado di estendersi al variare del volume dellorgano.
Si presta bene a misurare le variazioni di volume sanguigno solo nelle dita e in organi di forma simile.
Altra tecnica pletismografica consiste nel far passare della luce attraverso lorgano e quindi misurare la
quantit di luce assorbita dal tessuto. Infatti, tanto pi il tessuto irrorato dal sangue tanto maggiore
sar la quantit di luce assorbita.
Variazioni della quantit di sangue in particolari regioni del corpo sono rese possibili dalla struttura del
sistema cardiovascolare costituita da circuiti vascolari disposti in parallelo. La distribuzione selettiva
del sangue nei vari tessuti determinata dallattivit dei muscoli sfintere delle arteriole. La costrizione
di particolari arteriole riduce il flusso sanguigno in alcune regioni del corpo, mentre la dilazione
arteriolare laumenta.
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METODI INVASIVI.
CHIRURGIA STEREOTASSICA.
Metodo attraverso cui gli strumenti di ricerca sono posizionati in contatto diretto con il cervello. Per la
chirurgia stereotassica sono necessari un atlante stereotassico, che fornisca le coordinate delle regioni
cerebrali che si vogliono studiare, e un apparato stereotassico che consenta di raggiungerle.
Un atlante stereotassico permette di localizzare le strutture cerebrali (il cervello necessita tre
coordinate).
Un apparato stereotassico costituito di due parti: un fermatesta che mantiene il cervello di ciascun
animale nella corretta posizione e orientamento, e un portaelettrodo che sorregge lelettrodo da
inserire nel cervello. Il portaelettrodo pu essere mosso in tre diverse direzioni: antero-posteriore,
medio-laterale, ventro-dorsale.
METODI DI LESIONE:
- Da aspirazione: tessuto corticale rimosso per suzione;
- Da radiofrequenza: si diffonde corrente dalla punta di un elettrodo che distrugge il
tessuto;
- Resezione chirurgica: interruzione conduzione nervosa in un nervo o in un tratto;
- Blocco criogenico: iniezione liquido refrigerante nel cervello.
Gli effetti di queste lesioni sono spesso ingannevoli e di difficile interpretazione poich le strutture
cerebrali sono molto piccole e convolute.
STIMOLAZIONE ELETTRICA:
Informazioni sul funzionamento di una struttura nervosa, i sintomi neurologici e neuropsicologici
causati dalla stimolazione consentono di determinare la funzione dellarea esaminata. La stimolazione
elettrica applicata attraverso elettrodi bipolari costituiti da due fili isolati, avvolti strettamente e
scoperti in corrispondenza della punta dellelettrodo. Il passaggio di una debole corrente attraverso
lelettrodo produce un immediato aumento della frequenza di scarica dei neuroni posti in prossimit
della punta dellelettrodo. Il limite che la stimolazione pu essere applicata solo a pazienti, in cui,
per ragioni cliniche, necessario esporre la corteccia cerebrale. Il trattamento, pu difatti, interferire
con lattivit di altre strutture cerebrali oltre a quelle direttamente stimolate di cui si vuole indagare la
funzione.
Pur con queste limitazioni la stimolazione ha consentito la prima costruzione di una mappa funzionale
della corteccia cerebrale delluomo.
La stimolazione elettrica determina una variet di effetti comportamentali.
Il particolare effetto comportamentale evocato dipender dalla diversa localizzazione cerebrale
dellelettrodo stimolante dei parametri usati per la stimolazione nonch dallo specifico contesto
sperimentale. La stimolazione di un particolare sito cerebrale produce effetti opposti a quelli prodotti
dalla lesione della medesima struttura.
Sviluppi di questa tecnica consentono di collocare gli elettrodi sotto la dura madre e sopra la corteccia
cerebrale, per un periodo di tempo relativamente lungo. Il paziente pu quindi essere stimolato anche
al di fuori della camera operatoria e con limiti di tempo assai meno stretti.
I risultati ottenuti con questa metodologia concordano con quelli basati su altre procedure dindagine
nel suggerire un elevato grado di specializzazione funzionale del cervello, ove circuiti neuronali
complessi, che comprendono aree diverse tra loro connesse, stanno alla base di processi cognitivi
specifici.
METODI DI REGISTRAZIONE ELETTROFISIOLOGICA.
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Registrazione intracell. di singole unit: misura continua delle variazioni graduali del
potenziale di membrana neuronale punta di un elettrodo entro un neurone;
Registrazione extracell. di singole unit: registra le scariche di un neurone ponendo la
punta di un elettrodo nel fluido extracellulare in prossimit della cellula;
Registrazione di unit multiple: punta dellelettrodo pi grande che rileva lattivit
complessiva di numerosi neuroni;
Registrazione elettroencefalografia invasiva: elettrodi impiantati direttamente nel
cervello. LEEG corticale viene registrato mediante viti di acciaio inossidabile infisse nel
cranio.
SOTTRAZIONE COGNITIVA.
La sottrazione cognitiva ha le sue origini negli studi di cronometria mentale inaugurati nel XIX sec.
dallolandese Donders.
Scopo di tale strumento teorico quello di isolare nel modo pi preciso possibile lattivit neurale
indotta dalle singole operazioni eseguite: segregare, cio, linformazione rilevante da tutti quegli
effetti secondari dovuti alla normale attivit del cervello.
Isolare dallammasso di dati, dovuto allinevitabile rumore di fondo dei processi che il cervello svolge
spontaneamente durante qualsiasi attivit cognitiva, possibile solo se si dispone di un modello
teorico che precisi, dal punto di vista comportamentale, quali siano le operazioni e come interagiscono
tra loro, nonch di una strategia che permetta di renderli identificabili.
Solo attraverso questa strategia il brain imaging pu aspirare a fornire una risposta alla domanda sulla
localizzazione cerebrale di componenti cognitivi e sullarticolazione funzionale dei processi cognitivi.
Donders: riconoscimento visivo di stimoli luminosi. Secondo il principio di cronometria mentale per cui
i processi mentali avvengono uno dopo laltro ed possibile misurare il tempo necessario per eseguirli
in modo separato; Donders cerc di misurarlo per processo di discriminazione di due stimoli.
Negli esperimenti di neuroimmagini funzionali i soggetto erano impegnati in due compiti: uno di base
dove il soggetto veniva stimolato con barre luminose (condizione di controllo) e uno pi complesso
dove le barre luminose erano in movimento (condizione sperimentale).
Nei due compiti il fatto che ci siano variazioni di flusso sanguigno regionale considerato come una
variabile dipendente.
A questo punto le immagini di flusso relative al primo compito vengono sottratte da quelle relative al
secondo potendo constatare le aree specificatamente attivate da movimento.
Gli studi di neuroimmagine su operazioni sensoriali e motorie elementari hanno dato risultati
coincidenti con conoscenze neurofisiologiche . Nonostante alcune critiche la metodologia stata
comunque considerata attendibile (es. Huxby)
Uno dei limiti della sottrazione cognitiva sta nellassumere che il compito di controllo e quello
sperimentale differiscono tra loro solo per una variabile e che singole componenti cognitive possano
essere aggiunte o rimosse da un compito senza alterare la funzione delle altre componenti cognitive
coinvolte.
Questi assunti sono, naturalmente, discutibili soprattutto nel caso di compiti cognitivi complessi.
Per i motivi sopraccitati furono inventati disegni sperimentali alternativi quali il metodo degli effetti
specifici.
In questo caso, invece di usare due compiti, se ne usa solo uno che pu essere influenzato dalla
variabile X e non dalla variabile Y, a seconda delle caratteristiche dello stimolo presentato.
In questo senso ci che cambia non il compito ma solo il processo.
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Ad esempio nel denominare figure di oggetti o di animali si hanno due tipi di disegno sperimentale a
due variabili: uno dellarea attivata (1 vs 2) e uno del tipo di stimolo (oggetto o animale).
Se linterazione area per stimolo risulta significativa si pu dire che i due tipi di stimolo attivano due
distinti processi localizzati in due diverse aree cerebrali.
CONCLUSIONI: le neuroimmagini possono, quindi, offrire un potente mezzo per lo studio dei rapporti
tra processi cognitivi e substrati neurofisiologici essendo esperimenti eseguibili in individui sani e in
modo non invasivo.
Esse consentono anche di identificare lorganizzazione delle aree cerebrali in circuiti complessi
necessari per lo svolgimento delle funzioni cognitive.
Altro vantaggio delle neuroimmagini che il PET e il fMRI hanno una buona risoluzione spaziale ma
pur sempre una scarsa risoluzione temporale.
Una buona risoluzione temporale ce lhanno esami quali lEEG e lERP.
Quindi, al giorno doggi, una soluzione quella di utilizzare in modo combinato le due categorie i
misure funzionali.
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Si tratta di una recente tecnica utilizzata dalle neuroscienze cognitive per indurre una lesione
virtuale in una specifica area corticale. La lesione virtuale uninattivazione non invasiva focale e
transiente di piccole regioni corticali.
C una bobina che genera un campo magnetico. Un impulso di TMS genera una corrente elettrica
transitoria che stimola la corteccia sottostante e interferisce col normale funzionamento.
Si ha una buona risoluzione spaziale e temporale. Il TMS ha un singolo impulso.
rTMS (repetitive TMS): ce ne sono due tipi:
- rTMS ad impulsi ripetuti ad alta frequenza (10-25 Hz) con uninterferenza che dura pochi ms;
- rTMS a bassa frequenza (1 Hz); in questo caso si ha una riduzione delleccitabilit corticale che
dura alcuni minuti dopo la stimolazione.
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Il comportamento lespressione manifesta dellattivit neurale che non visibile allesterno. Mentre
lobbiettivo primario dei metodi di indagine del sistema nervoso di osservare e misurare quello che
normalmente non si vede, le finalit dei metodi della ricerca comportamentale sono quelli di
controllare, semplificare e misurare in modo obbiettivo il comportamento.
TEST NEUTOPSICOLOGICI.
Vengono solitamente somministrati a fini diagnostici nel caso in cui altri esami abbiano dato risultati
poco chiari, come base per la consulenza e lassistenza dei pazienti neurologici e per valutare
lefficacia di un trattamento farmacologico o riabilitativo.
TEST DI INTELLIGENZA GENERALE.
