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Filosofia e Management
Collana ideata e diretta da Rita Melillo

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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1999 Associazione Culturale Pro Press Editrice C. P. 10 83024 Monteforte Irpino Tel & Fax: 0825 681414

Alla classe dirigente: di domani, nella speranza che possa trovare nelle pagine di questa collana uno stimolo a prepararsi, per il futuro, ricordando che: << Forse, linsegnamento pi rivelante della mia vita stata la scoperta che con la preparazione si potranno cogliere le varie opportunit Senza preparazione non Si pu avere successo>>. Eleanor Roosevelt

INDICE

Prefazione... Mutatis Mutandis.. Il questionario ..

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Interviste a:

Presidente Amato Lamberti. Sen. Antonella Bruno Ganeri.. Prof. Modestino Acone .. Dott. Bruno Androni .. Presidente Luigi Anzalone .... On. Achille Cutrera Sua Ecc. Mons. Antonio Riboldi Presidente Antonio La Forgia ....

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Prefazione
Loperazione continua. Ormai s innescato il meccanismo e i personaggi che hanno accettato di rispondere alle domande del mio questionario sono tante. Qualcuno lha preso come un gioco, qualcun altro come una cosa seria, ma del resto cosa c di pi serio del gioco nella nostra vita? Non sto scherzando, esattamente cos, so che di solito non vi poniamo mente: il pensiero stesso procede secondo determinati ritmi, determinati meccanismi e determinate regole, proprio come un gioco. Tuttavia, sarebbe troppo complicato discutere nelle poche parole di una prefazione questo aspetto davvero fondamentale del nostro pensiero. Questo secondo volume di interviste segue, naturalmente, tutte le caratteristiche del primo e raccoglie le interviste in ordine di tempo, senza dividerle secondo criteri di sesso o di et, perch sono criteri che lasciano il tempo che trovano. Daltra parte, come ho gi spiegato nella prefazione al primo volume, a me non interessa il calcolo statistico di queste o altre caratteristiche, bens mi interessa fornire a coloro che hanno a cuore le sorti delle nuove generazioni un aiuto per decidere la strada migliore per costruire una societ basata sulla solidariet e larmonia. Sono termini che da alcuni anni vado ripetendo spesso nei miei scritti, ma che ancora sono ben lungi dallessere realizzati. Ed poi questa la motivazione principale per continuare lindagine sul management in Italia. I primi due volumi nascono insieme per una fortunata congiuntura astrale o per calcolo sottile di promozione? A voi la scelta. Da parte mia posso assicurare che v stata, per motivi difficili da spiegare, una preparazione sofferta, che ha richiesto una cura particolare. Come spesso succede in questi casi, v stato un parto gemellare. La cosa

mi conforta alquanto, perch significa che loperazione, come lho definita, sta riscuotendo consensi. Ringrazio tutti coloro che mi stanno aiutando a realizzare liniziativa: facilitando i contatti; trascrivendo le cassette registrate,lavoro che la dott.ssa Gabriella Sagliocchi continua a svolgere con cura e dedizione; supportando la pubblicazione del volume; manifestando la loro simpatia per il progetto,forse ambizioso.

R. M. Novembre, 1998

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Mutatis mutandis
Il cambiamento regola la nostra vita, in quanto noi esseri umani siamo un processo senza sosta che corre velocemente da un inizio ad una fine: siamo un ponte gettato tra la nascita e la morte. E non c momento di tale processo in cui noi non siamo un qualcosa che non pi per diventare qualcosa che non ancora. Ma questi - si dir - sono concetti filosofici, e la filosofia - si sa quella cosa con la quale o senza la quale .... Personalmente sarei cauta a sostenere una tale affermazione, perch se ben vi riflettiamo, essa implica una chiara rinuncia alla nostra pi intima essenza, che non tanto di essere razionali, quanto piuttosto di essere capaci di critica, di giudicare. Capacit indispensabile per un tipo di uomo (o donna), che a prima vista sembrerebbe poter fare a meno di questo fardello, in quanto deve agire - soprattutto agire - risolvere problemi nel tempo pi breve possibile, il manager! Una difficolt rilevante che il manager da sempre ho dovuto saper affrontare il cambiamento, che secondo me la pietra di paragone del buon management, in quanto saper gestire il cambiamento significa possedere equilibrio direttivo. molto facile andare in un luogo di lavoro e dire: <<Ora qui comando io e molte cose non saranno pi le stesse>>Il difficile arrivare al cambiamento per gradi, in modo da farlo accettare, anzi addirittura desiderare, quasi fosse opera dei propri collaboratori. Il primo cambiamento, ed il pi importante, il manager lo deve compiere dentro di s, convincendosi che non pu esprimersi in prima persona singolare, ma quellio deve diventare un noi il pi presto possibile. Solo se sapr coinvolgere tutti gli uomini che lavorano con lui, e non per lui, riuscir non solo a farsi accettare, ma anche a dettare il cambiamento che desidera.

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Non deve essere un elefante in un negozio di ceramiche, che manda tutto in frantumi, ma un agile leone che lavora in gruppo. Oggi si parla molto di cambiamento, perch la tecnologia ci ha messo di fronte in poco tempo a radicali mutamenti sul lavoro. Non esiste pi il posto fisso, non esiste pi lazienda, non esiste pi un mercato ben individuabile. Esiste lazienda globale, esiste mobilit nel lavoro, esiste uno scenario completamente diverso da quello di soli pochi anni fa, in cui non facile nemmeno individuare con chiarezza il cliente. Tutto diventato virtuale, questo s che grande cambiamento, che bisogna affrontare! vero che la situazione odierna non rende pi necessario il manager vecchio stampo, ma questo secondo me vero solo in parte. Innanzitutto, le responsabilit del manager, tranne pochi dettagli, cambiano davvero poco. sempre responsabile delle persone che lavorano per lui.... Certo, le persone pu capitare che non si trovino pi nel chiuso edificio della fabbrica, ma a casa propria, data la possibilit che il computer ci ha dato di poter entrare in contatto con tutto il mondo da casa propria. Tuttavia, quelle persone vanno pur sempre incoraggiate a dare il meglio di s per produrre un prodotto, che a parit di prezzo offra un livello di qualit pi alto. Bisogna, comunque, far sentire a queste persone che stanno facendo delle cose utili per lazienda. Bisogna riuscire a motivarle! E poi, nel nostro amato sud ancora non si visto il manager in azione. Qui lo dico e qui lo nego, ma al sud la classe dirigente non si formata, e dunque quella figura che altrove diventata obsoleta e deve cambiare o morire, da noi non si ancora vista. Certo, con ci non intendo mortificare tutti coloro che sia a livello politico, sia a livello

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delle scuole, sia a livello delle aziende hanno dato davvero tanto e sono esempi da emulare. Ma sono stati casi singoli e sparuti, che non fanno altro che confermare la regola. mancato lesempio delle grandi industrie, vi sono soltanto le piccole imprese a carattere familiare, nelle quali manca del tutto anche la pi pallida idea del manager, di chi sia, di quali siano le sue responsabilit, i suoi compiti, perch tutto passa di padre in figlio senza alcuna preparazione specifica. La preparazione, invece, un perno fondamentale del management. Vi chi sostiene che il manager pu anche cominciare ad esercitare la sua carica, ma se non si aggiorna e studia continuamente avr vita molto breve. Allenare la mente a riflettere , dunque, anche per il manager, oltre che per il filosofo, una necessit. Riflettere e ascoltare, questo il cambiamento essenziale che il manager deve compiere in s stesso. Ci implica unapertura verso laltro, una possibilit di raccogliere tutti i dati per poi agire di conseguenza. Di solito, quando pensiamo al cambiamento siamo convinti gi in partenza che quello che abbiamo sia da buttar via.Molto spesso, poi, siamo costretti dagli eventi ad accorgerci che ci eravamo sbagliati e che per fare luce nella stanza non era necessario fare chiss quali sforzi o lavori radicali, ma bastava girare linterruttore! necessario, per, rendersi conto di quanto gi in nostro possesso e saperlo sfruttare per il meglio. Non bisogna buttar via lacqua del bagno col bambino dentro! Certo, per poter fare questo, bisogna essere capaci di discernere il bene dal male, il bello dal brutto, il vero dal falso, lutile dal dannoso. Sembrano delle ovviet quelle che sto dicendo, eppure, tante volte, - troppe volte - non sono rispettate e

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limpulsivit e la precipitazione della giovent o dellinesperienza ci portano a compiere dei danni, che non sempre sono riparabili. Il cambiamento sempre doloroso, perch faticoso, perch significa rinunciare alla vecchia comoda strada per la nuova, che non sempre agevole, anzi mai, per il semplice motivo di essere nuova e ci costringer a studiare dove poggiare i piedi. Ed bene che un manager i piedi li abbia ben piantati a terra, anche se con la mente gli consiglierei di avventurarsi nellignoto di tanto in tanto, perch serve ad esercitare la fantasia, che si rivela ingrediente indispensabile anche per risolvere questioni della pi banale praticit. Abituarci ad immaginare luoghi, fatti e persone nei minimi dettagli un esercizio che si rivela utile come ginnastica mentale. Vedere gli oggetti quotidiani con occhi diversi ci costringe a vederne tutti i dettagli anche in usi insoliti, che alloccorrenza ci possono aiutare a trovare delle soluzioni efficaci a problemi insoliti. Da ogni dove si sente parlare di cambiamento, ma come operare il cambiamento? Mutatis mutandis.

R. M.

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Il questionario
1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi? 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi?

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6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono

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numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine e abilit? 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza?

Il questionario costituito da 12 domande che non sono fatte a caso, bens ognuna tocca un punto fondamentale del management. Qualche domanda non specifica di questo campo, perch potrebbe stare benissimo in un contesto di cultura generale. Ma a mio modesto avviso di primaria importanza tastare il polso alla preparazione del manager non solo nel suo settore: dal suo background culturale dipende la sua apertura verso laltro, verso i problemi, verso il nuovo, ed una reazione importante la sua, che pu condizionare le scelte di tutto il gruppo che dirige. Perci, si spiega anche la domanda sulle qualit che egli deve possedere. Da esse regolato il tipo di rapporto che riesce ad instaurare con i collaboratori. Per stabilire un buon rapporto di fondamentale importanza il ruolo che si attribuisce alla comunicazione, che per essere efficace deve essere chiara, concisa, nelle due direzioni. Se manca non c spirito di corpo: per comunicare intendo sia il dialogo con gli altri, sia il dialogo con s stessi, che presuppone

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la capacit di mettersi in discussione, espressione di grande umilt, che il segno inequivocabile di equilibrio interiore e, dunque, di grandi doti manageriali. Anche un uomo piccolo e sparuto pu dirigere dei giganti, a patto che abbia una spiccata sensibilit per stabilire con essi innanzitutto un contatto positivo e poi un ottimo rapporto di comunicazione. La domanda sui conflitti stata quella che ha causato pi perplessit, addirittura qualcuno non solo non lha condivisa il che sarebbe pi che normale, e mi sarebbe piaciuto molto, perch non amo lappiattimento -, ma neanche compresa. Insomma, ha causato conflitti. Indispensabile mi sembra la domanda sul modello da seguire nei rapporti interpersonali al fine di sondare la preparazione del manager nelle Relazioni Pubbliche, che fondamentale perch pu appianare tutte le situazioni di malcontento. Bisogna ricordarsi che ognuno di noi vuole essere considerato importante ed unottima regola per il manager di dare tutta la sua attenzione alla persona che in quel momento ha di fronte. Per ottenere tale risultato normale che il manager degno del nome abbia alle spalle un lungo tirocinio di riflessione sulle sue potenzialit, in caso contrario non pu aiutare gli altri a migliorarsi. Egli per primo deve dare lesempio. Si spiegano, dunque, le domande sulla capacit maieutica che mette il manager in stretta connessione col filosofo. Larte del manager proprio quella di sapersi inventare ogni giorno di nuovo, solo cos non perde il suo entusiasmo per ci che fa e riesce anche a trasmetterlo a coloro che lavorano con lui. La scienza riguarda la preparazione specifica che non deve mancare, ma non deve essere soverchia, nel senso che sicuramente il manager deve conoscere a fondo tutti i mezzi che lodierna tecnologia mette a sua disposizione, per potersi costruire una radicata

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personalit sul piano professionale, ma deve perch non pu dimenticare che lelemento umano per i fini che egli si propone di gran lunga prioritario su tutto il resto. Insomma, siamo uomini o caporali? N. B. Tutti i managers che vogliono rispondere alle domande, perch desiderosi di collaborare a questa indagine sul management in Italia, possono spedire le loro risposte allindirizzo dellAssociazione Pro Press Editrice. Sar infinitamente grata per laiuto a realizzare una convivenza pi armoniosa e saggia, a vantaggio delle future generazioni. Sforzandoci a costruire un mondo migliore! E che finalmente non sia soltanto uno slogan.

