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ANONIMO

DIFESA PERSONALE
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Perch studiare delle tecniche di difesa personale? Che cos' la difesa personale? Cosa significa avere un atteggiamento di allerta, ma senza cadere nella paranoia pura? Prima di rispondere a queste ed altre domande voglio iniziare questa sezione con due episodi che verranno analizzati per introdurre alcuni dei concetti che sono alla base della difesa personale. Questa sezione sar propedeutica per conoscere discipline scientifiche applicate alla difesa personale come lo Screening. Gli episodi che seguono sono realmente accaduti e, per mantenere al massimo il realismo della narrazione tutti i dialoghi sono riportati senza eccessive censure di vocabolario. Chi pu essere disturbato da parole e/o concetti volgari ed osceni avvertito. :-)

Nonostante tutto sono una persona alquanto abitudinaria. Infatti da pi di dieci anni che mi servo sempre dallo stesso edicolante. E' un rito che si ripete almeno una volta ogni tre settimane, e alla fine quasi ci manca, quando per qualche motivo non possiamo farlo con quella cadenza. L'edicola non proprio nel centro della citt, ma giusto all'angolo di un ponte che serve un'arteria fondamentale di essa. L'edicola sempre molto frequentata, nonostante quel che afferma il mio edicolante, penso proprio che faccia i soldi a palate... :-) Ecco che vuoi per la posizione trafficata, vuoi per la predisposizione alla "chiacchera veloce" del mio edicolante, questa edicola ha sempre qualche personaggio che si sofferma a parlare, un po' come una specie di bar all'aperto. Ci puoi trovare davvero di tutto, dal pensionato frustrato al disoccupato che cerca sostegno psicologico. In una mattina primaverile sono in bicicletta per prendere il mio solito pacco di riviste e mentre mi fermo noto il solito tran-tran di gente davanti all'edicola: ancora una volta dovr fare un po' di fila... Capita. Chiudo la bici e mi dirigo verso il piazzaletto dell'edicola. C' qualcosa di diverso. Noto immediatamente un tizio con gli occhiali a specchio, vestito normalmente che fuma in maniera spasmodica una sigaretta: la porta alla bocca e la "succhia" come se il tizio in questione fosse immerso in un'atmosfera venefica e la sigaretta fosse la sua unica fonte di ossigeno per sopravvivere. Cammina avanti indietro nervosamente, e la mano sinistra che non regge la sigaretta si contrae in spasmi rapidi. Ogni tanto, tra una tirata e l'altra, lo vedo parlare da solo, oppure rivolto al passante/cliente dell'edicola di turno. Avvicinandomi incomincio a sentire quel che va dicendo: "A me... Non mi tratta cos nessuno... Capito!?" Tirata di sigaretta e sguardo degli occhiali a specchio perso chiss dove. "A me... Zitto, non me lo dice nessuno, non un parmigiano di merda, non lui... Poi il terrone sarei, io? Eh?" E da un buffetto sulla spalla ad una signora anziana che passava di l per prendere il quotidiano; la signora in questione non lo degna di uno sguardo, ma il passo veloce con cui si allontana eloquente. Mi avvicino per arrivare alla facciata dell'edicola, ed il tipo proprio l. "Io, lo ammazzo di botte, non me ne frega un cazzo... Io lo uccido... A me non tratta nessuno cos, polentone del minchia..." Sono davanti all'edicola e tre persone fanno la fila, tutte anziane. Il mio sguardo piuttosto interrogativo incontra le lenti a specchio del tipo. E' sulla quarantina, baffetti alla Hitler, abbronzato e di corporatura media, stando al cappotto in pelle di che ha. Mi aggancia. "Sai che cazzo mi hanno fatto" tirone della sigaretta, ormai alla fine "Sai che cazzo mi hanno fatto sul ponte?" Non rispondo, ma faccio di tutto per non sorridere: ho gi inquadrato la situazione. "Ero sullo scooter, al semaforo, c' la fila di auto, io passo davanti ad uno in macchina... Tanto c' rosso..." E si guarda attorno nervosamente, saltella quasi, carico di adrenalina come una bomba. "E mi suona! Mi suona! Mi volto per dirgli qualcosa e lui mi fa' zitto!!!" e mima con

l'indica sinistro il gesto eloquente di fare silenzio portandolo di scatto alla bocca. "...E mi dice terrone quando mi passa davanti quando il semaforo verde... E lui di Parma, sicuro che di Parma!" Si guarda attorno a scatti come per trovare la forza per contenere i visceri. E' davvero di contrasto un personaggio del genere in una piazzetta tanto bella della citt con una mattinata primaverile. "Io lo ammazzavo, sicuro, se avevo pi tempo lo ammazzavo sicuro! Scendevo..." e mima il gesto di uno che mette il cavalletto allo scooter "...e lo riempivo di botte fino ad ucciderlo, chiama la Polizia se sei buono quando sei morto... Non mene frega niente se due metri, ho steso gente pi grossa... Io..." E si porta la mano al petto piegandosi con il viso verso il mio. Io sono sempre con uno sguardo mezzo interrogativo mezzo neutrale. "Per strada non si fa cos, io potrei essere cintura nera, ed ucciderlo subito, non sai mai chi ti trovi di fronte per strada. Voi parmigiani siete dei pezzi di merda. Noi meridionali per siamo pi cattivi" e continua ad indicare con l'indice la gente sui marciapiedi. Sigaretta finita, la butta per terra. "Non il caso di farsi il sangue amaro per una cosa del genere, sii superiore e non pensarci pi". Ho sempre il brutto vizio di essere estremamente conciliante con tutti e con tutti, ma in questo caso non era assolutamente il caso di andarsi ad impelagare in discorsi relativi alla relazione che passa tra grado di cultura civica e comune italiano di nascita. Per inciso, per me non esistono i terroni, i magrebini e zingari vari: per esistono solo chi PENSA prima di fare e chi NON PENSA prima di fare qualcosa. I coglioni sono dappertutto, nessuna razza, cultura, credenza religiosa ne immune. Il tipo mi riprende subito dalla mia frase "Ma io sooooono superiore, io sono buono e pacifico, ma non mi devono far girare coglioni, altrimenti sono buono scendere e uccidere a pugni..." Fortuna che eri buono e pacifico... "...Ma a me, i parmigiani non mi devono zittire, hai capito?". Intanto i clienti della edicola davanti a me si voltavano quasi terrorizzati dallo spettacolo offerto dal tipo. Il mio edicolante dentro alla sua finestrella era alquanto taciturno oggi. Peccato, questo fesso ha rovinato il rapporto sereno che di solito regna in questa edicola. Per me non ha senso lasciare le cose a met, quindi continuo, e mi diverto sempre come un matto in queste situazioni, quando non sfuggono di mano, ovviamente...;-) "Perch arrabbiarsi? Ha torto quello del semaforo, perch rovinarsi una giornata cos?" Il tipo mi guarda come se fossi un marziano sceso sulla Terra. Ora, io non rappresento nessuna minaccia per chicchessa, almeno visivamente. Infatti non arrivo al metro e settanta di statura e vesto sempre in maniera alquanto sobria. In pi ho una parlata alquanto calma e accondiscendente. E' questo che mi ha salvato, probabilmente. "E no! Cazzo! Se uno mi f cos lo ammazzo! Hai capito, parmigiano del cazzo!!?". L'edicolante mi invita a prendere i miei giornali, che aveva gi preparato per tempo e mi saluta, invitandomi a non dare corda al tipo. Me lo consiglia sottovoce. Saluto e me ne vado. Per il tipo come se non avessi mai scambiato nemmeno una battuta con lui. Mentre mi allontano sento la voce garbata di un signore sulla sessantina che gli dice "Ma una cos bella giornata, perch rovinarsela?" di tutta risposta il tipo lo invita ad andare a prostituirsi per pochi soldi.

Un mio carissimo amico, che chiameremo Roberto, lavora in una ditta di spedizioni via corriere. E' un lavoro pesante. Arriva alla mattina alle 8, prepara le bolle di spedizione del materiale, organizza gli itinerari dei vari padroncini e non stacca fino alla sera alle 21 quando i camion carichi di merce partono per le loro destinazioni. Non nemmeno un lavoro facile, perch gli intoppi, le sviste, i contrattempi, la sfiga, sono sempre in agguato: ma la merce deve arrivare a destinazione, altrimenti niente soldi. Sei giorni alla settimana sempre cos. Roberto una persona calma, non propriamente paziente, ma sa ormai come trattare con i camionisti, noti per non essere propriamente dei Confucio, ma si sa, il lavoro duro anche per loro e le preoccupazioni sono tante. Una delle tante sere in cui staccava alle 21, come al solito, sale in macchina con l'encefalo violentato da mille pensieri sul lavoro, ma su quei mille

uno esterno lo impegnava particolarmente: sua figlia di qualche mese aveva da due giorni la febbre altissima e sua moglie lo aveva chiamato poco prima per dirgli se era il caso di portare la piccola al Pronto Soccorso. Avendo telefonato poi al medico, questi gli consiglia un paio di farmaci, e poi, se in qualche ora non fosse scesa la febbre, di portarla all'ospedale. Con questi pensieri usc sull'incrocio che lo portava sulla statale che conduceva a casa sua... Dopo 33 Km di strada. Subito incontra il passaggio a livello che, come per ogni sera a quell'ora gi. Non ha senso evitarlo, il cavalcavia pi vicino semplicemente troppo gi di mano. Aspetta al buio, illuminato dal semaforo rosso della sbarra. Non accende nemmeno l'autoradio, come sua abitudine, pensa troppo a sua figlia. Arriva un'automobile dietro di lui che spegne i fari appena gli giunge a qualche metro. Una Golf rossa. Passano i minuti ed infine il fischio del treno che arriva da lontano si genera sulla destra. Il tizio sulla macchina dietro accende immediatamente i fari ed il motore. Se Roberto fosse un po' pi rilassato sorriderebbe: evidentemente il tipo non di queste parti, perch chi usa spesso questo passaggio a livello sa che tra il fischio udibile del treno e l'effettivo suo passaggio passano almeno 40 secondi buoni. Il tizio dietro accelera ogni tanto a vuoto, scalpita. Roberto lo guarda dal retrovisore: i fari sono accesi e non riesce a capire nulla del guidatore. Passa il treno, il solito locale da tre vagoni scarsi. Dopo qualche secondo si alzano le sbarre, piano, molto piano, come al solito cigolando. Il tizio dietro sgasa come se fosse in griglia di partenza di un Gran Premio. Roberto guarda di nuovo il retrovisore; chi cavolo questo fesso? Le sbarre sono a met, e con la Twingo, Roberto, evita di partire per evitare di cozzare l'antenna radio che ha sul tetto. BEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEPPPP! Il tipo dietro gli pianta due secondi di clacson buoni nelle orecchie e tre lampeggi di abbaglianti. E le sbarre sono a met. Scatta un interruttore dentro Roberto. Apre la portiera di scatto, esce in tutto il suo metro e novanta e fisico da ex-pallanuotista agonista e procede a passi spediti verso la portiera del conducente della macchina dietro. Ha uno sguardo che tutto un programma. Il tipo abbassa il finestrino e gli urla un "Ch cazzo fai!? Ti muovi si o no?" Roberto non dice nulla, non nota nemmeno che il tizio ha circa met della sua et e gli pianta un destro sul naso che fa volare uno spruzzo violento di sangue verso le gambe ed il volante del tipo. E senza dire nulla torna sulla Twingo e parte per andare a vedere come sta sua figlia. Qualcuno di voi potrebbe raccontare storie ben pi drammatiche di quelle sopra, ma sono ottime per discutere di alcuni concetti fondamentali. Nel primo episodio il tizio, Mister X tanto per dargli un nome, evidentemente che ha delle turbe comportamentali. Il nervosismo che dimostrava, l'ossessione nel rievocare l'episodio scatenante della sua rabbia e l'implicita voglia di sfogarla con chi non c'entra nulla (ma per lui tutti sono colpevoli di appartenenza alla stirpe che lo ha offeso) con provocazioni verbali, sono tipici di un soggetto che soffre di ansia compulsiva. E' perfettamente normale offendersi per un torto ricevuto, ma la reazione che segue che ci cataloga come psicotici violenti o come vittime auto-commiseranti a vita. Mister X ha, nella sua confusione mentale, rivelato una grandissima verit: NON SAI MAI CON CHI HAI A CHE FARE PER STRADA. Potresti davvero trovarti a discutere ed arrivare alle mani con qualcuno che sa davvero come muoversi e non ha piet a fracassarti la testa. Ad essere sincero neanche lui, Mister X, si stava rendendo contro che stava apostrofando qualcuno che gira con un Kerambit in tasca. Non sono una cintura nera di nessuna disciplina, ma temo che, giustamente da come mi stavo comportando, mi stava molto sottovalutando. Meglio cos. Quindi, un concetto fondamentale: bisogna essere sempre gentili e civili con tutti per strada, non perch lo richiede il buonsenso, ma perch potresti avere a che fare con un pazzo furioso, armato e che del rispetto degli altri se ne fa un baffo, oppure, come abbiamo visto nel secondo episodio, potremmo abusare della pazienza (limitata) di una persona a cui caduto il mondo addosso poco prima, e che quindi non vede l'ora di sfogarsi con ferocia con chicchessia.

Perch l'autodifesa? La regola numero uno per evitare qualsiasi colluttazione, problema, diverbio violento : FATTI I GLI AFFARI TUOI, E SII CORTESE, SEMPRE. Dovrebbero scriverla in cielo in 120 lingue e il mondo sarebbe un posto migliore. Purtroppo per, anche per chi segue questa regola aurea, non sempre dato evitare i guai. Se vi capita lo squilibrato, il delinquente, lo strafottente del volante che se non guida come Schumacher dappertutto e non tollera chi gli sbarra la strada, ecco che una colluttazione, o perlomeno un diverbio a forte componente degenerativa pu capitarvi. E' ancora viva nella mia mente l'immagine di un giovanotto in piedi a lato del finestrino dell'autista di un'auto ad un semaforo rosso che sbatte pugni e calci contro la portiera di questa. Il vecchietto all'interno chiuso dentro con la sicura (grande idea, il tipo con la Golf rossa poteva pensarci, no?) atterrito. Perch tanta violenza da parte del giovane? Il vecchietto era reo di aver tenuto la velocit cos bassa all'approssimarsi dell'incrocio da far "scappare" il verde al giovane dietro di lui. Quale ingiustizia per cui vale la pena lanciarsi eroicamente a distruggere l'auto altrui. Quindi siamo tutti potenziali vittime di qualche "testa calda", finche viviamo immersi nel tessuto sociale attuale. Certo, agli eremiti non succedono certe cose! Situazioni di aggressioni vere e proprie a parte, ecco che una branca della psicologia applicata al comportamento umano ci viene incontro per riconoscere e catalogare i Mister X di turno, e per insegnarci a comportarci di conseguenza. Tale disciplina si chiama Screening. [vedi approfondimento in seguito] ARTI MARZIALI E DIFESA PERSONALE EFFICACE Riflessioni che scaturiscono quando si parla di difesa personale con Maestri che hanno pi 30 anni di pratica marziale Frequentare un corso di Arti Marziali pu concretamente aiutarci a cavarcela in una situazione di difesa personale? La risposta pu essere lunga quattordici pagine oppure risolversi con una frase. Personalmente preferisco il secondo approccio: dipende dalla persona. Anche le Arti Marziali sono soggette a mutamenti di pensiero, di diversi approcci ad essa a seconda della generazione di Maestri che le tramanda, da piccole/grandi rivoluzioni di concepirle, insomma, sono soggette alla "moda". Negli anni 70 si pensava che chi frequentasse un corso di arti marziali (che se era in Italia era inevitabilmente il Judo) fosse una specie di supereroe invulnerabile e un po pazzo. Negli anni ottanta si sono diffuse altre discipline giapponesi comprendendo fasce di popolazione pi eterogenee e anche le donne; negli anni 90 c stato il boom delle Arti Marziali provenienti da tutti i paesi, limportante che non fossero le "rigide e troppo schematiche giapponesi". In questo evolversi del "mercato" delle Arti Marziali cosa cambiato nel concepire la difesa personale? Faccio molta fatica a credere a qualsiasi persona che mi dice daver iniziato a praticare unarte marziale per "tenersi in forma, per scoprire me stesso, per aumentare la mia disciplina". Se non si sta parlando del Tai Chi Chuan, chi inizia ad avvicinarsi ad una palestra per chiedere quanto costa un corso di Karate perch vuole imparare a difendersi (che diverso dal voler imparare a menar le mani, sia chiaro). Bene, quindi la difesa personale sembra essere la molla che fa scattare linteressa di un individuo verso le Arti Marziali. Se durante la pratica di essa, se non smette dopo i classici tre mesi, lindividuo capisce che sta imparando qualcosa di pi che cercare di parare dei pugni urlando o tirando calci a scatti, cio la famosa Disciplina, la Consapevolezza del S e la famosa forma fisica ideale, tanto meglio. Torniamo al discorso della difesa personale. I pionieri delle Arti Marziali in Italia si sentivano invincibili. Stavano imparando "la scienza del

fare a botte" importando tecniche quasi "aliene" elaborate in un lontano passato burrascoso di una nazione che si trova dallaltra parte del mondo E in effetti qualche risultato lo hanno ottenuto nei primi anni 60, quando erano giovani e pieni di testosterone gli attuali 4 5 Dan di Judo, Ju Jitsu e Karate che ora guidano il settore tecnico e la tradizione delle rispettive discipline. Ogni occasione era buona per "testare sul campo" le tecniche appena apprese. Negli anni 70 si diffondono sempre di pi le Arti Marziali giapponesi in Italia e la dominano per ventanni circa, creando a ruota libero stuole di cinture nere/istruttori che apriranno svariate palestre in tutte le citt. Nominatemi un aggregato urbano degno di questo nome, abitato da essere umani, che non abbia la sua palestrina dove si faccia il suo bravo corso di Karate/Judo/Aikido. In questo periodo doro la parola dordine era: pratica seriamente unArte Marziale e avrai la grande responsabilit di essere in grado di uccidere una persona a mani nude. Questo sentimento traspare bene da una pubblicit che visto riportata su di un noto settimanale di attualit del 1978, dove unintera pagina era dedicata al "Ju Jitsu, lArte Mortale dei Samurai. Impara anche tu a diventare invulnerabile. Fatti Rispettare" e altre amenit al testosterone del genere. Era la pubblicit di un libro sul Ju Jitsu. Come? Io ho fatto Ju Jitsu? Certo! Ma ero troppo piccolo nel 1978 per aver letto quella pubblicit J Negli anni ottanta i Maestri tendono ad orientare gli allievi (che entrano nel Dojo perch interessati ad imparare a difendersi, ripeto) al rispetto della Tradizione, al voler proporre come cose applicabili totalmente nella realt i Kata codificati tempo prima, ma con qualche variazione per rispondere alle esigenze pressanti di difesa personale. Ecco che in questo periodo nascono i "puramente applicabili in palestra" kata di difesa da coltello e pistola, adattandoli da kata originariamente pensati per contrastare attacchi di pugno C ancora qualcuno che tiene i suoi corsi di "difesa personale" basandosi su queste aberrazioni marziali, tecnicamente bellissime, operativamente da suicidio. Dopo dieci anni ecco alla ribalta in Italia le Arti Marziali del Sud-Est Asiatico, e sono un vero e proprio vento di rivoluzione di pensiero. Interi gruppi di praticanti di Arti Marziali giapponesi che letteralmente volano ad integrare i propri insegnamenti con queste tecniche da "pirati filippini". Io sono uno di questi. Ma la rivoluzione ancora pi straordinaria: ci sono dei Maestri/istruttori (alcuni liofilizzati, in quanto creati in meno di tre mesi distruzione, alla faccia dei 5 anni per la cintura nera 1 Dan delle discipline giapponesi J ) che affermano "che quello che state imparando potrebbe non funzionare nella realt, pu solo aiutarvi Insomma potete diventare istruttori di Kali (in tre mesi, ovvio), ma lo stesso essere pestati in discoteca". Siamo passati in ventanni dal concetto di invulnerabilit totale al fatto che forse, nonostante limpegno (e i soldi) che investiamo nel nostro corso di combattimento a corta distanza con bastone lungo, bastone corto, doppio bastone, coltello, coltello e bastone, kubotan, kerambit (che tanto dobbiamo girare sempre disarmati) Possiamo non saltarci fuori in una colluttazione contro il primo fesso che non ha MAI varcato la soglia di una scuola di Arti Marziali. Verit o trucco del mercato ("ti avevo avvertito che potevi non farcela, mio discepolo, ora smetti piangere e vai a farti ingessare")? Verit, usata spesso per come "saggezza da dare allallievo". Anzi, altri Maestri si spingono ancora pi in l! Affermano anche che "La difesa Personale non si pu insegnare davvero". Mi chiedo cosa avrebbe detto a commento di questa frase lautore del libro di Ju Jitsu del 1978. Poi le cose sono cambiate anche nel periodo di tempo necessario ad imparare a difendersi. Allora, tempo fa (i mitici anni 70-80) lallievo prima di prendere la sua agognata cintura nera impiegava anni. Ora lequivalente grado nelle discipline del Sud-Est Asiatico si ottiene in qualche lezione di poche ore ogni tot. mesi. Okay, vero che gli stage di adesso sono meno "annacquati" e dovrebbero far vedere solo le cose che interessano, ma pur sempre una bella differenza dal richiedere allaspirante allievo di essere martellato per tot. volte alla settimana, invece che ogni tanto nel corso di un anno. Anche perch se il soggetto in questione un po "dispersivo" (e di questi tizi il mondo pullula), col cavolo che si allena tot. volte alla settimana per mantenere vivi gli insegnamenti

tra uno stage e laltro, giusto? Nessun problema, spesso se paga tutta la retta puntualmente alla fine dello stage ha sempre il suo pezzettino di carta. Poi, prima discoteca, prima colluttazione e primo sangue dal naso. E prima delusione. E il sistema del Sud-est asiatico non va pi bene: inefficace. Ho estremizzato un po la cosa per far capire bene il discorso, ma non sono poi cos tanto lontano dalla verit J Le Arti Marziali, fondamentalmente cosa fanno? Educano il nostro corpo a dei movimenti e ci danno delle strategie di comportamento, giusto? Se non siamo abituati a pensare in termini di riflessi, assorbimento dei colpi, contrattacco a bersagli paganti, uso proficuo di oggetti contundenti e determinazione nel farlo, chiaro che siamo candidati per il Pronto Soccorso in caso di colluttazione. Ma prendiamo un bel ragazzone ben piantato, mettiamoci un bel po dorgoglio in testa e un pizzico anti-inibizione quando il caso di frantumare la testa a uno solo perch gli ha guardato male la ragazza. SE uno determinato pu affrontare la cintura nera di qualsiasi disciplina e massacrarla se, questultima nella sua palestra, ha perso pi tempo a pensare alla disciplina interiore e non a coltivare della sana aggressivit. Chiusa l. Parlando con un autorevole Maestro di Arti Marziali con 25 anni di esperienza e botte sul serio per strada (che fortuna!) alla domanda "Chi la persona che hai incontrato nella tua vita che definiresti <<guerriero>>?" lui risponde senza esitazione "Il marito di mia sorella, che non ha mai fatto un corso di arti marziali, ma cattivo come una bestia". Allora, adesso, il buon Maestro di Arti Marziali ai nuovi allievi dice che tutto una questione di "grinta". Magari tra dieci anni, quando si far di nuovo il giro di boa, si dir di nuovo che basta solo iscriversi ad un corso di Arti Marziali giapponesi per essere imbattibili. E magari si torner ad insegnare a parare le coltellate al ventre incrociando i polsi, oppure a disarmare aggressori armati di pistola automatica stringendo bene il gruppo canna/carrello facendo una bella leva al polso Perch? Perch diranno: "Quelle tecniche filippine che insegnavano tot anni fa erano poco realistiche, infatti chi le applicava sul serio prendeva sempre delle botte". Allora, sempre colpa della tecnica della tal Arte MArziale O di chi le applica? J I colori della consapevolezza Quello di cui sto per parlare il famoso Uovo di Colombo cotto nella ancora pi famosa acqua calda appena scoperta. Si tratta di concetti elementari, alla portata di tutti, e decisamente stupidi a pensarci sopra. Ma siamo sempre l, finch tutte le cose sono ovvie, dopo che ci si arrivati Largomento di questa sezione la base della Difesa Personale: la consapevolezza della situazione. Se non badiamo a ci che ci sta attorno molto probabilmente verremo sempre presi di sorpresa da eventi improvvisi e violenti quali aggressioni, oppure non siamo in grado di percepire per tempo i segnali, i dettagli, premonitori di una situazione che pu degenerare in unaggressione, tutto questo senza diventare dei paranoici che girano con gli occhi sbarrati per strada. Il solito ex-colonello dei Marines degli Stati Uniti dopo che andato in pensione, ha deciso di mettere a frutto le sue esperienze di soldato sul campo al mercato civile. Tale militare il Col. Jeff Cooper che ha aperto anni fa una scuola per poliziotti e cittadini sulle moderne tecniche di sopravvivenza urbana. La scuola la famosa "Gunsite"dellArizona e i corsi vengono definiti come "Tecniche di controllo delle crisi interpersonali a distanza ravvicinata". Un eufemismo per dire che insegna ad usare la pistola (tanto per intenderci il tizio che ha passato una vita a domandarsi se quando un tizio armato di pistola va nei gabinetti pubblici deve tenersi la pistola attaccata al cinturone oppure tenerla in mano...). Questo Col. Jeff Cooper afferma che non esiste una vera mentalit da difesa personale se non abbiamo "la

consapevolezza della situazione". Per sapere reagire da minacce esterne dobbiamo essere svegli e dobbiamo imparare ad esserlo. Il metodo insegnato diviso in quattro colori, che rappresentano quattro stadi di allerta mentale.

Condizione Bianca: Rilassati. Ignoriamo totalmente ci che ci circonda. Se siamo per strada a piedi e urtiamo qualcuno per sbaglio perch pensavamo ad altro siamo in Condizione Bianca. Se siamo in auto e facciamo il classico incidente allincrocio perch "soprappensiero" abbiamo varcato lincrocio senza dare la precedenza, siamo in Condizione Bianca. Se ci aggrediscono "dal nulla" siamo in Condizione Bianca. Molta gente muore nella Condizione Bianca. Basta pensare agli incidenti stradali. Quanta gente vediamo che al volante ma ha la testa chiss immersa in quali pensieri, ben lontani dal concentrarsi dalla guida. Condizione Bianca.

Condizione Gialla: Rilassati, ma consapevoli di dove siamo e cosa stiamo facendo. Se siamo in auto prestiamo attenzione a cosa fa lauto davanti a noi e quella dietro, agli incroci prima di partire controlliamo sempre a destra e sinistra prima di attraversarlo, al parcheggio controlliamo brevemente chi c intorno a noi prima di salire in auto. A piedi riusciamo a districarci tra la folla senza investire nessuno. Questa dovrebbe essere la perenne condizione in cui dovremmo essere quando siamo in luoghi affollati. Non affatto paranoia, semplicemente prestiamo limitatamente attenzione a ci che accade intorno a noi a breve distanza.

Condizione Arancione: Allarme specifico. Lauto di fronte a te ha inchiodato: o freni immediatamente o sterzi. Quella dietro si avvicina troppo velocemente. Un tizio sconosciuto ci sta seguendo fin dove abbiamo parcheggiato lauto. Tra la folla notate una persona sconosciuta che sta dirigendosi energicamente verso di noi, oppure una discussione sta degenerando in un alterco vero e proprio. Questa condizione quella che ci prepara ad amministrare situazioni di pericolo vero e proprio. In questa situazione stiamo valutando attivamente le opzioni di fuga.