Test per la valutazione dellintelligenza generale come il W.A.I.S. Wechsler Adult Intelligence Scale.
TEST DI DOMINANZA EMISFERICA PER IL LINGUAGGIO.
In genere le abilit linguistiche dipendono maggiormente da uno dei due emisferi e per determinare
quale dei due emisferi per il linguaggio sia dominante si usano due tipi di test:
- Amytal sodico: iniezione anestetico per via intracarotidea e somministrazione al
paziente di test linguistici. Quando liniezione interessa lemisfero dominante il paziente
per 2 minuti diventa afasico e presenta gravi deficit linguistici.
- Ascolto dicotico: vengono presentate con una cuffia tre cifre in un orecchio e tre
nellaltro. Compito del soggetto ripetere le 6 cifre.
TEST DI MEMORIA.
La memoria a breve termine di solito valutata con il test della memoria di cifre (span); altro test di
memoria il test di Wisconsin (scoprire il criterio di ripartizione delle carte). Questo test molto
sensibile al danno frontale (continua a utilizzare lo stesso principio di ripartizione).
TEST DEL LINGUAGGIO.
Test dei gettoni: venti gettoni diversi davanti al paziente che deve eseguire le istruzioni
dellesaminatore
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Test
Test
Test
Test
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SISTEMI OMEOSTATICI:
1) Regolazione della Temperatura
2) Regolazione dei Liquidi Corporei
3) Regolazione dellAssunzione di Cibo
Questi tre sistemi sono ridondanti e si mantengono costanti in un insieme di valori e sono sistemi a
feedback negativo ( i cambiamenti del sistema in una direzione sono compensati mediante un segnale
retroattivo da cambiamenti nella direzione opposta) controllati dal sistema nervoso.
REGOLAZIONE DELLA TEMPERATURA.
importante regolare la temperatura per due motivi:
- per garantire lefficienza delle reazioni chimiche allinterno della cellula;
- i neuroni vivono solo tra 34 e 42 (anche se i krill e i tamia sopravvivono con temperature interne
vicine ai 0).
Organismi endotermi = la regolazione avviene attraverso processi metabolici interni (rottura legami
chimici): il calore generato dallorganismo attraverso un alto costo metabolico (mammiferi, uccelli).
Il loro vantaggio evolutivo sta nel fatto che c la possibilit di aumentare di 10 volte il tasso
metabolico attraverso lattivit muscolare per periodi di tempo molto superiori rispetto agli ectotermi
(pochi minuti).
Organismi ectotermi = la regolazione avviene attraverso meccanismi comportamentali: il calore
ottenuto dallambiente (rettili, insetti). Se posti in ambienti con gradienti di temperatura, un animale
ectotermo passer la > parte del tempo in zone con temperatura per lui ottimale.
Un terzo del calore a riposo prodotto dal cervello, due terzi dai muscoli consumo Kcal/h 60 riposo,
600 attivit).
Il calore viene disperso nellambiente attraverso la superficie corporea. Un rapporto superficie
volume favorisce la dispersione di calore (un canarino si raffredda pi in fretta di un elefante, ma deve
produrre pi calore).
Nelluomo il rapporto di 3,8 cm2/cm3. Forme alte e snelle si sono evolute ai tropici, basse e grasse
nelle zone fredde.
Il cervello controlla e regola la temperatura corporea.
ESPERIMENTI sui cani (1912) = riscaldando e raffreddando lipotalamo con un filo dargento si
producono abbassamenti e innalzamenti della temperatura corporea. Lesioni dellipotalamo laterale
aboliscono la regolazione della temperatura corporea e causano quindi la morte, mentre lesioni
dellarea preottica aboliscono la regolazione endogena della temperatura.
Quindi il sistema di regolazione della temperatura formato da due circuiti paralleli; il sistema
termoregolatore a componenti multiple concatenate:
- sistemi afferenti = termocettori sulla superficie cutanea che modificano la loro frequenza di
scarica in funzione dei cambiamenti di temperatura esterna.
Nucleo del corpo dellipotalamo regioni nervose: midollo spinale, tronco cerebrale, ipotalamo
- sistemi effettori = risposte comportamentali quali brivido, ricerca di caldo o freddo e risposte
autonome quali la sudorazione, la vasocostrizione o vasodilatazione, respirazione, stimolazione
tessuto adiposo bruno, secrezione dellormone tiroideo.
Le strutture sono organizzate gerarchicamente: quelle superiori coordinano quelle inferiori.
Distribuzione dei Liquidi nel Corpo Umano:
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Alimentarsi un comportamento comune a tutti. Per molti si tratta di una fonte di estremo piacere ma
per altri causa di gravi problemi personali.
Con lobesit infatti pi probabile incidere in malattie quali il diabete, lipertensione, alcune forme di
cancro, malattie cardiovascolari.
DIGESTIONE E FLUSSO DI ENERGIA.
Lo scopo principale dellalimentazione quello di introdurre nel corpo lenergia necessaria per lo
svolgimento delle sue funzioni e per la sopravvivenza.
Con il termine di digestione viene definito il processo gastrointestinale di demolizione e di
assorbimento del cibo.
Le sostanze energetiche sono introdotte nel corpo in tre diverse forme:
1) lipidi (grassi);
2) aminoacidi (i prodotti di scissione delle proteine);
3) glucosio (uno zucchero semplice che deriva dalla scissione di carboidrati.
Lorganismo utilizza energia continuamente ma si alimenta in modo intermittente; pertanto deve
conservare lenergia da utilizzare negli intervalli fra i pasti. Lenergia accumulata in tre diverse
forme:
1) grassi;
2) glicogeno;
3) proteine.
Il metabolismo energetico, linsieme delle modificazioni chimiche attraverso cui lenergia utilizzata
dal corpo, include tre fasi distinte:
1) la fase cefalica: fase preparatoria che riguarda il periodo che intercorre fra il vedere, lodorare
il cibo e linizio del suo assorbimento nella corrente sanguigna;
2) la fase di assorbimento: periodo di tempo durante cui le sostanze nutritive, assorbite nel
torrente ematico, vengono impiegate per far fronte agli immediati bisogni energetici del corpo;
3) fase del digiuno: spazio di tempo durante cui tutte le calorie introdotte con il pranzo sono
state utilizzate e il corpo ricava energia dalle sue riserve energetiche. Termina con linizio della
successiva fase cefalica.
Il flusso di energia durante le tre fasi del metabolismo energetico controllato da due ormoni
pancreatici: linsulina e il glucagone. Durante le fasi cefalica e di assorbimento viene rilasciata una
grande quantit di insulina e poco glucagone.
Linsulina svolge tre compiti:
- consente lutilizzazione del glucosio come principale fonte di energia del corpo;
- favorisce la conversione delle sostanze energetiche del sangue in forme di deposito, cio del
glucosio in glicogeno e grasso, e degli amminoacidi in proteine;
- promuove laccumulo di glicogeno nel fegato e nei muscoli, di grasso nel tessuto adiposo e di
proteine nel muscolo.
Pertanto la funzione dellinsulina durante la fase cefalica di abbassare i livelli ematici delle sostanze
energetiche principalmente glucosio.
Al contrario la fase di digiuno caratterizzata da elevati livelli ematici di glucagone.
Questi alti livelli promuovono il rilascio di acidi grassi dal tessuto adiposo e il loro utilizzo come
principale fonte di energia per lorganismo. Il glucagone stimola anche la conversione degli acidi grassi
liberi in chetoni che vengono utilizzati dal muscolo come carburante energetico durante la fase di
digiuno.
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Quindi, la fame e lalimentazione umana non sono controllate in modo rigido da deviazioni dai valori di
riferimento dellenergia.
4) TEORIA DELLINCENTIVO.
Luomo e gli altri animali non sono normalmente spinti a mangiare da un deficit energetico interno, ma
dallanticipazione degli effetti piacevoli del cibo, cio dal suo valore incentivante (Bolles, Both).
Secondo questa teoria la fame che un individuo sente dipende dal valore incentivante che ha per lui
quel cibo in un dato momento.
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Prima dei pasti il glucosio ematico si riduce. In realt la riduzione non legata al calo energetico, ma
alla produzione di insulina con funzione preparatoria allassunzione di nuovo glucosio (riduzioni
farmacologiche della glicemia aumentano il consumo di cibo); iniezioni di insulina non sempre
stimolano linizio di un pasto e iniezioni preprandiali di glucosio spesso non sopprimono il consumo di
cibo. La variazione dei livelli di glucosio non lunica variabile per la fame.
2) IPOTALAMO.
Negli anni 50 una serie di esperimenti cercarono di stabilire il ruolo dellipotalamo: lesioni bilaterali
ventro-mediali producono iperfagia (si ritiene che qui vi sia il centro ipotalamico della saziet IVM -).
Liperfagia ha una componente dinamica (inizia non appena il soggetto riprende coscienza dopo
loperazione ed caratterizzata da settimane di esagerato consumo di cibo e da un rapido aumento di
peso) e una statica (inizia con il ridursi dellassunzione di cibo della fase dinamica ed caratterizzata
da unalimentazione tale da consentire allanimale di mantenere il suo nuovo peso corporeo.
Altri esperimenti dimostrarono lesistenza di un centro ipotalamico per la fame (IL) secondo cui lesioni
bilaterali dellipotalamo laterale producono afagia (completa cessazione dellassunzione di cibo) che si
accompagna ad asipsia (anche ratti iperfagici diventano afasici dopo lesioni dellIL); entrambi i sintomi
sono reversibili.
Nelle coppie di animali parabiotici (circolazione crociata) se un animale iperalimentato laltro digiuna
e anche se uno dei due lesionato a livello ipotalamico (iperfagico) laltro digiuna.
Questi esempi indicano come il valore di riferimento del peso corporeo sia influenzato tramite fattori
umorali (ormoni) che agiscono normalmente sulle strutture ipotalamiche.
Reinterpretazione degli Effetti delle Lesioni allIVM e allIL.
In realt lIVM regola il metabolismo energetico e non il comportamento alimentare; lobesit, difatti,
dovuta ai cambiamenti del metabolismo e non alla sovralimentazione .
Lesioni bilaterali dellIVM producono iperinsulinemia che aumenta la lipogenesi (produzione di grasso
corporeo) e diminuisce la lipolisi (trasformazione del grasso in forme utilizzabili di energia).
