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ZORZI ALESSANDRO

UNIVERSITA DI PADOVA
LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA
A.A. 2004/2005


APPUNTI DI FISIOLOGIA































Tratto dal libro:
Fisiologia medica, di Guyton & Hall, ed. Edises
Integrato con gli:
appunti del corso tenuto dal prof. A. Cavaggioni e dal dott. A. Rubini

Ai miei compagni:

Questa dispensa il frutto di una fusione tra il testo di fisiologia di Guyton e gli appunti che ho
preso a lezione durante il corso tenuto dal prof. Cavaggioni e dal dott. Rubini nel corso del secondo
semestre dellA.A. 2003/2004 e del primo semestre dellA.A. 2004/2005.
Si tratta comunque di un mio lavoro, che non stato mai sottoposto allattenzione di qualche
addetto ai lavori e che contiene senza dubbio errori di forma e, forse, anche di concetto (dal
momento che mentre scrivevo ero pur sempre un neofita).
Nonostante nel tempo io abbia continuato a limare le sbavature di questo lavoro sono sicuro che
molti altri errori rimangono ancora da correggere: sarebbe bello se chi decide di studiare su questa
dispensa li segnasse mentre legge e me ne desse segnalazione.
Una cosa infine mi preme sottolineare: questa dispensa il frutto di moltissime ore di lavoro e, una
volta finita, potevo scegliere di tenerla per me o di tentare di guadagnarci. Invece ho pensato che
sarebbe stato bello se qualcun altro avesse potuto giovare del mio lavoro e ho deciso di metterla a
disposizione gratuitamente primo perch i contenuti non sono miei (ma del libro, che comunque
secondo me va comprato, e degli insegnanti) e secondo perch non posso garantire lassenza di
errori, che anzi pi che probabile. Infine forse esistono problemi di copyright dal momento che
alcune (poche in realt) immagini della dispensa sono state scannerizzate dal testo.
La dispensa rimarr quindi a disposizione di tutti, ma sarebbe per me motivo di grande dispiacere (e
non solo) sapere che qualcuno cerca di ricavarne dei soldi.
Resto a disposizione di tutti per qualsiasi suggerimento possa servire a migliorare il mio lavoro.

Alessandro Zorzi
alessandro.zorzi@libero.it
2
SOMMARIO

5 - FISIOLOGIA DELLE STRUTTURE ECCITABILI
5 Biofisica delle membrane
5 Il neurone
7 Sinapsi del SNC

9 I MUSCOLO
9 Il meccanismo della contrazione
10 Bioenergetica del muscolo
12 Il muscolo liscio

14 IL CUORE
14 Aspetti generali
16 Il ciclo cardiaco
17 Regolazione dellazione di pompa del cuore
21 Leccitazione cardiaca
22 Lelettrocardiogramma

25 LA CIRCOLAZIONE
25 La circolazione sistemica
28 La circolazione capillare
29 Meccanismi di regolazione della circolazione
35 Il circolo polmonare
36 La circolazione in alcuni distretti corporei

37 IL SANGUE E LEMOSTASI
39 Il sangue
40 Lemostasi

43 IL RENE E LOMESOTASI DEI LIQUIDI CORPOREI
43 I liquidi corporei
44 Le molteplici funzioni del rene
45 Filtrazione glomerulare
47 Modificazioni del filtrato glomerulare
54 La clearance

55 LA RESPIRAZIONE
55 Leggi sui gas e loro implicazioni
55 Le vie aeree
56 Dinamica dellatto respiratorio
57 Parametri polmonari
59 Statica e dinamica della meccanica respiratoria
61 Scambi gassosi negli alveoli
64 Trasporto dellossigeno e della CO
2
66 Regolazione della respirazione

69 REGOLAZIONE DEL PH

71 LAPPARATO GASTROINTESTINALE
71 La motilit gastrointestinale
76 Regolazione del flusso sanguigno gastrointestinale
76 Le funzioni secretorie del tubo digerente
81 La fisiologia del fegato
81 Digestione ed assorbimento delle sostanze nutritive
84 Il vomito

85 DIETETECIA, METABOLISMO E TERMOREGOLAZIONE
85 I componenti dietetici
86 Esigenze metaboliche
88 La fame e la sete
3
89 Il metabolismo
91 La termoregolazione

94 SISTEMA ENDOCRINO E RIPRODUZIONE
94 Introduzione
94 Ormoni ipofisari
96 Ormoni tiroidei
98 Ormoni corticosurrenalici
100 Linsulina ed il glucagone
102 Losso, lormone paratiroideo e la calcitonina
105 Ormoni sessuali e funzione riproduttiva maschile
108 Ormoni sessuali e funzione riproduttiva femminile
112 La gravidanza e la lattazione

117 LUDITO E IL SISTEMA VESTIBOLARE
117 Lorecchio
118 I meccanismi centrali delludito
120 Lapparato vestibolare
122 Lolfatto

123 LOCCHIO E LA VISIONE
123 Locchio come sistema di lenti
125 La retina
128 Lelaborazione dellimmagine
130 I movimenti degli occhi

134 - NEUROFISIOLOGIA
134 I recettori sensoriali periferici
134 Funzioni motorie del midollo spinale
138 Il controllo encefalico delle funzioni motorie
140 Il cervelletto
144 I nuclei della base
145 Le aree corticali associative
150 Stati di attivit cerebrale

4
SCHEMI DI FISIOLOGIA

FISIOLOGIA DELLE STRUTTURE ECCITABILI

BIOFISICA DELLE MEMBRANE

A livello delle membrane cellulari, in virt delle diverse concentrazioni di ioni esistenti sulle loro due facce, si
stabiliscono dei fenomeni elettrici. In particolare attraverso la membrana si stabilisce un campo elettrico.
Le forze che influenzano il movimento degli ioni sono due, elettrica ed osmotica. Tra i due lati della membrana quindi
si stabiliscono due potenziali:

Potenziale elettrico: E = V Z
. = carica associata ad una mole di protoni/elettroni
Z= valenza dello ione A
AE = lavoro effettuato per spostare una mole di ioni dal punto in cui si trovano ad una distanza infinita.
Potenziale osmotico:
AB
= RTln([A]/[B])

AB
= lavoro effettuato per portare una mole di una sostanza da una concentrazione A ad una concentrazione B.
T = temperatura assoluta

Lequazione di Nerst esprime la differenza di potenziale esistente ai due lati di una membrana in condizioni di riposo
(nessun movimento netto di ioni), cio quando AE =
AB
:

-AV = RT/.Z * ln ([A]
i
/[A]
e
)

[A]
i
= concentrazione di A allinterno della cellula,

[A]
e
= concentrazione di A allesterno della cellula,
Alla normale temperatura del corpo di 37C, una concentrazione di 1 milliosmole per litro stabilisce nella soluzione una
pressione osmotica di 19,3 mmHg.
Unaltra importante caratteristica della membrana la sua capacit elettrica, definita come AQ/AV (si noti lanalogia
con la compliance elastica, definita come AV/AP). La membrana pu essere considerata come un condensatore, che si
carica con andamento esponenziale nel tempo. Maggiore la capacit, minore la velocit di carica.

EQUAZIONE DI NERST E DI GOLDMAN
Le forze cui sono sottoposti gli ioni sono due e se esse sono in equilibrio non vi alcuna tendenza ad un movimento
netto.
Per un qualsiasi ione monovalente alla temperatura normale di 37 C si pu calcolare qual il potenziale che, ad una
data differenza di concentrazione tra interno ed esterno della membrana, impedisce una diffusione netta:
E = +/- 61 * log ([A]
i
/[A]
e
)
Il potenziale in cui, considerando le normali concentrazioni intra ed extracitoplasmatiche, il potassio non avrebbe alcuna
tendenza a muoversi, se la membrana fosse permeabile, di 94 mV mentre per il sodio di + 64 mV.
Quando una membrana permeabile a vari ioni, il potenziale di equilibrio dipende da tre fattori:
1. il segno delle cariche di ogni specie ionica,
2. la permeabilit della membrana (P) per ogni specie ionica,
3. le concentrazioni (C) delle rispettive specie ioniche allinterno e allesterno della membrana.
Lequazione di Goldman permette di calcolare questo potenziale. Si tenga conto che le concentrazioni ioniche esterne
delle specie positive vanno al numeratore mentre quelle delle specie negative al denominatore. Il contrario dicesi per le
concentrazioni esterne. Se per esempio sono presenti due specie positive monovalenti A
+
e B
+
, ed una negativa
monovalente C
-
lequazione di Goldman :
E = 61 * log [(C
Ae
P
A
+ C
Be
P
B
+ C
Ci
P
c
)/ [(C
Ai
P
A
+ C
Bi
P
B
+ C
Ce
P
c
)]
Le variazioni di permeabilit dei canali del sodio e del potassio della membrana delle fibre nervose sono molto rapide
durante la conduzione dellimpulso nervoso. Queste variazioni sono gli eventi primariamente responsabili della
trasmissione dei segnali nelle fibre nervose.
IL NEURONE

IL POTENZIALE DI RIPOSO
Per effetto della pompa sodio-potassio si stabiliscono forti gradienti di concentrazione del sodio e del potassio tra
interno ed esterno della membrana della fibra nervosa a riposo. Questi gradienti sono:
Na
+
esterno : 142 mEq/litro Na
+
interno: 14 mEq/litro Rapporto interno/esterno = 0,1
K
+
esterno: 4 mEq/litro K
+
interno: 140 mEq/litro Rapporto interno/esterno = 35
5
Nella membrana del neurone esistono canali attraverso cui possono passare passivamente ioni potassio e sodio. I canali
proteici di questo tipo sono denominati canali passivi. Questi canali sono 100 volte pi permeabili al potassio.
Introducendo questi valori nellequazione di Goldman si ottiene per linterno della fibra un potenziale di -86, molto
vicino al valore del potenziale di riposo per il potassio a quelle concentrazioni, calcolato se la permeabilit fosse
massima. (- 94).
La pompa Na/K trasferisce continuamente sodio verso lesterno e potassio verso linterno, con un rapporto 3:2 in favore
del sodio. Poich vengono pompati pi ioni positivi allesterno di quanti ne vengono pompati allinterno si determina
unaddizionale negativit di 4mV. Il potenziale di riposo perci di -90 mV.
In molte fibre nervose e muscolari e in molti neuroni dellSNC, il potenziale di riposo spesso maggiore (-40/-60 mV).

IL POTENZIALE DAZIONE NEL NEURONE
Il potenziale dazione un evento transitorio che si osserva solo nelle cellule eccitabili (neuroni e muscoli).
Levento iniziale una depolarizzazione della membrana, dovuta per esempio allafflusso di cationi in seguito al
legame del neurotrasmettitore al suo recettore. Ad un certo punto il potenziale diventa tale da aprire dei canali per il
sodio voltaggio-dipendenti. Questo evento determina un brusco aumento di permeabilit per il sodio che, sia per
gradiente chimico che elettrico, tende a fluire allinterno. Perci il potenziale iniziale aumenta bruscamente diventando
spesso addirittura positivo. Il processo di depolarizzazione amplifica ulteriormente laumento di conduttanza.
La corrente si fermerebbe solo se il potenziale elettrochimico raggiungesse il nuovo equilibrio previsto dallequazione
di Goldman , ma ci non avviene perch la conduttanza dipendente dal tempo e il potenziale si assesta su livelli
inferiori: dopo un certo periodo i canali per il sodio si inattivano.
Nel frattempo la permeabilit del potassio aumenta in virt dellapertura di canali voltaggio-dipendenti e questo ione,
sia per gradiente chimico che elettrochimico, comincia a fluire allesterno della membrana. Si assiste perci ad una
ripolarizzazione durante la quale il potenziale scende: poich le concentrazioni degli ioni non sono sostanzialmente
variate (vedi oltre) rispetto allo stato di riposo e le permeabilit sono tornate uguali (entrambi i tipi di canali voltaggio
dipendenti si chiudono dopo pochi ms) a quelle iniziali il processo di ripolarizzazione si ferma solo quando si raggiunge
di nuovo il potenziale di riposo. In realt spesso si verifica una certa iperpolarizzazione rispetto alle condizioni di riposo
perch i canali per il potassio rimangono aperti un po pi a lungo. La chiusura di questi per riporta il potenziale
uguale a quello di riposo.
Dopo il potenziale dazione si osserva un periodo refrattario (periodo in cui un elemento eccitabile non pi
stimolabile) dovuto al fatto che i canali per il sodio per un certo tempo non sono pi sensibili al voltaggio.
Il periodo refrattario assoluto seguito da un periodo refrattario relativo che dura da un quarto alla met di quello
assoluto. Durante tale periodo possibile rieccitare la fibra, solo per utilizzando uno stimolo di intensit superiore alla
norma. Questo stato definito di refrattariet relativa e dipende da due fattori:
1. non tutti i canali del sodio sono usciti dal loro stato di in attivazione;
2. i canali del potassio sono di solito completamente aperti in questa fase, e si genera pertanto un forte flusso di
cariche positive verso lesterno che si oppone alla corrente depolarizzante dello stimolo.
Quanti ioni si muovono durante questo processo?
La capacit di membrana di circa 10
-6
F/cm
2
. Essendo C = Q/AV, AV * C = Q.
Per ottenere una variazione di voltaggio di 0,1 V, Q uguale a 10
-7
Coulomb. Questa una quantit irrisoria, che
considerando la normale concentrazione ionica nei liquidi organici corrisponde ad un movimento di 10
-12
litri.
Le concentrazioni rimangono pressoch invariate, ma perch esse non possano venire modificate da successivi
potenziali dazione durante il periodo refrattario la pompa Na/K ristabilisce i gradienti ionici presenti prima
dellinsorgere del potenziale dazione.
Quando un assone viene depolarizzato in un punto il potenziale viene invertito rispetto alle zone in cui questo processo
non avvenuto. Si creano perci, per semplice diffusione, delle correnti locali che si distribuiscono alle zone vicine.
Queste correnti sono a loro volta responsabili di una depolarizzazione che permette il raggiungimento di un valore
soglia e, quindi, dellinsorgere del potenziale dazione.
Il potenziale, teoricamente, potrebbe propagarsi da un punto in entrambe le direzioni. Ma se da una delle due parti i
canali ionici sono in stato refrattario, allora la depolarizzazione viagger solo in un senso.

I CANALI VOLTAGGIO DIPENDENTI
I canali del sodio voltaggio-dipendenti sono caratterizzati dal fatto che quando il potenziale da valori pi negativi
raggiunge i -70/-50 mV si genera unimprovvisa modificazione conformazionale della porta di attivazione, che la fa
scattare nella posizione di apertura. Questo si definisce stato attivato e la membrana diventa da 500 a 5000 volte pi
permeabile.
Lo stesso aumento di voltaggio che induce lapertura della porta di attivazione provoca anche la chiusura della porta di
inattivazione. Tuttavia, la chiusura di questa porta avviene alcuni decimi di millisecondo dopo lapertura della porta di
attivazione. Una caratteristica molto importante del processo di inattivazione del canale del sodio che la porta non si
riaprir di nuovo finch il potenziale di membrana non sar tornato al livello originario del potenziale di riposo. E
pertanto impossibile che i canali del sodio si aprano di nuovo senza che prima si sia ripolarizzata la fibra nervosa.
Per quanto riguarda i canali per il potassio, durante lo stato di riposo essi sono chiusi. Quando il potenziale di
membrana sale da -90 mV in direzione dello zero, si attua per effetto della variazione di voltaggio una lenta
modificazione conformazionale che provoca lapertura della porta: aumenta cos la diffusione di potassio verso
lesterno.
6


RUOLO DEL CALCIO
Le membrane di quasi tutte se non di tutte le cellule dellorganismo hanno una pompa del calcio simile alla pompa del
sodio. In modo analogo alla pompa del sodio, questa pompa del calcio trasporta ioni calcio dal citoplasma allesterno
della cellula (o nel reticolo endoplasmatico) creando un gradiente di ioni calcio di circa 10000 volte.
La concentrazione degli ioni calcio nel liquido extracellulare ha una forte influenza sul valore del voltaggio al quale i
canali del sodio vengono attivati. Quando esiste un deficit di ioni calcio, infatti, basta un lievissimo aumento del
potenziale di membrana oltre il normale livello di riposo per aprire i canali del sodio. In queste condizioni, perci, la
fibra nervosa diventa altamente eccitabile. Ci pu portare addirittura allinsorgenza di scariche spontanee in molti
nervi periferici, che spesso inducono un quadro di tetania muscolare.
Si ritiene che gli ioni calcio influenzino i canali del sodio legandosi alla superficie esterna della proteina canale: le
cariche positive degli ioni calcio altererebbero lo stato elettrico della proteina canale, e farebbero cos aumentare il
livello del voltaggio richiesto per lapertura della porta.

VELOCITA DI PROPAGAZIONE
Con laumentare della distanza percorsa dalla corrente che si genera nellassone diminuisce la differenza di potenziale
in virt delle resistenze che tale corrente incontra lungo il suo percorso. Con si intende la distanza percorsa da una
corrente di voltaggio iniziale V
0
quando presenta un voltaggio uguale a (1/e)V
0
.
La velocit di propagazione dipende sia dalle propriet fisiche dellassone ( e capacit) che dalle caratteristiche
chimiche. Ci sono assoni che conducono a 0,5 m/s ed altri che arrivano a 30 m/s.
Per quanto riguarda il fattore , nel movimento di una corrente nel citoplasma ci sono due fattori da considerare: la
resistenza del citoplasma stesso, che ostacola il movimento e che quindi necessit di un calo di potenziale per essere
battuta, e la resistenza della membrana che ostacola il fluire delle cariche allesterno e quindi che preserva il potenziale.
In base a ci:
= (R
m
/R
i
)
1/2

Se R
m
elevata allora la corrente pu compiere un grande tratto e preservare ancora unintensit sufficiente per
determinare lapertura dei canali voltaggio dipendenti, se invece R
i
maggiore di R
m
la corrente tende a localizzarsi.
R
i
dipendente dalla sezione dellassone: essa diminuisce al crescere del diametro. Di conseguenza anche la velocit di
propagazione funzione del raggio dellassone: pi esso grande e pi velocemente propaga gli stimoli.
Anche R
m
varia in funzione del raggio dellassone, ma mentre essa diminuisce in maniera lineare con laumentare del
raggio dellassone, R
i
varia col quadrato del raggio (in sostanza R
m
funzione della circonferenza, R
i
della sezione). Di
conseguenza leffetto netto che con laumento del raggio aumenta.
R
m
pu invece essere aumentata isolando lassone con la guaina mielinica. Lavvolgimento non varia il valore di R
i
ma
aumenta di 200 volte R
m
e quindi di ben 14 volte il valore di .
Inoltre, in seguito allavvolgimento dellassone con la guaina mielinica, diminuisce anche la capacit totale a 1/200
essendo essa il reciproco della resistenza. Come detto anche la capacit un parametro in grado di modificare la
velocit di conduzione poich
minore la capacit meno ioni
devono muoversi per generare una
determinata d.d.p.
In un assone mielinizzato la
conduzione dellimpulso
saltatoria perch le correnti si
distribuiscono tra un nodo di Ranvier
allaltro. Nel nodo sono presenti le
pompe del sodio che amplificano il
potenziale.
Un assone privo di guaina non pu raggiungere una velocit di conduzione superiore al 1,5 m/sec, mentre se la fibra
mielinizzata allora si pu facilmente superare i 30 m/s.

SINAPSI DEL SNC

RECETTORI E MEDIATORI
Una cellula nervosa pu ricevere 10.000 sinapsi. Ogni sinapsi libera una quantit di mediatore: lazione di una singola
sinapsi molto limitata. Considerando che ci sono 10
13
cellule nervose e che ognuna riceve 10
4
sinapsi ci sono in totale
10
17
sinapsi. Il numero di possibili vie di trasmissione di un impulso enorme 10
800
(per confronto nelluniverso ci sono
10
100
atomi). Ci sono alcuni elementi che contraggono sinapsi con un solo neurone, come le fibre rampicanti del
cervelletto, ma si tratta per lo pi di uneccezione.
Le sinapsi del SNC possono essere distinte in due grandi categorie: iperpolarizzanti (inibitorie) e depolarizzanti
(eccitatorie). Le sinapsi iperpolarizzanti determinano di solito un afflusso di cloro nel citoplasma, con conseguente
diminuzione del potenziale transmembrana.

7

Vi sono diversi tipi di mediatori nel SNC:
Aminoacidi eccitatori, principalmente glutammato ed aspartato (il 70% delle sinapsi della corteccia sono
depolarizzanti e funzionano su queste basi):
GABA, acido v-aminobutirrico, il mediatore inibitore della corteccia (20% di sinapsi).
Glicina: un iperpolarizzante che funziona a livello spinale;
Dopamina, serotonina, istamina, acetilcolina, catecolamine: pi che variare le conduttanze modulano il
metabolismo post-sinpaptico. Ci significa che questi neurotrasmettitori possono agire su recettori diversi con un
effetto diverso a seconda del tipo di recettore.
I recettori per il glutammato e laspartato vengono divisi in recettori AMPA, in INMDA e infine in recettori
metanotropici. Gli AMPA e INMDA sono ionotropi, perch variano le conduttanze. I metabotropici invece sono quelli
che agiscono sul metabolismo intracellulare.
I recettori AMPA aumentano la conduttanza per il sodio ed il potassio, gli INMDA per il sodio ed il calcio. In
questultimo caso gli effetti non si limitano quindi alla sola membrana, ma possono anche essere citoplasmatici.
Tuttavia, perch un recettore INMDA possa esplicare la sua funzione, necessario che la cellula sia gi stata eccitata.
I recettori per il GABA sono ancora pi complessi. Essi possiedono tutti una subunit che gli conferisce sensibilit ai
farmaci barbiturici.
Di recettori per la serotonina ce ne sono di diversi tipi. Ci sono 7 recettori metabotropici: 3 che determinano una
diminuzione dei livelli di cAMP, due che aumentano i livelli di cAMP e due che agiscono sui livelli di IP3. C inoltre
un recettore ionotropo.
La serotonina deriva dal triptofano. Questo neurotrasmettitore subisce un processo di accumulo e, dopo la sua
secrezione, di recupero.
I recettori per le catecolamine sono di quattro tipi:

1
e
2
che determinano un aumento del cAMP, u
1
che determina una diminuzione dei livelli di cAMP e u
2
che
determina un aumento dei livelli di calcio e che quindi attiva la fosfolipasi C.
I recettori per lacetilcolina sono invece di due tipi, i nicotinici che determinano un aumento della conduttanza per
calcio e sodio ed i muscarinici, tipici dei gangli del simpatico, che oltre ai due precedenti effetti diminuiscono la
conduttanza per il potassio.
Il processo con cui si liberano questi mediatori molto complesso e permette degli interventi farmacologici. Le
catecolamine derivano dalla tirosina (tirosina ---) dopa ---) dopamina ---) noradrenalina). La noradrenalina viene
immagazzinata in vescicole. La noradrenalina non viene degradata dopo che stata secreta ma viene poi riutilizzata
oppure ossidata dallenzima MAO (monoaminoossidasi) con la formazione di prodotti di scarto.
A interferire con la trasmissione del segnale possono agire dei peptidi con azione di neuromodulazione: mentre per il
neurotrasmettitore lazione veloce, per i modulatori leffetto non del tutto chiaro. Queste sostanze non vengono
rapidamente degradate ma possono diffondere ed agire anche in cellule distanti. Questi peptidi non sono esclusiva del
SNC ma per esempio si trovano nel sistema gastroenterico.
Di alcuni di questi peptidi si hanno conoscenze pi vaste. Essi sono gli oppiodi endogeni, che sono proteine con
capacit analgesiche. Questi sono divisi in tre grandi categorie: le encefaline, le endorfine e le dinorfine.
Queste sostanze hanno una variet di recettori:
= morfina/naloxone (si usa nelle terapia delle tossicodipendenze)
o = endorfine

PROPRIETA DELLE SINAPSI
Sommazione spaziale: due potenziali contemporanei dovuti a due stimoli diversi si sommano;
Sommazione temporale: due potenziali insorti in tempi diversi, siano essi eccitatori o inibitori, possono sommarsi
tra loro;
Potenziamento a lungo termine (LTP): consiste nel fatto che se un neurone va ad attivare continuamente due
sinapsi ad alta frequenza si osserva che lefficienza aumenta. La sinapsi resta potenziata anche per ore o giorni;
Inibizione presinaptica: mentre uno stimolo inibitorio sul dendrite o sul corpo cellulare si somma algebricamente
agli altri stimoli, una sinapsi che agisce sul dendrite a monte della sinapsi del dendrite funziona come un
interruttore che pu o meno fare passare lo stimolo.

8
SCHEMI DI FISIOLOGIA

IL MUSCOLO

IL MECCANISMO DELLA CONTRAZIONE

ANATOMIA FUNZIONALE DEL MUSCOLO SCHELETRICO

La muscolatura scheletrica rappresenta circa il 40% del peso corporeo mentre la muscolatura liscia e cardiaca ne
costituiscono un altro 10%.
Il sarcolemma la membrana cellulare della fibra muscolare. Esso costituito da una membrana cellulare propriamente
detta e da un rivestimento esterno formato da un sottile strato di materiale polisaccaridico, contenente numerose fibre di
collagene IV. Alle estremit della fibra muscolare questo strato esterno del sarcolemma si fonde con una fibra tendinea,
le fibre tendinee a loro volta si riuniscono a formare i tendini muscolari che si inseriscono alle ossa.
Ogni fibra muscolare contiene da parecchie centinaia a molte migliaia di miofibrille. Ogni miofibrilla contiene luna
accanto allaltra 1500 filamenti di miosina ed un numero doppio di filamenti di actina.
I filamenti di actina e di miosina sono tra loro interdigitati, sicch le miofibrille presentano bande chiare alternate a
bande scure. Le bande chiare contengono essenzialmente filamenti di actina e sono chiamate bande I, le bande scure
(bande A) invece sono formate da filamenti di miosina e dai segmenti dei filamenti di actina che ad essi sono
sovrapposti.
I filamenti di actina si attaccano con una estremit al cosiddetto disco Z. Il disco Z costituito da proteine filamentose
diverse dai filamenti di actina e di miosina, attraversa tutto lo spessore della miofibrille ed in continuazione con i
dischi Z delle miofibrille adiacenti, determinando cos una continuit dei dischi per tutto lo spessore di una fibra
muscolare. La porzione di miofibrilla compresa tra due successivi dischi Z viene detta sarcomero.

DINAMICA DELLA CONTRAZIONE
Lavvio ed il corso della contrazione avvengono secondo questa sequenza di eventi:
1. un potenziale dazione viaggia lungo un motoneurone sino alle sue terminazioni sulle fibre muscolari;
2. ad ogni terminazione il nervo secerne una piccola quantit di acetilcolina;
3. lacetilcolina agisce su unarea circoscritta della membrana della fibra muscolare provocando l'apertura di numerosi
canali proteici acetilcolina dipendenti;
4. lapertura di questi canali consente lingresso massivo di ioni sodio nella fibra muscolare e ci determina
linsorgenza del potenziale dazione;
5. il potenziale dazione depolarizza la membrana della fibra muscolare propagandosi anche in profondit nella fibra
stessa. A questo livello provoca la liberazione dal reticolo sarcoplasmatico di ioni calcio;
6. gli ioni calcio innescano un processo che d origine ad una forte attrazione tra i filamenti di actina e di miosina, che
slittano gli uni sugli altri dando il via al processo contrattile. Ci avviene grazie al legame del calcio ad una delle
tre subunit di cui composta la troponina, la troponina C, il quale spiazza il complesso tropomiosina-troponina
che, nello stato di riposo, impedisce il legame dellactina alle teste di miosina. Lattacco della testa ad un sito attivo
provoca contemporaneamente la flessione della testa sul filamento di miosina cui appartiene. Successivamente si
verifica il cosiddetto colpo di forza che riporta langolo tra la testa ed il filamento di miosina alla posizione di
partenza. Subito dopo il colpo di forza la testa si stacca dal sito attivo e si lega ad un nuovo sito posto pi avanti
lungo il filamento di actina.
La contrazione avviene solo in presenza di ATP. Anche nello stato di riposo le teste dei ponti trasversali legano ed
idrolizzano lATP. LADP ed il P
i
non vengono per liberati. Una volta che il complesso troponina-tropomiosina si
stacca dallactina le teste trasversali si legano allactina e realizzano il colpo di forza grazie allenergia
immagazzinata dalla precedente idrolisi dellATP. Una volta che la testa del ponte trasversale si flessa, lADP ed
il P
i
, che erano ancora legati alla testa, vengono rilasciati ed una nuova molecola di ATP di lega. Questo legame
consente il distacco della testa della miosina dallactina (se lATP insufficiente allora questo distacco non pu
avvenire: questo il meccanismo alla base del rigor mortis);
7. dopo una frazione di secondo, gli ioni calcio vengono richiamati, tramite una pompa di membrana, allinterno del
reticolo sarcoplasmatico dove rimangono fino allinsorgere di un nuovo potenziale dazione. Con la rimozione
degli ioni calcio cessa anche la contrazione muscolare.
Quando il sistema nervoso centrale invia un debole segnale per far contrarre un muscolo, le unit motorie nel muscolo
con il minor numero di fibre o con fibre pi piccole (fibre lente) vengono stimolate pi facilmente. Man mano che
lintensit del segnale aumenta, aumenta anche il numero di unit motorie reclutate. Questo fenomeno viene chiamato
principio della dimensione ed importante perch ne discende la possibilit di graduare la forza del muscolo.
Per quanto riguarda la frequenza del segnale, a valori normali le singole scosse muscolari si susseguono luna allaltra
con frequenze di 10-20 al secondo. Quando la frequenza aumenta si raggiunge un punto in cui ogni nuova contrazione
inizia prima che la precedente si sia esaurita. Di conseguenza la seconda contrazione si somma parzialmente alla prima
cosicch la forza della contrazione aumenta progressivamente con laumentare della frequenza. Quando la frequenza
9
raggiunge un livello critico, le contrazioni avvengono cos rapidamente che esse si fondono insieme e non sono pi
distinguibili le une dalle altre. Questo stato viene definito tetanizzazione e rappresenta la frequenza cui si raggiunge il
massimo della forza di contrazione.
Molecolarmente la tetanizzazione avviene perch nellintervallo tra i potenziali dazione che si succedono rimane nel
sarcoplasma una concentrazione di calcio sufficiente a mantenere la contrazione senza consentire il rilasciamento del
muscolo.

LE GIUNZIONI NEUROMUSCOLARI
Ogni fibra nervosa si ramifica pi volte per stimolare da tre a diverse centinaia di fibre muscolari. La terminazione
nervosa forma una giunzione con la fibra muscolare, detta giunzione muscolare, circa a met della lunghezza della fibra
e da questa il potenziale dazione si propaga in entrambe le direzioni, verso le due estremit della fibra. Ad eccezione di
circa il 2% delle fibre, esiste una sola giunzione per fibra muscolare.
Le ramificazioni della fibra nervosa formano alla loro estremit un complesso di bottoni terminali nervosi, che si
invaginano nella fibra muscolare pur restando allesterno della membrana plasmatica della fibra stessa. Lintera
struttura si chiama placca motrice ed coperta da una o pi cellule di Schwam.
Ogni volta che un impulso nervoso giunge alla giunzione muscolare, circa 125 vescicole di acetilcolina vengono
svuotate dai bottoni terminali nello spazio sinaptico. Quando esse si legano ai loro specifici recettori, si aprono i canali
del sodio che danno inizio al processo di contrazione precedentemente descritto.
Molte sostanze, tra cui la metilcolina, il carbacolo e la nicotina, sono in grado di produrre lo stesso effetto
dellacetilcolina sulla fibra muscolare. La differenza tra queste sostanze e lacetilcolina sta nel fatto che esse non sono
distrutte dalla colinesterasi o lo sono molto lentamente, per cui quando vengono applicate ad una fibra muscolare la loro
azione persiste per molti minuti o anche diverse ore.
Un gruppo di sostanze, noto come sostanze curarizzanti, in grado di impedire la propagazione degli impulsi dalla
placca al muscolo.
Ci sono infine sostanze come la neostigmina che inattivano lacetilcolinestarasi. Ne consegue che lacetilcolina aumenta
ad ogni impulso e si accumula fino a livelli tali da eccitare ripetitivamente la fibra muscolare. Si induce cos uno
spasmo muscolare anche quando solo pochi impulsi raggiungono il muscolo.
La miastenia grave una malattia che provoca paralisi per incapacit delle giunzioni neuromuscolari di trasmettere alla
fibra muscolare gli impulsi nervosi. Si ritiene che questa malattia sia dovuta ad auto-anticorpi contro i canali ionici
attivati da acetilcolina.

LE CARATTERISTICHE DEL MUSCOLO
La forza di contrazione che in grado di sviluppare un muscolo dipendente dalla lunghezza iniziale del sarcomero.
Difatti, poich il grado di tensione che in grado di sviluppare un muscolo direttamente proporzionale al numero di
ponti trasversali che interagiscono con lactina, esiste una lunghezza del sarcomero (2 m) in cui vi il massimo
numero di ponti miosinici che interagiscono con lactina. Diminuendo la lunghezza del sarcomero le estremit dei due
filamenti di actina cominciano a sovrapporsi cos che un certo numero di siti attivi vengono ad essere inutilizzabili: la
forza di contrazione diminuisce.
Continuando con laccorciamento si verifica il ripiegamento delle estremit dei filamenti di miosina e la tensione crolla.
Analogamente se la lunghezza iniziale supera il valore di 2 m i ponti trasversali situati al centro della miosina non
interagiscono con i filamenti di actina e la forza esercitata inferiore a quella massima.
Per quanto riguarda la relazione tra velocit di contrazione e carico, un muscolo in assenza di carico si contrae con
estrema velocit per raggiungere uno stato di completa contrazione in circa 0,1 secondi. Quando invece al muscolo si
applicano dei carichi, la velocit di contrazione si riduce progressivamente con laumentare del carico.
Ogni muscolo del corpo costituito da un mosaico di fibre muscolari rapide e lente, ed altre con caratteristiche
intermedie tra questi due estremi. I muscoli che si contraggono molto rapidamente sono composti prevalentemente da
fibre rapide con solo una piccola percentuale di fibre di tipo lento. Al contrario, i muscoli che rispondono con
contrazioni lente e prolungate sono composti principalmente da fibre lente. Le differenze tra questi due tipi di fibre
sono:
Fibre rapide (fibre bianche): sono fibre grandi, con un reticolo sarcoplasmatico pi sviluppato in maniera che vi sia
un rapido rilascio di ioni calcio. Il metabolismo ossidativo in queste cellule meno importante per cui lirrorazione
relativamente scarsa e i mitocondri sono pochi, ma vi sono ampi depositi di glicogeno e un elevata quantit degli
enzimi gli colitici;
Fibre lente (fibre rosse): sono fibre pi piccole che hanno un numero di mitocondri molto elevato e una
vascolarizzazione sanguigna pi ricca. Queste fibre sono dette rosse perch vi un elevato contenuto di
mioglobina.

BIOENERGETICA DEL MUSCOLO

RENDIMENTO E FONTI DI ENERGIA
Il muscolo scheletrico pu essere considerato una macchina che trasforma energia chimica in energia meccanica. Il
rendimento, nelle condizioni migliori, raggiunge il 20/25%.
Il massimo rendimento si realizza solo quando il muscolo si contrae a velocit moderata. Se il muscolo si contrae molto
lentamente o senza alcun movimento, durante la contrazione di libera una grande quantit di calore di mantenimento,
10
anche se il lavoro poco, per cui si riduce il rendimento. Se daltra parte la contrazione avviene troppo rapidamente
gran parte dellenergia viene spesa per vincere lattrito dovuto alla viscosit intrinseca del muscolo ed anche in questo
caso il rendimento basso. Normalmente il massimo del rendimento lo si ha quando la velocit della contrazione pari
a circa il 30% di quella massimale.
Le fonti di energia sono tre: esiste una concentrazione di ATP preformata che pu essere utilizzata direttamente. Oltre a
questa esiste un altro composto ricco di energia che la fosfocreatina (ATP + CR = ADP +P
C
CR. Reazione di Lowman,
molto rapida). La concentrazione intramuscolare di fosfocreatina si pu sommare a quella di ATP. Nel loro insieme
ATP e fosfocreatina si chiamano fosfogeno muscolare.
La concentrazione di ATP presente nella fibra muscolare, circa 4 mM, sufficiente a mantenere una contrazione
completa per 1 o 2 secondi al massimo. La fosfocreatina invece garantisce una riserva energetica maggiore, anche se
limitata.
Oltre al fosfogeno altre fonti energetiche sono la glicolisi anaerobica, che ha come conseguenze la produzione di acido
lattico, e soprattutto il metabolismo aerobico. La glicolisi crea per un tale accumulo di prodotti terminali nelle fibre
muscolari che, da sola, sarebbe in grado di sostenere una contrazione massimale per un solo minuto.
Le prime due fonti energetiche (fosfogeno e glicolisi) sono fonti anaerobiche e si chiamano rispettivamente meccanismo
anaerobico alattacido e meccanismo anaerobico lattacido. Evidentemente il fosfogeno utilizzato per primo essendo
una fonte di ATP gi disponibile.

LAVORO AEROBICO ED ANAEROBICO
In un lavoro esplosivo (intenso ma di breve durata) il metabolismo aerobico non riesce immediatamente a far fronte
alle necessit energetiche dal momento che lefficienza ancora del 50% dopo 30 secondi di lavoro. Lenergia che in
questi casi non fornita dallossigeno invece fornita dal fosfogeno muscolare: si crea perci un debito di ossigeno
alattacido.
Il meccanismo alattacido diventa predominante negli esercizi intensi ma di breve durata: il consumo di ossigeno in
questi casi praticamente trascurabile. La potenza massima che si pu ottenere utilizzando il meccanismo anaerobico
alattacido del 75% pi elevata di quella che si pu ottenere sfruttando unicamente il metabolismo aerobico.
Il motivo per cui il consumo di ossigeno segue una cinetica pi lenta linerzia con cui entrano in moto gli enzimi. La
velocit con cui sale il consumo di ossigeno anche dipendente dal carico di lavoro (con carichi particolarmente intensi
e nei soggetti allenati la massima efficienza, detta T/2, si pu raggiungere anche solo dopo 15/20 secondi). Alla fine del
lavoro muscolare il consumo di O
2
rimane pi elevato per un certo tempo, cos da riformare i fosfogeni utilizzati
allinizio (fase di pagamento). E proprio dal consumo extra di ossigeno che si stima il debito di ossigeno alattacido.
Oltre al meccanismo alattacido, se viene compiuto un lavoro intenso in condizioni di relativa ipossia entra in gioco il
meccanismo anaerobico lattacido: il debito che si accumula nella prima parte , di conseguenza, sia lattacido che
alattacido. Analogamente un debito lattacido si pu creare se le altre due risorse energetiche sono insufficienti a
supplire ad un lavoro particolarmente intenso.
Il pagamento del debito alattacido ha un tempo di dimezzamento di 30 secondi mentre, per quanto riguarda il debito
lattacido, T/2 intorno ai quindici minuti.
A prescindere dal debito accumulato, c una componente di origine sconosciuta che porta ad un lieve aumento del
metabolismo basale dopo uno sforzo fisico che perdura per ore.
Lacido lattico viene in parte riconvertito a glicogeno ed in parte ossidato per fornire lenergia necessaria per la risintesi
del glicogeno (non si sa quali siano le reciproche percentuali). Il pagamento del debito termina quando le concentrazioni
di acido lattico e glicogeno tornano ai valori normali.
Leffetto locale dellacidosi lattica quello di rallentare gli enzimi ed esso responsabile della fatica.
Il carico di lavoro oltre il quale comincia a comparire un debito lattacido significativo si chiama soglia anaerobica.
Il debito di ossigeno alattacido indipendente dalla durata del lavoro muscolare ma dipende solo dal carico di lavoro
imposto. Invece il debito lattacido dipende sia dallintensit del lavoro che dalla sua durata.
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Il parametro fondamentale per definire la soglia anaerobica il massimo consumo dossigeno: per carichi di lavoro pari
o inferiori al massimo consumo dossigeno, salvo nel primo periodo in cui vengono utilizzati i fosfogeni finch il
sistema non entra a regime, il metabolismo quasi esclusivamente aerobico.
Il massimo consumo di ossigeno pi alto nei maschi che nelle femmine (circa 3,5 litri contro 2,5 litri a 20 anni).
Questo valore perlopi un fatto innato, che con lallenamento si pu migliorare solo di un 15/20%.
Un lavoro aerobico in teoria, se le riserve energetiche fossero infinite, potrebbe essere sostenuto per un tempo illimitato.
In realt poi subentra un tipo di fatica che indipendente da fattori energetici.

IL MUSCOLO LISCIO

TIPI DI MUSCOLO LISCIO
La muscolatura liscia pu essere distinta in due tipi:
Muscolatura liscia multiunitaria: composta da fibre muscolari ben distinte. Ogni fibra agisce indipendentemente
dalle altre ed spesso innervata da una singola terminazione nervosa, come avviene nel muscolo scheletrico: di
conseguenza ogni fibra pu contrarsi indipendentemente dalle altre ed prevalentemente sotto il controllo nervoso.
Esempi di muscolatura liscia multiunitaria sono le fibre dei muscoli delliride ed i muscoli erettori del pelo;
Muscolatura liscia unitaria: il termine unitario pu generare confusione perch non vuole riferirsi ad una singola
fibra muscolare ma, al contrario, ad una massa muscolare composta da un numero variabile di fibre (da alcune
centinaia a diversi milioni) che si contraggono assieme come una singola unit. Ci dovuto al fatto che le
membrane cellulari sono unite da giunzioni gap, attraverso le quali possono fluire gli ioni. Questo tipo di muscolo
liscio, detto sinciziale, quello di gran lunga pi diffuso nei visceri del corpo.
Ci sono anche tessuti muscolari lisci che presentano caratteristiche intermedie, come quello del deferente.

LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO LISCIO
Le stesse interazioni tra i filamenti di miosina e di actina che producono la contrazione nel muscolo scheletrico sono
responsabili anche della contrazione del muscolo liscio ma lorganizzazione delle fibre muscolari lisce completamente
diversa. Inoltre il muscolo liscio non contiene il complesso delle troponine, per cui anche il meccanismo di controllo
della contrazione diverso.
Lorganizzazione dei miofilamenti nel muscolo liscio caratterizzata dalla presenza dei corpi densi, alcuni dei quali
attaccati alla membrana cellulare ed altri dispersi nel citoplasma ma mantenuti in sede da unimpalcatura strutturale, che
danno attacco ai filamenti di actina.
Alcuni corpi densi di membrana di due cellule adiacenti sono collegati tra loro mediante ponti proteici. E
prevalentemente tramite questi ponti che la forza della contrazione viene trasmessa da una cellula a quella adiacente.
In mezzo a molti filamenti di actina nella fibrocellula si trovano anche alcuni filamenti di miosina.
Come avviene nel muscolo scheletrico, levento che d lavvio alla contrazione nel muscolo liscio laumento della
concentrazione intracellulare degli ioni calcio. Il muscolo liscio tuttavia possiede come proteina regolatrice non la
troponina bens la calmodulina.
Gli ioni calcio si legano alla calmodulina ed il complesso che si crea si lega alla miosina chinasi attivandola. La miosina
chinasi fosforila una delle catene leggere della miosina, detta catena regolatrice. Quando questa catena non fosforilata,
il ciclo di attacco e di distacco della testa della miosina sul filamento di actina non ha luogo, invece, quando la catena
regolatrice fosforilata, la testa acquista capacit di legarsi al filamento di actina dando lavvio allintero ciclo e alla
contrazione, come nel muscolo scheletrico.
Quando la concentrazione degli ioni calcio scende al di sotto di un livello critico, i processi descritti sopra si invertono
automaticamente, salvo per quanto riguarda lo stato di fosforilazione della testa della miosina. La defosforilazione
difatti richiede un altro enzima, la miosina fosfatasi. A questo punto il ciclo si arresta e la contrazione cessa.

CARATTERISTICHE DELLA CONTRAZIONE NEL MUSCOLO LISCIO
Nel muscolo liscio la velocit del ciclo dei ponti trasversali, cio il loro attacco allactina, il distacco ed il successivo
ristacco per un nuovo ciclo, molto pi bassa che nel muscolo scheletrico. In particolare la durata totale di una singola
contrazione di 1-3 secondi, circa 30 volte pi lunga della contrazione media di qualsiasi muscolo scheletrico.
Una possibile lentezza del ciclo potrebbe essere legata al fatto che le teste dei ponti trasversali hanno unattivit
ATPasica molto minore, con corrispondente rallentamento della velocit del ciclo.
Tuttavia nel muscolo liscio la frazione di tempo in cui i ponti trasversali rimangono attaccati allactina, che rappresenta
il fattore principale nel determinare la forza di contrazione, molto maggiore. Di conseguenza la velocit della
contrazione minore di quella del muscolo scheletrico, ma la forza sviluppata maggiore. Inoltre il grado di
contrazione pu essere modulato, non o tutto o niente come nel muscolo scheletrico, perch modulabile lafflusso
di calcio.
Una volta che il muscolo liscio ha sviluppato una contrazione completa, il grado di attivazione del muscolo pu anche
essere ridotto ad un livello molto pi basso di quello iniziale, senza che esso perda la capacit di sviluppare appieno la
sua forza contrattile. Inoltre, lenergia per mantenere questo stato spesso minima, a volte anche 1/300 di quella
necessaria ad un muscolo scheletrico per mantenere unanaloga contrazione muscolare. Questo fenomeno viene
chiamato meccanismo del chiavistello e la sua importanza sta nel fatto che esso permette il mantenimento del
muscolo liscio in contrazione tonica per ore, con basso consumo di energia e con un livello di eccitazione di origine
nervosa od ormonale molto basso.
12
A livello molecolare il meccanismo del chiavistello pu essere spiegato tenendo conto del fatto che quando sia la
miosina chinasi che la miosina fosfatasi sono completamente attivate la frequenza dei cicli delle teste di miosina e la
velocit di contrazione sono elevate. Quando invece diminuisce lattivazione di questi due enzimi diminuisce anche la
frequenza dei cicli, ma allo stesso tempo, a causa della minore attivazione degli enzimi le teste della miosina rimangono
attaccate al filamento di actina per una porzione sempre pi lunga del ciclo. Pertanto, rimane elevato il numero di teste
della miosina che ad ogni istante si trova attaccato al filamento di actina e poich proprio il numero totale di teste
attaccate che stabilisce la forza di contrazione, la tensione viene bloccata. Inoltre viene consumata poca energia
perch non vi movimento reciproco dei filamenti di actina e miosina.
Unaltra importante caratteristica del muscolo liscio, in particolare del tipo viscerale presente in molti organi cavi, la
sua capacit di tornare pressoch alla sua forza di contrazione originaria alcuni secondi o minuti dopo che stato
allungato o accorciato.
Questo fenomeno viene chiamato stress rilasciamento ed importante perch consente ad un organo cavo di
mantenere circa lo stesso grado di pressione allinterno del suo lume, indipendente dal suo raggio.
Il fenomeno dello stress-rilasciamento probabilmente strettamente correlato al meccanismo del chiavistello. Quando
un muscolo viene stirato, il meccanismo del chiavistello si oppone ad una variazione di lunghezza ma, con ripetuti e
successivi cicli delle teste della miosina, durante i secondi o i minuti che seguono, le teste si attaccano e staccano
spostandosi pi in l lungo i filamenti di actina. Pertanto, alla fine la lunghezza cambia mentre la tensione del muscolo
torna a livelli vicini a quelli originari, perch il numero di ponti trasversali che determina la forza contrattile pi o
meno lo stesso di prima.
Infine un ultima caratteristica del muscolo liscio che la concentrazione extracellulare degli ioni calcio fondamentale
per la contrazione. Quando essa scende a livelli bassi, la contrazione cessa quasi completamente.

IL CONTROLLO DELLA CONTRAZIONE
Il muscolo liscio pu essere stimolato a contrarsi da diversi tipi di segnali: stimoli nervosi, stimoli ormonali, stiramento
del muscolo stesso Ci dovuto al fatto che esso contiene nella membrana diversi tipi di recettori proteici che
possono dare avvio al processo contrattile. Unulteriore caratteristica del muscolo liscio, che lo differenzia da quello
scheletrico, la presenza di recettori proteici che inibiscono la contrazione.
Per quanto riguarda il controllo di tipo nervoso, c innanzitutto da sottolineare come le fibre nervose del sistema
neurovegetativo che innervano il muscolo liscio si ramifichino diffusamente sulla superficie di una lamina di fibre
muscolari. Nella maggior parte dei casi le fibre nervose non prendono contatto diretto con le fibre muscolari ma
formano le cosiddette giunzioni diffuse, che secernono la loro sostanza neurotrasmettitrice direttamente nella matrice
che avvolge il muscolo liscio. Dove poi esistono vari strati di cellule, le fibre nervose spesso innervano solo la lamina
pi esterna e lo stato di eccitazione si trasmette da questo strato a quelli pi interni per conduzione diretta del potenziale
dazione o per diffusione successiva della sostanza neurotrasmettitrice.
I mediatori chimici sono la noradrenalina e lacetilcolina: esse possono essere sia inibitorie che eccitatorie ma
generalmente i loro effetti sullo stesso tessuto sono opposti.
Nelle normali condizioni di riposo il potenziale di membrana di solito compreso tra i -50 e i 60 mV (30 mV meno
negativo di quello del muscolo scheletrico). Nel muscolo liscio unitario i potenziali dazione si generano nello stesso
modo che nel muscolo scheletrico. I potenziali dazione di questo tipo di muscolo liscio si presentano in due forme
diverse:
1. Potenziali a punta, tipici anche del muscolo scheletrico;
2. Potenziali dazione con plateau: linizio di questo tipo di potenziale dazione simile a quello di un potenziale a
punta ma la ripolarizzazione impiega anche un secondo.
Alcuni muscoli lisci sono autoeccitabili, cio il potenziale dazione insorge spontaneamente nel muscolo senza alcuno
stimolo esterno. Questo fenomeno associato spesso con un ritmo basale ad onde lente: quando, in seguito ad unonda
lenta, il potenziale raggiunge il potenziale soglia di -35 mV, allora si sviluppa la contrazione.
Non nota la causa del ritmo ad onde lente. Unipotesi che queste onde siano dovute a oscillazione nellattivit della
pompa sodio/potassio posta nella membrana della fibra muscolare. Unaltra possibilit che la conduttanza dei canali
ionici aumenti e diminuisca ritmicamente.
Quando il muscolo liscio unitario viene sufficientemente stirato, di solito si generano in modo spontaneo dei potenziali
dazione. Essi derivano da normali potenziali dazione ad onda lenta a cui si aggiunge un aumento del potenziale di
membrana provocata dallo stiramento stesso.
Probabilmente almeno la met delle contrazioni della muscolatura liscia non sono indotte da potenziali dazione ma da
fattori stimolanti (ormoni od altre sostanze) che agiscono direttamente sul meccanismo contrattile del muscolo liscio.
La sostanza in questi casi agisce su un recettore di membrana che non provoca lapertura di canali ionici ma causa
variazioni allinterno della fibra, come per esempio il rilascio di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmatico, calcio che poi
provoca la contrazione.
Per inibire la contrazione invece vengono attivate le vie della adenilato ciclasi o della guanilato ciclasi. Il cAMP e il
cGMP che si formano hanno a loro volta numerosi effetti, come quello di modificare il grado di fosforilazione di alcuni
enzimi che indirettamente inibiscono la contrazione.
La guanilato ciclasi, in particolare, NO dipendente. Il radicale NO prodotto dalle sintetasi endoteliali: questo
meccanismo alla base della vasodilatazione peniena oppure di quella infiammatoria.

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SCHEMI DI FISIOLOGIA

IL CUORE

ASPETTI GENERALI
Il cuore un muscolo striato che differisce dai muscoli scheletrici per il fatto di essere involontario e per il fatto che la
sua attivit strettamente legata allattivit del sistema nervoso vegetativo. Anche la striatura stessa leggermente
diversa rispetto al muscolo scheletrico poich le triadi penetrano tra sarcomero e sarcomero.
Il cuore un muscolo costantemente in attivit: lunica sua fase di riposo rappresentata dalla diastole che dura circa 4-
500 msec (circa il doppio della sistole). Inoltre solo durante la diastole che si ha un significativo flusso coronario: ci
implica che nella tachicardia, durante la quale diminuisce soprattutto il tempo di diastole, si ha una minor perfusione.
Il cuore costituito da due pompe separate: quella di destra che spinge il sangue verso i polmoni e quella di sinistra che
lo spinge negli organi periferici. Latrio funziona principalmente come una debole pompa che aiuta il sangue a passare
nel ventricolo. Il ventricolo, invece, genera la massima forza per spingere il sangue nella circolazione polmonare e/o in
quella periferica.
La parete degli atri pi sottile di quella dei ventricoli. Inoltre lo spessore della muscolatura del ventricolo sinistro
molto maggiore di quella del ventricolo destro. Ma la differenze di pressione che le due parti del cuore sono in grado di
generare dovuto anche alle disposizione delle fibre: circolari nel ventricolo sinistro, semilunari nel ventricolo destro.
La gittata cardiaca la stessa per entrambi i ventricoli ma la pressione generata pi bassa. Di conseguenza,
considerando la I legge di Ohm (AP = RI), le resistenze dei due circoli polmonare e sistemico devono necessariamente
essere diverse: difatti la resistenza del circolo polmonare ben otto volte minore rispetto a quella del circolo sistemico.
Lattivit del cuore sostenuto dal circolo coronario. Il flusso che passa nelle arterie coronarie circa il 5% della gittata
totale (250 ml/min) mentre il consumo di O
2
di circa 10 ml/min * 100 g di miocardio. Il cuore anche in grado di
svolgere le proprie funzioni in anaerobiosi per un periodo di tempo limitato ma lacido lattico che si libera ostacola la
funzionalit cardiaca.

ASPETTI FUNZIONALI DEL MIOCARDIO
Nel cuore sono presenti tre tipi principali di miocardio: atriale, ventricolare e fibre specializzate nelle propriet
delleccitabilit e della conducibilit. Sia il miocardio atriale che quello ventricolare presentano una contrazione simile
a quella del muscolo scheletrico ma pi prolungata. presente, a livello delle valvole atrio-ventricolari e delle corde
tendinee dei muscoli papillari, tessuto connettivo.
Il miocardio un muscolo striato che presenta, tra fibra e fibra, delle particolari strutture dette dischi intercalari. La
resistenza elettrica dei dischi intercalari soltanto 1/400 di quella della membrana esterna delle fibre miocardiche. Ci
dovuto al fatto che le membrane si fondono una con laltra formando delle giunzioni permeabili che permettono la
libera diffusione degli ioni. Il miocardio si pu perci considerare un sincizio funzionale. Questo sincizio non tuttavia
solo elettrico ma anche meccanico dal momento che i dischi intercalari permettono anche la trasmissione da una cellula
allaltra della forza meccanica.
Il cuore in realt costituito da due sincizi: quello atriale, presente nelle pareti dei due atri, e quello ventricolare. Gli atri
sono infatti separati dai ventricoli dal tessuto fibroso che circonda le aperture valvolari. In condizioni normali, i
potenziali dazione passano dal sincizio atriale a quello ventricolare soltanto attraverso un sistema specializzato nella
conduzione definito fascio atrioventricolare. La divisione del miocardio in due sincizi funzionali permette agli atri di
contrarsi un tempuscolo prima dei ventricoli.

LECCITAZIONE MUSCOLARE
Il potenziale di membrana a riposo del miocardio varia tra i -85 mV e i -90mV mentre quello delle fibre di Purkinje
mostra valori tra i -90 e i -100 mV. Nellinstaurarsi del potenziale di azione il picco si registra a circa 20 mV.
Dopo il picco la membrana rimane depolarizzata per circa 0,2 secondi nel miocardio atriale e per 0,3 in quello
ventricolare. La presenza di tale plateau fa s che la contrazione muscolare possa durare da 3 a 15 volte di pi di quella
delle fibre del muscolo scheletrico. Dopo il plateau segue una rapida ripolarizzazione.
Nel miocardio di lavoro (per quello di conduzione vedi oltre) il potenziale dazione dovuto allapertura di due tipi di
canali:
1. canali rapidi per il sodio: sono gli stessi esistenti nel muscolo scheletrico. Rimangono aperti solo qualche
decimillesimo di secondo;
2. canali lenti per il calcio (o canali calcio-sodio). Questa seconda categoria di canali oltre ad aprirsi pi lentamente,
mantiene tale condizione per parecchi decimi di secondo e determina la comparsa della fase di Plateau (nellECG
corrisponde al tratto S-T) che nelle cellule del ventricolo particolarmente evidente.
Nel momento in cui vi il potenziale dazione, oltre agli ioni calcio liberati nel sarcoplasma dalle cisterne del
reticolo sarcoplasmatico, una cospicua quantit di ioni calcio diffonde allinterno nel sarcoplasma attraverso i
tubuli a T. Senza tale diffusione di calcio dallesterno la forza di contrazione miocardica sarebbe molto ridotta. Ci
perch il reticolo sarcoplasmatico molto meno sviluppato che nelle fibre muscolari scheletriche e non contiene
sufficiente calcio. Tuttavia nei tubuli T sono presenti molti mucopolisaccaridi a carica negativa, che legano
14
unabbondante quota di ioni calcio e che possono renderli disponibili per la diffusione verso linterno quando il
potenziale dazione interessa le membrana dei tubuli stessi. La forza di contrazione del miocardio di conseguenza
dipendente dalla concentrazione del calcio extracellulare.
Subito dopo la genesi del potenziale dazione la permeabilit di membrana delle fibre miocardiche al potassio
diminuisce di circa 5 volte rispetto alla condizione di riposo. Tale fenomeno non si verifica nel muscolo scheletrico. Ci
produce leffetto di limitare notevolmente luscita di ioni potassio nella fase di plateau, contribuendo allo stabilirsi della
fase stessa.
Il miocardio, come tutti i tessuti eccitabili, refrattario a stimoli applicati
durante il potenziale dazione. Questo periodo detto refrattario
assoluto ed particolarmente lungo (0,25-0,3 sec) in virt dellesistenza
del plateau. Ci implica che non ci pu essere nel cuore una significativa
sommazione delle contrazioni n, tanto meno, tetania.
Vi inoltre un periodo refrattario relativo, durante il quale il miocardio
mostra una maggiore difficolt nel venire eccitato: esso ha una durata di
circa 0,05 secondi.
Il periodo refrattario del miocardio atriale pi breve e dura circa 0,15
secondi.
La curva del potenziale dazione la seguente:
Fase 0: la fase in cui, grazie allapertura dei canali per il sodio, insorge il
potenziale dazione;
Fase 1: parziale ripolarzzazione dovuta alla diminuizione della
permeabilit di membrana al sodio;
Fase 2: plateau dovuto allaumento della permeabilit di membrana per il
calcio che frena la ripolarizzazione;
Fase 3: ripolarizzazione dovuto allaumento della permeabilit di
membrana per gli ioni potassio che fluiscono allesterno. Diminuisce al contempo la permeabilit di membrana per il
calcio;
Fase 4: fase di riposo. La pompa sodio/potassio e quella del calcio ristabilisce le concentrazioni ioniche ai due lati della
membrana. Si tenga conto che appena dopo la fase 3 vi il periodo refrattario relativo. Inoltre, come detto, le cellule
auto-eccitabili non possiedono un potenziale di riposo costante.

LA GITTATA CARDIACA
Pi di altri parametri cardiocircolatori la gittata cardiaca rappresentativa dellefficienza del cuore.

Q = q * f = 80 ml/b* 70 b/m = 5,6 l/m
Q = gittata cardiaca (volume di sangue espulso dal ventricolo nellunit di tempo. O meglio quantit di sangue che
perfonde una unit di sezione complessiva dellapparato circolatorio nellunit di tempo)
q = gittata pulsatoria (volume di sangue espulso dal ventricolo ad ogni sistole)

I due ventricoli sono tra di loro in serie ed inevitabile che la quantit di sangue che esce dal ventricolo sx sia uguale a
quella che arriva nellatrio dx e viceversa. Normalmente quindi la gittata pulsatoria dei due ventricoli uguale. Se ci
non avviene una quantit di sangue ristagner in uno dei due circoli.
Per misurare la gittata pulsatoria si possono usare due metodi:
1. Metodo di Fick: si basa sullassunzione che la quantit di ossigeno che entra nei polmoni nellunit di tempo sia
uguale alla quantit di ossigeno trasportata dallarteria polmonare sommata a quella che entra tramite la
respirazione. Questultima pu essere calcolata facilmente misurando il consumo di ossigeno durante latto
respiratorio. La quantit di ossigeno trasportato dallarteria polmonare uguale a Q * C
02V
(C
02V
= concentrazione
di O
2
nel sangue venoso misto). Il sangue dellarteria polmonare infatti rappresentativo del ritorno venoso di tutto
lorganismo. Nemmeno nellatrio destro il sangue perfettamente mescolato.
La somma delle due componenti sar uguale alla concentrazione di O
2
nel sangue della vena polmonare. Cos:
Q * C
02A
= Q * C
02V
+ VO
2
e di conseguenza Q = VO
2
/ differenza artero-venosa di O
2
Per misurare la C
02A
sufficiente un qualsiasi prelievo arterioso mentre per la C
02V
necessario il cateterismo
dellarteria polmonare.
Valori indicativi: V O
2
= 250 ml/min C
02V
= 15 ml/100 ml C
02A
= 20 ml/100 ml Q = 5 l/m
2. Metodo della diluizione di un indicatore e metodo della termodiluizione: per misurare la gittata cardiaca con il
metodo della diluizione dellindicatore viene iniettata una quantit di una sostanza, ad esempio un colorante, in una
grande vena o nellatrio destro. Poi viene misurata la concentrazione del colorante quando passa attraverso una
delle arterie periferiche costruendo una curva con in ascissa il tempo percorso ed in ordinata la concentrazione.
Poich parte del colorante ricircola la curva che si ottiene non va mai a zero: di conseguenza necessario compiere
una approssimazione. Integrando la curva si ottiene un rettangolo in cui si ottiene una media della concentrazione
del colorante (es. 0,25mg/100ml) e un tempo in cui esso transitato nel vaso (es. 12 sec). Allinizio
dellesperimento erano stati iniettati cinque mg di colorante. Per un sangue che contiene 0,25 mg/100 ml di
colorante necessario che 20 aliquote da 100 ml circolino in 12 secondi per trasportare tutti i 5 mg. Ci
corrisponde a 2 litri in 12 secondi, o a 10 litri al minuto.
15
IL CICLO CARDIACO

IL TRACCIATO POLIGRAFICO DEL CICLO CARDIACO
Il ciclo cardiaco costituito da tutti quei fenomeni che avvengono dallinizio di un battito allinizio del successivo.
Ogni ciclo inizia con linsorgenza spontanea di un potenziale dazione nel nodo seno-atriale. Il potenziale dazione, da
qui originato, si propaga attraverso gli atri e poi nei ventricoli attraverso il fascio atrioventricolare. Per via della
particolare disposizione del sistema di conduzione A-V, vi un ritardo di 0.1 secondi tra il passaggio degli impulsi dagli
atri ai ventricoli. Ci permette agli alri di contrarsi prima e di svolgere quindi la loro funzione di pompa dinnesco.

Tracciato elettrocardiografico:
A livello elettrocardiografico le varie fasi del ciclo cardiaco sono rappresentate come segue:
londa P dovuta al diffondersi della depolarizzazione negli atri ed seguita dalla contrazione;
circa 0.16 secondi dopo linizio dellonda P si osserva il complesso QRS che indica la depolarizzazione
ventricolare e precede la contrazione;
londa T correlata alla fase di ripolarizzazione quando le fibre miocardiche ventricolari iniziano a rilasciarsi. Essa
si genera poco prima del termine della sistole ventricolare.
Pressione atriale:
Innanzitutto si noti che le variazioni di pressione atriale possono essere misurate anche in una grossa vena (es.
flebogramma giugulare) non essendoci di fatto sostanziali variazioni.
londa A determinata dalla contrazione atriale. Di norma, nellatrio destro la pressione arriva fino a 4-6 mmHg e
in quello sinistro fino a 7-8 mmHg;
londa C si verifica quando iniziano a contrarsi i ventricoli. Essa dovuta principalmente allo spostamento delle
valvole A-V verso gli atri generato dallincremento pressorio ventricolare. In un cuore normale quando si inscrive
londa C lattivazione della muscolatura ventricolare determina la contrazione dei papillari la quale impedisce uno
spostamento eccessivo;
londa V si osserva nelle fasi terminali della contrazione ventricolare. Essa causata dal lento fluire del sangue
negli atri dalle vene a valvole A-V chiuse. Poi quando la contrazione ventricolare termina le valvole si aprono ed il
sangue fluisce nei ventricoli e scompare londa.
Pressione ventricolare:
Il ciclo comincia quanto la sistole termina, la pressione ventricolare scende verso i valori diastolici e il moderato
aumento pressorio negli atri induce una brusca apertura delle valvole A-V determinando un rapido flusso di sangue
nei ventricoli. Tale evento definito periodo di rapido riempimento ventricolare e dura circa per il primo terzo
della fase diastolica. Nel secondo terzo fluisce nei ventricoli soltanto una piccola quantit di sangue che rappresenta
quella parte che, in maniera continuativa, arriva agli atri dalle vene e passa direttamente nei ventricoli. Nellultimo
terzo vi la contrazione atriale che contribuisce per circa il 20% al riempimento ventricolare.
Durante la fase di diastole, il riempimento dei ventricoli porta il volume a valori, per ciascuno, di 110-120 ml di
sangue. Tale volume definito telediastolico e determina un aumento della pressione ventricolare da 0mmHg a 10-
12 mmHg (anche se lesatto valore dipende dalla compliance cardiaca = AV/AP)
16
Durante la fase di sistole, lo svuotamento ventricolare determina una diminuzione del volume di circa 80 ml. Tale
quantit definita gittata sistolica. Il rimanente volume di sangue definito telesistolico. La parte del volume
telediastolico che viene eiettata definita frazione di eiezione e di norma ammonta a circa il 65 %;
Dopo linizio della contrazione ventricolare, la pressione cresce rapidamente e ci causa la chiusura delle valvole
A-V. Poi, un tempo supplementare di 0,02 0,03 secondi richiesto al ventricolo per generare una pressione
sufficiente ad aprire le valvole semilunari, cio ad eguagliare la pressione presente in aorta o in arteria polmonare.
Siccome in questo periodo pur essendovi contrazione non vi svuotamento esso definito contrazione
isovolumetrica;
Quando la pressione nel ventricolo sinistro supera gli 80 mmHg e nel destro gli 8 mmHg si aprono le valvole
semilunari. Il sangue inizia a riversarsi fuori dai ventricoli e si ha circa il 70% di svuotamento nel primo terzo del
periodo di eiezione ed il rimanente 30% negli altri due terzi. Il primo terzo definito periodo di eiezione rapida e
gli altri due di eiezione lenta. Si noti che in questo periodo la pressione ventricolare leggermente inferiore a
quella aortica: il gap di energia colmato dallenergia cinetica che il cuore produce accelerando il sangue;
Al termine della sistole ventricolare inizia il rilasciamento e la pressione cade velocemente. Le valvole semilunari
si chiudono sotto il peso del sangue contenuto nelle arterie ma le valvole A-V rimangono chiuse fino a quando la
pressione allinterno del ventricolo non eguaglia quella degli atri. Vi pertanto una fase di rilasciamento
isovolumetrico in cui la pressione cala pur rimanendo costante il volume ventricolare;
Pressione aortica:
Lingresso del sangue nelle arterie provoca uno stiramento delle loro pareti e la pressione sale. Poi, al termine della
sistole, quando non vi pi eieizione, si chiude la valvola aortica e il ritorno elastico delle pareti arteriose fa in
modo che la pressione diminuisca in maniera molto dolce e comunque solo di poche decine di mmHg.
Si noti che la pressione aortica alla fine della sistole maggiore rispetto a quella allinizio della sistole perch nel
frattempo del sangue fluito nellarteria. Il valore di questa pressione intermedio tra i valori di pressione sistolica
e diastolica;
Quando la valvola aortica si chiude, nella curva della pressione arteriosa si verifica unincisura detta dicrota. Essa
causata da un breve flusso retrogrado avvenuto prima della chiusura della valvola aortica.
Il tracciato della pressione di unarteria periferica si chiama onda sfigmica. Esso caratterizzato da una fase
anacrota (aumento della pressione) e da una fase catatroca (diminuzione della pressione). In unarteria periferica il
tracciato non esattamente sovrapponibile a quello dellaorta. In particolare, a causa di complessi fenomeni di
sommazione delle onde che vengono trasmesse in periferia e poi parzialmente riflesse, lincisura dicrota acquista
maggiore ampiezza tanto da essere chiamata onda dicrota. Londa sfigmica si propaga dal cuore lungo i vasi ad una
velocit (dellordine dei m/s) il cui valore dipende dallelasticit delle pareti: pi rigida la parete arteriosa, pi rapida
la propagazione dellonda sfigmica. La velocit del sangue non va confusa con quella di propagazione dellonda
sfigmica, essendo infatti la prima dellordine dei cm/s nei vasi periferici.
Fonogramma:
Durante la sistole ventricolare, si pu udire un suono causato dalla chiusura delle valvole A-V. Esso ha una bassa
frequenza ed una lunga durata ed il primo tono cardiaco;
Al termine della sistole, quando si chiudono le valvole semilunari, si pu udire un rumore di scatto rapido. Tale
rumore il secondo tono cardiaco;
In alcuni casi si pu udire un tono atriale dovuto al fluire del sangue nei ventricoli:
Infine verso il termine del primo terzo della fase diastolica ventricolare, si pu auscultare il terzo tono cardiaco.
Esso causato probabilmente dal moto di tipo turbolento con cui il sangue fluisce nei ventricoli.
Eventuali rumori patologici sono detti soffi (soffio sistolico se si registra tra il 1 e il 2 tono, diastolico se si registra tra
il 2 e il 1 tono)

CARATTERISTICHE DELLE VALVOLE
Per ragioni strutturali i sottili lembi delle valvole A-V, a differenza di quanto avviene per le valvole semilunari,
praticamente non necessitano di un flusso retrogrado per chiudersi. Tuttavia i muscoli papillari devono tirare i lembi
delle valvole affinch non si verifichi un rigonfiamento troppo consistente verso gli atri, che pregiudicherebbe
laumento pressorio allinterno della camera ventricolare.
La valvole semilunari si chiudono di scatto e non in maniera dolce come le valvole A-V. Inoltre, a causa delle ridotte
aperture, la velocit di eiezione molto pi alta di quella che si registra nel flusso tra atrio e ventricolo.

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LA CURVA PRESSIONE VOLUME E IL LAVORO CARDIACO

Nel cuore la produzione di lavoro di due tipi:
1. la quota di gran lunga maggiore viene spesa per spingere il sangue dalle basse pressioni venose alle alte pressioni
arteriose. Essa definita lavoro volume-pressione. Questo lavoro di norma circa un sesto nel ventricolo destro
rispetto al ventricolo sinistro a causa delle diverse pressioni presenti nellaorta e nellarteria polmonare;
2. una quota molto minore (in condizioni basali soltanto l1% del totale) viene spesa per accelerare il sangue in
eiezione attraverso le valvole semilunari. Essa viene definita energia cinetica del flusso sanguigno. Il valore del
lavoro dato dal prodotto della massa di sangue eiettato per il quadrato della velocit di eiezione;
Analisi del diagramma volume-pressione:
1. periodo di riempimento: esso inizia ad un volume di circa 45 ml (volume telesistolico) ed ad una pressione di circa
0 mmHg. Al fluire del sangue dallatrio al ventricolo, il volume (telediastolico) raggiunge circa i 115 ml ed una
pressione di qualche mmHg;
2. periodo di contrazione isovolumetrica: durante tale periodo il volume non varia. Tuttavia la pressione
intraventricolare cresce fino a raggiungere il valore della pressione aortica, cio circa 80 mmHg;
3. periodo di eiezione: in questa fase la pressione aumenta ancora perch il ventricolo permane in contrazione.
Contemporaneamente vi una diminuzione del volume;
4. periodo di rilasciamento isovolumetrico: al termine del periodo di eiezione la valvola semilunare si chiude e la
pressione intraventricolare scende verso il valore diastolico, senza per variazione di volume.
Larea ombreggiata rappresenta il lavoro netto di gittata del ventricolo. Larea si ingrandisce quando il cuore pompa
elevate quantit di sangue. Essa si estende verso destra se il ventricolo si riempie di pi e verso lalto se genera
pressioni maggiori.
NOTA: precarico: grado di tensione del cuore allorch comincia a contrarsi (pressione telediastolica ventricolare);
postcarico: carico contro il quale viene esercitata la forza di contrazione (pressione dellarteria che si diparte
. . . dal ventricolo)
. rendimento del cuore: il rapporto tra lavoro e spesa energetica. In condizioni normali al massimo del 20-25 .
. % ma nellinsufficienza cardiaca esso pu scendere anche al 5 o 10%.

REGOLAZIONE DELLAZIONE DI POMPA DEL CUORE

LA LEGGE DI FRANK-STARLING
Il cuore possiede un intrinseco meccanismo di regolazione dellazione di pompa che va sotto il nome di legge di
Frank-Starling. Essa prevede che la quantit di sangue pompata dal cuore
sia in relazione al flusso che torna al cuore attraverso le vene (ritorno
venoso). In pratica il cuore in grado, entro certi limiti, di pompare nel
sistema arterioso tutto il sangue che ad esso ritorna (regolazione
eterometrica del miocardio). Questo perch pi il miocardio viene stirato
dal riempimento, pi alta la sua forza di contrazione. Questo effetto si
osserva anche nel muscolo scheletrico, ma mentre in quel caso si parla di
relazione tra lunghezza della fibra e forza che essa in grado di sviluppare,
nel caso del miocardio si parla piuttosto di relazione tra volume e pressione.
In particolare se aumenta il volume ventricolare telediastolico aumenta anche
la pressione telediastolica (pre-carico) in un rapporto definito dalla
Compliance Ventricolare (= AV/AP)
Nellatrio la pressione durante la diastole solo di poco pi alta del
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ventricolo e quindi la misura della pressione atriale telediastolica (o la pressione telediastolica delle grosse vene)
spesso considerata come un indice del riempimento ventricolare.
Si vede dal grafico che quando il volume telediastolico aumenta, e con esso la pressione telediastolica, la pressione che
quel cuore pu sviluppare con la sistole (pressione attiva) aumenta. Ci entro certi limiti (*) dopo i quali la pressione
sistolica massima diminuisce allaumentare della pressione di riempimento fino ad un punto (O) in cui il cuore non
pi in grado di sviluppare alcuna pressione attiva.
Questo si spiega considerando che laumentato stiramento del miocardio si riflette sui filamenti di actina e miosina. Se
ci succede si arriva ad un punto in cui tra actina e miosina vi un massimo numero di ponti trasversali che assicurano
la maggiore forza di contrazione. Ma se questo valore di stiramento viene superato allora i due filamenti cominceranno
ad essere troppo corti e il numero di ponti caler progressivamente.
Siccome un aumento della pressione nellaorta (post-carico) non causa diminuzione della gittata cardiaca finch la
pressione arteriosa media non sale oltre i 160 mmHg, la gittata cardiaca stabilita soltanto dal sangue che circola nei
tessuti, determinando questultimo il ritorno venoso al cuore. Difatti, osservando il grafico del lavoro cardiaco, si
osserva come ad un volume telediastolico normale il cuore sarebbe in grado di esercitare una pressione isovolumetrica
molto maggiore di quella richiesta normalmente per eguagliare la pressione aortica.
(Potenziamento extra-sistolico: se insorge un battito prematuro ventricolare quel battito inizier con un volume
telediastolico pi piccolo e di conseguenza la gittata pulsatoria sar minore. Tuttavia, al battito successivo, il
riempimento sar maggiore e di conseguenza anche la gittata pulsatoria.)


LINOTROPISMO E LE SUE VARIAZIONI
C unaltra propriet che il muscolo cardiaco condivide col
muscolo scheletrico, cio landamento della curva forza-
velocit: la velocit iniziale di contrazione si riduce se
aumenta il carico. E questa una caratteristica che dipende
dalle propriet del meccanismo contrattile: mentre la forza
isometrica massima che una fibra pu sviluppare aumenta
allaumentare del carico, diminuisce la velocit di
contrazione. La propriet che associa ad un determinato
carico la massima velocit di contrazione detta
inotropismo del muscolo.
Una variazione di inotropismo comporta un aumento della
gittata sistolica a parit di pre-carico.
Linterpretazione biochimica di questo fenomeno non
chiara. Per esempio leffetto inotropo positivo della
tachicardia forse dovuto al fatto che in ragione
dellaumentata frequenza cardiaca la concentrazione intra
citoplasmatica del calcio rimane elevata pi a lungo.
Numerosi agenti inotropi hanno infatti leffetto di aumentare
la concentrazione degli ioni calcio nel sarcoplasma.

REGOLAZIONE DELLA GITTATA PULSATORIA
In sostanza ci sono due fattori che possono modificare la potenza che possono esprimere le fibrocellule:
1. cambiamento della lunghezza iniziale delle fibre (regolazione eterometrica);
2. fattori inotropi che agiscono sulla velocit di contrazione (regolazione omeometrica).
Ecco i fattori che influenzano le due modalit di regolazione:
1. DISTENSIONE VENTRICOLARE (precarico)
a) Pressione intrapericardica: rappresenta un ostacolo al riempimento ventricolare;
b) Contrazione atriale: se aumenta aumenta anche il volume telediastolico;
c) Ritorno venoso: i fattori che lo determinano sono il tono venoso (una vasocostrizione diminuisce il ritorno
venoso perch aumenta le resistenze ma in fase acuta la vasocostrizione diminuisce di molto la capacit di
serbatoio delle vene e quindi aumenta il ritorno venoso);
d) Depressione intratoracica: allinterno del torace esiste una pressione di alcuni centimetri dacqua negativa.
Quanto pi profonda la respirazione tanto pi negativa diventa la pressione intratoracica. Ci ha anche
leffetto di risucchiare sangue dalle vene periferiche verso il torace e quindi di aumentare il ritorno venoso;
e) Pompa muscolare: limmobilit impedisce la contrazione meccanica delle vene degli arti e quindi la spremitura
del sangue verso il cuore.
2. IMPENDENZA AORTICA (postcarico)
3. CONTRATTILITA VENTRICOLARE (inotropismo)
a) Ortosimpatico e parasimpatico;
b) Alcuni ormoni hanno effetto inotropo positivo (catecolamine circolanti, glucagone, ormone tiroideo);
c) Tachicardia;
d) Farmaci (es digitale);
e) Ipossia, ipercapnia e acidosi hanno effetto inotropo negativo;
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f) Insufficienza cardiaca;
g) Perdita di miocardio.


REGOLAZIONE DELLA FREQUENZA CARDIACA
Fattori che determinano tachicardia:
Diminuita attivit dei barocettori in arterie, ventricolo sinistro e circolo polmonare;
Aumentata attivit dei recettori di stiramento atriale;
Inspirazione: leffetto dei cicli respiratori definito aritmia sinusale (sembra che impulsi che originano dal
centro truncale respiratorio diffondano al centro cardio-accelleratore);
Eccitazione;
Ira;
Quasi tutti gli stimoli dolorosi;
Ipossia;
Lavoro muscolare;
Noradrenalina;
Ormoni tiroidei;
Febbre.
Fattori che determinano bradicardia:
Aumentata attivit dei barocettori;
Espirazione;
Paura;
Angoscia;
Stimolazione di fibre dolorifiche del nervo trigemino;
Aumento della pressione intracranica.


LEFFETTO DEL SISTEMA NERVOSO VEGETATIVO
Il cuore presenta unintensa innervazione sia simpatica (nervi cardiaci originati dal ganglio stellato paravertebrale) sia
parasimpatica (nervi cardiaci del vago. In generale le fibre del vago di destra si distribuiscono alla parte destra del cuore
e al nodo senoatriale mentre quelle del vago di sinistra si distribuiscono alla parte sinistra del cuore, al nodo
atrioventricolare e al fascio di His). Il mediatore del simpatico la noradrenalina mentre il mediatore del parasimpatico
lacetilcolina.
Ma mentre il simpatico diffuso a tutte le pareti, lesistenza di fibre parasimpatiche nello spessore dei ventricoli
quantomeno dubbia tanto che la stimolazione parasimpatica nei ventricoli praticamente irrilevante.
Unintensa stimolazione ortosimpatica pu determinare i seguenti effetti:
effetto cronotropo positivo: determina la frequenza cardiaca. Normalmente leffetto cronotropo positivo del
simpatico in grado di accelerare il cuore fino a 200 b/m;
effetto inotropo positivo: aumenta la forza di contrazione delle fibrocellule;
effetto batmotropo positivo: aumenta leccitabilit delle fibrocellule;
effetto dromotropo positivo: aumenta la velocit di conduzione.
Effetti opposti ha, invece, la stimolazione vagale (anche se, come detto, gli effetti sulla muscolatura ventricolare sono
quanto meno dubbi). Sembra che in condizioni normali il vago non sia in grado di far battere il cuore con una frequenza
inferiore ai 50/60 b/m.
Questi effetti sono giustificati dal fatto che lacetilcolina aumenta fortemente la permeabilit della membrana agli ioni
potassio e, conseguentemente, si genera uniperpolarizzazione che porta ad una diminuzione delleccitabilit.
La noradrenalina provoca effetti esattamente opposti a quelli dellacetilcolina ma il meccanismo attraverso il quale
questo mediatore agisce non del tutto conosciuto: si suppone che esso aumenti la permeabilit di membrana al calcio
ed al sodio.


EFFETTO DI ALTRI FATTORI SUL CUORE
1. Leccesso di potassio nel liquido extracellulare causa nel cuore unestrema dilatazione, per cui esso diviene
flaccido e rallenta la sua frequenza. Alte quantit di potassio possono portare ad un blocco della trasmissione degli
impulsi dallatrio al ventricolo;
2. Leccesso di ioni calcio nel liquido extracellulare ha effetti che sono esattamente allopposto di quelli provocati
dagli ioni potassio. Infatti in questo caso il cuore va incontro ad una contrazione di tipo spastico.;
3. Un aumento della temperatura corporea, come nella febbre, induce un forte aumento della frequenza cardiaca che,
talvolta, pu anche raddoppiare rispetto al valore normale. Una diminuzione causa invece un forte calo della
frequenza che pu anche arrivare a pochi battiti al minuto. Questi effetti si manifestano per il fatto che il calore
induce un aumento della permeabilit di membrana delle fibre miocardiche agli ioni.

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LECCITAZIONE CARDIACA

CARATTERISTICHE DEL SISTEMA ELETTRICO DEL CUORE
Il cuore dotato di un sistema specializzato per generare ritmicamente impulsi e per condurre questi impulsi nel
miocardio a velocit ben determinate. Se questo sistema funziona normalmente la contrazione atriale avviene circa 0,17
secondi prima di quella ventricolare. Ci permette un riempimento supplementare dei ventricoli prima che essi iniettino
il sangue verso la periferia. Unaltra importante propriet di questo sistema che esso permette a tutte le parti dei
ventricoli di contrarsi praticamente in modo simultaneo.
Le cellule del miocardio di conduzione conducono limpulso molto pi velocemente di quanto fanno le cellule del
miocardio di lavoro (anche se un discorso particolare va fatto per il nodo atrioventricolare e per la prima parte del fascio
di His dove la velocit di conduzione si soli 0,05 m/s). In particolare la velocit di conduzione nella muscolatura
atriale di 1 m/s, nel sistema di conduzione di 3/4 m/s, nello spessore del miocardio di lavoro ventricolare di circa 0,5
m/s.

IL NODO SENOATRIALE E LA CONDUZIONE DEGLI IMPULSI NEGLI ATRI
Alcune fibre miocardiche hanno la capacit di auto eccitarsi. Questa propriet particolarmente spiccata per quelle fibre
che formano il sistema specializzato di conduzione del cuore e la porzione del sistema in cui essa pi evidente quella
costituita dalle fibre del nodo senoatriale. Il nodo senoatriale, che in condizioni fisiologiche controlla il ritmo cardiaco,
si trova nella parete supero-laterale dellatrio destro, subito sotto e poco lateralmente allo sbocco della vena cava
superiore.
Il potenziale di membrana della fibra del nodo senoatriale mostra un valore minimo di soli -55/-60 mV contro i -85/-90
mV della comune fibrocellula miocardica. Tale ridotta negativit dovuta al fatto che la membrana delle fibre del nodo
S-A pi permeabile agli ioni sodio e pertanto le cariche positive portate allinterno della cellula da questi ioni
attenuano la negativit del citoplasma.
A riposo questo ingresso di ioni sodio induce inoltre un lento innalzamento del potenziale di riposo (tra virgolette,
perch questo riposo relativo) che cresce gradualmente tra un battito e laltro. Quando esso arriva ad un voltaggio
soglia di circa 40 mV, si attivano i canali lenti calcio-sodio, ma non quelli veloci per il sodio.
Questo perch quando il potenziale di membrana di una cellula permane meno negativo di 60mV per pi di qualche
millisecondo, vengono inattivati o bloccati i canali rapidi per il sodio; possono venire attivati o aprirsi soltanto i canali
lenti calcio-sodio che quindi sono nelle cellule del nodo gli unici responsabili della genesi del potenziale dazione.
Questo fa s che il potenziale dazione si sviluppi pi lentamente che nel miocardio di lavoro e mostri anche un pi lento
decremento.
Dopo circa 100-150 millisecondi dalla loro apertura i canali calcio-sodio vengono inattivati e poi, in un lasso di tempo
approssimativamente uguale, aumenta molto il numero di canali per il potassio che si aprono.
Questi canali prolungano la loro apertura per qualche decimo di secondo extra. Ci induce un eccesso di flusso di
cariche positive allesterno della fibre che fa raggiungere alla cellula il potenziale minimo di 55/-60 mV.
Gli ioni sodio quindi ricominciano ad entrare nella cellula ed il ciclo si ripete.
La parte terminale delle fibre del nodo S-A si fonde con le circostanti fibre del miocardio atriale, che vengono invase
dai potenziali dazione originati nel nodo stesso. La velocit di conduzione nel miocardio atriale di circa 0,3 m/sec ed
pi alta in alcuni piccoli fasci formati da fibre miocardiche atriali (fascio anteriore interatriale, via internodale
anteriore, media e posteriore). Ci implica che limpulso non si propaga a macchia dolio dal nodo seno-atriale ai
ventricoli ma la sagoma ha pi la forma di un trifoglio.

LA PROPAGAZIONE DELLIMPULSO NEI VENTRICOLI
Il nodo atrio-ventricolare posto nella parete posteriore del setto dellatrio destro, dietro la valvola tricuspide e vicino
allapertura del seno coronario.
Limpulso, dopo essersi propagato lungo le vie internodali, arriva al nodo A-V in circa 0,03 secondi. Vi poi un
ulteriore ritardo di 0,09 secondi nel nodo A-V prima che limpulso invada la porzione daccesso del fascio A-V,
attraverso la quale esso si porta ai ventricoli. Un ultimo ritardo di 0,04 secondi si ha in tale parte del fascio A-V che
costituita da molteplici fascetti che passano attraverso il tessuto fibroso che separa gli atri dai ventricoli.
In conclusione, il ritardo totale nel nodo A-V e nel sistema del fascio A-V di circa 0,13 secondi. Inoltre considerando
anche il ritardo iniziale di 0,03 secondi nella conduzione dellimpulso tra il nodo S-A e quello A-V, si ottiene un tempo
di ritardo complessivo di 0,16 sec.
I motivi di questa conduzione cos lenta sono essenzialmente tre:
1. la dimensione di queste cellule molto minore di quella delle fibre miocardiche atriali;
2. tutte queste fibre hanno valori di potenziale di membrana che sono molto meno negativi rispetto a quelli presenti in
altre fibre miocardiche;
3. vi sono poche giunzioni che connettono le cellule formanti la via.
Dal fascio A-V originano le due branche del fascio ventricolare destra e sinistra dalle quali a loro volta si sfioccano
nelle fibre del Purkinje. Esse hanno caratteristiche opposte alle fibre che costituiscono il nodo A-V tanto che la
conduzione dellimpulso praticamente immediata. Il sistema di conduzione del ventricolo ha inoltre la caratteristica di
essere incapace di ricondurre il potenziale dai ventricoli agli atri.
Le fibre distali del Purkinje penetrano per circa un terzo nello spessore del miocardio e si mettono in stretto contatto con
le fibre muscolari. La muscolatura miocardica organizzata con strati aventi un decorso a doppia spirale, con setti
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fibrosi posti tra gli strati stessi. Pertanto, limpulso cardiaco non si propaga direttamente verso la superficie esterna
ventricolare, ma segue la direzione delle spire propagandosi cos in maniera obliqua. A causa di tutto ci la
propagazione dalla superficie ventricolare a quella epicardica richiede un tempo di altri 0,03 secondi che circa lo
stesso di quello speso per propagare limpulso lungo lintera porzione ventricolare del sistema di Purkinje.

IL CONTROLLO DELLECCITAZIONE
Le fibre del nodo A-V, se non stimolate da una sorgente esterna, scaricano intrinsecamente con una frequenza che va
dai 40 ai 60 impulsi/min (ritmo idioventricolare) e cos le fibre del Purkinje che va dai 15 ai 40 impulsi/min (contro i
circa 70 impulsi/min del nodo S-A). In condizioni di anormalit queste componenti del cuore possono dare origine ad
eccitazioni ritmiche ma fisiologicamente il nodo S-A che segna il passo essendo esso dotato del ritmo maggiore
mentre un avviatore che si trovi in una parte diversa dal nodo S-A definito ectopico.
In condizioni patologiche un impulso si pu comunque generare in un ventricolo anche in presenza di una normale
attivit del nodo senoatriale: esso d origine ad una extrasistole ventricolare.
Addirittura pezzetti di cuore isolato, sebbene ad una bassa frequenza, si contraggono spontaneamente fino
allesaurimento delle riserve energetiche.
Ogni volta che il nodo S-A scarica, limpulso da esso originato viene condotto sia al nodo A-V che alle fibre del
Purkinje provocando leccitazione attraverso la depolarizzazione della membrana. Poi, tali strutture, come il nodo S-A,
dopo il potenziale dazione mostrano uno stato di iperpolarizzazione. Il nodo S-A, per, emette un nuovo impulso prima
che il nodo A-V o le fibre del Purkinje possano raggiungere, spontaneamente, la loro soglia di eccitazione. In tal modo
il nodo S-A guida il battito cardiaco.

LELETTROCARDIOGRAMMA

CARATTERISTICHE DEL TRACCIATO
Allorch limpulso cardiaco diffonde attraverso il cuore, correnti elettriche interessano i tessuti ad esso circostanti ed
una parte esigua di esse arriva alla superficie del corpo. In prima approssimazione, durante il propagarsi del potenziale
dazione il cuore pu essere paragonato ad un dipolo elettrico con il polo negativo in alto a destra e quello positivo
verso lapice del cuore, in basso a sinistra. I potenziali elettrici generati da tali correnti possono essere registrati
mediante elettrodi posti sulla superficie cutanea in sedi
opposte ai lati del cuore. Questi elettrodi, se non finiscono
proprio in una linea isopotenziale, registreranno le differenze
di potenziali presenti tra parti diverse del miocardio.
Lelettrocardiografo , in sostanza, un voltmetro.
LECG normale costituito da unonda P, un complesso
QRS (normalmente separato in tre onde distinte) ed unonda
T. Londa P causata dalla depolarizzazione atriale; il
complesso QRS dovuto ai potenziali che si generano al
diffondersi del processo di depolarizzazione attraverso il
miocardio ventricolare. Questo processo si verifica tra gli
0,12 e gli 0,2 s dopo linsorgenza dellonda P. Se viene
superato il limite degli 0,2 secondi si parla di blocco
atrioventricolare. La durata dellonda QRS in genere di
0,08-0,1 secondi. Se questo limite viene superato ci
significa che vi un ostacolo alla conduzione dellimpulso
nei ventricoli oppure che i ventricoli sono ipertrofici.
Londa T causata dai potenziali che si generano quando i
ventricoli risolvono lo stato di depolarizzazione. Tale
processo, di norma, si verifica dai 0,20 ai 0,35 secondi dopo la depolarizzazione e si prolunga quindi per circa 0,15
secondi. Rispetto al complesso QRS londa T di norma prolungata nel tempo ma con un voltaggio decisamente
minore.
Lintervallo Q-T viene chiamato sistole elettrica perch durante quel periodo il cuore contratto.
Si noti che nessuna differenza di potenziale viene registrata quando il miocardio ventricolare completamente
polarizzato o depolarizzato non essendoci difatti d.d.p. tra due parti del cuore.
Gli atri si ripolarizzano da 0,15 a 0,20 secondi dopo londa P. Ci avviene nel momento in cui le onde del complesso
QRS compaiono nellECG. Pertanto londa di ripolarizzazione atriale (onda T atriale) di norma oscurata dal pi ampio
complesso QRS.
Per quanto riguarda il voltaggio quando gli ECG vengono registrati in I, II o III derivazione il complesso QRS mostra di
norma valori prossimi ad 1mV (tale valore misurato dal punto pi basso dellonda S al punto pi alto dellonda R), il
voltaggio dellonda P tra i 0,1 e i 0,3 mV, quello dellonda T tra i 0,2 e i 0,3 mV.

LE DERIVAZIONI
Le derivazioni possono essere unipolari o bipolari, a seconda che uno solo od entrambi gli elettrodi siano esploranti.
Nelle derivazioni unipolari infatti un solo elettrodo attivo e misura il potenziale rispetto allelettrodo indifferente, che
posto a potenziale 0.
22
Le tre derivazioni bipolari standard:
1. I derivazione: il terminale negativo dellelettrocardiografo collegato al braccio destro e quello positivo a quello
sinistro. Pertanto quando il braccio destro elettronegativo rispetto al braccio sinistro lo strumento mostra,
nellECG, una positivit;
2. II derivazione: il terminale negativo dellelettrocardiografo collegato al braccio destro e quello positivo alla
gamba sinistra.
3. III derivazione: il terminale negativo dellelettrocardiografo collegato al braccio sinistro e quello positivo alla
gamba sinistra.
Si tenga presente che gli arti sono isopotenziali ed quindi indifferente che lelettrodo sia posizionato sulla spalla
piuttosto che sul polso.
I tre terminali formano un triangolo equilatero (triangolo di Einthoven) che racchiude il cuore. La legge di Einthoven
prevede che se i valori dei potenziali elettrici registrati in due delle tre derivazioni standard sono noti, il terzo pu essere
in ogni momento determinato operando una semplice somma algebrica (cio tenendo conto dei segni).
Spesso gli ECG vengono ottenuti ponendo gli elettrodi sulla superficie anteriore del torace, nellarea cardiaca, in sei
punti caratteristici. Lelettrodo esplorante collegato alternativamente ad uno di questi sei punti mentre lelettrodo
indifferente collegato al braccio destro, al braccio sinistro e alla gamba sinistra assieme (terminale centrale di Wilson).
Siccome le superfici cardiache sono vicine alla parete toracica, con le derivazioni precordiali unipolari viene registrato
il potenziale elettrico relativo al miocardio che si trova immediatamente al di sotto dellelettrodo. Le derivazioni
precordiali sono:
1. V
1
= 4 spazio intercostale di destra, vicino allo sterno;
2. V
2
= 4 spazio intercostale sinistro;
3. V
3
= fra V
1
e V
2
;
4. V
4
= 5 spazio intercostale sinistro sulla linea emiclaveare;
5. V
5
= 5 spazio intercostale sinistro sulla linea ascellare anteriore;
6. V
6
= 5 spazio intercostale sinistro sulla linea ascellare media.
Questi potenziali sono particolarmente utilizzati per studiare i segni elettrocardiografici delle ipossie.
E importante tener conto del fatto che se non si registrano potenziali ci non significa che la muscolatura a riposo ma
che tutta nello stesso stato e che quindi non esistono differenze di potenziale.
Si possono registrare altri potenziali inserendo elettrodi nellesofago o in cateteri venosi in modo da registrare i
potenziali provenienti da parti del cuore altrimenti poco accessibili.

