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Sisca Observer, Anno 7, Numero 2, Dicembre 2003

GATTI SENZA PARADISO


ANNA MANNUCCI(*)
Filosofa e gattara

Obiettivi
In questo articolo si racconta, in modo volutamente molto soggettivo, lesperienza delleutanasia dei gatti vista dalla parte della cliente, di chi porta gli animali dal veterinario. Si tratta per di molte esperienze, ripetute nel corso degli anni, e rielaborate, nel tentativo di connettere e dare senso a vari aspetti, emozionali, relazionali, affettivi, forse anche spirituali.

(..) Perch lesito uno Figli duomo o di bestie Muoiono In tutti lo stesso soffio E se sia luomo Pi della bestia Niente Perch svapora tutto A un identico luogo vanno tutti La polvere li ributta La polvere li riaccoglie Chi sa se va in su Il soffio dei figli duomo Chi sa se in gi precipiti Lanima della bestia Sulla terra? Dal Qohlet (Antico Testamento), traduzione di Guido Ceronetti, Adelphi 2001

Per Dindi, gatto dellasilo Han forse i morti mici un loro paradiso dove con lieto viso riposano felici. Gli angeli del Signore glinargentano il pelo con le stelle del cielo per dare loro onore. Vanno tra i firmamenti con cherubiche ali come alberi di Natale nevicosi e lucenti. Sembra una favoletta scritta nel sillabario dove un bestiame vario i bimbi al varco aspetta. E invece un pensiero di uomini gi fatti che nel dolor dei gatti vedono un gran mistero. Il mistero del mondo dove ogni bella cosa ha una sorte invidiosa e un compenso profondo. Dindi, piccola spoglia preda di immensa morte chi ti aprir le porte dove il Lete gorgoglia? Addio! Cos leggero non ti bisogna lobolo, e forse a un morto pargolo ti doner il nocchiero Poesia di Paolo De Benedetti (in Nonsense e altro, Scheiwiller, Milano 2002)

Il gatto.

(*) Anna Mannucci giornalista, scrittrice, si occupa da molto tempo del rapporto tra gli esseri umani, in particolare le donne, e gli animali. Si laureata in filosofia allUniversit Statale di Milano con una tesi sul pensiero animalista in Italia nei primi sei decenni del 900, stata per tre anni professore a contratto per un corso su Ecologia della domesticazione (corso di laurea in scienze ambientali, universit di Milano Bicocca); ha collaborato al corso di filosofia del diritto della facolt di Giurisprudenza, Universit Cattolica di Piacenza.

Gatti senza paradiso

Lanima.

Nel 1981 ho portato tre gattini trovatelli - che avrei tenuto e cercato di sistemare - da un famoso veterinario di Milano. La loro et era di circa 50 giorni, erano vitali e allegri, privi di scoli oculari, rinite e simili, uno era particolarmente bello, tigrato scuro con il pelo semilungo, per avevano una chiazzetta di alopecia sulla fronte. Era tigna. Il veterinario mi disse che era incurabile e li soppresse con una iniezione di Tanax nel cuore, senza nessuna sedazione. Ricordo ancora lurlo dei gattini. Non so se questa si possa chiamare eutanasia, che significa buona morte. Da allora ho sempre avuto in casa pi di un gatto e il rapporto che si ha con un gatto unico o con pi gatti qualitativamente diverso, non solo questione di quantit. Da allora mi occupo di gatti, senza essere di nessuna associazione, praticamente (li accolgo, li porto dai veterinari, li curo, li colloco o li rimetto in colonia e cos via) e teoreticamente (scrivo articoli e libri). In questa attivit mi anche capitato di portare parecchi gatti a morire, miei e di altre persone, randagi conosciuti o anche sconosciuti, per esempio trovati investiti. Non ho mai portato cani o altri animali. Leutanasia di un animale comporta problemi diversi, medici, morali, affettivi, economici, emotivi, per esaminarli tutti in modo approfondito servirebbe lo spazio di unenciclopedia. Laspetto cruciale di questa decisione, sempre difficile e angosciante, capire con chiarezza che cosa meglio per lanimale, in un momento in cui la chiarezza poca. Sullanimale si scatenano infatti fantasie e proiezioni psicologiche non sempre gestibili. Per esempio, lanimale pu diventare una parte di s o il capro