Condizione Rossa: Attacco in corso. Scappa o combatti. Lauto di fronte a noi non ha solo inchiodato, ha messo pure la retromarcia! Il tizio che ci ha seguito fino al parcheggio estrae un coltello e ci vuole derubare, il tizio della folla un ubriaco che ci ha scelto come bersaglio preferenziale per smaltire il suo alcol, il tizio dellalterco ci ha spintonato. E praticamente impossibile passare dalla Condizione Bianca a quella Rossa istantaneamente, ma invece facile passare dalla Gialla alla Rossa senza troppi ritardi.

Questa guida cromatica allatteggiamento mentale talmente generale e flessibile che si pu applicare a qualsiasi attivit quotidiana. Se siamo ben consapevoli di ci che accade intorno a noi riduciamo drasticamente le possibilit di essere colti di sorpresa, e si sa, la sorpresa fondamentale per la riuscita di qualsiasi tipo di aggressione. Durante le varie sezioni di questo sito si far spesso riferimento a questa scala di colori. SCREENING Con il termine Screening sintende linsieme di strategie volte allo studio istantaneo del profilo psicologico di un aggressore per poter valutare nel minor tempo possibile il grado di pericolosit della situazione e le tecniche dadottare pi efficaci per neutralizzarla. Gran parte della strategia suggerita dalle tecniche di screening sono date dallesperienza e dalla raccolta e lanalisi statistica delle varie tipologie daggressione. Questa branca della scienza applicata alla psicologia suddivide le aggressioni in varie categorie: Aggressione da parte di malviventi abituali Aggressione da parte di teppisti Aggressione conseguenti a liti Aggressione da parte di soggetti in stato alterazione mentale In una situazione di diverbio che pu portare ad una reazione violenta, la differenza principale tra una persona esperta di autodifesa professionale (non di combattimento, sono due cose diverse) e una persona "normale", che questultima ceder immediatamente alla violenza in maniera istintiva, o quasi. Il professionista valuta la violenza come prima opzione, ma la tiene come ultima scelta. Se si esaminano la maggior parte delle liti che si scatenano fra due persone facile suddividere gli eventi in corso in varie fasi: Innesco Escalation Conclusione Linnesco la fase in cui il diverbio muta in una situazione che non permette ai due individui di interrompere levento in corso. Segue immediatamente lescalation, pi che altro una questione di conflitti di Ego tra i contendenti. In questa fase il professionista e/o la persona saggia riesce verbalmente a sedare la situazione e a bloccare lo sbocco alla violenza, che una conclusione pi che auspicabile, sempre. Altrimenti laltra conclusione ovviamente luso della violenza. Chi scatta per primo dei due individui colui che sente limpulso di dimostrare che "ha ragione". Deve dimostrare al proprio ego ed a eventuali persone che assistono al litigio che deve "vincere". Di solito il non-professionista cede allopzione della violenza per uno o pi dei seguenti motivi: Non ha valutato le conseguenze che la reazione violenta pu portare (fisiche e/o morali) E certo che non si ferir nello scontro E convinto che il modo migliore per impartire una "lezione" a qualcuno E in preda agli effetti di sostanze stupefacenti e/o alterazioni psichiche In compenso il professionista deve sapere riconoscere sempre per tempo i segnali premonitori di uno scontro e una volta coinvolto deve reagire nella maniera pi rapida e definitiva possibile; non tanto per applicare la logica del "vincere" e "dimostrare" qualcosa a qualcuno, ma per limitare al massimo i danni dello scontro. In generale lo screening ci

suggerisce che quando siamo in piena escalation lindividuo non professionista prima di scattare allattacco aumenta il ritmo respiratorio e ha un brivido, un tremito, pi o meno ampio su tutto il corpo, oppure limitato a degli arti. A questa categoria di segnali appartengono le persone che non abituati alla violenza, ma stanno sfogando una grande collera. Telegrafando in maniera cos vistosa le loro intenzioni, sono gli individui relativamente pi semplici da gestire. Una situazione un po pi ostica la possono creare coloro che sono abituati allopzione violenza, anche se non sono dei combattenti professionisti, in quanto hanno imparato il concetto di non "trasmettere" le proprie intenzioni, ma piuttosto, prima di attaccare, tendono ad appiattire le loro emozioni. In ogni caso la reazione chimica della adrenalina nel corpo di chi ha deciso di attaccare spesso evidente: aumento del respiro, cambiamento di colore repentino del viso, e il gi citato tremore corporeo. Lesperto sar in grado di mascherare in maniera efficace uno o pi di questi segnali in modo da sfruttare al massimo la sorpresa. La reazione di massima efficacia si ha quando, avendo interpretato correttamente il linguaggio del corpo, si riesce ad eseguire una tecnica di anticipo. Il concetto espresso nelle arti marziali giapponesi con il termine sen-no-sen. Per anticipo si intende una tecnica mirata a bloccare un arto che si carica per sferrare un attacco. Essendo in fase di caricamento il colpo non ha ancora espresso la massima forza, quindi le possibilit di immobilizzazione e di reazione sono molto alte. Un altro dettaglio da esaminare in questa fase il fatto che il non-professionista, nel suo attacco (per quanto pericoloso che sia), sicuramente dimentica di proteggere alcune parti del suo corpo. Il corpo umano si pu suddividere in quattro settori (alto dx, alto sx, basso dx, basso sx). Avendo solo due braccia possiamo coprire solo due settori alla volta. Linesperto non si preoccuper di coprirne nemmeno una in maniera efficace. Ecco che quando scatta lattacco, probabilmente si in grado, se non si riesce ad anticiparlo, almeno ad evitarlo e ad eseguire una tecnica percuotente su un settore scoperto. Queste che seguono sono situazioni di base che hanno origini e moventi diversi e che di conseguenza determinano strategie di reazione differenziate.

Aggressioni da parte di malviventi abituali Potenzialmente sono le aggressioni pi pericolose e che potrebbero necessitare la reazione pi decisa. Lindividuo in questione fa uso di tre componenti fondamentali per portare a termine il suo scopo: sorpresa, decisione, abilit. Bisogna sempre considerare la peggiore delle ipotesi tattiche nel caso che si abbia a che fare con aggressori armati (ad es. di coltello), ovvero che siano degli esperti, e che sono abituati a questo tipo di azioni. Valutare sempre se le richieste del malvivente (ad es. una rapina) siano tali da giustificare una reazione. Per esempio non il caso di rischiare delle lesioni permanenti per pochi contanti. Il pi delle volte, in caso di rapina, laggressore non cerca e rifiuta lo scontro fisico, anche se bisogna sempre pensare che sia in grado di sostenerlo. Nel caso che laggressione sia rivolta ad intaccare la nostra incolumit (ad es. uno stupro) bisogna solo aspettare il momento giusto per la reazione pi decisa e definitiva possibile. Darsi sempre alla fuga dopo uno scontro con un malvivente per cercare aiuto.

Aggressione da parte di teppisti E il caso di due o pi individui che attaccano una persona per motivi futili, pi che altro per dimostrare qualcosa. Minaccia di alta pericolosit. Un approccio verbale potrebbe essere tentato, con le stesse regole applicate alla potenziale lite con sconosciuti, ma appena si valuta che questo non ha effetto allontanarsi immediatamente e/o attirare lattenzione per aiuto. In caso di mancanza di opzioni reagire con lo scopo di ferire in maniera permanente, in quanto se il gruppo numeroso, non ci si pu permettere di perdere tempo per controllare un assalitore quando gli altri attaccano.

Aggressione conseguente a liti Si dividono in due categorie: liti tra conoscenti e tra sconosciuti. Il primo caso difficilmente si presenta. Di solito tra conoscenti (familiari ed amici) le discussioni si possono sedare dimostrando di scendere a compromessi e a dimostrare la propria volont a non voler far degenerare la situazione. E semplicemente una questione di scendere a patti con il proprio orgoglio. Nel caso di diverbi con sconosciuti la situazione di maggiore pericolosit. In questo caso, di solito, ci troviamo di fronte ad aggressioni di tipo psichico. Se laggredito si sente si sente colpito ed offeso potrebbe reagire non con coerenza. Rispondere a tono, con urla ed offese fa perdere la calma e lo fa passare immediatamente dalla parte del torto, il che giustifica leventuale reazione violenta dellaggressore. Quindi mai cedere a questi comportamenti perch: a. Non sappiamo con chi abbiamo a che fare b. Non sappiamo a priori le reali intenzioni dellinterlocutore nei nostri confronti Lunica via un dialogo che dimostri la nostra determinazione, ma non la nostra volont di ricorrere alla violenza. In questi casi non bisogna alzare la voce e non accelerare il ritmo delle parole, entrambi sintomi di debolezza che potrebbero essere sfruttati dallo sconosciuto per innescare una colluttazione. Pi passa il tempo e pi le possibilit dinnesco dello scontro diminuiscono, se la questione in gioco irrilevante. Ricordare che in questi casi violenza richiama solo violenza. Occorre possedere una precisa autocoscienza di s stessi e dei propri diritti e del concetto del rispetto di s stessi e del prossimo. Aggressione da parte di soggetti in stato di alterazione mentale Situazione di estrema pericolosit. Lindividuo soggetto allinfluenza di sostanze stupefacenti e/o alcool da considerare estremamente violento e non risponde alle tecniche di dialogo che sono state illustrate precedentemente. Inoltre la sua percezione del dolore distorta dalle sostanze che ha assunto, quindi normali tecniche di autodifesa rivolte al solo controllo dellavversario potrebbero non essere efficaci. Lunica cosa che potrebbe andare a vantaggio di chi si difende la possibile mancanza di coordinazione e di equilibrio dellaggressore, se ha molto abusato di certe sostanze. Nel caso di persone psicolabili, e quindi con il pieno

possesso delle proprie capacit motorie, bisogna sempre valutare la fuga, oppure in mancanza di altre opzioni di una difesa con tutti i mezzi possibili.

Sostanze stupefacenti ed alcool Al giorno doggi, la reperibilit e la societ rendono luso di sostanze stupefacenti molto pi semplice di anni addietro. Per questo motivo, la possibilit di doversi difendere da un aggressore sotto luso di sostanze stupefacenti, aumentata a tal punto da dover essere presa in considerazione come nozione di difesa personale. Gli stupefacenti sono sostanze di natura sintetica o naturale in grado di alterare una o pi funzioni dellorganismo umano. Gli stupefacenti possono dare o meno dipendenza fisica, questo fatto molto importante in quanto una sindrome da astinenza provoca sintomi inversi rispetto agli effetti che induce la droga usata. Questo ci permette di sfruttare la nostra conoscenza per ritorcere la suddetta crisi contro laggressore stesso. Ecco le principali classi di stupefacenti suddivise per azione. Psico-depressive (danno dipendenza fisica e psichica) Alcool etilico Sedativi (sonniferi e barbiturici maggiori e minori) Oppiacei(morfina, eroina, codeina) Narcotici sintetici(metadone, talwin, ecc) Anfetamine Cocaina

Psico-stimolanti (danno solo dipendenza psichica) Psico-alteranti o Dislettici o Allucinogeni (danno dipendenza psichica)

LSD Mescalina Psilocibina Derivati dalla canapa indiana (marijuana o hashish)

Possiamo ora esaminare i vari tipi di Sostanze Stupefacenti per conoscerne gli effetti psichici e caratteristiche fondamentali. Morfina: provoca sul sistema nervoso centrale, effetti di analgesia, torpore mentale, ottundimento delle sensazioni dolorose, depressione del riflesso della tosse , depressione dei centri respiratori, vomito, vasodilatazione periferica da liberazione distamina. Gli effetti psichici sono invece, benessere diffuso, senso di tranquillit ed euforia , vivace flusso delle

idee, stato di torpore e di sonnolenza. Se assunta in vena provoca un accentuato effetto flash con perdita di realt. Eroina: dopo lassunzione, che avviene per via endovenosa, intramuscolare o inalatoria, ha un effetto che perdura per 4-6 ore. La sua potenza analgesica tripla della morfina, provoca quindi stati di euforia, ideazione fluida, la realt esterna vissuta con distacco emotivo e attenuazione delle sensazioni dolorose. E quindi da tenere in forte considerazione per quanto riguarda la metodologia di comportamento e di difesa, in quanto una semplice percussione dolorosa non potrebbe dare nessun effetto. Sar quindi il caso di orientarsi su un comportamento inabilitante alle articolazioni o una percussione tale da provocare una perdita di coscienza. Cocaina: via dassunzione nasale o endovenosa. Ha una potente azione stimolante su tutte le strutture cerebro-spinali. A livelli psichico provoca euforia, aumento dellattivit mentale stato di benessere e diminuzione della sensazione di fatica. A dosaggi superiori insorgono anche tremori, convulsioni, stimolazione del centro respiratorio, del centro termoregolatore, e del centro ematico, in alcuni casi anche di allucinazioni. I soggetti in questione saranno quindi riconoscibili per sbalzi di colorito al viso, fiatone e mancanza di equilibrio. Anfetamine: assunzione per via orale o endovenosa. Provocano aumenti di vigilanza, aumento del morale, riduzione della sensazione di fatica, aumento della capacit di concentrazione e sopportazione di sforzi fisici e mentali prolungati. Per un uso prolungato compaiono cefalee, idee deliranti, allucinazioni, tremori e ansia. Mariujana e hashish: gli effetti compaiono dopo pochi minuti dallinalazione dopo una mezzora dallassunzione per via orale. Consistono in senso di benessere fisico, rilassamento, euforia, stato sognante, alterazione del tempo e dello spazio, ideazioni accelerate ed incoerenti, flusso incontrollato di pensieri. Per dosaggi elevati, la fantasia e la realt si fondono con unaccentuazione dei colori, allucinazioni visive, acustiche, alterazione dello schema corporeo, stati dangoscia. LSD: dopo pochi minuti dallassunzione determina: tachicardia, salivazione, alterazioni della sfera emotiva, stati euforici, allucinazioni, alterazioni corporee come senso di allungamento degli arti, senso di leggerezza o pesantezza del corpo. Lo stato di introspezione indotto dalluso pu far arrivare al suicidio facendo emergere problemi dellinconscio che appaiono al soggetto di estrema gravit. Alcool: La sostanza che provoca alterazioni psichiche/motorie pi comune lalcool. D per s stesso lalcool categorizzato come un depressore del sistema nervoso centrale. Questo significa che i suoi effetti sono presenti a livello sia fisico che comportamentale. Lassunzione di alcool provoca sempre unintossicazione allorganismo, la gravit di questa determinata dalla concentrazione sanguigna che questo raggiunge. Il livello di tollerabilit dellalcool dipende dal sesso e dalla massa corporea dellindividuo. Sono stati definite quattro fasi dintossicazione da alcool: Alterazione avvertibile del comportamento Appena lalcool inizia ad interessare la fisiologia dellorganismo di una persona a livello chimico, questa potrebbe iniziare a perdere le proprie inibizioni. C chi reagisce diversamente alle intossicazioni leggere da alcool. Manifestazioni incontrollabili di emozioni, improvvisi cambi dumore, propensione ad aperture con estranei, comportamento meditabondo, disinteresse, comportamento anti-sociale, comportamento chiassoso, comportamento irritante, immaturit, scadimento del linguaggio, desiderio di attirare lattenzione. Comportamento temporaneo dissociato

Come la concentrazione specifica dalcool cresce nel sangue dellindividuo, pi il suo pensiero razionale diminuisce. Chi bevitore abituale solo in questa fase presenta i sintomi illustrati nella fase precedente. Inoltre si aggiungono i seguenti sintomi: diminuzione dellallerta, incapacit di fare semplici comparazione tra situazioni, oggetti eccecc, aumento del desiderio di continuare a bere, perdita memoria a breve termine, ripetizione di concetti appena espressi, affermazioni incoerenti, aggressivit, predisposizione alla violenza, comportamento di sfida verbale. Perdita parziale delle normali funzioni cerebrali Lalcool induce unalterazione del peso specifico del liquido contenuto nellorecchio medio. Questo liquido viene utilizzato dal corpo per determinare in che posizione si trova nelle tre dimensioni. La sua alterazione porta al cervello informazioni sbagliate sulla posizione della testa, gambe, busto ecc Questa situazione porta alla perdita totale/parziale dellequilibrio nellindividuo, nonch al manifestarsi di vertigini pi o meno violente. Perdita totale di coordinazione e di controllo muscolare In questa fase lalcool inizia ad influenzare in maniera pesante il sistema nervoso centrale e questo punto anche semplici movimenti di coordinazione risultano difficili. Difficolt ad articolare parole, impossibilit di camminare. Questa la fase precedente al coma etilico. E da notare che gli effetti dellalcool si intensificano fino al 25% nellora successiva allultimo bicchiere bevuto. Quindi una persona pu essere nella "fase due" di intossicazione da alcool e smettere di bere ed entro unora finire perfettamente nella fase successiva. La fase pi pericolosa, a livello di aggressione, la seconda, dove lindividuo ha ancora relativamente il controllo dal proprio corpo, ma sta perdendo gradualmente le proprie inibizioni. Qui il rischio di violenza piuttosto alto, specialmente quando il soggetto fa uso di alcool intenzionalmente per liberare la propria carica aggressiva. I quattro tipi di violenza Tutti i vari comportamenti violenti che portano ad uno scontro fisico sono stati raccolti in quattro categorie:

Paura Violenza sprigionata dalla persona che si sente minacciata da una situazione, da un gruppo di persone e/o singolo. E di solito una reazione a degli stimoli neurochimici che mandano la persona in panico e cerca con la violenza di togliersi dalla minaccia. Persone in questo stato reagiranno sempre e comunque con la massima violenza. Come affrontare la situazione: La tecnica per maneggiare questa situazione di mimare il panico della persona in oggetto, convincendola che noi siamo esattamente spaventati come essa, quindi non siamo una minaccia. E controproducente atteggiarsi in maniera autoritaria, bisogna semplicemente mettersi allo stesso livello emotivo della persona in panico e calmarla. Delirio

Violenza di chi non percepisce limiti di alcuna natura (fisica, morale, sociale). In questa sezione rientrano chi sotto leffetto di sostanze stupefacenti e/o alcool. Come affrontare la situazione: La maniera di affrontare questo caso di dare alla persona degli stimoli che bypassano il loro processo interno di auto-esaltazione. Per riportarlo alla realt bisogna far focalizzare la sua attenzione su qualsiasi cosa che non sia lui stesso. Voce convinta ed autoritaria e impossibilit di dare opzioni di scelta al soggetto. Spesso basta un approccio verbale per fare desistere i propositi violenti persone ubriache, magari assecondandole il pi possibile nei loro ragionamenti. Capriccio irragionevole Violenza basata su comportamento irragionevole auto-alimentante (possibile sindrome psicotica di rabbia cronica da manifestare allesterno). Come affrontare la situazione: Il soggetto in questo caso intenzionalmente vuole provocare la violenza per sfogarsi di qualcosa. E la situazione pi difficile da maneggiare. Bisogna affrontare la situazione con due azioni contemporanee: togliere "linnesco emotivo" alla persona (per esempio non dando importanza alle sue richieste) e fargli capire che il suo comportamento/richieste non verranno pi tollerate e soddisfatte. Spesso queste persone sembrano a tutti i costi di cercare lo scontro (pi che altro verbale), ma difficilmente accettano il rischio dello scontro fisico vero e proprio. Criminale Violenza usata a livello coercitivo per ottenere qualcosa da qualcuno (soldi, potere). Come affrontare la situazione: La risposta pu essere incredibilmente semplice. Il criminale vuole qualcosa da noi, di tutto, tranne che una sfida con una persona pronta a combattere per difendersi. Uno scontro fisico, se fatto in pubblico attira troppa attenzione. Il soggetto criminale si basa sul binomio <<Predatore/Preda>>, e per lui territorio sconosciuto quando ci sono possibilit che la situazione venga stravolta. Dobbiamo dimostrare, a seconda delle circostanze naturalmente (siamo disarmati contro una persona armata? Siamo di fronte ad un professionista?), di trasmettere allaggressore il seguente messaggio: <<Se tu mi attacchi, io dovr reagire e farti male>>. Noi e la Legge "Reprimere un momento di rabbia pu salvarci da cento giorni di dolore..." Proverbio Cinese Non si pu parlare di autodifesa e di arti marziali il cui scopo la totale efficacia in caso di scontro, senza analizzare in maniera approfondita cosa la Legge Italiana dice in proposito. Partiamo col dire che accettare uno scontro fisico -voluto o meno- con un'altra persona sempre un grosso problema. Prima di tutto un'incognita: se ci troviamo di fronte un "guerriero" spietato siamo fortunati se non ci rimettiamo qualche osso, se invece siamo noi ad "esagerare" ecco che non difficile che ci troviamo ad affrontare diversi "grattacapi" -per usare un eufemismo- legali. Partiamo dal presupposto che per la legge abbiamo sempre torto. Non esistono attenuanti in caso di rissa, ma solo aggravanti. Non importa chi ha iniziato la disputa, chi partecipa, anche se per difendersi ha torto. La legge concede pochissime situazioni ideali in cui chiunque cagiona qualsiasi lesione ad un'altra persona, anche se per difesa personale, non punibile, ed il pi delle volte questa persona non punibile un pubblico ufficiale in servizio.

Esiste molta confusione tra la gente, ci sono vere e proprie leggende metropolitane in merito all'interpretazione del Codice Penale in caso di risse, lesioni personali, autodifesa. Il pi delle volte si portati a pensare che chi "attacca" per primo ha torto e si prender tutte le conseguenze legali della rissa, oppure che i coltelli con lama sotto le famosissime "quattro dita" sono legali e trasportabili liberamente. E' per questo che ho deciso di affrontare questo argomento, apparentemente secondario. Il concetto di "Difesa Legittima" Articolo 52 del Codice Penale Italiano: "Difesa Legittima: Non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessit di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all' offesa." Per necessit di difendere s'intende la reazione necessaria per difendere un diritto minacciato. In sede di giudizio verranno valutate tutte le cause della minaccia e della inevitabilit della reazione e della non esistenza di altre strade se non quella di reagire. In pratica in caso di processo si tenter di capire se chi ha reagito poteva fare altre cose, tipo scappare dalla minaccia stessa. Il diritto in questione pu essere interpretato come la propria vita, incolumit, propriet personale, nonch diritti morali come l'onore e la riservatezza (anche se questi due ultimi hanno perso molta importanza come attenuanti presso i giudici). Per pericolo attuale s'intende l'unione di pi concetti contemporaneamente: pericolo, ovvero la probabilit di ricevere un danno; attuale il pericolo presente o incombente al momento del fatto, non futuro o gi esaurito. L'offesa ingiusta pu essere una minaccia o una omissione. L'ingiustizia si verifica quando un'azione contro l'ordinamento giuridico vigente. Fatte queste precisazione passiamo ad un esempio pratico. Siete stati aggrediti per strada per un qualsiasi motivo, avete reagito e avete fatto fuori un braccio al vostro aggressore che, dopo essere stato medicato all'ospedale vi ha denunciato per lesioni personali. A questo segue un processo e voi in fase di giudizio citate l'Articolo 52. Avete reagito ad un pericolo attuale e reale in maniera proporzionata; insomma avete agito in caso di Difesa Legittima. La prima cosa che il Pubblico Ministero far, sar quella di esaminare se avevate o meno la possibilit di evitare la reazione dandovi alla fuga. Per la dottrina prevalente il dilemma va risolto applicando il concetto del "bilanciamento degli interessi", per cui il soggetto non tenuto a fuggire in tutti quei casi la fuga esporrebbe i suoi beni personali (tra cui la vita, chiaramente) o di terzi (fuggire in auto con il rischio di investire qualcuno) a lesioni uguali o superiori alla lesione che provocherebbe all' aggressore difendendosi. La giurisprudenza in merito oscillante. Per quanto riguarda la proporzionalit della difesa il giudizio non va formulato non solo valutando il rapporto tra mezzi offensivi e difensivi messi in atto durante lo scontro, ma anche riguardo alla proporzione tra il male minacciato e male inflitto. La proporzionalit giuridica occorre quando l'aggredito provoca un male all'aggressore minore o tollerabilmente superiore a quello subito; quindi tornando al nostro caso citato non giuridicamente accettabile spaccare un'articolazione a chi si limitava, chess, a prenderci a schiaffi. Inoltre, non assolutamente tollerato uccidere con un bastone chi si limitava solo a percuoterci (si, vallo a spiegare al giudice...). Inoltre non ammesso uccidere chi tenta di

sottrarci un bene patrimoniale, mentre accettabile infliggere una lieve ferita (ma non certo una rottura ossea) a chi attenta ad un nostro bene patrimoniale di elevatissima entit. Tutto questo per dire: Non si pu uccidere chi tenta di rubarci qualcosa, ma si pu reagire duramente solo con chi minaccia volutamente la nostra vita o del prossimo. Si pu reagire solo quando non si hanno ragionevoli possibilit di fuga, oppure, la fuga sarebbe peggio della danno per noi o per chi ci sta attorno. Si pu reagire con oggetti contundenti solo chi ci attacca con armi simili. Inoltre si pu aggiungere che si finisce in Tribunale nei seguenti casi: Se le ferite da noi cagionate all'aggressore vengono giudicate guaribili dall'ospedale che presta soccorso in pi di sette giorni (per certi medici un trauma da schiaffo si riassorbe in otto giorni(!!!) ) Se siamo denunciati, ovvio. E' applicabile la stesso Articolo anche quando interveniamo per difendere i beni di terzi aggrediti, come la vita ad esempio. Il concetto di "Stato di Necessit" Articolo 54 del Codice Penale Italiano: "Difesa Legittima: Non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessit di salvare s od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, n altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo." Per pericolo attuale vale ancora la definizione data sopra. Per danno grave alla persona da interpretare in tutta la globalit del termine, ovvero i danni alla persona possono essere sia fisici sia morali. L'esempio pi cretino, ma calzante, per descrivere tale situazione il seguente: non punibile chi ruba un asciugamano in spiaggia dopo che ha perso il costume in mare, salvando cos il suo pudore. Esempio tratto da un testo esplicativo del Codice Penale. :-) Il pericolo da lui non volontariamente causato s'intende sia per dolo (voluto fino in fondo) e colposo. IL concetto di non altrimenti evitabile quello della azione lesiva che deve essere assolutamente necessaria per salvarsi, e bisogna valutare sempre se c'era la possibilit di fuga. Questo articolo un'integrazione del 52, ed pi che altro applicabile in quei casi in cui comportamenti altrimenti classificati come criminosi sono in questi casi giustificati, esempio tipico: il tizio che malmena Caio per prendere posto nell'ultima scialuppa disponibile di una nave che affonda. Nel nostro studio specifico non ci interessa tantissimo, ma utile sapere anche dell'esistenza di questo Articolo.

Il concetto di "Eccesso Colposo" Articolo 55 del Codice Penale Italiano: "Eccesso Colposo: Quando, nel commettere alcuno dei fatti previsti negli articoli 51,52,53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorit ovvero imposti dalla necessit, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto previsto dalle legge come delitto colposo." Eccoci nel caso peggiore che ci possa capitare. Siamo aggrediti per strada da un balordo armato di coltello che manifesta la sola intenzione di derubarci (vallo anche questo a far capire al giudice)e noi reagiamo uccidendolo involontariamente, oppure provocandogli delle lesioni permanenti. Pi che altro si parla di due tipi di eccesso colposo: il primo quando si eccede perch si valuta erroneamente la situazione (un mendicante ci chiede l'elemosina, crediamo di essere invece derubati e lo riempiamo di botte); il secondo si verifica quando valutata perfettamente la situazione eccediamo nella reazione per imprudenza, imperizia o negligenza, provocando un evento pi grave di quello che sarebbe stato necessario cagionare (un tizio ci minaccia con un cutter piccolo piccolo per rapinarci e noi lo ammazziamo a mani nude e/o con corpi contundenti). In pratica se uccidiamo qualcuno che non aveva manifestato apertamente la volont a sua volta di uccidere noi, siamo a tutti gli effetti per la Legge degli assassini, con tutte le attenuanti del caso (poche, quando muore qualcuno), e quindi nei guai seri. Senza andare troppo nel tecnico una veloce analisi di tre articoli chiave del nostro Codice Penale fanno cadere molti preconcetti radicati nella cultura popolare. Il concetto di "Lesione Personale" Articolo 582 del Codice Penale Italiano: "Lesione Personale: Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. Se la malattia ha durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto punibile a querela della persona offesa." Per malattia s'intende qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorch localizzata e non influente sulle condizioni organiche generali (ad es. un bel occhio nero...). C' da dire che l'arresto in caso di lesione personale facoltativo da parte delle forze di pubblica sicurezza, mentre il fermo vero e proprio non consentito. E' anche vero che se non procuriamo nessun danno particolare a qualcuno, nel senso che gli procuriamo ferite guaribili in meno di sette giorni, ricadiamo comunque nella violazione dell'articolo 581 che cita il reato di percosse. Ma si tratta di un reato decisamente pi leggero.