LA SPIEGAZIONE FISICA DELLONDA QRS

Quando limpulso invade i ventricoli attraverso il fascio A-V, la prima parte di essi ad essere depolarizzata la
superficie endocardica di sinistra del setto. Quindi la depolarizzazione diffonde rapidamente interessando le superfici
endocardiche dellintero setto. Poi essa diffonde lungo le superfici endocardiche dei due ventricoli e infine diffonde
attraverso il miocardio ventricolare verso la parte esterna del cuore.
Durante il processo una parte del miocardio gi depolarizzata quindi elettronegativa mentre unaltra parte non
ancora depolarizzata e perci elettropositiva. Origina perci una corrente che fluisce attraverso i liquidi che circondano i
ventricoli, seguendo percorsi ad andamento ellittico. Si creano cos delle linee di potenziale la cui media algebrica pu
23
essere rappresentato da un vettore medio istantaneo. Per convenzione la punta del vettore rivolta verso la positivit e
la lunghezza proporzionale al valore di voltaggio del potenziale.


Analisi della figura:
A. sono trascorsi circa 0,01 secondi dallinizio del processo di depolarizzazione ventricolare. In tale istante il vettore
corto poich soltanto unesigua parte dei ventricoli, cio il setto, depolarizzata. Tuttavia i valori in II derivazione
sono pi alti di quelli relativi alle altre due derivazioni poich il vettore cardiaco punta principalmente in direzione
dellasse che collega gli elettrodi della seconda derivazione;
B. sono trascorsi circa 0,02 secondi. Il vettore lungo poich gran parte del miocardio ventricolare depolarizzato. I
valori di voltaggio sono alti in ogni derivazione, in particolare la II;
C. dopo circa 0,03 secondi il vettore cardiaco mantiene la direzione ma diviene pi corto poich la parte esterna
dellapice negativa e pertanto viene neutralizzata quasi del tutto la positivit presente sulle superfici epicardiche
del cuore;
D. la figura riferita a circa 0,05 secondi dallinizio della depolarizzazione ventricolare. Il vettore punta verso la base
del ventricolo sinistro che lultima parte a depolarizzarsi. A causa della direzione del vettore cardiaco, in tale
momento, i valori di voltaggio registrati in II e III derivazione sono negativi;
E. dopo circa 0,06 secondi lintero miocardio depolarizzato e non si genera pi alcun potenziale. Il vettore cardiaco
nullo e lelettrocardiogramma non pi niente.

LE ONDE T E P
Da quando il miocardio ventricolare stato completamente depolarizzato, trascorrono circa 0,15 secondi prima che inizi
una ripolarizzazione che pu essere notata nellECG: essa londa T. La ripolarizzazione, poi, procede attraverso il
miocardio e si completa dopo circa 0,35 secondi dallinizio del complesso QRS.
Siccome il setto e lendocardio si depolarizzano prima del resto dei ventricoli, sembrerebbe logico ritenere che esse
debbano anche essere le prima parti a ripolazzarsi. Ci per non avviene in quanto queste aree mostrano un periodo di
contrazione pi lungo.
La porzione che ripolarizza per prima invece la superficie esterna ventricolare ed in particolar modo lapice cardiaco.
Ci implica che anche nel processo di ripolarizzazione il vettore cardiaco ha la punta rivolta verso lapice e per questo
motivo anche londa T, come la maggior parte del processo QRS, positiva.
Il processo di depolarizzazione atriale inizia nel nodo S-A e poi diffonde negli atri in tutte le direzioni. Pertanto, il
punto di origine dellelettronegativit negli atri si trova nei pressi della zona di sbocco della vena cava superiore. Il
vettore elettrico ha una direzione che divide circa a met langolo tra la I e II derivazione e la punta rivolta verso lapice
del cuore. Il vettore relativo mantiene pressoch invariata la sua direzione durante tutta la depolarizzazione. Londa P
risultante pertanto positiva in tutte e tre le derivazioni.

LASSE ELETTRICO MEDIO RIFERITO AL COMPLESSO QRS
Lasse elettrico medio si ricava
come in figura tenendo presente
che se una qualche parte della
registrazione mostra un valore
negativo, esso viene sottratto da
quello positivo al fine di stabilire il
valore netto del potenziale per
quella derivazione. Normalmente
lasse cardiaco compreso nel
quadrante inferiore sinistro, cio
tra 0 e 90 con un valore medio
intorno ai 60.
Le cause di tali normali
modificazioni nellinclinazione
sono soprattutto di ordine
anatomico e riguardano differenze
nella distribuzione del sistema di
Purkinje o nellorientamento della
muscolatura del miocardio tra cuori
diversi.
Se lasse risulta tra 90 e -90 si parla
di deviazione a destra, tra 0 e -90 di deviazione a sinistra.
Si noti che lasse elettrico cardiaco un po pi verticale durante linspirazione e un po pi orizzontale durante
lespirazione.
24
SCHEMI DI FISIOLOGIA

LA CIRCOLAZIONE

LA CIRCOLAZIONE SISTEMICA

ASPETTI GENERALI DELLE CIRCOLAZIONE SISTEMICA
La funzione della circolazione quella di provvedere alle esigenze dei tessuti fornendo le sostanze nutritive,
rimuovendo i prodotti di rifiuto, trasportando gli ormoni da una parte allaltra del corpo e consentendo, in generale, il
mantenimento di un ambiente interno ottimale alla sopravvivenza ed al funzionamento cellulare in tutti i tessuti.
La circolazione sistemica costituita da un sistema chiuso di vasi collegati per lo pi in serie. Le differenze anatomiche
tra le pareti venose e arteriose rende ragione delle diverse funzioni dei due distretti vascolari: difatti classicamente le
arterie sono descritte come vasi di resistenza mentre le vene sono considerati vasi di capacitanza dato che la loro
compliance molto maggiore di quella arteriosa. In effetti a parit di pressione transdurale (cio tra lesterno e il lume
del vaso) le vene contengono un volume maggiore. Per esempio ad una pressione sanguinea media di 100mmHg le
arterie contengono solo poco pi di mezzo litro di sangue contro i 2500 ml contenuti dalle vene a 10mmHg di pressione
interna.
Tra il sistema venoso e quello arterioso si frappongono i capillari che sono il distretto circolatorio pi importante poich
solo attraverso la loro parete possono avvenire gli scambi tra tessuti e sangue. Nel resto del sistema la composizione del
sangue non varia, o meglio, varia di pochissimo, dal momento che sono presenti i vasa vasorum che dopo aver
irrorato la parete dei vasi riversano il sangue refluo nei vasi stessi da cui hanno avuto origine.
Nelle vene la composizione del sangue diversa a seconda del territorio che esse drenano. Soltanto nellarteria
polmonare il sangue venoso misto e rappresentativo di tutto lorganismo.

I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA FUNZIONE CIRCOLATORIA
1. Il flusso del sangue in ciascun tessuto del corpo quasi sempre controllato con precisione in relazione alle necessit
tessutali. Infatti i tessuti in attivit richiedono molto pi sangue di quanto necessario a riposo, talvolta anche 20-30
volte in pi. Tuttavia, poich il cuore non pu incrementare normalmente la sua gittata pi di 4-7 volte, non
possibile aumentare il flusso sanguigno ovunque nel corpo in risposta alla maggiore richiesta di un particolare
tessuto. Si debbono allora attivare altri meccanismi di regolazione locale;
2. La gittata cardiaca fondamentalmente il risultato della somma di tutti i flussi locali tessutali;
3. In generale la pressione arteriosa controllata indipendentemente sia dai sistemi locali di controllo del flusso
ematico sia da quelli di controllo della gittata cardiaca. Il controllo pressorio importante perch impedisce che
cambiamenti di flusso sanguigno in una parte del corpo possano influenzare il flusso di unaltra parte.

COMPORTAMENTO DEL SANGUE NEI VARI COMPARTI DEL SISTEMA CIRCOLATORIO
I componenti del sistema circolatorio sono:
Le arterie, che hanno il compito di trasportare, ad alti regimi pressori, il
sangue ai tessuti;
Le arteriole, che funzionano come valvole di controllo attraverso cui il
sangue immesso nei capillari;
I capillari, la cui funzione quella di permettere gli scambi;
Le venule, che raccolgono il sangue capillare;
Le vene che riportano il sangue al cuore. Lincremento del tono del
muscolo liscio dei vasi riduce la loro compliance: ci significa che per
un dato volume i valori pressori aumentano sia nelle arterie che nelle
vene. Ci spiega per esempio come larterosclerosi, o la stimolazione
simpatica, abbia leffetto di alzare la pressione. Il controllo simpatico
inoltre un valido metodo per spostare il sangue da una parte del circolo
ad unaltra.
Circa l84% del sangue si trova nella circolazione sistemica, cos distribuito: 64% nelle vene, 13% nelle arterie e il 7%
nelle arteriole e nei capillari.
Nei capillari il flusso non pi pulsatile ma costante. Ci dipende dalleffetto di integrazione che esercitano le pareti
elastiche delle arterie.
Il sito di massima resistenza al flusso, e di conseguenza la massima caduta della pressione media, si osserva nelle
arteriole. Questi sono vasi con un calibro piccolo, dellordine al massimo dei 10-15 m, ma hanno un rapporto tra lume
e spessore della parete particolarmente piccolo. Ci dovuto al fatto che presente molto muscolo liscio dal momento
che questa la sede dove avvengono i maggiori cambiamenti di calibro che determinano variazione di perfusione dei
capillari a valle.
25
Per quanto riguarda la velocit del sangue, si ricordi innanzitutto che la velocit di un fluido in un condotto cilindrico
(come approssimativamente si possono considerare i vasi) :
V = Q (flusso)/S (sezione)
La velocit quindi aumenta se aumenta il flusso ma si riduce proporzionatamente allaumento della sezione trasversa
totale di tutti i vasi tra loro in parallelo. Di conseguenza la velocit media molto alta nelle arterie, diminuisce
progressivamente nelle arteriole e nei capillari per poi risalire nel sistema venoso. Tuttavia nel sistema venoso la
velocit minore di quella che si riscontra nelle arterie essendo le prime di sezione 4 volte superiore a questultime.
Calcolo della velocit media in alcuni distretti vascolari:
q (gittata pulsatoria) = 80 ml/b Durata fase di eiezione = 300 ms Flusso sistolico = 80ml/ 0,3 s = 250 cm
3
/s
Sezione dellaorta = 3 cm
2
Velocit = 250 cm
3
/s / 3cm
2
= 80 cm/s = 0,8 m/s
Sezione delle arteriole = 40 cm
2
Velocit = 6 cm/s
Sezione dei capillari = 2500 cm
2
Velocit = 0,1 cm/s
Si noti che siccome i capillari hanno una lunghezza di soli 0,3-1 mm il sangue vi resta solo pochi secondi: questo un
fatto sorprendente perch tutto il processo di diffusione attraverso le pareti capillari deve avvenire in un cos breve
intervallo di tempo.
La velocit del sangue ovviamente diversa dalla velocit di propagazione dellonda sfigmica. Si pu ricavare una
stima della velocit del sangue dal cosiddetto tempo braccio-lingua: iniettando una sostanza amara in una vena del
braccio si misura quanto tempo dopo la percezione amara avvertita nella lingua (di solito ci vogliono 15/16 secondi).

LA PRESSIONE ARTERIOSA
La pressione arteriosa la pressione che origina dal battito cardiaco che, spingendo il sangue nei vari distretti
circolatori, permette il flusso.
La pressione arteriosa naturalmente pulsatile. Essa raggiunge un picco allapice della sistole e un minimo durante la
diastole. La differenza tra pressione massima e minima detta pressione pulsatoria e di norma intorno ai 40 mmHg. Il
calcolo della pressione media complesso, tuttavia essa pu essere approssimata come segue:
Pmedia = P minima + 1/3 P pulsatoria
La pressione arteriosa spesso utilizzata come indice delladeguatezza del sistema circolatorio, ma siccome Q = P/R se
la P adeguata e la resistenza molto alta il flusso sar comunque insufficiente.
Qualsiasi metodo di misurazione della pressione, invasivo e non, implica che lo strumento di rilevazione sia posto a
livello del cuore altrimenti bisogna tener conto del contributo della forza di gravit. Esso uguale a: Ah * d (densit) *
9.81 = 0,78 mmHg/cm
Nellarteria pedidea, in un uomo in piedi, la pressione pu quindi essere pi alta di 150 mmHg che nellarteria
carotidea. Tuttavia, poich anche la pressiona venosa segue lo stesso comportamento, il gradiente pressorio che assicura
gli scambi a livello capillare rimane costante. Nei seni venosi della dura madre la pressione addirittura qualche mmHg
sotto il livello della P
ATM
.
Con laumentare dellet si osserva un discreto aumento dei valori delle pressioni minima e massima. Tuttavia oggi si
tende a considerare una persona ipertesa se la sua pressione minima maggiore di 90 mmHg o se la massima supera i
130 mmHg, indipendentemente dallet.
La pressione pulsatoria influenzata principalmente da due fattori:
1. la gittata sistolica del cuore;
2. la compliance del sistema arterioso. Una minore compliance genera un incremento della pressione pi elevato per
un determinato volume sistolico.

PRESSIONI VENOSE
Poich il sangue ritorna allatrio destro da tutto il sistema venoso, la pressione nellatrio destro viene chiamata pressione
venosa centrale e qualsiasi fattore che la influenza si riflette sulla pressione venosa di qualsiasi altra parte del corpo.
La pressione dellatrio destro regolata da un equilibrio tra la capacit del cuore di pompare via dallatrio il sangue e la
tendenza del sangue a ritornare dai vasi periferici allatrio destro.
Alcuni dei fattori che sono in grado di influenzare il ritorno venoso sono:
1. laumento del volume del sangue;
2. laumento del tono dei vasi in tutti i distretti corporei con il conseguente aumento delle pressioni venose
periferiche;
3. la dilatazione delle arteriole che riduce la resistenza periferica.
La pressione normale dellatrio destro di circa 0 mmHg. Pu elevarsi fino a 20-30 mmHg in condizioni anomale
oppure raggiungere valori di 5 mmHg fino ad eguagliare i valori pressori presenti nella cavit toracica. Questi valori
si raggiungono quando il cuore pompa con eccezionale vigore oppure quando il ritorno venoso fortemente ridotto,
come in seguito ad una grave emorragia.
La pressione venosa e quella arteriosa possono essere calcolate mediante la relazione del circolo (vedi oltre).

LA RESISTENZA E LA LEGGE DI POISEUILLE
Dalla legge di Ohm
Q = AP/R
si pu dedurre la:
Legge di Poiselle : Q = AP * (ar
4
/ 8ln)
26

se si tiene conto che la resistenza che si oppone al moto di un fluido di viscosit costante che si muove con moto
laminare in un condotto cilindrico :
R = 8ln/ar
4
R = resistenza. Se la differenza di pressione di due punti di un vaso di 1 mmHg ed il flusso di 1 ml/sec, la resistenza
sar pari ad una unit di resistenza periferica (URP). In un individuo a riposo la quantit del flusso ematico nel sistema
circolatorio di circa 100ml/sec e la differenza di pressione tra le arterie e le vene sistemiche di circa 100 mmHg. Ci
significa che la resistenza nellintera circolazione, detta anche resistenza periferica totale, ammonta a circa 1URP.
In certe condizioni di intensa vasocostrizione, la resistenza periferica totale pu elevarsi fino a 4 URP e in condizioni di
estrema dilatazione pu abbassarsi fino a 0,2 URP.
r = raggio del condotto
l = lunghezza del condotto
n = viscosit del fluido (quella del sangue circa tre volte quella dellacqua). Nel sangue la viscosit diminuisce
allaumentare della temperatura tanto che la febbre pu influenzare questo valore in maniera significativa. Pi
importante invece leffetto sulla viscosit dellematocrito. Si noti dal grafico
che laumento di ematocrito rispetto al normale causa variazioni di viscosit
maggiore di una corrispondente riduzione. Quando lematocrito alto per
aversi la stessa gittata cardiaca il cuore deve sviluppare forze maggiori e
quindi maggiore lavoro. Questo aumento di lavoro provoca spesso un
ipertensione (effetto Fabraeus-Lindquis).
Si inoltre misurato che la viscosit del sangue nei capillari di diametro
inferiore ai 3 m pi bassa del normale. Ci dovuto probabilmente al
plasma skimming: i piccoli capillari ricevono il sangue proveniente dalle
lamelle pi periferiche, povere di elementi corpuscolati che invece tendono a
viaggiare al centro della colonna sanguigna.
La resistenza vascolare di conseguenza funzione di tre variabili:
1. la lunghezza dei vasi. Essa non costituisce meccanismo di regolazione,
essendo costante;
2. il raggio, che costituisce il principale parametro regolatorio. Nella circolazione sistemica circa i due terzi della
resistenza si trovano nelle piccole arteriole. I loro diametri interni vanno da un minimo di 4 m ad un massimo di
25mm, ma le robuste pareti vascolari permettono ai diametri interni di cambiare in maniera straordinaria, spesso 4
volte tanto. Dalla legge della quarta potenza, che correla il flusso ematico al diametro vasale, si pu notare che un
aumento di quattro volte del diametro vasale pu teoricamente fare aumentare il flusso ematico di 256 volte. In
virt di questa legge le arteriole possono effettuare un blocco quasi completo del flusso ematico ai tessuti o,
viceversa, aumentarlo notevolmente solo con piccoli cambiamenti di diametro;
3. la viscosit, funzione dellematocrito. Esso non costituisce un parametro di regolazione rapida ma esistono
e in cui esso pu variare. condizioni fisiologiche e patologich
Si noti inoltre che la resistenza al flusso, secondo la legge, non di per s
influenzata dai valori pressori.
Nellorganismo vi una leggera discrepanza tra il comportamento del sangue
rispetto a quello che ci si potrebbe attendere secondo la legge di Poiselle. In
particolare esiste una pressione critica, cio una pressione diversa da zero cui per
corrisponde un flusso nullo. Il fenomeno complesso e dipende dal fatto che:
1. almeno alcuni distretti sono in una situazione in cui la pressione interstiziale ha
un valore tale da poter collassare il vaso se la pressione intravasale inferiore
ad un dato valore;
2. i globuli rossi si comportano in maniera peculiare necessitando di una forza per
essere messi in moto. Inoltre pi alta la velocit del sangue pi bassa la
resistenza da loro fornita. Il fenomeno definito scudging.
Anche al di l della pressione critica la curva non una retta ma presenta una
concavit: ci dipende dal fatto che la resistenza in certa misura dipendente dalla pressione (se aumenta la pressione
diminuisce la resistenza): una quarta variabile da cui dipende la resistenza , perci, la pressione.
Anche in questo caso le cause sono complesse ma riconducibili a due fenomeni:
1. la viscosit apparente determinata dai globuli rossi e, in base a quanto detto prima, variabile;
2. se aumenta la pressione del sangue le pareti vascolari si distendono in virt della compliance dei vasi. Se per la
compliance diminuisce i vasi tendono a comportarsi come tubi rigidi e la curva reale si avvicina a quella attesa;
3. la Legge di Poiseuille presuppone un flusso costante e laminare, invece nel sistema circolatorio il flusso variabile
e, almeno in alcune sezioni, turbolento (ostii, ramificazioni).
Nelle zone in cui il moto turbolento necessaria una pressione extra per ottenere lo stesso flusso che si otterrebbe
se il moto fosse laminare perch questo moto pi energicamente dispendioso. Si pu calcolare se un fluido
turbolento tenendo conto del numeto di Raynolds:
R = dvD / n
d = densit D = diametro v = velocit n = viscosit
27
Se R > 3000 il moto turbolento, se R < 2000 il moto laminare, altrimenti ci si trova in una situazione
intermedia.
4. il circuito ben diverso da un singolo tubo rigido.
Ci fa s che il flusso sanguigno in presenza di una pressione di 100 mmHg non sia il doppio ma quattro o sei volte
tanto quello presente ad una pressione di 50 mmHg.
E impossibile calcolare direttamente la resistenza al flusso sanguingno, ma si pu tuttavia dedurla dividendo la
differenza di pressione per il flusso. Per calcolare il flusso si possono usare due metodi: in fisiologia sperimentale si usa
il flussimetro elettromagnetico, in clinica leco doppler. Questultimo misura la velocit del sangue: per conoscere il
flusso poi necessario conoscere la sezione del vaso, che si desume dalle statistiche.

LA CIRCOLAZIONE CAPILLARE

ASPETTI GENERALI
Nel microcircolo si realizza la funzione pi importante della circolazione che consiste nel trasportare i nutrienti ai
tessuti e rimuovere i cataboliti. Circa 10 miliardi di capillari con una superficie totale di 500-700 m
2
compiono questa
funzione in tutto lorganismo ed raro che una qualsiasi cellula dellorganismo sia distante da un capillare pi di 20-30
mm.
La gran parte del sangue circola nella rete capillare per poi venire drenato da una venula (anche se esistono anastomosi
dirette artero-venulari).
I capillari non sono dotati di tonache, esiste solo un sottile strato endoteliale che poggia su una membrana basale.
Tuttavia allingresso del letto capillare sono posti dei cuscinetti di muscolatura liscia, detti sfinteri precapillari che
fungono da rubinetti che aprendosi e chiudendosi regolano il riempimento capillare. I fattori che regolano lapertura di
questi sfinteri regolano in sostanza lintero flusso sanguigno locale.
Il sangue solitamente non scorre in maniera continua nei capillari, ma in modo intermittente con intervalli che variano
da pochi secondi a minuti. Alla base di tale intermittenza il fenomeno della vasomozione, vale a dire la contrazione
intermittente degli sfinteri capillari.
La densit con cui i capillari sono presenti in un determinato distretto molto importante perch rappresenta la distanza
media che una sostanza deve percorrere per raggiungere le cellule pi lontane.
I movimenti di scambio avvengono se esiste un gradiente pressorio di concentrazione di particolari sostanze e, per
quanto riguarda il movimento di gas, di loro pressioni parziali. I gradienti sono sufficienti solo se la barriera
pemeabile come in effetti la barriera capillare: in particolare le sostanze liposolubili diffondono liberamente nella
direzione determinata dal gradiente. Oltre alla diffusione attraverso lendotelio, effettuata dalle sostanze liposolubili
esiste anche la possibilit, per le sostanze non liposolubili, di diffondere attraverso i pori che si creano tra una cellula
endoteliale e laltra. La dimensione di questi pori varia da tessuto a tessuto ma comunque in condizioni normali di 6-7
nm e le proteine non sono in grado di attraversarli. Esiste infine una debole transcitosi.
I capillari di alcuni organi hanno caratteristiche peculiari:
nel cervello, per la presenza di giunzioni di tipo serrato tra le cellule endoteliali possono passare dal sangue nei
tessuti solo molecole molto piccole. E questa la barriera ematoencefalica;
nel fegato si verifica lopposto. Le fessure tra le cellule endoteliali capillari sono ampiamente aperte cos che quasi
tutte le sostanze disciolte nel plasma, incluse le proteine plasmatiche, possono passare dal sangue nei tessuti del
fegato;
situazione peculiare vi infine nei glomeruli renali.
Essendo la superficie capillare molto estesa tutta lacqua corporea filtrata pi volte al giorno.

EQUILIBRIO DI STARLING
La pressione osmotica dipende dal numero di particelle che ci sono in soluzione.
Essa molto alta sia nel plasma che nel liquido interstiziale ed dellordine di 6/7
ATM.
La concentrazione della maggior parte dei soluti, liberamente diffusibili,
pressoch uguale nei due compartimenti. Tuttavia, poich le proteine non sono
diffusibili e la loro concentrazione pi alta nel plasma la differenza di pressione
osmotica tra i due compartimenti dovuta proprio alla componente della pressione
osmotica dovuta alle proteine del plasma (pressione colloido-osmotica o oncotica).
La pressione oncotica e la pressione idrostatica del liquido interstiziale tendono ad
ostacolare luscita di acqua e soluti dai capillari mentre la pressione idrostatica del
sangue capillare tende a favorirla.
Pressione di filtrazione = A pressione idrostatica A pressione oncotica.
La pressione idrostatica nei capillari scende da 37 e 17 mmHg dal lato arteriolare a quello venulare mentre gli altri
valori rimangono pressoch costanti.
Si noti in particolar modo che da Guyton la pressione idrostatica interstiziale considerata di qualche mmHg sub-
atmosferica. Tuttavia, in tessuti con rivestimenti fibrosi o con fascie aponeurotiche che mantengono i tessuti
strettamente compatti, le pressioni sotto questi involucri costrittori sono solitamente pi positive.
28
Si vede come dal lato arteriolare la pressione netta di filtrazione sia positiva e quindi liquido esca dai capillari mentre
dal lato venulare il liquido tende a tornare nei capillari. Vi tuttavia una leggera discrepanza tra entrate e uscite a favore
delle uscite: se non esistesse il sistema linfatico che drena questo eccesso si accumulerebbero nei tessuti da 2 a 4 litri di
liquido al giorno.
La circolazione linfatica non mossa da una pompa ma, oltre al pompaggio prodotto dalla contrazione intrinseca delle
pareti vasali linfatiche, qualsiasi fattore esterno che comprime in modo intermittente i vasi linfatici pu avere un effetto
di pompa (contrazione di muscoli circostanti, movimenti di parti corporee, pulsazioni arteriose).
Lalterazione della circolazione capillare si traduce spesso nella comparsa di edema. Le pi frequenti cause di edema
sono:
1. Aumentata pressione idrostatica capillare:
Dilatazione arteriolare;
Costrizione venulare;
Aumento della pressione venosa per insufficienza cardiaca, insufficienza valvolare, ostruzione venosa,
aumento della massa del liquido extracellulare
2. Diminuito gradiente di pressione oncotica:
Diminuzione delle proteine del plasma per malattie del fegato o malnutrizione;
Accumulo nello spazio interstiziale di sostanze osmoticamente attive;
3. Aumentata permeabilit dei capillari (e quindi annullamento del contributo osmotico delle proteine):
infiammazione

MECCANISMI DI REGOLAZIONE DELLA CIRCOLAZIONE

Uno dei principi fondamentali su cui si basa la funzione circolatoria la capacit di ciascun distretto tessutale di
regolare il proprio flusso locale in proporzione alle sue esigenze metaboliche. Ci si potrebbe chiedere perch il flusso
ematico non possa scorrere per tutto il tempo in tutti i tessuti in quantit tale da rispondere adeguatamente a qualsiasi
loro esigenza. Ma per fare ci sarebbe necessaria una quantit di flusso parecchie volte maggiore rispetto a quella che il
cuore in grado di pompare. Invece il flusso ematico solitamente regolato al minimo livello sufficiente a rispondere
alle esigenze di ciascun tessuto in quel particolare momento, ne pi ne meno.
Ci sono meccanismi che regolano il flusso locale (autoregolazione, metaboliti vasodilatatori, EDRF) ed altri invece che
hanno effetti sistemici (sistema nervoso e ormoni).
Il controllo del flusso ematico pu essere suddiviso inoltre in due fasi: un controllo a breve termine ed uno a lungo
termine.
Il controllo a breve termine si realizza con veloci cambiamenti del grado di costrizione locale delle arteriole ed avviene
nel giro di pochi secondi o minuti al fine di garantire rapidamente un flusso sanguigno appropriato alle esigenze locali.
Il controllo a lungo termine invece dovuto a variazione lente del flusso che richiedono giorni, settimane o mesi.
Si tenga innanzitutto presente un concetto importante:
R1 Q1
PA PV Se R1 = 2R2 allora Q1 = Q2
R2 Q2
Questo sistema permette, a parit di portata cardiaca, di variare la perfusione distrettuale in funzione della variazione
delle resistenza dei vasi che irrorano quel distretto.

AUTOREGOLAZIONE
A = relazione flusso/resistenza secondo la legge di Poiseuille;
B = relazione flusso/resistenza realmente registrata;
C = tipica curva da autoregolazione: se aumenta la pressione aumenta la resistenza facendo rimanere il flusso quasi
invariato.
Gli organi dotati di autoregolazione sono numerosi; primo fra tutti il rene ma anche il
miocardio ed il muscolo scheletrico. Il fatto che anche se denervati e privati dalle
influenze ormonali questi organi mostrino comunque questo comportamento conferma
il fatto che si tratta di meccanismi intrinseci di autoregolazione.
Lautoregolazione non un processo immediato: se aumenta la pressione aumenta
anche il flusso, salvo poi dopo pochi secondi diminuire per aumento delle resistenze.
Sopra i 300 mmHg lefficienza dellautoregolazione viene meno.
Esistono almeno tre teorie per spiegare questo comportamento:
1. Teoria miogena (compliance ritardata): stato osservato che striscie di arteria
renale rispondono contraendosi se vengono stirate. Questo significa che se la
pressione entro i vasi renali aumenta le arterie rispondono contraendosi. Ed
aumentando la resistenza. Viceversa la diminuzione della pressione comporta
vasodilatazione;
2. Teoria dei metaboliti vasodilatatori: stato osservato che se il rene diventa ischemico uno degli effetti che si
modifica la concentrazione del liquido interstiziale ed in particolare aumenta la concentrazione di metaboliti con
effetti vasodilatatori: le modificazioni del metabolismo cellulare in ipossia fanno s che aumenti la concentrazione
di acido lattico, di potassio, di ADP, che aumenti la PCO
2
mentre diminuisce la PO
2
e il Ph. Alcuni fisiologi hanno
29
ipotizzato che ladenosina sia la sostanza di gran lunga pi importante tra i vasodilatatori locali. Comunque questi
metaboliti sono tutti in grado di aumentare il flusso. Il flusso sanguigno lava poi questi metaboliti, diminuisce il
loro effetto e laumento di flusso si blocca.
3. Teoria della richiesta di ossigeno: poich i muscoli lisci richiedono ossigeno per rimanere in contrazione, si pu
ritenere che la forza di contrazione degli sfinteri aumenter con lincremento della concentrazione di ossigeno. Di
conseguenza, quando la concentrazione dellossigeno nel tessuto sale oltre un certo livello, gli sfinteri
presumibilmente si chiudono fino a che le cellule non abbiano consumato lossigeno in eccesso. Quando la
concentrazione dellossigeno scende a livelli pi bassi gli sfinteri si aprono nuovamente.
I meccanismi non sono necessariamente in alternativa ma possono coesistere.

METABOLITI VASODILATATORI
Il discorso analogo a quanto detto in precendenza ma con un aggiunta: pi un organo attivo pi il metabolismo
aumenta, pi aumenta il metabolismo pi aumentano le richieste energetiche e pi le cellule si trovano in stato di
relativa ipossia. I metaboliti che si producono provocano vasodilatazione: il meccanismo correla cos le esigenze
metaboliche dei tessuti alla quantit di sangue che li perfonde.

EDRF (FATTORE RILASSANTE RILASCIATO DALLENDOTELIO)
Lendotelio, soprattutto dei piccoli vasi, in grado di liberare una importante sostanza vasodilatarice: il radicale NO.
Gli stimoli adeguati per la liberazione di NO sono oggetto di studio: il sangue, con un effetto di stress meccanico
conseguente al suo fluire lungo le pareti delle cellule endoteliali, particolarmente efficace in questo senso. Se aumenta
il flusso a causa della dilatazione aumenta anche lo stress meccanico sulle pareti e quindi si ha ulteriore liberazione di
radicale NO: questo un circuito amplificativo a feedback positivo. I meccanismi locali per il controllo del flusso
ematico tessutale possono intervenire a dilatare soltanto i piccoli vasi del territorio immediatamente interessato. Questo
sistema invece in grado di far dilatare le arterie pi grandi che irrorano il tessuto.

REGOLAZIONE LOCALE A LUNGO TERMINE
La regolazione locale a lungo termine si basa soprattutto sullangiogenesi, cio sulla creazione di nuovi vasi per
sopperire ad esigenze di un tessuto che perdurano nel tempo.
Sono stati scoperti una dozzina e pi di fattori e quasi tutti sono piccoli peptidi. Quelli che sono stati meglio
caratterizzati sono il fattore di crescita delle cellule endoteliali, il fattore di crescita dei fibroblasti e langiogenina.

ORMONI
Esistono effetti ormonali che si osservano quando le concentrazioni di questi ormoni sono di molto superiori a quelle
che si osservano nellorganismo: non si pu in questi casi parlare di meccanismi regolativi.
Le catecolamine hanno un effetto genericamente vasocostrittore che porta allaumento delle resistenze. Questo effetto
indotto pi dalla noradrenalina che dalladrenalina. Il sistema simpatico sarebbe per in grado di indurre
vasodilatazione in distretti particolari come il fegato, i muscoli (sistema simpatico colinergico: rappresenta
uneccezione che si osserva nei muscoli, nel fegato e nelle ghiandole sudoripare) e nelle coronarie.
Questo effetto si osserva durante gli sforzi muscolari dove il sangue disponibile viene convogliato ai muscoli e al fegato
la cui funzione quella di metabolizzare lacido lattico da questi ultimi prodotto.
Langiotensina uno dei pi potenti vasocostrittori conosciuti. Una quantit pari ad un milionesimo di grammo pu
aumentare la PA nelluomo di 50 mmHg. La vera importanza dellangiotensina che essa di norma agisce in
simultaneit su tutte le arteriole del corpo, incrementando la resistenza periferica totale ed aumentando perci la PA.
La vasopressina probabilmente il pi potente vasocostrittore in assoluto, ancora di pi dellangiotensina. Tuttavia dato
che in condizioni normali ne vengono secrete quantit piccolissime il suo ruolo sulla regolazione del circolo sanguineo
modestissimo. Esistono tuttavia situazioni, come le gravi emorragie, dove un massiccio rilascio di ADH pu portare
allincremento della pressione anche di 60 mmHg.
Effetto vasodilatatore hanno invece sostanze come le chinine (proteine infiammatorie), le prostaglandine e, soprattutto,
listamina.

SISTEMA NERVOSO
Il controllo nervoso poco implicato nelladattamento del flusso sanguigno locale nei singoli distretti tessutali. Esso
influenza invece funzioni pi generali, come ad esempio la ridistribuzione del flusso sanguigno nelle diverse aree del
corpo, il potenziamento dellattivit di pompa del cuore e, in particolare, la regolazione rapida della pressione arteriosa.
In particolare il sistema simpatico, dal momento che innerva le piccole arterie e le arteriole, pu, se stimolato,
incrementare la resistenza a livello di questi vasi, determinando cos una riduzione della quantit di flusso attraverso i
tessuti.
Ma, dal momento che il simpatico innerva anche i grossi vasi, in particolare le vene, la stimolazione simpatica pu
nellimmediato indurre una riduzione del loro lume e spostando cos il sangue in esso contenuto verso il cuore (in
sostanza aumenta il ritorno venoso e quindi la gittata).
Infine il simpatico influenza anche lattivit del cuore.
La pressione arteriosa innalzata con grande rapidit (nel giro di 5 -10 secondi pu essere raddoppiata) in seguito a
stimolazione simpatica mediante tre meccanismi:
30
1. costringendo quasi tutte le arteriole del corpo: ci aumenta la resistenza totale perifica, ostacolando il deflusso del
sangue dalle arterie e aumentando cos la pressione di riempimento;
2. costringendo in special modo le vene ma anche gli altri grossi vasi. Questo fenomeno sposta sangue dai grossi vasi
ematici periferici verso il cuore aumentando, di conseguenza, la gittata cardiaca e la pressione arteriosa;
3. stimolazione del cuore stesso per aumentare il suo inotropismo.
Il parasimpatico invece non ha una funzione importante nel regolare lo status dei vasi e lunica influenza che esso ha nel
regolare la circolazione leffetto che una sua stimolazione provoca sul cuore.
Nella sostanza reticolare del bulbo e nel terzo inferiore del ponte situata unarea chiamata centro vasomotore
organizzata in unarea vasodilatatrice, unarea vasocostrittrice ed in unarea sensitiva che riceve afferenze sensitive
vagali e glossofaringee. Importante inoltre il centro cardioinibitore (questultimo si pu identificare col nucleo motore
dorsale del vago).
Dai centri vasocostrittore e vasodilatatore originano fibre che scorrono nel midollo per poi emergere come neuroni
pregangliari simpatici a vari livelli.Se si seziona il midollo si osserva una caduta della pressione: ci implica che vi un
traffico di impulsi (tono vasomotore) tesi a mantenere il tono vascolare.
I fattori che influenzano lattivit dellarea vasomotrice del bulbo sono i seguenti:
Stimolazione diretta: Sia lipercapnia che lipossia hanno un effetto vasodilatatore locale ma anche un effetto di
vasocostrizione centrale: questultimo effetto a prevalere.
Quando il flusso ematico del centro vasomotore si riduce al punto da provocare ischemia cerebrale i neuroni
rispondono eccitandosi fortemente. Il grado di costrizione del simpatico provocato da intensa ischemia spesso
cos grande che alcuni vasi periferici si chiudono del tutto.
Afferenze eccitatorie: dalla corteccia, attraverso lipotalamo, possono essere trasmessi al bulbo segnali emotivi in
grado di provocare sbalzi pressori. Queste afferenze possono anche originare dalle vie del dolore, dai muscoli
oppure dai chemocettori carotidei ed aortici.
I chemocettori sono sensibili alla PO
2
alla PCO
2
e al Ph. Leffetto dei chemocettori sulla regolazione
cardiocircolatoria abbastanza blando e non particolarmente rilevante. Servono piuttosto a regolare la ventilazione
polmonare.
Invece nel momento in cui le aree motorie del sistema nervoso cominciano ad essere eccitate per lesecuzione del
movimento, si eccita anche gran parte del sistema reticolare attivatorio del tronco encefalico e con esso anche le
aree di vasocostrizione e di cardio accelerazione del centro vasomotore. Ci innalza istantaneamente la PA per
adeguarsi allaumento dellattivit muscolare.
Afferenze inibitorie: possono provenire dalla corteccia via ipotalamo, dai polmoni oppure dai barocettori. I
barocettori pi rilevanti sono i carotidei (nei seni carotidei) e gli aortici (nellarco aortico). Essi ricevono una
importante innervazione sensitiva da fibre del vago (barocettori aortici) e dal glossofaringeo (barocettori carotidei).
Essi sono sensibili alla pressione nel senso che se la pressione aumenta essa li stira e ne determina laumento della
frequenza di scarica. Questi impulsi inibiscono il centro vasocostrittore determinando una diminuzione delle
efferenze simpatiche e, conseguentemente del tono vasocostrittore. Ovviamente vale anche lopposto.
Parallelamente allaumento delle afferenze provenienti dai barocettori e alla diminuzione della scarica simpatica si
verifica anche un aumento della scarica parasimpatica con conseguente cardioinibizione.
Per pressioni intermedie, vicine cio ai valori normali, la variazione di attivit dei barocettori per variazione di
pressione massima (massimo guadagno) mentre lefficienza si riduce per pressioni pi alte e pi basse.
La frequenza di scarica aumenta durante la fase anacrota dellonda sfigmica e diminuisce durante la fase catatrota.
Leffetto di una scarica discontinua maggiore di quella che si osserva se la scarica continua, cio se anche la
pressione minima pi elevata della norma.
Il sistema di controllo barorecettivo non svolge alcun ruolo a lungo termine della pressione arteriosa poich essi
tendono in un paio di giorni ad adattarsi a qualsiasi livello pressorio cui vengono esposti. Nei pazienti affetti da
ipertensione il sistema si re-setta su intervalli pressori maggiori mantendendo, almeno in parte, lipertensione
stessa.
Sincope vasovagale: una caduta improvvisa della PA dovuta a bradicardia per attivazione del nucleo motore dorsale
del vago e a massima vasodilatazione nei distretti muscolari ad opera del simpatico colinergico.

REGOLAZIONE SISTEMICA A LUNGO TERMINE: IL RUOLO DEL RENE
Il sistema nervoso, sebbene sia molto efficiente nel controllo rapido e di
breve durata della pressione arteriosa, perde gradualmente la sua capacit
di opporsi a variazioni pressorio quando queste si istaurano lentamente. E
invece il rene a giocare il ruolo fondamentale in questo tipo di controllo.
Il sistema reni-liquidi corporei per il controllo della pressione arteriosa
consiste semplicemente nel fatto che laumento della pressione arteriosa,
che consegue ad un aumento di liquido extracellulare, porta ad eliminare a
livello renale il liquido in eccesso attraverso le urine e riporta la pressione
alla norma.
Nelluomo pu bastare un aumento della pressione arteriosa di appena
pochi millimetri di mercurio per raddoppiare leliminazione di acqua e
cloruro di sodio con i meccanismi di diuresi e natriuresi da pressione.
Un particolare miglioramento di questo sistema rappresentato dal sistema
31
renina-angiotensina.
Dal momento che, nel lungo periodo, eliminazione ed assunzione di acqua devono essere uguali, lunico punto del
grafico in cui ci avviene nel punto di equilibrio.
Se per la pressione arteriosa di 150 mmHg, leliminazione di acqua e sale tre volte la loro ingestione. Di
conseguenza il corpo perde liquidi, il volume di sangue diminuisce e la pressione arteriosa si abbassa. Tale bilancio
negativo continuer fino a raggiungimento del punto di equilibrio.
Il punto di equilibrio pu essere spostato cambiando una delle due curve. Studi sperimentali hanno mostrato che un
aumento dellassunzione di sale pu essere molto pi significativo nel provocare uno spostamento della curva, e quindi
un punto di equilibrio a pressione maggiore, che un aumento di acqua. La ragione di tutto ci che il sale non viene
eliminato dai reni con la facilit dellacqua. Poich il sale si accumula nel corpo esso determina indirettamente anche un
aumento del liquido extracellulare perch:
1. laumento dellosmolarit dei liquidi corporei stimola il centro della sete;
2. lo stesso aumento di osmolarit stimola la secrezione di ormone antidiuretico.
Poich sono sufficienti piccoli incrementi di volume nel liquido extracellulare e nel sangue per causare notevoli aumenti
di pressione, la ritenzione di pur piccole quantit di sale pu innalzare considerevolmente la PA.

ANALISI GRAFICA DEL CIRCOLO SISTEMICO
I due fattori primari che regolano la gittata cardiaca sono:
1. la capacit di pompa del cuore, rappresentata graficamente con la curva delle gittata cardiaca;
2. i fattori periferici che influenzano il flusso del sangue dalle vene al cuore, rappresentati graficamente dalle curve
del ritorno venoso.
Poich la gittata cardiaca ed il ritorno venoso devono per forza coincidere, esister un solo punto di intersezione delle
due curve che associa allo status del sistema, sia per quanto concerne il ritorno
venoso sia per quanto concerne la gittata cardiaca,
un particolare valore di flusso (= gittata cardiaca =
ritorno venoso). A questo valore si pu inoltre
associare un valore di pressione dellatrio destro.

LA CURVA DELLA GITTATA CARDIACA
La curva della gittata cardiaca gi stata analizzata
e descrive gli effetti quantitativi dei diversi livelli
di efficienza cardiaca. La seconda figura mostra
invece leffetto della variazione della pressione
intrapleurica sulla gittata cardiaca. Da notare che
un innalzamento della pressione intrapleurica a -2 mmHg sposta lintera curva a destra perch 2 mmHg di pressione
nellatrio destro sono ora necessari per superare laumento pressorio allesterno del cuore.

LA CURVA DEL RITORNO VENOSO
La curva del ritorno venoso confronta la pressione atriale destra con il ritorno venoso. Allorch la pressione atriale
raggiunge il valore di circa 7 mmHg in mancanza di qualsiasi riflesso
circolatorio, il ritorno venoso si riduce a zero. Mentre la pressione
dellatrio destro va salendo e causa la stasi venosa, anche lefficacia
propulsiva cardiaca si avvicina allo zero e la pressione arteriosa scende
fino ad eguagliare quella venosa. Alla fine entrambe le pressioni si
equlibrano e tutto il flusso nella circolazione sistemica si blocca alla
pressione di 7 mmHg. Questo valore esprime per definizione la
pressione sistemica media di riempimento.
Quando la pressione dellatrio destro scende al di sotto dello zero non si
hanno pi ulteriori aumenti del ritorno venoso. Questo perch la
pressione negativa
presente nellatrio destro, e quindi anche nella cava, inferiore a
quella addominale che invece 0 e le pareti venose vengono
compresse nel punto in cui la cava attraversa il diaframma
costituendosi cos un ostacolo al ritorno venoso. Pertanto,
praticamente, la pressione venosa non scende mai sotto lo zero
laddove le grandi vene entrano nel torace, malgrado il fatto che la
pressione dellatrio destro possa scendere a valori molto bassi.
Ad un volume sanguigno di 4000 ml la pressione circolatoria media
di riempimento prossima allo zero, perch questo volume non tale
da distendere il sistema circolatorio; ma, ad un volume di 5000 ml, la
pressione di riempimento pu gi raggiungere il valore normale di 7
mmHg. Volumi ancora pi alti aumentano la pressione sistemica
media di riempimento.
32
Una forte stimolazione del simpatico costringe tutti i vasi sistemici come pure i grandi vasi polmonari, e perfino le
cavit cardiache. Pertanto, la capacit del sistema si riduce cos da provocare un aumento della pressione circolatoria
media di riempimento per ogni dato volume ematico.
A volume ematico normale, la stimolazione del simpatico aumenta la pressione circolatoria media di riempimento da 7
mmHg a 17 mmHg. Viceversa una completa inibizione simpatica riduce questo valore a 4 mmHg.
Come vi una pressione di riempimento che rappresenta la pressione che
spinge il sangue nelle vene verso il cuore, cos esiste anche una resistenza al
flusso venoso del sangue. Essa chiamata resistenza al ritorno venoso.
La maggior parte della resistenza al ritorno venoso si trova a livello delle
vene, anche se in parte concorrono anche piccole arterie e le arteriole.
Il motivo della grande importanza delle vene che quando la resistenza
venosa aumenta, il sangue comincia a ristagnare nelle vene, a monte del sito
di aumentata resistenza. Ma essendo le vene molto distendibili la pressione
venosa si alza di molto poco e il rialzo pressorio non sufficiente per opporsi
al cambiamento di resistenza in maniera da mantenere invariato il flusso. Se
invece aumentano le resistenze arteriose, il sangue si accumula nei vasi
arteriosi, dotati di una distensibilit molto minore, e in essi il rialzo pressorio
notevole (30 volte di pi di quanto si verifica nelle vene). Questo rialzo
pressorio tale da superare di molto laumento di resistenza cos che il ritorno
venoso si riduce di molto poco.


ANALISI DI GUYTON (VALUTAZIONE COMBINATA DELLE CURVE)
Nella funzione circolatoria globale, il cuore e il circolo sistemico devono operare assieme. Questo significa che il
ritorno venoso della circolazione sistemica deve eguagliare la gittata cardiaca
del cuore e che la pressione dellatrio destro evidentemente comune sia al
muscolo cardiaco che alla circolazione sistemica.
Si pu cos predire il valore della gittata cardiaca e della pressione dellatrio
destro disegnando le curve del ritorno venoso e della gittata cardiaca che
esprimono lattuale condizione del sistema. C solo un punto sul grafico, il
punto A, in cui il ritorno venoso eguaglia la gittata cardiaca: il punto di
equilibrio del sistema.
Analogamente si pu trovare il punto di equilibrio quando le situazioni
discostano dalla normalit: da destra a sinistra le seguenti figure mostrano la
modificazioni del punto di equilibrio in seguito alla variazione della pressione
sistemica di riempimento, degli stati di attivazione del simpatico (es. durante
lattivit fisica) e della variazione della resistenza al ritorno venoso.



Da notare che la pressione in atrio destro di poco modificata dai vari stati di attivazione del simpatico mentre la gittata
cardiaca ed il ritorno venoso possono anche raddoppiare.

CONSIDERAZIONI SULLANALISI DI GUYTON (Cavaggioni)
Anche in condizioni normali, la forma delle due curve non indipendente luna dallaltra.
La legge di Frank-Starling (legge del cuore) prevede che la gittata sistolica sia proporzionale al riempimento del
ventricolo alla fine della diastole e, di conseguenza, alla pressione atriale. Di conseguenza

Q = AP
V
dove A = tg u

Un valore realistico di A 2 l/min/mmHg.
33

Se il sistema circolatorio fosse assimilabile ad un tubo
rigido, in base alla legge di Ohm un aumento della
portata porterebbe ad un aumento della pressione
arteriosa e di quella venosa. Di conseguenza la gittata
aumenterebbe ancora di pi: sarebbe questo un sistema
a feedback positivo (APv/AQ) che renderebbe instabile
il sistema.
Tuttavia il sistema circolatorio tuttaltro che un
sistema rigido. Esso anzi distensibile, dotato di una
certa elasticit (compliance).
Si consideri innanzitutto che:
C
A
= (V
A
V
AO
) / (P
A
P
O
)
C
V
= (V
V
- V
VO
) / (P
V


P
O
)
Dove V
AO
sta per volume di sangue nelle arterie in
condizioni statiche mentre V
A
sta per volume arterioso
in condizioni dinamiche.
Si consideri inoltre che se si mette in movimento il
cuore esso sposter il sangue dalla parte venosa a
quella arteriosa e tanto diminuisce il volume di sangue
nelle vene, tanto aumenta quello delle arterie:
V
A
V
AO
= - ( V
V
V
VO
)
Si ottiene che:
C
V
/C
A
= - (P
A
P
O
)/(P
V
P
O
)
P
A
P
V
= RQ
Risolvendo il sistema si ottiene la relazione del circolo:

P
V
= P
0
(R/(1 + C
V
/C
A
))Q

Un valore realistico di R di 20 mmHg/l * min. Il rapporto tra C
V
/C
A
di media uguale a 19. Risolvendo lequazione si
ottiene una valore di B intorno ai 1 mmHg/l.
Se ne evince che allaumentare del flusso la pressione venosa diminuisce. E questa una relazione a feedback negativo.
Il coefficiente angolare B = - (R/(1 + C
V
/C
A
)) ed uguale a tg. Essendo B negativo, il sistema quindi a feedback
negativo.
Abbiamo dimostrato quindi che il sistema circolatorio fatto in modo che se aumenta la pressione venosa aumenta la
gittata cardiaca (legge del cuore), ma se aumenta la pressione diminuisce la pressione venosa (legge del circolo).
Come visto in precedenza, le variabili A e B sono molto variabili in maniera da potersi adattare alle esigenze.
Il prodotto A*B rappresenta il cosiddetto guadagno a circuito aperto (se si taglia il collegamento tra cava e atrio e
applicando a questultimo una pressione costante le variazioni della gittata cardiaca non influenzano pi il ritorno
venoso): un sistema con guadagno molto grande molto efficiente come stabilizzatore. Ne consegue che tra i vari effetti
dellattivazione simpatica, aumentando essa sia i valori assoluti di A che di B, c quello di migliorare il guadagno. Nel
sonno invece avviene il contrario.
Ai fini pratici
Pressione venosa finale / Pressione venosa iniziale = 1 / (1 A*B)
Se il guadagno molto alto il rapporto pu essere di 1/10.
Sensibilit: variazione di una variabile dipendente in funzione di una variabile indipendente (S = A% variabile ind. / A%
variabile dip.)
Si pu analizzare la sensibilit di Q e di P
V
in funzione di A e B, in maniera da capire in che maniera i due parametri
influenzino le variabili gittata cardiaca e pressione venosa.
S(Q)(A) = 1/(1-AB) (B costante)
S(Q)(B) = AB/(1-AB) (A costante)
S(P
V
)(A) = AB/(1-AB) (B costante)
S(P
V
)(B) = AB/(1-AB) (A costante)
Il parametro A influenza diversamente Q e P
V
. Inaspettatamente una diminuzione di efficienza cardiaca ha un effetto
minore sulla portata perch regola con maggiore sensibilit P
V
. La portata cardiaca invece regolata con maggiore
sensibilit dal parametro del circolo B.
Considerazioni:
1. stato ignorato leffetto del piccolo circolo. Ci dovuto al fatto che, grazie alla forte rilassanza dei vasi
polmonari, P
O
= O. Di conseguenza il sistema cuore/piccolo circolo non varia sostanzialmente n la pressione
venosa n il parametro cardiaco: tanto sangue pompato dal ventricolo destro tanto sangue rientra nellatrio
sinistro;
2. nel feto la situazione complicata dalla presenza della placenta e dal fatto che B tende a 0 essendo la resistenza
molto bassa. A * B tende a 0 e lefficienza dei due parametri nulla;
3. il pilastro su cui si regge tutto il sistema la costanza di P
0
. Ci dovuto allazione del rene.
34
IL CIRCOLO POLMONARE
Il circolo polmonare riceve lintera gittata cardiaca. Il volume di sangue presente nei polmoni ammonta
approssimativamente a 450 ml: di questo volume circa 70 millilitri sono contenuti nei capillari ed il resto pressoch
equamente diviso tra arterie e vene.
La resistenza che esso offre bassa sia perch la lunghezza media dei vasi evidentemente minore di quella dei vasi del
circolo sistemico sia perch essi sono molto pi distensibili sia poich hanno una tonaca muscolare pi esigua. Infine, se
necessario, esistono dei vasi appartenenti al circolo polmonare che sono normalmente collassati ma che possono essere
reclutati per aumentare il letto circolatorio e ridurre le resistenze. Ci conferisce allalbero arterioso polmonare una
compliance molto grande che simile a quella dellintero albero arterioso sistemico.
Ci fa s che quando aumenta la gittata cardiaca la pressione dellarteria polmonare non aumenta linearmente essendoci
contemporaneamente una riduzione delle resistenza sia a causa della dilatazione dei vasi sia per il reclutamento dei vasi
collassati.
Un altro fattore che influenza la resistenza il volume del polmone: esiste un volume intermedio del polmone che
corrisponde ad una resistenza minima. Questo volume intermedio vicino al volume di riposo dellapparato
respiratorio. Sia che il volume aumenti sia che diminuisca la resistenza aumenta: questo perch ad alti volumi
polmonari si verifica compressione dei vasi alveolari (mentre i vasi extra-alveolari risultano dilatati) mentre a bassi
volumi laumento della resistenza dovuto alla compressione dei vasi extra-alveolari.
Il flusso di sangue nei grossi vasi polmonari essenzialmente uguale alla gittata cardiaca e gli stessi fattori che regolano
la gittata cardiaca controllano anche il flusso ematico polmonare. A livello locale tuttavia, perch si compia un
adeguata ossigenazione del sangue, importante che esso venga distribuito a quei settori dei polmoni in cui gli alveoli
sono meglio ventilati.
Per quanto riguarda i metaboliti vasodilatatori il circolo polmonare osserva un comportamento opposto a quanto
avviene nel circolo sistemico: ipossia e ipercapnia determinano vasocostrizione nel circolo polmonare poich manca il
significato metabolico presente nei tessuti. La vasocostrizione ipossica si osserva sia se sono resi ipossici gli alveoli sia
se ipossico il sangue che arriva ai polmoni. Essa sembra coinvolgere le arteriole ed ha unimportanza funzionale: se
una parte di polmone ipossica o ipercapnoica giustificabile che sia poco perfusa poich non potrebbe ossigenare
bene il sangue.
Un altro potente vasodilatatore del circolo polmonare lossido nitrico.
La pressione che si registra nellarteria polmonare oscilla tra i 10 e i 25 mmHg con una media compresa tra i 15 e i 18.
Perch il sangue possa fluire necessario che la pressione in atrio sinistro, la stessa cio della vena polmonare, (che
normalmente di circa 2 mmHg), sia inferiore a quella dellarteria polmonare.
Essendo la resistenza venosa uguale a quella arteriosa la caduta di pressione nei due distretti di 7,5 mmHg. La
pressione nei capillari polmonari allora di 9,5 mmHg. Questa pressione idrostatica quella che spinge verso lesterno
il liquido. La pressione oncotica di 25 mmHg. Assumendo per trascurabili i valori di pressione idrostatica ed oncotica
nellinterstizio alveolare esiste una pressione media di 15 mmHg che trattiene liquido nei capillari: si tratta di un fattore
di protezione contro ledema polmonare. Perch si verifichi edema nel circolo polmonare la pressione deve salire quindi
di almeno 15 mmHg.
In virt di questi valori pressori il liquido interstiziale nei polmoni tende ad essere prosciugato: solamente una piccola
parte di acqua rimane presente legato ai proteoglicani.
Il flusso sanguigno polmonare diminuisce progressivamente dalla base allapice del polmone. Questa distribuzione
dipendente dalla forza di gravit: in un soggetto sdraiato sar infatti la parte dorsale che riceve pi sangue.
Lo schema di West aiuta a capire le implicazioni pratiche di questo fenomeno.
Larteria polmonare entra nellilo del polmone allincirca a met della sua altezza che di circa 30 cm. La pressione nei
vasi arteriosi diminuisce di 0,8 mmHg. Di conseguenza quando una persona in piedi dalla pressione dellarteria
polmonare devono essere sottratti (15 * 0,8) 12 mmHg: in alcuni soggetti si osserva, almeno in fase diastolica,
addirittura una pressione sub-atmosferica. In questa condizione la Pressione alveolare maggiore della pressione
arteriosa e di quella venosa e il circolo si blocca.
Pi sotto, a livello dellilo, siamo nella cosiddetta zona intermedia in ogni momento del ciclo cardiaco la Parteriosa >
Palveolare > Pvenosa. Leffetto che si crea una stenosi del capillare dal lato venulare. In questa condizione non pi
la differenza tra la pressione arteriosa e quella venosa a determinare il flusso ma la differenza tra la pressione arteriosa e
quella alveolare. La condizione di flusso analoga a quella di un resistore di Starling: i cambiamenti della pressione
venosa, fino a quando essa rimane inferiore a quella alveolare, non hanno effetti sul flusso.
Infine nella parte pi bassa la situazione quella classica (Parteriosa > Pvenosa > Palveolare).
Il flusso nella zona pi alta 0, nella zona 2 aumenta procedendo verso il basso e in zona 3 laumento del flusso
ancora in piccola parte determinato dallaltezza poich andando verso il basso le pressioni aumentano e la dilatazione
dei vasi fa diminuire la resistenza (vedi sopra).
In definitiva la distribuzione del flusso nel polmone dipendente dalla gravit e la disomogeneit funzione
dellaltezza ( maggiore se un soggetto in piedi, minore se sdraiato).





35
LA CIRCOLAZIONE IN ALCUNI DISTRETTI CORPOREI

FLUSSO
ml/min ml/100g/min Differenza AV
(ml O
2
)
% della gittata
cardiaca
Consumo O
2

(ml/100g/min)
Fegato 1500 57,7 34 27,8 2,0
Reni 1260 420,0 14 23,3 6,0
Cervello 750 54,0 62 13,9 3,3
Cute 462 12,8 25 8,6 0,3
Muscoli 840 2,7 60 15,6 0,2
Miocardio 250 84,0 114 4,7 9,7
Resto del corpo 336 1,4 129 6,2 0,2
Organismo 5400 8,6 46 100,0 0,4


CIRCOLAZIONE CORONARICA
Le principali arterie coronariche giacciono sulla superficie del cuore e le arterie pi piccole penetrano dalla superficie
nella massa del muscolo cardiaco, ed da queste arterie che il cuore riceve quasi interamente il suo apporto sanguigno.
Solo la superficie interna dellendocardio pu ottenere quantit significative di nutrienti direttamente dal sangue nelle
cavit cardiaca.
Nel cuore lestrazione molto alta e ci significa che il flusso sottodimensionato rispetto a quelle che sarebbero le
richieste. Di conseguenza un cuore con maggiori richieste di ossigeno necessita per forza di nuovo flusso. E per questo
che il flusso delle coronarie aumenta proporzionalmente alla gittata cardiaca rimanendo comunque intorno al 5%.
Nello spessore del miocardio esiste un gradiente di pressione interstiziale verso lendocardio a causa dellattivit
contrattile del cuore. Questo gradiente si ripercuote sui rami delle coronarie tanto che esistono punti del cuore vicino
allepicardio dove il flusso praticamente zero durante la sistole. A compenso della quasi totale mancanza di flusso
durante la sistole, si ha una maggiore estensione del plesso subendocardico rispetto alle arterie nutritive degli strati
intermedi ed esterni del cuore.
Per la regolazione del flusso coronario sono molto importanti i fattori metabolici: ipercapnia, ipossia, ADP, H
+
, K
+

sono tutti potenti vasodilatatori.
Come detto tutte le volte che aumenta il lavoro cardiaco aumenta anche il flusso sanguigno nelle coronarie. Questo fatto
rende difficile valutare limportanza dei fattori nervosi sul circolo coronario. Se si stimola il simpatico il lavoro cardiaco
aumentato e di conseguenza il flusso coronario. Per almeno parte dellaumentata perfusione dovuta ai fattori
vasodilatatori pi che alleffetto delle catecolamine.
Il cuore molto versatile e per le sue esigenze metaboliche pu ossidare diversi composti. Normalmente il 70% del suo
metabolismo dipende dallossidazione di grassi ma pu anche servirsi di glucosio, aminoacidi o acido lattico.
Come tutti i muscoli inoltre in grado di lavorare in anaerobiosi. La conseguente liberazione di acido lattico provoca
vasodilatazione e quindi auto limita la sua produzione.
Nella stenosi aortica, dove il cuore deve sviluppare pi pressione (il cuore lavora contro un maggiore post-carico), il
consumo di O
2
aumenta di pi di quanto succeda nellinsufficienza aortica quando parte del sangue refluisce (il cuore
deve lavorare contro un pre-carico maggiore). Il lavoro contro pressione quindi pi dispendioso di un lavoro contro
volume.

CIRCOLAZIONE CEREBRALE
Lencefalo un organo che pesa circa 1,5 Kg. Esso presenta un flusso sanguigno di circa 750 ml/min, quindi di circa 55
ml/min per 100 g di tessuto. La differenza artero-venosa di O
2
di 62 ml/min e il consumo di ossigeno quindi di 3,3
ml/min per 100 g di tessuto.
Il cervello riceve meno del 14% della perfusione sanguinea ma ha un consumo di ossigeno che quasi il 20%.
Il sangue della carotide interna rappresentativo dell85/90 % della circolazione cerebrale mentre il sangue della
giugulare solo approssimativamente rappresentativo.
Lafflusso di sangue dipende da due sistemi: quello delle carotidi interne e quello delle arterie vertebrali che si
anastomizzano nel circolo di Willis il quale ha la funzione di compensare cadute di flusso da una delle due parti. In
realt, almeno nei soggetti anziani, il compenso solo parziale.
Il cervello non pu usufruire di un significativo metabolismo anaerobico: nel tempo dellordine dei secondi dopo
linterruzione del flusso sanguigno allencefalo si verifica la perdita di conoscenza e nel giro di pochi minuti
cominciano a comparire danni ischemici irreversibili.
Il flusso sanguineo nella sostanza grigia molto maggiore che nella sostanza bianca.
Il flusso sanguigno cerebrale rimane praticamente costante in molte occasioni che vanno dal sonno alla intensa
stimolazione delle funzioni cerebrali. Tuttavia, a seconda delle funzioni cui il cervello chiamato, il flusso si
ridistribuisce allinterno della scatola cranica per irrorare maggiormente certe aree piuttosto di altre. In generale esiste
una relazione tra attivazione di aree specifiche, laumento del loro metabolismo, il consumo di ossigeno di queste aree e
il flusso sanguineo a loro diretto.
36
La regolazione da metabolici vasodilatatori notevolmente attiva nellencefalo. In particolare la PCO
2
un potente
vasodilatatore dei vasi dellencefalo, probabilmente a causa dellaumento di Ph che essa determina. Anche la PO
2
ha un
effetto analogo bench opposto: lipossia aumenta il flusso ma leffetto meno significativo di quello provocato
dallanidride carbonica, ci devessere cio unipossia relativamente grave. Quasi tutti gli autori concordano inoltre nel
ritenere che la regolazione del sistema nervoso vegetativo sia in grado di variare il flusso cerebrale.

FISIOLOGIA DEL LIQUOR
Il liquor riempie gli spazi tra dura madre e aracnoide. Ha un volume di circa 150 ml ed ha una composizione molto
simile a quella del plasma tranne che per due aspetti: la concentrazione delle proteine bassa cos come quella di
glucosio essendo questo liquido a contatto con un tessuto che ne consuma molto.
La pressione idrostatica del liquor in un soggetto sdraiato intorno ai 10 cmH
2
O. Una variabile che influenza la
pressione idrostatica del liquor la pressione venosa centrale: se si effettua un grosso sforzo espiratorio che implica la
compressione delle cave aumenta la pressione del liquor.
Il liquor e i tessuti cerebrali si trovano in una situazione particolare poich, grazie alla presenza della barriera emato-
encefalica (probabilmente formata dalle giunzioni strette tra le cellule endoteliali e tra i manicotti coi quali gli astrociti
circondano i capillari), molte sostanze disciolte nel sangue non diffondono fino a raggiungere lequilibrio. Alcune
sostanze, soprattutto se liposolubili, diffondono pi di altre e quindi la barriera selettiva e non assoluta. Il ruolo della
barriera sarebbe quello di mantenere il SNC in un liquido interstiziale di composizione relativamente costante
indipendentemente da ci che avviene nel sangue. Da questa barriera sono per escluse alcune zone, come lipotalamo,
dove sono presenti recettori che per loro natura devono essere esposti alle fluttuazioni del torrente circolatorio.
Le funzioni del liquor sono essenzialmente due:
1. nutrizionale;
2. protezione meccanica: anche se lo spessore del liquor esiguo esso forma tuttavia uno strato continuo. Il tessuto
nervoso si trova perci immerso in un fluido e, grazie alla spinta di Archimede, il suo peso viene notevolmente
ridotto (in situ dellordine dei 50g): qualsiasi sollecitazione meccanica vede ridotti di 30 volte i suoi effetti. Se
non fosse per il liquor traumi anche lievi del tessuto cerebrale sarebbero lesivi.

CIRCOLAZIONE RENALE
Pur avendo il tessuto renale un consumo di O
2
elevato, essendo il flusso molto alto e non essendo la perfusione renale
specificatamente disegnata per sopperire alle esigenze metaboliche del tessuto la differenza artero-venosa bassa.
Nei reni esiste una rete mirabile arteriosa. Questo doppio letto capillare nel rene molto importante per la filtrazione e i
successivi processi di secrezione ed assorbimento.
E importante notare che la resistenza idraulica dei vasi arteriosi a monte dei capillari glomerulari molto bassa tanto
che nei capillari glomerulari vi una pressione di ben 60mmHg.
Nel rene esistono meccanismi di autoregolazione sia del flusso ematico che della filtrazione glomerulare tanto che solo
gravi ipotensioni o ipertensioni compromettono significativamente la funzionalit renale.
Il flusso sanguigno non ugualmente distribuito: il flusso nella corticale circa il doppio di quello della midollare
anche se gran parte del lavoro svolto dai reni effettivamente compiuto dalla midollare. Ci dovuto al fatto che nella
corticale avviene la filtrazione e perci c necessit di alti flussi.
La resistenza del circolo renale pu essere influenzata dal sistema venoso vegetativo (il simpatico provoca
vasocostrizione) o da sostanze come le prostaglandine.
Nel rene sono presenti cellule che liberano renina. Essa agisce, in circolo, su un precursore proteico,
langiotensinogeno, trasformandolo in angiotensina I. Questultima viene trasformata dallendotelio polmonare in
angiotensina II: una sostanza con effetti vasocostrittori sistemici. Essa agisce inoltre nellipotalamo stimolando la
sensazione di sete e la liberazione di ADH. In effetti la renina liberata in circolo in risposta a stimoli quali
lipotensione o in seguito ad attivazione del simpatico renale.
Nella terapia dellipertensione sono utilizzati fattori che bloccano la formazione dellangiotensina II a partire
dallangiotensina I (ACE, angiotensin convertine enzime, inibitori).

CIRCOLAZIONE NEL MUSCOLO SCHELETRICO
Lattivit muscolare durante gli esercizi fisici per il sistema circolatorio la situazione pi difficile da fronteggiare in
condizioni normali. Questo vero se si considera che in particolari condizioni il flusso sanguigno muscolare pu
incrementare pi di 20 volte e che la muscolatura scheletrica costituisce una notevole parte della massa corporea.
Il consumo di O
2
e il flusso sanguineo del muscolo a riposo estremamente basso ma pu aumentare moltissimo: 3/4
ml/min per 100g a riposo, fino a 80 ml/min per 100 g in attivit. Da questo punto di vista il muscolo il tessuto pi
versatile dellorganismo.
Una caratteristica del muscolo scheletrico che sia lipossia che lischemia causano dolore. Da un punto di vista
fisiologico questo dolore causato da una discrepanza tra apporto e richiesta di O
2
. In questo caso si attiva il
metabolismo anaerobio che porta alla produzione di acido lattico ed insieme ad esso di sostanza P (pain) che causa
dolore. Il ripristino di una sufficiente circolazione laverebbe questa sostanza dal muscolo.
Oltre a causare dolore lischemia causa spasmo del muscolo, aggravando lischemia stessa.
Per quanto riguarda laspetto regolativo sono molto attivi i metabolici vasodilatatori (la sostanza considerata in questi
anni la pi importante nel provocare vasodilatazione ladenosina). Inoltre il calore prodotto dallattivit muscolare (il
37
cui rendimento del 25%) provoca vasodilatazione. Infine nel muscolo presente e attiva una regolazione nervosa della
circolazione rappresentata da due sistemi entrambi anatomicamente ortosimpatici ma:
1. uno adrenergico con effetto vasocostrittore in comune con tutti i vasi dellorganismo, ha il ruolo di deviare il
sangue verso organi essenziali per la vita.
2. uno detto sistema simpatico colinergico vasodilatatore: ha come mediatore lacetilcolina, rappresentando
uneccezione che si riscontra solamente nel muscolo e nelle ghiandole sudoripare. Questo sistema potenzia la
vasodilatazione conseguente allattivit muscolare ed entra in gioco addirittura al solo pensiero di compiere attivit
fisica. Questo sistema sembra tra laltro coinvolto nella sincope vaso-vagale: si verifica difatti una massiva e
improvvisa vasodilatazione muscolare associata ad un aumento della frequenza di scarica del nucleo dorsale del
vago.
Il flusso nei muscoli dipende anche dalla contrazione perch quando i muscoli sono contratti i vasi sono costretti. Per
fortuna non tutte le unit motorie si attivano contemporaneamente e ci permette lesistenza comunque di un flusso
basale.
Nel muscolo striato e nel cuore presente la mioglobina, un composto con affinit per lossigeno minore di quella
dellemoglobina. In condizioni normali lemoglobina che cede ossigeno per la glicolisi (ed, eventualmente, per
rimpinguare le riserve della mioglobina) ma quando la PO
2
scende sotto certi livelli ossigeno comincia a venire liberato
dalla mioglobina che ha, quindi, funzione di riserva per le situazioni di scarsa perfusione.

LA CIRCOLAZIONE NELLATTIVITA MUSCOLARE
Durante lattivit muscolare si realizzano tre effetti fondamentali che assicurano il notevole flusso di sangue richiesto
dai muscoli. Essi sono lattivazione generalizzata del simpatico in tutto il corpo, laumento della pressione arteriosa e
laumento della gittata cardiaca.
Allinizio dellattivit muscolare si verifica una massiccia attivazione simpatica che produce quattro effetti:
1. il cuore aumenta notevolmente la frequenza ed il suo inotropismo;
2. la maggior parte delle arteriole della circolazione periferica si contraggono fortemente, ad eccezione di quelle dei
muscoli attivi che invece sono dilatate al massimo ad opera delleffetto vasodilatativo locale. In questo modo il
sangue viene transitoriamente prestato alla muscolatura. Due sistemi circolatori, il coronario ed il cerebrale, non
risentono delleffetto vasocostrittivo;
3. le pareti muscolari delle vene e di altri sistemi di capacit della circolazione sono potentemente contratti con il
risultato di far aumentare notevolmente sia la pressione sistemica media di riempimento che il ritorno venoso e, di
conseguenza, la gittata cardiaca;
4. aumento della pressione arteriosa. Ci si verifica per:
vasocostrizione delle arteriole della gran parte dei tessuti;
aumento dellattivit propulsiva del cuore;
incremento della pressione sistemica media di riempimento.
Laumento della pressione cospicuo in caso di esercizi che coinvolgono solo pochi muscoli, ma quando lattivit
coinvolge molti muscoli il rialzo pressorio pi ridotto a causa dellestrema vasodilatazione che avviene nelle
grandi masse muscolari.

38
SCHEMI DI FISIOLOGIA

IL SANGUE E LEMOSTASI

IL SANGUE

CARATTERISTICHE GENERALI
Il sangue un tessuto che contiene una parte cellulare ed una parte liquida, il plasma. Sebbene la componente
extracellulare sia predominante il sangue considerato un tessuto. Le sue caratteristiche reologiche (di scorrimento)
sono molto complesse in quanto esso, essendo una sospensione, non pu essere considerato un fluido perfetto. Dal
punto di vista chimico articolata la presenza di soluti in esso disciolti.
Il sangue mantenuto in movimento dal muscolo cardiaco ed ha la funzione principale di portare ai vari tessuti le
sostanze nutritive (gas e metaboliti) e di raccogliere dai tessuti i prodotti di scarto, prima fra tutte la CO
2
. Il sangue
inoltra veicola altre sostanze importanti come gli ormoni.
Il sangue che circola nellorganismo rappresenta in peso circa l8% della massa corporea.
La densit del sangue nel suo complesso di circa 1058 g/l (il plasma singolarmente ha una densit di 1026 g/l mentre i
globuli rossi, a causa della presenza di emoglobina, arrivano a 1097 g/l). Dal momento che la densit superiore
dellacqua una colonna di 10 cm di sangue esercita una pressione di 10,4 cmH
2
0. Per motivi pratici per questa
differenza pu essere tranquillamente trascurata.
Un altro parametro di interesse che riguarda il sangue la sua viscosit.
La viscosit misurata sperimentalmente con il viscosimetro. La viscosit del fluido
viene misurata tenendo presente che la forza sprigionata dal motore necessaria per
fare ruotare lelemento fisso proporzionale alla viscosit del liquido. Lunit di
misura il Poise.
Nella pratica si utilizza il viscosimetro di Hess che misura la viscosit relativa del
fluido rispetto a quella dellacqua.
Due fattori possono influenzare la viscosit del sangue:
1. la variazione di temperatura: se la temperatura diminuisce la viscosit aumenta.
Con la febbre la viscosit diminuisce leggermente aumentando di conseguenza
il flusso sanguineo. Per valori di temperatura compatibili con la vita le
variazioni di viscosit sono tuttavia piuttosto modeste;
2. la variazione di ematocrito: a valori fisiologici di ematocrito la viscosit 3,5/4.
Aumentando lematocrito la viscosit aumenta in maniera esponenziale;
3. infine a differenza di quanto accade nei fluidi newtoniani la viscosit del sangue
non indipendente dal flusso.

LE PROTEINE DEL SANGUE
Il plasma costituito per circa il 7/8 % di proteine. Nel sangue si trovano circa 15g/100ml di emoglobina. Di
conseguenza circa il 20% del sangue composto di proteine.
Il profilo delle proteine del plasma si ottiene attraverso elettroforesi. Le quattro famiglie meglio rappresentate sono
lalbumina, le u, e v globuline (questultime sono anticorpi). Nel sangue si trovano inoltre 0,5g/100ml di fibrinogeno,
una proteina precursore della fibrina, molto importante nel processo della coagulazione.
Una funzione molto importante delle proteine del plasma quello di trasporto (di ormoni, di sali, di farmaci.). Una
grossa fetta degli ormoni, in alcuni casi anche il 90/95%, viaggiano nel sangue legati a proteine. Se la concentrazione
dellormone libero, quello funzionalmente attivo, diminuisce se ne libera parte di quello legato alle proteine: in pratica
esse fungono da sistema tampone limitando la concentrazione dellormone libero e attivo ma al contempo fornendo una
riserva. Unaltra importante funzione delle proteine quello nutrizionale poich alcune proteine plasmatiche, come
lalbumina, possono essere degradate per far fronte ad esigenze energetiche.
Le proteine del plasma hanno inoltre unimportante funzione tampone sul pH del sangue. Da questo punto di vista
molto importante lemoglobina: lossiemoglobina una acido pi forte dellemoglobina (effetto Bohr). Nel sangue
venoso, dove essa ha rilasciato ossigeno e la concentrazione di ioni idrogeno derivanti dal metabolismo tessutale
molto alta, la funzione tampone dellemoglobina massima.
Infine le proteine plasmatiche sono responsabili della differenza di pressione osmotica presente tra il sangue e il liquido
interstiziale.

DATI SALIENTI
Numero di globuli rossi per mm
3
= 5,4 * 10
6
nel maschio e 4,8 * 10
6
nella donna
Numero di piastrine per mm
3
= 300.000
Numero di leucociti per mm
3
= 8.000
Ematocrito = 46/47% nel maschio e 42% nella donna
39
Concentrazione di emoglobina nel sangue: 16g/100ml nel maschio e 14g/100ml nella donna
Volume corpuscolare medio = volume singolo eritrocita = ematocrito/n globuli rossi = 8,7 * 10
-15
l
Contenuto corpuscolare medio di emoglobina = [emoglobina]/n globuli rossi = 29 * 10
-9
g/globulo rosso
Concentrazione corpuscolare media di emoglobina = concentrazione di emoglobina nel solo
volume occupato dai globuli rossi = [emoglobina] * ematocrito.
Sui globuli rossi si misura anche la VES e la resistenza globulare.
Questultima un indice che vuole indicare la facilit con cui il globulo rosso va incontro ad
emolisi. Per saggiarla si espongono i globuli rossi a soluzioni di NaCl progressivamente sempre
pi ipotoniche. Se la soluzione viene progressivamente diluita la pressione osmotica interna al
globulo rosso tende a richiamare al suo interno acqua. Da disco biconcavo il globulo rosso prima
diventa sferico, poi si distende ed infine lisa. Considerando che una soluzione isotonica NaCl
allo 0,9%, un globulo rosso lisa a concentrazioni di NaCl comprese tra lo 0,35 e lo 0,5 %. In
base alla curva ad ogni valore di lisi si associa un valore di resistenza.

I FATTORI ANTIGENICI DEGLI ERITROCITI
Almeno 30 tipi di antigeni ricorrenti comunemente e centinaia di altri antigeni rari, ognuno dei quali pu a sua volta
causare reazioni antigene-anticorpo, sono stati trovati nelle cellule del sangue umano, specialmente sulla superficie
delle membrane cellulari. Due particolari gruppi di antigeni hanno pi probabilit di altri di indurre reazioni
trasfusionali: sono il cosiddetto sistema di antigeni ABO ed il sistema Rh.
Gli antigeni del gruppo ABO espressi sugli eritrociti sono chiamati agglutinogeni. Quando lagglutinogeno A non
presente sui globuli rossi di un individuo, si troveranno nel suo plasma degli anticorpi chiamati agglutine anti-A.
Parimenti, quando lagglutinogeno B ad essere assente nei globuli rossi, si riscontreranno nel plasma le agglutine anti-
B.
Un individuo produce delle agglutine contro un agglutinogeno che non presente sui suoi globuli rossi perch piccole
quantit di antigeni A e B possono penetrare nellorganismo con i cibi, con i batteri o con altri mezzi.
Quando differenti tipi di sangue sono incompatibili, cosicch agglutine plasmatiche anti-A od anti-B vengono a contatto
con globuli rossi che contengono gli agglutinogeni da loro riconosciuti, i globuli rossi vanno incontro ad agglutinazione.
Ci avviene perch una singola molecola di agglutina in grado di legarsi a pi eritrociti. Tali ammassi cellulari
ostruiscono i vasi sanguigni nel sistema circolatorio. Nelle ore o nei giorni successivi i globuli rossi agglutinati vanno
incontro a lisi per la deformazione fisica o sono distrutti da fagociti.
Per quanto riguarda il sistema Rh esso differisce da quello ABO per il fatto che le agglutine responsabili di reazioni
trasfusionali non si sviluppano mai spontaneamente. Al contrario, lorganismo deve prima essere esposto massivamente
ad un antigene Rh, di solito in occasione di una trasfusione di sangue o di una gravidanza con feto portatore di antigene.
Esistono 6 comuni tipi di antigeni Rh, ognuno dei quali detto fattore Rh. Questi tipi sono designati con C,D,E,c,d ed e.
Se una persona eterozigote esprimer gli antigeni indicati con la lettera maiuscola, che sono dominanti.
Lantigene di tipo D nettamente prevalente nella popolazione ed anche considerevolmente pi antigenico degli altri
antigeni Rh. Pertanto, chiunque abbia questo tipo di antigene viene detto Rh positivo, mentre un individuo che non
possiede un antigene tipo D viene detto Rh negativo.

DESTINO DEGLI ERITROCITI
Dopo 120 giorni di vita media i globuli rossi diventano troppo fragili per resistere ancora nel torrente circolatorio; le
loro membrane si rompono e lemoglobina liberata viene fagocitata dai macrofagi che costituiscono il sistema reticolo-
endoteliale.
Qui tutta lemoglobina viene scissa in globina ed eme. La struttura ciclica delleme viene aperta dando luogo a ferro
libero che viene captato dalla transferrina e ad una catena lineare di quattro gruppi pirrolici che costituisce il substrato
da cui originano i pigmenti biliari. Il primo pigmento che si forma la biliverdina, che viene rapidamente ridotta a
bilirubina libera; sotto questa forma viene liberata gradualmente dai macrofagi nel plasma, dove si combina subito con
lalbumina. La bilirubina legata allalbumina viene comunque detta bilirubina libera.
Nel giro di ore, la bilirubina libera viene assorbita attraverso le membrane delle cellule epatiche. Subito dopo viene
coniugata con acido glucuronico, con ione solfato e con un gran numero di altre sostanze venendosi a formare la
bilirubina coniugata.
In questa forma la bilirubina secreta nei canalicoli biliari mediante un meccanismo di trasporto attivo e raggiunge cos
lintestino con la bile.

LEMOSTASI

METODI DI EMOSTASI
Per emostasi si intende limpedimento o larresto del sanguinamento. Ogni qualvolta un vaso sanguigno viene leso o
reciso, lemostasi viene messa in atto per mezzo di alcuni meccanismi che comprendono:
1. lo spasmo vascolare;
2. la formazione del tappo piastrinico;
3. la coagulazione del sangue;
4. lo sviluppo di tessuto fibroso in seno al coagulo sanguigno per chiudere definitivamente lapertura del vaso.
40
Non appena un vaso viene reciso o si rompe, per lo stimolo rappresentato dal trauma vascolare la sua parete si contrae
riducendo cos immediatamente il flusso e la fuoriuscita di sangue. Lo spasmo per gran parte dovuto a vasocostrizione
miogena locale direttamente scatenata dalla lesione subita dalla parete vascolare. Per i vasi pi piccoli, le piastrine sono
responsabili di gran parte della vasocostrizione poich liberano il trombossano A
2
.
Lo spasmo vascolare locale dura parecchi minuti o anche ore e durante questo lasso di tempo i processi successivi, di
formazione del tappo piastrinico e della coagulazione sanguigna, hanno modo di attuarsi.
Se la lacerazione nella parete del vaso molto piccola spesso essa viene tamponata da un tappo piastrinico piuttosto che
da un coagulo.
La normale concentrazione di piastrine nel sangue di 150000/300000 per mm
3
.

Nel loro citoplasma ci sono vari fattori
come:
molecole di actina e miosina nonch unaltra proteina contrattile, la trombostenina;
residui di RER e golgi che operano la sintesi di vari enzimi e fungono da riserva di calcio;
sistemi enzimatici che sintetizzano prostaglandine;
fattore stabilizzante la fibrina,
fattore di crescita per lendotelio ed i fibroblasti.
Le piastrine sono elementi molto attivi che hanno nel sangue una vita media di 8-12 giorni.
A contatto con una superficie vasale danneggiata, e in particolare delle fibre collagene della parete vascolare o anche di
cellule endoteliali lese, esse modificano immediatamente le loro caratteristiche: cominciano a rigonfiarsi, assumono
forme irregolari ed emettono numerosi prolungamenti che protrudono dalla loro superficie; per azione delle proteine
contrattili si contraggono energicamente provocando la liberazione di granuli contenenti molti fattori attivi, diventano
adesive e si attaccano alle fibre collagene. Cominciano quindi a secernere notevoli quantit di ADP e i loro enzimi
inducono la formazione di trombossano A
2
che viene anchesso secreto nel plasma. Questi due ultimi fattori a loro volta
agiscono sulle piastrine attivandole. Le piastrine, ammassandosi, formano un tappo piastrinico.
Se la lesione della parete in un vaso piccola, il tappo piastrinico da solo in grado di arrestare completamente la
perdita di sangue. Questo meccanismo importante per chiudere le piccolissime rotture che si verificano ogni giorno a
carico dei piccoli vasi. Un paziente con poche piastrine presenta centinaia di piccole aree emorragiche sotto la pelle e
nei tessuti profondi.
Per traumi di maggiore entit il tappo piastrinico non sufficiente e si attiva cos il processo della coagulazione.

LA COAGULAZIONE
Il processo di coagulazione si svolge attraverso tre stadi essenziali:
1. in risposta ad una rottura di un vaso si verifica un insieme di reazioni che coinvolge una dozzina di fattori di
coagulazione. Il risultato finale la formazione di una serie di sostanze attive, cui si d il nome comune di
attivatore della protrombina;
2. lattivatore della protrombina catalizza la conversione della protrombina in trombina in presenza di adeguate
concentrazioni di calcio. Le piastrine svolgono un ruolo chiave nella conversione della protrombina in trombina
poich la maggior parte delle molecole di protrombina si lega ai propri recettori presenti sulla superficie delle
piastrine legate al tessuto danneggiato. Questo legame accelera la trasformazione di protrombina in trombina, che
avviene proprio nel tessuto dove richiesta la formazione del coagulo. La protrombina viene prodotta in
continuazione dal fegato ed continuamente utilizzata in tutto il corpo per la coagulazione del sangue. Se il fegato
viene meno alla sua produzione di protrombina, la concentrazione plasmatica di questa cade a livello troppo bassi
per provvedere alla normale coagulazione sanguigna.
La vitamina K necessaria al fegato per la produzione di protrombina e di altri quattro fattori della coagulazione;
3. la trombina agisce enzimaticamente sul fibrinogeno trasformandolo in filamenti di fibrina, che a loro volta
costituiscono il coagulo nel cui reticolo restano intrappolate le piastrine, le cellule ematiche ed il plasma. Il
fibrinogeno sintetizzato nel fegato. Date le sue grandi dimensioni molecolari, il fibrinogeno di norma passa
soltanto in quantit assai piccole nel liquido interstiziale. E dato che il fibrinogeno uno dei fattori essenziali per la
coagulazione, il liquido interstiziale non coagula.
I meccanismi che avviano il processo della coagulazione possono essere messi in moto da un trauma della parete vasale
e dei tessuti adiacenti, da un trauma sul sangue oppure dal contatto del sangue con cellule endoteliali danneggiate o con
il collageno sottoendoteliale e altri elementi tessutali esterni allendotelio della parete vasale. In ogni caso, questi
meccanismi conducono alla formazione dellattivatore della protrombina.
Le vie che possono portare alla formazione dellattivatore della protrombina possono essere due:
VIA ESTRINSECA:
Il meccanismo estrinseco per la formazione dellattivatore della protrombina comincia con un trauma della parete vasale
o dei tessuti extravasali e si svolge secondo le seguenti fasi:
1. Il tessuto traumatizzato libera un complesso di vari fattori detti fattori tessutali. Questi comprendono in
particolare fosfolipidi delle membrane dei tessuti e un complesso lipoproteico contenente un enzima proteolitico;
2. il complesso lipoproteico si unisce al fattore VII della coagulazione e, in presenza di ioni calcio, agisce sul fattore
X formando fattore X attivo;
3. il fattore X si unisce coi fosfolipidi disponibili e con il fattore V formando lattivatore protrombinico.


41
VIA INTRINSECA:
Laltro meccanismo per promuovere la coagulazione ha inizio con un trauma del sangue stesso o con lesposizione del
sangue al collagene e si svolge secondo le seguenti fasi:
1. quando il fattore XII viene a contatto con collagene esso assume una nuova conformazione e si converte in un
enzima proteolitico detto fattore XII attivato. Simultaneamente il trauma altera anche le piastrine ed esse liberano
fosfolipidi e il fattore III;
2. il fattore XII attivato agisce sul fattore XI attivandolo;
3. il fattore XI attivato attiva a sua volta il fattore IX;
4. il fattore IX attivato, agendo insieme con il fattore XIII e con il fattore III ed i fosfolipidi liberati dalle piastrine
traumatizzate, attiva il fattore X;
5. il fattore X si unisce coi fosfolipidi disponibili e con il fattore V formando lattivatore protrombinico.
Si noti che eccezion fatta per i primi due stadi della via intrinseca, ioni calcio sono necessari per lo svolgimento di tutte
le reazioni. Inoltre chiaro che in caso di rottura di vasi sanguigni la coagulazione avviata da entrambe le vie
simultaneamente.
La trombina una proteina enzimatica ad azione proteolitica. Essa agisce sulla molecola di fibrinogeno clivandola e
trasformandola in fibrina. Questultima ha la capacit di polimerizzare con altri monomeri formando lunghi filamenti di
fibrina che, intrecciandosi, costituiscono il reticolo del coagulo.
Nelle prime fasi di questa polimerizzazione, i monomeri di fibrina sono tenuti insieme da deboli legami idrogeno non
covalenti ed i filamenti di fibrina non sono legati luno allaltro. Il coagulo di conseguenza debole e pu essere
facilmente disgregato. Pochi minuti dopo per, grazie al fattore stabilizzante la fibrina presente in piccola parte nel
plasma ed in parte liberata dalle piastrine intrappolate tra le maglie del coagulo, la rete viene fortemente consolidata.
Ma perch il fattore stabilizzante la fibrina possa esercitare il suo effetto esso deve essere a sua volta attivato ad opera
della trombina.
Pochi minuti dopo la formazione del coagulo, questo comincia a contrarsi spremendo dalla sua massa la maggior parte
del liquido. Il liquido spremuto dal coagulo il siero che differisce dal plasma per il solo fatto che in esso non sono pi
contenute le proteine della coagulazione.
Ci avviene perch le piastrine attivando le molecole di trombostenina, actina e miosina in esse contenute si
contraggono fortemente. La contrazione attivata o accelerata dalla trombina e dagli ioni calcio liberati dal reticolo
endoplasmatico delle piastrine.
Una volta che ha cominciato a prodursi un coagulo sanguigno, generalmente esso tende nel giro di pochi minuti ad
estendersi al sangue circostante. Il coagulo stesso, cio, d inizio ad un feedback positivo che favorisce ulteriormente la
coagulazione. Una delle pi importanti cause che la trombina ha un effetto proteolitico diretto sulla stessa trombina.
Cos, una volta formatasi una certa quantit critica di trombina, sinstaura un circuito che si auto-alimenta e che
permette lestensione del coagulo fino a che qualche altro evento non ne arresti levoluzione.
Tra le proteine plasmatiche presente il plasminogeno che, se attivato, si trasforma in una sostanza chiamata plasmina o
fibrinolisina. Essa digerisce i filamenti di fibrina ed anche alcuni fattori della coagulazione.
Quando si forma un coagulo, una notevole quantit di plasminogeno viene ad incorporarsi in esso. I tessuti endoteliali
lesi liberano una sostanza detto attivatore tessutale del plasminogeno che in un giorno circa dopo che il coagulo ha
arrestato lemorragia trasforma il plasminogeno in fibrinolisina risolvendo cos il coagulo.

AGENTI ANTICOAGULANTI
Per quanto riguarda elementi espressi sulla superficie endoteliale, forse i pi importanti fattori per impedire la
coagulazione nel sistema vascolare normale sono:
1. la levigatezza della superficie endoteliali, che impedisce lattivazione da contatto del sistema intrinseco della
coagulazione;
2. uno strato di glicocalice che respinge i fattori della coagulazione e le piastrine;
3. una proteina della membrana endoteliale, la trombomodulina, che combinandosi con la trombina non solo rallenta
il processo di coagulazione per rimozione della trombina stessa ma attiva altres la proteina C presente nel plasma
che ha azione anticoagulante in quanto inattiva i fattori V e VIII attivati.
Tra i pi importanti anticoagulanti presenti nel sangue stesso sono da annoverare quelli capaci di rimuovere la trombina
dal sangue. Di questi, i due pi potenti sono i filamenti di fibrina e unaltra proteina detta antitrombina III. La trombina
che non viene adsorbita dai filamenti di fibrina si combina con lantitrombina III che in tal modo ne blocca lazione.
Un altro potente anticoagulante leparina. Essa ha di per s unazione minima, ma quando si lega allantitrombina III
ne aumenta la potenza di mille volte.
I mastociti, grandi produttori di eparina, sono particolarmente abbondanti nel tessuto che circonda i capillari dei
polmoni e quelli del fegato poich essi ricevono molti coaguli embolici formati nel sangue venoso il cui decorso
particolarmente lento in questi organi.
42
SCHEMI DI FISIOLOGIA

IL RENE E LOMEOSTASI DEI LIQUIDI CORPOREI

I LIQUIDI CORPOREI

ACQUA
In condizioni di equilibrio il volume totale dei liquidi corporei e la quantit totale dei soluti in essi disciolti si
mantengono costanti, nonostante i continui scambi che avvengono tra organismo e ambiente esterno.
Assunzione acqua:
1. in forma liquida o coi cibi = 2100 ml/die;
2. sintetizzata da processi metabolici (tipicamente acqua di ossidazione derivata dalla sintesi dei carboidrati) = 200
ml/die;
3. Totale = 2300 ml/die (anche se, ovviamente, pu cambiare notevolmente).
Perdita dacqua:
1. perspiratio insensibilis attraverso la cute (la diffusione cutanea, che rappresenta circa met del volume perso per
perspiratio, grandemente limitata dalla presenza dello strato corneo della pelle tanto che in seguito ad ustione essa
pu aumentare di dieci volte) e mucose (nei polmoni pH
2
O maggiore di pH
2
O dellaria inspirata) = 700 ml/die;
2. sudore a riposo = 100 ml/die;
3. feci = 100 ml/die;
4. urina = rimanente (varia tra 0,5 e 20 litri/die).

