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+UNIVERSITÀ DI TERAMO

FACOLTÀ DI SCIENZA DELLA COMUNICAZIONE

ANNO ACCADEMICO 2007/2008


ANTROPOLOGIA
CULTURALE

PIERO VERENI

MATERIALI DIDATTICI 1
DISPENSA 1 VERENI
ANTROPOLOGIA CULTURALE 4 CFU A. LEZIONI IN AULA ED ESONERI
Il programma di lezioni è suddiviso in
Docente: Piero Vereni
Contatti due parti. Nella prima (A1) verranno forniti i
Telefono: 333 98 12 520 CONCETTI DI BASE dell’antropologia (vedi
Email: studentivereni@yahoo.it
Ricevimento: martedì pomeriggio dopo la dettaglio nel calendario qui sotto), prestando
lezione stanza 13 (quarto livello) particolare attenzione alle forme
ORARIO E AULE dell’APPARTENENZA COLLETTIVA. I principali

Mercoledì 15.30­17.30 Aula 16 oggetti di interesse di questa prima parte del


modulo saranno dunque la concezione
Giovedì 8.30­10.30 Aula 7
antropologica di CULTURA, la RICERCA SUL
Venerdì 10.30­12.30 Aula 15
CAMPO, l’ETNOCENTRISMO, il RELATIVISMO

CULTURALE, il POTERE, la PARENTELA,


ANTROPOLOGIA CULTURALE 2007-2008 – PIERO VERENI PER UNIVERSITÀ DI TERAMO
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l’APPARTENENZA ETNICA e l’APPARTENENZA scritto su uno dei temi discussi nel corso
NAZIONALE. delle lezioni che verrà conteggiato nella
Nella seconda parte (A2) del modulo valutazione finale. Dimensione del testo: tra
inquadreremo lo sviluppo dei MEZZI DI le 4000 e le 8000 battute.
COMUNICAZIONE DI MASSA nel più ampio quadro Informazioni dettagliate sulla natura di
della GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA e CULTURALE questi scritti verranno fornite in aula e
degli ultimi trent’anni, e ci concentreremo su pubblicate online (vedi sotto).
alcuni casi specifici anche del contesto Entrambi gli elaborati dovranno essere
televisivo italiano, proponendo quindi una dattiloscritti e inviati per posta elettronica
LETTURA ANTROPOLOGICA DEI MASS MEDIA e del come allegato (solo nei seguenti formati:
loro RAPPORTO CON LA CULTURA. .doc, .rtf, .txt) al seguente indirizzo:
Alla fine di ciascuna parte (A1 e A2) gli studentivereni@yahoo.it, specificando nel
studenti sosterranno una prova scritta in aula soggetto della mail “Antropologia
(detta esonero), durante la quale dovranno Teramo0708”. Il nome del file allegato dovrà
elaborare una o più tracce che verranno essere secondo questo modello
presentate e che riguarderanno i temi CognomeNomeTE0708B1(B2).doc (ad
presentati a lezioni e approfonditi sulle esempio, la studentessa Maria Rossi invierà
dispense e sui libri. Ci saranno quindi due il suo esercizio di etnografia con il seguente
esoneri scritti da svolgere in aula durante il nome del file: RossiMariaTe0708B1.doc,
normale orario di lezione, il primo dopo mentre la sua relazione finale avrà come
circa venti ore di lezione, il secondo alla fine nome del file RossiMariaTE0708B2.doc).
del modulo. Per ragioni organizzative non potrò accettare
file che non rispettino questo criterio di
B. ALTRE ATTIVITÀ FACOLTATIVE DA SVOLGERE A
denominazione. NB: dopo aver spedito B1
CASA (OBBLIGATORIE PER CHI NON FA ENTRAMBI
GLI ESONERI SCRITTI IN AULA) e/o B2 (che possono essere inviati anche
B1 (esercizio di etnografia) Nel corso separatamente e in tempi diversi), aspettatevi
della prima parte verrà proposto agli studenti una mia mail di conferma entro 48 ore. Se
di presentare un breve “esercizio di non ricevete questa mail significa che
etnografia” che verrà conteggiato nella qualcosa non ha funzionato nell’invio e
valutazione finale. Dimensione del testo: dovrete effettuarlo di nuovo, specificando
massimo 4000 battute. che si tratta di un secondo invio.
B2 (relazione finale) Prima di
verbalizzare il voto finale, gli studenti
potranno consegnare un breve elaborato

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VERBALIZZAZIONE DELL’ESAME studiare sono i seguenti: 2, 3, 6, 9, 10, 11,


L’esame potrà essere verbalizzato a
12, 13, 14.
partire dal primo appello utile (7 aprile ore
Per esoneroA2
14, luogo da fissare). Per coloro (e saranno
“Seconda Dispensa Vereni 2007/08”
la grande maggioranza) che avranno svolto
disponibile presso le medesime copisterie
gli esoneri scritti (A1 e A2) e presentato le
della prima dispensa a partire
eventuali relazioni B1 e B2, la
dall’undicesima lezione del modulo.
verbalizzazione sarà la semplice
Arjun Appadurai, Modernità in polvere.
registrazione del voto guadagnato nei mesi
Dimensioni culturali della globalizzazione,
precedenti. Coloro che invece avranno
Roma, Meltemi, 2001. I capitoli da studiare
ancora esoneri da recuperare, che cioè
sono i seguenti: primo, secondo, quarto,
dovranno ancora sostenere “porzioni
settimo.
d’esame”, potranno farlo durante gli appelli
d’esame. MODALITÀ DI VALUTAZIONE

Ogni esonero (A1 e A2) verrà valutato


B1 E B2
TEMPI DI CONSEGNA DI
con un voto in trentesimi. Il voto finale sarà
B1 può essere consegnato a partire dalla
costituito dalla media dei due esoneri
quarta lezione del modulo, cioè da mercoledì
incrementata del punteggio assegnato alle
20 febbraio. B2 può essere consegnato a
attività facoltative eventualmente svolte a
partire dalla fine del modulo e cioè da
casa (B1 e B2) secondo questo schema: da 0
mercoledì 19 marzo.
a 1 punto per l’“esercizio di etnografia” (B1)
Non sono previste scadenze ultime di
e da 0 a 2 punti per la “relazione finale”
consegna, per B1 e B2, che possono quindi
(B2). Ad esempio, se uno studente ha avuto i
essere consegnati fino a una settimana prima
seguenti punteggi negli esoneri: A1 = 24, A2
della data dell’appello a cui vi presenterete
= 28, otterrà un voto di base di (24+28/2=)
per “firmare il verbale”.
26, al quale potranno aggiungersi da 0 a 1
punto se avrà consegnato l’“esercizio di
TESTI D’ESAME
etnografia” (B1) e da 0 a 2 punti se avrà
Per esoneroA1
“Prima Dispensa Vereni 2007/08” consegnato la “relazione finale” (B2). In
disponibile presso le copisterie della zona a pratica, B1 e B2 consentono di alzare la
partire dall’inizio delle lezioni. media degli esoneri fino a 3 punti in più. B1
E. Schultz e R.H. Lavenda, Antropologia e B2 sono comunque obbligatori per chi
culturale, Bologna, Zanichelli, 1999 (solo i non ha svolto entrambi gli esoneri scritti
capitoli presentati a lezione). I capitoli da in aula (A1 o A2), ma restano comunque

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consigliati per tutti, visto che consentono di STUDENTI NON FREQUENTANTI

alzare sensibilmente il voto finale. Coloro che non possono frequentare


Se alla fine del vostro percorso (A1+A2, porteranno lo stesso programma dei
non importa se scritti o recuperati oralmente) frequentanti, con i medesimi diritti e i
ed eventuali B1 e B2, il voto che vi proporrò medesimi doveri. Anche i non frequentanti
vi sembrerà inadeguato a descrivere il vostro possono fare gli esoneri scritti alle date
livello di preparazione (se insomma pensate indicate (vedi calendario qui sotto) e anche
di meritare di più), potrete rifiutare il voto per i non frequentanti vale la regola che B1 e
proposto e concordare con me le modalità di B2 sono obbligatori se non ci si è presentati
ridiscussione del voto. Potrete, ad esempio, a entrambi gli esoneri scritti A1 e A2. Il
recuperare oralmente un esonero scritto per recupero degli esoneri non sostenuti in aula
cui avete preso un voto basso, oppure potrete avviene per i non frequentanti con le stesse
consegnare un ulteriore elaborato scritto da modalità che valgono per i frequentanti.
svolgere a casa (un’aggiunta quindi a B1 e
CALENDARIO DELLE LEZIONI
B2).
NB Per ogni lezione viene indicato il
RECUPERO ESONERI tema trattato e il capitolo corrispondente del
Quanti non abbiano potuto essere presenti manuale (per A1) o del libro di Appadurai
a uno dei due esoneri scritti o a entrambi (per A2). Preciso comunque che per la
potranno recuperarlo oralmente durante il sezione A1 il manuale non sostituisce quanto
normale orario di ricevimento, senza spiegato a lezione. Gli appunti delle lezioni
bisogno di prenotarsi o iscriversi o sono considerati parte integrante del
informarmi in altro modo. Quando cioè il/la materiale di studio. La Prima Dispensa
studente/ssa ritiene di essere preparato/a per disponibile integra alcuni dei punti discussi a
superare l’esonero a cui non ha partecipato lezione e non presenti nel manuale.
si presenterà direttamente all’orario di (S&L = Schultz e Lavenda; D1 = Prima
ricevimento, dichiarando al momento la sua dispensa; D2 = Seconda dispensa; Appa =
intenzione di essere interrogato/a Appadurai)
sull’esonero che ha saltato. Per recuperare
gli esoneri non sostenuti, si possono
utilizzare anche i normali appelli d’esame. Mer 13 febbraio. Lezione 1 (ore 1-2):
Presentazione del corso. Il concetto
Non effettuerò mai recuperi scritti degli antropologico di cultura. S&L Cap. 2 + D1
esoneri A1 e A2. Gio 14 febbraio. Lezione 2 (ore 3-4): La
cultura è appresa, condivisa, simbolica S&L
Cap. 2 + D1

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Ven 15 febbraio. Lezione 3 (ore 5-6): La


ricerca sul campo. Relativismo.
Etnocentrismo. S&L Cap. 3 + D1
Mer 20 febbraio. Lezione 4 (ore 7-8):
Cognizione e emozione. S&L cap. 6 (Da
oggi è possibile iniziare a consegnare B1)
Gio 21 febbraio. Lezione 5 (ore 9-10): Il
potere. S&L cap. 9
Ven 22 febbraio. Lezione 6 (ore 11-12):
Economia. S&L cap. 10
Mer 27 febbraio. Lezione 7 (ore 13-14):
Parentela, matrimonio, famiglia (I parte).
S&L capp. 11-12 + D1.
Gio 28 febbraio. Lezione 8 (ore 15-16):
Parentela, matrimonio, famiglia (II parte).
S&L capp. 11-12 + D1.
Ven 29 febbraio. Lezione 9 (ore 17-18):
Forme di appartenenza non parentali. S&L
cap. 13 (e ripresa di alcuni temi trattati nel
cap. 10).
Mer 5 marzo. Lezione 10 (ore 19-20):
Introduzione alla globalizzazione da una
prospettiva antropologica. S&L cap. 14
Gio 6 marzo. PRIMO ESONERO
SCRITTO
Ven 7 marzo. Lezione 11 (ore 21-22) Uno
sguardo sugli -orami. Appa cap. primo + D2
Mer 12 marzo. Lezione 12 (ore 23-24)
Etnorami globali. Appa cap. secondo + D2
Gio 13 marzo. Lezione 13 (ore 25-26)
Indigenizzare la globalizzazione. Appa capp.
quarto e settimo + D2
Ven 14 marzo. Lezione 14 (ore 27-28)
Media e identità (I parte). D2
Mer 19 marzo. Lezione 15 (ore 29-30)
Media e identità (II parte). D2 (Da oggi è
possibile iniziare a consegnare B2)
Gio 27 marzo. SECONDO ESONERO
SCRITTO