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Intervista al Presidente Amato Lamberti


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Io non so se l'attivit del management sia proprio "un connubio tra arte e scienza". Ho l'impressione che un buon manager sia una persona con competenze specifiche in alcuni settori: penso a settori come l'economia, l'organizzazione del lavoro, la gestione del personale. La qualit del manager la fa il retroterra culturale che possiede, per cui io sono tentato a dare primaria rilevanza alla scienza. Quando lei parla di arte penso che si riferisca alla creativit, che io considero un fattore dipendente pi dalle caratteristiche personali, dall'indole. Tuttavia, anche quello si costruisce. Non ho mai conosciuto persone particolarmente creative, che non fossero anche particolarmente colte, informate, con un background culturale molto solido sia dal punto di vista delle cognizioni dei diversi campi del sapere - anche includendo quello umanistico-letterario - sia dal punto di vista linguistico: non riesco ad immaginare un buon manager che non conosca almeno tre lingue. Questo non solo perch la conoscenza delle lingue abitua ad un esercizio mentale diverso, ma soprattutto significa che uno ha a disposizione biblioteche pi vaste. Forse, la carenza di manager che si pu registrare in molte realt legata proprio a questo, al fatto di aver una formazione non

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sufficientemente solida: a volte abbiamo persone con una conoscenza solida nel campo economico-aziendale, senza quell'adeguato background culturale che fatto anche di letteratura, di cinema, di teatro, di televisione, di comunicazione di massa. E di conoscenza anche delle realt circostanti: se mi devo immaginare un manager penso ad una persona che ha fatto studi molto seri a cominciare dalle scuole superiori, che ha molte curiosit intellet-tuali, che un consumatore di cultura ed uno che viaggia molto non solo per i paesi ma anche per letterature, per biblioteche, e cos via. 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. Io sono d'accordo con l'impostazione del pensiero di Peter Drucker. Dico che il manager, sicuramente, per raggiungere degli obiettivi, deve utilizzare gli strumenti a sua disposizione che sono appunto delle persone, ma direi anche delle organizzazioni. Quindi, deve essere capace di manovrare persone ed organizzazioni, apparati, perch difficile che tutto si svolga semplicemente con l'uso di persone: queste sono sempre aggregate in apparati. Penso, per, che la capacit del manager stia innanzitutto nell'individua-zione degli obiettivi e dei percorsi: la qualit del manager quella di saper leggere il mercato anticipandolo. E qui sta la creativit, per una creativit secondaria

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nel senso che quella cosa che si chiama l'insight in psicologia. Ci significa che sulla base delle mie conoscenze ad un certo punto ho una specie di illuminazione: capisco che il processo andr in quella direzione, per cui domani sar importante fare quella cosa o organizzarsi in quella tale maniera. Il manager gestisce una azienda, un'impresa che tende a collocarsi sul mercato in maniera ottimale, a crearsi nuove nicchie di mercato, perci la sua capacit sta nell' individuare le potenzialit future del mercato e immediatamente organizzarsi per il raggiungimento di quegli obiettivi. Deve essere sicuramente capace di utilizzare persone e cose, per deve avere anche questa capacit di prefigurazione, di anticipazione. S, anche "fiuto", come dice lei, a patto che dietro la parola "fiuto" vi sia la conoscenza, nel senso che io conosco bene ci che si muove nel mercato, le tecnologie, le linee di tendenza, le ricerche che si stanno effettuando, le direzioni che sono pi valide. Decido, per esempio, di portare avanti e di investire in alcune linee di ricerche piuttosto che in altre, perch ritengo che possano avere sviluppi applicativi interessanti. Certamente, si pu anche verificare il caso di un manager con grandi idee, ma che non sa far lavorare la gente: non sempre le due cose vanno insieme. La capacit del manager, secondo me, anche quella di sapersi circondare di consulenti capaci di pensare, di leggere il mercato. L'ideale sarebbe poter avere tutto questo in una sola persona, ma ho l'impressione che la complessit della societ odierna imponga al manager di costruirsi uno staff che lo aiuti a realizzare i risultati che egli persegue. E, dunque, il grande manager colui che capace di raccogliere le idee interessanti e realizzarle.

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3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. L'elemento umano in un'organizzazione un fattore predominante. Direi, anche per le cose dette in precedenza, che un manager deve giocare molto sulla cooperazione. Per, questo dipende anche dall'organizzazione di cui il manager fa parte: il lavoro di staff sicura-mente un lavoro a cerchio basato sulla cooperazione. Questa la fase progettuale, per quanto riguarda l'esecutivit direi che anche un modello gerarchico pu funzionare. Direi che un manager si trova sempre a giocare sui due fronti: da un lato, per quanto riguarda la progetta-zione e la programmazione lavora con uno staff e quindi non pu lavorare che basandosi sulla cooperazione che tra l'altro si fonda sempre sulla vicinanza con persone che egli stesso si scelto, con le quali legato da un rapporto di fiducia, ma anche da una capacit di interazione rapida, in tempi reali, senza appesantimenti. Dall'altro lato, essendo pur sempre un'azienda nella fase di realizzazione l'organizzazione di questa azienda dipende anche dalle cose che fa, dal settore nel quale il manager implicato, per cui l io penso che qualche rapporto gerarchico difficile eliminarlo. Per raggiungere dei risultati c' sempre bisogno di persone che dirigono e di altre che eseguono, altrimenti c' il rischio di non arrivare da nessuna parte. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti? E in che misura si

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sente responsabile se sono negativi? 4R. Diciamo che all'interno di una pubblica amministrazione difficile definire il presidente della provincia un manager, perch sono troppi i vincoli: non si ha l'autonomia del manager. Il manager valutato rispetto ai risultati che riesce a conseguire, ma in qualche modo risponde solo agli obiettivi che l'azienda gli ha fissato. In un'amministrazione pubblica il ruolo manageriale forse lo possono rivestire di pi i dirigenti dell'amministrazione, nel senso che ai dirigenti vengono assegnati degli obiettivi, gli vengono assegnate delle risorse ed egli deve raggiungere gli obiettivi fissati con le risorse disponibili nei tempi fissati. Anche l non c' grande spazio, un lavoro molto esecutivo. Per quanto riguarda il presidente, egli fa il programma, ma poi in realt lo deve consultare con i consiglieri: il confronto non avviene tanto all'interno del programma su logiche di risultato, ma avviene anche in rapporto a logiche che non vengono espresse, che sono logiche di visibilit politica, di interesse di parte, per cui in realt il programma in qualche modo un mix di obiettivi che l'amministrazione ha comunque per legge, nel senso che vi sono delle competenze a cui non pu fare a meno di dare delle risposte; dall'altro lato vi sono delle esigenze in qualche modo obbligate nei tempi e dalle disponibilit finanziarie. Per esempio, la manutenzione degli istituti scolastici si pu fare a vari livelli, in maniera pi creativa o pi innovativa, per il vincolo dato dal budget disponibile, che non mai sufficiente. Per cui chiaro che il programma che il presidente fa un programma che poi viene assegnato a seconda delle rispettive competenze agli assessori. Questi lo integrano con delle loro indicazioni

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per realizzarlo entrando in confronto con le esigenze che vengono dai consiglieri, che vengono dai comuni, che vengono dal territorio. Certamente, per quanto riguarda le idee innovative, data la primogenitura quando riesce a vederli realizzati i progetti chiaro che ne soddisfatto. Per, il fallimento di un progetto molto spesso legato pi alle difficolt che si incontrano lungo il percorso che non alle capacit individuali, e anche se queste ci sono, molto spesso vengono nascoste dietro alle difficolt che inevitabilmente si incontrano lungo il percorso. L'altro punto che difficile purtroppo delegare anche autorit e responsabilit, perch il meccanismo istituzionale prevede l'attribuzione di queste responsabilit, che non posso scaricare su nessuno perch la legge prevede che siano le mie. Io stesso devo mettere in moto un meccanismo di salvaguardia, nel senso che qualsiasi cosa che si fa deve passare per il presidente, poi il passaggio per la giunta, poi eventualmente il confronto con il consiglio, poi alla fine arriva all'ultimo degli esecutori che la deve realizzare: una catena di responsabilit che per in qualche modo torna sempre al presidente, allora devo mettere in moto pi dei meccanismi di controllo che non dei meccanismi di affidamento delle responsabilit. Questo indubbiamente nuoce al funzionamento della macchina complessiva. Sarebbe molto pi funzionale se io una volta impostato un progetto lo affido ad un dirigente e questo dirigente ne diventa responsabile della sua attuazione, nel momento in cui il progetto non si realizza io posso prendere un provvedimento e lo sostituisco, lo mando da un'altra parte. In realt non lo posso neppure fare, non solo non li posso sostituire, al massimo li posso spostare, ma purch vi sia un accordo perch il contratto dei dirigenti abbastanza particolare, ed allora non facile neppure questo. Allora,

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il meccanismo in realt un meccanismo di tipo diverso, nel senso che uno ha un'idea, raduna delle persone, le mette a lavorare, segue continuamente il progetto anche nei suoi aspetti minuti, alla fine la fatica impressionante e questo impedisce di seguire molti progetti contemporaneamente e di portarli tutti a buon fine. In qualche misura se non si ottengono buoni risultati questo dipende anche da errori che si sono fatti pi che nel management direi nella gestione del personale ai diversi livelli e ai diversi passaggi. Queste sono le complicazioni, alcune si leggono in itinere e allora possibile intervenire, nel senso che si nota che una persona non capace si pu sostituire ed affidare il lavoro ad un altro, ed in altri casi capisce che deve mettere in opera meccanismi di pressione, minacce sanzionato-rie, in altri casi te ne accorgi dopo, perch non hai pi soldi disponibili in quanto si incontrato un ostacolo che non si era preventivato: una difficolt diversa, perch non tutto preventivabile. Io invidio il manager di un'azienda privata perch ha comunque dei vincoli chiari, per cui uno li conosce ed imposta il programma secondo quei vincoli, ma poi il resto tutto nelle sue capacit di controllo. E l'imprevisto che - come lei afferma - esiste anche per il manager di un'azienda privata deve essere anche quello che fa parte del lavoro manageriale, che anche quello di prevedere tutti i possibili ostacoli, intoppi che si possono via via trovare: una capacit importante del manager sapere anche come aggirare gli ostacoli che ci sono sempre. 5D. Conosce i suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi?

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5R. Gli uomini non li ho scelti io ed i meccanismi di cooptazione all'interno dell'amministra-zione sono meccanismi concorsuali che definiscono capacit e competenze. Quindi, non conosco i miei uomini abbastanza per poter loro assegnare dei compiti commisurati alle loro capacit. Dal punto di vista umano, che pure importantissimo, non li conosco, perch non c' nemmeno il tempo di conoscerli, se non i pi stretti collaboratori. Per l'assegnazione dei compiti la macchina burocratica fatta in maniera diversa nel senso che vi sono dei capi area, vi sono dei dirigenti, vi sono dei funzionari, dei tecnici, e l'assegnazione per competenze nel senso che se io devo intervenire su una strada devo chiamare l'ufficio tecnico: quindi, quello il materiale a disposizione e a quelli io mi devo rivolgere per assegnare il lavoro da fare. Al massimo posso verificare se sono in grado di farlo ed in caso contrario posso assegnarlo all'esterno, ma anche l non sono io a poter decidere, ma la struttura stessa: c' il dirigente che deve dire che la struttura non in grado di fare questa cosa. Naturalmente, non lo dicono mai, per due ragioni: uno perch non direbbero mai che non hanno le competenze necessarie; due perch per quanto riguarda alcuni incarichi come la progettazione anche l'interno lucra l'1% per cui preferisce farli lui piuttosto che affidarli all'esterno. Altrimenti quell'1% verrebbe dato all'esterno, e su un bilancio per i lavori pubblici che supera i 100 miliardi siamo su cifre significative anche per l'1%. Al massimo se sono troppe le progettazioni in corso e vi sono delle scadenze fissate dalla legge gli uffici devono dire non ce la facciamo e allora ci possiamo rivolgere all'esterno. Inoltre, anche quell'altro strumento che nelle aziende c', che in qualche modo di incentivare chi lavora meglio, molto limitata nella pubblica amministrazione da una serie di regole che fissano il

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tetto dell'incentivazione, il budget, il modo in cui l'incentivazione si pu distribuire, per cui diventa difficile, perch l'incentivazione o costituita dallo straordinario o sono progetti di produttivit: per i dirigenti c' un monte di denaro d'incentivazione, che soggetto a delle regole di distribuzione. Ma molto complicato gestire questa situazione perch vi sono problemi di tenuta interna in quanto se per esempio io do un segnale di declassamento di un capoarea chiaro che gli faccio perdere prestigio nei confronti degli altri e questo lo demotiva e siccome non ho la possibilit di rimuoverlo da quel posto perch la normativa abbastanza rigida al riguardo diventa compli-cata la gestione di questa incentivazione. L'ideale sarebbe avere la possibilit realmente di incentivare, di disincentivare, di spostare, allontanare. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con se stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. In linea teorica posso essere d'accordo per quanto riguarda il manager di aziende private. Il discorso completamente

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diverso per le aziende pubbliche. Ma anche per le aziende priva-te io ritengo che sia un problema di organizzazione, io penso che la gratificazione di un lavoratore sta nell'organizzazione di cui fa parte, nel senso che se si sente parte di un progetto e vi partecipa attivamente chiaro che pi gratificato e lavora anche con entusiasmo, perch trova il modo di realizzare anche se stesso, le proprie aspirazioni, le proprie idee, le proprie intuizioni. Questo lo considero importante per quanto il manager di aziende private sono stato anch'io manager di un'azienda privata - il suo staff di riferimento: chiaro che uno staff ti funziona se sono persone che hanno la possibilit di pensare e di proporre delle idee; poi la capacit del manager di selezionare le proposte e far capire quali possono funzionare. In questo lavoro chiaro che la capacit del manager deve essere quella di tener conto dello sforzo che uno fa indipendentemente dall'idea che pu essere scelta ed utilizzata: in questo ci vuole una capacit di gestione della cooperazione fra diversi soggetti, ma questo dipende molto da come uno mette insieme il suo staff. Naturalmente, nella composizione dello staff, uno ha anche la possibilit di cambiarlo, quindi nel tempo uno arriva con successivi aggiustamenti ad avere uno staff che in qualche modo pensa all'unisono con il manager. Questi secondo me deve avere anche un carisma, perch ci vuole questa capacit di far marciare gli altri in certe direzioni, di essere preso come punto di riferimento che non pu sbagliare, comunque ha sempre ragione lui. chiaro che il manager deve essere uno dotato anche di grande personalit, per cui in qualche modo ingloba anche la personalit degli altri. Nelle amministrazioni pubbliche questo non si registra, perch uno si ritrova i dipendenti che gi sono l, al massimo pu decidere che al posto di capogabinetto metto

