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Filosofia e Management Collana ideata e diretta da Rita Melillo

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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2000
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Ci che noi abbiamo pensato, non per questo mai terminato di pensare: il fatto non mai arido fatto, colpito di sterilit, ma sempre in gestazione, sempre, per adoperare un motto del Leibniz, gros de lavenir. Benedetto Croce

INDICE Prefazione Strategia della saggezza . Il questionario .

p. 9 p. 11 p. 15

Interviste a: On. Gerardo Bianco .. Dott. Giorgio Arcolin .... Senatrice Daria Bonfietti .. On. Francesco DErcole Sindaco Antonio Di Nunno ... Presidente Luis Durnwalder .. Dott. Guido Gay ... Presidente Roberto Formigoni ..

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Prefazione

Dopo varie difficolt anche il terzo volume della collana Filosofia e Management vede finalmente la luce. Come ho gi scritto nelle prefazioni ai primi due volumi (alle quali rimando il lettore per ulteriori informazioni su questa operazione editoriale), non stato per nulla facile convincere le persone che occupano posti di grande responsabilit a rilasciarmi unintervista. Ma pur avendo superato tale impasse brillantemente, perch ho gi potuto raccogliere un numero di interviste tale da riempire parecchi volumi, difficile per le sole risorse finanziarie dellAssociazione Culturale Pro Press Editrice portare avanti loperazione. C, dunque, qualche ritardo, ma meglio tardi che mai! Le caratteristiche del volume sono le stesse dei primi due. Del resto, trattandosi di una collana, tutte le perle devono essere dello stesso tipo. Magari non esattamente delle medesime dimensioni, perch queste possono variare se il caso, come lo sar per il volume in preparazione, che raccoglier le interviste ottenute dagli Italiani che vivono in Canada, i quali ora occupano posti di rilievo in tutti i campi, da quello culturale, a quello religioso, a quello politico, a quello strettamente aziendale. E ritengo sia utile, anche per motivi di facile consultazione dellopera, tenere tutti insieme i personaggi canadesi di origine italiana, come essi preferiscono essere chiamati. Ma di questa vera gemma parleremo ancora e pi ampiamente tra qualche mese. Giudico molto interessante il confronto tra il management degli Italiani in patria e quello degli Italiani allestero.

Passo ai ringraziamenti, sempre doverosi. In primis ringrazio tutti coloro che mi hanno concesso lintervista, naturalmente. Ringrazio, poi, tutti coloro che mi hanno aiutato nei contatti. Ringrazio la dott.ssa Stefania Bolognese per essersi presa cura della noiosa opera di trascrizione delle cassette e della revisione delle bozze. Last but not least ringrazio chi ha trovato le risorse economiche per continuare questa ambiziosa impresa, come la definivo nel primo volume. Ambiziosa ma necessaria, se la consideriamo come noi dellAssociazione la consideriamo uno strumento per la riflessione sul mondo del management utile a trovare la migliore strada per un futuro possibile.

R. M. Perugia, 8 luglio 2000

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Strategia della saggezza


Si parla sempre pi spesso di strategie di mercato, strategie di vendita, strategie di comunicazione, strategie di lotta. Sembra vi sia la convinzione che la parola strategia sia di pertinenza specifica del mondo economico e dellazienda. Infatti, se non si d importanza alle strategie da impiegare per essere competitivi sul mercato che oggi diventato il mercato globale lazienda non regge il confronto con le altre e verr schiacciata, anche perch nel mondo economico non c piet per nessuno: o si bravi e si conquista la fiducia dei clienti, o si muore. Sebbene non apertamente dichiarata, davvero una guerra quotidiana quella che si combatte, una guerra per la sopravvivenza, per aver sempre pi grandi fette di mercato,sempre pi potere economico, e quindi sempre pi potere in assoluto. Tutti sappiamo che le chiavi delle casseforti aprono anche le porte del comando, proprio come successo finora: il mondo in mano ai bianchi perch leconomia in mano ai bianchi. Ora, se noi non decidiamo di dare una mano a diffondere le nuove tecnologie anche ai paesi in cui non ancora si sono sviluppate, questi non potranno mai avere spazio nel mondo che conta. Il discorso a questo punto diventa tanto complesso da non poterlo racchiudere in poche battute, ed molto meglio lasciarlo da parte per unaltra occasione. La guerra un altro campo in ci si usa il termine strategia, perch bisogna averne una per poter sconfiggere il nemico che si ha di fronte, reale o immaginario che sia, chiaro che non possiamo sperare di aver la meglio sul

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lavversario senza averlo studiato attentamente. Ci significa mettersi a tavolino per riflettere. Ecco, dunque, il punto nodale: la strategia non pertinenza di questo o quellaltro campo, del mercato o della guerra, ma di pertinenza del pensiero in quanto tale. Cerco di spiegarmi meglio! Qualsiasi cosa debba fare, per prima cosa dovr riflettere per conoscere la situazione nella quale la mia azione deve inserirsi, dovr conoscere le mie forze, dovr conoscere le forze dellavversario, dovr conoscere quali mezzi ho a disposizione e quali fini voglio raggiungere. Dovr in altre parole saper pianificare. Non intendo dire che potr stabilire nei minimi dettagli tutte le mosse che dovrei compiere, perch nel campo delle cose umane non c possibilit di una previsione assoluta, anche se i migliori strateghi consigliano di esercitarsi a pensare a tutte le mosse che si possono effettivamente compiere. Tutto ci per trovarci pronti a reagire con oculatezza. Napoleone afferma che un bravo generale non improvvisa nulla, deve tutto sottomettere al vaglio dello studio, deve a lungo meditare per decidere per la migliore tattica: non si vince a caso una battaglia, n la guerra. Mi riporta alla mente che i migliori manager consigliano di esercitarsi sempre, perch solo con la pratica continua si possono imparare i trucchi del mestiere. Anche per imparare a giudicare dobbiamo allenarci sin da piccoli: la mente come qualsiasi altro organo, che si rafforza con luso. Nelle sue Massime Napoleone dice: << La scienza militare consiste anzitutto nel calcolare bene tutte le probabilit e poi nel fare esattamente, quasi matematicamente, la parte del caso.

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su questo punto che non bisogna sbagliarsi; un decimo di pi o di meno pu cambiare tutto. Ora questa divisione della conoscenza e del caso non pu che prodursi in una mente geniale perch ce n bisogno ovunque ci sia creazione e, certamente, la pi grande improvvisazione dello spirito umano quella che d esistenza a ci che non lha. Il caso rimane quindi sempre un mistero per gli spiriti mediocri e diviene una realt per gli uomini superiori>>. Si applicato, dunque, il linguaggio del mondo militare a quello dellindustria. Si dice, infatti, capitano dindustria. Se tutto ci da intendersi come maggiore importanza attribuita al gruppo, ben venga. vero che grandi idee, e geniali, le hanno soltanto singoli uomini, sono proprio essi, gli individui cosmico-storici (Hegel) che fanno la storia, ma possono farla perch galvanizzano attorno a s e al proprio progetto molte altre persone. Luomo non fatto per vivere da solo! Direi che la sua caratteristica pi importante di coinvolgere gli altri attorno agli obiettivi comuni, di far s che li sentano come fossero i loro personali progetti. Afferma qualcuno che il manager pu anche non saper fare nulla di specifico, ma basta che sappia conoscere lanimo umano per far lavorare insieme persone diverse, per competenze, per personalit, per obiettivi. Ma, allora, la strategia sar da intendersi come la saggezza, di antica memoria? Quel vecchio comune buon senso che ci guida nelle azioni e ci porta a fare certe scelte piuttosto che altre, a prediligere certi rapporti umani piuttosto che altri, a comportarci in un modo piuttosto che in un altro. Per la verit, la sempre pi ampia avanzata della tecnologia in tutti i campi, o quasi, ci ha portato a gridare

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allo scandalo quando si visto qualche manager indulgere a intrattenere rapporti umani con gli altri; abbiamo gridato allo scandalo perch non c tempo per queste cose: bisogna produrre, produrre, e ancora produrre, non si sa poi per chi e per cosa. La macchina ha avuto e ha la parte della prima donna in ogni posto di lavoro, che diventato davvero un dramma vissuto purtroppo sulla pelle dei lavoratori, che si son visti calcolati alla stessa stregua di strumenti meccanici troppo vecchi,non pi adatti allo scopo e quindi da rimpiazzare quanto prima senza troppi scrupoli. A questo porta la strategia del potere, come lho chiamata, la strategia di chi vuole sempre pi soldi per dominare gli altri: la strategia di chi vuole prendere dagli altri, non di chi vuole, invece, dare il meglio delle sue capacit per creare un clima di collaborazione piuttosto che di sterile competizione. Certo, nella dose giusta anche la competizione ingrediente positivo, perch rappresenta quel che ci porta a migliorare la nostra prestazione per superare quella di altri. Tuttavia, quando da pungolo interiore a perfezionarci si trasforma in distruzione dellavversario, la competizione diventa negativa e limitante. come laggressivit, che nella giusta dose necessaria in quanto funge da adrenalina per la nostra azione, diventa negativa e distruttiva quando si trasforma in violenza. A mio avviso la strategia della macchina, non dico che ha fatto il suo tempo, ma dico che assolutamente non ha messo fuori gioco il manager umano, anzi ne sottolinea ancor pi la necessit. Allinizio del terzo millennio da tutto quanto sta succedendo dentro e attorno a noi dobbiamo ammettere che quelle doti di umanit, che sono state

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considerate inadeguate ormai ad affrontare il futuro, sono invece proprio le doti che maggiormente possono garantire un futuro per lumanit intera, e possono prepararci a prediligere il management come servizio. Qualcuno negli ultimi anni ha sostenuto che la curva desperienza per quanto concerne la strategia, di mercato naturalmente, non pi adeguata alla nuova situazione di un mondo della produzione altamente informatizzato. Curva desperienza, come tutti sanno, significa che unazienda produce un determinato prodotto a basso costo quanto pi alta la sua esperienza nel produrlo, rispetto ad unazienda che non ha esperienza nel settore e quindi spende di pi per produrre lo stesso oggetto. Questottica stata stata sovvertita dalla tecnologia. Nel campo delle cose umane, invece, la situazione esattamente agli antipodi, nel senso che quanto pi profonda lesperienza che si possiede tanto meglio . Quanto pi il management conosce lanimo umano tanto meglio riesce a governarlo. In questo campo si applica molto bene la curva desperienza, perch pi abbiamo esperienza nel trattare con le persone, pi abbiamo possibilit di successo nel proporre una strategia ed avere il loro consenso. I rapporti umani sono tenuti insieme da fili delicatissimi, che per rafforzarsi e diventare legami solidi devono essere sorretti da regole precise. Le regole la fanno da padrone in tutte le nostre manifestazioni, anche nel gioco che ad un esame superficiale pu sembrare lattivit del libero sfogo delle nostre pulsioni. Infatti, mai come nel gioco le regole sono importanti, perch senza di esse non potremmo avere alcun gioco. Si pu giocare a carte, senza regole?, o a pallone?. O a scacchi? Evidentemente no! La nostra mente funziona in

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base a determinate regole, che sono uguali per tutti, e quindi permettono la comunicazione tra gli esseri umani, e la fruizione dellarte. C il ritmo biologico che tipico per ognuno di noi, e c il ritmo del pensiero, potremmo dire cos. Qualche filosofo (Kant) ha addirittura sostenuto che il pensiero che d le sue regole al mondo esterno. La realt, infatti, non mai neutra, sempre realt rivissuta dentro un io particolare, per cui realt interiore di un individuo. Ma non voglio fare una disquisizione filosofica, a questo punto. Voglio soltanto sottolineare che ogni pensiero che si produce nella nostra mente, per nascere e svilupparsi, deve seguire delle regole ben precise. Deve essere radicato nella realt particolare, ma deve anche sapersi elevare al di sopra delle piccinerie per proiettarsi su orizzonti di universalit: vi il grande gioco del pensiero. Dunque, la naturale conclusione di tutto ci che occorre la strategia della saggezza!