COMPARTIMENTI LIQUIDI CORPOREI
In un adulto normale i liquidi corporei ammontano a circa il 60% del peso (un po meno nelle donne in virt della
maggiore percentuale di adipe) ma la percentuale pu variare in base allet e alla massa grassa oltre che al sesso.
1. Compartimento intracellulare;
2. Compartimento extracellulare: comprende tutti i liquidi circolanti allesterno delle cellule. Ammonta a circa il
20 % del peso corporeo. Comprende il liquido interstiziale (3/4 totale) e il plasma (1/4 del totale, con una
media di quasi tre litri);
NOTA: il sangue costituito per circa 3/5 di plasma e per circa 2/5 di globuli rossi.
3. Compartimento transcellulare: comprende i liquidi dello spazio sinoviale, peritoneale, del pericardio,
intraoculare ed il liquido cerebrospinale. Ammonta in totale a circa 1/2 litro.
La quantit di liquido extracellulare distribuita tra plasma e liquido interstiziale dipende dalle forze idrostatiche
(pressione) e dalle forze colloido-osmotiche presenti nei due compartimenti.
La quantit di liquido distribuita tra compartimento intra ed extracellulare dipende invece prevalentemente dalleffetto
osmotico di piccoli soluti attraverso la membrana cellulare (si noti che circa l80% dellosmolarit totale del liquido
interstiziale e del plasma dovuta agli ioni sodio e cloro mentre nel liquido intracellulare quasi la met dellosmolarit
dovuta agli ioni potassio ed il resto al contributo di molte altre sostanze presenti nelle cellule).

COMPOSIZIONE IONICA DEI VARI COMPARTIMENTI
Poich il plasma ed il liquido interstiziale sono separati soltanto dalle membrane molto permeabili dei capillari, la loro
composizione ionica simile. La differenza principale tra questi due compartimenti data dalla pi elevata
concentrazione proteica del plasma essendo infatti i capillari ad esse quasi impermeabili. Inoltre, poich le proteine
plasmatiche sono cariche negativamente, esse tendono a legare cationi i quali risulteranno pertanto leggermente pi
concentrati nel plasma rispetto al liquido interstiziale. Viceversa avviene per gli anioni.

Elemento Plasma (mOsm/litro) Luquido interstiziale Liquido intracellulare
Na
+
142,0 139,0 14,0
K
+
4,2 4,0 140,0
Ca
++
1,3 1,2 0,0
Mg
++
0,8 0,7 20,0
Cl
-
108,0 108,0 4,0
HCO
3
-
24,0 28,3 10,0
Fosfati (-) 2 2 11
Fosfocreatinina 0,0 0,0 45

Grazie alla presenza delle proteine plasmatiche ed al loro effetto osmotico la pressione osmotica del plasma, e quindi
nei capillari, di 20 mmHg pi alta di quella degli altri compartimenti (5443 contro 5423 mmHg).
Per ogni milliosmole di gradiente di concentrazione di un soluto non permeante viene esercitata attraverso la membrana
cellulare una pressione osmotica di circa 20 mmHg.
43

NOTA: le cellule contengono molte proteine, quasi quattro volte la quantit contenuta nel plasma
La misura della quantit di acqua in un compartimento cellulare si pu fare tenendo conto di un semplice principio: se
non vi perdita di sostanza la quantit iniettata * la concentrazione della sostanza nelliniettato = volume del
compartimento * concentrazione della sostanza nel compartimento da misurare.
Questo metodo pu essere usato a patto che la sostanza diffonda omogeneamente e solo nel compartimento in esame e
che la sostanza non subisca trasformazioni o non sia escreta.
Esempi di soluzioni isotoniche: NaCl 0,9% o Glucosio 5% (isosmotico = isotonico in quanto i termini tonico si
riferiscono non tanto alla osmoticit quanto alla capacit di una soluzione di modificare o meno il volume cellulare. In
particolare la tonicit dovuta alla concentrazione dei soluti non permeanti. Sostanze molto permeanti invece possono
provocare uno spostamento transitorio di liquido ma se si lascia trascorrere del tempo la concentrazione di sostanze nei
due compartimenti si equilibria e leffetto sul volume di questi compartimenti diviene minimo).

PERTURBAZIONI DEL VOLUME DEI COMPARTIMENTI IDRICI
Innanzitutto vanno tenuti in considerazioni due principi fondamentali:
1. lacqua si muove rapidamente attraverso le membrane cellulari e ci permette di correggere qualsiasi
differenza di osmolarit tra i due compartimenti in pochi minuti;
2. la membrana cellulare quasi completamente impermeabile a molti soluti e di conseguenza, a meno che non ci
sia una perdita di soluti dal liquido extracellulare, il numero di osmoli nei due compartimenti rimane costante.
Se una soluzione salina isotonica viene aggiunta al compartimento extracellulare lunico effetto quello di aumentare il
volume del liquido extracellulare. Gli ioni sodio e cloro, essendo la membrana ad essi relativamente impermeabile,
rimangono nello spazio extracellulare.
Se una soluzione salina ipertonica viene aggiunta al liquido extracellulare, losmolarit del liquido extracellulare
aumenta e determina una fuoriuscita netta dacqua dalle cellule verso il compartimento extracellulare. Il contrario
avviene in caso di somministrazione di una soluzione ipotonica. In entrambi i casi comunque sodio e cloro rimangono
nel liquido extracellulare.
Il termine edema si riferisce alla presenza di liquido in eccesso nei tessuti del corpo. Nella maggior parte dei casi
ledema si presenta principalmente a carico del compartimento liquido extracellulare, ma pu altres coinvolgere il
liquido intracellulare.

LE MOLTEPLICI FUNZIONI DEL RENE

1. Escrezione dei prodotti di scarto e delle sostanze estranee: tra le principali scorie si annoverano lurea (derivante
dal metabolismo degli aminoacidi); lacido urico (dagli acidi nucleici); i prodotti finali della degradazione
dellemoglobina (es. bilirubina) e i metaboliti di vari ormoni;
2. Regolazione dellequilibrio idrico ed elettrolitico: la quantit di acqua ed elettroliti escreti devessere uguale a
quella ingerita;
3. Regolazione dellequilibrio acido-base, assieme ai polmoni e ai sistemi tampone dei liquidi corporei, grazie alla
possibilit di questorgano di regolare la secrezione di carbonati e di acidi derivanti dal metabolismo proteico;
4. Regolazione della pressione arteriosa mediante variazioni della quantit dacqua e di sodio oltre alla secrezione di
sostanze vasoattive o di renina (che a sua volta porta alla formazione di fattori vasoattivi);
5. Regolazione delleritropoiesi, in quanto il rene secerne eritropoietina se si trova in situazioni di ipossia. Nei
soggetti normali quasi tutta leritropoietina in circolo di derivazione renale;
6. Produzione della forma attiva della vitamina D per idrossilazione della stessa;
7. Gliconeogenesi: la capacit dei reni di aumentare il glucosio nel sangue durante il digiuno prolungato
paragonabile a quella del fegato.

RICHIAMI DI ANATOMIA FUNZIONALE DEL RENE
Il sangue che arriva attraverso larteria renale ha pressione molto elevata mentre la pressione nella vena renale di soli
4 mmHg. Questo fa si che il flusso ematico renale normalmente ammonti a circa 1200 ml/min e costituisca pi del 20%
della gittata cardiaca. Se poi si considera che i due reni pesano in tutto solo 3 etti si capisce che ben 0,4 l di sangue
perfondono ogni etto di rene: questo un flusso altissimo.
Dalle arterie interlobulari originano parecchie arteriole afferenti di grosso calibro e ricche di fibrocellule muscolari
lisce. Esse si ramificano poi in capillari glomerulari tanto che ogni arteriola afferente d origine ad un glomerulo.
Le terminazioni distali di ciascun glomerulo confluiscono nellarteriola efferente, che si suddivide in unaltra rete
capillare, costituita da capillari peritubulari che circondano i tubuli renali.
Unelevata pressione idrostatica nei capillari glomerulari (60 mmHg) provoca una rapida filtrazione di liquido mentre
una pressione molto pi bassa nei capillari peritubulari (13 mmHg) permette un rapido riassorbimento del liquido
circolante nei tubuli renali.
Regolando la resistenza delle arteriole afferenti ed efferenti, il rene pu regolare la pressione idrostatica sia dei capillari
glomerulari che dei capillari peritubulari, modificando di conseguenza la velocit di filtrazione glomerulare e/o quella
di riassorbimento tubulare in risposta alle esigenze dellorganismo.
44
Suddivisione nefrone: glomerulo, porzione contorta del tubulo prossimale, porzione rettilinea del tubulo prossimale
(parte dellansa di Henle), branca discendente (sottile) dellansa di Henle, segmento sottile della branca ascendente
dellansa di Henle, segmento spesso della branca ascendente dellansa di Henle, macula densa, tubulo contorto distale.
I segmenti successivi, il tubulo di collegamento ed il tubulo collettore corticale si connettono al dotto collettore
corticale. Diversi dotti collettori corticali confluiscono in dotti collettori midollari pi grandi che a loro volta
confluiscono in dotti papillari.
Nefroni corticali: sono situati nella corticale esterna. Presentano brevi anse di Henle che entrano solo per un breve tratto
nella midollare tanto che solo le brevi porzioni sottili sono obbligatoriamente contenute in essa.
Nefroni iuxtamidollari: i glomeruli di questo tipo di nefroni sono localizzati nella zona della corteccia pi vicina alla
midollare e rappresentano cica il 20-30% dellintera popolazione di nefroni. Le loro lunghe anse si insinuano in
profondit nella midollare.

LA MACULA DENSA
La macula densa costituita da alcune cellule specializzate del tubulo. Sono cellule che prendono contatto sia con
larteriola afferente che con il tubulo contorto distale. Queste cellule operano un controllo, glomerulo per glomerulo,
sulla velocit di filtrazione glomerulare. Le cellule della macula sono sensibili alla concentrazione di sodio del liquido
tubulare e quando essa scende al di sotto di valori normali mandano dei segnali alle arteriole efferenti in maniera da
determinarne la vasocostrizione ed aumentare la resistenza al flusso. Ci determina un aumento della pressione
idrostatica nei capillari e quindi un aumento della velocit di filtrazione e, di conseguenza, del carico di sodio. I
meccanismi con cui questo processo avviene non sono del tutto noti.
Oltre a ci queste cellule sono in grado, nella situazione espressa precedentemente, di secernere renina la quale ha
invece un effetto vasoattivo globale.

FILTRAZIONE GLOMERULARE

La velocit con cui sostanze diverse sono escrete nellurina rappresenta la somma di tre processi renali:
1. la filtrazione glomerulare;
2. il riassorbimento di sostanze dai tubuli renali nel sangue;
3. la secrezione di sostanze dal sangue nei tubuli renali.

Carico escreto = Carico filtrato Carico riassorbito + Carico secreto

La maggior parte delle sostanze presenti nel plasma, ad eccezione delle proteine, viene liberamente filtrata cosicch le
rispettive concentrazioni sono praticamente uguali sia nel filtrato glomerulare raccolto nella capsula di Bowman che nel
plasma.
La maggior parte delle sostanze da cui il sangue devessere depurato, in particolare i prodotti finali del metabolismo
come lurea, sono filtrati e non vengo riassorbiti se non in minima parte. Altre sostanze invece, come il glucosio,
vengono filtrate in maniera massiva ma vengono poi riassorbite quasi completamente e non compaiono nellurina.
Una VFG (velocit di filtrazione glomerulare, in litri/die) elevata vantaggiosa per due motivi:
1. permette di eliminare rapidamente i prodotti di scarto dellorganismo;
2. tutto il plasma pu essere filtrato e trattato dal rene pi volte al giorno (considerando una VFG media di 180
l/die o 125 ml/min e 3 l di plasma il sangue viene filtrato 60 volte al giorno).
Il filtrato glomerulare essenzialmente privo di elementi cellulari e di proteine plasmatiche mentre la concentrazione
delle altre sostanze simile a quella del plasma (eccezion fatta per molecole come acidi grassi e circa la met del calcio
che non vengono filtrate facilmente in quanto parzialmente legate alle proteine, i primi in complessi lipoproteici, il
secondo unito a proteine chelanti).
Lalbumina, la proteina plasmatica pi rappresentata, avrebbe un diametro che le permetterebbe di attraversare la
membrana glomerulare. Tuttavia ci non avviene per la repulsione che si esercita tra i proteoglicani della membrana
basale del glomerulo caricati negativamente e le proteine anchesse cariche negativamente.
La VFG determinata:
1. dal coefficiente di ultrafiltrazione glomerulare K
f
che rappresenta il prodotto della permeabilit della
membrana capillare glomerulare (molto alta, in virt della sua natura porosa) per la sua superficie.
2. il bilancio tra le forze idrostatiche e colloido-osmotiche che agiscono attraverso la membrana capillare:
Forze a favore della filtrazione:
- Pressione idrostatica allinterno del glomerulo: 60 mmHg
- Pressione osmotica nella capsula di Bowman 0 mmHg (essendo essa determinata dalle proteine)
Forze contro la filtrazione
- Pressione idrostatica nella capsula di Bowman 18 mmHg
- Pressione osmotica del sangue nei capillari 32 mmHg
Pressione netta di ultrafiltrazione: + 10 mmHg

VFG = K
f
* pressione netta di ultrafiltrazione
Valori normali di K
f
= 12.5 ml/min/mmHg, un valore 100 volte pi elevato di quello dei capillari.
45

La frazione di filtrazione la frazione del flusso plasmatico renale che viene filtrata (tipicamente 0.2 o 0.125 l/m)

FF = VFG/flusso plasmatico renale

Meccanismi di regolazione:
1. le variazioni di K
f
non costituiscono il principale meccanismo di regolazione della VFG;
2. le variazioni della pressione allinterno della capsula di Bowman non costituiscono meccanismo di
regolazione;
3. laumento della pressione colloido-osmotica del plasma abbassa la VFG. Laumento di questa pressione pu
dipendere anche dallaumento della frazione di filtrazione perch in tal modo le proteine plasmatiche vengono
concentrate. Essendo la frazione di filtrazione dipendente dal flusso plasmatico, una riduzione del flusso
plasmatico renale tende ad abbassare la VFG (se la pressione idrostatica glomerulare rimane costante);
4. le variazioni della pressione idrostatica glomerulare costituiscono il meccanismo regolativo primario della
VFG. La pressione idrostatica allinterno dei capillari del glomerulo funzione di tre variabili:
a) la pressione arteriosa (considerando P
V
relativamente costante);
b) la resistenza delle arteriole efferenti: la vasocostrizione delle arteriole efferenti aumenta la resistenza
al deflusso dei capillari glomerulari, aumentando la pressione idrostatica glomerulare. In presenza di
costrizione di modesta entit delle arteriole efferenti si ha un modesto aumento delle VFG ma quando
la costrizione si fa pi consistente il diminuito flusso ematico tende ad aumentare la pressione
osmotica del plasma: se questo effetto superiore allaumento della pressione idrostatica la VFG
comincia a diminuire facendo venir meno lefficiacia del meccanismo di controllo (effetto bifasico
della vasocostrizione delle arteriole efferenti sulla VFG);
c) la resistenza delle arteriole afferenti: laumento della resistenza delle arteriole afferenti fa diminuire
la pressione capillare e di conseguenza la VFG;
In generale possiamo considerare il seguente schema: ----(PA)----Raff----(Pcapsula)-----Reff-----(PV) da cui si
evince che:

P
C
= (PA-PV) * ((Reff / (Raff Reff))

Se PA aumenta P
C
pu rimanere costante grazie allaumento di Raff; se invece si ha una caduta di PA il potere
compensatorio spetta allaumento di Reff.

Strumenti di regolazione:
Stimolazione ortosimpatica ---) costrizione della arteriole renali ---) riduzione flusso ematico ---) riduzione VFG;
Ormoni:
o Adrenalina e noradrenalina, secreti dalla midollare surrenale, riflettono lattivit dellortosimpatico;
o langiotensina II agisce sulle arteriole efferenti determinandone la vasocostrizione. E importante
sottolineare che questo ormone rilasciato in seguito a diminuzione della PA o del volume ematico che
tenderebbero a diminuire la VFG. Leffetto sia quello di evitare cadute di VFG sia, poich
secondariamente si riduce la pressione anche nei capillari peritubulari, di aumentare il riassorbimento di
sodio e acqua facilitando la reidratazione;
o LNO, rilasciato dallendotelio di tutto il corpo, riduce la resistenza vascolare renale;
o Le prostaglandine e la bradichinina sono dei vasodilatatori anche se in condizioni normali essi non sono
rilevanti per il controllo della VFG;
Meccanismo miogeno: capacit dei vasi sanguigni di resistere allo stiramento dovuto allaumento della PA grazie
alla contrazione della muscolatura liscia vascolare. Questo meccanismo, aumentando la resistenza vascolare,
contribuisce a prevenire aumenti eccessivi della VFG quando la pressione arteriosa aumenta;
Autoregolazione: meccanismi di feedback intrinseci del rene tendono a mantenere costante la VFG. In assenza di
questi meccanismi un aumento relativamente piccolo della pressione arteriosa sarebbe in grado di modificare
enormemente il volume urinario.
Per assolvere alle funzioni autoregolative il rene dispone di meccanismi di feedback che collegano variazioni della
concentrazione di NaCl in corrispondenza della macula densa con il controllo della resistenza arteriolare.
La diminuzione della VFG riduce la velocit del flusso nellansa di Henle, aumentando il riassorbimento degli ioni
sodio e cloro nel tratto ascendente dellansa e diminuendo di conseguenza la concentrazione di questi ioni nel
fitrato. Ci attiva le cellule della macula densa che reagiscono producendo due effetti:
1. diminuisce la resistenza delle arteriole afferenti, innalzando la pressione nei capillari glomerulari (effetto
locale);
2. stimola il rilascio di renina da parte delle cellule iuxtaglomerulari (renina ---) angiotensina I ---) angiotensina II
---) restrizione modesta del calibro delle arteriole efferenti) (effetto generale).
Quando questi due meccanismi funzionano contemporaneamente la VFG subisce variazioni percentuali trascurabili
anche per variazioni rilevanti della PA nei limiti dellintervallo 60-180 mmHg.

46
LE MODIFICAZIONI DEL FILTRATO GLOMERULARE

Velocit di filtrazione di una sostanza A = VF
A

VF
A
= VFG * [A]
p
(supponendo che la sostanza sia filtrata liberamente e che non sia legata alle proteine del plasma)

Perch una sostanza filtrata sia riassorbita occorre che sia trasportata:
1. attraverso la membrana dellepitelio tubulare (riassorbimento transcellulare) o attraverso le giunzioni strette e
gli spazi intercellulari (riassorbimento paracellulare);
2. attraverso la membrana capillare peritubulare.
Le principali pompe per il trasporto attivo primario sono:
1. pompa sodio-potassio ATPasi;
2. pompa idrogeno-potassio ATPasi;
3. pompa del calcio ATPasi.

Caratteristiche generali:
o Le sostanze trasportate passivamente non presentano valori di trasporto massimo determinate dalla efficienza dei
carriers. Questo tipo di trasporto definito trasporto tempo-gradiente dipendente, in quanto la velocit del
trasporto dipende dal gradiente elettrochimico e dal tempo di permanenza nel tubulo della sostanza;
o Le sostanze trasportate attivamente presentano invece un limite massimo di trasporto, dipendente dalle capacit dei
sistemi di trasporto. Per ci che riguarda il glucosio, per esempio, quando il carico tubulare, che normalmente di
125 mg/min (VFG * [glucosio]
P
), supera i 320 mg/min, compare glucosio nellurina: questo valore definito tasso
massimo di riassorbimento. Tuttavia un po di glucosio compare nellurina prima che venga raggiunto il valore
soglia di glicemia poich non tutti i nefroni hanno uguale capacit di trasporto massimo.
Eccezione: esistono sostanze come il sodio che, pur riassorbite attivamente, hanno caratteristiche simili a quelle
trasportate passivamente in quanto la capacit delle pompe di molto superiore alla effettiva velocit di
riassorbimento del sodio;
o Lacqua: quando i soluti (in particolare il sodio) vengono trasportati fuori dal tubulo mediante trasporto attivo,
lacqua li segue per osmosi. Gran parte del flusso dellacqua avviene per via paracellulare, soprattutto nei tubuli
prossimali. Lacqua nel suo movimento trasporta con s parte dei soluti, un processo definito di trascinamento da
solvente;
o Il sodio pompato allesterno della cellula attraverso la membrana cellulare basolaterale dalla pompa Na/K. Ci
favorisce il passaggio del sodio dal lume tubulare alla cellula sia per gradiente di concentrazione sia per il
potenziale intracellulare negativo. Oltre a questo meccanismo ve ne sono altri che assicurano il trasporto di grandi
quantit di sodio: lorletto a spazzola della membrana luminale del tubulo prossimale e la presenza sulla stessa
membrana di proteine carriers che assicurano la diffusione facilitata;
o Il cloro trasportato attraverso le cellule epiteliali tubulari grazie al gradiente elettrico generato dal trasporto del
sodio per via paracellulare. Inoltre si ha riassorbimento di cloro grazie al gradiente di concentrazione del cloro che
si forma quando lacqua viene riassorbita dal tubulo per osmosi. Il riassorbimento di cloro pu anche essere
effettuato per trasporto attivo secondario soprattutto per simporto Cl/Na;
o Lurea riassorbita passivamente ma tale riassorbimento molto inferiore a quello di altri ioni e dellacqua
cosicch la concentrazione luminale di urea aumenta aumentando il riassorbimento di acqua;
o La creatinina filtrata viene escreta quasi completamente.

LE MODIFICAZIONE DEL FILTRATO GLOMERULARE NEI DIVERSI TRATTI DEL TUBULO
NOTA: bilancio tubulo-glomerulare: la capacit intrinseca ai tubuli di aumentare la velocit di riassorbimento in
risposta allaumento del flusso. E uno dei principali meccanismi di regolazione. Essi sono attivi anche in assenza di
ormoni ma il loro meccanismo non noto.
Il riassorbimento attraverso i capillari tubulari dato dal prodotto della permeabilit per la forza netta di riassorbimento
(somma forze di pressione e colloido-osmotiche). In condizioni normali la pressione osmotica allinterno del lume
tubulare contrasta la maggiore pressione idrostatica dei capillari: la forza netta di riassorbimento di 10 mmHg.
Losmolarit del filtrato glomerulare allinizio circa uguale a quella del plasma (300 mOsm/litro).

TUBULO PROSSIMALE:
In condizioni normali circa il 65% del carico filtrato di acqua viene riassorbito dal tubulo prossimale prima che il
filtrato raggiunga lansa di Henle (quindi nel segmento contorto). Sebbene il riassorbimento sia quantitativamente
imponente esso avviene in maniera molto meno regolata di quanto succede nei restanti tratti del tubulo.
Caratteristiche: le cellule epiteliali del tubulo prossimale hanno un metabolismo elevato ed un gran numero di
mitocondri. Presentano un esteso orletto a spazzola sulla superficie luminale e presentano un intricato labirinto di canali
intercellulari e basali, che nel loro insieme aumentano la superficie di membrana.
La membrana carica di trasportatori per il sodio simporto con altre sostanze (come aminoacidi e glucosio nel tubulo
contorto ed il cloro nel segmento rettilineo) o antiporto Na/H

47
Comportamento nei confronti dei soluti:
- Sodio: sebbene il sodio totale presente nel liquido tubulare diminuisca lungo il tubulo, la concentrazione del sodio
rimane relativamente costante in quanto la velocit di riassorbimento dellacqua simile a quella del sodio, grazie
allelevata permeabilit allacqua;
- Acqua: lacqua diffonde liberamente essendo questo tratto ad essa molto permeabile;
- Sali biliari, ossalati, urati, catecolamine, farmaci.: questi rifiuti vengono secreti in questo tratto grazie a
meccanismi attivi. La combinazione delleffetto di secrezione e di quello di filtrazione fa s che la velocit di
escrezione nellurina di questi composti sia molto rapida;
- Urea: il 40-60% del carico filtrato di urea viene riassorbito in questo tratto. Ciononostante la concentrazione
aumenta perch essa meno permeante dellacqua;
- HCO
3
-
/H
+
: circa l80-90% del riassorbimento del bicarbonato (e della secrezione di idrogenioni) avviene in questro
tratto. Tuttavia il sistema antiporto Na/H ha un limite: il meccanismo si arresta una volta raggiunto un ph nella
preurina di circa 6. Di conseguenza le urine non possono essere acidificate se non in grado molto modesto;
- PAI (acido para-aminoippurico): tra filtrazione e secrezione la percentuale di PAI escreto dallorganismo di circa
il 90%. Per questo motivo la clearance del PAI utilizzato come indice di flusso plasmatico renale;
- Ammoniaca: secreta nel lume tubulare in scambio con il sodio. Il meccanismo si inserisce nel sistema tampone
dellammoniaca (vedi oltre).
Regolazione: langiotensina II stimola in questo tratto il riassorbimento attivo del sodio.

ANSA DI HENLE
Lansa di Henle costituita da tre segmenti con differenti caratteristiche strutturali e funzionali
BRANCA DISCENDENTE (sottile)
Caratteristiche: presenta membrane epiteliali sottili, prive di orletto a spazzola, pochi mitocondri e livelli minimi di
attivit metabolica. La funzione prevalente di questo tratto di nefrone quella di permettere la diffusione dei soluti
attraverso le proprie pareti.
Comportamento nei confronti dei soluti: molto permeabile allacqua (viene riassorbita in questo tratto il 20%
dellacqua filtrata) e moderatamente permeabile alla maggior parte dei soluti, inclusi lurea e il sodio. In questo tratto il
liquido tubulare raggiunge lequilibrio con il liquido interstiziale della midollare, che fortemente ipertonico, e di
conseguenza viene concentrato.
BRANCA ASCENDENTE SOTTILE
Caratteristiche: presenta membrane epiteliali sottili, prive di orletto a spazzola, pochi mitocondri e livelli minimi di
attivit metabolica.
Comportamento nei confronti dei soluti: E praticamente impermeabile allacqua e allurea mentre vengono
riassorbiti massivamente sodio, potassio e cloro. Quindi il liquido tubulare viene diluito.
BRANCA ASCENDENTE SPESSA
Caratteristiche: formato da cellule epiteliali spesse, ad elevata attivit metabolica. Grazie anche alla presenza della
pompa sodio-potassio ATPasi localizzata nelle membrane basolaterali delle cellule epiteliali queste cellule sono in
grado di effettuare vari tipi di trasporto attivo (tra cui antiporto Na/H).
Comportamento nei confronti dei soluti: E praticamente impermeabile allacqua e allurea. Le cellule sono in grado
di riassorbire attivamente il sodio, il cloro e il potassio. Circa il 25% del carico filtrato di sodio, cloro e potassio viene
riassorbito nellansa di Henle, prevalentemente nella branca ascendente spessa, oltre a rilevanti quantit di altri ioni
come il calcio, il bicarbonato e il magnesio.
Il movimento del sodio mediato primariamente dal co-trasporto di uno ione sodio, due ioni cloro e uno ione
potassio per trasportatore. Sebbene questo movimento trasporti tante cariche positive quante negative , si verifica
un lieve rilascio di ioni potassio indietro nel lume, tale da creare una positivit di +8 mV nel lume tubulare;
Il riassorbimento dei cationi in generale avviene per via paracellulare grazie alla leggera positivit del lume
tubulare rispetto al liquido interstiziale;
Si verifica un meccanismo di trasporto antiporto sodio-idrogeno che media il riassorbimento del sodio e la
secrezione dellidrogeno cos che possa essere riassorbito un ulteriore 10% del bicarbonato secreto;
Essendo il riassorbimento dellacqua minimo il liquido tubulare diventa ulteriormente diluito.
Lammoniaca secreta nel lume tubulare in scambio con il sodio. Il meccanismo si inserisce nel sistema tampone
dellammoniaca (vedi oltre).
Regolazione: lormone parotireoideo (PTH) stimola lassorbimento del calcio.

TUBULO (contorto) DISTALE
Caratteristiche: la prima parte del tubulo distale contribuisce a formare il complesso iuxtaglomerulare. La parte
immediatamente successiva fortemente convoluta.
Comportamento nei confronti dei soluti: Per quanto riguarda il riassorbimento la prima parte del tubulo presenta
molte caratteristiche della branca ascendente spessa mentre la seconda ha caratteristiche simili al tubulo collettore
corticale pur non presentando la regolazione da parte dellADH. Esso tuttavia impermeabile allurea. Anche questo
segmento diluisce il liquido tubulare fino a raggiungere unosmolarit di 100 mOsm/litro. Infine il tubulo distale una
delle sedi principali della regolazione dellescrezione di potassio
Regolazione: lormone parotiroideo stimola lassorbimento del calcio.

48

TUBULO COLLETTORE CORTICALE
Caratteristiche: costituito da due diversi tipi di cellule: le cellule principali e le cellule intercalari.
Comportamento nei confronti dei soluti:
1. Le cellule principali riassorbono il sodio e lacqua dal lume e secernono potassio nel liquido tubulare. Ci dovuto
allattivit della pompa Na/K situata nella membrana basolaterale. I tubuli collettori corticali sono perci una delle
sedi principali della regolazione dellescrezione di potassio;
2. Le cellule intercalari riassorbono potassio e secernono idrogenioni nel lume tubulare sia grazie ad una pompa per
gli idrogenioni di tipo endosomiale sia ad una pompa che secerne idrogenioni e riassorbe potassio. In queste cellule
la dissociazione dellacido carbonico generato dallattivit dellanidrasi carbonica libera idrogeno e carbonati.
Lidrogeno secreto nel lume tubulare e il bicarbonato riassorbito attraverso la membrana basolaterale. Questo
differisce dalla secrezione di idrogenioni nel tubulo prossimale in quanto possibile secernere idrogeno contro un
gradiente di tre punti di pH (1 a 1000). Quindi le cellule intercalari svolgono una funzione primaria nella
regolazione dellequilibrio acido-base dei liquidi corporei.
Inoltre queste cellule sono implicate nella regolazione dellescrezione del potassio;
3. Questo segmento impermeabile allurea e la permeabilit allacqua variabile. Il liquido tubulare arriva nella
corticale con una concentrazione di 100 mOsm/litro, contro i 300 mOsm/litro del liquido interstiziale corticale. In
presenza di ADH per semplice osmosi viene riassorbito un grosso quantitativo dacqua, attraverso dei canali che si
chiamano acquaporine;
4. La membrana luminale molto permeabile allammoniaca ma molto meno allo ione ammonio. Questa propriet si
inserisce nel sistema dellammoniaca di regolazione del pH (vedi oltre).
Regolazione: laldosterone attiva in questo tratto del tubulo sia la secrezione di potassio nel lume e il conseguente
riassorbimento di acqua e sodio, sia nelle cellule intercalari la secrezione di idrogeno e il riassorbimento di potassio. Il
risultato netto comunque una perdita sia di idrogenioni che di potassio. Effetto opposto ha invece il peptide
natriuretico atriale.
La permeabilit allacqua di questo tratto regolata dai valori dellormone ADH (la permeabilit aumenta allaumentare
dei valori di ADH). Effetto opposto ha invece il peptide natriuretico atriale.

DOTTI COLLETTORI MIDOLLARI
Caratteristiche: costituito da cellule di forma cuboide, con membrane relativamente lineari e pochi mitocondri.
Comportamento nei confronti dei soluti:
1. E permabile allurea;
2. in grado di secernere idrogenioni contro un forte gradiente di concentrazione con meccanismo analogo a quello
del dotto collettore corticale (vedi oltre);
3. La permeabilit allacqua variabile. In assenza di ADH il liquido tubulare viene, nei due tipi di dotto collettore,
diluito fino a raggiungere losmolarit limite di 50 mOsm/litro. In presenza di ADH liperosmolarit del liquido
interstiziale permette al liquido di raggiungere la concentrazione di 1200 mOsm/litro. Tuttavia, poich il grosso
dellacqua stato riassorbito gi nel dotto corticale, il flusso idrico non pregiudica losmolarit del liquido
interstiziale;
4. La membrana luminale molto permeabile allammoniaca ma molto meno allo ione ammonio. Questa propriet si
inserisce nel sistema dellammoniaca di regolazione del pH (vedi oltre).
Regolazione: La permeabilit allacqua di questo tratto regolata dai valori dellormone ADH (la permeabilit aumenta
allaumentare dei valori di ADH). Effetto opposto ha invece il peptide natriuretico atriale.

LIPEROSMOLARITA DEL LIQUIDO INTERSTIZIALE MIDOLLARE

Il moltiplicatore controcorrente

Le condizioni primarie per la formazione di urina
concentrata sono alti livelli di ADH, che aumentano la
permeabilit allacqua dei tubuli distali e dei dotti
collettori e lalta osmolarit del liquido interstiziale
della midollare renale, che fornisce il gradiente
osmotico necessario al riassorbimento dellacqua nella
branca discendente sottile dellansa di Henle e nel
tubulo collettore midollare quando vi siano alti livelli
di ADH.
Il liquido interstiziale della midollare renale
altamente iperosmotico rispetto al plasma (al fondo
dellansa raggiune i 1200 mOsm/litro), grazie al
funzionamento di meccanismi controcorrente resi
possibili dalla particolare organizzazione anatomica
delle anse di Henle, dei nefroni iuxtaglomidollari e dei vasa recta: i capillari peritubulari che accompagnano questi tipi
di nefroni.
49
La causa primaria dellelevata osmolarit della midollare costituita dal trasporto attivo del sodio, del potassio, del
cloro e di altri ioni dalla porzione ascendente spessa (stiamo parlando di nefroni iuxtamidollari!) dellansa di Henle
nellinterstizio. La pompa in grado di formare un gradiente di concentrazione di circa 200 mOsm tra il lume tubulare
ed il liquido interstiziale, dopodich il ritorno di ioni verso il tubulo per diffusione paracellulare in grado di
compensare il trasporto di ioni allesterno. Poich la porzione spessa praticamente impermeabile allacqua, i soluti
vengono pompati allesterno del tubulo senza il corrispondente flusso di acqua per osmosi.
La branca discendente dellansa di Henle, invece, molto permeabile allacqua, per cui losmolarit del liquido nel
tubulo diventa rapidamente uguale allosmolarit della midollare renale.
Funzionamento:
1. assumiamo che lansa di Henle contenga un liquido con una concentrazione di 300 mOsm/litro. Si attiva la pompa
nella porzione spessa della branca ascendente creando un gradiente di 200 mOsm/litro;
2. viene raggiunto lequilibrio osmotico tra la branca discendente dellansa ed il liquido interstiziale;
3. il nuovo flusso di liquido spinge il liquido iperosmotico formato nella branca discendente nella branca ascendente,
dove lattivit della pompa lo rende ancora pi iperosmotico. Allo stesso tempo, per osmosi, il nuovo liquido fluito
nella branca discendente diventa iso-osmotico col liquido interstiziale;
4. questi stadi vengono ripetuti continuamente con il risultato di aumentare i soluti della midollare a scapito di quelli
dellacqua. Dopo un tempo sufficiente, questo processo moltiplica il gradiente di concentrazione inizialmente
formato dallattivit della pompa ionica tanto che sul fondo dellansa il liquido interstiziale raggiunge una
concentrazione di 1200/1400 mOsm/litro. Il liquido tubulare che lascia lansa di Henle invece, sempre grazie
allattivit della pompa, molto diluito, con unosmolarit pari a solo 100 mOsm/litro.

NOTA BENE: sebbene il cloruro di sodio sia il principale soluto che concorre a determinare liperosmolarit
dellintersitizio midollare, il rene pu, quando necessario, produrre urina molto concentrata il cui contenuto di cloruro
di sodio basso. Normalmente difatti per mantenere liperosmolarit necessario un costante flusso di cloruro di sodio
dal tubulo midollare al liquido interstiziale poich i soluti vengono continuamente sottratti dai capillari. In caso di
carenza di NaCl per liperosmolarit dellurina deriva dallalta concentrazione di altri soluti, in particolare di prodotti
di scarto del metabolismo quali lurea e la creatinina.

Il ruolo dellurea
Circa il 40% dellosmolarit dellinterstizio midollare, quando il rene forma urina alla massima concentrazione,
fornito dallurea, che viene riassorbita passivamente nel tubulo.
Durante il flusso del liquido interstiziale attraverso la branca ascendente dellansa di Henle, nel tubulo distale e nei
tubuli collettori corticali, il riassorbimento dellurea trascurabile essendo questi segmenti ad essa impermeabili. In
presenza di alte concentrazioni di ADH nei tubuli corticali la concentrazione di urea cresce per sottrazione di acqua.
Lalta concentrazione dellurea nel liquido tubulare dei dotti collettori della midollare provoca la diffusione di grandi
quantit di urea dal tubulo nellinterstizio renale, in quanto questo tratto ad essa molto permeabile. Una modica
quantit di urea diffusa nellinterstizio pu diffondere nel tratto sottile dellansa di Henle e passare attraverso la branca
ascendente, il tubulo distale e il tubulo collettore corticale ritornando poi nel dotto collettore midollare. In questo modo
lurea viene a ricircolare parecchie volte nei tratti terminali del sistema tubulare prima di essere escreta con un
meccanismo di moltiplicazione simile a quello precedentemente illustrato.

Il ruolo dei vasa recta
La struttura ad U dei vasa recta, sebbene di per s non crei liperosmolarti midollare, contribuisce a mantenerla
impedendo la dispersione dei soluti. Difatti quando il sangue scorre verso le papille diviene progressivamente pi
concentrato, seguendo il gradiente di concentrazione presente nel liquido interstiziale, fino a raggiungere i 1200
mOsm/litro al fondo dellansa. Ma poi, quando risale, la concentrazione scende, sempre seguendo losmolarit del
liquido interstiziale. Di conseguenza, in condizioni di equilibrio, i vasa recta rimuovono solo lacqua e i soluti
continuamente assorbiti dai tubuli della midollare, senza intaccare losmolarit della midollare.

MECCANISMI REGOLATIVI
A seconda dellosmolarit dei liquidi corporei, il rene in grado di produrre urina con unosmolarit variabile tra i 50 e
i 1200/1400 mOsm/litro. Una propriet del rene altrettanto importante consiste nella capacit di escrezione di grandi
volumi di urina diluita o di piccoli volumi di urina concentrata senza variazioni significative dellescrezione dei soluti:
lescrezione di acqua quindi indipendente da quella dei soluti. Il volume minimo di urina che devessere escreta
dipende dal fatto che un adulto normale deve eliminare almeno 600 milliosmoli di soluto al giorno. Considerando una
concentrazione massima di 1200 mOsm/litro almeno 0,5 litri di urina devono essere prodotti giornalmente. Alla
diluizione minima di 50 mOsm/litro un uomo in grado di produrre anche 20 litri di urina.

Effetti del cambiamento delle forze pressorie e colloido-osmotiche:
1. Laumento della pressione arteriosa (- acqua e sodio) tende ad aumentare la pressione idrostatica dei capillari
peritubulari e a ridurre la velocit di riassorbimento (contemporaneamente aumenta la VFG). Aumenti anche
piccoli della pressione arteriosa spesso causano un notevole aumento dellescrezione di sodio e di acqua, fenomeni
definiti natriuresi e diuresi da pressione. Questo effetto, indipendente dallattivit nervosa o ormonale, rappresenta
il pi potente meccanismo di controllo del volume ematico e del liquido extracellulare, oltre che del mantenimento
50
del bilancio idrico e di sodio. Di pi si pu dire che il volume del liquido extracellulare, il volume ematico, la
gittata cardiaca, la pressione arteriosa e il volume urinario sono tutti regolati da questo sistema a feedback:
a) un aumento dellingestione di acqua e sodio produce un temporaneo aumento di liquido nellorganismo;
b) laumento del volume ematico aumenta la pressione media di riempimento del sistema circolatorio;
c) laumento della pressione di riempimento aumenta il gradiente di pressione per il ritorno venoso;
d) laumento del gradiente di pressione del ritorno venoso aumenta la gittata cardiaca;
e) laumento della gittata cardiaca aumenta la pressione arteriosa;
f) laumento della pressione arteriosa aumenta lescrezione di urina grazie alla diuresi da pressioe:
g) laumentata eliminazione di liquido bilancia laumento del rapporto e previene ulteriore accumulo di
liquido.
Oltre agli effetti sulla VFG (che tuttavia si mantiene relativamente costante per valori pressori tra i 75 e i 160
mmHg) e sul riassorbimento tubulare laumento della pressione arteriosa fa diminuire i livelli di angiotensina II.
Il rene possiede dei dispositivi che fanno s che la portata renale e il sistema di filtrazione renale siano poco
influenzati dalla pressione arteriosa. Tuttavia ci non significa che la PA non influenzi la funzione renale: difatti a
lungo termine la velocit di escrezione dipende dalla PA.
2. Laumento della resistenza delle arteriole afferenti e/o efferenti (+ acqua e sodio) diminuisce la pressione
idrostatica capillare peritubulare e quindi aumenta la velocit di riassorbimento (contemporaneamente diminuisce
la VFG anche se la costrizione delle arteriole efferenti ha un effetto bifasico). Daltra parte se aumentano le
resistenze diminuisce la portata di sangue al rene e, assieme ad essa, la frazione di filtrazione. Questo implica che
una quantit relativamente maggiore di plasma filtrata.
In pratica mentre la prima linea di regolazione (basata sulla macula densa) si basa sul rapporto Raff/Reff questa
seconda linea (basata sul riassorbimento) si basa sulla somma Raff + Reff.
3. laumento della concentrazione colloido-osmotica sistemica del plasma (+ acqua e sodio), che come detto
dovuta principalmente alle proteine del plasma, tende ad aumentare il riassorbimento (contemporaneamente
diminuisce la VFG); laumento del carico filtrato (VFG/flusso plasmatico renale) corrisponde ad un aumento della
quantit di plasma filtrato dal glomerulo e, conseguentemente, ad un aumento della concentrazione proteica nel
plasma che resta in circolo: di conseguenza aumenta la velocit di riassorbimento da parte dei capillari
peritubulari.

Regolazione basata su fattori ormonali:
1. Laldosterone (+ acqua e sodio, - potassio, -H
+
) agisce soprattutto sulle cellule del tubulo collettore corticale.
Lormone agisce attivando una pompa Na/K aldosterone dipendente situata sulla membrana basolaterale delle
cellule del tubulo collettore corticale. Leffetto netto quello di trattenere sodio e acqua e di aumentare la
secrezione di potassio. Ha inoltre un effetto sulle arteriole: aumentano Raff e Reff e con loro il riassorbimento.
Infine lormone attiva sulle cellule del dotto collettore sia lo spostamento sulla membrana citoplasmatica di una
pompa per lidrogeno di tipo endosomiale e sia di una pompa simporto K
+
/H
+
di tipo gastrico le quali permettono di
pompare elettroni nel liquido tubulare contro un gradiente massimo di ben tre punti di pH;
2. La formazione di angiotensina II (+ acqua e sodio) aumenta in condizioni di ridotta pressione del sangue e/o di
ridotto volume del liquido extracellulare. Langiotensina ha tre principali effetti: 1) stimola la secrezione di
aldosterone, 2) provoca la vasocostrizione della arteriole afferenti 3) stimola direttamente il riassorbimento di
sodio, in particolare nei tubuli prossimali. Questo dovuto sia allattivazione della pompa Na/K angiotensina
dipendente situata nella membrana basolaterale, sia di una pompa Na/H situata nella membrana luminale. Sebbene
sia angiotensina che aldosterone aumentino la quantit di sodio del liquido extracellulare, aumentano anche la
quantit di acqua poich questa viene riassorbita insieme al sodio. Perci questi due ormoni non hanno effetto sulla
concentrazione del sodio;
3. Lormone antidiuretico (ADH) (+acqua - sodio) costituisce leffettore primario di un potente meccanismo a
feedback che regola losmolarit plasmatica e la concentrazione del sodio mediante la variazione dellescrezione
dellacqua indipendentemente dalla velocit dellescrezione di soluti. Quando losmolarit dei liquidi corporei
aumenta la neuroipofisi secerne ADH il quale aumenta la permeabilit allacqua delle cellule del tubulo distale e
del dotto collettore. Il meccanismo attraverso cui ci avviene il seguente:
a) quando aumenta losmolarit del liquido extracellullare (che a fini pratici corrisponde allaumento della
concentrazione del sodio), alcune cellule nervose specializzate del nucleo sopraottico e paraventricolare
dellipotalamo anteriore, o cellule osmocettrici, riducono il loro volume;
b) la riduzione di volume delle cellule osmocettrici ne provoca leccitazione: i nuclei ipotalamici eccitati
inviano impulsi allipofisi posteriore;
c) i potenziali stimolano il rilascio di ADH.
Una sequenza di eventi opposti si verifica quando il plasma troppo diluito.
Una variazione dell1% della pressione osmotica determina una variazione che va dal 50 al 100% della
concentrazione dellormone in circolo.
La liberazione di ADH influenzata anche da riflessi cardiovascolari in risposta a riduzioni della pressione
arteriosa e/o del volume ematico. Tuttavia questi riflessi svolgono un ruolo importanti solo in casi eccezzionali
come unimponente emorragia: una variazione del volume di sangue dell1% fa variare i livelli dellormone
solamente del 10%.
51
4. Il peptide natriuretico atriale rilasciato da alcune cellule specializzate del cuore quando vengono distese
dallespansione del volume plasmatico. Laumento dei livelli del peptide inibisce il riassorbimento del sodio e
dellacqua nei tubuli renali, in particolare nei dotti collettori. (- acqua e sodio)
5. Lormone paratiroideo (+ calcio) aumenta il riassorbimento del calcio, in particolare nella branca ascendente
spessa dellansa di Henle e nel tubulo distale.

Effetto dellattivazione del simpatico
Poich i reni ricevono unestesa innervazione simpatica, le variazioni dellattivit simpatica influiscono sullescrezione
renale di sodio e acqua. In particolare quando aumenta lattivit simpatica (+ acqua e sodio) diretta al rene si verifca
ritenzione di acqua e sodio, grazie a questi meccanismi:
1. costrizione delle arteriole renali (diminuzione VFG e aumento riassorbimento);
2. stimolazione del riassorbimento tubulare di sale e acqua;
3. stimolazione del rilascio di renina ( ---) angiotensina II) e aldosterone.

La sete (+ acqua, - sodio)
Mentre il rene al massimo pu risparmiare lacqua, il bilancio di entrata dovuto allacqua che beviamo
I principali stimoli che provocano la sete sono:
1. laumento dellosmolarit del liquido extracellulare (aumento concentrazione Na
+
), che causa disidratazione
cellulare nei centri della sete. Quando la concentrazione del sodio aumenta anche solo di 2 mEq/litro rispetto alla
norma si attiva il meccanismo della sete. Questo valore chiamato soglia della sete;
2. riduzione della pressione arteriosa e del volume del liquido extracellulare;
3. langiotensina II;
4. la secchezza del cavo orale e delle mucose esofagee.

IL CONTROLLO RENALE DELLA CONCENTRAZIONE DEL POTASSIO
Dopo lassunzione di un pasto normale, la concentrazione del potassio nel liquido extracellulare potrebbe salire fino ad
un livello letale se il potassio non venisse prontamente trasferito allinterno delle cellule. Lassunzione del potassio
stimolata dall insulina, dallaldosterone, dalladrenalina.
Lescrezione del potassio invece a carico del rene (solo il 5-10% viene eliminato con le feci).
Le sedi principali della regolazione dellescrezione del potassio sono i tubuli distali e i tubuli collettori corticali. In
questi segmenti il potassio pu essere riassorbito se ce n necessit grazie ad una semplice diffusione facilitata
(sebbene lapporto alimentare di solito non rende questo riassorbimento necessario) oppure escreto sia per diffusione
semplice sia soprattutto mediante una pompa attivata dallaldosterone.
Il bilancio tra queste due voci dipende da questi fattori:
la potassemia stessa;
il fatto che un aumento della potassemia favorisce la produzione di aldosterone. La sensibilit di questo
meccanismo molto elevato (aumento del potassio del 100% implica un aumento dellaldosterone del 1000%);
velocit di flusso dellurina:
la secrezione di idrogenioni nel tubulo collettore corticale perch questo meccanismo avviene mediante lutilizzo di
una pompa che riassorbe potassio e secerne idrogenioni (anche se questo riassorbimento non tale da
controbilanciare del tutto la secrezione attiva di potassio).
Se il consumo di potassio elevato (> 100mEq/die), la necessaria maggiore quota di escrezione del potassio quasi
interamente ottenuta mediante laumento della secrezione del potassio nei tubuli distali e collettori corticali. Se invece il
consumo insufficiente (< 100mEq/die), la velocit di secrezione del potassio diminuisce. Per valori di assunzione
molto bassi si ha addirittura riassorbimento di potassio nei segmenti distali del nefrone.
Riassumendo, i fattori pi importanti per la stimolazione della secrezione di potassio sono:
1) laumento della concentrazione del potassio nel liquido extracellulare poich stimola lazione della pompa
sodio/potassio e crea un gradiente favorevole alla diffusione di potassio nel tubulo attraverso la membrana luminale;
2) laumento dei livelli di aldosterone (tra laltro la velocit di secrezione dellaldosterone regolata proprio dalla
concentrazione del potassio nel liquido extracellulare);
3) laumento della velocit del flusso nel tubulo distale poich cos il potassio secreto viene continuamente allontanato;
4) lattivit della pompa H/K.

IL CONTROLLO RENALE DELLEQULIBRIO ACIDO-BASE
Grandi quantitativi di ioni bicarbonato (circa 4320 mEq) sono continuamente filtrati nei tubuli, e se da qui venissero
escreti nellurina le basi verrebbero eliminate dal sangue. Daltra parte un gran numero di ioni idrogeno secreto nel
lume tubulare dalle cellule epiteliali tubulari, eliminando cos gli acidi del sangue. Il bilancio tra escrezione di acidi e
filtrazione di basi determinano le variazioni di pH del sangue. Inoltre lorganismo produce 80 mEq di acidi diversi dall
H
2
CO
3
il cui principale meccanismo di eliminazione rappresentato dallescrezione renale. Di conseguenza per
mantenere lequilibrio devono essere secreti nel liquido tubulare 4400 mEq di ioni H
+
al giorno
I fattori primari che controllano la secrezione del potassio dalle cellule principali del tratto terminale del tubulo distale e
dei tubuli collettori corticali sono: 1) lattivit della pompa Na/K; 2) il gradiente elettrochimico che facilita la secrezione
del potassio dal sangue alle cellule al lume tubulare; 3) la permeabilit al potassio della membrana luminale.

52
La secrezione di H
+
e il riassorbimento di carbonati

La secrezione di ioni idrogeno ed il
riassorbimento degli ioni bicarbonato avviene in
tutti i tratti del nefrone, ad eccezione dellansa
discendente e della porzione sottile ascendente
dellansa.
Le cellule epiteliali del tubulo prossimale, della
porzione spessa della branca ascendente dellansa
di Henle e del tubulo distale secernono tutte ioni
idrogeno nel liquido tubulare mediante contro-
trasporto H
+
/Na
+
. Lenergia per questo trasporto
fornita dalla solita pompa Na/K della membrana
basolaterale. Il processo di secrezione ha inizio
quando la CO
2
diffonde nelle cellule tubulari e
viene trasformata dallanidrasi carbonica in
H
2
CO
3
che si dissocia in HCO
3
-
e H
+
. Gli idrogenioni vengono poi secreti nel lume tubulare mediante contro-trasporto
Na/H. Lo ione bicarbonato generato dentro la cellula viene trasportato in direzione del gradiente attraverso la membrana
basolaterale nel liquido interstiziale renale e nel sangue dei capillari peritubulari.
Gli ioni bicarbonato filtrati dai glomeruli non possono essere riassorbiti direttamente, ma vengono riassorbiti attraverso
uno speciale processo durante il quale si combinano con ioni idrogeno formando acido carbonico, che successivamente
si scinde in CO
2
e H
2
O. La CO
2
attraversa facilmente la membrana tubulare e diffonde dentro le cellule tubulari.
Leffetto netto di queste reazioni il riassorbimento degli ioni bicarbonato dei tubuli.
A partire dallultimo tratto del tubulo distale e lungo i restanti segmenti tubulari del nefrone, lepitelio tubulare secerne
ioni idrogeno per trasporto attivo primario mediante unapposita ATPasi trasportatrice di idrogeno oppure mediante una
pompa K
+
/H
+
ATPasi. Analogamente a quanto avviene nel meccanismo descritto in precendenza il risultato netto il
riassorbimento di ioni bicarbonato che tuttavia non diffondono passivamente nei capillari ma vengono contro-trasportati
assieme al cloro, il quale diffonde nel liquido tubulare.
Sebbene la secrezione di ioni idrogeno nel tratto finale dei tubuli distali e nei dotti collettori rappresenti solo il 5% circa
della secrezione totale di idrogeno, questo meccanismo importante per la formazione di urina fortemente acida.
Difatti, mentre nei tubuli prossimali la concentrazione degli ioni idrogeno pu aumentare fino ad un massimo di tre-
quattro volte in pi, nei dotti collettori la concentrazione degli ioni idrogeno pu aumentare fino a 900 volte. Questo
aumento riduce il pH del liquido tubulare a circa 4.5, che rappresenta il limite inferiore di pH che pu essere prodotto
dai reni in condizioni fisiologiche.

Lacidosi e lutilizzo di sistemi tampone diversi dal bicarbonato
In condizioni normali vengono secreti nel tubulo tanti ioni idrogeno quanti ne sono necessari per riassorbire il
bicarbonato filtrato, pi ulteriori 80 mEq per consentire leliminazione dallorganismo degli acidi non volatili prodotti
dal metabolismo.
In condizione di alcalosi gli ioni bicarbonato in eccesso non possono essere riassorbiti e, di conseguenza, restano nei
tubuli e da questi vengono successivamente
escreti nellurina. Nellacidosi invece si ha un
eccesso di ioni idrogeno rispetto agli ioni
bicarbonato, che provoca il completo
riassorbimento del bicarbonato, mentre gli
idrogenioni in eccesso passano nellurina.
Tuttavia, poich il pH non pu scendere sotto i
4.5, soltanto 0,03 mEq/l possono essere escreti
nellurina in forma ionizzata.
Capillari Cellula Tubulo
NaHCO
3


Na
+
Na
+
Na
+
+ HCO
3
-
K
+
K
+

CO
2
CO
2
+ H
2
O

HCO
3
-
HCO
3
-
+ H
+
HCO
3
-
+ H
+
= H
2
CO
3

CO
2
CO
2
CO
2
+ H
2
O = H
2
CO
3
Capillari Cellula Tubulo
Na
2
HPO
4


Na
+
Na
+
Na
+
+ NaHPO
4
-
K
+
K
+

CO
2
CO
2
+ H
2
O

HCO
3
-
HCO
3
-
+ H
+
H
+
+ NaHPO
4
-
= NaH
2
PO
4
Capillari Cellula Tubulo

Glutamina Glutamina Glutamina

2HCO
3
-
2HCO
3
-
+ 2NH
4
+


NH
4
+
NH
4
+

Na
+
Na
+
Cos lescrezione nellurina di abbondanti
quantitativi di ioni idrogeno si ottiene
principalmente grazie alla combinazione degli
idrogenioni con tamponi nel liquido tubulare, i pi
importanti dei quali sono il fosfato e lammonio.
Il sistema tampone del fosfato ha un pK di 6.8. In
condizioni normali lurina leggermente acida e il
pH dellurina vicino al pK del sistema tampone
del fosfato. Perci nei tubuli il sistema tampone
del fosfato agisce nellintervallo di pH ottimale.
Come si vede dalla figura il sistema del fosfato
rappresenta un guadagno netto di bicarbonato che
non pi una semplice sostituzione di bicarbonato
precedentemente filtrato ma nuovo bicarbonato
immesso in circolo.
53
Il sistema tampone prevalente ed effettuato soprattutto a livello dei tubuli prossimali per la neutralizzazione degli
idrogenioni in eccesso tuttavia quello dellammoniaca.
Lo ione ammonio viene sintetizzato a partire dalla glutamina, che attivamente trasportata entro le cellule epiteliali del
tubulo prossimale, della porzione spessa della branca ascendente dellansa di Henle e dei tubuli distali. Allinterno della
cellula ogni molecola di glutamina viene metabolizzata
formando due ioni NH
4
+
e due ioni HCO
3
-
. LNH
4
+
viene
secreto nel lume tubulare mediante un meccanismo di
contro-trasporto con scambio di sodio, che viene
riassorbito. L HCO
3
-
attraversa la membrana basolaterale
insieme al sodio riassorbito. Quindi per ogni glutammina
metabolizzata due ioni NH
4
+
vengono secreti nelurina e
due ioni HCO
3
-
di nuova formazione vengono riassorbiti
nel sangue.
Nei tubuli collettori il meccanismo ancora diverso. Difatti
ammoniaca viene secreta nel lume poich la membrana
luminale ad essa molto permeabile. Poi, una volta formatosi NH
4
+
esso rimane nel tubulo perch la membrana a
questo composto molto meno permeabile. Come si pu vedere dalla figura per ogni NH
4
+
secreto, viene generato un
nuovo ione bicarbonato che passa nel sangue.
Capillari Cellula Tubulo

NH
3
NH
3

CO
2
CO
2
+ H
2
O

HCO
3
-
HCO
3
-
+ H
+
H
+
+ NH
3
= NH
4
+



LA CLEARANCE

La clearance renale di una sostanza pu essere definita come il volume di plasma che viene completamente depurato da
quella sostanza nel suo passaggio attraverso il rene nellunit di tempo.
Questo concetto unastrazione, in quanto un dato volume di plasma non viene mai completamente depurato da una
sostanza. Tuttavia esso permette di stimare sia la velocit del flusso ematico attraverso il rene che le sue funzioni
primarie: filtrazione glomerulare, riassorbimento tubulare, secrezione tubulare.
La clearance indica il volume di plasma necessario a fornire la quantit di sostanza escreta nellurina nellunit di
tempo:

C
S
* P
S
= U
S
* V
S
---) C
S
= (U
S
* V
S
)/P
S

C
S
= clearance di una sostanza
P
S
= concentrazione della sostanza nel plasma
U
S
= concentrazione urinaria della sostanza
V
S
= velocit di flusso dellurina

Se una sostanza venisse filtrata liberamente e non venisse riassorbita o secreta nei tubuli renali, la velocit della
sua secrezione nellurina (U
S
* V
S
) sarebbe uguale alla velocit della sua filtrazione renale (VFG * P
S
). Quindi:

VFG = (U
S
* V
S
)/P
S
= C
S

Una sostanza che ha questi requisiti linulina, e la sua somministrazione endovena permette di determinare la VFG.
Pi che linulina nella pratica medica si usa calcolare la clearance della creatinina o del PAI, dei composti che vengono
riassorbiti solo in piccola misura.

In teoria, se una sostanza viene completamente eliminata dal plasma, la clearance di questa sostanza sarebbe uguale
al flusso plasmatico renale totale (in pratica la quantit di sostanza trasportata ai reni dal sangue = FPR * P
S
uguale
alla quantit escreta con lurina U
S
* V
S
).

FPR = (U
S
* V
S
)/P
S
= C
S

Poich la VFG rappresenta solo circa il 20% del flusso plasmatico totale, per essere eliminata completamente dal
plasma una data sostanza deve essere sia filtrata dai glomeruli che escreta per secrezione tubulare. Una sostanza simile
non esiste; tuttavia un composto, il PAI, viene eliminato dal plasma per circa il 90% (frazione di estrazione del PAI =
90%). La frazione di estrazione si calcola misurando la concentrazione del PAI nella arteria e nella vena renale.
Flusso plasmatico renale totale = clearance del PAI/frazione di estrazione del PAI

Conoscendo la VFG e il FPR possibile quindi calcolare la frazione di filtrazione (FF = VFG/FPR)

Se la VFG e lescrezione renale di una sostanza sono note si possono calcolare il riassorbimento netto o la secrezione
netta di quella sostanza dei tubuli. Difatti se ad esempio la velocit di escrezione di una sostanza (U
S
* V
S
) inferiore al
carico filtrato (VFG * P
S
), una frazione pi o meno grande di questa sostanza deve essere stata riassorbita dai tubuli.
54
LA MINZIONE

Lurina raccolta nelle pelvi renali viene fatta scendere nella vescica grazie ad un movimento peristaltico. Infatti gli
ureteri sono dotati di una muscolatura preposta proprio a questo ruolo. Gli ureteri sono anche dotati di uninnervazione
sensitiva che si attiva quando viene impedito il normale deflusso dellurina, come per esempio in seguito a calcolosi.
Ci determina linsorgere di fortissime sensazioni dolorifiche che vengono riferite in regioni inguinali e,
contemporaneamente, un blocco della funzione renale per contrazione delle arteriole.
La minzione un riflesso involontario che per si pu inibire o sollecitare. Il controllo volontario operato dai centri
nervosi superiori corticali.
La minzione sostanzialmente un atto meccanico ed favorito dalla struttura della vescica: essa difatti dotata di
muscolatura liscia la cui contrazione allatto della minzione responsabile di unaumento di pressione.
La muscolatura presente nel corpo della vescica chiamata muscolo deflussore mentre nel collo la muscolatura fa
parte dello sfintere vescicale interno, involontario. Ad esso segue, come nellano, uno sfintere di muscolatura striata.
Tra lo sbocco delluretra e lo sbocco dei due ureteri si descrive la regione del trigono, molto sensibile alla distensione.
Linnervazione del muscolo deflussore operata da fibre dei nervi pelvici, mentre lo sfintere esterno innervato dal
nervo pudendo: si tratta, in sostanza, della stessa innervazione dello sfintere rettale.
Quando la vescica vuota non vi praticamente presente urina perch un eventuale ristagno comprometterebbe la
sterilit. Perch si verifichi un aumento apprezzabile di pressione la vescica deve raccogliere 200 ml. Da questo valore
in poi laumento di pressione diventa significativo perch la vescica tende ad opporsi ad un ulteriore riempimento.
A questo punto si instaura il riflesso della minzione, che consiste in contrazioni riflesse del muscolo deflussore a sfinteri
chiusi. Mano a mano che la vescica si riempie queste contrazioni sono sempre pi intense e frequenti. Allora gli stimoli
arrivano ai centri superiori e si sente il bisogno di effettuare la minzione.
Quando si aprono entrambi gli sfinteri lurina comincia a fluire e il riflesso viene potenziato perch lo scorrimento
dellurina stimola dei recettori a valle che intensificano il riflesso.


55
SCHEMI DI FISIOLOGIA

RESPIRAZIONE

LEGGI SUI GAS E LORO IMPLICAZIONI

LEGGE DI AVOGADRO: 6*10
23
molecole/mole di gas

LEGGE DI GAY LUSSAC: V
(T)
= BV
0

Il volume occupato da un gas a parit di pressione aumenta se aumenta la temperatura di un gas. Questa legge non ha
molte implicazioni pratiche perch la temperatura dellaria nei polmoni e nelle vie aeree praticamente costante a 37C
(tranne in condizioni di iperventilazione in ambiente particolarmente freddo). La respirazione, quindi, si pu
considerare un fenomeno isotermo.

LEGGE DI BOYLE-MARIOTTI: PV = k se T costante

EQUAZIONE GENERALE DI STATO DEI GAS: PV = nRT
Riassume le ultime due leggi. Una conseguenza che una mole di gas a 0 e ad 1 ATM occupa un volume di 22,4 litri.
Conoscendo la temperatura e il volume occupato da un gas si pu risalire alle moli. Quando ci si riferisce a condizioni
fisiologiche si suole per descrivere le condizioni di un gas a STPD (temperatura e pressione standard [20, 1 ATM],
aria secca) o, meglio ancora, a BTPS (temperatura e pressione corporee [37, 1 ATM], aria satura di vapor dacqua).

LEGGE DI DALTON: In una miscela di gas e vapor dacqua: [x]% = [V
x
/ (V
T
V
H20
)] = [P
x
/ (P
T
P
H2O
)]
P
x
= pressione parziale di x P
T
= pressione totale
Nellaria inspirata [O
2
] = 20,96% P
O2
= (P
T
P
H20
) * 20,96% = 155/156 mmHg
Alla fine di un espirazione la P
CO2
di 40 mmHg. Questa pressione parziale pu essere trasformata nella concentrazione
corrispondente: P
Co2
/PT-P
H20
= [CO
2
] = 40/(780-47) = 4/5%

LEGGE DI HENRY: [x]
dis
= uP
X
u = coefficiente di solubilit di x
La legge di Henry implica che un gas x a pressione parziale P
X
a contatto con lacqua si scioglie nellacqua in maniera
lineare secondo il suo coefficiente di solubilit. La concentrazione di questo gas nellacqua [x]
dis
.
Il coefficiente di solubilit dellossigeno 0,3 mlO
2
/100 ml sangue * 100 mmHg di pressione parziale, mentre la
solubilit della CO
2
23 volte superiore.
Se la temperatura aumenta la solubilit di un gas diminuisce.

LEGGE DI FICK: dm/dt = D*A*u * dP/dl
D = coefficiente di diffusione = Solubilit/(PesoMolecolare del gas)
1/2

A =area attraverso la quale la diffusione pu avvenire
dP/dl = gradiente di pressione parziale
dM/dt = velocit di diffusione
I movimenti dei gas in un liquido sono movimenti di diffusione determinati semplicemente da un gradiente di pressione
parziale. Si noti che la diffusione dipendente dalla solubilit.
Lanidride carbonica 23 volte pi solubile dellossigeno ma il suo peso molecolare maggiore. Di conseguenza, a
parit di condizioni, D
CO2
= 20 D
02
. Ci giustifica il fatto che i gradienti di pressione parziale cui lanidride carbonica
esposta possono essere molto pi piccoli di quelli cui si deve esporre lossigeno per ottenere la stessa diffusione.

LE VIE AEREE

FUNZIONI DELLE VIE AEREE
Le vie aeree terminano nei bronchioli respiratori, cio quei bronchioli in cui compaiono gli alveoli. Difatti il comparto
alveolare non fa parte delle vie aeree poich l avvengono gli scambi tra aria e sangue.
Le vie aeree sono cigliate e ricoperte di muco. Queste ciglia battono il muco per spostarlo dalla profondit alla bocca
alla velocit di qualche centimetro al minuto. Questo fenomeno importante perch consente una purificazione delle
vie aeree. Le particelle inquinanti infatti precipitano nel muco ed in esso rimangono isolate.
Esiste una relazione tra diametro della particella inquinante e profondit di precipitazione: pi piccola la particella e
pi profondamente precipita. Ci avviene perch la superficie di sezione totale dellalbero respiratorio aumenta mano a
mano che ci si avvicina verso gli alveoli. Essendo la velocit di un fluido, come si pu considerare laria, inversamente
proporzionale alla sezione complessiva nelle ramificazioni pi piccole la velocit diminuisce e anche piccole particelle
possono precipitare.
Anche nelle pareti alveolari, sprovviste di ciglia, esistono dei meccanismi protettivi: i macrofagi alveolari.
56
Nei turbinati nasali la deposizione di particelle inquinanti favorita: in questo senso utile respirare attraverso il naso.
Tuttavia la respirazione nasale provoca un aumento della resistenza al flusso e non perci sempre possibile evitare di
servirsi della bocca.
Il fumo di sigaretta, cos come laria fredda, inibiscono il movimento delle ciglia e ci giustifica il fatto che in queste
situazioni pi facile andare incontro ad uninfezione respiratoria.
Nei turbinati nasali laria anche umidificata. A seconda della secchezza dellaria, quindi, una quantit dacqua passa
nellaria. Lumidificazione dellaria inspirata importante dal momento che la secchezza del muco rende le vie aeree
pi suscettibili ad infezione sia perch esso si muove con pi difficolt sia perch il muco secco pu ostruire piccole vie
aeree.
Un ulteriore funzione delle vie aeree il riscaldamento: indipendentemente dalla temperatura esterna, tranne nei casi
estremi, laria che giunge negli alveoli sempre a 37 C.
Infine la pi ovvia funzione delle vie aeree quella di conduzione. Da questo punto di vista importante tener presente
che laria inspirata raggiunge gli alveoli e l avvengono gli scambi gassosi. Ma questo processo riguarda solo laria che
riesce a raggiungere la porzione respiratoria dellalbero bronchiale, mentre quella che rimane nella porzione conduttrice
non oggetto di scambi ed perci inutile da un punto di vista funzionale. Essa definita aria dello spazio morto e
rappresenta circa il 30% del volume corrente (150 ml).
Il calibro delle vie aeree un parametro importante perch da questo dipende la resistenza offerta al flusso. Il muscolo
liscio delle vie aeree innervato sia dal simpatico (broncodilatazione) che dal parasimpatico (broncocostrizione) anche
se esistono numerose sostanze, come listamina, in grado di costringere le vie aeree.

LA TOSSE E LO STARNUTO
Nelle vie aeree esistono dei recettori di irritazione che possono essere stimolati da diverse sostanze che scatenano la
tosse. Essa consiste in un atto espiratorio forzato preceduto da una profonda inspirazione. In questatto sono coinvolti i
muscoli addominali e, mentre questi si contraggono, la glottide rimane chiusa e la pressione nelle vie aeree sale
notevolmente. Quando improvvisamente la glottide si apre lespulsione molto rapida dellaria consente spesso di pulire
le vie aeree dallo stimolo irritativo. Il movimento dellaria talmente veloce che il moto del gas diventa assolutamente
turbolento e, quindi, rumoroso.
Esiste nel midollo allungato un centro della tosse: fisiologicamente le afferenze originano dallinnervazione
neurovegetativa di pleure e vie aeree mentre le vie efferenti coinvolgono i nervi motori della faringe e degli addominali.
Il riflesso dello starnuto molto simile a quello della tosse, salvo per il fatto che esso riguarda le vie aeree nasali, invece
delle vie respiratorie inferiori.
Lo stimolo iniziale del riflesso dello starnuto rappresentato da unirritazione delle vie nasali. Si verifica allora una
successione di eventi simile a quella del riflesso della tosse; per, nello starnuto si ha un abbassamento del palato molle,
cos che una grande quantit di aria passa rapidamente attraverso il naso, contribuendo a liberare le vie nasali dalle
sostanze estranee.

DINAMICA DELLATTO RESPIRATORIO

CARATTERISTICHE GENERALI
Un soggetto in condizioni basali compie circa 12 atti respiratori al minuto. Ogni ciclo si compone di una fase di
inspirazione ed una di espirazione. Un ciclo di 5 secondi diviso in una prima fase di 2 secondi in cui si compie
linspirazione e negli ulteriori 3 secondi dedicati allespirazione. Ad ogni ciclo vengono inspirati ed espirati circa 500
ml di aria, che costituiscono il V
T
(volume corrente). Risulta quindi che la ventilazione polmonare in un minuto di sei
litri.
La ventilazione polmonare si calcola misurando laria espirata. Il fatto che essa sia uguale a quella inspirata dipende dal
quoziente respiratorio. Le differenze sono in ogni caso molto contenute.
V
T
= V
D
+ V
A
V
D
= aria dello spazio morto
V
A
= aria che raggiunge gli alveoli (ventilazione alveolare)
Allinizio dellinspirazione il volume cresce fino ad un valore di circa 0,5 litri superiore a quello iniziale (capacit
funzionale residua). A quel punto segue lespirazione durante la quale il volume si riduce per ritornare ai livelli di
partenza.
Il polmone una struttura elastica che, in assenza di una forza che lo tenga espanso, collassa come un pallone ed espelle
attraverso la trachea laria che contiene (non esiste un volume di equilibrio per il polmone). Inoltre, esso non ha punti di
attacco alle pareti toraciche tranne nel punto in cui sospeso al suo ilo in corrispondenza del mediastino, sicch
letteralmente fluttua nella cavit toracica, circondato da uno strato molto sottile di liquido pleurico che agisce da
lubrificante per i movimenti che esso compie allinterno della cavit. La continua rimozione di questo liquido attraverso
i vasi linfatici mantiene una leggera aspirazione tra la superficie della pleura viscerale che riveste il polmone e quella
della pleura parietale che riveste la parete toracica. In virt di questa aspirazione nel cavo pleurico esiste, in condizioni
di riposo, una pressione negativa di circa 5 cmH
2
O. I polmoni, pertanto, aderiscono alla parete toracica come se fossero
attaccati ad essa anche se nei movimenti respiratori le due superfici possono tranquillamente scorrere tra loro.


57
VARIAZIONE DI PRESSIONE NELLATTO RESPIRATORIO
I movimenti dei gas sono consentiti da variazioni di pressione. La variazione di pressione determinante ai fini della
respirazione (pressione dinamica) la differenza di pressione tra la bocca e gli alveoli. Questa sar positiva durante
linspirazione e negativa (pressione alla bocca inferiore) durante lespirazione.
Fisiologicamente la pressione alla bocca rimane ferma ai
valori della pressione atmosferica mentre ci che varia la
pressione alveolare. La pressione alveolare, durante
linspirazione, si abbassa in virt dellazione dei muscoli
inspiratori che, grazie alle loro inserzioni, determinano una
dilatazione del torace sia verticalmente sia in senso antero-
posteriore.
Per muovere un volume di 0,5 litri di aria sufficiente che la
pressione alveolare raggiunga una negativit di solo -2
cmH
2
O.
A fine inspirazione per definizione il flusso inspiratorio
uguale a zero. Infatti la pressione alveolare torna uguale a
quella della bocca. Per la pressione pleurica permane
negativa (circa 8 mmHg, contro i 5 mmHg a riposo) dal
momento che i muscoli inspiratori rimangono contratti.
Durante la fase inspiratoria la differenza tra la pressione
pleurica e quella alveolare (pressione transpolmonare)
maggiore di quella che esiste a riposo e, di conseguenza, il
volume del polmone superiore che a riposo. Esiste perci
una relazione diretta tra il volume polmonare e la pressione
transpolmonare: se essa aumenta anche il volume polmonare
aumenta.
Il muscolo respiratorio pi importante il diaframma,
innervato dal nervo frenico del plesso cervicale: esso
contribuisce per l80% a determinare il volume corrente.
Gli altri muscoli che contribuiscono allinspirazione in condizioni basali sono gli intercostali esterni. Il maschio ha una
respirazione prevalentemente diaframmatica mentre nella donna il contributo degli intercostali maggiore.
In condizioni di iperventilazione, che pu essere fisiologica o patologica, entrano in gioco i muscoli accessori che
aumentano essenzialmente il diametro verticale del torace: sternocleidomastoidei, scaleni
I muscoli inspiratori cessano la loro contrazione alla fine dellinspirazione. Nel momento in cui ci avviene lapparato
respiratorio si trova ad un volume superiore del normale senza il sostegno dei muscoli respiratori.
Mentre avviene la espirazione anche il torace torna alla sua posizione originale e la pressione pleurica aumenta. Anche
la pressione alveolare aumenta fino ad essere superiore a quella della bocca: si ha cos lespirazione. Man mano che
laria fluisce la pressione alveolare diminuisce fino a portarsi ai livelli della pressione atmosferica: a questo punto
lespirazione si arresta.
Si noti che siccome la pressione alveolare aumenta meno di quanto non faccia la pressione pleurica, ci porta la
pressione transpolmonare ad essere minore rispetto ai valori di fine inspirazione: il volume del polmone, di
conseguenza, diminuisce.
Lintero lavoro espiratorio, in condizioni basali, viene compiuto utilizzando lenergia elastica prodotta in precedenza
dai muscoli inspiratori.
Quando c iperventilazione o aumenta la profondit del respiro le differenze di pressione in gioco devono aumentare
ed entrano quindi in gioco i muscoli espiratori accessori: essi sono soprattutto gli addominali, coadiuvati dagli
intercostali interni che per hanno una scarsa importanza.
La cessazione dellattivit inspiratoria non sincrona alla fine della contrazione dei muscoli inspiratori poich la
decontrazione avviene gradualmente durante lespirazione in maniera da rendere il fenomeno pi dolce.

PARAMETRI POLMONARI

VOLUMI E CAPACITA POLMONARI
La ventilazione polmonare, che normalmente di circa 6 litri/min, pu raggiungere i valori di 100/130 litri/minuto
durante un lavoro muscolare intenso. Se un soggetto decide di iperventilare volontariamente per brevi periodi la
ventilazione pu raggiungere i 160/170 litri/minuto. Nei casi di iperventilazione patologica non si arriva di solito a
superare i 40/60 litri/minuto.
La funzione respiratoria pu essere indagata con una serie di strumenti, il pi importante dei quali lo spirometro. Esso
costituito da due cilindri concentrici di diamentro leggermente diverso. Nellintercapedine c acqua.
Un terzo cilindro capovolto e immerso nellacqua. In questo modo si crea uno spazio chiuso riempito di aria: la
camera spirometrica.
Il soggetto collegato a questo spazio da un sistema di tubi attraverso i quali laria pu essere inspirata ed espirata.
A causa dei movimenti inspiratori il volume dellaria varia ed il cilindro capovolto si alza e si abbassa. Un sistema di
registrazione disegna le oscillazioni e permette di quantificare i volumi daria che si muovono nel tempo.
58
Con una serie di atti respiratori tranquilli seguiti da una massima inspirazione e da una massima espirazione si possono
ricavare i dati pi importanti per valutare la funzionalit polmonare.
Nelle spirometrie, se non indicato diversamente, si intende che le misurazioni sono effettuate a ATPS (temperatura
ambiente [21C], pressione atmosferica e aria satura di vapor dacqua).
Volume corrente: il volume inspirato o espirato ad ogni atto respiratorio tranquillo;
Volume di riserva inspiratoria/espiratoria: differenza tra il volume polmonare alla fine di una respirazione (o
espirazione tranquilla) e il volume
polmonare alla fine di una inspirazione
(o espirazione) massimale;
Capacit inspiratoria: la differenza
tra il volume polmonare alla fine di
una espirazione tranquilla e il volume
polmonare dopo la massima
inspirazione possibile. Essa pu anche
essere considerata la somma del
volume corrente e del volume di
riserva inspiratoria;
Capacit vitale: la massima
escursione volumetrica che pu
compiere un soggetto con un solo atto
respiratorio massimale;
Capacit funzionale residua:
rappresenta il volume di aria ancora
presente nellapparato respiratorio dopo la fine di un espirazione tranquilla. Essa pu anche essere espressa come la
somma del volume residuo e del volume di riserva espiratoria;
Volume residuo: rappresenta il volume di aria ancora presente nellapparato respiratorio dopo la fine di un espirazione
massimale. Il volume residuo diluisce laria atmosferica e tampona le differenze di pressione parziale di ossigeno e
anidride carbonica presenti tra sangue ed aria alveolare.
Il volume residuo non misurabile con la spirometria ma si pu misurare con alcuni metodi come quello della
diluizione dellelio (un gas che non partecipa agli scambi alveolari).
Innanzitutto il soggetto invitato a compiere una espirazione normale, in maniera che il volume di aria che resta nei
suoi polmoni sia la capacit funzionale residua.
A questo punto la persona invitata a respirare tranquillamente da una camera a circuito chiuso riempita con aria
contenente una frazione di elio a concentrazione nota. Nella camera continuamente immessa una quantit di ossigeno
nota in maniera da permettere al soggetto di respirare mentre lanidride carbonica espirata filtrata.
Una volta che lelio si sar distribuito in tutto il sistema respiratorio si avr che, a fine espirazione:
C
1
* V
1
= C
2
* (V
1
+ V
2
)
C
1
= concentrazione di elio nella sola camera;
C
2
= concentrazione di elio dopo il raggiunto equilibrio;
V
1
= volume della camera;
V
2
= capacit funzionale residua (da cui, per differenza, si ottiene il volume residuo).
Il volume residuo aumenta in numerose malattie dellapparato respiratorio, soprattutto in malattie ostruttive.
Capacit polmonare totale: la somma della capacit vitale e del volume residuo, ovvero il massimo volume di aria che
il sistema respiratorio pu contenere.
Esistono dei valori di riferimento, ma tutti i volumi polmonari notevoli sono definiti sulla base di altezza, peso, sesso ed
et. Per un soggetto di taglia media parametri indicativi sono:
Volume corrente: 0,5 litri Volume di riserva inspiratoria: 2,5 litri Volume di riserva espiratoria: 1/1,5 litri
Capacit vitale: 4,5/5 litri Capacit polmonare totale: 5,5/6 litri

IL FLUSSO ESPIRATORIO
Un altro importante parametro respiratorio la capacit vitale forzata: essa si misura chiedendo al soggetto di compiere
un atto respiratorio massimale nel minor tempo possibile. Da questa misurazione si ottengono parametri come la VEMS
(FEV
1
), ovvero il volume espirato massimo nel 1 secondo. Analogamente esistono anche FEV
0,5
, FEV
1,5
ma la FEV
1

il parametro pi indicativo. Un soggetto normale riesce ad espirare nel primo secondo almeno l80% della sua
capacit vitale.
La tangente della curva V/T che esprime la capacit vitale forzata rappresenta il flusso istantaneo. Il valore MEF
25

indica il flusso che si misura al 25% della capacit vitale forzata. Il flusso maggiore, detto PEF (pick espiratory flow), si
misura generalmente allinizio dellatto espiratorio.
Il flusso espiratorio definito come il rapporto tra la differenza di pressione alveolare e buccale e la resistenza delle vie
aeree.
La pressione alveolare funzione dello sforzo espiratorio che dipende dai muscoli respiratori i quali sviluppano una
forza maggiore quanto pi sono stirati. Quando il volume polmonare diminuisce le forze che essi sviluppano sono
minori ma a bassi volumi polmonari diminuiscono anche le resistenze perch diminuisce la sezione totale delle vie
aeree.
59
Gli spirometri portatili calcolano il flusso e poi integrano i volumi mentre lo spirometro a campana misura le
variazione di volume e deriva i flussi.

STATICA E DINAMICA DELLA MECCANICA RESPIRATORA

LA COMPLIANCE
Dopo unespirazione normale la pressione alveolare uguale a zero. Se si insufflano artificialmente volumi di aria
crescenti aumenta la pressione alveolare. A pressione alveolare uguale a zero presente nei polmoni circa il 40% della
capacit vitale (cio il volume di riserva espiratoria).
Riempiendo il polmone con volumi noti e senza metterlo in comunicazione con lesterno possibile definire le
caratteristiche elastiche del polmone. Se si porta, per esempio, il volume del polmone al 60% della capacit vitale e la
pressione che si misura pi alta del normale allora si pu concludere che lelasticit del polmone aumentata. E in
sostanza un indice della compliance dellapparato respiratorio (AV/AP).
La compliance resta quasi sempre costante: variazioni sono apprezzabili solo a valori vicini a quelli limite. La
compliance normale dellapparato respiratorio di 100 ml/cmH
2
O.
Si noti che queste misure sono effettuate a muscoli respiratori rilasciati e di conseguenza forniscono semplicemente un
valore delle forze elastiche che sprigiona ad ogni dato volume il sistema respiratorio.
Se a capacit funzionale residua un soggetto compie uno sforzo inspiratorio a glottide chiusa la pressione alveolare pu
scendere a 100 cmH
2
O. Analogamente uno sforzo espiratorio a glottide chiusa pu determinare un aumento della
pressione alveolare fino a +180 cmH
2
O. La stessa misura pu essere effettuata a qualsiasi punto della capacit vitale.
Si pu costruire perci la curva pressione/volume dei massimi espiratori ed inspiratori. Questa curva somma lazione
dei muscoli e leffetto elastico.
La sola componente muscolare della pressione inspiratoria massima aumenta diminuendo il volume polmonare mentre
la pressione espiratoria massima aumenta aumentando il volume polmonare. Ci dovuto alle inserzioni di questi
muscoli: i muscoli inspiratori sono tanto pi stirati quanto il volume polmonare miniore mentre il contrario avviene
per i muscoli espiratori.
La compliance descrive le caratteristiche elastiche del sistema respiratorio ed sottointeso che, essendoci due strutture
in serie (polmoni e torace), alterazioni della compliance possono dipendere dalluna o dallaltra struttura.
Ad alti volumi polmonari entrambe le strutture che contribuiscono alla pressione alveolare esercitano una pressione
positiva. A volumi pi bassi il polmone isolato eserciterebbe una pressione positiva mentre il torace da solo
eserciterebbe una pressione negativa (tende ad espandersi). Se a muscoli decontratti la pressione alveolare uguale a
zero questo valore la somma delleffetto del torace che tenderebbe ad espandersi e di quello del polmone che invece
tende a ridurre il suo volume. Esiste un volume di equilibrio elastico per il torace. Il polmone, invece, non esercita mai
una pressione negativa ma tende sempre a collassare.
Si possono per misurare separatamente le due componenti.

IL TENSIOATTIVO ALVEOLARE
A polmone isolato si nota che la prima espansione dei polmoni, a volumi molto bassi, molto faticosa. Ci dipende dal
fatto che nei bronchioli respiratori esiste una pressione critica di apertura che richiede di essere vinta prima che le vie
aeree si dilatino. Si nota inoltre che la curva in deflazione significativamente spostata in alto e a sinistra rispetto a
quella in inflazione: la pressione necessaria per ottenere un certo volume pi alta in inflazione perch esiste qualcosa
che ostacola il riempimento e favorisce lo svuotamento (isteresi elastica). Se si riempie i polmoni di liquido questo
effetto si annulla.
Lostacolo al riempimento dovuto alla presenza di due fasi, liquida e gassosa, nella superficie degli alveoli. Quando i
polmoni sono insufflati di gas si crea sulla superficie alveolare un interfaccia aria/liquido. In questa situazione si creano
dei fenomeni di tensione superficiale che agiscono parallelamente alla superficie del liquido. Queste forze tendono a far
collassare lalveolo ma, se si gonfia il polmone con liquido, linterfaccia sparisce e leffetto si annulla.
Al contrario la deflazione favorita dagli effetti di tensione superficiale.
Larea di isteresi mantenuta piccola grazie alla presenza sullinterfaccia aria liquido di una sostanza tensioattiva: si
tratta di una miscela di composti prevalentemente lipidici secreti da cellule della parete alveolare (cellule epiteliali
alveolari di tipo II, che costituiscono circa il 10% dellarea delle pareti alveolari)
Se non ci fosse il tensioattivo la tensione superficiale complessiva su una superficie grande come un campo da tennis
(com quella alveolare) sarebbe enorme.
Un altro aspetto importante che in condizioni fisiologiche le dimensioni degli alveoli non sono omogenee a causa
degli effetti della gravit (vedi oltre). E poich in base alla legge di Laplace (P = 2T/R) la pressione negli alveoli pi
piccoli pi alta che in quelli pi grandi essi tenderebbero a svuotarsi: alcune aree del polmone collasserebbero. Ci in
realt non avviene perch leffetto del tensioattivo nel diminuire la tensione superficiale dipende dalla sua
concentrazione ed esso maggiormente concentrato proprio negli alveoli pi piccoli.

COMPLIANCE IN CONDIZIONI STATICHE E DINAMICHE
NOTA: la differenza tra questa compliance e quella di cui si parlato in precedenza che in questo caso gli spazi
alveolari sono in comunicazione con lesterno.
60
Nel polmone in situ, se si pu misurare la differenza tra la pressione dellaria alveolare e la pressione del cavo pleurico
(pressione transpolmonare), inspirando volumi noti si ottiene la curva P-V (curva di compliance polmonare) in
condizioni statiche.
La pressione pleurica si pu misurare anche in maniera incruenta posizionando un palloncino di lattice nellesofago.
A fine inspirazione, anche se il polmone dilatato (grazie allazione dei muscoli respiratori), la pressione alveolare
uguale a zero e la pressione transpolmonare uguale alla pressione pleurica. Essa tanto pi negativa quanto pi alto
il volume polmonare.
In condizioni dinamiche per, durante linspirazione,
i muscoli inspiratori non producono solo la negativit
necessaria a dilatare i polmoni ma producono anche
una extra-negativit che si trasmette allaria
alveolare e fa abbassare la pressione alveolare di
quel tanto che basta per muovere laria.
La pressione negativa che si produce in sostanza la
he la pressione pleurica
meglio, quasistatiche) e la pressione alveolare diversa da zero la
ione tranquilla la pressione alveolare raggiunge un minimo di 2 cm H
2
O per 500 ml di
a P/V possa essere considerata
prova di compliance quasistatica ed una di compliance dinamica che nel primo caso si lascia al
CURVA PRESSIONE-FLUSSO
La pressione pleurica dinamica pu essere
o respiratorio: tiene conto delle diverse . .
enza al movimento del gas: aumenta di molto se si

o respiratorio (componente
La relaz a legge di
l moto intermedio tra
ella che si otterebbe se la resistenza rimanesse
un
Nel sistema respiratorio la curva pressione/flus
Equazione di Rohrer: P = RV + KV
nore la resistenza.
Esistono metodi che consentono il calco
somma di due componenti: una che fa espandere il
polmone (detta componente elastica, o componente
statica, che si misura in assenza di flusso) ed unaltra
che determina il flusso (componente dinamica). La
curva P/V dinamica spostata a destra e la differenza
la variazione della pressione alveolare durante il
ciclo respiratorio.
In pratica in condizioni static
uguale alla sola pressione transpolmonare, cio alla
pressione necessaria per vincere le forze elastiche del
sistema. In questo caso la curva PV descrive le variazioni della pressione transpolmonare in funzione del volume.
Se invece ci troviamo in condizioni dinamiche (o
pressione pleurica dinamica si allontana dalla statica perch essa risulta essere la somma della pressione transpolmonare
(componente elastica) e della pressione alveolare (componente dinamica). In questo senso la differenza tra le due curve
la pressione alveolare.
In condizioni di respiraz
variazione volumetrica mentre la componente statica pi alta: - 3 cm H
2
O per 500 ml.
Sebbene in condizioni statiche o quasistatiche (respirazione lenta ma continua) la curv
costante, in condizioni dinamiche la compliance si modifica col variare della frequenza respiratoria: aumentando la FR
la compliance diminuisce e la curva P/V si sposta a destra. Le variazioni sono piuttosto piccole, a meno che il polmone
non sia malato.
La differenza tra una
polmone tutto il tempo per riempirsi. Se per esempio si verifica una stenosi di un bronco ad alte frequenze i polmoni
non fanno in tempo a riempirsi e a parit di pressione il volume inferiore.

espressa in funzione del flusso.
A: curva dellintero apparat
. componenti:
B: resist
respira col naso invece che con la bocca. Essa uguale alla
pressione alveolare (componente dinamica);
C: resistenza del tessuto polmonare;
D: resistenza della cassa toracica.
C + D: resistenza dellapparat
statica, dipende solo dalla resistenza allespansione)
ione pressione/flusso non lineare come atteso dall
Poiseuille. Ci significa che la resistenza non rimane costante ma, in
questo caso, aumenta allaumentare del flusso.
Il motivo di ci che nelle vie respiratorie i
turbolento e laminare.
La retta in rosso qu
fattore KV
2
, dove K una costante e V il flusso.
so non espressa dalla legge di Poiseuille ma dalla:
2
costante. Invece ad essa bisogna aggiungere
La resistenza inoltre dipendente anche dal volume polmonare: maggiore il volume polmonare mi
lo di solo B e di A.



61
LAVORO
area in grigio scuro il lavoro svolto dai muscoli inspiratori durante uninspirazione tranquilla in condizioni di
normale resistenza statica e normale resistenza delle vie aeree.
rzata i
iesto se la
ro
mantenere la
stessa ventilazione sono necessarie escursioni toraciche maggiori.
SCAMBI GASSOSI NEGLI ALVEOLI
L
Se la resistenza delle vie aeree aumenta, come nel caso di una
respirazione fo
muscoli respiratori devono
compiere un lavoro extra
(area rossa)
Analogamente un lavoro
extra rich
resistenza statica aumenta
(area grigio chiaro).
A parit di ventilazione
alveolare il lavo
funzione della frequenza
respiratoria.
In particolare la
frequenze per componente statica diminuisce allaumentare della frequenza respiratoria perch a basse
La componente dinamica invece aumenta allaumentare della frequenze perch aumenta il numero di volte che laria
deve essere spostata.
La somma delle due curve, che esprime il lavoro totale, raggiunge un minimo proprio intorno alle frequenze
fisiologiche.
Lespirazione in condizioni basali passiva ma in condizioni di iperventilazione diventa attiva e c bisogno di un
lavoro extra.


I gas respiratori sono O
2
e CO
2
. E ne negli alveoli. Questo processo
on richiede energia.
li, di 40 mmHg.
alveolare aumenta e la PCO diminuisce: lequilibrio avverr a pressioni
DINAMICA DEI CAPILLARI POLMONARI
e pareti alveolari sono cos ricche di capillari, che questi, nella maggior parte dei distretti, entrano quasi in contatto
luno con laltro. E stato spesso af lle pareti dellalveolo, come in un
ca pu abbreviare questa durata, talora sino a 0,3 secondi, ma essa si
portanti differenze quantitative:
negativa di quella del tessuto periferico
onari di circa 14 mmHg;
i interstiziali che superi la pressione atmosferica lasciando
Rias
Pres 7 mmHg
ido-osmotica del liquido interstiziali: 14 mmHg


ntrambi vanno incontro a processi passivi di diffusio
n
La PO
2
nellaria alveolare e nel sangue arterioso intorno ai 100 mmHg ed pi alta della PO
2
del sangue venoso misto
che, in condizioni basa
La PCO
2
dellaria alveolare 40 mmHg, contro i 46 mmHg del sangue venoso misto.
Aumentando la ventilazione alveolare la PO
2 2
parziali dei due gas diverse.

L
fermato, perci, che il sangue polmonare scorre, ne
unico strato continuo piuttosto che in singoli vasi.
Quando la gittata cardiaca ha un volume normale, il sangue capillare impiega circa 0,8 secondi per passare attraverso i
capillari polmonari. Laumento della gittata cardia
ridurrebbe ancora di pi se non accadesse che altri capillari, che normalmente restano collassati, si aprono per
accogliere laumentato flusso sanguigno.
La dinamica dello scambio di liquido attraverso i capillari polmonari qualitativamente la stessa di quella dei capillari
dei tessuti periferici. Esistono, tuttavia, im
1. la pressione nei capillari polmonari bassa, circa 7 mmHg;
2. la pressione del liquido interstiziale nel polmone leggermente pi
sottocutaneo (- 8 mmHg);
3. i capillari polmonari sono relativamente permeabili a molecole proteiche, cos che la pressione colloido-osmotico
dei liquidi interstiziali polm
4. le pareti alveolari sono estremamente sottili, e lepitelio che ricopre le superfici degli alveoli cos fragile che si
rompe per una qualsiasi pressione positiva negli spaz
fuoriuscire liquido da questi spazi negli alveoli.
sumendo:
sione capillare:
Pressione collo
Pressione negativa del liquido interstiziale 8 mmHg
FORZE TOTALI VERSO LESTERNO 29 mmHg
Pressione colloida-osmotica del plasma: 28 mmHg
FORZE TOTALI VERSO LINTERNO 28 mmHg
PRESSIONE NETTA DI FILTRAZIONE 1 mmHg
62
Questa pressione netta di filtrazione provoca un lieve flusso continuo di liquido dai capillari polmonari negli spazi
interstiziali, e questo liquido, salvo una piccola quantit che evapora a livello degli alveoli, viene riportato nel circolo
sanguigno attraverso il sistema linfatico polmonare.