Prove sperimentali su animali in cui lIVM non il centro principale della fame:
- il livello di insulina aumenta prima i ratti iniziano a mangiare iperinsulinemia buon indicatore
dellobesit;
- i ratti con lesioni IVM sono pi obesi dei controlli a parit di cibo ingerito;
- la resezione del nervo vago (che interrompe la via cervello-pancreas) elimina iperfagia e
obesit;
- lesioni dei nuclei paraventricolari producono iperfagia e obesit con lesione IVM.
Prove sperimentali per cui lIL non il centro della fame:
- lesioni allIL producono una generale mancanza di risposta a stimoli sensoriali, afagia e adipsia ne
sono un aspetto. Bench non sia il centro della fame tutta lIL contiene neuroni che rispondono al
valore incentivante del cibo. Altre aree cerebrali implicate nella regolazione della fame sono i nuclei
amigdaloidei, la corteccia frontale e la substantia nigra.
3) TRATTO GASTROINTESTINALE E SAZIETA.
Inizialmente si riteneva che la fame fosse dovuta alle contrazioni di uno stomaco vuoto e la saziet
alla distensione di uno stomaco pieno (Cannon e Washburn, 1912). Tuttavia, lo studio di pazienti ai
quali era stato asportato lo stomaco continuavano a provare fame e saziet.
4) PEPTIDI INTESTINALI.
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2) la leptina raggiunge i recettori in diverse aree ipotalamiche tra cui LH e il nucleo arcuato,
sopraottico e paraventricolare;
3) lattivazione dei recettori della leptina sopprime la produzione e il rilascio dei neuropeptidi;
4) normalmente i neuropeptidi suscitano la fame mediante lattivazione di una rete nervosa
cerebrale non identificata ma probabilmente molto estesa;
5) lattivazione dei recettori della leptina aumenta anche i livelli dellormone per il rilascio della
corticotropina (CHR) e della melanocortina che sopprimono la fame.
Il meccanismo complesso ma si potrebbe sintetizzare dicendo che: lalterazione genica porta ad una
mancanza di leptina, e la mancanza di leptina allobesit.
RUOLO DEL CERVELLO E DELLIPOTALAMO NELLA REGOLAZIONE DELLA FAME. (Appunti).
Nel modello animale unalterazione ipotalamica pu produrre una forte obesit: lanimale tende a
mangiare molto, a saziarsi pi tardi e a ridurre gli intervalli fra i pasti.
Esaminando le funzioni ipotalamiche si visto che la produzione di una sostanza (chiamata
neuropeptide y) genera un aumento dellassunzione di cibo e in particolare la fame di carboidrati e
stimola anche la secrezione di insulina e cortisone.
Linsulina un ormone prodotto dal pancreas e il cortisone prodotto dalle capsule surrenali. Tra gli
effetti di entrambi questi ormoni vi quello di abbassare il livello di glucosio nel sangue.
Si diceva che il neuropeptide y tende a stimolare gli ormoni che tolgono dal sangue il glucosio.
Il risultato duplice:
a la mancanza di glucosio stimola il soggetto a mangiare di nuovo per riportarlo ai valori precedenti
e,
b il glucosio non consumato e tolto dalla circolazione viene immagazzinato. Aumentano quindi le
scorte di grasso e il soggetto portato a mangiare troppo.
La somministrazione di leptina porta ad una significativa riduzione di questo polipeptide. Sono in corso
studi per chiarire gli effetti del rapporto tra appetito, leptina e polipeptide y sia nellanimale che
nelluomo.
Si visto che allanimale grasso a cui veniva somministrata leptina, questo dimagriva: in modo
naturale lanimale mangiava di meno anche se gli veniva fornito tutto il cibo che voleva e aumentava il
consumo metabolico.
Quindi lobesit sembrava essere stata sconfitta attorno al 1944.
Data limportanza della cosa, nellarco di breve tempo si pass a studiare la leptina non solo sugli
animali ma anche sulluomo.
Nel 1996, su una prestigiosa pubblicazione scientifica venne pubblicato uno studio che produsse per
molte perplessit. Si era, infatti, misurata la leptina in diversi soggetti sia obesi che non e si era
trovato che nelle persone obese esaminate in quello studio vi era un livello di leptina che era molto
superiore a quello presente nelle persone magre.
Insomma nel corpo umano sembrava avvenire tutto il contrario di quello che si era visto nellanimale.
Misurando la leptina nel sangue dei soggetti umani che scendevano di peso grazie ad una dieta
ipocalorica drastica (800 Kcal al giorno) si era visto che il livello di leptina scendeva (mentre
nellanimale la somministrazione di leptina lo faceva diminuire di peso).
In realt si visto che la leptina non funziona allo stesso modo neppure nelle cavie. stato visto che
la sua somministrazione porta a effetti diversi a seconda della configurazione genetica.
Sono stati presi in considerazione tre tipi di cavie:
1. carenza di un cromosoma che genera obesit: cromosoma ob;
2. presenza del cromosoma del diabete: cromosoma db;
3. cavie normali
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tutti i gruppi sono stati trattati con la leptina e sono stati confrontati con altrettanti gruppi che non
ricevevano farmaci (gruppi di controllo).
Si visto che i gruppi obesi (ob) scendevano di peso in modo impressionante, sia diminuendo
spontaneamente la quantit di cibo che assumevano, sia perch il loro metabolismo pareva attivato
dalla leptina. Non si avuto invece leffetto di dimagrimento nelle cavie con lassetto cromosomico db.
In questi la leptina non aveva effetto e, difatti nelle cavie normali si aveva una piccola diminuzione di
peso.
Ob grande perdita di peso.
Db nessun effetto.
Cn minima perdita di peso.
Quindi, allo stato attuale delle cose pare che la leptina sia una grande promessa per una certa
categoria ben selezionata di persone.
tuttavia prematuro trarre delle conclusioni per gli uni e per gli altri.
Altri studi dimostrano, tuttavia, che, se si somministra una forte quantit di leptina a dei soggetti
umani obesi questi tendono a diminuire di peso.
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Gran parte delle ricerche sulla disidratazione cellulare hanno tentato di identificare le strutture
sensibili ad essa. Le cellule che rilevano la disidratazione sono dette osmocettori.
La loro esistenza nel cervello stata dimostrata da una serie di studi in cui soluzioni ipertoniche sono
state iniettate nelle carotidi di animali non deprivati di acqua. Ad esempio, liniezione di cloruro di
sodio aumentava significativamente la quantit di acqua assunta. Questa inoltre era direttamente
proporzionale alla concentrazione della soluzione iniettata.
Come il cloruro di sodio, anche il saccarosio non penetra nelle cellule e attira acqua fuori di esse nei
fluidi interstiziali avendo cos effetti disidratanti.
Ci sono due meccanismi attraverso cui gli osmocettori provocano la sete:
- meccanismo diretto di tipo nervoso: gli osmocettori sensibili alla disidratazione cellulare
attivano circuiti neuronali che mediano la sete;
- meccanismo indiretto di tipo ormonale: gli osmocettori attivati dallo stato di disidratazione
determinano il rilascio dellormone antidiuretico (ADH) da parte dellipofisi posteriore. Lormone
antidiuretico attraverso una serie di eventi contribuisce a conservare i liquidi corporei e ad
aumentare la sete.
2) IPOVOLEMIA E SETE.
Lipovolemia viene prodotta negli animali sperimentali in due modi: o prelevando sangue o iniettando
dei colloidi nella cavit peritoneale.
Iniettati nel peritoneo i colloidi ci rimangono e come una spugna attirano il plasma sanguigno dalla
circolazione sistemica nel peritoneo. N il prelievo di sangue, n liniezione di colloidi modificano
losmolarit del liquido extracellulare; quindi entrambi i metodi producono una riduzione del volume
ematico senza produrre disidratazione cellulare.
Lipovolemia viene rilevata dai barocettori (recettori di pressione) situati nelle pareti del cuore, e da
recettori di flusso (recettori che misurano il volume del flusso sanguigno). Una serie di dati
sperimentali indica che entrambi determinano la sete da ipovolemia.
Quando il volume ematico si riduce, sia i recettori di pressione cardiaci sia i recettori di flusso ematico
renali danno inizio ad una serie di risposte renali che favoriscono la conservazione delle risorse idriche
dellorganismo. I barocettori influenzano i reni attraverso laumento del rilascio di ADH, mentre i
recettori di flusso agiscono sul rene direttamente.
RIEPILOGO:
SETE IPOVOLEMICA:
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Laumento della renina circolante stimola la sintesi nel sangue dellormone peptidico angiotensina II
che a sua volta produce un aumento compensatorio della pressione sanguigna sia mediante la
costrizione dei vasi periferici, sia mediante la liberazione di aldosterone da parte della corteccia
surrenale. Laldosterone stimola il rene a riassorbire molto del sodio altrimenti eliminato con le urine.
Tanto pi alta la concentrazione di sodio nel sangue tanta pi acqua verr in esso ritenuta.
4) ANGIOTENSINA II E SETE.
Langiotensina II un dipsogeno, una sostanza che induce la sete sintetizzata nel sangue in risposta
alla disidratazione e allipovolemia. In molte specie linfusione endovenosa di angiotensina II
determina un aumento della sete senza influenzare i comportamenti motivati.
Sono state condotte molte ricerche dirette a individuarne i siti dazione nel cervello. Inizialmente
lattenzione si focalizzata sullorgano subfornicale (OSF) per due motivi:
- lOSF uno dei pochi siti cerebrali non protetti dalla barriera emato-encefalica e quindi esposti
allazione dellangiotensina II;
- linfusione intraventricolare di angiotensina II efficace nellindurre la sete.
Il sangue non la sola sede di sintesi di angiotensina II; infatti essa sintetizzata anche direttamente
dal cervello.
5) LA SETE INDOTTA DAL DEFICIT NATURALE DI ACQUA.
Gli effetti dipsogenici della disidratazione intra ed extracellulare sono stati spesso studiati
indipendentemente, mentre si rivelato molto utile studiare linterazione dei deficit dei due
compartimenti.
Negli animali deprivati dacqua, sono state iniettate soluzioni fisiologiche oppure acqua:
- iniezione di acqua: lacqua che una soluzione ipotonica veniva assorbita nelle cellule per
compensare la disidratazione cellulare; veniva cos eliminato il deficit intracellulare senza
modificare quello extracellulare.