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. ALCUNI CONCETTI DI BASE che tra le sfortunate api rimaste senza fiori ce ne sia una che per qualche mutazione
Nelle prime lezioni abbiamo articolato alcuni aspetti basilari dell’antropologia genetica ha imparato a sopravvivere nutrendosi di qualcos’altro (poniamo, di grano).
culturale, insistendo esplicitamente su questi argomenti: Certo, quell’ape potrà sopravvivere, ma per poter riprodurre questo comportamento
1) il concetto antropologico di cultura (e per far sopravvivere le api come specie) dovrebbe accoppiarsi e sperare di avere
2) definizione e funzione dell’etnocentrismo un numero adeguato di successori con il suo stesso corredo genetico (in grado cioè
3) il relativismo culturale e il suo senso antropologico di nutrirsi con il grano invece che con il polline dei fiori). Immaginate invece ora un
4) la riflessività gruppo umano che si sia specializzato nella caccia ai conigli, e che per qualche
5) la ricerca sul campo ragione i conigli spariscano d’improvviso. Immaginate inoltre che tra i membri di
quel gruppo umano uno abbia imparato (seppure casualmente) a pescare o a
1.1. LA CULTURA procurarsi comunque del cibo diverso dai conigli. Le possibilità che questo nuovo
Per quanto riguarda a), abbiamo detto che gli antropologi considerano cultura comportamento si trasmetta al resto del gruppo sono infinitamente maggiori che nel
l’insieme dei comportamenti, delle pratiche dei manufatti e di qualunque altra caso del mutamento comportamentale delle api. Lo “scopritore della pesca”, infatti,
“cosa” prodotta dall’uomo e dotata di queste tre caratteristiche: non deve aspettare di riprodursi e sperare che la sua prole abbia ereditato le sue
1. è appresa competenze in fatto di ami e di lenze, ma può “semplicemente” radunare i membri
2. è condivisa del suo gruppo e INSEGNARE loro come si pesca. In questo modo, un comportamento
3. ha una componente di natura simbolica nuovo e adattivo può trasmettersi in tempi portentosamente rapidi (se comparati ai
tempi della biologia) e attraverso individui diversissimi tra loro (dato che non serve
1.1.A. LA CULTURA È APPRESA assolutamente che abbiano lo stesso corredo genetico per condividere quel sapere).
Per quanto riguarda la NATURA APPRESA della cultura, ciò significa che non è cultura Ma se un nuovo comportamento può diffondersi in tempi rapidissimi, altrettanto
qualunque COMPORTAMENTO INNATO dell’uomo (come la suzione dei neonati) e abbiamo rapidamente può andare perduto se non viene costantemente rinnovata la sua
visto come lo spazio dei comportamenti naturali (innati) negli esseri umani sia trasmissione alle nuove generazioni. Tutti voi, ad esempio, sapete che in Olanda ci
estremamente ridotto, tanto che anche la postura eretta (camminare su due piedi) sono moltissime biciclette e molti servizi urbani sono organizzati proprio per
deve in qualche modo essere “attivata” dal gruppo sociale nel quale siamo inseriti (i facilitare gli spostamenti in bici. Questo comportamento si è diffuso soprattutto dopo
bambini “selvaggi” allevati da animali non praticano la postura eretta). Mentre cioè la seconda guerra mondiale, divenendo un segno distintivo dell’Olanda (soprattutto
gli altri animali si affidano in massima misura a comportamenti innati, che cioè nelle sue aree urbane) in modo particolare negli anni Sessanta e Settanta. Ciò
fanno parte del loro corredo genetico e che possono essere trasmessi direttamente significa che le persone che oggi hanno all’incirca cinquant’anni sono cresciute in
alla prole per via biologica (un’ape operaia non impara a raccogliere il nettare, come un ambiente sociale e culturale per cui andare in bicicletta era considerato non solo
non impara a fare le cellette esagonali: è il suo modo naturale di comportarsi, e non normale e sano, ma anche “giusto”. Le generazioni più giovani, quelle che hanno
può fare altro), gli esseri umani devono APPRENDERE (quasi) tutto quello che fanno, e all’incirca la vostra età, premono invece perché nei centri storici venga consentito un
praticamente tutto quello che pensano e dicono. In altre parole, la cultura ha la stessa accesso più semplice alle automobili e ai motocicli: se l’Olanda cioè non trova un
funzione che ha negli animali il corredo genetico (trasmettere un sapere: il gatto modo per trasmettere alle nuove generazioni la “giustezza” dell’andare in bicicletta,
trasmette alla prole la capacità di ritrarre gli artigli e di miagolare), ma si affida è possibile che questo comportamento subisca un drastico calo nei prossimi anni,
all’apprendimento, non alla biologia, e quindi può mutare in tempi infinitamente più mano a mano che i giovani saliranno nelle stanze delle amministrazioni e della
rapidi, rivelandosi uno strumento di adattamento senza pari. Se cioè un determinato politica. L’esempio serve solo a far notare come un comportamento, per quanto
comportamento innato si rivela non più adattivo (cioè non più adeguato a garantire possa apparire vantaggioso, non viene mantenuto “automaticamente” tra le
la sopravvivenza per la specie che lo pratica) può portare all’estinzione di quella generazioni, ma ha bisogno di essere confermato e rinforzato ad ogni passaggio
specie. Immaginate cosa succederebbe alle api se, per qualche ragione, sparissero i generazionale. La trasmissione culturale, quindi, si presente come estremamente
fiori… La cultura invece ha una flessibilità straordinaria, proprio perché la sua flessibile e mutevole: una generazione può rifiutare l’acquisizione della generazione
trasmissione non passa per via genetica ma attraverso l’apprendimento. Immaginate immediatamente precedente.
Il fatto che gli individui che apprendono il nuovo comportamento siano “fa schifo” e quell’altro invece è bravo? Chi vi ha insegnato quello stile di nuoto, a
estremamente diversi tra di loro (ci sarà quello forte e quello timido, quello passare bene la palla, a muovervi su una pista da ballo? Avete imparato per
intraprendente e quello pigro) costituisce un ulteriore fattore di adattamento imitazione, per rielaborazione, spesso senza sapere chi vi stava insegnando, oppure
potenziale della cultura. Se infatti lo stesso insegnamento è appreso da persone secondo modalità che non sono state principalmente linguistiche (pensate al ballo,
diverse tra loro, è probabile che verrà elaborato in modi diversi: qualcuno non saprà ad esempio, che non si impara “leggendo” o “studiando”, ma “guardando” e
che farsene di quell’insegnamento, altri lo ripeteranno pedissequamente, altri ancora “facendo”, anche se prendete delle lezioni: un’attività in cui la componente
però vi apporteranno delle modifiche (abbiamo sempre pescato con gli ami fatti così, linguistica della trasmissione non è quella principale).
ma se li facciamo cosà peschiamo di più) che possono essere vantaggiose e che Dobbiamo quindi distinguere un sapere trasmesso in modo FORMALE (tutta
possono “tornare” anche all’emissario di partenza (quello che aveva insegnato a l’educazione scolastica è di questo tipo) da uno trasmesso INFORMALMENTE (come i
pescare per primo). Nel caso delle api, invece, il sistema standard della trasmissione gusti musicali ed estetici in generale), in cui cioè non è chiaro chi abbia il compito di
del sapere (come si cava del cibo dal grano) è fortemente omogeneizzante: è bene insegnare. Dobbiamo inoltre distinguere un sapere sostanzialmente di tipo
che chi eredita quel sapere lo erediti per intero e senza modifiche. Mentre cioè la LINGUISTICO da un sapere DEL CORPO che non passa necessariamente o principalmente
trasmissione per via biologica tende all’uniformazione entro la specie (un eccesso di attraverso la spiegazione linguistica. Abbiamo poi accennato a un’altra opposizione
mutamento genetico può produrre un’incompatibilità riproduttiva e quindi una importante per chiarire il concetto antropologico di cultura, e cioè quella tra cultura
nuova specie, che farà la sua storia evolutiva separata dalla specie da cui è nata), la ALTA e cultura BASSA, citando l’esempio della playstation. Una consolle per
trasmissione culturale accetta un grado pressoché infinito di variazione intraspecie. videogiochi oggi richiede, da parte di un giocatore esperto, una notevole competenza
Detto altrimenti, mentre un’ape che impara a mangiare il grano è probabile che e un duro addestramento: per l’antropologia interessata alle pratiche culturali il fatto
smetta di essere un’ape (magari per cominciare a somigliare a una cavalletta), un che saper giocare alla playstation non sia particolarmente prestigioso (che cioè non
essere umano che impara pratiche culturali diverse diventa “ancora più uomo”, e venga considerato parte della “cultura alta” come, ad esempio, suonare il
non corre mai il pericolo di creare attraverso la cultura una barriera insormontabile violoncello) non muta l’interesse per questa pratica. Per l’antropologia culturale
con altri esseri umani, dato che la cultura che ha imparato: a) può essere trasmessa capire come si impara a suonare il pianoforte, a giocare con la playstation o a
ad altri esseri umani che ancora non la condividono; b) può essere mutata dallo intrecciare un canestro di vimini (tre attività manuali associate a livelli sociali
stesso portatore (che impara a pescare se spariscono i conigli); c) è comunque non estremamente diversi) è altrettanto importante, perché in tutti e tre i casi siamo di
del tutto omogenea già all’interno del gruppo che ne sarebbe il tenutario principale fronte a comportamenti appresi, e quindi di natura culturale. L’antropologia quindi
(una comunità di “pescatori” prevedrà comunque persone che pescano meglio e altre non distingue tra una cultura alta e una cultura bassa come oggetti di studio:
che pescano peggio, “stili” e “tradizioni” diverse di pesca, addirittura “scuole di riconosce che gli uomini attribuiscono diversi valori (morali o economici) alle
pensiero” conflittuali su cosa sia una buona attività di pesca). diverse competenze (per cui oggi saper giocare bene a calcio vale molto di più di
Ma prima di ritornare su questo tema (della complessità “interna” delle culture) quanto non valesse trent’anni fa, in termini economici, ma sapere sette lingue
riprendiamo il filo della trasmissione del sapere per via culturale, che ci consente di straniere è comunque considerato estremamente prestigioso, anche se chi le sa non è
chiarire ulteriormente il concetto antropologico di cultura. Il fatto che la cultura sia ricco) ma è interessata a tutte le forme di competenza. Anzi, uno degli oggetti di
un sapere appreso rischia di creare dei fraintendimenti proprio sulla natura di quel studio dell’antropologia è proprio il modo in cui le diverse culture mettono su
sapere. Quel che impariamo, infatti, può essere appreso in diversi modi e, per così diverse scale di prestigio o valore le diverse competenze dei singoli.
dire, a diversi livelli. State leggendo questi appunti perché volete imparare qualcosa Un ultimo aspetto, particolarmente interessante per le conseguenze metodologiche
di antropologia culturale. In questo caso tutto è piuttosto chiaro: chi deve insegnare che possiamo trarne, della cultura in senso antropologico è costituito dal fatto che
(i docenti), chi imparare (voi) e cosa state imparando (la storia della cultura non solo spesso non è chiaro chi insegna, non solo spesso non è chiaro come quel
materiale). Altrettanto chiaro il modo in cui state imparando: grazie a un sapere venga insegnato, ma a volte non è neppure chiaro che cosa venga insegnato.
procedimento formalizzato (lezioni, studio) che passa soprattutto attraverso il Può cioè capitare, quando si studia la cultura in senso antropologico, di incontrare
linguaggio. Pensate invece ai vostri gusti musicali, o alla vostra capacità di praticare forme di conoscenza che sono chiaramente apprese, ma che i portatori di quella
una certa attività fisica (uno sport, un gioco). Chi vi ha insegnato che quel cantante cultura non sono consapevoli di sapere. Abbiamo a questo proposito raccontato
l’apologo dei due archeologi (uno italiano e uno straniero ma che parla l’italiano) “cultura occidentale” stia in questi ultimi anni affrontando un ripensamento
che ritrovano dentro una nave un’ancora, un anello e un’anfora. Non ripeterò qui la profondo della propria dimensione religiosa. L’Islam è compatibile con
storia (chi non fosse stato presente se la faccia raccontare da qualche collega) ma il “l’occidente”? Non importa rispondere a questa domanda (non in questa sede,
senso deve essere chiaro: chi conosce “fino in fondo” una cultura? Sono gli almeno), mentre è interessante chiedersi cosa quella domanda dà per scontato, e cioè
“indigeni”, cioè i portatori di quella cultura, solo perché dentro quella cultura sono che il Cristianesimo sia invece non solo compatibile, ma un vero e proprio tratto
nati e cresciuti? Oppure anche un “esterno” può imparare a conoscere come caratteristico dell’Occidente. Ma se il Cristianesimo è alla radice dell’Occidente,
funziona una cultura che non gli è familiare? Come vedrete, questo è un tema che non è alla base dell’Occidente moderno anche il pensiero laico e razionalista, il
ricompare quando si affronta la ricerca sul campo e la questione più generale di materialismo scientista e l’ateismo come prospettiva antropologica radicale? Chi
come sia possibile conoscere una cultura diversa dalla nostra. potrebbe contestare che l’Illuminismo, il marxismo o la psicoanalisi sono prodotti
intellettuali assolutamente occidentali (europei)? Eppure è noto a tutti che queste
1.1.B LA CULTURA È CONDIVISA DAI SUOI MEMBRI visioni del mondo hanno criticato duramente (pur se in modi diversi) proprio la
Su questo punto abbiamo insistito soprattutto per quanto riguarda la DELIMITAZIONE radici cristiane del pensiero occidentale. Sto cercando di dire che il Cristianesimo è
delle culture. A tutti noi appare evidente che un americano non è un francese, che un un figlio legittimo della cultura che chiamiamo “occidentale” quanto lo è
irakeno non è un argentino, che un basco non è un castigliano e così via. Ci sono l’Illuminismo, anche se i due sistemi di pensiero sono per molti versi inconciliabili.
ovviamente diversi elementi culturali che possiamo utilizzare come tratti Invito gli studenti a pensare altri esempi di sistemi di valori in conflitto entro quella
discriminanti: la lingua, la religione, l’abbigliamento, il sistema di valori (cos’è bene che apparentemente è la stessa cultura. Possiamo parlare di una cultura calabrese?
e cos’è male, in quella cultura). Non possiamo, invece, utilizzare tratti somatici (il Per molti versi sì, riconducibile a una famiglia omogenea di dialetti e a un passato
colore della pelle, ad esempio) proprio per quanto abbiamo detto sul modo non storico, artistico, politico e addirittura economico (il latifondo) ricostruibile con
biologico con cui si trasmette la cultura: tutti conosciamo diversi esempi di italiani estrema precisione. Eppure chi non conosce le rivalità che oppongono in Calabria i
di colore, e il caso è ovviamente ancora più nitido nel caso di paesi con una storia diversi comuni? Scendendo ancora di livello, chi non si accorge, una volta a
più lunga e complessa di immigrazione (Gran Bretagna, Francia, Olanda, per non Cosenza, che si respira un’aria “culturale” per molti versi riconoscibile, che si è
dire degli Stati Uniti). Questo per dire che, indipendentemente da quello che dentro uno spazio segnato da una qualche forma di condivisione? Eppure mi chiedo
potremmo presupporre dalle caratteristiche somatiche, gli esseri umani sono in che cosa avrebbero da dirsi un giovane ultrà del Cosenza e la vecchia signora che
grado di imparare qualunque sistema culturale come “loro proprio” (si chiama tutti i giorni dice il rosario nella chiesa della sua parrocchia, anche se sono tutti e
processo di INCULTURAZIONE quel complesso meccanismo di apprendimento della due calabresi. Non dovrebbero condividere un’unica cultura? In realtà, c’è un
cultura “madre”, mentre si chiama ACCULTURAZIONE qualunque processo di margine di sovrapposizione tra quanti partecipano alla “stessa cultura”, ma quasi
acquisizione di una cultura diversa, successivamente al processo di INCULTURAZIONE). mai una sovrapposizione totale, per le ragioni che dicevamo sul modo in cui
Questa evidente disponibilità delle culture ad essere apprese da chiunque deve però apprendiamo modificando soggettivamente quel che impariamo. Nel caso calabrese,
spingerci a riflettere proprio sull’entità di quella condivisione. Molto spesso (per poi, l’appartenenza regionale è ulteriormente complicata dalla presenza di tradizioni
ragioni complesse che non possiamo affrontare se non brevemente in questo linguistiche specifiche: l’arbreshe e il grecano sono ancora parlati (soprattutto il
modulo) tendiamo a “sopravvalutare” la compattezza delle culture, e a considerarle primo), e complicano notevolmente il sistema delle appartenenze.
come entità completamente separate una dall’altra: di qui i Nayar, di là i Nuer. Da Quindi, primo punto, le culture sono estremamente complicate già al loro interno,
una parte i Maya, e dall’altra gli Incas. Oppure (il che è lo stesso) da una parte gli per il fatto che i loro membri si dispongono lungo fasce di età differenti (gli anziani
Irlandesi e da quella opposta gli Inglesi. In effetti, nessuno può dubitare che le sanno cose che i giovani non sanno, e viceversa), su diverse scale sociali (in base al
culture tendano a coagularsi attorno ad alcuni elementi caratterizzanti, ma è reddito, all’istruzione, all’origine familiare) e su diverse strategie di competenza (chi
altrettanto vero che nella maggior parte dei casi la nettezza con cui crediamo di poter ne sa “di più” tra un chirurgo e un pianista, tra un botanico e un filologo, tra un
distinguere tra diverse culture è più apparente che reale. “Dentro” ogni cultura, tanto idraulico e un elettricista? La domanda non ha ovviamente senso, dato che ognuno
per iniziare, vi saranno persone con conoscenze diverse, con valori non condivisi e ha una competenza specifica). Per questa ragione, nessuno possiede tutta la
spesso addirittura in conflitto tra loro. Pensate ad esempio a come la cosiddetta “propria” cultura, e nessuno possiede solo elementi culturali comunque riconducibili
alla “propria” cultura (collocatevi dove vi pare, ma se avete tatuaggi o piercing vi “tipicamente” o “tradizionalmente” inglese. Se qualcuno poi pensasse che l’usanza
sfido a dimostrarmi che si tratta di elementi culturali tipicamente italiani, o calabresi oggi tipicamente inglese di sorseggiare tè sia stata assunta dai colonizzatori
o quel che volete). britannici durante la loro permanenza in India (come se quindi la recente tradizione
Vista da questa prospettiva la differenza tra culture si fa meno rigida e meno netta, britannica si basasse in effetti su una più antica tradizione del subcontinente indiano)
dunque. Ma c’è dell’altro che dobbiamo aggiungere per capire effettivamente come precisiamo che fino agli anni trenta dell’Ottocento il tè era prodotto solo in Cina, e
si realizza la condivisione culturale, e che forme assume. L’ultimo esempio che di lì esportato tramite i commercianti olandesi. Fu solo dopo il 1834 che la
abbiamo fatto (i tatuaggi e i piercing) sembrerebbe comunque appartenere alla coltivazione del tè venne introdotta nel subcontinente indiano.
famiglia delle eccezioni che confermano la regola: va bene, il tatuaggio no, ma sono Il caso della “pasta al pomodoro” – questa volta “tipicamente” italiano – è
calabrese e cresciuto qui, prova a dimostrarmi che questo non è tipico e che non altrettanto indicativo: nei libri di cucina napoletani dei primi dell’Ottocento
caratterizza la mia appartenenza in modo netto! Bene, ci provo, e per farlo anticipo esistevano i “maccaroni” e esisteva la “pummarola”, ma i primi si mangiavano a
in linea generale l’argomento che proverò a dimostrare per via di esempi. Il punto è timballo e venivano cotti al forno, la seconda invece si poteva associare alle carni, al
che le culture non solo sono immerse nel tempo (cambiano) ma sono nate nel tempo. pesce e alle verdure, ma non era mai “in coppa” alla pasta. Questo vuol dire che ci
È questo quello che tendiamo a dimenticare, anche quando siamo disposti ad deve essere stato un momento nel corso dell’Ottocento in cui si è cominciato a
ammettere i mutamenti in corso (dovrei dire meglio: proprio quando ci lamentiamo mangiare la pasta con il sugo di pomodoro, e certamente in quel periodo nessuno
dei mutamenti in corso). Riconosciamo cioè i mutamenti in corso (i tatuaggi, i pensava che la pasta al sugo fosse un piatto “tradizionale” o “tipico”. (Ovviamente
piercing, i ristoranti cinesi) ma tendiamo a collocarli su uno sfondo di immutabilità non accenno neppure al fatto che sia la pasta come la conosciamo noi sia il
che non ha alcuna giustificazione storica. Quando pensiamo alla nostra cultura che pomodoro sono stati introdotti in Italia da pochi secoli).
oggi si cambia e si modifica, si mescola e si intreccia con altre tradizioni culturali, Ecco, quanto tempo ci vuole perché un’usanza culturale possa essere considerata
dentro di noi confrontiamo lo stato attuale (di modificazione e mescolamento) con come caratteristica di quella cultura? Ovviamente la domanda non ha una risposta
uno stato precedente in cui invece la nostra cultura era pura, intonsa, non ancora assoluta, ma va indagata caso per caso. E se si hanno informazioni sufficienti si
mescolata con altre. Il punto è esattamente questo: lo stato originario in cui le potrà scoprire che, caso per caso, ogni elemento culturale ha una storia che è fatta di
culture erano pure e separate NON È MAI ESISTITO, è un’invenzione del nostro modo di prestiti, commistioni e incroci. È la prospettiva da cui guardiamo alla realtà culturale
pensare al passato, che salta non appena ci confrontiamo con la realtà storica. che ci fa immaginare di provenire da un passato statico messo in crisi dalla
Prendiamo un primo esempio. Cosa bevono gli inglesi alle cinque del pomeriggio? mutevolezza del presente. Le culture sono accorpamenti estremamente permeabili e
Tè, si sa. Il tè è (assieme alle birre poco gassate e tiepide che servono nei pub) la fragili di elementi culturali, che nel corso dei tempi hanno sempre subito
bevanda nazionale inglese (e britannica, più in generale). Si sa quanto il tè con lo modificazioni. Del resto, non può che essere così, se pensiamo in prospettiva storica:
zucchero sia stato un alimento essenziale della classe operaia durante le fasi più non ha senso pensare a una qualunque cultura come qualcosa di originario che “poi”
intense della rivoluzione industriale, ma anche un simbolo dell’emergente borghesia. si sarebbe inquinato, dato che questa immagine presuppone che le culture siano state
Questa bevanda è in grado di condensare la forza rude del proletariato (che beve il tè create tutte contemporaneamente e tutte diverse, e che poi, eventualmente, si
mentre cena, nei mugs, le tazze cilindriche spesso in metallo) e il gusto delle classi sarebbero incrociate e commiste. In realtà, il processo storico è stato proprio
dominanti (che bevono tè in tazze svasate di porcellana, rendendolo l’opposto. La diversità culturale è cresciuta proprio grazie alla commistione. Se io
l’accompagnamento di spuntini nutrienti come i cucumber sandwiches o di cibi che ho imparato a pescare da quello che me l’ha insegnato ci metto del mio (uso le
“astratti” come la pasticceria). Il tè è quindi non solo un elemento importante del reti invece degli ami) ecco che sto creando una cultura della “pesca con le reti”, che
sistema alimentare britannico, ma è quasi un simbolo prediletto di quel sistema e si differenzia dalla “pesca con gli ami”. Se mi hanno insegnato il latino e io lo parlo
dell’idea di Britishness. Ma da dove viene quel tè? Non è certo un prodotto mescolandolo con le parlate italiche e germaniche, ecco che faccio nascere
indigeno, anzi. Il tè non cresce (non può crescere) nelle isole britanniche, è stato l’italiano. Potremmo dire che l’italiano è un latino “inquinato”? O dovremmo invece
importato di recente (da pochi secoli vuol dire di recente) e la regina Elisabetta I o pensare che l’italiano è sempre esistito, ma era stato “coperto” dal latino e si sarebbe
William Shakespeare (qualcuno oserebbe dire che non erano “tipicamente” inglesi?) “scoperto” nel corso del tardo medioevo? Entrambe le ipotesi sembrano vere
non bevevano tè. Eppure oggi siamo disposti ad accettare il tè come una bevanda sciocchezze: l’italiano non è una versione “povera” del latino, e non è un’entità pura
che sarebbe emersa nel suo splendore l’idea stessa di condivisione a generare l’illusione di una cultura intesa come entità
solo nel corso dei secoli. È piuttosto un compatta, distinta, nettamente separabile dalle altre culture. La condivisione è quindi
N A prodotto storico, come qualunque altro un concetto sempre relativo: i membri che diciamo (o che dicono) di appartenere
elemento di qualunque altra cultura. alla cultura x sono tali in quanto ciò che condividono tra loro è maggiore di ciò che
È forse possibile dare una condividono con altri individui, che si definiscono (o che definiamo) appartenenti ad
N raffigurazione grafica della concezione altre culture.
B
antropologica di cultura come raggruppa-
mento in uno specifico momento storico 1.1.C LA CULTURA È SIMBOLICA
di alcuni elementi culturali, e opporre Quanto abbiamo detto sulla natura appresa e condivisa in senso relativo della
questa raffigurazione al modello che cultura ci costringe a riflettere più a fondo sul meccanismo di base delle culture
N C vorrebbe invece le culture come entità umane. Come abbiamo visto, far parte di una cultura vuol dire sostanzialmente
separate e a rischio di commistione. condividere attraverso l’apprendimento una serie di pratiche, di valori e di
Nella figura qui a fianco la sequenza istituzioni. Mentre cioè un’ape appartiene alla specie delle api perché è dotata del
temporale si sviluppa dall’alto al basso, mentre le diverse linee e le loro forme patrimonio genetico (e quindi comportamentale) che distingue le api da qualunque
differenti stanno a indicare i diversi elementi culturali (ad esempio: praticare altro essere (animato o inanimato), un essere umano appartiene a una cultura perché
l’agricoltura, fare i piercing, professare il monoteismo, far uso della televisione, non ne condivide gli elementi avendoli appresi. L’apprendimento, come abbiamo
mangiare il maiale, eccetera, eccetera, eccetera). In questa figura ipersemplificata segnalato brevemente, non avviene in modo meccanico, ma attraverso complesse
rispetto a qualunque condizione reale, operazioni di trasmissione (formale e informale, a base linguistica e a base
gli elementi culturali (raffigurati con i corporale, con contenuti espliciti o impliciti). Un qualunque elemento culturale
N N N diversi tipi di linea) si spostano nel (saper pescare) non può quindi essere trasmesso se chi riceve il messaggio non è in
A
tempo (sul piano verticale) e nello grado di interpretarlo, di rielaborarlo, di farlo proprio, ed eventualmente di inviare a
spazio (sul piano orizzontale). Dato un sua volta messaggi per chiedere chiarimenti, per sollevare dubbi o per porre critiche
qualunque momento storico (A, B, C), al messaggio ricevuto. Anche la più semplice operazione di trasmissione culturale
è possibile individuare specifiche deve accettare questo meccanismo di base, per cui chi impara deve essere in grado
B
configurazioni culturali come “nodi” di farlo, il che significa che deve avere una parte attiva e non può limitarsi a
(N1, N2, eccetera) attorno a cui si ricevere passivamente l’insegnamento (provate a insegnare una cosa qualunque al
“raddensano” alcuni elementi culturali. vostro tavolino, e capirete che cosa intendo). Gli antropologi riassumono questa
Come è evidente, non c’è un momento specificità della trasmissione culturale dicendo che la cultura è un CAMPO SEMIOTICO o,
“originario” per i singoli nodi, e non è con altro termine, un SISTEMA DI SEGNI. Per capire di che si tratta vediamo brevemente
C
neppure possibile stabilire con assoluta alcune definizioni preliminari.
precisione dove finisca un determinato La semiotica studia i segni (non solo linguistici) intesi come l’unione arbitraria di un
raggruppamento culturale (anche se è possibile individuare per ogni nodo i punti in SIGNIFICANTE e di un SIGNIFICATO. Il significante è la forma, il “mezzo” che assume il
cui i singoli elementi culturali sono più fittamente intrecciati). segno per essere veicolato (inchiostro se il segno è scritto, onde sonore se il segno è
Secondo invece la seconda figura, le culture sono entità nettamente distinte che sonoro, qualunque materiale se il segno non è strettamente linguistico), per cui il segno
preesistono a qualunque commistione, che è il prodotto della “corruzione” del “cane” è costituito da un significante (che indichiamo convenzionalmente tra barre
tempo. In questo modello, le culture sono l’entità primigenie che il tempo tende a oblique: /cane/) e da un significato (che indichiamo invece tra apici semplici: ‘cane’).
mescolare o a fondere. Il significante può essere quanto di più vario possiamo immaginare: in queste pagine,
Quando quindi diciamo che la cultura è costituita da elementi culturali condivisi il significante è costituito dalle lettere che vedete scritte, e cioè /cane/, ma potrebbe
dai membri della comunità culturale, dobbiamo sempre stare attenti che non sia anche essere qualcosa simile al disegno qui riportato.
Come appare per ora intuitivo, sia il disegno qui a fianco (per stupirvi, credo che metterebbe in dubbio il senso della comunicazione, e quasi di
quanto maldestro) che le lettere comprese tra le barre oblique riflesso molti di voi insisterebbero per “chiarire il senso” della mia affermazione.
/cane/ veicolano lo stesso significato, sono cioè due significanti Perché questa richiesta di “chiarimento”? Per la ragione che il vostro significato di
estremamente diversi che veicolano però lo stesso significato. “cane” non contempla che l’animale sia commestibile, e anzi associa a questa
Questo intanto ci permette di dire che il RAPPORTO TRA SIGNIFICANTE E SIGNIFICATO è eventualità una vera repulsione. Insomma, una frase apparentemente chiara e banale
ARBITRARIO, cioè non c’è nessuna ragione “naturale” per cui il significato ‘cane’ come: “Ieri sera ho mangiato cotolette di cane” (che in alcuni paesi asiatici non
debba essere espresso con il disegno che ho fatto, con il significante /cane/, come fa susciterebbe alcuna richiesta di chiarimento) crea problemi di interpretazione non
la lingua italiana, o con il significante /dog/, come fa invece la lingua inglese. Se il perché i singoli elementi non siano decodificabili (come se avessi detto: “Ho
segno come unione arbitraria di significante e significato e la natura convenzionale sambilato catonate di prane”) ma perché entrano in conflitto con la rappresentazione
del significante sono due concetti facilmente comprensibili, solleva invece più di un enciclopedica del segno “cane”. Un ulteriore esempio, prima di trarre una
problema la natura di quello che finora non abbiamo ancora definito, e cioè il conclusione importante. Se entrassi in aula e mi presentassi come Napoleone
significato. Bonaparte, imperatore dei francesi, mi mettessi una mano nel panciotto e il dito
Senza voler ripercorrere la storia dello studio dei segni (che è ben più lunga della mignolo dell’altra nell’orecchio, e capiste che “sto facendo sul serio”, probabilmente
semiotica moderna) e senza neppure pretendere di riassumere un dibattito che chiamereste l’ambulanza. Eppure “nella mia testa” e nella “vostra testa” potrebbe
coinvolge da sempre la riflessione filosofica, per i nostri scopi sarà sufficiente dire esserci un’idea alquanto precisa del significato del segno “Napoleone Bonaparte”.
che possiamo concepire due teorie del significato, che qui ci limitiamo a definire Quel che non va, in questo caso, è che il “mio” segno (nella mia testa) e il “vostro”
brevissimamente. segno (nella vostra testa) non avrebbero uno spazio condivisibile, non sarebbero
La prima è la cosiddetta TEORIA REFERENZIALE, per cui il significato di cane in “negoziabili” e – forti del vostro numero (tutto il mondo contro uno) – potreste dire
qualche modo coincide con l’animale o con “l’immagine mentale” che abbiamo che il significato che io associo al mio segno è “sbagliato”.
dell’animale. Secondo questa teoria, quando dico /cane/ intendo riferirmi all’animale Quel che questi due esempi estremi e fittizi vorrebbero dimostrare è che il
che ho in mente, o a quello che passa per la strada in quel momento. Una teoria significato non può limitarsi a stare “dentro la nostra testa”, ma deve essere
referenziale del significato è ben rappresentata dalle definizioni di un vocabolario: SOCIALMENTE CONDIVISIBILE. Detto altrimenti, “IL SIGNIFICATO È PUBBLICO”: è cioè il
per ogni voce si dà una brevissima definizione, astratta da ogni riferimento prodotto di pratiche sociali e ha poco a che fare con “l’oggetto rappresentato”.
contestuale. Per capire cosa significa il segno “cane” nella cultura X devo quindi ricostruire il
La seconda teoria invece si può definire TEORIA DELL’USO, e sostiene che il significato di quel termine attraverso l’indagine degli usi potenziali e legittimi di
significato è dato dall’insieme di norme, pratiche e consuetudini che possiamo quel segno, per cui in Italia “cane” significa (tra le molte altre cose, e detto in modo
associare a quel segno se vogliamo che sia comprensibile per chi ci sta ascoltando. estremamente semplificato): animale che quando torno a casa mi fa le feste e che
Secondo questa teoria, il significato di “cane” è dato da tutto quello che devo portare a passeggio; una specie di strano amico poco esigente che mi aiuta a
potenzialmente possiamo “raccontare” (i semiologi professionisti riprendono il non sentirmi solo.
termine filosofico “predicare”) del segno “cane”. Per cui il significato di “cane” è Se invece cercassimo di capire qual è in significato del termine equivalente in
dato dall’uso che facciamo dell’insieme delle informazioni “enciclopediche” che coreano, dovremmo riuscire a concepire anche significati del tipo: animale che
abbiamo di cane. produce una carne prelibata e difficile da cucinare.
Questa teoria dell’uso risulta a mia esperienza particolarmente ostica da Come vedete, ha poca importanza (dal punto di vista dell’analisi culturale)
comprendere in termini astratti, ma solitamente diviene particolarmente evidente stabilire che il termine italiano “cane” e il termine corrispondente in coreano si
quando esplicitata attraverso esempi concreti (il che sembrerebbe confermare riferiscono allo stesso “oggetto”, dato che l’identità dell’oggetto fisico non
proprio la “teoria dell’uso” del significato, visto che sto cercando di spiegarvi il muterebbe la sostanza del problema, e cioè che in italiano e in coreano i due segni
significato di “teoria dell’uso”, e so per esperienza che una sua “definizione” non vengono usati in modi estremamente diversi, il che equivale a dire che il segno
riesce a veicolarne il senso quanto una sua “narrazione”). Prendiamo il caso che io italiano “cane” e il corrispondente coreano non hanno lo stesso significato, e che
vi incontri e vi dica che ieri sera ho mangiato cotolette di cane. La cosa, oltre che l’unico modo per dar conto di questa differenza è ricostruire quale sia il significato
plausibile del segno nel suo specifico contesto culturale o, detto altrimenti, di sotto o al di sopra di determinate temperature, che il nostro apparato digerente
ricostruire il significato pubblico del segno. Ecco allora che siamo tornati alla non riesce a decomporre la cellulosa (per cui non siamo erbivori), che i cuccioli
dimensione pubblica del significato. Non posso sperare di scavare nella mia testa per della nostra specie hanno necessità di essere accuditi per un periodo
capire il significato di “cane” nella cultura coreana, ma sono costretto a interagire eccezionalmente lungo prima di poter essere autosufficienti. Questi “fatti naturali”,
con i rappresentanti di quella cultura, a cercar di capire attraverso l’osservazione dei comunque sono modulati dal contesto culturale nel quale cresciamo e devono essere
loro comportamenti e l’interazione linguistica quale sia PER LORO il significato della attivati entro gruppi organizzati: facoltà chiaramente ed esclusivamente umane come
parola “cane”. la postura eretta o il linguaggio articolato non si sviluppano naturalmente, cioè senza
Ecco, questo è esattamente quello che cerca di fare l’antropologia. Ci sono diversi l’intervento di altri esseri umani che le attivano e le stimolano, mentre la capacità di
modi per esprimere questo concetto. Si dice a volte che l’antropologo cerca di miagolare di un gatto sarà presente nell’adulto anche se quell’adulto è stato allevato,
“capire le cose dal punto di vista dei nativi” oppure che l’antropologo studia i poniamo, da una cagna ed è cresciuto in mezzo ai cani.
“significati nativi”, o ancora che l’antropologia studia le “reti di significato”, che Il concetto antropologico di cultura è stato espresso nella sua forma canonica per
sono “reti” perché i segni possono avere come significato un altro segno: se dico che le discipline antropologiche da E. B. Tylor nel suo Primitive Culture (1871): “La
in Italia il cane è “una specie di amico”, mi trovo a dover capire cosa significa il CULTURA… è quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, l’arte,
segno “amico”; e se dico che in alcuni paesi asiatici il cane produce una “carne la morale, il diritto, il costume, e qualsiasi altra capacità e abitudine ACQUISITA
prelibata”, dovrei capire cosa si intende per “prelibata”. I segni rimandano ad altri dall’uomo come membro di una società”.
segni, e l’intreccio con cui i diversi segni si definiscono a vicenda produce una “rete La cultura studiata dagli antropologi non si oppone quindi all’incultura
semiotica”. Ma su questo torneremo parlando della ricerca sul campo. (ignoranza) ma alla natura dell’uomo intesa come insieme delle sue qualità INNATE.
Per esemplificare, abbiamo ricordato il mito di Epimeteo, che si “dimenticò” di
Concludiamo qui invece le nostre brevi riflessioni sul concetto antropologico di preservare per gli esseri umani una qualche qualità innata (come invece aveva fatto
cultura. Riassumiamo quanto abbiamo stabilito finora: la cultura è costituita da una per tutti gli altri animali creati da Giove) e quello di Prometeo, che proprio per
rete di simboli appresi e condivisi; l’informazione culturale non passa per via compensare questa mancanza decise di rubare il fuoco agli dei (ingresso dell’uomo
biologica ma attraverso forme di trasmissione che prevedono un ruolo attivo da parte nella cultura). Come ulteriore esempio abbiamo ricordato il saggio di Marcel Mauss,
di chi apprende; non è detto che i portatori di un determinato sistema culturale siano “Le tecniche del corpo” (ora contenuto nella raccolta Saggio sul dono e altri saggi
completamente consapevoli del contenuto delle loro pratiche culturali, dato che la di antropologia), in cui appare evidente che anche pratiche considerate
trasmissione del sapere può essere formalizzata ma spesso passa per canali informali estremamente naturali come il camminare subiscono una modulazione da parte della
per cui è difficile stabilire chi insegna, chi impara, e che cosa precisamente venga cultura.
insegnato e appreso; la cultura in senso antropologico può quindi essere alta o bassa,
formale o informale, esplicita nei suoi contenuti o implicita; le culture associano Prima di passare a come gli antropologi cercano di studiare le culture definite a
arbitrariamente significanti e significati producendo segni culturali che hanno senso questo modo, aggiungiamo un altro paio di concetti che possono essere utili
(sono riconosciuti come segni) solo se sono condivisi, e quindi possiamo dire che i nell’elaborazione di una concezione articolata di antropologia culturale.
significati sono pubblici, e non sono “nella testa” degli individui, ma invece costruiti
dall’interazione comunicativa tra i membri di quella cultura; lo studio scientifico 2. ETNOCENTRISMO
delle culture è costituito proprio dal tentativo di ricostruire le reti si significato di una È una conseguenza praticamente inevitabile dell’inculturazione entro una
determinata cultura, cercando quindi di vedere le cose “dal punto di vista dei nativi”. determinata società, e si può definire come la tendenza a misurare le culture altrui
Se tutto questo è vero, possiamo allora dire che il concetto antropologico di usando la propria come metro di paragone, per cui le altre culture sono giudicate in
CULTURA riassume tutte le pratiche umane che si oppongono alla NATURA, intensa modo tanto più negativo quanto più si discostano dalla propria. Un altro modo per
proprio come apparato che precede l’uomo e entro il quale l’uomo si trova ad agire. guardare all’etnocentrismo è quello di considerarlo una tipica strategia culturale che
Fa parte della natura la nostra struttura biologica, il fatto che siamo mammiferi si fa sentire come “ovvie”, “normali” e intrinsecamente “giuste” le scelte culturali
bipedi, il fatto che abbiamo il pollice opponibile, che non possiamo sopravvivere al che condividiamo. La cultura ha cioè tra i suoi strumenti anche raffinati meccanismi
di NATURALIZZAZIONE, che ci fanno credere “naturali” (cioè parte integrante dell’essere che ogni individuo sia intrappolato dentro la rete della propria cultura, veda la realtà
umano come la postura eretta o l’incapacità fisiologica di digerire la cellulosa) attraverso quella rete giudicando quel che vede il modo giusto di vedere il mondo.
pratiche e giudizi che la semplice comparazione etnografica ci rivela essere culturali. Perché mai qualcuno dovrebbe essere interessato a vedere il mondo dal punto di
Se infatti possiamo dire che il linguaggio è una qualità naturale degli esseri umani vista di qualcun altro? E soprattutto: com’è possibile questo “salto” di prospettiva?
(che deve comunque essere attivata in un contesto culturale) per la ragione che non Anche in questo caso, dobbiamo tornare a quanto dicevamo sulla delimitazione
sono stati mai rintracciati gruppi umani che non avessero una loro lingua, e se delle culture. Se è vero che ogni cultura costruisce la propria rete di significati, è
possiamo dire che la postura eretta è altrettanto naturale in quanto non ci sono giunte anche vero che non esistono reti “isolate”: ci sono sempre punti di contatto,
testimonianze di gruppi umani in cui non si cammini sui due piedi, sostenere che – “agganci” tra reti diverse, che consentono proprio quella comunicazione iniziale che
ad esempio – la famiglia composta da padre, madre e figli che vivono sotto lo stesso può fare da base per la comprensione più profonda. Pensate a come si apprende una
tetto sia naturale è un’affermazione empiricamente dubbia, dato che conosciamo seconda lingua. Anche nel contesto più formalizzato possibile (lezioni in aula) se
moltissimi casi di culture in cui il modello normativo e/o statisticamente più non ci fosse la possibilità per gli interlocutori di far riferimento a un comune sistema
rilevante di famiglia non coincide con quello di madre, padre e figli riuniti in di significazione (cioè proprio alla qualità semiotica di qualunque sistema culturale)
un’unica unità abitativa. L’etnocentrismo è quindi quella prospettiva che tende far non sarebbe possibile imparare un’altra lingua. In caso di apprendimento informale
coincidere con la natura (quindi con l’inevitabile, o almeno con il giusto) le nostre questo è ancora più evidente: comincerò magari puntando il dito verso una serie di
pratiche culturali. Un “vantaggio” immediato dell’etnocentrismo è che consente un oggetti e mi farò dire il nome. Poi proverò a ripetere piccole formule di cortesia e
notevole risparmio di energie cognitive: se il mio modo di cucinare è quello saluto. Quindi proverò a individuare modi per far accadere qualcosa (farmi dare un
“giusto”, potrò considerare qualunque altro modo semplicemente “sbagliato” ancora bicchier d’acqua, ad esempio) e così via, entrando poco a poco nelle strutture della
prima di averne verificato l’efficacia o il gusto. In questo modo, posso risparmiarmi lingua che sto cercando di imparare. In modo sostanzialmente simile, lo studio
la fatica di dover imparare modi nuovi di cucinare, o di procedere a comparazioni antropologico delle culture cerca di entrare negli intrecci dei significati “indigeni”
complesse per decidere quale sia il modo migliore. Ma lo “svantaggio” evidente partendo da quel che si ha a disposizione e da quel che si può condividere. Poco alla
dell’etnocentrismo è che limita le capacità adattive dei gruppi culturali. Se i conigli volta, pezzo per pezzo, si può provare a ricostruire il puzzle. Ecco quindi che, partiti
sono spariti ma io mi ostino a considerare la caccia al coniglio il “giusto” modo per da una prospettiva, possiamo sperare di ricostruirne un’altra.
procurarmi il cibo e considero quindi la pesca un modo “barbaro”, “immorale” o
comunque “sbagliato”, è assai difficile che riesca a sopravvivere. 3. RELATIVISMO CULTURALE
Il problema dell’etnocentrismo è che i suoi “vantaggi” sono immediati Non ho molto da aggiungere a quanto indicato nel manuale su questo ingrediente
(rassicurazione, convinzione di essere dalla parte giusta e di appartenere al gruppo dell’approccio antropologico, se non che il relativismo culturale costituisce la
migliore, risparmio di impegno cognitivo), mentre i suoi “svantaggi” si rivelano conseguenza inevitabile del rifiuto dell’etnocentrismo. Non c’è molta alternativa
spesso sul medio o lungo periodo. Nelle pratiche culturali ordinarie possiamo dire rispetto a questo dualismo: o si è relativisti (e quindi si crede che gli esseri umani
che l’etnocentrismo prevale come attitudine in moltissimi individui e moltissimi costruiscano gran parte dei loro sistemi semiotici in base ad associazioni arbitrarie
gruppi umani. L’antropologia culturale – spesso senza riuscirci – è una disciplina tra significanti e significati (per cui il segno cane può voler dire “amico” o “carne
che si pone esplicitamente e consapevolmente l’obiettivo di produrre una prelibata” a seconda dei diversi contesti culturali) oppure si è etnocentrici e si decide
conoscenza delle culture umane cercando di superare l’etnocentrismo. che il nostro significato (“amico”) è quello giusto e che chi non lo condivide è
Con i dati che abbiamo fornito finora sembreremmo a questo proposito essere di barbaro, stupido o immorale.
fronte a un paradosso: abbiamo detto che le culture sono reti di significato, e che Ovviamente il relativismo culturale non significa che tutti i sistemi culturali
ogni cultura costruisce le proprie configurazioni di significato. Abbiamo anche detto abbiano pari valore o che un sistema vale un altro. Ma abbiamo il dovere di
che non c’è altro modo di conoscere e interagire con il mondo, per gli esseri umani, distinguere le nostre scelte morali dal tentativo di conoscere e capire i sistemi
se non attraverso queste reti di significato. Le reti, in un certo senso, costruiscono culturali diversi da quello che consideriamo nostro. L’esempio del nazismo sul
anche l’illusione di essere naturali. Com’è possibile che in questo quadro di manuale è particolarmente calzante: non si tratta di giustificare il nazismo, né di dire
riferimento possa semplicemente esistere il progetto antropologico? Sembrerebbe che il nazismo e la democrazia sono due sistemi in qualche modo equivalenti in
quanto “incommensurabili” (basati cioè su principi e assiomi incompatibili tra loro, ancora/anello/anfora, la riflessività è la capacità di pensare e rielaborare le regole
rispetto ai quali sarebbe impossibile scegliere in modo “oggettivo”). Dire che il fonetiche della lingua italiana. In quell’esempio, la “scoperta” della regola
nazismo è ripugnante è una posizione morale che (dal mio punto di vista) non ha fonologica era il prodotto dell’interazione tra l’archeologo italiano (cioè
neppure bisogno di essere argomentata, per quanto la considero irrefutabile. Ma l’“indigeno”) e quello straniero che conosce però la lingua italiana (che
questo non risolve la questione antropologica del nazismo, e cioè: come vede(va) il corrisponderebbe all’“antropologo”). È la comunicazione tra i due che permette a
mondo un nazista? Entro quali reti di significato era immerso per far sì che potesse entrambi di cogliere una nuova prospettiva: l’italiano si può rendere conto che quel
pensare e agire a quel modo? Lungi dall’essere uno sterile esercizio filosofico, che lui pensava come un unico suono è in effetti la realizzazione di tre suoni diversi,
analisi di questo tipo possono avere anche ricadute pratiche, perché possono mentre lo straniero può rendersi conto che tre suoni diversi sono riuniti nel sistema
permetterci di individuare specifici elementi culturali o materiali che hanno fonologico italiano in un unico fonema (non definiremo di che si tratta, ma possiamo
contribuito in modo determinante all’emergere del nazismo, e possono quindi pensarlo come a un suono “teorico” che può assumere diverse forme “concrete”,
aiutarci a prevenirne l’insorgenza. dette allofoni). La riflessività quindi non è (un po’ come il significato) una qualità
Specifico questo punto perché nella vulgata dei mass media sembra quasi che il che sta dentro la testa delle persone, ma il prodotto di un’interazione sociale, che
relativismo culturale sia la causa di tutti i mali che affliggono il genere umano. Si spesso gli antropologi definiscono dimensione DIALOGICA dell’etnografia. Ma con
accusa l’Occidente di aver tradito i suoi valori cedendo a un relativismo che questo ci siamo definitivamente avvicinati al problema della ricerca sul campo, cioè
appiattisce tutte le gerarchie morali, cadendo in un baratro di inazione che impedisce alla metodologia dell’etnografia.
di fare delle scelte, tanto più necessarie quanto più il contesto che viviamo sembra
farsi via via più drammatico. Ora, a me pare che la situazione della politica 5. RICERCA SUL CAMPO
internazionale segnali esattamente il problema opposto. Francamente non vedo in Abbiamo visto cosa costituisca l’oggetto della ricerca antropologica, e cioè le reti
giro grandi affratellamenti dell’umanità in nome del relativismo culturale, e non mi di significati pubblici che chiamiamo culture. Non abbiamo però detto nulla su
pare che il mondo sia retto da politici e amministratori disposti a cedere sui propri come, in pratica, gli antropologi si mettano a studiare queste reti. Il capitolo 3 del
principi in nome di una tolleranza buonista nei confronti dell’Altro. Per riuscire a manuale, dedicato alla ricerca etnografica, è esaustivo e sufficientemente complesso.
imbottirsi di esplosivo e farsi saltare dentro una scuola elementare; bombardare Qui ci limiteremo ad alcune riflessioni integrative volte a guidare gli studenti nello
abitazioni dove si sa per certo che, assieme a uomini armati, si trovano anche civili svolgimento del loro “esercizio di etnografia”.
inermi; falciare con una raffica di mitra un’adolescente che non si è fermata a un L’antropologia culturale (nell’impostazione del manuale che cerco di
posto di blocco; organizzare un comitato di controllo contro “gli immigrati”; trasmettermi) è una disciplina che nasce in un’epoca storica (la seconda metà
compiere atti di teppismo e violenza durante una marcia pacifista; essere del tutto dell’Ottocento) e in una temperie culturale (il positivismo) segnate dall’empirismo,
convinti che i nostri avversari politici stiano agendo in completa malafede, e non cioè dalla convinzione che la realtà (sociale o naturale) andasse indagata – per
guidati da un progetto politico semplicemente diverso dal nostro; lamentarsi che produrre conoscenza scientifica – attraverso l’esperienza diretta e la verifica
questi o quelli “ci portano via le donne e il lavoro”; sgozzare e decapitare con un sperimentale. Da questa tradizione epistemologica l’antropologia ha ereditato la
coltello di fronte a una telecamera degli esseri umani completamente inermi; per forte convinzione (tutt’ora caposaldo della disciplina) che un aspetto fondamentale
poter fare tutto questo è necessaria una tremenda convinzione nella giustezza delle della professione antropologica fosse la raccolta diretta di dati attraverso la RICERCA
proprie posizioni cioè, in altre parole, una dose enorme di etnocentrismo. SUL CAMPO. Voglio capire come funziona quel sistema politico, o come è organizzata
la divisione del lavoro in quella zona, o ancora quali sono le credenze religiose di
4. RIFLESSIVITÀ quel gruppo? Non posso – dice la prospettiva empirista – affidarmi a resoconti di
Anche questo è un elemento importante della costruzione del sapere seconda mano (di ufficiali coloniali, missionari, viaggiatori o commercianti) ma
antropologico. La riflessività significa sforzarsi di avere consapevolezza delle regole devo personalmente raccogliere i dati che serviranno alla mia analisi di quel
che guidano il nostro agire e le nostre convinzioni e cercare di ricostruire i sistemi determinato fatto culturale.
diversi dal nostro verificando in che misura le regole culturali dell’analista La ricerca sul campo è stata quindi considerata la forma canonica della raccolta
interferiscono con quelle della cultura analizzata. Nell’esempio dei dati antropologici. Come il biologo raccoglie i suoi dati nel laboratorio e lo
storico compie le sue ricerca in biblioteca o negli archivi, così l’antropologo compie comunicativo che ha prodotto quel dato antropologico. L’antropologo che invece
le sue ricerche stando sul campo, condividendo cioè un lungo periodo di tempo lavora direttamente sul campo dovrebbe essere in grado, attraverso la riflessività e la
(nella tradizione anglosassone almeno un anno) con la popolazione studiata. La consapevolezza della dimensione semiotica della cultura, non solo di “arrivare” a
descrizione del suo lavoro, i dati raccolti e le analisi del fatto culturale indagato quel particolare significato indigeno, ma anche di raccontare qual è stato il percorso
costituiscono l’ETNOGRAFIA di quel particolare caso o fatto antropologico. Sono quindi che lo ha condotto a quel significato.
state fatte etnografie sul sistema religioso dei Nuer, sugli “strani” scambi In buona sostanza, la ricerca sul campo è il tentativo di capire un punto di vista
commerciali dei Trobriandesi, sui giochi rituali dei Tikopiani, e su innumerevoli altri diverso dal nostro, ma questa è un’operazione che facciamo costantemente. Ogni
fatti culturali, praticamente in tutto il mondo (con una preferenza fino a tempi volta che non siamo completamente isolati in noi stessi dobbiamo affrontare questo
recenti per lo studio di comunità di piccole dimensioni, possibilmente “isolate”: problema: il prof oggi mi ha spiegato il concetto di ricerca sul campo. Che voleva
quelle che un tempo si chiamavano società primitive). dire? La mia amica mi ha detto di aver letto quel libro, e ha detto che è un libro
Se avete presente quel che abbiamo detto sulla natura semiotica della cultura (una “particolare”. Che significa? Mio padre ha detto che sarebbe ora mi dessi una mossa
rete di significati) e sulla natura sociale e pubblica dei significati (che sono prodotti con gli studi. Vuole che mi laurei presto? E perché mai? Vuole liberarsi di me quanto
dall’interazione sociale, e non se ne stanno buoni buoni nella testa delle persone) vi prima oppure ci tiene a che io divenga una persona autonoma? Cosa voleva dire quel
rendete già conto di quanto la ricerca sul campo descritta in questo modo non tale sull’autobus, quando ha detto che gli stranieri dovrebbero essere più rispettosi?
corrisponda (o corrisponda molto poco) a quel che un antropologo fa effettivamente. E quell’anziano che si lamenta che le ragazze oggi sono “spudorate”, a cosa si
I dati (o fatti) antropologici non possono essere “raccolti” proprio perché sono di riferiva? La vita degli esseri umani è un’incessante operazione di interpretazione, e
natura semiotica (sono segni, e quindi prodotti e riprodotti costantemente dai in questo senso la ricerca antropologica somiglia alla vita. La differenza, la
membri della comunità e dall’antropologo che cerca di studiarla). Non posso specificità che poniamo nella ricerca sul campo è la sistematicità con cui cerchiamo
arrivare sul campo e “raccogliere” il significato del termine “cane”, perché non c’è di mantenere consapevolezza dell’impegno interpretativo. Lavorare con persone che
nessun posto “empirico” dove questo significato se ne starebbe rintanato per farsi parlano una lingua diversa, che praticano usi e costumi “evidentemente” diversi da
scoprire. Come antropologo, posso guardare e ascoltare, posso fare domande e quelli cui siamo abituati a vedere e praticare, ci costringe a mantenere all’erta i
chiedere chiarimenti, confrontare quel che vedo con quel che so, cercare di mettere nostri meccanismi interpretativi. Come antropologo, ho il dovere scientifico di
assieme i pezzi, formulare un’ipotesi interpretativa su quel che vedo, chiedere in rendermi conto del percorso specifico che mi ha portato a produrre
giro se la mia ipotesi è corretta, modificare la mia ipotesi in base a quel che di nuovo quell’interpretazione. Come antropologo, ho poi ulteriori obblighi: devo sempre
mi è stato detto, confrontare la mia ipotesi rispetto a quel fatto culturale nel quadro tendere alla verifica della mia interpretazione comunicando le mie ipotesi (in forme
più vasto di altri fatti culturali di quella cultura (per esempio, confrontare il “cane” comprensibili per le persone con le quali interagisco) e valutando la reazione che
come “carne preziosa” con il rapporto che quella cultura ha con altri animali). suscitano. È questo il senso della natura INTERSOGGETTIVA dei dati antropologici. Non
Insomma, tutto quello che posso fare, come antropologo, è cercare di INTERPRETARE sono dati oggettivi nel senso che non posso sperare di poterli raccogliere come se
quel che vedo, sento, chiedo, vivo, al fine di ricucire la rete di significato indigena fossero funghi in un bosco. Ma non possono neppure essere dati SOGGETTIVI, di cui io
che rende comprensibile ai nativi quel particolare fatto culturale. Vista in questa sono l’unico produttore e garante, perché così rischio quasi certamente di fornire
luce, la rilevanza della ricerca sul campo come esperienza diretta dell’antropologo interpretazioni che non corrispondono per nulla al “punto di vista dei nativi”. I dati
non viene meno, ma ha un senso diverso da quello previsto dal classico modello antropologici sono intersoggettivi nel senso che non esistevano prima della ricerca
empirista. Raccogliere i dati “direttamente” era importante perché si temeva che dei sul campo, ma devono avere un qualche senso condiviso per me e per le persone
non professionisti (missionari, funzionari coloniali eccetera) potessero raccogliere assieme alle quali li ho prodotti.
dati “sbagliati”. Ma se ammettiamo che i dati antropologici (i significati culturali) Un altro punto fondamentale della dimensione scientifica e interpretativa della
non stanno “lì”, come le mucche o le pietre, ma sono il prodotto dell’interazione ricerca antropologica è la capacità di comunicare quei dati al di fuori del gruppo
interpretativa tra antropologo e persone che appartengono alla cultura che sta interagendo con il quale sono stati prodotti. Poniamo che io voglia studiare la
studiando, ecco allora che il problema di accettare dati da fonti indirette è che non stregoneria in un contesto culturale, e che io sia in grado di entrare a tal punto dentro
sappiamo come quei dati siano stati prodotti, non conosciamo cioè il processo quella rete semiotica da farla mia, da diventare insomma un “indigeno”. Questo non
è fare ricerca antropologica perché se divento un indigeno, e magari divento uno otterrò sarà una serie di segni di cui non so il significato, o cui attribuisco un
stregone potentissimo, non sarò più interessato a comunicare il mio punto di vista al significato del tutto arbitrario.
di fuori della mia comunità di riferimento. L’antropologo – dice Clifford Geertz – L’antropologia è quindi una scienza interpretativa che sa che i suoi fatti sono
non può fare uno studio sulla stregoneria come se fosse un ragioniere prodotti nell’interazione tra l’antropologo e i suoi informatori, e tra l’antropologo e
(disinteressandosi quindi completamente dei significati nativi, della rete semiotica le sue competenze. Scrivere cercando di descrivere un fatto culturale è
che produce il senso della stregoneria), ma non può neppure fare uno studio sulla un’operazione creativa senza essere arbitraria, intersoggettiva senza essere bizzarra
stregoneria come se fosse uno stregone, perché se si rinchiude completamente dentro o frutto del capriccio. È difficile convivere con una strategia di ricerca che non ci
la sua rete di significati di stregone non consente a chi ne è esterno di comprenderla. tranquillizza rispetto al metodo che dobbiamo usare. Non si sono regole automatiche
L’impegno della ricerca antropologica è quindi quello di tenere collegate e da applicare nella ricerca antropologica, non ci sono “protocolli” rigorosi per la
reciprocamente comprensibili diverse reti di significato, quelle indigena e quelle da metodologia. Ci resta come punto di riferimento la volontà di conoscere modi
cui proviene. Come un apripista o uno scout, l’antropologo traccia percorsi mai diversi di pensare e vivere: solo tenendo a mente l’obiettivo finale della ricerca
battuti prima, provando a creare la strada che ci permette di capire chi è diverso antropologica potremo raffinare nella pratica il modo in cui facciamo ricerca.
senza farlo diventare uguale a noi, ma senza ridurlo a una diversità assolutamente
incomprensibile.
L’esercizio di etnografia che vi ho chiesto di comporre si orienta quindi come un
primo tentativo esplicito da parte vostra di fare i conti con questa dimensione
interpretativa della descrizione e della comunicazione. Se è vero quel che abbiamo
detto sui segni (convenzionali e pubblici nel loro significato, cioè prodotti
dall’interazione comunicativa, cioè dalla reciproca interpretazione) non può esistere
una descrizione oggettiva di alcunché, ma invece una tensione interpretativa di quel
che vedo, sento e dico. In altre parole, ogni descrizione non può che essere
un’interpretazione, e quindi qualunque etnografia (anche una breve relazione che
cerchi di raccontare come una matricola entra all’università, come si interagisce con
un datore di lavoro, come si divide la stanza con un compagno invadente, eccetera) è
il risultato di un complesso lavoro interpretativo. L’esercizio che vi chiedo è un
primo passo per iniziare a riflettere sui meccanismi retorici che vengono messi in
atto in queste operazioni di descrizione.
A scanso di equivoci, dire che ogni descrizione dei fatti culturali non può che
essere un’interpretazione (dato che i fatti culturali sono di natura semiotica) non
significa assolutamente rinunciare alla scientificità della ricerca antropologia. Se per
scienza intendiamo lo sforzo costante di produrre conoscenza verificabile e
condivisibile, l’antropologia è e vuole essere una disciplina scientifica. Non può
però essere una disciplina che si basa sull’epistemologia dell’empirismo stretto,
quello per cui la realtà è tutta esterna e basta solo individuare il metodo preciso per
raccogliere i dati. Credo che questa prospettiva (che oggi è stata superata anche per
le scienze cosiddette “dure” come la fisica e la biologia), se viene imposta come un
feticcio, non produca conoscenza scientifica, in quanto non riesce a produrre dati
rilevanti per il progetto dell’antropologia culturale. Se pretendo di studiare una
cultura disinteressandomi dei significato indigeno dei segni che vedo, quel che
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GUIDA ALLA LETTURA DI “GLI USI DELLA DIVERSITÀ”, DI CLIFFORD GEERTZ,


