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N.

FANHS
Rivista di cultura e religiosit pagana

LE DEE E LE
ACQUE

SERAPIDE ISIDE IN APULEIO

I CELTI E
LASTRONOMIA

FANUM APOLLINIS INNO AD ISIDE UNA PREGHIERA A ZEUS I SERAPEIA

THE LINDOW MAN AQUAE SULIS CARMINA GAELICA NAVAGRAHAS CASTA DIVA O MOON!
.

FRAMMENTI ORFICI

Personaggio del mese:


GIULIANO IMPERATORE

LE RELIGIONI
DEI MISTERI

Rivista elettronica mensile Phanes, num. 0, Luglio 2011, Roma. Tutti i diritti riservati al sito www.phanes.jimdo.it, Roma 15 Luglio 2011.

Phanes n.0

PHANES
rivista di cultura e religiosit pagana

rivista mensile elettronica

Redazione:

Caporedattore

Jonathan Righi. [J.R.]


Redattore

Lorenzo Abbate. [L.A.]

Recapiti www.phanes.jimdo.com redazione.phanes@hotmail.it

Tutti i diritti sono riservati agli autori dei singoli contributi ed al sito www.phanes.jimdo.com. Ogni violazione del copyright e dei diritti di riproduzione saranno perseguiti a norma di legge. La riproduzione vietata, anche se parziale, se non previo accordo con il sito, che si occuper di contattare gli aventi diritto.

Roma 15. Luglio 2011.

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Dopo giorni, settimane, ore, incontri, pianificazioni, finalmente il nostro progetto prende la sua forma finale: tutto nacque gli ultimi giorni di Maggio, durante una passeggiata lungo Via Nomentana, a Roma. Lidea che si deline chiara fin da subito che si sarebbe dovuto gettare un ponte, di rado presente, fra spiritualit e seriet nozionistica. Nella vastit del panorama pagano italiano, ci siamo trovati spesso davanti ad altri esempi di divulgazione, fortemente mancanti del giusto background che potesse giustificare contenuti e scelte editoriali. Questa rivista nasce con lobiettivo di chiarire le pi svariate tematiche inerenti ai vari percorsi spirituali definiti pagani, affiancando unopera di ricerca letteraria e storica, a nostro parere imprescindibile per coloro che desiderano riscoprire realmente le radici degli Antichi Culti. Proprio in questo senso si muove la struttura degli articoli, fornendo delle bibliografie esaustive, rimanendo coerenti a metodi di citazione scientificamente validi, e puntando sulla condivisione e la collaborazione con i lettori. Per la perfetta riuscita di questo progetto, abbiamo pesato ad una distribuzione elettronica, pur rimanendo nellobiettivo di alimentare laspetto cartaceo; www.phanes.jimdo.com appunto il sito che funge da base principale per la rivista. Ogni numero di questa rivista mensile, sar disponibile al download, e sar affiancato da aggiornamenti ed approfondimenti reperibili sulla suddetta piattaforma web; questa soluzione permetter il totale svolgimento di ogni tematica, senza dover rimanere vincolati alle esigenze spaziali dellimpaginazione. Phanes, la protogena divinit della cosmogonia orfica, ci ha ispirato e guidato nella compilazione e nella determinazione per la riuscita di ogni articolo; le vibrazioni del primigenio creatore nato dalluovo cosmico, predecessore di ogni genealogia e stirpe, sono le energie dalle quali cerchiamo di trarre lo spirito con il quale affrontare questo progetto. Proprio in virt di queste considerazioni, abbiamo dato alla rivista, il nome di questo meraviglioso principio divino. Apparir subito chiara la divisione degli articoli in quattro sezioni principali: la Sezione Celtica, la Sezione Greco-Romana, la Miscellanea, e lOmnia Altera. Le prime due grandi sezioni, sono state scelte sulla forte inclinazione

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che la Redazione ha per questi due cammini, chi per studio, chi per passione, la comune preparazione pi vicina alla filologia che al misticismo ci ha permesso di eleggere queste culture a rappresentanti principali della rivista. Il passo successivo stato creare la Sezione Miscellanea, per poter includere ogni altra tradizione, ogni altra cosmogonia, o manifestazione filo-pagana sorta nel corso della storia. In ultimo, nella sezione Omnia Altera, abbiamo dato spazio ad articoli che potessero risultare pi pratici ed utili ai fini di una riscoperta anche fisica della spiritualit: quindi libri, reperti archeologici, luoghi inerenti e preghiere. Ogni uscita della rivista sar dedicata ad un personaggio storico, importante a nostro parere, in positivo o in negativo, nella costruzione di un pensiero intellettualmente coerente. Detto questo, ci proponiamo in ultima analisi di poter aprire un dialogo attivo con i lettori, ed anzi, apriamo la possibilit di poter partecipare dinamicamente, proponendoci migliorie, tematiche, o vostri articoli. Rimane chiara la nostra dissociazione da ogni proposito di far divenire questi articoli alla stregua di comizi excathedra, non essendo n professori universitari, n comunque interessati ad una pseudo-apoteosi sociale. Su questi binari si muove il nostro spirito di collaborazione e divulgazione. [J.R.]

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INDICE:

Pagina 1

Giuliano: Il Personaggio del mese Le Dee e le Acque

2 5

I Serapeia

52

Itinerari italiani per il culto di Serapide. Nomi e luoghi delle Dee celtiche dellacqua.
I Celti e lAstronomia 12 The Lindow Man 55

Il sacrifico nel rito.


Frammenti Orfici Le religioni dei misteri Bibliografia generale 25 31 57 59 60

Cos in cielo come in terra.


Serapide 19

Cenni su una divinit dimenticata.


Iside in Apuleio Casta Diva

Il Belcanto della Dea Madre.


Il Fanum Apollinis di Giovanni Pascoli Navagrahas 32 37

Il Cosmo in un Mantra.
Carmina Gadelica 41

Frammenti di unantica tradizione.


La preghiera di un iniziato ad Iside 44

La preghiera di Apuleio.
O Moon! 46

Un amato alla Luna.


Una preghiera a Zeus Aquae Sulis 48 49

Le acque della conciliazione.

Bibliografia

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Phanes n.0 Il Personaggio del Mese:


GIULIANO
L'imperatore della convivenza.

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Individuare e convergere su un unico personaggio al quale dedicare il numero zero di una rivista, operazione non da poco, ma davanti a personaggi come Giuliano, ogni difficolt e trattenimento di una redazione pagan-oriented scema miseramente. Nato a Costantinopoli nel 331 d.C. Giuliano vide la sua vita costellata, sin da giovanissimo, da uccisioni e massacri all'interno del nucleo familiare, tanto da fargli pensare di essere stato salvato da chiss quale forza celeste. Era destinato a regnare, ma altamente temuto dal detentore del potere, Costanzo II, che lo tenne fino al 347 segregato nell'esilio dorato della villa imperiale di Nicomedia, dove ebbe modo di studiare ardentemente la filosofia e la letteratura, lontano dalle tendenze cristiane della corte imperiale, ma pur sempre sottoposto a maestri della nuova fede. Alla fine del 360 si ritrov imperatore. La sua politica religiosa fu orientata verso un ristabilimento di quegli equilibri tra fede pagana e fede cristiana, ormai da cinquanta anni assurta a religione di corte. L'editto del 4 febbraio 362 proclam la libert di culto, non concessa dai predecessori, e negata fortemente dai successori. Le propriet dei collegi sacerdotali e dei templi furono restituite, i templi riaperti, mentre quelli distrutti furono ricostruiti con sussidi statali. Verso i Cristiani si rivel molto tollerante: pur togliendo loro sovvenzioni statali, favor il loro rappacificamento interno, deprecando e perseguitando le scissioni e le eresie. Giuliano tent di fornire alla religione classica, una sistemazione teologica forte come quella dei cristiani, ferrati in retorica e filosofia e con alle loro spalle padri della chiesa agguerriti e ben armati, esponendo egli stesso un piano teologico molto fine: accentrando la religiosit pagana a due figure pricipali, come Cibele ed Helios, Giuliano era certo di poter meglio contrastare la teologia monoteista. Il tentativo di Giuliano ebbe una grande eco: i pagani, che si erano prudentemente ritirati, colla loro spiritualit, nelle cupe latebre delle proprie case, riemersero e sperarono fortemente che l'imperatore potesse ristabilire l'ordine storico e religioso. La popolazione cristiana non subendo danni, non

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proruppe in manifestazioni di ostilit, mentre la popolazione pagana acclam l'imperatore, difensore dei propri diritti di fede, in maniera decisa. L'operato dell'imperatore ebbe seguito anche negli ambienti pi eletti della letteratura e della filosofia: appoggiato fortemente da Libanio, viene descritto in maniera pi che positiva da Ammiano Marcellino, esenti ambedue dalle mistificazioni che sulla sua figura vennero proposte da ambienti cristiani successivi agli anni di regno. Nel pieno 363 Giuliano fu costretto ad affrontare le ostilit persiane, lasciate irrisolte dal suo predecessore: la campagna dapprima risult un successo, ma poi, dopo la battaglia di Manrosa, durante un impovviso attacco persiano, Giuliano, sprovvisto di corazza scese in campo, e cadde colpito da una lancia, confitta nel fegato: mor poche ore dopo, era il 26 giugno 363. I successori di Giuliano rinnegarono tutto il suo operato a favore della pacifica convivenza di due fedi predominanti all'interno dell'impero: sconfessato il credo classico, venne riaffermato e sostenuto solo quello cristiano. Giuliano venne tacciato di apostasia, ovvero di distaccamento dall'unica vera fede, quella cristiana, solo nel medioevo; proprio tramite un nomignolo passato alla storia, dissacrante come una energia demoniaca carica della forza del proprio credo: Giuliano l'apostata,'imperatore di tutti i pagani. [L.A.]

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SEZIONE CELTICA

LE DEE E LE ACQUE I CELTI E LASTRONOMIA

A cura di Jonathan Righi

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LE DEE E LE ACQUE
Nomi e luoghi delle Dee celtiche dellacqua.

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Scandinavia, Francia, Danimarca, Britannia, Germania, Irlanda, tutte terre nelle quali si ritrovano antichi culti dedicati a divinit e spiriti acquatici. Queste Dee hanno lasciato unimpronta indelebile che continua nei nomi e nelle tradizioni della nostra Europa. Lacqua, datrice di vita, generatrice e nutrice, diviene per i Celti, espressione di una Dea che soccorre il proprio popolo fornendo cibo, guarigione, presagi e trasporto. Nello stesso tempo per, rimane alta lattenzione verso le forme distruttive che questo liquido pu assumere, diluvi,

tempeste, trombe marine, continuano a instillare quel timore che solo un popolo assolutamente sincronizzato con i fenomeni naturali pu sviluppare. Gi dalla met dellEt del Bronzo si iniziano ad avere le prime prove di un contatto uomo-divinit, per mezzo di laghi, fiumi, mari. Il clima, la prosperit delle terre, si interconnettono agli spiriti che popolano le acque, ed allora cominciano i riti propiziatori, le offerte, gettate in questi bacini in guisa di dono e richiesta. In una societ nella quale la classe dei guerrieri era presumibilmente la seconda pi

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importante, lofferta pi gradita diviene loggetto militare: il Tamigi si popola di manifatture metalliche, spade e scudi di bronzo(1). Col passare del tempo sempre pi armi, piccole navi, stocchi, vengono offerti alle acque, dal sotterraneo Walbrook (Londra) fino a Lichterfelde (Berlino), sino a che nel VIII-VII sec. a.C. questusanza si fa diffusissima, probabilmente per sopperire a condizioni climatiche pessime propiziandosi gli spiriti delle acque. Ancora non si delinea una

che ancora oggi i grandi fiumi mantengono in loro memoria. Lavvento dei Romani in seguito segner sovente la canonizzazione di questi culti e la loro maggiore definizione rituale e morfologica. Orosio ci aiuta a ricostruire la battaglia di Orange (Francia) del 105 a.C. tenutasi fra Cimbri, Teutoni e Romani: dopo la vittoria sui Romani, i due popoli gettarono in un fiume tutto il loro bottino di guerra, poich avevano ricevuto un presagio(2). Molte erano le divinit fluviali,

divisione fra spirito e divinit in queste pratiche, ed ancora queste Dee rimangono senza nome, sebbene non ci vorr molto perch assumano quei celeberrimi nomi

la maggior parte delle quali di sesso femminile: Sequana(3) per la Senna, Nantosuelta(4) consorte di Sucellus , Verbeia(5) per il Wharfe (Inghilterra).