- Iniezione di soluzione fisiologica: la soluzione fisiologica una soluzione isotonica e non era
assorbita dalle cellule e quindi riduceva la disidratazione extracellulare senza modificare quella
intracellulare.
Gli autori hanno trovato che leliminazione del deficit intracellulare riduceva di circa il 75%
lassunzione dei liquidi, mentre leliminazione della sola disidratazione extracellulare riduceva
lingestione di acqua di circa il 15%.
Studi sullesistenza di una regione cerebrale in cui i sistemi che rilevano la disidratazione intra ed
extra convergono nellindurre la sete hanno finora portato allipotalamo laterale.
SETE SPONTANEA: BERE IN ASSENZA DI DEFICIT DACQUA.
Lassunzione spontanea di liquidi suggerisce che bere un comportamento motivato dalle propriet
incentivanti delle bevande. Dopo ore di deprivazione dacqua, lacqua in s ha un gusto piacevole.
Gli effetti dei sapori sullassunzione di liquidi possono essere facilmente dimostrati aggiungendo un po
di saccarina allacqua per cui la quantit di acqua assunta aumenta vertiginosamente.
Lacqua poi necessaria per la digestione e il metabolismo dei cibi. Il rilascio di insulina che si associa
allingestione di cibo, pu essere uno dei fattori che stimola la sete durante i pasti. Il consumo di
acqua anche in relazione allapprendimento (es. per prevenire carenze dacqua).
SMETTERE DI BERE: LA SAZIETA.
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Secondo la teoria dei valori di riferimento il segnale che elimina la sete e interrompe il bere il ritorno
delle riserve di liquidi corporei ai loro livelli fisiologici.
Questipotesi lascia per insoluti tre problemi:
- leliminazione dei deficit idrici non pu spiegare linterruzione del consumo di liquidi che si
verifica in assenza di tali deficit;
- anche quando il consumo di liquidi stimolato da carenze idriche viene interrotto prima che la
> parte del liquido sia stata assorbita (tecnica del falso bere);
- quando lacqua facilmente disponibile gli animali devono molto di pi delle loro necessit.
probabile comunque che dopo lunghi periodi di deprivazione aumenti il valore incentivante
dellacqua.
LA SETE E LA SAZIETA SENSO SPECIFICA.
La saziet senso-specifica svolge un importante effetto sulla sete come dimostrato da due fenomeni:
- effetto stimolante della saccarina: gli animali mostrano di preferire meno bevande
continuamente disponibili che bevande disponibili solo periodicamente;
- stato dimostrato che il consumo dacqua aumenta quando gli animali hanno libero accesso a
una grande variet di bevande.
Leccessivo consumo di acqua viene definito poliadipsia.
DISTURBI DELLALIMENTAZIONE.
1) OBESITA.
Fattori ambientali e genetici svolgono un ruolo principale nelleziologia della malattia.
Le teorie dei valori di riferimento sono di scarsa utilit per cercare di analizzare lattuale epidemia di
obesit; secondo queste teorie, infatti, stabili e duraturi aumenti del peso corporeo non sono possibili
in soggetti adulti sani.
interessante notare limportanza che molte spinte evolutive hanno avuto sul nostro sistema di
alimentazione: nel corso dellevoluzione i pi adatti erano gli individui che preferivano cibi ipercalorici,
che mangiavano molto e che riuscivano a conservare molte calorie. Questi aspetti sono stati quelli
maggiormente trasmessi alle generazioni successive.
Ad accrescere gli effetti dellevoluzione hanno contribuito numerose pratiche culturali e credenze
sociali che promuovono il consumo di cibo. Con unanalisi superficiale si arriv a dire che diventano
obesi coloro il cui apporto calorico supera di molto la spesa energetica.
2) ANORESSIA NERVOSA.
un disturbo caratterizzato da un consumo di cibo estremamente ridotto. Circa il 50% degli anoressici
va incontro periodicamente a fasi di frenetico consumo di cibo, di solito seguite da purghe con alte
dosi di lassativi o da vomito autoindotto. Il disturbo caratterizzato da cicli di digiuno, iperalimentazione
e vomito autoindotto prende il nome di bulimia nervosa.
Il rapporto degli anoressici con il cibo molto ambiguo.
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Tutti i mammiferi e gli uccelli dormono e il loro sonno molto simile al nostro caratterizzato da onde
EEG ad alta ampiezza e bassa frequenza intercise da periodi di onde a bassa ampiezza e alta
frequenza.
1) TEORIE RISTORATIVE E TEORIE CIRCADIANE.
Il fatto che il sonno sia cos comune nel regno animale suggerisce che esso deve svolgere una
funzione critica per la sopravvivenza, ma non vi unanimit di giudizio sul quale sia questa funzione.
Esistono due tipi di teorie sulla funzione del sonno:
- teorie ristorative: rimanere svegli in qualche modo determina uno squilibrio dellomeostasi
(stabilit interna) del corpo e che il sonno ne consenta il recupero;
- teorie circadiane: il sonno comparso durante levoluzione per mantenere gli animali inattivi
nei periodi in cui non debbono impegnarsi nelle attivit necessarie alla loro sopravvivenza.
Uno dei maggiori problemi sia delle teorie circadiane sia di quelle ristorative quello di spiegare le
grandi differenze nella quantit di sonno giornaliero tra le diverse specie.
Le differenze di durata del sonno fra le specie sono spiegate meglio dalle teorie circadiane rispetto
a quelle ristorative. Le ristorative, infatti, prevedono che le specie che spendono pi energia
dovrebbero dormire di pi, tuttavia non vi alcuna correlazione fra il tempo speso a dormire e il
livello di attivit di una specie.
Al contrario le teorie circadiane prevedono in modo corretto che a quantit di sonno giornaliero
da mettere in relazione con il grado di vulnerabilit di una data specie animale durante il sonno e
con il tempo necessario per nutrirsi e per assolvere alle altre necessit vitali.
CICLI CIRCADIANI DEL SONNO.
Il mondo in cui viviamo oscilla continuamente dalla luce al buio con un ciclo di 24 ore e la maggior
parte degli animali che ne abitano la superficie si sono adattati a questo cambiamento regolare del
loro ambiente sviluppando una variet di cosiddetti ritmi circadiani.
I nostri cicli circadiani mantengono il loro ciclo di 24 ore grazie ad alcuni elementi ambientali. Il pi
importante di questi fattori per la regolarizzazione dei ritmi circadiani dei mammiferi il ciclo di
luce e buio. Le situazioni ambientali che sono in grado di trascinare (ossia controllare la
temporizzazione) dei ritmi circadiani vengono chiamate Zeitgebers.
1) I CICLI CIRCADIANI SONNO-VEGLIA IN CONDIZIONI FREE-RUNNING.
In un mondo senza cicli di 24 ore di luce e buio, esistono altre informazioni ambientali che possono
trascinare i cicli circadiani. (cicli di interazione sociale, di nutrimento, di accumulamento, di esercizio
fisico).
Ma cosa succede ai ritmi circadiani in un ambiente privo di Zeitgebers? In condizioni in cui non vi sono
indizi temporali, sia gli uomini che gli altri animali continuano a mantenere tutti i loro ritmi circadiani.
I ritmi circadiani in ambienti costanti sono detti ritmi free-running e la loro durata detta periodo
free-running. I periodi free-running variano in lunghezza da soggetto a soggetto, hanno una durata
relativamente costante in ogni dato soggetto e sono normalmente pi lunghi di 24 ore. Sembra che
abbiamo tutti un orologio biologico interno.
Il fatto che la regolarit dei ritmi sonno-veglia in condizioni free-running sia mantenuta nonostante le
variazioni giornaliere dellattivit fisica fornisce un forte sostegno allipotesi che i fattori circadiani
abbiano un ruolo dominante su quelli ristorativi nella regolazione del sonno.
La caratteristica pi importante dei ritmi free-running che non sono appresi.
La correlazione tra la durata di un periodo di sonno e la durata del periodo di veglia precedente
negativa, anche in condizioni free-running. In altre parole quando un soggetto rimane sveglio pi a
lungo del solito, la durata del sonno successivo tender a essere pi breve.
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Molti animali manifestano un ritmo circadiani della temperatura del corpo che in relazione al loro
ciclo circadiani sonno-veglia.
Quando i soggetti si trovano in ambiente di laboratorio con condizioni costanti, il ciclo sonno-veglia e il
ciclo della temperatura a volte si dissociano. Questo fenomeno noto come desincronizzazione
interna.
2) SFASAMENTO DA VOLO (JET LAG) E TURNI DI LAVORO.
Nelle moderne societ industrializzate ci sono due principali fonti di disturbo delle ritmicit circadiane:
il jet lag e i turni di lavoro.
Il jet lag si verifica quando gli Zeitgebers che controllano le varie fasi dei ritmi circadiani sono
accelerati durante i voli verso oriente (avanzamento di fase) o decelerati durante i voli verso occidente
(ritardo di fase).
Nei turni di lavoro gli Zeitgebers rimangono invariati ma gli operai sono costretti a modificare il loro
naturale ciclo sonno-veglia in modo da potersi adattare ad orari di lavoro che cambiano. Entrambe
queste condizioni producono disturbi del sonno, fatica, malessere generale e deficit riscontrabili ai test
fisici e cognitivi.
EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE DI SONNO.
Le teorie del sonno circadiane e quelle ristorative determinano differenti previsioni sugli effetti della
deprivazione di sonno.
Dal momento che le teorie ristorative si basano sulla premessa che il sonno sia una risposta
allaccumularsi degli effetti debilitanti della veglia, esse ipotizzano che:
- i prolungati periodi di veglia produrranno rilevanti disturbi fisiologici e comportamentali;
- questi disturbi peggioreranno con laumento della deprivazione di sonno;
- dopo la fine del periodo di deprivazione verr recuperato gran parte del sonno perso.
Invece le teorie circadiane ipotizzano che:
- la deprivazione di sonno non produrr effetti debilitanti ad eccezione di un incremento della
tendenza ad addormentarsi;
- lincremento del bisogno di dormire sar massimo durante le fasi del ciclo circadiano nelle quali
il soggetto normalmente dorme;
- ci sar una scarsa o nessuna compensazione per la perdita di sonno dopo la fine del periodo di
deprivazione.