Un'eccezione doverosa deve essere fatta per l'applicazione di questo articolo, e decisamente ovvia: i danni cagionati da attivit sportiva, il cui esempio precipuo sono la pratica delle arti marziali. Il fatto non costituisce reato in quanto tali attivit sono giuridicamente ammesse e quindi giustificate. Il concetto di "Circostanze Aggravanti" Articolo 583 del Codice Penale Italiano: "Circostanze Aggravanti: La lesione personale grave e si applica la reclusione da tre a sette anni quando: 1. se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo di vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacit di attendere alle ordinarie attivit per un tempo superiore ai quaranta giorni; 2. se il fatto produce un indebolimento permanente di un senso o di un organo; La lesione personale gravissima e si applica una reclusione fino a dodici anni quando: 1. dal fatto deriva una malattia insanabile e permanente 2. la perdita di un senso 3. la perdita di un arto o una mutilazione che lo rende inservibile, la perdita della capacit di procreare 4. la deformazione, ovvero lo sfregio del viso in maniera permanente." Ricadiamo in questo caso quando rompiamo degli arti all'aggressore, facciamo scoppiare dei bulbi oculari e spappoliamo i testicoli oppure sfregiamo a coltellate il viso. Il concetto di "Omicidio Preterintenzionale" Articolo 584 del Codice Penale Italiano: "Omicidio Preterintenzionale: Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti previsti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, punito con la reclusione da dieci a diciotto anni." Il concetto di "Rissa" Articolo 588 del Codice Penale Italiano: "Rissa: Chiunque partecipi ad una rissa punito con la multa fino a lire seicentomila. Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta una lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se la uccisione o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza ad essa." Per rissa s'intende una violenta mischia con vie di fatto tra persone che compiano atti violenti col duplice intento di arrecare offesa agli avversari e di difendersi dalle offese di costoro. Secondo il prevalente orientamento giuridico l'attenuante della provocazione normalmente non applicabile al reato di rissa, sottinteso che in esso la provocazione fra i partecipanti reciproca e si elide vicendevolmente, a meno che uno dei partecipanti alla contesa abbia ecceduto i limiti accettati e prevedibili, cos realizzando, con la sua condotta eccessiva, un autonomo fatto ingiusto. Al reato di rissa, e a quelli connessi, non applicabile la legittima

difesa perch i partecipanti sono animati dall'intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si sono posti, sicch la loro difesa non pu dirsi necessaria. armi La regola delle "quattro dita di lunghezza delle lama" non riportata su nessun articolo ufficiale della Legge n.110 del 1975 che, con l'integrazione della Legge n.21 del 1990, disciplina la materia delle armi in Italia. In pratica qualsiasi oggetto atto ad offendere di cui il porto da parte nostra non sia giustificato, reato. Per esempio, non c' bisogno di finire nei guai se giriamo con addosso un coltello da combattimento a doppio filo, basta avere con noi un bel cacciavite e non essere in grado di giustificarne la presenza in tasca. Per la Legge siamo quasi nella stessa gravit di situazione. In teoria, se non svolgiamo un lavoro particolare che ci impone di attrezzarci con determinati strumenti (quali coltelli, roncole, catene varie, cacciaviti ecc...ecc...) e non siamo in orario di lavoro e non stiamo per utilizzare per il nostro lavoro tali strumenti, noi semplici cittadini non possiamo portarci addosso nemmeno un paio di forbici da asilo con punte arrotondate. Per "motivi di sopravvivenza urbana" sono tollerati i coltelli multiuso a lama e strumenti ritraibili nel manico, quali i coltelli dell'Esercito Svizzero. Se invece vogliamo trovarci nei guai in meno di un minuto dobbiamo, durante un malaugurato controllo della polizia farci trovare addosso: Armi da fuoco senza il necessario porto d'armi adatto Coltelli a lama fissa con doppio filo/singolo filo Coltelli a serramanico con scatto a molla (l'automatismo sembra essere una pesantissima aggravante per la Legge Italiana) Coltelli a serramanico in genere Pugni di ferro /noccoliere Bastoni animati Bastoni con punta in acciaio Mazze ferrate (!!!) Catene in metallo La legge n.157 del 11/2/1992 esplicitamente cita <<il titolare della licenza di porto di fucile autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre le armi consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie>>. Per tutti gli altri casi la legge da interpretare. Dal punto di vista della collezione, che tra l'altro non ci interessa per i nostri scopi, la vendita dei coltelli di qualsiasi natura libera e ne possiamo tenere in casa finch ne vogliamo. La denuncia alla Questura facoltativa da citt a citt. Per esempio a Parma non necessario denunciare i coltelli che si detengono entro le mura casalinghe. In ogni caso una bella cosa informarsi presso la propria Questura in merito. Il concetto di Arma "Si definiscono armi tutti quegli strumenti la cui destinazione naturale l'offesa alla persona. Esse possono essere da sparo o da taglio." Qui la definizione piuttosto chiara e non ha bisogno di commenti particolari se non che la Legge Italiana si limita a riconoscere come armi solo quelle da fuoco e le lame. Tutto il resto, tipo mazze ferrate, noccoliere, bastoni in genere, sono armi improprie. Il Concetto di arma impropria "Si definiscono armi improprie tutti quegli strumenti atti ad offendere il cui porto vietato in maniera assoluta (ad es. mazze ferrate) ovvero senza giustificato motivo (coltelli da lavoro, catene...)" Porto abusivo di arma (impropria)

"Chiunque, senza la licenza dell' Autorit, quando la licenza richiesta, porta un'arma fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, punito con l'arresto da tre a diciotto mesi. Soggiace l'arresto da diciotto mesi a tre anni chi, fuori della propria abitazione o delle sue appartenenze, porta un'arma per cui non ammessa licenza. Se alcuno dei fatti previsti dalle disposizioni precedenti, commesso in luogo ove sia concorso o adunanza di persone, o di notte in un luogo abitato, le pene sono aumentate." In questa legge intervengono molti fattori tecnici che interessante esaminare. Questo reato, definito comune, interviene anche un elemento psicologico del dolo generico, ossia la volont di portare armi in luogo pubblico/aperto senza la necessaria licenza. Per licenza s'intende il permesso in regola rilasciato dalla competente Autorit che ci autorizza a portare (con le dovute limitazioni del caso) armi con noi dopo i necessari accertamenti psicofisici. Il concetto si abitazione s la nostra casa, ma anche una dimora temporanea (camera d'albergo), le appartenenze sono le zone riconosciute come della propria abitazione, quale il giardino e il garage, ma sono esclusi i possedimenti mobili di essa, quali automobile, roulotte, tenda da campeggio... E' da notare, stando a questa legge, che pi grave portare con s armi quali pugni di ferro, mazze ferrate ecc...ecc... che sono armi improprie non regolate da nessuna licenza di porto, piuttosto che una pistola senza licenza. Per i coltelli, riconosciuti come armi quelli a lama fissa e con singolo/doppio filo, la peggior aggravante il modello a scatto, in quanto considerato anche questo arma impropria. CONCLUSIONI Alla luce di questa rapida carrellata di normative che disciplinano i principali articoli del Codice Penale che possono intervenire in casi di dover reagire ad un'aggressione armata e non, si possono fare alcune considerazioni in merito. Prima di tutto evidente che andare per le vie di fatto per un qualsiasi motivo ci procurer sempre una violazione del Codice Penale. Anche se siamo "nel giusto". In questi casi "il giusto" per la Legge una condizione maledettamente ideale in cui praticamente impossibile rientrarci. Il fatto stesso che possiamo reagire ad una provocazione di qualsivoglia natura reato. La valutazione della situazione estremamente oggettiva da parte del giudice e del pubblico ministero, quindi anche se crediamo di aver agito in totale legalit invocando la difesa legittima, non detto che ci sporchiamo la fedina penale per sempre per reati di rissa/lesioni personali. Avere la fedina penale sporca sempre una "scocciatura", perch finendo nel database delle forze di Pubblica Sicurezza, appena c' una stupidata in relazione al nostro reato possono venirci sempre a a fare domande, rintracciarci, convocarci in Questura e via dicendo. Esistono poi vere e proprie leggende metropolitane relativamente a sentenze dei giudici in materia di difesa personale (una delle pi famose il tizio aggredito in casa da un ladro che lo cattura e lo lega fino all'arrivo dei Carabinieri e viene denunciato per sequestro di persona: per favore, queste cose non esistono!). E' la cultura generale alquanto scarsa in materia che favorisce un terreno fertile per far crescere false sicurezze in materia di difesa personale. Le leggi ci sono, sono piuttosto equilibrate e giustamente severe, il fatto che non ce ne sia coscienza comune solo un modo per cui le risse e le colluttazioni/aggressioni in genere (quelle per futili motivi almeno) possano scattare senza l'ombra di un minimo di deterrente psicologico di una brutta denuncia/condanna che possa incombere. Ma siamo praticanti di un'arte marziale, a parte tutto noi ci alleniamo al malaugurato caso che ci (una colluttazione) possa avvenire. Come dobbiamo comportarci in questi casi, a cose finite e agenti di Pubblica Sicurezza sono intervenuti sul luogo del fatto? Non esiste una procedura vera e propria, ma buon senso. Un poliziotto mio conoscente consiglia di:

Restare calmi e cooperativi con la Polizia. Rispondere in maniera chiara, sensata e concisa sugli eventi appena avvenuti. Seguire senza protestare gli agenti in Questura/Caserma. Cosa la Polizia/Carabinieri fanno in questi casi? Raccogliere a caldo i fatti sulla colluttazione, poi riesaminarli in seconda sede con ulteriori testimoni aggiuntivi. Chiederci se potevamo fuggire e perch non lo abbiamo fatto. Da queste risposta si pu decidere al 50% una nostra condanna o meno. Vengono esaminate le ferite ricevute/date da un medico legale o del Pronto Soccorso che deve produrre una documentazione medica ufficiale da usare in fase di giudizio. Viene messo a verbale qualsiasi cosa detta. Attenzione a quello che dite che non possa essere mal interpretato. La vostra parola non conta nulla contro un verbale redatto da un agente di P.S. Viene esaminato il nostro background penale e quello di quello del nostro avversario. Vengono esaminate le dichiarazioni di eventuali testimoni. Viene vagliato il fatto se apparteniamo ad una comunit etnico-religiosa-economica particolare. Gi, viene valutato se siamo artisti marziali. Vengono valutate le aggravanti apportate dall'uso di armi e di che natura. Purtroppo le prime impressioni e i pregiudizi degli agenti di P.S. (che sono esseri umani) influenzano pesantemente gli esiti delle indagini sopra. Meglio un brutto processo o un bel funerale? A voi la risposta, io ho gi scelto. Codice della Strada, Codice Etico Io mi ritengo fortunato perch vivo in una (relativamente) piccola citt. Per andare al lavoro durante la bella stagione uso la bicicletta, poche volte uso lauto. Nonostante non ci sia un traffico enorme nella mia citt ho visto fin troppi episodi che mi hanno fatto riflettere. Le persone alla guida diventano delle bestie assetate di sangue. Chi non appartiene a questa categoria semplicemente una preda delle suddette bestie. Quanta aggressivit fine a s stessa vediamo riversata nelle strade? Quanta violenza gratuita verbale e fisica siamo testimoni (e protagonisti) durante un tragitto in auto? C quello che va piano davanti a noi, c quello che ci taglia la strada o svolta non mettendo la freccia, o quello che al semaforo "verde da mezzora" non parte. Tutti di fretta, tutti arrabbiati dal primo secondo che stringono un volante. Gi in unaltra sezione ho citato qualche esempio di violenza urbana con episodi sempre legati ad auto e relative norme di circolazione. Non per essere ripetitivo, ma statisticamente misurarci con altri autisti in un flusso di traffico cittadino ci aumenta la probabilit di uno scontro, perlomeno verbale, che pu sempre degenerare. Vi citer brevemente alcuni episodi e vi prego, durante la lettura degli stessi, di dimenticarvi che siete degli autisti. 1. Sono in bicicletta. In direzione opposta alla mia, sullaltra corsia, una Volvo famigliare bianca si ferma nella corsia e lentamente sinfila in un parcheggio dallaltra parte della strada, senza freccia e in maniera piuttosto lenta, anche se la strada era sgombra. Evidentemente il conducente era confuso sulla direzione da prendere. Nel mentre sopraggiungeva da dietro della Volvo uno scooter guidato da un giovane sulla ventina che, vedendo che la Volvo era cos "impacciata" a svoltare "occupandogli la strada" gli

pianta un bel colpo di avvisatore acustico, prolungato, evitandolo alla zig-zag tipica degli scooter con tanto di braccio sinistro sventolante il tipico "vai a quel paese". La Volvo, che ormai si era fermata nel parcheggio inchioda, parte un prolungato suono di clacson da questa e dal lato conducente esce un tizio con fisico da muratore palestrato che continua a tenere la mano sul clacson e guardando insistentemente il tipo sullo scooter, che a sua volta aveva rallentato al richiamo del clacson, ma appena vista la montagna umana si dileguato a velocit luce. Secondo voi erano amici che si erano riconosciuti per strada questi due? E se quello dello scooter non avesse ceduto alla paura e si fosse fermato come sarebbero andate le cose? 2. Parcheggio pizzeria. Un mio amico entra nel parcheggio, piuttosto strettino, quando un tipo sulla Golf vuole uscire in retro dallo stesso passaggio. Si fermano entrambi qualche secondo per vedere chi fa passare e, come in un stupido balletto sincronizzato, partono entrambi fino a quasi toccarsi. Il tizio della Golf esce fuori subito e va con piglio deciso dal finestrino del mio amico. <<Fammi passare!>> <<No, sei tu, scusa, che devi rientrare, mi fai entrare e poi esci>>. Il tizio della Golf apre la portiera del mio amico, che alquanto impacciato dalla cintura di sicurezza ma non trattiene un sussulto di paura, ma non dura molto, anche se la situazione tatticamente molto sfavorevole per lui J <<Fammi passare o ti spacco la testa!>> <<Tu non mi tocchi, hai capito? Stai calmo, e non mi tocchi>> Per fortuna che intervenuta la ragazza che era in compagnia del tizio della Golf a convincerlo a far passare il mio amico, ma se non ci fosse stata questa ragazza (che fortuna stare insieme a tizi cos pazienti!) , secondo voi come sarebbe andata a finire? 3. Semaforo rosso. Un ragazzo, che chiameremo Domenico, fermo sulla sua Tipo. Arriva il bambino magrebino a fare lelemosina, triste immagine di tutte le metropoli. No, vai via! Pensa Domenico. Cosa vuoi da me? Torna al tuo paese del c! Il bambino se ne va con laria pi imbronciata del solito e Domenico, per una forma di paranoia pura lo controlla dallo specchietto retrovisore Ma cosa ha fatto con la ciotola dei soldi!? Mi ha rigato la portiera!? Domenico scatta fuori dallauto e colpisce con un pugno la testa del ragazzino da dietro, poi lo gira e lo stende sul cofano dellauto di unaltra persona in coda al semaforo e lo riempie di schiaffi e pugni ed offese per tutti gli arabi del mondo finch qualcuno non chiama la Polizia con un cellulare. Nessuno sar intervenuto a fermare a Domenico, il ragazzino non sporger denuncia, e Domenico ha la fedina penale pulita. Questa cosa vergognosa stata riportata dal giornale locale della mia citt nel 1995. Secondo voi se in coda al semaforo che scatta verde suonate a questo Domenico per "avvertirlo che verde", come pu andare a finire? Potrei andare avanti con altri episodi, e vi ricordo che vivo in una citt piccola, mi immagino cosa succede in altre citt ben pi grandi con traffico (e nervosismo) ben pi intenso. Disciplina la parola dordine. Tutte le persone al volante mancano di disciplina. Non dico rispetto per gli altri perch chiederei troppo. Se vero che guidare in citt una attivit stressante che richiede sforzo di concentrazione non indifferente, perch sprecare altre energie per arrabbiarsi? Ricordate che ogni colpo di clacson lanciato a mo di monito un innesco di una probabile colluttazione, ogni lampeggiata con gli abbaglianti per "chiedere strada" su strade di citt una maledizione che ci prendiamo, o in casi limite veniamo seguiti fino a destinazione per essere "educati" da chi ha subito il nostro abbagliante ( successo anche questo). Ricordate inoltre che per cercare con le dita il clacson o le luci abbaglianti perdete dei decimi di secondo vitali che potrebbero evitarvi un incidente se li impiegaste invece a controllare bene il volante con entrambe le mani. Il trucco? IGNORATE ATTIVAMENTE chi vi circonda. Cosa significa? Ignorare, per lappunto, significa fregarsene altamente di chi vi taglia la strada, di vi si inchioda davanti, di chi non mette la freccia eccecc Attivamente significa, per evitarli fisicamente al fine di evitare collisioni. Non chiedo di fare come fa un noto Maestro Buddista Zen della mia provincia che afferma che

ogni volta che qualcuno gli fa uno "sgarro" in automobile lui ignora, evita, e pronuncia ad alta voce la frase "Ti voglio bene". Certa gente fa perdere la pazienza, capita anche a me, ma non il caso di mettersi a confrontarsi con degli sconosciuti per simili idiozie. Certo, quando evitiamo per un soffio un incidente mortale per colpa dellindisciplina di un altro ci arrabbiamo eccome. Ma invece che giurare vendetta, se levento non si verificato, io personalmente rifletto su quanto sia bello vivere e di quanto siamo degli esseri fragili e mortali. Altro che strombazzare con un clacson. Poi ritorno al solito concetto: non sai mai con chi hai a che fare Dentro allabitacolo di quella macchina c il muratore palestrato o Domenico che gira con il fucile da caccia del nonno? Per concludere: Lanno scorso sono uscito da un circolo privato per immettermi su di una grande strada deserta, ecco che da sinistra proviene la solita Golf a 100-120 allora (la strada in questione in periferia della citt). Cera una curva leggera prima dellincrocio con il cancello del circolo da cui stavo uscendo, quindi la Golf mi vede "allimprovviso" sterza e mi evita suonando con le trombe del clacson per molti secondi, si ferma a circa 100 metri di fronte a me e sventola il classico dito medio della mano sinistra fuori dal finestrino, poi riparte sgommando. Chiusa l. Ma se io fossi una testa calda che aveva avuto una pessima giornata? Il circolo da cui stavo uscendo era il poligono cittadino e a meno di trenta centimetri dalla mia mano avevo una borsa in nylon con dentro la mia Glock35 in calibro .40S&W e una scatola di colpi. Per preparare un caricatore con dentro tre colpi contati e prendere la pistola dalla borsa e armarla mi ci sarebbero voluti circa 10 secondi. Il tizio ci avrebbe impiegato molto di pi a piedi per a raggiungermi se fosse uscito dallabitacolo. E non sarei stato tanto sicuro che mi avessero preso, perch era domenica mattina, la zona isolata e non cera nessuno per strada. Un colpo e via. Siate disciplinati e cortesi per strada, vi eviterete un sacco di guai. Tecniche da strada, tecniche da palestra Come gi pi volte menzionato nelle varie sezioni di questo sito, si tende a fare una distinzione molto marcata tra le tecniche di combattimento insegnate in una palestra di una qualsiasi arte marziale tradizionale, e quelle che davvero "servono" per strada in caso di colluttazione. Le arti marziali, in special modo quelle "importate" in occidente, hanno subito unevoluzione particolare. Tutte le arti marziali, per definizione, sono nate per combattere, neutralizzare lavversario in maniera pi o meno definitiva, sopravvivere al campo di battaglia. Nella realt dello scontro corpo a corpo di una mischia tra fanti giapponesi del periodo del Giappone medievale, cera poco spazio per il combattente di calci volanti al viso o tecniche di controllo articolare. Si colpiva come si poteva ed il prima possibile, senza troppo curarsi delleleganza della tecnica. Ad essere sinceri questi fanti subivano un addestramento sommario dedicato principalmente alle armi dordinanza. I Samurai, i famosi custodi delle tecniche di Ju Jitsu originale, per quanto alcuni fossero degli eccellenti conoscitori di questarte marziale, quando chiamati in uno scontro usavano solo quellunica, o al massimo due tecniche che riuscivano a fare istantaneamente ed inconsciamente; nonostante nella loro educazione marziale annoverassero un repertorio di tecniche vastissimo. Con lemigrare dei maestri in paesi che non conoscevano una realt di guerra quotidiana, alcune arti marziali in occidente sono diventate uno sport, un metodo per mantenersi psico-fisicamente in forma, e naturalmente una ricerca per un sistema di difesa personale. Purtroppo per la maggior parte di arti marziali tradizionali insegnate in occidente lultimo punto un po trascurato. Mi spiego. A seconda del Maestro che impartisce la lezione e a seconda dello stile del sistema di combattimento, vengono affrontate delle situazioni di combattimento, a volte anche di difesa personale da strada, ma per motivi didattici si ragiona sempre in termini di situazioni ideali, che

difficilmente incontreremo nella realt che, per definizione, imprevedibile. Molti allievi, cos, memorizzano queste tecniche in maniera automatica, magari in maniera splendida, cadendo nella terribile trappola della sicurezza di poter affondare qualsiasi situazione simile per strada. Gli allievi che invece riescono a "slegarsi"da questo tipo di mentalit, oppure, i Maestri stessi che cercano di educarli ad una maggiore flessibilit tecnica e mentale, diventano concretamente in grado di affrontare una minaccia reale, e non simulata in palestra. Perch tanta enfasi su questo argomento? Perch davvero uno dei "pericoli" pi infidi delle arti marziali insegnate nelle palestre: la falsa confidenza nelle proprie capacit. Prendiamo un esempio concreto vissuto sulla mia pelle. Io ho studiato per anni Ju Jitsu "stile Bianchi". Questo sistema di combattimento giapponese stato rivisitato da un italiano tale Gino Bianchi- codificandolo in cento tecniche divise in cinque settori da venti tecniche luno. Ogni settore ha uno specifico argomento: controllo dellavversario, proiezioni, leve articolari, soffocamenti, combinazioni di tecniche dai settori precedenti. Sono tecniche molto complesse, alcune da otto o nove passaggi consecutivi per lesecuzione completa, alcune sono basate su di un singolo colpo percuotente. Apprenderle tutte significa raggiungere la cintura nera di Ju Jitsu primo Dan, e ci vogliono circa cinque anni di allenamento continuo. Detto questo introduciamo il discorso vero e proprio. Per difendersi da un pugno diretto al viso questo stile di Ju Jitsu pu proporre almeno una trentina di tecniche diverse, che lallievo deve imparare tutte. Alcune sono davvero rapide e risolutive, altre decisamente acrobatiche e proibitive da eseguire a muscoli freddi e senza avversario "collaborante". Tutte, comunque, partono da un presupposto molto limitante: se lavversario ci colpisce con il pugno destro, il suo braccio sinistro praticamente assente. Non reagisce. Non molto realistico, vero? Certo se siamo dei combattenti eccellenti con venti anni di Ju Jitsu sulle spalle diventiamo cos rapidi, efficaci ed esplosivi, che prima che lavversario pensi che ha anche un braccio sinistro da usare E gi a terra. Ma sinceramente di iniziare a studiare il Ju Jitsu in et adolescenziale per essere in grado di difendermi decentemente sulla trentina Mi sembra un po esagerato. C chi riesce ad adattarsi molto prima a questi "cambiamenti tattici" durante uno scontro, ma parliamo dei famosi allievi con mentalit elastica di cui facevo riferimento poco prima. E tutti quelli che assimilano "meccanicamente" i movimenti, le posizioni e tutto? Per strada vengono macinati, o perlomeno non se la cavano bene. In pratica finiscono sotto i colpi del loro aggressori con sul viso dipinto uno sguardo interrogativo che implora un "questa reazione non era prevista". Questo discorso vale per i confronti a mani nude e per i praticanti di arti marziali giapponesi. Sono esclusi da questo discorso i boxer, i praticanti di Muay Thay e discipline da ring simili, in quanto vengono "cresciuti" a sopportare stress fisici enormi (leggi: botte da orbi) e darle indietro con gli interessi e senza piet. Questi individui non hanno bisogno di corsi di difesa personale. Anzi il problema e semmai un altro, insegnarli, in caso di aggressione, e NON macellare lavversario. Passando invece alle aggressioni armate la situazione non pu che peggiorare. Se con le mani nude potremmo "gestire" la situazione, se lavversario non MOLTO pi grande di noi, con dei coltelli e bastoni non possiamo permetterci di sbagliare. Anche qui, quando largomento affrontato dal Maestro della disciplina, rischiamo di brutto di cadere nella trappola del "memorizza a perfezione la tecnica contro lattacco che mai si presenter cos nella realt e sentiti orgoglioso". Molto pericoloso. Prendiamo il bastone. Nelle palestre, la famosa "manganellata", eseguita come una bastonata tirata con braccio destro steso e che prosegue fino a che il bastone, se non trova il bersaglio, sbatte per terra. Con un colpo del genere, vibrato con tale trasporto, semplice impostare tecniche devastanti che sfruttano lenergia cinetica dellaggressore. Ma nella realt, la gente gente con un bastone in mano, come lo usa? Semplice, basta vedere il telegiornale quando c qualche filmato che riprende dei disordini allo stadio o le famose "guerriglie urbane". I poliziotti e/o carabinieri, per

definizione, non ricevono alcun addestramento specifico sul maneggio del manganello dordinanza, quindi lo usano in maniera molto istintiva. Fateci caso. Sferrano il colpo, e poi lo ritraggono immediatamente, e poi ancora un colpo rapido. Fino a due-tre colpi al secondo. La maggior parte delle tecniche insegnate in una palestra servono a poco contro un uso del bastone del genere. Purtroppo laddestramento che si riceve ci obbliga a focalizzarci solo sulle azione da intraprendere in funzione del comportamento dellaggressore, il concetto sarebbe perfetto di per se stesso se non fosse per il fatto che per essere efficaci il comportamento dellaggressore deve rispondere a certi canoni. Nella realt per forza non pu essere cos. Per il coltello la situazione addirittura drammatica. Tali problematiche sono affrontate nella sezione dedicata al combattimento con il coltello. Solo un esempio per tutti. Un mio amico, praticante di Kali, ha modo di conoscere durante il servizio di leva un ragazzo della provincia di Napoli, il quale, putroppo o per fortuna, dipende, conosce luso del coltello "per davvero", nonostante non abbia mai frequentato un corso di arti marziali specifico. Incuriosito dal Kali ha chiesto a questo mio amico qualche dimostrazione. Il mio amico ha chiesto a questo ragazzo di attaccarlo con un coltello dallenamento. Il tizio parte con una classica stoccata al ventre, il mio amico reagisce distinto spostando il bersaglio fuori dalla traiettoria della lama e tenta di fare una chiusura sul polso armato, in quanto aveva notato il grossolano errore del ragazzo di Napoli a tenere il braccio fermo dopo che la lama non era andata a bersaglio. Appena il ragazzo ha sentito qualcosa sul polso destro scattato passandosi il coltello dalla mano destra alla sinistra e contemporaneamente facendo un mezzo giro in senso antiorario conficcando il coltello da allenamento nel rene sinistro del mio amico. Chi di voi pensa di gestire con tecniche tradizionali un "non marzialista" di questo calibro? In conclusione vorrei prima di tutto chiarire che non sono affatto ostile allinsegnamento delle arti marziali tradizionali. Semplicemente non sono daccordo quando mi si sente dire che dopo tre anni scarsi di allenamento bi-settimanale di karate, judo, eccecc uno si sente pronto ad affrontare qualsiasi aggressione, solo perch stata ricreata in palestra o sa fare N Kata del tal stile. Imparare molte tecniche anche complesse, e forse senza senso in ultima analisi, essenziale per un motivo semplice: memoria neuromuscolare. Dobbiamo, attraverso un serio allenamento memorizzare molte e sempre pi complesse tecniche per educare il nostro cervello e i nostri muscoli a reagire con movimenti complessi, rapidi, a gestire lequilibrio ed ad imparare ad ascoltare il nostro corpo. Dobbiamo crearci una "biblioteca" di tecniche, per poi, al momento giusto, usare Non la pi adatta, ma la tecnica pi efficace, che magari non abbiamo mai fatto, ma grazie allallenamento che abbiamo ricevuto saremo in grado, senza nessuno sforzo, di adattarci a qualsiasi situazione, quasi istantaneamente. Il problema, a questo punto, non studiare tecniche "inutili", ma liberarsi "dellinutile" quando il caso di fare sul serio. Perch la strada una cosa, la palestra unaltra. Navy SEALs, Delta Force, Green Berets... Ogni anno che passa sempre peggio. Si apre una rivista di Arti Marziali e quando si trova una pubblicit di un istruttore/maestro di qualche disciplina marziale quale Jeet Kune Do, Kali Filippino e Pencak Silat (che di solito di moda far andare tutte e tre a braccetto), ecco che questi dichiara di aver insegnato (o di aver appreso alla perfezione) il programma di addestramento di combattimento a mani nude dei S.E.A.L.s, Rangers, Delta Force,S.W.A.T., FBI (i pi colti scrivono HRT, l'unit antiterrorismo -recupero ostaggi- dell'FBI), D.E.A., Green