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Molte di queste Dee possedevano dei santuari a loro dedicati, principalmente risalenti allepoca coeva ai Romani. E chiaro tuttavia che questi culti debbano aver avuto un mantenimento ed un decorso storico ben precedente a quello dellavvento romano; a Chedworth (Inghilterra) e Coln (Inghilterra) sorgevano due santuari, quello del Dio Condatis(6) invece si trovava nella contea di Durham (Inghilterra). Anche per sorgenti e laghi vigeva la stessa usanza di offrire oggetti metallici o lignei fra i flutti. A Duchcov in Cecoslovacchia nella Gigante Sorgente fu ritrovato un calderone contenente pi di 2000 oggetti di bronzo, molti fra i quali spille e bracciali, questi reperti sono datati al III-II sec. a.C. Vari archeologi concordano sulla particolarit di questo tipo di offerte rispetto a quelle di natura militare, probabilmente dovute ad una diversit in termini di polarit sessuale degli spiriti associati alle acque. Offerte di manufatti militari saranno collegate a divinit maschili, offerte di gioielleria saranno invece collegate a divinit femminili. Strabone ci informa su come Cepione nel 106 a.C. sottrasse un enorme tesoro in oro e argento nellarea di Tolosa, tesoro l deposto in segno di offerta(7). Da qui un nuovo ragionamento su queste immersioni di offerte: il dono, essendo accolto dalle acque, sarebbe divenuto intoccabile, non sarebbe stato rubato e sarebbe sempre stato a contatto con la

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divinit l cultuata. I ritrovamenti pi ingenti risalgono comunque allet di La Tne(8), come ad esempio i tesori del lago Neuchatel (100 a.C.), in Svizzera. Una piattaforma di legno permetteva di poter gettare le offerte direttamente ad un buon livello di profondit nelle acque; in questo lago sono state rinvenute 400 spille, 270 lance, 27 scudi di legno e 170 spade. Per quanto riguarda i pozzi, il discorso diviene pi complesso, soprattutto per il difficile riconoscimento dopo tanti secoli, profonde buche potrebbero essere infatti stati pozzi, oppure no. A WiIlsford nel Wiltshire si trova il pozzo pi importante di tutta lInghilterra, profondo pi di 30 metri, sul fondo del quale sono stati ritrovati secchi di legno e corde. La vicinanza di questo

pozzo a Stonehenge e la sua profondit possono suggerire qualche tipo di correlazione rituale; penetrando infatti allinterno della terra, richiama ed evoca un insieme di collegamenti con

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lOltretomba e con le forze ctonie, notoriamente riconosciute e venerate dalle popolazioni celtiche (9) . La grande attenzione nei confronti di laghi, sorgenti, fiumi e pozzi, lascia trapelare unampia partecipazione degli Dei acquatici al panorama religioso dei Celti. Come abbiamo detto, solo in epoca romana vi fu una vera e propria canonizzazione di questi culti locali, che chiaramente risalivano a secoli prima, legati ad un retroterra tribale condiviso tuttavia comunitariamente dalle varie popolazioni. Ad ogni luogo rilevante, o per morfologia o per posizione, vengono associati degli spiriti divini, ai quali sono offerti oggetti di varia natura. Lanalisi della societ del tempo chiarisce il perch di determinati regali: in una societ basata principalmente sulla classe militare, larma diviene loggetto eletto a rappresentare lintera societ. Lo stesso discorso sar da ritenersi valido per le spille, i bracciali, per i sacrifici animali, e per quelli umani(10). Spesso queste localit acquatiche si sono trasformate in vere e proprie mete di pellegrinaggi locali, nei quali si viaggiava sino al santuario o alla fonte, che pareva possedere propriet terapeutiche. Il Dio o la Dea in questo caso divengono guaritori, il che chiaramente confermato dalla presenza di ex-voto in moltissime localit (11); questo interessantissimo argomento tuttavia molto vasto e merita una trattazione a parte. Altri nomi divini

tornano a ricordare il loro antico culto, come Damona(12), che spesso associata a Bormo, Sirona(13) e Moritasgus, oppure Icovellauna regina del ninfeo termale di Sablon. Ed ancora, Ritona, Coventina, Arnemetia, Sulis, le Matres Comedovae, le Matres Nemausicae (a Nmes), le Matres Glanicae (a Glan), le Treveres (a Trir), e moltissime altre(14). [J.R.]

NOTE:
1. Conservati al British Musem. 2. OROS. V, 16, 2-5. 3. Sequana: Dea celtica collegata al fiume Senna, a lei stata dedicata una sorgente a Digione sempre in Francia, la sua iconografia la vede in piedi in una barca uccelliforme, con una corona sul capo, ad indicare la sua regalit. 4. Il nome Nantosuelta deriva da *nant (tr. torrente), e si completa come torrente sinuoso. Adorata sotto laspetto di una Deacorvo, consorte di Sucellus, viene solitamente rappresentata con in mano una colombiera (presumibilmente), ed una patera; in altre raffigurazioni invece, soprattutto in Alsazia, al posto della patera presente un alveare con sopra appollaiato un corvo. Alcuni studiosi teorizzano la simbologia della colombiera come indice di un dominio domiciliare della Dea. 5. Verbeia: conosciuta solo tramite una singola iscrizione [RIB 635], trovata a Ilkley, il suo nome deriva dal lessico proto-celtico

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*wera (tr. pioggia) e *beja (tr. rumore). 6. Condatis: Dio delle confluenze fluviali, pervenutoci grazie a varie iscrizioni, fra cui una ad Alonnes in Francia. Viene quasi sempre associato a Marte, anche se come detto sopra, il suo aspetto guerresco unaggiunta meno pregnante della radice stessa del nome che significa appunto Dio delle confluenze, quindi delle fonti termali sotterranee. 7. STRAB. IV 1, 3. Si riteneva che quelloro fosse lOro di Delfi, trasportato a Tolosa dai Celti dopo il loro saccheggio in Grecia nel II sec. a.C.; Cesare sullusanza di sottrarre tesori appartenenti a divinit scrive: Non

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9. LUC. Phars. vv. 450-1; CAES. De bel. Gal. VI, 14; POMP. MEL. III, 3; MARKALE 1971, p. 120. 10. Si veda larticolo sulluomo di Lindow, The Lindow Man, a p. 55 e sgg. 11. Museo di Alise-Sainte-Reine, Museo Bourgoin a Clermont-Ferrand. 12. Damona: tr. grande mucca, una Dea legata alle sorgenti termali, spesso associata ad Apollo nel suo aspetto di Borvo (tr. acqua bollente), come ad esempio nelle iscrizioni ad Alesia in Francia, nei pressi di una piccola sorgente meta di pellegrinaggi a fini guaritori. A Bourbonne-Lacy in Francia sono state ritrovate delle iscrizioni che collegano Damona alla pratica guaritrice dellincubazione, nella quale il paziente, dopo aver dormito allinterno del santuario, avrebbe ricevuto dalla Dea durante il sonno una soluzione per il suo male, o direttamente la completa guarigione alla malattia. 13. Sirona : il suo nome significa presumibilmente astro, sebbene il suo collegamento con la sfera celeste non sia stato ancora chiarito. Appartiene al territorio della Gallia Cisalpina, dove viene associata spesso a Grannus, o ad Apollo Grannus, appare affiancata da un cane che le lecca la mano, spesso presente nelle Dee legate a funzioni guaritrici. Altre rappresentazioni la vedono con tre uova nella mano sinistra, e con un serpente attorcigliato attorno al braccio destro che sospeso sopra le tre uova. Questa posizione delle braccia unita a grappoli, viti e grano presente in altre immagini, la connotano fortemente come datrice di abbondanza e fertilit.

accaduto spesso che un uomo osasse, malgrado la legge religiosa, nascondere presso di s il proprio bottino o toccare le offerte riservate agli Dei; un simile crimine punito con un orribile morte, tra i peggiori tormenti. CAES.
De bel. Gal. VI, 17. Lammontare del tesoro rubato da Cepione sarebbe stato di 15000 talenti, ossia trecento tonnellate doro. Cepione da quel momento non ebbe vita facile, e il prezioso oro venne rinominato lOro maledetto di Delfi. Tutto ci sarebbe in perfetta continuit con lipotesi che per un Celta, un oggetto offerto agli Dei, sale a rango divino in quanto diviene loro propriet. 8. La Tne ebbe il suo massimo sviluppo tra il 450 a.C. ed il 50 a.C., si svilupp dalla precedente cultura di Halstatt dellEt del Ferro, grazie agli scambi culturali con greci ed etruschi. caratterizzata da una produzione metallurgica molto complessa, dal passaggio da fortezze collinari ad oppida, e da nuovi tipi di sepoltura.

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14. Moritasgus: Dio giunto sino a noi da uniscrizione ad Alise-Sainte-Reine (CIL XIII 02873, 11240, 22141 ed AE 1965, 181), il protettore della sorgente di Alesia, consorte della Dea Damona. Il suo nome potrebbe derivare dal proto-celtico *mro- (tr. grande) e *tazgo (tr. tasso), pi il suffisso latinizzante us. Il tasso un animale prettamente sotterraneo collegato quindi sia alle profondit della terra che alla divinazione, oltre che alla poesia (poeta infatti si traduce in proto-celtico con *tadg). Viene sincretizzato spesso con lApollo gallico, ed inserito in contesti guaritori.

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Arnemetiae e si crede sia stata venerata dalla


trib dei Corieltauvi, nelle vicinanze del suo tempio.

Sulis: era la Dea venerata a Bath da Celti e


Romani, da questultimi sincretizzata come Minerva-Sulis. Le tavolette e le lamine ritrovate a Bath mostrano come la Dea fosse chiamata nel suo aspetto di nutrice, di datrice di vita, ma anche per le defixiones, molte infatti erano le richieste di vendetta e di giustizia nei confronti di ladri e nemici, a lei poste (si veda larticolo Aquae Sulis a p. 49 e sgg.). (vd. REYNOLDS-TERENCE 1990.) Altre Dee: Matrona nel fiume Marna, Souconna nel fiume Saone, Sabrina nel fiume Severn, Boann nel Boyne. [J.R.]

Ritona: iscrizioni col suo nome sono state trovate a Trier (DEA RITONA PRITONA, AE
1928:00185), ed a Pachten (PRITONAE DIVINAE SIVE CA[...]IONI, AE 1959:00076), in questultima localit il santuario era provvisto anche di un tempio, utilizzato per gli spettacoli connessi al suo culto. Questa Dea governa sui guadi, sulle abitazioni e su specifiche aree territoriali, come testimoniano le sue iscrizioni, che la chiamano per il benessere di piccole regioni. (vd. WIGHTMAN 1970.)

SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE: -ALLASON-JONES 1985: Allason-Jones, Linday & McKay, Bruce, Coventina's Well, a shrine on Hadrians Wall, Trustees of the Clayton Collection, Chesters Museum, Londra, 1985. -MARKALE 1971: J.Markale, LEpope Celtique en Bretagne, Parigi, 1971. -REYNOLDS-TERENCE 1990: J. Reynolds , T. Volk, "Review: Gifts, Curses, Cult and Society at Bath", reviewing The Temple of Sulis Minerva at Bath: vol. 2 The Finds from the Sacred Spring, in Britannia. -WIGHTMAN 1970: E. M. Wightman, Roman Trier and the Treveri. Rupert Hart-Davis, Londra, 1970.

Coventina: testimonianze su questa Dea


provengono dalla contea di nei pressi del Vallo di raffigurazione compare in mentre regge un vaso con laltra versa il contenuto di (vd. ALLASON-JONES 1985.) Northumberland, Adriano, nelle triplice aspetto, una mano e con un secondo vaso.

Arnemetia: conosciuta tramite il suo tempio a


Buxton, Derbyshire in Inghilterra, il suo nome deriva da ar (tr. sopra o dentro) e da nemeton (tr. bosco sacro). la patrona delle Aquae

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Immagini: p.5, Coventina , pozzo Carrawbough. . di Coventina,

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p. 6, col. 1: Sequana, Muse Archologique de Dijon; col. 2: Nantosuelta-Sucellus, Sarrebourg. p.7, Apollo Sucellus-Sirona, Muse Archologique de Dijon. p.11, acque sacre alla Dea Brighit a Kildare, Irlanda.

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I CELTI E LASTRONOMIA
Cos in cielo come in terra.

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A lungo si discusso sulle ipotetiche conoscenze che i Celti ed i loro sacerdoti, i Druidi, possedevano riguardo allastrologia: alcune voci ridimensionano questo tema a pura casualit, altri, come gli archeoastronomi, danno delle versioni pi complete e articolate dellargomento (1). Cercheremo in questo articolo di sondare le fonti principali, e le vastissime influenze che il popolo dei Celti ha praticato su gran parte dellEuropa. Abbiamo alcune certezze per questa trattazione, provenienti dagli autori classici dellepoca, e da osservazioni empiriche su ci che questi popoli ci hanno lasciato. Pomponio Mela ci

informa su come i Druidi conoscessero forma e dimensione della Terra, il movimento degli astri ed il volere degli Dei(2). Anche Cesare, in un momento di interesse, riporta un dato interessante: nel bagaglio di conoscenze che nel sacerdozio druidico un allievo acquisiva, era compresa lerudiz ione riguardo allindistruttibilit dellUniverso e delle anime(3). Lo stesso Cesare, nel 45 a.C. incaric Sosigene di riformare il calendario del tempo, esattamente dopo le Guerre Galliche. Altri autori parlano di scambi e contatti fra la dottrina pitagorica e quella druidica, scambi che indubbiamente avrebbero riguardato

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anche le teorie astronomiche(4). Di sicuro che nel IV sec. a.C.. i Druidi erano a conoscenza del Ciclo di Metone, ossia il ciclo che permette alla Luna di tornare nella stessa fase e nello stesso punto del cielo ogni 19 anni. Presso i Geti, secondo Iordanes(5), visse il Druido Deceneo, durante il I sec. a.C., il quale anche secondo Strabone(6), dimostrava di conoscere esistenza e motivi dei dodici segni celesti oltre alle nozioni tutte dellAstronomia nota a quel tempo. Dove ci portano tutte queste testimonianze? Cosa vedevano i Druidi nel cielo, e in cosa questa osservazione ha arricchito la loro pratica religiosa? l cielo che oggi possiamo contemplare sulle nostre teste ben diverso da quello che un Celta osservava nel

500 a.C., questo per lesistenza della Precessione equinoziale(7). Supponendo la mancanza di strumenti di osservazione di natura tecnologica, dobbiamo rifarci ad ipotesi che vedano locchio umano come strumento primo di analisi dei cieli. Premesso ci, locchio umano riesce a percepire le stelle che arrivano ad un grado di luminosit detto magnitudine 4(8). Immaginate che utilit per gli studiosi di questi campi, possa aver avuto la scoperta del Calendario di Coligny nel 1897: in questo calendario lanno era diviso secondo il cadere di quattro festivit principali: Samhain, Imbolc, Beltaine e Lughnasad. Secondo quale criterio sono state definite queste festivit? Grazie ad A. Duval ed ai suoi successori, nonch grazie ai computer ed a

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programmi che sono in grado di simulare i cieli dellepoca, ora sappiamo qualcosa di pi: apparsa subito lampante la corrispondenza fra le date di queste festivit e particolari attivit di alcune stelle visibili nei corrispondenti periodi dellanno. Durante lalba di Samhain, che cadeva il 16 Novembre, avveniva la levata eliaca di Antares, stella principale della costellazione dello Scorpione, caratterizzata da un forte colore rosso, inoltre si verificava anche il sorgere di Vega, appartenente alla costellazione della Lyra, nel primo cielo mattutino. Ad Imbolc corrispondeva, il 18 Marzo, la levata eliaca di Capella, della costellazione dellauriga, di colore giallo. Il mattino di Beltaine, il 7 Giugno, era caratterizzato dal sorgere assieme al sole, di Aldebaran, della costellazione del Toro, di colore rosso. Infine a Lughnasad, il 25 Luglio, avveniva allalba la levata eliaca di Sirio, costellazione del Cane Maggiore, di colore bianco; sebbene Sirio nel 500 a.C. non fosse, come oggi, la stella pi vicina al polo nord celeste. Al posto di Sirio infatti stava Kochab, dellOrsa Minore. Possiamo definire queste corrispondenze come casualit? Mi sembra azzardato e riduttivo, e cos sembro anche a A. Duval, che riform totalmente le teorie di E. Mc Neill, formulate negli anni 20, che vedevano nel Sole, il discriminante di scelta per ogni festivit celtica, dando importanza e rilevanza quindi, a solstizi ed equinozi. Le