1) IL CASO DI RANDY GARDNER.
Nel 1965 egli partecip ad un progetto scientifico che mirava a superare il precedente record nel
mondo di 260 ore consecutive di veglia con laiuto di due compagni che avevano il compito di tenerlo
sveglio.
Gardner afferm che era tutta una questione di controllo della mente sul corpo. Egli and a dormire
dopo 264 ore e la prima notte dorm solo 14 ore e in seguito ritorn alle sue usuali ore di sonno.
Vi sono scarse prove del fatto che la deprivazione di sonno per periodi che superano anche le 200 ore
produca qualsiasi marcata alterazione fisiologica.
Non si pu dire la stessa cosa per test cognitivi che siano passivi, semplici e noiosi. Lesecuzione di
questi test specialmente quelli che richiedono lunghi periodi di continua attenzione
particolarmente compromessa dalla deprivazione di sonno.
Il fatto che lesecuzione di test passivi sia pi compromessa ha condotto a ipotizzare che molti deficit
comportamentali associati alla deprivazione derivino dallincapacit dei soggetti a stare svegli piuttosto
che da un declino delle funzioni cognitive durante la veglia.
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A prima vista lassenza di un sostanziale aumento della durata del sonno dopo lunghi periodi di
deprivazione costituiva un grosso problema per le teorie secondo cui il sonno avrebbe una funzione di
recupero. Tuttavia, ormai chiaro che il cervello non compensa la deprivazione di sonno aumentando
la durata dei periodi di sonno successivi.
I dati scientifici indicano che il sonno a onde lente (SWS) piuttosto che il sonno in generale che ha
una funzione di recupero, e che il cervello compensa la deprivazione di sonno aumentando i periodi e
lefficienza del sonno SWS.
I fatti che supportano la teoria che il sonno SWS abbia una funzione di recupero sono questi:
- i soggetti recuperano la maggior parte del sonno in stadio 4;
- i soggetti che riducono il loro periodo di sonno abituale trascorrono meno tempo del loro sonno
in stadio 1 e 2 mentre la quantit di sonno in stadio 3 e 4 rimane immutata;
- coloro che dormono poco di solito hanno la stessa quantit di sonno in stadio 3 e 4 di coloro
che dormono molto;
- dopo la deprivazione di sonno a onde lente SWS, lEEG sia nelluomo sia nelle cavie
caratterizzato da una maggior proporzione di onde lente.
2) STUDI DI DEPRIVAZIONE DI SONNO IN CAVIE.
Alcuni studi hanno dimostrato che la deprivazione di sonno non priva di conseguenze nei ratti come
invece suggerivano gli studi sulluomo.
Nellesperimento dellapparato dei dischi rotanti (dove un ratto che si addormentava veniva buttato in
acqua) molti ratti morivano dopo ore di deprivazione da sonno. stato per sottolineato che la causa
di queste morti poteva anche essere riportata allo stress e al danno fisico subito dal ratto.
3) DEPRIVAZIONE DI SONNO REM.
In alcuni esperimenti i soggetti venivano svegliati allinizio di ogni periodo REM. La deprivazione di
sonno REM ha due effetti stabili:
- ad ogni notte successiva di deprivazione c una maggiore tendenza a entrare in fase REM;
- nelle prime due o tre notti dopo la fine della deprivazione i soggetti trascorrono pi tempo del
solito in sonno REM.
Laumento compensatorio del sonno REM suggerisce che esso sia regolato in modo separato dalla
quantit di sonno a onde lente (sonno non REM) e perci farebbe pensare che esso abbia una funzione
diversa dal sonno a onde lente.
Sono state proposte numerose teorie sulla funzione del sonno REM; la > parte di esse pu essere
ricondotta a una delle seguenti categorie:
- le teorie che ipotizzano che il sonno REM sia necessario per mantenere la salute mentale del
soggetto;
- le teorie che ipotizzano che il sonno REM sia necessario per mantenere i normali livelli di
motivazione;
- le teorie che ipotizzano che il sonno REM sia necessario per lelaborazione de ricordi.
INTEGRAZIONE DELLE TEORIE RISTORATIVE E CIRCADIANE.
Borbely ha proposto un modello della regolazione del sonno che integra gli effetti dei fattori circadiani
e quelli della deprivazione di sonno.
Lipotetico fattore circadiano che promuove il sonno viene ipotizzato che assuma una forma
sinusoidale con un minimo alle 4 del pomeriggio e un massimo alle 4 di mattina. Gli ipotetici effetti di
promozione del sonno causati dal prolungarsi della veglia sono stati illustrati in relazione ad un
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soggetto che ha dormito la prima notte tra le 11 di sera e le 6 del mattino e che poi stato sveglio per
2 notti consecutive.
Il grafico trovato mostra come gli effetti dei fattori circadiani e legati alla veglia precedente al sonno
ipoteticamente si combinino determinando le variazioni della sonnolenza del soggetto.
MECCANISMI NEURALI DEL SONNO.
La prima importante teoria moderna sulla fisiologia del sonno fu proposta da Bremer nel 1936, il quale
pensava che il sonno fosse causato da una mancanza di input sensoriali al diencefalo.
Egli tagli il tronco encefalico di alcuni gatti tra i collicoli superiori e i collicoli inferiori allo scopo di
separare il diencefalo dagli input sensoriali ascendenti. Questo preparato chirurgico noto come
preparazione cerveau isol.
Bremer trov che lEEG del cervello isolato nel gatto indicava la presenza quasi continua di sonno a
onde lente. Solo quando venivano somministrati forti stimoli visivi o olfattivi (il cerveau isol mantiene
intatte le afferenze visive e olfattive) vi era una trasformazione della continua attivit ad alta
ampiezza e onde lente in EEG desincronizzato, ma questa attivazione durava solo poco oltre la
somministrazione dello stimolo. La teoria di Bremer nota come teoria passiva del sonno perch non
postula alcun meccanismo di regolazione attiva; in essa il sonno visto come una conseguenza
passiva della riduzione delle afferenze sensoriali al diencefalo.
1) LA TEORIA DEL SISTEMA RETICOLARE ATTIVANTE.
La teoria della regolazione attiva del sonno per mezzo di meccanismi di attivazione presenti nella
sostanza reticolare. Lipotetico meccanismo di regolazione era localizzato nella sostanza reticolare
attivante. Tre scoperte contribuirono alla legittimazione della teoria:
- la prima scoperta venne dallo studio della preparazione encephale isol, una preparazione in
cui il cervello disconnesso dal resto del sistema nervoso per mezzo di una sezione passante
per la porzione caudale del tronco cerebrale. Questa preparazione non comprometteva i
normali cicli sonno-veglia e ci suggeriva che il meccanismo in grado di mantenere la veglia
era localizzato in una porzione compresa tra le due sezioni.
- La seconda scoperta fu che la sezione parziale a livello del cerveau isol alterava il normale
ciclo sonno-veglia dellEEG solo quando il taglio interessava il sistema reticolare al centro del
tronco.
- La terza scoperta fu che la stimolazione elettrica della formazione reticolare di gatti che
dormivano li svegliava e produceva un lungo periodo di desincronizzazione dellEEG.
2) TRE IMPORTANTI SCOPERTE SULLE BASI NEURALI DEL SONNO.
Il filone di ricerca stimolato dalla teoria del sistema reticolare port a diverse scoperte:
1. il sonno non uno stato di quiescenza neurale. Gli studi sulle registrazioni di singole unit
hanno dimostrato che cos. Molti neuroni cerebrali sono meno attivi durante il sonno a onde
lente rispetto alla veglia rilassata, ma la riduzione nei ritmi di scarica raramente supera il 10%.
2. nel cervello esistono circuiti che promuovono il sonno. I risultati ottenuti da alcuni esperimenti
suggeriscono che il sonno non sia semplicemente la conseguenza passiva di bassi livelli di
attivit in strutture che promuovono la veglia.
3. i diversi correlati del sonno sono dissociabili. La maggior parte delle teorie trattavano il sonno
REM e quello a onde lente come se fossero ununica entit. Tuttavia, stato dimostrato che
alcuni dei cambiamenti fisiologici che nel loro insieme definiscono il sonno REM si possono
talvolta separare dagli altri.
3) STRUTTURE CEREBRALI IMPLICATE NEL SONNO E NEL SOGNARE.
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Molte aree del cervello sono implicate nel sonno e tra queste le pi importanti sono:
- I nuclei del rafe: un gruppo di nuclei serotoninergici che si trovano in una sottile striscia della
formazione reticolare caudale. Lesioni che distruggono i nuclei del rafe producono uninsonnia
completa per 3 o 4 giorni seguita da un recupero parziale di sonno tutto a onde lente. Ulteriore
sostegno a questa teoria deriva dallosservazione che una singola iniezione di
paraclorfenilanalina (PCPA) una sostanza che blocca temporaneamente la sintesi di
serotonina produce uninsonnia temporanea nei gatti.
- La regione basale del diencefalo: regioni situata davanti allipotalamo. Lesioni bilaterali di
questa regione nel gatto producono una sostanziale riduzione della quantit di sonno
giornaliero che raggiunge il massimo a due settimane di distanza dalla lesione, seguita da un
certo grado di recupero.
- Circuiti del sonno REM nella formazione reticolare caudale: il sonno REM sembra essere
controllato da una variet di aree sparse nella formazione reticolare caudale. Ciascuna di
queste aree responsabile del controllo di uno dei principali indici del sonno REM un sito per
il controllo del tono della muscolatura, un sito di controllo dei movimenti oculari rapidi.
Neuroni localizzati in due aree della formazione reticolare caudale sembrano avere un ruolo inibitorio
del sonno REM: i neuroni noradrenergici del locus coerulus e i neuroni serotoninergici dei nuclei dorsali
del rafe. I neuroni di entrambe queste aree sonno attivi durante il sonno a onde lente, ma sono quasi
silenti durante il sonno REM.
Per riassumere: i cicli del sonno REM sono controllati da interazioni fra circuiti nervosi
localizzati nella porzione caudale della sostanza reticolare.
MECCANISMI NEURALI DELLOROLOGIO CIRCADIANO.
1) LOCALIZZAZIONE DELLOROLOGIO CIRCADIANO NEI NUCLEI SOPRACHIASMATICI.