LEDEMA POLMONARE
Lultimo problema che resta da definire perch liquido non fuoriesca dai capillari negli alveoli in virt della forze che
agiscono verso lesterno. Se si tiene presente, tuttavia, che i capillari polmonari ed il sistema linfatico polmonare
normalmente mantengono una leggera pressione negativa negli spazi interstiziali allora appare chiaro che ogni qual
volta del liquido in eccesso venga a trovarsi negli alveoli, esso verr semplicemente aspirato meccanicamente
nellinterstizio polmonare attraverso le piccole aperture presenti tra le cellule dellepitelio alveolare.
Cos, in condizioni normali, gli alveoli vengono mantenuti asciutti tranne che per una piccola quantit di liquido che
trasuda dallepitelio sulle superfici di rivestimento degli alveoli per mantenerle umide.
Per, qualsiasi fattore capace di elevare la pressione del liquido interstiziale polmonare dal normale valore di 8mmHg
a valori positivi, provocher il riempimento degli alveoli con grandi quantit di liquido.
Le pi comuni cause di edema polmonare sono:
1. Insufficienza del cuore sinistro o malattia mitralica, con conseguente forte aumento della pressione dei capillari
polmonari;
2. Danneggiamento della membrana capillare polmonare causato da infezioni, quali la polmonite, o da inalazione di
sostanze tossiche. Entrambe queste cause provocano una rapida fuoriuscita di proteine plasmatiche e di liquido dai
capillari.
La pressione dei capillari polmonari deve aumentare sino ad un valore almeno uguale a quello della pressione colloido-
osmotica del plasma, prima che esca dai capillari una quantit di liquido sufficiente affinch la pressione negativa
interstiziale sia azzerata e si possa instaurare un significativo edema polmonare. Nelluomo la pressione deve salire dal
normale livello di 7 mmHg a 28 mmHg, con un margine di sicurezza di 21 mmHg garantito dal drenaggio linfatico.
Quando la pressione capillare polmonare rimane cronicamente elevata i polmoni presentano una maggiore resistenza
alledema perch i vasi linfatici possono dilatarsi notevolmente, aumentando fino a 10 volte la loro capacit di smaltire
liquido dagli spazi interstiziali. Si pu quindi arrivare a valori di pressione capillare di 40 mmHg senza che si verifichi
un significativo edema polmonare.

ARIA ALVEOLARE ED ARIA ATMOSFERICA
Le concentrazioni dei gas nellaria alveolare non sono affatto identiche a quelle dellaria atmosferica. Difatti, ad ogni
atto respiratorio laria alveolare viene solo parzialmente sostituita da aria atmosferica (si consideri che il volume residuo
circa un triplo del volume alveolare corrente). Nellaria alveolare continuamente sottratto ossigeno mentre salgono
sensibilmente le pressioni parziali di anidride carbonica e vapor dacqua. Laria alveolare satura di vapor dacqua (a
37 C P
H2O
= 47 mmHg). Dal momento che la pressione negli alveoli non pu elevarsi oltre il valore della pressione
atmosferica questo vapore si limita semplicemente a diluire tutti gli altri gas presenti nellaria inspirata. Nellaria
umidificata la pressione parziale dellossigeno, che nellaria atmosferica di 159 mmHg, viene ridotta a 149 mmHg
mentre quella dellazoto passa da 597 a 563 mmHg.
Nella respirazione tranquilla solo 350 ml di aria nuova vengono introdotti negli alveoli e contemporaneamente una
quantit uguale di vecchia aria alveolare lascia gli alveoli: la quantit daria alveolare che ad ogni atto respiratorio
ricambiata pari a solo un settimo del totale.
La concentrazione dellossigeno a livello alveolare un
parametro che in tutte le condizioni deve essere mantenuto
pressoch costante. Essa controllata innanzitutto dalla
velocit con cui lossigeno viene assorbito nel sangue e, in
secondo luogo, dalla velocit con cui nuovo ossigeno entra nei
polmoni per mezzo del processo della ventilazione.
In particolare ad un normale consumo di ossigeno di 250
mlO
2
/minuto sufficiente una ventilazione alveolare di 4,2
l/m per mantenere una PO
2
alveolare di 100mmHg. Ma se il
consumo di ossigeno sale a 1000 mlO
2
/min allora necessario
quadruplicare anche la ventilazione alveolare.
Il massimo valore di PO
2
alveolare la PO
2
dellaria
atmosferica: 150 mmHg.
Per quanto riguarda lanidride carbonica, essa viene
continuamente formata nellorganismo e riversata negli
. alveoli da dove viene poi rimossa grazie alla ventilazione
Alla normale velocit di ventilazione alveolare di 4,2 litri/minuto il valore corrispondente della PCO
2
alveolare di 40
mmHg ma, analogamente a quanto succede per lossigeno, una maggiore produzione di CO
2
da parte dellorganismo o
una maggiore ventilazione alveolare possono alterare questo valore.
Unultima considerazione: dati i grandi volumi di gas presenti nei polmoni rispetto a quelli che vengono scambiati col
sangue la concentrazione di ossigeno e di anidride carbonica nellaria alveolare varia solo di un paio di mmHg durante
il ciclo respiratorio.

63

DIFFUSIONE DEI GAS ATTRAVERSO LA MEMBRANA RESPIRATORIA
Gli scambi gassosi tra laria alveolare e il sangue polmonare si attuano attraverso le membrane di tutte le componenti
terminali dei polmoni e non soltanto attraverso gli alveoli.
Linsieme di queste membrane detto membrana respiratoria. Sulla base di studi istologici stato possibile valutare che
larea totale di superficie della membrana respiratoria di un uomo adulto normale di circa 70 metri quadrati. Se si
considera che la quantit totale di sangue in ogni istante presente nei capillari polmonari ammonta a soli 60-140 ml si
comprende facilmente perch gli scambi gassosi possano essere effettuati tanto rapidamente.
Lattitudine della membrana respiratoria a permettere lo scambio di un gas tra gli alveoli e il sangue polmonare pu
essere espressa in termini quantitativi come capacit di diffusione, definita come il volume di un determinato gas che
diffonde in ogni minuto attraverso la membrana per una differenza di pressione di 1 mmHg.
Nelluomo la capacit di diffusione per lossigeno in condizioni di riposo si aggira intorno ai 21 ml/min per mmHg. La
differenza media (maggiore nel lato arterioso, minore nel venoso) di pressione dellossigeno attraverso la membrana
respiratoria, durante la respirazione normale e tranquilla di circa 11 mmHg. Moltiplicando questo valore per quello
della capacit di diffusione si ottiene un totale di circa 230 ml di ossigeno che diffondono attraverso la membrana
respiratoria ogni minuto; questo valore corrisponde alla quantit di ossigeno che lorganismo consuma in un minuto.
Durante lattivit fisica pesante la capacit di diffusione per lossigeno aumenta in un giovane adulto fino ad un
massimo di circa 65 ml/min per mmHg, che corrisponde al triplo della capacit di diffusione in condizioni di riposo. Tra
i fattori che contribuiscono a questo vanno considerati:
1. lapertura di un certo numero di capillari polmonari, precedentemente esclusi, o una ulteriore dilatazione di
capillari gi pervi, con il risultato di un aumento della superficie di scambio in cui pu avvenire la diffusione
dellossigeno;
2. una migliore corrispondenza tra ventilazione alveolare e perfusione (vedi oltre).
Durante una intensa attivit fisica, la richiesta di ossigeno da parte dellorganismo pu aumentare fino a 20 volte
rispetto alle condizioni di riposo. Peraltro, a causa dellaumento della gittata cardiaca, il tempo di permanenza del
sangue nei capillari risulta nettamente ridotto, fino a meno della met del normale, nonostante il fatto che vengano resi
pervi nuovi capillari. Lossigenazione del sangue potrebbe essere ridotta a causa di entrambi questi fattori; tuttavia,
grazie ad un notevole margine di sicurezza per la diffusione dellossigeno attraverso la membrana polmonare, il sangue
si ritrova ad essere quasi completamente saturo di ossigeno, prima di lasciare i capillari polmonari. Ci avviene per due
motivi:
1. il sopracitato aumento della capacit di diffusione dellossigeno;
2. durante le normali condizioni di flusso sanguigno polmonare, il sangue si ritrova ad essere completamente saturo di
ossigeno gi dopo aver percorso un solo terzo della lunghezza del capillare, e solo una piccola quota di ossigeno
viene aggiunta durante il rimanente percorso. Ci significa che il sangue permane nei capillari tre volte pi a lungo
di quanto effettivamente necessario per assicurare una completa ossigenazione. Pertanto, anche se durante
lesercizio fisico il sangue viene esposto allossigeno per un tempo nettamente pi breve rispetto al normale, esso
viene comunque ossigenato in modo completo o quasi.
Per quanto riguarda lanidride carbonica, essa diffonde cos rapidamente (il coefficiente di diffusione 20 volte quello
dellossigeno) che la differenza media tra la PCO
2
dellaria alveolare e quella del sangue polmonare inferiore ad 1
mmHg.

IL RAPPORTO VENTILAZIONE/PERFUSIONE
Anche in condizioni fisiologiche ci sono alcune aree del polmone ben ventilate ma pressoch prive di flusso sanguigno,
ed altre aree irrorate ma poco o per nulla ventilate: in sostanza in alcune parti del polmone si crea uno squilibrio tra
ventilazione e flusso sanguigno.
Per meglio comprendere gli scambi respiratori in queste condizioni di squilibrio, anche da un punto di vista
eminentemente quantitativo, stato introdotto il concetto di rapporto ventilazione-prefusione, espresso dalla formula
Va/Q (Va = ventilazione alveolare/min; Q = flusso sanguigno/min). Se si considera tutto il polmone, essendo Va = 4,2
l/min e Q = 5 l/min il rapporto risultante 0,8.
Quando Va/Q uguale a zero, cio in assenza di ventilazione alveolare, laria nellalveolo si trova in equilibrio con
lossigeno e lanidride carbonica del sangue poich questi gas diffondono tra il sangue e laria alveolare. Negli alveoli
che non hanno ventilazione i valori di ossigeno ed anidride carbonica saranno quelli del sangue venoso misto (PCO
2
=
45 mmHg, PO
2
= 40 mmHg).
Quando il rapporto Va/Q uguale a infinito non esiste flusso nei capillari. Pertanto, i gas alveolari, anzich essere in
equilibrio con il sangue venoso, sono ora in equilibrio con laria inspirata ed umidificata.
Quando infine sia la ventilazione alveolare che il flusso sanguigno nei capillari alveolari sono normali, gli scambi di
ossigeno e di anidride carbonica attraverso la membrana respiratoria sono pressoch ottimali, e la PO
2
ha normalmente
il valore di 104 mmHg, che un valore intermedio tra quello dellaria inspirata (150 mmHg) e quello del sangue venoso
(40 mmHg). Allo stesso modo il valore della pressione parziale dellanidride carbonica si trova anchesso compreso tra
i due estremi: normalmente esso pari a 40 mmHg, contro i 45 mmHg nel sangue venoso e lo 0 mmHg nellaria
inspirata.
Ogni qualvolta Va/Q inferiore al valore normale, la ventilazione non sufficiente a garantire la quantit di ossigeno
necessaria per ossigenare completamente il sangue che scorre nei capillari alveolari. Quindi, una certa frazione del
sangue venoso che passa attraverso i capillari polmonari non viene ossigenato. Questa frazione definita sangue
64
cortocircuitato o sangue di shunt Sangue di shunt, non ossigenato, anche quello che passa attraverso i vasi
bronchiali, anzich attraverso i capillari alveolari e che normalmente corrisponde al 2% circa dellintera gittata cardiaca.
Il quantitativo totale di sangue cortocircuitato al minuto prende il nome si shunt fisiologico e pu essere calcolato come:

Q
PS
= Q * [(Ci
O2
Ca
O2
)/(Ci
O2
Cv
O2
)]

Q
PS
= flusso sanguigno dello shunt fisiologico al minuto
Q = gittata cardiaca al minuto
Ci
O2
= concentrazione di ossigeno nel sangue arterioso nel caso di rapporto Va/Q ideale
Ca
O2
= concentrazione di ossigeno nel sangue arterioso
Cv
O2
= concentrazione di ossigeno nel sangue venoso misto
Questo sangue si mescola con quello ossigenato proveniente dai capillari alveolari; questo rimescolamento prende il
nome di commistione venosa del sangue ed responsabile dellabbassamento della PO
2
del sangue pompato nellaorta
fino ad un valore di 95 mmHg.
Tanto maggiore lo shunt fisiologico, tanto pi elevata la quantit di sangue che non viene ossigenata al suo
passaggio attraverso i polmoni.
Quando la ventilazione di parte degli alveoli in eccesso rispetto al flusso alveolare, negli alveoli viene ad essere
disponibile molto pi ossigeno di quello che pu essere allontanato dagli alveoli per mezzo del flusso sanguigno. In tal
caso si dice che la ventilazione inutilizzata. Inoltre, anche la ventilazione delle aree dello spazio morto,
anatomicamente definite, e non interessate allo scambio gassoso, rimane inutilizzata. La somma di questi due tipi di
ventilazione inutilizzata definita spazio morto fisiologico. Esso misurato con lequazione di Bohr

VD
FIS
= Vt * [(Pa
CO2
Pe
CO2
)/Pa
CO2
]

VD
FIS
= spazio morto fisiologico
VT = volume corrente
Pa
CO2
= pressione parziale dellanidride carbonica nel sangue arterioso
Pe
CO2
= pressione parziale media dellanidride carbonica nellaria espirata totale
Quando lo spazio morto fisiologico grande, una parte cospicua del lavoro di ventilazione viene sprecata perch gran
parte dellaria ventilata non entra mai in contatto con il sangue.
In un soggetto normale in posizione eretta, sia il flusso sanguigno che la ventilazione alveolare sono considerevolmente
minori nelle zone apicali del polmone rispetto alle zone basali; tuttavia, il flusso risente di questo effetto molto pi della
ventilazione. Pertanto, allapice del polmone, il rapporto Va/Q circa 2,5 volte maggiore del suo valore ideale, per cui
si determina in modico grado uno spazio morto fisiologico in questarea del polmone.
Alla base del polmone, invece, la ventilazione scarsa in rapporto allentit del flusso sanguigno, e il rapporto Va/Q
presenta un valore pari a circa 0,6 volte quello ideale.
La quantit di sangue che attraversa questa zone polmonari, per quanto piccola, non viene ossigenata normalmente per
cui si manifesta uno shunt fisiologico.
Per quale motivo lapice del polmone meno irrorato spiegato nella parte della circolazione.
Per quanto riguarda le differenze di ventilazione nelle varie parti del polmone, ci dovuto al fatto che, per una
questione di peso del polmone che grava su se stesso, la pressione pleurica allapice di -10 cmH
2
O mentre alla base
del polmone di soli 2,5 cmH
2
O. Alla base gli alveoli hanno un diametro mediamente pi piccolo che allapice. Per
un dato decremento della pressione pleurica, uguale in tutto il polmone, gli alveoli apicali aumentano di volume di
meno di quelli basali. Quindi la parte basale del polmone meglio ventilata della parte apicale.
Tuttavia, sebbene sia il flusso che la ventilazione siano maggiori allapice del polmone, il rapporto ventilazione/flusso
non omogeneo perch la ventilazione varia meno del flusso.
Alla luce di quanto detto si pu concludere che il polmone uno scambiatore di gas imperfetto: nelle zone in cui la
ventilazione relativamente scarsa si ha un flusso assoluto maggiore per cui il sangue relativamente ipercapnico e
ipossigenato a causa dello shunt contribuisce maggiormente al sangue arterioso di quanto fa quello proveniente
dallapice del polmone.
Negli ultimi anni si scoperto che piccoli rami dellarteria polmonare si costringono in presenza di ipossia (meno di
ipercapnia). Questo effetto riesce in un certo modo ad ovviare allo shunt che si crea nei polmoni
Durante lesercizio fisico il sangue che affluisce dalla parte apicale del polmone aumenta considerevolmente, in modo
che in queste zone lo spazio morto fisiologico si riduce e lefficienza dello scambio gassoso si avvicina al valore
ottimale.

TRASPORTO DELLOSSIGENO E DELLA CO
2

LEMOGLOBINA
Secondo la legge di Henry, considerando che il coefficiente di solubilit dellossigeno nel sangue 0,3mlO
2
/100 ml
sangue * 100 mmHg di PO
2
, soltanto 0,3 ml di O
2
si trovano disciolti in 100 ml di sangue arterioso mentre 0,12 ml di
O
2
si trovano disciolti nel sangue venoso.
65
Lossigeno fisicamente disciolto largamente insufficiente a sopperire alle necessit dellorganismo. Lestrazione
infatti di 5 ml di ossigeno su 100 di sangue, e non di 0,18 ml.
Tuttavia, grazie alla presenza dellemoglobina, per una data pressione parziale la quantit di ossigeno presente nel
sangue sensibilmente pi alta. A 100 mmHg di PO
2
ci sono circa 20 mlO
2
/100 ml di sangue.
Lemoglobina funziona come sistema tampone dellossigeno, legandolo in funzione della sua pressione parziale nel
modo caratteristico indicato dalla curva di saturazione. Sopra i
110 mmHg la saturazione del 100% e lemoglobina non pu
trasportare ulteriori quantitativi di ossigeno.
Nel sangue venoso la SpO
2
ancora del 75%, cio sono
presenti 15 mlO
2
/100 ml (la differenza appunto di 5 mlO
2
).
1 g di emoglobina capace di legare fino ad 1,34 ml O
2
. Di
conseguenza la quantit totale di ossigeno presente nel sangue
20 ml su 100 ml di sangue.
La forma della curva sigmoide. La parte alta della curva si
appiattisce perch il processo giunge a saturazione con
laumentare della PO
2
.
Alle basse PO
2
la velocit di saturazione aumenta
progressivamente. La parte pi ripida si osserva intorno ai 30
mmHg.
Le prime molecole di O
2
fanno invece pi fatica a legarsi,
poich quando un eme ha legato una molecola di ossigeno il legame delle successive pi agevole.
Con P
50
si indica la pressione parziale di ossigeno che consente il 50% di saturazione. Questo valore intorno ai 30 mm
Hg ed un indice importante dellaffinit dellemoglobina per lossigeno.
Diversi fattori possono influenzare la forma della curva di saturazione dellemoglobina:
1. Temperatura: se aumenta la temperatura la curva si sposta a destra: ci indica che laffinit per lossigeno
diminuisce. Ci implica che alla stessa PO
2
viene liberato pi ossigeno;
2. Effetto Bohr: indica uno spostamento della curva di dissociazione dellossiemoglobina in riposta a cambiamenti
della concentrazioni ematiche di anidride carbonica e di idrogenioni. Mentre il sangue attraversa i polmoni,
lanidride carbonica diffonde dal sangue negli alveoli. Si verifica cos una riduzione di PCO
2
ematica e, quindi, un
aumento del pH. Entrambi questi effetti producono uno spostamento della curva di dissociazione
dellossiemoglobina a sinistra e verso lalto. Pertanto la quantit di ossigeno che si combina con lemoglobina ad
ogni data pressione alveolare diventa sensibilmente maggiore, permettendo cos un maggiore trasporto di ossigeno
ai tessuti. Quando il sangue raggiunge i capillari sistemici si verifica esattamente lopposto.
3. 2-3 difosfoglicerato: in condizioni di ipossia protratta per pi di qualche ora, la quantit di DPG presente nel
plasma aumenta in modo considerevole, spostando verso destra la curva di dissociazione dellossiemoglobina.
Questo causa un rilascio di ossigeno ai tessuti ad una pressione che pu essere fino a 10 mmHg pi elevata di
quella che si avrebbe con normali concentrazioni di DPG.
4. Attivit fisica: durante lesercizio fisico, molti fattori provocano un considerevole spostamento della curva verso
destra. Innanzitutto i muscoli in attivit liberano una cospicua quantit di anidride carbonica: questo, in aggiunta al
rilascio di cataboliti acidi prodotti in seguito al lavoro muscolare, determina un aumento della concentrazione di
idrogenioni nel sangue dai capillari muscolari. Inoltre, nel muscolo in attivit la temperatura si alza di 2-3 C.
La mioglobina una proteina presente nei muscoli, miocardio compreso, che ha la funzione di deposito dinamico
dellO
2
: in caso di ipossia cede lossigeno ai tessuti ma quando lossigenazione normale essa capta ossigeno.
Ci dovuto al fatto che, a parit di PO
2
, lemoglobina meno satura della mioglobina avendo questultima unaffinit
maggiore per lossigeno.

DIFFUSIONE DELLOSSIGENO E DELLA CO
2
IN PERIFERIA
Quando il sangue arterioso raggiunge i tessuti periferici, la sua PO
2
nei capillari ancora pari a 95 mmHg. Nel liquido
interstiziale che circonda le cellule dei tessuti raggiunge un valore medio di 40 mmHg. Pertanto questa enorme
differenza di pressione iniziale provoca la rapida diffusione dellossigeno dal sangue nei tessuti, cos che la PO
2

capillare scende fino ad eguagliare quella di 40 mmHg del liquido interstiziale.
Se il flusso ematico in un determinato tessuto aumenta, aumenta anche la quantit di ossigeno trasportata in un dato
lasso di tempo in quel distretto e, in modo proporzionale, anche la PO
2
tissutale (che sar poi uguale a quella venosa,
che influir sulla regolazione della respirazione). Analogamente se per il loro metabolismo le cellule si trovano ad
utilizzare una quantit di ossigeno maggiore la PO
2
tessutale e, quindi, quella venosa tendono a diminuire. Anche in
questo caso sono quindi due i fattori la cui variazione determina uno spostamento del punto di equilibrio. E chiaro che
esso deve rimanere costante alla variazione di uno dei due fattori deve corrispondere un variazione anche dellaltro: si
tratta in sostanza di un meccanismo a feedback.
Per quanto riguarda la PO
2
intracellulare essa pu variare tra il limite inferiore di 5 mmHg e quello superiore di 40
mmHg, con un valore medio di 23 mmHg, anche se per sopperire appieno alle esigenze metaboliche della cellula
sarebbe sufficiente una pressione di ossigeno di soli 1-3 mmHg.
Per quanto riguarda lanidride carbonica essa in ogni punto della catena di trasporto dei gas diffonde nella direzione
opposta a quella della diffusione di ossigeno. Esiste, tuttavia, una differenza fondamentale tra i due gas: lanidride
carbonica pu diffondere con una velocit che circa 20 volte maggiore di quella dellossigeno. Pertanto, le differenze
66
di pressione che inducono la diffusione della CO
2
sono, in ogni istante, molto inferiori a quelle richieste per la
diffusione dellossigeno.


TRASPORTO DELLA CO
2
Anche lanidride carbonica, cos come lossigeno, si combina nel sangue con composti chimici che permettono di
aumentarne la capacit di trasporto di 15-20 volte.
A 40 mmHg la quantit di gas disciolta circa 2,4 ml/100ml mentre a 45 mmHg essa 2,7 ml/100ml. Pertanto ogni 100
ml di sangue solo circa 0,3 ml di anidride carbonica sono trasportati sotto forma di gas disciolto. Tale quantit
corrisponde, pi o meno, al 7% di tutta lanidride carbonica trasportata.
La gran parte dellanidride carbonica invece trasportata sotto forma di acido carbonico. La reazione di sintesi sarebbe
per lentissima se non fosse per il fatto che allinterno dei globuli rossi presente un enzima, denominato anidrasi
carbonica, che catalizza la reazione tra lanidride carbonica e lacqua, aumentandone di 5000 volte la velocit.
Ci permette a grandi quantit di anidride carbonica di reagire con lacqua contenuta nei globuli rossi ancor prima che il
sangue abbia lasciato i capillari tessutali.
In unaltra frazione di secondo, lacido carbonico si dissocia in ioni idrogeno e ioni bicarbonato. Molti degli ioni
idrogeno poi si combinano con lemoglobina nei globuli rossi in quanto lemoglobina stessa si comporta come un
potente tampone. Questi ioni idrogeno legati sono i responsabili delleffetto Bohr.
Gli ioni bicarbonato diffondono dai globuli rossi nel plasma in scambio con ioni cloro. Ci reso possibile dalla
presenza, nella membrana delleritrocita, di una speciale proteina di trasporto degli ioni cloro e bicarbonato.
Oltre a combinarsi con lacqua lanidride carbonica reagisce anche con i radicali amminici delle molecole di
emoglobina per formare un composto noto con il nome di carboaminoemoglobina (CO
2
Hb). Anche essa contribuisce
alleffetto Bohr. Una piccola quantit di CO
2
reagisce analogamente con le proteine plasmatiche. Come
carboaminocomposti trasportata in totale circa il 5/10 % dellanidride carbonica.
Cos come ne esiste una analoga per lossigeno, esiste una curva che associa la PCO
2
alla quantit totale di anidride
carbonica presente, nelle sue diverse forme, nel sangue.
La concentrazione di CO
2
nel sangue venoso di 52 volumi per cento mentre in quello arterioso di 48 volumi per
cento: questo significa che solo 4 volumi per cento vengono scambiati.
Cos come vero leffetto Bohr vero anche linverso: il legame dellossigeno con lemoglobina tende ad eliminare
lanidride carbonica dal sangue: la curva si sposta perci in basso e a destra. Questo effetto noto come effetto
Haldane.
Leffetto Haldane dovuto semplicemente al fatto che il legame dellossigeno con lemoglobina ne polmoni rende
lemoglobina pi acida, e ci a sua volta facilita leliminazione alveolare, con due meccanismi:
1. lemoglobina pi acida ha una minore tendenza a combinarsi con lanidride carbonica per formare
carbaminoemoglobina, liberando cos molta della CO
2
presente in tale forma;
2. laumentata acidit dellemoglobina provoca anche il rilascio, da parte di questa, di un maggiore numero di ioni
idrogeni che tendono a fare spostare lequilibrio acido carbonico/bicarbonato verso lacido carbonico il quale,
dissociandosi, riforma CO
2
.
La curva blu rappresenta il comportamento
dellemoglobina ai normali valori di PO
2
del sangue
venoso mentre la curva verde rappresenta gli effetti
dello spostamento della PO
2
, nei capillari polmonari, a
valori pi alti.
Se la curva non fosse spostata quando negli alveoli la
PCO
2
scende da 45 a 40 mmHg vi sarebbe una
variazione di CO
2
disciolta nel sangue di soli 2 volumi
su 100. Ma siccome, contemporaneamente, si verifica
anche uno spostamento della curva a causa delleffetto
Haldane, il contenuto di CO
2
nel sangue scende di altri
2 volumi (fino a 48 ml CO
2
/ 100 ml di sangue).
Una cosa da notare infine che aumentando la PCO
2

aumenta la CO
2
presente nel sangue senza che, come
avviene per lossigeno, si raggiunga ad un certo punto
una saturazione.

REGOLAZIONE DELLA RESPIRAZIONE

I NUCLEI RESPIRATORI
Nel bulbo del tronco encefalico sono presenti i nuclei respiratorio dorsale e ventrale. Il primo ha funzione inspiratoria, il
secondo invece controlla prevalentemente lespirazione.
Una caratteristica importante di questi due gruppi di neuroni linnervazione reciproca: quando uno attivato laltro
contestualmente inibito.
67
I neuroni del gruppo respiratorio dorsale si trovano nellambito del nucleo del tratto solitario. Nello stesso gruppo
terminano le fibre sensitive dei nervi vago e glossofaringeo che trasmettono al centro respiratorio i segnali sensoriali
provenienti dai chemocettori periferici (oltre che da altre strutture di minore importanza, come i barocettori).
Il ritmo basale del respiro ha origine principalmente nei neuroni del gruppo respiratorio dorsale. Infatti, anche dopo che
tutte le afferenze sono state interrotte, questo gruppo di neuroni continua ancora ad emettere scariche ripetititive
inspiratorie.
I neuroni del gruppo respiratorio ventrale restano quasi totalmente inattivi durante la normale respirazione tranquilla.
Quando invece si creano condizioni che spingono la ventilazione polmonare al di sopra del normale i neuroni di questo
gruppo stimolano potentemente i muscoli addominali durante lespirazione.
Il segnale nervoso che viene trasmesso ai muscoli inspiratori primari, come il diaframma, non costituito da una scarica
istantanea di potenziali dazione. Esso, nella respirazione normale, invece un segnale che allinizio molto debole, poi
per circa 2 secondi aumenta costantemente a livelli sempre pi alti, come una rampa, e infine cessa bruscamente per i
successivi 3 secondi, determinando la soppressione dei segnali eccitatori al diaframma.
Il segnale inspiratorio viene per questo motivo chiamato segnale a rampa ed ha il vantaggio di provocare un
progressivo aumento del volume e non inspirazioni spasmodiche.

CENTRI PNEUMOTASSICO, APNEUSTICO E RUOLO DEL VAGO
I due centri respiratori sono connessi al centro apneustico che si trova in corrispondenza dei peduncoli cerebellari medi
ed al centro pneumotassico che si trova superiormente a questultimo. Anche i nervi vaghi concorrono con un riflesso
alla regolazione della respirazione.
Per studiare i ruoli di queste tre componenti coinvolti nella regolazione della respirazione si possono:
tagliare i vaghi: in questo caso aumenta la profondit del respiro e diminuisce la frequenza respiratoria. Quindi
questi nervi, in condizioni fisiologiche, hanno lo scopo di ridurre la profondit della respirazione;
tagliare le connessioni del centro penumotassico con il sottostante nucleo apneustico: si verifica un aumento della
profondit del respiro. Se si tagliano anche i vaghi si verifica apneusi: latteggiamento inspiratorio mantenuto per
tempi lunghi. Ci implica che il centro pneumotassico ha un effetto inibitore sul centro apneustico limitando la
profondit del respiro la quale stabilita dal centro apneustico (chiamato cos proprio perch senza linibizione
vagale e quella del nucleo pneumotassico compare lapneusi).
tagliare la connessione dei nuclei inspiratorio ed espiratorio con i soprastanti nuclei apneustico e penumotassico: la
respirazione appare disordinata e sregolata.
Da questi esperimenti si evince che, mentre il centro respiratorio dorsale regola il ritmo respiratorio basale, il centro
apneustico agisce su di esso regolando la profondit del respiro. Il centro apneustico a sua volta regolato dal nucleo
pneumotassico e dai nervi vaghi mediante inibizione.
Il controllo del segnale inspiratorio a rampa ad opera del centro apneustico e si attua in due modi:
attraverso la regolazione della velocit di incremento del segnale, cos che nella ventilazione forzata la rampa sale
pi rapidamente;
mediante il controllo del punto di interruzione dellinspirazione. Questa la modalit con cui viene di solito
regolata anche la frequenza dellinspirazione: quanto prima cessa il segnale, tanto pi breve la durata
dellinspirazione, e ci determina per ragioni sconosciute anche un accorciamento dellintero ciclo respiratorio.
Il ruolo del centro pneumotassico quello di regolare il punto di interruzione del segnale inspiratorio a rampa, e quindi
la durata della fase di espansione del polmone. Quando lattivit del centro pneumotassico intensa, la durata della
inspirazione pu ridursi ad appena 0,5 secondi, riempiendo i polmoni solo lievemente, mentre quando i segnali dal
centro pneumotassico sono deboli il centro apneustico poco inibito e pu determinare una inspirazione continuata
anche per 5 secondi. La funzione del centro pneumotassico, quindi, fondamentalmente quello di limitare la durata
dellinspirazione. Questo per, come detto, anche in grado di modificare la frequenza basale di respirazione.
I vaghi, nel loro insieme, inibiscono la profondit del respiro con un riflesso detto di Hering-Breuer o riflesso
dellinflazione. Ci si attua perch durante linspirazione vengono messi in tensione dei recettori di stiramento i quali, a
loro volta, attivano in via riflessa uninibizione vagale sui muscoli inspiratori. Questo riflesso per comincia ad operare
solo per volumi correnti di 1/1,5 litri: non sicuro che operi anche in condizioni basali.
Tutte le afferenze alle strutture nervose sopraccitate sono in grado di modificare la respirazione.

CONTROLLO CHIMICO
Esiste un meccanismo riflesso che correla modificazioni dei gas del sangue con la ventilazione alveolare. Le strutture
deputate a questi riflessi sono i chemocettori. Ne esistono di due categorie:
Chemocettori periferici: si trovano nel glomo carotideo e in quello aortico e sono innervati dai nervi glossofaringeo
e vago. Le afferenze raggiungono il centro respiratorio bulbare e ne modificano lattivit. Essi sono sensibili alla
variazione della PO
2
, della PCO
2
e del pH. Si noti che lo stimolo adeguato non la concentrazione, ma la pressione
parziale.
I glomi carotidei ed aortici sono gli organi pi perfusi relativamente al peso dellorgano. Per sopperire alle loro
esigenze metaboliche essi utilizzano lossigeno disciolto nel sangue. Di conseguenza questi organi sono sensibili
solo alla PO
2
. Nellanemia, dove la quantit totale di ossigeno minore, la ventilazione non perci aumentata.
Per valori di PO
2
vicini alla norma la relazione Ventilazione/PO
2
non lineare: difatti solo per ipossie piuttosto
spinte lo stimolo proveniente dai chemocettori periferici si fa importante.
68
Invece questi recettori sono molto pi sensibili, anche a valori intorno alla normalit, a variazioni della PCO
2
tanto
che la stimolazione periferica dei recettori da parte di questo gas si attua allincirca cinque volte pi rapidamente
della stimolazione diretta centrale, il che permette una risposta pi rapida alla CO
2
, ad esempio allinizio di una
prestazione fisica;
Chemocettori centrali: esistono neuroni nelle vicinanze del centro respiratorio che sono sensibili alla PCO
2
.
Laumento della PCO
2
comporta un aumento della respirazione. La PO
2
non invece influente.
Gli effetti sui chemocettori centrali della PCO
2
in realt indiretto e dipende dal pH perch nel liquor i sistemi
tampone sono meno efficaci che nel sangue. Questo effetto particolarmente importante per ovviare ad un alcalosi
respiratoria. Leffetto diretto invece di secondaria importanza, soprattutto se paragonato a quello che si verifica
nei chemocettori periferici.


CONTROLLO NON CHIMICO
Afferenze non provenienti da chemocettori possono modificare la respirazione. Esse provengono da:
SNC: corteccia (modificazioni volontarie), sistema libico (paura)
Propriocettori: il movimento muscolare, persino passivo, stimola la ventilazione anche se non in maniera
quantitativamente rilevante. Nel lavoro muscolare si assiste ad unimponente polipnea ma non si sa quanto sia
dovuto a variazione della composizione del sangue e quanto allattivit dei propriocettori;
Afferenze dalle vie aeree superiori: stimolano il riflesso della tosse o dello starnuto;
Afferenze vagali dai recettori di inflazione;
Afferenze da barocettori (per sono molto meno importanti di quelle provenienti dai chemocettori).








69
SCHEMI DI FISIOLOGIA

REGOLAZIONE DEL PH

IL PH NELLORGANISMO
A valori fisiologici i valori di pH presenti nei diversi liquidi organici sono:
Succo gastrico a stomaco vuoto: 0,8 (0,15 mol/l)
Urina: 4,5-8
Plasma: Acidosi estrema: 7
Normale: 7,4
Alcalosi estrema: 7,7
Succo pancreatico: 8,0
Il sangue venoso un po pi acido a causa della presenza di una maggior quantit di acido carbonico anche se
comunque la gran parte degli idrogenioni che si liberano in seguito allaumentato valore di PCO
2
sono tamponati.
Il cambiamento del pH del sangue un problema per lorganismo poich lattivit enzimatica opera a valori di pH
molto ben definiti. Per questo il mantenimento del pH di 7,4 un processo regolato in modo molto fine.
Le cellule dei tubuli renali possono eliminare idrogenioni finch lurina raggiunge un pH di 4,5. In condizioni di
alcalosi lurina pu invece raggiungere un ph di 8. Normalmente il ph dellurina intorno a 6-6,5. Questo significa che
anche in condizioni fisiologiche lorganismo deve eliminare per via renale una certa quantit di composti acidi: ci
dovuto al fatto che il metabolismo fisiologico produce degli acidi.
Gran parte degli idrogenioni presenti nel plasma sono il risultato dellidratazione dellanidride carbonica.
Leliminazione polmonare di CO
2
normalmente consente allorganismo di eliminare un imponente carico di acido
poich eliminando la CO
2
lequazione sottostante si sposta a sinistra:
CO
2
+ H
2
O = H
2
CO
3
= H
+
+ HCO
3
-
Lacido carbonico un acido detto volatile, cio eliminabile con la respirazione. Per lorganismo produce anche
degli acidi non volatili che entrano in soluzione nel plasma e non possono essere eliminati se non per via renale.
Acido si pu ottenere dal metabolismo incompleto e in condizione di ipossia dei carboidrati (acido lattico) ma,
soprattutto, nel digiuno per formazione di corpi chetonici. Anche lingestione di proteine causa acidosi perch dal
catabolismo degli aminoacidi solforati si libera acido solforico.
Una piccola concentrazione di acidi non volatili si trova nel sangue anche in condizioni fisiologiche.
Gli organi che hanno a che fare con la regolazione del ph sono i polmoni per quanto riguarda gli acidi e le basi volatili
ed i reni che possono influenzare la composizione di entrambi i tipi di acidi e basi.
Lo studio dellequilibrio acido-base viene fatto a partire dal sangue arterioso perch solo l possibile stimare leffetto
dei polmoni e dei reni senza che il metabolismo cellulare possa influenzare i dati.

I TAMPONI
Il potere tampone di una soluzione dipende dal pk di quel tampone (cio dal pH di una soluzione contenenti uguali
quantit dellacido e del sale coniugato). La massima efficacia dei sistemi tamponi si ottiene ad intervalli di pH che
vanno da pk+1 a pk-1.
Se non ci fossero sostanze tampone nellurina il ph 4,5 verrebbe presto raggiunto e la secrezione di acidi si arresterebbe
presto. Invece gran parte dellacido viene legato dai tamponi che aumentano cos la quantit di ioni eliminati.
Le sostanze tamponi pi importanti sono le proteine plasmatiche e lemoglobina (la fisiologia degli scambi gassosi
legata alle caratteristiche acido/base dellemoglobina tramite leffetto Bohr-Haldane).
Le funzioni tampone delle proteine dipendono dal fatto che gli aminoacidi possono legare e liberare ioni idrogeno sia al
COO
-
terminale che allNH
3
+
terminale. Per quanto riguarda lemoglobina la funzione tampone pi importante
rappresentata dai gruppi istidinici.
Un altro tampone importante rappresentato dal bicarbonato di sodio, il cui pK 6,1. La funzione tampone dellacido
carbonico/bicarbonato per meno importante di quella dellultimo sistema tampone del sangue: il tampone fosfato, il
cui pK 6,8.
Si noti che lequazione che lega il pH al rapporto acido/base, per quanto riguarda il tampone bicarbonato, pu essere
espressa come:
pH = pK + [HCO
3
-
]/uPCO
2
Dove u la costante di solubilit dellanidride carbonica. Poich uPCO
2
non esattamente uguale a [H
2
CO
3
] il valore
pK si discosta leggermente da quello del pK. La variabile HCO
3
-
regolata direttamente dal rene, la PCO
2
dai polmoni.
E chiaro che per entrambe le variabili non solo influenzano, ma subiscono, il valore di pH del sangue.

EFFETTO SU BICARBONATI E CO2 DI ALCALOSI E ACIDOSI
Nel caso di un acidosi da acidi fissi (acidosi metabolica), che pu essere dovuta sia ad uniperproduzione che ad un
deficit di escrezione renale, allora a parit di PCO
2
parte dei bicarbonati si legano agli idrogenioni liberi ed il pH
diminuisce. In questo caso per il polmone pu compensare, almeno parzialmente, eliminando una maggior quota di
anidride carbonica.
70
Se si rileva una PCO
2
bassa ma un pH normale ci significa che vi stata una compensazione di un acidosi metabolica.
Nel caso di compenso di unalcalosi metabolica, invece, la PCO
2
aumentata rispetto al normale.
Gli stati di alcalosi e acidosi possono anche non essere metabolici ma dovuti ad un problema respiratorio (accumulo di
CO
2
). Come si pu anche vedere dal grafico, un aumento della PCO
2
determina sia una diminuzione del pH che una
diminuzione di bicarbonato.
In caso di insufficienza respiratoria il compenso renale e dipende al fatto che cos come il pH modifica la ventilazione,
esso in grado di modificare la funzionalit renale: aumenta la secrezione di acidi. Il pH si riporta su valori normali ma
i bicarbonati alla fine sono aumentati.
Una condizione opposta si verifica nellalcalosi respiratoria: in alta montagna, a causa dellipossia, si verifica un
importante stimolo alla ventilazione. Per nello stesso tempo aumenta la PO
2
. Il meccanismo compensatorio renale
opposto: il pH raggiunge i valori normali con labbassamento della concentrazione dei bicarbonati.

71
SCHEMI DI FISIOLOGIA

LAPPARATO GASTROINTESTINALE

LA MOTILITA GASTROINTESTINALE

PRINCIPI GENERALI
La bocca e il terzo prossimale dellesofago hanno nella loro parete muscolatura striata. Poi fino allo sfintere esterno
dellano la muscolatura presente nelle pareti del tubo gastroenterico costituita da fasci di muscolatura liscia.
Nello strato muscolare longitudinale questi fasci si estendono longitudinalmente lungo il tubo gastrointestinale mentre
nello strato circolare si dispongono intorno ad esso. Allinterno di ciascun fascio le fibre muscolari sono connesse tra
loro attraverso un gran numero di giunzioni comunicanti che oppongono solo una scarsa resistenza al movimento di ioni
cosicch i potenziali bioelettrici possono facilmente essere trasmessi da una fibra allaltra.
Ciascun fascio di fibre separato da quello adiacente da tessuto connettivo lasso ma i fasci si fondono lun laltro in
molti punti, in modo che, in realt, ciascun strato muscolare costituito da un reticolo di fasci di muscolatura liscia
funzionando pertanto come un sincizio: quando si origina un potenziale di azione in un qualsiasi punto della massa
muscolare esso generalmente si trasmette in tutte le direzioni allinterno di questa.
Inoltre esistono punti di connessione tra lo strato muscolare longitudinale e quello circolare cosicch leccitazione di
uno dei due strati di solito si trasmette anche allaltro in modo che lattivazione o linibizione riguardano
contemporaneamente larghi tratti di muscolatura.
La muscolatura liscia dellapparato gastrointestinale presenta unattivit elettrica pressoch continua, a volte assai lenta,
ma che tende a manifestare due tipi fondamentali di onde:
Onde lente: queste onde non sono potenziali dazione ma variazioni ondulanti lente del potenziale di riposo la cui
intensit varia tra i 5 e i 15 mV e la cui frequenza intorno alle 10 al minuto. La causa delle onde lente non
conosciuta. Tuttavia si ipotizza che possano essere dovute ad una lenta oscillazione dellattivit della pompa
Na
+
/K
+
. Le onde lente di per s non causano direttamente contrazione, tranne che nello stomaco;
Potenziali a punta: sono i veri potenziali dazione. Si generano automaticamente quando, grazie alle onde lente, il
potenziale di membrana di riposo della muscolatura liscia gastrointestinale si sposta oltre il livello di 40 mV (il
potenziale di riposo compreso tra i 50 e 60 mV). E quanto pi sale il potenziale delle onde lente al di sopra di
questo livello, tanto maggiore la frequenza dei potenziali a punta (di media compresa fra 1 e 10 al secondo).
I potenziali delle fibrocellule dellapparato gastrointestinale durano pi a lungo di quelli delle fibre nervose perch i
canali responsabili di questi potenziali oltre al sodio fanno entrare anche calcio. I canali calcio-sodio inoltre si
chiudono pi lentamente dei normali canali del sodio;
Oltre ai due tipi di onde sopra citati, pu anche avere luogo una variazione di livello del voltaggio del potenziale di
riposo della membrana.
I fattori che determinano una depolarizzazione della membrana, che si traducono in una maggiore eccitabilit sono:
1. distensione della muscolatura: pi la massa del contenuto del tubo grande, pi distende le pareti e pi le stimola a
contrarsi;
2. stimolazione da parte dellacetilcolina;
3. stimolazione parasimpatica, che libera acetilcolina (si tenga conto che il parasimpatico in particolare stimola
lattivit digestiva);
4. stimolazione da parte dei vari ormoni gastrointestinali.
I fattori che al contrario iperpolarizzano la membrana, inibendo la motilit gastrointestinale, sono:
1. leffetto delladrenalina o della noradrenalina sulla membrana muscolare;
2. la stimolazione del simpatico, che libera noradrenalina alle sue terminazioni periferiche (in generale quando vi
stimolazione del simpatico la digestione viene rallentata affinch le risorse possano essere concentrate sui sistemi
di emergenza).
Si tenga presente che lattivit dei due sistemi, parasimpatico e simpatico, opposta sulla muscolatura degli sfinteri (il
parasimpatico stimola il rilasciamento mentre il simpatico induce la contrazione).
Alcune parti della muscolatura liscia del tubo gastrointestinale, oltre a contrazioni ritmiche o in sostituzione di esse,
presentano una contrazione tonica. A volte essa causata da serie di potenziali a punta e tanto maggiore la loro
frequenza, tanto maggiore il grado della contrazione. Altre volte pu essere dovuta ad ormoni o ad altri fattori che
producono una depolarizzazione continua della membrana del muscolo liscio senza provocare potenziali dazione.
Infine unulteriore causa di contrazione tonica rappresentata dallingresso continuo di calcio allinterno della fibra.
I movimenti dellapparato digerente sono fondamentalmente di due tipi:
1. Movimenti di propulsione: fanno avanzare il materiale alimentare nel tubo digerente ad una velocit idonea e sono
particolarmente importanti nellesofago. La peristalsi il movimento di propulsione di base del tubo digerente.
Essa inizia quando si forma un anello di contrazione lungo la circonferenza del tubo il quale poi si propaga in
avanti. Il materiale che si trova di fronte a questo anello viene spinto in avanti per 5-10 cm prima che la contrazione
si estingua. Nello stesso tempo, la parete intestinale pu rilassarsi in un tratto posto diversi centimetri pi a valle
(rilasciamento recettivo).
72
Questa complesso procedimento di contrazione a monte e rilasciamento a valle organizzato dal plesso
mioenterico ed perci chiamato riflesso mioenterico.
La stimolazione di una zona qualsiasi del tubo digerente capace di dare origine ad un anello di contrazione. In
particolare, lo stimolo usuale per la peristalsi la distensione.
La peristalsi in teoria pu attuarsi in entrambe le direzioni a partire dal punto stimolato. Tuttavia la contrazione si
estingue rapidamente in senso orale, probabilmente perch il plesso mioenterico polarizzato in direzione anale.
Il riflesso mioenterico, insieme con la progressione oro-anale del movimento della peristalsi, costituisce la
cosiddetta legge dellintestino;
2. Movimenti di rimescolamento: provvedono a rimescolare continuamente il contenuto gastrointestinale. Questi
movimenti hanno caratteristiche diverse nelle differenti parti del tubo digerente. In alcune di esse, sono le stesse
contrazioni peristaltiche a causare in massima parte il rimescolamento (es. se la progressione bloccata da uno
sfintere, come nello stomaco). Altre volte contrazioni costrittive locali interessano il tubo digerente ad intervalli
regolari che durano pochi secondi e sono poi seguite da altre analoghe contrazioni in punti diversi. Queste
contrazioni sono dette di segmentazione.

CONTROLLO NERVOSO E ORMONALE
Il tubo digerente possiede un suo sistema nervoso intrinseco, il sistema nervoso enterico, che si estende senza
interruzione dallesofago fino allano.
Il sistema enterico costituito principalmente da due plessi; uno esterno, situato tra lo strato longitudinale e quello
circolare della muscolatura del tubo digerente, chiamato plesso mioenterico di Auerbach, e uno interno, detto plesso
sottomucoso, o di Meissner, che si trova nello sottomucosa. Il plesso mioenterico controlla principalmente i movimenti
gastrointestinali mentre il plesso sottomucoso regola soprattutto lattivit secretoria del tubo digerente e il flusso
sanguigno locale.
I principali effetti della stimolazione del plesso mioenterico sono:
1. aumento del tono della parete intestinale;
2. aumento di intensit delle contrazioni ritmiche;
3. lieve aumento della frequenze del ritmo di contrazione;
4. aumento della velocit di conduzione delle onde di eccitazione lungo la parete intestinale e conseguente pi rapida
propagazione delle onde peristaltiche.
Il plesso mioenterico contiene anche neuroni inibitori, il cui neurotrasmettitore forse il VIP (peptide intestinale
vasoattivo). Lattivit di questi neuroni quella di fare rilasciare gli sfinteri.
Il sistema enterico inoltre connesso anche alle fibre del simpatico e del parasimpatico. Lintervento di questi due
sistemi pu influenzare fortemente le funzioni gastrointestinali, sia in senso inibitorio che eccitatorio, nonostante il
plesso mioenterico abbia una sua funzione autonoma.
Linnervazione parasimpatica craniale (fino alla met del colon trasverso) fornita quasi interamente da fibre
pregangliari dei nervi vaghi. Linnervazione parasimpatica sacrale invece costituita da neuroni pregangliari che
origina dal 2, 3 e 4 segmento sacrale e che decorrono nei nervi pelvici.
I neuroni postgangliari del parasimpatico sono situati principalmente nei plessi mioenterico e sottomucoso, e la
stimolazione dei nervi parasimpatici provoca un aumento di attivit di tutto il sistema nervoso enterico.
Le fibre simpatiche originano dal midollo spinale nel tratto compreso tra T5 e L2. Le fibre gangliari attraversano le
catene paravertebrali senza interrompervisi e raggiungono i gangli prevertebrali celiaco e mesenterico dove contraggono
sinapsi coi neuroni postgangliari. Le fibre di questi ultimi, seguendo i vasi sanguigni, si distribuiscono a tutti i segmenti
del tubo digerente, terminando principalmente sui neuroni del sistema nervoso enterico.
In generale la stimolazione del simpatico inibisce lattivit del tubo digerente, esercitando effetti opposti a quelli del
parasimpatico. Il simpatico esercita i suoi effetti non tanto per effetto diretto delladrenalina sulle fibrocellule quanto
piuttosto agendo sul sistema nervoso enterico.
I riflessi gastrointestinali, essenziali per il controllo delle funzioni del tubo digerente, sono di tre diversi tipi:
1. Riflessi che si attuano totalmente nellambito del sistema nervoso enterico: controllano secrezioni, peristalsi,
rimescolamento ed altre manifestazioni funzionali del sistema gastrointestinale;
2. Riflessi che vanno dal tubo digerente ai gangli prevertebrali e di nuovo allapparato gastrointestinale: sono riflessi
che si realizzano mediante segnali trasmessi a distanza da una porzione allaltra del tubo. Esempi sono il riflesso
gastrocolico, che origina dallo stomaco e provoca levacuazione del colon in conseguenza del riempimento dello
stomaco oppure i riflessi enterogastrici che, originati dal tenue o dal crasso, vanno ad inibire lattivit motoria e
secretoria dello stomaco quando nel duodeno sono presenti sostanze alimentari, oppure ancora segnali originati dal
colon che inibiscono lo svuotamento del contenuto ileale nel colon stesso. Si noti che siccome questo tipo di riflessi
si attuano mediante lattivit simpatica essi devono essere per forza inibenti;
3. Riflessi che partono dal tubo digerente, giungono al midollo spinale o al tronco dellencefalo, e ritornano
allapparato digerente: possono essere riflessi che originano dal duodeno e dallo stomaco e che controllano
lattivit motoria e secretoria gastrica ma anche riflessi che originano da stimoli dolorifici e che inducono
inibizione generale oppure i riflessi per la defecazione.
Molti ormoni hanno un importante funzione nel controllo della motilit gastrointestinale. I pi importanti sono:
1. Colecistochinina: viene secreta principalmente dalle cellule I della mucosa del duodeno e del digiuno in risposta
alla presenza di grassi nel contenuto intestinale. Ha un potente effetto stimolante la contrattilit della cistifellea e un
effetto moderato di inibizione della motilit gastrica cosicch insieme allo svuotamento della cistifellea si ha anche
ritenzione di materiale dello stomaco per lasciare un adeguato periodo di tempo di digestione dei grassi nel tenue;
73
2. Secretina: viene secreta dalle cellule S della mucosa del duodeno in risposta al succo gastrico acido che viene
evacuato dallo stomaco attraverso il piloro. Ha un modico effetto inibitore sulla motilit della gran parte del tubo
gastrointestinale;
3. Peptide inibitore gastrico: secreto dalla mucosa della parte prossimale del tenue soprattutto in risposta alla
presenza di grassi o proteine. Ha un debole effetto repressivo sullattivit motoria dello stomaco e pertanto ne
rallenta lo svuotamento dal momento che la parte prossimale del tenue gi sovraccarica.
Lapparato gastroenterico possiede infine anche uninnervazione sensitiva le cui fibre possono essere attivate da stimoli
particolari quali lirritazione della mucosa o la distensione del tubo: in questo caso insorge il dolore. La manipolazione,
il taglio e la bruciatura sono per praticamente indolori.

PROGRESSIONE E RIMESCOLAMENTO NEI VARI SEGMENTI DEL SISTEMA DIGERENTE
Poich il grado di rimescolamento necessario del materiale alimentare e la velocit di propagazione richiesta nei vari
stadi del processo digestivo variabile, vari meccanismi automatici a feedback, nervosi ed umorali, provvedono a
regolarli in modo che avvengano nella misura ottimale. La velocit con cui di media il cibo progredisce nel tubo
enterico variabile ma si va dai 20/30 cm/s dellesofago ai pochi cm/s dellintestino.

Masticazione: per quanto riguarda la masticazione c da distinguere tra la funzione di taglio del cibo dalla vera e
propria triturazione che effettuata da denti che hanno una superficie di occlusione pi ampia (molari e premolari) e
che, a causa degli effetti della leva di III genere con larticolazione temporo-mandibolare come fulcro, esercitano la
massima forza.
I nervi motori implicati in questo processo sono la componente motoria del glossofaringeo, lipoglosso, il faciale e,
soprattutto, il trigemino.
La masticazione una mescolanza tra un fenomeno riflesso ed un fenomeno volontario perch essa attivata
volontariamente ma poi prosegue a causa di un processo involontario.
La componente involontaria della masticazione potrebbe essere dovuta ad una catena di riflessi mandibolari alternati
di apertura e chiusura. Secondo questa teoria, la presenza del bolo alimentare nella bocca determina dapprima
linibizione riflessa dei muscoli elevatori della mandibola che perci improvvisamente si abbassa. Lo stiramento della
mandibola promuove a sua volta un riflesso di stiramento dei muscoli elevatori che causa la loro contrazione, portando
cos di nuovo in alto la mandibola. La conseguente chiusura della bocca comprime il bolo alimentare contro le parete
del cavo orale evocando di nuovo labbassamento della mandibola e cos via.
La masticazione importante specialmente per la frutta e la verdura crude le quali contengono membrane cellulosiche
indigeribili che incapsulano componenti nutritive e che devono essere rotte perch queste ultime possano essere
utilizzate.

Deglutizione: La deglutizione viene generalmente distinta in tre fasi:
1. Fase volontaria o linguale: quando il materiale alimentare pronto per essere deglutito esso viene volontariamente
spinto nel retrobocca dalla pressione esercitata dalla lingua in alto e allindietro contro il palato;
2. Fase faringea: quando il bolo viene spinto volontariamente nel retrobocca esso provoca la stimolazione di aree
recettoriali della deglutizione, che circondano lapertura della faringe e sono situate specialmente sui pilastri
tonsillari, dando origine ad impulsi originati dal nucleo truncale della deglutizione, che avviano una serie di
contrazioni automatiche della muscolatura faringea:
a. Il palato molle viene sollevato in alto per chiudere la rinofaringe ed impedire cos il reflusso di materiale
alimentare nelle cavit nasali;
b. I pilastri palatofaringei vengono tesi ed avvicinati in modo da formare una fessura sagittale che il cibo deve
attraversare per passare nella parte posteroinferiore della faringe. Questa fessura ha una funzione selettiva poich fa
passare solo il cibo adeguatamente masticato;
c. Nella laringe le corde vocali sono fortemente addotte. Inoltre, losso ioide e la laringe vengono tirati in alto e in
avanti dalla contrazione dei muscoli del collo provocando il ribaltamento dellepiglottide sullapertura superiore
della laringe. Questi eventi impediscono che il cibo possa spingersi nelle vie aeree;
d. Lo spostamento in alto della laringe induce anche stiramento ed allargamento dellapertura dellesofago. Nello
stesso tempo, i primi 3-4 cm dellesofago si rilasciano, permettendo cos al cibo di passare agevolmente dalla parte
inferiore della faringe alla parte superiore dellesofago. Questo primo tratto del canale esofageo costituisce lo
sfintere esofageo superiore. Esso, nel tempo intercorrente tra le deglutizioni, rimane in forte contrazione tonica
impedendo cos lingresso di aria nellesofago durante la respirazione;
e. Il muscolo costrittore superiore della faringe si contrae dando origine ad una rapida onda peristaltica che si
propaga ai muscoli costrittore medio ed inferiore di modo che il cibo sia spinto lungo lesofago.
La fase faringea essenzialmente un atto riflesso, stimolato dalla presenza di cibo in aree particolarmente sensibili,
prima fra tutte quella dei pilastri tonsillari. Lintera fase faringea della deglutizione si svolge in meno di due
secondi e perci interrompe la respirazione per poco. Durante questo periodo il centro della deglutizione inibisce
specificatamente il centro respiratorio del bulbo.
3. Fase esofagea: normalmente lesofago presenta due tipi di attivit peristaltica: peristalsi primaria e peristalsi
secondaria. La prima semplicemente una continuazione dellonda peristaltica che ha origine nella faringe durante
la fase faringea della deglutizione e si propaga allesofago. Questa onda passa dalla faringe allo stomaco in circa 10
secondi, ma se il soggetto in posizione eretta il bolo raggiunge lo stomaco prima dellarrivo dellonda peristaltica
grazie al contributo della forza della gravit.
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Se londa peristaltica primaria non riesce a far passare nello stomaco tutto il materiale alimentare che era entrato
nellesofago, si generano onde peristaltiche secondarie tramite il sistema nervoso enterico sollecitato dalla
distensione dellesofago provocata dal cibo rimasto in esso.
La muscolatura della faringe e del terzo superiore dellesofago striata e perci le onde peristaltiche in queste
regioni sono controllate da impulsi nervosi somatici trasmessi dai nervi glossofaringeo e vago. Nelle altre porzioni
dellesofago la muscolatura liscia, ma anche queste zone sono sotto stretto controllo dei nervi vaghi che agiscono
attraverso le loro connessioni con il sistema nervoso enterico.
Allestremit inferiore dellesofago, circa 2-5 cm al di sopra della giunzione con lo stomaco, la muscolatura
circolare ha funzione di sfintere (sfintere gastroesofageo o cardias). Questa regione non differisce anatomicamente
dal resto dellesofago ma tuttavia essa rimane tonicamente contratta a differenza del resto della muscolatura che
invece normalmente rilasciata. Questo meccanismo impedisce il reflusso gastroesofageo.
Un altro fattore che impedisce il reflusso un meccanismo a valvola che interessa la piccola parte dellesofago
situata nelladdome. Un aumento della pressione addominale aumenta la pressione intragastrica ma, nello stesso
tempo, schiaccia le pareti dellesofago occludendolo. Questa chiusura impedisce che ad ogni aumento di pressione
nello stomaco (espirazione energica o colpo di tosse) corrisponda un reflusso.

Stomaco: le funzioni motorie dello stomaco obbediscono a tre finalit:
1. Accumulo: di norma quando il cibo entra nello stomaco la muscolatura parietale del corpo dello stomaco ha un tono
piuttosto basso a causa di un riflesso vagale che ne provoca il rilasciamento. In questo modo lo stomaco riesce ad
ospitare un volume che pu arrivare ad 1,5 litri;
2. Rimescolamento: quando lo stomaco si riempito si manifestano deboli onde di contrazione, dette onde di
rimescolamento, che ogni 20 secondi circa percorrono il viscere in direzione dellantro. Queste onde sono sostenute
dalle onde lente che con questa frequenza si verificano spontaneamente nella parete gastrica. Nella gran parte del
tubo digerente queste onde non provocano contrazione se su di esse non si originano potenziali a punta, ma nello
stomaco i loro picchi si elevano al di sopra del potenziale deccitazione anche in assenza dei potenziali a punta.
Queste onde sono importanti sia per il rimescolamento del contenuto dello stomaco sia per farne progredire il
contenuto attraverso il piloro. Tuttavia, poich lapertura pilorica molto stretta (e la forza di contrazione del piloro
aumenta anche in seguito allavvicinarsi dellonda peristaltica), soltanto pochi millimetri di contenuto gastrico
attraversano il piloro ad ogni onda mentre il resto proiettato indietro.
Oltre alle onde di rimescolamento si possono osservare anche contrazioni da fame, le quali insorgono quando lo
stomaco vuoto da molto tempo.
3. Svuotamento gastrico: per la maggior parte del tempo le contrazioni gastriche sono deboli e, come detto in
precedenza, servono essenzialmente per rimescolare il cibo. Tuttavia per circa 1/5 del tempo di permanenza del
cibo nello stomaco esse si fanno molto intense e, iniziando a livello dellincisura angolare, si propagano verso
lantro come energiche onde ad anello. Man mano che lo svuotamento dello stomaco procede questi anelli iniziano
sempre pi in alto nello stomaco in modo da prelevare via le ultime parti del cibo.
Quando il tono pilorico normale per ciascuna delle forti contrazioni antrali vengono spinti nel duodeno diversi
millimetri di chimo. Pertanto queste onde esercitano unazione che viene spesso chiamata pompa pilorica.
La velocit con cui lo stomaco si svuota regolata da segnali provenienti sia dallo stomaco che dal duodeno, da
questultimo in maniera pi rilevante.
Un aumento del volume del materiale alimentare nello stomaco ne accelera lo svuotamento, non tanto per un
aumento della pressione intragastrica (dal momento che lo stomaco ha unalta compliance), quanto piuttosto per
leffetto di stiramento delle pareti il quale esalta la pompa pilorica e rilascia lo sfintere pilorico. Lo stiramento delle
pareti gastriche determina anche il rilascio di gastrina, che ha un potente effetto stimolante la secrezione di acido
cloridrico. Essa ha inoltre un moderato effetto stimolante le funzioni motorie.
Quando il contenuto gastrico entra nel duodeno, vari riflessi prendono origine dalle pareti duodenali e vanno ad
agire sullo stomaco. Questi riflessi possono seguire le tre vie sopraelencate (locali, via gangli prevertebrali, spinali)
e hanno leffetto di inibire le contrazioni propulsive antrali e di aumentare lievemente il tono dello sfintere pilorico.
I fattori che possono evocare simili riflessi comprendono:
Il grado di distensione del duodeno;
Qualsiasi fattore irritativo della mucosa gastrica;
Il grado di acidit del chimo duodenale: ogni volta che il pH scende sotto il valore di 3,5-4 i riflessi
gastroenterici vengono evocati rapidamente;
Il grado di osmolarit del chimo;
Lo svuotamento gastrico inibito non solo da riflessi nervosi ma anche da ormoni liberati dalla porzione
prossimale dellintestino tenue. Gli ormoni vengono poi trasportati con il sangue allo stomaco.
Lo stimolo per la secrezione di questi ormoni rappresentato prevalentemente dai grassi che entrano nel duodeno.
Questi effetti sono importanti perch i grassi, per essere digeriti, richiedono molto pi tempo della maggior parte
degli altri alimenti.
Il pi potente ormone sembra in tal senso essere la colecistochinina (CCK) che secreta dal digiuno in risposta alla
presenza nel chimo di sostanze grasse. Essa agisce bloccando con meccanismo di inibizione competitiva laumento
di attivit gastrica indotto dalla gastrina.
Altro ormone importante la secretina, che viene liberata principalmente dalla mucosa duodenale in risposta al
succo acido proveniente dallo stomaco attraverso il piloro.
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Infine il peptide inibitore gastrico (GIP), liberato dal tenue prossimale quando sono presenti grassi, ma anche
carboidrati, ha un effetto depressore sulla motilit gastrica. Tuttavia sembra che a condizioni fisiologiche il suo
effetto principale sia piuttosto quello di stimolare la produzione di insulina da parte del pancreas.
In generale la velocit di svuotamento dipende dal cibo ingerito: un pasto glucidico richiede solo due ore mentre un
pasto proteico richiede 4 ore ed addirittura 5/6 ore richiede un pasto lipidico.

Intestino tenue: come in altre parti del canale digerente, i movimenti dellintestino tenue possono essere distinti in
movimenti di rimescolamento e di propulsione. Tuttavia tutti i movimenti del tenue comportano, almeno in qualche
misura, sia rimescolamento che propulsione.
Quando un tratto di tenue viene disteso dal chimo che esso contiene vengono evocate delle contrazioni concentriche e
distanziate lungo questo tratto. Ognuna di queste contrazioni si estende longitudinalmente per appena un cm in modo
che esse abbiano leffetto di segmentare il contenuto dellintestino. Appena una serie di contrazioni termina ne compare
una nuova serie in punti interposti tra quelli della serie precedente. Queste contrazioni tagliano la colonna di chimo con
una frequenza di 2-3 volte al minuto determinando cos un progressivo rimescolamento.
La frequenza massima delle contrazioni di segmentazione stabilita dalla frequenza delle onde lente, che di circa 12
al minuto. Tuttavia le contrazioni possono essere cos numerose solo se la stimolazione intensa e quindi se ogni onda
lenta supera la soglia di eccitazione d origine ad un potenziale a punta
Il chimo viene spinto verso il tenue da onde peristaltiche. Queste possono insorgere da ogni parte del tenue e, come
detto, sono sempre dirette in senso oro-anale. Esse di solito sono lente e si esauriscono a breve distanza sicch la
progressione netta del chimo lungo il tenue di appena 1 cm al minuto. Ci significa che da 3 a 5 ore sono necessarie
affinch il chimo percorra lintero tenue.
Lattivit peristaltica del tenue aumenta fortemente dopo un pasto. Ci dovuto in parte al riflesso gastroenterico che,
avviato dalla distensione dello stomaco e trasmesso mediante il plesso mioenterico, si propaga lungo la parete del tenue.
Oltre ai segnali nervosi anche diversi fattori ormonali possono per esercitare un effetto stimolante la peristalsi: essi
sono gastrina, CCK, insulina e serotonina. Al contrario glucagone e secretina inibiscono la motilit del tenue.
Giunto a livello della valvola ileocecale, il chimo viene bloccato finch il soggetto non ingerisce un altro pasto. A quel
punto un altro riflesso gastroenterico, detto riflesso gastroileale, non viene ad intensificare la peristalsi per sospingere il
chimo residuo nel crasso.
La valvola ileocecale una struttura la cui funzione principale quella di evitare il rigurgito di materiale fecale dal
colon al tenue. I lembi della valvola ileocecale difatti protrudono nel cieco e si chiudono automaticamente quando esso
si riempie. Lo sfintere ileocecale resta normalmente un poco costretto, in modo tale da rallentare lo svuotamento
dellileo nel cieco, salvo subito dopo un pasto, quando si verifica il riflesso gastroileale. Questa resistenza allo
svuotamento attraverso la valvola ileocecale prolunga la permanenza del chimo nellileo, favorendo lassorbimento.
Solo circa 1500 ml di chimo intestinale passano nel cieco nelle 24 ore.
Il grado di contrazione dello sfintere ileocecale anche controllato efficacemente da riflessi in partenza dal cieco. Ogni
volta che si verifica una distensione del cieco per accumulo di materiale, si intensifica la contrazione dello sfintere
ileocecale, mentre la peristalsi ileale viene inibita, ritardando cos fortemente ogni ulteriore passaggio di chimo
nellileo.

Colon: le funzioni del colon sono lassorbimento di acqua e di elettroliti dal chimo ed il contenimento del materiale
fecale fino al momento della sua espulsione. La met prossimale del colon ha principalmente il compito
dellassorbimento e la met distale quella di contenere le feci. Poich per queste funzioni non serve unintensa attivit
motoria, i movimenti del colon sono di solito molto lenti:
1. Movimenti di rimescolamento: come nel tenue si hanno movimenti di segmentazione, cos anche nel colon si
producono grandi anelli di contrazione. Queste contrazioni combinate delle fibre muscolari lisce circolari e di
quelle longitudinali fanno s che i tratti inattivi del colon si distendano dando luogo a formazioni sacciformi, dette
austrazioni. Queste presentano a volte lenti spostamenti in direzione anale, soprattutto nella prima parte del colon,
contribuendo seppur in scarsa misura alla propulsione del contenuto del colon;
2. Movimenti di propulsione: oltre alle contrazioni australi descritte in precedenza i movimenti di massa provvedono
alla propulsione del materiale che si trova nel colon.
La maggior parte delleffetto propulsivo nel cieco e nel colon ascendente dovuto alle lente ma persistenti
contrazioni australi, che impiegano da 8 a 15 ore per spingere il chimo solo dalla valvola ileocecale al colon
trasverso. Dal colon trasverso al sigma la funzione propulsiva viene assunta dai movimenti di massa. Di solito
questi movimenti si verificano poche volte al giorno.
Un movimento di massa caratterizzato da una serie di eventi: in primo luogo si forma un anello di costrizione in
un tratto del colon iperdisteso od irritato, di solito nel colon traverso. Subito dopo un tratto che si estende dal punto
di contrazione a 20 o pi cm pi a valle si contrae come una sola unit ed il suo contenuto viene spinto in massa gi
lungo il colon. Una volta iniziata la contrazione si completa in circa 30 secondi, seguita da rilasciamento nei
successivi 2 o 3 minuti, prima che intervenga unaltra contrazione.
Le serie complete di movimenti di massa di solito persistono per tempi da 10 a 30 minuti per poi ricomparire mezza
o una giornata dopo. Quando per effetto di questi movimenti una massa fecale viene sospinta nel retto, insorge il
bisogno di defecare.
La comparsa dei movimenti di massa dopo i pasti facilitata dai riflessi gastrocolico e duodenocolico.

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Defecazione: per la maggior parte del tempo il retto non contiene feci. Ci in parte dovuto allesistenza di un debole
sfintere funzionale circa 20 cm a monte dellano, alla giunzione tra sigma e retto. Inoltre a questo livello esiste una netta
angolazione che ostacola il passaggio delle feci.
Quando per insorge un movimento di massa che spinge il materiale fecale nel retto e la pressione raggiunge i 10
mmHg insorge normalmente il bisogno di defecare.
Una continua fuoriuscita di materiale attraverso lano impedita dalla contrazione tonica dello sfintere interno dellano
costituito da muscolatura liscia (essendo uno sfintere il parasimpatico ne determina rilasciamento ed il simpatico
contrazione) e dallo sfintere esterno costituito da muscolatura striata, sotto il controllo di fibre volontarie del nervo
pudendo: perch la defecazione possa avvenire necessario che esso sia volontariamente rilasciato.
Ordinariamente la defecazione avviata da meccanismi riflessi. Quando le feci entrano nel retto, la distensione della
parete rettale d origine a segnali afferenti che si propagano attraverso il plesso mioenterico e generano onde
peristaltiche nel colon discendente, nel sigma e nel retto che spingono le feci verso lano. Quando londa peristaltica si
avvicina allano, lo sfintere interno viene inibito da segnali nervosi inibitori e, se lo sfintere esterno volontariamente
rilasciato, avr luogo la defecazione.
Questo riflesso di defecazione intrinseco di solito debole ed insufficiente per scatenare la defecazione e deve perci
essere rinforzato da un altro tipo di riflesso, il riflesso parasimpatico di defecazione, che coinvolge i segmenti sacrali del
midollo spinale.
Questi segnali parasimpatici intensificano fortemente le onde peristaltiche ed al tempo stesso fanno rilasciare lo sfintere
interno dellano trasformando il riflesso di defecazione intrinseco in un potente meccanismo di espulsione delle feci che
talvolta, in un solo atto, capace di provocare lo svuotamento del grosso intestino per tutto il tratto compreso tra linizio
del colon discendente e lano.
I segnali afferenti che dal retto giungono al midollo danno origine, inoltre, ad altri effetti, come espirazione forzata a
glottide chiusa e contrazione dei muscoli addominali; nello stesso tempo si ha una trazione del pavimento pelvico
sullano verso lesterno e verso lalto in modo da favorire la fuoriuscita delle feci.

REGOLAZIONE DEL FLUSSO SANGUIGNO GASTROINTESTINALE

Normalmente il flusso sanguigno nei differenti distretti del tubo gastrointestinale, come pure in ciascun strato della
parete, direttamente correlato al livello di attivit locale.
Ci dovuto, in primo luogo, al fatto che varie sostanze ad azione vasodilatatrice sono liberate dalla mucosa del tubo
gastrointestinale durante il processo digestivo. La maggior parte di questi sono ormoni peptidici, tra cui la
colecistochinina, il VIP, la gastrina e la secretina.
In secondo luogo, alcune delle ghiandole gastrointestinali, nello stesso tempo in cui secernono i loro prodotti nel lume,
liberano anche due chinine (callidina e bradichinina) che sono potenti vasodilatatori.
Infine una ridotta concentrazione di ossigeno nella parete gastroenterica pu aumentare il suo flusso sanguigno di
almeno il 50%.
Una stimolazione delle fibre parasimpatiche che innervano lo stomaco o il colon distale aumenta il flusso sanguigno
locale ed al tempo stesso la secrezione ghiandolare.
Una stimolazione del simpatico ha, invece, un effetto diretto sul tubo enterico producendo unintensa vasocostrizione
delle arteriole. Tuttavia, dopo alcuni minuti, il flusso torna alla norma perch i metaboliti che sono stati liberati in
seguito allipossia prendono il sopravvento sulla regolazione nervosa.
La vasocostrizione simpatica del tubo gastrointestinale ha la fondamentale importanza di permettere di dirottare, per
brevi periodi di tempo, il flusso da questo distretto alla muscolatura scheletrica ed al cuore quando essi sono impegnati
in un esercizio fisico imponente. Questo meccanismo altres importante in condizione di shock.
Infine c da ricordare che anche lapparato gastroenterico presenta il fenomeno dellautoregolazione: quando aumenta
il gradiente pressorio artero-venoso si assiste ad un aumento del flusso che per poi diventa pi contenuto dellatteso. Il
meccanismo serve a garantire che il flusso sia per un certo grado indipendente dalla pressione arteriosa.

LE FUNZIONI SECRETORIE DEL TUBO DIGERENTE

ASPETTI GENERALI E REGOLAZIONE
Lungo tutto il tubo digerente sono disseminate ghiandole la cui attivit provvede a due funzioni primarie: la secrezione
di enzimi digestivi e la secrezione di sostanze lubrificanti e protettive (muco).
La secrezione regolata in maniera che i succhi digestivi vengano secreti solo in risposta alla presenza di materiale
alimentare nel tubo digerente, in proporzione alla quantit richiesta per unadeguata digestione. Inoltre, in alcuni
componenti dellapparato gastrointestinale, il tipo di enzimi e di altri costituenti dei succhi secreti variano a seconda del
tipo di alimenti presenti.
Dopo che le cellule hanno prodotto le vescicole secretive, esse rimangono immagazzinate fino a quando segnali nervosi
o di natura ormonale non provocano la loro liberazione. Ci probabilmente dovuto allaumentata permeabilit delle
cellule per il calcio il quale induce lesocitosi.
Unulteriore esigenza, perch possa aver luogo il processo digestivo, che unitamente alle sostanze organiche venga
secreta una quantit di acqua ed elettroliti. Ci si attua grazie al fatto che la stimolazione nervosa provoca un effetto
specifico di trasporto di ioni cloro dalla membrana basolaterale allinterno della cellula. Laumento di elettronegativit
provoca un entrata di ioni positivi e, per osmosi, di acqua. Lelevata pressione endocellulare determina delle
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minutissime soluzioni di continuit nella superficie secretoria della cellula, attraverso le quali sfuggono nel lume
ghiandolare acqua ed elettroliti.
Lazione meccanica del materiale alimentare presente in un determinato segmento del canale digerente provoca di solito
nelle ghiandole di quella regione, e spesso nelle regioni limitrofe, una secrezione pi o meno marcata di succhi
digestivi. Parte di questo effetto locale dipende dalla stimolazione diretta delle cellule ghiandolari superficiali per il
contatto con il materiale alimentare.
Inoltre, la stimolazione dellepitelio attiva anche il sistema nervoso enterico (in particolare plesso sottomucoso,
deputato al controllo delle funzioni secretive) della parete del tubo digerente.
Per quanto riguarda lazione del sistema nervoso vegetativo la stimolazione dei nervi parasimpatici destinati al canale
digerente provoca quasi sempre un aumento dellattivit secretoria delle ghiandole. Ci avviene in particolar modo per
le ghiandole dei segmenti prossimali del canale digerente e per quelle della porzione distale del crasso. Nel resto del
tenue e nei primi due terzi del crasso la secrezione si attua prevalentemente in risposta a stimoli nervosi locali ed a
stimoli ormonali.
La stimolazione del simpatico determina in alcune parti del canale digerente un lieve o moderato aumento dellattivit
secretoria. La stimolazione del simpatico provoca tuttavia anche costrizione dei vasi che irrorano le ghiandole. Perci
leffetto del simpatico pu essere duplice: la sola stimolazione simpatica di solito provoca un lieve aumento della
secrezione, ma se il simpatico viene stimolato nel corso di unabbondante secrezione (promossa dal parasimpatico o da
altri fattori) questa di solito subisce una riduzione per via della riduzione dellirrorazione sanguigna.
Per quanto riguarda infine la regolazione ormonale nello stomaco e nellintestino vari ormoni gastrointestinali
intervengono nella regolazione (sia quantitativa che qualitativa). In risposta alla presenza di sostanze alimentari nel
lume gastrointestinale questi ormoni vengono liberati dalla mucosa e quindi assorbiti e trasportati in circolo. Questo tipo
di stimolazione specialmente efficace per incrementare la secrezione del succo gastrico e del succo pancreatico,
quando le sostanze alimentari permangono rispettivamente nello stomaco e nel duodeno. Inoltre, lazione ormonale
sulle pareti della cistifellea induce questa a riversare nel duodeno la bile.

SECREZIONE SALIVARE
La secrezione salivare varia tra gli 800 ed i 1500 ml al giorno e la ghiandola che ne produce di pi la
sottomandibolare.
La saliva composta da due tipi principali di secrezioni:
Una secrezione sierosa contenente ptialina (una u-amilasi), lisozima con azione antibatterica ed IgA.
Una secrezione mucosa contenente mucina che ha unazione lubrificante e protettiva delle superfici epiteliali.
Le parotidi sono ghiandole secernenti solamente saliva sierosa, mentre le sottomascellari e le sottolinguali producono
entrambi i tipi di saliva. La saliva ha un ph compreso tra 6 e 7, un valore ottimale per lazione della ptialina.
Per quanto riguarda la presenza di ioni la saliva contiene una quantit particolarmente abbondante di potassio e
bicarbonato mentre la quantit di sodio e cloro decisamente pi bassa che nel plasma. Queste peculiarit sono dovute
al meccanismo di secrezione della saliva.
La secrezione salivare avviene in due fasi: la prima si attua a livello degli acini, la seconda dei dotti salivari.
Gli acini attuano la cosiddetta secrezione primaria, la quale contiene ptialina e mucina in una soluzione di ioni a
concentrazioni simili a quelle del plasma. Via via che la secrezione passa attraverso i dotti gli ioni sodio vengono
attivamente riassorbiti in scambio con gli ioni potassio (alla fine solo 15 mEq/litro di sodio e ben 30 mEq/litro di
potassio).
Per il fatto che il riassorbimento di sodio risulta in eccesso rispetto alla secrezione di potassio, si genera nei dotti salivari
una elettronegativit di circa -70 mV, la quale promuove il riassorbimento di cloro.
In secondo luogo vengono secreti attivamente ioni bicarbonato.
Normalmente la saliva risulta essere alla fine ipotonica rispetto al plasma.
Durante una salivazione massimale le concentrazioni ioniche della saliva variano considerevolmente perch il suo
flusso lungo i dotti si fa troppo veloce perch la composizione del secreto possa modificarsi completamente. La
soluzione diventa inoltre quasi isosmotica rispetto al plasma.
In caso di eccessiva somministrazione di aldosterone invece il riassorbimento di sodio e cloro da una parte, e la
secrezione di potassio dallaltra, aumentano fortemente al punto che la concentrazione di cloruro di sodio nella saliva
pu ridursi quasi a zero.
Per quanto riguarda i meccanismi di controllo le ghiandole salivari sono principalmente sotto il controllo di segnali
nervosi parasimpatici provenienti dai nuclei salivatori superiori ed inferiori del tronco encefalico. Questi vengono
eccitati da afferenze sia gustative che tattili ma anche da segnali provenienti dalla corteccia come ad esempio il
semplice pensiero del cibo.
La secrezione salivare pu essere stimolata anche mediante riflessi che partono dallo stomaco e dalle porzioni
prossimali dellintestino, in particolare dopo ingestione di cibi molto irritanti o per qualche disturbo gastroenterico che
provoca nausea.
Anche una stimolazione simpatica pu controllare in qualche misura la secrezione salivare regolando il flusso
sanguigno che giunge alle ghiandole: in particolare una sua stimolazione provoca vasocostrizione e quindi produzione
di una saliva pi concentrata. Essa inoltre aumenta in qualche misura il flusso.




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SECREZIONE ESOFAGEA E GASTRICA
La secrezione esofagea interamente di tipo mucoso e serve principalmente come lubrificante nel processo della
deglutizione. Invece il muco secreto in prossimit del cardias serve a proteggere la mucosa dallazione digestiva del
succo gastrico in caso di riflusso esofageo.
Per quanto riguarda lo stomaco, oltre a cellule secernenti muco che tappezzano la superficie dello stomaco, la mucosa
gastrica possiede due diversi tipi di ghiandole tubulari: le ghiandole gastriche e le ghiandole piloriche.
1. Ghiandole gastriche: una tipica ghiandola gastrica costituita da tre differenti tipi di cellule: le cellule mucose del
colletto, le cellule principali che secernono pepsinogeno e le cellule parietali che producono acido cloridrico e
fattore intrinseco (essenziale per lassorbimento della vitamina B12). Nel succo gastrico vengono secreti in piccola
quantit anche altri enzimi, fra cui una lipasi gastrica, una amilasi gastrica ed una gelatinasi (scinde alcuni
proteoglicani della carne).
Le cellule principali secernono pepsinogeno, un proenzima privo di attivit digestiva. Tuttavia non appena il
pepsinogeno viene a contatto con lacido cloridrico si trasforma in pepsina. La pepsina neoformata a sua volta, con
un meccanismo a feedback positivo, catalizza la trasformazione del pepsinogeno.
La pepsina un enzima proteolitico (oltre che antibatterico) che lavora in ambiente fortemente acido. Perci, per la
digestione gastrica delle proteine, la secrezione di acido cloridrico ha unimportanza pari a quella della pepsina.
Le cellule parietali attivate secernono una soluzione che ha pH di circa 0,8 contenente perci una concentrazione di
idrogenioni che tre milioni di volte maggiore di quella del sangue arterioso.
La struttura di base di una cellula parietale provvista di un sistema di canalicoli intracellulari. Lanidride
carbonica formata dallattivit metabolica della cellula si combina con gli ioni ossidrile a formare ioni bicarbonato
e idrogenioni. Il bicarbonato diffonde dalla cellula al liquido extracellulare in scambio con gli ioni cloro che
saranno secreti, insieme agli ioni idrogeno, nel canalicolo. Il meccanismo attraverso cui ci avviene il seguente:
gli ioni cloro vengono attivamente trasportati dal citoplasma della cellula al lume del canalicolo, in scambio col
sodio. Si genera un potenziale che determina il fluire di ioni potassio. Gli ioni idrogeno vengono poi attivamente
secreti nel canalicolo in scambio con il potassio e gli ioni sodio sono riassorbiti da una distinta pompa del sodio
mentre lacqua fluisce nel canalicolo per osmosi.
2. Ghiandole piloriche: le ghiandole piloriche sono costituite in prevalenza da cellule mucose del tutto simili alle
cellule del colletto delle ghiandole gastriche. Le ghiandole piloriche secernono anche la gastrina, un ormone che ha
un ruolo chiave nella regolazione della secrezione gastrica.
3. Cellule mucose superficiali: la superficie della mucosa gastrica, interposta tra le ghiandole, possiede uno strato
continuo di cellule mucose le quali secernono grandi quantit di un particolare tipo di muco, molto pi viscoso dei
precedenti. Questo muco, che praticamente insolubile, forma uno strato che tappezza la muscosa costituendo uno
scudo protettivo oltre che un sistema di lubrificazione. Unaltra caratteristica di questo muco lalcalinit. Perci,
in condizioni normali, la parete dello stomaco non direttamente esposta alla secrezioni acide proteolitiche.
La secrezione gastrica non ha solo scopo digestivo ma ha anche la funzione di cambiare le caratteristiche chimiche e
fisiche del chilo in maniera che quando il chimo passa nel duodeno esso pi simile ai liquidi dellorganismo per
quanto concerne la pressione osmotica e la diluizione. Materiale ipertonico pu raggiungere al massimo il duodeno, ma
nel digiuno il chimo iso-osmotico e ci dovuto comunque in gran parte allo stomaco.
Per quanto riguarda la regolazione della secrezione dobbiamo distinguere tra acido e pepsinogeno.
Le cellule parietali funzionano in sinergia con un altro tipo di cellule, le cellule enterocromaffini, la cui funzione
primaria quella di produrre istamina, una sostanza che stimola fortemente la secrezione di acido. Le cellule
enterocromaffini a loro volta possono essere stimolate a liberare istamina con diversi meccanismi. Lo stimolo pi
importante rappresentato dalla gastrina. Anche lacetilcolina del vago o altre sostanze quali la nicotina, la caffeina, la
teina e numerosi farmaci sono in grado di stimolare la secrezione di acido cloridrico.
La gastrina prodotta dalle cellule G delle ghiandole piloriche quando un pasto ricco di carne o di altri cibi proteici
raggiunge lantro dello stomaco. Lacidit gastrica (ph < 3 a stomaco vuoto, 4,5 a stomaco pieno grazie alla presenza
del cibo) a sua volta, con un meccanismo a feedback negativo, blocca la secrezione di gastrina nonch la stessa
secrezione gastrica agendo direttamente sulle cellule parietali.
La regolazione della secrezione del pepsinogeno molto meno complessa di quella della secrezione di acido. Essa si
attua in risposta alla stimolazione di acetilcolina liberata da parte delle terminazioni vagali o dal plesso enterico locale
oppure in risposta allacido presente nello stomaco.
La secrezione gastrica si attua in tre fasi distinte:
1. Fase cefalica: la fase cefalica della secrezione gastrica inizia ancor prima che il cibo arrivi nello stomaco e dipende
da stimoli centrali come la vista del cibo. Gli stimoli vengono trasmessi allo stomaco mediante i nuclei dorsali dei
vaghi;
2. Fase gastrica: la presenza del cibo nello stomaco, come detto, stimola la secrezione di gastrina che a sua volta
stimola la secrezione di HCl;
3. Fase intestinale:
1. la presenza di materiale alimentare nellintestino tenue evoca un riflesso enterogastrico che, trasmesso
attraverso il plesso nervoso intrinseco o attraverso le fibre simpatiche e vagali, inibisce la secrezione gastrica;
2. la presenza nel tenue di acidi, di grassi, di prodotti di degradazione delle proteine, di liquidi ad osmolarit
troppo alta o troppo bassa o di qualsiasi fattore irritativo determina la liberazione di vari ormoni intestinali.
Uno di questi la secretina che tra laltro ha anche un effetto inibente sulla secrezione gastrica. Oltre alla
secretina effetto inibente hanno anche il peptide inibitore gastrico, il VIP e la somatostatina.
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Durante il periodo interdigestivo, cio quando scarsa o non si svolge affatto lattivit digestiva in alcun settore del
tubo digerente, lo stomaco secerne pochi millilitri di succo gastrico per ora. Per, nel corso di forti stati digestivi, la
secrezione interdigestiva aumenta spesso di 50 ml/ora o pi.

SECREZIONE PANCREATICA
Il pancreas produce enzimi digestivi attraverso gli acini pancreatici, mentre ioni bicarbonato sono prodotti dai piccoli e
grandi dotti che si dipartono dagli acini. Il succo che deriva dallunione di questi due secreti passa successivamente in
dotti pi grandi e da questi in un lungo dotto pancreatico principale (dotto di Wirsung), che di solito si unisce al
coledoco immediatamente prima di svuotarsi nel duodeno attraverso la papilla di Vater, circondata dallo sfintere di
Oddi.
Il succo pancreatico contiene enzimi per la digestione di tutte e tre le classi di alimenti nonch notevoli quantit di ioni
bicarbonato che hanno un ruolo importante nel neutralizzare il chimo acido che lo stomaco riversa nel duodeno:
enzimi proteolitici: tripsina e chimotripsina che scindono proteine integre o parzialmente digerite in piccoli peptidi
e la carbossipeptidasi che invece scindono i peptidi in singoli aminoacidi, completando cos la digestione di gran
parte delle proteine. Gli enzimi proteolitici sono sintetizzati dal pancreas in forma inattiva: la tripsina attivata da
un enzima proteolitico, la enterochinasi, liberato dalla mucosa intestinale quando il chimo viene a contatto con
questa. La tripsina a sua volta attiva le altre proteasi.
Come ulteriore meccanismo di controllo affinch la tripsina non si attivi prima di essere giunta nel duodeno le
stesse cellule che la sintetizzano producono allo stesso tempo l inibitore della tripsina che ne impedisce
lattivazione nel pancreas o nelle vie secretici;
per i carboidrati lenzima digestivo rappresentato dallamilasi pancreatica;
per la digestione dei grassi i principali enzimi sono la lipasi pancreatica, che idrolizza i grassi neutri formando acidi
grassi e monogliceridi, la colesterolo esterasi che idrolizza gli esteri del colesterolo e la fosfolipasi che stacca gli
acidi grassi dei fosfolipidi.
lacqua e gli ioni bicarbonato (sotto forma di bicarbonato di sodio) vengono secreti principalmente dalle cellule
dellepitelio dei dotti principali e secondari. Quando il pancreas stimolato a produrre grandi quantit di succo, la
concentrazione di ioni bicarbonato pu salire fino a 145 mEq/litro, corrispondente approssimativamente a 5 volte
quella del plasma.
I tre principali stimoli responsabili della secrezione pancreatica sono i seguenti:
lacetilcolina;
la colecistochinina, che viene secreta dalla mucosa duodenale e dalla parte prossimale di quella digiunale quando il
chimo entra nel tenue;
la secretina, che viene secreta dalla stessa mucosa duodenale quando chimo fortemente acido entra nel tenue.
Lacetilcolina e la colecistochinina stimolano le cellule acinose del pancreas molto pi delle cellule duttali, per cui
mediano la secrezione di un succo ricco di enzimi digestivi ma relativamente povero di acqua e bicarbonato. La
secretina al contrario stimola principalmente le cellule duttali mentre non ha quasi effetto sulla secrezione enzimatica.
Quando tutti e tre i fattori agiscono contemporaneamente leffetto molto maggiore della somma degli effetti delle
singole sostanze a testimonianza del fatto che tra loro si stabilisce un sinergismo.
Analogamente a quanto avviene nello stomaco, anche nel pancreas la secrezione avviene in tre fasi: cefalica, gastrica e
intestinale:
Fase cefalica: durante la fase cefalica della secrezione pancreatica, gli stessi segnali nervosi che provocano la
secrezione nello stomaco inducono anche la liberazione di acetilcolina dalle terminazioni vagali del pancreas. La
secrezione enzimatica abbastanza forte ma non quella di acqua per cui solo poco succo pancreatico fluisce dai
dotti pancreatici allintestino;
Fase gastrica: quando il cibo raggiunge lo stomaco la secrezione di enzimi pancreatici continua per anche in
questo caso poco succo pancreatico raggiunge il duodeno perch esso secco;
Fase intestinale: dopo che il chimo entrato nel tenue, la secrezione pancreatica si fa abbondante soprattutto in
risposta alla secrezione di secretina e colecistochinina (mentre in precedenza gli effetti erano mediati
dallacetilcolina).
Il pi potente stimolo che induce la liberazione di secretina lacido cloridrico. Essa promuove la produzione di
grandi quantit di acqua e bicarbonato in modo che la soluzione sia neutralizzata e il ph sia ottimale per il
funzionamento degli enzimi digestivi. Lanidride carbonica che si forma viene riassorbita dal sangue ed eliminata
con lespirazione.
La liberazione di colecistochinina stimolata specialmente dalla presenza di proteasi e peptoni, da prodotti della
digestione parziale delle proteine, da acidi grassi e, in minor quantit, ancora dallacido cloridrico.