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teorie di Duval, oggi comprovate, sottolineano una visione siderocentrica nella pratica druidica, tanto pi che solstizi ed equinozi non avrebbero avuto modo di essere presi in considerazione nel 500 a.C., quando il cambio stagionale non avveniva durante queste ricorrenze solari. La stessa attenzione alle configurazioni stellari la ritroviamo fra gli Egizi, che calcolavano la lunghezza del proprio anno come lintervallo di tempo fra le due levate eliache di Sirio (Alpha Canis Majoris), dimostrando cos di aver adottato un anno definito come siderale. I Celti conoscevano bene equinozi e solstizi, tuttavia non li collegarono alla loro vita sociale poich non avevano difatti influenza sulla stessa: esempio contrario Samhain, il 16 Novembre era infatti la notte pi oscura dellanno ed il Calendario di Coligny sottolinea che la festivit era da

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celebrarsi durante lultimo quarto di Luna, o in Luna Nuova, chiara specifica per rendere quei giorni di festa i pi adatti a simboleggiare loscurit massima. Sempre riguardo alla Luna sappiamo che potevano prevedere le eclissi lunari, grazie al calendario ed a semplici calcoli mnemonici. Per capire bene quanto le popolazioni celtiche avessero improntato i loro costumi in sintonia con i movimenti siderali necessario considerare il Nemeton di Libenice, vicino Praga. La scoperta risale al 1962, da parte degli archeologi Ribova e Soudsky, quando venne dissotterrato un recinto (24m per 80m) contornato da fossato, risalente al 500 a.C., propriet della trib dei Boi. Nel lato sud-est si trova un menhir alto 2m, circondato da altri menhir pi piccoli. Lasse del recinto inclinata di 24o a Sud rispetto alla direzione equinoziale EstOvest; la stessa inclinazione nella quale si levavano Rigel e Saiph, due stelle della Cintura di Orione. Durante Samhain, anche Antares, stella precedentemente trattata, aveva la sua levata eliaca lungo lo stesso asse. Al centro del tempio stata ritrovata una tomba appartenente ad una donna dal cui corredo si evince la sua appartenenza ad una classe sacerdotale, quindi probabilmente una druidessa. La suddetta tomba orientata secondo la direzione Nord-Sud, e la testa della donna diretta verso Nord. Possono essere queste solo casualit? Vediamo altri particolari:

attorno al santuario si trovano 35 buche, che accolsero altrettanti pali di legno, si osserv che avevano un addensamento regolare lungo alcuni tratti. La spiegazione come al solito proviene dal cielo: ogni buca corrisponde alla levata o al tramonto della stella Mira, appartenente alla costellazione della Balena. In unaltra parte del santuario, dove le buche appaiono pi irregolari, si riconosce la loro esatta disposizione secondo forma e direzione della costellazione del Cigno: questa assumeva una inclinazione parallela sia allasse della tomba sia allasse terrestre. Il complesso religioso in questo senso assume

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tutti i connotati di un calendario siderale rappresentato. Lattenzione dei Celti per le stelle si riscontra persino nella numismatica: le serie Armoricane e Coriosoliti raccolte da De Beuliau nel 1973 ne sono forte comprova. Fra i vari esemplari, sono numerosi quelli che sul dritto presentano ritratti vari, sul rovescio cinghiali a tre zampe, cavalli, o comete. Secondo le ricostruzioni degli antichi quadri celesti, nell87 a.C., durante il mese di Luglio, fu visibile la cometa di Halley, esattamente in corrispondenza della festivit di Lughnasad. In una societ nella quale losservazione del cielo detta il ritmo del vivere, indubbio che il passaggio di questa cometa debba aver assunto un significato incontestabile (vd. fig. 6). Altre monete, come quelle delle Isole del Canale, che spaziano dal 100 a.C. al 60 a.C., presentano sul rovescio un cavallo sotto il quale c una cometa interposta fra due stelle (vd. fig. 1). Un aiuto per spiegare questa scelta viene dagli annali cinesi, nei quali registrato nel 69 a.C. il passaggio di una cometa fra le stelle (allora visibili anche in Europa) Alpha e Gamma Virginis, tutto durante il mese di Luglio. Dopo tutte queste osservazioni come prescindere dallassimilare le considerazioni astronomiche nellanalisi della cultura celtica? Gli studi a riguardo purtroppo scarseggiano, eppure tutti i dati raccolti evidenziano senza dubbi questa

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simbiosi fra societ e cielo; le domande sorgono spontanee, come conciliare quelle correlazioni siderali oggigiorno? Ancora oggi i segni celesti, la stella polare, e varie costellazioni, continuano a scandire alcune, molte, festivit, seppure in un calendario solare; la costruzione di usanze e luoghi in armonia con le pulsazioni ed movimenti siderali apre nuove frontiere su un nuovo tipo di condivisione spirituale, contemporanea e successiva al decorso biologico di ogni essere vivente. [J.R.]

NOTE:
1. Larcheoastronomia combina lo studio degli antichi eventi astronomici con i dati archeologici, utilizzando in gran percentuale le moderne tecnologie di analisi dei cieli. Alexander Thom il pioniere di questa materia, per quanto riguarda il panorama celtico e pre-celtico. 2. POMP. MEL. Chor. 3, 2, 18. 3. CAES. De bel. Gal. VI, 14. 4. AMM. MARC. XV, 9-8; IPPOLITO ROMANO, Philosophumena, I, 2, 17; I, 25, 1; CLEM. ALEX. Strom. I, XV, 71, 3, sgg. 5. IORD. De Origine Actibusque Getarum 5, 39. 6. STRAB. VII, 3, 5, 11 ; XVI, 2, 39. 7. La Precessione degli Equinozi un movimento della Terra, questo le permette di modificare molto lentamente la direzione del

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suo asse di rotazione (rispetto alla posizione ideale delle stelle fisse). Uno dei risultati di questo spostamento per esempio che fra 13000 anni circa non sar pi la Stella Polare a rimanere ferma nei nostri cieli, bens Vega. Altro effetto lo spostamento degli equinozi di 1 ogni 71,6 anni circa. Ci significa che ogni 28500 anni lequinozio cadr nello stesso punto. 8. La Magnitudine, in questo caso Magnitudine Apparente, la misura della luminosit di una stella dipendentemente dal punto dove la si osserva. Questo metodo di misura risale a Tolomeo, che lo sponsorizza nel suo Almagesto, e si crede sia una scoperta di Ipparco. La scala di misura si muove da una magnitudine prima (m = +1), che appartiene alle stelle pi luminose, e termina a magnitudine sesta (m = +6), per le stelle scarsamente visibili ad occhio nudo.

Scorpione.

p.14, levata eliaca di Sirio nelle raffigurazioni egizie, riproduzione.

p.15, esemplari di monete celtiche delle serie Armoricane, delle Isole del Canale e Coriosoliti.

p.16, esemplare di moneta delle Isole del Canale.

Immagini: p.12, Carro solare Trundholm, Nationalmuseet di Copenaghen. Datato alla Tarda Et del Bronzo, fu scoperto nel 1902 in Danimarca, composto da un cavallo su quattro ruote, un asse, e da un sole su due ruote. Il sole ricoperto doro solo su un lato, lo stesso lato che indica il movimento del carro da Est ad Ovest, ossia il sorgere del sole. Laltra faccia del sole scura, ed indica il movimento del carro da Ovest ad Est, quando il sole non visibile. p.13, dallalto verso il basso: Calendario di Coligny, Museo della Civilt gallo-romana di Lione; stella Antares, della costellazione dello

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SEZIONE GRECO ROMANA

SERAPIDE ISIDE IN APULEIO

A cura di Lorenzo Abbate

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SERAPIDE
Cenni su una divinit dimenticata.

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strano constatare come una delle divinit che pi riscosse interessamento e proselito di fedeli nel mondo alessandrino prima, romano e tardoantico poi, allo stato attuale, abbia un cos scarso seguito di studiosi e fedeli. Sicuramente la difficolt di reperire fonti certe, escluse forse quelle iconografiche, ne la causa primaria. Internet non aiuta, i libri disponibili sullargomento hanno dei forti limiti: volumi specialistici, costosissimi, e spesso introvabili, e praticamente sempre in lingue straniere. Il culto di Serapide, si spesso detto, essere stato inventato(1) dalla corte tolemaica, basandosi sul fatto che questa divinit non ha alcuna parte nella mitologia greca antica, e nessun autore di periodo classico ne fa menzione. Sar per decisamente pi corretto accreditare alla dinastia tolemaica il merito di aver

introdotto e grecizzato ( o meglio ellenizzato) una divinit preesistente, piuttosto che aggravarla con il demerito di aver creato ex novo una divinit congeniale al loro progetto politico. Tolomeo I (le fonti sembrano propense ad identificare in lui s o v r a n o importatore, non senza dubbi e difficolt) ebbe due sogni rivelatori, nei quali incontr la divinit, che chiedeva di essere cultuata ad Alessandria, e di avere come proprio simulacro, una precisa immagine custodita a Sinope(2). Tolomeo, obbedendo al volere divino, istall quindi sulla collina di Rhacotis ad Alessandria un tempio dedicato a Serapide, che nei secoli a venire, divenne uno dei pi splendidi, e dei pi rappresentativi della fede pagana, tanto da essere uno degli ultimi avamposti della religione classica, sottoposto alla distruzione solo dal patriarca Teofilo e i

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suoi maritiri-picchiatori(3). Le fonti antiche concordano nel vedere in Serapide una divinit molto antica: Tacito(4) e Plutarco(5) in particolar modo insistono sul fatto che la statua importata da Sinope fosse quella di una divinit egiziana, Osiride-Apis, in vesti e forme simili a quelle di Ade, in modo tale da essere pi facilmente accetta alla popolazione greca di Alessandria. Anche Alessandro magno ebbe parte nel suscitare lattenzione verso questa divinit: pare infatti che Alessandro nel 323 a.C., ridotto sul letto di morte, avesse fatto consultare un oracolo di una divinit locale di Babilonia, che le fonti greche indicano proprio come Serapide(6) (ma in realt, forse, Ea); inoltre Alessandro si sarebbe dato pensiero di commissionare al proprio architetto un tempio per la divinit durante la fondazione di Alessandria(7). Gli antichi dimostrarono un certo imbarazzo nellidentificare la divinit, tanto da incorrere in molte sviste e divergenze, cercando di paragonare, e quindi assimilare, la divinit ora ad una, ora ad unaltra divinit. Diodoro Siculo cerca di spiegare in questo modo lorigine di

Serapide: Alcuni sono dellopinione che

Osiride sia Serapide, altrei che questi sia Dioniso, Ade, o Ammone; altri, che egli sia Zeus; altri ancora che questi sia Pan.(8), Tacito invece: Il Dio stesso molti ritengono essere Esculapio, perch questi ha curato dei corpi malati; alcuni, che sia Osiride,la pi antica dvinit che questo popolo [gli Egizi ndr.] abbiano; un gran numero, che questi sia Giove, sulla base che la sua capacit di azione sia estesa ad ogni cosa; ed unaltra grande parte, che questi sia il Dio Padre, traendo questa conclusione dalle caratteristiche che gli appartengono, o da astruse congetture.
; Cirill o di Alessandria (Adv. Iul. I, 13) invece tende a identificare Serapide con Osirapis(10), un insieme di Osiride ed Apis appunto. Proprio questa divinit, Osiris-Apis (egiziano Wsir-Hp), sarebbe allorigine del nome Serapide/ Serapide. Osiris-Apis fu una divinit cultuata nel tempio funebre del toro Apis a Menfi. Per molti aspetti, e soprattutto i campi di azione divina di Serapide, e della sua stessa iconografia, non possono trovare riscontro nel divino toro di Memfi(11). Prima di analizzare singolarmente le
(9)

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diverse analogie e differenze con le divinit alle quali Serapide fu spesso accostato nellantichit, credo sar utile introdurre precisamente liconografia del Dio, sfatando fraintendimenti comuni. La rappresentazione maggiormente familiare di Serapide presenta una figura seduta, con indosso una tunica larga, simile ad un chitone, ed un copricapo, chiamato colato, inoppugnabile simbolo di fertilit. La mano sinistra solitamente tiene uno scettro o un bastone, mentre la destra si propende, o scende gi verso un animale con tre teste, seduto vicino al trono, o vicino alla divinit diritta. Proprio su questo animale si sono fondate le associazioni di chi ha visto in Serapide una divinit prettamente ctonia: il cane con tre teste sarebbe quindi Cerbero? stata per espressa una differente teoria (12) , interpretando lanimale come un semplice simbolo dello scorrere del tempo. Secondo questa teoria, lanimale sarebbe connesso altres ad un aspetto solare di Serapide, sulla base che il sole, Helios, sincretizzato spesso con Serapide, presiedesse allo

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scorrere del tempo. Petazzoni, lo studioso propugnatore di questa diversa interpretazione dellanimale connesso al dio, nega che questo sia il mostro delloltretomba greco, ma crede si tratti di un leone con ulteriori due teste: una di un lupo, e laltra di un cane, e addita nelle statue superstiti una maggior somiglianza del corpo dellanimale a quello di un leone piuttosto che ad un cane. Lidentificazione dellanimale con Cerbero ci riporta in ambito ctonio, e i n t r o d u c e lidentificazione di Serapide con Ade: la differenza ed il problema di identificazione sta proprio nella natura benigna di Serapide, spesso invocato per questioni di salute e di benessere personale (tanto che Elio Aristide, XLV, 25 lo definisce salvatore), una divinit, insomma, con appiglio e capacit di interazione col mondo dei vivi e sugli eventi, al contrario di Ade, considerato una divinit terribile e limitata, anzi votata, alla distruzione(13). Lidentificazione