Berets... Non si salva nessuna branca delle Forze Speciali USA. Ma alle nostre Forze Speciali non insegna nessuno? Magari che i GIS o i NOCS sono totalmente a digiuno di programmi di difesa personale? Nei loro curriculum questi istruttori/Maestri si limitano a dire in ambito italiano di aver insegnato a molti Body Guard, e a qualche agente di Polizia. E' brutto, per farsi pubblicit, attaccarsi a sedicenti nomi di spicco delle forze armate americane, che sinceramente, se uno vuole imparare a menar le mani di brutto (per dirla chiara), non gliene frega niente dove ha insegnato/imparato tali tecniche questo tizio. Poi se notate, molto spesso, queste pubblicit chiedono "Vuoi diventare istruttore di kali, Jeet Kune ecc...?". Ma a nessuno viene in mente che qualcuno vorrebbe imparare e basta senza velleit di insegnare a a qualcuno qualcosa che ha impiegato magari 40 misere ore ad "imparare"? Partiamo dal presupposto che i militari non hanno n il tempo n la motivazione per imparare un sistema di combattimento in maniera completa e da zero. Devono imparare cose semplici, rapide e risolutive. Certo, certe arti marziali si prestano pi di altre da questo punto di vista e se da questo addestramento qualche soldato abbandona il suo corpo d'appartenenza per andare in giro a fare stages e guadagnarsi da vivere perfettamente normale. Un tipico esempio l'-ex SEAL Frank Cucci che va in giro per il mondo ad insegnare le sue tecniche di bastone-coltello-mani nude essenzialmente basate sul Kali filippino del metodo Inosanto. I militari seguono anche loro le mode. Negli anni sessanta-settanta negli USA veniva insegnato il Karate, il Judo, il Ju Jitsu. Addirittura prima, negli anni quaranta, andava di moda il Defendu, un'arta marziale codificata dal famoso Cap. Fairbarn, che era essenzialmente un Judo con degli elementi di boxe cinese. Poi negli anni ottanta il boom delle arti marziali filippine con una strizzata d'occhio al combattimento con il coltello. Greg Walker docet. Ad essere sinceri, tra le varie conoscenze che ho, ho avuto il piacere di chiedere ad un ex-SEAL formatosi alla fine degli anni ottanta che razza di addestramento corpo a corpo avesse ricevuto. La risposta fu un laconico <<Mi hanno insegnato ad uccidere con solo due dita...>>. Forse la risposta pi sincera che abbia mai sentito su quest'argomento. Tenendo conto che i SEALs, almeno negli anni ottanta, per essere accettati dovevano superare una rigorosa selezione, il pi gracile di loro pesava 80Kg, con poco grasso corporeo addosso (almeno al momento della selezione). Persone cos, non propriamente mansuete, non hanno bisogno di una sofisticata preparazione marziale per essere efficaci anche a mani nude. Quindi che abbiano affrontato un intero programma di Kali Filippino sembra un p strano. Che gli abbiano insegnato qualche "trucchetto" di buon senso, pu darsi. In Italia? Un p come in tutto il mondo. Si chiama per addestrare i propri uomini chi ci da pi fiducia. Ho conosciuto un noto istruttore di karate della mia citt che insegna con regolarit <<alle Forze Speciali NATO di stanza in Italia>>. Il maestro di Wing Chung di un mio amico una volta al mese va a Livorno ad insegnare <<ai reparti speciali dei Carabinieri>>. Per questi de tizi non hanno mai impegnato la pagina di una rivista per scrivere SEALs, FBI, DEA... Almeno loro rimangono e si fanno conoscere in Italia. Ma cosa insegnano a questi professionisti della guerra? Il mio istruttore di Koredas ha collaborato con il Maestro Oliver Bersabal ad un turno di addestramento dei GIGN francesi. Essenzialmente, ha detto, in due settimane hanno insegnato tecniche semplici di difesa da attacchi di bastone e di coltello. L'imperativo imposto che dovessero insegnare tecniche di controllo e non di attacco. Tradotto: dovevano insegnare alla gendarmeria francese a non uccidere i propri assalitori e ad ammanettarli. Questo davvero difficile, perch molto pi facile ferire gravemente una persona che controllarla ed ammanettarla senza neanche lussarle una spalla. Per il mani nude i GIGN fanno molto affidamento al sistema di combattimento israeliano Krav-Maga. La bibliografia di ex-istruttori militari americani che dicono la loro sull'argomento praticamente infinita. Tecniche a mani nude, di bastone singolo o doppio, di coltello, baionetta inastata sul fucile... Ma davvero un soldato delle Forze Speciali sa tutte queste

tecniche? Anche qui gli italiani latitano, eppure abbiamo soldati in gamba nel nostro paese, non capisco perch nessuno ex istruttore di combattimento corpo a corpo non si mette a scrivere un manuale tecnico o a fare un bel video. Mi piace pensare che non lo fanno perch sono persone serie. Un po' come quel sottufficiale della Marina Italiana che era istruttore di combattimento a mani nude degli Incursori di Marina (i nostri SEALs, insomma) che aveva una solidissima base di Ju Jitsu, ma praticamente insegnava ai suoi soldati a muoversi in fretta e far male sul serio al primo colpo, ma che ha solo sentito nominare i vocaboli come Jeet Kune Doo o Kali. La mia esperienza personale, che non sono un bel niente a livello di riconoscimento tecnico ufficiale, qualche lezione alla Polizia Municipale della mia zona (che poveracci si possono trovare spesso in situazioni che possono portare allo scontro fisico), e alle guardie carcerarie della citt. I primi erano il ritratto della demotivazione totale, ma con un barlume di applicazione (ma in tre giorni cosa vuoi imparare?), i secondi, dopo essersi passati TUTTI gli istruttori di Judo, Aikido, Ju Jitsu, Karate della citt e provincia, erano ancora pi demotivati, tranne quando si tirava fuori il coltello, ma che per ovvi motivi si affrontato poco. In carcere si spera che i detenuti non girino armati di coltello, e in tal caso ho sempre consigliato di usare la Beretta di ordinanza, poi perquisirli meglio. Con i poliziotti invece totale muro di indifferenza. Se c' da menare applicano sempre la regola del tre contro uno. Tre poliziotti con una persona. Carabinieri? Ancora peggio. Fatte le solite eccezioni di elementi isolati appartenenti alle forze dell'ordine che hanno delle ottime basi di marzialisti, la stragrande maggioranza di essi fa troppo affidamento sull'uniforme, i propri muscoli (chi li ha), e sulla fortuna. Ogni tanto si legge sul giornale locale di qualche poliziotto ben massacrato di botte da qualche ubriaco: e per fortuna che la pistola ce l'hanno assicurata alla cintura con il cavo! Altrimenti quante Beretta 9X19 in mano alle mani sbagliate. Mi chiedo: ma come mai tutti questi istruttori che si sono fatti le ossa oltreoceano addestrando i professionisti pi duri dell'esercito americano non sono in grado di proporre a livello nazionale un corso fatto bene e completo per le nostre forze di polizia? E' innegabile pensare che non potrebbe che aumentare la sicurezza e l'efficienza del singolo elemento... Ma come suonerebbe come pubblicit su di una rivista <<Istruttore qualificato di difesa personale di Carabinieri e Guardia di Finanza...>>? E' accaduto davvero... La seguente email, datata 28/05/02 stata spedita da A.D. di Reggio Emilia. La pubblico come prima della lista perch ritengo che racchiuda in s dei concetti e riflessioni molto interessanti sull'argomento. A me, fuori del ring, non quasi mai capitato di fare a botte. Alle medie forse. L'episodio che vi invio un episodio nel quale ho rischiato di dover fare a coltellate. Ritengo che sia utile, per quanto non contenga violenza vera, per far capire come ci si sente a chi non ha mai avuto la sfortuna di trovarcisi in mezzo. Questi fatti sono accaduti in Ecuador nell'agosto della scorsa estate. A Quito fa caldo e noi andiamo in giro per il mercato. C' una folla pazzesca che si accalca intorno alla bancarelle e compra vestiti scarpe e attrezzi agricoli. Una donna vende porcellini d'india arrostiti. Io e il mio amico Nash cerchiamo souvenirs da portare a casa. "Qui siamo dalla parte sbagliata" Dice Nash, un superwelter mio compagno di allenamento"...i cappelli Panama li troviamo dalla parte opposta".

E via, allora. Sgomitiamo verso la vecchia cattedrale coi nostri Gerber piegabili in tasca. Non abbiamo paura perch: 1) Siamo gi stati nel terzo mondo e crediamo di saperci muovere. 2) Siamo grandi e grossi e crediamo anche di essere cattivi 3) Siamo thai boxers con esperienza in Thailandia 4) Siamo armati e sappiamo usare il coltello come si pu imparare a farlo senza combattere davvero. Cos diventiamo imprudenti e smettiamo di tenere gli occhi aperti. "Che casino!" Odore di folla, fumo e spezie varie. Che caldo che fa. Da ingegnere qual sono mi casca l'occhio su un cantiere al bordo della piazza. Deserto perch domenica. Non ha nemmeno le reti di protezione e pensiamo di fare prima passandoci in mezzo. "Sicuro che non ci sia pericolo?" Nash ingegnere elettronico e pensa a qualche buco in cui cascare, pi che altro. Gli dico di venirmi dietro e badare a dove mette i piedi. Entriamo nel cantiere. Che bello che non c' nessuno, da non credere. E' anche pi grande del previsto. Faremo in un attimo. Dico che pregusto gi una buona bistecca appena sbrigata la rottura di palle degli acquisti per gli amici a casa. Nell'attimo che Nash impiega per rispondere vedo che mette a fuoco qualche cosa che si trova dietro di me. Mi giro e vedo quattro tipi male in arnese che escono da dietro un muro sbrindellato. Calma, forse sono i guardiani del cantiere. In quattro? E poi ci puntano dritti senza dire niente. Si allargano a ventaglio per chiuderci. Mi pare che mi abbiano tirato un pugno allo stomaco. "Via!" Fa Nash, pi rapido di me. Non tiro neanche fuori il coltello, solo comincio a correre in mezzo alle macerie. Mi guardo indietro, i tipi non corrono. Ho gi iniziato a pensare che forse abbiamo esagerato e chiss che volevano quelli quando ci accorgiamo che c' una recinzione di filo spinato che divide il cantiere dal lotto adiacente. Non l'avevamo vista. Realizzo che siamo chiusi in trappola. Siamo proprio finiti nel posto dove ci volevano portare. Infatti i quattro avanzano senza fretta. Saranno ventenni, hanno dei visi che sembrano statue di indios. Non li vedo come esseri umani normali, ho la stessa paura che avrei davanti ad un rottweiler ringhiante. Dico cose sconnesse. Uno dei tipi, quello che sembra il meno giovane, ha una mano in tasca e ormai saranno a sei metri. Tiro fuori il Gerber e lo apro con una mano sola. Lo impugno all'arrovescia e mi metto in guardia ma non ho le idee chiare. Nash fa lo stesso e i tipi si fermano. Uno (non quello con le mani in tasca) tira fuori un coltello anche lui. E'una lama da cucina di poca qualit ma sar lunga il doppio della mia. La impugna al dritto e non mostra alcuna paura. Capisco che crede di trovarsi di fronte ad un turista che chiss chi si crede di essere. E forse ha ragione. Io penso che questo qua magari l'ha gi usato per davvero, quel coltello. "No me moleste" Dico io. Spagnolo da Guida lonely Planet, e inoltre mi vien da balbettare. Nash sta zitto. Il tipo col coltello si fa avanti e fa come una finta, ma lontano. Non capisco se voglia pigliarmi in giro per la mia guardia che gli sembra esotica oppure se intenda provarci davvero,a farsi sotto. La sua espressione impenetrabile.

Uno degli altri lo prende per la spalla e gli dice qualche cosa che non capisco. Lui si scuote via di scatto e mi fa segno di farmi sotto. E'cattivo per davvero, magro magro e con una maglietta viola. C' scritto sopra "Consorcio alimentar San Mateo". Penso confusamente che me la ricorder per sempre quella maglietta, se la scampo. Ripete l'invito a farmi sotto, con la mano. "No me moleste" Ripeto io. Il ragazzo con le mani in tasca le tira fuori di tasca. Non ha nulla in mano. Tira indietro quello con la maglia viola e stavolta non trova resistenza. Se ne vanno. Stanno per girare l'angolo, e noi ancora l impietriti, che quello cattivo si gira e ci urla: "Cabrones!" Che credo voglia dire brutti froci. Un altro gli mette le mani sulle spalle e dice: "Go home gringos. Go home" E fa segno di scattare. Nel senso di filare via da l, che non sa per quanto potr tenere sotto controllo il suo amico. E noi scattiamo, altro che: usciamo dal cantiere e ci rituffiamo nella calca, salvi. "Via di qua!" E mentre camminiamo tutti ci guardano. Ci impiego un bel pezzo a capire che abbiamo ancora i coltelli stretti in mano! Conclusioni: 1) La strada una cosa il ring un'altra. In strada pu succedere di tutto n c' un arbitro che ti salvi. Sul ring non ho mai avuto una paura cos, mai. E non sono un fifone! 2) Perch non gli abbiamo dato i soldi e basta? Per quella che Mac Young definisce, con permesso parlando, cockstrong syndrome. Stupidit e orgoglio maschile. Quanto tutto fu finito ci rendemmo conto di non aver neppure preso in considerazione l'idea. Valeva la pena di morire? Se avessi un figlio e gli sentissi raccontare questa storia mi arrabbierei come un serpente. 3) Ma se avessimo avuto con noi le rispettive fidanzate, che per fortuna erano rimaste a casa a Reggio Emilia? cedere sarebbe stata una soluzione praticabile? Forse no. 4) E se dopotutto avessimo dovuto batterci? Questa la vera domanda. Io credo che noi due fossimo combattenti molto migliori di loro. E che non fossimo pi spaventati di quanto non fossero loro medesimi. Come sarebbe andata a finire? Se davvero quello era l'unico a essere armato forse avremmo vinto. Chi sa. Ma che vuol dire VINCERE? Uccidere gli avversari e ritrovarsi con sei mesi di ospedale in cambio? A coltellate si pu vincere come in Italia Germania 4 a 3? Ho paura di no. Dopo mesi di matura riflessione credo che avremmo perso in ogni caso. 5) Alla fine tutto bene quel che finisce bene. io sono (puerilmente) fiero di non aver ceduto. La mia ragazza, tuttavia, non lo . Dice che preferisce avermi tutto intero con qualche dollaro in meno che morto. Le ragazze spesso sono pi sagge di quel che noi uomini le facciamo! Il seguente episodio accaduto il 11/06/2000, sulla v. Emilia in zona di Parma. L'episodio accaduto C.F. che era in macchina con la sua ragazza. Ecco il suo racconto:

Come trovarsi un situazione compromettente senza nessun preavviso. La mia esperienza di incivilt comincia come pu cominciare ogni mattina di un lavoratore costretto a prendere la propria auto per recarsi al lavoro. Il fatto scatenante di una semplicit pressoch disarmante, la manovra azzardata di un secondo automobilista che mi ha fatto inchiodare e partire qualche insulto tra i denti seguito da unalzata di mano a mo di " ma va a svegliarti altrove.". Dopo pochi minuti di strada, assorto nella guida e nelle solite chiacchiere, mi sento suonare alle spalle e vedo dallo specchietto retrovisore un guidatore assorto a sbracciarsi per farmi accostare al lato della strada. Il mio primo pensiero andato al qualche pezzo della mia macchina traballante e quindi a rischio di staccarsima cosa centrasse il fatto di accostare con me non riuscivo proprio a capirlo. Presto detto; i gesti cambiarono quando la sua macchina si accost alla mia in unaccelerata improvvisa.mi stava indicando molto esplicitamente, con una mano di taglio passata sotto la gola, che le sue intenzioni erano altre e non quelle di avvertirmi di un possibile guasto. Subito le mie viscere ebbero uno sobbalzo per poi restringersi a pugno un istantaneo morso di panico seguito dalla reazione di difesa. Ero completamente impreparato psicologicamente al fatto e la cosa mi aveva spiazzato istantaneamente. La mia compagna di viaggio fu molto pi rapida di me a tirare le somme e a riconoscere la macchina che pochi minuti prima si era fatta quasi incidentare a causa di una sua manovra estremamente azzardata(tagliare una corsia controsenso per realizzare uninversione a U). Le considerazioni che mi passarono per la testa furono molteplici ed estremamente rapide Ho altra scelta? Metto a rischio la mia compagna? Fin dove vuole arrivare questo svitato? Dove posso fermare la macchina? Come posso fare ad uscire prima di trovarmi intrappolato nellabitacolo dal buzzurro di turno? 6. Sono in grado di difendermi? Presto detto il comportamento che ho tenuto; siccome alle prime due domande che mi sono posto ho dovuto dare una risposta affermativa ho tenuto i nervi a freno, ho rallentato ulteriormente landatura del mio autoveicolo, mi sono tenuto ad una distanza che mi permettesse di scartare anche unimprovvisa chiusura della macchina e mi sono preparato al peggio con tutta la calma e lattenzione di cui potevo disporre. Laccompagnatrice del buzzurro, per fortuna, dimostr pi senso civile e cominci (interpretazione dei gesti) ad insultare lei stessa il suo compagno, ottenendo di farlo allontanare lungo la strada. Bast attendere il tempo di qualche battito di ciglia per ritrovarmelo accostato sul bordo della strada a gesticolare in mia direzione il gesto di rompermi. Fine della storia. Considerazioni pratiche sullaccaduto. Normali: ma non mai accaduto che un qualsiasi individuo si fermi e metta fine a certe cose una volta per tutte queste cose con una sonora tirata dorecchie? Straordinarie: che certa gente possa tranquillamente andare in giro per la strada senza un guinzaglio e un sacchetto di plastica per deporvi gli escrementi. Che in una mente umana si possa spegnere tutto per cos tanto tempo e architettare tutta questa porcheria senza rendersi conto della sua idiozia. Verona, Aprile 1996 (pomeriggio). 1. 2. 3. 4. 5.

Mi stavo recando casa dei miei nonni a bordo della mia auto, quando dopo essermi fermato ad un semaforo rosso sulla corsia di sinistra, decisi di spostarmi su quella parallela (a destra), che risultava essere libera; dopo aver messo la freccia a destra ed essermi accertato che nessun mezzo stesse sopravvenendo (tranne un camion che distava ~ 300-400 mt da me), mi spostai sull'altra corsia in attesa del verde. Ad un certo punto sentii un colpo di clacson prolungato e guardai Il retrovisore per vedere cosa fosse successo... Con sorpesa capii che tale "melodia" era indirizzata a me, ma non ci feci piu' di tanto caso, per evitare inutili discussioni... Nel frattempo arrivo' il verde e partii tranquillamente, ma il camionista inizio' ad avvicinarsi pericolosamente al retrotreno della mia auto e continuando a suonare, mi intimo' bestemmiando di fermarmi e di scendere dalla macchina; chiusi la sicura delle porte e mi sforzai di stare tranquillo... La situazione duro' ancora qualche minuto quando, a rilento, procedevamo in fila indiana sul ponte che portava sul Lungadige. Cercai di mantenere la respirazione "bassa"(avevo da poco iniziato la mia avventura nel mondo delle arti marziali...)e raccomandandomi a tutti i Santi del Cielo, presi la bottiglia di vino (destinata ai miei nonni) e la misi sul sedile del lato passeggero deciso ad utilizzarla se ce ne fosse stato bisogno... Quando ripartimmo per l'ultima volta, il camionista con una manovra repentina mi sorpasso' e rientrando di colpo, tento' di chiudermi contro il muro adiacente la strada! Scartai a destra e frenai, ritrovandomi a pochi cm dal muro e solo per miracolo la ruota del camion non aggancio' il muso della mia auto!!!! Non riuscii (visto il traffico), ne' a prendergli il n di targa ne' ad inseguirlo. Ancora adesso non riesco a capire i motivi che hanno spinto quel CRETINO a compiere un atto potenzialmente omicida nei miei confronti, visto che non gli avevo ne' tagliato la strada, ne' risposto ai suoi insulti; da notare anche l'indifferenza degli altri automobilisti (alla faccia della solidarieta'....). Riflessioni sulla difesa personale Scrivo ancora per ricevere alcuni chiarimenti sul Kali o altre arti marziali simil (Krav Maga, Jeet Kune Do, Pencak Silat, ecc.) che hanno comunque lo scopo di addestrare alla difesa su strada. Avendo avuto informazioni di difesa personale e combattimento corpo a corpo da vari siti, mi sono venuti alcuni dubbi: tutte le arti marziali di difesa personale insegnano, prima delle tecniche, ad avere un atteggiamento mentale idoneo a qualsiasi situazione di pericolo. Diciamo che rendono pi coraggiosi e di conseguenza pi inclini a ragionare in una situazione in cui una persona comune sarebbe sopraffatta dal panico. Penso che fin qui le mie osservazioni siano giuste. Ma questo atteggiamento pu essere usato in qualsiasi situazione, ed il principio pi importante da imparare. Sempre riguardo alle mie ricerche ho letto che il Kali, come ad esempio il Wing Chun, sono arti marziali che usano tecniche "scorrette", o meglio sleali agli occhi di un praticante di arti marziali ordinarie. Ora, se sono in una situazione di pericolo, in cui rischio di finire davvero male, al di l delle tecniche che posso conoscere, sfruttando l'atteggiamento mentale di cui parlavamo prima, potrei usare una qualsiasi difesa opportunistica legata al fatto che comunque non sono costretto ad usare metodi "leali". Temo di essere stato poco chiaro, quindi mi voglio spiegare con un esempio:

mi trovo in un bar e scoppia una lite tra me ed un'altra persona. Non posso evitare lo scontro e l'altro vuole a tutti i costi farmi del male. Prendiamo tre ipotesi: 1. Il mio aggressore orgoglioso e magari un p esibizionista, quindi mi invita ad uscire e a regolare i conti da uomo a uomo, faccia a faccia, in uno scontro frontale. Io lo seguo, ma se non conosco il combattimento corpo a corpo e lui si, io sono fatto. Magari sono visto come un coraggioso ma comunque sono fatto. 2. Il mio aggressore si comporta come sopra, ma io sfrutto l'atteggiamento mentale della difesa personale e, invece di seguirlo fuori lo attacco alle spalle mentre si appresta ad uscire, magari scagliandogli addosso un qualsiasi oggetto di offesa (bicchiere, posacenere, coltello, ecc.). Io sono vigliacco e scorretto per anche sano e salvo e sopratutto in salute. Lui invece KO. 3. Il mio aggressore non aspetta un istante e mi si scaglia addosso. Io conosco le arti marziali, magari come il Kali, e sono salvo, magari sempre sfruttando un suo punto debole o una situazione a me favorevole. Nella prima ipotesi mi comporto come un vero "guerriero" ma rischia di finire male, nella seconda non sono troppo corretto per sono salvo, nella terza vinco io, combattendo faccia a faccia, ma se vero che le tecniche di difesa personale non sono molto leali un p una via di mezzo tra le prime due ipotesi. Quindi mi chiedo se necessario comportarsi da "guerrieri" anche sulla strada, oppure fregarsene e salvarsi la pelle con qualunque mezzo. Suppongo che nelle filippine i combattimenti di spada o di coltello venissero disputati come tra veri uomini, faccia a faccia e fino alla morte, per sempre seguendo una sorta di codice cavalleresco (non attaccare alle spalle, non usare armi se l'altro disarmato, ecc.). Ma siccome sulla strada di regole non ce ne dovrebbero essere.....Senza contare il fatto che al giorno d'oggi con tutto quello con cui si va in giro si quasi armati fino ai denti.(ES.: se mi devo difendere su strada ed ho il giusto atteggiamento mentale non ho bisogno n di tecniche di nessuna arte marziale n di muscoli. Mi basta sfruttare questo atteggiamento, anche un p opportunista e sleale, ed usare ogni mezzo per vincere. Ad un attacco con un coltello non sono costretto a difendermi a mani nude; infilo una mano in tasca, estraggo un cellulare e lo scaglio contro il mio avversario. E anche se Mike Tyson, un cellulare in mezzo agli occhi fa molto male....). Concludendo osservo che comunque tutto dipende dalla situazione in cui ci si trova. Nicola P.S.: Resto dell'idea che la migliore difesa sia stare lontano dai guai. Diego da ROMA, 7/09/2002 Circa tre anni fa (ora ho 22 anni) stavo tornando a casa verso le 19.30 dopo aver passato i soliti tre quarti dora di traffico sul raccordo anulare di Roma a seguito di una giornata di studio passata alluniversit a seguire lezioni di una pesantezza unica (mi sembra tra le altre una esercitazione di economia politica)! Sulla mia via quindi a poche decine di metri da casa (come Ulisse che dopo un odissea di viaggio becca i Proci proprio a Itacha) trovo due ragazzi sui 17-18 anni che stavano cazzeggiando spingendosi picchiandosi o cose simili bloccando la strada mentre andavano in motorinocosi gli suono con decisione finch non lasciano libera la tanto agognata strada verso la meta! Nel pieno del sorpasso sento un colpo

