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RECETTORI TATTILI
I recettori tattili sono 4: due più superficiali (Merkel e Meissner)e due leggermente più profondi.
I recettori di Merkel e di Meissner sono entrambi sottocutanei. Mentre il Meissner è un recettore di
tipo fasico o ad adattamento rapido il recettore di Merkel è di tipo lento o tonico.
Abbiamo poi altri due recettori: il corpuscolo del Pacini, che è un recettore a rapido adattamento, e
il recettore del Ruffini che, invece, è un recettore a lento adattamento o di tipo fasico.
L’immagine mostra la dislocazione e l’ampiezza dei campi recettivi per i quattro recettori tattili.
I recettori più superficiali hanno un campo recettivo molto piccolo e molto localizzato. Essi sono i
recettori che ci consentono di distinguere se la punta di un oggetto è appoggiata in una zona
piuttosto che in un’altra della cute. Il corpuscolo del Pacini, che è a rapido adattamento, ha un
campo recettivo molto ampio, questo campo recettivo è tale per cui la risposta è molto intensa se lo
stimolo viene dato nel punto centrale del campo recettivo, ma, risponde molto bene anche se è dato
in tutto il campo recettivo.
Questa distribuzione del campo recettivo ci consente di distinguere uno stimolo puntiforme in
maniera molto precisa, grazie ai recettori superficiali, però ci dice, anche, se lo stimolo non è
puntiforme ma, ad esempio, di scorrimento, grazie ai recettori più profondi. L’integrazione dei
campi recettivi, dei recettori a rapido adattamento, fa si che questi stessi recettori possano
rispondere a stimoli meccanici che hanno modalità molto diverse: quelli del Meissner rispondono a
stimoli puntiformi, quelli del Pacini rispondono a stimoli più diffusi. Questa è la logica con cui sono
stati previsti quattro tipi di recettori.
Il recettore tonico risponde per tutta la durata di applicazione dello stimolo e, quindi, ci informa del
protrarsi dell’applicazione dello stimolo stesso sulla cute. Il recettore fasico, o a rapido adattamento,
risponde, invece, soltanto nel momento in cui viene fatta variare l’intensità dello stimolo, quindi
risponderà soltanto quando lo stimolo viene applicato e quando viene rimosso.
La distribuzione dei recettori e l’ampiezza dei loro campi recettivi varia grandemente.
Le caratteristiche dei recettori tattili sono mantenute su tutta la superficie, sono però diverse, sia la
soglia di eccitazione di questi recettori, che il campo recettivo, anche nell’ambito di una stessa
modalità recettoriale. (I recettori del Meissner o del Pacini che si trovano sotto la cute nel palmo
della mano hanno una soglia di eccitazione e un campo recettivo differente da quelli che si trovano
,per esempio, sul dorso o sulla coscia.).
La soglia, nel grafico, è espressa come quello stimolo tattile che determina l’insorgenza di una
risposta, cioè che viene percepito.
In fisiologia la soglia è un potenziale. La soglia è il potenziale della cellula raggiunto il quale
(potenziale soglia) la cellula, che era rimasta silente, a riposo, si attiva. La soglia è quel potenziale
al quale, in una cellula eccitabile, si scatena l’evento di eccitazione, cioè si scatena il potenziale di
azione.
Se non si arriva a soglia non c’è trasmissione del segnale elettrico, non c’è informazione e, quindi,
non c’è risposta. E’ la base perché ci sia una trasmissione di impulsi nel sistema nervoso centrale.
L’impulso è il potenziale d’azione.
Come si osserva dal grafico, a seconda delle zone in cui io vado a provare ad appoggiare il mio
pesino, la soglia viene raggiunta con stimolazioni diverse. Nelle varie zone la soglia di eccitazione è
variabile.
La soglia di eccitazione è più bassa nel viso rispetto alle altre zone per due motivi: 1) la soglia
stessa è più bassa in alcuni recettori cutanei rispetto ad altri, (è intorno a –50 –40mV) un recettore
meccanico sulla cute del viso potrebbe, ad esempio, avere una soglia di –50mV, quello sulla cute
del dorso potrebbe avere una soglia di –40mV per cui la depolarizzazione che deve indurre lo
stimolo per arrivare a soglia è maggiore, quindi deve essere più alto lo stimolo. 2) i campi
recettoriali sono più ampi nel dorso rispetto al viso, cioè c’è una maggior frequenza di distribuzione
dei recettori in alcune zone piuttosto che in altre.