espiatorio della propria distruttivit. Non so se sia compito del veterinario aiutare il proprietario in questa gestione emotiva, forse egli dovrebbe solo accettare che esiste tutta questa parte non scientifica nella relazione tra lui, lanimale e il proprietario. Molto veterinari ancora non si rendono conto di tutto ci o lo rifiutano, considerando gli aspetti non strettamente medico-tecnici qualcosa di spurio1. Per gli esseri umani leutanasia non esiste, ed questo forse uno dei rarissimi casi in cui la situazione degli animali migliore della nostra, ma quando arriva la morte non il medico che si occupa degli aspetti psicologici e spirituali del dolore dei sopravvissuti, semmai il sacerdote o il rabbino, comunque un religioso, e/o la famiglia, in rari casi gli amici. Tornando agli animali, spesso non evidente senza alcun dubbio che il gatto ha finito la sua vita oppure che la sua sofferenza intollerabile (oltretutto, pochissimo che in Italia ci si preoccupa del dolore degli animali e della sua gestione). Il proprietario si chiede: lo sopprimo perch lui non tollera pi la situazione o perch io non tollero pi la situazione? E questo pu succedere per motivi diversi, perch io soffro troppo ma anche perch non ho pi il tempo e/o lenergia per curarlo. Laccudimento dellanimale pu infatti entrare in conflitto, per motivi pratici o emotivi, con il lavoro o altri impegni. Tra laltro, in orario di lavoro, non sono previsti permessi per andare dal veterinario. Nella scelta delleutanasia, i dati tecnici (come let, i parametri del sangue, la funzionalit renale ecc) aiutano ma non del tutto. Un esempio di questa situazione di incertezza pu essere quella di un gatto in discrete condizioni di salute ma Felv positivo. La scelta delleutanasia mette in gioco importanti valori e concezioni personali, come il significato della vita e della morte, e non soltanto degli animali. Inoltre, pu succedere di accorgersi di provare sentimenti poco accettabili, di cui ci si vergogna. Per esempio ci si rende conto di fare una gerarchia affettiva tra i propri gatti, di avere delle preferenze, di sentire in modo diverso il peso della morte a seconda di quale animale colpisce. Oppure ci si accorge che pi facile accettare la soppressione di un gatto malato che ha comportamenti fastidiosi, tipico leliminazione inappropriata. Un altro enorme problema leutanasia - che sarebbe pi corretto definire soppressione eutanasica, ma per il proprietario la giusta definizione non cambia la sostanza della cosa - di animali sani ma che hanno disturbi comportamentali (che talvolta sono causati dal comportamento inappropriato del proprietario). A questi e altri motivi psicologici si associano quelli economici. Se la cura troppo costosa - e quel troppo diverso da persona a persona - si sceglie leutanasia. Sembra un comportamento squallido, ma reale e razionale. Credo invece sia immorale non far fare leutanasia nascondendosi dietro la propria sensibilit. Ci sono proprietari che non fanno sopprimere il proprio animale perch non se la sentono di affrontare questa scelta e co-

1 Su questo, mi permetto di citare il mio articolo Nellambulatorio veterinario, un rapporto a tre, in Quaderni di bioetica, numero dedicato a Bioetica e professione medico-veterinaria, maggio 1999.