sordo e forte al lato destro della macchina Oddio mio! Vuoi vede che ho fatto secco uno?!?! questo fu il mio primo terrorizzato pensiero; al terrore subentr la rabbia quando guardando nello specchietto retrovisore vidi che non ero io che avevo preso lui ma lui che correndomi dietro prendeva a cascate (colpi di casco) la mia macchina! Mi controllai e (forse anche un po intimorito) lo seminai dirigendomi verso casa irridendolo tra me e me To ho beccato uno degli Hells Angels in CIAO!! Dopo aver parcheggiato proprio sotto casa mia, sentendo il rumore di motorini in avvicinamento pensai che forse era il caso di scendere con in tasca il mio manganello estraibile (retrattile? Spagnolo? Non lo so come si chiama una sbarretta di acciaio che dentro nasconde due molloneuna dentro laltra con un bullone in cima! Pi che un manganello sembra un frustino gigante per capirci!). Sono in piedi accanto alla macchina con la mano destra in tasca, dentro di me una voce dice non aver paura, vedrai che tirano dritto, stai calmo comunque se si fermano non fare cazzate laltra figlia della rabbia repressa di pochi secondi prima se se fermano infilagli il casco su per dove non batte il sole!. Il mio dilemma amletico venne risolto dal ragazzo a tutti noto come colui che colpisce col casco le macchine altrui il quale arrivato infuriato come solo un imbecille pu essere, frena, butta il motorino per terra e senza dire una parola tenendo il casco con la mano sinistra tenta di darmi, con questo, un marrovescio (in maniera molto sgraziata) in pieno volto! Per fortuna anche lui, come me, non doveva essere molto esperto di arti marziali (sicuramente col tempo diventer un campione in guerriglia urbana e assalti a mano armata in curva NORD) infatti per caricare il colpo, con quello che presumo fosse il suo braccio debole, fece un ampio gesto portando la mano col casco fin dietro la testa e non fu affatto difficile bloccare il colpo a mezza via serrandogli il polso con la mia mano snistra (intanto laltro ragazzo tentennante guardava la scena mentre scendeva dal motorino)! Magicamente la mano era uscita dalla tasca, il manganello si era aperto, il simpatico buffoncello era un bersaglio perfetto iniziai a colpirlo come un matto sulla schiena sul collo e sulla mano destra con la quale per fortuna si parava la nuca; mi vergogno un po della mia reazione, che anche se dettata dalla legittima difesa forse stata un po esagerata (non proporzionata alloffesa, presente o temuta, come si dice in gergo) ma chi pu dire cosa sarebbe successo se non avessi reagito? Citando un detto di antica saggezza e sconfinando un po nel banale meglio un brutto processo che un bel funerale! Comunque in quel momento il mio corpo fino un secondo prima stanco schizzava vigore da tutti i pori, la rabbia mi faceva lacrimare gli occhi pulsare le tempie e il mio braccio colpiva da solo e cercava i punti pi esposti e non certo i pi letali! Ritorniamo al fatto: ero li che pestavo come un contadino ubriaco che pigia luva dopo la vendemmia (fuor di metafora in tutto non gli avr dato pi di quattro cinque colpi) che il secondo burinozzo, forse spaventato, decide di intervenire e lo fa in maniera, per mia fortuna, indecisa e frettolosa; inizia, infatti, a colpirmi in piena fronte (o almeno, io, avendo le mani occupate cercavo di prestare istintivamente la fronte, parte meno vulnerabile del viso, ai suoi colpi) anche lui usando il casco a mo di mazza e c chi dice che portare il casco salva la vita per mia fortuna questo, sicuramente meno imbecille del primo, non impugnava il casco ma me lo faceva piovere sulla zucca tenendolo per i lacci. Ci sono voluti tre colpi (almeno tre erano i bernoccoli che di li a poco si sarebbero formati) perch io lasciassi la presa e smettessi di tempestare il primo, che un secondo dopo gi era a cavallo del motorino e cosi fece immediatamente il suo degno compare! Rimasi li a guardarli andarsene poi mi sedei sugli scalini di casa piangendo non per il dolore ma per la rabbia che ancora non riuscivo a controllare! Morale della storia? Non so! Forse che una tranquilla giornata di stress cittadino pu trasformare chiunque in un killer improvvisato assetato di sangue! Oppure che in una situazione di scontro fisico pi che la forza o la tecnica conta la rabbia, la decisione, la freddezza! Che chi prende il primo colpo, se lo prende bene e lo sente bene, difficilmente poi

rischia di prenderne altri e preferisce battere in ritirata! Che le cicatrici, si sono belle, ma stanno meglio sugli altri! Che i bulli altro non sono che vigliacchi che si fanno forza sul numero e si nascondono dietro un atteggiamento da duri! Non so quale sia la morale di questo mio giorno di ordinaria follia, ammesso che una morale ci sia veramente posso solo dire che il tutto dur pochi secondi ma fu uno dei pochi momenti in cui mi sono sentito veramente vivo fino in fondo! Dimenticavo ho fin da piccolo avuto la passione delle armi (da bambino compravo temperini piccolissimi che portavo sempre in tasca) ora ho il porto darmi, la mia passione continua e cresce, nel rispetto della legge e delle liberta altrui, anche se ostacolata e derisa ebbene proprio unarma, una di quelle cose tanto odiate e disprezzate, per tanti (non voglio entrare in merito alle idee politiche, intendete il mio tanti come generico) sinonimo di sopruso e violenza, proprio un arma mi ha permesso di uscire da una situazione di violenza e sopruso che altrimenti avrei dovuto subire, e per una volta, almeno una, ha fatto pendere la bilancia dalla parte del pi debole, della persona onesta che i guai non li cerca e non li crea! Un altro caso Io e un mio amico di ritorno da una serata al centro e precisamente nella zona della piazza della citta' vecchia (la piazza dell'orologio) stiamo attraversando una delle stradine adiacenti il centro. Stiamo camminando ed io come al solito tengo "le antenne" ben dritte.Ad un certo punto veniamo fermati da un omino Brasiliano con un mappa della citta' in mano. Prodigo di sorrisi ci chiede dove si trova un fantomatico "Hotel Austrian" cercando di indicarmi la posizione sulla cartina.Io rispondo di non conoscerlo ,ma lui insiste e mi invita calorosamente a fare un lavoro di ricerca sulla cartina.Per gentilezza io inizio a consultare la cartina ma con quel senso di pericolo imminente che mi martella. Il mio amico sta li di fianco sereno guardando quanto e' bello il vicolo in cui ci troviamo.Ad un certo punto vedo passare con la coda dell'occhio due tipi in giacca e cravatta ma dall'aria un po' losca.Ci superano di qualche metro e poi tornano indietro. Si avvicinano al tizio che ha chiesto l'informazione chiedendogli il passaporto che lui estrae immediatamente. Dopodiche bofonchiano qualcosa tra di loro gli mettono le mani addosso e tirano fuori dalle sue tasche un pacchetto di polvere bianca urlando "cocainum" o qualcosa del genere. Ed eccoci ...si girano verso di noi urlando e tirando fuori un tesserino dove il tizio a cura di coprire con il dito la scritta in alto...la cosa inizia a puzzare.Le urla continuano intimandoci di estrarre il passaporto e facendo capire che sono poliziotti. A quel punto inizio a gridare piu' forte di loro dicendo in inglese che voglio un agente di polizia in divisa e urlo rabbioso allontanandomi e trascinando il mio amico "dormiente". Sulla loro faccia compare un espressione allibita ,mollano l'osso e mentre usciamo dal vicolo incrociamo due loro compari appostati.Noi correndo ci allontaniamo e filiamo a prendere la metropolitana.INDENNI per fortuna.

Ecco quello che posso dire sulla vicenda e che forse grazie ad essere riuscito a mantenere la freddezza , analizzando la situazione in tutte le sfumature(vedi dito sul tesserino) e reagendo inaspettatamente cioe' urlando e mostrandomi deciso sono riuscito a non essere almeno derubato con il mio amico (che continuava a non capire cosa stesse succedendo(la famosa condizione BIANCA)). Dal Trauma alla Performance. Micropsicoanalisi e prestazione sportiva Questo mio intervento ha come oggetto lambito sportivo in senso proprio e latleta, cio chi pratica uno sport individuale o collettivo a livello agonistico, e come obiettivo il significato della prestazione e il suo miglioramento. Dato che lottica e il metodo sono quelli psicoanalitici, tutto limpianto si discosta da quello pi propriamente e tradizionalmente psicologico sportivo, anche se cerca di integrarne taluni apporti essenziali. bene dire subito che in Italia, a differenza di altri paesi, la psicologia dello sport ancora intesa per lo pi, nonostante i notevoli cambiamenti degli ultimi dieci anni e fatta eccezione per taluni ambiti oserei dire pionieristici, come strumento di intervento diagnostico e/o psicoterapeutico, e la presenza dello psicologo in una quipe o presso un atleta vista come eventuale supporto o come tentativo di rimedio di una situazione "critica", non certo o non ancora come fattore di formazione e di miglioramento prestazionale, quindi in termini di sinergia con il ruolo dellallenatore, del medico, del farmacologo, del dietologo, del massoterapista, ecc. Di fatto, per quanto riguarda lo sportivo, lasse rimane sbilanciato sul polo somatico proprio perch su questo verte la sua attivit e dunque la sua preparazione fondamentale, mentre il polo psichico finisce per diventare o lelemento di intralcio, sorta di anello debole del corpo dellatleta, o di affinamento della sua potenza e abilit fisiche; in ogni caso una specie di organo accessorio, collegato s al motore principale ma non essenziale per il suo funzionamento. Rimane dunque una scollatura tra preparazione fisica e preparazione mentale, tra lavoro dello psicologo e lavoro dellallenatore, che non fa che riproporre la vecchia dicotomia tra psiche e soma, nonostante che, soprattutto da parte della psicologia dello sport pi avanzata, quella intendo aperta alle neuroscienze e al costruttivismo, si cerchi di ricomporre in unit i due poli separati in unottica autenticamente psicosomatica e a indiscutibile beneficio dello sport e della prestazione. Anche quando lambiente sportivo richiede lintervento psicologico, in realt la sua richiesta di una pillola psicologica, dagli effetti immediati o nel pi breve tempo possibile, concentrata al massimo per via degli impegni agonistici che ormai invadono tutto larco dellanno e mirata unicamente al risultato. Di qui la richiesta, soprattutto di tecniche, brevi e facilmente asssimilabili dallatleta, da impiegare anche nello spazio ristretto del pregara. Una linea di tendenza questa che non vale solo per lo sport ma per tutti gli ambiti di espressione delluomo oggi, tempo in cui tutto si brucia nellistante e guarda alla produttivit immediata. 1. Psicoanalisi e sport. ovvio che, date queste premesse, un metodo e unottica come quelli psicoanalitici sembrano essere assai poco praticabili in campo sportivo. Lintervento dello psicoanalista richiesto eventualmente quando ci sono crolli vistosi e di chiara matrice psicologica nellatleta. Anche in questi casi comunque lo spazio concesso al lavoro sempre molto

ristretto, quindi forzatamente limitato alla psicoterapia o, nella migliore delle ipotesi, allanalisi focale. La possibilit di unosservazione profonda in un atleta pertanto estremamente rara; generalmente piuttosto in individui che praticano lo sport, se non proprio marginalmente, quantomeno come attivit secondaria, che tale investigazione possibile; occorre per tenere presente che costoro si rivolgono allanalista non per problemi attinenti questa attivit ma per sofferenze o disturbi daltro tipo. Le rare eccezioni di atleti che, magari successivamente ad una psicoterapia breve, decidono di continuare il lavoro in senso pi propriamente analitico e di proseguire parallelamente lattivit sportiva primaria costituiscono casi particolari, nel senso che rivelano una disposizione interna allanalisi, e dunque un desiderio di cambiamento radicale del loro assetto globale. Cambiamento naturalmente non vuol dire abbandono dello sport, ma un nuovo modo e pi proficuo di esercitarlo, anche se non esclusa lipotesi che questo interesse diminuisca, si trasformi o venga addirittura meno. Questi soggetti comunque permettono, con uno strumento analitico adeguato, di osservare e seguire fin nei nuclei pi profondi il formarsi e lassestarsi della passione e della pratica sportive come forme privilegiate di espressione del loro mondo interno. La micropiscoanalisi da questo punto di vista si rivela uno strumento ideale per linvestigazione dellambito sportivo in tutte le sue componenti, umane e situazionali, a causa della sua duttilit, dei suoi supporti tecnici e soprattutto del suo modello energetico &emdash; integrato con i punti di vista strutturale e dinamico freudiani - che ricompone in unit polo psichico e polo somatico delluomo, riformulando in modo scientifico la psicosomatica e rendendo perfettamente conto dei processi fini che intessono levoluzione dal primario al secondario e linterrelazione tra psiche e soma. Inoltre permette, anzi in certo qual modo costringe, ad andare al di l dellindividuo ed abbracciare lintera storia umana in cui per tappe successive si sono elaborate, cristallizzate e fissate le forme e i setting dellagire sportivo collettivo, nelle quali si riversano come in stampi preconfezionati e sulle quali si intrecciano le vicende individuali. 2. Prototraumi e sublimazione dellaggressivit. Proprio in ordine a questultimo aspetto lindagine micropsicoanalitica consente di scoprire e ricostruire per messe in serie associative le fasi di formazione ed evoluzione della forma sportiva a partire dalle origini mitico-rituali e sacrali-sacrificali degli elementi che la compongono fino alle loro risultanze finali nello sport moderno; una evoluzione che vede il passaggio progressivo da un trauma-dramma cosmico o precosmico o cosmogonico duplicato e reiterato nel rito, ad un trauma-morte umano (la morte delleroe) perlaborato come lutto nei giochi agonistici e gladiatori, ad un trauma interno neutralizzato o sublimato nello sport attuale. In altre parole, unevoluzione nel senso di una codificazione e sottomissione a regole sempre pi vincolanti di impulsi aggressivi allorigine estremamente violenti e disgreganti. Tali impulsi, connessi con quellattivit primaria che laggressivit e attivati da un trauma originario, in un primo tempo sono proiettati su uno scenario cosmico e rappresentati per mimesi nel territorio del sacro con un vincolamento al codice rituale e normativo che al sacro pertiene; in un secondo tempo sono desacralizzati, identificati e giocati sullo scenario umano in connessione con immagini di separazione e perdita, quindi agiti nellambito dei riti funerari e iscritti in quel complesso lavoro di elaborazione del lutto che vede attivarsi in modo privilegiato i processi di identificazione e idealizzazione. In un terzo tempo si sganciano anche dal contesto funerario e si legano alla dimensione della festa e dellesaltazione di capacit prettamente umane. A questo punto il trauma originario, internalizzato e apparentemente scomparso o disattivato, in realt rimosso specie nelle sue

componenti rappresentazionali, pu diventare motore prestazionale in individui che per il loro terreno e per i loro vissuti interiorizzati sono predisposti allesternalizzazione sportiva. Se questa levoluzione storica e dinamica globalmente considerata nei suoi tempi principali, il processo evolutivo concreto pi complesso e vede attivarsi congiuntamente, sia pure con diversi gradi di intensit in ogni tempo forte i meccanismi di proiezione, identificazione e rimozione; landamento generale comunque quello di una progressiva desaggressivizzazione degli impulsi aggressivi, quindi di sublimazione dellaggressivit. Tale processo di sublimazione implica, oltre al cambiamento degli oggetti-meta delle pulsioni aggressive mediante loro sostituzione con oggetti-meta socialmente accettati, un altrettanto complesso lavoro di metabolizzazione di quel trauma che fin dalle origini sta alla base della forma sportiva e che poi altro non che una manifestazione di squilibrio o di rottura in relazione a un conflitto fondamentale determinato da incompatibilit strutturali. proprio del mito mettere in scena questi antagonismi originari per padroneggiarli e eventualmente risolverli, come proprio del rito trasporli nellagito secondo forme, modi e sequenze ordinate che ne regolano i dinamismi interferenti e contrastanti. La forma sportiva e il suo setting, che a loro volta sono costituiti da elementi appartenenti al medesimo nucleo conflittuale aggressivo quale si esprime allinterno di essi, conservano una relativa stabilit nel corso del tempo, per non dire una rigidit di tipo superegoico, in quanto rappresentano il limite che circoscrive lo spazio dellagire sublimato e regolato, separandolo da quellaltro spazio in cui tutti i processi sono pi liberi e laggressivit si esplica nelle forme pi dirette o mascherate, nevrotiche o perverse. Luoghi del tab, forma e setting segnano il limite invalicabile, se non per gli addetti ai lavori e dietro precisi rituali purificatori, tra il sacro e il profano, tra il puro e limpuro; nelle attestazioni pi arcaiche sono spesso rappresentati dalla figura del serpente che si morde la coda (Ouroboros, Apophis, Pitone e derivati, ecc.), figura inodore/puzzolente, secondo lopinione antica, che porta iscritto nella sua stessa natura ambigua il segno dellambivalenza e della contraddittoriet e cui sono ascritte nelle diverse culture azioni, funzioni e significati simbolici molteplici, spesso diametralmente opposti e riassumibili nella parola greca pharmakon, cio veleno e rimedio. Anche latleta/eroe/solutor denigmi Edipo chiamato da Sofocle pharmakon, in quanto artefice di felicit e di sventura, limite tra umano e superumano, conosciuto e sconosciuto, personificazione di norma e trasgressione. La palestra, lo stadio, il circuito, il ring, ecc. sono forme chiuse di analogo significato, entrando nelle quali se ne assumono le valenze strutturali e dinamiche, quindi con mobilitazione di sentimenti e pensieri che entrano in risonanza con immagini e vissuti profondi. Ovviamente questo non vale per tutti ma sicuramente per chi porta nella sua eredit psichica o nelle esperienze interiorizzate della sua ontogenesi il ricordo di tali forme e le impressioni del lavoro avvenuto al loro interno. 3.Lorganizzazione psicobiologica dellatleta e la sua dinamica. Venendo dunque allatleta attuale, questi si trova inserito nella forma assunta dallo sport moderno, forma ormai decisamente sganciata dalle sue origini sacrali e divenuta il luogo dellespressione corporea e della competizione al massimo grado. Anche in questa nuova dimensione levoluzione stata nel senso di un vincolamento sempre pi stringente a regole precisamente definite e di una neutralizzazione sempre pi spinta

degli impulsi violenti e disgreganti. Ha proseguito quindi la tendenza alla deviazione dellaggressivit verso la sua sublimazione. Il costante invito al fair play di questi ultimi anni ne la pi evidente illustrazione, anche se nella sua reiterata invocazione denuncia un ritorno proprio di quegli elementi che la linea di tendenza cercava di escludere o di neutralizzare. Daltronde il processo di sublimazione non mai concluso, in quanto processo dinamico che, sotto la spinta delle componenti strutturali dellaggressivit, continuamente si elabora e si rimodella a contatto con lambiente esterno e/o per interni spostamenti di investimenti e scambi di informazioni. A questo proposito, due considerazioni possono essere fatte dal punto di vista psicosociale: 1. la tendenza a desaggressivizzare sta interessando tutti gli ambiti dellespressione umana, con conseguente stasi energetica e rinforzo della rimozione delle rappresentazioni e affetti specifici dellaggressivit. Di qui lincremento delle risultanze nevrotiche, psicosomatiche e perverse. 2. In ambito sportivo la tendenza alla trasgressione delle regole, la pratica dilagante del doping e la ricerca di ogni mezzo per imporsi a qualunque costo, anche a seguito della pesante intromissione di interessi commerciali e finanziari, fanno aumentare il rischio nei tempi lunghi per lo sport stesso, oltre che beninteso per la salute e la longevit atletiche degli sportivi. Ma ritornando al punto di vista psicodinamico, latleta per sua costituzione psicobiologica si esprime in modo privilegiato con e attraverso il corpo: il corpo diventa il teatro in cui si rappresentano tutti i suoi vissuti, e questi si estrinsecano nella forma primordiale dellazione, cio attraverso lattivit motoria. In che modo ci avvenga e come sia possibile, la metapsicologia micropsicoanalitica lo spiega in base al denominatore comune energetico che lega alla radice e nellidentit di essenza lo psichico e il biologico: entrambi cio sono strutturati energeticamente in organizzazioni di complessit crescente e sono in interazione permanente, accumulando e trasferendo dalluno allaltro polo informazioni ed energia. Cos lo psichismo inconscio descritto in termini di livelli di organizzazione energetica che contengono la memoria di esperienze e vissuti aggressivo-sessuali, onto- e filogenetici interiorizzati e che, quando si riattivano, si caricano producendo spinte pulsionali la cui funzione di scaricarli. Nel processo di carica-scarica si operano movimenti energetici e modificazioni di sistema che interessano lintero apparato psicosomatico, con interscambi di informazioni tra mente e corpo e mobilitazioni della motricit delluna e/o dellaltro. Il tutto allo scopo di riequilibrare lorganismo psicobiologico. 4. Dalla fusione alla transizionalit. Tornando allora allatleta, possiamo dire che il corpo la via preferenziale di scarica delle tensioni ed sul corpo che sono veicolate le informazioni contenute nelle entit psichiche. Linconscio cerca cos di manifestarsi nel corporeo mediante una dinamica che poggia sui diversi livelli di strutturazione energetica propri del biologico (molecole, cellule, tessuti, organi, apparati, sistemi). Il perch di questa via preferenziale pu essere spiegato, oltre che dal terreno del soggetto, proprio dai tipi di vissuti interiorizzati e dalla dominanza aggressiva di questi stessi. Nuclei rappresentazionali-affettivi a forte componente destrutturante e disaggregante, che rischiano di far esplodere o implodere lunit psicobiologica, pongono lorganismo in stato di sovraccarica, quindi di estrema tensione e di allerta che pu attivare la motricit corporea innescando comportamenti primordiali di attacco/fuga, istinti e bisogni pi direttamente legati alla sopravvivenza. Il livello di attivazione (arousal) di base sembra essere pi elevato negli atleti e sbilanciato verso il polo dellagitazione o della frenesia, con una tendenza allansia somatica piuttosto che a quella cognitiva. I forti nuclei aggressivi si

ripercuotono sugli stadi di sviluppo ontogenetico producendo vissuti a intensa coloritura conflittuale ed esaltando in modo particolare le pulsioni sadiche e di appropriazione. Ma particolarmente importanti al fine di un destino atletico risultano essere alcune fasi di transizione estremamente delicate: anzitutto quella tra il periodo fusionale e quello defusionale, in cui labbarbicamento del bambino alla madre nellindistinzione proprio del primo periodo, con circolazione e scambi informativi tra luno e laltra, pu prolungarsi, fissarsi o violentemente interrompersi esacerbando vissuti di abbandono e di rivendicazione, attivando pulsioni di rigetto e di distruzione cannibalica mescolate con pulsioni di annichilamento e mobilitando una continua rincorsa al ripristino della situazione precedente perduta. Si pensi solo, ad esempio, alla coazione a correre o ad allenarsi in modo ossessivo in taluni atleti, coazione che come una spinta irrefrenabile verso una meta sconosciuta e che sempre si sottrae, costringendo cos la spinta medesima a cortocircuitarsi sul corpo stesso del soggetto divenuto oggetto-meta di essa. Linvestimento sul proprio corpo di tali pulsioni nel loro impasto con le corrispettive sessuali pu diventare in tal caso lequivalente di un investimento narcisistico sul corpo della madre, favorendo legami di tipo simbiotico e sospingendo lo psichico verso il corporeo, anzi lepidermico, come luogo di rifusione. Forse proprio qui che si forma la disposizione alla somatizzazione. Altra fase estremamente importante, soprattutto ai fini della sublimazione dellaggressivit, quella delineata da Winnicott e denominata "fase transizionale"; durante questa il bambino, se aiutato da una madre sufficientemente buona, riesce attraverso la sua creativit a riparare quanto stato danneggiato dalle pulsioni aggressive, e lo fa costruendosi un oggetto intermedio che sta tra il s e il non s, corpo esterno che prolungamento di s. In realt questa fase si riempie di realt e fenomeni transizionali che costituiscono come un mondo di mezzo, tra realt e immaginazione, in cui avvengono scambi di informazioni, percezioni, esperienze tra mondo interno e mondo esterno, dove si stabiliscono connessioni e corrispondenze in un movimento oscillante di proiezioni, identificazioni e introiezioni in assoluta libert, che esaltano la capacit creativa del bambino e lo predispongono alle realizzazioni artistiche, religiose, magiche sportive. 5. La prestazione e il suo miglioramento. Giungendo al punto finale del mio intervento,e cio alla prestazione sportiva, chiaro dalle premesse che questa la si raggiunge quando la sublimazione dellaggressivit stabilmente raggiunta e riuscita, integrandosi con la sessualit e ponendosi con questa al servizio dellio e delle istanze ideali. Il massimo della prestazione si ha in quella che viene chiamata peak experience o pi semplicemente momento magico: in tale momento il gesto sportivo fluisce naturalmente quasi a prescindere dalla coscienza che il soggetto ha di compierlo; il gesto in certo senso si fa da s e latleta tutto nel gesto, il gesto o vede se stesso compierlo come se fosse un altro, in una contemplazione quasi ipnotica da cui sono assenti fatica, impegno, concentrazione sulle abilit acquisite, strategie. Si potrebbe quasi dire che il soggetto si fa tutto corpo e il corpo si sublima nel mentale, ritrovando la comune origine energetica, con i giusti stimoli, cio con la libera circolazione delle informazioni tra la mente e il corpo ed una perfetta cibernetica psicobiologica. Ovviamente questo tipo di risultato un punto di arrivo, la conclusione di un lungo lavoro preparatorio compiuto sul corpo e sulla mente. Una volta tale lavoro lo si faceva esclusivamente sul corpo; ora ci si resi conto che lavorando sulla mente, proprio per la cibernetica psicobiologica si producono effetti importanti nel corpo, nel senso addirittura di un suo allenamento fisico. Daltronde, se si pensa che un sogno pu indurre un

sovraffaticamento fisico o viceversa unattivazione di forze insospettabili, si pu capire che una preparazione mentale mirata possa avere sensibili effetti sul gesto atletico. Naturalmente occorre rendersi conto di come si producono questi risultati, per affinarne le tecniche. Ritengo da questo punto di vista che il modello micropsicoanalitico possa essere un ottimo strumento di lettura e di decodificazione delle interrelazioni psicosomatiche, cos come sia in grado di situare con relativa precisione i diversi livelli di organizzazione, di scambio e di traslazione tra psichico e somatico con le relative trasformazioni strutturali e dinamiche quali sopravvengono nei diversi sistemi psichici. Chiarisce altres che, se le stimolazioni-induzioni esterne, cio provenienti dallambiente o dal corpo, hanno effetti sullo psichismo, questultimo, data la maggiore plasticit della sua organizzazione, la sede principe della elaborazione e trasformazione dei processi psicosomatici. Daltronde nellinconscio che si strutturano le unit informative di base che circoleranno negli strati superiori e nel corpo. Ma la metodica micropsicoanalitica, sotto qualunque forma sia praticata (come psicoterapia breve nel suo setting proprio o "sul campo", come counseling, come analisi focale, ecc.), certamente uno strumento eccellente per il miglioramento della prestazione. Prima di tutto quando il processo di sublimazione riuscito solo parzialmente e rischia, sotto la pressione di impulsi disgreganti, di fallire o di deviare in esteriorizzazioni inadeguate; in secondo luogo come intervento focale su disturbi soprattutto di ordine psicosomatico che possono intralciare o arrestare temporaneamente e pi o meno gravemente la pratica sportiva; infine integrare in un piano di preparazione mentale a lungo o medio termine tecniche di visualizzazione o di rilassamento con taluni supporti tecnici che le sono propri, quali lo studio delle fotografie &emdash; specie quelle relative allattivit sportiva -, dellalbero genealogico e delle registrazioni di colloqui e sedute. Ma al di l di tutto ci lelemento forte dellefficacia in ambito sportivo il particolare atteggiamento che il micropsicoanalista dimostra, come risultante della sua formazione, in qualunque situazione si trovi a vivere, operare e relazionare; quindi la sua modalit di presenza e di ascolto, oltre che lattenzione al materiale che casualmente o espressamente gli viene offerto. La Psicologia del Corpo applicata allo Sport e all' Arte Marziale Negli ultimi anni, il mondo dello sport (discipline sportive e marziali) ha trovato ampia possibilit di diffusione e rinnovato interesse da parte del gran pubblico. Tutto ci grazie ad una gigantesca operazione commerciale che ha invaso anche il mondo sportivo, inglobandolo nel "grande business". Detta evoluzione ha orientato l'attenzione degli istruttori e degli allievi al conseguimento del "risultato ad ogni costo", lasciando in secondo piano l'importanza del percorso formativo globale ed individuale degli atleti. In questo "grande business", anche i principi teorici e d'intervento della formazione sportiva ha subito un'evoluzione; si preferito puntare sul "risultato ad ogni costo" come trampolino di lancio per il mondo commerciale, piuttosto che dedicarsi alla crescita ed allo sviluppo psicofisiologico dei propri atleti.Ovviamente l'eccellenza tecnica e la preparazione atletica sono state considerate per lungo tempo elementi fondamentali nel quadro del rendimento generale. Ottenuto ci per, tra due atleti che hanno lo stesso livello di preparazione, colui che dimostrer una migliore preparazione psicologica, avr sicuramente pi probabilit di vittoria. Tutto ci fino ad ora, stato lasciato alla fortuna personale del singolo atleta.