SECREZIONE BILIARE
La bile svolge due importanti funzioni:
1. ha un ruolo molto importante nella digestione e nellassorbimento dei grassi, non perch contenga qualche enzima
che digerisce i grassi ma perch gli acidi biliari in essa contenuti facilitano lemulsione delle grandi particelle di
grasso in molte piccole particelle che possono pi facilmente essere attaccate dalle lipasi pancreatiche e perch
facilitano il trasporto alla mucosa intestinale e lassorbimento attraverso questa dei prodotti terminali della
digestione dei grassi;
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2. funge da mezzo di escrezione di prodotti che devono essere rimossi dal sangue, tra cui in particolare la bilirubina e
la quantit in eccesso del colesterolo sintetizzato dalle cellule epatiche.
La bile secreta dagli epatociti che la riversano nei minuscoli canalicoli biliari che a loro volta confluiscono nei dotti
biliari. Nel decorso attraverso questi dotti, alla bile iniziale si aggiunge una seconda secrezione costituita da una
soluzione di bicarbonato di sodio. Questa secrezione addizionale delle cellule epiteliali che rivestono i dotti stimolata
dalla secretina, con leffetto di far affluire nel tenue altri ioni bicarbonato che si aggiungono a quelli del succo
pancreatico nel neutralizzare lacido proveniente dallo stomaco.
La capacit massima della colecisti di appena 30-60 ml ma la secrezione biliare di 12 ore (450 ml) pu essere
immagazzinata dalla colecisti grazie al fatto che la maggior parte degli elettroliti vengono riassorbiti dalla mucosa (e,
per osmosi, anche lacqua riassorbita) per cui gli altri costituenti della bile (sali biliari, colesterolo, lecitina e
bilirubina) vengono concentrati.
Quando cominciano i processi digestivi anche la colecisti comincia a svuotarsi. Lo stimolo di gran lunga pi potente nel
suscitare le contrazioni della colecisti (funzione colagolica) lormone colecistochinina. Oltre ad essa la colecisti
stimolata, seppur in minor grado, da fibre colinergiche provenienti sia dal vago che dal sistema nervoso enterico.
Se il pasto privo o povero di grassi la colecisti si svuota in misura molto modesta, ma quando sono presenti adeguate
quantit di grassi essa si svuota completamente in circa unora.
La componente pi importante della bile costituita dai sali biliari, derivati dal colesterolo: essi si formano dagli acidi
corrispondenti coniugati con gli aminoacidi glicina e taurina e salificati o col sodio o col potassio. Gli acidi biliari sono
quattro: lacido colico e lacido desossicolico coniugati con glicina o taurina (di sodio o di potassio). Una volta
raggiunto lintestino essi vengono trasformati dalla flora batterica in acido desossicolico e litocolico.
I sali esercitano sulle particelle dei grassi alimentari unazione detergente, ossia ne abbassano la tensione superficiale,
facendo s che durante il rimescolamento intestinale esse si frammentino in minuti globuli di grasso.
La seconda loro funzione, anche pi importante, consiste nella capacit che hanno i sali biliari di promuovere
lassorbimento intestinale di acidi grassi, monogliceridi e colesterolo. Questo dovuto al fatto che essi formano micelle
assai solubili che vengono traghettate fino alla mucosa intestinali dove poi i lipidi vengono assorbiti.
Approssimativamente il 94% dei sali biliari viene riassorbito dallintestino e, attraverso il sangue portale, giungono al
fegato dove sono riassorbiti e riciclati. Essi quindi in media ripercorrono lintero circuito 18 volte (2/3 volte per ogni
pasto) prima di essere eliminati con le feci.

SECREZIONE DEL TENUE
Un numeroso ordine di ghiandole mucose composte, le ghiandole di Brunner, presente nei primi centimetri del
duodeno, principalmente tra il piloro e la papilla di Vater, dove la bile e il succo pancreatico si riversano nel duodeno.
Queste ghiandole secernono muco sia in risposta a stimoli diretti, tattili o irritativi, della mucosa oppure per
stimolazione vagale o per leffetto di ormoni gastrointestinali, specialmente la secretina.
La funzione del muco secreto dalle ghiandole di Brunner consiste nel proteggere la parete del duodeno dallazione
digestiva del succo gastrico. Queste ghiandole vengono inibite dopo stimolazione simpatica, per cui una tale
stimolazione pu lasciare il bulbo duodenale sprovvisto di protezione ed esporlo al rischio di ulcera peptica.
Sulla superficie dellintestino tenue esistono delle piccole cavit dette cripte. Queste cavit si trovano tra i villi
intestinali e la superficie epiteliale che ricopre entrambe le strutture e sono costituite da due tipi di cellule: le cellule
caliciformi mucipare e gli enterociti.
Gli enterociti in particolare producono un volume di secrezione intestinale di quasi due litri al giorno. Questa secrezione
costituita da liquido extracellulare pressoch puro ad un ph leggermente alcalino. Essa viene poi riassorbita ad opera
dei villi. Una tale circolazione di liquido dalle cripte ai villi costituisce un adeguato veicolo acquoso per lassorbimento
delle sostanze alimentari.
La secrezione del tenue non contiene praticamente enzimi. Tuttavia, le cellule epiteliali della mucosa contengono
enzimi digestivi che, presumibilmente, operano una digestione di materiali alimentari durante il loro assorbimento
attraverso lepitelio. Questi enzimi sono:
varie peptidasi capaci di scindere piccoli peptidi in amminoacidi;
enzimi capaci di scindere disaccaridi in monosaccaridi (saccarasi, maltasi, isomaltasi, lattasi);
una lipasi intestinale che scinde grassi neutri in glicerolo ed acidi grassi.
Il meccanismo di gran lungo pi importante nella regolazione della secrezione del tenue costituito da diversi riflessi
nervosi locali, specialmente da riflessi evocati da stimoli tattili (o irritativi) in modo che tanto pi abbondante il
chimo, tanto maggiore la secrezione. Tuttavia anche alcuni stessi ormoni che promuovono la secrezione in altre parti
del tubo digerente stimolano anche la secrezione del tenue, specialmente la secretina e la colecistochinina.

SECREZIONE DEL CRASSO
Nellintestino crasso la secrezione in grande prevalenza rappresentata da muco.
Nel crasso il muco protegge la parete intestinale da escoriazioni, ma per la sua propriet adesiva serve anche a tenere
insieme il materiale fecale in forma solida. Inoltre il muco costituisce una barriera che impedisce agli acidi di attaccare
la parete intestinale.
La secrezione di muco regolata principalmente dalla stimolazione tattile diretta delle cellule caliciformi nella
superficie della mucosa e da riflessi mioenterici locali. Per anche la stimolazione dei nervi pelvici (parasimpatico
sacrale) produce un forte aumento di secrezione mucosa.
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Ogni volta che un segmento del crasso soggetto a forte irritazione, come accade spesso in corso di enteriti, la mucosa
comincia a secernere, oltre al normale muco vischioso ed alcalino, grandi quantit di acqua ed elettroliti. Ci serve a
diluire i fattori irritanti ed a provocare un rapido movimento del materiale fecale verso lano. Ne consegue di solito
diarrea.

LA FISIOLOGIA DEL FEGATO

Le funzioni del fegato possono essere distinte in:
1. Funzioni vascolari di riserva e di filtrazione del sangue: attraverso i sinusoidi epatici passano ogni minuto circa
1050 ml di sangue provenienti dal sistema portale ed altri 300 ml provenienti dallarteria epatica; per cui il flusso
complessivo medio di circa 1350 ml, corrispondenti a circa il 27% della gittata cardiaca a riposo.
Poich il fegato un organo espansibile, una cospicua quantit di sangue pu essere immagazzinata nei suoi vasi
sanguigni. Il volume di sangue normalmente contenuto nel fegato circa il 10% del volume totale di sangue.
Tuttavia, quando la pressione nellatrio destro aumenta, questo aumento pressorio si ripercuote sulle vene del
fegato, che di conseguenza si espande e riesce ad accogliere nelle vene e nei sinusoidi epatici da 0,5 ad 1 l in pi.
Il sangue che passa attraverso i capillari del tubo enterico assume molti batteri dallintestino. Le cellule di Kuppfer
esercitano in modo estremamente efficiente unazione depuratrice del sangue durante il suo passaggio attraverso i
sinusoidi. Grazie a questo sistema probabilmente non pi dell1% dei batteri che entrano nel sangue portale
dellintestino riesce a passare attraverso il fegato nel circolo sistemico.
2. Funzioni metaboliche del fegato: nel metabolismo dei carboidrati il fegato esplica le seguenti funzioni specifiche:
a. Deposito di glicogeno,
b. Conversione del galattosio e del fruttosio in glucosio,
c. Gliconeogenesi,
d. Formazione di molti composti importanti a partire da prodotti intermedi del metabolismo glucidico.
Il fegato ha un ruolo particolarmente importante nel mantenimento della normale concentrazione di glucosio nel
sangue: questa funzione del fegato viene anche detta funzione tampone per il glucosio.
Il metabolismo dei lipidi pu essere attuato in tutte le cellule dellorganismo; tuttavia alcune funzioni metaboliche a
carico dei lipidi si svolgono prevalentemente nel fegato:
a. Ossidazione rapida degli acidi grassi per fornire energia per altre funzioni corporee;
b. Formazione della maggior parte delle lipoproteine;
c. Sintesi di grandi quantit di colesterolo e fosfolipidi;
d. Conversione in grassi di grandi quantit di carboidrati e proteine.
Lorganismo non pu rinunciare allopera del fegato per quanto concerne il metabolismo delle proteine. Le pi
importanti funzioni del fegato sono in tal senso:
a. Desaminazione degli aminoacidi: la desaminazione pu aver luogo, in misura minore, anche in altri tessuti
corporei, in particolare nei reni; ma la percentuale di desaminazione extraepatica tanto bassa da essere
quasi irrilevante;
b. Formazione di urea, per rimuovere lammoniaca dai liquidi corporei;
c. Formazione di proteine del plasma;
d. Linterconversione tra i differenti aminoacidi ed altri composti importanti per i processi metabolici
dellorganismo.
Infine, altre funzioni metaboliche del fegato sono:
a. Deposito di vitamine, in particolare di vitamina A;
b. Il fegato produce, in presenza di vitamina K, la gran parte dei costituenti del sangue necessari al processo
della coagulazione;
c. Deposito di ferro sotto forma di ferritina: gli epatociti possiedono molta apoferritina che capta la ferritina
che dovesse aver legato ferro presente in eccesso. Il fegato in tal senso opera una funzione di tampone sui
livelli ematici di ferritina satura di ferro;
d. Detossificazione ed eliminazione di sostanze quali i farmaci o gli ormoni.
3. Funzioni escretorie: molte sostanze vengono escrete nella bile e poi eliminate con le feci. Una di queste la
bilirubina, un pigmento che rappresenta un prodotto terminale della degradazione dellemoglobina. Una volta
raggiunto lintestino, circa la met della bilirubina viene convertita, principalmente per azione batterica, in
urobilinogeno che viene in parte riassorbito nel sangue. Quasi tutto lurobilinogeno viene di nuovo escreto dal
fegato con la bile mentre una piccola parte viene eliminato con lurina.

DIGESTIONE ED ASSORBIMENTO DELLE SOSTANZE NUTRITIZIE

ASPETTI GENERALI
Lo stomaco ha una scarsa capacit di assorbimento perch privo di membrane assorbenti del tipo dei villi ed anche
perch le cellule epiteliali sono unite da giunzioni serrate. Solo alcune sostanze liposolubili, come lalcool ed alcuni
farmaci, possono essere assorbiti in piccola quantit.
La superficie assorbente della mucosa intestinale raggiunge i 250 metri quadrati per lintero tenue grazie alla presenza
combinata di valvole conniventi (plicature della mucosa), villi e microvilli.
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La sezione trasversa di un villo presenta numerose piccole vescicole pinocitosiche: piccole quantit di sostanze vengono
assorbite con questo processo. Lassorbimento per avviene in massima parte per trasferimento di singole molecole per
trasporto attivo o semplice diffusione.

LA DIGESTIONE DEGLI ALIMENTI
Carboidrati
I carboidrati della dieta sono quasi tutti polisaccaridi o disaccaridi. In questa forma gli zuccheri non possono essere
assorbiti e devono perci prima essere scissi in monosaccaridi.
Durante la masticazione il cibo viene mescolato con la saliva, la quale contiene lenzima ptialina (u-amilasi) che
idrolizza lamido (soprattutto se cotto) formando maltosio ed altri piccoli polimeri del glucosio. Perch questo processo
avvenga particolarmente importante che il cibo sia adeguatamente masticato.
Tuttavia il cibo rimane nella bocca e nello stomaco prima che in esso si riversi lacido per un tempo troppo breve perch
la ptialina possa compiere completamente il suo compito e cos solo poco pi di un terzo dellamido convertito in
maltosio (ovviamente questa frazione varia col tempo di masticazione del cibo). La secrezione pancreatica per
contiene unaltra u-amilasi molto pi potente di quella salivare (agisce anche sullamido crudo) che in pochi minuti
digerisce tutto lamido.
Le cellule epiteliali di rivestimento del tenue contengono nellorletto a spazzola 4 enzimi (lattasi, saccarasi, maltasi e
destinasi) capaci di scindere i pi comuni disaccaridi della dieta nei loro monosaccaridi costitutivi. La mancanza
congenita di una disaccarasi (tipicamente la lattasi) porta ad un intolleranza per il corrispondente disaccaride. In questo
caso il disaccaride indigerito arriva al colon dove la flora batterica lo fermenta con produzione di gas che provocano
gonfiore, dolore e flatulenza. Inoltre le molecole di disaccaride indigerito richiamano per ormosi acqua nel lume
intestinale causando diarrea.
Proteine
La pepsina, il pi importante enzima dello stomaco, appartiene alla famiglia delle endopeptidasi ed capace di attaccare
praticamente tutti i diversi tipi di proteine alimentari ed altres in grado di digerire il collagene. Questo enzima in
particolare agisce sui legami carbossilici in cui almeno uno dei due aminoacidi aromatico. La digestione di
conseguenza incompleta e quando le proteine lasciano lo stomaco esse sono ordinariamente in forma di grandi peptidi.
La digestione si continua nel duodeno e nel digiuno per azione degli enzimi proteolitici contenuti nella secrezione
pancreatica: tripsina, chimotripsina, carbossipolipeptidasi e proelastasi (si trasforma in elastasi e digerisce le fibre di
elastina contenuta nei connettivi).
Sia la tripsina che la chimotripsina possono scindere le molecole proteiche in piccoli polipeptidi, poi la
carbossipeptidasi, che un esopeptidasi, stacca i singoli aminoacidi dalle estremit carbossiliche dei polipeptidi.
Tuttavia solo una piccola percentuale di proteine viene digerita completamente dal succo pancreatico mentre la maggior
parte delle proteine rimane ancora sotto forma di piccoli peptidi.
Lultima fase della digestione delle proteine nel lume intestinale avviene ad opera delle cellule epiteliali che tappezzano
i villi dellintestino tenue, principalmente nel duodeno e nel digiuno. Nella membrana cellulare di ciascuno di questi
microvilli si trovano infatti molte peptidasi, in particolare aminopeptidasi che, a differenza delle carbossipeptidasi, sono
esopeptidasi che agiscono allestremit N-terminale. Questi enzimi non sono normalmente secreti dagli enterociti ma
vengono riversati nel lume intestinale in seguito alla desquamazione delle cellule.
Sia gli aminoacidi che i dipeptidi vengono facilmente trasportati, attraverso la membrana del microvillo, allinterno
della cellula epiteliale.
Infine nel citosol della cellula si trovano molte altre peptidasi che sono specifiche per i rimanenti tipi di legami tra gli
aminoacidi.
Si consideri che solo raramente sono assorbiti peptidi e che ancora pi raramente sono assorbite molecole proteiche
intere. Un esempio di questultimo tipo sono le Ig presenti nel latte materno che possono essere assorbite come tali. Ci
permette una immunizzazione passiva del neonato.
Grassi
Una piccola quantit di trigliceridi digerita nello stomaco da una lipasi linguale, che secreta dalle ghiandole linguali
della bocca ed inghiottita con la saliva. In questo modo per solo meno del 10% dei grassi sono digeriti.
Nellintestino il primo passo nella digestione dei grassi sta nella dispersione in piccole goccioline (emulsione) ad opera
della bile. Le lipasi sono idrosolubili e possono attaccare le particelle di grasso soltanto alla loro superficie. E pertanto
facile comprendere limportanza dei sali biliari per la digestione dei grassi.
Per la digestione dei trigliceridi lenzima di gran lunga pi importante la lipasi pancreatica. Anche le cellule epiteliali
del tenue contengono una piccola quantit di lipasi, nota come lipasi enterica, di solito di scarsa importanza.
Per lo pi i trigliceridi vengono scissi in 2-monogliceridi ed in acidi grassi liberi.
Le micelle di sali biliari quindi operano come veicoli di trasporto dei monogliceridi e degli acidi grassi, che altrimenti
sarebbero insolubili, sino a livello dellorletto a spazzola degli enterociti dove sono assorbiti.
Per quanto riguarda i fosfolipidi e gli esteri del colesterolo essi sono entrambi idrolizzati da due lipasi del succo
pancreatico che liberano gli acidi grassi: lenzima colesterolo-esterasi serve per lidrolisi degli esteri del colesterolo e la
fosfolipasi A
2
rende possibili lidrolisi dei fosfolipidi.
Le micelle di sali biliari anche in questo caso provvedono al trasporto del colesterolo e dei residui dei fosfolipidi digeriti
fino agli enterociti dove sono assorbiti.
Steatorrea, cio presenza di grassi nelle feci, si pu osservare sia nelle affezioni pancreatiche che in quelle epatiche.
Acidi nucleici
Tra gli enzimi pancreatici sono compresi ribonucleasi e desossiribonucleasi.
83

ASSORBIMENTO NEL TENUE
Acqua: il trasporto dellacqua attraverso la membrana intestinale si attua interamente con un processo di diffusione:
quando il chimo diluito lacqua viene assorbita. Se per lo stomaco scarica soluzioni iperosmotiche sempre per
osmosi lacqua trasportata in direzione opposta, dal plasma al chimo.
Sodio: la forza motrice per lassorbimento del sodio fornita dal trasporto attivo del sodio stesso dallinterno delle
cellule epiteliali, attraverso la membrana basolaterale, negli spazi intercellulari. Parte del sodio viene trasportato
simporto con ioni cloro, parte in scambio con ioni potassio.
Luscita di sodio nella cellula ne abbassa la concentrazione ed il sodio contenuto nel chimo entra passivamente
negli enterociti. La fase successiva lentrata per osmosi di acqua.
Se si instaura una condizione di disidratazione, quasi sempre vengono secrete dalle ghiandole surrenali forti
quantit di aldosterone. Laumentato livello di questo ormone esalta lattivit di tutti i meccanismi coinvolti
nellassorbimento del sodio nellintestino. Laumento dellassorbimento del sodio ha come effetto indiretto un
maggiore assorbimento di cloro, acqua ed altre sostanze.
Ogni giorno vengono ingeriti circa 5 grammi di sodio. Questi vengono quasi completamente assorbiti. Ma una
quantit 5/6 volte superiore riassorbita dopo essere stata riversata nel lume intestinale a causa dei succhi digestivi
o della desquamazione cellulare.
Cloro: nella parte prossimale del tenue lassorbimento del cloro molto rapido e si attua principalmente per
dffusione passiva, associata al sodio.
Bicarbonato: spesso grandi quantit di bicarbonato devono essere riassorbite dalla parte prossimale dellintestino
tenue a seguito della secrezione di forti quantit di questi ioni sia col succo pancreatico che con la bile.
Questo assorbimento avviene in maniera indiretta: quando viene assorbito il sodio, moderate quantit di idrogeno
vengono secrete nel lume dellintestino in scambio con una parte del sodio. Questi ioni idrogeno nellintestino si
combinano con il bicarbonato formando acido carbonico, che poi si dissocia in acqua e anidride carbonica.
Questultima viene riassorbita nel sangue ed eliminata con la respirazione.
Calcio: gli ioni calcio vengono assorbiti attivamente, specialmente a livello del duodeno, in rapporto alle esigenze
dellorganismo. Importanti fattori che regolano lassorbimento del calcio sono lormone paratiroideo e la vitamina
D.
Ferro: viene assorbito attivamente nel tenue proporzionalmente alle necessit dellorganismo, in particolar modo
per la sintesi di emoglobina.
Carboidrati: il 90 % dei carboidrati sono assorbiti nel duodeno e nel digiuno. Il glucosio, per essere assorbito, ha
bisogno di un co-trasporto dipendente da un assorbimento attivo del sodio. Il sodio, il cui transito favorito dal
gradiente di concentrazione, si combina dapprima con una proteina di trasporto, ma questa non lo potr portare
allinterno della cellula fino a che essa non leghi anche altre sostanze, come ad esempio il glucosio.
Il galattosio trasportato per trasporto attivo come il glucosio. Il fruttosio invece non viene trasportato per mezzo
del co-trasporto con il sodio, ma per diffusione facilitata.
Peptidi: la maggior parte delle proteine viene assorbita attraverso la membrana luminale delle cellule epiteliali in
forma di tripeptidi, dipeptidi ed in alcuni casi di aminoacidi liberi. La maggior parte di questo trasporto si effettua
mediante un meccanismo di co-trasporto con il sodio, come per il glucosio. Tuttavia alcuni aminoacidi sono
trasportati per diffusione facilitata. Una volta entrati negli enterociti gli aminoacidi diffondono nel sangue dei
capillari che ne bagna lestremit basale.
Grassi: i monogliceridi e gli acidi grassi vengono portati alla superificie dei microvilli dellorletto a spazzola. Qui,
sia gli acidi grassi che i monogliceridi diffondono facilmente attraverso la membrana essendo in essa solubili. Dopo
essere entrati nella cellula i trigliceridi vengono di nuovo sintetizzati e, sotto forma di chilomicroni, i lipidi sono
trasportati per via linfatica.
Piccole quantit di acidi grassi a catena corta, come quelli provenienti dal grasso del burro, prendono direttamente
la via del sangue portale senza che vengano riconvertiti a trigliceridi. Ci dovuto al fatto che questi grassi sono
pi idrosolubili e ci consente una loro diretta diffusione dalle cellule epiteliali al sangue dei capillari del villo.

ASSORBIMENTO NEL CRASSO
Attraverso la valvola ileocecale, nelle 24 ore, passano nel crasso circa 1500 ml di chimo. La maggior parte dellacqua e
degli elettroliti di questo vengono assorbiti nel colon, residuando di solito meno di 100 ml di liquido che vengono
escreti con le feci.
La massima parte dellassorbimento nel crasso si attua nella met prossimale del colon, che perci viene anche definito
colon assorbente a differenza della met distale che invece definito colon di deposito.
La mucosa del crasso, analogamente a quella del tenue, ha unelevata capacit di assorbire attivamente il sodio e,
insieme ad esso, il cloro. Tuttavia le giunzioni strette tra le cellule della parete del crasso sono molto pi impermeabili
di quelle del tenue e ci impedisce la diffusione a ritroso attraverso di esse di quantit significative di ioni, permettendo
cos alla mucosa del crasso di assorbire ioni sodio in misura di gran lunga pi completa.
Nel crasso si verifica inoltre un massiccio riassorbimento dacqua che pu arrivare anche a 5-7 litri al giorno.
Per quanto riguarda lacqua si tenga presente che la maggior parte di quella che compare nellintestino di provenienza
endogena. In particolare:
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2000 ml ingeriti + 1500 ml di secrezioni salivari + 2500 ml di succhi gastrici + 500 ml bile + 1500 ml di succhi
pancreatici + 1000 ml di secrezioni intestinali = 9000 ml. Di questi, nei vari tratti dellintestino ne sono riassorbiti
8800/8900 e solo 100/200 ml sono espulsi con le feci.
Composizione delle feci:
Normalmente le feci sono costituite per tre quarti circa di acqua e per un quarto di sostanze solide, di cui:
30 % costituito da batteri morti;
10-20 % da grasso;
10-20 % da sostanze inorganiche;
30 % scorie alimentari non digerite (es cellulosa) e da materiale derivante dai succhi digestivi.
Il colore marrone delle feci dato dalla stercobilina e dalla urobilina, derivate dalla birilubina. Lodore dipende dai
prodotti dellattivit batterica. Lacqua e la cellulosa sono i due elementi che favoriscono levacuazione.

IL VOMITO

Il vomito un importante riflesso difensivo. Il substrato anatomico costituito dalla presenza di fibre sensitive che dallo
stomaco, percorrendo a ritroso i nervi simpatici, raggiungono il midollo spinale e da l il centro del vomito oppure che
raggiungono direttamente il centro del vomito attraverso i nervi vaghi (queste ultime sono anche le responsabili del
vomito indotto volontariamente stimolando il retrofaringe). Infine al centro del vomito arrivano anche afferenze
labirintiche e da cellule situate nel 4 ventricolo e che hanno funzione di chemocettori: esse sono attivate dalla presenza
in circolo di sostanze tossiche.
Gli stimoli che pi frequentemente causano il vomito sono la distensione e/o lirritazione delle pareti gastriche o dei
primi tratti dellintestino. Anche lirritazione peritoneale pu indurre il vomito.
Ancora altre cause di vomito possono essere le cosiddette cinetosi (mal di mare): esse sono dovute a stimolazioni
ondulatorie a bassa frequenza dei labirinti.
Infine il vomito pu comparire in sindromi da ipertensione endocranica: in questo caso il vomito a getto e non
preceduto dalla nausea.
Una stimolazione del centro del vomito, comunque essa sia scatenata, provoca lespulsione del contenuto gastrico
attraverso esofago e bocca.
Il vomito preceduto da nausea e salivazione cui seguono i conati (contrazione antiperistaltica della muscolatura liscia
della parete gastrica e dei primi tratti dellintestino accompagnata da rilasciamento del piloro, del cardias e dello sfintere
esofageo superiore).
La forza delle contrazioni dei conati non sarebbero sufficienti a provocare il vomito se successivamente non
intervenisse il diaframma ed i muscoli addominali, in particolare il retto. Contemporaneamente si ha la chiusura della
glottide e la tensione del palato per evitare che il vomito possa raggiungere le cavit nasali.
85
SCHEMI DI FISIOLOGIA

DIETETICA, METABOLISMO E TERMOREGOLAZIONE

I COMPONENTI DIETETICI

COMPONENTI ENERGETICI
Perch il peso e la composizione corporea si mantengano stabili necessario che lenergia assunta sia in equilibrio con
quella utilizzata.
Una dieta equilibrata prevede lassunzione di materiale energetico (sotto forma di proteine, grassi e lipidi) che pu
essere ossidato per produrre ATP. Normalmente le proteine dovrebbero avere soprattutto funzione plastica, e la loro
quota di apporto calorico dovrebbe essere limitata al 5-10 % difatti quando la dieta contiene in abbondanza grassi e
carboidrati, lenergia necessaria allorganismo viene ottenuta quasi tutta da queste componenti alimentari e, in misura
molto minore, dalle proteine. Per questo motivo i carboidrati ed i grassi sono definiti alimenti risparmiatori di
proteine.
Il valore calorico dei vari costituenti la dieta determinato attraverso la bomba calorimetrica. Essa una specie di
thermos sulle cui pareti fatta circolare lacqua. Dalla misura della AT dellacqua derivante dalla combustione del cibo
contenuto nella bomba calorimetrica (ossidazione esplosiva) si ottiene il contenuto calorico del cibo stesso.
I prodotti dellossidazione dei lipidi e dei glucidi sono esclusivamente CO
2
ed H
2
O. Nel caso delle proteine ci sono
anche altri elementi (N,S,P) che formano la cosiddetta cenere.
Lossidazione esplosiva , dal punto di vista del bilancio energetico, analoga a quella che avviene nellorganismo
(lunica differenza che nel nostro corpo essa avviene in maniera lenta e regolata). Le proteine tuttavia rappresentano
uneccezione dal momento che nella bomba calorimetrica il loro contenuto calorico 4,6 Kcal/g mentre nellorganismo
esse apportano in media solo 4,3 Kcal/g. Ci dovuto al fatto che lossidazione delle proteine non procede fino a
cenere, CO
2
ed H
2
O ma i prodotti terminali sono altri, come lurea, che contengono qualche legame in pi.
C inoltre da fare unulteriore considerazione: la percentuale media dellassorbimento intestinale diversa per le varie
sostanze. Essa approssimativamente il 98% per i carboidrati, 95 % per i lipidi e solo il 92% per le proteine. Perci, in
cifra tonda, lenergia fisiologicamente disponibile per ciascun grammo dei componenti energetici della dieta di 4 Kcal
per carboidrati e proteine e di 9 Kcal per i lipidi.
Nellorganismo i lipidi costituiscono il deposito energetico prevalente. Considerando che circa il 15-20 % del nostro
corpo costituito da massa grassa: con questo deposito si pu vivere 20/30 giorni, anche se poi vi sono altre
considerazioni da fare (avitaminosi, chetoacidosi).
I glucidi sono presenti in tutte le cellule sotto forma di granuli di glicogeno. Questi depositi sono tuttavia
particolarmente abbondanti nel fegato e nei muscoli. I muscoli, che costituiscono il 35/40 % della massa corporea,
contengono dall1 al 3% di glicogeno mentre nel fegato si pu arrivare, subito dopo un pasto, al 10% (250 g in peso).
Il glicogeno presente nel fegato molto importante per tutto lorganismo. Esso difatti libera glucosio nellintervallo tra i
pasti e consente il mantenimento dei livelli fisiologici di glicemia.
Il glicogeno presente nei muscoli invece quantitativamente maggiore ma non pu essere immesso in circolo perch
questo tessuto manca della fosforilasi.

ACQUA
Lacqua rappresenta circa il 60% del peso corporeo e lambiente acquoso quello nel quale avvengono tutte le reazioni
enzimatiche dellorganismo.
Il volume idrico dellorganismo deve rimanere costante perch devesserci un bilancio in pareggio tra volume di acqua
che entra e quella che esce.
Si pu stimare che con la dieta vengano assunti circa 2 litri di acqua al giorno, di cui 1,2-1,5 litri con le bevande. Oltre a
questi 2 litri vi un volume idrico di 3-400 ml prodotto dallorganismo a causa delle reazioni di ossidazione nelle
cellule (acqua di ossidazione). I lipidi sono forti produttori di acqua di ossidazione.
Le vie di perdita sono rappresentati dalla diuresi (circa 1500 ml/giorno), dalle feci (100/200 ml/giorno), dalla
sudorazione (200 ml/giorno) e dalla cosiddetta perspiratio insensibilis dovuta al fatto che le mucose sono umide
mentre laria secca e vi perci passaggio netto (4/500 ml/die).

SALI MINERALI

Oltre a sodio, potassio, zolfo e fosforo, le cui funzioni nellorganismo sono note, altri minerali devono essere assunti
con la dieta.
Sodio: lapporto giornaliero di sodio intorno ai 3 g, soprattutto sotto forma di sale da cucina.
Calcio: oltre alla importante funzione di costituente della matrice ossea il calcio ha un importante funzione come fattore
della coagulazione del sangue. Molti anticoagulanti sono chelanti del calcio. Tuttavia la concentrazione di calcio
86
necessaria per arrestare completamente i processi coagulativi incompatibile con la vita dal momento che il calcio un
importante stabilizzante delle propriet elettriche delle membrane.
Se la concentrazione del calcio troppo bassa si assiste alla tetania ipocalcemica che caratterizzata da un iper-
eccitabilit delle cellule muscolari. Questa condizione si osserva se lormone paratiroideo insufficiente.
Ferro: lapporto dietetico di ferro nelle donne deve essere maggiore a causa della quantit persa durante il ciclo
mestruale. I cibi pi ricchi di ferro sono il fegato (ferritina) e le carni rosse (mioglobina). Il ferro utilizzato soprattutto
per la sintesi dei gruppi eme.
Iodio: ne servono quantit molto limitate, dellordine dei g/giorno. Questa seppur piccola quantit di iodio
importante per la sintesi degli ormoni tiroidei. Una sua assenza porta al cosiddetto cretinismo endemico, dovuto
proprio ad un deficit tiroideo.
Magnesio: un cofattore di numerosi enzimi coinvolti nel metabolismo dei carboidrati;
Zinco: lo zinco parte integrante di molti importanti enzimi tra cui lanidrasi carbonica, presente in concentrazione
particolarmente alta nei globuli rossi. Lo zinco altres importante come costituente della lattico deidrogenasi ed
perci importante per linterconversione tra gli acidi piruvico e lattico.
Fluoro: il fluoro sembra non essere necessario per il metabolismo, ma la sua presenza in piccole quantit
nellorganismo, nel periodo in cui si formano i denti, preserva successivamente i denti stessi dalla carie.
Altri minerali presenti nel nostro organismo sono manganese, zinco e rame.

VITAMINE
Vitamina A: la funzione fondamentale della vitamina A nel metabolismo non chiara, salvo per quanto concerne la sua
utilizzazione nella formazione dei pigmenti retinici. Tuttavia questa vitamina necessaria per lo sviluppo normale della
maggior parte delle cellule dellorganismo, in particolare per lo sviluppo e la proliferazione dei diversi tipi di cellule
epiteliali.
Vitamina B
1
(Tiamina): nei sistemi metabolici dellorganismo la Tiamina agisce come cocarbossilasi operando
principalmente nella decarbossilazione dellacido piruvico. Essa pertanto specificatamente necessaria per il
metabolismo terminale dei carboidrati e di molti aminoacidi.
Niacina: la niacina svolge la funzione di coenzima sotto forma di NAD o NADP. In carenza di niacina non pu essere
mantenuto il normale ritmo dei processi di deidrogenazione, per cui anche la liberazione di energia dalla degradazione
ossidativa dei substrati nutritivi e la sua disponibilit per i sistemi funzionali delle cellule non si attuano come di norma.
Vitamina B
2
(Riboflavina): costituisce i coenzimi FAD e FMN.
Vitamina B
6

(Piridossina): la piridossina svolge la funzione di coenzima in molte reazioni chimiche correlate con il
metabolismo degli aminoacidi e delle proteine. Il suo ruolo pi importante quello di coenzima nei processi di
transaminazione, per la sintesi degli aminoacidi.
Vitamina B
12
(Cobalamina): svolge la funzione di coenzima nella riduzione dei ribonucleotidi in desossiribonucleotidi,
passaggio necessario nella replicazione del DNA. Ci potrebbe spiegare le due principali attivit di questa vitamina:
fattore di crescita e fattore necessario per la formazione e la maturazione degli eritrociti.
Acido folico: lacido folico svolge la funzione di trasportatore di gruppi idrossimetilici e formilici in reazioni molto
importanti necessarie per la sintesi del DNA (come nella sintesi delle purine e della timina). Perci anche lacido folico
necessario per la replicazione del genoma. Per questo motivo anchesso pu essere considerato un fattore di crescita
importante anche per la maturazione degli eritrociti.
Acido pantotenico: lacido pantotenico si trova nellorganismo principalmente come componente del coenzima A. La
carenza di questa vitamina pu pertanto rallentare il metabolismo sia dei carboidrati che dei grassi.
Vitamina C: lacido ascorbico necessario per attivare lenzima prolilirossilasi, che promuove il processo di
idrossilazione nella formazione di idrossiprolina, parte integrante del collagene. In assenza di vitamina C, il collagene
che si forma difettoso e poco resistente.
Vitamina D: la vitamina D facilita lassorbimento del calcio a livello intestinale e partecipa al controllo della
deposizione di calcio nel tessuto osseo.
Vitamina E: esercita un ruolo protettivo nei confronti dellossidazione dei grassi. Essa, essendo liposolubile, si intercala
nelle membrane e interrompe le reazioni a catena di ossidazione dei lipidi di membrana.
Vitamina K: necessaria perch si possano formare nel fegato numerosi importanti fattori della coagulazione. Questa
vitamina prodotta dalla flora batterica intestinale.

ESIGENZE METABOLICHE

Una dieta equilibrata deve contenere i diversi componenti in percentuali diverse. C generale accordo sul fatto che la
dieta mediterranea sia la migliore: il 60/65 % delle calorie totali sono assunte sotto forma di carboidrati, il 20% coi
lipidi e il 10-15 % con le proteine.

PROTEINE
Poich i tessuti invecchiano si assiste ad una perdita di azoto proteico che definita quota di logorio: essa non
dovuta al metabolismo energetico delle proteine ma al normale ricambio delle proteine cellulari.
Tutte le cellule devono perci continuare a produrre nuove proteine per rimpiazzare quelle degradate, ed quindi
necessario un certo apporto di aminoacidi con la dieta.
87
Le proteine della dieta contengono mediamente circa il 16% di azoto. Durante il metabolismo proteico circa il 90% di
questo azoto viene escreto nelle urine in forma di urea, acido urico, creatinina ed altri prodotti azotati; il rimanente 10%
viene escreto nelle feci. E perci semplice valutare accuratamente la quota totale di proteine metabolizzate: si dosa
lazoto urinario, si aggiunge il 10% e si moltiplica per 6,25.
In base a questi principi la quota di logorio corrisponde ad una perdita di circa 0,25-0,3 g di proteine/Kg di peso
corporeo/giorno.
La quota di proteine assunte giornalmente deve essere almeno uguale alla quota di logorio ma siccome le esigenze sono
in realt maggiori lassunzione proteica consigliata di 1g/Kg/giorno.
Se lassunzione maggiore della quota di logorio allora la quota di azoto in eccesso, se non vi accrescimento
corporeo, compare nellurina a testimonianza dellavvenuto catabolismo a fini energetici di una parte delle proteine.
Le proteine hanno la caratteristica di essere eterogenee per quanto riguarda la loro composizione aminoacidica. Alcune
hanno una composizione simile a quella delle proteine dellorganismo mentre altri mancano degli aminoacidi essenziali,
che noi non siamo in grado di sintetizzare. Su questa base si distinguono le proteine nobili di 1^ classe (si trovano nei
prodotti di provenienza animale) da quelle di 2^ classe.
Una dieta povera di aminoacidi essenziali porta ad un bilancio di azoto negativo, in cui le perdite sono maggiori delle
entrate, poich lazoto proteico non utilizzato per costruite proteine ma solo a fini catabolici ed allora si trova tutto
nelle urine unito a quello derivante dalla quota di logorio.
Una bilancio di azoto in pareggio indica che gli introiti sono uguali alle perdite.
Un bilancio di azoto positivo invece indice di accrescimento corporeo. In questo caso lapporto proteico devessere
maggiore del g/Kg peso corporeo.
Il principale composto chimico residuo del catabolismo proteico lurea, prodotta dal fegato, che associa
lidrosolubilit ad una quota di azoto del 46%.

CARBOIDRATI
I carboidrati sono lalimento preferenzialmente utilizzato dai tessuti e nellintervallo tra i pasti le prime riserve a cui
lorganismo attinge sono i glucidi epatici. Il glucosio viene trasportato ai tessuti tramite il flusso sanguigno. La glicemia
si misura a digiuno da almeno 8 ore ed intorno agli 80-90 mg/100ml.
Landamento della glicemia nel tempo si studia con la cosiddetta curva da carico. Dopo aver fatto assumere 1g di
glucosio/kg peso si misura a distanza di ore la glicemia. Nel normale essa presenta un modico aumento e poi un ritorno
alla normalit mentre nel diabetico il valore di partenza pi alto, laumento dopo lassunzione di zucchero pi
marcato e il ritorno alla normalit pi lento.
I glucidi alimentari non sono rappresentati solo dal glucosio ma esso ne il componente fondamentale. Anche il
fruttosio e il galattosio sono monosaccaridi che possono essere utilizzati a fini energetici.
Gli zuccheri hanno la caratteristica importante di poter essere trasformati in lipidi mentre la trasformazione inversa
praticamente irrilevante. Ci rende indispensabile un apporto glucidico quotidiano soprattutto per il tessuto nervoso che
utilizza quasi esclusivamente glucidi.
Il fabbisogno energetico dellencefalo pu essere cos calcolato:
il consumo di O
2
dellencefalo (differenza artero-venosa) : 50 ml/min
1 l O
2
corrisponde allossidazione di zuccheri per un totale di: 5 Kcal (equivalente calorico dellossigeno)
Il fabbisogno energetico quindi: 0,005Kcal/ml * 50ml/min = 0,25 Kcal/m
1 mg di glucosio = 0,0041 Kcal 0,25 Kcal/m / 0,004 Kcal/mg = 60 mg glucosio / minuto consumati dallencefalo
60 mg/minuto * 3600 minuti/giorno = 90 g di glucosio consumati giornalmente dallencefalo.

LIPIDI
Nella dieta i lipidi si trovano soprattutto sotto forma di colesterolo, fosfolipidi e trigliceridi. Da questi ultimi si
ottengono acidi grassi e glicerolo, il quale lunico componente lipidico che pu essere trasformato in glucosio anche
se comunque lapporto glucidico che ne deriva praticamente irrilevante.
La dieta ad alto contenuto lipidico favorisce lobesit e linsorgenza di malattie ma un apporto lipidico giornaliero
indispensabile perch:
1. tutte le vitamine liposolubili (A,D,E,K) sono veicolate e assorbite insieme ai lipidi alimentari;
2. animali alimentati con una dieta priva di grassi vanno uncontro a complicazioni quali la sterilit o lesioni cutanee.
Queste alterazioni vengono completamente corrette dallapporto di acido linolenico ed arachidonico, due tipi di
acidi grassi poli-insaturi che noi non siamo in grado di sintetizzare (acidi grassi essenziali).
Una vera e propria sindrome da assenza di grassi non stata descritta con certezza nelluomo.
I grassi non sono presenti liberi nel sangue, se non in piccola quantit. Essi sono invece veicolati sotto forma di
chilomicroni (dallintestino al fegato) e di lipoproteine VLDL, VDL ed HDL (dal fegato ai tessuti).
Le VLDL sono lipoproteine ricche in trigliceridi e meno in fosfolipidi e colesterolo e la loro funzione primaria quella
di trasportare i trigliceridi sintetizzati nel fegato alle cellule lipidiche. Le VDL sono invece lipoproteine a densit
intermedia dalle quali sono stati sottratti molti trigliceridi e una quantit minore di colesterolo e fosfolipidi e che
presentano pertanto questi due componenti in percentuale elevata. Infine le HDL contengono molte proteine e minori
quantit di colesterolo e fosfolipidi.
Il colesterolo utilizzato sia come componente delle membrane sia per formare gli acidi biliari e gli ormoni steroidei. I
fosfolipidi vengono invece utilizzati prevalentemente a livello del SNC.
88
Le VLDL, trasformate in VDL, sono riassorbite dal fegato. La loro concentrazione aumenta proporzionalmente al
contenuto di lipidi nella dieta. Se la loro concentrazione plasmatica alta sia, nei casi di ipercolesterolemia familiare, a
causa della dieta; sia a causa della mancanza dello specifico recettore epatico (tra laltro, il mancato ritorno di
colesterolo al fegato ne stimola la neosintesi) il colesterolo si pu depositare a livello arterioso provocando
arteriosclerosi.
Le HDL svolgono funzioni del tutto diverse rispetto alle LDL: stata dimostrata una funzione protettiva contro
larteriosclerosi, probabilmente attuata mediante lassorbimento dei cristalli di colesterolo che cominciano a depositarsi
nelle pareti delle arterie. Di conseguenza la possibilit che si sviluppi larteriosclerosi considerevolmente ridotta nei
soggetti che presentano un elevato rapporto tra HDL e LDL.

LA FAME E LA SETE

Tra le altre funzioni dellipotalamo c la regolazone della sensazione di fame e sete. A differenza di altri meccanismi la
regolazione della fame e della sete sono caratterizzati dal fatto che gli stimoli raggiungono la coscienza.
Almeno per alcuni aspetti esistono dei parametri noti che regolano queste sensazioni, anche se sono diversi i fattori in
gioco (non ultimi quelli psichici).

FAME
Prima di esaminare i centri nervosi che presiedono alla regolazione del desiderio di cibo bisogna premettere che la fame
il bisogno urgente di cibo che si associa a numerose sensazioni obbiettive, come quelle derivanti dalle contrazioni
ritmiche dello stomaco. In risposta a queste sensazioni il soggetto inizia la ricerca di cibo.
Lappetito invece il desiderio di taluni alimenti, piuttosto che il bisogno generico di cibo. In questo senso lappetito ha
la funzione di orientare la scelta della qualit degli alimenti da assumere.
La saziet la sensazione opposta alla fame: si tratta del senso di appagamento che di solito insorge dopo un pasto.
Tutti e tre questi aspetti sono influenzati da fattori ambientali e culturali, nonch da specifici centri nervosi.
Nellipotalamo laterale esiste un centro della fame che comporta sia lattivazione della sensazione di fame che certe
reazioni a livello del tubo digerente. Nellipotalamo mediale esiste invece un centro di saziet.
Nel loro insieme questi centri ipotalamici controllano il comportamento alimentare ed influenzano anche la secrezione
di vari ormoni fondamentali per la regolazione del bilancio energetico e del metabolismo, come gli ormoni tiroidei.
Nel centro di saziet esistono dei neuroni (glucostati) attivati dalla concentrazione nel sangue di zuccheri ed altri
composti come gli acidi grassi.
Negli animali, dove gli effetti psicologici sono meno importanti, la ricerca di cibo costitutiva e si arresta solo con
lattivazione del centro della saziet. Tuttavia che il meccanismo di inibizione operato da questo centro sia importante
anche negli uomini testimoniato dal fatto che i diabetici sono tendenzialmente iperfagici (si noti che liperglicemia nei
diabetici solo extracellulare, mentre i neuroni ipotalamici sono sensibili allinsulina: ci rappresenta uneccezione
comune solo a poche altre zone del SNC).
Quella appena espressa lipotesi glucostatica della regolazione della fame. Esiste tuttavia anche unipotesi
lipostatica basata sulla teoria che in qualche modo lorganismo sia in grado di percepire la massa di tessuto adiposo.
Il tessuto adiposo in grado di produrre un ormone particolare, la leptina, che ha leffetto di ridurre il peso corporeo
aumentando il metabolismo basale e diminuendo la secrezione di insulina. La leptina potrebbe essere lelemento
biochimico che giustifica lipotesi lipostatica.
Nelluomo la produzione di leptina aumenta man mano che ladiposit cresce ma non sembra che nella maggior parte
degli obesi vi sia carenza di leptina. Si pensa perci che nellobesit ad essere alterati possano essere i recettori della
leptina oppure qualche circuito nervoso attivato dalla stimolazione di questi recettori, col risultato che il paziente obeso
continua ad ingerire cibo nonostante vi siano livelli molto alti di leptina nel suo organismo. Oppure pu succedere che
siano altri i fattori che provocano leccessiva assunzione di cibo, come quelli socio-culturali.
Le due teorie lipostatica e glucostatica possono benissimo coesistere e costituiscono la regolazione a lungo termine
della fame. Ci significa che un animale a digiuno mangia meno di un altro animale a digiuno che per ha una
concentrazione ematica di glucosio pi bassa. Si tratta insomma di un sistema che informa sullo stato nutritivo
dellorganismo.
Nella regolazione della fame, soprattutto per ci che riguarda la regolazione a breve termine, non solo importante la
composizione del sangue ma anche i segnali provenienti dal sistema gastrointestinale o dallencefalo hanno un loro
ruolo.
La presenza di cibo nel tessuto gastroenterico pu inibire lassunzione di altro cibo mediante la secrezione di ormoni
anche se la semplice distensione del tubo gastroenterico, in particolare dello stomaco, inibisce la fame.
Lormone colecistochinina, liberato in risposta alla presenza di grassi nel duodeno, ha un forte effetto inibitore la fame.
Influenza sulla fame hanno anche il caldo il freddo ( noto che dinverno si tende a mangiare di pi) cos come strutture
del sistema limbico: la distruzione dellamigdala, per esempio, provoca iperfagia. In generale il sistema limbico
potrebbe essere il responsabile dei cambiamenti del comportamento alimentare che si basano sugli stati emozionali.
Il sistema di regolazione a breve termine ha principalmente due scopi:
regola lassunzione di piccole quantit di cibo per volta, permettendo cos che il materiale alimentare attraversi il
tubo gastroenterico in modo meno discontinuo;
impedisce che ad ogni pasto venga assunta una quantit eccessiva di cibo.
89
Infine esistono farmaci in grado di inibire la fame, come le anfetamine e la cocaina (questultima, oltre al senso di fame
elimina anche quello di fatica).

SETE
Anche per la sete la regolazione soprattutto ipotalamica.
Il primo fattore importante in tal senso losmolarit del plasma e sono sufficienti variazioni molto piccole perch si
instauri la sete. Nellipotalamo esistono degli osmorecettori.
Un altro stimolo per instaurare il senso di sete la volemia, cio il volume di sangue circolante. Ci sono dei recettori
sensibili alle variazioni di volemia nei grossi vasi e nelle pareti dellatrio destro. Se essi sono poco stirati attivano
nellipotalamo la sensazione di sete. Al contrario un loro stiramento aumenta la diuresi (via ormone natriuretico).
In generale la sete stimolata in tutte le condizioni in cui la pressione sanguigna ridotta. Alcune cellule del rene, in
situazioni di ipovolemia, secernono renina che provoca laumento dei livelli di angiotensina II la quale, tra gli altri
effetti tesi ad aumentare la volemia, ha quello di aumentare la sensazione di sete.
Infine la sete viene attivata dalla secchezza della mucosa faringea e buccale.
Probabilmente esiste un meccanismo che stima il volume di acqua da bere per riportare alla norma losmolarit.


IL METABOLISMO

METABOLISMO BASALE
Per calcolare una dieta rispondente alle necessit dellorganismo necessario conoscere il dispendio energetico.
Il dispendio calorico dipende da due fattori:
il metabolismo basale, cio il dispendio calorico minimo indispensabile per la sopravvivenza (1800 Kcal
giornaliere in media);
lenergia consumata per le diverse attivit quotidiane (Es. corsa: 1 Kcal/Kg di peso/Km percorso).
Il dispendio energetico basale dipende essenzialmente dal consumo di ossigeno del miocardio e dei muscoli della
respirazione oltre, ovviamente, allattivit delle varie ATPasi (pompe, enzimi) dellorganismo.
Una persona consuma una quota di calorie pari al suo metabolismo basale in queste condizioni:
riposo muscolare da almeno 4/5 ore perch noto che lattivit fisica comporta un aumento del dispendio che
perdura per ore;
da 8/10 ore il soggetto deve essere rimasto a digiuno perch la digestione comporta dispendio energetico sotto
forma di azione dinamico specifica del cibo, legata in particolare allassunzione di proteine (il 50% dellenergia
assunta sotto forma di proteine spesa per la loro digestione, solo il 10% per i carboidrati ed i lipidi);
riposo psichico perch la secrezione di catecolamine pu influenzare il dispendio energetico;
la temperatura dellambiente devessere confortevole (22-25 C) perch non devono essere attivati in maniera
significativi i meccanismi di termogenesi o, al contrario, di dispersione del calore.
La misurazione del metabolismo basale si attua tenendo conto che il dispendio energetico (D.E.) :
D.E. = L + Q + AD + (AT*C)
Nelle condizioni sopraelencate:
L = lavoro prodotto = 0 perch anche il lavoro del cuore degradato in calore a causa dellattrito del sangue. Stesso
dicasi per il lavoro prodotto dai muscoli respiratori.
Q = termogenesi = 0 a temperatura confortevole
AD = variazione dei depositi energetici = 0 a digiuno
AT*C = Atemperatura * capacit termica =
calore prodotto dallorganismo. Corrisponde
in queste condizioni al metabolismo basale
perch tutta lenergia consumata
dallorganismo trasformata in calore.
Per misurarla si possono usare due metodi:
Calorimetria diretta: poco agevole.
Presuppone lutilizzo di una camera isolata
termicamente e, analogamente a come si fa
per la bomba calorimetrica, il calore prodotto
dal soggetto misurato a partire dalla AT
dellacqua.
Calorimetria indiretta: basata sulla
misurazione del consumo di ossigeno.
Essendo noto che 1 l di ossigeno corrisponde
alla produzione di circa 4,8 Kcal (equivalente
calorico dellossigeno: il valore medio e
varia a seconda del tipo di molecole ossidate).
Considerando che le riserve di ossigeno corporee non possono variare significativamente:
espirata
) Consumo O
2
= (V
inspirato
* [O
2
]
nellaria inspirata
) - (V
espirato
* [O
2
]
nellaria
90
Il calcolo del consum so sia laria inspirata
ficie corporea/ora dal momento che i processi termici sono in
1,7 m di superficie corporea * 24 ore il fabbisogno energetico
molto difficile. Ci sono tuttavia equazioni che consentono di risalire
ndi circa 250 mlO
2
/minuto. I volumi dei gas
ismo basale espresso in % del normale. Esso influenzato fortemente dallormone tiroideo:
il valore del metabolismo basale del 10/15%. Leffetto
non in maniera lineare (pi velocemente nelladolescenza),
ormone della crescita;
tabolismo energetico aumentando del 120% la velocit delle reazioni chimiche per ogni 10

IL QUOZIENTE RESPIRATORIO
Il quoziente respiratorio si definisce com
2
prodotta / VO
2
consumata
Per una dieta mista questo valore di ci O
2
) ma questo valore pu variare tra
1, difatti:
ergia
Nellossidazione dei lipidi invece il qu alore dipende dal tipo di acido grasso
2C
51
H
98
O
6
+ 145O
2
= 102CO
2
+ 98H
2
O + energia
In questo caso per ogni 100 moleco de carbonica sono prodotte.
sse
ssere al netto dei gas utilizzati e prodotti dal metabolismo proteico.
per essere
ntuale lorganismo sta utilizzando lipidi e
rare il volume di CO
2
prodotto sufficiente moltiplicare laria espirata per la frazione espiratoria di CO
2
, dal
arsi. Se un soggetto iperventila
i momenti ed
a per delle limitazioni:
pio il soggetto iperventila durante la prova il volume di CO
2

lipidi. Se questo avviene succede che una
molecola molto ossigenata come il glucosio si trasforma in una molecola poco ossigenata come lacido grasso.
o di ossigeno si basa sullutilizzo dello spirometro di Benedict. In questo ca
che quella espirata (grazie al filtro) sono ossigeno puro o comunque una miscela con concentrazione di ossigeno nota.
Il consumo di ossigeno pertanto corrispondende alla differenza tra aria inspirata e quella espirata, espresse in funzione
dellaltezza del serbatoio di ossigeno dello spirometro.
Il metabolismo basale espresso in Kcal/m
2
di super
funzione della superficie corporea pi che del peso.
Considerando indicativamente 40 Kcal/m
2
/h * circa
2
basale giornaliero uguale a 1700/1800 Kcal.
La misurazione della superficie corporea
approssimativamente alla superficie corporea noto il peso e laltezza.
Una persona media consuma a livello basale 1,25 Kcal/minuto e qui
dipendono dalla temperatura e dalla pressione per cui questo valore espresso a STPD (standard temperature and
pression, dry air).
Il valore del metabol
quando la ghiandola tiroide secerne quantit massimali di ormone tiroideo, il metabolismo energetico pu raggiungere
valori del 50-100 % superiori alla norma. La totale mancanza di secrezione dellormone tiroideo riduce invece il
metabolismo basale anche del 40-60% rispetto alla norma.
Altri fattori che influenzano il metabolismo basale sono:
Il sesso: lormone sessuale maschile pu far aumentare
dellormone sessuale maschile da mettere in relazione principalmente con il suo effetto anabolizzante, e quindi
con laccrescimento della massa muscolare.
Let: il metabolismo basale cala, anche se
allaumentare dellet;
La crescita tessutale e l
Lo stato emozionale;
La febbre: esalta il me
C di aumento della temperatura.
e:
Q
R
= VCO
rca 0,8 (200 ml/min di CO
2
/ 250 ml/min di
1 e 0,7 a seconda del combustibile utilizzato dallorganismo.
Nellossidazione del glucosio il quoziente respiratorio uguale a
C
6
H
12
O
6
+ 6O
2
= 6CO
2
+ 6H
2
O + En
oziente respiratorio circa 0,7 ma lesatto v
catabolizzato. Un esempio:
le di ossigeno consumate solo 70 molecole di anidri
La questione ancora pi complessa se nel calcolo del quoziente respiratorio si tenesse anche conto delle proteine. E
tuttavia possono essere trascurate se si considera che di solito incidono solo per il 10/15 % nel metabolismo energetico.
In media il Q.R. per ossidazione di proteine 0,82.
Ad ogni modo, per essere precisi, il Q.R. dovrebbe e
Per sapere in che frazione i volumi dei gas sono dovuti al metabolismo proteico si dosa lazoto nelle urine assumendo
che lazoto riversato nelle urine in dieci minuti origini dallossidazione delle proteine in quellarco di tempo.
In media 1g di azoto corrisponde allossidazione di 6,25 g di proteine. Questa quantit di proteine richiede,
ossidata, 5,9 litri di ossigeno e produce circa 4,75 litri di anidride carbonica.
Ottenuto cos il cosiddetto Q.R non proteico si pu sapere in che perce
glucidi.
Per misu
momento che la concentrazione di anidride carbonica nellaria inspirata trascurabile.
A differenza dei depositi di ossigeno quelli di anidride carbonica possono modific
elimina una quantitit di CO
2
maggiore in seguito alla riduzione dei depositi endogeni, primo fra tutti i bicarbonati del
plasma. Tuttavia, se i bicarbonati rimangono costanti, la CO
2
espirata quella prodotta dal metabolismo.
E possibile descrivere lassetto metabolico dellindividuo calcolando le calorie prodotte nei divers
impostare eventualmente una dieta corretta. Ci importante perch in alcune condizioni patologiche il consumo di
glucidi e lipidi varia.
Questo procedimento h
Il Q.R. non proteico pu essere impreciso. Se ad esem
espirato non totalmente dovuto al metabolismo. Allora bisogna dosare i bicarbonati plasmatici anche se i depositi
di anidride carbonica non si trovano esclusivamente sotto tale forma;
E in pratica impossibile calcolare la trasformazione di glucidi in
91
Nella trasformazione di rende disponibile una quantit di ossigeno extra che determina un aumento del Q.R. non
dovuto a cambiamenti del catabolismo;
ase alle due considerazioni appena fatte pu succedere di trovare un Q.R. superiore ad uno.
tudio del quoziente respiratorio pu anch
In b
Lo s e essere riferito solo a singoli organi o tessuti.
e il 90/95% del sangue
Q = flusso
o vascolare cerebrale 160 ml di O
2
e ne escono 110 ml: di conseguenza il consumo di O
2

50 ml di ossigeno al minuto.
che questo organo ossida solo glucidi.
ench i tessuti utilizzino a scopo energetico preferenzialmente i carboidrati piuttosto che i grassi e le proteine, la
quantit di carboidrati di riserva nellorganismo amm he centinaia di grammi (prevalentemente glicogeno
rocesso fondamentale per lutilizzo delle proteine la gluconeogenesi, un processo potentemente
pi lenta ed infine una terza fase di nuovo rapida cui segue, poco dopo, la morte. La delezione rapida
co
e residue riserve di proteine subiscono una delezione di nuovo rapida.
nto che le proteine maggiormente utilizzate sono
utilizzo di proteine (effetto di

LA TERMOREGOLAZIONE
Nel caso dellencefalo il flusso arterioso fornito dalle carotidi e dalle arterie vertebrali mentr
venoso refluo scorre nella giugulare interna.
Principio di Fick: VO
2
= (Q
A
*[O
2
]
A
) - (Q
V
*[O
2
]
V
)
VO
2
= consumo di ossigeno
Ogni minuto entrano nel lett
cerebrale di
Calcolando, in maniera analoga, la produzione di anidride carbonica si scopre che il Q.R. cerebrale , in ogni
condizione, uguale a 1 a testimonianza del fatto

IL DIGIUNO
B
onta solo a poc
nel fegato e nei muscoli) appena sufficienti per fornire lenergia richiesta per le funzioni dellorganismo per non pi di
mezza giornata.
Perci nel digiuno, salvo che nelle prime poche ore, si verifica una progressiva delezione delle riserve tessutali di grassi
e proteine. Un p
stimolato dalla secrezione degli ormoni corticosurrenalici.
Poich il grasso rappresenta la principale fonte di energia, la delezione delle sue riserve procede a ritmo costante fino ad
esaurimento.
La delezione delle riserve di proteine avviene in tre fasi: una prima fase rapida, seguita da una seconda fase
notevolmente
iniziale dovuta alla utilizzazione di proteine facilmente mobilizzabili. Dopo che la riserva di queste proteine si
esaurita nella prima fase del digiuno, le rimanenti proteine non si lasciano rimuovere altrettanto facilmente: ci
comporta anche un rallentamento della gliconeogenesi (dal momento che i grassi non possono essere usati a tal fine).
La diminuit disponibilit di glucosio d lavvio ad una serie di eventi che portano alleccessiva utilizzazione dei grassi
e alla produzione di corpi chetonici. I corpi chetonici sono utilizzati dal cervello ed il patrimonio protei
dellorganismo viene in gran parte preservato.
Tuttavia, viene infine il momento in cui i depositi di grasso sono quasi del tutto esauriti ed ogni risorsa energetica
risiede soltanto nelle proteine. A questo punto, l
Poich le proteine sono essenziali per le funzioni cellulari, normalmente la morte sopraggiunge quando il contenuto di
proteine corporee si ridotto a circa la met del suo valore normale.
Lutilizzazione delle proteine particolarmente rapida nei bambini. Questo fatto ha conseguenze importanti che
limitano in loro la possibilit di sopravvivenza a digiuno dal mome
quelle muscolari, comprese quelle del miocardio. I danni da degradazione delle proteine endogene sono solo
parzialmente reversibili, soprattutto nel caso di quelle del cuore e del sistema nervoso.
Lescrezione di azoto nellurina aumenta se il catabolismo proteico intenso: bilancio di azoto negativo. In queste
condizioni anche piccole quantit di carboidrati sono in grado di ridurre fortemente l
risparmio sulle proteine dei carboidrati).


LA O
Tutti i processi metabolici producono anche calore. Questo giustifica da un lato il fatto che la temperatura corporea sia
superiore a quella ambientale e dall
dellorganismo che mantenuto, quasi indipendentemente dalla temperatura
temperatura aumenta leggermente durante le ore serali ed minima durante il sonno
ana con la mediana intorno ai 36,8 C.

TEMPERATURA DELLORGANISM
altra che sia necessaria una termodispersione.
La temperatura dellorganismo deve essere mantenuta il pi possibile costante perch la velocit delle reazioni
enzimatiche dipende dalla temperatura.
La temperatura dellorganismo in realt un concetto relativo perch parti diverse dellorganismo hanno temperature
diverse. Esiste un nucleo interno caldo
ambientale e del resto dellorganismo, a circa 37 C. I visceri e lencefalo costituiscono questo nucleo.
La temperatura rettale abbastanza indicativa della temperatura del nucleo interno caldo ed di circa mezzo grado
superiore a quella ascellare.
La temperatura del nucleo interno caldo va incontro ad oscillazioni fisiologiche, anche se di solito contenute intorno a
+/- mezzo grado: ad es. la
profondo. Nelle donne la temperatura aumenta di circa mezzo grado al momento dellovulazione. Infine, unaltra fonte
di variazione rappresentata dal grado di lavoro muscolare: nelle condizioni ottimali il rendimento muscolare solo del
25% ed il rimanente 75 % disperso sotto forma di calore.
Tra individuo ed individuo ci possono essere delle differenze, seppur minime, per quanto riguarda la temperatura del
suo corpo. Anche in questo caso c una distribuzione gaussi
92
E stato dimostrato che la temperatura interna rimane pressoch costante anche se il soggetto svestito viene esposto a
temperatura relativamente basse, fino a 12-15 C, o a temperature elevate fino a 70 C (se lambiente secco, cio se
MI DI PRODUZIONE DI CALORE
a quantit di calore prodotto dipende strettamente dallentit del metabolismo corporeo.
Tuttavia, sebbene il lavoro fisico azione di calore, questo non pu
risposta al freddo. Questo tipo di
numero di mitocondri in cui il processo di fosforilazione
ritiene che possa comunque contribuire alladattamento al freddo.
La maggior parte del calore prodotto dallorganismo viene generato negli organi profondi. Esso viene quindi trasferito
dagli organi alla pelle, da cui viene
otto fino alla pelle;
eccanismi di termodispersione.
ttocutaneo costituiscono un isolante
i quindi trasporto
patico, in risposta alle variazioni della temperatura
pu avvenire la sudorazione): evidente perci che i meccanismi per la regolazione della temperatura corporea
rappresentano un ottimo sistema di controllo.

MECCANIS
L
e leffetto termogenico degli alimenti causino la liber
essere considerato come finalizzato alla regolazione della temperatura corporea.
Il brivido costituisce uno dei meccanismi pi importanti per far aumentare la produzione di calore. Esiste anche un altro
meccanismo, la termogenesi senza brivido, che pu anche fornire calore in
termogenesi viene stimolata dallattivazione del sistema nervoso simpatico che, rilasciando adrenalina o noradrenalina,
fa aumentare lattivit metabolica e la liberazione di calore.
Ma, ancora pi importante leffetto che la stimolazione simpatica ha su un tipo specifico di tessuto adiposo, il grasso
bruno. In questo tipo di tessuto le cellule contengono un gran
ossidativa in gran parte disaccoppiato.
Nelladulto, che in pratica non possiede grasso bruno, lapporto massimo calorico di questo tipo di termogenesi
probabilmente inferiore al 10-15%, ma si

MECCANISMI DI TERMODISPERSIONE
disperso nellambiente.
La velocit con cui questo processo avviene dipende da due fattori:
1. la velocit di conduzione del calore da dove stato prod
2. la velocit di trasferimento dalla pelle allambiente mediante i m
Per quanto riguarda il primo punto c da considerare che la cute e il grasso so
termico per il corpo. Questo isolante per funziona bene solo se il flusso sanguigno ridotto e non v
di calore dagli organi interni alla superficie mediante il sangue.
Ecco perch uno dei primi meccanismi di risposta al calore la vasodilatazione superficiale. Il grado di vasocostrizione
dei plessi vascolari sottocutanei regolato dal sistema ortosim
interna del corpo o della temperatura ambientale.
Per quanto riguarda i meccanismi di termodispersione, essi sono di quattro tipi:
Conduzione: il calore perso per conduzione: funzione di una costante, della differenza di temperatura tra corpo ed
a conduzione dipende della temperatura

ambiente e della superficie di scambio (Q
C
= K
C
* AT * S). In particolare l
dellaria che circonda il corpo: se essa diventa uguale a quella della cute il processo si arresta. Se pu avvenire
convezione allora nuova aria fresca arriva sempre a contatto col corpo. Ma se questo meccanismo non si attua, per
esempio se una persona vestita, allora la conduzione non pi un efficace metodo di termodispersione.
Convezione: un certo grado di convezione, anche se modesto, si attua quasi sempre tuttintorno alla superficie
corporea perch laria adiacente alla pelle tende a spostarsi in alto appena riscaldata. Una persona svestita perde per

conduzione dal corpo allaria e poi per convezione circa il 15% di tutto il calore eliminato.
Iraggiamento: il pi importante mezzo di termodispersione dellorganismo, tanto che se una persona svestita
esso responsabile di pi del 60% del calore ceduto allambiente. Tra ambiente e corpo vi uno scambio di

radiazioni infrarosse termiche: il bilancio tra entrate ed uscite determina lacquisto o la perdita di calore.
Il calore scambiato per irraggiamento: Q
I
= K
I
* S * (T
C
4
T
A
4
)
Evaporazione del sudore: lunico sistema tra i quattro che permette solo la termodispersione (mentre gli altri
tura ambiente maggiore di quella corporea).
ne a 37 C. Il fatto che il sudore evapori o
e di vapor dacqua invece superiore
ciate ai bulbi piliferi) o apocrine (se associate).
neccezione) da parte dellarea

possono provocare anche un riscaldamento corporeo se la tempera
Il calore latente di evaporazione fa evaporare il sudore che bagna la cute. Questo calore, cio quello perso dal corpo
con levaporazione, 0,54 Kcal/g di sudore. Ai fini della termodispersione quello che conta che il sudore evapori.
Se esso non evapora si tratta solamente di acqua persa dallorganismo.
Il fatto che il sudore evapori o meno dipende dalle condizioni climatiche ambientali. In particolare con la cute il
sudore esercita una PH
2
O di 47 mmHg, che la pressione a saturazio
meno dipende dal fatto che la PH
2
O dellaria ambiente sia maggiore o minore di 47 mmHg. La velocit di
evaporazione dipende inoltre dalla differenza di pressione di vapor dacqua.
Se la temperatura ambientale inferiore ai 37 C, qualsiasi sia lumidit dellambiente, la pressione del vapor
dacqua minore di 47 mmHg. Sopra i 37C, al 100% di umidit, la pression
a 47 mmHg. Ci giustifica il fatto che con lafa si sente pi caldo.
Levaporazione pu variare da poche decine di millilitri allora a 3 o 4 litri allora.
Il sudore prodotto dalle ghiandole sudoripare eccrine (se non asso
Esse sono attivate dalla stimolazione del simpatico colinergico (rappresenta u
preottica nella parte anteriore dellipotalamo.
Perspiratio insensibilis: contribuisce alla termodispersione. In animali come i cani la maggior parte della
termodispersione avviene attraverso le vie respiratorie, ma nelluomo questo meccanismo meno importante
(corrisponde ad una perdita pari a circa 12-16 kcal per ora).
93
Vasodilatazione superficiale: un maggiore afflusso di sangue caldo alla cute permette di scambiare con lambiente
una maggiore quantit di calore.
ra i 37 C, quando lumidit alta, tutti e quattro i meccan Sop ismi di termodispersione funzionano invece in senso

REGOLAZIONE DELLA TEMPERATURA CORPOREA
e reazioni dellorganismo al caldo e al freddo sono entrambe messe in opera dallipotalamo. La stimolazione di regioni
osteriori dellipotalamo induce la risposta al freddo mentre nelle regioni anteriori si attiva la risposta al caldo (intensa
sudorazione e forte vasod nte la temperatura del
roduzione endogena ed aumentare la
duzione di ormone tiroideo
modi:

a che diminuisce il trasferimento di calore alla cute.

ente e quella corporea in
d
amb ssai alto per un sistema biologico di controllo.
inano il resetting del punto di lavoro. Pu
succedere per esempio che la temperatura di riferimento venga alzata: ci porta alla febbre. Il soggetto febbricitante si
comporta difatti come se fosse esposto al freddo.
a temperatura pi alta.
e stimolano lipotalamo alla febbre. I pirogeni
a un effetto antipiretico.
opposto riscaldando il corpo.

LA
L
p
ilatazione che interessa lintera superficie corporea). Fisiologicame
sangue che determina le reazioni di termoregolazione da parte dellipotalamo.
Tuttavia questo stimolo, pur essendo il pi forte, non lunico. Un ruolo lo hanno anche i recettori cutanei della
temperatura. In particolare i recettori per il freddo sono pi importanti di quelli per il caldo.
Le risposte dellipotalamo al caldo hanno due obbiettivi: limitare la p
termodispersione. La produzione di calore endogeno pu essere limitata dallanoressia, cio dalla diminuzione della
fame, e alla tendenza allinerzia motoria. A lungo termine (giorni) inoltre viene ridotta la pro
che altamente termogenico.
Pi importanti sono le reazioni di termodispersione, in particolare la vasodilatazione e laumento della sudorazione.
Il raffreddamento della cute dellintero organismo evoca immediatamente delle risposte riflesse che fanno aumentare la
temperatura corporea in diversi
1. si genera uno stimolo in grado di attivare il brivido, che aumenta la produzione di calore da parte dellorganismo;
2. si inibisce la sudorazione eventualmente in atto;
3. si attua una vasocostrizione cutane
4. aumento della produzione di calore mediante attivazione ortosimpatica della termogenesi e, pi a lungo termine,
secrezione di tiroxina.
Il guadagno del sistema di controllo, cio il rapporto tra la variazione della temperatura ambi
me ia intorno a 27 (un grado di variazione della temperatura corporea ogni 25-30 C di variazione della temperatura
ientale), un guadagno a

LA FEBBRE
Lattivit dellipotalamo pu essere variata da meccanismi che determ
Quello della febbre un segno di malattia in senso evoluzionistico vecchissimo. Ciononostante non si capisce a cosa
esso possa servire. Secondo alcuni laumento della temperatura potrebbe servire per limitare lo sviluppo di certi ceppi
batterici. Ma altri ceppi sono invece favoriti da un
Si sa invece di pi sui meccanismi alla base del resetting dellipotalamo. Difatti sono state isolate delle sostanze,
chiamate pirogeni, distinti in endogeni ed esogeni.
I pirogeni esogeni sono prodotti batterici, fondamentalmente tossine, ch
endogeni invece sono liberati dalle cellule coinvolte dallinfiammazione. In particolare le prostaglandine sono pirogeni
endogeni e laspirina, bloccandone la produzione, h
94
SCHEMI DI FISIOLOGIA

SISTEMA ENDOCRINO E RIPRODUZIONE

INTRODUZIONE

Gli ormoni sono molecole prodotte dallorganismo, secreti nellambiente circostante e che agiscono a distanza con
azione specifica su organi bersaglio. Molte sostanze hanno questa caratteristica, tanto che spesso difficile stabilire i
confini tra ci che ormone e ci che non lo .
Gli ormoni possono essere divisi in due grosse categorie:
Ormoni locali: citochine, IL, prostaglandine
Ormoni generali: sono gli ormoni classici e si possono dividere in ormoni con bersaglio ben specifico ed ormoni il
cui bersaglio lorganismo in toto.
Dal punto di vista chimico ci sono gli ormoni proteici, quelli di natura steroidea, i derivati degli aminoacidi e le
catecolamine.
Gli ormoni sono prodotti nelle cellule: alcune di queste hanno una notevole capacit di immagazzinamento, altre invece
sono in grado di produrne una grande quantit in poco tempo. Un esempio di questultimo tipo rappresentato dalla
corticale del surrene che capace di produrre cortisolo in risposta allo stress in poche decine di secondi.
Le risposte agli ormoni possono essere estremamente diverse: gli ormoni tiroidei restano in circolo a lungo ed hanno
unazione che si propaga per ore mentre ladrenalina ha una funzione che si esaurisce in poco tempo. La maggior parte
degli ormoni, comunque, hanno un tempo di emivita piuttosto modesto, dellordine delle decine di minuti.
Gli ormoni sono pi efficaci se rilasciati ad ondate piuttosto che a flusso continuo. Ci dovuto al fatto che gli ormoni
agiscono su recettori i quali riducono la loro densit con un meccanismo di down regulation se la concentrazione
ormonale permane alta. Alcuni ormoni hanno dei ritmi di rilascio caratteristici che possono variare nel corso della
giornata (es. cortisolo) oppure con cicli di pi giorni (ormoni sessuali nella donna).
La concentrazione degli ormoni in circolo pu variare tra i pg/ml ed i g/ml; la media comunque dellordine dei
ng/ml.

GLI ORMONI IPOFISIARI

INTRODUZIONE
Lipofisi una piccola ghiandola di circa 1 cm di diametro e del peso di 0,5-1 g, posta nella sella turcica alla base del
cervello e connessa con lipotalamo mediante il peduncolo ipofisario.
Lipofisi fisiologicamente divisibile in due porzioni distinte: ladenoipofisi (ipofisi anteriore) e la neuroipofisi (ipofisi
posteriore).
Gli ormoni delladenoipofisi sono:
Lormone della crescita (STH);
Ladrenocorticotropina (ACTH);
Lormone stimolante la tiroide (TSH);
La prolattina;
Gli ormoni gonadotropici follicolostimolante e luteinizzante (FSH e LH).
Gli ormoni secreti dalla neuroipofisi sono invece:
Lormone antidiuretico;
Lossitocina.
Lattivit secretoria dellipofisi quasi totalmente sotto il controllo di segnali ormonali o nervosi di origine ipotalamica.
La secrezione della neuroipofisi dipende dalle fibre nervose che hanno origine dallipotalamo e che in essa terminano.
Invece la secrezione delladenoipofisi regolata da ormoni: i fattori ipotalamici liberatori o inibitori. Essi sono secreti
dallipotalamo stesso e poi trasportati allipofisi anteriore mediante i vasi sanguigni nel sistema portale ipotalamo-
ipofisiario.
Lipotalamo riceve segnali da quasi tutte le regioni del sistema nervoso, sia centrale che periferico, per cui esso finisce
per essere un centro di raccolta di informazioni sulle condizioni interne dellorganismo.
Speciali neuroni dellipotalamo sintetizzano e secernono i fattori ipotalamici. Questi neuroni hanno i loro corpi cellulari
in varie zone dellipotalamo e inviano i loro assoni nelleminenza mediana da dove poi riversano i fattori nel circolo
capillare portale.
Gli ormoni liberatori sono i pi importanti per regolare la secrezione degli ormoni adenoipofisiari ma, per quanto
riguarda la prolattina, probabile che sia un ormone inibente ad avere il ruolo dominante.
Le ghiandole bersaglio, stimolate dallipofisi, secernono i loro ormoni i quali tra i vari effetti hanno anche quello di
agire con meccanismo a feedback negativo sullipofisi stessa. Nel bambino, quando ancora questa relazione non si
stabilita, si possono riscontrare dei livelli di certi ormoni molto bassi (es. gonadotropine).
95
Il dosaggio degli ormoni complicato non solo dalla loro bassa concentrazione ma anche per il fatto che vengono
rilasciati ad ondate. Pi importante del dosaggio la velocit di clearance, cio il volume di plasma depurato da una
sostanza nellunit di tempo.
Nel caso di una sostanza qualsiasi se si riesce ad immettere nel tempo una quantit tale di questa sostanza in maniera
che la sua concentrazione nel plasma non vari, allora la velocit di immissione in circolo della sostanza sar uguale alla
velocit di clerance. Da queste misure si pu risalire alla concentrazione plasmatica della sostanza.

LORMONE DELLA CRESCITA (STH o GH)
Lormone della crescita lunico ormone secreto dalladenoipofisi che non agisce stimolando una ghiandola bersaglio
ma che ha invece un effetto generalizzato.
Il GH prodotto da cellule acidofile che rappresentano circa il 40% delle cellule delladenoipofisi. Esso secreto in
risposta a vari fattori ma in linea di massima la sua produzione massima durante ladolescenza per poi calare
progressivamente nel tempo. Lormone attivo a concentrazioni dellordine dei ng.
Esso promuove laccrescimento di tutti i tessuti corporei capaci di crescere, inducendo sia un aumento delle dimensioni
delle cellule sia un incremento della mitosi.
Leffetto pi evidente in tal senso quello sullo scheletro ed dovuto alle azioni che lormone esercita sulle strutture
ossee e sul fegato:
1. aumento della produzione di proteine da parte delle cellule cartilaginee ed osteogeniche responsabili della crescita
dellosso;
2. aumento dellattivit riproduttiva di queste cellule;
3. conversione dei condrociti in cellule osteogeniche, con deposizione di nuovo osso;
4. induzione nel fegato della produzione di fattori proteici chiamati somatomedine, che hanno un effetto molto potente
di stimolo su tutti gli aspetti del processo di crescita dellosso.
Sono due i meccanismi principali di accrescimento dellosso:
1. accrescimento delle cartilagini epifisiarie. Allo stesso tempo per i condrociti vengono gradualmente trasformati in
osteociti e una volta che epifisi e diafisi si sono saldate lormone non ha pi possibilit di indurre accrescimento;
2. deposizione di nuovo osso da parte degli osteoblasti e rimozione di quello vecchio da parte degli osteoclasti: se il
processo di deposizione ossea prevale su quello di riassorbimento, come in effetti avviene, lo spessore dellosso
aumenta.
Vi sono delle ossa piatte e spugnose che non hanno cartilagini di accrescimento vere e proprie ma anche su queste opera
lormone. Nelladulto, dopo che le ossa lunghe si sono saldate, lazione sulle ossa dellormone della crescita si espleta
soprattutto proprio su quelle piatte.
Oltre che sulle ossa, lormone della crescita ha azione anaplastica anche sui muscoli.
A parte la sua azione generale di promozione della crescita, lormone ha numerosi effetti specifici sul metabolismo:
1. Aumento della sintesi proteica in tutte le cellule dellorganismo: lormone della crescita esalta per azione diretta il
trasporto transmembranario degli aminoacidi verso linterno delle cellule. Oltre a ci lormone stimola un aumento
della traduzione dellRNA e, in tempi pi lunghi, stimola altres il processo di trascrizione. Infine oltre allaumento
della sintesi lormone rallenta il processo di degradazione delle proteine cellulari. Con molta probabilit ci
dovuto al fatto che esso mobilizza grandi quantit di acidi grassi dal tessuto adiposo, che a loro volta vengono
utilizzati per fornire energia allorganismo (azione di risparmio delle proteine);
2. Aumento della mobilizzazione degli acidi grassi della riserve adipose e della loro utilizzazione a fini energetici:
sotto linfluenza dellormone della crescita viene utilizzato il grasso per ottenere energia anzich carboidrati e
proteine. Al contempo diminuisce la concentrazione dei lipidi complessi che vengono catturati dalle cellule adipose
per rimpinguare le riserve (riserve le quali vengono rapidamente metabolizzate);
3. Ridotta utilizzazione di glucosio in tutto lorganismo: lormone della crescita stimola in un primo momento
laccumulo di glicogeno nelle cellule, ma non la sua utilizzazione a fini metabolici. Quando le cellule sono sature di
zuccheri essa riduce lassunzione con conseguente resistenza della cellula allazione dellinsulina. Ci:
Determina un aumento della glicemia;
Promuove la secrezione di insulina: la glicemia per non cala e le cellule possono addirittura necrotizzare;
Il ridotto uso di glucosio unito alla forte utilizzazione metabolica degli acidi grassi pu portare a chetoacidiosi.
La secrezione dellormone aumenta e diminuisce nel giro di minuti a volte per motivi non del tutto noti, altre per
situazioni come:
o Uno stato di digiuno, in particolare se accompagnato da grave carenza di proteine;
o Iperglicemia o ridotta concentrazione di acidi grassi nel sangue;
o Esercizio fisico;
o Stato di eccitazione.
Lormone aumenta in maniera peculiare durante le prime due ore di sonno profondo.
La regolazione della secrezione quasi interamente a carico dei due fattori secreti a livello dellipotalamo: lormone
liberatore dellormone della crescita (GHRH) e lormone inibitore dellormone della crescita (GHIH) detto anche
somatostatina. Probabilmente lormone liberatore, pi che quello inibitore, a modulare la liberazione dellormone.
Se si somministra ad un animale lormone della crescita per varie ore, la quantit di ormone liberato dallipofisi si
riduce. Ci sta ad indicare che, cos some succede essenzialmente per tutti gli ormoni, anche la secrezione dellormone
della crescita sottoposta ad un tipico controllo a feedback negativo.
96
Una ridotta secrezione di ormone della crescita porta alla comparsa di una forma di nanismo in cui per non vi
sproporzione tra le varie parti del corpo.

ORMONE ANTIDIURETICO (ADH) ED OSSITOCINA
Lipofisi posteriore o neuroipofisi costituita principalmente da cellule di tipo gliale, dette pituiciti. Queste non
secernono ormoni ma hanno semplicemente una funzione di supporto per le moltissime diramazioni terminali di fibre
nervose provenienti principalmente dai nuclei sopraottico e paraventricolare dellipotalamo.
Le terminazioni nervose sono bottoniformi e prendono rapporto con la parete dei capillari entro cui esse riversano i due
ormoni dellipofisi posteriore: lormone antidiuretico e lossitocina.
LADH viene prodotto principalmente nel nucleo sopraottico, mentre lossitocina principalmente nel nucleo
paraventricolare. Quando vengono trasmessi impulsi nervosi attraverso le fibre lormone viene immediatamente
esocitato ed assorbito dai capillari adiacenti.
La principale funzione della vasopressina si attua a livello renale poich, in assenza di questo ormone, i tubuli ed i dotti
collettori sono del tutto impermeabili allacqua.
A parte leffetto sul rene che si attua a concentrazioni assai piccole di ADH, questo ormone a concentrazioni pi elevate
ha un effetto costrittore molto potente sulle arteriole di tutti i distretti corporei e, pertanto, determina un forte
innalzamento della pressione arteriosa. Per questo motivo lADH viene anche indicato come vasopressina.
Uno degli stimoli che provocano una secrezione molto intensa di ADH la diminuizione del volume ematico. Questo
effetto particolarmente potente quando il volume del sangue diminuisce del 15-20%, con tassi di secrezione ormonale
che aumentano talora sino a 20-50 volte il normale.
Il modo esatto in cui la concentrazione osmotica dei liquidi extracellulari ed il volume ematico controllano la secrezione
dellADH poco chiaro ma probabilmente sono implicati dei neuroni modificati con funzione di osmorecettori che si
trovano a livello dellipotalamo.
Lossitocina un ormone che eccita potentemente lutero gravido, specialmente verso la fine della gestazione. Per
questo motivo si ritiene che questo ormone sia, almeno in parte, responsabile dellespletamento del parto.
Lossitocina ha inoltre una funzione importante nel processo della lattazione poich promuove un meccanismo che
spinge il latte dagli alveoli della ghiandola mammaria nei dotti che lo convogliano al capezzolo, rendendolo cos
disponibile al lattante per la suzione (vedi oltre).

GLI ORMONI TIROIDEI

PRODUZIONE E SECREZIONE DEGLI ORMONI TIROIDEI
La tiroide secerne due importanti ormoni, risultato della condensazione della tirosina e aventi un profondo effetto di
stimolazione sul metabolismo corporeo: la tiroxina (

T
4
) e la triiodotironina (T
3
). Lassenza totale della secrezione
tiroidea causa una caduta del metabolismo basale allincirca del 40-50 % al di sotto della norma mentre, in caso di grave
ipersecrezione il metabolismo basale pu aumentare anche del 60-100% al di sopra del valore normale.
Escludendo la calcitonina, allincirca il 93% della secrezione ormonale della tiroide costituito da tiroxina ed il 7%
dalla triiodotironina. Ma una parte considerevole della tiroxina viene trasformata in triiodotironina nei tessuti periferici,
per cui entrambi gli ormoni sono di grande importanza funzionale e anzi lormone alla fine erogato ai tessuti e da questi
utilizzato prevalentemente la triiodotironina.
Dal punto di vista qualitativo le funzioni di questi due ormoni sono identiche ma differiscono per quanto concerne la
rapidit e lintensit degli effetti ormonali. Difatti la triiodotironina circa quattro volte pi potente rispetto alla tiroxina
ma si trova nel sangue in quantit molto pi piccole e vi persiste per un tempo molto pi breve.
Per produrre normali quantit di tiroxina bisogna ingerire approssimativamente 1 mg di iodio alla settimana.
Gli ioduri assunti oralmente vengono assorbiti dal tubo digerente e riversati in circolo. Solamente circa un quinto dello
iodio inserito non escreto dal rene ma captato dalle cellule della tiroide che posseggono una membrana basale con
un meccanismo di trasporto selettivo di ioduro allinterno della cellula. Questo processo chiamato captazione dello
ioduro.
Ciascuna molecola di tireoglobulina, che costituisce la colloide follicolare, contiene 70 molecole di tirosina le quali,
condensandosi e combinandosi con lo iodio, formano gli ormoni tiroidei. Questi ormoni si formano quindi allinterno
della stessa molecola di tireoglobulina.
Un passo essenziale nella formazione degli ormoni la conversione dello ioduro in una forma ossidata di iodio, reattiva
e capace di combinarsi direttamente con laminoacido tirosina. Lossidazione dello iodio catalizzata dallenzima
perossidasi in presenza di acqua ossigenata. Questo enzima localizzato o nella membrana della parte follicolare della
cellula oppure direttamente nel citoplasma in maniera da rendere lo iodio immediatamente disponibile non appena la
tireoglobulina appena formata esce dal complesso del Golgi. Per rendere pi veloce il processo la reazione di
iodinazione della tireoglobulina catalizzata dallenzima iodasi.
Dopo che la sintesi degli ormoni tiroidei ha avuto luogo ciascuna molecola di tireoglobulina contiene da 1 a 3 molecole
di ormone tiroideo. In tali forme gli ormoni tiroidei restano spesso immagazzinati nei follicoli per vari mesi. Infatti, la
quantit che si accumula sufficiente per garantire per 2-3 mesi il normale fabbisogno di ormoni tiroidei
dellorganismo.
Quando c necessit di ormone tiroidei la tireoglobulina viene ricaptata dalle cellule della tiroide e da essa sono clivate
la tiroxina e la triiodotirosina che, sotto forma di ormoni liberi, sono immessi in circolo.
97
Appena pervenute nel sangue tutta la tiroxina e la triiodotironina, salvo una piccola quota, si combina immediatamente
con diverse proteine plasmatiche. A causa dellaltissima affinit che queste proteine hanno per gli ormoni tiroidei essi
vengono liberati assai lentamente a livello dei tessuti. In particolare della quantit di tiroxina presente nel sangue, ne
viene liberato circa la met ogni sei giorni, mentre della triiodotironina, per la sua minore affinit, ne viene liberata la
met ogni giorno.
I recettori per lormone si trovano sui filamenti del DNA o in loro stretta prossimit.

FUNZIONE DEGLI ORMONI TIROIDEI
Leffetto generale dellormone tiroideo quello di promuovere la trascrizione di un gran numero di geni. Ne risulta
pertanto un aumento generalizzato dellattivit funzionale di tutto lorganismo e quindi del metabolismo basale che pu
raggiungere valori di 3000 Kcal/giorno.
Gli ormoni tiroidei aumentano le attivit metaboliche di tutti o quasi tutti i tessuti del corpo. Lutilizzazione delle
sostanze nutritive a scopi energetici altamente attivata. Oltre alla sintesi proteica aumenta nello stesso tempo anche il
catabolismo proteico. Laccrescimento corporeo fortemente accelerato. I processi mentali si vivacizzano e sale
lattivit della maggior parte delle ghiandole endocrine.
In particolare le azioni degli ormoni tiroidei sono:
Aumento delle dimensioni e del numero dei mitocondri nella maggior parte delle cellule corporee, di conseguenza
aumenta la disponibilit di ATP per le funzioni cellulari;
Aumento dellattivit della pompa Na/K: ci ha un importante effetto sul metabolismo energetico delle cellule dal
momento che il 40% dellenergia viene da esse spesa per mantenere il gradiente ionico;
Esaltazione di tutti gli aspetti del metabolismo dei carboidrati inclusa la glicolisi e la gluconeogenesi. E probabile
che tutti questi effetti dipendano dallaumento globale degli enzimi;
Stimolazione di tutti gli aspetti del metabolismo dei grassi. I depositi di grasso dellorganismo vanno incontro a
delezione in maggior misura di quanto non accada per quasi tutti gli altri costituenti dei tessuti. Di conseguenza
aumenta la quantit degli acidi grassi liberi nel plasma e lormone tiroideo ne accelera notevolmente anche
lossidazione da parte delle cellule. Tuttavia, seppur induca un aumento della concentrazione degli acidi grassi
liberi, un incremento degli ormoni tiroidei comporta una diminuzione del colesterolo, dei fosfolipidi e dei
trigliceridi del plasma.
I trigliceridi diminuiscono perch sono convertiti in acidi grassi e utilizzati. Per quanto riguarda il colesterolo uno
dei meccanismi mediante i quali lormone tiroideo ne riduce la concentrazione consiste nel far aumentare
significativamente la secrezione del colesterolo nella bile e, quindi, la perdita di questo composto nelle feci;
Un forte aumento della secrezione dellormone tiroideo determina quasi sempre diminuzione del peso corporeo,
mentre, al contrario, una forte diminuzione dellormone nella maggior parte dei casi fa aumentare il peso. Allo
stesso tempo per lormone fa aumentare lappetito;
A seguito dellaumento del metabolismo delle cellule sale la
concentrazione di metaboliti vasodilatatori. Conseguentemente si
verifica vasodilatazione nella maggior parte dei tessuti corporei. In
particolare, sale il flusso sanguigno cutaneo per laccresciuta necessit
di eliminare calore. Per via dellaumentato ritorno venoso anche la
gittata cardiaca aumenta;
Laumento dellattivit enzimatica prodotto da una maggiore
secrezione di ormone tiroideo provoca un aumento dellinotropismo;
La frequenza cardiaca aumenta considerevolmente, molto pi di quanto
ci si potrebbe attendere semplicemente in base allaumento della gittata
cardiaca. Perci, probabile che lormone abbia un effetto diretto
sulleccitabilit del cuore;
La pressione arteriosa media di solito non viene modificata. Tuttavia,
essendo diminuite le resistenze, diminuisce la pressione diastolica. Al contempo per cresce la pressione sistolica;
Laumento del metabolismo accresce il consumo di ossigeno e la produzione di CO
2
: questi effetti stimolano la
frequenza e la profondit del respiro;
Lormone tiroideo esalta sia lattivit secretoria che quella motoria del tubo gastroenterico;
In generale lormone esalta la velocit dei processi mentali;
Un lieve aumento dellormone tiroideo di solito conferisce maggior vigore alla risposta muscolare. Ma se
laumento eccessivo i muscoli diventano deboli per via dellaccresciuto catabolismo proteico;
A causa dellazione spossante dellormone tiroideo sulla muscolatura e sul sistema nervoso centrale, lipertiroideo
spesso avverte una sensazione continua di stanchezza. Tuttavia il sonno diventa difficile perch le sinapsi sono
ipereccitate;
Un aumento dellattivit tiroidea provoca anche una maggior secrezione di gran parte delle ghiandole endocrine,
per laccresciuta richiesta dei corrispondenti ormoni da parte dei tessuti.

REGOLAZIONE DELLA SECREZIONE
Il controllo della secrezione adenoipofisiaria di TSH viene esercitato da un ormone ipotalamico, lormone liberatore
della tireotropina.
98
Lormone ipofisario tireostimolante (TSH):
1. fa aumentare la proteolisi della tireoglobulina nei follicoli;
2. esalta lattivit della pompa dello iodio;
3. incrementa la iodazione della tirosina;
4. provoca aumento delle dimensioni delle cellule tiroidee e ne esalta lattivit secretoria;
5. fa aumentare di numero delle cellule tiroidee.
Per mantenere il metabolismo basale ad un livello normale deve essere prodotta con costanza esattamente la giusta
quantit di ormone tiroideo e devessere inoltre operante un meccanismo a feedback specifico in modo da regolare la
secrezione tiroidea a seconda delle esigenze metaboliche dellorganismo.
Tra le condizioni che fanno aumentare la secrezione di TRH da parte dellipotalamo e quindi quella di TSH, una delle
pi note lesposizione dellorganismo al freddo.
Varie reazioni emozionali possono pure influenzare la secrezione di TRH e di TSH. Paradossalmente per gli stati di
estrema eccitazione ed ansiet, condizioni che attivano fortemente il simpatico, provocano una diminuzione acuta della
secrezione di TSH, forse perch questi stati fanno aumentare il metabolismo energetico e il calore corporeo, ed hanno
quindi leffetto sui centri termoregolatori di attivare la termodispersione.
Laumento degli ormoni tiroidei nei liquidi corporei fa diminuire la secrezione adenoipofisiaria di TSH. Questo effetto
si verifica anche se lipofisi isolata ma probabile che anche la liberazione di TRH da parte dellipotalamo sia
influenzata dai livelli di T
3
e T
4
. Leffetto di questo meccanismo quello di mantenere una concentrazione pressoch
costante dellormone tiroideo libero nei liquidi circolanti nellorganismo.
Una insufficiente produzione di ormone tiroideo porta ad una forma di nanismo non proporzionato associato a deficit
mentali.

GLI ORMONI CORTICOSURRENALICI

INTRODUZIONE
La corteccia surrenale secerne un gruppo di ormoni del tutto differenti, detti corticosteroidi. Questi ormoni vengono
sintetizzati a partire dal colesterolo ed hanno strutture chimiche similari. Le lievissime differenze che li
contraddistinguono sono tuttavia tali da conferire ad ognuno di essi profili funzionali assai diversi.
Si possono distinguere due tipi principali di corticosteroidi: i mineralcorticoidi e i glicocorticoidi. Oltre a questi, sono
secreti dalla corteccia surrenale anche piccole quantit di ormoni sessuali, soprattutto ormoni androgeni, che
posseggono pressappoco gli stessi effetti del testosterone.
I mineralcorticoidi debbono il loro nome al fatto che influenzano prevalentemente gli elettroliti presenti nei liquidi
extracellulari, in particolare sodio e potassio. I glicocorticoidi si chiamano cos perch hanno una notevole capacit di
far accrescere la concentrazione di glucosio nel sangue.
Dalla corteccia surrenale sono stati isolati pi di trenta ormoni steroidei differenti, ma di questi soltanto due hanno una
particolare importanza per le funzioni endocrine dellorganismo: laldosterone, che il principale mineralcorticoide, ed
il cortisolo, che costituisce il glicocorticoide pi importante.