[1994, IN R. BOROFSKY (ED.), ASSESSING CULTURAL ANTHROPOLOGY, MCGRAW-HILL,
PP.454-467]
1) Le due strade L’antropologia si è sempre mossa tra universalità e particolarità, tra generalizzazione e
dell’antropologia idiosincrasia: “strutture e archetipi” da un lato, “cavoli e re” dall’altro (71).
2) L’omogeneiz- Oggi molto spesso vi viene paventato il rischio dell’omogeneizzazione culturale: finiti i
zazione culturale cacciatori di teste, finiti i cannibali… Anche se questo di per sé non costituisce un problema per
e la legittimazione l’antropologia in quanto disciplina scientifica, G. nota che questa “attenuazione del contrasto
dell’etnocentrism culturale” (“softening of variety”) ha prodotto una legittimazione (spesso implicita)
o dell’etnocentrismo da parte di quegli stessi intellettuali (cioè antropologi e filosofi) che più di tutti
avrebbero il compito di difenderci dalle sue grinfie [L’etnocentrismo è quell’atteggiamento in base
al quale la cultura, le abitudini e i valori sono considerati dal soggetto che li possiede naturalmente
e intrinsecamente superiori a quelli dei soggetti di altri culture: la “mia” cultura è giusta, la “loro”
è sbagliata].
3) Claude Lévi- Il primo esempio di questo atteggiamento è preso da Lévi-Strauss, che afferma: “per non
Strauss: dissolversi, [le culture] hanno bisogno che… sussista tra loro una certa impermeabilità” (p. 73).
l’etnocentrismo è L’etnocentrismo avrebbe quindi almeno un aspetto positivo, nella misura in cui previene
un preservativo l’omogeneizzazione rendendo le culture relativamente impermeabili le une alle altre.
necessario L’etnocentrismo, questa prospettiva lévi-straussiana, è un preservativo che ci protegge dal virus
della globalizzazione culturale. Dato che esiste il virus, i preservativi sono utili. “Sarebbe pertanto
illusorio non soltanto pensare che l’umanità possa liberarsi del tutto dall’etnocentrismo… se ciò
accadesse, non sarebbe affatto una buona cosa” (p. 73). Poniamoci la seguente domanda: quale
concezione della cultura è implicata da un simile apprezzamento dell’etnocentrismo?
4) imperméabilité L’impermeabilità si rivela quindi, secondo Lévi-Strauss, un atteggiamento morale verso altre
come una via culture: mi tengo alla larga dalle altre forme culturali per non negare la mia propria, e soprattutto
d’uscita tra per non danneggiare la creatività insita nella mia cultura. Secondo Geertz, questa accettazione
relativismo e dell’etnocentrismo attraverso il distacco dall’altro è la conseguenza di uno stallo morale: “Non
assolutismo potendo abbracciare né il RELATIVISMO né l’ASSOLUTISMO – il primo perché inibisce la facoltà di
giudizio, il secondo perché la rimuove dalla storia – i nostri filosofi, storici e scienziati sociali
sembrano optare per quella sorta di imperméabilité dei noi-siamo-noi, voi-siete-voi raccomandata
da Lévi-Strauss” (p. 75).
5) Richard Rorty: La posizione del filosofo Rorty è leggermente differente, ma egualmente orientata a
abbiamo bisogno enfatizzare gli aspetti positivi dell’etnocentrismo. Rorty è un filosofo che unisce nella sua scrittura
dell’etnocentrism l’approccio ermeneutico (tedesco) e il pragmatismo (americano) [cfr. ad esempio il suo La
o perché abbiamo filosofia e lo specchio della natura, del 1979]. Ha avuto un ruolo centrale nel diffondere un’idea di
bisogno di filosofia come genere letterario che rinuncia al compito di fondare la legittimazione della
coesione sociale e conoscenza e si accontenta di offrire una sponda intellettuale all’espressione di simpatia e
solidarietà di solidarietà che i membri di una comunità hanno gli uni verso gli altri (Contingence, irony and
comunità solidarity, 1989). Questo sentimento nei confronti della propria comunità è completamente de-
teorizzato e sottratto a qualunque implicazione di tipo universalistico (o, se è per questo, anche
relativista). All’interno di questa struttura di solidarietà coi propri simili, le culture degli altri
costituiscono nulla più che lo sfondo su cui si staglia “la dignità relativa di un gruppo… per effetto
di contrasto, per via del confronto con altre, peggiori comunità” (cit. pp. 76-77). Insomma, la
conoscenza dell’altro è utile nella misura in cui conferma la nostra superiorità.
6) Differenze tra G. ha quindi presentato a chi legge due approcci all’etnocentrismo. Secondo il primo
questi due modi di (antropologico e razionale), l’etnocentrismo è utile perché preserva l’integrità culturale, mentre per
legittimazione il secondo (filosofico e pragmatico) l’etnocentrismo rafforza il sentimento di appartenenza
dell’etnocentrism collettiva. Uno insiste sulle implicazioni intellettuali dell’etnocentrismo (se non ignoriamo l’altro,
o non possiamo salvare la nostra specificità intellettuale), l’altro su quelle emotive (abbiamo bisogno
di disprezzare l’altro per tenere unita la nostra comunità attraverso un senso di superiorità).
A questo punto Geertz espone il punto centrale della sua argomentazione: “vorrei dire che una
facile resa ai comfort dell’essere semplicemente noi stessi, del coltivare la sordità e del rendere
grazie per non essere nati tra i vandali o tra gli ik, sarebbe fatale per entrambe [le discipline,
l’antropologia e la filosofia]” (p. 77).
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7) Il vero Il vero problema dell’etnocentrismo non sta nel fatto – dice Geertz – che ci imprigionerebbe
problema nelle credenze e nelle pratiche della nostra cultura e della nostra comunità (per definizione, siamo
dell’etnocentrism già intrappolati nella nostra rete semiotica, e non abbiamo certo bisogno dell’etnocentrismo a
o: soffoca questo fine) ma piuttosto il fatto che soffoca la nostra capacità e la nostra voglia di immaginare
l’immaginazione (afferrare, com-prendere nel primo senso del termine) qualunque sensibilità che ci sia aliena: “…i
problemi sollevati dal fatto della diversità culturale hanno a che fare più con la capacità di
percepire alla nostra maniera sensibilità aliene, stili di vita che non ci appartengono… e che
neppure ci apparterranno, che non con la possibilità di sfuggire al fatto che preferiamo quel che
preferiamo” (p. 78).