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Il questionario

1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi?

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5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto

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questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine e abilit? 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza?

Il questionario costituito da 12 domande che non sono fatte a caso, bens ognuna tocca un punto fondamentale del management. Qualche domanda non specifica di questo campo, perch potrebbe stare benissimo in un contesto di cultura generale. Ma a mio modesto avviso di primaria importanza tastare il polso alla preparazione del manager non solo nel suo settore: dal suo background culturale dipende la sua apertura verso laltro, verso i problemi, verso il nuovo, ed una reazione importante la sua, che pu condizionare le scelte di tutto il gruppo che dirige.

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Perci, si spiega anche la domanda sulle qualit che egli deve possedere. Da esse regolato il tipo di rapporto che riesce ad instaurare con i collaboratori. Per stabilire un buon rapporto di fondamentale importanza il ruolo che si attribuisce alla comunicazione, che per essere efficace deve essere chiara, concisa, nelle due direzioni. Se manca non c spirito di corpo: per comunicare intendo sia il dialogo con gli altri, sia il dialogo con s stessi, che presupponela capacit di mettersi in discussione, espressione di grande umilt, che il segno inequivocabile di equilibrio interiore e, dunque, di grandi doti manageriali. Anche un uomo piccolo e sparuto pu dirigere dei giganti, a patto che abbia una spiccata sensibilit per stabilire con essi innanzitutto un contatto positivo e poi un ottimo rapporto di comunicazione.La domanda sui conflitti stata quella che ha causato pi perplessit, addirittura qualcuno non solo non lha condivisa il che sarebbe pi che normale, e mi sarebbe piaciuto molto, perch non amo lappiattimento -, ma neanche compresa. Insomma, ha causato conflitti. Indispensabile mi sembra la domanda sul modello da seguire nei rapporti interpersonali al fine di sondare la preparazione del manager nelle Relazioni Pubbliche, che fondamentale perch pu appianare tutte le situazioni di malcontento. Bisogna ricordarsi che ognuno di noi vuole essere considerato importante ed unottima regola per il manager di dare tutta la sua attenzione alla persona che in quel momento ha di fronte. Per ottenere tale risultato normale che il manager degno del nome abbia alle spalle un lungo tirocinio di riflessione sulle sue potenzialit, in caso

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contrario non pu aiutare gli altri a migliorarsi. Egli per primo deve dare lesempio. Si spiegano, dunque, le domande sulla capacit maieutica che mette il manager in stretta connessione col filosofo. Larte del manager proprio quella di sapersi inventare ogni giorno di nuovo, solo cos non perde il suo entusiasmo per ci che fa e riesce anche a trasmetterlo a coloro che lavorano con lui. La scienza riguarda la preparazione specifica che non deve mancare, ma non deve essere soverchia, nel senso che sicuramente il manager deve conoscere a fondo tutti i mezzi che lodierna tecnologia mette a sua disposizione, per potersi costruire una radicata personalit sul piano professionale, ma deve perch non pu dimenticare che lelemento umano per i fini che egli si propone di gran lunga prioritario su tutto il resto. Insomma, siamo uomini o caporali?

N. B. Tutti i managers che vogliono rispondere alle domande, perch desiderosi di collaborare a questa indagine sul management in Italia, possono spedire le loro risposte allindirizzo dellAssociazione Pro Press Editrice. Sar infinitamente grata per laiuto a realizzare una convivenza pi armoniosa e saggia, a vantaggio delle future generazioni. Sforzandoci a costruire un mondo migliore! E che finalmente non sia soltanto uno slogan.

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Intervista allon. Gerardo Bianco


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. E' una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Questa affermazione , almeno in parte, vera, nel senso che il manager deve avere una capacit inventiva e di soluzione dei problemi, che spesso nasce da un acume particolare, e direi anche da una vera e propria creativit. La formazione scientifica una componente indispensabile: egli deve conoscere i meccanismi dell'economia, per non mi sentirei di dire che deve essere, nello stesso tempo, artista e scienziato, in quanto queste due figure hanno statuti e logiche particolari. Posso dire, piuttosto, che il manager qualcosa di originale anche rispetto allo scienziato e all'artista. Molte volte lo scienziato concentrato completamente sulla ricerca del metodo per raggiungere determinati risultati e la sua concentrazione lo porta ad essere astratto e lontano dalla realt, mentre il manager tiene sempre presente la realt. Se devo fare un paragone, direi che il manager uno specifico che ha qualcosa in comune con il politico, il quale non a caso viene definito "manager", termine che noi prendiamo in prestito dal linguaggio anglo-americano e che

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mette in evidenza la capacit di amalgamare vari elementi, come ad esempio l'organizzazione e la capacit di gestione. Una figura pi vicina al significato del termine inglese l'imprenditore. Non bisogna lasciarsi fuorviare dal fatto che il manager ha degli elementi specifici per cui, poi, si dice che mette insieme arte e scienza. Mette in comune questi vari elementi, ma fondamentale la conoscenza delle risorse umane e quindi la capacit di intuire gli uomini, capacit che non si apprende attraverso l'arte o la scienza. Perci ho fatto il paragone col politico che, generalmente, ha delle conoscenze varie, anche se a volte non approfondite, ma tutte insieme rappresentano un'unicum. Analogamente definirei il manager, che un organizzatore di fattori umani. La politica ha una sua specificit, per non un caso che, soprattutto nelle societ pi aperte, si assiste ad una sorta di trasmigrazione fra la funzione di manager e l'attivit politica e viceversa: nelle societ americane, quest'interscambio frequente. 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. In parte ho gi risposto, avendo sottolineato l'importanza del rapporto che il manager ha con i propri uomini e

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della sua capacit organizzativa. Da questo punto di vista, credo che bisogna utilizzare anche la scienza, ma ci non basta, perch spesso la freddezza delle regole pu diventare un elemento di freno invece che un elemento di creativit. Dipende dalla genialit del manager saper utilizzare questi fattori e creare le condizioni di competitivit che non diventino rissa: molte volte una competizione eccessiva pu portare a creare delle forme di ostacolo al lavoro comune. Il manager deve avere la capacit di creare la cooperazione all'interno del gruppo. 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Si sta dimostrando sempre pi fondamentale una gestione di tipo cooperativo, l'unico problema il saper trovare la misura giusta. Nelle grandi strutture, come per esempio le multinazionali, si pone anche il problema della dimensione e, quindi, dell'autonomia e del decentramento: il discorso diventa molto pi complesso. In alcune realt, necessario partire con una linea un p pi dura come quella gerarchica. Secondo me, si deve tener conto dei vari stadi: durante lo stadio "maturo", nel quale la professionalit prevalente, il sistema dell'organizzazione e della cooperazione essenziale; negli stadi iniziali pu essere usata maggiore durezza, ma non deve essere il metodo definitivo.

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4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Secondo me il manager come il generale, se perde la guerra la colpa sua, perch non ha saputo scegliere gli uomini giusti. importante la responsabilit piena e totale, anche in queste forme di collaborazione. 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Fondamentale il fattore umano, il manager deve conoscere i suoi uomini e deve essere in grado di guidarli e di orientarli. Io credo molto all'importanza delle conferenze di lavoro, in modo particolare alla discussione comune, durante la quale anche chi ha pieno potere espone i propri convincimenti, e ascoltando anche le altre opinioni autocorregge le proprie. Il problema fondamentale resta quello dell'aggiornamento. Vi sono esigenze di innovazione soprattutto in campo finanziario, che un settore che il manager deve conoscere, ma che non pu conoscere mai completamente. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno

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in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. La risposta gi contenuta nelle affermazioni, in cui vi sono dei paradossi, come quello che il manager che riesce a farsi capire con un semplice cenno degli occhi, sia il top. Preferisco il modello antico dell'autorit, che viene esercitata senza doverla manifestare, con la semplice presenza, cio riesce ad esprimersi anche senza gesti clamorosi. Aggiungo che qui, secondo me, manca un elemento fondamentale: il manager, in qualche maniera, deve avere una fede, un senso particolare del mondo e una percezione particolare delle sue responsabilit. Da questo punto di vista sono legato alla visione di Max Weber, secondo cui dietro i grandi sviluppi economici e industriali, c' anche una visione generale della vita. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o

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meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. chiaro che la competizione un elemento fondamentale dello sviluppo della realt industriale di un paese e, quindi, anche delle singole aziende. C' un elemento di tensione, che, in alcuni casi, pu portare ad essere nevrotici, ma, secondo me, questo non l'aspetto fondamentale. Il manager deve saper conservare la propria seriet e la propria calma affrontando i problemi difficili. Se guidato da una razionalit sicura e da una fede forte, supera anche gli elementi di nevroticit. Questo non vuol dire che non vi siano momenti di tensione, ma, nella situazione attuale, il nervosismo anche indotto dai mass media e attraverso questa specie di guerra che sembra non avere limiti e confini. Io intendo la fede vichianamente, cio come qualcosa che va al di l di una visione materialistica delle cose. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Quello della comunicazione uno dei problemi pi delicati oggi, anche per la mancanza di un'adeguata preparazione culturale. Basti pensare al problema dei cosiddetti rapporti scritti che, non solo in Italia ma anche in America e in Inghilterra, sono fatti con grande difficolt anche da gente esperta, ma che non in grado di fare un riassunto con tutti i fattori raccolti all'interno di un promemoria: un promemoria linguisticamente corretto, pare che sia diventato