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questo piuttosto che quello, per scegliendo sul materiale che ha a disposizione. Ho una possibilit di scelta prefissata, perch magari arrivando in una amministrazione che abituata a lavorare in un certo modo, o a non lavorare in un certo modo, chiaro che l'ideale sarebbe di metterci dentro un poco di innovativit, un poco di forze nuove, un poco di idee nuove, ma difficilissimo perch ci vuole tempo, ci vuole il posto in organico, ci vuole il concorso, bisogna sperare che poi il concorso produca risultati significativi non solo dal punto di vista tecnico, perch uno pu essere bravissimo dal punto di vista tecnico, per pu essere incapace di entrare in collaborazione con gli altri: comunque i vincoli sono tanti: Io sono convinto che i risultati dipendono dalla capacit di far muovere tutta la macchina, per nella pubblica amministrazione dipendono da una tale quantit di fattori che difficile prevedere. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio dall'impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. Questa molto durkheimiana come domanda. Indubbiamente nelle organizzazioni economiche chiaro che alcuni fattori legati alla soddisfazione economica e alla soddisfazio-ne in termini di ruolo e di status sono diventati fondamentali e siccome si intrecciano sempre difficile che un callasso economico non comporti anche una perdita di ruolo e di status a tutti i livelli, perch un p ricade anche all'interno della famiglia. Quindi, chiaro

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che una persona pu entrare in crisi, anche una persona che rimane per troppo tempo in una posizione, in una societ come la nostra si sente messa su un binario morto. Mentre la nostra una societ nella quale l'idea incorporata quella del successo e significa avanzare di posizione e tale avanzamento ha dei riscontri di carattere economico, ma anche di carattere pi generale di gratificazione sociale. In una situazione di questo tipo io dico che difficile trovare dei correttivi, perch il meccanismo talmente socializzato che difficile sfuggirne, certo il pensiero corretto dovrebbe essere quello di definire le mete istituzionalizzate in rapporto alle proprie capacit. Questo per parlare con Merton, che dice che per capire le dinamiche sociali ho tre fattori: le mete istituzionalizzate, i mezzi a disposizione, e norme. Allora, in una societ come la nostra che fissa delle mete uguali per tutti, il successo, che in qualche modo anche una meta difficile da realizzare, perch non c' mai successo che accontenti, perch c' sempre qualcuno che ha pi successo di te: un meccanismo perverso. Se si entra in questo ingranaggio c' il rischio di essere stritolati a meno di non avere successo: il successo sempre ascensionale. Allora il pensiero corretto sarebbe quello di rendersi conto che questo quello che dicono i mass media, ma da tenere pi come un orizzonte: io con i mezzi che ho a disposizione, con il mio titolo di studio, il contesto da cui provengo, il cammino che ho fatto posso considerarmi soddisfatto da questa posizione e aspirare a raggiungere quest'altra, ma non semplicissimo, perch hai continuamente delle spinte. Io son convinto che in qualche modo il meccanismo sociale anche il regolatore dell'insoddisfazione complessivamente sentita, che pericolosa. Sono convinto che lo nostra una societ che si va pericolosamente evolvendo nella direzione di un

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narcisismo generalizzato. Vi sono diversi autori americani che hanno scritto molti libri sulla societ e il narcisismo, su narcisimo e socializzazione, cio individui auto-centrati, auto referenziati, incapaci di dialogare con gli altri, dove l'altro semplicemente un ostacolo da superare. Questo un meccanismo estremamente pericoloso all'interno di una societ, francamente non so dare una risposta di come fare a raffreddare questo meccanismo. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Potrei anche dire che il manager obbligatoriamente deve essere un grande comunicatore, grande comunicatore significa che non solo capace di parlare con gli altri utilizzando lingue diverse a seconda dei diversi interlocutori, ma in qualche modo capace di governare la comunicazione all'interno della sua azienda, del suo gruppo, deve essere il punto di riferimento della comunicazione, che da lui deve partire e a lui deve tornare e da lui deve ripartire. La prima cosa un manager deve essere un esperto di comunicazione d'impresa. Se io voglio ottenere dei risultati, far funzionare un meccanismo debbo intervenire sui mezzi di comunicazione, regolarli in maniera tale che la comunicazione avvenga senza distorsioni. Il manager deve essere capace di comunicare in maniera chiara, in maniera rapida, in maniera intelligibile. Dall'altro lato, deve essere capace di gestire una molteplicit di informazioni per poi governare tutta la macchina, senza perdersi nella minuzie delle informazioni che riceve. Lo stesso anche per quanto concerne il mercato, che produce milioni

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di informazioni al minuto: chiaro che la capacit del manager anche quella di orientarsi attraverso queste informazioni e essere capace di fare delle selezioni rapidissime delle informazioni utili da quelle inutili. 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Io non metterei "senz'altro", possono essere dei buoni maestri e delle guide, perch i buoni e cattivi maestri sono fatti di tante cose nel senso che il manager comunque una persona orientata al raggiungimento di scopi: penso che in quanto un grande manager deve anche possedere quella dote di cinismo assolutamente necessaria per raggiungere dei risultati, per cui pensando a quelli che conosco devo dire che non sempre sono delle guide. Ci sono manager che sono anche capaci di essere dei punti di riferimento non solo per la conduzione di un'azienda, ma per capacit pi vaste di ordine intellettuale, ma sono abbastanza rari. In merito alla puntualit: non deve essere quello che arriva prima e che esce per ultimo: il suo ruolo un altro. Deve avere contatti, di progettare , di fare e lo fa nei luoghi che lui decide insieme col suo staff, magari sentendosi per telefono tra un aereo e l'altro. Pu essere importante il modello sia personale sia di lavoro, per dipende da elementi caratteriali: vi sono managers eccezionali che per neanche si vedono, come Cuccia. L'importante vedere come funziona la macchina che egli

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controlla, la capacit d'intervento. Nel caso mio personale, devo dire che poich il presidente in qualche modo diventa il riferimento per tutta l'amministrazione provinciale, allora pu funzionare: in qualche modo ho fatto una piccola scommessa. Sapevo di arrivare in un'amministrazione dissestata, fallita, che bisognava innanzitutto far uscire dal fallimento, che non conosceva pi nessuno - ma anche nel resto d'Italia non si sa bene cosa fanno le province, qual' il loro compito, per una serie di ragioni a di carattere nazionale. Al livello locale, poi, aveva visto tutto il personale politico delle precedenti amministrazioni fortemente inquisito, arrestato, dentro tangentopoli fino al collo; oppure ancora peggio in collegamento con il crimine organizzato, penso ai Gava, ai Cirillo, che sono tra i miei predecessori. La scommessa stata questa: allora innanzitutto dobbiamo far funzionare questa macchina per raggiungere gli obiettivi che la legge ci assegna; poi, dobbiamo farla funzionare in maniera tale da dare non solo risposte ai cittadini, alle collettivit, ma anche risanando le finanze, risanando le aziende, liberandoci di tutti i contenziosi. E poi dobbiamo fare un operazione d'immagine della Provincia, farla conoscere. Devo dire che in questi quattro anni dei risultati si sono avuti, nel senso che oggi la Provincia conosciuta - magari attraverso il suo Presidente - abbiamo chiuso tutto il dissesto, anche se ci costato tanto, abbiamo chiuso quasi tutto il contenzioso: oggi vi sono decine cantieri aperti per costruire scuole, per costruire strade; c' una situazione ambientale che sotto controllo pi di quanto non fosse prima. Cio sono state fatte cose significative, ma soprattutto c' una macchina che comincia a trovare un entusiasmo che non aveva mai conosciuto nel far le cose, per cui i tempi della decisione e della realizzazione cominciano a diventare pi

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accettabili. L'ideale far entrare criteri di efficienza ed efficacia dentro questa macchina, che cominciano a farsi strada adesso. In quanto alla puntualit, debbo dire che a Napoli un po' difficile. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz' altro la Lealt, l'Iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Un buon manager deve essere esperto in Public Relations, grande comunicatore, molto convinto delle sue idee, perch solo la convinzione nelle proprie idee gli d la carica di fiducia necessaria a superare gli ostacoli che nella vita inevitabilmente si frappongono. In quanto alla lealt, sta all'interno delle relazioni: se io penso al manager che si rapporta al mercato, l secondo me la lealt significa affidabilit. La lealt nei confronti delle persone, del suo staff fondamentale proprio per stabilire corrette relazioni. Le doti principali - ne sono convinto - sono nell'ordine: l'iniziativa, creativit, public relations. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. Io sono convinto che a dirigere debbano essere persone

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che ne hanno sia l'attitudine sia le capacit. Naturalmente, ci non sempre succede. 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Son convinto che l'educazione sia un percorso permanente: un processo per accumulazione per cui necessario un continuo aggiornamento. Mi piace ricordare la bella affermazione secondo cui <<gli esami non finiscono mai>>.

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Note bio-bigliografiche
Anni 52, sociologo, ambientalista. Docente di storia del giornalismo alla Facolt di Sociologia dellUniversit Federico II di Napoli, sposato con due figli da anni impegnato nel campo del sociale, in particolare, nei settori dellemigrazione, della criminalit minorile, della tossico dipendenza e della tutela ambientale: nel 1982 ha fondato lOsservatorio Anticamorra, sollevando a livello locale e nazionale lattenzione su un problema largamente sottovalutato. Al Comitato Anticamorra hanno aderito i sindaci di 92 Comuni della Provincia. Nellaprile 1995 stato eletto, guidando una coalizione progressista. Presidente della Provincia di Napoli, dove stato capogruppo dei Verdi, Assessore alla Normalit con deleghe al commercio, artigianato, ambiente, giardini e fognature, diventando uno dei protagonisti della Giunta del sindaco Antonio Sassolino, per il rinascimento della Capitale del Mezzogiorno. Ha istituito lo Sportello Antiusura, con la collaborazione di 8 istituti di credito, per aiutare le vittime dellusura. Lo Sportello ha effettuato anche un tour presso le principali scuole del napoletano, per una serie di conferenze di Lamberti e di altri esperti, affinch i giovani siano <<educati alla convivenza della legalit>>.

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Intervista alla sen. Antonella Bruno Ganeri

1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. La definizione classica non pu non essere condivisa, per io non ritengo che il connubio tra arte e scienza sia caratterizzato dalla stessa quantit di questi due elementi, penso, invece, che un manager debba essere pi artistico e creativo e meno tecnico, proprio perch ha a che fare con delle persone. Lapplicazione del sapere scientifico senza uninterpretazione della scienza stessa, cio senza creativit, conduce molte volte ad un efficientismo esagerato e arido. Il vero manager riesce ad interpretare i dettati della norma e a reinventarla di volta in volta. 2D. Anche il buon meccanico sa dellimportanza di usare lattrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nelladoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucher. Qual il Suo commento? 2R. Prima di intraprendere lattivit parlamentare, sono stata preside e sono, tuttora, ispettore del Ministero della

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Pubblica Istruzione. Si tratta di lavori che allinterno del ministero sono contrassegnati come dirigenza, cio come attivit manageriali, quindi, so bene che al di l della conoscenza delle norme, che naturalmente necessaria, la capacit sulla quale fondamentale attrezzarsi proprio quella di riuscire ad orchestrare i rapporti interpersonali, che si devono basare su una comunicazione che sia allo stesso tempo vettoriale e orizzontale. In caso contrario, i risultati sono di gran lunga inferiori allimpegno che si investe, perch non si riesce mai a mettere le persone nelle condizioni di dare il meglio di s. importantissima la capacit di mediazione, cercando di enfatizzare gli aspetti positivi che ci sono in ogni persona e di sottolineare non esageratamente quelli negativi. Il manager come un direttore dorchestra : strumenti meravigliosi che non vanno in armonia fra di loro, non riescono a realizzare una sinfonia. In un certo senso, il leader sorretto da unarchitettura sognata, cio che non sempre praticata nella realt, il vero architetto creativo quello che riesce a coniugare lo spazio infinito con costruzioni armoniche di spazio finito. 3D. Nella domanda precedente si pone laccento sul fatto che lelemento umano predominante nel management tanto da imporsi allattenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Io preferisco il rapporto a cerchio basato sulla cooperazione senza escludere completamente il rapporto gerarchico, perch il manager costretto ad assumere delle decisioni, a operare delle scelte e ad assumersene la