8) Rifiutare Un’immediata conseguenza del prendere in considerazione questo aspetto sterilizzante (e non
l’etnocentrismo solo protettivo o contrastivo) dell’etnocentrismo è che si smette di pensare alle culture o alle
significa in prima comunità come se fossero unità indipendenti e dai confini nitidi. Se uno ha ancora voglia di
istanza immaginare “come sia essere un pipistrello”, immaginare cioè la diversità culturale,
riconoscere la immediatamente prenderebbe consapevolezza del fatto che la diversità non inizia lontano, lontano
diversità da “noi”, ed è invece ben all’interno di noi. Nel momento in cui la diversità non è solo qualcosa
all’interno delle che sappiamo che esiste ma dalla quale ci teniamo alla larga per rimanere più aderenti ai nostri
nostre società principi (come vuole Lévi-Strauss), e non è neanche un semplice sfondo di conoscenza peggiore e
di equivoci valori morali che confermano la nostra superiorità e unità (come vuole Rorty), ma è
qualcosa che veramente ci interessa; nel momento in cui la diversità culturale non solo uno
strumento per i nostri scopi (proteggere la mia cultura, unire la mia comunità), la sua presenza e
pervasività diventa evidente
9) Linguaggio, Com’è stato quindi possibile presentare come plausibile questa concezione monadica delle
società e culture (i treni, nella metafora di Lévi-Strauss)? È stato possibile perché si è applicata in modo
rappresentazioni scorretto l’idea che il significato sia costruito socialmente, nel senso che c’è un forte legame tra
monadiche delle linguaggio e conoscenza o, per dirlo meglio, tra significato e società. Questa idea (che le idee e i
culture significati non sono “nella testa” delle persone, ma circolano nella società attraverso i simboli
della cultura) è stata interpretata in modo restrittivo “nel senso che i limiti del mio mondo sono i
limiti del mio linguaggio”, offrendo quindi legittimazione alla chiusura culturale e all’isolamento
morale, mentre per Geertz “i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo” (p. 80). Non si
tratta di un gioco di parole più o meno insulso, e dovrebbe essere analizzato con attenzione. La
prima frase, infatti, legittima l’indifferenza verso la diversità, mentre la seconda conduce alla
curiosità, all’immaginazione e all’apertura mentale.
10) Le culture In un mondo in cui le differenze segnavano i limiti dell’appartenenza in modo nitido, era
erano veramente forse ancora possibile pensare alle culture come treni. Ma ora siamo di fronte a prospettive del
pure e le società tutto inedite: “le questioni morali sollevate dal fatto della diversità culturale… che un tempo
veramente sorgevano, quando sorgevano soprattutto tra le società… sorgono oggi soprattutto al loro interno”
omogenee prima (pp. 81-82). Questo è forse un punto che potremmo spingerci a criticare nell’argomentazione
della recente geertziana. Per presentare lo stato attuale di ibridazione culturale, lo contrappone a un passato di
ibridazione? Forse uniformità, quando invece sappiamo che la diversità è stata la situazione normale nella storia
Geertz sta dell’umanità, se si eccettua l’enorme sforzo di uniformazioni nazionali occorso dalla fine del
esagerando? Settecento alla fine della seconda guerra mondiale.

11) Un apologo Per fornirci un esempio sia della “diversità entro una società” sia della sordità al richiamo di
dalla morale altri valori e dell’inutilità di un approccio di allegro distacco dall’altro, Geertz ci racconta la storia
incerta: l’indiano dell’indiano ubriacone e del rene artificiale. Il valore morale della storia ha è legato a quanto
ubriacone e il rene questa si sviluppa a seguito della mancanza di reciproca immaginazione, e alle conseguenze che
artificiale, ovvero questo comporta: “se fallimento vi è stato… esso ha riguardato l’incapacità, da ambo le parti, di
l’incapacità di comprendere la posizione dell’altro e, quindi, la propria… A far sembrare questo piccolo racconto
immaginare così deprimente… è il fatto che essi [indiano e medici] non abbiano saputo escogitare, nel mistero
l’altro. della differenza, un modo per risolvere un’autentica asimmetria morale” (p. 84).
12) Il ruolo Possiamo rimanere indifferenti di fronte a questi casi di diversità che intersecano la “nostra”
dell’etnografia nel definizione di cosa il termine “nostro” significa o dovrebbe includere? Geertz crede che nella
“colmare il salto” maggior parte dei casi siamo chiamati a uno sforzo di comprensione, se veramente vogliamo
della diversità (o vivere dentro una società, e non una mera accozzaglia di individui in soliloquio, ognuno sepolto
inesorabilmente nelle sue idiosincrasie personali. Per poter fare questo, abbiamo bisogno di una

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almeno nel “apertura immaginativa a (e l’ammissione di) una mentalità aliena” (p. 84). Gli etnografi sono da
provarci, tempo i professionisti delle mentalità aleiene: “Quantunque diversi fossero i nostri metodi o le
nell’immaginare nostre teorie, noi etnografi abbiamo condiviso la medesima ossessione professionale per i mondi
le possibilità di altri, cercando di renderli comprensibili innanzitutto a noi stessi e, quindi, con l’ausilio di artifici
riempirlo) concettuali non dissimili da quelli adoperati dagli storici e dai romanzieri, ai nostri lettori” (p. 84).
13) Il sapere Ora che la diversità è all’interno del noi, l’etnografia , raffinando e ricalibrando i suoi
etnografico è strumenti e i suoi fini, può giocare un ruolo importante: “Gli usi dell’etnografia sono per lo più
importante perché ancillari, e tuttavia reali. Come la compilazione dei dizionari o la molatura delle lenti, l’etnografia
il relativismo (che è, o dovrebbe essere, una disciplina che serve a qualcosa” (p. 86). L’etnografia può offrire la sua
può senz’altro esperienza per quella che Geertz considera una speranza per un possibile futuro: un tentativo di
sorgere da quel reciproca comprensione tra le diversità.
sapere) è molto
meno pericoloso
dell’indifferenza
alla diversità
14) Conclusioni: Entro il complesso collage che costituisce l’attuale complessità e ibridità culturale, il
l’etnografia è al relativismo senza scopo e la comparazione autocompiaciuta con l’altro sono due strategie del tutto
contempo inutili, anche se bisogna specificare che quest’ultima è ben più pericolosa del primo. “La
un’esigenza prospettiva di un mondo popolato di persone così innamorate le une della cultura delle altre da
scientifica e aspirare soltanto a celebrarsi a vicenda non mi pare proprio un pericolo imminente; purtroppo, mi
morale dei nostri sembra di vedere invece un pericolo nella prospettiva di un mondo di persone tutte impegnate a
tempi glorificare i propri eroi e a demonizzare i propri nemici. Non è affatto necessario scegliere – anzi,
è necessario non scegliere – tra un cosmopolitismo privo di contenuto e un campanilismo senza
pietà. Nessuno dei due è di grande aiuto se si tratta di vivere in un collage” (pp. 88-89).
15) Essere attenti “Comprendere quello che, in un modo o nell’altro, ci è alieno (e tale rimarrà) senza cercare di
al diverso è minimizzarlo con vuoti balbettii sulla nostra comune umanità o di neutralizzarlo con l’indifferenza
“innaturale” ma dell’a-ciascuno-il-suo, o ancora di liquidarlo come qualcosa di affascinante, persino grazioso, ma
necessario. Un non perciò meno illogico – questa è un’abilità che dobbiamo faticosamente imparare; e una volta
manifesto del imparata, lavorare continuamente per tenerla in vita, poiché non si tratta di una facoltà innata,
sapere socio- come la percezione della profondità o il senso dell’equilibrio, sulla quale si possa fare senz’altro
antropologico affidamento. Gli usi della diversità – e dello studio della diversità – consistono proprio in questo:
nel rafforzare la nostra immaginazione, la nostra capacità di comprendere ciò che ci sta di fronte.

Sunto
L’etnocentrismo, un tempo vivacemente contrastato dagli intellettuali e dagli esperti di scienze sociali, ha
acquisito da qualche anno un nuovo fascino, come “una certa dose di sordità al richiamo di valori estranei” – che
consentirebbe quindi la sopravvivenza delle differenze – oppure come “una matrice di confronto con comunità
peggiori” – una pratica che rafforza la coesione della comunità di appartenenza. Confrontandosi con questa
nuova attrattiva dell’etnocentrismo, e con la sua legittimazione da parte di autorevoli studiosi come Lévi-Strauss
e Rorty, Geertz sostiene che un simile approccio alla diversità culturale ci impedisce di scoprire non solo quel
che sono gli altri, ma anche quel che siamo noi, dato che la diversità è oggi altrettanto all’interno delle società di
quanto un tempo fosse tra società. L’etnografia con il suo tradizionale pallino per la comprensione della
diversità, ci offre ancora gli strumenti migliori per capire quel che ci è alieno, senza edulcorarlo, renderlo
innocuo o liquidarlo. All’interno dell’impresa etnografica, gli scopi morali e quelli scientifici si intrecciano:
abbiamo bisogno di conoscere l’altro perché è dentro di noi (obiettivo scientifico della precisione e
dell’adeguamento alla realtà) e perché solo questa conoscenza (che richiedere un vero sforzo di immaginazione)
può contrastare una tendenza evidente a trasformare l’indifferenza verso l’altro in sospetto, e il sospetto in
inimicizia.