Nei primi anni 70 i nuclei soprachiasmatici (NSC) furono identificati come le strutture dellipotalamo
mediale specifiche per il controllo dei cicli circadiani della secrezione degli ormoni surrenalici.
Ancora non chiaro come i circuiti nervosi del NSC siano in grado di generare precisi segnali
circadiani. Tuttavia si pensa che questa capacit debba risultare dallinterazione fra neuroni.
2) MECCANISMI DI DESINCRONIZZAZIONE.
Si cercato di identificare gli specifici neuroni che dallocchio inviano le informazioni sulla luce e sul
buio che sincronizzano lorologio biologico. La recisione dei nervi ottici prima che essi raggiungano il
chiasma ottico elimina la capacit del ciclo luce-buio di trascinare i ritmi circadiani.
FARMACI IPNOTICI E ANTIPNOTICI.
La maggior parte dei farmaci in grado di influenzare il sonno possono essere classificati in due
categorie:
- ipnotici: farmaci in grado di aumentare il sonno;
- antipnotici: farmaci in grado di ridurre il sonno.
1) FARMACI IPNOTICI.
Le benzodiazepine sono state sviluppate e testate per il trattamento dellansia, ma sono i farmaci pi
comunemente prescritti come ipnotici.
Nonostante le benzodiazepine possano essere terapeuticamente efficaci a breve termine, la loro
prescrizione per il trattamento cronico dei problemi del sonno non consigliata.
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Il dato che i nuclei del rafe hanno un ruolo nei meccanismi del sonno ha suggerito che i farmaci
serotoninergici potevano essere efficaci come farmaci ipnotici. Gli sforzi per dimostrare gli effetti
ipnotici di questi farmaci si sono concentrati sul 5-idrossitriptofano (5-HTP) poich in grado di
passare la barriera ematoencefalica.
2) FARMACI ANTIPNOTICI.
Vi sono due classi principali di farmaci antipnotici: stimolanti (cocaina e anfetamina) e antidepressivi
triciclici. Entrambi aumentano lattivit delle catecolamine (noradrenalina, adrenalina, dopamina)
aumentandone la secrezione.
Dal punto di vista del trattamento dei disturbi del sonno la propriet pi importante di questi farmaci
la loro azione preferenziale sul sonno REM. Questi farmaci possono sopprimere completamente il
sonno REM anche a dosi che hanno un effetto minimo sulla durata totale del sonno.
3) I FATTORI ENDOGENI DEL SONNO.
Sono i fattori chimici che avrebbero funzione ipnoinducente; uno di questi il peptide che induce il
sonno delta (DSIP).
Nonostante sia stato dimostrato in pi esperimenti che il DSIP favorisce il sonno il suo ruolo
nellinduzione del sonno non ancora completamente accettato per due ragioni. Una che la
dimostrazione degli effetti facilitanti non sistematica n congruente. Laltra che il DSIP produce
una variet di effetti fisiologici (ipertermia) che sollevano la possibilit che linduzione del sonno da
parte del DSIP sia dovuta a un effetto secondario.
DISTURBI DEL SONNO.
Possono essere classificati secondo due categorie complementari:
-
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Le modificazioni del corpo cellulare sono sia di natura degenerativa che rigenerativa. Le variazioni
degenerative precoci (riduzione di volume) suggeriscono che il neurone andr incontro a morte
cellulare alla fine del processo.
Le variazioni rigenerative precoci (aumento di volume) indicano che il corpo della cellula sta
sintetizzando proteine in modo massiccio, che verranno utilizzate per sostituire lassone degenerato.
Queste non garantiscono la sopravvivenza a lungo termine del neurone; se lassone in via di
rigenerazione non riuscir a prendere contatto sinaptici, il neurone probabilmente morir.
Dopo una lesione del SNC lastroglia assorbe la maggior parte dei detriti formatisi. Questazione
chiamata fagocitosi.
Nel SNP la fagocitosi delle cellule neuronali morte viene svolta per la maggior parte dalle cellule di
Schwann che compongono la guaina mielinica degli assoni degenerati.
Esistono pi tipi di degenerazione:
- degenerazione transneuronale: si estende dai neuroni danneggiati ai neuroni che sono connessi
sinapticamente a questi ultimi;
- degenerazione transneuronale anterograda: intacca i neuroni sui quali le cellule danneggiate
fanno sinapsi;
- degenerazione transneuronale retrograda: si estende dai neuroni danneggiati a quelli che fanno
sinapsi su di essi.
LA RIGENERAZIONE NEURONALE.
la ricrescita di neuroni danneggiati.
Nel SNC dei mammiferi adulti la rigenerazione praticamente inesistente e la rigenerazione del SNP
quasi casuale.
Nel SNP dei mammiferi la ricrescita della porzione prossimale di un nervo danneggiato comincia 2 o 3
giorni dopo la lesione. Ci che si verifica in seguito dipende dalla natura della ferita; esistono tre
possibilit:
- se le cellule di Schwann della guaina mielinica originale rimangono intatte, gli assoni in
ricrescita riprenderanno il loro percorso originale attraverso di esse verso i loro obbiettivi, a un
ritmo di pochi mm al giorno.
- Se il nervo periferico reciso e le due appendici terminali rimangono separate di qualche mm,
allora gli apici dellassone in rigenerazione avranno la tendenza a crescere verso delle guaine
diverse e verranno dirette da queste ultime nella direzione sbagliata (ragione per cui difficile
recuperare luso di un arto offeso da una lesione di un nervo).
- Se le due appendici terminali di un nervo periferico tagliato rimangono molto distanziate allora
non si verifica alcuna rigenerazione significativa.
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Diversamente dalla rigenerazione neuronale dei mammiferi, quella dei vertebrati inferiori
estremamente accurata sia nel SNC che in quello periferico.
SPROUTING COLLATERALE: quando un assone degenera si verifica una crescita delle branche assonali
dei neuroni adiacenti che si dirigono a prendere contatto sinaptico nelle zone lasciate scoperte
dallassone degenerato. I nuovi apici in accrescimento possono originare dalle branche terminali
dellassone o dai nodi di Ranvier dei neuroni adiacenti.
Sembra che lo sprouting sia innescato da un fattore che rilasciato dal tessuto dellobbiettivo
denervato.
LA RIORGANIZZAZIONE NEURONALE.
Per lungo tempo si ritenuto che la plasticit del SN dei mammiferi adulti fosse limitata alle
complesse modificazioni funzionali che mediano lapprendimento.
Per esempio, scoprirono che la deprivazione monoculare influenza lo sviluppo delle colonne di
dominanza oculare nella corteccia visiva a condizione che si verifichi nelle prime settimane di vita e ne
conclusero che lesperienza visiva, in questo periodo, pone la parola fine allorganizzazione della
corteccia visiva primaria, che da quel momento permane immutabile.
La maggioranza degli studi sulla riorganizzazione neuronale in et adulta si concentrata sulla
capacit dei sistemi sensoriali e motori dellindividuo adulto di riorganizzarsi in risposta ad una lesione
o allesperienza. Le cortecce primarie motorie e sensoriale sono candidati ideali per lo studio della
riorganizzazione neuronale, in quanto organizzate in modo topografico.
Corteccia sensoriale primaria: la sua riorganizzazione stata ottenuta in tre modi diversi:
Danneggiamento delle vie sensoriali: leffetto provocato da una piccola lesione operata sulla
retina rimuovendo laltra che mesi dopo i neuroni della corteccia visiva primaria mostrano
campi recettivi nellarea della retina adiacente alla lesione. La scala della riorganizzazione
era largamente superiore a quanto non si sarebbe mai potuto immaginare: larea della
faccia della corteccia somatosensoriale primaria aveva esteso i suoi confini di ben oltre un
centimetro.
Danneggiamento della corteccia sensoriale: si rimosse larea della corteccia
somatosensoriale della scimmia che veniva attivata da una stimolazione tattile del palmo
della mano controlaterale. Settimane pi tardi i neuroni adiacenti alla lesione rispondevano
alla stimolazione tattile del palmo.
Distorsione dellesperienza sensoriale: furono istruite alcune scimmie a rilevare, con il loro
dito medio, delle differenze nella frequenza di stimoli vibratori; dopo settimane larea della
corteccia somatosensoriale primaria che riceveva afferenze da quello stesso dito si era
espansa.
Corteccia motoria primaria: la sua riorganizzazione stata osservata in seguito ad un danno
dei motoneuroni. Si sezionarono nel ratto i motoneuroni che controllano i muscoli delle loro
vibrisse. Settimane pi tardi la stimolazione dellarea della corteccia motoria che,
precedentemente elicitava i movimenti delle vibrisse ora attivava i muscoli della faccia.
Funzioni e Meccanismi della Riorganizzazione Neuronale: alcuni studi recenti sulla
riorganizzazione neuronale in mammiferi adulti hanno stabilito due punti importanti:
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primaria delle variazioni rapide sarebbe quella di rendere il cervello sensibile alla
variazioni dovute allesperienza.
Sono stati proposti due meccanismi per spiegare la riorganizzazione: un rafforzamento di connessioni
esistenti, attraverso la liberazione dellinibizione, e la formazione di nuove connessioni attraverso lo
sprouting collaterale.
Riorganizzazione neuronale e recupero di una funzione dopo un danno cerebrale: il ruolo della
riorganizzazione neuronale nel recupero di una funzione controverso. Sembra probabile che
la riorg. contribuisca al recupero dopo un danno cerebrale ma, fino ad ora, lunica evidenza a
sostegno di questa ipotesi stata indiretta. Vi sono poche conoscenze riguardo al recupero
dopo un danno cerebrale; il problema che le lesioni cerebrali producono una tale variet di
modificazioni che qualcuna di queste pu facilmente essere scambiata con il recupero di una
funzione. Vi sono comunque tre conclusioni diverse:
1) il recupero di una funzione meno comune e meno completo di quanto non creda la maggior
parte della gente;
2) una lesione di ridotte dimensioni ha maggiori probabilit di una di dimensioni maggiori di
essere associata a un recupero funzionale;
3) la probabilit di recupero maggiore in pazienti giovani rispetto a pazienti anziani.
IL TRAPIANTO NEURONALE NEL CERVELLO.