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responsabilit. Il modello migliore quello che riesce a miscelare in maniera equilibrata ed armonica, ed questo laspetto pi difficile, la gerarchia e la cooperazione, per cui chi sta al vertice e fa delle scelte abbia poi lautorevolezza, non lautorit, per far s che queste decisioni vengano condivise dal gruppo di pari. Il gruppo ha una sua dinamica interna, per cui efficiente al massimo quando coniuga bene il rapporto tra i suoi componenti, perch sono i membri del gruppo stesso a conferire autorevolezza ad un premier. La contraddizione nella quale ci troviamo ad operare nella nostra societ fa s che il manager o viene scelto politicamente o arriva al vertice della carriera attraverso prove concorsuali : questo contraddice la regola primaria del gruppo che, al contrario, se lo crea da s, riconoscendo tra i pari qualcuno che automaticamente ha maggiore autorevolezza, e, intorno a lui il gruppo si coagula. Questa una regola fondamentale che possibile cogliere in maniera pi esplicita negli adolescenti, ma che comunque si struttura per tutta la vita. Il vero manager colui al quale viene conferita autorevolezza dal gruppo e non quello che viene imposto, perch a volte, quello che viene imposto pu non essere accettato. Farsi accettare, pur non essendo venuto fuori dalla elezione di base, richiede grande competenza, consapevolezza ed equilibrio. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti? E in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Questa domanda mi interessa particolarmente e direttamente perch io sono anche sindaco e, quindi, per

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legge, oltre che per necessit, devo delegare compiti particolari ad una serie di collaboratori. Lefficienza dello staff, in questo caso dellesecutivo, investe il manager in maniera diretta sia per la positivit che per la negativit dei risultati, per anche direttamente proporzionale alla dinamica che il gruppo mette in essere per diventare unito. Io vengo da un comune in cui lo staff dei collaboratori formato da sei persone, scelte dal sindaco, che non sono di fatto un gruppo, devono ancora diventarlo, e a tal fine devono realizzare una serie di dinamiche relazionali e comportamentali, le cui responsabilit allinizio sono attribuibili al manager. Per, se queste dinamiche non sono direttamente seguite e non c la volont in ogni persona di correlarsi agli altri e, quindi, di passare dalla logica dellio alla logica del noi, i risultati sono inferiori allenergia profusa. Se i risultati sono negativi, si tenta di recuperare il funzionamento del gruppo, ma se non ci si riesce, bisogna necessariamente interrompere il rapporto, poich far occupare un posto di responsabilit ad una persona che non riesce a instaurare dinamiche relazionali, significa non solo non raggiungere risultati positivi, ma anche compromettere i rapporti interpersonali. 5D. Conosce i suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit? E se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Con tutti i limiti endogeni che una risposta del genere pu avere, presumo di conoscere le persone, perch quando si assegnano cariche di responsabilit, le scelte certamente si operano sulla capacit e sulla disponibilit della persona a mettersi in discussione e a mettere le sue doti a

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servizio della collettivit. I meno preparati, o i meni disponibili, bisogna che vengano aiutati con le strategie che correggono il comportamento. Questi meccanismi a cui io mi sono appassionata tutta la vita, sono processi che ad esplicitarsi tramite le parole sembrano relativamente semplici, invece sono difficilissimi, perch si ha a che fare con esseri umani. Ci sono, per esempio, persone preparate e competenti nel settore, ma che manifestano grandi difficolt a relazionarsi con gli altri; in questo caso bisogna organizzare qualsiasi strategia per consentire che la persona superi questo blocco, che a volte pu essere determinato da limiti caratteriali, perch poi possa dare il meglio di s. Interrompere un processo di questo genere, significa danneggiare la persona, ma anche il gruppo nel suo complesso, perch si depriva di una capacit che lindividuo non riesce ad esplicitare fino in fondo. Oggi, oltre alla forma classica dellaggiornamento, ci sono anche tante tecniche che servono proprio ad abituare le persone a parlarsi, ad entrare in comunicazione tra di loro e a superare i propri limiti, in fondo non poi cos difficile. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nellaltro per farlo scattare e muovere allunisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit

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che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Dire che il buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa, unestremizzazione, ma rende bene il concetto, poich andiamo al diavolo volentieri, ad una condizione, cio se pensiamo che in quel momento il manager non potesse fare altro, altrimenti non ci andiamo, o ci andiamo se siamo degli opportunisti. Per il livello della domanda, non consideriamo che purtroppo nella nostra societ ci sono tanti qualunquisti che si adeguano ad uno steriotipo del potere, per cui chiunque in quel momento al potere, diventa il manager per definizione, mentre invece, la negazione del manager. Al contrario, se il leader riuscito a relazionarsi con gli altri, in determinate circostanza sono ammesse e accettate anche decisioni estreme, che vengono considerate indispensabili, e perci, sono condivise. Questa forse la dote pi grande che viene richiesta al manager, perch oggi noi valutiamo tutto e tutti in termini di produttivit, c una competitivit enorme a causa della globalizzazione di tutti i sistemi. Laccontentarsi di un lavoro svolto mediocremente, il non chiedere che gli uomini diano il meglio di s, significa, di fatto, essere espulsi dal sistema e, quindi, danneggiare sia il gruppo che le singole persone. Altri modelli potevano andar bene in societ arcaiche, ma adesso la societ richiede delle prestazioni sempre pi eccellenti, bisogna cercare di far tutto senza spersonalizzarci e senza perdere lumanit, altrimenti diventiamo dei robot. Per, non ci si pu accontentare di un risultato scadente in nome di un buonismo che danneggia lindividuo e la collettivit. 7D. C, al giorno doggi, un grande fermento di insoddisfazione

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dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da unesplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio dallimpiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema ? 7R. Che oggi vi sia una grande insoddisfazione diffusa, innegabile, e proprio perch diffusa e troppo generica, rende difficile la chiave di lettura: tutti sono insoddisfatti e pochi sanno la vera ragione della loro insoddisfazione. Vi sono conflitti intergenerazionali, e a ben vedere, mai come in questo tempo, la generazione dei giovani e quella degli adulti sono in un conflitto tremendo perch si interrotto il flusso della comunicazione. Ma esistono pure conflitti tra i generi, tra i sessi, tra le razze, tra il nord e il sud del nostro paese, e credo che siano generati sia dallesplosione, che dal collasso delle condizioni economiche. Per esempio, i conflitti che ci sono tra i sessi, hanno portato a maturazione una situazione antica che solo apparentemente sembrava di completamento tra i due sessi. Oggi siamo arrivati al momento in cui non accettiamo il concetto di subalternit, n i ruoli tradizionali e steriotipati, e tutto questo, come in ogni periodo di assestamento, porta ad una conflittualit e a momenti di grossa difficolt, che si riversano anche sul piano economico e in quello sociale. Invece, il collasso delle condizioni economiche uno dei problemi del nostro paese ed uno dei motivi della grande insoddisfazione, perch non si pu vivere tranquillamente in un paese che ci ostiniamo a dire unito, mentre poi va a pi velocit. Le condizioni essenziali di vita sono talmente diverse, questi problemi che alla soglia del terzo millennio sono arrivati a maturazione, determinano una

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insoddisfazione diffusa che poi pericolosissima, perch niente pi rischioso di quando si rimpiange un passato che si presume migliore poich non si legge bene la realt e si pu cadere in una forma di collasso peggiore. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzione il flusso di idee e di informazioni ? 8R. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile non solo per il manager, ma per ogni uomo, oggi pi che mai, poich la comunicazione non si esprime pi attraverso alfabeti tradizionali, ci sono una miriade di linguaggi alcuni dei quali molto difficili da gestire perch sono in continua evoluzione, come quelli della tecnologia, che, infatti, non sono facilmente padroneggiati dalle generazioni meno giovani. Di conseguenza, noi possiamo dire che siamo dei buoni comunicatori perch magari abbiamo speso parte della nostra vita nellaffinare la nostra comunicazione verbale oppure pratica, ma non riusciamo ad intervenire con luso di altri strumenti. Perch il messaggio sia efficace non conta solo che chi lo riceve lo recepisca, oppure, che chi lo pronunzi lo faccia in maniera inequivocabile, piuttosto, deve avere come effetto un cambiamento, anche se non livello cognitivo, che dimostri che la comunicazione sia stata ricevuta. Lo strumento di comunicazione di cui io mi servo la parola e mi sforzo ogni volta di contestualizzarla perch la parola fuori dal contesto non significa niente. Essere un buon parlatore in astratto non ha nessun valore, anche un conferenziere pu non essere efficace nella comunicazione nel momento in cui d una disposizione di servizio ad un dipendente. La comunicazione deve essere contestualizzata, cio necessario adeguare il

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testo al contesto, questo sforzo continuo mi serve per veicolare le mie idee, per dare e ricevere informazioni, e, mi sforzo, altres, di interpretare la risposta perch da essa io capisco se sono stata chiara nella domanda. Questo lo sforzo che dovremmo fare tutti perch viviamo in un mondo in cui tutti parlano ma pochi sono disposti ad ascoltare, per cui, chi parla crede di aver detto ma nessuno ha capito, poich non sempre si ha il tempo o la possibilit di aspettare la risposta. Tutto questo complicato, non a caso oggi la teoria della comunicazione una scienza, vero che non tutti siamo semiologi, per, dobbiamo sforzarci. Diceva giustamente Don Milani che la parola ci fa uomini, cio la strategia comunicativa che ci differenzia dagli animali, noi siamo uomini perch parliamo e usiamo dei linguaggi. 9D. I grandi manager sono senzaltro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato loperare in un campo dove lefficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Il mio caso personale mi colloca un p fuori campo in relazione a questa domanda, perch in politica ho fatto un tipo di esperienza anomala: sono approdata alla politica, sia amministrativamente sia al parlamento, attraverso un plebiscito popolare. Ho iniziato come una persona prestata al mondo politico, non vengo da una scuola politica, n mi ero preparata, piuttosto, mi ero sempre dedicata al mio lavoro. Nel 1993, anno importante nel nostro paese perch viene istituita lelezione diretta del sindaco, mi

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sono trovata sindaco della mia cittadina attraverso un plebiscito popolare. Non avevo mai pensato a candidar-mi, fui contattata da un gruppo di cittadini che mi chiesero con insistenza di dare questo contributo, io ho resistito per un p perch non rientrava nei miei programmi, poi ho pensato che tirarmi indietro, dopo che con la propria vita si segue un determinato percorso, non era corretto. La risposta della gente stata talmente plebiscitaria da farmi un p paura, perch mi ha caricato di ansie ed aspettative enormi, soprattutto in una cittadina come la nostra che ha grossi problemi. Mi hanno eletta manager, le persone mi hanno affidato i loro sogni, le speranze, la rabbia, e, adesso, mi hanno rieletta per la seconda volta. Mi sono sforzata di trasferire in un campo diverso le competenze che avevo sviluppato nel mio lavoro, dove, per, non dirigevo la citt, ma avevo a che fare con il personale docente, cio con una fetta di societ ben definita. Orchestrare una sfera molto pi ampia che presenta problematiche pi complesse, non semplice, ed quello che mi successo anche al Senato. Lesperienza in cui mi ritrovo di pi, in relazione a questa domanda, proprio quella di sindaco perch, oggi, molto pi complicato fare il sindaco che il parlamentare, perch allinterno delle aule parlamentari il lavoro organizzato, nel senso che si lavora in un gruppo. Invece, il sindaco ha la responsabilit di una citt intera, fisicamente rappresenta lo stato. Non saprei valutare la mia efficienza, ma se c qualcosa che cerco di rispettare sono gli impegni, lo ritengo un dovere nei confronti della collettivit. Questo lavoro per un verso mi ha arricchito, per un altro, mi ha disincantato, perch fino a che ero lontana dalla politica, ero convinta che fosse vissuta sempre come servizio e come valore, poi ho scoperto che non sempre cos. A volte si costretti a

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dei compromessi che fanno soffrire, e a mediare delle scelte che magari non sono totalmente condivise perch per tutta la vita sono stati difesi altri ideali, dover difendere con tutte le proprie forze delle idee che sono giuste, tutto questo non mi ha arricchito, anzi, mi ha fatto cadere un velo di illusione. Non sempre la politica mi piaciuta e non sempre mi piace. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senzaltro la lealt, liniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la prepara-zione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management ? Quale delle suddette qualit Lei predilige ? 10R. Senza dubbio queste e anche altre qualit sono importanti. La lealt essenziale, ma c qualcuno che sostiene che il manager pu anche non essere completamente leale, se la lealt compromette in parte i risultati da raggiungere, io non sono di questo avviso perch credo che la lealt comunque vada difesa e perseguita, nonostante tutto, anche nel caso che una presa di posizione chiara e leale possa mettere in pericolo un risultato al quale si tiene molto. La lealt una qualit importante, che il manager deve necessariamente avere, se la si tradisce, prima o poi si paga. Quando qualcuno scopre che una volta sei stato sleale, non sarai mai pi riabilitato. una qualit che bisogna cercare di rispettare sempre. Della capacit di

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trattare con gli altri, ho gi parlato in precedenza, per quanto riguarda liniziativa, sicuramente importante, a patto che sia coniugata alla capacit di veicolarla attraverso scelte condivise. In caso contrario, se qualcuno propone idee eccellenti, chiedendo agli altri solo capacit esecutive, corre il rischio di vederle fallire. Se, invece, ha la capacit di trasmettere quella iniziativa agli altri, succede che ognuno la fa propria e la sente sua, quindi si impegner in prima persona e ci sono molte possibilit di vederla realizzata. A volte alcuni manager ci tengono al loro primariato, vogliono essere gli indiscussi artefici di una determinata iniziativa, per questa non una strategia vincente. Bisogna uscire dalla logica dellegocentrismo e passare ad una logica comune. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine e abilit ? 11R. Io penso che dirigere essere a capo per una piccola parte, piuttosto significa dimo-strare di avere certe abilit, se il caso costruirle, ma comunque, incrementarle ogni giorno di pi. Occorre essere abili ed avere attitudine ad orchestrare gli altri, perch poi siano gli altri a riconoscerti capo. Limportante che il capo non si ricordi sempre di essere tale, anzi, non bisognerebbe dirlo mai a s stessi. 12D. Secondo Lei leducazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza ? 12R. un viaggio che comincia quando inizia la nostra vita e si interrompe soltanto con la morte. Per concludere

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lintervista vorrei citare una bella frase di Elemir Zolla, che dice che il viaggio ci che dai posti porta a ci che origina i posti. Si tratta di un cammino di educazione e di formazione che comincia con noi e che si interrompe solo con la morte.