La psicologia dello sport, a partire dagli anni '50, ha studiato la possibilit di ottimizzare il rendimento degli atleti utilizzando la metodologia di H. Selye basata sull'analisi di "stimoli e risposte". Nell'ultimo decennio la psicologia dello sport si evoluta dal modello di partenza, promuovendo un allenamento psicologico dell'atleta che ha consentito un'impennata delle prestazioni in molte discipline sportive. Questo tipo d'allenamento psicologico, seppur funzionale per certi aspetti, rivela per un grosso limite: lavora sulla mente, ma continua a mantenerla com'entit scissa dal corpo, perpetuando cos l'atavica scissione tra corpo e mente. La scissione mente-corpo che caratterizza i modelli d'intervento psicologico nello sport, sino ad ora utilizzati, si evidenzia nei seguenti fattori: 1) LINGUAGGIO VERBALE L'allenamento psicologico realizzato utilizzando un linguaggio esclusivamente verbale e basandosi su strumenti teorici, che il pi delle volte rimangono incomprensibili ed intraducibili per l'atleta, capace soprattutto di comprendere un linguaggio corporeo. 2) LUOGO D' ATTUAZIONE e CONOSCENZA ESPERENZIALE DELLO PSICOLOGO. L'allenamento psicologico attuato ben lontano dai campi d'allenamento, rimanendo cos scisso dalla realt dell'atleta e dal lavoro dell'allenatore tecnico. L'esperto in psicologia, solitamente conosce solo la propria materia, ma non ha esperienza dei vissuti psicocorporei dell'attivit motoria di cui tratta. 3) LAVORO SULLE EMOZIONI L'allenamento psicologico sprovvisto di tecniche d'intervento capaci di agire sulla sfera emotiva dell'atleta, al fine di consentirgli di gestire al meglio l'incalzante tensione indotta dall'allenamento ed il potente stress da gara. 4) APPLICAZIONE DELL' ALLENAMENTO AI DIVERSI TIPI D' ATLETI L'allenamento psicologico utilizzato solo con atleti agonisti, escludendo cos tutti i praticanti amatoriali, dalla possibilit di usufruirne i benefici. Analisi Bioenergetica e l' attivit sportiva e marziale: L'Analisi Bioenergetica, tecnica psicoterapeutica che combina la terapia corporea con la psicoterapia verbale, sin dai suoi albori stata utilizzata, non solo come tecnica psicoterapeutica, ma anche come supporto con il quale ottenere una migliore integrazione psicofisica da tutti coloro i quali utilizzano il proprio corpo come strumento di lavoro. Sin dai suoi albori nei primi decenni del 1900, l'Analisi Bioenergetica, prima in America e poi in Europa, fu adottata dal mondo dello spettacolo e della danza. Attori e ballerini, infatti, sollecitati dalle correnti culturali dell'epoca, che restituivano al loro lavoro sulla scena la completezza di una espressione, non pi meccanica e recitata, ma piuttosto arricchita dalla piena integrazione tra la gestualit del loro corpo e l'espressione veritiera delle loro emozioni, hanno potuto allenare detta integrazione psicofisica grazie all'uso degli esercizi dell'Analisi Bioenergetica. Questo lavoro pionieristico stato elaborato e realizzato da Ellen Green, psicoterapeuta d'Analisi Bioenergetica tanto sensibile quanto tenace, che per prima ha portato l'Analisi Bioenergetica fuori dalle stanze di terapia dando modo, a tutti coloro i quali usano il proprio corpo come strumento di lavoro, di usufruire dei benefici psicofisici promossi dagli interventi

dell'Analisi Bioenergetica nei diversi settori dell'attivit motoria ed espressiva. Oggi, all'interno del Settore di psicologia dello sport dell'IIFAB, sulle basi di tale lavoro pionieristico, recuperato ed ampliato negli ultimi anni con un costante lavoro di ricerca sul campo (sia sportivo sia psicoterapeutico) dalla Dott.ssa Distefano (atleta, istruttore d'arti marziali, psicologo dello sport e psicoterapeuta d'Analisi Bioenergetica), stato messo appunto un "Modello psicocorporeo d'intervento e d'allenamento nelle attivit sportive e marziali". Detto modello, a differenza dai precedenti non pi solo d'intervento per casi specifici, ma utilizzabile anche come metodo d'allenamento generale psicocorporeo adattabile alla formazione d'ogni attivit motoria. Concetti teorici di base e strumenti d' intervento L'attivit di ricerca, realizzata negli ultimi anni all'interno del Settore di psicologia dello sport dell'IIFAB, tesa ad individuare, grazie all'ausilio dell'Analisi Bioenergetica, le componenti psicosomatiche che caratterizzano le diverse discipline sportive, si concretizza oggi in un innovativo modello d'intervento psicologico, funzionale sia nella pratica sia nella formazione all'attivit motoria. Questo modello, tenendo conto delle qualit ed i limiti di quelli precedenti utilizzati nel mondo della psicologia dello sport, va a colmarne le carenze ed ampliarne le potenzialit, avvalendosi dei sistemi integrati di lavoro sul corpo e sulla mente dell'Analisi Bioenergetica. L'integrazione mente-corpo che caratterizza il modello d'intervento psicocorporeo nello sport, si realizza nei seguenti fattori: 1) LINGUAGGIO PSICOCORPOREO

La novit che caratterizza questo modello, sta nel fatto che la metodologia utilizzata, piuttosto che attuarsi con strumenti teorico-verbali, stata elaborata e si realizza sui principi psicosomatici di base dell'attivit motoria. Questa la grande novit! Abbandonando l'antica scissione mente corpo, ci si avvale di uno strumento d'intervento che integra questi fattori in una risoluzione pi completa e funzionale. Un allenamento psicologico che non rimane astratto ed intangibile, ma si pratica con il "corpo", seguendo i principi chiave della pratica sportiva e marziale. E' per questo che lo chiameremo "Allenamento psicocorporeo". 2) LUOGO D' ATTUAZIONE e CONOSCENZA ESPERENZIALE DELLO PSICOLOGO.

L'allenamento psicocorporeo si realizza grazie alla collaborazione tra il lavoro dell'istruttore e quello dello psicologo specializzato, che interviene lavorando direttamente sui campi d'allenamento. Lo specialista in psicologia, secondo questo modello, previsto che abbia esperienza personale della pratica motoria trattata e della tipologia d'allenamento eseguito dagli atleti. 3) LAVORO SULLE EMOZIONI

L'allenamento psicocorporeo, basato sulla teoria dell'Analisi Bioenergetica ed utilizzandone gli strumenti, ha ampia possibilit di lavorare direttamente sul vissuto emotivo dell'atleta. Gli strumenti dell'Analisi Bioenergetica consentono di riutilizzare in positivo le doti psicofisiche dell'atleta ed agevolarne il processo energetico canalizzandolo nell'azione atletica.

4)

APPLICAZIONE DELL' ALLENAMENTO AI DIVERSI TIPI D' ATLETI

L'allenamento psicocorporeo prevede la possibilit di essere adattato non solo con atleti agonisti per il conseguimento di un risultato competitivo, ma anche di essere inserito nell'ampio processo di crescita dell'atleta amatoriale. Tutti gli allievi, infatti, indipendentemente dal livello di competenza e dalle motivazioni ed aspirazioni che li hanno avvicinati alle arti marziali, possono, con l'allenamento psicocorporeo, migliorare le proprie qualit psicologiche e le proprie prestazioni fisiche. Struttura del Modello La strutturazione del modello psicocorporeo si basa su tre livelli. 1 livello Avendo in primo luogo analizzato i parametri psicosomatici che caratterizzano l'attivit sportiva e marziale, utilizzando come griglia di lettura l'Analisi Bioenergetica, abbiamo individuato nel linguaggio psicocorporeo un funzionale punto d'incontro tra le due arti. Il linguaggio psicocorporeo dell'arte psicoterapeutica dell'Analisi Bioenergetica facilmente si adattato al linguaggio corporeo e fortemente emotivo della pratica marziale e sportiva, trovando un felice punto d'incontro nella visione collegialmente condivisa del "movimento" come forma d'espressione sia mentale sia fisica dell'individuo. Ogni gesto atletico si risolve in un movimento che se attuato in piena integrazione psicofisica risulta fortemente efficace nella realt e soddisfacente per l'individuo che lo attua. Dove questa integrazione mentecorpo non si realizza adeguatamente, gli strumenti dell'Analisi Bioenergetica, applicati al gesto atletico in questione, sono funzionali per agevolare la liberazione del movimento bloccato dai vincoli delle tensioni caratteriali dell'atleta. Le tecniche psicocorporee prese in prestito dall'Analisi Bioenergetica, ed utilizzate in campo sportivo e marziale sono state selezionate con il fine specifico di intervenire su tre livelli d'analisi e di rielaborazione: livello posturale, livello respiratorio e livello energetico; tre livelli che tra loro sono fortemente relazionati. Nello specifico, sono utilizzate tecniche relative al: * lavoro di consapevolizzazione dei blocchi corporei, * lavoro di stress sulle tensioni psicofisiche, * lavoro per migliorare il grounding, * lavoro relativo alla gestione respiratoria ed energetica.

2 livello In un secondo momento abbiamo individuato gli elementi psicosomatici ed emotivi che caratterizzano i singoli sport e le diverse arti marziali. Ogni attivit atletica caratterizzata da movimenti corporei specifici veicolati da vissuti emozionali caratteristici. Partendo da tale considerazione abbiamo suddiviso il ventaglio di sport e di discipline marziali oggi praticate tenendo conto delle condizioni emotive specifiche che le caratterizzano.

Sport: * Sport di terra (calcio, atletica leggera, et.) * Sport d'acqua (nuoto, nuoto sincronizzato, pallanuoto, tuffi, et.) * Sport da salto (salto in alto, salto in lungo, salto con l'asta, tuffi, et.) * Sport di contatto (rugby, sport da combattimento, hockey sul ghiaccio, et.) * Sport con attrezzi (tennis, scherma, sport con la palla, ciclismo, et.) * Sport con animali (discipline ippiche, et.) * Sport in scivolata (bob, sci, pattinaggio, hockey sul ghiaccio, et.) * Sport estremi (arrampicata, alpinismo, ultramaratone, et.). Discipline marziali * Discipline da terra, * Discipline da posizione eretta, * Discipline con armi, * Discipline di lunga distanza, * Discipline di media distanza * Discipline di corta distanza, * Discipline da energia esplosiva, * Discipline da energia da resistenza, * Discipline di contatto. Ogni sport o arte marziale pu riconoscersi prepotentemente in una di queste categorie, ma contemporaneamente trovare spunti che la coinvolgono, anche nelle altre categorie. L'allenamento psicocorporeo prevede, tra i suoi obiettivi, l'allenamento delle condizioni psicofisiche tipiche dell'attivit motoria praticata. Allenamento finalizzato a migliorare nell'atleta la capacit di gestione delle specifiche condizioni psicofisiche, indotte dalla pratica motoria prescelta.

Esempio d'abilit specifiche da allenare. * Gestione della risposta allo stress acuto della gara e cronico dei carichi d'allenamento * Gestione dell'energia in gara ed in allenamento * Gestione del dolore * Gestione dell'ansia da prestazione. 3 livello Nei casi d'intervento specifico su un singolo atleta o per la preparazione agonistica degli agonisti individuazione delle caratteristiche psicosomatiche ed emotive del singolo atleta. Ogni atleta un individuo psicosomatico specifico, che grazie a codesta specificit capace di esprimersi al meglio in determinate prestazioni atletiche piuttosto che altre. L'allenamento psicocorporeo delle abilit sia generali sia delle singole discipline nello specifico, si realizza secondo il seguente schema: * Individuazione delle abilit da allenare * Allenamento a "freddo": utilizzando le tecniche dell'analisi bioenergetica. * Allenamento delle abilit in allenamento: applicazione del lavoro realizzato nel primo step nell'allenamento tecnico (lavoro bioenergetico applicato alla tecnica). * Allenamento delle abilit in condizioni gradatamente sempre pi stressanti, sino alla verifica delle abilit in gara. Metodo d' intervento del modello psicocorporeo L'attivit di ricerca del settore di psicologia dello sport dell'IIFAB, che ha dato vita al nuovo modello psicocorporeo, ha trovato realizzazione concreta grazie all'accoglienza dell'IMBA (International Muay Boran Academy), scuola di formazione marziale che, mantenendo come primaria finalit la crescita psicocorporea globale dell'atleta, ha accolto la l'Analisi Bioenergetica integrandola nella opera di formazione. All'interno dell'Accademia, dove la Dott. Distefano pratica e insegna Muay Thai oltre che essere responsabile del settore psicologia, stato possibile applicare il modello psicocorporeo realizzando due tipologie d'allenamento: una generale per tutti gli atleti e l'altra specifica per gli atleti della nazionale italiana di Muay Thai, che hanno partecipato ai campionati mondiali di Muay Thai, che si sono tenuti a Bangkok nel mese di marzo del 2001. Utilizzeremo il programma d'allenamento su citato, come esempio esplicativo del modello d'allenamento psicocorporeo. L'intervento presso l'Imba si realizzato nel seguente modo: 1) Analisi delle caratteristiche psicosomatiche specifiche della Muay Thai. La muay thai una disciplina marziale che prevede l'utilizzo di diverse qualit d'espressione energetica (esplosiva, media, lenta) ognuna delle quali si abbina con specifiche tecniche, portate utilizzando tutte tre le distanze di combattimento (lunga, media, corta). Ognuno di questi fattori elencati determina specifiche condizioni emotive e richiede altrettanti abilit

fisiche, che bisogna contemplare nella elaborazione del programma d'allenamento specifico per questa arte marziale. 2) Analisi delle specifiche caratteristiche psicosomatiche dei tre atleti del team. E conseguente impostazione del lavoro bioenergetico. * Il primo A (orale, rigido) longilineo, resistente ma poco sciolto nel movimento circolare del bacino necessario all'attuazione dei calci, stato impostato sfruttando la sua forza di sfondamento e la potenza delle sue ginocchiate, allenandolo alla gestione psicofisica della corta distanza. * Il secondo B (schizo-orale) esile, ma tenace, con precario appoggio sulle gambe ed un carico energetico focalizzato e bloccato nella parte superiore del corpo, stato allenato al recupero del grounding, al fine di recuperare la funzionalit delle gambe e ridistribuire l'energia in tutto il corpo. In tal modo ha potuto sfruttare al meglio l'energia esplosiva in suo possesso. * Il terzo C (rigido, masochista) tenace e resistente, ma con un'energia poco esplosiva, stato allenato ad utilizzarsi, in termini psicosomatici, come una forza diesel capace di avanzare lentamente, ma con incrollabile tenacia. Domande frequenti (FAQ) 1) Quali opportunit lavorative che offre, sia allo psicologo sia al tecnico, la formazione secondo il modello psicocorporeo? * La scelta di una formazione psicocorporea consente agli esperti di psicologia dello sport, non solo l'ampliamento del proprio bagaglio professionale, ma anche l'acquisizione di strumenti di lavoro che si adattano in modo pi efficace e risolutivo al contesto sia sportivo sia marziale. Detti strumenti, infatti, studiati specificatamente per l'attivit motoria e poi adattati in modo specifico alle caratteristiche psicofisiche di ogni singola attivit motoria, consentono un intervento di tipo psicologico che finalmente si integra in pieno con la corporeit dell'atleta * Il tecnico sportivo o l'istruttore marziale che sceglie una formazione psicocorporea, ( esperienza formativa sino ad trascurata nel campo della formazione dei tecnici) avr modo, non solo di fare un salto di qualit professionale, differenziandosi dai colleghi per la qualit e la completezza della propria formazione; ma ogni tecnico potr finalmente dare, finalmente, il giusto lustro e meritato valore alla propria professione. La professione di tecnico sportivo o marziale, infatti, sino ad ora stata considerata la Cenerentola delle attivit formative, mentre invece, rivalutandone le qualit formative sia del corpo sia della mente dell'individuo, merita di essere elencata tra le prime e basilari attivit formative per lo sviluppo dell'uomo, cos come le altre forme educative che la nostra cultura ci offre. 2) Cosa significa lavorare con il corpo?

Principio base dell'Analisi Bioenergetica che il corpo e la mente funzionalmente sono identici: " quello che avviene nella mente riflette ci che sta accadendo nel corpo e viceversa". L'interazione corpo e mente agisce principalmente sui livelli pi superficiali della personalit, cio si limita agli aspetti consci. Mentre ad un livello pi profondo, cio al livello dell'inconscio, sia le funzioni della mente sia quelle del corpo sono influenzate da fattori energetici. Infatti, difficile che una persona depressa produca pensieri ottimisti questo perch il suo livello di produzione e d'investimento energetico ridotto. Quando il livello energetico aumenta grazie ad una respirazione pi profonda, il movimento comincia a ad emergere dal corpo inerme e la persona depressa inizia a venire fuori della sua condizione di scarica energetica e depressione. I processi energetici sono in relazione con lo stato di vitalit del corpo e viceversa, quanto pi un corpo irrigidito o in tensione cronica tanto pi sar scarico energeticamente. Alla nascita il bambino come un vulcano in eruzione, dove scorre liberamente la lava o flusso energetico. Ma, sia nel bambino come nel vulcano, il libero fluire del flusso energetico deviato o bloccato da inevitabili difficolt e limitazioni che s'incontrano lungo il cammino della vita (limitazioni e stress relazionali e ambientali). Questi improvvisi ostacoli creano di volta in volta deviazioni del flusso d'energia attraverso tensioni muscolari croniche e blocchi articolari dei distretti corporei coinvolti nei conflitti emotivi irrisolti. Il libero fluire dell'energia pur trovando delle limitazioni comunque segno di vitalit, infatti, con la morte la rigidit totale, si ha il rigor mortis. Le tensioni muscolari che permangono dopo gli eventi stressanti della nostra vita, cronicizzandosi determinano le caratteristiche del nostro atteggiamento corporeo limitandone la motilit, l'autoespressione ed il livello energetico. Ogni muscolo contratto ha la funzione di bloccare un movimento, espressione dell'emozione che non possiamo concederci di sentire o non gradito dagli altri che noi manifestiamo. Per esempio, un bambino bloccato dall'educazione genitoriale a non urlare in nessun'occasione, non alzare mai la voce a non avere mai occasione di esprimersi liberamente, da adulto avr serie difficolt a farlo quando necessario. Da adulto scoprir che sin da piccolo ha dovuto bloccare l'espressione di se stesso, immobilizzando i muscoli deputati a farlo. La bambina, cresciuta secondo i principi convenzionali della femminilit non pu arrabbiarsi esprimendo fisicamente la propria rabbia, da grande avr difficolt a sferrare un pugno se necessario. O ancora un bambino che ha dovuto trattenere il pianto poich "un maschietto non piange" o ha ripetutamente assistito ad eventi che lo hanno impaurito manterr scolpito sul proprio corpo i segni delle emozioni trattenute, poich non gradite dalla madre, dal padre o da chi si prese cura di lui. Il lavoro dell'Analisi Bioenergetica sul corpo finalizzato a decontrarre le tensioni che bloccano il libero fluire del movimento e delle emozioni, riattivando cos la piena funzionalit energetica dell'individuo.

3) Come si adatta il modello psicocorporeo con l' attivit sportiva e marziale? Il modello psicocorporeo stata creato sulla base del "movimento" come principio vitale ed espressivo dell'individuo. In una prima fase il movimento, che individuiamo bloccato nel gesto tecnico dell'atleta, viene riattivato grazie alle tecniche dell'Analisi Bioenergetica al fine di recuperarne la piena libert e potenza energetica. In una seconda fase, il gesto bloccato allenato in precedenza, o meglio il movimento poco fluido deputato ad esprimere la difficolt mentale ed emotiva dell'atleta, dopo essere stato lavorato " a freddo " , cio al di fuori dell'allenamento fisico, viene inserito nell'allenamento reale dell'atleta, rispettando una scaletta di condizioni che vanno dalla meno stressante sino a quella pi stressante cio la gara. 4) Quali disturbi dell' atleta sono trattati dal modello psicocorporeo? Benessere e crescita psicofisica. Il modello psicocorporeo, quando applicato all'allenamento generale ha la funzione terapeutica di promuovere l'attivazione psicofisiologica pi consona e funzionale per l'individuo al fine di ottimizzare la sua prestazione psicofisica in palestra e nella vita, e consolidare lentamente e costantemente l'intera struttura psicofisica. 'atleta, anche se inconsapevole della tipologia di allenamento praticato, avvertir sin dalle prime occasioni di pratica un costante e progressivo benessere sia del corpo sia della mente, ottenendo cos una soddisfacente integrazione psicofisica, grazie alla pratica dell'attivit motoria a cui si dedica. Supporto alle psicoterapie psicocorporee. Lo sport o l'arte marziale, che si avvantaggia del supporto dell'allenamento (?) psicocorporeo, anche utilizzabile come supporto terapeutico per le psicoterapie psicocorporee. Interventi specifici su singoli atleti. Il modello psicocorporeo di frequente utilizzato per risanare i pi frequenti disturbi psicofisici manifestati dagli atleti: * Nikefobia: atleta bravo in allenamento, incapace di vincere in gara. * Ansia da prestazione. * Alterazioni del potenziale energetico sia fisico sia psichico. * Gestione della vittoria e della sconfitta. * Gestione della risposta allo stress acuto della gara e cronico dei carichi d'allenamento * Gestione del dolore. 6) Quali tempi e modalit d' intervento ha il modello psicocorporeo? Il modello psicocorporeo si applica direttamente sul campo di allenamento al fine creare, sin dal primo momento, un'integrazione tra il lavoro di allenamento mentale e quello fisico.

I tempi di risoluzione nei casi d'intervento specifico sono condizionati da numerosi fattori, quindi poco prognosticabili. E' pur vero che ogni piccolo progresso verso l'integrazione psicofisica, realizzato dall'atleta, rimarr per sempre inciso nel suo psicosoma, in quanto ottenuto non con l supporto di materiale estraneo ed utilizzato solo occasionalmente (come le pratiche di visualizzazione o di rilassamento), ma saranno progressi che l'atleta consegue grazie al suo lavoro attivo d'integrazione del proprio corpo con la propria psiche. Cos facendo l'atleta diventer padrone dei sui progressi e libero di fruirne non solo nella palestra dove pratica lo sport, ma anche nella palestra della sua vita. 7) Quali ripercussioni ha l' allenamento sportivo, praticato secondo i principi del modello psicocorporeo, sulla vita di un atleta al di fuori dei campi di allenamento? L'attivit motoria, sia essa sport o arte marziale, ormai condiviso da tutti, che, se praticata nel modo adeguato, un'occasione preziosa di crescita e benessere psicofisico per ogni tipo di sportivo (sia esso bambino, adulto o anziano). L'attivit motoria che si avvale del modello psicocorporeo, acquista un ulteriore valore rispetto alle altre che ne sono sprovviste, poich grazie a detto modello ha acquisito tra le sue finalit la crescita e la formazione dell'individuo nella sua globalit e non solo nel campo d'allenamento. Detta peculiarit fa, di uno sport o di un arte marziale, un'occasione di verifica obiettiva e costruttiva delle qualit e dei limiti dell'atleta, offrendogli la possibilit di migliorare costantemente le proprie prestazioni sia in termini fisici sia psichici. L'atleta scopre, con questa tipologia di allenamento, che le prestazioni del corpo e della mente, richieste dall'attivit motoria praticata, sono paragonabili alle prestazioni che la vita stessa gli impone giornalmente. L'atleta, avendo l'occasione di ascoltarsi e sperimentarsi in palestra, potr migliorare non solo la qualit della sua pratica sportiva, ma anche la qualit della sua vita, acquisendo maggiore dimestichezza con le proprie modalit comportamentali e rendendole sempre pi funzionali al suo benessere . 8) Le Classi di esercizi di Analisi Bioenergetica possono essere utili nella formazione all' attivit motoria? La Classe di esercizi (attivit che racchiude gli esercizi utilizzati nella psicoterapia dell'Analisi Bioenergetica, ma spogliati dal supporto analitico) nata per essere utilizzata, non solo come supporto alla psicoterapia, ma soprattutto per allenare ad una migliore consapevolezza psicofisica coloro i quali lavorano utilizzando come strumento di lavoro il proprio corpo, come gli attori, i ballerini o gli sportivi. Nel caso dell'attivit sportiva la Classe d'esercizi pu essere fonte d'ispirazione per estrapolarne alcuni esercizi ed inserirli all'interno dell'allenamento tecnico, al fine di migliorare la consapevolezza psicofisica del movimento che il gesto atletico richiede. La motivazione nell' attivit sportiva e la sua ottimizzazione Come istruttori, allenatori, coach, abbiamo sempre un unico denominatore: per mezzo dellallenamento arrivare a produrre risultati didattici apprezzabili. Abbiamo il compito di aiutare i nostri allievi a migliorare i processi di apprendimento; il modo migliore per raggiungere questi risultati di creare delle condizioni favorevoli allapprendimento, ovvero essere dei facilitatori di questi processi.

Dobbiamo avere sempre ben presente lelemento fondamentale, la motivazione, che rimane comunque e ad ogni livello alla base di qualsiasi successo sportivo, senza dubbio la chiave daccesso al lavoro di tutti i giorni, attraverso il quale latleta soddisfa i suoi bisogni, gli stimoli positivi, linteresse e il divertimento, la ricerca di affiliazione verso lallenatore ed i compagni di allenamento e non ultimo il bisogno di affermazione e di riuscita. CAPIRE LA MOTIVAZIONE Lindividuo inteso come unit psico-somatica deve coinvolgere ambedue le sfere contemporaneamente, per poter avere una esaltazione di quei fenomeni relativi alla prestazione, anticipando cos linsorgenza dei sintomi veri e propri della fatica. Questo non unesclusiva del solo meccanismo fisiologico di natura biochimica, oppure legato a fattori tipo let, la costituzione fisica, il sesso, o lallenamento, dobbiamo tenere in grande considerazione altri fattori che svolgono un ruolo ancora pi determinante, come: il profilo della personalit, lestrazione sociale, la monotonia, la noia e le motivazioni. In particolare mi occuper di monotonia e noia, strettamente correlate. La monotonia: molto spesso istruttori, allenatori, coach, rischiano inconsapevolmente di far scadere le sessioni di allenamento per mezzo di ripetizioni stereotipate, che producono negli allievi leffetto della noia che prende spazio allinterno dellindividuo per mancanza di soddisfazione verso unattivit che rimane estranea alla propria realizzazione. Pensando alla noia, possiamo dire che rappresenta senza dubbio e in modo particolare nella popolazione giovanile di questo preciso periodo storico un fattore negativo che incide fortemente su ogni tipo di comportamento. Senza dubbio la motivazione un fenomeno molto complesso, ci risulta spesso difficile capirne lincidenza su un tipo di comportamento piuttosto che un altro. Resta logico pensare che una persona pi spinta ad imparare una particolare attivit, pi vi si eserciter. Potremmo dire che noia e monotonia affrettano linsorgere della fatica, che si pu riassumere in: - FATICA MUSCOLARE dipende dallesaurimento delle fonti energetiche e dalla conseguente lentezza di trasferimento dello stimolo, dalla fibra nervosa alla struttura muscolare. - FATICA GENERALE comporta una diminuzione della destrezza; il senso della misura il primo a manifestare segni di affaticamento e quindi di diminuita funzionalit, in queste condizioni insorgono facilmente gli errori ed anche gli incidenti. - FATICA SENSORIALE quando, in seguito alla stimolazione di senso, si ha una attenuazione delle risposte date dagli organi stessi.