Questa stessa diversa distribuzione di recettori, che troviamo nelle varie zone della cute, rispecchia
la distribuzione di aree nella corteccia sensoriale deputate ad una o all’altra zona. C’è
corrispondenza tra numero di recettori ed estensione della zona corticale che corrisponde alla
valutazione di queste zone.
I campi recettoriali hanno diversa estensione.
La capacità di discriminare tra due punti sulla superficie corporea è legata non solo alla distanza tra
i vari recettori (più ravvicinati sono i recettori più è semplice identificare qual è il punto in cui la
punta di uno spillo tocca il dito) ma anche al fenomeno dell’inibizione laterale. L’inibizione laterale
è un fenomeno che si verifica in tutto il sistema nervoso centrale. E’ un fenomeno per cui si cerca di
evidenziare lo stimolo applicato al centro del campo recettivo inibendo tutto ciò che si trova
intorno.
(immagine A) Stimolando un punto del derma vado a cadere nel campo recettoriale dei tre recettori
rappresentati, quindi li stimolo tutti e tre. Dopo che sono stimolati incomincia a partire una scarica
di impulsi (rappresentata dalle stanghette) (differenza tra stimolo ed impulso: lo stimolo è esterno;
l’impulso è un fenomeno ripetitivo che corrisponde al potenziale d’azione. Uno stimolo può dar
luogo, oppure no, alla nascita di un potenziale d’azione).
Via via che il segnale viene trasmesso dalla periferia verso il sistema nervoso centrale attraversa
varie stazioni (stazioni di relay) che possono essere quelle che si incontrano nelle colonne dorsali
del midollo spinale o nei nuclei bulbari o nel talamo…
La prima stazione trova, ad esempio, un neurone che viene eccitato dalle vie provenienti dai tre
recettori; su questo neurone centrale, colpito dai neuroni afferenti, si ha il fenomeno della
sommazione spaziale. Viene liberata una quantità maggiore di mediatore rispetto ai neuroni laterali
e, quindi, l’entità dell’eccitazione è maggiore; non cambia mai l’ampiezza dell’impulso, ma, cambia
la frequenza; è la frequenza che codifica l’ampiezza dello stimolo.
Ad ogni stazione intermedia il neurone centrale sarà più eccitato di quelli laterali e più ci si
allontanerà dalla zona centrale più sarà basso il segnale.
L’informazione finale che ci arriva corrisponde a una stimolazione maggiore al centro e
leggermente minore verso i lati. Non è un’informazione precisa e non permette di discriminare due
punti vicini.
Fenomeno dell’inibizione laterale
Lo schema (immagine B) è uguale a quello precedente ma, oltre alle cellule eccitatorie, che si
ripartiscono nei vari relay, vengono incluse anche alcune cellule a carattere inibitorio.
In corrispondenza della prima stazione di relay lo stimolo, proveniente dai tre recettori di partenza,
va ad assommarsi sul neurone centrale; da questo neurone centrale parte una via eccitatoria che
eccita una cellula (indicata in nero) che ha carattere inibitorio. La cellula centrale riceve
un’eccitazione maggiore rispetto alle cellule laterali, di conseguenza avrà anche un’attività inibente
più potente sulle cellule laterali. Anche queste ultime, a loro volta, inibiscono la cellula centrale,
ma, dato che l’eccitazione portata sulla cellula centrale è maggiore, anche l’inibizione che la cellula
centrale induce sulle cellule periferiche sarà maggiore.
Ne deriva che, avendo a disposizione questi interneuroni, che inibiscono le cellule laterali, il
segnale intermedio potrebbe essere un po’ smorzato ma, soprattutto, il segnale laterale, rispetto a
quello mediale, è molto smorzato. Di conseguenza si è in grado di capire che lo stimolo è molto più
marcato in un determinato punto rispetto che nelle parti limitrofe.
L’inibizione laterale consente, quindi, di avere una discriminazione percettiva molto rilevante.
Questo fenomeno non è confinato soltanto alla percezione tattile, ma è una caratteristica di tutte le
vie sensoriali (tattile, visiva, uditiva…) .
Ogni zona è caratterizzata da recettori tattili con un campo percettivo variabile e con una soglia
variabile. La stessa distribuzione è riproposta e amplificata nella corteccia sensoriale primaria. Più
della metà di tutta la corteccia è deputata alla percezione della sensibilità tattile discriminativa del
capo; in particolare del viso, della lingua e della faringe.
La quantità di afferenze che provengono da queste zone periferiche alla corteccia sensoriale
primaria è molto più ampia e, quindi, c’è bisogno di una corteccia molto più ampia, di un numero
di neuroni più ampio e di circuiti neuronali più ampi e complessi per poter integrare tutte queste
informazioni.