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Note bio-bigliografiche

Del Gruppo Parlamentare della Sinistra Democratica-LUlivo nata il 3 novembre 1938 a Paola (CS) ed ivi risiede. sposata e madre di 6 figli. Laureata in lettere. stata docente . Preside. Dirigente superiore del Ministero della Pubblica Istruzione, con funzioni ispettive. Iscritta e dirigente del Partito Democratico della Sinistra, ha ricoperto varie cariche istituzionali, fino ad essere eletta Sindaco di Paola dal giugno 1993. Collabora a riviste e periodici di carattere pedagogico e culturale. autrice di Il canto lirico-monostrofico in Calabria, Lucrezio cantore della natura, Conoscere, programmare,valutare e la nuova scheda personale dellalunno nella scuola media. Il 27-28 marzo 1994, stata eletta Senatore sotto il simbolo dei Progressi nel Collegio I della Calabria voti pref. 43.593. Ha aderito al Gruppo Progressi Federativo. Ha fatto parte della XIII Commissione permanente Territorio, Ambiente e Beni ambientali al Senato della Commissione dinchiesta sul fenomeno del Caporalato. Il 21 aprile 1996 rieletta Senatore nelle liste dellUlivo (PDS) nella Circoscrizione Calabria Collegio n. 1 Castrovillari 51.812 voti pref. con sistema proporzionale. membro della VII Commissione permanente Istruzione Pubblica, Beni Culturali, Ricerca Scientifica, Spettacolo e Sport del Senato. membro della Commissione speciale in materia dinfanzia costituita presso il Senato. stata rieletta sindaco della citt di Paola nel recente maggio 1997.

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Intervista al Prof. Modestino Acone


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. S, credo che sia una definizione corretta. La preparazione specialistica, da sola, non sarebbe sufficiente, perch ridurrebbe in schemi troppo rigidi l'attivit del manager e la porterebbe inevitabilmente a scontrarsi con la realt, o meglio con il divenire mutevole della stessa. In altre parole, ritengo che buon manager sia non solo colui che capace di vedere oltre la siepe, ma pure chi, vedendo al di l della siepe, capace di evitare il burrone. E per far ci non basta la semplice preparazione specialistica. Scendendo dal piano generale a quello delle esperienze che mi riguardano, non posso che confermare tale definizione. Buon avvocato colui che, dotato di professionalit adeguata, anche capace di staccarsi dal dato formale per indagare le soluzioni abbordabili nell'interesse concreto del proprio cliente. Buon docente colui che, nel rispetto dei canoni fondamentali dell'insegnamento della materia, anche capace di prospettare percorsi extra ordinem ed approdi che rendono l'insegnamento pi comprensibile e pi accettabile dagli allievi. Buon politico colui che, nella fedelt agli ideali nei quali crede, capace di perseguirli attraverso decisione netta anche in conflitto con i propri interessi personali.

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Se potessi, in una parola, riassumere il mio pensiero, direi che ci che conta sempre l'anteporre l'altrui interesse (quello del cliente, quello dello studente, quello della collettivit) al proprio interesse personale. Ci vuole un grande slancio nell'accettare di collocare al primo posto l'interesse altrui e mettere da parte il proprio egoismo, ma necessario, se si vuole che l'obiettivo venga raggiunto. Il limite , a mio avviso, rappresentato dalla fedelt sostanziale alle proprie idee, senza di che l'uomo non potrebbe seriamente vivere.

2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. Non c' dubbio che la differenza tra l'artigiano ed il manager colta in pieno nella definizione di Drucker. L'oggetto dell'attivit del manager non la cosa, ma l'uomo. Non vorrei, per, che si enfatizzasse eccessivamente questa distinzione. vero che la cosa non animata, ma pure vero che proprio l'artigiano vi imprime l'anima. Per descrivere questo miracolo non trovo parole pi appropriate di quelle di una antica massima cinese che Salvatore Satta ha premesso alla sua opera pi importante: <<Quando fabbrico una ruota, se agisco adagio, il risultato sar debole, se agisco forte il risultato sar massiccio: se agisco, non so come, il risultato sar conforme al mio ideale,

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una bella e buona ruota. Non posso definire questo metodo; un trucco che non pu essere espresso, a tal segno che non ho potuto insegnarlo a mio figlio, e che, a settanta anni, per avere una buona ruota, bisogna che ancora la faccia da me stesso. Gli antichi saggi defunti dei quali leggi i libri hanno potuto fare meglio di me? Hanno potuto depositare nei loro scritti il loro trucco, il loro genio, ci che determina la loro superiorit sul volgare? Se no, i libri che tu leggi non sono che il rifiuto degli antichi, l'avanzo del loro spirito che ha cessato di essere>>. Intendiamoci, non voglio in modo alcuno svalutare l'opera del manager che complessa e difficile perch agisce sul meccanismo uomo, ma ritengo opportuno met-tere in guardia rispetto al rischio reale di svalutare l'opera dell'artigiano, cui dobbiamo inestimabili tesori di vera arte, e di sollecitare la superbia del manager: da questo punto di vista deve riaffermarsi che il miracolo del primo di gran lunga pi straordinario di quello che compie il secondo. Penso all'artigiano nel senso rinascimentale del termine, di cui alcuni rari esemplari, per il loro grandissimo amore per l'arte, sopravvivono nell'epoca delle macchine e dei computers. Ebbene, senza nulla togliere al manager, lasciatemi dire che li amo. 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. La domanda costituisce linevitabile corollario della precedente. Anche quando l'oggetto dell'agire una persona

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o sono pi persone, vale pur sempre il detto cinese che implica il carattere creativo dell'attivit manageriale: agire non so come sta qui a significare che, al di l dei modelli astratti, il manager deve conformarsi a quello che l'istinto individua come la pi appropriata soluzione per costruire una bella e buona ruota. L'irrazionalit della soluzione entra cos a far parte del carattere creativo dell'agire, senza con ci, s'intende, legittimare azioni contrarie ai diritti fondamentali del convive-re civile. Perci il modello prescelto pi conseguenza che causa della scelta del manager ed il limite dei principi fondamentali rappresenta il minimo etico della sua attivit. La leadership del manager dunque una somma di responsabilit verso gli altri e verso se stesso, non diversamente da come lo era l'agire solitario dell'artigiano. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Un vero manager, a mio parere, non pu dubitare che la responsabilit del mancato ottenimento del risultato sempre e solo sua, anche se ha delegato altre persone in compiti di autorit e di responsabilit; non foss'altro responsabile per culpa in eligendo. Non vero il contrario: il risultato conseguito merito, invece, non solo del manager ma anche, seppure in misura differenziata, di coloro ai quali stato delegato il compito di agire per ottenerlo. Questo carattere disomologo dell'attivit del manager il segno della sua umanit, dalla

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quale sprigiona un grande spirito di solidariet, mentre il mancato raggiungimento dell'obiettivo imputato solo al manager in base al princi-pio di autoresponsabilit, che altro non che il risvolto della sua autorit decisionale e del suo primato. 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Nei tempi antichi "maestro" era colui, che "insegnava" agli allievi il "mestiere" o "la professione o solo il "comportamento". Maestro di bottega, maestro di scuola, maestro di vita: la parola "maestro" esprimeva - ed esprime - molto di pi di quel che l'uomo solamente "dotto", esperto nella materia. Maestro , infatti, chi capace non solo di insegnare, ma soprattutto di far lievitare l'interesse - direi l'amore - per ci che si insegna. Solo cos l'allievo posto in grado di divenire a sua volta "maestro". Non basta, perci, l'erudizione e neppure la capacit formale di esporre il pensiero, ma occorre l'anima - il non so come -, l'immedesimazione del proprio essere nell'attivit. Chi ha la fortuna - come a me capitato di averla - di incontrare una di queste rare persone, deve ringraziare il buon Dio, perch anche da una rapa, quale io ero, stato possibile estrarre il sangue che credevo di non avere. Allo stesso modo il vero manager non deve fermarsi al riscontro delle capacit, per cos dire, originarie dei suoi uomini, ma deve estrarre dal loro essere il succo nascosto. Egli , cos, moderno "artigiano" nel vero senso della parola.

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6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Sono pienamente d'accordo e mi permetto di aggiungere che la qualit di manager si raggiunge quando gli uomini del management si muovono e agiscono "all'unisono" senza chiedersi neppure il perch, quasi inconsapevolmente. Torna alla mente l'imma-gine della costruzione della bella e buona ruota con il metodo del non so come. Non vorrei, per, sembrare contraddittorio se preciso che il metodo del non so come non pu essere scambiato per un metodo purchessia. L'istinto del maestro artigiano frutto di esperienza e non di improvvisazione, di regole inespresse tramandate di padre in figlio, come tutte le cose del nostro povero mondo; allo stesso modo di come si tramandano il folklore, la poesia, il teatro e via dicendo, con tutti gli arricchimenti che, nel tempo, sono frutto della ricerca dell'uomo. Perci qui discutiamo del vero manager non dell'irrespon-sabile, titolare di un potere micidiale, il cui esercizio capace di produrre danni incalcolabili non

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solo per s e per i suoi uomini, ma per intere collettivit. Si pone, in questo quadro, anche il problema della responsabilit del manager (che si riflette, nel maggior numero dei casi, sulla responsabilit del soggetto individuale o collettivo nell'interesse del quale egli opera). Problema spinoso oggi giorno, dato che la sua attivit pu colpire gli interessi di una generalit diffusa di persone: si pensi a scelte che impongono sulla salute dei cittadini di pi o meno vaste comunit, alterando il loro equilibrio psichico e fisico o distruggendo condizioni ambientali di protezione dell'ha-bitat naturale. La legge, si sa, pu intervenire ex post e solo marginal-mente ex ante, quando ancora il danno non stato cagionato. Molto, se non tutto, finisce col dipendere dalla caratura etica del manager che, a mio avviso, non pu essere elemento subalterno rispetto alla utilit economica della scelta. Il fenomeno, come noto, va sempre pi diffondendosi nel mondo, mettendo a rischio la stessa vita umana in un futuro non remoto. Etica e managerialit il tema dei tempi in un'epoca di globalizzazione, non solo dell'economia, ma degli stessi comportamenti quotidiani degli uomini. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. La domanda deve, a mio avviso, essere resa ancora pi complessa. Il primato dell'economia sulla politica, riconosciuto da dottrine che hanno non poco caratterizzato

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la vita degli uomini di questo secolo, sta subendo una battuta di arresto e forse un ripensamento, dovuti alla banale constatazione che, anche nei continenti ricchi ed evoluti, le fasce di popolazione alla soglia della povert divengono sempre pi grandi e in taluni Paesi costituiscono addirittura la maggioranza degli abitanti. La globalizzazione dell'economia fa poi s che il collasso di alcuni Paesi si riflette a cascata sul mercato internazionale, comportando effetti negativi diffusi anche per le nazioni in stato di maggiore benessere. Questa situazione, di estrema gravit, esige una riconsiderazione del ruolo dell'economia e ripropone il conflitto tra mercato e stato sociale, non pi come conflitto puramente ideologico - ossia avulso dalla considerazione del reale e proteso verso la conservazione o la rivoluzione -, bens quale ricerca della giusta compatibilit nella situazione data e in quella prospettata: insomma, ci si chiede oggi in quali limiti possibile conservare il welfare, senza pregiudicare l'occupazione, che a sua volta dipende dagli investimenti e dallo sviluppo, ossia dalla situazione dell'economia. Non c' dubbio che il manager deve tenere conto di queste condizioni nell'orientare la sua azione, altrimenti rischia di consegui-re solo un effimero successo, cui far seguito inevitabilmente l'insuc-cesso. molto importante, a parer mio, conferire differenti attenzioni ai risultati immediati ed a quelli stabili e finali (per quel tanto di stabilit e di definitivit che possibile, oggi, considerare). Di questo criterio, mi dolgo, non si fa buon uso, quando si ricorre a provvedimenti "espedienti", senza porre mano ad una terapia vera e propria. Il caso "rottamazione" ne un esempio eloquente.