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di Serapide con Osiride presenta le stesse difficolt di accettazione dellidentificazione con Ade: gli antichi non riconobbero o identificarono mai alcuna loro divinit ctonia nel pantheon egizio. Erodoto identifica la coppia Osiride/Iside con Dioniso e Demetra(14). Le testimonianze propendono invece per lidentificazione Serapide con Osiride solo in un periodo tardo: da Plutarco(15) come maggior esponente, fino a Minucio Felice (16) che utilizza i nomi delle due divinit in maniera intercambiabile. Lidentificazione con Osiride port a Serapide, probabilmente, il dominio su una branca dei suoi poteri: la fertilit, i cui attributi, il colato e la cornucopia, spesso porta nelle rappresentazioni di piccole dimensioni(17). Altre identificazioni o sincretismi minoritari, comprendono e coinvolgono divinit come Dioniso, il toro Apis ed il re Apis, Asclepio fino ad arrivare a Pan, Helios, Aion, ed Ammone. Proprio questa sua natura indefinita, misteriosa, panthea, permise ad una pluralit di genti, di fedeli, di uomini, di trovare in Serapide una divinit protettrice, degna di ricevere immensi onori, ed essere tenuta in considerazione pari, ed a volte superiore agli dei tradizionali: genti della Grecia, di Roma, Egiziani, sudditi e padroni caricarono questa divinit di una mole di prerogative basate, spesso, solo sulla propria esperienza, sulla propria devozione, sulle proprie aspettative,

speranze e bisogni. Molti fedeli tardoantichi preferirono votarsi a divinit vastissime come Serapide ed Iside, compiendo, forse in maniera incosciente, un ricongiungimento di tutti gli aspetti divini derivanti dai due archetipi: quello maschile e quello femminile. La difficolt di cultuare e prediligere al giorno doggi una divinit simile risiede in due punti fondamentali: lassoluta assenza di testimonianze rituali, e la discrepanza delle fonti sulla sua natura divina; ma, forse, proprio questa vastit di possibilit di intendere ed inquadrare la natura divina del dio, il suo essere sempre stato visto in maniera benigna e generosa verso i fedeli, rende Serapide ancora appetibile, essendo un bacino immenso e multiforme per le richieste e per le visioni dei singoli campi divini dazione. Certamente, a chi volesse avvicinarsi a questa divinit con sguardo serio, rispettoso e religioso, non baster questo breve e sommario articolo, ma necessiter di un approfondimento difficoltoso e faticoso, che mi auguro, verr ripagato dalla potenza del Dio, della quale infinite prove ebbero gli antichi. Infine mi fa piacere riportare le parole di Aristide, che dedic un inno a Serapide, tardo, ma che ben riassume linteresse, il sentimento e la devozione del periodo ellenistico verso questa divinit: Lui solo

onorato sia da re che da privati cittadini, sia dai saggi che dai semplici, dal grande e dal piccolo, sia da coloro che prosperano

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che dagli indigenti donando a coloro che richiedono la soddisfazione della loro felicit e provando a tutti gli altri di essere la sola salvezza dalle forze negative. La seconda cosa dopo la salute fisica alla quale gli uomini pi zelantemente aspirano la possessione di propriet; a questo Serapide provvede anche, senza guerre, battaglie e pericolo. Lui ci assiste al nostro fianco in ogni circostanza della nostra vita, e non c posto che sia non influenzato dal lavorare di questo Dio, per tutto il resto, in qualsiasi materia la mente umana si interessi, egli anche acquista un interesse, e distribuisce ogni sorta di benedizione, iniziando collanima e terminando col benessere materiale. [L.A.]
(PCairoZenon, III, 59355, 102-3). 8. DIOD. SIC. I, 25, 2. 9. TACIT. Hist. IV, 84, 5.

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10. Le fonti oscillano, infatti, tra la forma Osirapis, Osarapis, Oserapis. 11. STAMBAUGH 1972, p. 16. 12. PETAZZONI 1948; la teoria si basa sullinterpretazione di un passo di Macrobio (Saturn. I, 20). Purtroppo per questa teoria confermata solo da alcune rappresentazioni superstiti del Dio, mentre altre, lasciano palesemente intravedere solo una figura canina a tre teste, frutto del fraintendimento gi degli antichi delloriginale statua di culto o semplice eccesso di zelo ed attenzione dello studioso? 13. HOM. Il, I, 3; XV, 191. La natura ctonia, non totalizzante, di Serapide, potrebbe essere per supportata proprio da questa sua ambivalenza: sentito dagli antichi sia come divinit solare che come divinit ctonia, ben si prestava come surrogato dellarchetipo divino di Ade, che per la sua natura, non era oggetto di culto diretto, se non ad Elide. In sostituzione di Ade venivano invocate divinit come Zeus, in sue manifestazioni ctonie: Zeus Milichio, molto il voga nella Magna Grecia, o Zeus Catactonio, divinit queste molto pi abbordabili da un comune fedele, rimandando comunque soltato ad un aspetto ctonio di una divinit che rimaneva olimpica e vitale. 14. HER. II, 123. 15. PLUT. De Iside, 326B.

NOTE:

1. STAMBAUGH 1972, p. 6. 2. PLUT. De Iside 361-2. 3. SOCRAT. Schol. Hist. Eccl. V, 17. 4. TAC. Hist. IV, 83-4. 5. PLUT. De Iside 361-2. 6. PLUT. Alex. 76; Arr. Anab. VII, 26, 2. Il problema per grande: Alessandro import Serapide in Persia, o lo import ad Alessandria da Babilonia, indipendentemente dal contatto con le forme di riferimento egizie della divinit? 7. PS. CALLIST. I, 30-33. A complicare le cose, un papiro rinvenuto a Tebtynis, ci attesta che il Serapeo dovette esistere gi nel 245 a.C.

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16. MIN. FEL. Oct. 21, 12. 17. Il fatto che Serapide venga spesso associato nelle rappresentazioni ad Iside, essendo queste le due divinit egizieggianti di maggior peso nel mondo greco-romano, favor lidentificazione di Serapide con Osiride, marito della dea. Immagini: p.19, Busto di Serapide, da collezione privata. p.20, Moneta con ritratti Iside e Serapide, da collezione privata. p.21, Cerbero, particolare di statua di Serapide a Gortina. p.24, Serapide di Cortina.

SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE: -PETAZZONI 1948: R. Petazzoni, Il Cerbero di Serapide, in Mlanges Ch. Picard, RA, 6a Sr., XXIX-XXXI (1948), pp. 803-9. -STAMBAUGH 1972: J. Stambaugh, Sarapis under the early ptolemies, Leiden, Brill, 1972.

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ISIDE IN APULEIO

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Le metamorfosi di Apuleio possono, a differenza di molti altri classici latini e greci, attirare un pubblico vasto: la qualit dell'opera ed il genere che segue ne fanno una perfetta fonte di svago anche per il lettore meno attento, preparato e propenso ai classici(1). Le Metamorfosi o L'asino d'oro(2), opera in undici libri, fu stesa in un periodo imprecisato successivo al 158 d.C. L'opera narra delle peripezie di un giovane, Lucio, che, spinto dalla sua curiosit, entra in contatto con le figure magiche meno raccomandabili e pi temute dell'intera Grecia antica: le maghe della Tessaglia. Il risultato di questa curiosit applicata alle arti magiche e metamorfiche della maga Panfile, lo porta a ritrovarsi, perfettamente raziocinante, trasformato in asino. Le avventure che seguiranno lo porteranno per a trovare e conseguire l'unica possibilit di salvezza

che gli era stata paventata sin dall'inizio: mangiare delle rose. Le rose che per Lucio manger, erano le rose che decoravano il sistro di un sacerdote di Iside durante una processione dedicata alla Dea, la quale, in sogno, aveva suggerito a Lucio, quell'atto come unica possibilit di salvezza. L'ultimo libro, lo si evince, il libro pi strettamente isiaco, anche se, curiosa la coincidenza che ricollegando la prima sillaba del romanzo, con l'ultima, invertita, si ricostruisca la parola MAAT(3), l'ordine cosmico appunto, in questo caso, contemplato, dopo l'iniziazione ai misteri isiaci, dei quali, Lucio, diventa un sacerdote ed officiante. Analizzare l'ultimo libro delle Metamorfosi ci spinge alla lettura di alcune delle pi belle pagine della letteratura latina a sfondo religioso. Le invocazioni contenute sono ancora attuali, pulsanti di vita, e pronte ad

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accogliere le pi disparate tendenze e credenze religiose. Iside parla a Lucio, che ne sar sacerdote, e tramite lui a noi: Eccomi a te, Lucio, giacch le tue

preghiere mi hanno commossa. Io sono la madre dell'universo, la regina di tutti gli elementi, l'origine prima dei tempi, la regina delle ombre, la prima dei divini, io riassumo nel mio volto l'aspetto di tutte le divinit maschili e femminili [] Invisibile la mia essenza divina, ma nel mondo io sono cultuata ovunque sotto molte forme, con riti diversi e differenti nomi(4). la natura panthea dell'Iside
tolemaica, spesso associata come principio femminile a Sarapide, come vedremo, a generare quel fenomeno alessandrino prima, e romano poi, di sincretismo impazzito: ogni divinit conosciuta altro non era che una manifestazione della stessa Dea suprema, un principio divino femminile preciso eppure multiforme: I

Frigi, i pi antichi abitatori della terra, mi chiamano madre degli Dei, venerata a Pessinunte; gli Attici nativi, [mi chiamano] Minerva Cecropia; gli abitatori di Cipro, bagnati dal mare, Venere Pafia; i Cretesi, arcieri valorosi, Diana Dictinna; i Siciliani dalle tre lingue, Proserpina Stigia; gli abitanti dell'antica Eleusi, Cerere Attea; alcuni Giunone, altri Bellona; gli uni Ecate, gli altri Ramnusia. [] gli Egiziani, cui l'antico sapere conferisce valore, mi rendono onore con riti che solo a me sono dedicati, e mi chiamano col mio reale nome: Iside Regina.(5). La benevolenza, e la capacit
di azione, il suo potere insomma, sono ben spiegati da lei stessa, madre e Dea allo stesso tempo: Io vengo a te, in quanto

impietosita dalle tue disgrazie, io vengo a te, benigna e favorevole. Poni ormai fine al piangere, sospendi i lamenti, caccia l'angoscia; grazie alla mia provvidenza

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rifulge ormai per te il giorno della salvezza.. La Dea per non intende
donare incondizionatamente, per giunta ad un ragazzo assai lontano dal suo culto e dalla sua venerazione, i proprio favori e doni: In cambio tu ricorderai

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scrupolosamente, e terrai ben presente che lo spazio della vita che ancora ti rimane da percorrere sar a me consacrato, fino al tuo ultimo r e s p i r o . E ragionevolmente tu sarai debitore del resto della tua vita a colei che ti ha fatto la grazia di tornare tra gli uomini. A parte questo tu vivrai felice, vivrai pieno di gloria protetto da me: e quando poi avrai compiuto il tempo della tua esistenza mortale, e scenderai agli inferi, anche l, in quel sotterraneo emisfero, mi troverai, come ora mi vedi, cosparsa di luce tra le tenebre dell'Acheronte e regina delle dimore dello Stige.(6) Il voto alla Dea per
non si dovr limitare alla semplice adorazione, ma preveder precisi punti da osservare sia in vita, che dopo la morte(7), quando Lucio, non sar sollevato dal prestarle obbedienza e fede: Se poi tu con

una vita di scrupolosa obbedienza, di dedizione al mio culto, di castit tenacemente osservata, ti meriterai la mia benigna benevolenza, capirai che a me solamente riservato il potere di prolungare la tua vita oltre i confini che la sorte ti ha donato..
Una domanda che potrebbe sorgere leggendo queste parole, o pi in generale i passi isiaci delle metamorfosi, quanto dell'Iside egizia sopravviva nei culti isiaci post tolemaici. I rituali f a r a o n i c i concernenti la d i vin it erano strettamente legati alla questione della successione dinastica, orientati cio a legittimare il ruolo del nuovo regnante tramite l'associazione del predecessore ad Osiride(8). I rituali ellenistici assunsero, invece, una connotazione misterica, escatologica, che propugnava agli iniziati la possibilit del raggiungimento dell'immortalit. Il processo che port la divinit egiziana, madre di Horus e moglie/sorella di Osiride, a fagocitare dentro di se tutte le caratteristiche delle

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divinit femminili ebbe inizio nel periodo Tolemaico: la dinastia regnante favor la fusione etnica tra greci ed egizi appoggiando un culto comune sovranazionale come quello di Serapide, che venne presto riconosciuto, pi o meno giustamente, come grecizzazione di Osiride, e di conseguenza accoppiato ad Iside, che divenne, regina di un dualismo religioso maschile/femminile. Il germe della sincretizzazione trov poi terreno fertile nell'ideologia imperiale romana, dove il culto venne a diffondersi rapidamente dagli ambienti aristocratici, pi controllati e controllabili, agli ambienti della devozione del popolino, incontrollabile e dirompente. Della potenza e del proselitismo che questo culto raccolse testimonianza la descrizione della processione sacra ad Iside che Apuleio ci illustra. La processione/sfilata si teneva il 5 marzo, giorno di apertura della navigazione nel mediterraneo: il rito culminava quando una zattera accoglieva le offerte per la Dea portate dai fedeli, e veniva spinta a largo. La sfilata era tutt'altro che seria e contristata: gruppi di partecipanti erano travestiti, chi da senatore, chi da soldato, da cacciatore, da pescatore ed assieme a loro sfilavano asini travestiti da Pegaso ed orse addomesticate vestite da matrone: il sentimento popolare e carnascialesco trionfava, ma la divinit, madre e signora, non poteva vedere in questo una

mancanza di rispetto. Proprio questa estrema flessibilit del culto antico, che attraverso secoli e differenti ambiti sociali e politici, stato il quid che gli ha permesso di sopravvivere, e di attirare sempre maggiori fasce di fedeli. Oggi, questa tendenza rilassata e distesa del culto di Iside in epoca greco-romana potrebbe essere un ottimo stimolo per chi volesse avvicinarsi ad un culto simile, carico del fascino di secoli. Le difficolt sicuramente saranno non poche: le prescrizioni che la Dea riporta a Lucio, per quanto le si voglia intendere e leggere come letterarie e plasmate dalla fantasia, dovevano avere un fondamento nella reale pratica sacerdotale e dei fedeli. La ricostruzione del culto tramite le fonti possibile, con approssimazione s'intende, grazie ad un'ampia messe di materiali, a partire da Apuleio per arrivare a Plutarco (9), passando per gli Inni di Isidoro(10): tutto ci fortunatamente sopravvissuto, segno forse, di un desiderio di venerazione e proselitismo della divinit ininterrotto da millenni. [L.A.]