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difficile. La diffusione del basic english una forma di limitazione perch consente una facile comunicazione, ma non consente la vera espressione. Perci, questo settore andrebbe curato di pi, e qui emerge l'importanza della cultura tout-court, non soltanto della cultura specifica: all'arte e alla scienza, potrei dire scherzosamente, andrebbe aggiunta anche la letteratura. 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Io non posso rispondere perch non possiedo un'impresa, posso solo ripetere che questi principi giustamente reclamati, come la puntualit e l'efficienza, sono valori che rappresentano senz'altro degli elementi importanti; l'altra caratteristica fondamentale la parola data. Io che appartengo alla cultura contadina, ricordo sempre con grande passione la famosa stretta di mano di due persone che senza possedere carte, prendevano un impegno. Secondo me, il rispetto della parola data alla base della civilt e, quindi, anche alla base del mercato. Oggi, purtroppo, nella competitivit assoluta, spesso subentrano trucchi che possono anche dare vantaggi immediati, ma, prima o poi, creano degli effetti negativi. Io aggiungerei un altro elemento fondamentale, la trasparenza. A questo proposito, sono stati

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fatti molti passi avanti, ma il controllo deve essere sempre molto vigile. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Se dovessi stabilire una sorta di priorit, direi senz'altro la lealt, perch la premessa indispensabile per trattare gli altri come persone. Naturalmente, bisogna dare per scontato che vi sia anche una capacit organizzativa e, quindi, l'iniziativa. chiaro che il manager deve avere anche alcune qualit che sono proprie degli operatori, cio una certa determinazione a portare avanti il lavoro che, a volte, pu essere durezza, quando serve a raggiungere determinati obiettivi: l'importante che la durezza non diventi mai arroganza. un p come l'ostetrico che fa partorire col taglio cesareo: sa che la sofferenza produce qualcosa di positivo. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine e abilit?

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11R. Io personalmente non credo che diriga bene chi si sente capo, piuttosto, dirige bene chi si sente capo ma, nello stesso tempo, a servizio degli altri. Ritengo, perci, che siano estremamente intelligenti i manager che introducono i loro figli non direttamente nel consiglio di amministrazione, ma nei rami pi bassi delle fabbriche: il migliore sempre quello che proviene da un lungo itinera-rio, che conosce i vari gradi e fa un percorso ascendente, non discendente, cio sale dal basso verso lalto. 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. L'educazione un costume e il frutto di una cultura profonda. chiaro che ognuno pu avere delle pause, ma, non esiste l'educazione come obiettivo, piuttosto, pu essere accresciuta ogni giorno. un habitus che ognuno di noi deve vestire per non presentarsi nudo, in ogni momento della propria vita.

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Note bio-bibliografiche
Nato a Guardia dei Lombardi (AV) nel 1931. Laureato in Lettere, dopo vari anni spesi nel campo educativo, nel 1968, nel 72, nel 76, e nel 79 viene eletto deputato DC. Dal 1979 all83 presidente del gruppo DC al Parlamento. Dal 1987 al 90 vice-presidente alla Camera dei Deputati. Nel 1990-91 Ministro della Istruzione Pubblica. Nel 1994 viene eletto deputato europeo. Ha pubblicato vari saggi su Aculeo, Marrone, Sallustio, e Virgilio.

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Intervista al dott. Giorgio Arcolin


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Pacifico per la scienza, non so per se sia arte o esperienza il buon uso della preparazione specialistica per essere, non tanto efficienti (cio apparire), quanto efficaci sul piano operativo. 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. Il buon artigiano gli attrezzi adatti se li costruiva da solo, una volta, ora li acquista bel che pronti. Il manager ha ancora il gran vantaggio di farseli ad hoc, avendo come riferimento un'enorme letteratura, in quest'opera aiutato

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dai propri collaboratori, che sono uomini e non rotelline, lo dice anche il buon Peter. 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. A seconda dei casi. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Il pi delle volte il merito di tutti, trattandosi di lavoro di gruppo, altrimenti vi la soluzione di cui al punto 6), naturalmente sono possibili delle varianti. La responsabilit solo del capo, per l'esterno, all'interno del gruppo il discorso si complica un p, ma tutto serve. 5D. Conosce i suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Da un essere umano, che cosa ci si pu attendere? Lo si accontenti in tutto, gli si dia il lavoro pi consono alle

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sue capacit ed a lui pi grato, la scrivania lontana dall'aria del condizionatore, il tempo per prendere l'autobus che passa prima, l'aumento di paga che ha chiesto, le ferie quando le vuole, le ore straordinarie quando disposto lui non quando sono necessarie all'azienda; ebbene, a questo stesso punto, proprio lo stesso essere umano ti giocher un brutto tiro; ringrazio F. M. Dostojveskij che mi ha passato il pensiero e qualche parola ed a lei dico: si deve fare al meglio, se ti va bene sei un bravo manager, ma attenti alle ingiustizie, anche aiutare troppo qualcuno ingiusto. L. N. Tolstoj ci ha insegnato qualcosa. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Fai in modo, ad arte, che i tuoi collaboratori facciano loro le tue idee ed aiutali a realizzarle prendendosene tutto il merito. Serve tanto!

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7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio dall'impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. Basta non perdere di vista l'obiettivo. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Banalit quotidiane sulle quali per ogni manager potrebbe scrivere il suo bravo libro. 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. A parte il "grande" (che non mi riguarda perch vale solo per poche decine di uomini negli ultimi cinquant'anni in Italia), sono buoni manager quelli che lasciano la propria impronta per qualche tempo dopo la loro uscita dalla scena. Ho visto rivoluzioni organizzative lampo dopo la partenza di un capo, fatte per dimenticarlo proprio, cancellarlo,

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non lasciare traccia del suo passaggio (talvolta sono state rimosse anche le cose buone pur di scordarlo). Per questo molti tagliano i ponti, preferendo ignorare se dopo di loro ci sia il "diluvio". Personalmente sono stato fortunato e mi d grande soddisfazione nel vedere che la strada da me tracciata viene seguita e sviluppata con soluzioni intelligenti, abili, professionali. La crescita interiore; difficile parlarne in due parole, ognuno cresce o crede di crescere, importante non essere straziati dai rimpianti o peggio ancora dal rimorso. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Le qualit di un manager sono soggette a fluttuazione (come la borsa o i cambi); si viene tagliati fuori facilmente se si eccelle in alcune a discapito di altre, bisogna contemperare. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit?

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11R. Se lei si riferisce alle imprese private per lo pi vige una sorta di eliminazione naturale, quindi senza le qualit di cui al punto precedente non si pu fare il manager. 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Ho 70 anni e sto imparando, del resto meglio viaggiare pieni di speranza, come diceva il caro e parsimonioso R. L. Stevenson, quanto ad arrivare c' sempre tempo, a Dio piacendo.

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Note bio-bibliografiche
Nato a Venezia 70 anni fa. Da sempre opera nellindustria dellospitalit; prima a bottega, per imparare il mestiere; poi nellhead office di una catena alberghiera internazionale, con sede in Italia, 1600 dipendenti. Per 15 anni ne stato il Capo Personale e poi, per altrettanti, il Direttore Organizzazione e Controllo Gestione. Attualmente, in quiescenza, studia lo sviluppo dei modelli applicativi del controllo di gestione, sporadicamente d consulenze e fa qualche conferenza.

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Intervista alla senatrice Daria Bonfietti


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. E' una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Non so fino a che punto sento di condividere questa definizione, di sicuro non so se inventarsi sia la dimensione pi idonea del manager, certamente deve avere lelasticit e la preparazione necessaria per riuscire a risolvere, con i mezzi a disposizione, i problemi che ha di fronte. 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. Credo proprio che la definizione di Peter Drucher sia molto corretta : il manager deve tener sempre presente che tra i mezzi che ha a disposizione vi sono, appunto, gli esseri

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umani. La capacit di fare interagire le diverse potenzialit dei propri collaboratori di fondamentale importanza. 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Penso anchio che sia indispensabile lautorevolezza e la grande professionalit del manager: solo a queste condizioni pu seguire, nei suoi rapporti interpersonali, un modello a cerchio basato sulla cooperazione, che , a mio avviso, lunico in grado di indurre anche nei collaboratori uno sforzo personale vero ed efficace, poich ne esalta le potenzialit. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Devo precisare che noi siamo delle particolari figure di manager, io faccio fatica a sentirmi investita di questo ruolo. Devo anche aggiungere che mi sento sempre responsabile dei risultati raggiunti, nel bene e nel male, poich non v dubbio che i nostri collaboratori ci aiutano nel dispiegare le nostre attivit politiche, ci sono di supporto nel

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reperimento e nellelaborazione di dati e, quindi, nella possibilit di effettuare il nostro lavoro con maggiore celerit. Ma, pur vero che, poi, le decisioni e le prese di posizione rispetto ad esempio a emendamenti o a disegni di legge, sono molto personali e legate alla nostra volont politica. 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Le presone che collaborano con me le conosco molto bene nelle loro capacit, nelle loro peculiarit e nella loro disponibilit. Credo di essere riuscita ad assegnare loro il ruolo per il quale sono pi preparati, in ogni caso, fa parte della mia natura cercare di aiutare, se c bisogno, per portare tutti al raggiungimento dei risultati migliori. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in

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proposito. 6R. Credo che lautorevolezza sia una delle caratteristica che il manager deve assolutamente avere, il che non significa imporre le decisioni con autorit o con la forza, ma la capacit di far interagire e collaborare tutte le persone che lavorano con lui in modo da estrarre da tutti il meglio, perch ogni persona, messa nelle condizioni ottimali ha delle qualit da far emergere, indipendentemente dal ruolo di comando che qualcuno pu esercitare su di lui. Credo che, (anche in questo ruolo non mi ritrovo ) questi meccanismi scattino pure in noi nei confronti dei collaboratori. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. Credo che sia sempre molto complesso e difficile far lavorare delle persone insieme e, quindi che siano di fondamentale importanza le relazioni che si instaurano fra di loro, in modo da limitare al massimo il sorgere di conflitti. Le conflittualit inevitabilmente sorgono, sia per motivi economici, sia per le posizioni diverse che hanno allinterno del settore nel quale sono inseriti, ma anche per le differenze che esistono a livello sociale. Di conseguenza, necessario innanzitutto cercare di cooperare perch la finalit lobiettivo principale, pur rispettando tutte le individualit

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e, semmai, cercando di far crescere in loro la capacit di autocoscienza e la capacit di gestire i problemi che via via si devono risolvere. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Con i collaboratori che mi affiancano vi un attimo rapporto di fiducia e di stima reciproca. Noto una loro volont di essere disponibili, sono dotati di una capacit di rapportarsi agli altri, cio gli utenti che di volta in volta si rivolgono a noi con domande, con esigenze, col bisogno di vedere risolte alcune problematiche: i rapporti che riescono ad instaurare sono sempre molto corretti. A me pare che funzionino nel migliore dei modi. 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Credo che il manager possa essere guida per altri uomini, ci dipende dalla sua autorevolezza, dalla sua sensibilit e delle sue qualit, il riuscire a creare intorno a s un insieme di persone che operino per raggiungere determinate finalit. Lessere in un certo modo induce anche in