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8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. il punto dolente, quello di gran lunga pi pericoloso, perch pone nelle mani di pochi, detentori di informazione, le sorti di intere comunit. Anche a tal riguardo torna il problema del rapporto tra etica e managerialit. Assistiamo oggi a tutta una serie di messaggi che sono capaci di celare le realt delle cose in favore della immagine distorta delle stesse. Le leggi intervenute (e le varie autorit garanti) possono fare assai poco - la recente vicenda "Internet" sta a dimostrar-lo ancora una volta -, e quasi sempre possono farlo solo dopo che l'irreparabile accaduto. Il manager preso tra due fuochi: o dare una informa-zione corretta e chiara, e raggiungere risultati prevedibilmente scarsi, se non nulli, oppure accentuare gli aspetti a sensazione o, addirittura, propagandare risultati inesistenti o, quanto meno, maggiori del reale, ed ottenere un buon successo e non solo nell'immediato. Qui il manager ha un collaboratore ineliminabile: colui che effettua il lancio del messaggio (televisione, giornali, etc.); costui per quasi sempre estraneo alla fissa-zione dei contenuti ed incontra limiti alla sua azione solo nella liceit del messaggio (aspetto) che, per vero, spesso non il pi pericoloso. In altre parole, non bastano le regole - pur importantissime - sulla correttezza dell'informazione, potendo questa essere corretta ed allo stesso tempo pericolosa o dannosa. Qui il manager davvero solo con la sua coscienza di fronte alla scelta che deve compiere. 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri

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e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Ritengo di aver fatto ogni sforzo per imprimere alla mia attivit quel carattere artigianale in senso rinascimentale di cui ho parlato. Sia nell'attivit professionale, sia nell'universit, sia in parlamento (per quel poco che ci sono stato), ho sempre privilegiato la crescita delle persone con le quali ho operato. Penso di aver formato tanti buoni studenti, buoni professionisti e di avere contribuito a redigere buone leggi. Il mio studio tuttora una "bottega", la mia cattedra un costante punto di incontro con gli studenti. Ci mi ha sempre arricchito, perch ho imparato a comprendere che da qualunque parte possibile che vengano un'idea buona, un comportamento corretto, una soluzione giusta. Mi ritengo, dunque, un manager, forse con un pizzico di superbia, ma, ad un tempo, con grandissima umilt, avendo ben compreso quanto delicato e difficile sia questa funzione. Posso sintetizzare in poche parole il segreto di questa condizione: prendere sempre sul serio ci che si fa e rimettersi in discussione ogni giorno. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione

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del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Credo la "lealt". un valore assoluto e al tempo stesso costituisce l'indicazione per il percorso esatto. Senza "lealt" tutto si complica e non ci sono pi certezze. Certo una "lealt" immobile non vale: occorre accompagnarla con l'impegno e l'iniziativa, ma non vi dubbio che costituisce il valore "costante" di tutta l'attivit del manager. Quando parlo di "lealt", non escludo affatto iniziative "innovative" o addirittura "straordinarie": fanno parte del gioco, purch vengano poste in essere senza sotterfugi maliziosi e vengano rispettate le regole del gioco. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. Ho gi risposto, credo, nel senso che per dirigere occorre avere senso di responsa-bilit, non solo attitudine ed abilit. Questa convinzione, un poco demod e quasi contraddittoria, la sola che mi possa riconciliare con la vita e che mi consenta di tenere lontana la barbarie tanto diffusa nella moderna societ civile. 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Come ho detto, ogni giorno occorre ripensare,

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correggere, rimettersi in discussione. La civilt del dubbio non cessa di essere tale, solo perch la nostra societ divenuta soprattutto "esecutiva". Quando spiego ai miei studenti la differenza che passa tra "cognizione" ed "esecuzione", e contrappongo il "conoscere" all'"eseguire", non manco mai di avvertire che per eseguire bisogna conoscere e che i casi, per me eccezionali, in cui apparente-mente dato di eseguire senza conoscere si giustificano unicamente perch la stessa parte interessata che ha volontariamente consentito di rinviare al dopo il conoscere, e di rinviarlo solo eventualmente, nel caso, cio, che l'altra parte vada oltre il diritto legittimamente riconosciuto. E spiego pure che il processo, inteso come svolgimento dellazione umana, in tanto civile - e non tortura - in quanto consente la difesa in modo pieno e comunque consono, e la consente normalmente prima che il procedimen-to si concluda. Ci non in astratto, ma nel concreto dell'azione puntualmente esercitata.

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Note bio-bigliografiche
Nato ad Avellino 1l 20.04.1936. Laureatosi nel 1959 in giurisprudenza presso lUniversit degli studi di Napoli con il massimo dei voti e la lode, ha proseguito gli studi e la ricerca ed attualmente professore ordinario di Diritto procedurale civile (1 cattedra) nella Universit di Napoli Federico II. Autore di numerosi saggi, commenti e pubblicazioni varie in materia giuridica, collabora alle pi importanti Riviste. Relatore in numerosi convegni su temi di diritto processuale e sostanziale. Esercita la professione di avvocato con patrocinio dinanzi a tutte le giurisdizioni civili ed amministra-tive. Eletto senatore nella X legislatura (1987-1992), stato segretario della Commissione giustizia e vice presidente della Commissione Affari Costituzionali.Ha contribuito allelaborazione di importanti riforme ed stato relatore dei provvedimenti urgenti per il processo civile (legge n. 353/90), della legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241/90),della legge comunitaria per il 1991-92 (legge n. 142/92). autore del disegno di legge sullistituzione del giudice di pace, che stato poi recepito dalla legge n. 374 del 1991.

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Intervista al dott. Bruno Andreoni


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Certamente. La competenza pi importante del manager (anche al di sopra pertanto di quella specialistica) quella di conoscere la natura umana, i due istinti di "sopravvivenza" e di "crescita" comuni a tutti ed i difetti individuali dovuti sia al vissuto infantile che alle esperienze interrelazionali, positive o negative, dell'et adulta. Senza questa capacit conoscitiva impossibile far crescere e far sviluppare la creativit nei collaboratori, quindi "essere manager". 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. L'abilit per il coordinamento si attinge soprattutto dagli stessi coordinati. indispensabile su tutte una dote caratteriale: lumilt. Da essa discendono cortesia, disponibilit,

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buonafede e immedesimazione "nell'altro". 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Il modello gerarchico non solo superato dai tempi ( un comodo scanso) ma da sempre escludibile dalla natura umana. L'equazione responsabilit /potere giustifica il controllo ed il presupposto essenziale per la continuit del consenso. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. La capacit di delegare implica anche la responsabilit dei risultati. Sia per la doverosa assistenza quando richiesta dal delegato, sia per la valutazione della opportunit su cosa e a chi delegare. (Un esempio: se la compagine governativa attuale porter il nostro Paese al disastro economico e sociale, non tanto loro la responsabilit quanto quella di chi li ha delegati per un compito superiore alla loro competenza e capacit. E con ancor maggiore colpa di chi li ha delegati passivamente non andando a votare). 5D. Conosce i suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?,

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e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. uno dei cardini essenziali dell'organizzazione. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Imparare a conoscere bene s stessi per poter valutare la natura umana e quindi gli altri che lavorano con noi. Le loro reazioni sono la base essenziale per l'efficienza organizzativa e per lo sviluppo della creativit. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio dall'impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. conseguenza della deviazione di cui al punto precedente

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( e quindi della incompetenza della guida politica attuale). 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Coerenza, umilt e trasparenza sono i presupposti comportamentali necessari. Senza dei quali non si pu essere manager. 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. La mia esperienza parte dall'et di venti anni come ufficiale di complemento di aeronautica in guerra, con i miei uomini. I risultati allora furono la guida sicura per continuare sempre su questa strada. I miei collaboratori ad ogni livello nelle esperienze manageriali successive furono gli artefici dei successi che ho semplicemente raccolto e ridistribuito. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette

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Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Al punto 1R c' la mia risposta. Riassumo le principali doti di un manager: coerenza, fiducia, umilt e trasparenza comportamentale, collocate su un piedistallo importante: conoscenza massima della psiche umana, nella sua normalit e nelle sue possibili deviazioni. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. Dirigere servire ed aiutare coloro che sono diretti, per la loro crescita ed i loro successi. 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza ? 12R. L'acquisizione di conoscenze senza limiti. La conoscenza aumenta la capacit e perfeziona il comportamento dell'uomo. Le tre "C" sono insieme causa ed effetto reciproci.

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Note bio-bigliografiche
Nato a Firenze il 21 maggio 1921. Dal 1940-1943 ha prestato servizio militare nellArma Aeronautica nel periodo bellico come ufficiale di complemento; nello stesso periodo internato militare nei Lager nazisti di Leopoli e di Wietzendorf per aver rifiutato di combattere sotto il comando tedesco. Nel 1946 laureato al Cesare Alfieri di Firenze in Scienze Sociali e Politiche. Dal 1947-1956 prima esperienza lavorativa in una azienda fiorentina e contemporaneamente attivit professionale in piccole aziende. Avvi fra laltro una piccola fabbrica artigianale di giocattoli. Dal 1956-1961 capo personale e organizzazione al Nuovo Pignone, gruppo ENI di Massa. Nel 1961-1962 trasferito a Milano e a Bari per lorganizzazione ed avviamento della Societ Pignone Sud, sempre del Gruppo ENI. Dal 1963-1980 direttore centrale del Personale e dellorganizzazione nella Societ OSRAM - Edison Clerici con sede a Milano. Dimissionario per raggiunta et di pensionamento. Dal 1980-1985 impianto e avviamento della sede di Milano e successivamente di Mestre dellIstituto di Formazione per la Direzione del Personale ISPER con sede centrale a Torino, con rapporti di collaborazione e coordinato e continuativoPubblicazioni: Co-autore, Manuale di Gestione del Personale, a cura del dr. Lido Vanni, ed. ISEDI; Autore, Le confessioni di un Direttore del Personale, ed. ISPER, 1980; Far da s la formazione (ed. ISEDI 1992). Articoli su riviste specializzate. Attivit che continua tuttora. membro del Consiglio Direttivo ALDAI (Ass.ne Lombardia Dirigenti Aziende Industriali).

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Intervista al Presidente Luigi Anzalone


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. un'affermazione che condivido del tutto, perch mai come nel caso del management c' un connubio assai forte tra inventiva, capacit di risolvere situazioni particolari o impreviste e, nello stesso tempo, necessit, obbligo di seguire una serie di regole codificate. In breve, mai come nel caso del management noi abbiamo ormai a che fare con la casualit, l'imprevisto. Questo mi richiama alla mente una definizione di Aristotele, che dice: <<tchne ama tyche, cio che la tecnica ama il caso. La tchne un termine denso di vis creativa, e cio quella capacit artigianalpoietica che affronta gli imprevisti e li risolve con una certa genialit. Ora, per quanto le tecniche moderne siano standardizzate, una certa poieticit necessaria nel caso del management, per la specificit di questa professione, che vuole essere insieme un mix di intelligenza, di fantasia e di tecniche elaborate, sofisticate, ma che comunque hanno bisogno di essere calate in re ipsa ossia all'interno di una situazione ricca di imprevisti, e quindi tali da richiedere il contributo dell'inventiva individuale. 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il

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manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. Sono sospinto dalla sua domanda ad avvicinare un p il management alla politica ed alla definizione che Machiavelli ne d come arte del "maneggio degli uomini". Definizione che possiamo accettare nella misura in cui non intendiamo questo maneggio come pura e semplice strumentalizzazione degli uomini per fini non nobili o comunque non commendevoli. 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Credo che, in nome di un falso democraticismo o meglio di un concetto fondato sulla civetteria democraticistica, non possiamo scartare il modello gerarchico, per dire che funziona meglio quello basato sulla cooperazione, su una certa circolarit di responsabilit e di ruoli. Occorre piuttosto affermare in linea generale, che si tratta di scegliere a seconda dei casi: non si pu avere una preferenza aprioristica. Nessuna struttura gerarchica tanto gerarchica da non implicare modelli di cooperazione. E viceversa: nessun modello cooperativistico si definisce senza darsi una gerarchia interna. Penso che i due metodi vadano

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combinati insieme. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Credo - non per falsa modestia o per circondarmi di un'aureola, ma per senso di responsabilit - che per conseguire davvero i risultati che ci si prefigge, occorra adope-rare questa regola: i successi sono il risultato di un lavoro collettivo. Gli insuccessi sono sempre imputabili ad una mancata cooperazione. Se la cooperazione venuta a mancare, la responsabilit di colui che sta a capo. Il proverbio che dice che la vittoria ha molti padri e la sconfitta orfana, vorrebbe essere ironico ma nasconde una profon-da verit, perch proprio cos. La vittoria ha padri presunti che millantano un credito che non hanno, ma ha anche padri reali. La sconfitta tale perch essa stata determinata dalla mancanza di un gruppo prevalente nel lottare per un determinato obiettivo. Ha avuto un padre incapace di crearne altri. 5D. Conosce i suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Presumo di s, ma anche quando non li conosco, scommetto. Bisogna sempre scommettere, ricorrere al motivo pascaliano della scommessa: non si tratta di scommettere su Dio, ma di scommettere su persone alle quali si

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assegna una quota di potere che comunque un aumento di grado. Aiutare uno meno bravo a migliorarsi il problema pi difficile e lo si pu risolvere in un duplice modo. Lo si pu incoraggiare a fare meglio, oppure dimostrando una certa severit perch si applichi al compito che gli stato affidato facendo prevalere, a seconda delle circostanze, ora il momento gerarchico, ora quello cooperativistico. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Con un p di civetteria mi servo di un commento filosofico. Se ricordiamo il mito dell'anima nel Fedro platonico, vedremo che le anime che muovono il senso della vita sono quella irascibile e quella concupiscibile, mentre quella razionale l'auriga che guida i "cavalli", ma incapace di movimento. I cavalli, uno ottimo l'altro pessimo, simboleggiano i sentimenti dell'anima, quelli nobili e meno nobili. Per avere successo in un'attivit manageriale necessario saper eccitare sentimenti, far scattare un sentimento.