NOTE: 1. precisamente Met amorphose on Libri XI , s ono propriamente classificabili come romanzo: le differenze tra romanzo antico e moderno risiedono sopratutto nella struttura, quasi sempre canonica e canonizzata: un ragazzo Le Metamorfosi,

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attraverso molteplici peripezie, ed infiniti colpi di scena arriva alla felicit. 2. Lopera leggibile in innumerevoli traduzioni, una per tutte ANNARATONE 2000; ledizione scientifica di riferimento GIARRATANO 1960. 3. Lopera inizia con le parole AT ego tibi isto sermone e finisce con gaudens obidAM 4. APUL. Met. XI, 5. 5. APUL. Met. XI, 5. 6. APUL, Met. XI, 7. 7. APUL, Met. XI, 7: col tu abiterai i campi Elisi e di frequente farai atto di adorazione alla mia benigna divinit.. 8. SABBATUCCI 1978, pp. 258-72. 9. Plutarco, De Iside et Osiride. Si segnala ledizione con traduzione CILENTO 1962 disponibile anche in una moderna ristampa senza data. 10. Isidoro scrisse quattro Inni, che ci sono giunti per via epigrafica incisi sulle pareti del tempio isiaco di Philae in Egitto. in dubbio quanto il nome dellautore possa essere vero o uno pseudonimo, significando appunto Dono di Iside. Non esistono traduzioni integrali italiane degli Inni, si rimanda quindi a VANDERLIP 1972. Linno primo invece tradotto SCARPI 2008. SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

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-ANNARATONE 2000: Apuleio, Le metamorfosi o lasino doro, a c. di C. Annaratone, Bur, Milano 2000. -CILENTO 1962: Plutarco, Diatriba Isiaca e Dialoghi delfini, a c. di V. Cilento, Firenze, Stianti 1962. -GIARRATANO 1960: C. Giarratano, P. Frassinetti, Apulei Metamorphoseon libri XI, Torino 1960. -SABBATUCCI 1978: D. Sabbatucci, Il mito, il rito e la storia, Roma 1978. -SCARPI 2008 : Le Religioni dei Misteri, vol. 2. a c. di P. Scarpi, Milano, Mondadori 2008. -VANDERLIP 1972: V. Vanderlip, The four

greek Hymns of Isidorus and the Cultus of Isis.

Immagini: p.25, Iside-Afrodite, Parigi, Louvre. (I. sec. d. C.). p.26, Libro dei morti, Cairo, Museo egizio. p.27, Iside e Serapide con Cerbero, Cortina, Museo Archeologico.

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SEZIONE MISCELLANEA
CASTA DIVA

FANUM APOLLINIS

NAVAGRAHAS

A cura di Lorenzo Abbate

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Phanes n.0
CASTA DIVA
Il Belcanto della Dea Madre.

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Milano, lantica Mediolanum, nel 1831, sul palcoscenico della Scala, si sent risuonare dopo secoli, un inno dedicato alla Casta Diva, la Madre del Cielo, la Vergine Luna. Vincenzo Bellini, su libretto di Felice Romani, compose Norma, unopera in due atti la cui vicenda si svolge nella Gallia romana: la rivolta dei druidi imminente, e la druidessa Norma si scopre innamorata di Pollione, proconsole romano, dal quale poi avr due figli. Dopo aver infranto i voti sacerdotali di castit, la sacerdotessa scopre il tradimento di Pollione, segretamente in intimit con Adalgisa, una delle sottoposte di Norma. Corrosa dal dolore, Norma tenta di vendicarsi condannando al rogo Adalgisa, e successivamente, dopo aver affidato i due figli al padre Oroveso, confessa la sua colpa ai sacerdoti. Norma perir assieme a Pollione fra le fiamme. Lopera uno dei pi grandi e commoventi capolavori operistici della prima met dellOttocento; nellintreccio musicale la forza drammatica della trama si fonde con una riscoperta complessit strumentale e

completezza armonica. Lapice della purezza lirica belliniana raggiunto nellaria che pi rappresenta il candore religioso dellintera opera; citando da libretto:

(Falcia il vischio; le Sacerdotesse lo raccolgono in canestri di vimini. Norma si avanza e stende le braccia al cielo. La Luna splende in tutta la sua luce. Tutti si prostrano.) Preghiera.
Nor. e MINIS. Casta Diva che inargenti Queste sacre antiche piante, A noi volgi il bel sembiante Senza nube e senza vel. Tempra tu de cori ardenti, Tempra ancor lo zelo audace, Spargi in terra quella pace Che regnar tu fai nel ciel. TUTTI A noi volgi il bel sembiante Senza nube e senza vel. [J.R.]

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IL FANUM APOLLINIS DI GIOVANNI PASCOLI.

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Apparir quantomeno strano al lettore di trovare fra i titoli di una rivista di ispirazione pagana il nome di Giovanni Pascoli, sicuramente legato per molti a sbiaditi ricordi scolastici. Una parte della produzione del poeta per, forse la meno indagata e frequentata, quella in versi latini, che maggiormente potr interessare un lettore alla ricerca di suggestioni su tematiche religiose e storiche classiche. Difatti grande spazio nella produzione latina di Pascoli dato sia al periodo di lenta affermazione del cristianesimo, sia a quello di decadenza, e soppressione poi, del paganesimo, in un crescendo di mimesi, ora colla fazione vincitrice, ora colla nostalgica e adirata visione degli agonizzanti pagani. In particolar modo i Poemata Christiana (1) (che, come vedremo, di cristiano, in alcuni punti hanno ben poco) sono legati a questo periodo di transizione, presentando sia

figure di cristiani, che di pagani di forte intensit. Thalusa ( 2 ) , Etrio ( 3 ) , Pomponia Graecina(4) e Alessamano e Careio(5), sono personaggi che sviscerano tutte le problematiche legate alla convivenza tra due fedi, dal punto di vista cristiano inconciliabili, in un unico stato: le repressioni della fede e gli ultimi istanti di vivacit e vitalit del mondo pagano sono lo sfondo dolce-amaro per le storie personali. Ma il poemetto che pi porta il nostalgico Pascoli a prendere le difese della ormai piccola minoranza pagana, ed a presentare gli atti di empiet e di intolleranza dei cristiani, appunto il Fanum Apollinis(6). Questo poemetto, letteralmente Il tempio di Apollo, ripercorre l'ultima giornata del sacerdote del Dio prima della sostanziale distruzione del tempio del quale era il solitario custode. Ripercorriamo questa storia carica di pathos, dove sin dai primi versi,

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viene presentata la vicenda e l'ambientazione del poemetto: Un

tempio logoro invecchiava su di una spia ggia deserta . Le colonne, semidistrutte, erano tenute ancora diritte dall'abbraccio dell'edera, ed in terra il muschio copriva i triglifi e le lastre del pavimento, ed anche l'ingresso era stato riempito da soffici erbette, mentre i rovi avevano invaso il bosco sacro con fitte ramificazioni. A guardia del tempio diroccato c'era un uomo, ormai vicino alla morte, vecchio tra vecchie rovine. Ma nel mezzo della cella, come incosciente allo scorrere tacito del tempo, vi era un Apollo, da poco adolescente, appoggiato al tronco di un albero. Gi da molto ormai gli Dei avevano abbandonato i loro antichi templi, e questi erano a loro volta crollati: allontanati dalla terra e dal cielo, erravano come demoni, sospinti dal vento e dalle nuvole. [] Solo quell'Apollo fanciullo rimaneva dritto nella parte pi nascosta del tempio, occupandosi di tutt'altro: guardava minaccioso una lucertola che si arrampicava sul tronco. Con la mano destra il Dio mantiene alzata una freccia, sta in silenzio: la lucertola ormai alla portata del colpo.(7). Il
sacerdote, tutto intento a spazzare la cella, rimane sorpreso, quasi incredulo, nel sentire che qualcuno bussa alle porte del tempio: la sua incredulit per dissipata dalla visione di un devoto, venuto per sacrificare un capretto, tutto costretto tra

le corde che lo legano. Il devoto incita allora il sacerdote a celebrare il rituale di sacrificio, ma questi si defila dicendo: Perch ci sarebbe bisogno del capretto?

Apollo, governatore della vita, rifugge dai coltelli [sacrificali] . [] perch non ci rechiamo nel bosco a raccogliere le verbene?(8). Nel recarsi a cogliere dal
bosco sacro l'occorrente per preparare lofferta al Dio giovinetto, portano con loro il capretto, stremato dal lungo viaggio, assetato ed affamato. I due

ritornano al tempio traendo con loro fiori e rami, il custode davanti e dietro il pastore. Apollo era ancora in agguato del piccolo animale. Nelle cella si poteva sentire il leggero anelito del mare. Il ragazzo respira, il petto si gonfia: eccolo, sotto tiro! Apre la bocca: nella rosea luce del sole il suo corpo sembra sbocciare e sembra irrorato da un fluire di sangue eterno. Il pastore si arrest, titubante, all'ingresso, allora il sacerdote sottovoce disse: Non temere: il dio un fanciullo, ed allo stesso tempo pastore, quindi ogni pastore pu placarlo con la supplica e con le verbene purificate. Tutto ci che di avverso e dannoso si infiltrato in casa e nel tuo gregge, lo vedi?, questa lucertola, che, puoi credermi, Apollo sta per trafiggere.(9) . Il sacerdote si prepara
dunque al sacrificio, invitando al silenzio il pastore, ma proprio quel silenzio imposto viene spezzato dal vociare del console del villaggio accompagnato da una

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folla tumultuosa: Chi vive ancora qui

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dentro? Forse dei fantasmi e delle streghe vi sono rimasti, qui, presso l'altare del demonio, lungi da tutti i viventi? (10); i
presenti si stupiscono di vedere ancora persone intente agli antichi riti, e le ulteriori parole del console sono piene di tracotanza, tanto da intimare all'anziano sacerdote di abbandonare il tempio, ed ai concittadini di chiamare un prete per purificare il l u o g o e consacrarlo a Cristo. Le ultime commosse parole che il sacerdote di Apollo rivolge al simulacro, sono strazianti, ma allo stesso tempo lucide e razionali: Mio Dio, ecco che mi allontano, io che ti

risplendi dallalto dei cieli, tu cuor del cielo, che nutri ogni cosa di sangue immortale; intelligenza del mondo, tu che emani da te le anime, come fossero scintille che saltano fuori da un fuoco che non si spegne mai; tu, ragazzo, mantieni in ordine gli astri, tu sei il pastore che riporta le stelle che vagano allovile e spazi per linfinita selva del cielo, o Sole!(11). Al
termine dellintimo e vibrante congedo del sacerdote dApollo, il prete entra nella cella, e mette in luce quanto a suo avviso sia la verit religiosa, ottenendo una sconcertante risposta dal vecchio: Straniero, tu dici quello che dico anche io!(12). Il sacerdote di Apollo per ha riconosciuto nella figura adulta del prete quella del suo compagno di scuola, del suo compagno di infanzia, del suo vecchio amico, ormai lontano dai comuni insegnamenti ricevuti. Il fanciullo di marmo resta

ho servito fin da quando ero fanciullo; ma ora, troppo vecchio, sono costretto a lasciarti ed a morire senza di te. E tu Apollo, sarai sottoposto ai colpi del martello, e i cunei smembreranno il tuo corpo. Perch? [] Ti sbalzeranno con la forza dal tuo trono e ti scacceranno dal tempio nel mentre giochi e non arrechi danno a nessuno; loro invece ti faranno del male con gli scalpelli, ti spaccheranno il volto con picconi e poi ti interreranno [] Ma sar inutile! Tu ugualmente

immobile sul piedistallo, incombendo sui vecchi abbracciati: tutto preso dal suo gioco e non bada a questi. Ma il custode lo scorge attraverso le lacrime che gli velano gli occhi [](13). Le parole che il
sacerdote di Apollo rivolge allamico prete

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sono commoventi: il tono della supplica mescolato a quello del ricordo, e quello del ricordo, a sua volta, rimanda ad un comune sentire, un sentire religioso e reverenziale, affievolito ma non scomparso nellamico convertito al nuovo culto. Allora [ai tempi della scuola ndr.]

pena che il sacerdote gli aveva predetto. Ma ecco che una folla immensa irrompe,

facendo un terribile fracasso; abbattono la statua, la distruggono, ne raccolgono i pezzi e si arrampicano su di uno scoglio. Gettano lidolo tra i flutti: le acque lo sommergono e gli si richiudono sopra.(15).
Il destino del vecchio sacerdote dettato dallo sconforto: la sua vita ormai privata del suo scopo e della sua ragion dessere.

era bello calmare con il canto il dio che nasconde e svela il giorno, che nasce sempre uguale e sempre diverso, che regna su ogni cosa, quello che la terra rigogliosa ben felice di rivedere, vestita di fiori, di erbe e di alberi, con il suo sorriso, come genitore, colui per il quale cantano le fonti ed i fiumi con il proprio gorgoglio ed il mare collalternato movimento delle onde. E noi, preceduti da nulla in perfezione, beati in ogni singola cosa, noi uomini, vogliamo privare il Sole dellonore che gli dovuto?(14). A
queste parole, Eone, il prete, risponde mettendo in luce quelle che a lui sembrano delle inadeguatezze rispetto al nuovo sentimento religioso. Le suppliche del sacerdote di Apollo si fanno pi esplicite: chiede di risparmiare il simulacro del Dio fanciullo, innocente, a costo anche di doverlo nascondere in qualsiasi altro luogo, oppure di vederlo mutato nel suo vero nome. Le preghiere del sacerdote riescono a far breccia nel cuore dellamico cristiano, ma non nelle menti, ottenebrate da un odio ed un risentimento difficilmente concepibili, della folla: il simulacro del Dio subisce la

Il Sole ritir i suoi raggi dalle onde tinte di rosa: gli occhi del vecchio videro cos, per lultima volta, il tramonto del sole.(16).
Lultima immagine che si presenta ai suoi occhi la pi disarmante: dove cera Apollo, ora c Cristo, dove cerano fedeli devoti al Sole, ora ci sono cristiani che inneggiano al loro dio. Non c pi spazio in quella civilt per lultimo dei sacerdoti del Dio: mentre Apollo entra a far parte del numero dei demoni notturni, scacciati dai loro antichi templi, il vecchio, facile immaginarlo, si sottopone ad una fine poco dolorosa, quasi doverosa: una scelta quella della morte, resa ancor pi semplice dalla mancanza di motivazioni per restare. Poi il silenzio, il tempio

scompare nelloscuro e le stelle percorrono, silenziose, la volta celeste.(17). [L.A.]