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IL SISTEMA DELLE APPARTENENZE sime indicazioni, quel che più è evidente nei raggruppamenti umani è il fatto che le
diverse unità collettive possono essere sia una inclusa nell’altra, sia parzialmente
1. LE APPARTENENZE COLLETTIVE sovrapposte, sia in totale opposizione. Così, a Siena, gli abitanti della contrada della
Dopo aver fornito nel primo modulo alcune indicazioni generali sul concetto Torre saranno un “noi” separato dal “loro” delle altre contrade, ma tutti assieme
antropologico di cultura e sul ruolo e le funzioni delle discipline saranno il “noi” senesi, eventualmente incluso nel “noi” toscani, a sua volta incluso
demoetnoantropologiche, questo secondo modulo intende garantire agli studenti nel “noi” italiani. Queste inclusioni a matrioska (una nell’altra)
anche gli strumenti di base per riflettere attorno a uno dei temi centrali della ricerca non esauriscono le appartenenze, dato che il
e della teoria antropologica. Il tema che ci proponiamo di approfondire è quello delle “noi” maschi le attraversa tutte (in
appartenenze collettive o, come abbiamo detto nel corso delle lezioni, il tema del opposizione al “loro” femmine), oppure
“noi” e del “voi”. Tutti “noi” (appunto) usiamo frequentemente la prima persona il “noi” di sinistra, il “noi” che siamo
plurale per riferirci a un raggruppamento umano al quale ci sentiamo di appartenere, appassionati di film horror, e così
oppure usiamo il “voi” (e il “loro”) per delimitare invece un raggruppamento del via. Il modello quindi è visualizzabile
quale non siamo parte. Normalmente, ci rendiamo conto della volatilità di alcune come nella grafizzazione qui a fianco. Una
formazioni, per cui se io dico “voi” studenti che frequentate il mio modulo, mi rendo serie di “confini” separano sulla base di uno o più criteri quelli
conto che l’aggregato che definisco è alquanto preciso ma insieme transitorio, visto che sono inclusi da quelli che sono esclusi.
che fra qualche settimana già non esisterà fisicamente più. Ognuno di noi sa inoltre Questo modello formale delle appartenenze ci pone immediatamente di fronte a
di appartenere a diversi gruppi contemporaneamente (“noi” studenti di questo due questioni essenziali, che proviamo a formulare nel modo più diretto possibile:
modulo, ma anche “noi” studentesse e “loro” studenti, “noi” studenti in sede e 1. Cosa si intende per “criteri” che separano le appartenenze?
“loro” studenti fuori sede, “noi” di Conservazione e “voi” di Storia…). Sappiamo 2. Chi stabilisce i criteri?
inoltre che, a seconda del contesto, possono variare le appartenenze e chi vi fa parte, La prima domanda ci collega direttamente a quanto abbiamo detto sulla natura
per cui “noi” studenti del modulo di antropologia per ciascuno di voi non includerà semiotica delle culture, dato che i criteri di inclusione ed esclusione sono proprio dei
tutti i “noi” amici, o i “noi” bravi giocatori di tennis, o “noi” cultori di hard rock. segni, e quindi stabiliti per via culturale. Un gruppo può decidere che sono membri
L’uomo è un animale sociale e naturalmente gregario. Non esistono culture in cui tutti quelli con determinate caratteristiche fisiche (le classificazioni “razziali” sono
tutti i membri vivano sistematicamente isolati uno dall’altro, e ci sono delle buone proprio di questo tipo, e in fin dei conti si potrebbe dire – esagerando appena un po’
ragioni adattive perché sia così. Come quasi tutti i primati, gli esseri umani – che l’ideologia nazista della razza ariana considera “noi” i biondi, e “loro” tutti gli
dipendono dai loro simili per la sopravvivenza, e il lungo periodo di maturazione altri…); oppure coloro che condividono un particolare credo politico o religioso (i
fisica e psicologica che intercorre tra la nascita e la capacità di procurarsi da vivere musulmani, i cristiani, e al loro interno i sottoraggruppamenti sciiti e sunniti da un
autonomamente dai genitori ha probabilmente selezionato i modelli comportamen- alto, cattolici, protestanti e ortodossi dall’altro, a loro volta ulteriormente suddivisi);
tali più orientati alla cooperazione e alla cura reciproca. Se gli ominidi non avessero tutti coloro che hanno una specifica coscienza politica (i comunisti, i fascisti, i
sviluppato una particolare cura per la prole e la capacità di cooperare stabilmente liberali, i radicali); o un determinato livello intellettuale o economico (i borghesi, i
con altri adulti difficilmente la nostra specie si sarebbe evoluta. proletari, gli intellettuali, gli artigiani); una preferenza sessuale (gli eterosessuali, gli
Quali che siano le ragioni di ordine evolutivo o ecologico, è certo che gli esseri omosessuali, i bisessuali); un genere sessuale (i maschi, le femmine, i transessuali);
umani sono particolarmente sensibili alla definizione del “loro” gruppo di oppure ancora che sono membri tutti coloro che hanno una cultura comune (gli
riferimento. Semplificando di molto una questione che è più complessa, possiamo italiani, i francesi, i bretoni, i fiorentini); oppure che abitano un determinato
dire che gli uomini sentono quasi inevitabilmente la necessità di stabilire (a diversi territorio (i britannici, i romagnoli, i padani). Come è chiaro, i criteri per creare delle
livelli e con diverse intensità) chi sia “dei nostri” e chi invece non lo sia. Con i separazioni sono praticamente infiniti, intanto perché possono essere combinati tra
“nostri” i rapporti tendono a essere più facilmente cooperativi o comunque loro (tutti quelli che abitano in Italia, ma che sono di “origine” abruzzese; tutti i
regolamentati secondo forme canoniche precise, mentre con gli “altri” può essere maschi proletari di destra; tutti i cattolici omosessuali di sinistra che vivono nel
predominante un modello di interazione competitiva. Ma al di là di queste generalis- Lazio ma sono di origine straniera) e poi – la vera ragione – perché questi criteri
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sono segni e in quanto tali possono essere prodotti dall’uomo con un grado di libertà noi del corso avanzato di aerobica, eccetera) e quindi sa dove collocare chi è parte
elevatissimo. del suo gruppo di riferimento in quel momento. Questo procedimento semiotico si
Il fatto che i criteri di appartenenza e distinzione siano segni ci costringe a chiama AUTOIDENTIFICAZIONE INTERNA. Assieme a questo processo di identificazione del
considerare le appartenenze come fenomeni essenzialmente semiotici e quindi – noi, procedete solitamente a un’ulteriore operazione semiotica, delimitando e dando
attenti bene – ad ammettere che non esiste un modo “oggettivo” per stabilire una forma anche allo spazio “loro”. La suddivisione dello spazio esterno si chiama
l’appartenenza di un individuo a questo o quel gruppo, ma solo un modo CATEGORIZZAZIONE ESTERNA.
intersoggettivo di verificare quell’appartenenza. Questo punto è strettamente legato In parole semplici, vi sarete creati (o,
alla seconda domanda che ci siamo posti più sopra, e cioè chi stabilisce i criteri. Se più probabilmente, avrete preso a
le appartenenze dipendono dai segni che dicono chi è dentro e chi è fuori, chi “dice” prestito) dei criteri per definire tutti i
quei segni? Possiamo riformulare la domanda in quest’altro modo: fatto salvo che “loro”: maschi, ottentotti,
io
“noi” siamo in grado di dire chi siamo e siamo anche in grado di dire chi sono extracomunitari, parigini, commissari
“loro”, “loro” sono in grado di fare altrettanto? Se “noi” italiani sappiamo chi sono noi di Polizia, no global, tabaccai,
gli “extracomunitari”, siamo certi che il nostro modo di delimitarli (attraverso un professori, indiani d’America e italiani
loro
criterio semiotico complesso che dovrebbe essere all’incirca “quelli che sono qui ma d’Argentina). Quel che complica
non sono cittadini europei né tanto meno italiani, e in più vengono da un generico terribilmente la questione delle identità collettive è che ogni individuo e ogni
“est” o “sud” del mondo, spesso legati ad attività manuali, a lavori a basso reddito o collettività esegue contemporaneamente queste operazioni semiotiche di
ad altre attività semilegali o illegali”, tant’è vero che la categorizzazione di autoidentificazione interna e di classificazione esterna, producendo intrecci di
“extracomunitario” non si applica ai cittadini statunitensi) coincida con il loro modo appartenenza che possono non solo sovrapporsi solo in parte, ma anche essere
di definire se stessi? Ancora più semplicemente: quando definisco un “loro”, quel direttamente conflittuali per quanto riguarda le diverse delimitazioni. Potrei, ad
“loro” accetta la mia definizione? Nel caso degli “extracomunitari” sembra evidente esempio, aver prodotto un noi che non include il soggetto x, ma quello stesso
che le due direzioni della definizione (noi che definiamo loro, loro che definiscono soggetto potrebbe aver prodotto un noi che invece mi include. Un caso forse a voi
se stessi) non coincidano quasi mai. Tutti quelli che “noi” definiamo noto di questo conflitto tra identificazioni è quello dell’“asfissiante”. Ho ben chiaro
“extracomunitari” probabilmente si definiscono altrimenti, in base al criterio chi siano i miei amici, chi i miei semplici conoscenti e chi siano gli estranei. Ho
nazionale (marocchini, filippini) religioso (musulmani, indù) etnico (tamil, berberi) quindi costituito un “noi amici” di cui conosco i confini, e che credo di poter gestire
geografico (maghrebini, africani) o altro ancora. con una certa precisione. C’è però quel tizio (o quella tizia) che non sembra
Quel che conta è che inevitabilmente, d’accordo: mi cerca, vuole i miei appunti e mi racconta i fatti suoi, mi asfissia, vuole
nella delimitazione delle appartenenze il mio cellulare e pretende che lo stia ad ascoltare nei momenti meno opportuni.
collettive, dobbiamo tener conto di due Secondo il modello che abbiamo appena presentato, siamo di fronte a
io direzioni semiotiche: una in base alla rappresentazioni conflittuali del “noi amici”: io non lo/la includo in questo gruppo,
quale definiamo chi sia dentro (il “noi”) mentre lui/lei mi include nel suo. Non ha ovviamente alcun senso chiedersi chi abbia
noi e una in base alla quale stabiliamo come “ragione”, dato che non c’è modo oggettivo di stabilire una relazione come
si suddivida ulteriormente tutto il resto l’amicizia. L’unico modo per risolvere la questione è giungere a un chiarimento, cioè
(il “loro”). a una negoziazione del significato di “miei amici”, e non è affatto detto che il
Immaginiamo lo spazio sociale chiarimento chiarisca alcunché. Se sul piano strettamente personale la faccenda può
(l’insieme degli esseri umani) come un piano uniforme costituito da punti che sono i essere imbarazzante o fastidiosa, una volta trasferita sul piano delle appartenenze di
singoli individui. Dato che il piano è praticamente infinito, ogni punto ne può essere natura più politica la discrepanza tra diverse identificazioni può essere anche molto
considerato il centro, e ognuno di noi si immagina esattamente in quella posizione. più problematica. Date le mie origini familiari (anche) venete, mi è capitato di
Da quel punto centrale, ognuno ritaglia il confine del suo noi (che abbiamo visto può interloquire con persone che pretendevano di farmi sentire parte di un “noi padani”
variare a seconda del contesto: in aula pensate a noi studenti, in palestra pensate a che per me è invece una forma di appartenenza che sento completamente estranea

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alla mia storia personale e alle mie scelte morali e politiche. Cosa fa sì che io non sia addirittura quelli che io considero nostri potrebbero invece non considerami dei loro
padano, se ho tutti i tratti “oggettivi” di questa appartenenza? Non risolviamo il o, viceversa, dove individui che non voglio facciano parte del mio gruppo premono
punto adesso (se mai si può risolvere), ma lasciamo che la domanda ci faccia invece con insistenza per essere inclusi. Tutte le culture umane devono affrontare
riflettere sul punto centrale, e cioè che per appartenere non basta che qualcuno dica questo problema, e molte sembrano aver cercato una soluzione in quello che appare
“noi”, perché il suo modo di dire “noi” non è detto che coincida con il nostro. un legame ineluttabile, finalmente basato su qualcosa di oggettivo, di certo, e cioè
Stesso discorso vale per la categorizzazione. Il modo in cui io classifico gli “altri” sulla parentela. Che qualcuno pretenda di essere mio sodale in nome di un’amicizia
può non coincidere con quello del mio vicino di casa, e la cosa può facilmente creare non corrisposta passi pure; che io non trovi un accordo col mio vicino su come
problemi sia con quelli che classifichiamo (che magari non si riconoscono né nella giudicare i venditori di Cd taroccati, poco male; ma chi potrebbe mettere in dubbio
mia classificazione, né in quella del mio vicino), sia con il vicino stesso, se io penso che io e mia sorella facciamo parte della stessa famiglia; che quel che mi lega a mia
che il suo modo sia assolutamente errato. Se per lui gli uomini di pelle scura che cugino è qualcosa di più di un segno o di una negoziazione; che mio nipote
vendono Cd pirata davanti al supermercato sono “criminali extracomunitari”, mentre appartiene al mio gruppo parentale in modo che non può essere messo in
per me sono “lavoratori sfruttati dal sistema della globalizzazione”, difficilmente discussione? La parentela, proprio perché ci appare un legame sociale fondato sulla
avremo le stesse opinioni su come comportaci nei loro confronti. Ovviamente gli natura, sembra garantirci quel minimo indispensabile e indiscutibile che
esempi possono essere moltiplicati all’infinito, perché infinite sono le modalità con pretendiamo dal legame sociale. Posso discutere l’appartenenza a tutti i livelli, ma
cui possiamo raggruppare i “nostri” e gli “altri”. Vi invito a pensare qualche altro quando si parla di parenti mi sento certo di quel che dico. Posso pure detestare mio
caso in cui le diverse forme di autoidentificazione e/o di classificazione entrano in padre, mia madre o mio fratello, ma ciò non toglie che la mia relazione con loro è
conflitto tra loro. certa e data una volta per tutte. Anzi, posso fare di più: posso costruire la mia rete
In generale, possiamo dire che l’identità personale e di gruppo è la risultante di sociale prendendo proprio quella parentale a modello e punto di riferimento, così
due dimensioni di direzione opposta e di forza relativa spesso differente: chiamerò fratelli i miei correligionari e padri e madri i ministri del mi culto. Sentirò
l’autoidentificazione interna (in astratto, quello che si dice di se stessi. Dal “nostro” un legame fraterno con quelli della mia nazione (“fratelli d’Italia”), con quelli cioè
punto di vista: quello che noi diciamo di essere. Dal “loro” punto di vista: quello che con cui condivido la “madre” patria. Oppure chiamerò i miei sodali politici con
loro dicono di essere) e la categorizzazione esterna (in astratto, quello che si dice termini che si richiamano all’intimità della famiglia (“camerati”, quelli che
degli altri. Dal “nostro” punto di vista: quello che noi diciamo che loro sono. Dal condividono la stessa camera) o alla vera amicizia (che è quella “fraterna”, per cui
“loro” punto di vista: quello che loro dicono che noi siamo). Lo spazio politico delle “compagni”).
identità si gioca tutto sullo scarto tra queste due dimensioni: una nazione, un gruppo Ecco allora che la parentela, questa rete di relazioni ovvie e scontate, può
etnico o una minoranza sarà tale solo quando la sua percezione interna di esserlo permettermi di costruire reti più ampie e complesse, e fungere così da “mattone”
troverà un riscontro esterno in qualche istituzione che lo riconosca. della società.
Quel che è importante in questo gioco di scatole dell’identità (non sempre scatole Questa, in sostanza, la ragione per cui gli antropologi si sono interessanti così
cinesi, cioè contenute una nell’altra, ma spesso scatole alternative e su piani diversi) tanto e fin da subito di questa dimensione della vita sociale. Gli studi della parentela
è che ci si renda conto che si tratta di processi semiotici e retorici inevitabili che dovevano garantire alla “scienza dell’uomo” quel fondamento naturale che rendesse
riguardano qualunque forma di appartenenza collettiva: le identità collettive sono comprensibili le motivazioni che spingono gli uomini a vivere in aggregati
quindi essenzialmente formazioni semiotiche e retoriche (prodotte attraverso i segni complessi. In realtà, la ricerca sul campo (il tentativo cioè di individuare le basi
e la persuasione, non l’esposizione di appartenenze oggettive) e quindi vanno naturali della convivenza) ha prodotto un effetto paradossale. Partiti per
studiate sotto questa loro dimensione. documentare la base naturale della vita sociale, gli antropologi sono tornati “dal
campo” con una tale varietà di dati e sistemi di parentela da trovarsi inevitabilmente
2. FAMIGLIA E PARENTELA: INTRODUZIONE a mettere in discussione proprio quella naturalità che andavano cercando. Hanno
Bene, siamo arrivati a un punto abbastanza sconfortante, dato il nostro bisogno di infatti scoperto che, a seconda del sistema di parentela in vigore in una determinata
certezze e garanzie sull’appartenenza. Sembriamo immersi in un quadro sociale in cultura, il padre poteva essere considerato più il marito della madre (e quindi un
cui non solo non è chiaro dove siano i nostri e dove collocare gli altri, ma dove

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parente “non di sangue”, che chiamiamo “affine”)1 piuttosto che un parente vero e TIPI DI FAMIGLIE
proprio. Oppure che alcuni cugini potevano essere del tutto assimilati ai fratelli, e
quindi assolutamente vietati per il matrimonio, mentre altri potevano essere Famiglia nucleare monogamica e sue variazioni
considerati i partner ideali per una relazione matrimoniale. Sempre facendo ricerca Partiamo da quella che a noi pare la famiglia “normale”: due genitori di sesso
sul campo, gli antropologi hanno potuto verificare che il nostro modello di diverso e i loro eventuali figli. Chiamiamo questa famiglia nucleare, e notiamo
“famiglia” non è universale, e che quindi qualunque tentativo di considerare la subito che è composta di due sole generazioni. Vediamo anche che non tutte le
società come un’estensione della famiglia si scontrava con la varietà empirica di funzioni che abbiamo indicato sono espletate da questo tipo di famiglia, per esempio
questo raggruppamento di base. nella nostra società gran parte dell’istruzione avviene al di fuori (asilo d’infanzia e
Per poter entrare nei meandri della parentela, partiremo quindi dalla famiglia scuola), mentre è vero che una buona parte della sussistenza (almeno nella forma del
intesa come aggregato di persone tramite uno o più vincoli matrimoniali. consumo del cibo) si attua entro la famiglia. Ci sono numerosi esempi di famiglie
nucleari con funzioni sostanzialmente diverse da quelle che noi attribuiamo alla
FAMIGLIA E MATRIMONIO nostra. È comune per esempio che i figli maschi di una famiglia fin da tenera età si
Quanto diremo in questo paragrafo è sostanzialmente descrittivo, e non comporta riuniscano fuori con altri coetanei e passino sempre più tempo tra di loro, fino al
particolari difficoltà. Se si vuole, la vera difficoltà non sta tanto nel descrivere i punto di costruire abitazioni proprie. Il raggruppamento di membri appartenenti a
diversi tipi di famiglia o i diversi tipi di matrimonio, quanto nel fornire una famiglie diverse può essere fatto su base generazionale, per cui tutti i membri della
definizione astratta per queste due istituzioni. Cioè, mentre è abbastanza facile stessa CLASSE DI ETÀ (un gruppo di persone, spesso non esattamente della stessa età
raccontare la differenza tra famiglia nucleare e famiglia estesa o congiunta, oppure cronologica, ma considerato tale per ragioni rituali o funzionali: i membri della
tra matrimonio monogamico e poligamico, gli antropologi sono in seria difficoltà stessa CDE faranno per esempio il rituale di passaggio all’età adulta nello stesso
quando devono definire cosa sia una famiglia o cosa sia un matrimonio. momento, oppure parteciperanno assieme alla prima spedizione di guerra, o alla
Cominciamo con il dire che in tutte le società ci sono una serie di attività prima impresa commerciale) possono vivere nella stessa casa o costruirsi uno spazio
riconducibili alla sfera “privata”, cioè ad uno spazio fisico chiaramente delimitato, comune. Altre volte la separazione è effettuata in base al sesso, per cui saranno i
che possiamo chiamare “la sfera domestica”. Tra le attività che spesso si compiono maschi a vivere tutti assieme in una casa separata (detta CASA DEGLI UOMINI). È
entro questa sfera ci sono: preparazione e consumo del cibo, riposo e attività quest’ultimo il caso dei Fur del Sudan. In questi casi la famiglia nucleare esiste solo
sessuali, pulizia personale, cura della prole. Non tutte queste attività sono attuate in nel senso che il marito visita la moglie senza alcuna regolarità (diciamo che la sera
tutte le culture in quella che abbiamo chiamato la “sfera domestica”, ad esempio a non deve tornare a casa necessariamente, tutt’altro), mentre questa vive coi figli. I
volte il cibo è prodotto o consumato fuori, o l’attività sessuale si pratica fuori, o la maschi in questo caso mangiano nella casa degli uomini. Un altro esempio
cura dei bimbi è affidata ad istituzioni esterne alla “famiglia”. Ecco, ci stiamo interessante di separazione tra cibo e famiglia si ha con gli Ashanti del Ghana.
avvicinando ad una possibile definizione della famiglia se siamo disposti ad Anche se dormono sotto lo stesso tetto con le mogli, gli uomini di solito mangiano
accettare una definizione funzionale, per cui consideriamo famiglia quell’istituzione (per ragioni che vedremo in dettaglio quando parleremo della parentela) con le
attraverso la quale vengono di solito espletati gli aspetti basilari di quattro funzioni: madri, le sorelle e con i figli di queste, anche se il cibo è preparato dalle mogli. Così
1) sesso; 2) riproduzione; 3) educazione; 4) sussistenza. alla sera i villaggi Ashanti sono tutto un viavai di bambini che portano il cibo dalle
case delle loro madri a quelle delle sorelle del padre. Sembra una pazzia, ma vedrete
che non appena saprete cos’è un sistema di discendenza matrilineare tutto questo
1
Dentro il grande contenitore della “parentela” la lingua e la pratica italiana distinguono quelli che
non vi sembrerà più così assurdo.
sono considerati parenti “di sangue” dai parenti “acquisiti”. I primi sono legati a noi direttamente
Una versione ancora più strana della famiglia nucleare si ha nel caso dei Nayar del
(vedremo in che modo) mentre gli affini sono legati a noi tramite un vincolo matrimoniale. Sono parenti, Kerala (India meridionale) in cui marito e moglie non vivono mai assieme (ognuno
tipicamente, i cugini primi, mentre sono affini i cognati (marito della sorella o fratello della moglie). vive coi rispettivi fratelli) e si incontrano solo quando lo sposo visita la sposa
Utilizziamo la stessa distinzione quando parliamo di “zii carnali” (fratelli dei genitori) e “zii acquisiti” (i durante la notte per tornare comunque alla “sua” casa prima dell’alba.
coniugi dei fratelli dei genitori).