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Si vince se scatta un sentimento. Ci significa che bisogna far perno sia sui sentimenti individualistici di affermazione che su quelli espressivi di amore per valori, da cui nasce lo spirito di gruppo, un senso di accomunamento, una complicit, una solidariet forte, un consentimento. Naturalmente, chi riesce a fare tutto questo, deve avere weberianamente o non weberianamente un certo carisma, di cui deve servirsi senza farne mostra. Ci vuole questa astuzia. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio dall'impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. Il malcontento che oggi avvertiamo nella societ uno strano miscuglio di paura per la possibilit di perdere il benessere al quale siamo pervenuti e questo spiega che ci si rinchiuda negli egoismi, nella biologicit del proprio io. Prendiamo ad esempio, il caso Italia: settentrionali contro meridionali, occupati contro disoccupati, tutti insieme contro gli immigrati, e via di questo passo. In secondo luogo il malcontento deriva anche da una crisi di valori, di prospettive grandi e forti. Il pensiero occidentale ha consumato in questo secolo le ultime utopie che aveva costruito: l'utopia comunista, che si rivelata fallimentare, e l'utopia tecnica, che sembra aver dato tanto all'umanit occidentale, ma che determina anche contraddizioni e problemi di alienazione all'interno di ogni societ. Occorre sperare: che nel terzo millennio si profili un altro orizzonte di

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senso, che, senza ricorrere all'utopismo, fondato su quello che definisco un pensiero maschilista e sulla volont di potenza, sia capace di determinare una costellazione di valori che diano prospettiva di vita migliore e, nello stesso tempo, inducano l'umanit a prendere di nuovo confidenza con un pensiero generoso, altruista, proteso verso l'avvenire, fatto di pathos, di slancio. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. La comunicazione chiara consiste soprattutto nella chiarezza del messaggio. Mi spiego: si pu parlare anche in modo contraddittorio e involuto, ma se l'idea che si comunica in s stessa chiara, la forma espressiva scorretta non la modifica molto. Quindi, nell'informazione, nel messaggio che si adopera ci che conta soprattutto il contenuto piuttosto che la forma. Con la forma si pu vincere, cio si pu convincere, ma un convincimento transitorio. Alla fine, un messaggio che si sia rivelato debole, che non corrisponde alle aspettative che ha suscitato, si riflette come un boomerang su chi l'ha emesso. 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola?

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9R. Io credo di aver apportato questo contributo: l'efficienza come dea suprema e la puntualit come regola non sono valori in s, sono strumenti per un progetto. Credo di aver contribuito a far passare questo convincimento: l'efficienza non un bene in s, si pu essere efficienti anche in un'attivit criminale. L'efficienza, la puntualit e quant'al-tro acquistano valore e significato nella misura in cui sono strumenti per la realizzazio-ne di un valore, di un progetto che abbia un quid di universale. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Ritengo che la lealt e l'iniziativa siano ricomprese largamente nella capacit di trattare gli altri come persone. Se ci fa caso, questo n pi e n meno che la traduzione di un imperativo kantiano, che dice di considerare gli altri sempre come persone, vale a dire come esseri razionali dotati di propria dignit. Quando l'altro trattato come persona, lo avverte istintivamente. Se non un atto ipocrita da parte di chi lo compie, ma esprime il bisogno quasi istintivo di creare una fila, un senso di solidariet, di collaborazione, ne derivano anche benefici imprevisti nel perseguimento di finalit strettamente utilitaristiche.

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11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. Essere a capo non significa niente. Ci vuole attitudine ed abilit. L'attitudine non quella per il comando, anche se essere a capo significa essere dotati di un principio di autorit. Ma attitudine innanzitutto rivolta al sacrificio connesso allo svolgimento di un compito non usuale, quale quello per cui si a capo di una comunit di uomini e di donne. L'abilit abilit di sapersi adattare alle diverse situazioni; il che significa affrontare imprevisti, avendo una certa mobilit intellettuale con cui far fronte a problemi diversi, anche quelli che fino ad un minuto prima erano del tutto sconosciuti o che al momento appaiono ostici. 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Debbo dire che ho un concetto della vita in qualche modo di stampo ebraico: come un erramento, un "andare verso". In tale visione, l'educazione un bisogno di ogni uomo. Ogni uomo ha bisogno di autoeducarsi, sperando di essere educato, nel senso che ogni uomo resta un p fanciullo e ha il diritto di sperare che qualcuno lo guidi, gli indichi la strada: una strada che invece di imbrigliarlo, di costringerlo gli schiuda un ampio orizzonte; ed una guida che invece di apparirgli oppressiva ed autoritaria, lo renda sempre pi capace di autodeterminarsi liberamente. Il manager un ottimo o un pessimo maestro, giacch non per s stesso una figura positiva. Anzi vorrei dire: se impronta i suoi comportamenti alla razionalit secondo lo scopo, in quanto obiettivo privo di un senso almeno in

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parte universale, per usare una terminalogia weberiana, il manager pu essere un pessimo maestro. Il manager un maestro (un educatore) nella misura in cui impronta il suo agire a scopi e valori alti. La sua paideia, il suo rapporto con i collaboratori, tanto pi fecondo e positivo quanto pi improntato alla massima di Heidegger per cui <<nel dialogo educativo il maestro colui che impara di pi>>.

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Note bio-bigliografiche
Nato a Flumeri (AV) il 04.06.1944. Si laureato in Filosofia nel 1968 discutendo una tesi in Filosofia della Scienza dal titolo Il problema del tempo nella relativit di Einstein riportando il massimo dei voti con lode. Di rilievo, il saggio Il luogo della politica nellet della tecnica (1989). Ha pubblicato su <<Nuovi Argomenti>> il saggio Hegel e la prosperit privata (1978). Su <<Prospettive 70>> ha pubblicato una discussione recensione dal titolo Marx e i marxismi cento anni dopo (1987). Sugli <<Atti dellAccademia di Scienze morali e politiche>> ha pubblicato Memoria e Utopia in Ernst Bloch (1990). autore dei seguenti volumi: Platone e il linguaggio (1988); Lo specchio di Dionisio (in collaborazione con G. Minichiello); ha curato il volume Figure dellUtopia (1989), in cui contenuto un suo scritto dal titolo Evento Cosmico e Telos Utopico Religioso in E. Bloch. Dal 1984 al 1991 ha collaborato con la II Cattedra di Storia della Filosofia dellUniversit Federico II di Napoli. Forte limpegno in politica. Nel 66 entrato a far parte del P. C. I. divenendone membro della Segreteria Provinciale nel 1968, nel 1977 divenuto anche componente della Direzione Provinciale. Nel 1980 risultato primo dei non eletti al Consiglio Regionale. Nel 1992 stato candidato alla Camera dei Deputati risultando il secondo dei non eletti. Il 7 novembre 1992 stato eletto Segretario Provinciale del P. D. S., incarico mantenuto fino al novembre 1995. Il 7 maggio 1995 stato eletto Presidente della Provincia di Avellino.

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Intervista allon. Achille Cutrera


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Io penso che il connubio tra arte e scienza debba comprendere anche la tecnica. Il manager, per realizzarsi in una societ come questa, non deve rispondere solo al principio di scientificit, nonch a quello di artisticit, cio di creativit, ma anche ad una sorta di seconda grande tecnicit. Il manager che ha successo deve unire numerosi fattori, il sapere, la creativit e la tecnica, intesa come capacit di applicare la conoscenza al concreto. legato al risultato, allefficienza, allefficacia dellatto, quindi deve essere in grado di capire lapplicazione dei principi della scienza e anche di prevedere i risultati. Il management un connubio tra arte, scienza e tecnica. tipico della cultura umanistica credere che arte e scienza diano risultati in questa societ, io penso, invece, che questi due fattori da soli non siano sufficienti. estremamente importante la tecnica, che non la mera aritmetica, ma la capacit di applicare i principi generali della conoscenza al caso concreto. 2D. Anche il buon meccanico sa dellimportanza di usare lattrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nelladoperarsi

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a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucher. Qual il Suo commento? 2R. Sono assolutamente daccordo. La tecnicit va intesa in senso vasto, comprende cose, mezzi e soprattutto gli uomini, perch se il manager non ha capacit di stabilire un rapporto fecondo con gli uomini con cui lavora, difficilmente raggiunger i risultati proposti. Nella misura in cui sa usare le relazioni che instaura con i suoi sottoposti, riesce a conseguire gli obiettivi. 3D. Nella domanda precedente si pone laccento sul fatto che lelemento umano predominante nel management tanto da imporsi allattenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Io preferisco il modello a cerchio basato sulla cooperazione, tanto che lho applicato nella mia vita professionale. In questo studio, che ha una tradizione di oltre settantanni, vige un rapporto di collaborazione fra tutti. La segretaria lavora qui da cinquantadue anni, mentre, se fosse entrata in un sistema piramidale, una volta raggiunti i limiti det consentiti, sicuramente sarebbe andata via. In politica questo discorso vale ancora di pi, perch il sistema pirami-dale non funziona, il manager che fa il comandante non ha ragione desistere. Io ho avuto unesperienza specifica del modello a cerchio allinizio della mia vita politica, che cominciata negli anni 79-80 con la nomina a presidente di un consorzio ambientale di quaranta-sette

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comuni: il rapporto era necessariamente orizzontale. Il presidente, che in questi casi deve essere un po manager, deve avere le redini della conduzione delloperazione. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti? E in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Secondo me, totalmente. Il vero manager, che unisce capacit e creazione, e quindi propone sempre qualcosa di nuovo per andare avanti, si sente responsabile dei risultati raggiunti, positivi o negativi che siano. Anche quando delega i compiti ai suoi subordinati, se ne sente responsabile. 5D. Conosce i suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit? E se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Il manager deve necessariamente distinguere i vari compiti perch giusto affidare agli uomini che vengono scelti determinati incarichi proporzionati alle loro capacit. Questione pi delicata dire se si pu aiutare coloro che hanno maggiori difficolt. Sarebbe facile rispondere affermativamente, ma, in tutta onest, sento di dover precisare che quando si in politica non c molto tempo da dedicare alla formazione, perch in genere si presi dalla necessit di fare dellaltro. Il mandato parlamentare dura, al massimo, cinque anni e sono pochi per ottenere certi risultati. Nella professione, invece, possibile preparare

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meglio coloro che ci circondano, perch si ha pi tempo da investire e i risultati si possono perseguire negli anni. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nellaltro per farlo scattare e muovere allunisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Sono assolutamente daccordo. Dal momento in cui sceglie i suoi collaboratori, il manager deve continuamente stimolarne lentusiasmo. Io ho appurato personalmente che si ottengono ottimi risultati nella misura in cui vengono prospettati obiettivi comuni, in modo che nessuno si adagi nel quotidiano. Quando ero presidente del consorzio, lavoravo a contatto con trenta giovani che, in nome della bandiera ambientale, combattevano contro tanti nemici : si sentivano membri di un gruppo forte e unito. Adesso a ventanni di distanza vado volentieri e mi sento come a casa mia, perch c lo stesso spirito, i giovani di allora si sono formati con questo entusiasmo e sono pi motivati che mai. 7D. C, al giorno doggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente

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sono originati da unesplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio dallimpiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema ? 7R. una domanda difficile, ma se lho ben capita, sento il dovere di dire che il fermento di insoddisfazione, secondo me, non dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, ma, molto pi brutalmente, si spiega perch luomo per sua natura non si accontenta. Nel nostro paese, almeno nei tempi pi recenti, luomo ha soddisfatto i cosiddetti bisogni primari, dopodich si avverte un accellerazione delle esigenze di fronte alla quale inevitabilmente nasce linsoddisfazione, perch i bisogni crescono in modo non proporzionale. impossibile guadagnare abbastanza per soddisfare desideri sempre pi esigenti. In altri termini, si vuole pi di quello che in quel momento ciascuno ha, il che legato al consumismo sfrenato e al superamento dei bisogni di base. Quando non erano ancora pienamente soddisfatti, esistevano meno conflitti e pi solidariet, per arrivare insieme a determinati risultati. La societ di Milano esasperata, il nord-est lespressione massima dellinsoddisfazione derivante da eccesso di beni e della qualit della vita. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzione il flusso di idee e di informazioni ? 8R. Io credo che il modello pi simpatico sia quello giapponese, che prevede delle conversazioni periodiche e

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dirette con i collaboratori. Nelle aziende giapponesi, appena si entra la mattina, ci si incontra per discutere dei risultati raggiunti la giornata precedente. 9D. I grandi manager sono senzaltro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato loperare in un campo dove lefficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola ? 9R. Personalmente, sia in politica che nel lavoro, credo di avere sempre cercato di bilanciare laspetto dellefficienza e la puntualit nel rispettare gli impegni, per, non penso che lefficienza sia la dea suprema, perch si creerebbe un clima troppo duro. Piuttosto, ho tenuto presente il modello giapponese basato sul consenso e su una collaborazione molto forte. I collaboratori sono dei partner, non dei dipendente. Gli americani, a differenza dei giapponesi, in questo sono di una durezza notevole. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senzaltro la lealt, liniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management ? Quale delle suddette qualit Lei predilige ?

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10R. A questa domanda, in parte, ho gi risposto. Secondo me, oltre liniziativa, molto importante la capacit di trattare gli altri come persone. Io credo moltissimo al rapporto con i collaboratori, perci mi piaceva vedere i giapponesi che si riunivano per cantare la loro canzone. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine e abilit ? 11R. ovvio, dirigere implica anche attitudine e abilit che si dimostrano nel sapere trattare con gli altri, il che vuol dire affidare ai collaboratori il massimo di responsabilit, ma anche esaltare i loro risultati. 12D. Secondo Lei leducazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza ? 12R. Leducazione un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza. Io tendo a distinguere lesperienza vissuta come capo di uno studio legale, forse uno dei pi importanti di Milano, dallesperienza parlamentare. Lequipe che lavora in questo studio si consolidata nel tempo ed formata da persone veramente affezionate. Quando sono stato segretario del Ministero dei Lavori Pubblici, dove la situazione era drammatica, ho portato a Roma con me due persone dello studio, la segretaria e un avvocato. Questo indice di un grande rapporto con coloro con cui lavoro.