La prima dimostrazione definitiva della sopravvivenza del tessuto neuronale trapiantato in un cervello
ospite stata pubblicata da Das e Altman: questi autori hanno marcato con materiale radioattivo la
timina e lhanno iniettata nel cervello di ratti di 7 giorni di vita in modo che venisse incorporata nel
DNA dei loro neuroni. In seguito, hanno espiantato delle piccole porzioni del cervelletto marcato dai
ratti donatori e lhanno trapiantato nel cervelletto di ratti ospiti della stessa et. Dopo due settimane
lesame autoradiografico delle sezioni prelevate del cervelletto dei soggetti ospiti indicava che molti dei
neuroni trapiantati erano sopravvissuti.
Il rigetto di materiale trapiantato del SNC proveniente da conspecifici raro.
Le zone migliori per il trapianto neuronale sono quelle che sono riccamente vascolarizzate e che hanno
un sufficiente spazio di crescita; una porzione di tessuto pu essere impiantata in una parete di un
ventricolo, in una cavit che viene creata chirurgicamente o ridotta a un gruppo di cellule singole e
iniettata nel cervello ospite.
Se viene impiantato del tessuto cerebrale fetale nella zona corrispondente alla sua posizione normale,
questo sembra svilupparsi normalmente. Se il tessuto fetale di un sito cerebrale viene impiantato in
un altro sito il tessuto embrionale trapiantato si sviluppa come avrebbe fatto se fosse stato lasciato nel
donatore o il suo sviluppo viene determinato dal nuovo sito in cui stato impiantato: questo dipende
dalla relazione tra il tessuto impiantato e il sito in cui stato impiantato.
Le fibre neuronali del SN dellospite crescono nellimpianto neuronale e se limpianto viene posto nello
stesso sito che occupava nel donatore sembra che venga innervato secondo un pattern abbastanza
normale.
Lobbiettivo finale della maggior parte delle ricerche sul trapianto del SNC lo sviluppo di tecniche
innovative per il trattamento dei disordini del SNC. Esistono oggi due strategie differenti: una consiste
nel trapianto di tessuto che aiuti il funzionamento del tessuto danneggiato del paziente stimolando la
rigenerazione, laltra consiste nel trapianto di cellule che verranno integrate nel SNC ricevente per
sostituire il tessuto danneggiato.
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ESPERIMENTO di Balaban, Teillet e Le Douarin: rimossero dai tubi neuronali di feti di pollo, il
segmento che si sarebbe sviluppato nel mesencefalo e nel diencefalo, e lo sostituirono con tessuto
proveniente dal segmento corrispondente del tubo neuronale di quaglia del Giappone.
Pochi giorni dopo la nascita dei polli Balaban e coll. svolsero unanalisi spettrografica dei suoni emessi
dai polli. Tutti i polli emettevano suoni anormali e la maggioranza produceva suoni che erano
indubbiamente analoghi a quelli emessi dalla quaglia del Giappone. Il trapianto di segmenti diversi del
tubo neuronale non aveva questi effetti. Con questo esperimento il trasferimento trans-specifico del
comportamento attraverso il trapianto neuronale ha abbandonato il regno della fantasia. Le possibilit
aperte da questa procedura suscitano grande immaginazione.
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La falsa rabbia. Bard defin falsa rabbia una risposta aggressiva esagerata e generalizzata.
Pu essere evocata in gatti nei quali sono stati asportati gli emisferi cerebrali, fino allipotalamo
escluso. Bard concluse che lipotalamo la struttura cruciale per lespressione delle risposte
aggressive e che il ruolo della corteccia consiste nellinibire e nel dirigere appropriatamente queste
risposte.
Il sistema limbico. Papez sugger che lespressione emotiva controllata dal sistema limbico che
un insieme di nuclei e di fibre poste al confine con il talamo (alcune di queste strutture sono
lamigdala, lippocampo o lipotalamo).
Papez riteneva che gli stati emozionali venissero espressi attraverso lazione esercitata dalle altre
strutture limbiche sullipotalamo e che venissero esperiti grazie allazione esercitata dalle strutture
limbiche sulla corteccia.
La sindrome di Kluver-Bucy. In alcune scimmie lasportazione dei lobi temporali anteriori, causava
la presenza di una sindrome sorprendente; la sindrome si compone dei seguenti sintomi:
ingestione di ogni cosa, accresciuta attivit sessuale verso oggetti non appropriati, assenza di
paura.
Nei primati la maggioranza dei sintomi della sindrome di Kluver-Bucy sembra essere conseguente
ad una lesione dellamigdala.
2) LE EMOZIONI E IL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO.
La ricerca sul ruolo del sistema nervoso autonomo (SNA) nellemozione si concentrata su due
aspetti:
- Specificit emotiva del SNA: le teorie di James-Lange e di Cannon-Bard differivano tra loro rispetto
al modo in cui veniva concepita la specificit emozionale del SNA. La teoria di J-L sostiene che stimoli
emotigeni diversi indicano diversi pattern di attivit del SNA e che questi, a loro volta, producano
diverse esperienze emotive. Al contrario la teoria di C-B sostiene che tutti gli stimoli emotigeni
producono lo stesso pattern generale di attivazione simpatica, la quale prepara lorganismo allazione.
Le prove sperimentali suggeriscono che le specificit delle reazioni del SNA si situino tra gli estremi
della specificit totale e della generalit totale.
- Poligrafia: un metodo che utilizza degli indici emotivi del SNA per inferire la sincerit della risposta
di un soggetto sottoposto a interrogatorio. Il test del poligrafo non infallibile, ma esso rimane ancora
oggi applicato alla procedura del falso crimine.
Il metodo investigativo classico consiste nella tecnica della domanda di controllo. In questa tecnica
viene confrontata la risposta fisiologica alla domanda cruciale. Lassunzione alla base di questa tecnica
che la menzogna sar associata ad una maggiore attivazione simpatica.
La poligrafia rileva le emozioni, non la verit. Per questo stata sviluppata la tecnica per la
conoscenza della colpevolezza in cui lesaminatore deve conoscere uninformazione che riguarda il
crimine che dovrebbe essere nota solo a chi lha commesso.
3) EMOZIONI ED ESPRESSIONE FACCIALE.
- Universalit delle espressioni facciali. Per lungo tempo si ritenuto che le espressioni facciali
venissero apprese e variassero da cultura a cultura. A favore della concezione darwiniana
delluniversalit delle espressioni facciali, non negano la possibilit che esistano delle lievi differenze
dovute alla cultura.
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- Le espressioni facciali primarie. Le espressioni facciali corrispondenti alle sei emozioni seguenti sono
da considerarsi primarie: sorpresa, rabbia, tristezza, disgusto, paura e gioia. Le altre espressioni
facciali sono composte da una combinazione delle sei espressioni primarie.
- Il feedback facciale. Esiste una qualche base a fondamento della vecchia idea secondo la quale
atteggiarsi a persona felice pu far star meglio. Lipotesi che le nostre espressioni facciali influenzino
la nostra esperienza emozionale viene chiamata ipotesi del feedback facciale.
- Controllo volontario dellespressione facciale. Poich possibile esercitare un controllo volontario sui
muscoli facciali, anche possibile inibire espressioni facciali genuine e sostituirle con espressioni false.
Esistono due modi per distinguere le espressioni autentiche da quelle fasulle. Primo, spesso accade
che microespressioni dellemozione reale facciano irruzione nellespressione falsa. Tali
microespressioni perdurano solo 0,05 secondi.
Secondo ci sono spesso sottili differenze tra unespressione facciale autentica e una simulata,
differenze che possono essere individuate da un osservatore esperto.
La differenza tra unespressione facciale autentica e una falsa fu trovata da Duchenne che esamin i
due muscoli facciali che vengono contratti durante il sorriso autentico: lorbicularis oculi, che circonda
locchio ed esercita una trazione della pelle dalle guance e dalla fronte verso il bulbo oculare, e lo
zigomatico principale, che solleva gli angoli della bocca. Lorbicularis oculi viene di solito contratto
solamente da una gioia autentica.
4) GLI EFFETTI DI UN DANNO CORTICALE SULLEMOZIONE NELLUOMO.
Le lesioni dellemisfero destro tendono a disturbare la percezione delle espressioni facciali e della
prosodia pi di quanto non facciano le lesioni dellemisfero sinistro. Ci non significa che lemisfero
sinistro non svolga alcun ruolo.
stato dimostrato che le lesioni corticali temporali e frontali destre danneggiano la percezione delle
espressioni facciali, ma gli stessi disturbi sono presenti a seguito di lesioni frontali sinistre.
La maggioranza degli studi non ha rilevato alcuna dominanza.
La possibilit che una lesione destra danneggi lespressione emozionale maggiormente di una lesione
sinistra dipende dalla localizzazione emisferica della lesione nonch dal tipo di misura impiegata per
valutare lespressione emozionale.
Non stata provata alcuna prova di una lateralizzazione dellespressione facciale mentre esistono
delle differenze per la localizzazione: le lesioni dei lobi frontali rispetto a quelle dei lobi temporali o
parietali, riducevano in modo significativo il numero di espressioni facciali spontanee,
indipendentemente dallemisfero coinvolto.
PAURA, DIFESA E AGGRESSIVITA.
La paura una reazione emotiva alla minaccia; costituisce la forza motivazionale per i comportamenti
difensivi. I comportamenti difensivi sono quelli la cui funzione primaria quella di proteggere
lorganismo dalla minaccia o dal dolore; al contrario i comportamenti aggressivi sono quelli la cui
funzione primaria consiste nel minacciare o nel procurare un danno.
1) TIPOLOGIE DEI COMPORTAMENTI AGGRESSIVI E DIFENSIVI.
Grazie alla ricerca etosperimentale la ricerca che si occupa della descrizione sistematica delle
sequenze di comportamenti, osservate in situazioni di laboratorio controllate che sono state
strutturate in modo da simulare gli aspetti cruciali nellambiente naturale dei soggetti sono stati
compiuti progressi notevoli nella comprensione dei comportamenti aggressivi e difensivi.
La ricerca di Blanchard sul modello di aggressivit e difesa allinterno di una colonia costituisce un
esempio eccellente di ricerca etosperimentale sui ratti. Blanchard raccolse ricche descrizioni dei
comportamenti intraspecifici aggressivi e difensivi nel ratto, studiando le interazioni tra il maschio alfa
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il maschio dominante e un piccolo maschio intruso in una colonia ben strutturata composta da
ambo i sessi.