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Ma le famiglie nucleari monogamiche sono ancora sufficientemente “normali”, 2) poliandria associata. In questo caso la donna può sposare uomini che non sono
rispetto ad altre forme di convivenza domestica. tra di loro fratelli. Sebbene si pensi che fosse un tempo praticata in certe zone del
Pacifico e tra alcune popolazioni indigene americane (Nord e Sud), il caso
Famiglia poligamica etnografico più chiaramente documentato è quello dello Sri Lanka, dove una donna
Nel caso in cui una società consenta matrimoni plurimi (attenzione: non abbiamo può avere fino a due mariti (non di più). In questo caso una coppia inizia come
ancora definito cosa intendiamo per matrimonio, ma ci arriveremo), viene definita in monogamica, e poi un secondo marito può associarsi, marito che rimane in
generale poligamica, con due sottotipi: poliginica quando è l’uomo a potere avere posizione subordinata rispetto al primo. Eventualmente, una seconda donna (spesso
più mogli, poliandrica quando è la moglie a poter avere più mariti, o anche sorella della prima, ancora poliginia sororale) può venire sposata dal terzetto dando
poliginandrica quando sia uomini che donne possono avere più di un partner. così vita ad una famiglia insieme poliandrica e poliginica, poliginandrica, appunto.
Vediamo questi tipi di famiglie poligamiche un po’ più in dettaglio. Se ora guardate a questi due tipi di famiglia poliandrica dal punto di vista dei
legami che il matrimonio permette di attuare tra la famiglia dello sposo e quella
poliginia della sposa, capite bene che la poliandria, soprattutto quando è accompagnata dalla
Secondo alcune fonti, la maggioranza delle culture accetterebbe una qualche poliginia sororale, restringe gli spazi per l’alleanza. Niente panico e seguitemi: fate
forma di poliginia, il fatto cioè che un uomo possa avere rapporti sessuali, affettivi, e finta (vedrete che in molti casi è proprio così) che ogni matrimonio sia un’alleanza
di cooperazione nel trattare eventuale prole, legittimi (se non legali) con più di una tra due famiglie, quella dello sposo e quella della sposa. Se la famiglia A e la
donna contemporaneamente. Non ci soffermiamo a lungo su questo tipo di famiglia famiglia B decidono per qualche ragione (economica, politica, militare) di allearsi e
perché è nota anche ai non esperti per il fatto che è presente nel mondo musulmano. cooperare, il modo migliore per farlo (cioè quello che gli esseri umani hanno sempre
teso a fare) è quello di creare un legame di matrimonio tra le due famiglie: una
poliandria famiglia ci mette lo sposo, l’altra ci mette la sposa. Immaginate che la famiglia A
Tra i tre tipi di base (monogamia, poliginia e poliandria) è quello più raro, e per abbia quattro figli maschi: se questi si sposano quattro donne diverse la famiglia A
molti decenni è stato considerato un’assoluta eccentricità etnografica: il fatto che ha la possibilità di creare quattro reti di alleanze, con le famiglie B, C, D, E, da cui
una donna potesse legittimamente concedere i propri favori sessuali a più uomini provengono le mogli. Ma se i quattro fratelli, come nel caso della poliandria fraterna
non deve aver attratto moltissimo i baffuti antenati fondatori della nostra disciplina. del Nepal, sposano tutti la stessa donna è chiaro che la rete di alleanze diventa meno
Per fortuna, studi recenti hanno dimostrato che la poliandria, anche se è certamente fitta, anche se ovviamente si intensifica perché tutti e quattro gli uomini hanno
un modello matrimoniale raro, non è così eccezionale come si pensava. Ci si è resi contratto un’alleanza diretta con la famiglia della sposa. Vediamo ora come un terzo
soprattutto conto che studiare un po’ più in dettaglio la poliandria ci permette di tipo di matrimonio poliandrico provochi un fenomeno opposto.
capire un po’ di più e meglio come funzionano gli altri tipi di rapporto matrimoniale. 3) matrimonio secondario. Si riscontra solo in Nigeria e Camerun settentrionale.
Vediamo dunque un po’ più da vicino tre sottotipi di poliandria: La coppia si sposa, e se cessa di vivere assieme non per questo cessa di “essere
1) poliandria fraterna. È il caso più conosciuto attestato in Nepal e Tibet, dove sposata”. Ciò significa che uno dei due partner (p.e. la donna) può andarsene dalla
un gruppo di fratelli sposa un’unica donna. Di solito è solo il fratello maggiore a casa del marito e sposarsi (matrimonio secondario) con un altro uomo senza per
celebrare fisicamente il rituale del matrimonio, ma la sposa va a vivere nella casa questo perdere i diritti rispetto al primo marito, dal quale può ad esempio tornare per
condivisa da tutti i fratelli, i quali hanno gli stessi diritti sulle prestazioni sessuali avere un figlio che viene considerato del tutto “legittimo” (di nuovo: ci stiamo
della donna. Se la donna non ha figli non è raro che i fratelli prendano come impegolando sul matrimonio più del dovuto, abbiate pazienza e appena avremo
ulteriore sposa la sorella di questa (POLIGINIA SORORALE). Interessante il caso dei finito questa tipologia della famiglia parleremo a lungo del matrimonio). Insomma
Nyinba del Nepal, che pur praticando questo tipo di poliandria cercano di mantenere in questo caso sia uomini che donne sono poligamici, ma lo sono in successione
distinta la paternità di ogni figlio. Cioè i fratelli, controllando gli accessi alla moglie, cronologica reversibile le donne, mentre lo possono essere in sincronia gli uomini,
cercano di sapere chi sia il padre di ogni bambino. cioè la donna vive con un uomo alla volta, e può tornare “indietro” da un marito
precedente senza perdere i diritti di moglie, mentre l’uomo può vivere con più di una
moglie contemporaneamente. In questo caso è evidente che si assiste ad una

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proliferazione delle alleanze, visto che una persona può essere legata tramite Notare che non tutti gli antropologi distinguono tra famiglia verticale e famiglia
matrimonio a diverse famiglie (una per ogni partner), senza che il nuovo matrimonio congiunta, e parlano semplicemente di famiglia estesa, quando è più vasta della
annulli i precedenti. Se volete, in questo tipo di famiglia non esiste il concetto di famiglia nucleare.
divorzio ma la monogamia non è prescrittiva.
famiglie matrifocali
Questa insistenza sulla poliandria non è priva di scopo, dal mio punto di vista. Sono le famiglie in cui il padre è assente. Spesso la madre può vivere da sola coi
Serviva per introdurre il tema che ci porterà al matrimonio, e cioè il rapporto che c’è figli, ed avere una serie di uomini come compagni. Potete intuire da soli che questo
tra sessualità e riproduzione. Tutte le società umane sembrano in grado di tipo di famiglia, essendo priva del maschio, per lungo tempo è stata considerata
distinguere per i maschi le prestazioni sessuali dalla capacità riproduttiva, mentre un’eccezione patologica. Oggi invece la si studia con attenzione, e i migliori casi
questa distinzione sembra avvenire con maggiori difficoltà per quanto riguarda le etnografici documentati provengono dalle Indie Occidentali, dall’America Latina e
donne. Cioè, le famiglie poliginiche sembrano ammettere implicitamente che per gli tra le donne afroamericane delle grandi città degli Stati Uniti. Le famiglie
uomini ci può essere sessualità fuori dalla riproduzione, mentre per le donne questo matrifocali possono essere composte da madre e figli solamente, oppure possono
tipo di sessualità slegato dalla riproduzione è in qualche modo pericoloso e va in essere estese verticalmente (madre della madre) o congiunte (due o più sorelle coi
tutti i modi evitato, legando la donna ad un unico uomo, con il quale è legittimata ad rispettivi figli) o entrambe le cose (sorelle con figli, più la loro madre). In questi
avere rapporti sessuali. Nei casi di poliandria invece sembra riconosciuto alla donna gruppi famigliari gli uomini adulti rivestono ruoli marginali come visitatori o
il diritto alla sessualità separato dalla funzione riproduttiva: i Nyinba distinguono amanti, ma non risiedono con le donne. Come vedremo quando parleremo dei
chiaramente chi è il padre di ogni bambino, pur permettendo a tutti i fratelli accesso modelli di residenza, le famiglie matrifocali hanno una relazione con il modello di
sessuale alla donna. Che vuol dire questo? Forse che la poliandria è rara perché gli residenza matrilocale, ma non coincidono perfettamente con questo.
uomini (i maschi) fanno fatica ad accettare questa separazione tra sessualità e
capacità riproduttiva per le donne? Oppure la sua rarità dipende dal fatto che la IL MATRIMONIO
poliandria fraterna e quella associata tendono a ridurre l’estensione delle alleanze? Abbiamo finora parlato dei tipi di famiglie suddividendole anche in base al tipo di
Eppure il caso dei matrimoni secondari della Nigeria e del Camerun ci dovrebbero matrimonio sul quale si basano (mono- o poligamico, p.e.), ma non abbiamo definito
suggerire che non sempre la poliandria coincide con un’intensificazione cosa il matrimonio sia. La ragione è che trovare una definizione generale di
dell’alleanza, e può anzi portare alla proliferazione delle alleanze. C’è insomma un matrimonio è un’impresa pressoché disperata, e si troveranno sempre delle
nodo antropologico interessante dietro la stranezza e la rarità della poliandria, un eccezioni. Il matrimonio è una di quelle classiche istituzioni che sembrano
nodo che ha a che fare certo con limitazioni di tipo “strutturale” cioè di ordine universali, ma che poi hanno talmente tante idiosincrasie locali che risulta ardua una
produttivo ed ecologico, ma non c’è dubbio che quelle limitazioni sono a loro volta generalizzazione efficace. Emily Schultz lo definisce così: “Il matrimonio
conseguenze di come la sessualità maschile è vissuta e percepita da coloro che prototipico 1) trasforma lo status di un uomo e di una donna, 2) stabilisce il grado di
detengono il potere (che sono spesso maschi). accesso sessuale reciproco dei coniugi, che varia dall’esclusività alla preferenza, 3)
istituisce la legittimità dei figli nati dalla moglie e 4) crea relazioni tra i parenti del
famiglie estese e congiunte
marito e quelli della moglie.
Si chiamano così quelle famiglie in cui (indipendentemente dal tipo di matrimonio Questa definizione, per quanto possa apparire vaga e quindi applicabile
sul quale si basano) convivono persone legate da rapporti parentali che travalicano generalmente, ha alcune notevoli limitazioni. La principale è quella di non
quelli genitori/figli. Se immaginate la relazione tra genitori e figli come una considerare unioni matrimoniali tra persone dello stesso sesso. Non si tratta di essere
relazione di tipo verticale (il tempo scorre dall’alto al basso, diamo qui indicazioni politically correct, ma di dare un’adeguata rappresentazione etnografica dell’estrema
sui primi rudimenti della grafica della parentela: maschio, femmina, relazione varietà delle culture umane sotto questo punto di vista. Evans-Pritchard (uno dei più
orizzontale Sibling, relazione verticale Teknon/Genitor, relazione orizzontale famosi antropologi sociali britannici) studiò negli anni Trenta i Nuer del Sudan
Coniuge) allora la famiglia nucleare si può immaginare come espandibile in meridionale. Tra di loro, quando una donna non riusciva ad avere figli era piuttosto
verticale (famiglia verticale estesa) oppure in senso orizzontale (famiglia congiunta). normale che lasciasse il marito e si sposasse con un’altra donna, diventando “padre”

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dei figli che questa avrebbe generato grazie alle prestazioni sessuali di un fratello o Harris, di fronte all’evidente impossibilità di dare una definizione universale di
di un amico o di un vicino della “donna-padre”. Il matrimonio era perfettamente matrimonio, ne dà se volete una statistica, basandosi su quel che lui considera
legale. Ancora più bizzarra tra i Nuer era un’altra usanza detta “matrimonio con uno essenziale dal punto di vista etico: “matrimonio significa l’insieme di sentimenti,
spettro”. Se un uomo moriva senza lasciare figli, il suo spirito tormentava i suoi comportamenti e regole riguardanti unioni di convivenza eterosessuale e la
parenti. Uno di loro (spesso un fratello) si prendeva carico della cosa sposando una riproduzione in ambiti domestici” (p.139). Piuttosto insoddisfacente come
donna “in nome del morto”. I figli nati dall’unione erano a tutti gli effetti legali figli definizione (lascia fuori tutti i matrimoni omosessuali, e lascia fuori anche il
del morto. Neanche a dirlo, il marito putativo aveva ben poche occasioni di sposarsi matrimonio Nayar, visto che parla di “unioni di convivenza” cosa che non avviene
per conto suo (non a nome del morto) e quindi finiva per morire senza lasciare figli tra di loro), ma ha il vantaggio di costituire la base per definizioni modulari, per cui
(dato che quelli che lui aveva contribuito a generare erano in realtà figli del morto). il matrimonio Nayar sarà “matrimonio tra non-conviventi” e quello tra donne Nuer
Diventava quindi a sua volta uno spettro che tormentava i suoi parenti e l’istituzione sarà “matrimonio donna-donna”.
del matrimonio con lo spettro si perpetuava “da un morto all’altro”.
Per ovviare a questo tipo di strane unioni matrimoniali che a fatica verrebbero Funzioni del matrimonio
comprese nella definizione data da Schultz, Kathleen Gough ha fornito questa Bisogna ora guardare alle FUNZIONI del matrimonio, cioè a quel che il matrimonio
definizione alternativa del matrimonio: fa a livello sociale. Ancora una volta, non è possibile generalizzare se non nel senso
“Il matrimonio è un legame stabilito tra una donna e una o più persone e consente che il matrimonio sembra il punto sociale in cui si intersecano due mondi di interessi
che a un bambino, nato dalla donna in circostanze non proibite dalle leggi che spesso divergenti se non in aperto conflitto: da un lato la necessità di perpetuarsi
governano il rapporto, siano riconosciuti i pieni diritti della sua condizione di come individui o come gruppi (il problema della DISCENDENZA, se volete) e dall’altro
nascita, comuni ai normali membri della società o del livello sociale del la necessità di fare il modo che il proprio gruppo di riferimento non sia isolato (il
neonato/neonata”. Questa definizione non fa alcun accenno ai diritti e doveri problema dell’ALLEANZA). Il matrimonio permette di tentare di trovare una soluzione
sessuali (punto due della definizione di Schultz) perché ha in mente il caso dei ad entrambi questi problemi: da un lato garantisce una forma istituzionalizzata
Nayar del Kerala (India meridionale), le cui donne non avevano certo particolari attraverso cui le persone si riproducono e quindi garantisce una continuità al gruppo
obblighi verso il marito rituale al quale andavano in spose (marito che non viveva cui la persona sente di appartenere, ma dall’altro crea dei legami tra i gruppi delle
mai con la moglie, se vi ricordate), che poteva anche non accoppiarsi mai con la persone che si sposano. Tutta la questione delle funzioni del matrimonio si può
moglie, ma che erano comunque forzate socialmente a iniziare l’attività riproduttiva vedere come il tentativo della specie umana di rispondere culturalmente a questo
(ad avere figli) solo dopo che il matrimonio era stato celebrato. Insomma, tra i Nayar duplice problema: come posso riprodurre il mio gruppo e come posso fare il modo
non aveva nessuna importanza chi fosse il GENITORE biologico dei figli, e neppure chi che il mio gruppo non sia isolato? A seconda delle culture (e a seconda degli
fosse il PADRE legale (torneremo diffusamente sulla differenza tra genitore e padre antropologi che studiano), si possono quindi avere due prospettive distinte: secondo
quando parleremo della parentela, anche se potete già intuire che il genitore è quello la prima il matrimonio è un mezzo per perpetuare il proprio gruppo, secondo la
che fisicamente ha fecondato la donna, mentre padre è quello che ha responsabilità seconda i membri del gruppo sono “pedine” spendibili in matrimoni che
giuridiche, diritti e doveri verso la prole: non sempre le due figure coincidono), dato garantiscano alleanze vantaggiose. Nel primo caso dunque il matrimonio è il mezzo
che i figli crescevano con la madre e i parenti di lei, ma la madre era comunque per procurarsi degli eredi, nel secondo gli eredi sono un mezzo per procurarsi
costretta a sposarsi prima di potere avere figli. La definizione della Gough parla di alleanze. Inutile aggiungere che le due prospettive non sono in totale contraddizione,
legame tra “una donna e una o più persone” perché pensa al caso dei Nuer che e che anzi il problema di ogni cultura consisterà nel far quadrare al meglio possibile
abbiamo appena visto (altro caso tipico, ancora africano, è nel Dahomey), ma così la discendenza e l’alleanza.
lascia fuori le unioni legali tra due maschi (in Africa tra gli Nzema del Ghana,
studiati negli anni Sessanta e Settanta dalla missione etnologica dell’università di A seconda di come venga concepita la parentela, è ovvio che la risposta sarà
Roma) come nel caso dei maschi Kwakiutl, che possono sposare il figlio maschio di diversa. Rimangono però alcune funzioni generali che possiamo cercare di elaborare
un capo per ereditarne i privilegi (e se il capo non ha figli, possono sposare una molto liberamente prendendole da Edmund Leach (altro grande antropologo
gamba del capo, o un suo braccio). britannico, scomparso nel 1989).

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Ci sono diverse sfere su cui il matrimonio può intervenire: Se invece i gruppi non hanno bisogno o interesse di espandersi numericamente e
1) sfera della discendenza: il matrimonio consente il controllo sulle prestazioni in termini di produzione, le donne possono essere poco più che un peso, e quindi
sessuali del partner, garantisce chi sia il padre o la madre legale dei figli e determina sarà la famiglia (il gruppo, ho detto finora, e vedremo tra poco perché) dello sposo a
uno stanziamento economico per i figli (allevamento ed eredità). pretendere un risarcimento per doversi accollare il sostentamento di una persona in
2) sfera dell’alleanza: il questo caso il matrimonio lega i due gruppi di più. In questo caso il gruppo della sposa la invia allo sposo con un carico di beni
provenienza degli sposi in diversi modi: può consentire il controllo economico di un detto DOTE, sul quale non mi soffermo perché sapete tutti cosa sia, anche se l’usanza
partner (e della sua famiglia) sui beni dell’altro o sulle sue capacità lavorative. della dote è sempre meno frequente.
Il punto che volevo sottolineare è che il matrimonio dal punto di vista etnografico
Sia che si tratti della sfera della discendenza, sia che sia quella dell’alleanza, è meglio rappresentato come una forma di scambio tra gruppi che garantisce la
vediamo dunque che il matrimonio riveste importanti funzioni economiche, tanto è perpetuazione degli stessi, piuttosto che un legame tra due singole persone, e questo
vero che in moltissime società esso è percepito e rappresentato più come uno scambio interseca su di sé funzioni economiche e sociali importantissime. Vediamo
scambio tra gruppi che un contratto tra individui. ora un po’ meglio quali sono i gruppi che si scambiano le donne, e perché.
Per ragioni che non sono mai state ben chiarite dagli antropologi, ma che
dipendono probabilmente dalla biologia di base della specie umana, nelle società incesto
umane di cui si ha conoscenza certa (sia storica, sia etnografica) sono sempre i In tutte le società umane esistono delle regole piuttosto chiare su chi uno possa e
maschi ad esercitare il controllo. Non è questo il momento per dilungarsi su questo non si possa sposare. Normalmente è vietato il matrimonio con membri dello stesso
delicatissimo punto, che richiederebbe una trattazione a parte, e per ora vi dovrete gruppo domestico (della stessa “famiglia”) e non si conoscono culture in cui possa
accontentare del fatto che nelle società umane sono gli uomini “a comandare”. essere legalizzata (se non in casi demograficamente eccezionali) l’unione tra genitori
Questo aspetto specifico e (a quel che si sa) universale delle culture umane ha fatto e figli (madre e figlio; padre e figlia). Sul matrimonio tra fratello e sorella ci sono
sì che il matrimonio venisse concepito come una forma di scambio tra gruppi in cui più eccezioni, ma in generale è statisticamente vero dire che non ci sposa entro la
sono le donne ad essere scambiate. Cioè il matrimonio è stato spesso pensato come famiglia nucleare. Molte società però vanno oltre e proibiscono l’accesso
lo scambio di donne in cambio di qualche cosa. Ora capite che lo scambio dipenderà matrimoniale a tutti i membri di una determinata classe, un po’ come se tutti quelli
dal “valore” attribuito alle donne in quella particolare società. Se si pensa che la che si chiamano con lo stesso cognome non potessero sposarsi tra di loro. Questi tipi
donna abbia un alto valore (in quanto la si considera indispensabile per certi tipi di di gruppi, i cui membri possono avere rapporti di tipo lavorativo, rituale o
lavoro, per esempio) sarà normale che il controvalore dello scambio sarà altrettanto quant’altro molto stretti, ma che non si possono sposare tra di loro, sono detti gruppi
elevato. In questi casi il gruppo che prende la donna (per darla in isposa a un suo ESOGAMICI. Molte volte interi villaggi possono essere esogamici, e quasi sempre le
membro) sarà disposto a pagare quel che in termine tecnico si chiama RICCHEZZA- bande nomadi di cacciatori e raccoglitori sono esogamiche.
DELLA-SPOSA. Ovviamente non si tratta (almeno quasi mai) di un acquisto in senso Come può impedire di sposarsi entro un determinato gruppo, così una cultura può
mercantile, prima di tutto per il fatto che nelle società dove si paga la ricchezza della obbligare a scegliere il proprio partner entro un determinato gruppo. Per riprendere
sposa è raro che il pagamento venga fatto in denaro e poi perché anche se di acquisto l’esempio dei cognomi, come se ci fosse una legge che obbliga ciascuno a sposarsi
si trattasse, è sempre acquisto di alcuni particolari aspetti della donna (della sua solo con una persona che porti lo stesso cognome. In questo caso, il gruppo che ha lo
forza lavoro, o della sua capacità riproduttiva) e mai della sua persona. In molti casi stesso cognome è detto ENDOGAMICO, perché attua il matrimonio al suo interno. Un
in cui si paga la ricchezza della sposa la donna conserva una buona autonomia e forti caso tipico è quello dell’endogamia di villaggio.
legami con il suo gruppo di provenienza. Probabilmente la ricchezza della sposa è Endogamia ed esogamia sono quindi sempre termini relativi, si è endogamici
una forma di scambio comune nelle situazioni produttivamente in espansione: ogni rispetto ad un gruppo ma si può essere esogamici rispetto ad un altro. Per esempio:
gruppo sente la necessità di doversi espandere (non c’è il problema di intaccare la posso essere costretto a sposarmi al di fuori del gruppo dei miei “parenti”, gruppo
portata ambientale) e quindi ha bisogno di riprodursi e di intensificare la produzione: che chiamiamo LIGNAGGIO (non lo definiamo per ora, e fingiamo che sia il gruppo di
una donna in arrivo può garantire entrambe le cose, e quindi il gruppo da cui tutti i miei parenti), ma al contempo posso essere obbligato a sposarmi entro i
proviene dovrà essere adeguatamente compensato.