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Note bio-bigliografiche
Nato a Milano il 24.04.1929. Coniugato, tre figli. Laureatosi in Giurisprudenza nel 1952. Dal 1952 al 73 stato Professore di diritto amministrativo presso luniversit di Milano; consulente presso i comuni di Varese, Mantova, Pavia, Lodi, Lecco, Milan e Madrid. Dal 1978 al 1983 Presidente del Consorzio Parco del Ticino; presidente del DocTer (studi per EEC, lIstituto Europeo per lAmbiente. Fondatore delle riviste <<La Zanzara>> e <<Il Giornale della Lombardia>> (mensile); nel 1986 stato eletto direttore della <<Rivista Giuridica dellAmbiente>>. Nel 1987 stato eletto Senatore con il PSI ed stato membro di varie commissioni per la salvaguardia dellambiente e del territorio. Nel 1992 stato rieletto Senatore; dal 1993 al 94 sottosegretario al Ministero dei Lavori Pubblici, con il governo Ciampi. Attualmente presidente del DocTer: vice-presidente della Fondazione Uomo-Ambiente e membro del Comitato Scientifico della Regione Lombardia per la redazione delle leggi regionali. Tra le sue pubblicazioni: La concessione edilizia, Giuffr (1977); Codice delle leggi urbanistiche-norme statali, ibi (1978); La nuova frontiera, (1985-86); curatore de <<Lannuario europeo dellambiente>>, (1984, 1986, 1987, 1988).

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Intervista a Sua Ecc. Mons. Antonio Riboldi


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. E= una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. certamente valido il connubio tra arte e scienza. Nel nostro campo di pastori di anime che hanno la loro formazione sul modello di Cristo Buon Pastore, sicuramente riteniamo necessaria una grande preparazione non solo che detti le linee a lungo raggio della nostra azione; ma, appunto perch i tempi e quindi gli uomini cambiano continuamente, necessaria una elasticit per affrontare i problemi che si pongono giorno per giorno. Una elasticit che non deve mai allontanarsi dalle linee generali che sono poi i programmi pastorali. 2D. Anche il buon meccanico sa dellimportanza di usare l=attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nelladoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. Larte del buon Pastore appunto quella di fare emergere tutte le capacit che sono nei suoi collaboratori e

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nei fedeli in genere. doveroso che ciascuno prenda coscienza dei Acarismi@ o doni o capacit che lo Spirito ha donato per l=utilit di tutti. Ignorarli fare mancare un bene a tutti. Ma la piena coscienza dei propri carismi non deve mai essere una prova di orgoglio che urti contro il bene comune, ma deve invece saper diventare servizio al bene di tutti. la vera arte di chi comanda, quella di aiutare a esprimersi in totalit, secondo Dio e per il bene di tutti. Non , per, facile perch gli uomini posseggono quel grande dono di Dio che la libert; libert anche di opporsi al bene o usare le proprie capacit non per ma contro il bene. 3D. Nella domanda precedente si pone laccento sul fatto che lelemento umano predominante nel management tanto da imporsi allattenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Dei due modelli, tra quello gerarchico e quello a cerchio, sono convinto sia pi utile quello della corresponsabilit basata sulla volont di tutti e di ciascuno nelloperare il bene comune. Anche se a volte, soprattutto nel prendere decisioni, sia necessario quello gerarchico, perch tante decisioni sono proprie di chi ha l=autorit: sia pure consultando tutti. Lultima, difficile parola spetta a chi ha lautorit. Ed grande responsabilit. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in

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che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Nella Chiesa orami tempo di partecipazione: ossia di avvalersi di consigli a vari livelli. Cos come tanti compiti che nelle mani di uno solo rischiano il fallimento o limpoverimento del bene che si vuole conseguire, vengono delegati a persone di fiducia che devono avere la coscienza di rappresentare non se stessi, ma lautorit che delega, sia pure esercitando la propria capacit che vantaggio di quanto si vuole ottenere. La delega sempre un atto di fiducia, di comunione di intenti: per cui si partecipa dei risultati positivi o negativi, che sono poi nella natura degli atti umani. 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Non si delega mai un compito delicato ad uno che non si conosce molto bene. La delega sempre basata sulla conoscenza. Cos come la delega non un lasciar solo il delegato, ma fargli sentire la propria vicinanza ed aiuto. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nellaltro per farlo scattare e muovere allunisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il

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proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. difficile oggi un rapporto tra chi ha autorit e chi opera con lui, trovare qualcuno che Amandato al diavolo@ ci vada diritto. Sarebbe una sottomissione che spoglia della libera adesione a quanto si compie. uno spirito da schiavi, impossibile nellambito ecclesiale ed inaccettabile. Larte del comando invece quello di fare partecipe, liberamente, chi collabora, come se tutto dipendesse da lui , ma nello stesso tempo convinto che da solo giova poco quanto compie. In un campo, come quello ecclesiale dove essenziale lo spirito comunitario e di servizio, vale il principio della amicizia che fa comunione e pi comunione esiste, meno Aisole@ ci sono, innegabile che il bene cresce. 7D. C, al giorno doggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da unesplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. Che esista un malessere diffuso nella societ innegabile. Ma credo tutto dipenda da un cattivo rapporto tra chi ha autorit e chi collabora. C in giro ancora troppo dispotismo che diventa insopportabile arroganza. Se tutti

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stessero al loro posto, ossia vivessero il loro ruolo con fedelt ed in pieno rispetto della dignit di ciascuno, credo che tanta parte di malessere verrebbe meno. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. In una qualsiasi societ, iniziative e comunicazione sono due realt che devono camminare insieme. Una iniziativa imposta, ossia verticistica, non comunicata e quindi non partecipata, rischia di diventare imposizione che perde la sua efficacia. 9D. I grandi managers sono senzaltro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato loperare in un campo dove lefficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Lefficienza pare sia la Adea@ che tutti oggi cercano di inseguire, senza pensare se davvero questa la maniera di fare crescere luomo. Il pi delle volte lefficienza diventa, senza saperlo, sfruttamento di un uomo ai propri obbiettivi. Luomo nella sua totalit, la sua adesione ad un progetto, la grande forza di una societ, compresa quella ecclesiale. Un buon maestro colui che sa attendere chi fa fatica a stare al passo. Non buona regola lasciare indietro i deboli. Pu avvantaggiarne il profitto, non lumanit.

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10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senzaltro la Lealt, liniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Alle capacit sopra descritte, sempre nel campo ecclesiale, oltre la lealt e la fiducia, la conoscenza dei propri uomini, credo sia necessaria quella virt dellumilt che sa Aservire@ e quindi sa sublimare luomo, come del resto ha fatto Ges lavando i piedi dei suoi discepoli, Lui, Maestro e Signore. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. L=arte del saper dirigere sta nellavere idee chiare su quello che si intende proporre e poi farsi accettare da chi vicino, facendoli sentire grandi per quello che fanno e nascondendosi, perch il proprio nome o ruolo non sia di peso e di ombra. 12D. Secondo Lei leducazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Leducazione nella vita un progetto di uomo o di

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cristiano che impegna tutta la vita. Anzi, pi si cresce e pi ci si sente bambini , tanto vasto il cielo della crescita vera.

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Note bio-bigliografiche

Nato il 1923 a Tregasio, un paesino del Comune di Triuggio (MI) il Vescovo della Diocesi di Acerra (NA). Entrato da ragazzo nellIstituto della Carit (la Congregazione religiosa fondata dallabate Antonio Rosmini), vi fu ordinato sacerdote nel 1951. Nel 1952 venne man dato ad aiutare il Parroco di Montecompatri (RM). Nel 1958 i suoi Superiori lo inviarono in Sicilia, a Santa Ninfa, nella Valle del Belice, dove Don Antonio Riboldi rimase ventanni e dove, come Parroco, guid la lotta della popolazione per ricostruire la zona devastata dal terremoto del 1968. Nominato Vescovo da Paolo VI nel 1978, mons. Ribaldi fu mandato ad Acerra, dove intraprese subito una coraggiosa azione pastorale contro la camorra. E questo suo impegno perdura intenso. Il suo nome legato anche a un rapporto cristiano con i terroristi rinchiusi nelle carceri italiane. Mons. Ribaldi si prodigato intrepidamente per la liberazione di persone sequestrate. La sua presenza molto gradita nei convegni e nelle varie occasioni importanti.

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Intervista al Presidente Antonio La Forgia


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Certamente il manager non uno scienziato n un artista. La sua dote principale nello svolgere le sue funzioni quella di sapere formulare, prima di risolverli, i problemi. Per tale motivo nella preparazione rilevante il contenuto specialistico. Al contempo nella soluzione del problema diventa cruciale la capacit di conoscere le persone, (lanimo umano). 2D. Anche il buon meccanico sa dell=importanza di usare l=attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell=adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. In questa domanda viene esplicitata la definizione di management precedentemente formulata. 3D. Nella domanda precedente si pone l=accento sul fatto che l=elemento umano predominante nel management

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tanto da imporsi all=attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Laspetto umano, pi che predominante, direi che fondante nel processo decisionale. Personalmente mi trovo pi a mio agio in un processo decisionale basato sulla cooperazione. Tuttavia questo non sempre dato, dipende dal contesto sociale in cui inserito e organizzato tale processo. Laddove esso organizzato in maniera piramidale, voler seguire un modello cooperativo potrebbe essere letto come una sottrazione di responsabilit, con tutte le conseguenze che questo comporterebbe. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti? E in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Se nellesercizio del mio ruolo investo di autorit altre persone chiaro che nella valutazione dei risultati, siano essi positivi o negativi, devo confrontarmi con le mie scelte. 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Cerco sempre di costruire un clima di fiducia.

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6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell=altro per farlo scattare e muovere all=unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Per conoscere gli altri occorre in primo luogo conoscere se stessi. Si pu esprimere la propria forza di convinzione e motivazione solo se siamo in grado di riconoscere le nostre debolezze. Questo credo sia alla base di ogni prospettiva di miglioramento delle potenzialit soggettive e collettive. 7D. C=, al giorno d=oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un=esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. Condivido solo in parte la domanda. I conflitti ci sono sempre stati e ci saranno sempre. Il problema quello di saperli governare e ricomporre, e per fare ci non c

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un pensare corretto o errato, c solo lattitudine al pensare, quindi il sapere costantemente riflettere sul nostro stesso modo di pensare. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Una comunicazione chiara ed efficace necessita condizioni oggettive che siano in grado di garantire il flusso di informazioni. Questa per una condizione necessaria ma non sufficiente. Affinch il flusso di informazioni si produca in reale comunicazione e circolazione delle idee importante stimolare anche le condizioni soggettive, permettere quindi che le persone si possano esprimere liberamente. 9D. I grandi managers sono senz=altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l=operare in un campo dove l=efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. In questa domanda c unenfasi sul ruolo dei grandi managers come buoni maestri e guide di altri uomini. Nella realt sono rari. Nella storia italiana una tale figura me la evoca Adriano Olivetti. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita

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da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz=altro la Lealt, l=Iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Non conosco un modo di trattare gli altri come se non fossero persone. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. Dirigere unassunzione di responsabilit, sono gli altri a riconoscerti come capo. 12D. Secondo Lei l=educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Leducazione una continua acquisizione di rispetto di se stessi e degli altri.

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Note bio-bigliografiche

Nato il 24 dicembre 1944 a Forl. Diploma di Laurea in Fisica nel luglio 1967 presso lUniversit di Bologna. Borsista del Consiglio Nazionale delle Ricerche 1968. Insegnante (1969, 1970) e assistente volontario alla cattedra di elettromagnetismo (1969 1972). Dal 1970.. attivit politica professionale. Dal 1977 al 1985 Assessore al Comune di Bologna (organizzatore degli uffici e gestione del personale). Dal 1985 al 1990 Assessore al Comune di Bologna (innovazione, rapporti con le associazioni economiche, lUniversit ed i Centri di ricerca). Dal 1991 al 1993 Segretario politico della federazione PDS di Bologna. Dal 1993 al 1996 Segretario politico dellUnione regionale del PDS Emilia-Romagna. Dal giugno 96 Presidente della Regione Emilia-Romagna.

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Finito di stampare nel mese di Gennaio 1999 Presso la Tipolitografia De Pasquale Cercola (NA)

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RITA MELILLO:
insegna filosofia teoretica alluniversit Federico II di Napoli, collabora a varie riviste scrivendo prevalentemente su temi di filosofia inglese contemporanea, di etica manageriale, e di filosofia canadese. Tra i suoi libri: I nostri leaders, vol. 1, PPE., AV., 1998; con B. Scopa, Dirigere non solo essere a cacpo! Con presentazione-intervista del Presidente del Senato Nicola Mancino, PPE, AV., 1996; Dialoghi D.O.C. con managers di qualit, con presentazione-intervista del Magnifico Rettore dellUniversit Federico II di Napoli, Prof. Fulvio Tessitore, PPE, AV., 1996 (a cura) Momenti di riflessione sul pensiero di B. Croce, Pro Press Editrice, 1995. Atti della Scuola di Alta Formazione organizzata e diretta per lIstituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, sett-ott. 1994 in Avellino e provincia. Ka-Kanata, Pluralismo filosofico, voll. 2, Pro Press Editrice, Serino (AV), 1990-93; Fuga dalla verit, trad. di G. R. G. Mure, Retreat from Truth, Loffredo, Napoli, 1990; Tra neo-hegelismo e neo-empirismo, Saggio su G. R. G. Mure, SEN, Napoli, 1986.

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