SINTESI E SECREZIONE DEGLI ORMONI
La corteccia del surrene composta da tre differenti strati:
Zona glomerulosa: un sottile strato di cellule poste al di sotto della capsula e che forma circa il 15% della
corticale surrenale. Le cellule di questo strato sono le sole capaci di secernere significative quantit di aldosterone.
La sua secrezione viene controllata principalmente dalla concentrazione del liquido extracellulare dellangiotensina
II e del potassio;
Zona fascicolata: lo strato intermedio e costituisce circa il 75% di tutta la corteccia surrenalica. Essa secerne i
glicocorticoidi e lattivit delle cellule che costituiscono questo strato viene controllata in gran parte dallasse
ipotalamo-ipofisiario mediante lormone adrenocorticotropo (ACTH).
Zona reticolare: lo strato pi profondo e costituisce solo il 10% della corteccia. In questo strato sono secreti gli
ormoni androgeni e lattivit delle cellule anche in questo caso stimolata dallACTH, anche se altri fattori vi
possono concorrere.
Sebbene le cellule della corticale surrenale possano sintetizzare ex novo piccole quantit di colesterolo a partire
dallacetato, quasi l80% del colesterolo usato per la sintesi degli steroidi viene fornito dalle LDL.
La velocit di trasporto del colesterolo nelle cellule un fattore che regola la quantit di ormoni prodotti: cos lACTH
stimola la sintesi di recettori per le LDL e promuove lattivit degli enzimi che liberano il colesterolo da queste
lipoproteine.
Una volta sintetizzato e liberato in circolo il cortisolo si combina con la trascortina (globulina legante il cortisolo).
Normalmente il 95% del cortisolo si trova in maniera legata e questo fatto rallenta leliminazione dellormone dal
plasma tanto che lemivita del cortisolo piuttosto lunga, da 60 a 90 minuti. Laldosterone, invece, si combina solo
labilmente con le proteine plasmatiche cos che il 40% circa si trova in forma libera e, di conseguenza, mostra una
emivita pi breve.



99
LALDOSTERONE
Laldosterone promuove lassorbimento di sodio e la simultanea escrezione di potassio soprattutto a carico delle cellule
dellepitelio tubulare renale ma anche in altri distretti come nelle ghiandole salivari e in quelle sudoripare.
A livello delle cellule intercalari del dotto collettore corticale, inoltre, laldosterone stimola la secrezione di idrogeno
nel lume tubulare mediante due pompe: una pompa H
+
ATPasi e una pompa K
+
/H
+
ATPasi. Questultima determina il
riassorbimento di parte del potassio secreto, ma comunque leffetto netto dellaldosterone la perdita sia di K
+
che di
H
+
.
Questo ormone, infine, esalta fortemente lassorbimento del sodio a livello intestinale, specialmente nel colon,
impedendone cos la perdita con le feci.
Laldosterone, nonostante la sua potente azione nel ridurre leliminazione di ioni sodio da parte dei reni, fa aumentare
solo di poco la concentrazione di questo ione nel liquido extracellulare. Il motivo di tutto ci che il riassorbimento del
sodio da parte dei tubuli si accompagna al riassorbimento osmotico di quantit quasi equivalenti di acqua.
Un aumento del volume del liquido extracellulare che duri da uno a due giorni finisce col causare un aumento della
pressione arteriosa. A questo innalzamento fa seguito poi un forte incremento dellescrezione renale a causa della
diuresi e natriuresi da pressione. Questo fenomeno rappresenta la cosiddetta fuga dallaldosterone in virt della quale,
a lungo termine, lorganismo non ha a lungo termine alcun guadagno netto di acqua e sale dallazione dellaldosterone
(a meno che non si parta da una situazione di ipovolemia).
Quando invece la secrezione di aldosterone si riduce a zero, quantit molto grandi di sale vengono perse con le urine, il
che comporta non solo una diminuzione della quantit di cloruro di sodio presente nel liquido extracellulare ma anche
una riduzione del volume del liquido con conseguente disidratazione.
Per quanto riguarda la regolazione della secrezione di aldosterone, essa dipendente da quattro fattori:
1. un aumento della concentrazione di ioni potassio nel liquido extracellulare incrementa notevolmente la secrezione
di aldosterone;
2. un aumento dellattivit del sistema renina-angiotensina, conseguente ad un calo di pressione arteriosa dovuta ad
ipovolemia, incrementa notevolmente la secrezione di aldosterone;
3. un aumento della concentrazione di ioni sodio nel liquido extracellulare riduce leggermente la secrezione di
aldosterone;
4. lormone adrenocorticotropo (ACTH), escreto dalladenoipofisi, necessario per la secrezione dellaldosterone ma
ha uno scarso effetto di controllo della velocit di secrezione.
Tra questi fattori sicuramente i primi due sono i pi importanti.

IL CORTISOLO
Il cortisolo il pi importante tra i glicocorticoidi anche se possiede pure una, seppur di secondaria importanza,
funzione mineralcorticoide. Il cortisolo funziona essenzialmente stimolando lattivit di moltissimi enzimi, non
semplicemente di quelli coinvolti nel metabolismo glucidico.
Tuttavia, tra gli effetti metabolici del cortisolo il pi conosciuto quello relativo alla sua capacit di stimolare la
gluconeogenesi epatica (una funzione tipica del digiuno), provocandone un aumento anche di 6-10 volte. Ci dipende
dal fatto che il cortisolo:
1. fa aumentare tutti gli enzimi necessari per convertire gli aminoacidi in glucosio nelle cellule epatiche;
2. provoca mobilizzazione di aminoacidi dai tessuti extraepatici, principalmente da quello muscolare. Una maggiore
quantit di aminoacidi viene cos ad essere disponibile nel plasma per il
processo di gluconeogenesi epatica.
Lincremento della gluconeogenesi e la riduzione, sebbene modesta,
dellutilizzazione del glucosio da parte delle cellule fanno aumentare la
glicemia e, di conseguenza, la secrezione di insulina. Tuttavia, allo stesso
tempo, i glicocorticoidi riducono la sensibilit allinsulina di molti tessuti,
in particolare del muscolo scheletrico e del tessuto adiposo. La glicemia
perci si stabilizza a valori maggiori di quanto avverrebbe se lazione del
cortisolo mancasse. Questo aumento pu essere a volte cos elevato da
giustificare il termine di diabete surrenalico.
Come si vede dal disegno il sistema a feedback dellinsulina prevede che
laumento della glicemia implichi un aumento della concentrazione di
insulina nel sangue (retta nera). Laumento della concentrazione di insulina
fa per diminuire la glicemia (retta blu) fino al raggiungimento del punto di
equilibrio ad una glicemia Y ed una concentrazione di insulina Y. Quando
invece la sensibilit delle cellule allazione dellinsulina ridotta a causa
del cortisolo lefficienza dellinsulina nel ridurre la glicemia ridotta (retta
rossa). Il punto di equlibrio pertanto spostato ad una concentrazione di
insulina X > X e, soprattutto, ad una glicemia Y > Y
Ovviamente questo unanalisi che riflette solo parzialmente la condizione reale perch le riserve di glucosio non sono
infinite e la glicemia cala (insieme con la concentrazione di insulina) un po alla volta, man mano che le cellule lo
utlizzano.
Gli effetti del cortisolo non si esauriscono con lazione sul metabolismo dei carboidrati, ma coinvolgono anche il
metabolismo di proteine e lipidi.
100
Uno dei principali effetti del cortisolo sui sistemi metabolici dellorganismo difatti la riduzione delle riserve proteiche
in tutte le cellule, salvo che in quelle del fegato. Ci dovuto sia ad una diminuzione della sintesi proteica sia a causa di
un diminuito trasporto di aminoacidi alle cellule che ad un aumento del catabolismo delle proteine gi formate
allinterno delle cellule. La conseguenza di questi due processi che la concentrazione di aminoacidi liberi nel sangue
sale e perci si suole dire che il cortisolo mobilizza gli aminoacidi dai tessuti extraepatici.
Mentre il contenuto proteico dei vari distretti dellorganismo diminuisce, le proteine epatiche crescono come pure le
proteine plasmatiche (che vengono prodotte proprio dal fegato). Ci potrebbe essere in parte spiegato con laumento del
trasporto degli aminoacidi allinterno degli epatociti.
Cos come promuove la mobilizzazione degli aminoacidi, il cortisolo promuove anche la mobilizzazione degli acidi
grassi dal tessuto adiposo. Ci, a sua volta, eleva la concentrazione plasmatica degli acidi grassi liberi e ne incrementa
lutilizzazione a fini energetici. Laumentata mobilizzazione dei grassi, unita alla loro aumentata ossidazione nelle
cellule, rappresenta uno dei fattori che, in caso di digiuno od in altre condizioni di stress, concorrono a far deviare i
sistemi metabolici cellulari a fini energetici di glucosio a quella di acidi grassi.
Un ultimo effetto importante del cortisolo, non fisiologico ma di notevole importanza terapeutica, quello
antinfiammatorio. Lazione complessa perch tocca tutte le branche del sistema immunitario: riduce la permeabilit
dei capillari, riduce la proliferazione dei linfociti, riduce la secrezione di IL-1, riduce la produzione di eosinofili
Il cortisolo uno dei pochi ormoni steroidei che non possiede una proteina che lo veicola nel sangue.
Quasi tutti i tipi di stress, fisico e mentale, sono in grado di provocare un aumento della secrezione di corticotropina. Il
cortisolo pertanto considerato il fattore dellemergenza a lungo termine (mentre ladrenalina quello a breve
termine).
Le secrezione di CRH (ormone liberatore della corticotropina), di ACTH e di cortisolo sono tutte pi elevate nelle
prime ore del mattino e pi basse a tarda sera. La variazione ciclica della secrezione cos rilevante che, per stabilire il
tasso plasmatico di cortisolo, necessario tener conto dellorario della giornata nel quale lo si dosa.

LINSULINA E IL GLUCAGONE

Oltre a svolgere funzioni digestive, il pancreas secerne due importanti ormoni: linsulina ed il glucagone. Esso secerne
inoltre altri ormoni (lamilina, la somatostatina e il polipeptide pancreatico) le cui funzioni sono per poco note.

INTRODUZIONE SULLINSULINA
Linsulina un ormone proteico, derivante dal clivaggio della proinsulina, costituito da due catene unite da due ponti
disolfuro. Essa interagisce con recettori di membrana formati da almeno quattro molecole di cui due monomeri che
sporgono nello spazio extracellulare e due che invece trasducono il segnale nel citoplasma. In seguito al legame con
lormone la porzione intracitoplasmatica acquisisce attivit chinasica.
Linsulina da tutti associata al concetto di glicemia e non vi dubbio che questo ormone abbia effetti profondi sul
metabolismo dei carboidrati. Tuttavia sono soprattutto le turbe del metabolismo dei grassi, che possono provocare
arteriosclerosi ed acidosi, che sono le usuali cause di morte nel paziente diabetico. Invece nel diabete di lunga durata il
paziente va incontro ad una grave consunzione ed a diverse alterazioni funzionali dovute alla compromissione della
capacit di sintetizzare proteine. E chiaro, quindi, che linsulina agisce sul metabolismo dei grassi e delle proteine
quasi altrettanto che su quello dei carboidrati.
Questo ormone viene secreto in forte quantit quando lapporto di alimenti energetici con la dieta abbonda. In questa
situazione linsulina ha una importante funzione nella conservazione delle sostanze energetiche in eccedenza. Nel caso
dei carboidrati ne facilita il deposito come glicogeno principalmente nel fegato e nei muscoli. Per i grassi, essa
promuove la loro conservazione nel tessuto adiposo. Inoltre converte in grassi tutti i carboidrati in eccesso che non
possono essere convertiti in glicogeno. Nel caso delle proteine, infine, linsulina esercita un effetto diretto nel
promuovere la captazione di aminoacidi da parte delle cellule e la loro utilizzazione per la formazione di proteine. Essa,
inoltre, inibisce la demolizione delle proteine che sono gi presenti nelle cellule.

EFFETTI SUL METABOLISMO DEI CARBOIDRATI
Durante la maggior parte della giornata il tessuto muscolare dipende per le sue richieste energetiche non dal glucosio,
ma dagli acidi grassi. La principale ragione di tutto ci sta nel fatto che la membrana del muscolo a riposo assai poco
permeabile al glucosio.
Esistono per due condizioni nelle quali i muscoli per soddisfare le loro richieste di energie utilizzano grandi quantit di
glucosio:
1. periodo postprandiale (prime ore dopo il pasto): in questo periodo la concentrazione del glucosio nel sangue alta
ed il pancreas secerne notevoli quantit di insulina. Essa ha un effetto diretto sulla membrana delle fibre muscolari
aumentando di almeno 15 volte la velocit di trasporto del glucosio nella fibra muscolare a riposo;
2. esercizio fisico: in questo caso lutilizzazione del glucosio non richiede forti quantit di insulina poich le fibre
muscolari, per ragioni ignote, diventano assai permeabili al glucosio anche in assenza dellormone.
Se i muscoli non sono in attivit durante il periodo postprandiale, gran parte del glucosio che in tale fase entra in grosse
quantit nelle fibre muscolari, non venendo utilizzato a fini energetici, viene immagazzinato sotto forma di glicogeno
muscolare. Questo glicogeno pu essere impiegato in un secondo tempo.
Oltre che nel muscolo, linsulina stimola potentemente lassunzione del glucosio da parte degli epatociti dove esso
viene immagazzinato sotto forma di glicogeno. Successivamente, negli intervalli tra un pasto e laltro, quando la
101
glicemia comincia a scendere, lazione dellinsulina cessa e il glicogeno epatico si scinde nuovamente in glucosio che
dal fegato viene immesso nel circolo sanguigno in modo che la glicemia non si abbassi troppo.
Quando la quantit di glucosio che entra nelle cellule epatiche maggiore di quella che pu essere immagazzinata sotto
forma di glicogeno linsulina promuove la conversione del glicogeno in eccesso in acidi grassi i quali, successivamente,
sono trasportati al tessuto adiposo sotto forma di VLDL.
Il tessuto cerebrale differisce nettamente da quasi tutti gli altri tipi di tessuto dellorganismo in quanto su di esso
linsulina ha un effetto assai scarso o addirittura assente per quando riguarda lassunzione o lutilizzazione di glucosio.
Le cellule cerebrali sono infatti permeabili al glucosio senza richiedere lintervento dellinsulina.

EFFETTI SUL METABOLISMO DEI GRASSI
Seppur con effetti non cos eclatanti ed acuti come quelli sul metabolismo dei carboidrati, linsulina agisce anche sul
metabolismo dei grassi e questa sua azione, alla lunga, ugualmente importante. Ne costituisce una testimonianza il
fatto che una carenza di insulina porta a lungo termine ad arteriosclerosi ed altre malattie cardiovascolari.
Linsulina ha vari effetti che conducono tutti ad un aumento dellimmagazzinamento dei grassi nel tessuto adiposo. Uno
di questi legato semplicemente al fatto che linsulina aumenta lutilizzazione del glucosio da parte della maggioranza
dei tessuti corporei, il che si traduce in un risparmio di grassi.
Ma linsulina, oltre a ci, promuove la sintesi di acidi grassi, soprattutto quando vengono introdotti quantit di
carboidrati maggiori di quelle necessarie per fini energetici immediati. Come detto questo processo avviene soprattutto
a livello degli epatociti.
A livello degli adipociti linsulina attiva la lipoproteinlipasi, enzima che scinde i trigliceridi delle lipoproteine liberando
nuovamente gli acidi grassi, che solo cos possono essere assorbiti nelle cellule adipose. Altri due effetti importanti
dellinsulina a livello del tessuto adiposo sono linibizione della lipasi e la promozione del trasporto di glucosio, il
quale, allinterno delle cellule, viene utilizzato per formare glicerolo.
Quando cessa la secrezione di insulina tutti gli effetti sopra elencati con i quali lormone promuove
limmagazzinamento dei grassi sono invertiti. Di conseguenza, aumenta nel giro di qualche minuto la concentrazione
plasmatica degli acidi grassi liberi che finiscono col diventare in queste condizioni il principale substrato energetico
utilizzato dai tessuti dellorganismo (salvo, ovviamente, il SNC per il quale conservato il glucosio ematico).
Quando non disponibile linsulina limmagazzinamento dei grassi trasportati dalle VLDL epatiche quasi del tutto
bloccato: ci determina, nei diabetici, un aumento dei valori dei lipidi ematici (in particolare del colesterolo, nel quale
una parte dei lipidi in eccesso vengono convertiti) e la comparsa di malattie cardiovascolari.
La mancanza di insulina provoca anche un eccessiva produzione di acido acetacetico perch lossidazione degli acidi
grassi procede con notevole rapidit ma gli intermedi del ciclo di Krebs, che derivano dal glucosio, non sono disponibili
a causa del mancato trasporto di carboidrati mediato dallinsulina.

EFFETTI SUL METABOLISMO DELLE PROTEINE
Durante le prime ore dopo un pasto vengono immagazzinate nei tessuti non solamente carboidrati e grassi ma anche
proteine ed necessaria linsulina perch ci possa avvenire. Gli effetti che linsulina ha nei confronti del metabolismo
proteico sono:
promuove il trasporto attivo di molti aminoacidi dallesterno allinterno delle cellule. Linsulina condivide con
lormone della crescita queste propriet, ma gli aminoacidi non sono necessariamente gli stessi;
ha un effetto diretto sui ribosomi provocando un aumento della traduzione di mRNA;
se lazione pi protratta linsulina promuove anche un incremento della trascrizione di mRNA, in particolare di
enzimi per immagazzinamento dei carboidrati, grassi e proteine;
inibisce il catabolismo delle proteine.
Quando linsulina manca cessa in pratica qualsiasi processo di immagazzinamento delle proteine. Il loro catabolismo
aumenta, la sintesi invece si arresta e grandi quantit di aminoacidi si riversano nel plasma. La maggior parte di essi
vengono utilizzati a scopo energetico oppure come substrato per la gliconeogenesi.
Unultima considerazione da fare che leffetto dellinsulina e dellormone della crescita nel determinare una crescita
tessutale modesto se questi ormoni agiscono singolarmente mentre molto pi potente della somma dei loro effetti se
agiscono in contemporanea: ci significa che, pur ognuno con le sue competenze, tra i due ormoni si verifica
sinergismo.

CONTROLLO SULLA SECREZIONE DELLINSULINA
Ai normali valori di glicemia a digiuno, di 80-90 mg/100 ml, la secrezione dellinsulina minima. Se per la
concentrazione del glucosio ematico sale a un livello di 2-3 volte superiore a quello normale e si mantiene su questi
valori allora la secrezione aumenta nettamente in due fasi distinte:
1. un primo aumento, fino a 10 volte, si ha entro 3-5 minuti dal picco glicemico ed dovuto ad insulina preformata
che viene immediatamente immessa in circolo dalle cellule beta delle isole di Langherans;
2. dopo circa 15 minuti la secrezione si innalza una seconda volta, raggiungendo in 2/3 ore un nuovo plateau, ad un
livello di solito anche pi alto di quello della fase iniziale. Questo aumento dovuto allattivazione del sistema
enzimatico che sintetizza linsulina.
Questa risposta della secrezione insulinica allaumento della concentrazione ematica di glucosio rappresenta un
meccanismo a feedback di estrema importanza per la regolazione della glicemia. In altre parole, laumento del glucosio
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fa aumentare la secrezione di insulina e questa, a sua volta, promuove il trasporto di glucosio nelle cellule riportando la
glicemia a livelli normali.
Unazione stimolante della secrezione dellinsulina posseduta dalla maggior parte degli aminoacidi: questo effetto
molto poco efficace se si espleta in una situazione di bassa glicemia, ma se ad un iperglicemia si associa unalta
concentrazione di aminoacidi allora la secrezione di insulina pu risultare raddoppiata rispetto a quella che sarebbe
indotta dalla sola iperglicemia.

IL GLUCAGONE
Il glucagone, ormone secreto dalle cellule alfa delle isole di Langherans quando i valori glicemici sono bassi, ha vari
effetti che sono diametralmente opposti a quelli dellinsulina. Per questo motivo, il glucagone viene spesso indicato
come fattore iperglicemizzante.
I due effetti principali del glucagone sul metabolismo del glucosio sono la scissione del glucosio epatico e laumento
della gliconeogenesi. Esso inoltre aumenta la captazione di aminoacidi dal sangue da parte delle cellule epatiche,
rendendone quindi disponibile una maggiore quantit per la conversione in glucosio.
La maggior parte degli altri effetti del glucagone si verifica solo quando la sua concentrazione nel sangue sale di molto
al di sopra di quella normale. Il pi importante tra questi effetti forse lattivazione della lipasi delle cellule adipose,
che rende disponibili maggiori quantit di acidi grassi per i sistemi energetici dellorganismo. Il glucagone, inoltre,
inibisce limmagazzinamento dei trigliceridi nel fegato, opponendosi cos alla rimozione epatica degli acidi grassi dal
sangue. Anche queste effetto concorre quindi a mettere a disposizione degli altri tessuti del corpo maggiori quantit di
acidi grassi.
Per quanto riguarda i meccanismi regolatori, la concentrazione del glucosio nel sangue di gran lunga il fattore pi
potente nel controllo della secrezione del glucagone. Ma anche concentrazioni elevate di aminoacidi nel sangue, come
accade dopo un pasto ricco di proteine, stimolano la secrezione di glucagone. Lo stesso effetto stimolante si ha anche
sulla secrezione di insulina. Di conseguenza i due sistemi in questo caso non hanno effetti opposti, ma lobbiettivo del
glucagone quello di promuovere una rapida conversione degli aminoacidi in glucosio, rendendone in tal modo
disponibile una quantit ancora pi elevata per i tessuti.

IMPORTANZA DELLA GLICEMIA
Perch importante che la glicemia sia regolata in maniera che essa si mantenga su livelli costanti:
Se il valore della glicemia troppo basso il cervello, la retina e lepitelio germinativo delle gonadi, per i quali il
glucosio rappresenta (quasi) lunico fattore nutrizionale, non possono soddisfare i propri bisogni energetici;
Se il valore della glicemia troppo alto il glucosio esercita una pressione osmotica nel liquido extracellulare tale
che si verificherebbe una forte disidratazione cellulare. In secondo luogo si verificherebbe glicosuria e, per osmosi,
una aumentata diuresi che potrebbe provocare disidratazione dellorganismo. Infine, un aumento duraturo della
glicemia pu danneggiare molti tessuti, in particolare i vasi sanguigni. Il danneggiamento della parete vasale che si
manifesta nel diabete incontrollato, aumenta il rischio di infarto, ictus, patologie renali e cecit.

LOSSO, LORMONE PARATIROIDEO E LA CALCITONINA

REGOLAZIONE E METABOLISMO DEL CALCIO E DEL FOSFORO
La regolazione della concentrazione del calcio nel liquido extracellulare regolata in maniera molto precisa tanto che
solo raramente si osservano variazioni significative dal valore normale (9,4 mg/100 ml o 2,4 mM o 4,8 mEq/l). Questo
sistema di controllo vitale in quanto il calcio importante in molte funzioni fisiologiche, come nella contrazione
muscolare, nella coagulazione del sangue e nella trasmissione dellimpulso nervoso. In particolare i neuroni sono molto
sensibili alle variazioni della concentrazione del calcio come dimostrato dalla progressiva depressione del sistema
nervoso causata dallipercalcemia e, al contrario, al fatto che lipocalcemia fa aumentare leccitabilit del sistema
nervoso (tetania ipocalcemica).
Un aspetto importante che solo lo 0,1% del calcio totale contenuto nellorganismo si trova nel liquido extracellulare,
l1% nelle cellule e la parte restante nelle ossa che, quindi, funzionano come grande serbatoio di calcio.
Del calcio presente nel plasma il 41% combinato con le proteine plasmatiche e di conseguenza non pu diffondere
attraverso la parete dei capillari. Circa il 9% diffusibile ma combinato con altre sostanze (es. citrato) in modo da non
trovarsi in forma ionica. Il rimanente 50% costituito da calcio libero e in forma ionica. In base a queste considerazioni
la concentrazione del calcio ionizzato, che quello che ha importanza per la maggior parte delle funzioni che il calcio
stesso svolge nellorganismo, ammonta a circa 2,4 mEq/l.
Per quanto riguarda il fosfato inorganico esso si trova principalmente in due forme: HPO
4
2-
e H
2
PO
4
-
. La concentrazione
di HPO
4
2-
di circa 1,05 mM mentre quella di H
2
PO
4
-
di circa 0,26 mM. Quando aumenta la concentrazione totale del
fosfato nel liquido extracellulare, aumenta quella di entrambi i tipi di ioni. Il loro reciproco rapporto invece funzione
del pH, fungendo essi da sistema tampone (quindi se il pH diminuisce si ha un aumento relativo di H
2
PO
4
-
).
Ph = pK + log (HPO
4
2-
/H
2
PO
4
-
) = 6.8 + log4 = 7,4
La quantit totale media di fosforo inorganico, rappresentata da entrambi i tipi di ioni di circa 4mg/100ml. Se la
concentrazione del fosfato varia anche di molto rispetto alla norma non si verificano nellorganismo effetti immediati
significativi se non la mancata efficienza del sistema tampone.
Il calcio ed il fosforo vengono assunti in media in misura di 1 g al giorno. Normalmente i cationi bivalenti come gli ioni
calcio vengono scarsamente assorbiti attraverso la mucosa intestinale. La vitamina D per promuove lassorbimento del
103
calcio in misura del 35% circa di quanto ingerito. Tuttavia 250 mg di calcio vengono secreti dallapparato
gastrointestinale e persi con le feci. Di conseguenza il 90% del grammo di calcio ingerito viene escreto con le feci.
Il fosfato viene invece assorbito facilmente tanto che quasi tutto il fosfato ingerito con gli alimenti viene assorbito
dallintestino nel sangue.
Circa 100 mg di calcio (cio la quota assorbita nellintestino) viene secreto ogni giorno con le urine. Il calcio filtrato
viene riassorbito a livello del tubulo. Nel tubulo distale per il riassorbimento del calcio strettamente dipendente dalla
calcemia. Quando questa concentrazione bassa il riassorbimento di calcio in queste regioni del nefrone aumenta, in
modo da impedirne la perdita con le urine. Quando invece la calcemia aumenta lescrezione renale di calcio sale
rapidamente.
Il fosfato una sostanza con soglia renale: quando la concentrazione plasmatica scende al di sotto del valore critico di
1mM esso non viene perduto con le urine ma, al di sopra di questa concentrazione, la sua perdita direttamente
proporzionale rispetto alla quantit eccedente questo valore limite. Sicch il rene regola la concentrazione del fosfato
nel liquido extracellulare modificandone lescrezione a seconda della concentrazione plasmatica.

LOSSO
Losso costituito da una consistente matrice organica la quale notevolemente rinforzata da deposizione di sali di
calcio. Losso compatto contiene in peso circa il 70% di sali ed il 30% di matrice.
La matrice organica formata per la gran parte da fibre collagene e per il rimanente da un mezzo omogeneo detto
sostanza fondamentale. Questultima costituita da liquido extracellulare contenente proteoglicani.
I cristalli salini depositati nella matrice organica dellosso sono costituiti principalmente da calcio e fosfato che formano
insieme lidrossiapatite: Ca
10
(PO
4
)
6
(OH)
2
.
Ioni magnesio, sodio, potassio e carbonato sono pure presenti nei sali dellosso ma non in forme cristalline ben definite.
Le fibre collagene dellosso, come quelle dei tendini, sono dotate di una forte resistenza alla tensione mentre i sali
offrono una grande resistenza alla compressione.
Il primo stadio della formazione dellosso la secrezione da parte degli osteoblasti della sostanza fondamentale e di
collagene. Ne risulta un tessuto osteoide, simile a cartilagine, da cui differisce per il fatto che vi precipitano sali di
calcio. Appena questo tessuto si forma in esso restano intrappolati alcuni osteoblasti che a questo punto sono definiti
osteociti.
Pochi giorni dopo che si formato il tessuto osteoide, i sali di calcio cominciano a precipitare sulla superficie delle fibre
collagene. I primi sali di calcio che si depositano non sono cristalli di idrossiapatite ma composti amorfi che alla fine
costituiranno circa il 20-30% della matrice inorganica dellosso. Parte di questi sali amorfi (unito al calcio presente
nelle cellule tissutale, che rappresenta per solo una piccola quota) rappresentano il calcio scambiabile, sempre in
equlibrio con gli ioni calcio dei liquidi extracellulari. Esso costituisce un meccanismo tampone rapido per impedire
variazioni della calcemia.
Losso continuamente riassorbito e ridepositato, in maniera che lo scheletro possa essere addattato alle sollecitazioni
meccaniche. Il processo di assorbimento effettuato ad opera degli osteoclasti che rimuovono tessuto scavando in tre
settimane una cavit di qualche mm. Al termine di questo periodo gli osteoclasti scompaiono e la cavit viene invasa
dagli osteoblasti che cominciano a deporre nuovo osso. Il processo caratterizzato dalla formazione di lamelle
concentriche intorno ai vasi sanguigni che scorrono allinterno dellarea scavata dagli osteoblasti. Pertanto il canale
attraverso il quale questi vasi decorrono, il canale di Havers, tutto ci che rimane della cavit originaria.
Ciascuna area di nuova formazione ossea cos costituita viene denominata osteone.
Nota: le concentrazioni degli ioni calcio e fosfato nel liquido extracellulare sono considerevolmente pi elevate di
quelle che sarebbero sufficienti a provocare la precipitazione di idrossiapatite. Tuttavia in quasi tutti i tessuti corporei
sono presenti inibitori, come il pirofosfato, che impediscono questa precipitazione. Perci, nonostante lo stato di
soprasaturazione di questi ioni, solo nellosso precipitano cristalli di idrossiapatite.

I DENTI
I denti sono costituiti da tre matrici. La pi esterna lo smalto formato da fibre ancora pi resistenti del collagene e da
depositi minerali. Pi internamente c la dentina che differisce dallosso per il fatto che non ci sono elementi cellulari
al suo interno. Le cellule sono invece contenute nella cavit del dente ed estroflessioni cellulari raggiungono la dentina.
Infine troviamo, alla congiunzione tra osso e dente, il cemento: un collante osseo attraversato a ponte da fibre collagene.

LA VITAMINA D
Appartengono al gruppo della vitamina D diversi composti derivati da steroli. Tra questi composti il pi importante il
colecalciferolo o vitamina D
3
. Questa, in massima parte, si forma nella pelle per irradiazione del 7-deidrocolesterolo ad
opera dei raggi ultravioletti del sole.
La vitamina D non di per s in grado di svolgere le proprie funzioni se prima non trasformata nella sua forma attiva.
Il primo passo nellattivazione del colecalciferolo consiste nella sua conversione nel fegato a 1-idrossicolcalciferolo. Il
processo per autolimitato perch questo composto ha unazione di inibizione a feedback sullenzima che ne opera la
sintesi. La conversione del 1-idrossicalciferolo nella sua forma attiva, il 1,25-diidrossicalciferolo, si attua nei tubuli
prossimali a livello renale. Questa conversione richiede la presenza dellormone paratiroideo e pertanto il paratormone
esplica una potente azione nel determinare gli effetti funzionali della vitamina D nellorganismo.
Effetti della forma attiva della vitamina D:
104
A livello intestinale la vitamina funziona essa stessa come un ormone nel promuovere lassorbimento intestinale
di calcio. Questo effetto consiste principalmente nel far aumentare la formazione di una proteina legante calcio
nelle cellule dellepitelio intestinale. Analogamente nellintestino la vitamina D promuove lassorbimento del
fosfato: si tratta comunque di un effetto di importanza assai meno rilevante, giacch di solito il fosfato viene
assorbito con facilit;
La vitamina D stimola anche lassorbimento del calcio e del fosfato da parte delle cellule epiteliali dei tubuli renali,
facendo diminuire cos la perdita di queste sostanze con lurina. Si tratta per di un effetto debole, di limitata
importanza;
La vitamina D ha un ruolo importante sia nel riassorbimento che nella deposizione di tessuto osseo. La
somministrazione di forti dosi di questa vitamina induce il riassorbimento dellosso allo stesso modo del
paratormone. Inoltre, in assenza della vitamina, leffetto dellormone paratiroideo nel promuovere questo processo
di riassorbimento fortemente ridotto o addirittura assente.

LORMONE PARATIROIDEO
Lormone paratiroideo coinvolto in un meccanismo che controlla le concentrazioni nel liquido extracellulare del
calcio e del fosfato regolando lassorbimento intestinale, lescrezione renale e lo scambio tra il liquido extracellulare e
losso di questi ioni. In particolare lormone paratiroideo determina un aumento della calcemia ed una diminuzione
della fosfatemia.
Laumento della concentrazione del calcio dovuto principalmente ad un effetto che lormone paratiroideo esercita
direttamente sullosso, provocando un riassorbimento di calcio e di fosfato dal tessuto osseo, nonch ad una rapida
diminuizione delleliminazione renale del calcio. Labbassamento della concentrazione di fosfato, invece, da attribuire
ad un potente effetto che lo stesso ormone esercita sul rene e che consiste nellesaltarne lescrezione in maniera da
compensare e addirittura superare leffetto di liberazione di fosfato dalle ossa.
Lormone paratiroideo sembra avere sullosso due effetti:
1. il primo effetto si attua nel giro di pochi minuti stimolando lassorbimento di calcio e di fosfato da parte degli
osteociti a livello della matrice ossea posta in loro stretta vicinanza. Gli osteoblasti e gli osteociti formano un
sistema di membrane che si estende su tutte le superfici dellosso. Esistono fondate ragioni per ritenere che questo
esteso sistema di membrane osteocitario rappresenti una sorta di setto selettivamente permeabile che separa il
tessuto osseo vero e proprio dal liquido extracellulare.
Tra la membrana dellosteocita e losso si trova una piccola quantit di liquido, definito semplicemente liquido
osseo. Prove sperimentali indirette stanno ad indicare che la membrana osteocitaria pompa ioni calcio dal liquido
osseo nel liquido extracellulare, determinando nel liquido osseo (che in equlibrio con i sali rapidamente
scambiabili dellosso) una concentrazione di calcio nettamente inferiore a quella del liquido extracellulare. Quando
lattivit della pompa osteocitaria aumenta notevolmente la concentrazione del calcio nel liquido osseo cade ancora
pi in basso e calcio e fosfato vengono riassorbiti e rimossi dallosso. Questo effetto, che si svolge senza
riassorbimento della matrice organica, si chiama osteolisi. Quando invece la pompa inattiva la concentrazione del
calcio nel liquido osseo raggiunge livelli pi alti e calcio e fosfato vengono allora depositati nella matrice.
Le membrane di osteoblasti e osteociti hanno proteine recettrici per il paratormone: sembra che esso possa attivare
energicamente la pompa del calcio.
2. il secondo effetto molto pi lento e richiede parecchi giorni. Esso dovuto alla proliferazione degli osteoclasti a
cui fa seguito un riassorbimento dellosso, non solo dei sali, da parte di questi elementi.
Trascorso qualche mese il riassorbimento osteoclastico finisce con lindebolire le ossa ma, nello stesso tempo,
stimola secondariamente gli osteoblasti in maniera che questi vadano a contrastare questa aumentata fragilit ossea
(lindebolimento delle ossa si verifica solo dopo molto tempo a causa dellelevata quantit di calcio presente nelle
ossa).
Un ultimo effetto del paratormone quello gi citato a proposito dellattivazione della vitamina D, che promuove
lassorbimento di calcio a livello dellintestino.
Anche il pi piccolo abbassamento della concentrazione degli ioni calcio nel liquido extracellulare determina nel giro di
alcuni minuti un aumento della secrezione delle ghiandole paratiroidi. Se la diminuzione della concentrazione degli ioni
calcio persiste, le ghiandole si ipertrofizzano, raggiungendo talora dimensioni cinque volte superiori a quelle normali.
Queste risposte costituiscono la base del potentissimo sistema a feedback con cui lorganismo regola la concentrazione
plasmatica degli ioni calcio.

LA CALCITONINA
La calcitonina un ormone secreto dalla tiroide a livello delle cellule parafollicolari del tessuto interstiziale che abbassa
la concentrazione degli ioni calcio nel sangue.
Lo stimolo principale per la sintesi della calcitonina rappresentato da un aumento della concentrazione plasmatica del
calcio (un aumento della calcemia del 10% fa aumentare la secrezione di calcitonina di 3-6 volte).
La calcitonina riduce la concentrazione plasmatica del calcio attraverso almeno due meccanismi:
1. riduce lattivit degli osteoclasti e probabilmente anche la propriet osteolitica del sistema di membrane
osteocitarie;
2. riduce la formazione di nuovi osteoclasti.
Sulla concentrazione plasmatica del calcio la calcitonina ha, nelluomo adulto, solo un effetto lieve ed a breve termine.
Il motivo di tutto ci duplice:
105
1. liniziale diminuzione della concentrazione degli ioni calcio porta entro alcune ore ad unenergica stimolazione
della secrezione di paratormone, che neutralizza pressoch completamente leffetto della calcitonina;
2. nelluomo adulto i processi di deposizione e riassorbimento di calcio nelle ossa sono scarsi, cosicch dopo lazione
della calcitonina (che rallenta il riassorbimento e aumenta la deposizione) leffetto sul calcio plasmatico assai
scarso. Invece leffetto pi marcato nei bambini in cui questi processi procedono a ritmi pi sostenuti.


ORMONI SESSUALI E FUNZIONE RIPRODUTTIVA MASCHILE

LA SPERMATOGENESI
Nelle gonadi maschili, ma anche in quelle femminili, ci sono sia cellule germinali, sia cellule di origine celomatica
(cellule di Sertoli nel maschi o della granulosa della femmina), sia infine cellule di origine mesenchimale (cellule di
Leydig nel maschio e cellule della teca nella femmina).
Questi tre tipi di cellule nella donna sono associate nel follicolo e nel maschio nel tubulo seminifero, dove avviene la
spermatogenesi.
I tubuli seminiferi contengono un gran numero di cellule epiteliali germinali denominate spermatogoni, disposte in due
o tre strati nella parte dellepitelio tubulare adiacente alla membrana basale esterna. Esse sono separate ad opera di
giunzioni occludenti delle cellule del Sertoli dagli strati successivi in cui sono presenti cellule in attiva proliferazione le
quali, mediante vari passaggi, evolvono fino a diventare spermatidi.
Gli spermatidi appena formati hanno ancora laspetto di cellule epiteliodi, ma ben presto cominciano ad assumere la
forma allungata caratteristica dello spermatozoo. Allesterno dei due terzi anteriori della testa dello spermatozoo si
trova uno spesso cappuccio, detto acrosoma. Esso contiene un certo numero di enzimi litici simili a quelli presenti nei
lisosomi.
I fattori ormonali che stimolano la spermatogenesi:
1. Testosterone: secreto dalle cellule di Leydig del tessuto interstiziale del testicolo, essenziale per lo sviluppo e la
divisione delle cellule germinali nel processo di formazione degli spermatozoi.
2. Ormone Luteizzante: secreto dallipofisi anteriore, stimola le cellule di Leydig a secernere testosterone.
3. Ormone Follicolostimolante: secreto anchesso dallipofisi anteriore, stimola le cellule di Sertoli. Senza questa
stimolazione, la conversione degli spermatidi in spermatozoi (spermiogenesi) non ha luogo.
4. Estrogeni: formati a partire dal testosterone ad opera delle cellule di Sertoli sotto lazione stimolante dellFSH,
sono probabilmente anchessi essenziali per la spermiogenesi.
5. Ormone della crescita: necessario per lo svolgimento delle funzioni metaboliche di base del testicolo. Esso
promuove specificatamente la divisione degli spermatozoi ed in sua assenza la spermatogenesi gravemente
insufficiente.
Dopo la loro formazione nei tubuli seminiferi, gli spermatozoi impiegano alcuni giorni per attraversare lepididimo,
lungo sei metri. Le cellule di Sertoli e lepitelio dellepididimo secernono uno speciale liquido che viene eiettato
anchesso durante leiaculazione insieme con gli spermatozoi. Questo liquido contiene ormoni (sia testosterone che
estrogeni), enzimi e particolari sostanze nutritive che possono essere importanti o addirittura essenziali per il processo
stesso di maturazione degli spermatozoi.
Dopo la prima giornata di permanenza nellepididimo, essi acquistano la capacit di muoversi, anche se per effetto di
vari fattori proteici inibitori presenti nel liquido dellepididimo restano in realt immobili fino a che non abbia avuto
luogo leiaculazione. Gli spermatozoi normali, mobili e fertili, sono capaci di muoversi nel mezzo liquido ad una
velocit di circa 1-4 mm/min. La loro attivit fortemente esaltata nellambiente neutro o lievemente alcalino, com
quello delleiaculato, mentre viene fortemente depressa in ambiente acido.
Dopo il loro passaggio nellepididimo la maggior parte degli spermatozoi viene immagazzinata nei vasi deferenti e nelle
loro ampolle. Essi possono ivi restare, senza perdere la loro fertilit, per almeno un mese. La sopravvivenza nel canale
genitale femminile pero solo di 1-2 giorni.

IL LIQUIDO SEMINALE E LA FECONDAZIONE
Oltre agli spermatozoi ed al liquido epididimale, altre due ghiandole contribuiscono a formare il liquido seminale:
Prostata: la prostata una ghiandola che secerne un fluido lattiginoso ed alcalino, contenente ione citrato, calcio,
ione fosfato, un enzima coagulante e profibrinolisina. Lalcalinit del liquido prostatico pu avere grande
importanza per la fecondazione delluovo, perch il liquido dei vasi deferenti, essendo relativamente acido, ne
inibisce la fertilit. A ci bisogna aggiungere che anche le secrezioni vaginali della donna sono acide (pH 3,5-4);
Vescichette seminali: sono tappezzate da un epitelio che secerne un materiale mucoide contenente notevoli quantit
di fruttosio, acido citrico e altre sostanze nutritive, cos come grandi quantit di prostaglandine e fibrinogeno. Le
prostaglandine favoriscono la fecondazione in due modi: reagendo con il muco uterino per consentire meglio il
movimento degli spermatozoi e provocando probabilmente nellutero e nelle tube delle contrazioni peristaltiche
inverse in modo da spingere gli spermatozoi verso le ovaie.
Durante il processo delleiaculazione ciascuna vescichetta riversa il suo contenuto nel dotto eiaculatore, poco
tempo dopo che i vasi deferenti vi hanno riversato gli spermatozoi.
106
Il liquido seminale costituito da liquido e spermatozoi provenienti dai vasi deferenti (circa il 10% del totale), dai
liquido provenienti dalle veschichette seminali (circa il 60% del totale), dalla prostata (circa il 30%) e da piccole
quantit che hanno origine dalle ghiandole mucose, in particolare da quelle bulbo-uretrali.
Il liquido prostatico conferisce allo sperma laspetto lattiginoso, mentre i liquidi provenienti dalle vescichette seminali e
dalle ghiandole mucose gli danno una consistenza mucoide. Inoltre lenzima coagulante del liquido prostatico agisce sul
fibrinogeno del liquido delle vescichette seminali formando un debole coagulo, che destinato a trattenere lo sperma
nelle regioni pi profonde della vagina che sono in stretto rapporto con il collo dellutero.
Il coagulo si dissolve poi nei successivi 15-30 minuti per lazione della fibrinolisina formatasi dalla profibrinolisina
prostatica: con la dissoluzione del coagulo gli spermatozoi divengono immediatamente molto mobili.
Nonostante gli spermatozoi vengano definiti maturi quando lasciano lepidimo, la loro attivit viene ancora
mantenuta sotto controllo da molteplici fattori inibitori secreti dagli epiteli delle vie spermatiche, cosicch subito dopo
la loro emissione allesterno con il liquido seminale essi sono ancora incapaci di fecondare luovo. Per, a contatto con i
secreti del tratto genitale femminile subiscono varie modificazioni che finiscono col metterli in grado di fecondare:
linsieme di questi cambiamenti viene definito capacitazione.
Si tratta di un processo che coinvolge tre meccanismi:
1. le secrezione dellutero e delle tube di Falloppio asportano i vari fattori inibitori che avevano represso in
precedenza lattivit degli spermatozoi nelle vie genitali maschili;
2. dopo leiaculazione gli spermatozoi si allontanano dalle vescicole di colesterolo provenienti dagli epididimi le
quali, scambiando continuamente colesterolo con la membrana acrosomiale, la rendevano molto resistente. Con
lallontanamento dalle vescicole e durante le ore successive gli spermatozoi perdono gran parte del colesterolo in
eccesso cosicch la membrana della loro testa diventa molto meno resistente;
3. la membrana della testa dello spermatozoo acquista pi permeabilit agli ioni calcio che entrano cos in gran
numero e modificano lattivit del flagello facendogli compiere energigi movimenti a frusta al posto dei
precendenti deboli movimenti ondulanti. Gli ioni calcio, inoltre, probabilmente causano modificazioni della
membrana intracellulare che ricopre lestremit dellacrosoma, permettendo a questo di liberare i suoi enzimi molto
rapidamente e facilmente allorch lo spermatozoo penetra nellammasso di cellule della granulosa che circonda
luovo ed ancora di pi allorch tenta di penetrare nella zona pellucida.
Negli acrosomi degli spermatozoi si trovano accumulate grandi quantit di ialuronidasi e di enzimi proteolitici. La
ialuronidasi un enzima che depolimerizza i polimeri di acido ialuronico nella sostanza che tiene unite le cellule della
granulosa. Gli enzimi proteolitici disintegrano le proteine degli elementi strutturali dei tessuti.
Grazie allazione di questi due enzimi lo spermatozoo in grado di attraversare lo strato di cellule della granulosa e
raggiungere la zona pellucida. A questo punto la membrana anteriore dello spermatozoo si lega specificatamente con
una proteina recettrice della zona stessa, dopodich rapidamente tutta la membrana anteriore dellacrosoma si dissolve e
gli enzimi in esso contenuti vengono rapidamente liberati. Entro trenta minuti la membrana della testa dello
spermatozoo e quella delloocita si fondono, ed il materiale genetico dello spermatozoo entra nelloocita fecondandolo.
Pochi minuti dopo che il primo spermatozoo penetrato nella zona pellucida, ioni calcio diffondono attraverso la
membrana delloocita e fanno s che molti granuli corticali vengano liberati per esocitosi dalloocita nello spazio
perivitellino. Questi granuli contengono sostanze che permeano tutte le porzioni della zona pellucida, impediscono il
legame con altri spermatozoi e provocano anche il distacco degli spermatozoi che si fossero gi ad essa fissati.

LATTO SESSUALE NEL MASCHIO
Anche se i fattori psichici di solito hanno un importante ruolo nellatto sessuale maschile, potendolo in effetti scatenare
oppure inibire, le funzioni cerebrali probabilmente non sono assolutamente necessarie per la sua effettuazione.
Difatti nel maschio latto sessuale dipende in primo luogo da meccanismi riflessi che si integrano nel midollo spinale a
livello sacrale e lombare. E questi meccanismi possono essere a loro volta avviati sia da meccanismi psichici sia da una
stimolazione diretta, ma pi spesso da entrambi i meccanismi.
Lerezione il primo effetto della stimolazione sessuale nel maschio. Il braccio afferente del riflesso costituito da
fibre sensitive che innervano i recettori tattili particolarmente abbondanti nel glande, ma presenti anche nel pene e nelle
zone perineali. Il braccio efferente da attribuire a impulsi parasimpatici che dal midollo sacrale arrivano al pene lungo
i nervi pelvici. Si pensa che le fibre parasimpatiche coinvolte in questo meccanismo liberino ossido nitrico il quale fa
rilasciare le arterie del pene nonch la trama trabecolare di muscolatura liscia del tessuto erettile del pene.
I corpi erettili, soprattutto i due corpi cavernosi, sono circondati da robuste tuniche fibrose. Perci, lelevata pressione
allinterno dei sinusoidi provoca non solo un allungamento del pene ma anche un suo indurimento.
Sebbene lerezione sia un riflesso sacrale, i centri superiori hanno comunque un certo grado di controllo sia in senso
eccitatorio che inibitorio.
Quando leccitazione sessuale si fa estremamente intensa, i centri riflessi spinali cominciano ad emettere impulsi
simpatici che lasciano il midollo dai segmenti T12-L2 e danno avvio alla fase di emissione dello sperma, che precede
leiaculazione.
Lemissione inizia con contrazioni dei vasi deferenti e delle ampolle per provocare lespulsione degli spermatozoi
nelluretra. Successivamente, la contrazione delle tuniche muscolari della prostata prima e quelle delle veschichette
seminali poi espellono i liquidi prostatico e vescicolare, sollecitando gli spermatozoi ad avanzare.
Il riempimento delluretra interna da parte dello sperma a questo punto d origine a segnali che vengono trasmessi
lungo i nervi pudendi alla regione sacrale del midollo. Da questo ripartono impulsi che, eccitando ancora di pi la
contrazione ritmica degli organi genitali interni, provocano anche la contrazione dei muscoli ischiocavernoso e
107
bulbocavernoso che comprimono alla base il tessuto erettile del pene. Questi effetti combinati inducono nelluretra onde
ritmiche di pressione che fanno eiaculare il liquido spermatico allesterno. In esso sono presenti 120 milioni di
spermatozoi per cm
3
.
Il periodo dellemissione e delleiaculazione nel suo complesso costituisce lorgasmo maschile. Al termine di questa
fase, leccitazione sessuale si estingue quasi completamente entro uno o due minuti e lerezione cessa.

LE FUNZIONI DEL TESTOSTERONE
I testicoli secernono vari ormoni sessuali maschili, definiti collettivamente androgeni, di cui il testosterone rappresenta
senzaltro il componente principale. Gli androgeni sono secreti per la maggior parte dalle cellule testicolari di Leydig,
anche se una quota inferiore al 10% degli androgeni presenti nel maschio sono prodotti dalla corticale surrenale.
Dopo essere stato secreto dai testicoli, la maggior parte del testosterone si lega labilmente con le albumine plasmatiche
o, pi stabilmente, con la globulina legante steroidi sessuali. Esso circola nel sangue per circa unora prima di fissarsi
ai tessuti, dove viene per la gran parte convertito in diidrotestosterone (la forma attiva) ad opera della 5 u-reduttasi,
oppure degradato in prodotti inattivi nel fegato ed escreto con la bile o con lurina.
In generale, si pu affermare che il testosterone responsabile dei caratteri che contraddistinguono lorganismo
maschile.
Il testosterone comincia ad essere prodotto nel maschio verso la settima settimana di vita embrionale, grazie alleffetto
stimolante sulle creste genitali prima e sui testicoli fetali poi esercitato dalle gonadotropine corioniche. In questa fase
della vita gli androgeni sono responsabili dello sviluppo dei caratteri sessuali maschili, compreso il pene e lo scroto,
invece che del clitoride e della vagina. Inoltre esso promuove lo sviluppo delle altre componenti annesse alle vie
genitali maschili.
Successivamente, durante linfanzia e la fanciullezza fino allet di circa 10-13 anni, sostanzialmente non viene
prodotto testosterone. La sua produzione, per, aumenta rapidamente sotto linfluenza degli ormoni gonadotropi
dellipofisi allinizio della pubert ed responsabile dei seguenti effetti:
1. aumento delle dimensioni del pene, dei testicoli e dello scroto di circa 8 volte prima dei ventanni;
2. avvio della spermiogenesi;
3. stimolazione della crescita dei peli sul pube, nelle ascelle, lungo la linea alba e sul torace;
4. ipertrofia della mucosa laringea e modificazioni dellangolo della tiroide con conseguenti modificazioni nella voce;
5. ispessimento della cute e del tessuto sottocutaneo di tutto il corpo. Lormone, inoltre, accresce la secrezione delle
ghiandole sebacee; per cui notevole labbondanza della secrezione delle ghiandole sebacee della faccia, che pu
dar luogo allacne;
6. sviluppo della muscolatura, anche del 50% in pi rispetto alla donna. Questo aumento della muscolatura si
accompagna ad un aumento del contenuto proteico che interessa anche altri distretti corporei;
7. aumento di spessore delle ossa e notevole deposizione di sali di calcio. Si pensa che ci sia dovuto alla capacit
dellormone di esaltare lanabolismo proteico in generale e che la deposizione dei sali di calcio sia dovuta alla
presenza di una maggiore quantit di matrice ossea da calcificare;
8. aumento del metabolismo basale. Anche questo effetto sarebbe secondario alle propriet anabolizzanti del
testosterone che stimola lattivit delle cellule;
9. aumento del numero dei globuli rossi e, quindi, dellematocrito;
10. aumento del riassorbimento di sodio nei tubuli distali del rene di modo che dopo la pubert, nel maschio, il volume
del sangue e dei liquidi extracellulari in rapporto al peso corporeo cresce in misura del 5-10%.

CONTROLLO DELLE FUNZIONI SESSUALI MASCHILI
Il controllo delle funzioni sessuali, sia nel maschio che nella femmina, fa capo principalmente alla secrezione
dellormone liberatore delle gonadotropine (GnRH) da parte dellipotalamo. Questo ormone a sua volta stimola lipofisi
anteriore a secernere due ormoni gonadotropi: lormone luteinizzante (LH) e lormone follicolostimolante (FSH).
Lormone luteinizzante stimola la secrezione, da parte delle cellule di Leydig, di testosterone. Inoltre, la quantit di
testosterone secreto cresce approssimativamente in proporzione diretta alla quantit di LH disponibile.
Il testosterone secreto ha poi leffetto di inibire a sua volta la secrezione di LH con un classico meccanismo a feedback
negativo. Questo effetto dovuto principalmente allazione diretta del testosterone sullipotalamo che riduce la
secrezione di GnRh.
LFSH si lega a recettori sulle cellule di Sertoli, facendo crescere queste cellule ed inducendole a secernere varie
sostanze spermatogeniche.
Quando i tubuli seminiferi producono una quantit insufficiente di spermatozoi la secrezione di FSH aumenta
fortemente. Al contrario, quando la spermatogenesi troppo attiva, la secrezione di FSH diminuisce. Questo effetto a
feedback negativo probabilmente dovuto alla secrezione da parte delle cellule del Sertoli di un altro tipo di ormone,
linibina, che ha un effetto diretto sullipofisi anteriore di inibizione della produzione di FSH.
Molti fattori psichici, che operano attraverso il sistema limbico e lipotalamo, possono influenzare la secrezione del
GnRh ipotalamico e pertanto agire su molti aspetti della funzione sessuale e riproduttiva. Per esempio lo stress e la
tensione emotiva possono deprimere la fertilit.



108
ORMONI SESSUALI E FUNZIONE RIPRODUTTIVA FEMMINILE

INTRODUZIONE
Il sistema ormonale femminile, come quello maschile, consiste di tre differenti categorie di ormoni gerarchicamente
organizzate:
1. Un ormone ipotalamico, lormone liberatore delle gonadotropine (GnRH);
2. Due ormoni adenoipofisiari, lormone follicolostimolante (FSH) e lormone luteinizzante (LH), secreti entrambi in
risposta al suddetto ormone liberatore ipotalamico;
3. Gli ormoni ovarici, estrogeni e progesterone, secreti in risposta ai due ormoni adenoipofisari.
La seconda e la terza categoria di ormoni non vengono secreti in modo continuo ma in quantit nettamente differenti nel
corso delle diverse fasi del ciclo sessuale femminile.
La produzione dell GnRH invece oscilla molto poco e in misura estremamente pi contenuta durante le varie fasi del
ciclo femminile rispetto agli altri ormoni. Esso viene comunque secreto per brevissimo periodi in media ogni 90 minuti,
praticamente come avviene nel maschio.

IL CICLO OVARICO ED EFFETTO SUI LIVELLI ORMONALI 1^ PARTE
La normale vita fertile della donna caratterizzata da variazioni ritmiche mensili della secrezione degli ormoni sessuali
e da corrispondenti modificazioni a carico delle ovaie e degli altri organi dellapparato riproduttivo. Queste
modificazioni ritmiche costituiscono il ciclo sessuale della donna, che dura mediamente 28 giorni.
Le modificazioni ovariche durante il ciclo sessuale dipendono interamente dagli ormoni gonadotropi LH ed FSH. Essi
cominciano ad essere prodotti allet di 10 anni in quantit via via crescenti e ci culmina con linizio dei cicli sessuali
mensili ad unet compresa fra gli undici ed i sedici anni. Questo periodo viene definito pubert ed il primo ciclo prende
il nome di menarca. LFSH e lLH non hanno altri effetti significativi se non quelli esercitati sulle gonadi.
I due eventi pi significativi del ciclo sessuale femminile sono:
Ad ogni ciclo viene di solito liberato dalle ovaie un solo uovo maturo;
Lendometrio uterino viene preparato al tempo giusto del ciclo per limpianto delluovo fecondato.
Alla nascita, ciascun oogonio diploide circondato da un singolo strato di cellule della granulosa e costituisce con esse
il follicolo primordiale. Si ritiene che per tutta linfanzia e la fanciullezza le cellule della granulosa forniscano il
nutrimento alluovo e secernano anche un fattore inibente la maturazione delloocita che mantiene luovo nel suo stato
primordiale, sospeso per tutto questo tempo nella profase della prima divisione meiotica.
Il primo stadio del processo di maturazione follicolare costituito da un modico ingrandimento delluovo stesso, che
aumenta di diamentro due o tre volte, seguito dalla proliferazione delle cellule della granulosa che si dispongono
intorno ad esso in pi strati. E questo lo stadio di follicolo primario. Il processo di sviluppo sino a questo punto pu
avvenire anche in assenza di FSH e di LH, ma non pu procedere oltre senza questi due ormoni.
Nei primi giorni dallinizio della mestruazione la concentrazione dellFSH e quella dellLH aumentano lievemente
(laumento dellFSH di qualche giorno prima di quello dellLH). Questi ormoni, in particolare lFSH, provocano
mensilmente la rapida crescita di 6-12 follicoli primari.
Le cellule della granulosa proliferano mentre numerose cellule derivate dallinterstizio ovarico si raccolgono in vari
strati allesterno delle cellule della granulosa, dando origine ad un secondo involucro di cellule: la teca.
Questa si distingue a sua volta in due parti:
Teca interna: le cui cellule acquistano, al pari delle cellule della granulosa, capacit di secernere ormoni steroidei;
Teca esterna: capsula di tessuto connettivo altamente vascolarizzato che forma la capsula del follicolo in via di
maturazione.
Dopo la prima fase di proliferazione, che dura qualche giorno, lammasso di cellule della granulosa secerne un liquido
follicolare che contiene unelevata concentrazione di
estrogeni. Laccumulo di questo liquido provoca la
comparsa allinterno della massa delle cellule della
granulosa di un antro.
Una volta formatosi lantro, le cellule della granulosa e
quelle della teca continuano a proliferare ancora pi
rapidamente, la secrezione si fa pi attiva ed il follicolo in
via di sviluppo assume i caratteri del follicolo antrale. Lo
sviluppo del follicolo primario fino allo stadio antrale
promosso prevalentemente dal solo FSH. Poi, si ha una
forte accelerazione dello sviluppo, che porta alla
formazione di follicoli molto pi grandi, detti follicoli
vescicolosi.
Le cause di questa crescita pi rapida sono le seguenti:
1. gli estrogeni secreti nel follicolo stimolano le cellule
della granulosa a formare sempre pi recettori per
lFSH;
2. lazione combinata dellFSH e degli estrogeni
promuove la formazione anche di recettori per lLH
109
sulle cellule originarie della granulosa, che vengono cos stimolate oltre che dallFSH anche dallLH;
3. gli aumenti della secrezione di estrogeni da parte del follicolo e della secrezione di LH dallipofisi anteriore
agiscono sinergicamente facendo proliferare le cellule della teca ed accrescendone lattivit secretoria.
Man mano che il follicolo si ingrandisce, luovo rimane inglobato in una massa di cellule della granulosa che viene a
trovarsi ad un polo del follicolo stesso. Luovo, insieme alle circostanti cellule della granulosa, costituisce il cumulo
ooforo.
Dopo una settimana o pi dallinizio dellaccrescimento dei follicoli, ma prima che abbia avuto luogo lovulazione, uno
dei follicoli comincia ad accrescersi pi di tutti gli altri (forse perch produce pi estrogeni), che vanno incontro ad un
processo di involuzione fino a diventare follicoli atresici.
Questo dovuto al fatto che il follicolo che si sviluppa maggiormente rispetto agli altri secerne anche una quantit
maggiore di estrogeni i quali, sia da soli sia per sinergismo con lFSH, stimolano la crescita del follicolo stesso.
Nello stesso tempo per, le notevoli quantit di estrogeni prodotti dai follicoli (di cui una buona parte prodotti dal
follicolo pi sviluppato), agiscono sullipotalamo con un meccanismo a feedback negativo deprimendo la secrezione di
FSH e quindi viene ad essere bloccato laccrescimento dei follicoli meno sviluppati, che secernevano quantit di
estrogeni troppo piccole perch cominciasse a funzionare il meccanismo a feedback positivo di stimolazione intrinseca
ed autosufficiente.
Il follicolo prima che avvenga lovulazione, subisce delle modifiche:
aumento delle dimensioni delle cellule della granulosa che accumulano lipidi;
vascolarizzazione del follicolo.
Al momento dellovulazione questo unico follicolo, definito follicolo maturo, raggiunge un diametro di 1-1,5
centimetri. Luovo espulso ha gi subito la meiosi I e dopo qualche ora avviene anche la meiosi II.

CICLO OVARICO ED EFFETTO SUI LIVELLI ORMONALI 2^ PARTE
Per la maturazione finale del follicolo e per lovulazione necessario lormone luteinizzante. Senza questo ormone,
anche se sono disponibili forti quantit di FSH, il follicolo non giunge fino allo stadio di ovulazione.
Circa due giorni prima dellovulazione, per motivi non del tutto noti, la secrezione adenoipofisiaria dellLH aumenta
fortemente e si porta a valori da 6 a 10 volte superiori, elevandosi in un picco circa 16 ore prima dellovulazione.
Anche la secrezione dellFSH aumenta nello stesso tempo di circa 2-3 volte ed entrambi gli ormoni agiscono
sinergicamente provocando un rapido aumento del volume del follicolo negli ultimi giorni prima dellovulazione. LLH
ha, inoltre, unazione specifica sulle cellule della teca e della
granulosa, trasformandole in cellule che in un primo tempo
secernono meno estrogeni, ma poi producono quantit
progressivamente crescenti di progesterone.
E in queste condizioni di crescita rapidissima del follicolo e
di diminuita secrezione di estrogeni dopo una lunga fase di
loro elevata secrezione e di avvio della secrezione di
progesterone che ha avvio lovulazione.
In particolare laumento di secrezione di LH promuove una
rapida secrezione di steroidi follicolari, contenente in un
primo tempo una piccola quantit di progesterone. Il
progesterone a sua volta promuove il rilascio di enzimi
proteolitici dai lisosomi delle cellule della teca esterna che
dissolvolo la parete capsulare. Di pari passo vi una rapida
neoformazione di vasi sanguigni nella parete del follicolo e
una secrezione di prostaglandine vasodilatatrici nei tessuti
follicolari. Questi ultimi due effetti, a loro volta, sono
responsabili della trasudazione di plasma nel follicolo, che si
rigonfia ancora di pi.
Nelle prime ore dopo lespulsione dal follicolo, le cellule
residue della granulosa si trasformano rapidamente in cellule luteiniche. Il complesso che ne risulta costituisce il corpo
luteo.
Le cellule luteiniche sintetizzano principalmente progesterone, ma anche estrogeni: i livelli di entrambi gli ormoni
salgono. Le cellule della teca invece secernono androgeni ma anche la maggior parte di questi vengono convertiti dalle
cellule della granulosa in ormoni femminili.
La trasformazione delle cellule della granulosa in cellule luteiniche dipende principalmente dalla secrezione di LH.
Tuttavia, questo processo dipende anche dalla espulsione delluovo dal follicolo. Sembra, infatti, che un ormone locale
(fattore inibente la luteinizzazione) presente nel liquido follicolare tenga a freno il processo fino a che non sia avvenuta
lovulazione.
Normalmente il corpo luteo si ingrandisce sino a circa 1,5 cm, raggiungeno il massimo sviluppo verso il 20-22 giorno
del ciclo (una settimana dopo lovulazione). Poi esso comincia a regredire e verso il 26 giorno perde la sua funzione
secretoria, insieme con le sue caratteristiche inclusioni lipidiche, trasformandosi nel cosiddetto corpus albicans; infine,
dopo poche settimane, esso viene sostituito da tessuto connettivo.
110
Una volta che il corpo luteo si formato esso funziona e, successivamente, degenera sebbene venga a mancare un
ulteriore secrezione di LH. Invece, in presenza di LH (di origine corionica), lo sviluppo del corpo luteo viene esaltato, la
secrezione prolungata e la vita aumentata per diversi giorni.
Gli estrogeni ed il progesterone, prodotti dal corpo luteo, hanno un potente effetto a feedback sullipofisi diminuendo la
produzione di FSH ed LH. Inoltre, le cellule luteiniche stesse producono inibina che esercita un anchessa un effetto
inibitorio nei confronti della produzione di gonadotropine.
Di conseguenza si abbassa di molto la concentrazione plasmatica di LH ed FSH e questo, come detto, non permette al
corpo luteo di continuare a funzionare. A partire dal 26 giorno per, quando il corpo luteo smette di funzionare,
leffetto a feedback viene meno e le gonadotropine ricominciano ad essere prodotte.

SINTESI E FUNZIONI DI ESTROGENI E PROGESTERONE
Gli estrogeni ed i progestinici (di cui il progesterone lunico importante componente) sono i due tipi di ormoni ovarici
femminili.
Sono stati isolati dal plasma della donna vari estrogeni, ma di essi soltanto tre sono presenti in misura significativa: il -
estradiolo, lestrone e lestriolo. Lestradiolo di sicuro lestrogeno pi importante perch 12 volte pi potente
dellestrone ed 80 pi dellestriolo.
Questi due tipi di ormoni vengono sintetizzati nelle ovaie prevalentemente a partire dal colesterolo ematico. Nel sangue
gli estrogeni ed il progesterone vengono trasportati combinati con albumine plasmatiche e con le globuline specifiche
leganti estrogeni e progesterone. Il legame tra questi ormoni e le proteine del plasma labile e in circa mezzora gli
ormoni sono rilasciati ed utilizzati dai tessuti oppure inattivati dal fegato mediante coniugazione e poi escrete con la bile
e, soprattutto, con le urine.
Nel corso della fanciullezza gli estrogeni vengono secreti solo in piccola quantit, ma alla pubert, sotto linfluenza
delle gonadotropine ipofisiarie, le ovaie cominciano a funzionare e la secrezione aumenta di 20 volte.
Gli effetti degli estrogeni sono:
1. sviluppo della vagina, delle tube e dei genitali esterni. Lepitelio vaginale in particolare si inspessisce;
2. si ha nelle mammelle deposizione di grasso e sviluppo dei sistemi ghiandolari. I lobuli e gli alveoli in realt si
accrescono solo di poco, ma saranno poi il progesterone e la prolattina che ne determineranno il completo sviluppo
ed il funzionamento;
3. gli estrogeni esaltano lattivit osteoblastica. Perci, alla pubert, la crescita si fa pi rapida. Ma gli estrogeni
provocano anche la saldatura delle epifisi alle diafisi con un effetto molto pi potente di quello analogo esercitato
dal testosterone. Ne risulta che nella donna la crescita si arresta diversi anni prima che nel maschio;
4. gli estrogeni provocano un lieve aumento delle proteine corporee totali;
5. deposizione di grasso nei tessuti sottocutanei, nelle natiche e nelle coscie;
6. crescita dei peli nel pube e nelle regioni ascellari;
7. la pelle si ispessisce ma diventa morbida e liscia.
Le funzioni del progesterone sono:
1. promuovere le modificazioni secretive nellendometrio nella seconda met del ciclo, al fine di preparare lutero per
limpianto delluovo fecondato;
2. promuovere modificazioni secretorie anche nelle tube di Fallopio;
3. ridurre la frequenza delle contrazioni uterine, prevenendo cos, nelleventualit che sia avvenuta la fecondazione,
lespulsione delluovo impiantato;
4. stimolare lo sviluppo della componente ghiandolare ed il conseguente turgore delle mammelle. Tuttavia il
progesterone non provoca la secrezione di latte, per la quale sono necessari altri ormoni.

IL CICLO ENDOMETRIALE
Allinizio di ogni ciclo mestruale, la maggior parte dellendometrio viene desquamata dal processo della mestruazione.
Rimane solo un sottile strato di stroma alla base dellendometrio originario, e le sole cellule epiteliali che restano sono
situate nella parte pi profonda delle ghiandole e delle cripte dellendometrio.
Fase estrogenica proliferativa del ciclo endometriale
Sotto linfluenza degli estrogeni secreti nella prima parte del ciclo ovarico, le cellule stromali ed epiteliali proliferano
rapidamente in modo da riepitelizzare la superficie endometriale in 4-7 giorni dallinizio della mestruazione. Per le
prime due settimane dal ciclo mensile, ossia fino allovulazione, lendometrio cresce fortemente di spessore per il
grande aumento delle cellule stromali, per la crescita progressiva delle ghiandole endometriali e per il proliferare dei
vasi sanguigni. Al momento dellovulazione lo spessore dellendometrio di circa 3-4 mm. In questo periodo, le
ghiandole endometriali, in particolare quelle della regione cervicale, secernono un muco sottile e filante.
Fase progestinica secretiva del ciclo endometriale
Nella seconda met del ciclo vengono secreti dal corpo luteo sia estrogeni che progesterone in notevole quantit. In
questa fase, mentre gli estrogeni provocano unulteriore lieve proliferazione cellulare nellendometrio, il progesterone
induce in esso un notevole turgore e la comparsa di un quadro secretivo. La vascolarizzazione si fa pi ricca, per
ovviare allaumento di attivit delle cellule secernenti, mentre i vasi sanguigni diventano ancora pi tortuosi.
Tutte queste modificazioni dellendometrio, nella seconda met del ciclo, hanno il solo scopo di farne una struttura
fortemente secretoria, contenente grandi riserve di sostanze nutritive e capace di offrire le condizioni pi adeguate per
lannidamento delluovo fecondato. Dal momento dellovulazione luovo fecondato entra nella cavit uterina attraverso
111
le tube di Fallopio 3-4 giorni dopo e vi si annida entro 7-9 giorni. Durante tutto questo periodo le secrezioni delle tube
di Fallopio e quelle dellutero assicurano la nutrizione delluovo.
Mestruazione
Circa due giorni prima della fine del ciclo mensile la secrezione ovarica degli estrogeni e del progesterone subisce una
forte e brusca riduzione e si manifesta la mestruazione. Essa provocata appunto dalla brusca caduta di questi ormoni
alla fine del ciclo ovarico poich sulle cellule manca la loro stimolazione.
Nelle 24 ore che precedono linizio della mestruazione i tortuosi vasi sanguigni, diretti verso lo strato mucoso
dellendometrio, si costringono per un vasospasmo. Esso, insieme con la sospensione della stimolazione ormonale, fa
iniziare un processo di necrosi endometriale.
A causa della necrosi dei vasi a valle del sito di vasocostrizione comincia a fuoriuscire sangue dai vasi e nel giro di 24-
36 ore si sviluppano delle sacche emorragiche. Nei siti emorragici gli strati esterni necrotizzati dellendometrio si
staccano progressivamente dalla parete uterina, finch a 48 ore circa dallinizio della mestruazione tutti gli strati
superficiali dellendometrio saranno gi sfaldati. Il tessuto sfaldato ed il sangue nella cavit uterina, pi forse lazione
contrattile delle prostaglandine, stimolano la contrazione delle pareti dellutero, il cui contenuto viene cos espulso.
Il sangue mestruale di norma non coagulato in quanto insieme con il materiale necrotico viene liberato
dallendometrio una fibrinolisina.
Nel corso della mestruazione un enorme numero di leucociti viene liberato con il materiale necrotico ed il sangue.
Questo efflusso di leucociti dipende probabilmente da qualche sostanza che si libera per la necrosi endometriale. Grazie
a questa moltitudine di leucociti, e forse anche ad altri fattori, lutero diventa particolarmente resistente alle infezioni
nonostante sia privo di epitelio.

REGOLAZIONE DEL CICLO MENSILE
Gli estrogeni, il progesterone e linibina prodotta dalle cellule luteiniche inibiscono la produzione di FSH ed LH con
effetto a feedback negativo (la pillola anticoncezionale , difatti, un mix di progestinici ed estrogeni).
Tuttavia per ragioni non completamente note, sebbene i livelli dellestradiolo siano alti, 24-48 ore prima dellovulazione
ladenoipofisi secerne forti quantit di LH e FSH.
E stato ipotizzato che a questo punto del ciclo gli estrogeni possano invertire il segno del feedback e agire come
stimolatori, e non come inibitori, della secrezione di gonadotropine. Poich le cellule della granulosa dei follicoli
cominciano a secernere piccole ma crescenti quantit di progesterone circa un giorno prima del picco preovulatorio,
stato anche ipotizzato che questa secrezione possa essere il fattore stimolante laumento di secrezione di LH.
Nella fase post-ovulatoria il corpo luteo secerne grandi quantit di progesterone, estrogeni ed inibina. Leffetto
combinato di questi ormoni un feedback negativo sullipofisi anteriore e sullipotalamo, che provoca una forte
inibizione della secrezione di gonadotropine, facendo cadere i loro valori ai minimi livelli qualche giorno prima della
mestruazione.
Due o tre giorni prima della mestruazione, per, il corpo luteo regredisce. Ci libera lipotalamo e lipofisi anteriore
dalleffetto a feedback di questi ormoni per cui dopo circa un giorno la secrezione di gonadotropine ricomincia a salire
(lFSH pi, e prima, dellLH). Questi ormoni promuovono la maturazione di nuovi follicoli ed il progressivo aumento
dei livelli di estradiolo il quale, a sua volta, far calare progressivamente i livelli di LH e FSH fino al nuovo picco pre-
ovulatorio.
Se il picco preovulatorio dellormone luteinizzante non di entit adeguata, lovulazione non ha luogo e si parla allora
di ciclo anovulatorio. In primo luogo, la mancata ovulazione comporta il mancato sviluppo del corpo luteo e
conseguentemente viene meno, quasi del tutto, la secrezione di progesterone durante lultima parte del ciclo. Il ciclo
viene cos abbreviato di parecchi giorni, ma il ritmo continua.
Cicli anovulatori sono frequenti nei primissimi tempi allepoca della pubert e per periodi che vanno da alcuni mesi a
anni prima della menopausa.

MENARCA E MENOPAUSA
La pubert dovuta ad un graduale aumento della secrezione ipofisaria di gonadotropine, che comincia verso lottavo
anno di et e culmina con il menarca tra gli 11 ed i 16 anni.
Lipofisi sarebbe perfettamente in grado di rilasciare gonadotropine anche prima di questa et, ma lipotalamo non
secerne quantit adeguate di GnRH. Forse allora la pubert inizia a seguito della raggiunta maturit dellencefalo che
influenza lattivit dellipotalamo.
Allet di 45-50 anni i cicli sessuali di solito si fanno irregolari, molti di essi sono anovulatori, e nel giro di alcuni mesi
o di qualche anno cessano del tutto. Questo periodo, durante il quale i cicli cessano e la secrezione degli ormoni sessuali
femminili cade rapidamente quasi a zero, si chiama menopausa.
La causa della menopausa l esaurimento delle ovaie. Allet di 45 anni, restano solo pochi follicoli che possono
essere stimolati dallFSH ed allLH, e la produzione di estrogeni da parte dellovaio si va riducendo man mano che il
loro numero cala. Quando la produzione di estrogeni cade al di sotto di un valore critico, questi ormoni non riescono pi
ad inibire la produzione di FSH e di LH, n ne possono provocare un picco ovulatorio, cos da indurre la successione
dei cicli.


112
LA GRAVIDANZA E LA LATTAZIONE

MATURAZIONE, FECONDAZIONE E IMPIANTO DELLUOVO
Quando avviene lovulazione, luovo assieme ad un centinaio o pi delle cellule della granulosa che lo circondano (la
cosiddetta corona radiata) viene espulso direttamente nella cavit peritoneale e deve poi entrare in una delle tube di
Fallopio.
A prima vista si potrebbe pensare alleventualit che molte uova non riescano ad imboccare le tube. Invece, sulla base
di ricerche a riguardo, sembra che il 98% delle uova riesca nellintento e che anzi le uova possano imboccare anche la
tuba controlaterale.
Dopo leiaculazione, i primi spermatozoi raggiungono attraverso lutero le ampolle alle estremit ovariche delle tube di
Fallopio entro 5-10 minuti, aiutati probabilmente da contrazioni uterine e delle tube stesse promosse da prostaglandine
presenti nel liquido seminale e dallossitocina liberata dallipofisi posteriore durante lorgasmo femminile. Ma del
mezzo miliardo di spermatozoi depositati in vagina, solamente poche migliaia riescono a raggiungere lampolla.
Dopo la fecondazione ci vogliono normalmente altri 3-4 giorni prima che luovo, attraverso la tuba, raggiunga lutero.
Questo trasporto avviene principalmente perch la parete della tuba secerne del liquido che si muove verso lutero
spinto dalla debole corrente creata dal movimento delle ciglia dellepitelio.
Listmo uterino della tuba di Fallopio resta contratto spasticamente per i primi tre giorni dopo lovulazione. Subito
dopo, per, la maggiore quantit di progesterone prodotta dal corpo luteo esercita un effetto di rilasciamento e consente
lingresso delluovo nellutero. Nel frattempo luovo stesso si diviso fino a formare una blastocisti di circa 100 cellule,
nutrita dalle secrezioni tubariche.
Raggiunto lutero, la blastocisti in via di sviluppo resta di solito nella cavit uterina per altri 2-4 giorni, prima di
impiantarsi nellendometrio, il che significa che limpianto avviene di solito circa una settimana dopo lovulazione.
Prima dellimpianto la blastocisti trae nutrimento dalle secrezioni uterine, che costituiscono il cosiddetto latte uterino.
Limpianto dipende dallazione delle cellule del trofoblasto che si sviluppano alla superficie della blastocisti.
Queste cellule liberano enzimi proteolitici che digeriscono e liquefanno le cellule endometriali, liberando cos ulteriori
sostanze nutritive. Avvenuto limpianto le cellule del trofoblasto e quelle sottostanti proliferano rapidamente, formando
la placenta e le diverse membrane gravidiche.
Le possibilit che un uovo fecondato arrivi fino a questo punto sono solo del 50%.

FISIOLOGIA DELLA PLACENTA
Il progesterone esercita una particolare azione sullendometrio trasformandone le cellule stromali in grosse cellule
rigonfie con abbondante contenuto di nutrimenti. Quando poi lembrione si impianta nellendometrio, queste cellule si
rigonfiano ancora di pi per la protratta secrezione di progesterone fino ad immagazzinare una maggiore quantit di
sostanze nutritive. In questa fase esse prendono il nome di cellule deciduali ed il loro insieme costituisce la decidua.
Man mano che le cellule del trofoblasto, invadendo lendometrio, digeriscono la decidua traggono nutrimento dagli
elementi che si liberano. Durante la prima settimana questo lunico meccanismo con cui lembrione si nutre.
Mentre i cordoni trofoblastici provenienti dalla blastocisti si fissano allutero, negli stessi cordoni si sviluppano dei
capillari provenienti dal sistema vascolare dellembrione e, dal 16 giorno dalla fecondazione, vi comincia a scorrere
sangue. Nello stesso tempo tra la superficie endometriale ed i cordoni trofoblastici si formano dei seni vascolari riforniti
da sangue materno. Le cellule del trofoblasto, quindi, emettono delle propaggini che pescano in questi seni: sono i villi
placentari.
Il sangue fetale, attraverso le due arterie ombelicali, raggiunge i capillari dei villi e poi da qui torna al feto mediante la
vena ombelicale.
Alla diffusione dellossigeno attraverso la membrana placentare si applicano quasi esattamente gli stessi principi che
valgono per la diffusione di questo gas attraverso la membrana polmonare. Lossigeno disciolto nel sangue contenuto
negli ampi seni placentari passa nel sangue fetale mediante diffusione semplice grazie al gradiente di pressione di
ossigeno esistente tra il sangue materno e quello fetale: 50mHg contro i 30mmHg di PO
2
del sangue che dalla placenta
torna al feto.
Esistono tre ragioni che giustificano il fatto che il feto riesce a cedere ai suoi tessuti quasi tanto ossigeno quanto il
sangue di un adulto ne pu fornire ai suoi tessuti pur con una PO
2
sensibilmente pi bassa:
1. lemoglobina fetale ha pi affinit per lossigeno di quella di un adulto, per cui ad una data PO
2
lemoglobina fetale
trasporta fino al 20-30 % di ossigeno in pi;
2. effetto Bohr: il sangue fetale che entra nella placenta trasporta grandi quantit di CO
2
ma questo gas diffonde in
gran parte al sangue materno. Perdendo CO
2
il sangue fetale aumenta di pH e lemoglobina, per effetto Bohr,
acquisisce una maggiore affinit per lossigeno. Analogamente nel sangue materno la capacit di legare ossigeno
diminuisce ed esso diventa disponibile in maggior quantit per essere ceduto al feto: i due effetti, sommati,
costituiscono l effetto Bohr doppio;
3. nel feto la concentrazione dellemoglobina di circa il 50% pi alta che nella madre;
4. la portata circolatoria di un feto a termine di 3 Kg di circa 0,6 l/min. E un flusso elevato, che permette un forte
apporto di ossigeno.
Per quanto riguarda la PCO
2
, essa nel sangue fetale di 2-3 mmHg pi alta di quella del sangue materno. Cos
attraverso la membrana placentare si instaura un gradiente che, per quanto piccolo, sufficiente a consentire
unadeguata diffusione della CO
2
dal sangue fetale a quello materno (lelevata solubilit di questo gas nei tessuti della
113
membrana placentare permette ad esso di diffondere attraverso questa membrana velocemente, circa 20 volte pi
rapidamente dellossigeno).
La PCO
2
del sangue nei seni vascolari materni di solito inferiore ai 40 mmHg normali perch gli estrogeni ed il
progesterone nella donna gravida fanno aumentare la ventilazione polmonare. Ci ovviamente concorre a mantenere ad
un basso livello anche la PCO
2
del sangue fetale, di solito ad un valore assai prossimo a quella di un adulto (40 mmHg).
Come lossigeno, cos altri materiali necessari al metabolismo del feto diffondono a livello della placenta nel sangue
fetale. Per assicurare lapporto di tanto glucosio per, le cellule trofoblastiche che rivestano i villi placentari
provvedendo a trasportarlo per diffusione facilitata attraverso la membrana placentare.
Infine, come lanidride carbonica, anche altri prodotti di escrezione del feto diffondono nel sangue materno da dove poi
sono eliminati.

FATTORI ORMONALI IN GRAVIDANZA
La gonadotropina corionica ha la funzione di impedire linvoluzione cui va normalmente incontro il corpo luteo alla
fine del ciclo. Infatti la gonadotropina corionica stimola il corpo luteo a crescere ad un volume doppio di quello iniziale
ed a secernere quantit ancora pi elevate di progesterone ed estrogeni. Questi ormoni sessuali fanno s che
lendometrio continui a crescere e ad immagazzinare grandi quantit di materiale nutritivo, invece di essere in gran
parte perduto con la mestruazione.
Il corpo luteo continua la sua attivit secretiva fino alla 12^ settimana dopodich la placenta stessa secerne ormoni
sessuali in quantit sufficienti a mantenere lo stato gravidico per il resto della gestazione. Il corpo luteo, a questo punto,
comincia a regredire.
Nel corso della gravidanza la quantit di estrogeni determina:
ingrossamento dellutero;
ingrossamento delle mammelle e sviluppo dei dotti della ghiandola mammaria;
ingrossamento dei genitali esterni della donna;
Rilasciamento dei legamenti pelvici ed acquisizione di un certo grado di elasticit da parte della sinfisi pubica.
Anche la secrezione di progesterone importante per la gravidanza perch:
Stimola lo sviluppo delle cellule deciduali dellendometrio;
Inibisce la contrattilit dellutero gravidico;
Stimola la secrezioni tubariche e uterine che nutrono lembrione prima del suo impianto;
Partecipa alla preparazione delle mammelle per lallattamento.
Un ormone recentemente scoperto, anchesso secreto dalla placenta, la somatomammotropina corionica umana. Essa
ha principalmente tre effetti:
Provoca lo sviluppo delle mammelle;
Ha effetti simili a quelli dellormone della crescita, anche se in lieve misura, e quindi provoca aumento delle
proteine tessutali.
Riduce la sensibilit dellinsulina e lutilizzazione di glucosio da parte del metabolismo materno in maniera che una
quantit cospicua di zucchero sia disponibile per il feto. Inoltre promuove la mobilizzazione di acidi grassi dalle
riserve adipose della madre, fornendole cos una fonte alternativa di metabolismo.

EFFETTI SULLA MAMMA NELLA GRAVIDANZA
Tra le tante reazioni dellorganismo materno dovute alla presenza del feto e al forte carico ormonale vi in particolare
un netto aumento delle dimensioni degli organi sessuali (utero, vagina e mammelle).
Nel corso della gravidanza si ha complessivamente un guadagno di peso che si aggira intorno ai 10-11 kg. Di tale
aumento circa 3 kg spettano al feto e 2 kg circa al liquido amniotico e alla placenta. Lutero e le mammelle,
complessivamente, crescono di circa 1 kg.
Resta ancora un guadagno ponderale di circa 4 kg. Di questi, circa 3 kg sono rappresentati da liquido ritenuto a causa
delleffetto degli ormoni e perso poi con le urine nei primi giorni dopo il parto.
Per quanto riguarda gli effetti metabolici, il metabolismo basale della madre aumenta di circa il 15% nella seconda met
della gestazione. Inoltre nellultimo mese della gravidanza, di solito, la madre non assume dal tubo gastroenterico
proteine, calcio, fosforo e ferro in quantit sufficienti per sopperire alle esigenze del feto. Tuttavia, dallinizio della
gravidanza lorganismo materno venuto immagazzinando queste sostanze per utilizzarle poi negli ultimi medi della
gestazione. Pertanto la madre potr manifestare alcune carenze in corso di gravidanza, se taluni fattori nutritivi non sono
presenti in quantit adeguata nella sua dieta.

IL PARTO
Al termine della gravidanza lutero diventa sempre pi eccitabile ed infine comincia a contrarsi ritmicamente con una
tale forza da espellere il feto. Non noto il motivo esatto che causa questo aumento di attivit, si sa per che almeno
due sono i fattori implicati in questo processo:
Fattori ormonali: il progesterone inibisce la contrattilit dellutero nel corso della gravidanza, impedendo cos
lespulsione del feto. Gli estrogeni, invece, hanno una netta tendenza ad esaltare la contrattilit. Entrambi questi
ormoni vengono escreti in quantit progressivamente crescenti durante la maggior parte della gravidanza, ma a
partire dal settimo mese la secrezione degli estrogeni continua a crescere mentre quella del progesterone
diminuisce: lutero diventa cos progressivamente sempre pi eccitabile.
114
Lossitocina provoca specificatamente la contrazione dellutero e ha un ruolo di particolare importanza nello
stimolare la contrattilit dellutero. La sua secrezione sale considerevolmente al momento del travaglio perch la
stimolazione del collo dellutero, come avviene in questa fase, d origine ad un riflesso che esalta la secrezione
dellossitocina da parte della neuroipofisi.
Anche lipofisi del feto secerne quantit crescenti di ossitocina, che potrebbero avere un ruolo nel processo di
eccitazione delle contrazioni uterine. I surreni del feto secernono cortisolo, un altro stimolante del miometrio.
Inoltre, al momento del travaglio le membrane fetali liberano prostaglandine, che potrebbero anchesse concorrere
ad accrescere lintensit delle contrazioni uterine.
Fattori meccanici: gi il semplice stiramento di organi a muscolatura liscia basta di solito ad esaltarne la
contrattilit. Quando le membrane fetali si rompono la testa del feto stira la cervice facendo innescare un riflesso
che agisce sul collo dellutero, stimolandone la contrazione.
Durante quasi tutti i mesi di gravidanza lutero presenta, periodicamente, deboli e lente contrazioni ritmiche. Queste si
vanno facendo sempre pi energiche verso la fine della gestazione.
Ad un certo punto, nel giro di poche ore, le contrazioni si modificano piuttosto bruscamente e diventano estremamente
forti al punto da avviare lo stiramento del collo dellutero e spingere il feto lungo il canale del parto. Questo processo
viene detto travaglio.
Non sappiamo ancora che cosa determini allimprovviso la trasformazione dellattivit contrattile lenta, debole e ritmica
dellutero nelle contrazioni energiche del travaglio ma stata proposta una teoria che si basa su un feedback positivo.
Secondo questa teoria, verso la fine della gravidanza pi fattori, come la secrezione di ossitocina, concorrano ad esaltare
la contrattilit dellutero. Si pu pensare che, alla fine, una delle contrazioni uterine sia abbastanza intensa da agire da
stimolo sullutero ed aumentare ancora di pi, per un feedback positivo, la sua forza contrattile. Ne risulta una seconda
contrazione pi forte della prima, poi una terza pi forte della seconda e cos via.
Il meccanismo di feedback positivo ha per luogo solo quando il guadagno del feedback stesso supera un certo livello
critico.
Una volta che le contrazioni del travaglio sono abbastanza energiche, si originano segnali dolorifici dallutero e dal
canale del parto. Questi segnali, oltre ad essere responsabili del dolore, evocano riflessi che tramite il midollo spinale
agiscono sui muscoli addominali, provocandovi forti contrazioni che irrobustiscono ancora di pi le forze responsabili
dellespulsione del feto.
E di importanza essenziale che le contrazioni del travaglio ricorrano in maniera intermittente, in quanto essendo tanto
energiche da ostacolare e talvolta da arrestare il flusso ematico placentare, potrebbero provocare la morte del feto se
fossero continue.
Il travaglio pu essere distinto in due fasi:
1. Primo stadio del travaglio: corrisponde al periodo della progressiva dilatazione del collo uterino e dura fino a
quando la dilatazione non tale da lasciare passare la testa del feto (periodo dilatante). Di solito questo stadio dura
da 8 a 24 ore nelle primipare ma spesso solo pochi minuti nelle pluripare.
2. Secondo stadio del travaglio: dopo la completa dilatazione del collo la testa del feto si sposta rapidamente nel
canale del parto e, con unulteriore spinta dallalto, continua a progredire lungo il canale stesso fino al completo
espletamento del parto. Questo il cosiddetto periodo espulsivo, che pu durare da appena qualche minuto nelle
multipare a circa mezzora o pi nelle primipare.
Nei successivi 10-45 minuti dopo lespulsione del feto lutero si contrae diminuendo fortemente di volume per cui si ha
il distacco della placenta dalla sua sede di impianto. Ovviamente questo processo apre i seni placentari e provoca
emorragia. Per, la quantit di sangue perduto si limita di solito a circa 350 ml perch le fibre muscolari lisce della
muscolatura uterina sono disposte a forma di un 8 attorno ai vasi sanguigni che attraversano la parete uterina, per cui la
contrazione dellutero, dopo il parto, li costringe.