Dopo le premesse sopra esposte, andiamo ad analizzare in concreto quello di cui si vuole svilupparne le tematiche : la motivazione. Addentrandoci nel fenomeno legato alla motivazione ci troviamo in uno spazio molto complesso, spesso difficile capirne lincidenza sul comportamento di un individuo. Una forte motivazione strettamente correlata ad una forte monoidea, che si traduce in grande volont nella ricerca del raggiungimento di un obiettivo che possa appagare dei nostri bisogni. Vari autori hanno espresso alcune ipotesi: secondo Salvini per motivazione si indica in psicologia lagente fisiologico, emotivo e cognitivo che organizza il comportamento individuale verso uno scopo. Per Bertolini la motivazione ci che sollecita lindividuo ad assumere ogni suo atteggiamento ed a mettere in atto ogni suo comportamento. Secondo Singer la motivazione influisce su ci che facciamo, (quando vi la possibilit di scelta) su quanto tempo ci mettiamo e su come lo facciamo. Thomas riporta le motivazioni a quattro desideri fondamentali: 1) il desiderio di sicurezza 2) il desiderio di ottenere il riconoscimento delle proprie qualit 3) il desiderio di ricevere risposte adeguate da parte dei propri simili 4) il desiderio di nuove esperienze. La gerarchia dei bisogni di Maslow riporta le motivazioni a bisogni fondamentali distinguendoli in: - AUTOREALIZZAZIONE ( metabisogni, qualit spirituali, giustizia, bont, bellezza) - BISOGNI DI BASE : 1) bisogni fisiologici ( cibo, acqua, ecc. ) 2) bisogni di sicurezza ( protezione, mancanza di pericolo) 3) bisogni di amore e di appartenenza ( accettazione , essere apprezzati, affiliazione ) 4) bisogni di stima ( autoapprezzamento, successo ) Murray esamina ben dodici bisogni di natura fisiologica e ventotto di natura psicologica. Secondo Singer si possono classificare i motivi per cui le persone fanno ci che fanno in:

1) motivazione intrinseca ( gusto di fare una cosa, far progredire e mettere a frutto certe capacit) 2) motivazione estrinseca ( trarre vantaggi materiali, apprezzamenti e ricompense. Entrambi i tipi di motivazione, insieme o indipendentemente, determinano il comportamento. Un'altra classificazione indica tre categorie di motivazioni : 1) Psicofisiologiche suddivise in: - fondamentali, che dipendono da esigenze biologiche, quali: la sete, la fame, il sonno, - proprie dellorganizzazione nervosa antropomorfa: bisogno di esplorazione percettiva, bisogno di attivit, di manipolazione, ecc. 2) Psicodinamiche: traduzioni delle pulsioni sessuali ed aggressive. La motivazione il risultato del rapporto tra la scarica pulsionale originaria e la mediazione con la realt da parte della personalit. 3) Psicosociali: sono il riflesso dei valori, dei modelli di comportamento, delle opinioni che lindividuo acquisisce durante il processo di socializzazione. QUALE MOTIVAZIONE ! ELENCHIAMO LE MOTIVAZIONI Come si diceva in apertura, pur restando in astensione di giudizio a favore di una delle teorie precedentemente esposte, vorrei esaminare alcuni passaggi a mio avviso degni di essere presi in considerazione per arrivare ad ottimizzare la motivazione. Sempre pi spesso siamo in presenza di baby atleti, ovvero bambini di 9-10 anni che svolgono una attivit agonistica. Non voglio entrare in merito allopportunit o meno dellavviamento di bambini in et evolutiva ad attivit agonistiche, largomentazione sulla cura dellapparato osteoarticolare dei bambini nellet dello sviluppo, richiederebbe di per s un trattato molto lungo. Noi parliamo di motivazione e averla indotta e canalizzata a volte tramite una specializzazione precoce, porta nel 90% circa dei soggetti ad un abbandono precoce. (BurnOut) LESEMPIO DI MATTEO MOTIVO DI RIFLESSIONE Matteo un bambino di 10 anni, ha buone capacit coordinative e ha una grande passione per lo sport del tennis, o forse meglio dire aveva.

Ha iniziato a 6 anni a frequentare dei corsi di tennis presso il circolo tennistico pi importante della sua citt; proseguendo nella crescita il bambino dimostrava anche buona attitudine allo sport del tennis fino a portarlo gi a 8 anni a partecipare a gare di tennis contro suoi coetanei. Con laccrescere dellet crescevano anche i tornei arrivati a 10 anni lallenatore di Matteo gli dice che visti i buoni risultati, passer ad allenarsi con i ragazzi under 12, quindi un pochino pi grandi di Matteo. Questa notizia una esplosione di carica e di motivazione grandissima per Matteo, si sente importante agli occhi del suo allenatore e dei compagni. Passano le settimane ma il passaggio al gruppo promesso tarda ad arrivare, Matteo ogni settimana chiede al suo allenatore quando inizier con il nuovo gruppo, lallenatore continua a tergiversare dicendogli che sta organizzando il passaggio di avere pazienza. Le settimane passano ma il passaggio di gruppo no; dopo mesi di altalenanti promesse lallenatore dice a Matteo che meglio che resti nel gruppo dove si trova adesso, perch forse ancora presto per passarlo ad un gruppo pi avanzato. Per Matteo questa notizia ha un effetto devastante; si sente tradito, preso in giro, dal suo allenatore che per lui era il modello assoluto una guida visualizzata non solo nello sport. Una settimana dopo la comunicazione dellallenatore Matteo abbandona il tennis, le insistenze dei genitori, dellallenatore, dei compagni, non servono a nulla, non vuole pi vedere la racchetta e non vuole pi andare su un campo da tennis; leffetto delusione non si ferma, anche a scuola Matteo (che era sempre tra i pi bravi della sua classe) non riesce pi a stare attento non studia molto triste. Dopo vari mesi di lavoro da parte dei genitori con laiuto di uno psicologo sono riusciti a fare accettare la situazione a Matteo che ora ritornato come prima, ho conosciuto Matteo e attualmente del tennis non ne vuole sapere molto insicuro quando sente questa parola, mi piacerebbe poterlo riportare a giocare e a divertirsi al tennis, ma limpresa molto difficile, dipender da Matteo. LE MOTIVAZIONI Iniziamo ad elencare vari tipi di motivazioni che vengo messe in gioco nella pratica sportiva: 1) Interpretazione intellettualistica: motivazione come tendenza determinante della personalit 2) Biologica: identificata con il bisogno che attiva il comportamento. 3) Istintiva: ci che innato modificato dallabitudine appresa. 4) Pulsionale: psicoanalitica, da cercare nellinconscio 5) Antropologica: dipende dalla matrice culturale in cui vive lindividuo.

6) Sociologica: lindividuo ha la necessit di sentirsi in armonia con il gruppo in cui vive e di valorizzarsi. 7) Umanistico-esistenziale: differenza tra bisogni e motivazioni. Le motivazioni appartengono alla sfera dei valori e degli ideali. MOTIVAZIONI OMEOSTATICHE La motivazione, alla base del comportamento dellindividuo, pu essere letta come tendente allo stabilimento o ristabilimento di un equilibrio. - Motivi fisiologici e bisogni. - Meccanismo della privazione. MOTIVAZIONI ANTIOMEOSTATICHE La motivazione rivolta alla continua rottura degli equilibri preesistenti. - Bisogno di stimolazione. - Esplorative. - Hanno come oggetto: il mondo delle cose concrete, il mondo sociale, il mondo ideale. MOTIVAZIONI PRIMARIE: Si riferiscono alla sfera biopsichica ( bisogno delluomo di fare del movimento) Cognitiva (bisogno di conoscere) Emotiva (pulsioni interne) MOTIVAZIONI SECONDARIE: Si riferiscono alla sfera psico-sociale, culturale, socioeconomica. Ora analizziamole pi dettagliatamente: CAPIRE LAGONISMO MOTIVAZIONI PRIMARIE : sono rappresentate dal gioco e dallagonismo. Il gioco serve ad incuriosire il bambino, ovvero offrire la possibilit di soddisfare il bisogno di movimento, di immaginazione, di creativit, di affermazione e socialit. A tale proposito la psicologia dello sport ha svolto ricerche sulla natura psicodinamica, cognitiva e sociale del gioco, in questo campo deve essere ricercata la molla del piacere del gioco. Lagonismo la manifestazione matura, costruttiva e creativa dellaggressivit.

La strada che porta dallaggressivit allagonismo attraversata da meccanismi intrapsichici che sono: 1) la rimozione, respingere nellinconscio ci che non accettabile. 2) La sublimazione, trasformare limpulso aggressivo in una azione socialmente accettabile e accettata. 3) La ritualizzazione, vivere laggressivit allinterno di una situazione controllata. 4) Linibizione per identificazione, trasformare limpulso aggressivo verso forme di condotta reattiva (protezione, affetto, gioco..) A livello agonistico i soggetti mettono in campo una grossa fetta della loro aggressivit, importante che lagonismo rimanga entro canoni socializzanti e di sublimazione degli istinti agressivi, rispettando le regole della ritualizzazione sportiva. Dobbiamo comunque riconoscere che gioco e agonismo rivestono un passaggio fondamentale nello sviluppo del bambino, anche se in prospettiva dinamica abbiamo variazioni legate a seconda dellet, del sesso, della personalit, della situazione, ecc. Lagonismo sorge dopo, rispetto alla funzione ludica e molto spesso influenzato da modelli sociali esterni che per bisogni istintuali. Dobbiamo sottolineare con forza che mentre nel gioco troviamo una azione di organizzazione dellIo ( vedi organizzazione del s corporeo, rapporti spazio-temporali, le relazioni con gli altri) nel discorso agonistico si deve presupporre un Io gi organizzato. In molti testi vari Autori scrivono che non si dovrebbe praticare attivit agonistica nella fascia di et dai 9 ai 13 anni se non con funzioni ludiche generali, nella realt la tendenza esattamente il contrario; una preconizzazione che a 12 anni porta a giocare in un anno un numero di incontri pari a quelli di un professionista, il rischio di danneggiare lequilibrio psico-fisico del ragazzo, utilizzando un modo errato per prepararlo allagonismo. Dobbiamo ricordare che il periodo della pre-adolescenza caratterizzato da instabilit psicologica, quindi sar molto svantaggioso sottoporre lallievo a situazioni di stress competitivo non sufficientemente bilanciate da un Io forte che consenta una elaborazione sportiva (e non personale) di una sconfitta o di una vittoria. Le statistiche in merito allabbandono sportivo, registrano in questa fascia det le punte pi alte. MOTIVAZIONI SECONDARIE: socioeconomica, e sono: si riferiscono alla sfera psico-sociale, culturale,

1)Motivazione al successo: ricerca di affermazione personale e sociale, affermare valori che gli altri apprezzano, stimano, desiderano, divismo sportivo, sponsorizzazioni, il tutto con il supporto dei mass media.

Nel 1953 McClelland dimostra stretti legami di correlazione tra motivazione al successo e rendimento, la spiegazione il collegamento ai processi di autostima, derivati da esperienze positive di realizzazione e successo. Questo tipo di reazione viene chiamata circolare. AUTOSTIMA ESPERIENZE ASPIRAZIONE AL POSITIVE SUCCESSO MECCANISMI MOTIVAZIONALI Abbiamo anche una reazione circolare diversa, relativa a chi non ha sperimentato situazioni di successo e quindi non portato ad avere aspirazioni al successo: SENTIMENTO DI INFERIORITA ESPERIENZE ASPETTATIVA DI NEGATIVE SUCCESSO ASSENZA DI MOTIVAZIONE A questo punto il ruolo pedagogico dellistruttore di fondamentale importanza, per evitare linsorgere di reazioni negative nei confronti dellallievo, cercando di non esporlo ad una serie di insuccessi che portano inevitabilmente ad una compromissione dellattivit motivazionale. Nellallenamento di tutti i giorni listruttore deve evitare accuratamente la noia e la monotonia, cambiando e modificando gli scenari delle esperienze didattiche, per renderle pi motivanti e stimolanti. Una indagine interessante venne condotta da Hawthorne su un gruppo di operai, dove nellambiente lavorativo furono apportate delle semplici modifiche ( le pareti furono dipinte in modo e con colori diversi, furono cambiati i sistemi di illuminazione) il risultato fu una migliore produzione, una maggiore voglia di recarsi al lavoro, ricerca della novit, ma la cosa pi importante che emerse da questa indagine fu che gli operai dissero di avere la sensazione che qualcuno si occupasse di loro. Le modifiche ambientali apportate non avrebbero avuto nessuna attinenza con la produzione, ma sul piano psicologico esse esercitarono una grande influenza. 2) Bisogno di affiliazione: a livello psicologica il periodo adolescenziale quello della massima spinta ad appartenere ad un gruppo, le motivazione possono essere ricercate in: assicurazione, accettazione, essere stimato, questo serve al ragazzo per bilanciare insicurezze personali, atteggiamenti di impegno, abnegazione, cooperazione. Citiamo anche una esperienza di socializzazione ricca di significato cosa da non sottovalutare in una societ giovanile basata sulla dipendenza dalla televisione e dai videogame.

Una volta inserito in un gruppo il giovane entra nella cosiddetta socializzazione secondaria ovvero interiorizzazione dei valori dellattivit sportiva, tendendo ad assimilare lo schema ideologico ( norme+mete+valori) del proprio gruppo di riferimento, divenendone parte attiva. Nel periodo dai 10 ai 14 anni lappartenenza ad un gruppo rappresenta una delle motivazioni allo sport pi importanti, sia nello sport di squadra che nello sport singolo. Gli allenamenti alla resistenza raramente sono automotivanti nei giovani, vengono realizzati pi facilmente se svolti con la complicit del gruppo. 3)Motivazione estetica: il bisogno del raggiungimento di forme ritenute armoniche e belle. Lo spettacolo sportivo richiede oltre alle strategie anche la parte estetica sia per chi lo pratica che per chi losserva, (lazione ben coordinata, un gesto tecnico ben eseguito, ecc.) in certi contesti pu assumere una certa importanza. 4) Motivazione compensativa: nella fase evolutiva di estrema importanza, pu diventare patologica dopo la fase adolescenziale. Lo sport pu servire come meccanismo di difesa nel nascondere o superare sentimenti di inferiorit ( a livello fisico o psichico) nellespressione di desideri infantili di tipo affermativo di aggressivit latente, desiderio di potenza, dovuta ad un carico di frustrazioni non elaborate. Questi tipi di scompensi della personalit vanno osservati con attenzione e superati con opportuni orientamenti. ( Si ritrovano piuttosto frequentemente e per tanti versi anche normali in soggetti in et evolutiva). MOTIVAZIONE INTRINSECA ED ESTRINSECA Passiamo ora ad analizzare unaltra spinta motivazionale che ci spinge a muoverci in una specifica direzione: Motivazione Intrinseca: solitamente la molla che muove questo tipo di motivazione collegata al fare qualcosa solo per il gusto di farla, per migliorare e progredire le proprie capacit, o per sfruttarle al meglio. Forte stimolazione verso comportamenti competenti e autodeterminati nei confronti dellambiente circostante. Motivazione Estrinseca: principalmente ricerca di un miglio status sociale, in questa situazione abbiamo un impegno verso una attivit da cui trarre vantaggi materiali, ricompense o apprezzamenti che siano. Di solito nella motivazione estrinseca avviene un controllo da parte delladulto nei confronti del comportamento spontaneo del bambino o ragazzo, utilizzando ricompense o punizioni.

Pensiamo ad esempio, al padre che in modo pi o meno conscio imponga al figlio di giocare a tennis, incoraggiandolo attraverso piccoli ricatti di motivarlo verso una presunta carriera di tennista. In casi di questo tipo listruttore pu cercare di liberare il bambino da questa induzione motivazionale esterna, questo nella ricerca di una dimensione ludica e soprattutto di una scelta spontanea, per evitare di esaurire precocemente la spinta motivazionale, riconducendo lallievo verso la motivazione intrinseca, ovvero una motivazione spontanea del soggetto che possa sostenere nel tempo la costanza di una scelta motivata. DETTAGLI Vediamo ora dettagliatamente questa spinta interna, e da cosa deve essere originata, in particolare dobbiamo sentire e avere il controllo di noi stessi, dobbiamo essere realistici in senso ottimistico. Secondo Singer le persone che rivelano un forte bisogno di riuscire hanno la tendenza a: 1) Prefiggersi scopi alti, specifici e raggiungibili. 2) Predisporre piani o programmi personali che saranno osservati per facilitare la realizzazione di quegli scopi. 3) controllare continuamente i loro progressi e se sono fuori rotta, a rettificare o modificare scopi, programmi, o gli uni e gli altri. 4) Pensare tenendo i piedi per terra. 5) Tener conto dei fattori personali che potrebbero essere la causa dei risultati desiderati, come limpegno e la fortuna. 6) Valutare con imparzialit ci che hanno fatto e cercare di migliorare i loro tentativi anzich prendersela con gli altri o con le circostanze. Senza dubbio un impegno di questo tipo giova allautocompiacimento e alla soddisfazione di partecipare a un certo tipo di attivit. Con limpegno personale sicuramente pi facile ottenere risultati nei miglioramenti delle proprie capacit, contare al contrario sulle ricompense, finisca per dare risultati di portata limitata. E anche vero che spesso questo tipo di sistema influisce fortemente sul nostro comportamento. A parte le cause legate a fattori culturali, dei programmi educativi, e dei sistemi di ricompensa potremmo dire che le attivit motorie potrebbero essere: 1) Valutare in maniera positiva in prima persona. 2) Apprezzate da altre persone legate al bambino

3) Soddisfacenti, impegnative e divertenti. Singer sostiene che se mettiamo insieme queste tre considerazioni, unite ai sei fattori esposti in precedenza ci sono ottime possibilit per avere una attivit soddisfacente e ben riuscita. LOCUS OF CONTROL Vediamo di cosa si tratta; facendo un piccolo passo indietro riprendiamo il discorso sulle attribuzioni relative ai motivi principali delle prestazioni: 1) Labilit 2) Limpegno 3) La fortuna 4) La difficolt che lattivit presenta Possiamo vedere che i primi due sono interni e personali, mentre i secondi sono esterni al soggetto. Possono essere di causalit o di controllabilit. Lattribuzione di un successo a cause interne incrementa lautostima e linteresse intrinseco verso quellattivit. Viceversa, lattribuzione di un insuccesso a cause interne pu influenzare negativamente la fiducia verso s, e favorire una riduzione volontaria del coinvolgimento per quel compito. Interessante la valutazione data da Weiner nel 1980, dove testualmente dice: lattribuzione pi importante che danneggia la lotta per vincere la sensazione di avere qualit modeste. Gli istruttori potrebbero sensibilizzare gli allievi a valutare in caso di sconfitta limputazione alla mancanza di impegno piuttosto che prendersela con la sfortuna. Cercare di far capire agli allievi che loro stessi possono influire sui risultati; (attribuzioni interne) e ottenerne di migliori, ad esempio aumentando limpegno durante le fasi di allenamento, siano esse, tecnico-tattiche, fisiche, o di preparazione mentale. PREMI O PUNIZIONI Ora prendiamo in considerazione il discorso legato ai premi o le punizioni che vengono dati dopo una determinata azione, atti a dare un certo tipo di informazione al soggetto, su come doveva essere svolta lazione, in positivo o negativo: 1) I premi possono essere incentivi a partecipare o ad esercitarsi 2) I premi possono plasmare i comportamenti in una determinata direzione. Potremo per fare anche un altro tipo di considerazione: 1) Fino a che punto i premi vengono interpretati come tali da chi li riceve.

2) Fino a che punto ci si fa assegnamento per linteresse e per la perseveranza in una data attivit. Nel punto uno abbiamo una grande variabilit in base al soggetto a cui viene dato il premio, lo stesso premio non per tutti i soggetti pu avere lo stesso valore di stimolo. Dovremmo quindi stare attenti, se proprio dobbiamo premiare a livello didattico, ad effettuare una analisi per verificare il valore potenziale che potr avere per ogni allievo. Grande attenzione comunque a dare delle premiazioni ad alcuni e non darle ad altri, ricordandoci che anche chi non viene premiato pu averci messo il massimo dellimpegno, credo personalmente e in base anche alle mie esperienze che lutilizzo di incoraggiamento verbale agli allievi facendo sentire loro la vicinanza del proprio allenatore, possa ancora essere lo strumento motivazionale migliore. Nel punto due sembra molto poco appropriato dare esclusivamente delle ricompense a quello che facciamo. E vero che le cause esterne della motivazione possono influenzare anche quelle interne, ma con questo sistema nella maggior parte dei casi i risultati sugli allievi sono stati molto scarsi. Un suggerimento potrebbe essere quello di stimolare i seguenti incoraggiamenti: 1) Lintima tendenza a partecipare ad attivit fisiche. 2) La comprensione del valore di queste esperienze. 3) La continua ricerca per migliorare se stessi, per essere autosufficienti, per realizzare se stessi. 4) Le sfide in grado di contribuire alla realizzazione di potenziali mezzi di espressione, della destrezza, della conoscenza e del divertimento. IL RINFORZO E una azione che serve ad aumentare le possibilit di riuscita di un certo tipo di comportamento. Burrhus Fedric Skinner dimostr che i rinforzi servono come informazione al nostro organismo in merito alla appropiatezza del suo comportamento. I rinforzi positivi sono utili al soggetto nella formazione del suo comportamento, questo intento sta dietro lutilizzo dei premi. Dobbiamo fare attenzione ad una eventualit da non sottovalutare, se conseguentemente ad una risposta premiante, abbiamo la scomparsa di uno stimolo, accresce la possibilit che questo tipo di risposta si presenti nuovamente; il rischio che a questo punto avremo uno stimolo considerato rinforzo negativo. Vediamo ora laspetto punitivo, che uno stimolo avversivo che ha come scopo leliminazione di un certo tipo di risposta.

La punizione viene data sempre per dirci quello che non si deve fare, non quello che si deve fare. Bisognerebbe fare molta attenzione allutilizzo del non, un pensiero sicuramente pi costruttivo sarebbe quello di dire cosa si deve fare. Le punizioni vengono date con lintento di dare rinforzi per far svolgere dei tipi di comportamento ideali, molto spesso la punizione oltre ad essere inefficace crea anche delusione e amarezza, anche un modo negativo di rapportarsi con gli individui. Da preferire il rinforzo di carattere positivo, che pu produrre un tipo di condizionamento che possa dare autonomia al soggetto senza dover far ricorso a rinforzi esterni. Possiamo prendere in considerazione come istruttori che le cose che diciamo, o che facciamo nei confronti degli allievi dopo una loro prestazione possono essere rinforzanti, stimolanti, oppure informative, in pratica possono fornire agli allievi il feedback necessario in relazione alla prestazione. IL FEEDBACK E di fondamentale importanza nella funzione di apprendimento. Il feedback avviene per mezzo dei sensi e questa informazione pu arrivare durante oppure dopo la prestazione, ma anche durante e dopo, nella ricerca di adeguatezza di quella determinata azione. E necessario nelle prime fasi di apprendimento, senza feedback non si pu avere apprendimento, anche vero che a volte il feedback non risponde alle esigenze degli allievi o lallievo non se ne serva. In questo tipo di caso si dovr ricorrere al feedback supplementare. In pratica una informazione esterna fornita da una persona o da un oggetto allallievo e dovr servire come conoscenza dei risultati, inoltre potr essere anche rinforzante e motivante. Il sinonimo di feedback : la conoscenza dei risultati, in pratica una informazione autogenerata dallallievo in merito alla propria prestazione ed ai risultati ottenuti. A livello di informazione dovremmo prendere in considerazione quella relativa alla conoscenza della prestazione; tecniche, strategie, capacit, forma, e altri fattori che concorrono alla buona riuscita di una azione motoria o di una partita, grande considerazione alla disponibilit intrinseca di questo tipo di informazione. Questi due tipi di informazione: conoscenza dei risultati, e conoscenza della prestazione possono essere date simultaneamente nel corso dellattivit o alla fine. Molto importante il mezzo di comunicare queste informazioni che potr essere: visivo, uditivo, o di altra natura ( da considerare anche lutilizzo del video-tape per far rivedere le azioni agli allievi, modello di feedback supplementare).

Se lapplicazione del feedback viene scelta alla fine dellazione, pu essere fornito immediatamente o un po pi tardi, inoltre pu essere molto preciso o molto vago. Su alcuni testi vari Autori forniscono alcuni tipi di alternative: (R.N. Singer) 1) fare una analisi del compito e stabilire la necessit o le possibilit del feedback nel corso dellattivit, o del feedback finale, ovvero di entrambi. 2) Che il mezzo di comunicazione sia condizionato da ci che disponibile, dallutilit e dalle preferenze dellallievo. 3) Che il feedback finale sia quanto pi immediato possibile. 4) Che il feedback sia specifico quanto basta affinch lallievo sia in grado di adoperarlo. IL GOAL SETTING La traduzione di goal-setting : formulare degli obiettivi, di fondamentale importanza nellorientamento dellatleta, altrettanto importante classificarli a breve, medio, lungo termine. Lobiettivo pu avere la funzione di punto di riferimento per controllare la prestazione attuale con quella desiderata. In questo senso molti autori hanno scritto una sorta di decalogo, riassumiamo il pensiero di: ( Tubbs 1986 Burton 1992 Magill 1993 Martens e Bump 1988 Weinberg 1992/1994 ) 1) Obiettivi specifici regolano lazione in modo pi preciso di obiettivi generali. 2) In relazione a obiettivi quantitativi specifici, pi elevato lobiettivo, migliore sar la prestazione, fermo restando un livello adeguato di abilit e di impegno. 3) Obiettivi specifici e difficili miglioreranno maggiormente la prestazione, rispetto ad obiettivi del tipo fai del tuo meglio o non avere obiettivi. 4) La formulazione di obiettivi a breve termine e a lungo termine migliora maggiormente la prestazione, rispetto alla solo formulazione di obiettivi a breve termine. 5) Gli obiettivi agiscono sulla prestazione guidando lattivit, mobilizzando limpegno, aumentando la persistenza e motivando alla ricerca di strategie appropriate al compito. 6) La definizione degli obiettivi efficace solo in presenza di feedback che evidenzino i progressi compiuti nella direzione del raggiungimento degli obiettivi. 7) Obiettivi difficili richiedono un notevole impegno che determina prestazioni migliori, chiaramente mantenendoli entro limiti ragionevoli e realistici. 8) Limpegno pu essere ottenuto chiedendo allallievo di accettare lobiettivo, mostrando sostegno, permettendo la partecipazione alla scelta degli obiettivi, degli incentivi e dei premi.