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coloro che ci circondano un determinato comportamento. Per esempio, se il manager abituato a compiere delle attivit ai limiti della legalit o addirittura illegali, evidente che anche i suoi sottoposti, per dovere rappresentare queste idealit, non possono che essere anche loro moralmente ed eticamente scorretti. Io credo che quello che si chiede, si rispecchia immediatamente nei propri collaboratori, che sono quello che il manager vuole che essi siano e un p anche quello che egli stesso. Se egli stesso ha unetica di comportamento onesta e corretta, che una caratteristica indispensabile per luomo politico, la trasmette anche ai suoi collaboratori. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Sicuramente la lealt nel senso pi ampio, anche lonest intellettuale, e leticit di comportamento, che deve contraddistinguere chiunque e maggiormente le persone che hanno dei sottoposti che dipendono dalle proprie scelte e a cui danno lesempio. Ovviamente, prediligo le capacit personali

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di trattare con gli altri, liniziativa, la grinta, e il saper rispondere delle proprie responsabilit e delle proprie convinzioni ideali e politiche. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine e abilit? 11R. In parte ho gi risposto a questa domanda, comunque, di sicuro non credo che la funzione del dirigere sia quella di essere a capo, piuttosto la funzione di chi, in un determinato momento storico, responsabile di una certa attivit. Secondo me, dirigere, e quindi riuscire a far funzionare un gruppo, implica unabilit chiara e precisa per il raggiungimento di certi scopi, cio qualit che non sono limitabili al ruolo nominalistico. 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Leducazione non pu mai essere una tappa, perch noi esseri umani siamo costituiti da un insieme di fattori che ci vengono messi dentro dal primo giorno in cui siamo comparsi sulla terra e, credo, fino allultimo. Leducazione e limparare sono processi continui. Infatti luomo acquisisce sempre maggiori conoscenze, informazioni ed elementi, anche a livello etico. Anche rispetto al perseguimento dei propri obiettivi si pu cambiare, ma leducazione, il comprendere e il capire sono meccanismi che possono migliorare di giorno in giorno.

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Note bio-bibliografiche
Nata il 5 luglio 1945 a Mantova, residente a Bologna. Insegnante. Eletta nel Collegio di Imola (Emilia Romagna) il 21 aprile 1996, proclamata il 27 aprile 96, convalidata il 20 novembre 1997. Dal 3005-96 al 21-07-98 e dal 22-07-98 membro della Commissione Permanente Giustizia; dal 27-09-96 membro della Commissione dinchiesta sul territorio in Italia. Nel 98 membro della Commissione parlamentare per linfanzia. Dal 9-10-96 Segretario della Commissione dinchiesta sul territorio in Italia. Dal 12-05-96 al 23-02-98 membro del Gruppo Sinistra Democratica-lUlivo. Dal 24-02-98 membro del Gruppo Democratici di Sinistra.

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Intervista allon. Francesco DErcole


1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. E' una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Credo di poter condividere in larga parte la definizione che viene data nella domanda, perch non vi dubbio che il manager debba possedere una sufficiente fantasia artistica. Ma questa deve essere contemperata dalla razionalit della scienza, altrimenti non riuscirebbe a trovare, come invece deve trovare, di volta in volta, le soluzioni necessarie per affrontare i problemi che si incontrano. Ci perch chi dirige, in genere, deve proporre sempre qualcosa di nuovo, non un esecutore. Anzi un inventore della realizzazione! Chi si propone come tale deve, per, avere una sufficiente fantasia e la deve imbrigliare allinterno di una logica razionale. Indubbiamente di cattivo gusto pensare che gli uomini debbano diventare strumenti, sia pure nobili strumenti, per la realizzazione di unopera. Tuttavia, innegabile che il dirigente, il manager debba utilizzare appunto gli uomini, e la massima capacit si esprime nellutilizzare adeguatamente lattitudine degli uomini che ha a disposizione. Il manager deve usarli come persone,

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deve indagare nel loro animo affinch ne possa ricavare i risultati umani maggiori, cio pi rispondenti allobiettivo che si posto. ovvio che non possono essere delle macchine gli uomini, ma debbono essere utilizzati secondo le loro attitudini, le loro inclinazioni e deve essere il manager a comprendere, ad indagare, a verificare che quelle componenti umane possono essere conformi al progetto che si propone. 2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. In realt il manager deve essere capace di indagare nellanimo dei suoi uomini, per ottenere dai suoi collaboratori il massimo che pu ottenere conoscendo le inclinazioni, le attitudini: Tuttavia, questo non esclude che vi possa essere nella scelta operativa di un manager la preferenza per una organizzazione di tipo gerarchico-piramidale. 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato

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sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Io sono convinto che non vi sia una contraddizione tra la collaborazione e lorganizzazione piramidale. Debbono lavorare in sinergia ma necessario che vi sia luna e laltra, che vi sia questo concatenamento tra la base ed un vertice, che comunque deve decidere, perch lorganizzazione a cerchio, come viene definita nella domanda, mi d limpressione di quelle situazioni nelle quali tutti sono responsabili di tutto e nessuno responsabile di niente. Io sono convinto che nella societ, cos come nel privato, necessario che vi sia il titolare dellazione e quindi il titolare delle responsabilit. Con lorganizzazione piramidale mi sembra che tutto questo sia pi agevole da individuare. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Personalmente opto per la soluzione di tipo piramidale. Sono altrettanto convinto che il vertice di questa piramide sia sempre responsabile dei risultati raggiunti perch ha la possibilit di rimuovere quegli ostacoli che si frappongono al conseguimento dei risultati. Questa piramidalit del management comporta anche una delega di funzioni, ma sono deleghe sulle quali il dirigente, il capo se vogliamo, ha una diretta incidenza e quando questa delega non dovesse funzionare secondo gli obiettivi che si propone in grado di

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rimuoverla. Ecco perch ritengo che comunque la responsabilit debba essere sempre individuata nel vertice dellorganizzazione. 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Come ho gi detto in una delle risposte precedenti, il manager deve impegnarsi a conoscere i suoi collaboratori. Vorrei sottolineare alla sua attenzione che pur preferendo io il modello a piramide non uso il termine di dipendenti, come sarebbe pi adeguato in una tradizionale concezione verticistica, bens di collaboratori, come si usa nel linguaggio pi moderno, espressione di una concezione a cerchio basata sulla cooperazione. Ci perch credo fondamentalmente nel valore dellessere umano come tale, al di l delle cariche specifiche che a volte ci dividono: ma il nostro sforzo deve essere sempre per la collaborazione e perci mi adopero per quanto in mio potere di aiutare tutti a raggiungere traguardi sempre pi alti. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il

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proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Sicuramente, nel mondo militare subito si pu vedere correre i propri subalterni di fronte ad un ordine impartito, perch c la paura della punizione in caso di mancata esecuzione. Ma non a tale ambiente che lei si riferisce. Credo di essere nel giusto affermando che con una bella immagine plastica (che pu suscitare anche il sorriso) lei voglia porre in evidenza che se opportunamente motivato anche il dipendente pi svogliato si trasforma in un valido e propositivo collaboratore. Vede, in questo modo mi d loccasione di ripetere quando gi detto sulla necessit che il manager si impegni a conoscere i suoi uomini. Infatti, solo se li conosce pu toccare in essi quelle corde che maggiormente sono in grado di far pressione sulla loro sfera emotiva per orientare in un certo modo la risposta. Certo, bisogna tener conto del fatto che non si possono fare miracoli e non si possono imporre i cambiamenti soprattutto in un ambiente di lavoro dove si giunti da poco: bisogna dare il tempo al tempo, come si suol dire. Ricordo, infatti, (naturalmente, facendo leva anche su adeguati corsi di aggiornamento) a raggiungere

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livelli di efficienza mai raggiunti prima. 7D. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. Non vi dubbio che il collasso economico causato spesso da numerosi fattori, ma nel nostro caso il Italia, un fattore che sempre stato determinante quello di una guida politica assolutamente inadeguata alle nostre esigenze. Come si sa la politica determinante ai fini dello sviluppo economico. Se si sia applicato il pensiero sbagliato o si sia applicato tardivamente quello corretto, questo un dilemma che poi non porterebbe da nessuna parte. La verit che anche quando si applica quello corretto sostanzialmente si applicato quello sbagliato. Voglio dire che anche applichiamo tardivamente quello corretto non possiamo evitare i danni che ci ha procurato lapplicazione del pensiero sbagliato. Ed allora io sono convinto che noi per tanti anni siamo stati guidati da un pensiero sbagliato: faccio questa analisi perch mi ricordo sempre delle gravissime ammissioni fatte da Luciano Lama al Congresso della CGL del 1979. Nel corso del quale praticamente vi fu una sostanziale inversione di tendenze del sindacato rispetto al rivendicazionismo esasperato che aveva portato sicuramente a un miglioramento dal punto di vista economico di certe fasce, di certi settori, ma ad danno complessivo delleconomia

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molto evidente e vistoso che aveva spinto Lama a dire: <<Cari compagni abbiamo sbagliato tutto, torniamo indietro>>. Effettivamente quello stato uno degli episodi di cui la storia non pu tenere conto, ma nel corso del tempo poi se ne sono verificati tantissimi altri; non ultimo il fatto che oggi assistiamo ad una collocazione di quello che stato il tradizionale partito della sinistra italiano lex partito comunista oggi partito democratico della sinistra, che esprime delle posizioni sostanzialmente di destra, che interpreta il proprio messaggio politico partendo da basi che non sono pi di quelle della sinistra. Naturalmente, tutto questo non si traduce in una azione politica per il semplice fatto che il governo ancora determinato da estremismi della sinistra estrema, perci di tipo comunista. Quindi, ancora una volta siamo determinati da un pensiero sbagliato. Stavamo, a mio modo di vedere ovviamente, avviandoci su una strada di correzione della rotta con un governo di centro destar, che aveva imboccato una strada sia pure molto tardivamente per quelle che erano le nostre possibilit che probabilmente in un termine ci avrebbe portato ad un miglioramento della situazione. Per, siamo adesso ritornati indietro e di questo passo io credo che, se non c una presa di coscienza della gente, difficile che si riesca a risolvere i problemi Il nostro collasso economico nasce dalle politiche fiscali sbagliate. Le leggi economiche sono leggi ineludibili. Ci hanno insegnato alluniversit che quando la pressione fiscale supera un certo limite non produce pi aumento delle entrate per lo Stato, ma produce una diminuzione delle

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entrate e una diminuzione della ricchezza in senso complessivo. Noi riteniamo che si dovrebbe invertire questa tendenza: invece di aumentare la pressione dovremmo consentire di allargare la base imponibile. La base imponibile si pu allargare se c maggiore sviluppo, maggiore sviluppo lo si pu ottenere se si cerca di defiscalizzare, di allentare la pressione fiscale contributiva. Cio siamo in presenza, a mio avviso, ancora di un pensiero sbagliato. Ci auguriamo che questa tendenza possa modificarsi.