NOTE: 1. Poemata Christiana una raccolta (non curata e non dipendente da Pascoli) di alcuni

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poemetti latini, composti in occasioni e periodi differenti (tra il 1901 e il 1911), tutti inerenti al periodo di propagazione ed affermazione del cristianesimo. Il titolo stato proposto, e poi universalmente accettato da Gandiglio. 2. Thalusa, poemetto in esametri e saffiche per un totale di 194 versi, composto nel 1911, racconta la storia di una giovane schiava che deve affrontare il trauma della vendita ad un nuovo padrone. 3. Centurio, poemetto in 186 esametri, composto nel 1901, presenta la figura del centurione Eretrio, alle prese con il voler conciliare il suo passato di combattente ed il messaggio di pace di Cristo. 4. Pomponia Graecina, racconta la storia di una schiva, sottoposta la dramma della separazione e della vendita dalla famiglia nella quale prestava servizio. 5. Sono i due protagonisti del poemetto Pedagogium, nel quale si racconta la storia di Alessameno, deriso per la sua fede cristiana, e morto in nome di questa assieme al suo amico e derisore Careio, ormai convertito anch'esso. 6. Il Fanum Apollinis fu composto nel 1904 e l'anno successivo premiato ad un certamen di poesia latina di Amsterdam col primo premio. L'idea della composizione per risale al 1897 quando Pascoli, in viaggio per Messina, vide i resti dei templi di Paestum e pens di stendere un romanzo dal titolo L'ultimo sacerdote di Apollo. 7. Fanum Apollinis, vv. 1-18. 8. Fanum Apollinis, vv. 64-7. 9. Fanum Apollinis, vv. 89-102. 10. Fanum Apollinis, vv. 104-6. 11. Fanum Apollinis, vv. 135-51. 12. Fanum Apollinis, v. 155. 13. Fanum Apollinis, vv. 171-74. 14. Fanum Apollinis, vv. 186-193. 15. Fanum Apollinis, vv. 214-17 16. Fanum Apollinis, vv. 223-6. 17. Fanum Apollinis, vv. 231-3.

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Immagini: p.32, Apollo Sauroktonos, copia romana da originale di Prassitele, Parigi, Louvre [Inv Mr. 78 (Ma. 441)]. p.34, particolare dellApollo Sauroktonos (vd. immagine precedente).

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NAVAGRAHAS
Il Cosmo in un Mantra.

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La venerazione delle nove divinit planetarie generalmente diffusa fra gli Hindu, e proprio questo si intende col termine Navagraha che deriva da graha ossia pianeti, e nava, ossia nove. Queste divinit comprendono i sette pianeti tradiz ionali: Mercurio, Sole, Luna, Marte, Saturno, Giove, Venere, con laggiunta di Ketu e Rahu. Questi ultimi due un tempo erano parte dello stesso demone che fece eclissare Sole e Luna, e che successivamente venne separato, in Rahu ossia la met superiore, e Ketu, ossia la coda. Ad ogni pianeta assegnato un giorno della settimana, tranne che a Rahu e Ketu.(1) I Navagrahas vennero, con lapprofondirsi di queste usanze, venerati come veri e propri Dei, come testimoniato nei Veda.(2) Gli Hindu che venerano queste divinit sono anche convinti che i pianeti influenzino la vita di ogni uomo, cos ritengono importante equilibrare e placare le energie dei nove

Dei, per poterne ricevere armonia e realizzazione. Il pi potente fra i pianeti il Sole, chiamato Surya, o Ravi , impersona il principio creatore maschile, datore di prosperit e potenza. Poi abbiamo la Luna, detta Chandra, o Soma, descritta come un giovane Dio, occasionalmente come una Dea: presiede sulle acque e sulla vegetazione, dona alluomo sensibilit, senso artistico e bellezza. Il successivo pianeta in importanza Marte, Mangala, si dice sia nato dal sudore della fronte di Shiva(3), una divinit biliosa, ama le armi e dona capacit di comando. Successivamente abbiamo Mercurio, ossia Buddha, figlio della Luna, descritto come privo di c on n o t a t i s e s s u a l i , p a t r on o dellintelletto, dellinsegnamento e governa sulle scienze. raffigurato mentre cavalca un leone provvisto di una proboscide sul muso. Uno dei pi importanti graha Giove, chiamato

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Brahaspati, o Guru, impersonato in varie


divinit come Ganesh e Vishnu , nello Skanda Purana si dice che Brahaspati vener Shiva per duecento anni, e fu premiato dallo stesso essendo trasformato in pianeta. Governa su onore, successo, fama, favore e religione. Il successivo pianeta Venere, impersonato dal Dio Sukra, si dice sia figlio del Saggio Bhrigu, associato alla sensualit, ai gioielli, alla danza alla primavera, ed ritenuto fondamentale nella recitazione dei mantra, e nelle pratiche spirituali. Shani Saturno, il nefasto fra i nefasti, dipinto come un uomo crucciato, vestito di nero, mentre cavalca un enorme corvo. Gli influssi di questo graha sono considerati malefici, ed la gran parte delle cerimonie vengono dedicate proprio a placare la cattiva indole di Shani. Gli ultimi due dei Navagrahas sono Rahu e Ketu: Rahu il pianeta del Nodo ascendente(5), chiamato per combattere gli spiriti malefici, durante i terremoti e specialmente nelle eclissi; Ketu invece il pianeta del nodo discendente(6), descritto come senza testa. Si pensa infatti che Rahu sia il capo, e Ketu la coda, di uno stesso antico mostro ormai diviso. In molti templi indiani si trova un altare dedicato ai nove devats, ognuno dei quali si trova direzionato secondo un punto cardinale ben preciso: a Nord abbiamo Guru, ad Est Buddha, Sukra e Surya, a Sud Ketu, Rahu, Chandra e Mangala, ad Ovest Shani. Prima di lasciare
(4)

i templi dei Navagrahas, il cultuante depone le sue offerte e circuambula nove volte laltare cantando il Navagraha Stotram, oppure la seguente preghiera:

rogyam pradadtu no dinakarah candro yao nirmalam/ Bhtim bhmisutah sudhmu-tanayah prajm gurur-gauravam/ Kvyah komalavgvilsamatulam mando mudam sarvad/ Rhurbhubalam virodhaamanam ketuh kulasyonnatim. Possa il Sole darci lunga vita e buona salute; la Luna fama duratura; il figlio della Terra (Marte), carisma e prosperit; il figlio della Luna (Mercurio), intelligenza; Giove, rispettabilit; colui che possiede le qualit del poeta (Venere), possa darci la capacit di

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tenere discorsi melodiosi ed indimenticabili; colui dalla lenta andatura (Saturno), possa darci gioia continua e piacere; Rahu, forza e distruzione dei nemici; e Ketu, benessere [J.R.] familiare. (Trad. a c. d. r.)
SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:

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-YANO 2005: P. Yano, Calendar, Astrology, and Astronomy, nel The Blackwell Companion to Hinduism, Blackwell Publishing, 2005. -COLEMAN 1995: C. Coleman, The Mythology of the Hindus, Asian Educational Services, New Delhi, 1995. -DAS 1936: R. Das, Scope and Development of Indian Astronomy, St. Catherine Press, 1936.

NOTE:
1. YANO 2005. 2. DAS 1936. 3. COLEMAN 1995. 4. Brihat Parasara Hora, 1.26.31. 5. COLEMAN 1995. 6. COLEMAN 1995.

Immagini: p.37, raffigurazione di Shani, Saturno. p.38, Surya, di Pieter Weltevrede. p.39, altare ai Navagrahas, si noti la disposizione secondo I punti cardinali propria ad ognuno dei nove pianeti.

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SEZIONE OMNIA ALTERA

CARMINA GAELICA INNO AD ISIDE O MOON! UNA PREGHIERA A ZEUS


A cura di Jonathan Righi

AQUAE SULIS I SERAPEIA THE LINDOW MAN RECENSIONI

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CARMINA GADELICA
Frammenti di unantica tradizione.

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Questi canti e questi versi

hanno avuto una profonda influenza educativa su di me. E cos la conoscenza degli uomini e delle donne sotto la dettatura dei quali li ho scritti. Essi sono quasi tutti morti adesso, e senza lasciare successori. Con mano reverente e cuore grato io poggio questo sasso sulla pietra funebre di tutti quelli che composero e perpetuarono queste creazioni.(1)
Con queste parole Alexander Carmichael dedic la sua opera ricostruttiva ai creatori ed agli eredi degli antichi insegnamenti popolari scozzesi. I primi due volumi dei suoi Ortha nan Gaidheal, I Canti dei Galli, furono pubblicati nel 1889 ad Edimburgo: Carmichael viaggi in lungo e in largo per le Highlands, raccogliendo e trascrivendo i canti, le invocazioni ed i sortilegi fino a quei tempi tramandati solo oralmente. La radice di questi testi da cercare nella storia dellantico popolo celtico: la successione delle invasioni, il passaggio e la

mescolanza delle culture, a partire dagli antichi Pitti, sino alle invasioni vichinghe, la tradizione bardica portata sin nelle Highlands e poi lo sradicamento parziale operato dalla lingua inglese; queste sono le premesse che rendono complesse ed interessantissime tali testimonianze. Sebbene Carmichael non fosse un filologo, la sua opera ha aperto un nuovo ampio spettro di ricerca sul popolo celtico; appare chiarissima infatti la tenace persistenza delle antiche tradizioni pre-cristiane, sebbene le influenze del cattolicesimo siano spesso presenti e talvolta onnicomprensive. Uno dei brani che pi evidenzia e sottolinea i vari sincretismi e le interazioni religiosoculturali la Beannaich a Triath (Invocazione), che qui vi riporto in traduzione italiana: Benedici, o Capo dei Generosi Capi,/ Me,

che ti prego, e quello che mi caro/ Benedici tutte le mie azioni/ In eterno e per sempre dammi la salvezza.

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Mettiti sempre tra me ed ogni folletto,/ Tra me e la banshee(2), che la morte canta,/ Sii scudo al turbamento e alla tristezza/ Proteggimi dallo spettro che sul fondo delle acque nuota/ Da ogni bestia che la donna del Sidh(3) abbia toccato/ Da ogni essere malvagio che nellerba si contorce.

Danaan, ossia le divinit irlandesi capeggiate dalla dea Dana. Con donna del Sidh, si intendono appunto le creature femminili appartenenti a questa stirpe divina; nel folklore furono trasformate in fanciulle portatrici di disgrazia, rapitrici di bambini, incantatrici nefaste e temibili ingannatrici. 4. Nelle varie tradizioni i Troll sono creature umanoidi che viviono nel Nord Europa: sono descritti come giganti e dal comportamento maligno, pelosi, ruvidi e dotati di una coda irsuta. Questi mostri sono riscontrabili sia nelle tradizioni norvegesi, che in quelle anglosassoni, nonch nei racconti scozzesi, nei quali per appaiono come piccoli ed invisibili. I danni di cui spesso si macchiano i Troll sono furto, e rapimento di bambini umani, che prontamente sostituiscono con i loro figli. interessante come anche per le donne del Sidh sia descritto un comportamento identico: si evince che entrambe queste figure folkloristiche possano derivare dalla medesima antica tradizione pagana, per la quale non erano che spiriti semidivini o divinit vere e proprie. 5. Paracelso inserisce le Ondine nei suoi scritti sullalchimia, queste creature sono iconograficamente assimilabili alle fate, pur avendo come habitat naturale gli specchi dacqua ed i fiumi. Le Ondine sono descritte dal folklore anglosassone come prive di anima, mancanza colmabile col matrimonio con un essere umano, e sono dette essere causa degli annegamenti lungo i corsi dacqua. 6. I ghoul sono descritti per la prima volta nelle tradizioni arabe, in particolare ne le

Da ogni Troll(4) delle colline,/ Da ogni/ Ondina(5) che da presso mi stringa,/ Da ogni Ghoul(6) delle paludi,/ Proteggimi fino al giorno della morte,/ Proteggimi fino al giorno della morte.(7) [J.R.]

NOTE: 1. Frase pronunciata durante il Giorno di San Michele del 1899 da Alexander Carmichael durante la sua dedica dei Canti dei Galli. 2. Il termine banshee deriva dal gaelico bean, (tr. "donna"), e sidhe, che derivando da sith (tr. "fata") o sid ("montagna delle fate"), permette di tradurre Banshee con donna delle fate. una creatura propria del folklore irlandese e scozzese, descritta come una bella donna vestita a lutto con gli occhi costantemente arrossati dal pianto. Secondo la tradizione le banshee sono visibili solo da chi in procinto di morire, e sono spiriti legati ad alcune famiglie aristocratiche, per le quali svolgono il compito di avvertire riguardo alle morti imminenti. Negli anni successivi sono state demonizzate dalla visione cattolica e degradate a spiriti infausti. SORLIN 1991. 3. Il Sidhe il regno dove vivono i Tuatha de

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Mille e una Notte, sono mangiatori di carne Immagini: umana, spiriti non-morti che vivono in cripte e p.41. Riders of the sidhe (particolare), John luoghi cimiteriali. Il loro nome deriva dallarabo Duncan. al-ghl, che significa il demone. p.43, Riders of the sidhe, John Duncan. 7. Trad. R. Camerlengo.

SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE: -SORLIN 1991: E. Sorlin, Cris de vie, cris de mort: les fes du destin dans les pays celtiques, Suomalainen Tiedeakatemia, Helsinki, 1991.

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LA PREGHIERA DI UN INIZIATO AD ISIDE:
La preghiera di Apuleio.