I comportamenti di aggressione e difesa dei ratti sono stati suddivisi in due categorie sulla base di tre
diversi criteri: 1) la loro topologia, 2) le situazioni che li evocano, 3) la loro funzione apparente.
Lanalisi dei comportamenti di attacco e difesa ha portato allo sviluppo del concetto della zona
dellobbiettivo lidea che i comportamenti aggressivi e difensivi di un animale siano spesso pianificati
per attaccare zone specifiche del corpo di un altro animale proteggendo, contemporaneamente,
specifiche parti del proprio corpo.
Il primo passo, necessario per lidentificazione delle basi neuronali dei comportamenti di attacco e
difesa stata la scoperta che questi ultimi si manifestano in una variet di forme stereotipe, comuni a
molte specie.
2) AGGRESSIVITA E TESTOSTERONE.
Il fatto che laggressivit sociale, in molte specie, sia pi comune fra i maschi rispetto alle femmine
viene considerato di solito facendo riferimento agli effetti di organizzazione e di attivazione a carico
del testosterone.
I tentativi di dimostrare gli effetti organizzativi e attivazionali del testosterone sul comportamento
aggressivo degli esseri umani sono stati tutti vani. Per esempio, in soggetti umani maschi, il
comportamento aggressivo non aumenta durante la pubert parallelamente allaumento dei livelli di
testosterone.
Il fatto che laggressivit umana sia indipendente dal testosterone potrebbe significare che la sua
regolazione ormonale e neuronale diversa da quella delle specie dei mammiferi non appartenenti ai
primati.
Di conseguenza, la mancanza di correlazioni positive tra il comportamento aggressivo umano e i livelli
di testosterone in accordo con la mancanza di correlazioni positive tra lattacco difensivo e il livello di
testosterone dimostrata in altre specie.
3) I MECCANISMI NEURONALI DELLA PAURA CONDIZIONATA.
I tentativi di identificare i meccanismi neuronali della paura si sono concentrati sullo studio della paura
condizionata.
Producendo una lesione bilaterale del nucleo genicolato mediale (il nucleo di rel uditivo del talamo) si
impedisce linstaurarsi della paura condizionata, mentre una lesione bilaterale della corteccia uditiva
non produce lo stesso effetto. Ci significa che affinch si instauri la paura condizionata necessario
che i seganli prodotti dallo stimolo uditivo raggiungano il nucleo genicolato mediale, ma non
necessario che giungano alla corteccia. Ci significa che esiste una via che svolge un ruolo chiave nella
paura condizionata. Questa via quella che decorre dal nucleo genicolato mediale allamigdala. Le
lesioni allamigdala come quelle del nucleo genicolato mediale, impediscono linstaurarsi della paura
condizionata.
Esistono diverse vie neuronali che conducono i segnali dallamigdala alle strutture che controllano le
varie risposte emotive. Per esempio, una via diretta al grigio periacqueduttale del mesencefalo evoca
le risposte difensive appropriate, mentre unaltra via diretta allipotalamo laterale evoca le risposte
appropriate del sistema nervoso simpatico.
Il fatto che le lesioni della corteccia uditiva non impediscano il condizionamento della paura a suoni
semplici non significa che la corteccia uditiva non sia implicata in questo fenomeno. Esistono due vie
che partono dal nucleo genicolato mediale per raggiungere lamigdala: una via diretta e una indiretta
che la raggiunge attraverso la corteccia uditiva.
Lestinzione della paura condizionata un fenomeno di rilevanza clinica fondamentale, in quanto si
ritiene che un eccessivo condizionamento della paura contribuisca a molti disturbi psicologici (fobia,
panico, stress post-traumatico).
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Nei primi anni 50 fu scoperto il primo farmaco antischizofrenico, la clorpromazina, sintetizzata come
antistaminico.
I pazienti schizofrenici agitati si calmavano con la clorpromazina, mentre quelli con appiattimento
emotivo ne risultavano attivati. La clorpromazina non cura la schizofrenia, ma in molti casi ne riduce
la gravit dei sintomi.
Un altro farmaco poi usato fu la resurpina, non pi utilizzata perch provoca un pericoloso
abbassamento della pressione sanguigna.
Leffetto antischizofrenico di entrambi i farmaci diviene manifesto solo dopo che il paziente stato
sottoposto a trattamento per 2 o 3 settimane. Secondo, linstaurarsi delleffetto antischizofrenico del
trattamento si associa alla comparsa di effetti motori simili ai sintomi del morbo di Parkinson.
3) LA TEORIA DOPAMINERGICA DELLA SCHIZOFRENIA.
Il passo successivo pi importante, compiuto nello studio della schizofrenia deriva dalla ricerca sul
morbo di Parkinson. stato dimostrato che lo striato (il nucleo caudato e il putamen in associazione)
di individui che erano deceduti affetti dal morbo di Parkinson risultava impoverito di dopamina. Questo
dato sugger che il Parkinson poteva essere causato da una distruzione della trasmissione
dopaminergica.
Da qui nacque la teoria dopaminergica della schizofrenia la teoria secondo cui la schizofrenia
causata da un eccesso di dopamina e, per converso, i farmaci antischizofrenici esercitano i loro effetti
diminuendo i livelli di dopamina.
Due fatti si mostrarono a favore della teoria:
- era nota lazione distruttiva della reserpina;
- era gi stato dimostrato che alcune sostanze come lanfetamina e la cocaina, aumentano il
livello extracellulare di dopamina e di altre monoammine nel cervello.
Furono, poi, condotti altri esperimenti per verificare che anche la clorpromazina, come la reserpina,
impoverisse il cervello del suo contenuto di dopamina; ma questo risultato non fu ottenuto.
Sia la clorpromazina che la reserpina sono antagonisti della trasmissione sinaptica dopaminergica ma
agiscono secondo due meccanismi diversi: la reserpina diminuendo la quantit di dopamina cerebrale
e la clorpromazina legandosi ai recettori della dopamina.
Quindi stato ipotizzato che la clorpromazina agisca come un falso trasmettitore (un bloccante dei
recettori).
Alcuni anni dopo vi fu unimportante revisione dopaminergica della schizofrenia: il fattore principale
nella schizofrenia sembra essere un alto livello di attivit a carico dei recettori della dopamina.
Altra importante revisione della teoria fu il fatto di affermare che la schizofrenia sia causata
dalliperattivit selettiva dei recettori di tipo D2, piuttosto che dei recettori dopaminergici in generale.
Primi
Vengono documentati gli effetti antischizofrenici della clorpromazina e della reserpina e
anni 50 vengono messi in relazione ai loro effetti collaterali di tipo parkinsoniano.
Fine anni Viene documentato un impoverimento del contenuto di dopamina nel cervello di pazienti,
50
deceduti da poco, affetti dal morbo di Parkinson.
Primi
Viene ipotizzato che la schizofrenia sia associata ad uniperattivit delle sinapsi
anni 60 dopaminergiche.
Anni 60- Si dimostra che la clorpromazina e altri neurolettici clinicamente efficaci agiscono come
70
falsi trasmettitori nelle sinapsi dopaminergiche.
Met
Viene dimostrato che laffinit dei neurolettici per i recettori della dopamina solo
anni 70 scarsamente correlata alla potenza del loro effetto antischizofrenico.
Fine anni La capacit dei farmaci antischizofrenici esistenti di legarsi ai recettori D2 risulta
70
altamente correlata alla loro potenza terapeutica.
4) LA RICERCA ODIERNA SULLE BASI NEURONALI DELLA SCHIZOFRENIA.
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Molte persone che soffrono di depressione clinica vanno incontro anche a periodi di mania.
Spesso, la depressione viene suddivisa in due categorie:
- la depressione reattiva che viene scatenata da unesperienza negativa;
- la depressione endogena che non lo .
Non tutti i pazienti depressi esperiscono dei periodi di mania e quelli cui non capita sono affetti da un
disturbo affettivo unipolare; quelli che esperiscono i periodi di mania soffrono di un disturbo affettivo
bipolare.
1) FATTORI CAUSALI DEI DISTURBI AFFETTIVI.
I fattori genetici contribuiscono a differenziare gli individui rispetto allo sviluppo di un disturbo
affettivo.
Alcuni autori hanno proposto che la diminuzione del livello di alcuni neurotrasmettitori (es. dopamina,
serotonina, noradrenalina) associata allo stress pu rendere un individuo maggiormente sensibile allo
stress successivo e perci meno capace di farvi fronte.
Questi autori vedono nellincapacit di reagire adeguatamente allo stress uno dei fattori principali della
predisposizione alla depressione.
2) LA SCOPERTA DEI FARMACI ANTIDEPRESSIVI.
Sono state sviluppate 4 categorie di farmaci per il trattamento dei disturbi affettivi:
- gli inibitori delle monoamminossidasi: liproniazide unagonista delle monoammine che ne
aumenta il livello inibendo lattivit della monoamminossidasi (MAO), lenzima che decompone i
neurotrasmettitore monoamminergici nel citoplasma del neurone;
- gli antidepressivi triciclici: limipramina blocca il riassorbimento della serotonina e della
noradrenalina, aumentandone in questo modo il livello cerebrale. unalternativa pi sicura
agli inibitori della MAO;
- il litio: la scoperta della sua propriet di bloccare la mania; provoca per una nausea
fortissima. Oggigiorno il litio costituisce il trattamento elettivo dei disturbi affettivi bipolari, ma
gli effetti sul cervello sono del tutto ignoti;
- gli inibitori selettivi del riassorbimento: la fluoxetina (Prozac) un discendente degli
antidepressivi triciclici che blocca selettivamente il riassorbimento della serotonina, invece di
bloccare il riassorbimento sia della serotonina che della noradrenalina.
3) I MECCANISMI NEURONALI DELLA DEPRESSIONE.
Teoria monoamminergica: sia gli inibitori delle monoamminossidasi sia gli antidepressivi triciclici e gli
inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina bloccano il riassorbimento delle monoammine, in
particolare della serotonina e della noradrenalina. La teoria prevede che la depressione sia associata
ad un basso livello si attivit delle sinapsi serotoninergiche e noradrenergiche.
Quattro problemi di questa teoria:
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