8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Ma questo deve avvenire nellambito di quella collaborazione che pure necessaria tra vertice e base. Io ritengo che ci sia la necessit di parlarsi sempre. Siccome i problemi sono quotidiani, necessario avere un momento di riflessione comune. Questo, per quanto mi riguarda, credo che avvenga abbastanza di frequente. Comunque, avviene in ogni circostanza nella quale necessario che una decisione di un certo rilievo sia adottata. Nessuna decisione di questo tipo, almeno per quanto mi riguarda, pu essere adottata senza una consultazione complessiva delle varie componenti dirigenziali. Ecco perch credo che non solo la comunicazione, ma proprio lo scambio delle informazioni sia un fatto indispensabile proprio perch le soluzioni che poi si adottano sia no le pi adeguate. 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e

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guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Certamente, credo che un manager debba porsi come guida in tutti i sensi a chi gli sta intorno, come modello. Se questo vero, sono certo vi siano come ovvio per il manager obblighi pi stringenti, che lo costringono ad un comportamento che sia veramente di esempio nei confronti dei proprio collaboratori e che possa anche essere un modello di vita interiore, di comportamenti non soltanto professionali voglio dire, ma anche di rapporti, di capacit di verifica della interiorit degli altri che si deve avvertire in ogni momento, in ogni tipo di rapporto. In ogni circostanza ci deve essere la sensazione per chi gli sta attorno di avere al proprio vertice una persona capace di comprendere. E quando da parte dei collaboratori vi questa convinzione che il proprio superiore, il proprio manager uomo capace di atteggiamenti di questo genere, allora io credo che per il manager nasca quel carisma, quella potenzialit direzionale che non rientra n nella professionalit in s e per S, n nel grado in s e per s, ma proprio nella umanit, nella capacit intrinseca di un uomo di porsi al di sopra degli altri senza per questo imporsi al di sopra degli altri. Per la verit, credo di essermi sempre comportato in un

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certo modo. Dove certe regole andavano rispettate,ho cercato di trasferire nel mio lavoro questo tipo di convinzione, ma non sono stato mai ossessionato dal rigorismo formale, perch il rigorismo formale un fatto che attiene pi a un atteggiamento militaresco che a un atteggiamento di efficienza della pubblica amministrazione. Io credo di avere dai miei collaboratori il risultato. Naturalmente, anche le regole devono essere rispettate, per senza che questo diventi un fatto eccessivo. Faccio un esempio: non mi sono mai lascito prendere dallira se un dipendente arrivato con 5 minuti di ritardo in ufficio. Se la cosa si ripete nel tempo, cerco di far comprendere a questa persona che necessario, anche nel reciproco rispetto verso gli altri colleghi, verso la gente, gli utenti dellufficio, essere puntuali in ufficio. Tuttavia, sicuramente non questa la cosa che mi porta a giudicare e a valutare una persona, perci ritengo molto pi utile prendere coscienza dei risultati che questa mi offre.

10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la lealt, l'iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige?

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10R. Credo che la risposta precedente comprende anche gran parte della risposta a questa domanda. Quanto poi alle prerogative della lealt, delliniziativa, della capacit di trattare con le altre persone, se c una cosa che mi ossessiona, e sulla quale probabilmente sono ossessivamente impegnato, questa la lealt. Che una caratteristica sicuramente meno pregiate di un politico, ma per un uomo ritengo che sia la caratteristica fondamentale. Luomo che non leale non pu essere neanche considerato tale. Questa la cosa sulla quale punterei molto. Naturalmente, la lealt non solo me al impongo ma la richiedo; ed una delle ragioni, se non la sola, che mi consente in maniera assolutamente immediata, traumatica, di interrompere un rapporto con la decisione irrevocabile di non riprenderlo: quando mi viene meno questo elemento di lealt nel mio interlocutore, finisco per perdere qualsiasi fiducia. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine e abilit? 11R. Beh, credo che sicuramente essere a capo non significa dirigere. Dirigere significa altro. Con tutto il rispetto per il caporale: anche il caporale capo, per non credo che diriga. Dirigere penso che sia tuttaltra cosa. Io penso che si possa dirigere pure non essendo capi. Direzione implica la capacit di indicare soluzioni ai problemi, di offrire le idee per risolvere i problemi: questa direzione! 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione,

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oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Dipende da cosa si intende per educazione. Leducazione un processo continuo per cui necessario educare il bambino da piccolo, necessario educare il giovane alla vita che lo attende, necessario educare il dipendente, il funzionario, il dirigente,il professionista alla professione che lo attende, necessario educare il padre a fare il padre, il nonno a fare il nonno. Credo che ogni epoca della vita abbai bisogno di un momento educativo e pertanto credo davvero che sia un processo che non finisce mai, o meglio finisce con luomo. Certo, non parlo di chi fa leducatore, ma leducazione come fatto generale, come miglioramento di s stesso, adeguamento di s stesso alle variabili condizioni della vita.

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Note bio-bibliografiche
Nato a Misurata (Libia) il 12/07/1946. In Italia dal 1961. Coniugato, due figli maschi. Laurea in Scienze Economiche. Laurea in Giurisprudenza. entrato nellAmministrazione giudiziaria a 19 anni ha percorso tutti i gradini della carriera amministrativa, giungendo alla qualifica di 1 dirigente, qualifica che riveste dall1/1/1985, con incarico di dirigente della Cancelleria presso la Procura della Repubblica di Avellino. Impegnato da sempre in politica con M.S.I.-DN, con Alleanza Nazionale poi, stato Consigliere Comunale di Avellino da 1985 al 1995. Segretario provinciale del Partito dal 1987, ha lasciato la carica nel 1997. Nel 1995 stato eletto Consigliere Regionale della Campania e, subito dopo, Assessore Regionale allIndustria, carica che ricopre anche con il secondo esecutivo Rastrelli.

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Intervista al sindaco Antonio Di Nunno

1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. E una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Condivido l'impostazione di questa domanda, ma se rivolta al sindaco, debbo allora fare qualche precisazione, perch la funzione del sindaco quella di un manager un p particolare. Questo sento proprio di doverlo dire. Il sindaco, infatti, deve avere una preparazione particolare che secondo me tutta di testa, intendendo con ci il rapporto con lopinione pubblica, con i cittadini, con lutenza. Non c mai un solo problema! Come io amo sempre dire: la citt come il mare, non si ferma mai. Non c Natale, Pasqua o passeggiata serena che puoi fare e pensare che tutto sia tranquillo. C sempre bisogno di una risposta. La risposta naturalmente viene, pu essere tecnica, ma soprattutto una capacit di essere sempre presente nel tempo che vivi e anche nelle condizioni della comunit in cui sei chiamato a dirigere. Questo vuol dire che difficilmente chi non preparato a tutte le esigenze pu resistere ad un incarico del genere. Oggi non pi possibile dare risposte evasive.

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Se ho ben compreso il senso della domanda, neanche vero che il sindaco possa essere solamente un manager. Il sindaco deve essere un uomo con qualit umane: in ci soprattutto deve essere allenato. Il manager nel senso moderno, nel senso del futuro una persona capace di avere una disponibilit a capire un p di tutto avendo dentro unapertura verso gli altri. Solo cos si pu guidare una citt, perch finita lepoca del sindaco di una volta, il professionista che arrivava per unora in comune, firmava le carte e se ne andava. Questa una follia, oggi non proprio pi possibile. Io faccio soltanto questo perch ho dovuto, proprio per questa mia scelta, rinunziare al mio lavoro, e tuttavia le ore non bastano mai. Non assolutamente possibile fare altrimenti. Poi ci vuole tanta fatica, costa tante energie e neppure possibile e immaginabile che un tecnocrate per il semplice fatto di avere dieci lauree o di essere particolarmente versato in un settore possa da solo riassumere leccellenza. Le doti sono altre: soprattutto una grande formazione interiore, secondo me. 2D. Anche il buon meccanico sa dellimportanza di usare lattrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nelladoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. Io credo di avere gi risposto. Viene innanzitutto luomo:

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questo fondamentale nella vita di tutti e in particolar modo quando si ha a che fare con una comunit, quando devi dirigere, guidare una comunit. In uno studio professionale, nella redazione di un giornale, in un ufficio, in una fabbrica, in un laboratorio, insomma dovunque, anche nella famiglia, e perch no, in una comunit di lavoro: sempre e comunque il problema lindividuo, luomo. 3D. Nella domanda precedente si pone laccento sul fatto che lelemento umano predominante nel management tanto da imporsi allattenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Personalmente preferirei il secondo, per qualche volta mi accorgo che non funziona, se in un punto il cerchio si spezza perch c qualcuno che non risponde. Questi pu rendere vano il lavoro degli altri e questo il guaio. Poi di tanto in tanto c la voglia di preferire la piramide, perch bisogna dire: qua comando io e basta. Secondo me, la formula migliore non uno che dirige, ma uno staff che dirige: un insieme di persone con strutture collaterali la formula migliore. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi?