Sisca Observer, Anno 7, Numero 1, Giugno 2003

s lo lasciano soffrire e agonizzare, sentendosi per buoni. Oppure si giustificano con la retorica del lasciar fare alla natura. Ci sono anche quelli che non fanno fare leutanasia semplicemente perch costa troppo (e leutanasia con lo smaltimento del cadavere davvero costosa, ci sono persone che si fanno consegnare il corpo dal veterinario dicendo che lo seppelliscono in campagna e poi se ne sbarazzano pur di risparmiare almeno qualcosa). Anche quando la scelta delleutanasia certa, indubitabile dal punto di vista medico, comunque una grande sofferenza. C la perdita dellanimale, del suo affetto, della sua personalit, diversa da quella degli altri. Subentrano sensi di colpa, pi o meno giustificati, per non essere stati bravi padroni, per non averlo curato abbastanza, per averlo sgridato troppo, per non avergli concesso qualche capriccio e cos via. Si ha inoltre la sensazione tremenda del tempo che passa, dellinevitabilt della morte propria e per tutti. Per certi aspetti, inoltre, la morte dellanimale pi drammatica di quella degli esseri umani. Noi infatti abbiamo qualcosa che rimane, in termini religiosi lanima, in termini pi laici le opere che abbiamo fatto, i ricordi che gli altri avranno di noi, il segno, buono o cattivo, che abbiamo lasciato sul mondo. Lanimale muore e basta, finito, il nulla, questo tragico e disperante. Qualcuno crede nella possibilit di reincontrare i nostri animali daffezione nel Paradiso, ma unipotesi piuttosto difficile da accettare. Per la morte dellanimale inoltre non c la possibilit di elaborare il lutto, cosa che richiede un contesto sociale. Non sto parlando dei cimiteri per pets, che mi sembrano anzi fastidiosi e inutili, ma della scarsa considerazione riservata a queste morti. Ricordo che ai bambini con le unghie sporche, listate di nero, si diceva: Ti forse morto il gatto?, un modo di dire che esprimeva la totale irrilevanza della morte del gatto. Appena un po pi significativa la morte del cane, celebrata gi nellOdissea e in qualche opera letteraria (per esempio, nel romanzo Linsostenibile leggerezza dellessere, di Milan Kundera). Il proprietario di gatti, anzi, ex-proprietario, che soffre, lo fa quasi sempre nella solitudine, nella incomprensione sociale, talvolta nel disprezzo da parte degli altri. Anche in questo la percezione della morte dellanimale molto diversa da quella di un umano, dove comunque chi sopravvive circondato dalla comprensione sociale, da riti religiosi o civili, da unantica elaborazione collettiva, funerali, discorsi, condoglianze, riflessioni in saggi, film, romanzi e poesie3. Mi accorgo che sto parlando di morte pi che di eutanasia, ma per un padrone cosciente le due cose si equivalgono, difficilmente un gatto accudito muore senza eutanasia, a meno che vada sotto una macchina o cada dal settimo piano.

Il cimitero.

Per esempio, tutti gi da ragazzi abbiamo letto Dei sepolcri, di Ugo Foscolo.

Quale pu essere il ruolo del veterinario in tutto ci? Non credo sia possibile affibbiargli limpossibile compito di capire il proprietario. Certo gli si pu chiedere di usare un anestetico prima del Tanax e di non tormentare lanimale per trovargli la vena. A parte questi dati tecnico-medici, sono possibili comportamenti diversi. Conosco una veterinaria che non vuole che si parli di uccisione, di eutanasia, davanti allanimale, perch egli capisce, se non le parole, il senso di cosa sta succedendo. Ci sono veterinari che sbattono senza alcuna gentilezza il gatto sul tavolo di metallo, igienico ma cos freddo e sgradevole, e parlano ad alta voce, e fanno rumore, tanto ormai deve morire. E c chi ha modi gentili e rispettosi anche in questa ultima operazione. C chi accetta, anche senza molte parole, la reazione emotiva, magari anche il pianto, del proprietario. C il veterinario che invece considera una stupida debolezza questa reazione. Cominciare a parlarne mi sembra gi una buona cosa. Credo inoltre che bisognerebbe discutere anche delluccisione dei non pets, degli animali da reddito, dei milioni di bovini, maiali, polli, sterminati per motivi alimentari o sanitari. Esiste per loro qualcosa che assomiglia, anche vagamente, a una buona morte?

3 Cercando sul web, con Google, pet loss, si trovano 49.500 pagine. Cercando morte dellanimale domestico, due pagine giuridiche. Con morte del gatto si trovano volgarit e siti non pertinenti (riguardano un problema di fisica quantistica).

Parole Chiave
Anima - dolore - eutanasia - gatto/gatti - lutto - morte pet - pianto - relazione - riti - solitudine.

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