Il fatto che la corteccia sia corrugata è un’esigenza anatomica, funzionale, per aumentare lo spazio a
disposizione dei neuroni, sulla superficie cranica.
Anche il piede ha una rappresentazione abbastanza ampia. (camminandoci dobbiamo avere la
percezione della posizione dei piedi sul terreno).
La distribuzione di recettori sul viso è importante anche perché, nel viso, abbiamo anche altri organi
recettoriali come l’occhio. Le afferenze visive vanno sulla corteccia calcarina, ma, tutte le strutture
nel viso che proteggono gli occhi sono riccamente provviste di recettori.(basta sfiorare la cornea o
una palpebra per accorgersene).
Questa distribuzione è abbastanza mantenuta in tutta la scala evolutiva, per lo meno per quanto
riguarda i mammiferi.
(a secondo della specie e a secondo dell’utilizzo che la specie fa della propria superficie corporea
“l’omuncolo” sensitivo, ricostruito sulla base di come sono distribuiti i circuiti sensoriali nella
corteccia sensoriale, è diverso).
RECETTORI TERMICI
I recettori termici, o termocettori, sono recettori composti da una terminazione libera.
Ci sono due tipi di termocettori.
I recettori cutanei sono distinti in recettori che rispondono al freddo e recettori che rispondono al
caldo.
Questi recettori sono terminazioni libere, che si approfondano nel derma, e che sono adatti alla
percezione della temperatura ambientale, sia dell’area che degli oggetti che tocchiamo.
Questi recettori fanno si che, insieme alla percezione tattile, si abbia anche la capacità di percepire
la temperatura dell’oggetto.
C’è anche una seconda modalità di percezione della temperatura che è una percezione della
temperatura endogena.
La temperatura endogena è una temperatura intorno ai 37°C per lo meno in una zona, detta del core
termico (core=nucleo). La temperatura nel nostro organismo non è costante ma segue delle
stratificazioni; c’è una zona centrale, che comprende gli organi nobili (cervello, cuore, polmoni,
fegato), dove la temperatura è mantenuta rigorosamente costante a 37°C.
I termorecettori sono in parte localizzati sulla superficie. Questi ci informano della temperatura
esterna, essi ci evitano di toccare delle superfici a temperatura troppo alta o troppo fredda.
La temperatura del core centrale deve essere mantenuta rigorosamente costante per motivi di ordine
metabolico. Questa temperatura è rilevata da recettori termici che sono dei neuroni ipotalamici, che
si trovano nell’ipotalamo. L’ipotalamo è bagnato dal sangue e il plasma ha tra le sue funzioni quella
di rendere omogenea la temperatura del core termico.
Ogni variazione della temperatura del core termico, rilevata dall’ipotalamo, avrà un effetto
comportamentale, oltre che un effetto dettato da delle risposte cardiovascolari e respiratorie che
sono attivate dalla risposta ipotalamica.
Ci sono due classi di recettori cutanei: per il freddo e per il caldo.
I recettori per il freddo rispondono in maniera notevole e immediata se la temperatura è tra i 24 e i
26°C circa. La frequenza di scarica quando vengono sottoposti a temperature superiori decade.
Sono, quindi, recettori che servono per rilevare le basse temperature.(basse rispetto alla temperatura
corporea di 37°C).
Ci sono altri recettori che sono adibiti alla percezione del caldo. Rispondono molto bene se esposti a
temperature di circa 45°C; non rispondono dai 35° in giù né dai 50° in su.
Oltre i 50° non rispondono perche vengono “fritti”.
I recettori cutanei per il caldo e per il freddo sono quindi , in un certo modo, recettori
difettivi.(anche quelli per il dolore).
I NOCICETTORI
Il nocicettore è un recettore per il dolore.
E’ difficile parlare di recettore specifico per il dolore. La sensazione dolorifica viene indotta sulle
terminazioni libere, anche sui recettori termici, dalla liberazione nel tessuto di alcune sostanze.
Se prendiamo un nocicettore, cioè una terminazione libera nota per convogliare la risposta
dolorifica, e lo sottoponiamo ad un aumento di temperatura, la sua entità di stimolazione aumenta
linearmente.
Il nocicettore può essere un termocettore che si trasforma in un recettore del dolore nel momento in
cui la temperatura aumenta.
Lo stesso recettore può avere sia funzione di termocettore che di nocicettore.
Il recettore termico, nel momento in cui percepisce una temperatura che va al di fuori dell’ambito
fisiologico, evoca una risposta di tipo dolorifico.