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4R. Sono responsabile in tutte e due i casi: questa la verit. Capisco quando c una svolta e riusciamo ad imporre qualcosa di positivo, capisco che stato appunto positivo lintervento. Magari qualche volta non si interviene ed sbagliato. Vuol dire che hai messo la persona sbagliata nel posto non adatto. Purtroppo anche questo accade. In questi casi opportuno correre subito ai ripari. 5D. Conosce i suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Credo di conoscerli abbastanza bene. Credo di aver concesso anche spazio a chi, secondo me, si attarda un p a recuperare. Nel caso mio specifico mi sono imposto un riammodernamento dellEnte da una certa data in poi con laggiornamento, la pianta organica, la ristrutturazione, ecc., e ho pregato tutti di far riferimento a quella data. Da quel momento in poi non potrei pi accettare ritardi da parte di chi cammina un p pi lentamente. Al quale ho fatto capire che bisogna affrettare il passo: se recupera bene ed io aspetto, ma poi non si pu fare altrimenti. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nellaltro per farlo scattare e muovere allunisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali

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compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. In una certa misura questo che lei dice mi fa ricordare il manuale delle buone marmotte, secondo cui gi tutto previsto e deve funzionare in un certo modo. Purtroppo la realt molto pi difficile! possibile intervenire effettivamente: quando crei un rapporto di rispetto con linterlocutore riesci anche ad alzare la voce e non succede niente, anzi succede che si capisce perch hai alzato la voce. Ma vi sono anche casi in cui non c recepimento dallaltra parte. Questo molto brutto e non dovrebbe succedere. In questi casi cerchi di capire se hai sbagliato tu, in che cosa, e fino a quando hai tempo per rimediare lo fai pure, altrimenti hai il dovere di troncare per non rovinare tutto il lavoro fatto. Devi far capire chiaramente che quella persona non sta al posto giusto. Quando si ha un lavoro dquipe, soprattutto quando sei convinto di partecipare alla realizzazione di un progetto, il risultato positivo non pu mancare anche se non sar certamente al cento per cento. In genere, quando si lavora in questo modo, arrivano i buoni risultati, perch c partecipazione. Il lavoro solitario, invece, non produce molti effetti. 7D. C, al giorno doggi, un grande fermento di insoddisfazione

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dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da unesplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio dallimpiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? 7R. Torniamo cos alla piramide di cui dicevamo prima, e questo non funzioner. fuor di dubbio che ci siano tanti problemi oramai che vengono originati da tanti fatti non locali, ma il tumulto che avviene dentro una persona difficile valutarlo. Va senza dire che diffusa questa tendenza di attribuire agli altri la responsabilit di quello che non va. Dovremmo essere un po tutti pi consapevoli, per secondo me questo scaricare sempre la responsabilit di qualcosa che stato sbagliato sugli altri alla distanza non regge. Questa valutazione pu essere fatta sul piano politico: lelettore giudica e dice ha sbagliato Tizio e Caio, ha sbagliato quel partito. Nella societ in genere, nel vivere comune vi sono - vero - gli errori degli altri che ti mettono in un angolo. Ma alla fine bisogna reagire. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Siccome lei mi coglie in un momento di grande trasformazione dellEnte, le dico che sto facendo il possibile per cercare di creare questa comunicabilit. Questo un Ente che per tradizione stato concepito in maniera piramidale, addirittura con laggravante di un isolamento

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del vertice. Questo perch la funzione di sindaco, vista da lontano, sembra che sia sulle nuvole, mentre il resto dellufficio che provvede a tutto e lavora. Purtroppo questo modo di fare non produce grandi risultati. Il sindaco visto come manager ha bisogno di uno staff, di collaboratori, ha bisogno di parlare con gli altri; ha bisogno di idee, di crearle, di scambiarle, di verificarle. Uno dei mali di questo Ente proprio che non esiste questo rapporto: esiste solo la piramide, anzi vi sono persino le piramidi nei vari settori; tutte concepite in funzione dellaltro dirigente che sta dallaltra parte. Questo crea una incomunicabilit tra i dirigenti stessi ed il vertice. C questa comunicazione, onestamente, molto relativa: se difficilissimo spostare un geometra da una scrivania allaltra, un motivo ci deve pur essere. Mi pare evidente, ecco perch un sistema da correggere. 9D. I grandi manager sono senzaltro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato loperare in un campo dove lefficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Credo di essermi impegnato a dare a tutti una grande dimostrazione, di comunicare una grande voglia di cambiare mentalit, cambiare lapparato, cambiare il modo di servire la comunit. Tentare di strutturare lEnte, non come generalmente si dice, come una azienda; qui non si tratta di scimmiottare modelli che magari sono inadatti, per una

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cosa certa: la struttura cos com assolutamente inadatta al compito. Bisogna saperla correggere, bisogna saperla trasformare. In questo sto cercando di fare la mia parte, di dare il mio contributo. In genere, si dice che i politici mirano a conservare, ammesso che io mi debba considerare un politico, sto cercando invece di modificare questa realt, di renderla pi duttile, pi malleabile, pi veloce, pi capace di essere presente sul territorio anzich di isolarsi. La risposta sarebbe questa. In cambio ricevo indubbia-mente il senso di collaborazione di tanti, la professionalit di tanti, la capacit di trovare soluzioni, di fare progetti. Dal punto di vista personale, lesperienza di sindaco una tragedia interiore, nel senso che riferita alla prima domanda totalizzante, ti toglie tutto, ti toglie il respiro, lunica cosa che uno non dovrebbe fare, secondo me. Se decidi di fare un salto per prestare la tua opera, puoi fare il presidente della provincia, il deputato, il consigliere regionale, dirigere un Ente, un Ente pubblico qualsiasi magari monotematico dove tutto molto semplice. Ma il sindaco la cosa peggiore: ti sequestra, una condizione terribile, devi essere sempre pronto a tutto, devi essere sempre presente, devi rappresentare te allesterno, devi rappresentare lEnte e c una pressione fortissima dellopinione pubblica. Questo sul piano personale costa parecchio, al di l di certe scelte che devi aver fatto, perch una volta eletto chiudi con il resto. Io sono uno di quelli che si sforza di conservare a qualsiasi costo qualche piccola abitudine sua. Evitare di andare a pranzo, a colazioni di lavoro e quindi venti minuti (non di pi) cerco di conservarli per me; di sera finisco alle 21/ 22 e per conservo quella passeggiata serale,

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che mi consente di riciclarmi per certi aspetti. Il resto della giornata tutto preso: fare il sindaco ti toglie moltissimo. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senzaltro la lealt, liniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. La prontezza di iniziativa e poi il rispetto reciproco con chi hai di fronte. Se laltro rispetta te e tu gli stai di fronte questa la condizione essenziale. Anche il cittadino che venga a chiedere una qualsiasi cosa tu devi sempre sperare che non stia bleffando, che non stia esagerando i suoi problemi. Ma se c' una serenit d'animo, si riesce a capire: questa la condizione essenziale, anche dentro la struttura comunale. Naturalmente, coi dirigenti la lealt la prima cosa. Per tutto questo non basta, se poi non c la capacit di sapersi proporre: alla fine il manager deve sapersi decidere, deve assumere una decisione. Altrimenti ci contempliamo tra di noi (potremmo essere dei buoni seminaristi) e non concludere niente. Invece, il ruolo ti comporta alla fine una decisione. La cosa che deve fare, secondo me, questa: dopo aver sentito tutti gli altri, deve prendere una

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decisione vera e non quella che gli frulla in quel momento per la testa, perch magari si innervosito, o perch ha visto che qualcuno viene meno. 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. Ebbene, c bisogno di alcuni elementi senza dei quali essere a capo non significa niente. Abbiamo avuto tanti esempi di persone messe a capo di qualche cosa che non sono riuscite a concludere niente. Ci vogliono altre doti e devi costruirti certe abitudini, certe attitudini te le devi anche saper costruire. 12D. Secondo Lei leducazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Per me la risposta semplice. Non si finisce mai di modellarsi, e questo evidente.

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Note bio-bibliografiche
Antonio Di Nunno, sindaco della citt di Avellino dall11 maggio 1995. Nato a Serino il 5/08/1945. Fin da giovane ha sentito forte limpegno politico. Ha militato nella sinistra di base della Democrazia Cristiana. Insieme ad un gruppo di giovani ha partecipato attivamente allimpegno politico attraverso il periodico << Quaderni Irpini >>, del quale stato direttore. Ha scritto sulle pagine regionali de << Il Tempo >> dal 1963 al 1969 e sullimportante giornale di Avellino << Corriere dellIrpinia >> , fondato da Guido Dorso nei primi decenni di questo secolo. Ha diretto il settimanale << La Voce dellIrpinia >> dal 1969 al 1975 e successivamente << Politica Irpina >>. Nel quinquennio 1975-1980 stato Consigliere Comunale nella DC e componente della Commissione Edilizia Comunale. Giornalista professionista presso la RAI - Sede regionale di Napoli dove (Vice-Caporedattore) ha svolto importanti servizi di carattere sociale e politico.

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Intervista al Presidente Luis Durnwalder

D1. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. E' una definizione che Lei sente di poter condividere? R1. Credo si possa senz'altro condividere l'assunto che il management sia un mix tra arte e scienza. Ritengo infatti necessaria la preparazione teorica di base - e quindi la scienza - per poter affrontare con efficacia, ma con la propria singolarit le sfide decisionali che giornalmente si presentano. Se non vi fosse per l'arte e dunque la capacit di ogni individuo di reagire in maniera differente alle sollecitazioni esterne, il processo decisionale potrebbe essere programmato con un calcolatore, ma sarebbe poco sensibile e soprattutto flessibile di fronte al mutevole. D2. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento?

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R2. Ritengo senz'altro interessante l'affermazione di Peter Drucker. Sono per dell'avviso che il pensiero di Drucker potesse essere maggiormente adatto in una realt sociale differente da quella attuale. Oggi credo non vi siano collaboratori assimilabili a degli attrezzi nelle mani del manager. Il manager un collaboratore come gli altri a cui affidata la responsabilit del processo decisionale. Esso la sviluppa attraverso un percorso di feed back e di sintesi con gli altri collaboratori. Egli ha quindi rispetto al problema una visione di insieme che gli altri non hanno, ma ritengo riduttivo e forse poco rispettoso riferirsi ai collaboratori come a degli attrezzi nelle mani del dirigente. D3. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? R3. Non credo si possa optare per l'uno o per l'altro in maniera rigida. Ritengo che comunque come sopra detto il processo decisionale nei sistemi politici ed economici odierni necessiti di comunicazione e cooperazione pi che di applicazione del modello gerarchico. Va da s che comunque opportuno che le persone abbiano piena coscienza dei ruoli ricoperti e che quindi la decisione finale debba spettare a chi a ci preposto. D4. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit

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e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti? E in che misura si sente responsabile se sono negativi? R4. Credo che la risposta alla suddetta domanda sia necessariamente un completamento del concetto sopra esposto. In un contesto di processo decisionale cooptato la delega delle competenze e delle responsabilit rappresenta quasi un must per poter sfruttare le sinergie del gruppo ed il valore esponenziale del brainstorming decisionale. comunque chiaro che colui che occupa il vertice di una ipotetica piramide debba necessariamente rispondere verso l'esterno delle azioni dei propri collaboratori. Egli dovr poi parimenti, giustamente premiare i loro meriti e stigmatizzare eventuali demeriti in un ambito interno. D5. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? R5. Ritengo che la profonda conoscenza dei propri collaboratori rappresenti uno dei doveri ed al tempo stesso dei punti di forza di ogni manager. Tale conoscenza deve essere necessaria-mente finalizzata ad assegnare loro compiti ritagliati su misura. Anche la formazione e la crescita dei collaboratori indispensabile, per poter ottenere sempre il massimo risultato rispetto alle capacit di ciascuno. D6. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di

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miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. R6. Credo che lei abbia al meglio sintetizzato alcuni concetti chiave che, per alcuni versi io avevo gi delineato sopra. La motivazione dei collaboratori ed il far sentire loro parte integrante di un processo rappresentano i cardini di ogni livello decisionale. D7. C', al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema? R7. Non sono del tutto d'accordo. L'esplosione dei conflitti in parte nella natura umana e pu essere accentuata dai livelli di stress e sovraccarico di lavoro, che caratterizzano