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confini del villaggio. Avremo quindi in questo caso un’esogamia di lignaggio e matrimonio. Normalmente gli antropologi trovano utile distinguere tra
un’endogamia di villaggio. CONSAGUINEITÀ, in cui vengono comprese le relazioni parentali tramite comune
La violazione dell’esogamia di base rispetto al proprio nucleo famigliare o discendenza, e AFFINITÀ, che riguarda invece la parentela conseguita tramite
parentale è definita INCESTO, e tutte le culture umane lo sanzionano in una qualche matrimonio.
misura. Il paradosso del divieto dell’incesto è che mette in movimento le donne e il PARENTELA COGNATICA. In questo caso un individuo ricostruisce la sua rete di parenti
matrimonio, e l’alleanza, e le questioni economiche ad essa associate. Non sarebbe attraverso i maschi e o le femmine con diversi criteri (che vedremo).
tutto più semplice se ogni famiglia si riproducesse al suo interno, per così dire, se DISCENDENZA UNILINEARE: solo uno dei sessi è considerato pertinente per determinare
cioè fratelli e sorelle si sposassero tra di loro e perpetuassero il gruppo da cui l’appartenenza di un individuo ad un gruppo. La consanguineità passa quindi solo
provengono? Insomma, non sarebbe tutto più semplice se non ci fosse il divieto attraverso un sesso, che è considerato fertile rispetto al gruppo: solo i maschi/le
dell’incesto? femmine sono produttivi per il proprio gruppo, i membri dell’altro sesso saranno
Certo, sarebbe tutto più semplice, tanto più semplice che probabilmente non ci utili per la produzione di figli del gruppo del loro partner.
sarebbero neppure più esseri umani. La complicatezza che il tabù dell’incesto mette ESOGAMIA: Regola che stabilisce l’obbligo di sposarsi al di fuori di un determinato
in moto è quel che fa stare in piedi le società umane, visto che la necessità di gruppo, stabilito da quella particolare cultura.
procurarsi le donne al di fuori del proprio gruppo spinge alla cooperazione e alla ENDOGAMIA: Regola che stabilisce l’obbligo di sposarsi all’interno di un
reciprocità con altri gruppi, verso i quali invece si tenderebbe ad essere in pura determinato gruppo, stabilito da quella particolare cultura.
competizione. Sapendo invece che da quel gruppo dovrò trovare le mogli per i miei Endogamia e esogamia sono termini sempre relativi e contestuali, e vanno definiti
figli, è probabile che cerchi qualche modo di convivenza pacifica, se non proprio di di volta in volta i contesti di applicazione. Un gruppo può praticare l’esogamia a un
collaborazione. Gli antropologi riassumono questa ragione elementare del tabù certo livello (vietando per esempio il matrimonio tra “fratelli”) e l’endogamia a un
dell’incesto con la frase: meglio sposarsi fuori (dal proprio gruppo) che essere fatti altro livello (obbligando a cercare il partner entro il villaggio). Esempi ulteriori
fuori (dai membri dei gruppi rivali). chiariranno questo duplice concetto.
Ci sono anche delle ragioni più direttamente adattive che possono aver spinto ad TABU DELL’INCESTO: forma minima della regola esogamica, presente in tutti i gruppi
una selezione culturale adattiva del tabù dell’incesto (per cui avevano più probabilità umani. In tutte le culture abbiamo testimonianza di questo dato di fatto: non ci si può
di sopravvivere quei gruppi che scambiavano le donne con altri gruppi rispetto ai sposare con chiunque. Esiste ciò sempre almeno una regola minima che ci dice:
gruppi che si riproducevano al loro interno). Per gruppi piccoli, attorno alla scegli chi ti pare, ma non puoi sposarti con questo gruppo di persone. In molti casi,
cinquantina di persone, come dovevano essere le bande di ominidi e di primi ci sono restrizioni precise anche sul “chi ti pare”, ma comunque esiste sempre un
uomini, è molto pericoloso fare affidamento esclusivamente sulle proprie capacità nucleo di individui con i quali il matrimonio è comunque vietato. Normalmente
riproduttive, perché basta una lievissima variazione del rapporto maschi/femmine questi individui includono gli antecedenti, i discendenti e codiscendenti diretti, per
per mettere il gruppo a rischio di estinzione. Da studi di etnodemografia pare che il cui non ci si può sposare con il padre, la madre, il figlio, la figlia, il fratello la
gruppo medio di riproduzione debba aggirarsi sulle 500 unità, ben al di sopra della sorella.
dimensione della banda di cacciatori. Se ogni banda era composta di una quarantina
di individui, bisogna pensare che ognuna avesse qualche tipo di rapporto con 2.3. I GRUPPI DI PARENTELA
un’altra dozzina, per garantire la sopravvivenza demografica. Quindi non è I gruppi di parentela si distinguono essenzialmente per due variabili che possiamo
improbabile che il tabù dell’incesto (non sposare le tue sorelle o tua madre) abbia tradurre in due domande:
favorito in termini demografici quei gruppi che lo praticavano. • Reclutano i loro membri tramite entrambi i sessi (gruppi COGNATICI) oppure
attraverso un solo sesso (gruppi UNILINEARI)?
2.2. TERMINI DI BASE • Si strutturano attorno a un ego specifico (sistemi EGO-FOCUS) o a partire da un
Partiamo da qualche semplice definizione. antenato (ANCESTOR-FOCUS)?
PARENTELA: è l’insieme delle relazioni sociali conseguenti al riconoscimento
(culturalmente specifico) dei legami dovuti alla comune discendenza e al

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Prima di vedere la relazione sistematica tra queste due variabili, è necessario I gruppi corporati esistono indipendentemente dai singoli individui che ne fanno
fornire delle definizioni quanto più precise di queste due opposizioni e dei termini parte, hanno diritti e doveri in quanto gruppi (sono delle “persone” come dicono gli
che le compongono, di modo che sia chiaro come il nostro modo di concepire la Ashanti) e continuano ad esistere anche dopo la morte di un individuo che ne fa
parentela non sia che uno dei modi possibili. parte. Gli individui di un gruppo corporato vanno e vengono, ma il gruppo continua
ad esistere. L’essere corporati implica che essi agiscano “come un corpo”: spesso
2.3.A. GRUPPI COGNATICI VERSUS UNILINEARI controllano la proprietà terriera (che non è individuale, ma del gruppo) e regolano
Come tutti i gruppi umani, anche quelli parentali hanno il “problema del istituti come la faida, per cui l’uccisione di un membro del gruppo A da parte di un
reclutamento”: gli esseri umani invecchiano e muoiono, e quindi è necessario che membro del gruppo B può essere riscattata direttamente dal gruppo A: è cioè il
nuovi membri subentrino a quanti non ci sono più. Per diverse ragioni, un gruppo gruppo A a ricevere una compensazione, oppure un membro del gruppo A
può “decidere” che solo alcuni tra i suoi membri siano responsabili dei nuovi vendicherà il gruppo uccidendo un membro del gruppo B, non necessariamente quel
reclutamenti; abbiano cioè il diritto/dovere di introdurre nuovi membri nel gruppo. A membro responsabile del primo atto violento. Non tutti i gruppi di discendenza sono
seconda che il reclutamento dei membri del gruppo parentale avvenga utilizzando corporati in questo senso, ma sempre durano “in eterno”, indipendentemente da chi
sia maschi che femmine oppure solo uno dei due sessi, i sistemi di parentela (sia in qualunque momento faccia fisicamente parte del gruppo.
ego-focus che ancestor-focus) si suddividono in gruppi COGNATICI o gruppi UNILINEARI. La seconda caratteristica essenziale dei gruppi di discendenza veri ei propri è
Per comprendere questa prima opposizione, il sistema di trasmissione dei cognomi quella di essere “centrati su di un antenato” (ancestor-focus), per cui i membri del
può funzionare come una metafora efficace: nel nostro sistema, si eredita il cognome gruppo si riconoscono membri del gruppo in quanto tutti discendenti da un comune
dal padre sia che si sia maschi, sia che si sia femmine, ma lo si trasmette ai propri antenato.
figli solo se si è maschi (altrimenti i nostri figli avranno il cognome di nostro I gruppi di parentela come il nostro, centrati su ego, sono invece di tipo
marito). Nel sistema ebraico, invece, si eredita il cognome della madre sia che si sia completamente diverso, anche se in alcuni casi possono essere confusi con gruppi di
maschi, sia che si sia femmine, ma lo si trasmette ai propri figli solo se si è femmina discendenza. Questi gruppi sono detti ego-centrati (ego-focus) perché il punto di
(altrimenti i figli avranno il cognome di nostra moglie). Nel sistema spagnolo, vista da cui la rete parentale è vista è quello di un ego specifico. Questi gruppi ego-
infine, almeno per la prima generazione, i figli maschi e femmine ereditano entrambi centrati formano quelli che la letteratura specialistica definisce PARENTADI (KINDREDS in
i cognomi, dal padre e dalla madre. Se invece dei cognomi si trattasse di inglese).
appartenenza a gruppi di parentela, quello spagnolo sarebbe un sistema COGNATICO Per capire la differenza tra gruppi ego-focus e ancestor-focus, immaginiamo che in
(dal termine latino che indicava i parenti su entrambi i lati, mentre i parenti per via un certo gruppo si considerino parenti tra loro tutti quelli discendenti dall’antenato
esclusivamente maschile erano detti agnati), intendendo con questo che il figlio o la X, che chiameremo il Gruppo Parentale: il criterio di base è quindi che il Gruppo
figlia appartiene a entrambi i gruppi, del padre e della madre, mentre il nostro e Parentale è composto da quanti sono discendenti dall’antenato X. Pensate ora invece
quello ebraico sarebbero sistemi UNILINEARI, dato che si appartiene a uno solo dei due alla vostra “famiglia” in senso esteso: i vostri parenti non sono vostri parenti perché
gruppi, quello del padre nel nostro caso, quello della madre nel caso ebraico. discendono tutti da un X comune, ma sono invece “vostri” parenti, nel senso che è
ognuno di voi (tu che leggi) a “tenerli assieme”. Pensate ai fratelli di vostra mamma
2.3.B. GRUPPI CORPORATI (ANCESTOR-FOCUS) VERSUS GRUPPI EGO-CENTRATI e a quelli di vostro papà: sono vostri zii, cioè sono vostri parenti, ma non sono
I gruppi di discendenza veri e propri (indipendentemente dal fatto di essere parenti tra di loro, non hanno (quasi mai) alcun legame “di sangue” ricostruibile.
cognatici o unilineari) hanno in comune il fatto di basare la discendenza a partire da Pensate inoltre ai vostri cugini: quelli da parte di papà e quelli da parte di mamma
un ANTENATO COMUNE (reale o mitico) e di funzionare in quanto GRUPPI CORPORATI. sono tutti vostri cugini, ma tra di loro non sono tutti cugini: il figlio del fratello di
Questi due tratti sono essenziali se vogliamo capire come funzionano i sistemi vostra madre e quello della sorella di vostro padre, per fare un esempio, sono vostri
parentali in generale, e se vogliamo capire la differenza tra il sistema cui noi siamo cugini ma tra di loro non sono cugini. Come vedete la differenza qui è tra quei
abituati e quelli di altre culture. Vediamo prima brevemente cos’è un gruppo sistemi in cui la parentela dipende da una persona che “accorpora” attorno a sé un
corporato. gruppo di parenti (il caso della parentela cui siamo abituati) e il caso invece di quei
sistemi che si disinteressano dei singoli individui e esistono come insieme di tutti

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coloro che discendono da X. Chiamiamo quest’ultimo tipo gruppi di parentela pragmatiche, altrimenti tutti sono parenti di tutti. Poniamo il caso che io appartenga
“centrati sull’antenato”, e costituiscono i gruppi di discendenza veri e propri, mentre ad una società in cui vige questa discendenza (detta anche ambilineare: parenti da
chiamiamo i sistemi come il nostro gruppi di parentela “centrati su ego”, oppure tutte e due le parti, e parentela determinata da un comune antenato). Poniamo inoltre
PARENTADI o KINDREDS (figura 1, in fondo a questa dispensa). il caso che i miei quattro nonni appartenessero a quattro gruppi diversi: A, B, C, D.
I parentadi non sono gruppi di discendenza perché non sono basati su di un Quindi io appartengo a tutti e quattro i gruppi. Poniamo ora il caso che i gruppi
antenato comune, ma sui legami parentali che un singolo ego ha con altre persone. abbiano dei doveri cerimoniali ben precisi, per esempio che debbano celebrare dei
La differenza, apparentemente difficile da cogliere, è essenziale. Si può riti in onore degli antenati con un certo ritmo stagionale, e che tutti i membri del
comprendere anche così: mentre in un sistema che funziona con gruppi di gruppo siano tenuti a partecipare a questi riti (immaginate una messa annuale in
discendenza (unilineari o cognatici non ha importanza) ogni individuo entra in un memoria dei defunti) che si svolgono in spazi separati per ogni gruppo (una messa in
sistema di discendenza che gli preesiste ereditandolo da coloro che hanno il diritto di una chiesa diversa per ogni gruppo diverso). Se questi riti si svolgono
trasferirglielo (mentre cioè in questi sistemi ognuno eredita il gruppo di contemporaneamente in spazi diversi, ogni individuo dovrà decidere a quale rito
discendenza), nei sistemi ego-centrati ognuno costituisce il proprio parentado, che partecipare, limitando così la sua “appartenenza” agli altri gruppi. Capite insomma
cioè non erediterà come tale dai propri genitori (padre o madre o entrambi, come che la discendenza ambilineare, proprio perché tende ad allargare enormemente la
avviene nei gruppi di discendenza). Ogni individuo (tranne fratelli germani, cioè rete parentale, subisce delle restrizioni di tipo pragmatico. La cosa è ben evidente
figli di padre e madre comuni) ha un parentado diverso e ogni parentado cessa di quando l’appartenenza ad un gruppo viene associata a diritti e doveri che
esistere con la morte di ego, mentre il gruppo di discendenza continua ad esistere coinvolgono beni, proprietà e servizi. Se per esempio i gruppi di cui stiamo parlando
anche dopo la morte di ego, e gli preesisteva. Le funzioni di un parentado sono sono proprietari della terra coltivabile, oppure l’appartenenza ad un determinato
quindi assai diverse da quelle di un gruppo di discendenza, visto che il parentado gruppo garantisce l’accesso a terreni di pascolo o aree di pesca o di caccia, o
non può, per esempio, essere responsabile giuridico o proprietario terriero, data la determina le forme dell’eredità, capite che l’appartenenza a tutti i gruppi
sua volatilità. Funziona però assai bene come mezzo di reclutamento per il suo contemporaneamente è da un lato un enorme vantaggio, ma dall’altro crea
funzionamento a catena: i cugini di cugini si possono facilmente associare. Quel che sovrapposizioni e conflitti di interesse con gli altri individui: se tutti sono
conta è che i sistemi di discendenza ancestor-focus sono ben diversi da quelli ego- discendenti di tutti i gruppi, come regolare per esempio l’accesso ai territori da
focus, perché i primi hanno un’esistenza indipendente dai singoli, mentre i secondi coltivare? In questi casi, in cui cioè il principio della discendenza ambilinenare deve
dipendono dai singoli. essere ristretto, le società che impiegano sistemi di parentela cognatica tendono a
restringere le possibilità di appartenenza. Facciamo un esempio reale. I Maori della
2.3.C. LE QUATTRO COMBINAZIONI POSSIBILI Nuova Zelanda sono organizzati parentalmente in gruppi di questo tipo, e vivono in
Nel paragrafo 2.3.A. abbiamo distinto tra gruppi che reclutano i loro membri per unità territoriali (che possiamo per comodità definire villaggi, anche se la
via cognatica e gruppi che invece utilizzano un solo sesso (unilineari). Possiamo definizione non è precisa) detti hapu. Ogni individuo appartiene di diritto a tanti
chiamare i primi come a1, e i secondi come a2. hapu quanti è in grado di individuare nella sua genealogica cognatica: lo hapu del
Nel paragrafo successivo (2.3.B.) abbiamo distinto tra gruppi basati su ego e quelli padre, della madre, dei nonni paterni e materni, e così via. Di fatto, egli può risiedere
basati sull’antenato. Possiamo etichettare i primi con b1 e i secondi con b2. sono in uno hapu alla volta, e coltiverà le terre assegnate a quello hapu. Avrà sempre
Abbiamo quindi due variabili (a e b), ognuna dotata di due valori (1 o 2). Le il diritto di spostarsi in un altro hapu se la situazione demografica o i suoi interessi lo
combinazioni possibili sono quindi 4: richiedono, ma conta il fatto che potrà sfruttare un solo hapu alla volta. La scelta
a1+b1; a1+b2; a2+b1; a2+b2. Analizziamole separatamente. dello hapu è fatta in base a diversi criteri, e molte volte un uomo tende a risiedere
a1/b1 è il caso di gruppi cognatici senza discendenza da un antenato: il nostro nello hapu del padre, ma non è raro il fatto che un Maori costruirà selettivamente la
caso, che a volte la letteratura specialistica definisce bilaterale. sua discendenza da un antenato attraverso maschi e/o femmine. Il singolo Maori
risalirà il suo albero genealogico attraverso i parenti che gli interessano per arrivare
a1/b2 è il caso in cui la parentela passa attraverso maschi e femmine, ma c’è un a quell’antenato che giustifichi il suo diritto di risiedere in quel determinato hapu. Se
antenato comune. Come capite, in questo caso è necessario trovare delle restizioni si sposa con una donna che proviene da un lignaggio importante e ricco, potrà

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permettere che i figli nati da quell’unione si riconoscano membri del lignaggio della parentela, e allo stesso tempo sa di discendere da un antenato anteriore del quale non
madre. è in grado di ricostruire il grado di parentela.
A seconda che i lignaggi reclutino per via patri- o matrilineare, verranno chiamati
a2/b1 Si tratta di gruppi che tracciano la parentela solo attraverso uno dei due patrilignaggi o matrilignaggi. Allo stesso modo, possiamo parlare di patriclan e
sessi, ma non hanno un antenato comune, sono insomma dei parentadi in cui ego matriclan.
seleziona i parenti da un lato solo, quello paterno o quello materno. È un caso Sebbene sia in teoria abbastanza chiara la distinzione tra lignaggio e clan, e
estremamente raro, i gruppi che non sono basati sull’antenato tendono ad essere sebbene lignaggi e clan possano avere funzioni assai diverse (ci può essere magari
sempre cognatici, a raggruppare i parenti da tutti e due i lati, ma la ricerca esogamia di lignaggi e endogamia di clan), tenete sempre presente che la parentela
etnografica ci dice che alcuni gruppi in Mongolia hanno questo tipo di parentadi in ha la fantastica possibilità di essere manipolata anche in quelle che a noi
cui si selezionano i parenti solo dalla parte del padre (come se consideraste cugini apparirebbero chiare relazioni genetico-procreative. Intendo dire che non è
solo i figli dei fratelli di vostro padre, gli altri no). Ma è un caso sul quale non vale impossibile (anzi è del tutto comune) che l’antenato “chiaramente ricostruibile” che
la pena di soffermarci. costituisce lo stipite del lignaggio sia, in quanto a sua effettiva posizione parentale in
posizione assai ambigua: un padre del padre del padre potrebbe essere “in realtà” un
a2/b2 È invece quel che ora ci interesserà da vicino. Si tratta di gruppi che fratello del padre del padre del padre, la cui posizione parentale si è nel corso del
esistono in quanto tutti i membri discendono da un comune antenato, ma che tempo aggiustata per coprire interessi di lignaggio. Basandosi spesso sull’oralità, la
selezionano l’appartenenza al gruppo attraverso un solo sesso. Chiamiamo questi ricostruzione delle genealogie è flessibile. Se volete, i legami di parentela che
gruppi gruppi di discendenza unilineari. costituiscono un lignaggio sono basati sulla memoria, ma questa memoria è “una
memoria fertile”. Quindi in pratica è spesso difficile stabilire in maniera univoca se
2.3.D. GRUPPI DI DISCENDENZA UNILINEARI si tratta di un lignaggio o di un clan quello con cui abbiamo a che fare. Il senso di
In questo caso abbiamo a che fare con veri gruppi di discendenza, corporati, questa “confusione”, abbiamo specificato a lezione, è proprio quello di rendere
preesistenti ai singoli membri che vi entrano a far parte, e che sopravvivono alla flessibili i legami parentali alle esigenze di natura sociale. Se il mi lignaggio ha
morte dei singoli membri. I gruppi hanno ruoli specifici, spesso gestiscono bisogno di cooperare con alcuni individui, è molto probabile che “aggiusteremo” le
direttamente le proprietà terriere o altri beni (che non appartengono quindi ai nostre reciproche genealogie al punto da “scoprire” che “in realtà” il mio gruppo e
singoli) e sono definiti in base alla comune discendenza da un antenato comune. Se i quello di quegli individui con cui intendo cooperare sono parenti. Le conseguenze
membri del gruppo sono reclutati attraverso i maschi, il gruppo è detto patrilineare; teoriche di questa adattabilità della parentela alle esigenze sociali sono
viceversa, se solo le donne a garantire la continuità del gruppo, questo è detto estremamente interessanti. Eravamo infatti partiti studiando la parentela come il
matrilineare (figura 2). legame “naturale” che consente le relazioni sociali (collaboro con te perché sei mio
Al di là della matri- o della patrilinearità, cioè del modo in cui vengono reclutati i parente, perché abbiamo lo “stesso sangue”), e invece ci troviamo con dei fatti
membri del gruppo, gli antropologi trovano conveniente distinguere due tipi etnografici che ci spingono a ipotizzare che l’argomento sostenuto possa essere a
principali di gruppi di discendenza unilineari, a seconda che ego sia in grado o meno volte l’opposto (devo/voglio collaborare con te, e allora creo con te un legame di
di ricostruire la sua parentela effettiva con l’antenato che ne costituisce il parentela, cioè rendo naturale un legame sociale che di per sé naturale non sarebbe).
capostipite. Se cioè l’antenato è legato da una parentela completamente ricostruibile
con i membri del gruppo, quel gruppo è detto LIGNAGGIO. Se invece l’antenato da cui i
singoli ego dicono di discendere non è posizionabile in una parentela chiara (se cioè Discendenza e residenza
il legame che lega antenato e ego non è specificabile in tutta la discendenza) allora il
gruppo è detto CLAN. Normalmente le società di interesse etnologico hanno sia Ammetterò ora di avervi inbrogliati, mettendo il carro della discendenza davanti ai
lignaggi sia clan. Cioè ogni individuo sa di appartenere ad un lignaggio nel senso buoi della residenza. Come potete intuire, nessun gruppo umano si è messo attorno
che discende da un antenato nei confronti del quale può ricostruire il grado di al fuoco a discutere: Bene, allora come decidiamo di discendere, unilineari o
cognatici? Ego-centrati o centrati sull’antenato? Le forme della discendenza sono

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rappresentazioni della società che dipendono da come i gruppi di distribuiscono sul dell’assistenza del maschio (i loro fratelli sono lontani) e i maschi hanno bisogno di
territorio, dalle risorse di cui dispongono e dal sistema di allocazione garantirsi una continuità (le loro sorelle sono lontane).
intergenerazionale di queste risorse. Ma era importante che partissimo dalla
discendenza per farvi prendere confidenza con alcuni principi di base che vi 3) Patrilocalità. Può succedere che sia
permetteranno (credo) di capire meglio il rapporto tra discendenza e residenza. importante che i maschi vivano assieme,
per ragioni di cooperazione (caccia e
Ci sono cinque casi teorici di residenza, che riassumo brevemente. guerra) e allora daranno via le loro
1) Natolocalità. . Parte dalla premessa che sorelle e importeranno altre donne.
l’unione veramente stabile sia quella tra madri e Anche in questo caso è importante la
figli da un lato, e fratelli e sorelle dall’altro. regolarizzazione delle unioni sessuali
Possiamo pensare ad un’orda di cacciatori e nel matrimonio, perché i maschi hanno
raccoglitori, in cui le donne sono state fecondate lasciato andare via le loro sorelle in altri
ed hanno avuto dei figli maschi e femmine. Una gruppi, e quindi devono garantirsi la
volta raggiunta la maturità sessuale, questi figli continuità attraverso il matrimonio.
maschi possono accoppiarsi in maniera non
impegnativa con altre donne di altri gruppi, e le
loro sorelle possono fare altrettanto.
L’accoppiamento non prevede un
allontanamento dalla famiglia di orientamento, 4) Matrilocalità. Se per ragioni
per cui i membri rimarrebbero a vivere assieme. strutturali sono le donne a dover rimanere
I maschi del gruppo proteggono le donne del assieme, come potrebbe essere nel caso
gruppo (che sono le loro sorelle), e non si accoppiano con loro per via del tabu di coltivatori che fanno ancora
dell’incesto, ma si accoppiano invece con altre donne senza vivere con queste. A affidamento sulla caccia, per cui le donne
loro volta, le sorelle del gruppo si accoppiano con uomini di altri gruppi per lo stesso coltivano i campi e gli uomini cacciano,
tabu dell’incesto, ma non vanno a vivere con loro né li portano a vivere nel loro allora si potrebbe pensare ad un gruppo
gruppo. Se volete: ognuno se ne sta a casa sua e si basato sulle donne, che cedono i loro
accoppia con persone che vivono a casa loro. Se però i fratelli alle donne di altri gruppi e
gruppi sono piuttosto dispersi sul territorio, può risultare importano mariti nel loro gruppo.
difficile avere nelle vicinanze uomini e donne di altri
gruppi per accoppiamenti non impegnativi, e allora si
possono sviluppare altri casi.