I recettori termici e i recettori dolorifici convogliano le loro afferenze lungo la stessa via antero-
laterale.
Dal punto di vista fisiologico il dolore ha un’accezione positiva. La percezione del dolore è un
segnale di qualche cosa che non va; è un atteggiamento difensivo. Il dolore serve a preservare la
funzione fisiologica.
Sono molte le cause che possono generare dolore.
Un qualsiasi tipo di stimolo che induca una potenziale o un’effettiva lesione nel tessuto determina,
nel tessuto stesso, la stimolazione di terminazioni libere, ad opera di alcune sostanze. Queste
sostanze sono fisiologicamente presenti sia nei tessuti che nel plasma. Esse sono, ad esempio,
l’istamina, liberata dai mastociti, per esempio a seguito di una pressione troppo elevata; o la
bradichinina, la quale è un vaso dilatatore che determina un maggiore afflussso di sangue alla zona,
ma la sua liberazione nel tessuto causa anche la stimolazione di questi terminali della fibra
nocicettrice.
Un altro potente effettore che induce la stimolazione di queste fibre afferenti è la serotonina. Altri
effettori sono le prostaglandine e il potassio.
Tutte queste sostanze sono liberate o direttamente dal tessuto o dal vaso sanguigno e determinano
l’eccitazione di questo terminale afferente.
Il terminale afferente conduce il suo stimolo attraverso una fibra afferente, che ha il suo neurone nel
ganglio delle radici dorsali paravertebrali.
Vi è, in oltre, la sostanza P, la quale è prodotta da un terminale dello stesso neurone afferente.
Questa sostanza P agisce sul mastocita, attraverso una sostanza che è chiamata CGRP (proteina, che
assomiglia molto all’ormone calcitonina ma non è un ormone). La sostanza P induce un
potenziamento del rilascio di istamina da parte del mastocita.
Tanta più istamina c’è tanto più il neurone viene eccitato.
L’eccitazione di questo neurone, da parte di una di queste sostanze, determina una sovraesposizione
sensoriale del neurone, che conduce un’informazione che non è più la stessa informazione che
poteva condurre, per esempio, rilevando una stimolazione tattile o una stimolazione termica.
Essendo una sovraesposizione induce una liberazione eccessiva di glutammato. Il glutammato è un
mediatore eccitatorio del midollo spinale così come della maggior parte delle vie eccitatorie del
sistema nervoso centrale, che induce la sensazione di dolore.
La sensazione di dolore non è percepita come tale a livello spinale; è percepita come tale grazie
all’integrazione che viene fatta di questo segnale in alcuni nuclei sovrassiali.
Attivazione significa che la fibra afferente, che era normalmente in stato di riposo, viene eccitata.
La liberazione di una di queste sostanze (potassio, serotonina, bradichinina, istamina) determina
un’attivazione dei canali della cellula, i quali inducono l’insorgenza di un potenziale d’azione.
La sensibilizzazione, invece, è una modificazione della capacità della cellula di rispondere ad altri
stimoli. (esempio: se ci siamo scottati la superficie scottata rimane sensibile; anche per stimolazioni di
temperature basse sentiremo fastidio).
Sensibilizzare significa rendere la cellula più sensibile ad uno stimolo, normalmente non sufficiente
per indurre una soglia.
Sensibilizzare, quindi, vuol dire avvicinare la cellula ad un potenziale che è quello della soglia.
Mentre l’attivazione prevede il raggiungimento della soglia, sensibilizzare corrisponde a spostare il
potenziale della cellula verso il potenziale soglia senza raggiungerlo. Basteranno, quindi, degli
stimoli più bassi, rispetto a prima, per raggiungere la soglia.
La sensibilizzazione fa si che la fibra nervosa sensibilizzata risponderà a degli stimoli dolorifici
molto più bassi e meno dannosi di quanto richiesti per rispondere, precedentemente alla
sensibilizzazione.
L’attivazione è momentanea, resta tale mentre permane lo stimolo.
La stessa fibra dolorifica afferente può rispondere in modo diverso, a secondo del tipo di stimolo
dolorifico dato. Se viene attivata da potassio, serotonina, bradichinina e istamina c’è l’attivazione:
l’effetto è limitato nel tempo e anche nello spazio; mentre, invece, se la lesione è più ampia e
prevede la liberazione di altre sostanze, quali prostaglandina, leucotrieni e sostanzaP, allora
abbiamo, oltre all’attivazione, anche una sensibilizzazione, e in questo caso la sensazione dolorifica
è più intensa e anche più protratta e più marcata.