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il nostro secolo. Sta comunque alla capacit del manager saper gestire queste situazioni al meglio, evitando potenziali situazioni di conflitto ed eventualmente, stroncando i conflitti sul nascere. D8. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? R8. Il flusso informativo segue la via pi diretta del rapporto personale e dei meeting molto frequenti. Un valido supporto sono le tecnologie per l'informazione che consentono di avere dati sempre aggiornati e di comunicare con chiunque in tempo reale. D9. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? R9. Credo che l'agire quotidiano debba per forza di cose caratterizzare il manager. Le sue azioni o non azioni debbono rappresentare l'esempio. In politica poi credo che il miglior esempio sia rappresentato dal pragmatismo e dal tradurre in concreto ci che viene programmato. D10. Le qualit che un manager deve possedere sono

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numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la Lealt, l'Iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? R10. Credo che tutte le caratteristiche da Lei elencate siano parimenti importanti. La capacit di relazionarsi in maniera adeguata certamente un punto di forza importante che per sarebbe una scatola vuota se dietro non vi fosse lealt, iniziativa etc. D11. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? R11. Il manager non deve possedere solo il bastone del comando, ma deve essersi conquistato tale ruolo attraverso le attitudini in primo luogo, e l'abilit a districarsi in situazioni potenzialmente difficoltose appunto. D12. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? R12. L'educazione certamente un percorso che non si

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conclude nella scuola ma va di pari passo con la nostra esperienza. Sta a ciascuno di noi sapere cogliere gli spunti che le situazioni con cui giornalmente ci troviamo confrontati, ci forniscono in tal senso.

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Note bio-bibliografiche
Nato a Falzes il 23 settembre 1941, quinto di undici figli di una famiglia di contadini di montagna. Frequenta la scuola elementare a Hofern, la scuola media ed il ginnasio presso il Convento di Novacella, consegue il diploma di maturit nel 1962 a Bolzano. Nel 1966 consegue la laurea presso le facolt di Agraria di Vienna e di Firenze; compie poi i propri studi di giurisprudenza presso le facolt di Vienna ed Innsbruck. Dal 1968 al 1979 Direttore del Consorzio dei Coltivatori Diretti (Bauernbund) altoatesino, vicedirettore della rivista specializzata << Der Landwirt >> (il contadino) e redattore responsabile della rivista << Freiwillige Feuerwerhr >> (il vigile del fuoco volontario). Dal 1969 al 1973 sindaco del Comune di Falzes e Presidente della Cassa Malati degli agricoltori. Dal 1979 al 1989 Assessore allagricoltura, foreste caccia e pesca e Presidente di tutte le commissioni in questi settori. A causa della sua dedizione alla causa politica stato il primo sostitutto dellObmann (Presidente) della Sudtiroler Volkspartei (SVP) dal 1984 fino al 1994. Nel 1990 stato insignito con la Croce donore del Tirolo. Inoltre stato insignito con lordine al merito dello Stato libero di Baviera ed membro onorario del Consorzio dei Coltivatori Diretti dellAlto Adige e del Tirolo. Il 17 marzo 1989 eletto Presidente della Giunta Provinciale di Bolzano. Dal 1993 membro del comitato delle Regioni presso lUnione Europea a Bruxelles. L11 febbraio 1994 stato inoltre

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Insignito con la Croce donore della Croce nera austriaca. Il 4.10.1995 stato insignito con il grande diploma di onorario per meriti da parte della Repubblica Federale Austriaca. Dal 31 ottobre 1997 Presidente del Consiglio di amministrazione della Libera Universit di Bolzano. L8.2.1999 stato eletto per la terza volta Presidente della Giunta Provinciale di Bolzano.

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Intervista al dott. Guido Gay

1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. E' una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Non scomoderei larte neppure volendo alludere al modo di interpretare il ruolo di Manager. Possiamo invece parlare di scienza o, meglio, di disciplina e di cultura - nella misura in cui il management, da Taylor a Mc Gregor, a Drucker supportato da teorie, sperimentazioni, tesi, correnti di pensiero e regole. , il manager, un creativo che di volta in volta si inventa la soluzione di problemi? In certo senso. Ma trovo pi appropriata la similitudine col direttore dorchestra: coordina linterpretazione di uno spartito, governa e gestisce collaboratori che si esprimono con strumenti diversi, li sinergizza per raggiungere lobiettivo di sprigionare, ad esempio, un pezzo di Mozart. Solo che il manager - al contrario del direttore dorchestra - elabora, inventa, anche lo spartito pur prelevando, da uno spettro ampio di tecniche, gli elementi per decidere a fronte di un certo problema. in questo senso forse, che qualcuno parla di arte.

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2D. Anche il buon meccanico sa dell'importanza di usare l'attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell'adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento? 2R. Quello di essere guida di uomini e responsabile del loro contributo senza dubbio laspetto saliente del ruolo del Manager. Leadership, comunicazione, motivazioni, coinvol-gimento degli uomini sono le leve principali della consolle del manager e le risorse umane le pi preziose, le pi vulnerabili, le pi deperibili (e, forse, anche le pi costose) fra quelle a lui affidate. Cos come - lo diceva appunto il grande Peter Drucker - i manager sono la risorsa essenziale dellImpresa. 3D. Nella domanda precedente si pone l'accento sul fatto che l'elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all'attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R. Non si tratta, mi pare, di preferenze personali ne di riuscire ad individuare uno stile di direzione valido in ogni epoca e sotto ogni latitudine. Occorre risalire alle istanze del lavoratore, in quel posto e in quella epoca, coglierne i

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bisogni, le ansie, gli obiettivi individuali. Scoprire, in altri termini, che tipo di r.o.i. i lavoratori si attendono dal rilevante investimento di se nel lavoro. Oggi, ad esempio, lansia partecipativa e la volont di codecidere che connota la realizzazione del lavoratore. Quindi, - oggi e nelloccidente industrializzato - direi che lo stile partecipativo quello pi raccomandato perch pi atteso. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti? E in che misura si sente responsabile se sono negativi? 4R. Ogni volta che un manager delega non si alleggerisce di responsabilit che restano sue. Le condivide e, nel bene e nel male, verr valutato anche per la scelta dei collaboratori cui cede, di volta in volta, autorit e responsabilit. Ma la responsabilit dei risultati la sua. 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Certamente. Enfatizza i migliori misurandoli in deleghe progressivamente pi impegnative e aiuta i meno preparati a crescere, a migliorarsi, a formarsi, a risalire nella loro performance e nel loro atteggiamento a livelli almeno accettabili. Oppure li sostituisce.

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6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell'altro per farlo scattare e muovere all'unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Saper coinvolgere i propri uomini e sfruttarne il potenziale fino al punto da sprigionare entusiasmo il massimo dellespressione del buon manager. Non lo si ottiene essendo padre buono o amico dei propri collaboratori o, peggio, capo autocratico e temuto. Ma leader riconosciuto ed autorevole, giusto, guida capace verso obiettivi noti e condivisi, uomo con il carisma di chi sa riempire il gap fra le istanze delluomo e quelle dellorganizzazione con appropriate dinamiche motivazionali. 7D. C, al giorno d'oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un'esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di

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condividere tale impostazione del problema? 7R. La conflittualit perenne genera indubbiamente tensioni e insoddisfazioni diffuse. Che la causa sia da ricercarsi unicamente nellesplosione o nel collasso delle condizioni economiche dovuti a errori o ritardi non mi pare del tutto condivisibile. Intanto c un livello fisiologico di conflittualit che perfino positivo e dinamogeno e poi, anche in condizioni ideali di economia stabilmente florida, non si eliminano i conflitti. sulla natura e sui bisogni delluomo che occorre concentrarsi, sulle modalit e le regole del vivere insieme - in azienda e nella societ - sulla condivisione di valori e sulla forza del dialogo. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Una comunicazione efficace biunica. Il manager deve essere un comunicatore e, terminato il suo ruolo di emittente, deve evitare di mettere gi la cornetta e, invece, sollecitare la comunicazione di ritorno. Che pu arricchirlo e, in ogni caso, gli consente di dimostrare di non avere paura di cambiare, e di riconoscere nel collaboratore la statura di interlocutore 9D. I grandi managers sono senz'altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu

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aver procurato l'operare in un campo dove l'efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola? 9R. Ho dato alle aziende in cui ho operato un contributo che altri (da me) hanno valutato ma che era comunque non meno del meglio che potessi dare. Aiutato dal privilegio di aver lavorato in Aziende come lOlivetti di Adriano e la Rinascente del Borletti e del Brustio ove cera spazio, possibilit di espressione, opportunit di autorealizzazione. Ricavandone anche notevole crescita professionale e umana in ambienti dove erano esigentemente richiesti efficienza e rispetto degli impegni in un clima di grande competizione ma senza cannibalismo. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz'altro la Lealt, l'Iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. Lealt, iniziativa, propensione esercitata (insieme a curiosit e interesse autentici) ai rapporti interumani sono le caratteristiche essenziali per un buon manager. Oltre alla

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tensione per laggiornamento e la formazione perenne e ad antenne molto sensibili per leggere il sociale e anticipare il cambiamento (oltre che ad esserne agente). 11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. Dirigere abilit nellorchestrare, nellessere regista, nel gestire risorse fisiche e umane verso obiettivi alla cui individuazione si partecipato. Anche essere capo, certo. Ma non in virt delle stellette sulle spalline ma per avere un assetto professionale e umano, una leadership e capacit riconosciute. Anche dal basso. 12D. Secondo Lei l'educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Leducazione, la formazione possono certo costituire la base dellattrezzatura profes-sionale ed umana di un Manager. Ma essa va mantenuta aggiornata, ampliata, supportata da esperienze e costante lavoro di autoformazione. Limmagine di un viaggio che non finisce mai immagine felice. Quando quel viaggio finisce il manager al suo terminal deve scendere anche se, magari, ha solo 50 anni. Leducazione perenne lunica terapia per lobsolescenza, la peggiore e pi diffusa patologia del management cos come di ogni professione complessa e densa di responsabilit.

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Note bio-bibliografiche
Nato ad Alessandria il 21/09/1927. Laurea in giurisprudenza allUniversit di Torino. Studi di medicina del lavoro e psicologia delle Organizzazioni. Esperienze di lavoro: 1955 1958 , presso Olivetti Ivrea Ufficio Formazione. 1955 1988 presso aziende della Grande Distribuzione (J.C.Penney Usa e la Rinascente Upim) sempre nel settore del personale. Dallarea della formazione e della selezione fino alla posizione di Capo del Personale e di Direttore del Personale de La Rinascente. Per 30 anni attivit di formazione (rilevamento bisogni, progettazione e organizzazione corsi, docenza) sia allinterno dellazienda che, come consulente, per Istituti o Studi di formazione quali Ambrosetti, Ipsoa, Isper, Istud, Associazione Industriali di Brescia, Trento e Arezzo, etc. Presidente del CFMT (Centro di Formazione della Fendac e della ConfCommercio. Presidente della Fendac (Federazione Nazionale Dirigenti di Aziende Commerciali e dei Servizi) Roma, via Nazionale 163. Direttore della rivista << Il Giornale del Dirigente >>.