2) Neolocalità. Poniamo che i gruppi siano dispersi per


ragioni ecologiche, e che anzi non sussista la possibilità
di gruppi di grosse dimensioni. In questi casi la soluzione
più indicata potrebbe essere che un maschio lascia la sua
famiglia di orientamento, una donna fa altrettanto e i due
si uniscono a costituire una nuova famiglia di procreazione. In questo caso è
necessario rendere più stabile il legame sessuale, dato che le donne hanno bisogno

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5) Ambilocalità. Infine può essere una strategia utile quella di importare ed forma di potere viene trasmessa da maschio a maschio (eredità, sacralità, sacerdozio
esportare maschi o femmine indifferentemente, a patto che il gruppo abbia un o altro) ma il sistema è matrilineare (cioè la trasmissione passa attraverso maschi
adeguato numero di membri per produrre e riprodursi. imparentati per via femminile), questi maschi devono sempre essere in grado di
mantenere i contatti tra di loro attraverso le sorelle, che sono i membri produttivi del
Quel che è gruppo di discendenza, mentre se il sistema è patrilineare non è necessario questo
importante a contatto tra maschi attraverso le sorelle. In altre parole: “mentre per produrre una
questo punto è situazione matrilineare gli uomini del gruppo consanguineo si devono associare
che teniate stabilmente con le sue donne, non è necessario che le donne del gruppo patrilineare
sempre presente siano in associazione costante con i suoi uomini” (Fox: 107). Capite meglio questa
che quelli di cui asimmetria se riprendete i casi 3 e 4. Se il caso 3 sviluppa un gruppo di discendenza
abbiamo parlato patrilineare, i maschi sono già associati e possono trasmettersi il potere direttamente
sono gruppi (di padre in figlio) visto che il legame che legittima la continuità è quello del
residenziali, e matrimonio (il maschio non si riproduce, si lega formalmente ad una donna e da
non hanno di quella “prende” i figli che ne nascono e li dichiara membri del suo gruppo). Per
per sé un questo gruppo di uomini le sorelle sono andate via, in altri gruppi, e non hanno
rapporto diretto alcuna funzione riproduttiva per il proprio gruppo (fanno infatti figli per i gruppi dei
con i gruppi di discendenza. Questi cinque casi ipotetici o teorici non sono cioè di rispettivi mariti). Ma prendete ora il caso 4. Cosa succede ai maschi se si sviluppa
per sé indicativi di alcun gruppo di discendenza, perché non hanno a che fare con un gruppo matrilineare? È chiaro che devono trovare un modo di associarsi con le
alcuna discendenza ma solo con il modo in cui le persone vivono e si distribuiscono loro sorelle, visto che il loro potere andrà in trasmissione ai figli di queste. I maschi
sul territorio. È però evidente come questi gruppi residenziali siano facilmente “andati via” da un gruppo residenziale matrilocale che ha prodotto un sistema di
associabili a gruppi di discendenza, nel senso che il caso 1 e 4 sono facilmente discendenza matrilineare devono essere in grado di associarsi con le loro sorelle,
associabili con la matrilinearità, il caso 3 con la patrilinearità e i casi 2 e 5 con la pena l’impossibilità di trasmettere il loro potere (o i loro beni) ai loro successori
discendenza cognatica. (figli delle sorelle).
E’ questa la ragione che da vita a una
Ci sono due punti che vanno sottolineati: strana forma di residenza che non
a) incesto ed esogamia. La regola che vieta rapporti sessuali con parenti stretti abbiamo incluso in questa sequenza
(fratello, sorella, padre, madre, figlio, figlia) non è concettualmente la stessa regola teorica, e che si chiama residenza
che impone di sposarsi fuori dal gruppo di parenti stretti. Cioè: il tabu dell’incesto e avuncolocale, cioè residenza con il
la regola esogamica non hanno lo stesso valore concettuale. Nel caso 1 abbiamo fratello della madre (avunculus in
visto che non c’è praticamente matrimonio nel senso di un’unione stabile tra un latino). Questo curioso modo di
uomo e una donna, eppure si applica il tabu dell’incesto, visto che fratelli e sorelle risiedere nasce proprio dal desiderio
non si accoppiano tra di loro. dei maschi in un sistema di
b) l’asimmetria di patri- e matri-linearità. I casi 3 e 4 poi sono speculari fino ad un discendenza matrilineare di avere
certo punto, fino al punto cioè in cui questi modelli residenziali tendono a produrre presso di sé i propri eredi.
gruppi di discendenza. Se infatti si tratta di gruppi residenziali “puri” si possono Quel che deve essere chiaro è che nei sistemi patrilineari predomina il legame
considerare uno il converso dell’altro, ma se entra in gioco la discendenza la emotivo tra marito e moglie da un lato e quello di potere tra padre e figlio dall’altro,
faccenda si complica. Si deve infatti partire dalla premessa che ci sia un’asimmetria mentre nei sistemi matrilineari il legame emotivo dominante è quello tra fratello e
su base sessuale in molte relazioni di potere, per cui in molti casi e per molti settori sorella, e quello di potere tra fratello della madre e figlio della sorella.
sono i maschi a detenere una quota di potere maggiore. Se, per esempio, una qualche

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È molto importante che riflettiate sull’asimmetria che c’è tra sistemi patri- e Terminologia della parentela
sistemi matrilineari: non sono uno il converso dell’altro perché in entrambi i casi i
poteri detengono una quota sproporzionata del potere. Ho cercato di riassumere Per “teminologia” si intendono i nomi che le diverse culture assegnano ai diversi
questo problema negli schemi della figura seguente, che per ragioni di tempo non ho parenti e affini. Per noi è ovvio avere un termine per il padre, uno per la madre, uno
qui possibilità di discutere in dettaglio. per fratello e sorella, uno per cugino e cugina, zio e zia, nonno e nonna, cognato,
suocero, eccetera. Ci sembra che questi termini rispecchino l’effettiva composizione
della nostra rete parentale. Ma si tratta un errore prospettico dovuto all’etno-
centrismo, che ci fa sentire come naturali e ovvie le scelte culturali nelle quali siamo
immersi. Non è affatto scontato che il figlio del fratello di mio padre e quello del
fratello di mia madre siano identificabili con un unico termine (cugino), come non è
ovvio che il marito di mia sorella e il fratello di mia moglie siano entrambi
“cognati”.
Partiamo quindi da un paio di concetti sul modo in cui si organizzano i sistemi di
parentela. Sappiamo già cos’è un lignaggio: un gruppo corporato (con diritti e doveri
in quanto gruppo, che “agisce come una persona”) composto di persone imparentate
tra di loro, persone cioè che possono rintracciare la comune discendenza da un
antenato. Abbiamo visto che i lignaggi costituiscono l’unità più piccola, spesso, ma
non sempre, su base residenziale (i membri dello stesso lignaggio spesso vivono
“assieme”, nella stessa casa, o nella stessa porzione di villaggio) e che queste unità
tendono a costituirsi in gruppi più ampi, detti clan, che raggruppano persone che si
considerano discendenti (pur non sapendo precisamente in che modo) da un antenato
che spesso è mitico e può anche non essere un umano (un animale, una pianta, un
essere mitico, quello che costituisce il “totem” del clan). In alcuni casi i clan
possono, per diverse ragioni, raggrupparsi in unità ancora più vaste, dette FRATRIE,
che sono quindi una forma di raggruppamento più inclusiva. Le funzioni delle fratrie
sono spesso cerimoniali o esogamiche, cioè regolano alcuni comportamenti
collettivi, come l’esercizio della funzione religiosa o di quella matrimoniale. Se una
società ha i clan A, B, C, D, E, F, G, (ognuno composto rispettivamente dai lignaggi
a1, a2… an, b1, b2… bn, eccetera), possiamo pensare a tre fratrie, (dei Rossi, dei
Bianchi e dei Neri) che raggruppano rispettivamente i clan (A,B,C), (D,E) e (F,G).
Quindi ogni individuo è membro di un lignaggio (per esempio a1, di un clan (in
questo caso di A) e di una fratria (in questo caso dei Rossi). Nel caso speciale che le
fratrie siano solo sue, vengono chiamate METÀ.
Con questi concetti in mente, immaginiamo una società divisa in due metà, in cui
cioè ogni membro appartenga ad una o all’altra (indipendentemente da quanti sono i
clan), e che questo sistema di metà regoli l’esogamia, per cui ogni membro sa che
deve trovare il partner per il matrimonio nella metà opposta (in quella alla quale lui
non appartiene). In questo sistema il mondo sociale si divide in “membri della mia
metà” (che non posso sposare) e “membri dell’altra metà” (che invece posso

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sposare). Questa particolare suddivisione della società porta ad alcune conseguenze Fo = Figlio
terminologiche interessanti, che sono particolarmente evidenti nella terminologia Fa = Figlia
che si usa verso gli “zii” e verso i “cugini”. Poniamo il caso di due metà esogamiche Mr = Marito
matrilineari, per cui ogni membro della società appartiene alla metà della madre, ma Mo = Moglie
non a quella del padre. I figli dei suoi zii apparterranno alla sua metà o a quell’altra a
seconda che siano o meno figli di fratelli di sesso uguale. Cioè: i figli del fratello del Quindi da ora non diremo più ‘zio’ ,ma ‘FrMa’ oppure ‘FrPa’, e non diremo
padre (fratello del padre = padre = entrambi maschi) e i figli della sorella della nonno, ma ‘PaPa’, oppure ‘PaMa’.
madre (sorella della madre = madre = entrambe femmine) apparterranno alla sua Chiarito questo, vediamo quale potrebbe essere in linea teorica il modo più
metà (e quindi non potrà sposarli), mentre i figli della sorella del padre (sorella del semplice per riprodurre un gruppo umano, e quali le conseguenze sul piano
padre = femmina; padre = maschio) e del fratello della madre (fratello della madre = terminologico. Se io ho una sorella e tu hai una sorella, un modo semplice per
maschio; madre = femmina) apparteranno alla metà opposta (e quindi potrà riprodurci tutti e quattro è quello di “scambiarci le sorelle”. Io non posso riprodurmi
sposarli). Tecnicamente, i figli di fratelli dello stesso sesso (cioè figli di due fratelli o con lei per il tabu dell’incesto, e tu altrettanto per la stessa ragione. Ma se io ti
di due sorelle) si chiamano CUGINI PARALLELI, mentre i figli di fratelli di sesso diverso “cedo” mia sorella in “cambio” della tua, possiamo perpetuare i nostri rispettivi
(cioè i figli di un fratello e quelli di una sorella) si chiamano CUGINI INCROCIATI. Per gruppi familiari con reciproco vantaggio. Questa, in effetti, sembra essere stata la
pure ragioni di sistema, ego non può sposare i cugini paralleli, mentre “potrebbe” strategia matrimoniale adottata da diversi gruppi umani: non mi posso sposare
sposare i cugini incrociati. Dico potrebbe perché vedremo che in alcuni casi non gli all’interno del gruppo (con le mie “sorelle”) e quindi organizzo uno scambio
resta apparentemente (terminologicamente) altra scelta da fare, visto che chiamerà sistematico con un altro gruppo che si trova nelle mie stesse condizioni. Ci sono
con uno stesso termine (che si potrebbe tradurre: “oh tu che sei mia doppia cugina società che ragionano in questi termini quando organizzano i matrimoni. Più
incrociata e moglie potenziale”) tutte le donne della sua generazione che correttamente, è possibile analizzare i sistemi matrimoniali di queste società come se
appartengono all’altra metà (cioè tutte le donne potenzialmente maritabili con lui, fossero governati dal principio per cui un gruppo scambia le sue donne con quelle di
non vi preoccupate di questo, lo capirete fra un po’, capirete anche cos’è una un altro gruppo: io ti dò una donna e tu me ne dai una tua. Immaginiamo che questa
“doppia cugina incrociata”). sia una regola sistematica: due gruppi, magari di cacciatori e raccoglitori, che
Ho appena detto che la possibilità di sposarsi con un cugino incrociato può a volte praticano l’esogamia di gruppo e di tanto in tanto si incontrano per scambiarsi le
non avere alternative. Vediamo come questo avviene, e le conseguenze sulla donne. La situazione di partenza minima è quella di due coppie di fratello e sorella,
terminologia. Ma prima è necessaria un po’ di disciplina intellettuale. Quando un fratello e sorella del gruppo A e un fratello e sorella del gruppo B. I due uomini si
parliamo di posizioni parentali dobbiamo stare attenti a non sovrapporre i nostri incontrano in qualche luogo e decidono di “scambiarsi le sorelle”: io ti dò mia
termini con quelli indigeni, per esempio in un sistema che pratica la divisione in sorella (con la quale non posso accoppiarmi per via del tabù dell’incesto) e tu mi dai
metà il nostro termine “cugino” è troppo generico e anzi generatore di confusione, la tua (con la quale hai lo stesso problema). Dopo vent’anni, possiamo immaginare
perché non distingue tra i membri di una metà o di un’altra, e infatti abbiamo dovuto che i figli di quelle due coppie si incontrino e proseguano sulla stessa linea dei loro
aggiungere la specifica ‘incrociati’ o ‘paralleli’ per dar conto del sistema. Questo genitori, per cui i maschi si scambieranno un’altra volta le donne, e così via nel
problema si ripete in continuazione quando si tratta di parentela, e il modo migliore corso delle generazioni. Cosa succede alle posizioni parentali, cioè come si
per risolverlo è quello di usare sempre e solo una ristretta serie di termini per sistemano e vengono definiti i parenti e gli affini in questo sistema? La situazione è
costituire le posizioni più complesse elaborando combinazioni di queste. I termini come segue (seguire la figura 3 per capire come in questo sistema non ci sia
che useremo di qui in avanti sono otto, e li indico con il loro simbolo: distinzione tra parenti e affini):

Ma = Madre (1) ‘coniuge’ = Mo = FaFrMa = FaSoPa = doppia cugina incrociata


Pa = Padre (2) ‘cognato’ = MrSo = FrMo “doppio cognato” = FoFrMa = FoSoPa = doppio
Fr = Fratello cugino incrociato
So = Sorella (3) ‘suocero’ = PaMo = FrMa = zio materno

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(4) ‘suocera’ = MaMo = SoPa = zia materna 3) –C, + L: distinguo i parenti per parte di madre da quelli per parte di padre, ma
non distinguo tra mio padre e suo fratello, né tra mia madre e sua sorella.
In questo sistema non è possibile sposare uno che non sia “già” un proprio Terminologia IROCHESE.
parente. Naturalmente i sistemi non sono perfetti, può capitare ad esempio che una 4) +C, +L: faccio distinzione sia tra i miei genitori e i loro fratelli, sia tra lato
coppia non abbia figli maschi, per cui non può prendere donne, oppure non abbia paterno e lato materno. Terminologia SUDANESE.
figlie femmine, per cui non può dare donne. In pratica, la regola dello scambio
diretto dice: sposati prendendo un partner della tua generazione tra i membri Si capisce meglio questa tipologia se la si affronta in concreto, se cioè ci mettiamo
dell’altro gruppo, un partner che chiamerai con il TERMINE CLASSIFICATORIO di a vedere cosa succede ai nomi dei parenti (genitori, loro fratelli e figli di questi)
“doppio/a cugino/a incrociato/a”. Ciò significa che nella terminologia parentale i applicando i diversi principi. Seguire la figura 4, caso per caso.
termini indicano categorie di persone, e non persone singole. 1) Sistema HAWAIANO. Per via di –C, mio padre è uguale a suo fratello, mia madre a
Questo breve accenno allo “scambio diretto” (si chiama così quel tipo di scelta sua sorella, e i cugini paralleli sono uguali ai miei fratelli. Per il principio –L la
matrimoniale per cui ci sono due gruppi i cui membri si sposano obbligatoriamente sorella di mio padre è uguale a mia madre, il fratello di mia madre è uguale a mio
tra loro) era necessario per darvi una rapida illustrazione di come il sistema degli padre, e i loro figli (cugini incrociati) uguali ai miei fratelli. Per parlare dei miei
scambi matrimoniali possa influenzare il sistema terminologico. Concludiamo parenti avrò bisogno solo di due termini per quelli della mia generazione (un solo
quindi cercando di proporre una tipologia dei sistemi terminologici. termine per i fratelli maschi, per i cugini paralleli maschi e per i cugini incrociati
maschi; un solo termine per le sorelle femmine, le cugine parallele femmine, le
2.5 TIPOLOGIE DELLA TERMINOLOGIA cugine incrociate femmine), e due termini per quelli della generazione precedente la
Nonostante la varietà straordinaria delle terminologie parentali, gli antropologi si mia (un termine per mio padre, suo fratello e il fratello di mia madre; un termine per
sono accorti già alla fine del secolo scorso che ci sono alcuni modi fondamentali di mia madre, sua sorella e la sorella di mio padre).
classificare i parenti e gli affini, che si ripresentano in diverse culture con diverse 2) Sistema ESCHIMESE. In questo caso mi serviranno più termini, visto che voglio
varianti. Per i nostri scopi, descriveremo quattro modi logicamente derivati da come distinguere tra i miei genitori e i loro fratelli dello stesso sesso. Così avrò un termine
ogni singola cultura risponde a due domande fondamentali quando classifica i per mio padre e uno per mia madre, uno per il fratello di mio padre e uno per la
parenti: sorella di mia madre. Visto che non mi interessa però distinguere tra lato materno e
a) devo distinguere tra linea diretta e linea collaterale, cioè tra la linea che mi lega paterno, gli stessi termini usati per questi “zii” li posso riusare per riferirmi alle
direttamente ai miei nonni/genitori/fratelli (linea diretta) e quella che mi lega invece sorelle di mio padre (fatte uguali alle sorelle di mia madre) e ai fratelli di mio padre
“collateralmente” a prozii/zii/cugini? Chiamiamo questo il principio della (fatti uguali ai fratelli di mia madre). Similmente, alla mia generazione, distinguerò
COLLATERALITÀ tra i figli di mio padre e mia madre (cioè i miei fratelli) e invece i figli dei loro
b) devo distinguere la linea paterna e quella materna? Chiamiamo questo il fratelli e delle loro sorelle, che però potrò chiamare con un termine unico. Per
principio della LINEARITÀ. quanto possiate essere confusi, quello che abbiamo descritto è il NOSTRO sistema
terminologico!
Abbiamo quindi due domande, ognuna delle quali prevede come risposta un sì o 3) Sistema IROCHESE. È il simmetrico di quello eschimese: non si distingue tra
un no, in tutto quindi quattro possibilità logiche. Se indichiamo con “C” il principio padre e suo fratello, o tra madre e sua sorella (quindi i loro figli, i miei cugini
della collateralità, con “L” quello della linearità, con “+” la risposta affermativa e paralleli, saranno fatti uguali ai miei fratelli) ma si vuole tenere distinto il fratello di
con “–” quella negativa, le possibilità logiche sono: mia madre dal fratello di mio padre, e la sorella di mio padre da quella di mia madre,
1) –C, –L: chiamo i miei parenti senza distinguere tra linea diretta e collaterale, e per cui i cugini incrociati, che sono i loro figli, saranno distinti dai cugini paralleli.
senza distinguere tra lato paterno e materno. Terminologia HAWAIAIANA. 4) Sistema SUDANESE. Si distinguono sia il padre da suo fratello e la madre da sua
2) +C, –L: distinguo tra genitori e loro fratelli, ma non specifico se questi fratelli sorella, ma anche il fratello della madre da quello del padre, e la sorella del padre da
dei genitori lo sono dal lato paterno o materno. Terminologia ESCHIMESE. quella della madre. Non solo distinguo i miei fratelli dai miei cugini, ma anche tra
cugini incrociati e paralleli. Sebbene sia piuttosto raro, questo sistema terminologico

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è interessante perché era quello usato dai Latini (almeno secondo alcune versioni).
Pater, Mater, Patruus (fratello del padre), Amita (sorella del padre), Avunculus
(fratello della madre) Matertera (sorella della madre). Parallelamente, esistevano
quattro termini (sempre in alcune varianti e in alcuni periodi storici) per i cugini:
(frater) patruelis (figlio del fratello del padre), amitinus (figlio della sorella del
padre), consobrinus (figlio del fratello della madre) e (frater) matruelis (figlio della
sorella della madre).

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FIGURA 1. IL PARENTADO

III I II IV

Linea continua = parentado di I


Linea tratteggiata = parentado di II

FIGURA 2. I LIGNAGGI

In grigio = i membri di un matrilignaggio In grigio = i membri di un patrilignaggio

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FIGURA 3. LO SCAMBIO DIRETTO

MAMA
MA = madre
PAPA PAMA MAPA
PA = padre
FR = Fratello
SO = Sorella
FO = Figlio
FA = Figlia
MR = Marito
MAMO
PA
SOPA
FRMA MA MO = Moglie
PAMO
Esempi
FRMA = Fratello della Madre
FOSOPA = Figlio della Sorella del

MRSO Padre
MO
FRMO FASOPA
FOSOPA FAFRMA
SO FOFRMA
EGO

FIGURA 4. LE QUATTRO TERMINOLOGIE DI PARENTELA

H2 H1 H1 H2 H2 H1
E6 E5 E1 E2 E6 E5
I 5 I 1 I 1 I 2 I 2 I 6
S7 S5 S1 S2 S6 S8

H3 H4 H4 Ego H4 H3
H3 H3 H3 H4 H4
E7 E8 E7 E8 E3 E4 E7 E8 E7 E8
I 7 I 8 I 3 I 4 I 3 I 4 I 3 I 4 I 7 I 8
S9 S 10 S 11 S 12 S3 S4 S 13 S 14 S 15 S 16

H = terminologia hawaiana
E = terminologia eschimese
I = terminologia irochese
S = terminologia sudanese
A numero uguale corrisponde, per ogni sistema terminologico, un unico termine

Cugini paralleli

Cugini incrociati

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