LA LATTAZIONE
Lo sviluppo della mammelle inizia alla pubert, promosso dagli estrogeni secreti nel corso dei cicli mestruali.
Unulteriore e pi marcata crescita si verifica per solo nel corso della gravidanza. Difatti le forti quantit di estrogeni
secreti dalla placenta promuovono la crescita e le ramificazioni del sistema dei dotti mammari; nello stesso tempo anche
la parte stromale si accresce ed in essa si depositano grandi quantit di grassi.
Per lo sviluppo del sistema dei dotti, tuttavia, sono importanti almeno altri quattro ormoni: lormone della crescita, la
prolattina, i glicocorticoidi e linsulina (dato che ognuno di essi ha una qualche funzione sul metabolismo delle
proteine).
Perch si completi lo sviluppo delle mammelle, in modo che esse diventino organi secretori di latte, necessario che
allazione dei suddetti ormoni si aggiunga anche quella del progesterone. Una volta che si sviluppato il sistema dei
dotti, il progesterone, agendo in sinergia specialmente con gli estrogeni, stimola laccrescimento dei lobuli, la
moltiplicazione degli alveoli e lo sviluppo di caratteri secretori nelle loro cellule.
Gli estrogeni ed il progesterone, sebbene siano essenziali per lo sviluppo morfologico e funzionale delle mammelle
durante la gravidanza, inibiscono entrambi in maniera specifica la secrezione effettiva di latte. La prolattina ha, invece,
leffetto esattamente opposto, cio quello di promuovere la secrezione di latte. Questo ormone viene secreto dallipofisi
della madre dalla quinta settimana di gravidanza fino al parto, raggiungendo a questo punto valori assai elevati.
Oltre allazione della prolattina secreta dallipofisi un modico effetto lattogenico viene esplicato dalla
somatomammotropina corionica umana, che viene secreta dalla placenta.
115
Ma anche cos, per leffetto inibitore di estrogeni e progesterone, solo pochi ml di liquido vengono secreti
quotidianamente dalle mammelle fino a quando il neonato non sia venuto alla luce. Il liquido che viene secreto negli
ultimi giorni prima del parto si chiama colostro e si differisce dal latte perch pressoch privo di grassi.
Immediatamente dopo il parto, limprovvisa perdita della secrezione placentare di estrogeni e progesterone permette ora
alleffetto lattogenico della prolattina di esercitare il suo ruolo e nel giro al massimo di qualche giorno le mammelle
cominciano a secernere copiose quantit di latte.
Durante le prime settimane dopo la nascita del bambino il livello basale della prolattina ritorna ai valori normali. Ma
ogni volta che la madre allatta il bambino la suzione dei capezzoli d origine ad impulsi nervosi che raggiungono
lipotalamo provocando un aumento acuto della secrezione di prolattina. Se questo picco di prolattina manca perch
lallattamento non viene continuato, le mammelle perdono nel giro di pochi giorni la loro capacit di produrre latte.
Si noti che lipotalamo controlla normalmente la secrezione di prolattina mediante un ormone inibente il rilascio, che
molto probabilmente si identifica con la dopamina. Ma quando il neonato succhia il capezzolo lipotalamo invece
manda un segnale stimolante la secrezione.
In circa la met delle madri che allattano, il ciclo ovarico e lovulazione non riprendono se non dopo alcune settimane
dalla cessazione dellallattamento. Bench la ragione di tutto ci non sia conosciuta, verosimile che gli stessi impulsi
nervosi che dalle mammelle durante la suzione giungono allipotalamo per promuovere la secrezione di prolattina,
contemporaneamente inibiscano la secrezione da parte dellipotalamo stesso del GnRH.
Il latte viene continuamente secreto negli alveoli mammari, ma non scorre agevolmente dagli alveoli nel sistema dei
dotti e perci non sgorga in modo continuato dai capezzoli. Occorre invece che il latte venga eiettato e fatto scendere
nei dotti perch il lattante possa riceverne. Questo processo si realizza grazie ad un riflesso combinato nervoso ed
ormonale, cui partecipa lossitocina. Il mero atto della suzione di per s non mette latte a disposizione del lattante. In
realt, quando questo succhia, impulsi afferenti vengono trasmessi allipotalamo il quale reagisce secernendo ossitocina
e prolattina. Lossitocina, a sua volta, stimola le cellule mioepiteliali sicch il latte viene spremuto dagli alveoli. Cos
nel giro di mezzo minuto dallinizio della suzione da parte del lattante, il latte comincia a fluire.
Nel latte non c molto ferro ma il neonato ne ha comunque grosse riserve in virt del fatto che egli possiede molta
emoglobina. Circa il 7% del latte materno costituito da lattosio, il 3% da grassi per lo pi a catena breve e proteine per
il 30%. La pi importante proteina del latte la caseina che ha la propriet di precipitare in ambiente acido.
Precipitando nello stomaco vi soggiorna e pu essere digerita, invece di passare direttamente nellintestino.
Per quanto riguarda la funzione del latte, oltre allovvio ruolo nutritivo, c da ricordare che esso contiene anche
importanti fattori di protezione come vari tipi di leucociti, anticorpi e altri agenti. Quando al posto del latte umano si
utilizza latte di vacca il ruolo nutritivo pressoch mantenuto (anche se esso ha un contenuto di lattosio inferiore al latte
materno) ma la protezione immunitaria di scarso valore.
116
SCHEMI DI FISIOLOGIA

LUDITO E IL SISTEMA VESTIBOLARE

LORECCHIO

LORECCHIO MEDIO
La membrana timpanica ha la forma di un cono al cui centro connesso il manico del martello. Laltra estremit di
questultimo fissata mediante legamenti allincudine, cosicch ogni volta che il martello si muove anche lincudine si
muove con esso. Lestremo opposto dellincudine a sua volta si articola con la testa della staffa, la cui base, attraverso
lapertura della finestra ovale, entra in contatto con la rampa vestibolare dellorecchio interno.
Larticolazione dellincudine con la staffa fa s che questultima, attraverso la finestra ovale, eserciti una pressione sulla
perilinfa ogni volta che la membrana timpanica ed il manico del martello si spostano allinterno e riduca invece la
pressione sul liquido stesso quando il martello si sposta verso lesterno.
Il sistema degli ossicini non serve ad amplificare il movimento della staffa ma ad aumentare di circa il 30% la forza. In
aggiunta, la superficie della membrana del timpano circa 55 mm
2
, mentre la superficie della staffa in media di 3,2
mm
2
. Questa differenza, che corrisponde a circa 17 volte, moltiplicata per il rapporto del sistema di leva pari a 1,3, fa s
che la pressione applicata al fluido cocleare sia ben 22 volte superiore a quella che londa pressoria esercita contro la
membrana timpanica. Anche se il valore teorico diverso da quello effettivamente registrato, perch buona parte
dellonda viene riflessa, questo meccanismo particolarmente importante poich il fluido ha uninerzia molto pi
grande dellaria e sono necessarie pressioni maggiori per metterlo in vibrazione.
La catena degli ossicini ha unaltra funzione molto importante: se unonda passa da una superficie di propagazione
come laria ad unaltra come lacqua le sue propriet di velocit ed ampiezza variano e con esse la natura del suono. La
catena degli ossicini rende minime queste variazioni: si tratta in sostanza di un adattatore di impendenza.
In assenza del sistema degli ossicini e del timpano, londa sonora pu ancora raggiungere la finestra ovale e quindi la
coclea viaggiando direttamente attraverso laria contenuta nellorecchio medio. In queste condizioni per, la sensibilit
delludito pi bassa di 15-20 decibel.
Quando i suoni trasmessi attraverso la catena degli ossicini sono particolarmente intensi, viene attivato un riflesso
(riflesso di attenuazione) che provoca la contrazione del muscolo stapedio e, in grado minore, del muscolo tensore del
timpano. Il muscolo tensore del timpano tira il manico del martello verso linterno, mentre lo stapedio sposta la staffa in
direzione opposta. Queste due forze agiscono in reciproca opposizione, per cui il sistema degli ossicini acquista una
notevole rigidit.
Il meccanismo sopra descritto in grado di ridurre lintensit della trasmissione dei suoni a bassa frequenza di 30-40
decibel. Ci ha probabilmente una duplice funzione:
1. proteggere la coclea da vibrazioni dannose prodotte da suoni eccessivamente intensi;
2. mascherare suoni di bassa frequenza in ambienti rumorosi. Ci di solito elimina gran parte dei rumori di fondo e
consente al soggetto di concentrarsi su suoni di frequenza superiore, quelli cio che corrispondono alla voce.
Lorecchio medio in comunicazione con la faringe mediante le tube di Eustachio. La comunicazione della camera
dellorecchio medio con lesterno importante affinch le condizioni di pressione presenti ai due lati della membrana
timpanica siano le stesse.
Il suono pu essere ascoltato anche senza che si passi per lorecchio medio: vi difatti una frazione del suono trasmessa
dal mastoide direttamente allorecchio interno. Ci per avviene solo se loggetto emettitore appoggiato allosso
perch altrimenti le onde acustiche trasmesse dallaria sarebbero del tutto riflesse dallosso.

LORECCHIO INTERNO
La coclea un sistema di tre canali affiancati e avvolti a spirale: la rampa vestibolare, la rampa media e la rampa
timpanica. La rampa vestibolare e la rampa media sono separate luna dallaltra dalla membrana di Reissner mentre la
rampa timpanica e la rampa media sono separate dalla membrana basilare.
La membrana vestibolare cos sottile e mobile da non ostacolare per nulla la propagazione delle vibrazioni sonore
dalla rampa vestibolare a quella media. Dunque, per quanto concerne la conduzione del suono, le rampe vestibolare e
media si comportano come ununica cavit. Limportanza della membrana di Reissner quella di mantenere nella
rampa media un liquido a composizione particolare: lendolinfa.
Le vibrazioni sonore raggiungono la rampa vestibolare attraverso la finestra ovale, trasmesse dalla base della staffa.
Questultima chiude la finestra ovale, ed fissata ai suoi margini attraverso un legamento anulare piuttosto lasso. In tal
modo la base della staffa pu muoversi avanti e indietro con le vibrazioni sonore.
La rampa timpanica chiusa dalla finestra rotonda. Quando la base della staffa spinge la finestra ovale la membrana
basilare protrude nella scala timpanica e contemporaneamente la finestra rotonda protrude verso lorecchio medio.
Le rampe timpanica e vestibolare sono messe in comunicazione allapice della coclea da un forellino il cui unico scopo
quello di equilibrare le pressioni.
117
La membrana basilare contiene da 20.000 a 30.000 fibre basilari, che si proiettano dal centro osseo della coclea, il
modiolo, verso la parete esterna. La lunghezza delle fibre basilari cresce progressivamente dalla base allapice della
coclea (da 0,04 a 0,5 mm). Il diamentro delle fibre invece decresce dalla base allapice della coclea, cos che la loro
rigidit totale diminuisce di oltre 100 volte. In prossimit della base della coclea le fibre corte e rigide vibrano
preferenzialmente a frequenze elevate mentre in prossimit dellapice quelle pi lunghe e flessibili hanno tendenza a
vibrare alle basse frequenze. Vi in sostanza una tonotopia: una corrispondenza tra frequenza dellonda sonora e punto
della membrana che entra in risonanza.
Qualunque onda venga tramessa allorecchio interno viaggia lungo la membrana basilare. Allorch raggiunge la
porzione di membrana basilare la cui frequenza di risonanza naturale uguale alla rispettiva frequenza sonora essa si
rinforza. In questa zona la membrana basilare pu vibrare con tale facilit che lenergia posseduta dallonda viene
dissipata completamente. In questo punto, perci, londa si esaurisce e non si propaga oltre lungo il rimanente tratto
della membrana basilare.

LORGANO DEL CORTI
Sulla superficie della membrana basilare localizzato lorgano di Corti, che ospita una serie di cellule ciliate sensibili a
sollecitazioni meccaniche.
Gli elementi recettoriali dellorgano del Corti sono rappresentati da due tipi di cellule ciliate: le cellule ciliate interne
disposte in un unico ordine e le cellule ciliate esterne disposte in 3-4 ordini. Alla base e ai lati le cellule ciliate sono
avvolte da un reticolo di fibre nervose con cui fanno sinapsi. Queste fibre nervose provengono dal ganglio spirale di
Corti, situato nel modiolo della coclea. Dal ganglio spirale prendono origine assoni che, attraverso il nervo cocleare,
raggiungono il sistema nervoso centrale.
Una serie di ciglia sottili di dimensioni crescenti (le stereociglia) si proiettano dalle cellule ciliate verso lalto e toccano
o penetrano la superficie gelatinosa della membrana tettoria, che si trova al si sopra delle ciglia stesse, nella rampa
media.
Le estremit superiori di queste cellule sono inglobate in una struttura rigida, la lamina reticolare, sostenuta dai pilastri
del Corti che a loro volta sono saldamente fissati alle fibre basilari. Di conseguenza la fibra basilare, i pilastri del Corti e
la lamina reticolare si muovono tutti solidamente come ununica struttura rigida.
Il movimento in alto della fibra basilare spinge la lamina reticolare in alto e verso linterno, quando invece essa si
muove verso il basso la lamina reticolare viene portata in basso e allesterno. Il movimento della lamina reticolare
allinterno e allesterno induce la deflessione delle ciglia in una direzione e rispettivamente nella direzione opposta
contro la membrana tettoria.
La deflessione delle ciglia in una direzione depolarizza le cellule ciliate mentre la loro deflessione nella direzione
opposta le iperpolarizza.
Legamenti filamentosi molto sottili connettono lestremit di ogni stereociglio a quella dello stereociglio successivo pi
lungo. Quando il ciuffo costituito dalle stereociglia si piega nella direzione del ciglio pi lungo, i legamenti filamentosi
agiscono uno dopo laltro sulla serie di stereociglia esercitando su di essa un effetto traente verso lesterno del corpo
della cellula. Ci provoca nella membrana di ciascun ciglio lapertura di varie centinaia di canali selettivi per ioni
positivi. Lapertura dei canali determina linstaurarsi di un potenziale dazione. La rampa media riempita di endolinfa,
che ha una [K
+
] di 150 mM ma una [Na
+
] molto bassa. Queste concentrazioni ioniche sono il risultato di un processo di
secrezione attiva attuato dalle cellule della stria vascolare. Il flusso di ioni potassio tende a depolarizzare la cellula.
Al contrario, il piegamento del ciuffo di ciglia nella direzione opposta riduce la tensione sui legamenti, determinando la
chiusura dei canali ionici ed iperpolarizzazione.

I MECCANISMI CENTRALI DELLUDITO

FREQUENZA E INTENSITA DI UN SUONO
La registrazione di segnali lungo le vie uditive tronco-encefaliche ed a livello delle aree uditive della corteccia cerebrale
mostra che differenti frequenze sonore attivano in modo specifico popolazioni neuronali differenti. Quindi, la principale
modalit con cui il sistema nervoso distingue le diverse frequenze sonore consiste nella determinazione della zona si
membrana basilare che viene stimolata in misura massimale. E questo il principio della localizzazione tonotopica per la
determinazione della frequenza.
Lorecchio in grado di apprezzare frequenze comprese tra i 100 e i 10000 Hz con un picco di sensibilit attorno ai
2/3000 Hz.
Per quanto riguarda lintensit di un suono, esistono almeno tre diverse modalit con cui il sistema uditivo la stabilisce:
1. con laumentare dellintensit del suono anche lampiezza della vibrazione della membrana basilare e delle cellule
ciliate aumenta, cosicch queste ultime provocano linsorgenza di impulsi a frequenze pi elevate nelle
terminazioni nervose;
2. con laumentare dellampiezza delle vibrazioni, viene stimolato un numero crescente di cellule ciliate nelle
porzioni periferiche della parte risonante della membrana basilare, per cui si verifica una sommazione spaziale di
impulsi (la trasmissione avviene attraverso il reclutamento di un maggior numero di fibre nervose);
3. le cellule ciliate esterne non vengono stimolate fino a quando la vibrazione della membrana basilare non raggiunge
unintensit relativamente elevata, per cui si ritiene che la simolazione di queste cellule serva in qualche modo a
segnalare al sistema nervoso che il suono ha raggiunto unintensit notevole.
118
Nel caso del suono, lintensit percepita varia approssimativamente in proporzione alla radice cubica dellintensit
sonora effettiva: la massima e la minima intensit che un orecchio pu percepire differiscono di un milione di milioni di
volte. Lorecchio per interpreta la differenza tra questi livelli estremi di intensit sonora come corrispondenti ad una
variazione di circa 10000 volte.
A causa dellestrema ampiezza del campo di variazione di intensit del suono che lorecchio capace di rilevare e
discriminare, le intensit sonore vengono espresse di solito attraverso il logaritmo in base dieci del rapporto tra il loro
valore effettivo e il minimo suono percepibile. Un aumento dellenergia sonora di 10 volte corrisponde ad 1 bel, e 0,1
bel corrisponde ad un decibel. Un decibel rappresenta un aumento di energia sonora di 1,26 volte.
Il suono pi debole apprezzabile quindi pari ad 1 decibel mentre quello pi intenso di circa 140/150 decibel. Suoni
al di sopra di questa soglia provocano dolore o, addirittura, danni al sistema recettoriale. La comunicazione normale
avviene tra i 20 e gli 80 decibel al di sopra della soglia.

LE VIE UDITIVE
Le fibre nervose provenienti dal ganglio spirale del Corti raggiungono i nuclei cocleari dorsale e ventrale, situati nella
parte alta del bulbo, dove entrano in contatto sinaptico con i neuroni di secondo ordine. La maggior parte di questi
neuroni invia assoni al nucleo olivare superiore del lato opposto, mentre altre fibre proiettano al nucleo olivare
superiore omolaterale. Di qui la via uditiva si dirige verso lalto attraverso il lemnisco laterale. Una parte delle fibre
terminano nel corpo trapezoide, mentre molte altre passano oltre e raggiungono il collicolo inferiore, dove tutte o quasi
tutte terminano. Dal collicolo inferiore, la via uditiva proietta al corpo genicolato mediale, allinterno del quale tutte le
fibre contraggono rapporti sinaptici. Attraverso le radiazioni acustiche la via raggiunge infine la corteccia uditiva,
localizzata principalmente a livello della circonvoluzione temporale superiore.
I segnali provenienti da ciascuno dei due orecchi vengono trasmessi lungo le vie uditive di entrambi i lati, con una lieve
prevalenza della trasmissione controlaterale.
Le vie uditive inviano molte fibre collaterali dirette al sistema reticolare attivante del tronco encefalico. Questultimo, a
sua volta, invia proiezioni ascendenti alla corteccia cerebrale e discendenti al midollo spinale, provocando
unattivazione dellintero sistema nervoso in risposta a suoni particolarmente intensi. Altre fibre collaterali si dirigono
al verme cerebellare, anchesso attivato istantaneamente da rumori improvvisi.
Gi nelle stazioni pi basse, come nelloliva, effettuata unanalisi elaborata che riguarda la determinazione della
localizzazione spaziale del suono. Il corpo genicolato mediale funziona invece come un filtro: nel sonno il suono non
viene trasmesso ma anche nella veglia i suoni ripetuti non vengono trasmessi. Ci si attua mediante fibre che attraverso
il nervo acustico giungono allorgano del Corti in direzione retrograda. Perch questa inibizione venga meno
necessario lintervento dellattenzione.

LA FUNZIONE UDITIVA DELLA CORTECCIA CEREBRALE
La corteccia uditiva localizzata principalmente a livello del piano sopratemporale della circonvoluzione temporale
superiore, ma comprende anche il bordo laterale del lobo temporale e gran parte della corteccia insulare.
Queste aree comprendono sia la corteccia uditiva primaria che quella associativa: la corteccia uditiva primaria viene
attivata direttamente da proiezioni del corpo genicolato mediale, mentre la corteccia associativa viene eccitata
secondariamente da impulsi provenienti dalla corteccia uditiva primaria.
Nella corteccia uditiva primaria e in quella associativa sono state descritte almeno sei differenti mappe tonotoniche. Le
basse frequenze sonore sono generalmente localizzate anteriormente e le alte frequenze posteriormente. Riguardo al
significato da attribuire alla presenza di pi mappe tonotoniche corticali, presumibile che ciascuna delle differenti
rappresentazioni si riferisca ad uno specifico carattere del suono.
Lambito di frequenza a cui risponde ogni singolo neurone della corteccia uditiva molto pi limitato di quello dei
neuroni dei nuclei cocleari e dei nuclei di rel tronco-encefalici. Difatti la membrana basilare vicino alla base della
coclea viene stimolata dai suoni di qualsiasi frequenza e questa ampiezza di rappresentazione delle frequenze sonore
presente nei nuclei cocleari. Una volta che leccitazione ha raggiunto la corteccia cerebrale, per, la massima parte dei
neuroni recettivi al suono risponde soltanto ad un ristretto campo di frequenze sonore. Si deve necessariamente
concludere, quindi, che lungo la via uditiva siano operanti meccanismi che rendono progressivamente pi elettiva la
risposta alle varie frequenze sonore. Si ritiene che tale effetto sia ottenuto principalmente attraverso il meccanismo
dellinibizione laterale.
Gran parte della corteccia uditiva, specialmente di quella associativa, non risponde a specifiche frequenze sonore in
arrivo dallorecchio. Si ritiene che questi neuroni abbiano la funzione di associare tra loro frequenze sonore differenti o
di associare informazioni sonore con informazioni provenienti da altre aree sensitive corticali.
Nelluomo stato riferito che la distruzione bilaterale totale della corteccia si associa a forte diminuzione della
sensibilit uditiva. La distruzione della corteccia uditiva primaria di un solo lato, invece, si accompagna soltanto ad una
scarsa riduzione delludito a carico dellorecchio opposto. Ne resta per compromessa la capacit di localizzare la
sorgente del suono, perch per questa funzione necessaria una valutazione comparativa del segnale di entrambe le
corteccie.
Se invece vi sono lesioni a carico delle corteccie associative il soggetto non pi in grado di interpretare il significato
dei suoni uditi. Ad esempio, lesioni della porzione posteriore del giro temporale superiore, che corrisponde allarea di
Wernicke e costituisce parte della corteccia uditiva associativa, aboliscono spesso la capacit del soggetto di
interpretare il significato delle parole, pur mantenendo inalterata quella di udire ed anche di ripetere le parole stesse.

119
DETERMINAZIONE DELLA DIREZIONE DI PROVENIENZA DEI SUONI
La direzione, lungo il piano orizzontale, da cui un suono proviene, viene individuata in base a due elementi principali:
1. il ritardo tra larrivo del suono ad un orecchio e larrivo dello stesso allorecchio opposto (analisi di fase). Siccome
per coprire lo spazio di 17 cm esistente tra due orecchie il suono impiega mezzo secondo, un suono di 1000 Hz
presenta uno sfasamento di mezzo periodo;
2. la differenza tra le intensit dei suoni in arrivo alle due orecchie.
Il primo meccanismo funziona meglio a frequenze inferiori ai 3000 Hz, mentre laltro agisce preferenzialmente a
frequenze maggiori poich a queste frequenze il capo agisce da barriera contro il suono.
I due meccanismi appena citati stabiliscono se il suono proviene da destra o da sinistra ma non possono indicarci se il
suono proviene dal davanti della persona, da dietro, da sotto o da sopra. Questa discriminazione si attua principalmente
mediante i padiglioni auricolari poich la loro forma modifica la qualit del suono che entra nellorecchio in base alla
direzione da cui esso proviene.
Il processo nervoso responsabile della determinazione della direzione di provenienza dei suoni inizia gi a livello dei
nuclei olivari superiori nel tronco dellencefalo, anche se linterpretazione dei segnali richiede la partecipazione di tutte
le strutture nervose comprese tra questi nuclei e la corteccia uditiva.
Il nucleo olivare superiore diviso in due porzioni, il nucleo olivare superiore mediale e quello laterale. Il nucleo
laterale implicato nel riconoscimento della direzione di provenienza del suono sulla base della differenza di intensit
del suono che giunge ai due orecchi. Quello mediale invece sede di un meccanismo altamente specifico per lanalisi di
fase. Questo nucleo contiene un gran numero di dendriti principali, uno diretto verso destra e laltro verso sinistra. Il
segnale uditivo proveniente dallorecchio destro raggiunge il dendrite di destra, mentre quello proveniente dallorecchio
di sinistra raggiunge il dendrite di sinistra. Ognuno di questi neuroni risponde con la massima intensit di eccitazione ad
un determinato valore di intervallo temporale tra i segnali provenienti dalle due orecchie.
Nella porzione mediale del nucleo olivare superiore si sviluppa cos un pattern di eccitazione neuronale tale che una
sorgente sonora posta centralmente di fronte al capo del sogetto ecciter in modo massimale un determinato gruppo di
neuroni olivari, mentre suoni provenienti da differenti angolazioni attiveranno in misura massimale altre popolazioni
neuronali. La scarica correlata con lorientamento spaziale dei segnali viene poi trasmessa dal nucleo olivare lungo tutta
la via acustica fino alla corteccia uditiva.

LAPPARATO VESTIBOLARE

FISIOLOGIA DELLAPPARATO VESTIBOLARE
Lapparato vestibolare lorgano di senso che fornisce informazioni relative allequilibrio. Esso costituito da un
sistema di cavit ossee e di canali contenuti nella rocca petrosa dellosso temporale: il labirinto osseo entro il quale
ospitato il labirinto membranoso. Questultimo composto dallutricolo, dal sacculo e dai canali semicircolari.
Sulla faccia interna della parete dellutricolo e del sacculo si trova una piccola area sensoriale, del diametro di poco pi
di due mm, detta macula. La macula dellutricolo giace prevalentemente sul piano orizzontale (sulla parete inferiore
dellutricolo) ed ha un ruolo importante nel determinare lorientamento della testa rispetto alla direzione della forza
gravitazionale quando il soggetto in posiziona eretta. La macula del sacculo, invece, si trova in un piano verticale sulla
parete mediale del sacculo e perci importante per lequilibrio quando il soggetto sdraiato.
Ciascuna macula ricoperta da uno strato gelatinoso, nel quale sono contenuti numerosi piccoli cristalli di carbonato di
calcio, detti otoliti.
Nella macula si trovano anche migliaia di cellule ciliate. Esse proiettano le loro ciglia nello strato gelatinoso e, sulla
superficie basolaterale, ricevono le terminazioni sinaptiche delle fibre sensitive del nervo vestibolare.
Ogni cellula ciliata possiede da 50 a 70 piccole ciglia, chiamate stereociglia, ed un singolo ciglio molto grande, detto
chinociglio. Il chinociglio si trova sempre ad un estremo della superficie apicale della cellula, e le stereociglia si fanno
via via pi corte procendendo verso lestremo opposto.
In condizioni di riposo le fibre nervose provenienti dalle cellule ciliate trasmettono una serie continua di impulsi.
Quando le ciglia di queste cellule si muovono, con meccanismo analogo a quanto avviene nelle cellule dellorgano del
Corti, la trasmissione degli impulsi varia: in particolare la flessione delle stereociglia verso il chinociglio provoca
depolarizzazione mentre il movimento contrario provoca iperpolarizzazione. Perci quando lorientamento del capo
nello spazio si modifica ed il peso degli otoliti fa piegare le ciglia, appropriati segnali per il controllo dellequilibrio
vengono trasmessi allencefalo.
In ciascuna macula le diverse cellule ciliate sono orientate in direzioni differenti, cosicch alcune di esse vengono
stimolate quando il capo si piega in un determinato modo. Ad ogni posizione del capo corrisponde nelle fibre nervose
provenienti dalla macula un differente pattern di eccitazione ed questo patern che informa i centri circa lorientamento
della testa.
Nellapparato vestibolare di ciascun lato i tre canali semicircolari, rispettivamente anteriore, posteriore ed orizzontale
sono disposti tra loro ad angolo retto in modo da rappresentare i tre piani dello spazio.
Ad una delle estremit di ogni canale presente una dilatazione, detta ampolla. I canali sono ripieni di endolinfa, il cui
movimento influenza la struttura recettoriale situata proprio nellampolla.
In ciascun ampolla si trova inoltre una piccola sporgenza, chiamata cresta ampollare, in cima alla quale presente una
massa gelatinosa, detta cupola. Quando il capo comincia a ruotare in una qualsiasi direzione, il liquido contenuto in uno
o pi canali semicircolari resta in un primo momento fermo, per via della sua inerzia, mentre i canali ruotano con il
120
capo. Si produce cos un movimento relativo di liquido dal canale allampolla, il quale fa flettere la cupola in tale
direzione.
Nella massa gelatinosa della cupola si proiettano centinaia di ciglia, appartenenti alle cellule cigliate presenti sulla
cresta ampollare. In ciascuna di queste cellule il chinociglio sempre spostato verso lo stesso lato della cupola e la
flessione della cupola verso quel lato provoca depolarizzazione della cellula ciliata, mentre la sua flessione nella
direzione opposta induce iperpolarizzazione. I canali semicircolari di destra e di sinistra posti sullo stesso piano sono
alternativamente depolarizzati e iperpolarizzati.
Le cellule ciliate, tramite il nervo vestibolare, inviano segnali al sistema nervoso centrale per informarlo sulle
variazioni di velocit e di direzione nella rotazione del capo nei tre differenti piani dello spazio.
Il sistema nervoso centrale deve poi compiere due integrazioni: dallaccelerazione alla velocit e dalla velocit allo
spostamento.
LA FUNZIONE DELLE STRUTTURE VESTIBOLARI
Per quanto riguarda sacculo e utricolo, in condizioni statiche i pattern di stimolazione delle differenti cellule ciliate
informano il sistema nervoso sulla posizione del capo rispetto alla attrazione gravitazionale, e, sulla base di tale
informazione, i sistemi di controllo motorio attivano i muscoli idonei al mantenimento dellequilibrio.
Quando il corpo sottoposto ad unaccelerazione lineare gli otoliti hanno uninerzia ed eccitano le cellule recettrici.
Linformazione relativa alla destabilizzazione viene trasmessa ai centri nervosi, generando nel soggetto una sensazione
di caduta allindietro. Ci attiva automaticamente uninclinazione in avanti nel corpo, che si mantiene fino a quando il
conseguente movimento in avanti degli otoliti non eguaglia la loro tendenza a cadere allindietro. A questo punto il
sistema nervoso rileva la presenza di un corretto stato di equilibrio ed il corpo non viene ulteriormente inclinato in
avanti. Per mantenere lequilibrio durante unaccelerazione lineare, dunque, le macule operano esattamente nello stesso
modo con cui controllano lequilibrio statico.
Quando invece la testa subisce unaccelerazione angolare lendolinfa contenuta nei canali semicircolari tende a restar
ferma a causa della sua inerzia, mentre i canali semicircolari ruotano. Ci provoca un flusso relativo di endolinfa nella
direzione opposta a quella della rotazione del capo. La minima accelerazione percepita di 1 /s
2
e basta una variazione
di angolatura della testa di appena mezzo grado perch laccelerazione sia percepita.
Il canale semicircolare trasmette un segnale di un tipo allinizio della rotazione ed un segnale opposto alla cessazione
della rotazione. Durante un movimento a velocit costante n i canali semicircolari n sacculo ed utricolo sono eccitati:
queste strutture in sostanza rilevano accelerazioni, non velocit. Nel caso di una rotazione a velocit costante per
sacculo ed utricolo sono eccitati a causa dellaccelerazione centrifuga, mentre i canali semicircolari non sono eccitati.
Verosimilmente la funzione dei canali semicircolari non perci quella di mantenere lequilibrio durante lesposizione
a forze centrifughe costanti. Invece il meccanismo dei canali semicircolari segnala in anticipo che unalterazione
dellequilibrio sta per attuarsi, consentendo ai centri di controllo dellequilibrio di mettere in atto gli idonei
aggiustamenti preventivi. In tal modo il soggetto pu cominciare a correggere la propria posizione ancor prima di
destabilizzarsi.

ALTRI FATTORI CONNESSI CON LEQUILIBIRO
Lapparato vestibolare segnala lorientamento ed i movimenti soltanto del capo. E pero essenziale che i centri nervosi
ricevano anche adeguate informazioni sullorientamento del capo rispetto al corpo. Tali informazioni sono trasmesse dai
propriocettori del collo e del corpo ai nuclei vestibolari e reticolari del tronco encefalico, sia direttamente che
indirettamente tramite il cervelletto.
Dopo completa distruzione degli apparati vestibolari ed anche dopo la perdita della massima parte delle altre
informazioni propriocettive, un individuo ancora in grado di mantenere lequilibrio, utilizzando le informazioni visive.
Un movimento lineare o di rotazione anche lieve del corpo, infatti, produce lo spostamento istantaneo delle immagini
visive sulla retina e ci costituisce uninformazione per i centri dellequilibrio.

REAZIONE VESTIBOLO-OCULOMOTORIA
Quando un soggetto cambia rapidamente la direzione del proprio movimento oppure inclina la testa da un lato, in avanti
o indietro gli sarebbe impossibile mantenere fissa una qualsiasi immagine retinica se non disponesse di un meccanismo
automatico di controllo capace di stabilizzare la direzione dello sguardo.
Perch ci sia possibile, ogni volta che la testa viene ruotata, i canali semicircolari inviano segnali che provocano
unuguale deviazione degli occhi in direzione opposta a quella del capo. Ci si deve a riflessi che originano dai canali
semicircolari e che, attraverso i nuclei vestibolari ed il fascicolo longitudinale mediale, vanno ad attivare i nuclei
oculomotori.
Si noti che questo riflesso pu essere soppresso con la volont.
Un altro tipo di riflesso messo in moto dal vestibolo sono le cosiddette cinetosi (es. mal di mare). Esse sono legate ad
una sollecitazione periodica per lo pi a basse frequenze del sistema vestibolare. Il riflesso agisce sul tronco dando una
sensazione di nausea che, eventualmente, pu evolvere in vomito.

CONNESSIONI DELLAPPARATO VESTIBOLARE COL SNC
La via principale per i riflessi che controllano lequilibrio inizia con i nervi vestibolari e passa poi sia ai nuclei
vestibolari che al cervelletto. Dai nuclei vestibolari le informazioni vengono inviate ai nuclei reticolari del tronco
encefalico, ed al midollo spinale attraverso i fasci vestibolospinale e reticolospinale. I segnali di tali vie sono modulati
da afferenze cerebellari.
121
Nel midollo spinale, i segnali discendenti regolano i rapporti reciproci tra inibizione e facilitazione a carico dei muscoli
antigravitari, controllando cos lequilibrio in modo automatico.
I lobi flocculonodulari del cervelletto appaiono particolarmente coinvolti nel mantenimento dellequilibrio, in stretta
correlazione con i canali semicircolari. La distruzione di queste strutture cerebellari infatti provoca quasi esattamente gli
stessi disturbi che si hanno dopo distruzione completa dei canali semicircolari e cio la perdita dellequilibrio durante
rapide variazioni della direzione del movimento. Si ritiene che luvula cerebellare svolga un ruolo di pari importanza
per ci che riguarda lequilibrio statico.
Altri segnali sono infine inviati pi in alto alla corteccia cerebrale. Essi sono probabilmente destinati ad un centro
corticale dellequilibrio e sono responsabili dellelaborazione cosciente di informazioni relative allo strato di equilibrio
corporeo.

LOLFATTO

Lolfatto lunico sistema recettoriale dello splancnocranio in cui sono presenti neuroni esposti allambiente esterno.
Questi neuroni hanno unaltra caratteristica importante: se sono danneggiati possono proliferare ma perch non si creino
equivoci importante che ogni nuova cellula prenda il posto della precedente e ne abbia le stesse caratteristiche.
Le cellule olfattive esprimono dei recettori per molecole specifiche. Ogni cellula della mucosa olfattiva selettiva per
un solo tipo di molecola. Ogni glomerulo olfattivo, poi, riceve fibre di tutti i neuroni olfattivi che esprimono il recettore
per la stessa molecola.
Il campo delle sostanze odorose enorme: solo i gas dellaria sono inodori. Il sistema olfattivo non solo in grado di
riconoscerne unampia gamma (circa 1000), ma riesce anche a distinguere tra odori piacevoli e non piacevoli.
La soglia olfattiva dipende dal tipo di sostanza.
Lo stimolo olfattivo incide profondamente sulla nostra memoria e sul nostro istinto.
Le fibre olfattive si dirigono direttamente al bulbo olfattivo, senza passare per il talamo.
122
SCHEMI DI FISIOLOGIA

LOCCHIO E LA VISIONE

LOCCHIO COME SISTEMA DI LENTI

IL POTERE DIOTTRICO DELLOCCHIO
Il sistema di lenti dellocchio composto da quattro diottri, cio interfacce con potere di rifrazione (rapporto tra velocit
della luce nel vuoto e nel mezzo) diverso:
1. linterfaccia tra laria e la superficie anteriore della cornea;
2. linterfaccia tra la superficie posteriore della cornea e lumor acqueo;
3. linterfaccia tra umor acqueo e superficie anteriore del cristallino;
4. linterfaccia tra la superficie posteriore del cristallino e lumor vitreo.
I diottri dellocchio hanno il grande vantaggio di essere trasparenti, caratteristica tuttaltro che comune per un tessuto.
Lindice di rifrazione 1 per laria, 1,38 per la cornea, 1,33 per lumor acqueo, 1,40 per il cristallino e 1,34 per lumor
vitreo. Si ricordi che il potere di rifrazione di una lente tanto maggiore quanto pi essa in grado di deviare i raggi
luminosi. Questo potere si misura in diottrie ed pari a 1 metro diviso per la sua distanza focale:
D = 1/f = 1/d + 1/R
d = distanza delloggetto reale;
R = distanza in cui si forma limmagine delloggetto;
f = distanza focale.
Se si sommano algebricamente gli effetti rifrattivi di tutte le superfici rifrangenti dellocchio e si considerano come
ununica lente, lottica dellocchio normale pu essere semplificata e rappresentata schematicamente come un occhio
ridotto. Locchio ridotto si considera provvisto di una singola lente, con il suo punto centrale situato 17 mm al davanti
della retina e con un potere di rifrazione totale di circa 59 diottrie, quando il cristallino accomodato per la visione a
distanza.
Il potere rifrattivo dellocchio dovuto per la maggior parte alla superficie anteriore della cornea e non al cristallino
poich lindice di rifrazione della cornea nettamente differente da quello dellaria mentre gli indici presenti nei vari
comparti e strutture dellocchio differiscono solo di qualche punto percentuale. Lindice di rifrazione totale del
cristallino solo di 20 diottrie ma la sua importanza risiede nel fatto che il suo potere pu aumentare di 13-14 diottrie
grazie allaccomodazione.
Loftalmoscopio si basa sul principio che se si proietta un fascio di luce sulla retina di un occhio emmetrope, i raggi
luminosi riflessi dalla retina illuminata divergono verso il sistema diottrico dellocchio e, dopo averlo attraversato,
fuoriescono paralleli dallocchio. Se questi raggi paralleli entrano nellocchio emmetrope di un altro soggetto verranno
messi a fuoco sulla retina di questultimo, poich essa si trova posteriormente al sistema diottrico ad una distanza pari a
quella focale. Quindi, un qualsiasi punto luminoso sulla retina di un soggetto in esame dar unimmagine a fuoco sulla
retina dellosservatore.
Questi principi si applicano soltanto a occhi emmetropi.

LACCOMODAZIONE
Il potere rifrattivo del cristallino, in soggetti molto giovani, pu essere aumentato da 20 a circa 35 diottrie mentre a circa
cinquantanni solo di 1-2 diottrie. Questo processo necessario per mettere a fuoco oggetti distanti meno di 60 cm, una
distanza considerata il punto prossimo di visione distinta per un occhio non accomodato.
Questa propriet dipende dalla possibilit di modificare la forma della lente con aumento della sua convessit.
Nel soggetto giovane il cristallino formato da una robusta capsula elastica, detta cristalloide, che contiene un materiale
viscoso e trasparente costituito da fibre di natura proteica (fibre cristalline). Quando la lente in uno stato di
rilasciamento e sulla capsula non agisce alcuna forza che la metta in tensione il cristallino assume una forma quasi
sferica grazie allelasticit della capsula.
Tuttavia, circa 70 fibre anelastiche si inseriscono sulla lente ed esercitano ai suoi bordi una trazione diretta verso
lesterno del bulbo oculare. Esse costituiscono nel loro insieme la cosiddetta zonula.
Queste fibre sono tenute costantemente in tensione dal loro attacco al corpo ciliare, in corrispondenza del limite
anteriore della coroide e della retina.
In corrispondenza delle inserzioni delle fibre sul corpo ciliare vi il muscolo ciliare, costituito da due tipi di fibre:
Fibre longitudinali: la loro contrazione tira in avanti e medialmente le inserzioni delle fibre della zonula, per cui si
riduce la tensione del cristallino;
Fibre circolari: contraendosi agiscono come uno sfintere, riducendo il diametro del cerchio di inserzione delle fibre
della zonula, che, conseguentemente, riducono la loro tensione sulla capsula del cristallino.
Quando entrambi i tipi di fibre del muscolo ciliare si contraggono, i legamenti della capsula si rilasciano ed il
cristallino, per lelasticit stessa della sua capsula, assume una forma pi sferica. Quando il muscolo ciliare
123
completamente rilasciato il potere diottrico del cristallino scende al suo valore pi basso, mentre quando il muscolo
contratto il potere diottrico del cristallino raggiunge il suo valore massimo.
Il muscolo ciliare controllato quasi esclusivamente dal sistema nervoso parasimpatico, attraverso impulsi trasmessi dal
terzo paio di nervi cranici.
Quando un oggetto lontano si avvicina allocchio, la scarica del parasimpatico diretta al muscolo ciliare deve aumentare
progressivamente affinch locchio possa mantenere loggetto costantemente a fuoco.

DIFETTI DI RIFRAZIONE
Ipermetropia: lipermetropia si verifica o a causa della brevit dellasse anteroposteriore del bulbo oculare oppure
perch il sistema diottrico risulta troppo debole quando il muscolo ciliare completamente rilasciato. In tale
condizioni il sistema diottrico non riesce a deviare i raggi luminosi abbastanza da metterli a fuoco sulla retina. Per
ovviare allinconveniente il muscolo ciliare si deve contrarre per aumentare il potere di rifrazione del cristallino.
Perci lipermetrope in grado di mettere a fuoco oggetti lontani utilizzando laccomodazione del cristallino ma il
punto prossimo di visione distinta sar superiore a quello di un occhio normale;
Miopia: nella miopia il potere diottrico dellocchio eccessivo ed anche quando il muscolo ciliare completamente
rilasciato, i raggi luminosi provenienti da oggetti lontani convergono in un fuoco situato anteriormente al piano
della retina. Ci dipende generalmente da un eccessiva lunghezza dellasse anteroposteriore del bulbo oculare.
Il punto remoto di visione distinta sar perci inferiore a quello di una persona normale, ma utilizzando il potere di
accomodazione del cristallino un occhio miope in grado di mettere a fuoco oggetti molto pi vicini di quanto sia
in grado di fare un occhio normale;
Astigmatismo: lastigmatismo un difetto dellocchio che fa s che limmagine visiva posta su un piano venga
messa a fuoco ad una distanza diversa dallimmagine posta sul piano perpendicolare. Tale difetto spesso deriva dal
fatto che la cornea non un diotto sferico ma presenta uneccessiva curvatura in uno dei suoi piani.
E ovvio perci che i raggi luminosi che attraversano una lente astigmatica non convergono tutti in un unico punto
focale. Il potere di accomodazione dellocchio non pu in nessun caso compensare lastigmatismo, poich
nellaccomodazione la curvatura varia in ugual misura in entrambi i piani.
Cataratta: la cataratta unalterazione oculare assai comune nei soggetti anziani, che consiste nella opacizzazione
del cristallino. Nel primo stadio di formazione della cataratta ha luogo un processo di denaturazione di alcune delle
fibre del cristallino. Successivamente queste proteine coagulano formando zone di opacit al posto delle normali
fibre trasparenti della lente
Presbiopia: con lavanzare dellet il cristallino diventa pi spesso e perci meno elastico. La capacit del
cristallino di modificare la propria forma diminuisce progressivamente e il potere di accomodazione si riduce a
meno di 2 diottrie a 45-50 anni e praticamente a zero a 70.

ACUITA VISIVA E DETERMINAZIONE DELLA DISTANZA
Per acuit visiva si intende la distanza minima a cui possibile discriminare due punti luminosi come oggetti separati.
In teoria, i raggi provenienti da un punto luminoso remoto, messi a fuoco sulla retina, dovrebbero dare unimmagine
infinitamente piccola. Per, poich il sistema di lenti dellocchio non perfetto, limmagine di questo punto sulla retina,
anche al massimo di risoluzione del sistema ottico, ha ordinariamente un diametro totale di 11 mm. La sua luminosit,
tuttavia, massima nella parte centrale e sfuma gradualmente verso la periferia: grazie a questa propriet locchio in
grado di distinguere due punti come distinti.
Lacuit visiva massima a livello della fovea: se i centri di due punti luminosi distano solo 2 mm sulla retina essi sono
percepiti come distinti. La fovea ha un diametro inferiore a mm, il che significa che il massimo di acuit visiva si
realizza in meno di 2 gradi del campo visivo. Al di fuori della fovea, lacuit visiva si riduce di pi di 10 volte, e va
riducendosi sempre pi, procedendo verso la periferia della retina. Ci dipende dal fatto che alla periferia della retina un
numero maggiore di coni o di bastoncelli prende connessione con una stessa fibra del nervo ottico.
Per quanto riguarda la determinazione della distanza di un oggetto rispetto allosservatore due sono gli effetti ottici che
vengono sfruttati:
Effetto di parallasse: se si guarda in lontananza tenendo gli occhi fermi non si avverte la parallasse, ma se si muove
il capo da una parte o dallaltra le immagini degli oggetti vicini si spostano velocemente sulla superficie della retina
mentre quelle degli oggetti lontani restano quasi completamente ferme. Pertanto, in base alleffetto di parallasse, si
possono apprezzare le distanze relative di differenti oggetti, anche con un solo occhio.
Visione binoculare (stereoscopica): poich un occhio si trova a poco pi di 5 cm lateralmente allaltro occhio,
limmagine di un oggetto sulle due retine risulta diversa. Questo fenomeno ci permette di valutare le distanze
relative di oggetti vicini pi di quanto non sarebbe possibile utilizzando un occhio soltanto.

I LIQUIDI DELLOCCHIO
Locchio contiene un liquido endo-oculare, che mantiene allinterno del bulbo oculare una pressione sufficiente ad
assicurarne una adeguata distensione. Questo liquido costituito da due parti: lumor acqueo che sta anteriormente e
lateralmente al cristallino e lumor vitreo che occupa lo spazio tra il cristallino e la retina. Lumor acqueo un liquido
che fluisce liberamente, mentre lumor vitreo una massa gelatinosa tenuta insieme da un fine reticolo fibrillare
costituito principalmente da grosse molecole allungate di proteoglicani. Alcune sostanze possono lentamente diffondere
nellumor vitreo, ma il flusso di liquido piuttosto scarso.
124
Lumor acqueo si forma nellocchio ad una media di 2-3 l al minuto. Esso secreto dai processi ciliari, costituiti da
pliche lineari che si proiettano dal corpo ciliare posteriormente alliride dove le fibre del cristallino ed il muscolo ciliare
si inseriscono sul bulbo oculare.
La superficie di questi processi ricoperta da cellule epiteliali ad elevata attivit secretiva, adagiate su di unarea
fortemente vascolarizzata.
Una volta prodotto dai processi ciliari lumor acqueo scorre tra le fibre della zonula del cristallino e, successivamente,
passa attraverso la pupilla nella camera anteriore dellocchio. Qui scorre nellangolo tra la cornea e liride e, quindi, si
versa nel canale di Schlemm il quale a sua volta si svuota nelle vene extraoculari.
Il canale di Schlemm una vena a parete sottile che si estende circolarmente tutto intorno allocchio. La sua parete
tanto porosa che, dalla camera anteriore, possono passare nel canale di Schlemm anche grosse molecole proteiche e
piccole particelle solide, fino alle dimensioni di un globulo rosso.
La pressione endo-oculare resta quasi costante a 15-20 mmHg, entro limiti di circa +/- 2 mmHg. Il suo valore da
attribuire principalmente alla resistenza al deflusso dellumor acqueo dalla camera anteriore al canale di Schlemm,
resistenza dovuta alle trabecole attraverso cui il liquido deve passare nel suo percorso dallangolo della camera anteriore
alla parete del canale.
Sulla superficie delle trabecole sono presenti, inoltre, numerosi fagociti che, assieme alle cellule del sistema reticolo-
endoteliale presenti allesterno del canale di Schlemm, provvedono a mantenere puliti gli spazi trabecolari.
Il glaucoma una delle pi comuni cause di cecit ed dovuta alla compressione degli assoni del nervo ottico che si
verifica quando la pressione endo-oculare diventa patologicamente elevata.

LA RETINA

ANATOMIA DELLA RETINA
Gli elementi strutturali della retina sono organizzati in strati che dallesterno allinterno sono:
1. strato pigmentoso (epitelio nero in quanto ripieno di melanina);
2. strato dei segmenti esterni dei bastoncelli e dei coni: questi segmenti sono costituiti da pile di dischi con distanza di
30 nm luno dallaltro e che contengono molecole di pigmenti a concentrazione molto alta, simile a quella
dellemoglobina nei globuli rossi (il 40% dei bastoncelli costituito da pigmento visivo);
3. membrana limitante esterna;
4. strato granulare esterno, che contiene i corpi cellulari dei coni e dei bastoncelli;
5. strato plessiforme esterno (sinapsi tra fotorecettori e cellule bipolari);
6. strato granulare interno (corpi cellulari delle cellule bipolari);
7. strato plessiforme interno (sinapsi tra cellule bipolari e cellule gangliari);
8. strato delle cellule gangliari;
9. strato delle fibre nervose;
10. membrana limitante interna.
Siccome la luce entra nella retina dallo strato pi interno, essa deve percorrere una distanza di varie centinaia di micron
e attraversare un tessuto non omogeneo: tutto ci riduce lacuit visiva.
Una piccola regione al centro della retina, detta fovea, che occupa una superficie totale di poco superiore ad un mm
2

specificatamente destinata alla visione distinta. La porzione centrale della fovea, del diametro di soli 0,3 mm, chiamata
fovea centrale, contiene esclusivamente coni. Questi hanno speciali caratteristiche strutturali che li rendono adatti a
recepire i dettagli dellimmagine visiva. Inoltre in questa zona gli elementi posti pi internamente rispetto ai
fotorecettori non giacciono direttamente sui coni ma sono spostati lateralmente. Ci consente alla luce di colpire
direttamente i coni senza attraversare gli strati interni al fine di accrescere lacuit visiva.

FOTOCHIMICA DELLA VISIONE
Sia i coni che i bastoncelli contengono sostanze che si scompongono per esposizione alla luce e provocano leccitazione
delle fibre nervose che originano dallocchio.
Il segmento esterno di un bastoncello, che si proietta nello strato pigmentato della retina, contiene il fotopigmento
rodopsina. Questa sostanza deriva dalla combinazione di una proteina, la scotopsina, con un pigmento carotenoide, il
retinale.
Questo pigmento si trova in una forma isomerica specifica, detta 11-cis retinale. Questa forma lunica capace di
combinarsi con la scotopsina per formare rodopsina.
Quando la rodopsina assorbe energia luminosa il cis retinale si trasforma istantaneamente in retinale tutto-trans il quale
comincia a staccarsi dalla scotopsina. Il prodotto che ne deriva la batorodopsina, un composto risultante dalla parziale
scissione del retinale tutto trans estremamente instabile, la quale a sua volta si trasforma in due passaggi in
metarodopsina II che provoca modificazioni del potenziale elettrico dei bastoncelli. Difatti essa attiva la fosfodiesterasi,
la quale immediatamente idrolizza il cGMP che in condizioni di oscurit mantiene in stato di apertura un canale per il
sodio. Ci ha leffetto di ridurre la conduttanza della membrana del segmento esterno agli ioni sodio.
La rodopsina poi si riforma perch il retinale tutto trans viene riconvertito in 11-cis retinale ad opera dellenzima
retinale isomerasi.
125
Lattivazione dei bastoncelli causa un aumento di negativit del potenziale di membrana, definito iperpolarizzazione.
Questo esattamente lopposto di quello che succede in quasi tutti gli altri recettori sensoriali, la cui attivazione media
una depolarizzazione.
Quando un improvviso impulso luminoso colpisce la retina, la transitoria iperpolarizzazione raggiunge il picco in circa
0,3 secondi e dura per pi di un secondo. Nei coni queste modificazioni avvengono con una velocit quattro volte
maggiore. Perci uno stimolo visivo che colpisca i bastoncelli della retina anche solo per un milionesimo di secondo
pu, tuttavia, provocare la percezione visiva dellimmagine anche per pi di un secondo.
Il processo appena descritto detto di fototrasduzione: si tratta difatti di trasformazione dellenergia luminosa in energia
biologica.
Sembra che basti che due fotoni colpiscano due bastoncelli vicini e completamente adattati alloscurit perch il segnale
luminoso sia avvertito dalla coscienza.
Unaltra caratteristica del potenziale rappresentato dal fatto che esso approssimativamente proporzionale al
logaritmo dellintensit della luce. Ci di estrema importanza poich permette allocchio di discriminare le intensit di
luce in una gamma di molte migliaia di volte pi ampia di quanto altrimenti non sarebbe possibile.
I pigmenti fotosensibili dei coni hanno quasi esattamente la stessa composizione chimica dei bastoncelli. La sola
differenza che le componenti proteiche che nei coni sono le fotopsine sono diverse dalla scotopsina dei bastoncelli. Le
loro caratteristiche mostrano un picco di assorbimento a lunghezze donda rispettivamente di 445, 535 e 570 nanometri.
I difetti legati alla visione dei colori sono:
Protanopia: scarsa sensibilit per il rosso perch manca il relativo pigmento;
Deturenopia: manca il pigmento per il verde;
Discromatopsia: alcuni individui, pur avendo tutti e tre i pigmenti, discriminano i colori diversamente rispetto agli
altri perch i picchi di assorbimento sono spostati rispetto agli altri individui.

ADATTAMENTO ALLA LUCE ED AL BUIO
Perch la registrazione di immagini da parte della retina richiede la capacit di rilevare un contrasto tra zone luminose e
zone oscure, essenziale che la sensibilit retinica sia sempre regolata in funzione delle condizioni di luce.
Se un soggetto rimane a lungo in un ambiente intensamente illuminato, grandi quantit di pigmenti fotosensibili
vengono degradate a retinale ed opsine. La concentrazione di pigmenti fotosensibili risulter perci essere
considerevolmente diminuita e la sensibilit alla luce sar ridotta in misura corrispondente. Questo fenomeno detto
adattamento alla luce.
Se invece il soggetto resta per lungo tempo nelloscurit, il retinale e le opsine dei coni e dei bastoncelli vengono
convertite nei pigmenti fotosensibili. Questo fenomeno detto adattamento al buio.
I coni si adattano molto pi velocemente dei bastoncelli (qualche minuto contro un ora), ma questi ultimi hanno un
grado di sensibilit molto maggiore.
Ladattamento dellocchio alla luce e al buio pu dipendere anche da due altri meccanismi:
1. variazioni del diametro pupillare;
2. adattamento neuronale: quando lintensit della luce aumenta, aumenta anche lintensit dei segnali trasmessi alle
cellule che compongono la via di trasmissione dei segnali nervosi. Tuttavia, lintensit di questi segnali decresce
nei differenti stadi della trasmissione nervosa dellinformazione visiva.
Questi due meccanismi si attuano in frazioni di secondo mentre per ladattamento chimico sono necessari periodi
considerevolmente pi lunghi.
Per avere unidea della capacit di adattamento alla luce e alloscurit, si consideri che lintensit della luce solare
circa 10 miliardi di volte maggiore di quella della luce stellare, eppure locchio in grado di funzionare in entrambe le
situazioni.

FUNZIONE NERVOSA DELLA RETINA
Nella retina sono presenti sei tipi di cellule di natura nervosa:
1. i fotorecettori: i bastoncelli sono circa 10
8
, i coni molti meno;
2. le cellule orizzontali, che trasmettono segnali orizzontalmente nello strato plessiforme esterno dai fotorecettori ai
dendriti delle cellule bipolari;
3. le cellule bipolari, che trasmettono segnali da bastoncelli, coni e cellule orizzontali allo strato plessiforme interno,
dove contraggono sinapsi sia con cellule amacrine che con cellule gangliari;
4. le cellule amacrine, che trasmettono segnali in due direzioni, sia direttamente tra cellule bipolari e cellule gangliari
sia orizzontalmente nello strato plessiforme interno tra gli assoni delle cellule bipolari, i dendriti delle cellule
gangliari, e/o altre cellule amacrine;
5. le cellule gangliari, che attraverso il nervo ottico, trasmettono i segnali in uscita dalla retina e diretti allencefalo;
6. le cellule interplessiformi, che trasmettono in direzione retrograda dallo strato plessiforme interno allo strato
plessiforme esterno. Questi segnali sono tutti inibitori e si ritiene che abbiano la funzione di controllare la
diffusione laterale di segnali visivi attraverso le cellule orizzontali nello strato plessiforme esterno, e forse di
regolare cos il grado di contrasto nellimmagine visiva (es. per adattamento al buio).
Nella retina si distinguono due tipi di sistemi visivi, uno molto antico basato sui bastoncelli ed uno pi recente basato
sui coni. I neuroni e le fibre nervose che conducono i segnali visivi per la visione dei coni sono notevolmente pi grandi
di quelle per la visione dei bastoncelli e trasmettono i segnali al cervello con velocit da due a cinque volte pi elevata.
126
La via basata sui coni costituita da tre elementi cellulari: coni, cellule bipolari e cellule gangliari. Inoltre, cellule
orizzontali trasmettono segnali inibitori lateralmente nello strato plessiforme esterno, e cellule amacrine trasmettono
segnali lateralmente nello strato plessiforme interno.
Gli unici neuroni retinici che trasmettono segnali visivi sempre mediante potenziali dazione sono le cellule gangliari,
che inviano i loro segnali al cervello. A parte questo caso, in tutti gli altri neuroni retinici i segnali visivi vengono
trasmessi per conduzione elettronica.
La conduzione elettronica consiste nel flusso diretto di corrente elettrica, non di potenziali dazione. Limportanza di
questo meccanismo che esso consente una conduzione graduata dellintensit del segnale: lintensit dellimpulso
elettrico direttamente correlata con lintensit di illuminazione e non invece un segnale tutto o nulla come nel caso
della conduzione di potenziali dazione.
Cellule orizzontali
Le cellule orizzontali stabiliscono contatti lateralmente tra le terminazioni sinaptiche dei bastoncelli e dei coni ed i
dendriti delle cellule bipolari. Esse contribuiscono allaumento del contrasto dellimmagine visiva perch larea colpita
intensamente da un fascio di luce viene eccitata mentre quelle ai lati vengono inibite dalle cellule orizzontali: questo
fenomeno viene chiamato inibizione laterale.
Cellule bipolari
Per quanto riguarda le cellule bipolari, esse sono di due tipi poich possono generare segnali opposti: esse vengono
definite rispettivamente cellule bipolari depolarizzanti ed iperpolarizzanti.
Alcune cellule bipolari si depolarizzano quando i fotorecettori vengono eccitati, mentre altre si iperpolarizzano.
Esistono due possibili spiegazioni per questa diversa risposta:
si tratta di due cellule differenti;
uno dei due tipi di cellule riceve direttamente un segnale eccitatorio dai fotorecettori mentre laltro riceve il segnale
indirettamente attraverso una cellula orizzontale a significato inibitorio;
Limportanza di questo fenomeno rappresentato dal fatto che esso permette ad una met di cellule bipolari di
trasmettere segnali positivi ed allaltra met di inviare segnali negativi. Entrambi i tipi di segnali vengono usati nella
trasmissione dellinformazione visiva al cervello.
Altro aspetto importante che questo meccanismo fornisce un secondo strumento di inibizione laterale.
Cellule amacrine
Sono stati identificati circa 30 tipi diversi di cellule amacrine. Un tipo di cellule rappresenta un ulteriore stazione nella
via di trasmissione degli impulsi originati dai bastoncelli. Un altro tipo di cellule risponde assai rapidamente alla
comparsa di uno stimolo visivo, ma la sua risposta si estingue rapidamente. Ancora un tipo di cellule risponde
allaccensione o allo spegnimento della luce, segnalando semplicemente una variazione di intensit di illuminazione
indipendentemente dal tipo.
In un certo senso, quindi, le cellule amacrine sono interneuroni che partecipano ad una prima analisi dei segnali visivi.
Cellule gangliari
Le cellule gangliari rappresentano le fibre del nervo ottico. Su ognuna di esse converge linformazione proveniente, in
media, da 60 bastoncelli e 2 coni. Esistono notevoli differenze tra la parte periferica e quella centrale della retina: nella
fovea vi un rapporto tra fotorecettori e cellule gangliari di 1 a 1 mentre in periferia il segnale proveniente da circa 200
bastoncelli converge su ununica cellula gangliare.
Un rapporto 1:1 sicuramente indice di alta definizione, ma la sensibilit sar bassa perch la cellula gangliare sar
eccitata solamente se un fotone colpir proprio quel cono.
Esistono tre distinti gruppi di cellule gangliari:
cellule W: sono deputate particolarmente a rilevare movimenti direzionali in una qualsiasi zona del campo visivo
dal momento che le cellule sono eccitate soprattutto da transienti luminosi. Questo sistema conduce con bassa
velocit e, poich il campo recettivo grande, la risoluzione bassa. Queste fibre afferiscono soprattutto alle
strutture del tronco;
cellule X: sono le pi numerose tra le cellule gangliari, rappresentando pi della met del totale. E attraverso
queste cellule che, con velocit di conduzione media, viene principalmente trasmessa limmagine visiva. Inoltre,
poich ogni cellula X riceve segnali da almeno un cono, probabilmente la trasmissione tramite le cellule X anche
responsabile della visione cromatica;
cellule Y: rappresentano solo il 5% del totale ma hanno campi dendritici molto estesi e una alta velocit di
conduzione. Esse rispondono a rapide variazioni dellimmagine visiva, inviando scariche di segnali che durano solo
per una frazione di secondo. Appare certo che queste cellule gangliari informino quasi istantaneamente il sistema
nervoso centrale, allorch in una qualunque zona del campo visivo abbia luogo un evento che alteri la scena
precendente, senza per specificare con grande esattezza la localizzazione dellevento, ma dando tuttavia
indicazioni appropriate a far deviare gli occhi verso il nuovo stimolo visivo. Sia le fibre Y che le X si portano alla
corteccia.
Molte cellule gangliari vengono eccitate specialmente da una variazione dellintensit della luce. Per esempio
allaccensione della luce una cellula gangliare genera impulsi ad alta frequenza per una frazione di secondo, dopodich
in unaltra frazione di secondo il livello di eccitazione diminuisce. Nel frattempo una seconda cellula gangliare, situata
lateralmente allarea illuminata, risulta fortemente inibita dallaccensione della luce per effetto del meccanismo di
inibizione laterale. Allo spegnersi della luce si verifica esattamente lopposto. Le risposte di questi due tipi di cellule
vengono dette on-off e off-on.
127
Una cellula retinica pu rispondere con una scarica di tipo on se la luce colpisce il centro della cellula mentre con una
scarica di tipo off se la luce ne colpisce la periferia (cellule centro on- periferia off). Altre cellule fanno lopposto.
Le opposte direzioni di queste risposte alla luce sono mediate dalleffetto di inibizione laterale effettuato dalle cellule
bipolari depolarizzanti e iperpolarizzanti mentre la transitoriet delle risposte va probabilmente imputata alle cellule
amacrine.
La maggior parte delle cellule gangliari non risponde al livello reale di illuminazione della scena; al contrario esse
rispondono principalmente alle linee di contrasto presenti nella scena visiva.
Quando una luce uniforme colpisce lintera retina il tipo di cellule gangliari che risponde al contrasto non viene n
eccitato n inibito. Ci dipende dal fatto che i segnali eccitatori trasmessi attraverso la via diretta sono attenuati dai
segnali inibitori trasmessi attraverso le vie laterali. Questo meccanismo, che prende il nome di inibizione laterale, riduce
limportanza dei segnali uniformi.
Quando invece nella scena visiva sono presenti zone di contrasto un fotorecettore verr stimolato dalla luce mentre uno
dei due laterali, che si trova in una zona oscura, non sar eccitato. Il fotorecettore di confine sar pertanto inibito solo
da uno dei due lati, e trasmetter perci un segnale pi forte.

ANALISI DELLINIBIZIONE LATERALE
Analizziamo graficamente e matematicamente il fenomeno
dellinibizione laterale riferendoci per semplicit a due soli
fotorecettori.
Come si vede dal disegno i segnali in entrata X e Y
vengono trasmessi alle cellule bipolari come segnali X e
Y diversi da quelli iniziali in quanto su di essi influiscono
le cellule orizzontali. Queste cellule operano uninibizione
sul fotorecettore con unintensit funzione del segnale
trasmesso che ha eccitato il fotorecettore adiacente.
Esso in sostanza un sistema a feedback.
Si pu stabilire che:
X = X + nY
Y = Y + mX
Svolgendo il sistema si ottiene:
X = (X + nY)/(1-mn)
Y = (Y + mX)/(1-mn)
mn = guadagno a circuito aperto
Possiamo stabilire come valore di m e di n 1/2: ci significa che se la cellula gialla eccitata la cellula orizzontale
inibir per met la sinapsi blu. (si noti che mn = : essendo il valore positivo si tratta di un feedback positivo).
Se i fotorecettori sono eccitati ugualmente si pu stabilire che i valori di X e Y siano 1. X e Y sono allora 2/3:
entrambe le cellule bipolari adiacenti saranno state eccitate alla stessa maniera ma il segnale attenuato.
Se invece il fotorecettore blu eccitato (X = 1) mentre quello giallo in una zona oscura (Y = 0) allora il valore di X =
4/3 mentre Y = -4/6 (il valore negativo possibile in quanto vi comunque un livello basale di eccitazione).
X Y = 2: il segnale, in caso di contrasto, amplificato.

LELABORAZIONE DELLIMMAGINE

LE VIE VISIVE
Dopo che gli impulsi nervosi lasciano la retina, essi procedono allindietro lungo i nervi ottici. A livello del chiasma
ottico tutte le fibre provenienti dalla met nasale di ciascuna retina si incrociano e passano nel lato opposto, dove si
uniscono con le fibre che provengono dalla met temporale della retina dellaltro lato, formando i tratti ottici. Le fibre di
ciascun tratto ottico terminano a livello del nucleo genicolato laterale e da qui le fibre genicocalcarine, attraverso la
radiazione ottica, raggiungono la corteccia visiva primaria nellarea calcarina del lobo occipitale.
Inoltre, fibre visive terminano anche in aree filogeneticamente pi antiche:
1. ai nuclei pretettali per il controllo del movimento riflesso degli occhi per mettere a fuoco e anche per attivare il
riflesso pupillare alla luce;
2. agli strati superficiali del collicolo superiore. Questa porzione una stazione visiva che mappa il campo visivo
controlaterale. Questi neuroni mandano poi impulsi al pulvinar talamico, che un nucleo multisensoriale. Le
informazioni vengono poi proiettate alla corteccia sia direttamente sia attraverso i gangli della base.
Le vie visive, quindi, possono essere genericamente distinte in un sistema antico diretto al mesencefalo e a strutture
basali proencefaliche e in un sistema recente per la trasmissione diretta alla corteccia visiva.
Le fibre del nervo ottico appartenenti al sistema visivo pi recente terminano tutte nel nucleo genicolato laterale, situato
allestremit dorsale del talamo.
Esso svolge due funzioni:
una stazione di collegamento per linformazione visiva del tratto ottico alla corteccia visiva, attraverso la
radiazione ottica. I segnali provenienti vengono mantenuti separati in questo nucleo. Esso formato da sei strati di
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cellule. Gli strati II, III e V ricevono i segnali dalla porzione temporale della retina ipsilaterale, mentre gli strati I,
IV e VI ricevono segnali dalla porzione nasale della retina controlaterale;
la seconda funzione principale del nucleo genicolato laterale quella di costituire un cancello per la trasmissione di
segnali alla corteccia visiva, cio di controllare in che misura le informazioni provenienti dalla retina possano
raggiungere la corteccia. Questa funzione di cancello del nucleo genicolato sottoposto provenienti principalmente
da:
1. fibre corticifughe: dalla corteccia visiva primaria tornano in direzione retrograda;
2. aree reticolari del mesencefalo: anche questo circuito, come quello precedente, ha significato inibitore.
Va rilevato infine che il nucleo genicolato laterale dorsale pu anche essere diviso in altro modo:
1. gli strati I e II vengono definiti magnocellulari, in quanto contengono neuroni di grandi dimensioni che ricevono
quasi esclusivamente segnali dalle cellule retiniche di tipo Y. Questo sistema rappresenta una via di conduzione
molto rapida verso la corteccia visiva. Esso, daltra parte, non coinvolto nella visione dei colori e la qualit di
trasmissione punto a punto modesta;
2. gli altri strati sono definiti parvocellulari e sono costituiti da neuroni che ricevono impulsi quasi interamente dalle
cellule gangliari retiniche di tipo X, che trasmettono il colore e convogliano anche unaccurata informazione
spaziale punto a punto, ma solo a moderat velocit di conduzione.
La via ottica presenta una retinotopia precisa. Le fibre ottiche provenienti dai quadranti retinici nasali occupano la met
mediale del nervo ottico, quelle dai quadranti temporali la met laterale; le fibre maculari sono poste centralmente. Nel
chiasma ottico decussano solo le fibre ottiche provenienti dalla met nasale del campo visivo. Il tratto ottico di destra
conterr cos fibre provenienti dalle met destre delle due retine, veicolanti segnali provenienti dalle met sinistre del
campo visivo; viceversa il tratto ottico di sinistra.
Il tratto ottico, prima di raggiungere il corpo genicolato, ruota di 90 in senso mediale: le fibre nasali (mediali)
divengono ventrali e quelle temporali (laterali) divengono dorsali. Le fibre della radiazione ottica subiscono una nuova
rotazione di 90: le fibre che originano dalla porzione mediale del corpo genicolato terminano nella porzione
sopracalcarina, quelle laterali nella porzione sottocalcarina. La macula rappresentata a livello del polo occipitale.

LA CORTECCIA VISIVA
La corteccia visiva primaria situata nellarea della scissura calcarina, estendendosi fino al polo occipitale nella faccia
mediale della corteccia di ciascun lobo occipitale. I segnali provenienti dallarea maculare della retina terminano in
vicinanza del polo occipitale, mentre i segnali provenienti dalle parti pi periferiche della retina terminano in aree
concentriche disposte anteriormente al polo occipitale e lungo la scissura calcarina. La porzione superiore della retina
rappresentata nella parte superiore della corteccia visiva e quella inferiore nella parte inferiore.
La corteccia visiva primaria corrisponde allarea corticale 17 di Brodman.
Le aree visive secondarie, dette anche aree visive di associazione, sono situate lateralmente, superiormente e
inferiormente alla corteccia visiva primaria.
La corteccia visiva primaria costituita da sei strati distinti. Le fibre genicolocalcarine terminano principalmente nello
strato IV. Anche questo settore, per, a sua volta organizzato in strati. I segnali a conduzione rapida provenienti dalle
cellule gangliari di tipo Y della retina terminano nello strato Ivcu e da qui vengono ritrasmesse.
I segnali visivi condotti dalle fibre del nervo ottico di dimensioni intermedie, provenienti dalle cellule X della retina,
raggiungono gli strati Iva e Ivc.
Da un punto di vista strutturale la corteccia visiva organizzata in vari milioni di colonne verticali di neuroni, ognuna
delle quali rappresenta ununit funzionale, anche se le cellule che le compongono sono dotate di ramificazioni che
permettono uninterazione con cellule delle colonne vicine. Dopo che i segnali visivi sono giunti allo strato IV, essi
vengono ulteriormente elaborati via via che si propagano verso i livelli superficiali e quelli profondi di ciascuna colonna
verticale. Attraverso questo processo di elaborazione si ritiene che vengano decifrati distinti bits di informazione visiva.
Tra le colonne visive si trovano gruppi cellulari di forma approssimativamente cilindrica, definiti color blob. Essi
ricevono segnali provenienti dalle colonne adiacenti e rispondono specificatamente a segnali cromatici.
I segnali provenienti dai due occhi rimangono separati anche nel IV strato della corteccia visiva primaria, perch
terminano in strati alternati allinterno delle colonne. Quando i segnali si propagano verticalmente verso gli altri strati
della corteccia questa separazione si perde.
Se una persona fissa lo sguardo su una parete vuota, indipendentemente dal suo grado di illuminazione, solo pochi
neuroni della corteccia visiva primaria vengono attivati. La corteccia visiva difatti attivata principalmente dai
contrasti. Lintensit di eccitazione dipende dal gradiente di contrasto, cio quanto pi esso netto tanto pi elevato
sar il grado di stimolazione.
La corteccia visiva non solo rileva lesistenza di linee e contorni nelle differenti parti dellimmagine retinica, ma rileva
anche il loro orientamento. Difatti nel IV strato delle colonne retiniche esistono dei neuroni che rispondono
specificatamente ad un determinato orientamento (neuroni semplici).
Quando il segnale procede oltre lo strato IV, alcuni neuroni rispondono a linee che hanno lo stesso orientamento, ma
non necessariamente la stessa posizione sulla retina. In altre parole se la linea subisce un modesto spostamento ma
mantiene lo stesso orientamento il neurone pu ancora essere stimolato. Queste cellule si chiamano neuroni complessi.
Ogni colonna mappa un pixel del campo visivo ed in ogni colonna esiste una cellula per ogni orientamento (o meglio,
una serie per locchio destro ed una per il sinistro).
Alcuni neuroni degli strati esterni delle colonne della corteccia visiva primaria infine vengono stimolati soltanto da
linee o contorni di lunghezza specifica, o che hanno particolari angolazioni
129
Per lanalisi del colore entra in gioco soprattutto il sistema X. Linformazione cromatica elaborata principalmente
negli strati superficiali della corteccia, dove ci sono cellule sensibili al colore pi che allorientamento.
Nel corpo genicolato ci sono cellule che rispondono a coppie di colori opposti (Es centro on rosso, periferia off verde).
Quindi le cellule di questa struttura sono eccitate da un particolare contrasto cromatico. Nella corteccia ci sono invece
cellule dette doppio opponenti: il centro per esempio eccitato dal rosso e inibito dal verde, la periferia invece al
contrario eccitata dal verde e inibita dal rosso.
Dopo aver lasciato la corteccia visiva primaria, linformazione visiva viene analizzata nelle aree visive secondarie
seguendo due circuiti principali:
1. analisi della posizione tridimensionale, della forma grossolana e del movimento di oggetti. Dopo aver lasciato la
corteccia visiva primaria, i segnali che decorrono in questo circuito giungono allarea visiva secondaria per poi
passare, generalmente, nellarea mediotemporale posteriore e da qui verso lalto nella corteccia occipitoparietale. A
livello del margine anteriore di questa ultima area i segnali si sovrappongono a quelli provenienti dalle aree
associative somestesiche posteriori, che analizzano gli aspetti tridimensionali dei segnali della sensibilit somatica.
I segnali che viaggiano in questo circuito provengono principalmente dalle fibre Y;
2. analisi dei dettagli visivi e del colore: linformazione passa dalla corteccia visiva primaria, alla secondaria e da qui
alle regioni ventrale inferiore e mediale della corteccia occipitale e temporale. Questa via rappresenta il circuito
principale per lanalisi dei dettagli visivi e specifiche porzioni di questo circuito sono deputate specificatamente
allanalisi del colore.
Nella corteccia visiva terziaria le cellule sono soprattutto sensibili al movimento mentre in quella quaternaria molte
cellule sono sensibili al colore o, meglio, al contesto in cui questo colore viene a trovarsi.
Nellarea mediotemporale ci sono cellule che rispondono alla presenza di un oggetto in una determinata posizione
spaziale indipendentemente dal punto di fissazione: si tratta di una notevole astrazione.
Lesioni di questarea provocano lincapacit di seguire il movimento in una direzione.
Si ritiene inoltre che il flusso visivo in questarea ci permetta di posizionarci nello spazio.

I MOVIMENTI DEGLI OCCHI

MUSCOLI, NERVI CRANICI E AZIONE DELLA CORTECCIA
I movimenti oculari sono controllati da tre distinte paia di muscoli che si contraggono in maniera coordinata: i retti
laterale e mediale, i retti superiore e inferiore e gli obliqui superiore e inferiore. La contrazione dei muscoli retti mediale
e laterale determina la deviazione degli occhi da un lato allaltro. I retti superiore ed inferore si contraggono
alternativamente per ruotare gli occhi rispettivamente in alto o in basso. I muscoli obliqui agiscono principalmente per
ruotare i bulbi oculari in modo da mantenere in posizione dritta i campi visivi.
Nel controllo di questi muscoli sono implicati il terzo, il quarto e il sesto nervo cranico. In particolare:
III paio, oculomotore: retto mediale, retti superiore ed inferiore, obliquo inferiore;
IV paio, trocleare: obliquo superiore;
VI paio, abducente: retto laterale.
I nuclei di questi nervi sono tra loro connessi mediante il fascicolo longitudinale mediale. Attraverso questo fascicolo
ognuna delle tre coppie di muscoli di ciascun occhio dotata di uninnervazione reciproca, per cui quando un muscolo
della coppia si contrae laltro si rilascia.
Nel controllo dei movimenti oculari implicato tutto il sistema nervoso: la corteccia cerebrale a decidere dove
rivolgere lo sguardo ed sempre la corteccia che invia segnali che raggiungono i collicoli superiori, passando attraverso
i gangli della base, da cui partono segnali diretti al tronco oppure direttamente alla sostanza reticolare del ponte e del
mesencefalo dove vengono organizzati i movimenti oculari. La sostanza reticolare pontina deputata principalmente al
controllo dei movimenti orizzontali mentre quella pi rostrale si occupa dei movimenti verticali e di convergenza.
Al sistema oculomotore giunge anche una importante proiezione dai nuclei vestibolari tramite il fascicolo longitudinale
mediale.Le influenze vestibolari sono controllate da afferenze cerebellari (dal nodo flocculo-nodulare) il cui compito
di regolare i movimenti vestibolari.
Il centro che organizza i piani motori dei movimenti oculari non si trova nella corteccia cerebrale ma nel mesencefalo
ed detto centro dello sguardo.
Tuttavia, nella corteccia ci sono due zone che indicano al centro dello sguardo dove rivolgere lattenzione: uno si trova
nella corteccia frontale (corteccia dei campi oculari) e unaltra regione che si trova nellarea temporale alla fine del
solco di Silvio (area medio-temporale).
In questultima zona della corteccia viene fatta lanalisi dei movimenti. E qui che probabilmente avviene la decisione
sul dove porre lattenzione. Difatti quando viene lesa larea medio-temporale non si riesce a fissare (meglio, a porre
attenzione) gli oggetti sulla parte controlaterale del campo visivo anche se i meccanismi sarebbero integri.
I campi oculari fanno parte della corteccia frontale dove rappresentato lio sar. Se questa corteccia viene lesa
difatti possibile fissare un certo punto ma non si riesce a continuare a mantenere lattenzione.
I campi oculari sono anche importanti per programmare unattivit: per esempio per evitare di fissare una cosa.





130
MOVIMENTI DI FISSAZIONE DEGLI OCCHI
Forse i movimenti oculari pi importanti sono quelli che consentono di fissare gli occhi su una specifica zona del campo
visivo. Essi hanno lo scopo di far s che limmagine che si desidera vedere distintamente cada nella regione foveale
della retina. Difatti la periferia dellocchio, a causa della sua bassa definizione, pu essere considerata una zona di
ricezione di immagini che per poi devono essere posizionate sulla fovea.
I movimenti di fissazione sono controllati da due meccanismi neuronali. Il primo di questi consente di muovere
volontariamente gli occhi per localizzare loggetto sul quale si desidera fissare lo sguardo, e viene chiamato
meccanismo volontario di fissazione. Il secondo un meccanismo involontario, che mantiene lo sguardo fisso
sulloggetto una volta che sia stato localizzato, e si chiama meccanismo involontario di fissazione.
I movimenti volontari di fissazione sono controllati da una piccola area corticale della corteccia premotoria.
Invece il meccanismo di fissazione che fa bloccare lo sguardo sulloggetto sul quale si fissa lattenzione, una volta
localizzato, controllato dalle aree visive secondarie della corteccia occipitale.
Per distogliere lo sguardo da questa fissazione necessario lintervento di impulsi volontari proveniente dai centri
oculari situati nelle regioni frontali.
La fissazione involontaria dello sguardo dipende da un meccanismo a feedback negativo, che impedisce alloggetto sul
quale si fissa lattenzione di uscire dalla regione foveale della retina. Normalmente gli occhi presentano tre tipi di
movimenti continui, ma pressoch impercettibili:
1. tremore continuo: dovuto a contrazioni successive nelle unit motorie dei muscoli oculari;
2. un movimento di lenta deriva dei bulbi oculari da una parte o dallaltra;
3. rapidi movimenti saccadici che sono controllati dal meccanismo volontario di fissazione.
Quando un punto luminoso stato fissato sulla regione foveale della retina, i movimenti di tremore fanno spostare
rapidamente limmagine sui coni e i movimenti di deriva la fanno spostare lentamente sugli stessi. Ogni volta, per, che
il punto luce si sposta tanto da raggiungere i bordi della fovea, si ha unimprovvisa reazione riflessa che, mediante un
movimento saccadico, fa spostare il punto riportandolo al centro della fovea.
Quando la scena visiva si muove continuamente davanti agli occhi, come quando si in treno, gli occhi si fissano su un
particolare del campo visivo e subito dopo su un altro, e cos via, saltando da punto allaltro ad una frequenza di due o
tre salti al secondo. Tali escursioni si dicono saccadi e i movimenti si chiamano nistagmi optocinetici (nistagmo =
movimento di deriva lenta seguito da un movimento saccadico).
Un altro tipo di nistagmo quello vestibolare: se si gira su noi stessi, gli occhi effettuano movimenti di deriva lenta a
causa della reazione vestibolo-oculare ma, una volta giunti allestremo, tornano con un movimento saccadico al centro.
Durante il movimento saccadico il cervello sopprime limmagine visiva, per cui il soggetto completamente
incosciente dello spostamento degli occhi da un punto allaltro.
Mentre si legge un soggetto normalmente compie parecchi movimenti degli occhi per ogni riga. In questo caso non la
scena visiva che va spostandosi rispetto agli occhi, ma sono questi che sono addestrati a scorrere sulla scena visiva.
Gli occhi possono anche rimanere fissi su un oggetto in movimento e in tal caso si parla di movimenti di inseguimento.
Un meccanismo corticale altamente specializzato rileva automaticamente il movimento delloggetto e poi gradualmente
induce un movimento degli occhi con caratteristiche simili.

RUOLO DEI COLLICOLI SUPERIORI
I collicoli superiori sono i principali artefici dello stimolo che provoca la deviazione degli occhi e del capo verso un
improvviso stimolo visivo.
Anche dopo che la corteccia visiva stata distrutta, un improvviso e forte stimolo visivo in una regione laterale del
campo visivo provocher immediatamente la deviazione degli occhi in quella direzione. Ci non si verifica, per, se
sono stati distrutti anche i collicoli superiori.
I collicoli difatti sono in grado di inviare degli appositi segnali ai nuclei dei nervi cranici per far deviare gli occhi in
risposta ad un improvviso e forte stimolo registrato in una regione periferica della retina.
Le fibre del nervo ottico che trasmettono ai collicoli superiori i segnali che evocano questi rapidi movimenti di
deviazione dello sguardo sono ramificazioni delle fibre Y a rapida conduzione, di cui una diramazione va alla corteccia
visiva ed una ai collicoli superiori.
Oltre a provocare la deviazione degli occhi verso lo stimolo visivo, i collicoli superiori, mediante il fascicolo
longitudinale mediale, trasmettono segnali anche ad altri livelli del tronco encefalico, per indurre la rotazione del capo o
addirittura di tutto il corpo in direzione dello stimolo.

VISIONE STEREOSCOPICA
Per ricavare dallimmagine visiva pi informazioni, normalmente le immagini nei due occhi si fondono luna con
laltra, cadendo su punti corrispondenti delle due retine.
La corteccia visiva ha una parte molto importante in questo processo di fusione. Tra le striscie di neuroni adiacenti che,
nelle colonne della corteccia visiva primaria, ricevono limmagine proveniente rispettivamente dalluno e dallaltro
occhio, stabiliscono interazioni reciproche. Queste provocano quadri eccitatori di interferenza in alcuni dei neuroni
locali quando le due immagini non risultano esattamente concordanti. Questa eccitazione genera il segnale che viene
trasmesso allapparato oculomotore per provocare convergenza o divergenza o rotazione dei bulbi oculari, in modo che
venga nuovamente ristabilita la fusione delle due immagini.
Tuttavia, poich i due occhi sono distanti tra loro pi di 5 cm, le immagini sulle due retine non sono mai esattamente
uguali. Tanto pi loggetto vicino agli occhi, tanto maggiore sar la differenza tra le due immagini. Su questo grado di
131
non concordanza si basa il meccanismo della stereoscopia,
molto importante per valutare le distanze di oggetti nella
scena visiva fino a circa 60 metri dagli occhi.
Il meccanismo neuronale per la stereoscopia pu essere
compreso osservando il disegno. Immaginiamo che ci
possano essere tre punti luminosi disposti tutti su ununica
retta ma situati a distanze diverse: senza locchio sinistro
locchio destro non potrebbe capire quale di questi pi
distante. Locchio sinistro invece mette a fuoco i tre punti
luminosi in punti diversi della retina. I segnali provenienti
dalle due retine interagiscono tra loro: a seconda delle
coppie che si formano la corteccia in grado di calcolare le
distanze reciproche.
Questo meccanismo si instaura alla nascita e non pu
avvenire se c strabismo. Uno dei due occhi diventa
debole (ampliopia). Per evitare che ci avvenga ai bambini
strabici si copre alternativamente luno e laltro occhio in maniera che non ci possa essere competizione tra i segnali
contrastanti provenienti dai due occhi perch ci alla lunga porterebbe alla dominanza di un occhio rispetto allaltro.

LACCOMODAZIONE E LAPERTURA PUPILLARE
Locchio innervato sia da fibre simpatiche che parasimpatiche. Le fibre parasimpatiche pregangliari provengono dal
nucleo di Edinger-Westphal e, decorrendo con le fibre del III nervo cranico, terminano nel ganglio cigliare.
In questo ganglio le fibre pregangliari contraggono sinapsi con neuroni parasimpatici postgangliari, che inviano fibre al
bulbo oculare attraverso i nervi ciliari. Essi vanno ad innervare il muscolo ciliare e lo sfintere delliride.
Linnervazione simpatica dellocchio origina dalle cellule del I segmento toracico del midollo spinale. Da qui, le fibre
entrano nella catena simpatica e si dirigono verso lalto fino al ganglio cervicale superiore, dove terminano sui neuroni
postgangliari. Le fibre di questi decorrono lungo larteria carotide e successivamente lungo diramazione arteriose
minori fino a raggiungere il bulbo oculare, dove innervano le fibre radiali (dilatatrici) delliride.
Laccomodazione si attua mediante la contrazione o il rilasciamento del muscolo ciliare ed controllata da un
meccanismo a feedback negativo che automaticamente aggiusta il potere diottrico della lente in modo da ottenere il pi
alto grado di acuit visiva. Gli aspetti noti del processo sono i seguenti:
quando gli occhi cambiano improvvisamente la distanza del punto di fissazione, il cristallino modifica sempre il
suo potere rifrattivo nella direzione appropriata, cos da raggiungere immediatamente una nuova messa a fuoco
ottimale;
si ritiene che a modificare il potere rifrattivo del cristallino nella direzione e nella misura appropriata possano
concorrere vari fattori:
1. labberazione cromatica;
2. nella fissazione di un oggetto vicino gli occhi convergono e i meccanismi nervosi che mediano la convergenza
danno simultaneamente origine ad un segnale che aumenta il potere rifrattivo del cristallino;
3. il grado di accomodazione del cristallino oscilla di continuo leggermente.
Le aree corticali che presiedono al controllo dellaccomodazione del cristallino operano in parallelo con quelle che
controllano i movimenti di fissazione degli occhi.
Per quanto riguarda la regolazione del diametro pupillare, la stimolazione delle fibre parasimpatiche determina la
contrazione del muscolo sfintere pupillare (miosi). Al contrario la stimolazione delle fibre simpatiche causa midriasi.
Se si dirige un fascio di luce negli occhi le pupille si restringono. Questa risposta detta riflesso pupillare alla luce.
Esso dovuto al fatto che quando la luce colpisce la retina, da questa partono impulsi che raggiungono i nuclei
pretettali. Da qui gli impulsi passano al nucleo di Edinger-Westphal, dal quale originano le fibre parasimpatiche che
costringono il muscolo sfintere delliride. Nelloscurit il riflesso inibito e, conseguentemente, la pupilla si dilata.
Si noti infine che sia laccomodazione che la costrizione pupillare sono sotto il controllo parasimpatico: quando si
verifica il primo processo si verifica anche il secondo. Ci ha leffetto di ridurre lapertura numerica, cio il rapporto
tra diametro del diaframma e distanza focale. Questo aumenta la profondit di campo: limmagine nitida anche se
leggermente fuori fuoco.

Vie dei riflessi visivi:
o Riflesso di contrazione pupillare (miosi): il centro dicontrollo di questo arco riflesso sembra il nucleo pretettale. I
segnali visivi vengono inoltrati dalle fibre ottiche ai nuclei pretettali omo- e controlaterale. Le fibre parasimpatiche
pregangliari originano dal nucleo di Edinger-Westphal, tramite il nervo oculomotore, raggiungono il ganglio
cigliare, le cui fibre postgangliari si distribuiscono al muscolo costrittore della pupilla. Il riflesso sempre bilaterale.
o Riflesso di dilatazione pupillare (midriasi): il centro di tale arco riflesso sembra il tubercolo quadrigemello
superiore. I segnali visivi vengono inviati dalle fibre ottiche al tubercolo quadrigemello superiore. Da qui originano
fibre che, tramite i fasci tetto-tegmento-spinali, raggiungono i neuroni ortosimpatici pregangliari del nucleo
intermedio laterale, omo- e controlaterale. Le fibre ortosimpatiche pregangliari entrano in sinapsi con i neuroni del
ganglio cervicale superiore, da cui originano fibre postgangliari destinate al muscolo dilatatore della pupilla. Il
riflesso sempre bilaterale.
132
o Riflesso di accomodazione: il centro di tale riflesso pare sia il tubercolo quadrigemello superiore. Il braccio
afferente comprende la via ottica, le aree corticali visive (primaria e secondaria) e i sistemi cortico-tettali. Le fibre
tetto-oculomotorie originate dai collicoli superiori, raggiungono il nucleo di Edinger-Westphal omo- e
controlaterale. Le fibre parasimpatiche pregangliari originate da tale nucleo, tramite il nervo oculomotore,
raggiungono il ganglio cigliare, le cui fibre postgangliari si distribuiscono ai muscoli costrittore della pupilla e
cigliare. La distruzione del nucleo pretettale annula la costrizione pupillare in risposta allaumento della qualit di
luce che colpisce la retina, ma non quella che caratterizza il riflesso di accomodazione (segno di Argyll-Robertson).
133
SCHEMI DI FISIOLOGIA

NEUROFISIOLOGIA

I RECETTORI SENSORIALI PERIFERICI

CARATTERISTICHE GENERALI
I recettori sensoriali possono essere distinti in esterocettori ed in enterocettori.
Gli enterocettori ci mettono in rapporto con lambiente interno (sistema gastro-intestinale, vasi, alcuni organi come il
seno aortico o la vescica). I propriorecettori sono un tipo di enterocettori e sono situati a livello dei muscoli e delle
articolazioni. I pi noti propriorecettori sono i fusi neuromuscolari e gli organi muscolotendinei di Golgi, di cui si
parler in seguito. Enterocettori sono anche i chemocettori, che rivelano le pressioni parziali dei gas disciolti nei fluidi
corporei, oppure i barocettori, sensibili invece alla pressione del sangue.
Per quanto riguarda gli esterocettori essi sono localizzati soprattutto a livello dellepidermide. Esterocettori sono per
anche le cellule gustative, che si depolarizzano quando una sostanza particolare si lega a loro specifiche proteine.
I recettori hanno alcune propriet generali comuni come ad esempio la capacit di adattarsi: uno stimolo pu
determinare in un primo momento un forte eccitamento del recettore ma se la stimolazione permane il grado di
eccitazione decresce col tempo. Vi sono recettori che si adattano molto rapidamente, altri che si adattano molto
lentamente ed altri infine, come quelli dolorifici, che non si adattano mai. Comunque, ad eccezione di ci che riguarda
la sensibilit dolorifica, il nostro sistema sensoriale molto pi capace di rilevare contrasti piuttosto che intensit in
senso assoluto.
Unaltra propriet tipica dei recettori che ognuno possiede un proprio campo recettivo: una zona cio in cui in grado
di raccogliere uno stimolo.
Il sistema sensoriale, inoltre, basato su vie private: ogni recettore associato ad una via nervosa e ogni fibra sensitiva
trasmette informazioni che riguardano un solo tipo di stimolo. Poi nel SNC avvengono dei fenomeni di integrazione per
cui alcune vie di trasmissione portano informazioni elaborate che riguardano differenti tipi di stimoli.
I recettori sensoriali sono in grado di comunicare ai centri nervosi informazioni circa lintensit di uno stimolo
attraverso due meccanismi: uno stimolo intenso in grado di stimolare pi recettori e uno stimolo debole modifica la
frequenza di scarica del recettore meno di uno stimolo intenso.

RECETTORI CUTANEI
La pelle sensibile a diversi stimoli: pressione, caldo/freddo etc
Nella nostra pelle ci sono diversi tipi di recettori, i pi comuni dei quali sono le terminazioni libere. Esse sono recettori
tattili o termici (quelli per il caldo sono stimolati a temperature superiori ai 37 C, quelli per il freddo a temperature
inferiori allincirca ai 23 C). Terminazioni libere sono anche un tipo di recettori dolorifici che captano sostanze liberate
da tessuti danneggiati.
In certi casi le vie non sono strettamente private: se uno stimolo pressorio troppo intenso la stessa fibra libera sensibile
alla pressione pu trasmettere stimoli interpretati come dolorosi.
Alcuni recettori pressori non sono semplicemente costituiti da una fibra libera. Un esempio sono i corpuscoli di
Maissner, che si trovano abbondanti nei polpastrelli delle dita. Essi sono formati da una fibra nervosa che si divide alla
sua estremit in numerose terminazioni avvolte da una capsula connettivale che si trova appena al di sotto dello strato
germinativo dellepidermide. La fibra mielinica e trasmette molto velocemente. Si tratta inoltre di un recettore a
rapido adattamento.
Altri corpuscoli sono quelli di Merkel, anchessi collegati a fibre mieliniche e caratterizzati da un rapido adattamento.
Un tipico recettore tattile cutaneo anche il corpuscolo di Pacini. Esso costituito da una fibra mielinica che per, a
livello della sua porzione terminale, diventa amielinica e viene ricoperta da un guscio connettivale a forma di cipolla.
Questo guscio funziona da accoppiatore: trasforma gli stimoli tattili in stimoli adeguati alleccitazione della fibra.
Il corpuscolo di Pacini si trova pi profondamente nel derma ed ad adattamento cos rapido che ci permette di
percepire le vibrazioni. Questi recettori si trovano anche nel mesentere.
Nei tessuti profondi, nonch nelle capsule articolari, si trovano infine i corpuscoli di Ruffini che per si adattano molto
lentamente.

FUNZIONI MOTORIE DEL MIDOLLO SPINALE

RUOLO ED ORGANIZZAZIONE DEL MIDOLLO SPINALE
Senza lintervento degli speciali circuiti neuronali presenti nel midollo spinale anche i pi importanti sistemi motori
encefalici non sarebbero in grado di produrre alcun movimento intenzionale. Difatti sono i circuiti spinali che
provvedono in massima parte al controllo diretto dellattivit muscolare.
Per fare un esempio, non esiste in tutto lencefalo un circuito nervoso capace di dar luogo ai movimenti di flessione ed
estensione degli arti inferiori, tipici del cammino. I circuiti responsabili di questi movimenti sono infatti localizzati nel
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midollo spinale, ed il cervello non fa altro che inviare i segnali di comando per mettere in moto il processo di
deambulazione.
Ci per non deve portare a considerare il ruolo dellencefalo in modo riduttivo, dal momento che sono i centri
encefalici quelli che inviano in sequenza appropriata le direttive per il controllo delle attivit spinali, per promuovere ad
esempio i cambiamenti di direzione durante il cammino, per inclinare il corpo in avanti durante le fasi di aumento della
velocit
I segnali sensitivi entrano nel midollo quasi interamente attraverso le radici posteriori. Qualunque segnale sensitivo,
dopo lingresso nel midollo, segue due vie distinte: una parte raggiunge la sostanza grigia spinale ed evoca riflessi
segmentari ed altri effetti locali mentre unaltra parte si dirige verso livelli superiori del sistema nervoso.
Pi della met delle fibre ascedenti e discendenti che costituiscono il midollo spinale sono fibre propriospinali, cio
fibre che collegano un segmento midollare ad un altro. Queste fibre costituiscono il substrato per i riflessi
plurisegmentali.
In ogni segmento midollare, nelle corna anteriori della sostanza grigia, sono presenti parecchie migliaia di neuroni
denominati motoneuroni delle corna anteriori. Queste cellule danno origine a fibre nervose che abbandonano il midollo
spinale attraverso le radici anteriori e vanno ad innervare le fibre dei muscoli scheletrici.
Sono identificabili almeno due tipi di motoneuroni:
Motoneuroni alfa: costituiscono circa il 70 % dei motoneuroni ed innervano le grandi fibre muscolari striate dei
muscoli scheletrici. La stimolazione di una sola di queste fibre nervose eccita da tre a parecchie centinaia di
fibrocellule. Il motoneurone e le fibre muscolari da esso innervate costituiscono nel loro complesso lunit motoria;
Motoneuroni gamma: costituiscono il rimanente 30 % dei motoneuroni e sono molto pi piccoli dei primi. Essi
innervano le fibre intrafusali che fanno parte dei fusi neuromuscolari.
In tutta la sostanza grigia midollare sono presenti numerosi interneuroni che sono responsabili di molte funzioni
integrative del midollo spinale: soltanto una piccola parte dei segnali sensitivi in entrata attraverso i nervi spinali o dei
segnali discendenti dallencefalo raggiungono direttamente i motoneuroni delle corna anteriori. La maggior parte di tali
segnali, infatti, viene trasmessa agli interneuroni dove avviene unelaborazione.
Nelle corna anteriori del midollo spinale, in stretto rapporto con i motoneuroni, presente anche un gran numero di
interneuroni di piccole dimensioni, noti come cellule di Renshaw. Lassone dei motoneuroni, quasi immediatamente
dopo essersi staccato dal corpo cellulare, emette rami collaterali diretti alle cellule di Renshaw adiacenti. Queste ultime
sono neuroni inibitori ed inviano segnali diretti ai motoneuroni vicini (circuito a feedback negativo). Ogni motoneurone
quindi, una volta eccitato, tender ad inibire i motoneuroni vicini con un meccanismo che prende il nome di inibizione
ricorrente. Ci dimostra che anche il sistema motorio, come il sistema sensitivo, utilizza il meccanismo dellinibizione
laterale per focalizzare e rendere pi netta la trasmissione del segnale.