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Intervista al Presidente Roberto Formigoni

1D. Secondo la definizione classica, accettata per anche dagli studiosi oggi operanti nel settore, il management un connubio tra arte e scienza, in quanto necessaria la preparazione specialistica per essere efficienti sul piano operativo, ma ci non toglie che il manager debba di volta in volta inventarsi in un certo senso e per buona parte la soluzione ai problemi che deve risolvere. E= una definizione che Lei sente di poter condividere? 1R. Premesso che il Presidente di un organismo politico come la Giunta regionale e di un=istituzione pubblica come la Regione Lombardia manager in un senso molto lato, e che le due entit suddette sono realt di management solo in senso figurato, so per esperienza che ogni opera collettiva richiede sia una forte capacit di programmazione sia grandi doti per gestire circostanze inattese. L=impresa politico-amministrativa non fa eccezione. 2D. Anche il buon meccanico sa dell=importanza di usare l=attrezzo adatto per uno specifico lavoro, tuttavia il manager per fare il suo lavoro non si serve di attrezzi, ma di uomini, deve quindi sviluppare la sua abilit nell=adoperarsi a far agire meglio i suoi uomini. Posso esprimere grosso modo cos in italiano quello che il pensiero portante di uno dei padri del management come scienza: Peter Drucker. Qual il Suo commento?

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2R. L=unico modo per lavorare insieme ad altri esseri umani trattarli come esseri umani, cio riconoscere in loro la stessa domanda di bellezza, di verit e di bont che sappiamo essere operante in noi, e la stessa esigenza di donare agli altri e di ricevere dagli altri qualcosa di grande per la vita propria e di tutti. Se viva in noi questa consapevolezza, il lavoro comune diventa pi proficuo e appagante. 3D. Nella domanda precedente si pone l=accento sul fatto che l=elemento umano predominante nel management tanto da imporsi all=attenzione di chi opera nel settore per decidere quale modello seguire nei rapporti interpersonali: quello gerarchico a piramide, o quello a cerchio basato sulla cooperazione. Lei quale preferisce? 3R.Opto per il modello a cerchio non per un malinteso democraticismo, ma perch veramente spesso l=idea vincente in una determinata situazione arriva dai livelli bassi dell=organizzazione, dove si muovono singoli o gruppi pi in sintonia di altri con la realt. Naturalmente anche in un modello a cerchio sono indispensabili dei filtri che permettono di evitare le sovrapposizioni e l=appesantimento del lavoro dei vertici. 4D. In quanto manager inevitabilmente investe di autorit e responsabilit altre persone: necessario, come Lei sa bene, delegare, ma adeguatamente. In che misura si sente responsabile per i risultati positivi raggiunti?, e in che misura si sente responsabile se sono negativi?

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4R. Sia l=azione della Giunta che il funzionamento della Presidenza rappresentano un lavoro di squadra. Nel caso della Giunta, la sua composizione il risultato del contributo di varie forze politiche ad un progetto comune, su di un piano di uguale dignit. Nel caso della Presidenza, il Presidente sceglie uomini di punta delle cui capacit ben consapevole, i quali a loro volta sanno chi devono cooptare per avere un gruppo che dia i risultati pi brillanti. Dunque mi sento responsabile dei successi e degli insuccessi della Giunta, come il capitano di una squadra di sedici giocatori, mentre nei confronti delle performance della Presidenza ho la percezione che ha il capo di uno staff costituito con cura nel tempo. 5D. Conosce i Suoi uomini tanto da essere in grado di assegnare loro dei compiti commisurati alle loro capacit?, e se il caso aiuta quelli meno preparati a migliorarsi? 5R. Vale quanto detto sopra: la Giunta una Tavola rotonda di cavalieri di re Art, dove io sono il primis inter pares; la Presidenza organizzata in maniera funzionale alle esigenze del suo Presidente: la valutazione delle capacit e l=aiuto al miglioramento dei singoli sono realizzati dalla squadra nel suo insieme e soprattutto dagli uomini pi esperti che io ho voluto fossero della partita. 6D. Del resto, soltanto chi ha fatto un lungo tirocinio di miglioramento delle proprie potenzialit, solo chi ha a lungo riflettuto sia sulla sua interiorit sia sul mondo esterno in grado di capire quali corde toccare nell=altro per farlo

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scattare e muovere all=unisono con s stesso. Si dice, infatti, che un buon manager colui che ti manda al diavolo e tu ci vai di corsa. Con ci voglio dire che uno dei principali compiti del manager quello di far fare ad ognuno il proprio lavoro addirittura con entusiasmo: in ci consiste la cooperazione con i propri uomini, che se adeguatamente sviluppata non solo evita ogni tipo di malcontento e di reclamo, ma innalza anche il livello di produttivit sia per qualit che per quantit. Vorrei qualche Suo commento in proposito. 6R. Certo, solo chi conosce bene l=umano sa motivare gli uomini. E questo significa anzitutto conoscere s stessi, perch l=umano che in noi anche negli altri. Non sottolineerei troppo, tuttavia, l=elemento dell=auto-riflessione: troppa riflessione e poca osservazione portano all=astrattezza, mentre se dedichiamo pi energie all=osservazione ci ritroviamo con un=esperienza della realt pi adeguata. importante fare esperienza di s stessi, della propria umanit, e per fare questo necessario, sin dall=inizio, l=aiuto e lo stimolo di qualche altro uomo, in cui noi riconosciamo un maestro. 7D. C=, al giorno d=oggi, un grande fermento di insoddisfazione dovuto al moltiplicarsi dei conflitti, che abitualmente sono originati da un=esplosione o da un collasso delle condizioni economiche causati da un pensare errato, o meglio da un impiego tardivo del pensiero corretto. Si sente di condividere tale impostazione del problema?

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7R. L=insoddisfazione dovuta alla trascuratezza dell=io che prevale nella societ attuale. La cultura dominante tende a spegnere la domanda di vita vera che arde dentro ad ogni uomo, e tutto viene ridotto a potere, senza chiedersi quale sia il fine, lo scopo di ogni potere. I conflitti nascono attorno al potere e alle frustrazioni inerenti. Per superare i conflitti serve l=aiuto di qualcuno che richiami l=uomo a mettersi con lealt di fronte a s stesso e al suo bisogno di senso per la vita. Allora il pensiero corretto prevarr su quello errato. 8D. Una comunicazione chiara ed efficace indispensabile per ogni manager. Come provvede a che costantemente esista nelle due direzioni il flusso di idee e di informazioni? 8R. Sia la Giunta che la Presidenza, sia i membri dello staff presidenziale ristretto che i consiglieri della maggioranza, si incontrano regolarmente con me, e gli incontri sono adeguatamente preparati in momenti di lavoro che precedono i nostri appuntamenti canonici. 9D. I grandi managers sono senz=altro dei buoni maestri e guide ideali di altri uomini. Secondo il Suo punto di vista, quale contributo ha dato alla Sua organizzazione sotto questo aspetto? Quale crescita interiore, per contro, Le pu aver procurato l=operare in un campo dove l=efficienza la dea suprema, e la puntualit nel rispettare gli impegni la sua regola?

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9R. Non mi ritengo un maestro di altri uomini: mi basterebbe essere apprezzato come un buon servitore della collettivit. Quanto alla mia crescita interiore nel contesto dell=esperienza di responsabilit che sto facendo, certamente c= e di essa sono strumenti anche le due qualit del manager che lei cita, la puntualit e l=efficienza. Lungi dall=essere doti formali o categorie impersonali, sono proprio le qualit che denotano il nostro rispetto per il prossimo e la sincerit della nostra dedizione. 10D. Le qualit che un manager deve possedere sono numerosissime, quasi ognuno ne possiede una lista infinita da proporre, ma tra le pi comunemente accettate vi sono senz=altro la Lealt, l=Iniziativa, la capacit di trattare gli altri come persone: la preparazione alle cosiddette Relazioni Pubbliche un punto fondamentale della formazione del buon manager. Una buona preparazione in questo campo, infatti, aiuta a capire la persona che si ha di fronte e ad ottenere la sua fiducia e la sua cooperazione. E non questo il nocciolo del management? Quale delle suddette qualit Lei predilige? 10R. La capacit di trattare gli altri come persone la base e la premessa di tutte le altre qualit. Senza rispetto per le altre persone, non c= nessuna relazione veramente umana e tutto diventa vuoto gioco di potere. Trattare gli altri come persone non semplicemente un mezzo per ottenere la loro collaborazio-ne, ma pi profondamente lo stile di rapporto che risponde alla verit dell=essere umano.

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11D. Per Lei dirigere solo essere a capo o implica anche attitudine ed abilit? 11R. Non si pu permanere a capo di qualsivoglia struttura o collettivo senza attitudine e abilit. Quando qualcuno permane immeritatamente per un tempo troppo lungo alla testa di grandi istituzioni, scoppiano le rivoluzioni. Molto meglio, dunque, che lascino il passo per tempo a chi ha vere qualit. 12D. Secondo Lei l=educazione dovrebbe essere una destinazione, oppure un viaggio da continuare ogni giorno della nostra esistenza? 12R. Non c= dubbio: l=educazione il cammino stesso della vita, e come ogni cammino implica un rischio: che l=ipotesi iniziale di senso meriti di essere verificata nel corso dell=esistenza, investendo su di essa energie fisiche, intellettuali ed affettive. Ma in ogni educazione sono necessari un progetto educativo e la presenza di un educatore, che dovr essere qualcuno che ha gi sperimentato per s il progetto educativo e lo ha trovato rispondente alle sue esigenze di significato e di pienezza vitale. Oggi, invece, domina uno spontaneismo pedagogico che non fa crescere i bambini e che infantilisce gli adulti.

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Note bio-bibliografiche
Nato a Lecco nel 1947 . Laureato in Filosofia presso luniversit di Milano, nel 1976 co-fondatore del movimento popolare. Nel 1984 viene eletto al Parlamento Europeo, mandato che gli viene rinnovato nel 1989. Da molti anni impegnato a salvaguardare lambiente, fa anche parte della Commissione Affari Sociali. Nel 1944 rieletto Deputato del Partito Popolare italiano. Dal 1995 Presidente della Giunta della Lombardia.

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Finito di stampare nel mese di novembre 2000 presso grafic way edizioni via annarumma, 20 83100 avellino tel. 0825. 35189

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