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Traduzione: caeli, sive tu Ceres alma frugum parens originalis, quae, repertu laetata filiae, vetustatae glandis ferino remoto pabulo, miti commostrato cibo nunc Eleusiniam glebam percolis; seu tu caelestis Venus, quae primis rerum exordiis sexuum diversitatem generato Amore sociasti et aeterna subole humano genere propagato nunc circumfluo Paphii sacrario coleris; seu Phoebi soror, quae partu fetarum medelis lenientibus recreato populos tantos educasti praeclarisque nunc veneraris delubris Ephesi; seu nocturnis ululatibus horrenda Proserpina triformi facie larvales impetus comprimens terraeque claustra cohibens lucos diversos inerrans vario cultu propitiaris; ista luce feminea conlustrans cuncta moenia et udis ignibus nutriens laeta semina et solis ambagibus dispensas incerta lumina; quoque nomine, quoque ritu, quaqua facie te fas est invocare: tu meis iam nunc extremis aerumnis subsiste, tu fortunam conlapsam adfirma, tu saevis exanclatis casibus pausam pacem tribue.
Regina

O Regina del cielo: tu Cerere casta, prima creatrice delle messi, che, nella felicit del ritrovamento di tua figlia eliminasti l'antica usanza di mangiare ghiande come gli animali rendendo noto all'umanit un cibo pi gradevole, ora dimori nella terra di Eleusi; tu Venere Urania, che al principio del mondo unisti la diversit dei sessi avendo generato Amore, e propagando l'eterna stirpe del genere umano, ora sei venerata nel tempio di Pafo che il mare circonda; tu sorella di Apollo, che alleviando colle tue cure il parto delle donne gravide hai fatto nascere molti popoli, ora sei venerata nel tempio famoso di Efeso; tu Proserpina, che di notte, con le tue urla spaventose e con il tuo aspetto tripartito, fermi l'irruenza degli spettri e sbarri le porte del mondo sotterraneo, errando qui e l per i boschi, accogli favorevole le varie cerimonie del culto; e tu che con la tua luce femminea porti chiarore ovunque alle mura delle citt e colla tua rugiadosa bellezza alimenti la rigogliosa semente e con i tuoi solitari vagabondaggi spandi il tuo timido chiarore; con qualsiasi nome, con qualsiasi rito, sotto qualsiasi aspetto sia lecito invocarti: concedimi il tuo aiuto nel momento delle estreme tribolazioni, risana la mia fortuna avversa, e dopo tante disgrazie che ho sofferto, donami pace e riposo.

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La presente preghiera, in prosa, tratta dal libro XI delle Metamorfosi di Apuleio, presenta chiaramente una struttura bipartita: invocazione e supplica. L'invocazione a sua volta divisa in cinque parti, una per ogni nome/aspetto nel quale si invoca la Dea Iside: Cerere, Venere, Diana, Proserpina, Selene. La supplica, quantitativamente molto minore rispetto all'invocazione, occupa la parte finale del testo, e presenta un contenuto piuttosto vago e quindi adattabile a qualsiasi fedele. [L.A.]

Immagini: p.45, Iside, Roma, Museo Nazionale delle Terme di Diocleziano.

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O MOON!
Un amato alla Luna.

O Moon! The oldest shades mong oldest trees Feel palpitations when thou lookest in: O Moon! Old boughs lisp forth a holier din (55) The while they feel thine airy fellowship Thou dost bless everywhere, with silver lip Kissing dead things to life. The sleeping kine, Couched in thy brightness, dream of fields divine: Innumerable mountains rise, and rise, (60) Ambitious for the hallowing of thine eyes; And yet thy benediction passeth not One obscure hiding-place, one little spot Where pleasure may be sent. The nested wren Has thy fair face within its tranquil ken, (65) And from beneath a sheltering ivy leaf Takes glimpses of thee; thou art a relief To the poor patient oyster, where it sleeps Within its pearly house. The mighty deeps, The monstrous sea is thine the myriad sea! (70) O Moon! far-spooming Ocean bows to thee, And Tellus feels his foreheads cumbrous load.

O Luna! Le antichissime ombre tra antichissimi alberi palpitano quando tra di esse guardi: O Luna! I vecchi rami frusciano pi santi (55) quando sentono la tua presenza daria. Tu benedici ogni luogo, con labbro dargento morte cose baciando alla vita. La mandria dormiente, accovacciata alla tua luce, sogna pascoli divini: monti innumerevoli sergono, alti e pi alti, (60) anelanti alla santificazione del tuo sguardo; ma la tua benedizione non sorvola nessun recondito recesso, nessun angolo minuscolo dove il piacere giunga. Linnidiato scricciolo ha il tuo bel volto quietamente in vista, (65) e da sotto la schermante foglia dedera tocchieggia; tu sei il conforto della povera paziente ostrica, dovella dorme nella sua perlacea casa. I possenti abissi, il mare dei mostri tuo - il mare miriade! (70) O Luna! Oceano lungi-spumeggiante a te sinchina, e Terra sente il grave peso della sua fronte.

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Questo inno a Selene viene recitato da Endimione nel III Libro dellopera Endymion, di John Keats. Questo terzo libro fu scritto ad Oxford nel 1817; nel mentre lautore leggeva il celeberrimo Paradise Lost di Milton. Come meglio descrivere la trama del libro se non con le parole che Keats scrisse alla sorella Fanny: Molti anni fa cera un pastore giovane e bello che pascolava il suo gregge sui pendii duna montagna chiamata Latmo. Era un contemplativo e viveva solitario in foreste e pianure, mai pensando che una creatura leggiadra come la Luna fosse pazza damore per lui. Comunque, le cose stavano cos, e quando dormiva sdraiato sullerba, lei scendeva dal cielo ad ammirarlo troppo e troppo a lungo; e alla fine non riusc a frenarsi: lo prese fra le braccia e, addormentato, lo trasport in cima allalta montagna di Latmo Lettera del 10 Sett. 1817, I, pp. 153-56. J.R.

Immagini: p.46, Selene ed Endimione, affresco (da Pompei), Napoli Museo Nazionale. p.47, Manoscritto autografo di John Keats.

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UNA PREGHIERA A ZEUS
Segnaliamo e riportiamo qui di seguito il testo e la traduzione (di E. Verzura) di due frammenti orfici inneggianti a Zeus, re dell'Olimpo: le invocazioni, sopratutto la prima, potranno risultare alquanto oscure, ma proprio in questo risiede il loro fascino. Zeus visto come fondatore dell'universo e come rettore del mondo, che altro non sarebbe se non una sua benevola emanazione. I frammenti sono rispettivamente i frammenti 21 e 21a dell'edizione Kern. Il frammento 21 Kern spiegato bene nelle parole che lo precedono nel testo dello pseudo Aristotele, Sul mondo (cap. 7): In conclusione, celeste e sotterraneo, in quanto d il suo nome a tutti gli esseri e ad ogni evento, poich la causa di tutte le cose; perci, anche nei testi orfici a ragione si dice:

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sostanzialmente quanto detto prima in due esametri pregnanti: Zeus l'etere, Zeus la terra, Zeus il

cielo,/ Zeus tutte le cose e quanto pi in alto di esse.


Ci piace infine ricordare i templi maggiori dedicati a Zeus presenti sul suolo italiano sono quelli di Siracusa (IV sec. a.C.) ed Agrigento. Ben pi numerosi, e difficilmente elencabili, quelli di epoca romana dedicati a Giove. [L.A.]
Immagine: p.48, statua di Zeus con aquila.

nacque per primo, Zeus dalla fulgente folgore per ultimo;/ Zeus la testa, Zeus sta nel mezzo; tutto da Zeus compiuto;/ Zeus sostegno della terra e del cielo stellato;/ Zeus nacque maschio; Zeus fu immortale fanciulla;/ Zeus soffio di tutte le cose, Zeus slancio del fuoco indefesso./ Zeus la radice del mare; Zeus il sole e la luna;/ Zeus il re, Zeus dalla fulgente folgore il signore di tutte le cose:/ Infatti, dopo aver celato tutti, di nuovo alla luce colma di gioia/ dal cuore sacro li ricondusse, compiendo ardue imprese.
Il frammento 21 a. Kern riassume

Zeus

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AQUAE SULIS
Le acque della conciliazione.

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Vicino al fiume Avon, ad Aquae Sulis (Bath), sorge la pi importante fonte termale dellInghilterra; gi centro di pellegrinaggi e luogo di culto per i Celti, divenne fra il 60 ed il 75 d.C., per opera dellingegneria romana, un complesso molto articolato di strutture, provviste di una piscina ornamentale ad architettura classica. I Romani arrivarono nel 43 d.C. a Bath, durante il regno di Nerone, ed installarono nella fonte vari templi oltre a quello di SulisMinerva: l erano gli altari al Mercurio celtico, a Rosmerta, a Marte Loucetius, alle Dee Suleviae ed ai Genii Cucullati. La Dea che presiedeva alla fonte era chiamata Sulis, nome ricollegabile al Sole, probabilmente a causa del calore sprigionato dalle sorgenti. Questa Dea venne equiparata ad un aspetto della Minerva Romana, quello di guaritrice, ed infatti il luogo divenne meta

famosissima in tutto lImpero per tutti coloro che afflitti da malanni volevano ricevere guarigione. Della Sulis Minerva rimasto poco, eppure la testa in bronzo dorato della Dea ci suggerisce la bellezza delle sue rappresentazioni. Le acque termali a Bath contengono molti metalli al loro interno, fra i quali rame, potassio, radio, ferro e magnesio e la quantit di acqua generata dallintero complesso termale stupefacente: circa 2.250.000 litri al giorno, ad una temperatura di 46oC. Nelle vasche sono state ritrovate una grande variet di offerte fra le quali, le pi numerose, monete: gran parte delle offerte appaiono rovinate di proposito, si suppone questo avvenisse proprio durante latto dofferta. Questo danneggiamento sarebbe potuto essere stato fatto o per preservare gli oggetti dallazione dei ladri, svalutandoli, o proprio per rendere i doni esclusiva propriet della

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Dea grazie a queste piccole mutilazioni. Sono state trovate anche delle defixiones in piombo, vergate in un corsivo grossolano e recanti suppliche di vendetta per i torti subiti. Il declino di Bath in epoca romana avvenne intorno al 410 d.C., probabilmente in seguito ad invasioni

termale, ma ancora una volta al sito non venne data lattenzione che meritava. Solo nel 1878, durante dei lavori di scavo, si comprese limportanza archeologicoculturale di queste terme, le quali assunsero la duratura fama che oggi hanno, durante i successivi 100 anni. Il complesso

sassoni; le legioni imperiali iniziarono ad abbandonare i territori, e le citt iniziarono a subire razzie e scorribande. Questo segn la fine della popolarit delle Aquae Sulis, delle quali si hanno cenni storici solo durante il sec. VIII d.C., quando venne costruita unabbazia sullo stesso terreno al tempo inutilizzato. Nel 1775 quindi furono ritrovate le rovine della un tempo florida architettura

architettonico era costituito da tre aree collegate dalla vasca principale, posta al centro; probabilmente la vasca centrale, chiamata Great Bath, non era accessibile a chiunque, ed era adibita esclusivamente a luogo di culto e venerazione di SulisMinerva. Sono ancora intuibili la variet e lo sfarzo delle decorazioni interne, le quali lasciano intendere limportanza che questo luogo doveva avere per Celti e Romani. La

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Great Bath lunga 24 m, larga 12 m e
profonda oltre 1 m, lastricata con pannelli molto pesanti, alcuni dei quali, sul bordo esterno della vasca, presentano scanalature che riforniscono di acqua calda il bacino termale. Oltre a questa vasca ve ne sono altre tre, lultima in ordine di grandezza un frigidarium, nel quale i bagnanti solevano sciacquarsi dopo aver terminato le varie immersioni. Il resto della struttura comprende stanze per sauna, massaggi, palestra, e varie altre attivit usuali durante soggiorni salubri. Queste acque ancora oggi rimangono vive e calde per coloro che cercano guarigione e contatto con quellantica Madre che per secoli ha sempre accolto i suoi figli nel suo ventre. Le sue acque continuano a curare e nutrire il corpo e lo spirito di coloro che vi si affidano, consapevolmente o meno. [J.R.]
Immagini:

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p.49, dallalto verso il basso: testa dorata di Sulis-Minerva; ara dedicata alla Dea Sulis; Great Bath, vasca centrale. p.50, piantina del complesso termale di Bath. p.51, defixio ritrovata nelle acque di Bath: liscrizione prega la Dea di compiere giustizia contro Vilbia, rea di furto, si richiede che essa si sciolga come sciolte sono le acque della fonte termale.

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I SERAPEIA
Itinerari italiani per il culto di Serapide

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termine serapeum indica propriamente uno spazio sacro dedicato al culto del dio Serapide. Con la fine del regno tolemaico, e le sempre maggiori influenze culturali egiziane sull'impero romano, si andarono diffondendo anche i culti tipici, o resi tali, di questo impero dalla storia millenaria: il culto di Serapide aveva sede principale nel Serapeion di Alessandria, centro culturale e religioso della dinastia tolemaica, dove trovava il coronamento maggiore la politica di conciliazione tra etnia greca ed egiziana. I serapeia principali in suolo italiano dei quali ci rimangono cospicue fonti letterarie, descrizione, o evidenti resti archeologici sono quelli di Roma, Villa Adriana a Tivoli, Pozzuoli e Ostia.

Il

Il serapeo pi antico costruito a Roma risale al I sec. a.C. e fu costruito nella terza regione, per iniz iativa di Quinto Cecilio Metello, regione questa, che prese proprio il nome dal tempio: Isis et Serapis appunto. Successivamente venne edificato un altro luogo di culto dedicato a divinit egiziane ed egizieggianti: il tempio di Iside in campo marzio era il tempio pi grande della citt, lungo 240 m e largo 60, e venne decorato con obelischi, dei quali alcuni sopravvissuti, ed una mole infinita di statue egizie d'importazione o furto, e di decorazione in stile egiziano. Distrutto nell'80 d. C. il serapeo campense venne subito ricostruito da Domiziano e modificato infine da Adriano: a questo complesso appartengono gli

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obelischi di piazza del Pantheon, di Santa Maria sopra Minerva e quello in Piazza dei Cinquecento, assieme alla statua di Iside Sothis in Piazza Venezia, davanti alla basilica di S. Marco. Un altro serapeo molto famoso a Roma fu costruito, per una ampiezza ragguardevole, ma ipotetica, di 135x100 metri, da Caracalla; nei giardini di palazzo Colonna sopravvivono ancora oggi dei resti delle antiche sostruzioni del tempio, che doveva articolarsi in un imponente colonnato e nel tempio vero e proprio. Il serapeo per meglio conservato a Tivoli, nel complesso di Villa Adriana. L'imperatore Adriano volle riprodurre, in dimensioni decisamente minori, ma c o m u n q u e impressionanti ed imponenti, il complesso del serapeo di Canopo: una immensa vasca di 190 metri conduce alla struttura del santuario vera e p r o p r i a .