I FUSI NEUROMUSCOLARI
Il controllo della funzione muscolare non implica soltanto leccitazione del muscolo ad opera dei motoneuroni delle
corna anteriori, ma richiede anche larrivo continuo di informazioni dal muscolo stesso al sistema nervoso centrale, in
modo che questultimo sia costantemente aggiornato sullo stato delleffettore muscolare.
Per generare questo complesso di informazioni i muscoli ed i loro tendini dispongono di due classi di recettori sensitivi:
I fusi neuromuscolari, distribuiti allinterno del ventre muscolare, capaci di informare il sistema nervoso sulla
lunghezza istantanea del muscolo e sulla velocit di variazione della lunghezza stessa;
Gli organi tendinei del Golgi, che danno informazioni sulla tensione e sulla velocit della sua variazione.
I segnali provenienti da questi recettori costituiscono il braccio afferente di riflessi che operano pressoch totalmente a
livello inconscio.
Ogni fuso neuromuscolare costituito da 3 a 12 piccole fibre muscolari intrafusali. La fibra intrafusale una fibra
muscolare scheletrica di dimensioni ridotte. Nella sua parte centrale i filamenti di actina e di miosina sono del tutto
assenti ma questa zona riccamente innervata da neuroni sensitivi.
Le porzioni polari, contrattili, vengono eccitate da sottili fibre nervose motrici gamma.
La frequenza di scarica delle fibre sensitive che innervano il fuso pu essere aumentata attraverso due modalit:
Un allungamento dellintero muscolo nel quale si trova il fuso si accompagner ovviamente allo stiramento della
porzione centrale del fuso stesso, eccitando in tal modo il recettore;
Anche quando la lunghezza del muscolo in toto non si modifica, una contrazione delle porzioni polari delle fibre
intrafusali potr provocare lo stiramento delle loro parti centrali e quindi leccitamento del recettore.
Nellarea recettoriale del fuso neuromuscolare si trovano due tipi di terminazioni sensitive:
Terminazioni primarie: larea recettrice si trova proprio al centro delle fibre intrafusali. Questa grossa fibra
sensitiva avvolge la fibrocellula in numerosi anelli ( perci anche detta fibra anulospirale);
Terminazioni secondarie: queste fibre hanno unarea recettrice situata subito lateralmente alla porzione attorno a
cui si avvolge la terminazione primaria. Questa fibra avvolge la fibrocellule in modo simile alle terminazioni
primarie, ma rispetto ad esse sono pi piccole e possono anche essere presenti in coppia nellambito della stessa
fibrocellula.
Esistono anche due tipi differenti di fibre intrafusali:
Le fibre a sacco nucleare, nelle quali presente un gran numero di nuclei concentrati in unespansione localizzata
nella parte centrale dellarea recettoriale;
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Le fibre a catena nucleare, con spessore e lunghezza pari a circa la met delle precedenti e nuclei allineati a catena
nella regione recettoriale del fuso.
Le terminazioni primarie innervano entrambi i tipi di fibre intrafusali mentre le terminazioni secondarie innervano di
solito soltanto le fibre a catena nucleare.
Quando la regione recettrice del fuso neuromuscolare viene sottoposta allo stiramento lento, il numero di impulsi al
secondo trasmessi ad entrambe le terminazioni, primaria e secondaria, aumenta in misura quasi direttamente
proporzionale allentit dello stiramento, e le terminazioni continuano a trasmettere impulsi alla nuova frequenza per
diversi minuti. Questo effetto prende il nome di risposta statica del fuso neuromuscolare. Poich solamente le fibre a
catena nucleare sono innervate sia dalle terminazioni primarie che da quelle secondarie, si ritiene che la risposta statica
sia essenzialmente dovuta alle fibre a catena di nuclei.
Quando per la lunghezza del fuso aumenta bruscamente, la terminazione primaria (ma non quella secondaria) viene
attivata in modo particolarmente intenso. Questa energica attivazione prende il nome di risposta dinamica, ed indica che
la terminazione primaria estremamente reattiva ad elevate velocit di variazione della lunghezza fusale. Tuttavia
questa risposta permane solamente durante il periodo in cui si sta verificando laumento di lunghezza e non appena
questo aumento cessa la frequenza di scarica torna al livello nettamente inferiore previsto dalla risposta statica per
quella determinata lunghezza.
Lo stesso discorso vale se la lunghezza del muscolo si riduce bruscamente: in questo caso si assiste ad una sensibile
diminuzione momentanea della frequenza di scarica la quale per, cessato il movimento, sale al livello previsto dalla
risposta statica.
Si ritiene che siano le fibre a sacco nucleare quelle responsabili della risposta dinamica.

RIFLESSI INDOTTI DAI FUSI NEUROMUSCOLARI
Riflesso miotatico o da stiramento: la pi semplice manifestazione della funzione del fuso neuromuscolare
rappresentata dal riflesso da stiramento del muscolo, detto anche riflesso miotatico. Esso consiste nel fatto che
ogniqualvolta un muscolo viene stirato, leccitazione dei fusi neuromuscolari in esso contenuti provoca in via riflessa la
contrazione delle grandi fibre muscolari scheletriche del muscolo stesso e dei muscoli sinergici.
Il ramo afferente di questo riflesso costituito da una fibra principale proveniente da un fuso che entra nel midollo
spinale attraverso una radice posteriore. A differenza di ci che accade per la massima parte delle altre fibre nervose in
ingresso al midollo, un ramo di questa fibra si dirige direttamente al corno anteriore della sostanza grigia spinale dove
prende contatto con motoneuroni u che innervano il muscolo da cui la fibra proviene. Si tratta in sostanza di un circuito
monosinaptico.
Anche alcune fibre secondarie del fuso si connettono in via monosinaptica coi motoneuroni delle corna anteriori. La
maggior parte di queste fibre per termina su interneuroni ed esse intervengono perci anche in altre funzioni.
Nel riflesso da stiramento si possono distinguere due diverse componenti, chiamate rispettivamente riflesso da
stiramento dinamico e riflesso da stiramento statico. Il riflesso da stiramento dinamico viene evocato dal potente
segnale dinamico: quando un muscolo viene sottoposto ad uno stiramento rapido, lintenso segnale afferente trasmesso
al midollo spinale evoca istantaneamente una vigorosa contrazione riflessa del muscolo da cui il segnale proviene. In tal
modo, la risposta riflessa costituita dalla contrazione del muscolo si oppone a sue improvvise variazioni di lunghezza.
Il riflesso da stiramento dinamico si esaurisce entro una frazione di secondo dal momento in cui il muscolo stirato ha
raggiunto la sua nuova lunghezza, ma seguito da un riflesso da stiramento statico.
Limportanza di questultimo riflesso sta nel fatto che esso in grado di sostenere nel tempo la contrazione del muscolo
fintantoch questo mantenuto ad una lunghezza eccessiva. La contrazione muscolare a sua volta si oppone alla forza
che sta causando lallungamento del muscolo stesso.
Riflesso miotatico inverso: quando un muscolo sottoposto ad un rapido accorciamento, si verificano effetti
esattamente opposti a quelli appena descritti. Questo riflesso da stiramento negativo si oppone quindi allaccorciamento
del muscolo, inibendo in via riflessa i motoneuroni u.
I riflessi da stiramento sono importanti per evitare che il muscolo possa essere sottoposto a tensioni eccessive, tuttavia
anche in condizioni basali essi hanno un ruolo importante. Difatti i comandi motori provenienti dal sistema nervoso
vengono spesso trasmessi ad un muscolo in modo non omogeneo. Se durante linvio di questi segnali lapparato fusale
non funzionasse adeguatamente, la contrazione muscolare non avverrebbe in modo omogeneo ma assumerebbe un
andamento a scosse.
Si noti infine che quando un muscolo viene eccitato per un riflesso da stiramento, i muscoli antagonisti vengono
simultaneamente inibiti. E questo il fenomeno dellinibizione reciproca, ed il meccanismo neuronale che lo sottende
prende il nome di innervazione reciproca. Infine, la risposta statica responsabile del tono muscolare.

IL RUOLO DELLINNERVAZIONE GAMMA
La lunghezza di un muscolo dipende da due fattori: essa dimunisce allaumentare della frequenza di scarica dei
motoneuroni u e aumenta allaumentare della frequenza di scarica dei fusi, in virt del riflesso da stiramento. Poich la
frequenza di scarica fusale diminuisce allaumentare della contrazione muscolare, e quindi della frequenza di scarica u;
e la frequenza di scarica u aumentata dalla frequenza di scarica fusale ci troviamo di fronte ad un classico circuito a
feedback negativo.
Lattivazione dei motoneuroni v in grado di far variare il punto di equilibrio in quanto in grado di aumentare la
scarica fusale per qualsiasi valore di lunghezza del muscolo.

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Circa 1/3 di tutte le fibre motrici destinate al
muscolo rappresentato da fibre efferenti gamma.
Il sistema efferente gamma viene eccitato da segnali
provenienti dalla regione facilitatoria bulboreticolare
del tronco dellencefalo e, indirettamente, da impulsi
trasmessi a questa area dal cervelletto, dai nuclei
della base e anche dalla corteccia cerebrale.
Una delle principali funzioni del sistema fusale si
evidenza durante atti motori che richiedono la
fissazione della posizione di specifici segmenti
corporei. In questo caso comandi eccitatori vengono
trasmessi, mediante le fibre gamma, alle fibre
muscolari intrafusali. Ci comporta laccorciamento
delle estremit del fuso ed il contemporaneo
stiramento della porzione centrale recettrice, con
conseguente aumento di intensit del segnale afferente fusale. Questo fenomeno per si verifica contemporaneamente a
carico dei fusi contenuti in muscoli antagonisti connessi ad una stessa articolazione. Il livello di contrazione dei due
gruppi muscolari aumenter in virt delleccitazione fusale, producendo un irrigidimento muscolare globale.
Il risultato meccanico sar una notevole stabilizzazione della posizione dellarticolazione. Inoltre qualsiasi forza
tendesse ad allontanare larticolazione dalla posizione corrente sarebbe contrastata da un riflesso da stiramento, reso
particolarmente sensibile.
Durante la contrazione volontaria si assiste sia ad una facilitazione dellattivit dei motoneuroni u sia a unattivazione v.
Lo scopo di questa contrazione simultanea , in primo luogo, quello di ridurre al minimo le variazioni di lunghezza
della porzione recettoriale del fuso, evitando cos che il sistema fusale si opponga ad una contrazione volontaria; in
secondo luogo assicura unappropriata funzione di smorzamento (massimo guadagno del circuito a feedback). Se,
infatti, le fibre intrafusali non si contraessero e non si rilasciassero parallelamente alle fibre extrafusali, il fuso potrebbe
trovarsi ora eccessivamente rilasciato ed ora eccessivamente stirato, senza poter, nelluno e nellaltro caso, adempiere in
modo ottimale alle proprie funzioni.
Infine i nuclei vestibolari possono modificare il coefficiente angolare della retta dellinnervazione alfa, al fine della
regolazione della postura mentre la sostanza reticolare influenza linnervazione gamma al fine del controllo dei muscoli
antigravitari (vedi oltre).

GLI ORGANI TENDINEI DI GOLGI
Lorgano tendineo del Golgi un recettore capsulato che si trova nei tendini in immediata prossimit della loro
connessione alle fibre muscolari. In media 10-15 fibre muscolari sono connesse in serie con ciascun organo di Golgi, il
quale viene attivato dalla tensione prodotta da questo piccolo fascio di fibre muscolari. La principale differenza
funzionale tra questorgano ed il fuso che questultimo rileva la lunghezza del muscolo e le sue variazioni mentre
lorgano tendineo segnala la tensione muscolare.
Lorgano tendineo, come il recettore primario del fuso neuromuscolare, in grado di produrre sia risposte dinamiche
che risposte statiche.
Quando gli organi tendinei di Golgi contenuti in un muscolo vengono eccitati da un aumento della tensione muscolare,
essi trasmettono al midollo spinale segnali che evocano effetti riflessi a carico del muscolo stesso. Essi sono totalmente
inibitori e come tali costituiscono un meccanismo a feedback negativo che impedisce che il muscolo venga sottoposto
ad una tensione eccessiva.
Questo effetto viene chiamato reazione di allungamento e costituisce un possibile meccanismo protettivo per impedire
lacerazioni del muscolo o distacchi del tendine dalle sue inserzioni ossee. Unaltra possibile funzione del riflesso
attivato dagli organi tendinei di Golgi potrebbe essere quella di distribuire uniformemente la forza di contrazione tra le
differenti fibre di uno stesso muscolo. Quelle fibre cio che si trovassero ad esercitare una tensione eccessiva
verrebbero inibite da questo riflesso, mentre quelle la cui tensione fosse troppo scarsa verrebbero maggiormente
eccitate.
Va rilevato infine che sia gli organi tendinei che i fusi hanno anche la funzione di informare i centri superiori che
controllano il movimento circa le modificazioni che si verificano a livello muscolare.

ALTRI RIFLESSI SPINALI
Riflessi flessori e di allontanamento: nellanimale spinale o nel decerebrato, quasi ogni tipo di stimolo sensitivo
applicato alla cute di un arto in grado di evocare la contrazione dei muscoli flessori di questarto, che perci viene
sottratto allazione dello stimolo stesso. Questo fenomeno prende il nome di riflesso flessorio. Nella sua forma classica
il riflesso flessorio si ottiene con la massima evidenza per la stimolazione di terminazioni dolorifiche.
Se invece che agli arti lo stimolo doloroso viene applicato ad altre regioni corporee, anche queste ultime vengono
allontanate dallo stimolo, ma in tal caso il riflesso pu non essere circoscritto esclusivamente ai muscoli flessori, anche
se sostanzialmente si tratta della stessa risposta. Per indicare i numerosi pattern di riflessi di questo tipo nelle differenti
regioni del corpo si preferisce usare il termine di riflesso di allontanamento.
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Le vie nervose che mediano il riflesso flessorio non comprendono connessioni dirette tra le afferenze sensitive ed i
motoneuroni delle corna anteriori, ma si interrompono prima in una o pi popolazioni di interneuroni e da qui
raggiungono i motoneuroni. I circuiti coinvolti sono di tre tipi: circuiti divergenti, per la diffusione della risposta riflessa
a tutti i muscoli necessari per lallontanamento, circuiti inibitori per i muscoli antagonisti e circuiti in grado di indurre
una prolungata scarica postuma dopo che lo stimolo ha cessato di agire.
Linsieme dei movimenti che compaiono quando si evoca un riflesso di allontanamento dipende in larga misura dalla
localizzazione del campo recettivo dei recettori sensitivi che vengono stimolati. Per esempio uno stimolo dolorifico
applicato alla faccia interna del braccio non evoca soltanto una flessione riflessa del braccio stesso, ma determina anche
la contrazione dei muscoli abduttori che spostano il braccio verso lesterno.
Riflesso estensorio crociato: una frazione di secondo dopo che uno stimolo ha evocato un riflesso flessorio in un arto,
larto controlaterale inizia ad estendersi. E questo il riflesso estensorio crociato, il cui scopo quello di contribuire a
spingere lintero corpo lontano dallo stimolo dolorifico.
Spasmo muscolare: il meccanismo nervoso responsabile di questo fenomeno non ancora del tutto chiarito ma
accertato che stimoli dolorifici possono causare in via riflessa uno spasmo muscolare localizzato. Un tipo di spasmo
clinicamente rilevabile quello che si manifesta nei muscoli vicini ad un osso fratturato. Esso sembra dipendere da
impulsi dolorifici originati dai capi ossei fratturati, impulsi che provocano una forte contrazione tonica dei muscoli della
regione. Un altro tipo di spasmo localizzato dovuto a riflessi spinali quello dei muscoli addominali conseguente ad
irritazione del peritoneo parietale.
Qualunque fattore abbia sul muscolo un effetto locale irritante o provochi unalterazione del suo metabolismo pu dare
origine a dolore o ad altri impulsi sensitivi che vengono trasmessi dal muscolo al midollo spinale ed evocano la
contrazione riflessa del muscolo stesso. Questultima, a sua volta, stimola ancor pi intensamente gli stessi recettori
sensitivi e la contrazione diventa ancora pi potente (feedback positivo). Questo meccanismo fa si che anche una
modesta irritazione iniziale possa produrre un crampo.
Shock spinale: se si pratica una sezione trasversa del midollo spinale tutte le funzioni midollari, compresi i riflessi
spinali, sono immediatamente depresse fino a scomparire completamente. La ragione di ci sta nel fatto che la normale
attivit dei neuroni spinali dipende in larga misura dalla presenza di uneccitazione tonica proveniente dai centri
superiori, trasmessa in particolare dalle vie reticolospinali, vestibolospinali e corticospinali.
Dopo un periodo variabile da poche ore a poche settimane, i neuroni recuperano gradualmente la loro eccitabilit.

IL CONTROLLO ENCEFALICO DELLE FUNZIONI MOTORIE

LA CORTECCIA MOTORIA
La corteccia motoria si trova anteriormente alla scissura occipitale ed occupa allincirca il terzo posteriore dei lobi
frontali.
La corteccia motoria, a sua volta, si divide in tre parti, ciascuna delle quali presenta una sua propria rappresentazione
topografica dei gruppi muscolari e di alcune specifiche funzioni motorie:
1. la corteccia motoria primaria: occupa la prima circonvoluzione del lobo frontale, posta immediatamente al davanti
della scissura centrale. Questarea corrisponde allarea 4 della mappa corticale di Brodmann. In questa zona le
regioni della faccia e della bocca hanno la loro rappresentazione topografica in vicinanza della scissura di Silvio; il
braccio e la mano nella porzione intermedia, il tronco in prossimit della estremit superiore e larto inferiore nella
parte che si approfonda nella scissura interemisferica. Pi della met della corteccia motoria impegnata nel
controllo dei movimenti delle mani e di quelli relativi al linguaggio.
Sebbene la corteccia motoria primaria possegga una rappresentazione somatopica del corpo, non vi tuttavia
corrispondenza tra aree specifiche e muscoli specifici: i circuiti che attivano i muscoli specifici si trovano difatti a
livello spinale;
2. area premotoria: si trova immediatamente al davanti della corteccia motoria primaria e corrisponde alla gran parte
dellarea 6 della mappa di Brodmann (porzione posteriore delle circonvoluzioni frontali e medie). Essa comprende
anche i campi oculomotori frontali I e II (area 8).
Se larea motoria primaria determina le caratteristiche elementari del movimento, larea premotoria ha il compito di
organizzarlo: i segnali che prendono origine nellarea premotoria attivano prevalentemente pattern motori che
coinvolgono gruppi muscolari ad azione sinergica ai fini dellesecuzione di specifiche funzioni motorie. Una di
queste rappresentata ad esempio dal posizionamento e dalla fissazione della spalla e del braccio per lattuazione
di specifiche attivit manuali. Per raggiungere questo scopo, larea premotoria invia segnali alla corteccia motoria
primaria per il comando dei vari gruppi muscolari, sia utilizzando connessioni dirette e sia soprattutto attraverso vie
che passano per i nuclei della base e il talamo. In tal modo, la corteccia premotoria, i nuclei della base, il talamo e
la corteccia motoria primaria costituiscono globalmente un sistema integrato in grado di controllare numerosi
pattern motori.
La corteccia premotoria inoltre importante per tutti i movimenti ritardati che richiedono una lunga elaborazione:
se per esempio si vuole premere un pulsante tra dieci secondi, durante questo tempo alcuni neuroni corticali
rimangono attivi fino allespletamento del movimento.
Queste aree sono inoltre attive anche quando non si esegue un movimento: sufficiente solo immaginarlo. Infine
questarea particolarmente coinvolta nei movimenti sequenziali e allapprendimento degli stessi.
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Larea premotoria pu essere divisa in una area premotoria laterale superiore ed in una premotoria laterale
inferiore. La lesione dellarea laterale superiore per esempio impedisce ad una scimmia di imparare a compiere un
compito a seconda che una luce venga accesa alla sua sinistra e alla sua destra ma essa risponde bene se gli viene
richiesto di riconoscere due oggetti diversi e comportarsi di conseguenza in due modi diversi. Il contrario avviene
nel caso di lesione della corteccia premotoria laterale inferiore. Questo giustificato dal fetto che la laterale
inferiore riceve impulsi soprattutto dalla corteccia associativa temporale, dove rappresentato il chi, che cosa;
mentre larea laterale superiore riceve afferenze in particolar modo dalla corteccia parietale dove rappresentato il
dove.
3. area motoria supplementare: si trova immediatamente al di sopra della corteccia premotoria nella circonvoluzione
frontale mediale e si estende principalmente nella scissura interemisferica. Rispetto alle altre aree motorie, larea
supplementare richiede stimolazioni elettriche considerevolmente pi intense per evocare risposte muscolari.
Quando si riescono ad ottenere degli effetti, si tratta spesso di contrazioni muscolari bilaterali, anzich unilaterali.
E probabile che questarea funzioni in concerto con larea premotoria per produrre atteggiamenti posturali,
fissazione di differenti segmenti corporei, posizionamento del capo e degli occhi ed altre attivit motorie di base,
sulle quali si sovrappone la pi fine regolazione dei movimenti distali degli arti operata dalla corteccia premotoria e
soprattutto dalla corteccia motoria primaria.
Larea motrice supplementare inoltre coinvolta nella pianificazione dei movimenti che non hanno bisogno di
stimoli esterni per essere eseguiti mentre le altre aree sono sempre attivate in risposta a stimoli esterni.
Oltre a queste tre aree, sono state individuate alcune zone motorie della corteccia cerebrale altamente specializzate,
situate prevalentemente nellarea premotoria:
Area di Broca o area motrice del linguaggio: posta nella porzione posteriore della circonvoluzione frontale
inferiore ed una lesione in questa sede non impedisce lemissione di suoni vocali, ma rende impossibile al soggetto
la pronuncia di parole compiute;
Area per i movimenti volontari degli occhi: immediatamente al di sopra dellarea di Broca presente una zona
implicata nel controllo della motilit oculare. Una lesione in questa sede, infatti, compromette la capacit del
soggetto di spostare volontariamente lo sguardo da un oggetto allaltro, e fa s che gli occhi tendano invece a
fissarsi sugli oggetti, in risposta a segnali provenienti dalla regione occipitale;
Area per i movimenti di rotazione del capo: questa regione strettamente associata a quella che controlla i
movimenti oculari ed presumibilmente implicata nei movimenti di orientamento del capo verso differenti mire
visive;
Area per la destrezza manuale: si trova nella corteccia premotoria e la sua distruzione provoca perdita di
coordinazione e di intenzionalit nei movimenti delle mani, una condizione che prende il nome di aprassia motoria.
Anche nella corteccia motoria, i neuroni sono organizzati in colonne perpendicolari alla superficie, ciascuna di un
diametro di appena una frazione di millimetro ma contenenti migliaia di neuroni, ognuna delle quali funge da unit
motoria.
I neuroni di ciascuna colonna operano come un sistema integrato che sulla base di molteplici informazioni in ingresso
elabora la risposta in uscita dalla colonna stessa. Inoltre, ogni colonna pu funzionare da sistema di amplificazione,
potendo attivare simultaneamente un numero elevato di fibre piramidali dirette a uno stesso muscolo o a muscoli
sinergici.
In ogni colonna di neuroni vengono eccitate due distinte popolazioni di cellule piramidali, i neuroni dinamici e i neuroni
statici. I primi scaricano con frequenza elevata e per un tempo breve allinizio della contrazione e sono responsabili
dello sviluppo iniziale della forza. Entrano poi in attivit i neuroni statici, che provvedono a mantenere nel tempo la
forza di contrazione, con scariche a frequenza molto pi bassa che continuano per indefinitamente, per tutto il periodo
in cui la contrazione necessaria.

VIE MOTORIE
I comandi motori vengono trasmessi dalla corteccia cerebrale al midollo spinale sia direttamente, attraverso il fascio
corticospinale, sia indirettamente attraverso molteplici vie accessorie che coinvolgono i nuclei della base, il cervelletto e
vari nuclei del tronco encefalico.
La pi importante via efferente dalla corteccia motoria il fascio corticospinale, detto anche fascio piramidale. Questo
fascio, dopo aver attraversato la corteccia, percorre il braccio posteriore della capsula interna e da qui raggiunge il
tronco dellencefalo, costituendo le piramidi bulbari. La grande maggioranza delle fibre passa a questo punto al lato
opposto e discende nel midollo spinale costituendo i fasci costicospinali laterali.
Un piccolo contingente di fibre piramidali non si incrocia a livello del bulbo, ma scende omolateralmente nel midollo
spinale, formando i fasci corticospinali ventrali.
Tra le fibre del fascio corticospinale le pi tipiche sono rappresentate da un contingente di grosse fibre mieliniche che
originano dalle cellule piramidali giganti (cellule di Betz), che si trovano soltanto nella corteccia motoria primaria.
Un gran numero di fibre originate dalla corteccia motoria o da collaterali del fascio piramidale sono destinate ad aree
cerebrali sottocorticali ed al tronco dellencefalo. Tra queste:
Molte fibre raggiungono il nucleo caudato ed il putamen;
Un numero non molto alto di fibre passa nella sostanza reticolare e nei nuclei vestibolari del tronco encefalico; da
qui i segnali vengono trasmessi al midollo spinale con i fasci reticolospinali e vestibolospinali, ed al cervelletto con
i fasci reticolocerebellari e vestibolocerebellari;
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Un numero assai grande di fibre fa sinapsi nei nuclei del ponte, da cui originano le fibre pontocerebellari, che
trasmettono informazioni agli emisferi cerebellari;
Fibre collaterali infine vanno a terminare nei nuclei olivari inferiori, dai quali attraverso fibre olivocerebellari
vengono inviati segnali a molte aree cerebellari.
Pertanto, ogni volta che un comando motorio viene trasmesso al midollo spinale, i nuclei della base, il tronco encefalico
ed il cervelletto ricevono una notevole quantit di segnali dal sistema corrispondente.
Un modesto numero di fibre si connette al nucleo rosso. Il nucleo rosso situato nel mesencefalo e funziona in
stretta associazione con il sistema piramidale. Esso riceve un gran numero di fibre dalla corteccia motoria primaria,
direttamente attraverso il fascio corticorubrale. Da esso origina poi il fascio rubrospinale, che subisce una
decussazione a livello della porzione inferiore del tronco encefalico e decorre parallelamente al fascio
corticospinale nel cordone laterale della sostanza bianca midollare.
Analogamente a quanto si osserva per la corteccia motoria, la porzione magnocellulare del nucleo rosso presenta
una rappresentazione topografica di tutti i muscoli del corpo, seppur molto meno dettagliata di quella corticale. La
stimolazione di singoli punti di questa porzione del nucleo rosso provoca la contrazione di singoli muscoli o di
piccoli gruppi muscolari.
La via corticorubrospinale funziona come un sistema accessorio per la trasmissione dalla corteccia motoria al
midollo spinale di comandi motori per lesecuzione di compiti relativamente circoscritti e meno fini di quelli
permessi dal sistema piramidale (soprattutto a livello delle mani). Il fascio rubrospinale decorre insieme con il
fascio corticospinale nel cordone laterale del midollo spinale e termina soprattutto sugli interneuroni ed i
motoneuroni che controllano i muscoli distali degli arti. Allinsieme delle vie corticospinale e rubrospinale,
pertanto, si d spesso il nome di sistema motorio laterale, per distinguerlo dal sistema vestiboloreticolospinale
situato in posizione prevalentemente mediale nel midollo e pertanto chiamato anche sistema motorio mediale.

IL RUOLO MOTORIO DEL TRONCO ENCEFALICO
Per alcuni aspetti il tronco encefalico pu essere considerato unestensione craniale del midollo spinale, in quanto
contiene nuclei sensitivi e motori che svolgono, per la sensibilit e la motilit del capo e della faccia, le stesse funzioni
svolte dalla sostanza grigia delle corna posteriori ed anteriori del midollo per la sensibilit e la motilit del tronco e
degli arti. Per altri aspetti, per, il tronco encefalico ha una sua propria individualit funzionale, giacch adempie a
numerose funzioni specifiche di controllo: controllo della respirazione, del sistema cardiovascolare, della funzione
gastrointestinale, di numerosi movimenti corporei stereotipati, dellequilibrio e della motilit oculare.
Nel ruolo che il tronco encefalico ricopre nel controllo dei movimenti corporei e dellequilibrio particolare importanza
rivestono i nuclei reticolari ed i nuclei vestibolari.
I nuclei reticolari si distinguono in due gruppi principali:
1. i nuclei reticolari pontini, che sono situati principalmente nel ponte ma che si estendono anche nel mesencefalo e
sono disposti posteriormente e lateralmente;
2. i nuclei reticolari bulbari, dislocati per tutta lestensione del bulbo, ventralmente e medialmente in prossimit della
linea mediana.
Questi due gruppi di nuclei lavorano prevalentemente in reciproco antagonismo, in quanto i nuclei pontini eccitano i
muscoli antigravitari, mentre i bulbari li inibiscono. I nuclei reticolari pontini inviano segnali eccitatori al midollo
spinale attraverso il fascio reticolospinale mediale le cui fibre terminano sui motoneuroni gamma delle corna anteriori
responsabili, attraverso il riflesso miotatico, delleccitazione dei muscoli che sostengono il corpo contro la gravit
(muscoli della colonna ed estensori degli arti). Per se il sistema eccitatorio pontino non fosse antagonizzato da quello
bulbare si determinerebbe una potente eccitazione dei muscoli antigravitari di tutto il corpo.
I nuclei reticolari bulbari trasmettono, invece, segnali inibitori agli stessi motoneuroni. Questi nuclei ricevono un forte
imput da collaterali del fascio corticospinale, del fascio rubrospinale e di altre vie motorie. Si tratta di segnali che
attivano il sistema inibitorio per controbilanciare il sistema reticolare pontino in maniera che, in condizioni di riposo, la
muscolatura corporea sia rilasciata. In altri casi per, quando ad esempio sia richiesta leccitazione del sistema pontino
per il mantenimento della stazione eretta, segnali dai centri superiori possono disinibire il sistema bulbare.
I nuclei vestibolari funzionano in associazione con i nuclei reticolari pontini per eccitare i muscoli antigravitari. In
particolare i nuclei vestibolari laterali inviano forti segnali eccitatori tramite i fasci vestibolospinali laterale e mediale.
In assenza del supporto dei nuclei vestibolari il sistema reticolare pontino perde gran parte del suo effetto eccitatorio sui
muscoli assiali antigravitari. Il ruolo specifico dei nuclei vestibolari, tuttavia, quello di regolare selettivamente linvio
di comandi eccitatori ai differenti muscoli antigravitari in risposta a segnali provenienti dallapparato vestibolare, allo
scopo di mantenere lequilibrio corporeo.

Il CERVELLETTO

RUOLO DEL CERVELLETTO
Il cervelletto occupa solamente il 10% dellencefalo, ma contiene circa la met di tutti i neuroni del SNC.
Il cervelletto stato per molto tempo definito unarea silente dellencefalo. Tuttavia la rimozione del cervelletto causa
gravi alterazioni del movimento. Il cervelletto in effetti essenziale per il controllo di compiti motori rapidi e la perdita
della funzionalit di questo organo determina di solito una incoordinazione pressoch totale delle attivit motorie
complesse.
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Il suo compito fondamentale difatti quello di concorrere alla concatenazione sequenziale delle attivit motorie e di
provvedere ad apportare gli opportuni aggiustamenti correttivi ai movimenti corporei, cosicch essi possano essere
conformi ai segnali motori generati nella corteccia cerebrale ed in altre aree dellencefalo. Il cervelletto riceve infatti
continuamente informazioni aggiornate sul programma di attivazione muscolare predisposto dalle aree di controllo
motorio. Esso riceve anche informazioni sensitive dalla periferia che, istante per istante, lo aggiornano sullo stato di
ciascun segmento corporeo. Si ritiene che il cervelletto confronti i parametri del movimento in atto con quelli
programmati dal sistema motorio. Se tra i due esiste incongruit, opportuni segnali correttivi vengono prontamente
inviati ai sistemi motori per potenziare o ridurre i livelli di attivazione dei muscoli specificatamente coinvolti.
Oltre a ci il cervelletto collabora con la corteccia cerebrale nel pianificare, con una frazione di secondo di anticipo, il
movimento successivo di una sequenza, quando ancora il movimento precendente in corso di esecuzione, assicurando
cos la regolare progressione dal primo al secondo.
Esso, inoltre, trae insegnamento dai propri errori, per cui, se un movimento non viene eseguito esattamente come era
stato programmato, i circuiti cerebellari imparano, la volta successiva, ad introdurre le opportune correzioni,
determinando ad esempio un aumento o una riduzione della forza muscolare. A tal fine, specifiche popolazioni di
neuroni cerebellari modificano la propria eccitabilit, cos da rendere le successive contrazioni muscolari meglio
rispondenti al movimento progettato.

VIA AFFERENTI ED EFFERENTI
Un contingente rilevante di fibre afferenti costituito dalla via corticopontocerebellare, che prende origine dalla
corteccia motoria, premotoria e somatosensoriale e che, passando attraverso i nuclei pontini ed i fasci pontocerebellari,
raggiunge lemisfero controlaterale ed il cervelletto.
Importanti vie afferenti giungono anche dal tronco dellencefalo. Queste comprendono:
1. il grosso fascio olivocerebellare che connette loliva inferiore a tutte le porzioni del cervelletto e viene attivato da
segnali provenienti dalla corteccia motoria, dai nuclei della base, dalla formazione reticolare e dal midollo spinale;
2. fibre vestibolocerebellari che terminano quasi tutte nel lobo flocculonodulare;
3. fibre reticolocerebellari.
Il cervelletto riceve anche una notevole quantit di informazioni sensitive dalla periferia. Le due vie pi importanti sono
il fascio spinocerebellare dorsale ed il fascio spinocerebellare ventrale. I due fasci dorsali entrano nel cervelletto
attraverso il peduncolo cerebellare inferiore e terminano nel verme e nella zona intermedia, omolateralmente alla loro
origine. I due fasci ventrali entrano invece attraversando il peduncolo cerebellare superiore e raggiungono le stesse aree
cerebellari attraverso connessioni bilaterali.
I segnali trasmessi dai fasci spinocerebellari dorsali provengono principalmente dai fusi neuromuscolari e in minor
misura da altri recettori somatici.
I fasci spinocerebellari ventrali, invece, ricevono un minor numero di informazioni dalla periferia e vengono eccitati
principalmente dai segnali motori in arrivo alle corna anteriori del midollo spinale.
Per quanto riguarda i segnali in uscita dal cervelletto, essi passano tutti invariabilmente per i nuclei profondi del
cervelletto. Essi si trovano allinterno della massa cerebellare e sono il nucleo dentato, il nucleo interposito ed il nucleo
del fastigio. Anche i nuclei vestibolari del bulbo si comportano, per alcuni aspetti, come nuclei cerebellari profondi per
via delle loro connessioni dirette con la corteccia del lobo flocculonodulare.
I nuclei profondi del cervelletto possono costituire anche una stazione intermedia nelle vie afferenti al cervelletto,
mentre costituiscono un punto di transito per tutti i segnali in uscita:
1. una prima via origina dal verme cerebellare e da qui, attraverso i nuclei del tetto, si dirige alle regioni bulbare e
pontina del tronco encefalico. Questo circuito lavora in stretta associazione con i nuclei vestibolari per il controllo
dellequilibrio corporeo, e con la formazione reticolare tronco encefalica per la regolazione della postura;
2. una seconda via origina dalla zona intermedia dellemisfero cerebellare e, attraverso il nucleo interposito, si porta ai
nuclei ventrolaterale e ventrale anteriore del talamo nonch ai nuclei della base, al nucleo rosso ed alla formazione
reticolare. Si ritiene che questo circuito coordini principalmente le attivit reciproche di muscoli agonisti ed
antagonisti localizzati nelle parti distali degli arti, e specialmente dei muscoli delle mani e delle dita;
3. una terza via prende origine dalla corteccia della zona laterale dellemisfero cerebellare, passa al nucleo dentato e
da questo ai nuclei ventrale laterale e ventrale anteriore del talamo per terminare nella corteccia motoria. Questa via
ha un ruolo importante nella coordinazione di sequenze motorie iniziate dalla corteccia cerebrale.

STRUTTURA DELLA CORTECCIA CEREBELLARE
A differenza della corteccia cerebrale, la struttura della corteccia cerebellare uniforme: lo stesso modulo si ripete in
tutta la superficie.
Il cervelletto costituito da circa 30 milioni di unit funzionali pressoch identiche. Ogni unit funzionale centrata su
una singola grossa cellula di Purkinje e sulla corrispondente cellula dei nuclei profondi.
La corteccia cerebellare costituita da tre strati: lo strato molecolare, lo strato delle cellule di Purkinje e lo strato delle
cellule granulari. Al di sotto di questi strati, nella parte centrale della massa cerebellare, si trovano i nuclei profondi.
La via duscita dallunit funzionale cerebellare prende origine dalla cellula dei nuclei profondi. Questultima
continuamente soggetta ad influenze eccitatorie ed inibitorie. Le influenze inibitorie provengono tutte dalle cellule di
Purkinje della corteccia cerebellare mentre le influenze eccitatorie provengono dalle connessioni di queste strutture con
altre strutture encefaliche o con la periferia.
Le fibre afferenti che entrano nel cervelletto sono essenzialmente di due tipi:
141
Fibre rampicanti: originano tutte nelloliva inferiore del bulbo. Dopo aver emesso rami collaterali destinati a
diverse cellule dei nuclei profondi, ogni fibra rampicante raggiunge lo strato molecolare della corteccia cerebellare
dove prende contatto con il soma ed i dendriti di ognuna delle cellule di Purkinje con cui essa in rapporto. La
fibra rampicante si distingue poich ogni singolo impulso da essa condotto provoca sempre, nelle cellule di
Purkinje, un singolo potenziale eccitatorio di lunga durata ed un particolare tipo di potenziale a punta di grande
ampiezza, seguito da una sequenza di potenziali secondari di ampiezza progressivamente inferiore (potenziale
dazione complesso o spike complesso). In seguito ad uno spike complesso le sinapsi dellalbero dendritico
vengono ad essere inibite anche per minuti;
Fibre muscoidi: rappresentano linsieme di tutte le altre fibre che arrivano al cervelletto. Anche queste fibre
emettono collaterali che vanno ad eccitare cellule dei nuclei profondi. Esse procedono poi fino allo strato granulare
della corteccia cerebellare, dove contraggono sinapsi con centinaia o addirittura migliaia di cellule dei granuli.
Questultime, a loro volta, inviano assoni molto sottili verso la superficie esterna della corteccia cerebellare,
penetrando nello strato molecolare. Qui ogni assone si divide a T, dando luogo a due fibre che decorrono per un
paio di mm in ogni direzione costituendo lo strato molecolare. E in questo strato che si proiettano i dendriti delle
cellule di Purkinje.
Linput delle fibre muscoidi alla cellule di Purkinje ben diverso da quello delle fibre rampicanti, poich le
connessioni sinaptiche sono in questo caso molto deboli, cosicch un gran numero di fibre muscoidi devono essere
stimolate simultaneamente per attivare una
singola cellula di Purkinje. Tale
attivazione, inoltre, assume generalmente la
forma di un potenziale dazione a bassa
ampiezza e di breve durata ma ad alta
frequenza (potenziale dazione semplice o
spike semplice).
La stimolazione diretta delle cellule dei
nuclei profondi sia da parte delle fibre
rampicanti che delle fibre muscoidi, ha su
queste cellule un effetto eccitatorio. In
contrasto, i segnali che giungono alle
cellule dei nuclei cerebellari profondi dalle
cellule di Purkinje hanno su di esse un
effetto inibitorio. Di solito lequilibrio tra
questi due effetti leggermente a favore
delleccitazione.
Durante lesecuzione di movimenti rapidi,
per, leccitazione delle cellule dei nuclei
profondi viene in un primo tempo
largamente incrementata e solo pochi
millisecondi pi tardi interviene leffetto
inibitorio di origine Purkiniana. In questo
modo, i nuclei cerebellari profondi inviano
alle strutture motorie cerebrali e
troncoencefaliche un segnale eccitatorio
molto rapido, probabilmente per rinforzare il comando motorio rendendolo pi energico di quello che sarebbe
altrimenti, e pochi millisecondi dopo un segnale inibitorio determinato dallazione delle cellule del Purkinje.
Questultimo un tipico segnale a feedback negativo molto efficace nel produrre smorzamento: esso cio impedisce che
il movimento vada oltre il limite programmato, il che causerebbe altrimenti fenomeni di oscillazione.
Attraverso questo circuito il cervelletto pu cos contribuire ad una rapida attivazione della contrazione dei muscoli
agonisti allinizio del movimento e, dopo un dato periodo di tempo, potrebbe anche stabilire una disattivazione
esattamente temporarizzata della contrazione stessa.
Oltre alle cellule dei granuli ed alle cellule di Purkinje, nella corteccia cerebellare esistono altri tre tipi di neuroni: le
cellule a canestro, le cellule stellate e le cellule di Golgi. Sono tutti neuroni inibitori che hanno come mediatore il
GABA.
Le cellule stellate e quelle a canestro sono situate nello strato molecolare della corteccia cerebellare e vengono eccitate
dalle fibre parallele. Queste cellule inviano i loro assoni in direzione perpendicolare a quella delle fibre parallele e
provocano inibizione laterale delle cellule di Purkinje adiacenti in modo da focalizzare il segnale.
Le cellule di Golgi si trovano invece al di sotto delle fibre parallele, sebbene i loro dendriti siano anchessi stimolati da
collaterali delle fibre parallele stesse. La funzione di questa inibizione quella di limitare la durata del segnale
trasmesso dalle cellule dei granuli alla corteccia cerebellare.

LAPPRENDIMENTO DEL CERVELLETTO
Lentit del contributo cerebellare allavvio ed alla cessazione della contrazione muscolare, nonch il controllo degli
aspetti temporali della stessa, possono essere oggetto di apprendimento da parte del cervelletto. Tipicamente, quando un
soggetto esegue per la prima volta un movimento nuovo, le caratteristiche delle correzioni operate dal cervelletto sono
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quasi sempre inadeguate e, di conseguenza, lesecuzione dellatto motorio non mai perfetta. Dopo che il movimento
stato eseguito pi volte, tuttavia, le varie componenti si fanno progressivamente pi precise e dopo un numero variabile
di ripetizioni si raggiunge il risultato desiderato.
Non ben noto come questi aggiustamenti si realizzino, ma si sa che durante il processo di apprendimento motorio si ha
un progressivo adattamento dei livelli di sensibilit dei circuiti cerebellari.
Ma come possono questi circuiti venir informati circa la necessit di modificare la propria frequenza di scarica? A
questo riguardo noto che il complesso olivare inferiore riceve dai fasci corticospinali, nonch dai centri motori del
tronco encefalico, informazioni complete e dettagliate relative al programma di ciascun atto motorio; il complesso
olivare viene altres perfettamente informato dai recettori periferici dei muscoli e dei tessuti circostanti sulle modalit
con cui il movimento in corso viene effettivamente eseguito. Si presume che il complesso olivare inferiore effettui una
comparazione e se vi discordanza tra pianificazione del movimento e sua effettiva realizzazione, mediante le fibre
rampicanti, modifica la sensibilit della cellula di Purkinje finch lerrore eliminato.

FUNZIONE DEL CERVELLETTO NEL CONTROLLO DEL MOVIMENTO
Il sistema nervoso utilizza tre diverse strutture del cervelletto per coordinare le funzioni di controllo motorio:
1. Vestibolocervelletto: costituito dai piccoli lobi flocculonodulari e dalle adiacenti porzioni del verme. Esso si
sviluppa nella filogenesi quasi contemporaneamente allapparato vestibolare e, come questo, svolge la sua
principale funzione nel mantenimento dellequilibrio. In particolare esso importante nellassicurare il giusto
equilibrio tra lattivit dei muscoli agonisti ed antagonisti del tronco e dei cingoli durante variazioni rapide della
posizione del corpo. Infatti il vestibolo-cervelletto in grado di calcolare, partendo dalle velocit e dalle direzioni
dei vari segmenti corporei in movimento, nonch dalle afferenze vestibolari, la posizione in cui questi ultimi
verranno a trovarsi una frazione di secondo pi tardi. In questa maniera il cervelletto in grado di prevedere
perturbazioni future dellequilibrio e prendere le opportune contromisure;
2. Spinocervelletto: composto dalla maggior parte del verme nonch dagli adiacenti lobi intermedi, posti ai lati del
verme. Durante lesecuzione di un movimento, lo spinocervelletto riceve due tipi di informazioni:
Uninformazione diretta proveniente dalla corteccia motoria e dal nucleo rosso, che comunica al cervelletto il
programma motorio previsto per le frazioni di secondo immediatamente successive;
Uninformazione a feedback proveniente dai segmenti corporei periferici, specialmente quelli distali degli arti,
in grado di comunicare al cervelletto le caratteristiche dei movimenti cos come effettivamente si svolgono.
Dopo che la zona intermedia del cervelletto ha confrontato il programma motorio previsto con il movimento in atto,
il nucleo interposito invia segnali correttivi sia alla corteccia motoria che al nucleo rosso.
Questo processo provvede ad assicurare movimenti fluidi e coordinati soprattutto per ci che concerne le
prestazioni motorie complesse ed altamente finalizzate, come il movimento delle parti distali degli arti.
3. Cerebrocervelletto: costituito dalle grandi porzioni laterali degli emisferi cerebellari, ai lati dei lobi intermedi.
Quasi tutti i collegamenti tra le aree cerebellari in esame non si realizzano con la corteccia motoria primaria, ma
con larea premotoria e con la corteccia somatosensoriale. Sembra che attraverso queste connessioni le aree
corticali appena citate trasmettano al cervelletto i piani delle varie sequenze motorie e, attraverso uno scambio
reciproco di informazioni tra le due strutture, si realizzi una corretta transizione da un movimento a quello
successivo di ogni sequenza.
Difatti le zone laterali degli emisferi cerebellari appaiono impegnate non nel controllo di ci che sta accadendo a
livello motorio, ma di ci che accadr durante il movimento successivo di una sequenza motoria.
Unaltra importante funzione del cerebrocervelletto quella di assicurare lappropriata temporarizzazione di
ciascun movimento elementare allinterno di una sequenza. Senza questa capacit di valutazione, il soggetto non
pi in grado di controllare linizio del movimento successivo allinterno di una sequenza, movimento che quindi
potrebbe iniziare troppo precocemente oppure troppo tardi. Si dice quindi che queste lesioni cerebellari causano la
perdita della fluida ed armonica progressione dei movimenti.
Il cerebrocervelletto svolge infine anche funzioni di previsione nei confronti di eventi diversi dai movimenti
corporei. Possono essere, ad esempio, previste le velocit di progressione di fenomeni uditivi e di fenomeni visivi.
Dalle modificazioni della scena visiva, ad esempio, un soggetto pu valutare con quale rapidit si va avvicinando
un determinato oggetto e prevedere quando lo raggiunger.

ASPETTI CLINICI DEI DISTURBI CEREBELLARI
Dismetria e atassia: due dei pi importanti segni di compromissione funzionale del cervelletto sono la dismetria e
latassia. Per dismetria si intende lincapacit di centrare esattamente il bersaglio di un movimento poich senza il
cervelletto i sistemi di controllo motorio non possono valutare in anticipo quale sar lampiezza dei movimenti. La
dismetria causa di incoordinazione dei movimenti o atassia.
Disdiadocinesia: quando il sistema di controllo motorio non pi in grado di valutare in anticipo dove le differenti parti
del corpo si verranno a trovare in un dato istante temporale, esso perde temporaneamente il loro controllo durante i
movimenti rapidi. Ne consegue che i movimenti successivi di una sequenza possono iniziare o troppo presto o troppo
tardi, compromettendo cos lordinata progressione della sequenza stessa.
Disartria: unaltra tipica anomalia della progressione di sequenze motorie in soggetti con danno cerebellare quella che
interessa larticolazione della parola. Questultima infatti dipende da una rapida ed ordinata successione di movimenti
che interessano i muscoli della laringe, della bocca e dellapparato respiratorio.
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Tremore intenzionale: quasi tutti i movimenti del corpo hanno carattere pendolare. Per esempio, quando un braccio
viene mosso si genera un movimento di inerzia, che deve essere annullato prima che il movimento possa arrestarsi. A
causa di questo momento di inerzia tutti i movimenti pendolari tendono ad andare oltre il limite. Se ci si verifica in un
soggetto in cui il cervelletto sia leso, i centri cerebrali responsabili del movimento volontario se ne rendono conto e
producono un movimento compensatorio nella direzione opposta. Anche questo movimento compensatorio andr oltre
il limite. In questo modo si verificher per un certo tempo il movimento del segmento corporeo intorno alla posizione
desiderata, prima di fermarsi finalmente su questa. Il fenomeno prende il nome di tremore intenzionale e si distingue da
quello del Parkinson perch non si verifica a riposo.
Nistagmo cerebellare: il nistagmo cerebellare un tremore dei globi oculari che di solito compare quando il soggetto
tenta di fissare oggetti posti lateralmente al suo capo. Questa la manifestazione a livello oculare del tremore
intenzionale e manifesta uninsufficienza del sistema cerebellare di smorzamento.
Ipotonia: la lesione dei nuclei profondi del cervelletto, in particolare dei nuclei dentato ed interposito, provoca una
diminuzione del tono dei muscoli omolaterali alla lesione. Ci dovuto al venir meno delleffetto facilitatorio esercitato
dallattivit tonica dei nuclei cerebellari sulla corteccia motoria e sui nuclei motori del tronco.

I NUCLEI DELLA BASE

I CIRCUITI NEURONALI DEI NUCLEI DELLA BASE
I nuclei della base, cos come il cervelletto, costituiscono un sistema di controllo motorio accessorio che non opera in
modo isolato, ma funziona sempre in stretta
associazione con la corteccia cerebrale ed il
sistema corticospinale.
Una delle funzioni principali dei nuclei della base
nel controllo del movimento quella di operare
in associazione con il sistema corticospinale per
il controllo di compiti motori di una certa
complessit, come la scrittura di lettere
dellalfabeto.
Essi comprendono il nucleo caudato, il putamen,
il globo pallido, la sostanza nera ed il nucleo
subtalamico, ed occupano unampia zona in
profondit negli emisferi cerebrali, in una
posizione prevalentemente laterale rispetto al
talamo.
I due circuiti principali che coinvolgono i nuclei
della base sono:
Circuito putaminale: il circuito origina
principalmente nella corteccia premotoria,
nella supplementare motoria ed anche nellarea somestesica primaria della corteccia sensitiva. Da qui
linformazione passa al putamen, poi alla porzione interna del globo pallido, successivamente ai nuclei ventrale
anteriore e laterale del talamo ed infine di nuovo alla corteccia motoria primaria e a parti dellarea premotoria e
supplementare motoria. Esso un circuito complessivamente a feedback negativo.
In collegamento con il circuito putaminale principale lavorano altri tre circuiti accessori:
1. dal putamen alla porzione esterna del globo pallido, e di qui al nucleo subtalamico, alla porzione interna
del globo pallido, ai nuclei di rel del talamo e infine alla corteccia motoria (feedback positivo nei
confronti della corteccia);
2. dal putamen alla porzione interna del pallido, alla sostanza nera e di nuovo alla porzione interna del
pallido (feedback negativo nei confronti della corteccia). La dopamina prodotta dalla sostanza negra pu
tuttavia avere anche un ruolo eccitante (il circuito in questo caso agisce a feedback positivo) se agisce sui
recettori DI, anzich sui DII. Per questo motivo la sostanza negra compatta pu essere considerato un
modulatore dellintero sistema dei nuclei della base dirottando linformazione sul circuito a feedback
positivo piuttosto che su quello negativo.
Circuito caudatale: dopo che i segnali sono passati dalla corteccia cerebrale al nucleo caudato, essi vengono
trasmessi alla porzione interna del globo pallido, ai nuclei di rel talamici ed infine di nuovo alla corteccia nelle
aree prefrontale, premotoria e motoria supplementare mentre quasi nessun segnale giunge alla corteccia motoria
primaria. Esso un circuito a feedback positivo.
Lattivit dei due circuiti principali evocata da segnali originati dalle aree motrici; se i comandi corticali eccitano
prevalentemente il nucleo caudato, si avr una inibizione del pallido e un effetto a feedback positivo sulle attivit
motrici. Se invece i comandi corticali attivano prevalentemente il putamen, si avr un effetto di feedback negativo. La
stimolazione di una particolare zona dellarea motrice primaria attiva, invece, il nucleo caudato con leffetto netto di
unautoinibizione delle aree motrici. Questa zona specifica dellarea motrice stata perci denominata area sopressoria
(area 4S).

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FUNZIONI DEI CIRCUITI CHE COINVOLGONO I NUCLEI DELLA BASE
Il circuito caudatale ha innanzitutto un ruolo importante nel controllo cognitivo (cio che utilizza sia informazioni
sensitive che mnemoniche) dellattivit motoria ricevendo esso afferenze dalle aree associative della corteccia
cerebrale, cio quelle che integrano i differenti tipi di informazioni sensoriali con rappresentazioni mentali.
In assenza di questa funzione cognitiva il soggetto non potrebbe avere, senza pensarci troppo a lungo, le conoscenze
istintive che gli permettono di reagire rapidamente ed in maniera appropriata. Il controllo cognitivo dellattivit motoria
predispone lesistenza degli schemi motori da mettere in atto e la loro concatenazione ottimale per il raggiungimento di
obbiettivi comportamentali complessi.
Oltre a questa funzione, due importanti aspetti dellattivit dei centri motori che controllano il movimento sono quelli
relativi alla rapidit con la quale il movimento deve essere eseguito ed alla sua ampiezza. Si pu scrivere, ad esempio,
una lettera dellalfabeto lentamente oppure velocemente, in piccolo su un foglio di carta oppure molto grande su una
lavagna, senza che le proporzioni cambino anche se per scriverla il soggetto avr usato soltanto le dita oppure lintero
braccio.
In pazienti con gravi lesioni dei nuclei della base le funzioni di graduazione temporale e spaziale del movimento
risultano fortemente ridotte ed a volte sono quasi abolite.
Particolarmente importante in questo contesto la corteccia parietale posteriore, sede di rappresentazioni spaziali del
corpo e delle sue varie parti. Poich il circuito caudatale quello che agisce prevalentemente in concerto con le aree
associative corticali, presumibile che anche questa funzione sia da attribuire principalmente a questo circuito.
Assai scarse sono invece le nozioni sui meccanismi con cui il sistema putaminale a feedback positivo concorre alla
messa in atto dei pattern motori. E noto tuttavia che, quando una qualsiasi parte di questo circuito viene lesa o bloccata,
alcuni tipi di movimento risultano fortemente alterati.

LESIONI DEI NUCLEI DELLA BASE
Una compromissione dei nuclei della base pu dar luogo a due importanti forme morbose:
La malattia di Parkinson: nota anche come paralisi agitante, conseguenza di unestesa distruzione di quella
porzione della sostanza nera, la parte compatta, che invia fibre dopaminergiche al nucleo caudato ed al putamen. La
malattia caratterizzata da rigidit di gran parte della muscolatura corporea, tremore involontario nelle regioni
interessate e acinesia, cio grave difficolt ad iniziare i movimenti.
Le cause di queste turbe del movimento sono quasi del tutto sconosciute. Se vero, tuttavia, che la dopamina
secreta a livello del pallido un neurotrasmettitore modulatorio, la distruzione della sostanza nera dovrebbe in
teoria liberare dallinibizione questa struttura, che diverrebbe quindi iperattiva ed invierebbe continui segnali
eccitatori al sistema corticospinale che controlla il movimento. Tali segnali non potrebbero che eccitare oltre
misura molti o addirittura tutti i muscoli corporei, dando cos luogo ad una rigidit muscolare. Alcuni dei circuiti a
feedback, inoltre, in seguito ad un forte aumento del guadagno dovuto al venir meno dellinibizione, potrebbero
facilmente entrare in oscillazione, provocando il tremore parkinsoniano. Questultimo presente continuamente
durante tutto il periodo di veglia (tremore involontario) ed ben diverso dal tremore cerebellare che compare solo
durante lesecuzione di movimenti iniziati volontariamente.
Anche se la rigidit muscolare ed il tremore rappresentano senza dubbio un disturbo difficile da tollerare, il
paziente affetto dal morbo di Parkinson trova assai pi invalidante lacinesia. Per eseguire anche il pi semplice dei
movimenti, infatti, egli deve concentrarsi al massimo.
La malattia di Huntington: la corea di Huntington una malattia ereditaria che di solito comincia a manifestarsi
nella quarta o nella quinta decade di vita. E caratterizzata in un primo tempo da movimenti irregolari, a scosse
improvvise, limitati a singoli segmenti corporei, che con laggravarsi della malattia si fanno sempre pi intensi ed
ampi, interessando lintero corpo.
Si ritiene che i movimenti abnormi della corea di Huntington siano indotti dalla degenerazione della maggior parte
dei neuroni GABAergici del nucleo caudato e del pallido, e dei neuroni secernenti acetilcolina presenti in diverse
parti dellencefalo. Normalmente, questi neuroni esercitano, attraverso i loro terminali assonici, un effetto inibitorio
sul globo pallido e sulla sostanza nera. Il venir meno di questa inibizione provocherebbe unesaltazione dellattivit
spontanea del pallido e della sostanza nera, dando luogo ai movimenti anormali.

LE AREE CORTICALI ASSOCIATIVE

LE AREE ASSOCIATIVE
Estese aree della corteccia cerebrale non rientrano nelle rigide categorie motorie e sensoriali. Queste aree vengono
indicate con il nome di aree associative, poich ricevono ed analizzano segnali provenienti da molteplici regioni della
corteccia motoria e sensitiva ed anche da strutture sottocorticali. Le tre aree associative pi importanti sono:
Area associativa parieto-occipito-temporale: occupa lampia zona compresa tra la corteccia somato-sensoriale
anteriormente, la corteccia visiva posteriormente e quella uditiva lateralmente. Questa area si distingue a sua volta in
varie zone funzionali:
Unarea che inizia nella corteccia parietale posteriore e si estende nella parte superiore della occipitale provvede
allanalisi continua delle coordinate spaziali di tutte le parti del corpo e dellambiente circostante. Questa zona
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riceve informazioni visive dalla parte posteriore della corteccia occipitale e simultaneamente informazioni dalla
corteccia somato-sensoriale della parte anteriore del lobo parietale. Ci importante perch per il controllo dei
movimenti corporei il cervello deve essere costantemente informato sulla posizione istantanea di ciascuna parte del
corpo, nonch sui rapporti del corpo stesso con lo spazio extracorporeo;
Larea di Wernicke, localizzata posteriormente alla corteccia uditiva primaria nella parte posteriore del giro
superiore del lobo temporale, la principale area per la comprensione del linguaggio;
Posteriormente allarea per la comprensione del linguaggio, in corrispondenza della regione del giro angolare del
lobo occipitale, si trova unarea associativa visiva la quale invia allarea di Wernicke i segnali visivi relativi alle
parole lette. Il funzionamento di questa porzione del giro angolare necessario per linterpretazione del significato
delle parole percepite con la vista. In sua assenza, un soggetto pu ancora comprendere assai bene il linguaggio
parlato, ma non quello letto;
Nelle porzioni pi laterali della parte anteriore del lobo occipitale e di quella posteriore del lobo temporale si trova
unarea per la denominazione degli oggetti. I nomi degli oggetti vengono acquisiti soprattutto tramite ludito,
mentre linformazione sulla natura fisica degli stessi origina principalmente da afferenze visive. A loro volta i nomi
sono essenziali per la comprensione del linguaggio e per la sua elaborazione intelligente.
Area associativa prefrontale: comprende le aree 9 e 10 situate nella porzione anteriore delle circonvoluzioni frontali
superiore, media e inferiore e le aree 11 e 12 localizzate nella corteccia orbitofrontale. Questarea opera in stretta
associazione con la corteccia motoria ed ha un ruolo rilevante nella pianificazione di pattern motori complessi e di
sequenze di movimenti. Per adempiere a questa sua funzione essa riceve un massiccio flusso di informazioni dallarea
associativa parieto-occipito temporale attraverso un fascio sottocorticale di fibre di collegamento. Tali informazioni
sensoriali pre-analizzate, ed in particolare quelle relative alle coordinate spaziali corporee, sono essenziali per la
pianificazione di movimenti funzionalmente efficaci. Gran parte delle efferenze in uscita dallarea prefrontale
raggiungono i sistemi che controllano il movimento passando attraverso la porzione caudatale del circuito a feedback
che dai nuclei della base proietta al talamo e da qui di nuovo alla corteccia.
Questa area sembra inoltre in grado di integrare le informazioni di natura non motoria che ad essa affluiscono da
differenti zone cerebrali e di utilizzarle per la realizzazione di processi mentali non collegati ad attivit motorie.
Semplificando si pu dire che la corteccia prefrontale importante per lelaborazione dei pensieri.
Una regione circoscritta della corteccia frontale, chiamata area di Broca, sede dei circuiti neuronali per la
formazione delle parole. E qui che prendono origine e vengono messi in esecuzione i piani motori ed i pattern
motori per la formazione di singole parole o di brevi frasi. Larea di Broca posta nella circonvoluzione frontale
inferiore.
Area limbica: larea limbica soprattutto impegnata nel controllo del comportamento, delle emozioni e della
motivazione.
Area per il riconoscimento dei volti: la parte mediale della faccia inferiore di entrambi i lobi occipitali e la superficie
medioventrale dei due lobi temporali, se distrutte, provoca un disturbo noto come prosopagnosia, cio lincapacit di
riconoscere i volti. Verrebbe da meravigliarsi che una parte cos estesa della corteccia cerebrale sia riservata
semplicemente al riconoscimento dei volti. Se per si tiene conto che la maggior parte delle nostre attivit quotidiane
implicano rapporti con altre persone, non sar difficile comprendere limportanza di questa funzione intellettiva.

LAREA DI WERNICKE
Le aree associative somato-sensoriale, visiva ed uditiva confluiscono in corrispondenza della parte posteriore del lobo
temporale superiore, dove situata larea di Wernicke. Essa comprende la corteccia della circomvoluzione temporale
superiore.
Questa zona di confluenza delle differenti aree sensoriali interpretative particolarmente sviluppata nellemisfero
dominante e gioca un ruolo preminente in quelle funzioni cerebrali superiori che chiamiamo intelligenza.
Dopo una grave lesione nellarea di Wernicke un individuo pu ancora udire perfettamente e pu anche riconoscere le
singole parole udite, ma perde la capacit di ordinare le parole stesse in un pensiero che abbia un significato. Allo stesso
modo, il soggetto pu essere in grado di leggere le parole scritte, senza tuttavia riuscire a metterle insieme per enunciare
il concetto che esse possono contenere nella loro sequenza.
Il giro angolare occupa la porzione anteroinferiore del lobo parietale posteriore, immediatamente al di dietro dellarea di
Wernicke, e si fonde posteriormente con le aree visive del lobo occipitale. Se questa regione viene colpita da una
lesione, mentre resta ancora integra larea temporale di Wernicke, il soggetto potr ancora interpretare le esperienze
sensoriali uditive, ma il flusso delle informazioni visive in arrivo allarea di Wernicke dalla corteccia visiva risulter del
tutto o in gran parte bloccato. Il soggetto potr quindi vedere le parole scritte ed anche riconoscere di che parole si
tratta, ma non sar in grado di interpretarne il significato. La condizione in esame prende il nome di dislessia o cecit
verbale.
Le funzioni interpretative generali dellarea di Wernicke e del giro angolare, cos come le funzioni delle aree del
linguaggio e di quelle deputate al controllo motorio, sono di solito molto pi sviluppate in uno dei due emisferi
cerebrali. Tale emisfero perci chiamato dominante. In circa il 95% dei soggetti lemisfero dominante il sinistro.
Una parte cospicua delle nostre esperienze sensoriali viene convertita nei rispettivi equivalenti verbali prima di essere
depositata nelle aree cerebrali della memoria o elaborata per altre finalit cognitive. Quando leggiamo un libro, ad
esempio, non fissiamo nella memoria le immagini visive delle parole stampate, ma registriamo invece le parole stesse o
i pensieri da esse suggeriti in forma di linguaggio. Ci probabilmente dovuto al fatto che il primo approccio al
linguaggio avviene attraverso ludito. Questo processo avviene ancora una volta nellarea di Wernicke.
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Lemisfero non dominante sembra giocare un ruolo rilevante nella comprensione e nellinterpretazione della musica,
nelle esperienze visive non verbali, dei rapporti spaziali tra individuo ed ambiente, del significato del linguaggio del
corpo e dellintonazione della voce (prosodia: capacit di enfatizzare musicalmente il discorso), e probabilmente anche
nellinterpretazione di molte esperienze somatiche correlate alluso degli arti ed in particolare delle mani. Quindi, anche
se si parla di emisfero dominante, questa dominanza va intesa principalmente in relazione alle funzioni cognitive
connesse al linguaggio o al simbolismo verbale.
Per quanto riguarda le conseguenze di lesioni di questarea bisogna innanzitutto ricordare che la distruzione delle aree
associative uditiva e visiva pu dar luogo allincapacit di comprendere rispettivamente le parole parlate e quelle scritte.
Si parla in questi casi di afasia sensoriale uditiva o visiva.
Alcuni soggetti sono perfettamente capaci di riconoscere sia le parole parlate sia quelle scritte, ma non sono in grado di
interpretare il concetto da esse espresso. Questo disturbo dovuto il pi delle volte a danno o distruzione dellarea di
Wernicke e viene perci generalmente chiamato afasia di Wernicke. Se la lesione diffusa il soggetto in condizione di
demenza pressoch totale per la comprensione del linguaggio o per la comunicazione, ed allora si parla di afasia
globale.

IL LINGUAGGIO E SUOI DISTURBI
Il linguaggio una funzione innata che matura in un ambiente parlante. La capacit di apprendimento linguistica
massima nel bambino nei primi anni di vita.
La produzione del linguaggio implica due stadi: la formazione nella mente dei pensieri da esprimere e la scelta delle
parole appropriate ed il controllo motorio dellatto della vocalizzazione.
Il primo di questi due stadi una funzione delle aree associative del cervello ed in particolare larea di Wernicke svolge
ancora il ruolo pi importante. Difatti le persone con afasia di Wernicke sono anche incapaci di formulare i pensieri da
comunicare.
Il secondo di questi stadi invece sotto il controllo dellarea del linguaggio di Broca. Pertanto se un soggetto in grado
di decidere cosa vuol dire ed anche in grado di emettere suoni vocali ma tuttavia egli non riesce a produrre parole
sensate si parla di afasia motoria.
Le forme pi frequenti di difficolt di linguaggio si possono avere allepoca della crescita durante la quale ci sono
periodi critici di apprendimento. Si possono verificare delle forme simili allafasia che, ad esempio, rigurdano la
difficolt di comprendere le parole scritte (alessia). Questo disturbo dovuto a lesioni della corteccia occipitale nella
regione vicina allarea di riconoscimento dei colori. Lalessia spesso si associa ad agrafia: incapacit a scrivere.
Allalessia si possono associare le dislessie: incapacit di imparare a leggere. I dislessici sono spesso mancini e per loro
difficile comprendere il senso di una sequenza di lettere mentre gli risulta pi facile imparare una parola come un
ideogramma. Tutti questi problemi sono imputabili ad insufficienza dellarea di Wernicke sinistra (lesioni a destra
invece comportano incapacit a svolgere compiti che comportano unorganizzazione spaziale).

LAREA ASSOCIATIVA PREFRONTALE
Per molti anni la corteccia prefrontale stata considerata la sede dellintelligenza superiore che contraddistingue la
specie umana, soprattutto perch la principale differenza tra il cervello delluomo e quello delle scimmie data dalla
notevole estensione di queste aree nelluomo. I tentativi volti a dimostrare un ruolo preminente della corteccia
prefrontale nelle funzioni intellettive non hanno tuttavia avuto successo. In effetti, la distruzione dellarea di Wernicke e
della regione adiacente del giro angolare nellemisfero dominante causa un danno infinitamente maggiore per le
funzioni intellettive di quanto non faccia la distruzione dellarea prefrontale.
Alcuni decenni fa si scopr che in alcuni pazienti affetti da gravi forme di psicosi depressiva era possibile ottenere un
significativo miglioramento della sintomatologia praticando la lobotomia prefrontale. I risultati erano:
I pazienti non erano pi in grado di risolvere problemi complessi ed erano incapaci di imparare ad eseguire pi
attivit parallele nello stesso tempo.
Una delle funzioni che gli studiosi attribuiscono alle aree prefrontali lelaborazione del pensiero, cio la capacit
di incrementare la profondit ed il livello di astrazione delle varie rappresentazioni mentali, elaborate attraverso
lintegrazione di informazioni provenienti da sorgenti diverse. Inoltre la capacit delle aree prefrontali di
promuovere la memorizzazione simultanea, anche se temporanea, di pi segmenti elementari di informazione e di
utilizzare successivamente tali informazioni in modo istantaneo, secondo quanto richiesto dai processi mentali da
realizzare, prende il nome di memoria di lavoro. Grazie alla memoria di lavoro si in grado di spiegare molte delle
espressioni pi alte dellintelligenza come fare previsioni, formulare piani per il futuro, ritardare la reazione a
segnali sensoriali in arrivo in modo che linformazione possa essere meglio valutata, considerare le conseguenze di
determinate attivit motorie, risolvere complessi problemi matematici o filosofici e controllare il comportamento in
accordo con i principi delletica.
Pur essendo ancora in grado di parlare e comprendere il linguaggio, non riuscivano a seguire il filo di una
qualunque serie di pensieri. Inoltre erano incapaci di svolgere sequenze di compiti finalizzati al raggiungimento di
un determinato scopo perci eseguivano ancora la maggior parte delle attivit motorie che avevano abitualmente
svolto nella loro vita, ma spesso senza uno scopo evidente.
Le aree associative prefrontali sembrano avere la capacit di richiamare informazioni memorizzate in differenti
aree cerebrali e di utilizzarle poi per lo svolgimento di processi mentali di pi alto livello, necessari per il
raggiungimento di taluni obbiettivi. Se gli obiettivi da raggiungere includono comportamenti motori, questi ultimi
verranno mandati in esecuzione. I soggetti privi delle aree prefrontali sono inoltre ancora in grado di pensare, ma
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mostrano una grave compromissione della capacit di procedere lungo una linea di pensieri in sequenza logica per
pi di qualche secondo. Una delle conseguenze pi tipiche che essi si distraggono facilmente dal tema centrale
del loro ragionamento;
Dimostravano una riduzione di aggressivit e perdevano in generale ogni ambizione. Inoltre il comportamento
sociale diveniva spesso inappropriato alle circostanze, con perdita del senso morale e della pudicizia. Questi due
aspetti derivano probabilmente dalla perdita della funzionalit delle porzioni ventrali dei lobi frontali, poste sulla
faccia inferiore del cervello. Esse vengono considerate parte della corteccia limbica.
Infine larea prefrontale pu essere considerata il terzo livello di controllo dei movimenti: difatti questarea sceglie il
tipo di movimento senza per n pianificarlo n eseguirlo.

IL CORPO CALLOSO
Le fibre che decorrono nel corpo calloso collegano le une alle altre le aree corticali omologhe dei due emisferi, con
leccezione delle parti anteriori dei lobi temporali (amigdale incluse), collegate tra loro da fibre che passano attraverso
la commessura anteriore.
Una delle funzioni del corpo calloso e della commessura anteriore quella di permettere che uninformazione
depositata nella corteccia cerebrale di un emisfero sia disponibile anche per la corrispondente area corticale
dellemisfero opposto.
La sezione del corpo calloso blocca il trasferimento di informazioni dallarea di Wernicke dellemisfero dominante alla
corteccia motoria dellemisfero controlaterale. Perci, le funzioni intellettive dellarea di Wernicke, prevalentemente
localizzate nellemisfero sinistro, perdono il controllo sulla corteccia motoria destra e, quindi, sullattivit motoria
volontaria della mano e del braccio sinistri, anche se gli abituali movimenti automatici dei vari segmenti di questo lato
si mantengono completamente normali.
Inoltre soggetti con sezione completa del corpo calloso possiedono due parti coscienti del cervello completamente
separate.

PENSIERO, COSCIENZA E MEMORIA
Il problema centrale quando si parla di pensieri, coscienze, memoria e apprendimento sta nel fatto che non conosciamo
nulla dei meccanismi nervosi responsabili del pensiero e conosciamo assai poco dei meccanismi della memoria.
Se si volesse formulare una definizione di pensiero in termini di attivit nervosa si potrebbe dire che un pensiero pu
derivare da un pattern di attivazione che interessa nello stesso tempo ed in una data sequenza parti differenti del sistema
nervoso, coinvolgendo principalmente la corteccia cerebrale, il talamo, il sistema limbico e la parte rostrale della
formazione reticolare troncoencefalica. Questa definizione rientra nella teoria olistica del pensiero. Secondo tale teoria,
lattivazione di aree del sistema limbico, del talamo e della formazione reticolare determinerebbe la natura globale del
pensiero.
La memoria un meccanismo complementare alla percezione e che, come essa, obbedisce ad una regola fondamentale:
ordinata nello spazio e nel tempo.
Per quanto riguarda il processo di memorizzazione, esso sotto laspetto neurofisiologico dovuto innanzitutto alla
codificazione dellinformazione e successivamente ad un processo di consolidamento dovuto a modificazioni della
efficacia della trasmissione sinaptica da un neurone ad un altro come effetto di una precedente attivit nervosa. A loro
volta queste modificazioni inducono lo sviluppo di nuove vie o di vie facilitate per la trasmissione di segnali attraverso i
circuiti nervosi centrali. Le vie facilitate o le vie nuove prendono il nome di tracce mnesiche.
Esperimenti su animali hanno dimostrato che le tracce mnesiche possono prodursi a tutti i livelli del sistema nervoso:
anche i riflessi spinali possono andare incontro a lievi modificazioni in risposta ad attivazione ripetitiva del midollo,
evidenziando cos una forma elementare di memoria.
Il nostro cervello letteralmente inondato da informazioni sensoriali che ad esso affluiscono dai recettori periferici, per
cui, se la mente dovesse tentare di memorizzare questa immensa massa di dati, la capacit della memoria verrebbe
saturata nel giro di pochi minuti. Fortunatamente, il cervello impara ad ignorare le informazioni prive di conseguenze
significative come risultato di un processo di inibizione dei circuiti nervosi che trasmettono queste informazioni. Il
fenomeno prende il nome di abituazione e costituisce, in un certo senso, un esempio di memoria negativa.
Le informazioni in arrivo che producono invece effetti rilevanti, come dolore o piacere, vengono automaticamente
rinforzate e conservate sotto forma di tracce mnesiche. Questa informazione positiva associata ad una facilitazione dei
circuiti sinaptici corrispondenti, secondo un processo detto di sensibilizzazione della memoria.
Secondo una classificazione comunemente adottata i tipi di memoria sono tre:
Memoria a breve termine: essa in grado di mantenere le informazioni per pochi secondi o al massimo per qualche
minuto. La memoria a breve termine sarebbe dovuta ad unattivit nervosa continua, sostenuta da segnali trasmessi
ripetutamente attraverso circuiti neuronali riverberanti, che costituiscono quindi una traccia mnesica transitoria.
Il circuito ritenuto pi importante a tal senso il circuito di Papetz
Un altro possibile meccanismo in grado di spiegare la memoria a breve termine rappresentato dalla facilitazione o
dallinibizione presinaptica, fenomeni entrambi sostenuti da sinapsi localizzate sui terminali presinaptici e non sul
corpo cellulare del neurone successivo.
Infine unultima possibilit per spiegare la memoria a breve termine data dal potenziamento sinaptico, un
meccanismo in grado di esaltare la conduzione attraverso una sinapsi, probabilmente in seguito allaccumulo di
elevate quantit di ioni calcio nei terminali presinaptici.
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Memoria a medio termine: capace di operare per giorni o settimane, ma poi soggetta ad estinzione. Fenomeni
mnesici di questo tipo possono essere il risultato di modificazioni temporanee chimiche e/o fisiche, che si
producono nei terminali presinaptici o nella membrana postsinaptica e che possono persistere per parecchi minuti o
anche per varie settimane. Un possibile meccanismo pu basarsi sulla presenza di un terminale sinaptico che entra
in contatto con la membrana del neurone bersaglio. Un altro terminale sinaptico, detto terminale facilitatorio,
prende contatto con il terminale sensitivo. Quando il terminale sensitivo viene stimolato ripetutamente senza per
che venga stimolato il terminale facilitatorio, la trasmissione del segnale attraverso la sinapsi dapprima elevata
ma successivamente, con il ripetersi degli stimoli, va facendosi sempre meno intensa fino a cessare quasi del tutto:
questo fenomeno costituisce labituazione. Se per, contemporaneamente alla stimolazione del terminale sensitivo,
uno stimolo eccita il terminale facilitatorio la trasmissione del segnale al neurone postsinaptico anzich affievolirsi
progressivamente viene notevolemente potenziata e tale si mantiene anche per giorni o settimane, senza un ulteriore
stimolazione del terminale facilitatorio.
Dal punto di vista biochimico la serotonina liberata dal terminale facilitatorio si lega a recettori specifici nel
terminale sensitivo inducendo la formazione allinterno di esso di cAMP. Questultimo determina una diminuzione
della conduttanza per il potassio e, conseguentemente, il prolungamento del potenziale dazione del terminale
presinaptico.
Memoria a lungo termine: non esiste un reale confine tra le forme pi durevoli di memoria a medio termine e la
memoria a lungo termine. Si ritiene, tuttavia, che la memoria a lungo termine sia dovuta a modificazioni strutturali
a livello delle sinapsi, modificazioni che esaltano oppure sopprimono la conduzione del segnale.
Questo processo di consolidamento favorito da una ripetizione mentale iterativa di una stessa informazione. Il
cervello ha una tendenza naturale a tornare pi volte su uninformazione di nuova acquisizione, specialmente se
questa cattura lattenzione della mente. Perci, con il passare del tempo, gli aspetti pi rilevanti delle esperienze
sensoriali vengono fissati con sempre maggior forza nei depositi della memoria.
Dopo la rimozione dellippocampo, i soggetti perdono virtualmente ogni capacit di immagazzinare informazioni di
tipo verbale e simbolico nella memoria a medio e lungo termine. Essi dunque sono incapaci di fissare ricordi nuovi e
durevoli relativi a quei tipi di informazione che sono alla base dellintelligenza. Questo deficit prende il nome di
amnesia anterograda. Lippocampo rappresenta uno dei principali canali di uscita delle aree della gratificazione e della
punizione del sistema limbico (vedi oltre). Le esperienze sensoriali o le rappresentazioni mentali che eccitano i centri
della punizione o quelli della gratificazionie sono fissate nella memoria mentre le altre possono essere tenute a mente
solo per pochi minuti: lippocampo gioca perci un ruolo importante nel meccanismo della facilitazione consentendo la
memorizzazione delle esperienze che hanno provocato intense emozioni, sia positive che negative.
Il termine amnesia retrogada si riferisce allincapacit di evocare ricordi dal passato anche se permane la
consapevolezza che essi siano ancora presenti. La lesione di alcune aree talamiche pu provocare questo disturbo
poich esso probabilmente ha un ruolo nei processi di ricerca allinterno dei depositi di memoria e di rievocazione dei
ricordi.

IL SISTEMA LIMBICO
Moltissimi degli aspetti del nostro comportamento, in particolare le emozioni (inconscie) e i sentimenti (consci), sono
sotto il controllo delle strutture basali del cervello, cio quelle che nel loro insieme costituiscono il cosiddetto sistema
limbico.
Una parte assai rilevante del sistema limbico costituita dallipotalamo e dalle strutture ad esso correlate. Oltre a
svolgere un ruolo consistente nel controllo del comportamento, queste aree regolano anche numerose condizioni interne
allorganismo, come la temperatura, losmolalit dei liquidi corporei, il meccanismo della fame e della sete ed il peso
corporeo. Queste funzioni interne vengono designate nel loro complesso come funzioni vegetative ed il loro controllo
strettamente collegato al comportamento.
Diverse altre strutture limbiche, in particolare alcune zone della corteccia limbica, sono coinvolte nella cosciente
connotazione affettiva delle esperienze sensoriali, e cio nella loro caretterizzazione positiva (esperienze piacevoli) o
negativa (esperienze spiacevoli). Queste tonalit affettive vengono anche definite rispettivamente gratificazione e
punizione, oppure soddisfazione e avversione.
Impiantando degli elettrodi nella corteccia limbica di un animale collegati ad una leva mediante la quale lanimale pu
autostimolarsi, se la stimolazione di una particolare area evoca una sensazione piacevole, lanimale tender ad
abbassare la leva ripetutamente, talvolta anche migliaia di volte in unora. E stato anche osservato che, quando
allanimale viene data la possibilit di scegliere tra un cibo assai gradito e la stimolazione dei centri del piacere, esso
opta spesso per lautostimolazione.
Se per la stimolazione coinvolge i centri della punizione compaiono segni che denunciano una sensazione spiacevole
(apprensione, terrore, prostrazione).
La rabbia costituisce un atteggiamento emotivo dai caratteri ben definiti, che coinvolge i centri della punizione
dellipotalamo e molte altre strutture limbiche.
Una forte stimolazione dei centri della punizione induce nellanimale una struttura caratterizzata da postura di difesa,
estensione degli artigli, sollevamento della coda, sibili, ringhio, erezione del pelo, occhi sbarrati e pupille dilatate (si
noti come molti di questi effetti denotino una attivazione simpatica, promossa dallipotalamo). Inoltre, una minima
provocazione sufficiente a scatenare una reazione di attacco pronta e selvaggia. Questo comportamento allincirca
quanto ci si potrebbe attendere da un animale in risposta ad una severa minaccia e viene definito rabbia.
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La stimolazione dei centri della gratificazione evoca invece modelli di comportamento emozionale del tutto opposti,
cio calma e docilit.
La via implicata nelle sensazioni del piacere dopaminergica. Molte sostanze stimolano questo sistema: le anfetamine
per esempio permettono alla dopamina di rimanere a lungo nelle sinapsi. Stessa cosa dicasi per la morfina e la cocaina.
Tutte queste sostanze danno dipendenza perch mentre il piacere fisiologico un sistema di arresto che mediante la
gratificazione blocca, per esempio, lassunzione del cibo; queste sostanze operano un feedback non pi negativo ma
positivo che ce ne fanno volere sempre di pi.
Al contrario nella depressione i sistemi dopaminergici e colinergici sono squilibrati.
Unaltra importante struttura della corteccia limbica lippocampo. In origine esso costituiva una parte della corteccia
olfattiva. Negli animali meno evoluti questa struttura svolge infatti un ruolo essenziale nello stabilire la scelta del cibo,
nel permettere allanimale di fiutare un pericolo o nel suscitare il suo impulso sessuale in presenza di determinati odori,
consentendo cos decisioni di importanza vitale. Molto precocemente nello sviluppo evolutivo del cervello lippocampo
divenuto un sistema decisionale critico, chiamato a determinare il grado di importanza dei segnali sensitivi in arrivo.
Si pu presumere che anche con il successivo sviluppo di nuove aree cerebrali, il sistema nervoso abbia continuato ad
utilizzare le capacit decisionali dellippocampo, per cui se questa struttura stabilisce che un segnale importante,
verosimilmente esso verr registrato in memoria (come detto in precedenza lippocampo fondamentale per il
trasferimento delle informazioni dalla memoria a breve a quella a pi lungo termine).
Infine anche lamigdala fa parte del sistema limbico, e la sua rimozione provoca un complesso di modificazioni del
comportamento, che va sotto il nome di sindrome di Kluver-Bucy. Il quadro comprende: esagerata tendenza alla
esplorazione orale degli oggetti, assenza di paura, diminuzione dellaggressivit, docilit, modificazioni delle abitudini
alimentari, talora cecit psichica e spesso esagerazione dellimpulso sessuale.
Nel complesso lamigdala sembra essere un centro di controllo del comportamento che opera a livello semi-inconscio.
Sembra, inoltre, che per suo tramite lo stato attuale del soggetto, in relazione allambiente circostante ed alla sfera
psichica, venga proiettato allinterno del sistema limbico. Si ritiene che in base a queste informazioni lamigdala
concorra a configurare la risposta comportamentale del soggetto, in modo che questa risulti adeguata alle diverse
circostanze.

STATI DI ATTIVITA CEREBRALE

MODULAZIONE DEL SNC DA PARTE DELLA SOSTANZA RETICOLARE
La sostanza reticolare importante nella modulazione delle sensazioni e il suo ruolo diverso in base al
neurotrasmettitore utilizzato dai vari gruppi neuronali che la compongono. Il pi importante di questi gruppi il gruppo
aminico che utilizza neurotrasmettitori monoaminergici (noradrenalina, adrenalina, serotonina, acetilcolina, istamina,
dopamina).
Il sistema noradrenergico origina dal locus coeruleus e manda i propri assoni diffusamente a tutto il SNC: implicato
nei meccanismi di fuga.
Il sistema serotoninergico trae origine dai nuclei del rafe che si estendono dal ponte al bulbo. Questo sistema manda una
proiezione diffusa su encefalo e midollo spinale ed importante nello stato motivazionale delle persone e nel ritmo
sonno-veglia. Le vie serotoninergiche operano anche unazione di controllo, a livello dei corni posteriori del midollo,
sul passaggio del dolore: lattivazione dei nuclei del rafe abbassa la soglia del dolore..
Il sistema acetilcolinergico, anchesso originante dal locus coeruleus, proietta fibre implicate nello stato di attivazione
corticale sia nel sonno che nella veglia. Anchesso inoltre esercita un azione di controllo delle afferenze dolorifiche. La
nicotina agisce attivando i recettori nicotinici per lacetilcolina determinando una sensazione di rilassatezza nonch una
ridotta sensibilit al dolore.
Oltre a queste sostanze nel nostro cervello si liberano dei peptidi, i neuromodulatori, che hanno un azione pi
prolungata. Essi sono di diverse classi e una di queste ha unazione simile alla morfina: si tratta degli oppiodi endogeni.
Gli oppiodi endogeni sono le endorfine (liberate dallipotalamo), le encefaline e le dimorfine.
La sostanza grigia periacqueduttale pu anchessa inibire i segnali dolorosi probabilmente regolando le proiezioni
serotoninergiche forse proprio liberando oppiodi endogeni.
La sostanza reticolare mesencefalica ha unaltra importante funzione: neuroni soprattutto colinergici inviano assoni
verso il talamo aspecifico e verso la corteccia in particolar modo prefrontale. Linterruzione di questo sistema porta al
coma: si tratta perci di un sistema di sostegno allattivit cerebrale.

IL SONNO
Il sonno viene definito come uno stato di incoscienza, da cui il soggetto pu essere risvegliato con adeguati stimoli
sensoriali o di altro tipo. Esso va distinto dal coma, che rappresenta uno stato di incoscienza in cui il soggetto del tutto
insensibile agli stimoli che provocano il risveglio dal sonno.
Durante la notte nel soggetto che dorme si alternano due diversi tipi di sonno: il sonno ad onde lente, cos chiamato
perch caratterizzato da onde elettroencefalografiche di lunga durata, ed il sonno REM durante il quale i bulbi oculari
presentano movimenti rapidi, nonostante il soggetto continui a dormire.
La maggior parte del sonno notturno del tipo ad onde lente ed questo il sonno profondo e riposante. Episodi di tipo
REM si ripetono periodicamente, di solito ogni 90 minuti circa, per un tempo complessivo che nel giovane corrisponde
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a circa il 25% della durata totale del sonno. Esso si accompagna ad una diminuzione del tono vasale periferico ed alla
depressione di molte altre funzioni vegetative dellorganismo.
Lentrata del sonno REM sembra dipendere da un nucleo pontino da cui dipendono anche gli attributi del sonno REM,
come i movimenti oculari.
Il sonno REM non riposante come quello ad onde lente e difatti se un soggetto si addormenta molto stanco gli episodi
REM sono assai brevi o possono anche mancare del tutto. Tuttavia, a mano a mano che il soggetto si va riposando nel
corso della notte, la durata di tali episodi aumenta.
Una deprivazione di sonno REM porta ad un deficit di sonno REM, cos come la veglia prolungata porta ad un deficit di
sonno in senso stretto.
Il sonno REM presenta diversi elementi caratteristici:
1. di solito associato a vivace attivit onirica;
2. il risveglio causato da stimoli sensoriali pi difficile, tuttavia il risveglio del mattino avviene di solito durante un
periodo REM;
3. il tono della muscolatura scheletrica fortemente depresso;
4. la frequenza cardiaca e quella respiratoria si fanno di solito irregolari, il che caratteristico dello stato onirico;
5. malgrado la forte inibizione della muscolatura compaiono alcuni movimenti irregolari ed in particolare scosse
rapide a carico dei bulbi oculari;
6. nel corso del sonno REM, il cervello in stato di elevata attivit per cui questo tipo di sonno spesso chiamato
sonno paradosso, in quanto appare paradossale che un soggetto possa dormire profondamente nonostante il suo
cervello dimostri un notevole grado di attivit.
E opinione largamente condivisa che il sonno sia dovuto ad un processo di inibizione attiva. Larea pi importante tra
quelle la cui stimolazione evoca un sonno pressoch uguale a quello naturale il nucleo reticolare del talamo, costituito
da un sottile strato di cellule che avvolgono il talamo e che sono in connessione con tutti i nuclei, ad esempio quelli
talamici di ritrasmissione. Lattivazione del nucleo reticolare determina una scarica di raffiche di impulsi che
determinano vari effetti che provocano il sonno, tra cui il blocco dei nuclei talamici di ritrasmissione, impedendo cos
lafferenza dei segnali durante il sonno.
Sul nucleo reticolare va ad agire il sistema monoaminergico reticolare: se esso attivo depolarizza le cellule del nucleo
reticolare che, rimanendo sotto la soglia di attivazione, smettono di sparare raffiche di impulsi. Se invece il sistema non
attivo esse si iperpolarizzano, aumenta la conduttanza per il calcio e si assiste ad una depolarizzazione che fa superare
la soglia seguita da una successiva iperpolarizzazione, di nuovo da una depolarizzazione e cos via: si assiste insomma
ad una scarica di raffiche di impulsi.
Oltre a ci si rilevato che una veglia prolungata determina nel liquor, nel sangue e nellurina di un animale laumento
della concentrazione di sostanze che, se iniettate nei ventricoli cerebrali di un altro animale da esperimento, provocano
il sonno. Queste sostanze quindi probabilmente concorrono nellinduzione del sonno.
La mancanza dellalternanza delle condizioni di sonno e di veglia a qualunque livello del nevrasse al di sotto
dellencefalo non responsabile di danni significativi a carico di organi o di funzioni ma la mancanza di sonno ha
invece importanti effetti sul funzionamento del sistema nervoso centrale.
Infatti una veglia troppo prolungata si associa spesso a progressiva diminuzione dellefficacia mentale e pu anche
provocare reazioni comportamentali abnormi. Non si sa esattamente perch ci avvenga ma si pu ritenere che il sonno
ripristini i livelli fisiologici di attivit ed il normale equilibrio tra le diverse parti del SNC (simile ad una sorta di reset
che si attua sui computer i quali, dopo un lungo periodo di utilizzazione, perdono di efficienza).

LELETTROENCEFALOGRAMMA

Registrando direttamente dalla superficie della corteccia cerebrale oppure dalla superficie esterna del cranio, possibile
mettere in evidenza unattivit elettrica continua. Lintensit ed i
pattern di tale attivit sono in gran parte determinati dal livello
generale di eccitazione cerebrale, il quale a sua volta dipende
dallo stato di veglia e di sonno.
In base alle caratteristiche delle onde si distinguono:
Onde alfa: si succedono in modo ritmico con una frequenza
di 8-13 Hz e si riscontrano nellEEG di quasi tutti i soggetti
adulti svegli ma in stato di quiete e di riposo mentale.
Durante il sonno il ritmo alfa scompare del tutto.
Onde beta: quando lattenzione di un soggetto sveglio viene
rivolta verso una specifica attivit mentale, il ritmo alfa viene
sostituito da onde beta. Esse hanno una frequenza uguale o
superiore ai 14 Hz ma hanno un minor voltaggio rispetto alle
alfa.
Onde teta: hanno una frequenza di 4-7 Hz. Si rilevano
specialmente nel bambino ma possono comparire anche nelladulto durante tensioni emotive, particolarmente in
caso di grave frustrazione.
Onde delta: comprendono tutte le onde EEG di frequenza inferiore ai 3,5 Hz e si manifestano specialmente nel
sonno profondo.
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E necessario che molte migliaia di neuroni scarichino in modo sincrono perch i loro potenziali possano sommarsi ed
do gli occhi sono chiusi lattivit elettrica sincrona di molti neuroni
corticali d origine alle onde alfa. Allapertura degli occhi per, pur
aumentando notevolemente lattivit cerebrale, la sincronizzazione dei
segnali diminuisce a tal punto che le onde EEG tendono ad annullarsi
a vicenda dando luogo ad oscillazioni di bassa ampiezza e di
frequenza pi elevata ma irregolare, dette onde beta.
Il sonno ad onde lente comprende quattr
essere captati attraverso la calotta cranica. Quan
o stadi. Durante il primo
gistra un tipico tracciato beta tanto
stadio, in cui il sonno molto leggero, il voltaggio delle onde EEG si
riduce notevolmente ed il ritmo appare periodicamente interrotto da
brevi sequenze di onde alfa, raggruppate in complessi a forma di fuso
(fusi del sonno). Negli stadi 2,3 o 4 del sonno ad onde lente la
frequenza delle onde va progressivamente riducendosi fino a
stabilizzarsi in un tipico ritmo teta.
Durante il sonno REM, invece, si re
che difficile trovare differenze significative tra questo tipo di
tracciato e quello di un soggetto sveglio e vigile.

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