Probabilmente diviso in una parte di culto, nascosta, ed una parte riconducibile ad ambienti molto meno religiosi: d ot a ta di z a m p i l l i d'acqua era forse adibita a sala da pranzo. La destinazione al culto di questo complesso ancora dibattuta. Il serapeo di Ostia un autentico gioiello: ben conservato costruito in una struttura templare tipicamente romana. Due colonne sulla fronte restano ancora innalzate, e un delizioso mosaico rappresentante il toro Apis da accesso alla cella, dedicata a Giove Serapide, sincretismo tra Giove, re degli dei, e Serapide, anch'esso re degli dei, e per definizione il pi grande di tutti gli dei. Non pi di un cenno merita invece il cos detto tempio di Serapide a Pozzuoli, famoso per i fenomeni di bradisismo a cui sottoposto, per in dubbio se fosse una tholos dedicata al culto del Dio, o

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un edificio di utilizzo costruito nell'ambito del macellum cittadino. [L.A.]

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Immagini: p.52, dallalto verso il basso: Serapeo del Quirinale, in una ricostruzione immaginaria del 1700; Iseo Campense, piantina ricostruttiva riscontrabile sullabitato moderno. p.53, dallalto verso il basso: Serapeo di Villa Adriana, Tivoli; Serapeo di Pozzuoli. p.54, piantina del Serapeo di Villa Adriana nel Canopo.

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THE LINDOW MAN
Il sacrificio nel rito.

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Cesare, Diodoro Siculo(1), Strabone(2), tutti autori a cui fu molto a cuore descrivere le usanze sacrificali del popolo dei Celti(3). Eppure qualcun altro sembra essere stato il vero appassionato di questi temi: si suppone che tutti e tre i grandi uomini abbiano preso spunto da un certo Posidonio, vissuto 50 anni prima dello sbarco di Cesare in Britannia, durante il II sec a.C. circa. Lo scrittore descrisse, secondo la summa delle varie integrazioni dei sopra citati tre autori, lusanza di sacrificare ogni cinque anni un uomo, che veniva inserito in unenorme bambola antropomorfa di vimini intrecciati. Il fuoco sarebbe stato il mezzo finale per c o n s u m a r e i l s a c r i f i ci o . Mann hardt conside ra la costruzione delluomo di vimini come il compimento simbolico del sacrificio dello spirito del grano e della vegetazione, rappresentato dalluomo (talvolta da un animale), contenuto nellomino. Ancora oggi in alcune parti

dellInghilterra e dellIrlanda rimane luso di bruciare bambole di paglia in determinati periodi dellanno, chiara reminiscenza degli antichi riti di fecondit e prosperit del luogo(4). Altri autori divergono da queste tesi, pi reticenti sulla possibilit che potessero essere compiuti sacrifici umani, eppure i ritrovamenti dellEt del Bronzo Swanwick e dellEt del Ferro Holzhausen sono abbastanza chiari. Qui entra di gran lena il nostro Uomo di Lindow, scoperto il 1 Agosto del 1984 in una palude a Lindow Moss, vicino Wilmslow nel Cheshire. Datato al 300 a.c. circa, era alto fra 1.60 e 1.73 per 60 kg di peso, e venne ritrovato accovacciato a testa in gi nello specchio dacqua sopra citato. Le circostanze della morte sono peculiari, fu colpito due volte sulla nuca, impalato, soffocato e poi sgozzato; sicuramente apparteneva ad un alto rango sociale, vista la cura dei baffi e delle mani, e la presenza di bracciali di pelliccia(5). Uno

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studio di Pyatt confermato poi da Cowell ha rilevato tracce di rame su pelle e capelli, probabilmente dovuti a pitture ornamentali avvenute pre-morte (6) . Lelemento pi curioso la presenza di vischio nello stomaco delluomo, e da qui una serie di ragionamenti su sue implicazioni in rituali druidici si fa dobbligo. Casi simili si ritrovano con luomo di Tollund, con il Borre Fen, il Grauballe e lo Juthe Fen. Probabilmente la funzione di questi sacrifici era propiziare le divinit acquatiche/ctonie del luogo, e come spesso succede, lacqua rimane il mezzo prediletto per inviare le offerte sacrificali agli Dei. [J.R.]

Newton & Compton editori, 1992. -PRAG. NEAVE. 1997: J. Prag, R.Neave, Making

faces: using forensic and archaeological evidence, Londra, British Museum, 1997.
-ROSS 1989: A. Ross, D. Robins, The Life and Death of a Druid Prince, New York, Simon & Schuster, 1989.

Immagini: p.55, dallalto verso il basso: Uomo di Lindow al British Museum; ricostruzione facciale dellUomo di Lindow ottenuta tramite analisi radiografiche. PRAG. NEAVE. 1997, pp. 157 171. p. 56, volto delluomo di Tollund.

NOTE:
1. DIOD. SIC. V, 31. 2. STRAB. IV, 5. 3. POMP. MEL. III, 2; LUC. Phars. v. 451. 4. FRAZER 1992. 5. ROSS 1989. 6. COWELL 1995, p. 74-5.

SCIOGLIMENTO DELLE SIGLE:


-COWELL 1995: M. R. Cowell, P.T. Craddock,

"Addendum: Copper in the Skin of Lindow Man", Bog Bodies: New Discoveries and New Perspectives, British Musem Press, Londra,
1995. -FRAZER 1992: J. G. Frazer, Il ramo doro,

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Orfici, testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, a c.


di E. Verzura, pref. di G. Reale, Milano, Bompiani 2011. [pp. 815, euro 28]

La riedizione proposta dalla Bompiani della canonica edizione degli orphicorum fragmenta di Kern ha un intento decisamente lodevole, quello di rendere accessibile alla massa di lettori colti, ma non specializzati, la mole dei frammenti e delle testimonianze inerenti l'orfismo. La ristampa, in anastasi, dell'edizione Kern infatti affiancata da una traduzione italiana, la prima integrale, che rende facilmente fruibili i testi. Le sezioni sono le seguenti: 1. Testimonianze di maggior valore (il mito di Orfeo, gli orfici e gli orfeotelesti, gli scritti orfici, gli antichi scrittori, appendice su Orfeo celebrato in poesia); 2. Frammenti degli orfici (frammenti pi antichi, componimenti poetici sul rapimento e il ritorno di Proserpina, Teogonia di Ieronimo e di Ellanico, Discorsi sacri in ventiquattro rapsodie,

bacchiche, testamenti, etc). L'edizione corredata dagli indici approntati da Kern, che per risultano ad un semplice lettore poco utili e fruibili, essendo stesi, come da tradizione delle edizioni critiche, in latino. L'intento divulgativo appare per smorzato quando ci si addentra nella lettura del volume: si capir fin da subito che i frammenti raccolti dal Kern non sono stati raccolti con intento filosofico, letterario e tanto meno religioso, ma con intento strettamente filologico, il che rende la maggior parte dei frammenti di scarso o minimo interesse per un lettore medio, non interessato o non addentro alla questione orfica. Si aggiunga inoltre che l'edizione Kern, in quanto edizione critica, mira a raccogliere la totalit delle testimonianze ed a fornirle di un apparato critico, ma non tenta minimamente di spiegarle o

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commentarle, cerca al pi di catalogarle: la curatrice della traduzione italiana segue i principi editoriali di Kern, non arricchendo il testo con note di commento o di spiegazione. Cos strutturata l'edizione con traduzione appare fortemente limitata nella sua utilit: una edizione destinata ad un pubblico di specialisti male adattata ad un pubblico di lettori bisognosi della traduzione italiana, ma perfettamente capaci di intendere e comprendere quanto tradotto? Nonostante le perplessit di presentazione di tali testi che noi possiamo nutrire l'edizione dei frammenti orfici di Kern non dovrebbe mancare nella biblioteca di nessun pagano classicista alquanto addentro al pantheon greco: spunti di riflessione infiniti e verit rivelate colpiscono chiunque con un fascino misterico totalmente autentico e genuino. Ci auguriamo per che possano uscire al pi presto i restanti volumi promessi dalla Bompiani sull'orfismo: ovvero la traduzione dei ben pi succosi e voluminosi frammenti dell'edizione Bernab, contenenti in quattro volumi le opere epiche di impronta religiosa orfica, che a tutt'ora non sono stati ancora mai tradotti integralmente in italiano. [L.A.]

Immagini: p.58, Giovane tracia recante la testa di Orfeo, Gustave Moreau.

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Le religioni dei misteri, vol. 2 Samotracia, Andania, Iside, Cibele e Attis, Mitraismo, a c. di P. Scarpi, Milano, Mondadori 2008. [pp. 616, euro 27.]

Parlare di una edizione della fondazione Lorenzo Valla equivale pressoch sempre a stendere un elogio del volume. L'opera in questione, seguito di un primo fortunatissimo, ed ahim esaurito, volume sullo stesso argomento cerca di mettere assieme i tasselli inerenti alle iniziazioni antiche misteriche pi famose. In questo volume sono affrontate alcune delle iniziazioni pi misteriose e meno conosciute, come quelle al mitraismo, o quelle ai misteri di Andania, o quelle alla Grande Madre Cibele. Scarpi premette al volume una stringata introduzione, rimandando alle introduzioni particolari gli argomenti inerenti ai singoli temi affrontati. La raccolta dei frammenti molto intelligente, specie nel caso dei misteri di Cibele, sconosciuti anche agli specialisti di ambito classicistico; su Iside invece lascia a desiderare, appoggiandosi pesantemente alle fonti maggiormente note, il De Iside et Osiride plutarcheo ed il libro XI delle metamorfosi di Apuleio, escludendo la grande mole di attestazioni epigrafiche

che tanto avrebbero potuto arricchire il gi vasto repertorio del volume (nella sezione Iside per vanno sottolineati e segnalati i due frammenti di aretalogie isiache, per la prima volta tradotti in italiano). Ad una prima lettura, magari ingenua, potrebbe apparire molto deludente la sezione mitraica, presentando solo frammenti e citazioni di lieve o minima estensione: il problema questa volta per addebitabile alle fonti, le quali gi all'epoca dimostravano di conoscere ben poco dell'iniziazione e dei culti di Mitra. Assolutamente sorprendente e di una rara utilit il commento, ampio e particolareggiato, che Scarpi allega in fine del volume ad ogni singolo frammento. Nel consigliare caldamente l'acquisto del volume a chiunque abbia interesse verso argomenti come le iniziazioni, i misteri iniziatici e le religioni orientali, dichiariamo di averne messo molto a frutto il contenuto e di averne tratto non pochi spunti di lettura e di approfondimento riscontrabili anche nel presente numero della rivista. [L.A.]

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BIBLIOGRAFIE GENERALI:
LE DEE E LE ACQUE:

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-A Corpus of Writing-Tablets from Roman Britain, Centre for the Study of Ancient
Documents, Oxford, 2002. -M. GESLER WILBERT, Healing places, Lanham MD: Rowman and Littlefield Publishers, Lanham, 2003. GIULIANO: -GIULIANO IMPERATORE, Alla madre degli Dei e altri discorsi, a c. di J. Fontaine, Milano, Mondadori 2006. -P. ATHANASSIADI-FOWDEN, L'imperatore Giuliano. Milano 1984. I CELTI E LASTRONOMIA: -P. LAMBERT, La langue gauloise, Editions Errance, Parigi, 2003, cap. 9. -D. R. LEHOUX, Parapegmata: or Astrology, Weather, and Calendars in the Ancient World, PhD Dissertation, University of Toronto, Toronto, 2000. -JAMES SIMON, Exploring the World of the Celts, Thames and Hudson, Londra, 1993. -M. HOSKIN, Tombs, Temples, and Their Orientations: A New Perspective on Mediterranean Prehistory, Ocarina Books, Bognor Regis, 2001. CARMINA GADELICA: -A. CARMICHAEL, Carmina Gadelica: Hymns & Incantations, Lindisfarne Books, 1992. NAVAGRAHAS: -D. PINGREE, Representation of the Planets in Indian Astrology, Indo-Iranian Journal, 1965. -S. A., Indian Planetary Images and the Tradition of Astral Magic, Journal of the Warburg and Courtauld Institutes. 1989. O MOON!: -J. KEATS, Endimione, a c. V. Papetti, Rizzoli, Milano, 2005.

Bibliografia

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AQUAE SULIS: -GOFFREDO DI MONMOUTH, II, 14. -WALTER ADDISON JAYNE, M.D., The Healing Gods of Ancient Civilizations, Yale University Press, New Haven, 1975. -A. ROSS, Pagan Celtic Britain: Studies in Iconography and Tradition, Columbia University Press, New York, 1967. -R.A.L SMITH, Bath, B.T. Basford Ltd., Londra, 1944. -A. TAYLOR, The Roman Baths of Bath, Chronicle and Herald Press, Bath, Inghilterra, 1928. FANUM APOLLINIS: -IOHANNIS PASCOLI, Carmina, recognoscenda curavit Maria soror, Appendicem criticam addidit A. GANDIGLIO, Bononiae, in aedibus N. Zanichelli, 1930, 2 voll. -E. PARATORE, La cronologia dei Carmina pascoliani e il suo significato, in Giovanni

Pascoli. Poesia e poetica. Atti del convegno di studi pascoliani (San Mauro, 1-2-3 aprile 1982), a cura di E. SANGUINETI, Rimini, Maggioli, 1984.
-A. TRAINA, Il latino del Pascoli. Saggio sul bilinguismo poetico, Firenze, Le Monnier, 1971. SERAPIDE:: -J. STAMBAUGH, Sarapis under the early ptolemies, Leiden, Brill, 1972. -T. BRADY, The reception of the Egyptian Cults by the Greeks (130-30 b. C.), Columbia, Missouri, 1935. -CASTIGLIONE, Les statues de culte hellnisitique du Sarapieion dAlexandriet, in Bullettin du Muse National Hongrois des Beaux-Arts, XII (1952), pp. 17-39. I SERAPEIA: -SERENA ENSOLI, I santuari di Iside e Serapide a Roma e la resistenza pagana in et tardoantica in Aurea Roma, 273-282. Roma, L'Erma di Bretschneider, 2000 . UNA PREGHIERA A ZEUS:

-Orfici, testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, a c. di E. Verzura, pref. di G.


Reale, Milano, Bompiani 2011.

Bibliografia

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SERAPIDE: -J. STAMBAUGH, Sarapis under the early ptolemies, Leiden, Brill, 1972. -T. BRADY, The reception of the Egyptian Cults by the Greeks (130-30 b. C.), Columbia, Missouri, 1935. -CASTIGLIONE, Les statues de culte hellnisitique du Sarapieion dAlexandriet, in Bullettin du Muse National Hongrois des Beaux-Arts, XII (1952), pp. 17-39.

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