9) Il raggiungimento degli obiettivi favorito dalla determinazione di un piano di azione o strategia, specialmente quando il compito complesso o a lungo termine. 10) La competizione migliorer la prestazione sino al grado in cui sar necessario stabilire obiettivi pi elevati e/o aumentare limpegno. Potremmo aggiungerne ancora due: - Mettere in evidenza obiettivi di prestazione ( ad esempio, migliorare la tecnica esecutiva) piuttosto che di risultato (vincere una gara) pi difficilmente controllabili. - Controllo sistematico della valutazione degli obiettivi. IL BURN-OUT e DROP-OUT Come anticipato in fase di presentazione delle varie motivazioni allo sport, vediamo cosa succede se la motivazione viene meno e subentra la demotivazione, sindrome chiamata Burn-out che letteralmente significa bruciato esaurito. Tradotto in pratica ci troviamo in presenza di un esaurimento emotivo (Maslach e Jackson 1981), ovvero una sensazione di totale mancanza di energia fisica e psichica, depersonalizzazione che arriva fino ad atteggiamenti ostili nei confronti delle persone del proprio ambiente ( allenatore, preparatore fisico, ecc.). Ridotta realizzazione professionale completa mancanza di autostima e voglia di raggiungere i risultati prefissati quindi sensazione di inadeguatezza. Molti Autori tendono a riportare il Burn-out solo in campo lavorativo e non sportivo altri come (Aguglia e Sapienza 1989 Smith 1986 ) sono convinti dellimportanza anche in campo sportivo. Questi Autori individuano il Burn-out come una perdita di ideali, energia, e scopo, ricondotto in uno stress lavorativo dovuto a vari tipi di pressioni ad esempio: pressioni socio-economiche, non deludere lambiente esterno (allenatore, dirigenti, sponsor, tifosi, ecc.) a dover sempre migliorare i propri risultati. In relazione ai giovani in et evolutiva che svolgono attivit agonistica precoce personalmente sposo questultima teoria. Importante da considerare in questa fase di crescita dei ragazzi lattenzione ai bisogni di soddisfazione, gratificazione, riconoscimento, sentirsi importanti, approvazione del gruppo. Altrettanto importante ma da evitare, la paura del fallimento, cattivi rapporti nei confronti dellistruttore-allenatore, dei compagni, pressione psicologica elevata, la noia, la frustrazione. Il Drop-out si presenta negli atleti adolescenti in evoluzione fisica tecnica, dopo un certo periodo di allenamenti e gare piuttosto lungo e intenso, decidano di interrompere il proprio impegno.

Vediamo pi dettagliatamente i motivi che possono indurre allabbandono precoce (Agosti, Baldo, Benzi et al. 1986) 1) CRISI ADOLESCENZIALI il rapido cambiamento dei parametri fisici, e il mancato riconoscimento del proprio corpo, sono la conseguenza di una modifica anche nelle prestazioni e nelle relazioni. 2) DIFFICOLTA SCOLASTICHE il binomio scuola-sport un impegno che molti adolescenti non riescono a sopportare. 3) BISOGNO DI ESPERIENZE diverse e nuove nella ricerca di costruzione del proprio Io. Da non sottovalutare anche: A) MONOTONIA DELLALLENAMENTO noia e assenza di obiettivi validi e alternativi. B) LANSIA nella fase preagonistica la mancanza di capacit a gestire le emozioni. C) INTEGRAZIONE NEL GRUPPO in generale lo sport favorisce lindividualit a scapito della coesione, prioritaria in questo periodo della crescita. D) RAPPORTO CON LALLENATORE personalmente la reputo una delle cause in percentuale pi importanti. Il ragazzo spesso vede valenze genitoriali ottimali con il proprio istruttore e altrettanto spesso si sente tradito non capito, sente fortemente una mancanza di possibilit di crescita e di autonomia. CONSIDERAZIONI Avviandoci verso la conclusione di questo lavoro di ricerca sulla motivazione vorrei soffermarmi a riflettere su qualcosa gi trattato ma meritevole di attenzione. Molto spesso ci troviamo di fronte al bambino-atleta di soli 9 anni, mi sento solo di pensare che in questi casi limpegno dellistruttore deve essere ricondotto a far scoprire al bambino la motivazione primaria e intrinseca ( vedi pag.14 e 22) far incuriosire il bambino al piacere del gioco nel nostro caso il tennis. Partendo dal gioco si arriver ad elaborare un percorso di formazione relativo allorganizzazione del proprio Io; a quel punto possiamo inserire la parte relativa allagonismo. Se nel bambino si struttureranno questi due tipi di motivazione avremo atleti che faranno una attivit agonistica nata per il gusto di farla, per migliorare e progredire le proprie capacit, o per sfruttarle al meglio. STATI MENTALI Per illustrare il lavoro sugli stati mentali avremmo bisogno di spendere molte pagine e soffermarci su parecchi aspetti legati alla preparazione mentale dellatleta. In modo molto riassuntivo e semplice ci soffermeremo solo su un passaggio che potrebbe darci delle indicazioni preziose.

Parliamo di ipnosi. Oggi abbiamo la consapevolezza che lipnosi non ha nulla a che fare con lidea che si tratti di pratiche magiche o riti di strana natura. Molto pi semplicemente possiamo parlare di stato mentale naturale. Quante volte durante la giornata entriamo e usciamo da stati di trance ipnotica senza neanche rendercene conto, sicuramente molto di pi di quanto pensiate. Quante volte ci capita di pensare a cose future o immaginare, sognare, oppure in alcune situazioni dopo un qualcosa che ci capitato cambiamo atteggiamento e troviamo risorse che non ci aspettavamo di avere. Questi cambiamenti relativi agli stati mentali possono essere allenati, fino ad arrivare ad una gestione completa; lapprendimento delle induzioni ipnotiche favorito da condizioni mentali che potremmo riassumere in: - avere interesse, - curiosit, - fiducia, - essere disponibili, - creativit, - fantasia. La funzione dellipnosi molteplice, favorendo la suggestione aumenta lempatia, permette una percezione selettiva, favorisce lesperienza limitandone il criticismo, consapevolezza laspetto costruttivo del lavoro cerebrale. Lipnosi permette lorganizzazione del mondo esperienziale del soggetto attraverso il linguaggio verbale, attraverso la voce, con la comunicazione corporea, non serve a scoprire una realt oggettiva, bens permette la costruzione di una realt ontologicamente stabile, come spazio di comune unit (comunit). Nelle situazioni di grosso impegno fisico risultano altrettanto importanti, accanto alle doti fisiche ed al livello di allenamento, anche capacit prettamente psicologiche quale il potenziamento mentale che ogni individuo in grado di esprimere accedendo allo stato di trance ipnotica. Lallenamento mentale nello sport attraverso lipnosi e lautoipnosi viene sviluppato utilizzando il concetto di monoidea dinamica, in relazione al rilassamento psico fisico, alla concentrazione, alla motivazione, al focus attentivo. Lattivit sportiva la pi adatta alla dimostrazione delle prestazioni fisiche, il piacere che ne deriva, di gran lunga maggiore di qualsiasi altra attivit lavorativa, inoltre con essa possibile dare libero sfogo alla propria personalit e la gioia del movimento, e lo spirito di lotta (come aggressivit socialmente accettata) trovano la loro giusta espressione.

Nello sport, come in nessun altra attivit, possibile ottenere un grado massimo di miglioramento delle prestazioni. Quindi possiamo riassumere che nella pratica sportiva lapplicazione dellipnosi rappresenta una tappa fondamentale verso il miglioramento delle prestazioni sportive. A livello competitivo ci vengono fornite le seguenti indicazioni, sulle quali possiamo inserire lallenamento con lipnosi: - contratture e agitazione prima dellinizio della gara - contratture dovute a complessi di inferiorit o ad atteggiamenti di aspettativa - incapacit di sfruttare al massimo le proprie possibilit - difficolt a compiere i movimenti con scioltezza e leggerezza - debolezza di concentrazione nel giudicare la situazione, per cui ci si lascia sfuggire anche una vittoria sicura. - Nervosismo generalizzato, collegato con stati di insonnia prima della gara, e cosiddetta febbre da competizione. Ricerche fatte sulle cause di insuccesso ad atleti di alto livello internazionale, e scaturita come situazione preponderante quella della ipermotivazione che provoca uno stato ergotropico di tensione eccessiva. In questi casi di instabilit emotiva, lutilizzo della pratica regolare dellipnosi, richiamata poi in forma abbreviata prima dellinizio della gara, pu produrre una straordinaria sicurezza nellatteggiamento durante la competizione. Impressionanti sono i risultati ottenuti con gli esercizi anticipatori: un gruppo di studenti di educazione fisica si allen per due settimane rappresentandosi mentalmente la corsa agli ostacoli dieci volte al giorno per dieci minuti ogni volta. Nei 110 m. ostacoli, si ebbe un tempo inferiore do 0,57 sec. Rispetto al gruppo di controllo il miglioramento della prestazione fu del 100%. Facciamo notare che si trattava solo di allenamento mentale, senza immersione autogena. Da sottolineare lutilizzo di alcune formulazioni di proponimenti, atti a rinforzare motivazione e miglioramento delle prestazioni: - colpisco sciolto e potente - scatto veloce e fluido - avversario indifferente, mantengo il ritmo Nello specifico sport del tennis possiamo trovare con lutilizzo di alcune tecniche la centratura giusta e il qui ed ora:

- tecnica del campo, su - tecnica del respiro calmo e tranquillo - tecnica della palla gialla-rossa-verde - tecnica del guardare la palla PROVARE PER.. In modo molto semplificato vediamo quali sono i passaggi fondamentali di un percorso legato ad induzioni ipnotiche: - rilassare latleta per mezzo di tecniche tipo: rilassamento frazionato di Vogt, rilassamento progressivo di Jacobson, training autogeno o altre. - Iniziare una induzione ipnotica inserendo le visualizzazioni. - Allinterno di questo percorso si inserisce un interruttore di attivazione, (che porter latleta a cambiare il suo stato mentale) si tratta di un segnale postipnotico, personale, scelto dallatleta, (es. stringere il pugno, se in quello sport viene utilizzato un attrezzo ad es. la racchetta, prima di iniziare il gioco, stringere due volte fortemente limpugnatura, ognuno poi sceglier un segnale personale). - Questo segnale verr interiorizzato in fase di visualizzazione ipnotica. - A questo punto il percorso relativo allo stato di rilassamento per mezzo dellipnosi si conclude. - Nella fase della gara questo segnale potr essere richiamato ogni volta che latleta lo riterr opportuno, andando a variare il suo stato mentale. Si precisa che queste tecniche servono per fissare i punti chiave di uno stato mentale (ipnosi) di un lavoro con un atleta. Per riassumere quanto esposto, prendiamo in considerazione lacronimo SE MoLTA FeDe importante riprendere tutti i passaggi che vedremo con latleta. Sincronismo: capacit di avvicinarsi alla persona, assomigliarle, pu esserci un sincronismo completamente opposto con la persona che non ci assomiglia. Emisfero emotivo: mettere da parte la razionalit, dare una suggestione positiva, emotiva. Non bisogna fissarsi sui punti su cui latleta non vuole andare, non fissarsi sui suoi NO. Ci che negativo per una persona, pu essere anche adoperato in positivo; quando uno vede in negativo, trasforma in negativo anche il positivo e viceversa. Ecco perch pensare in positivo. Monoidea: tutto positivo, tutto ok! Se il monoideismo negativo c da lavorare.

Il sincronismo, unito con lemisfero emotivo porta ad innamorarsi. Se sei innamorato hai una idea fissa e pensi sempre a quella persona, quindi ottieni il risultato. Quando si di fronte a una cosa che non ha senso, si probabilmente di fronte ad una monoidea. La realt una monoidea, solo che condivisa. Limitazione del campo di coscienza: contribuisce a fissare in un solo punto la volont responsabile per raggiungere la trance. C un forte abbassamento della critica, una prima risposta al monoideismo. Trance: stato mentale alternativo. Lo stato di veglia uno stato mentale, per dato per scontato. Quando si sta male un classico stato mentale in cui si perde lequilibrio, perch si dice ma che mi sta succedendo? e ci si disorienta, rispetto allo stato mentale dello stare bene. E per abbastanza facile riprendere lequilibrio. Attivazione: del potenziale mentale, un modo per costruire una nuova realt personale. Essere attenti a ci che ci circonda nello stato di veglia attivazione, oppure essere nelle nuvole, perch si in uno stato mentale proprio, con una fenomenologia diversa, essere in trance. Fenomenologia: mette in evidenza lo stato di trance che stato attivato, sia in chi lo vive, che in chi lo induce. E quello che si evidenzia (in una monoidea di rilassamento, la persona avr uno stato mentale diverso da quello di veglia, la catalessi o la levitazione sono fenomenologie evidenti). De trance: riporta allo stato di veglia di partenza (focus attentivo). E luscita dallo stato mentale alternativo. Se abbiamo FEDE (fiducia) riusciremo bene nel nostro lavoro. Questo acronimo ci permette di rispondere a tutte le domande che ci vengono fatte sulla Psicologia dello Sport e sui suoi problemi, quindi dare una mano a chi ha dei problemi. Lo psicologo dello sport deve essere un solutore di problemi, non un creatore di problemi. RIFLETTIAMOCI MONOIDEA = OBIETTIVO + MOTIVAZIONE MANTENUTI NEL TEMPO LOTTUNDIMENTO (smussare) DELLA CRITICA REALIZZA

LO STATO DI TRANCE OTTIMIZZARE Questo lultimo pensiero a conclusione di questa ricerca sulla Motivazione. Utilizzando il termine ottimizzazione vogliamo riferirci al raggiungimento della prestazione pi elevata, lobiettivo di cercare una riduzione dello scarto tra la prestazione reale e quella potenziale. Nellatleta ( con questa definizione si intende il soggetto che ha iniziato la fase di specializzazione) lottimizzazione un progetto strategico che prende in esame tutti gli aspetti della vita dellatleta in dettaglio: lo stile di vita, il tipo di allenamento, la squadra, lo studio delle sue peculiarit biotipologiche in funzione delle caratteristiche della prestazione. Latleta un sistema molto complesso (interno ed esterno) e come tale deve essere affrontato; e non in segmenti isolati o separati dal contesto del tipo di prestazione. Conoscere- sapere - saper fare. E fondamentale la distinzione che si ritrova sul piano filosofico, fra un tipo di conoscenza immediata, per cui conoscere vuol dire entrare in contatto con una cosa, averne visione, e un tipo di conoscenza immediata indiretta, per cui conoscere vuol dire avere nozioni o informazioni intorno a una cosa , avere cognizione di qualcosa di essa, pur senza averne esperienza diretta. Ogni praticante di WingTsun, come del resto in tutte le attivit, prima di iniziare venuto a conoscenza del sistema attraverso la pubblicit che, sia lOrganizzazione, sia tutti coloro che la compongono, fanno in tutte le direzioni e con ogni mezzo. LOrganizzazione di WT del GGM Leung Ting senza dubbio la pi grande a livello mondiale, ma sono sicuro che rispetto a quelli che praticano il sistema, coloro che lo conoscono, o per sentito dire, o per aver letto qualcosa, sono molti pi. Chiaramente conoscere solo il nome WingTsun non significa certo sapere cosa . Secondo il mio punto di vista, sapere cosa il WT significa saperne parlare, esporne i principi, conoscere le leggi sulle quali si sviluppa, averle chiare nella mente, averne coscienza e consapevolezza intuendone il senso e possedere delle cognizioni derivate dallinsegnamento di una persona qualificata e da uno studio teorico approfondito. Ben altra cosa, poi, saper fare il WT. Si da per scontato che chi pratica WT ne abbia avuto conoscenza diretta o indiretta, ma non significa che lo sa o che lo sa fare. Credo che ormai tutti conoscono gli occhiali cosa sono e a cosa servono, pochi sanno per come sono fatti e quali sono i materiali usati per le lenti e per la montatura e la loro lavorazione, pochissimi sono coloro che li costruiscono, che quindi sanno tutto degli occhiali. Ma tra questi, proprio tutti li sanno fare bene? Ho fatto un esempio riguardo lottica, ma si possono fare esempi in tutti i campi. Per le arti marziali il discorso non cambia. O attraverso i mezzi di comunicazione, o per contatto diretto, tutti conoscono le arti marziali, non tutti per le praticano e in pochi sono quelli che pur praticandone un sistema lo sanno veramente fare. Pu anche essere bello elencare i programmi che compongono il sistema WT, enumerarne i principi e le caratteristiche ma se non ci si allena duramente e con continuit tutto resta solo un bel discorso.

Parliamo di difesa personale reale e a volte avvilente notare come alcuni insegnanti, durante seminari o lezioni, prima di difendersi da un pugno o un calcio, fanno fare due o tre prove del pugno o del calcio prima di applicare una tecnica. Che tristezza! Dato che ultimamente diversi praticanti di WT Leung Ting si sono allontanati dalla WTOIEWTO con motivazioni molto discutibili e dato che alcuni di loro hanno menzionato il mio nome riguardo i tutorials a cui ho partecipato al Castello, in Germania, tenuti dal GGM Leung Ting, dove io avrei fatto una Siu Nim Tao, e, quindi, un WT diverso da quello che si pratica con il GGM Kernspecht, desidero fare delle considerazioni al riguardo. Sono 20 anni che pratico WT ed stato sempre lo stesso, sia che abbia praticato con il GGM Kernspecht sia con il GGM Leung Ting, prima e adesso. Nonostante la loro diversit fisica, culturale ed etnica, non ho mai notato discrepanze nellesporre le forme e i principi del WingTsun. Il WT fatto di principi che vanno capiti, assimilati e interpretati. Se tutto quello che si fa rispetta i concetti di base, al di l della novit o meno di quello che si sta imparando, secondo me, sempre valido, infatti in tutta la storia del WT, ogni maestro ha sempre aggiunto qualcosa di proprio, purch rispetti i principi del sistema. Comunque io credo che il problema non sta in ci che a queste persone stato insegnato, ma in ci che hanno capito di quello che gli stato insegnato. Io ho sempre diviso, e continuer a dividere, coloro che stanno imparando il WT in due categorie: quelli che il sistema lo praticano e quelli che lo praticano e lo studiano. Fino a quando coloro che praticano soltanto sono semplici allievi principianti il problema non si pone, ma quando gradi superiori insegnanti risultano essere solo dei "praticoni", senza la minima conoscenza dei fondamenti del sistema, allora triste. Chi studia il WT e lo sa fare non si lascia abbindolare cosi facilmente dal primo che incontra! Il Maestro ha il compito di trasmettere oltre alle tecniche anche i principi del sistema, se attraverso questo insegnamento lallievo non in grado lui stesso di arrivare a delle conclusioni attraverso uno studio e un approfondimento personale, il problema sta in lui, non nellinsegnamento. Lallievo al quale c bisogno di insegnare tutto, nei minimi particolari, perch non riesce ad integrare niente di suo in ci che fa, non sar mai in grado di diventare un esperto di WT. Se in una classe di studenti hanno tutti le stesse carenze, la colpa sicuramente dellinsegnante o del suo metodo di insegnamento, ma quando queste carenze sono riscontrabili solo in qualcuno di essi, allora il problema sta negli studenti. Quello che sto per dire forse potr sembrare un po duro, ma serve per fare un esame di coscienza sulle proprie conoscenze del sistema. E tollerabile che un insegnante di WT al di l di qualche sezione tecnica non sappia quasi nulla delle basi del sistema e non sa dire nulla di quello che sa fare? Si pu accettare che, pur conoscendo la struttura del sistema e le basi teoriche, non sa fare niente di quello che sa dire? Pu essere credibile un insegnante che non sa e non sa fare neanche la quinta parte del grado che porta sulla sua uniforme? Spero che nessuno degli insegnanti WT abbia di questi problemi, ma se qualcuno, che ha, anche se minimamente, qualcuna delle lacune sopra elencate e non fa niente per colmarle con un insegnante qualificato, addossando le responsabilit a chi non le ha, vuole seguire il primo che incontra, lo faccia pure, lorganizzazione non ha bisogno di lui. Lorganizzazione WT Leung Ting, attraverso i suoi Insegnanti e Maestri, da a tutti la possibilit di apprendere il sistema in modo omogeneo, il resto dipende dalle proprie capacit interpretative, sia teoriche che pratiche. Il WingTsun (WT)

Attualmente il WINGTSUN, una delle Arti Marziali Cinesi pi diffuse nel mondo - oltre 60 nazioni. Il Wing Tsun Kung Fu non una disciplina sportiva, ma un nuovo e formidabile metodo di combattimento di lotta Cinese, sviluppata circa 250 anni fa da una monaca Buddista del tempio Shaolin, unitamente ad una sua allieva Yim Wing Tsun, (dalla quale lo stile prende il nome). Fino a 50 anni fa, quest'arte rimase segreta (non conosciuta al grande pubblico), poich veniva insegnata ad una ristretta cerchia d'adepti. OGGI Il Wing Tsun un'arte marziale FORMATIVA, EDUCATIVA e SALUTARE. Nel presente, il Wing Tsun viene tramandato in modo familiare come nei secoli scorsi, con valori che oggi sembrerebbero scomparsi: gerarchia patriarcale; l' unit familiare; lealt e unione tra le persone. Il Wing Tsun tramite i suoi istruttori, educa i propri adepti contro la violenza, spiegando loro di non usare mai in modo improprio quanto appreso, pena l'espulsione dalla scuola, ma allo stesso tempo addestrandoli in modo efficace, per la difesa da strada. FILOSOFIA Il Wing Tsun, contiene tre principali correnti di pensiero Orientale; Buddismo, Confucianesimo e Taoismo. BUDDISMO : Vi il Saluto; la consapevolezza che non esiste un punto fermo - tutto sempre in evoluzione - la necessit di lavorare duro, per migliorare - non siamo mai arrivati. CONFUCIANESIMO Viene tratto il concetto della famiglia, della gerarchia della disciplina, della lealt; TAOISMO Viene preso come VIA da seguire, non solo nell'applicazione dell'arte marziale, ma anche come atteggiamento per la vita quotidiana. Il suo studio offre l'opportunit, di una pi chiara comprensione, poich attraverso i principi, fornisce chiare chiavi di lettura per la vita. Queste filosofie illuminano la via del combattimento, ma anche quella della vita e del sapere. Attraverso questa saggezza e valori vengono formulati:

4 PRINCIPI DI ENERGIA (STUDIO E GESTIONE DELLA FORZA)

1) LIBERARSI DELLA PROPRIA FORZA 2) LIBERARSI DELLA FORZA DELL'AVVERSARIO 3) SFRUTTARE LA FORZA DELL'AVVERSARIO CONTRO DI LUI 4) AGGIUNGERE LA PROPRIA ENERGIA 4 PRINCIPI DI STRATEGIA E APPLICAZIONE 1) SE LA STRADA E' LIBERA VAI DENTRO - (AVANTI) 2) SE LA STRADA E' OCCUPATA RIMANI INCOLLATO 3) SE L'AVVERSARIO CEDE SEGUILO 4) SE L'AVVERSARIO E' PI FORTE CEDI Ogni istruttore WingTsun qualificato, non solo in grado d'insegnare questi principi in modo teorico, ma dovrebbe essere all'altezza di metterli in atto, durante la pratica dell'arte marziale. "BLITZ PROGRAMME" "COMBATTIMENTO LAMPO" IL "BLITZ PROGRAMME" (COMBATTIMENTO LAMPO) E' UN'APPLICAZIONE AVANZATA DEL WINGTSUN, (UTILIZZATO FINO A POCHI ANNI FA, DAI SOLI REPARTI SPECIALI DELLA POLIZIA E DELLE FORZE ARMATE). OGGI, QUESTO PROGRAMMA VIENE INSEGNATO A TUTTI I PRINCIPIANTI WT, AFFINCHE' IN BREVE TEMPO, ABBIANO L'OPPORTUNITA' D'APPRENDERE UN METODO DI DIFESA PERSONALE EFFICACISSIMO. "WINGTSUN TRADIZIONALE" OLTRE AL "BLITZ PROGRAMME", (NECESSARIO NELLA PRIMA FASE DI STUDIO PER GARANTIRE ALL'ALLIEVO UN'IMMEDIATA CONOSCENZA TECNICA PER LA DIFESA DA STRADA) VIENE INSEGNATO IL METODO TRADIZIONALE IN ESSO E' CONTENUTO - LE FORME - IL NUK SAO - IL CHI SAO - ESERCIZI DI CHI SAO LIBERO / LAT SAO - IL COMBATTIMENTO - E LA MEDITAZIONE. NELLA SCUOLA DEL GRAND MASTER LEUNG TING, IL WINGTSUN MANTIENE IL METODO D'ISTRUZIONE TRADIZIONALE, DIVIDENDO I PRATICANTI IN PICCOLI GRUPPI DI STUDIO AL FINE DI DAR LORO UN'ATTENZIONE INDIVIDUALE. OGNI GRUPPO LAVORA SU BREVI PROGRAMMI TECNICI, PER PERMETTERE AD OGNI ALLIEVO DI APPROFONDIRE LE NOZIONI RELATIVE AL PROPRIO LIVELLO, SENZA CONFONDERSI.

TRAMITE ESAMI, CHE VENGONO SVOLTI OGNI TRE MESI, GLI STUDENTI HANNO L'OPPORTUNITA' DI PROGREDIRE AL PROGRAMMA SUCCESSIVO.

WT l' autodifesa nella forma pi pura WT il pi brillante sistema di autodifesa mai pensato dall'uomo, perch: Il Wt non basato sulla forza fisica o sull'abilit acrobatica e , anzi , permette alle persone pi deboli di difendere se stesse. Il WT insegna come usare la forza dell'avversario per usarla contro di lui. I movimenti di autodifesa del WT derivano dai riflessi tattili che sono meccanicamente e direttamente determinati dall'attacco dell'avversario. In questo senso il WT non suscettibile di "finte" volte a fare cadere in errore il praticante. Il WT pu essere imparato in tempi brevi ai fini della difesa personale ed approfondito nel tempo nei suoi aspetti di vera arte marziale tradizionale cinese. Il WT incontra le esigenze di chi cerca di rispondere alla forza con una forza appropriata ed per questo particolarmente adatto per i corpi di polizia e di sicurezza. Il WT un sistema completo di arti marziali. La sua efficacia non risiede in evoluzioni stilistiche o in trucchi per creduloni , ma nella totalit rivoluzionaria dei sui semplici concetti. L'immediatezza , il limitato numero di movimenti usati , ecc., fanno del WT il pi veloce sistema di arti marziali mai provato dall'uomo. "Meno migliore"

L' economia del WT Numero dei movimenti Il WT convinto che un uomo pu affrontare un combattimento anche con pochi movimenti a disposizione nel suo bagaglio tecnico. La migliore autodifesa quella che annulla la maggior parte degli attacchi reali con il minor numero possibile di movimenti ! Movimenti che vengono eseguiti simultaneamente: Si possono eseguire fino a 3 schemi di movimento contemporaneamente. Attraverso allenamenti intensi , gli studenti di WT imparano a prendere in prestito l 'energia di attacco tramite una sorta di controllata e deliberata "cedevolezza". Le parti del corpo attaccate

si caricano cos della forza dell'attacco stesso e rilasciano quest'energia direttamente contro chi per primo l'ha scagliata.

Pugni a catena: Una volta che un praticante WT ha messo a segno un colpo, non si accontenta di questo traguardo ma lascia seguire al primo pugno una serie di altri. Questa una delle armi pi efficaci di un combattente , al punto che neppure gli stili tradizionali di arti marziali conoscono metodi efficaci di difesa contro i pugni a catena. La velocit ed il numero di colpi portati all'avversario lo riducono ad una difesa senza speranza. La "Soluzione Universale" , la "linea centrale" ecc.. L'economia del WT si manifesta in tutti i suoi movimenti ed in tutti i suoi principi ed un'arma talmente efficace e "facile" da un punto di vista fisico , da renderla particolarmente adatta alle donne. La semplicit con cui si raggiungono gli obiettivi sono oggetto di stupore per molti esperti di altre arti marziali. Ulteriori benefici del WT Oltre alla giusta enfasi che si d all?aspetto della difesa personale, ci sono altri benefici per cui si pu scegliere di praticare WT. Ecco qui una breve lista di quello che una scuola di WT pu offrirti: Il meglio nella difesa personale Allenamento di riflessi e reazioni Allenamento della concentrazione Esercizi di rilassamento e meditazione Esercizi di stretching , benessere fisico. Maggiore sicurezza in se stessi e nei propri mezzi Una pratica filosofia di vita Incontrare persone simpatiche Un passatempo divertente Salute Le tre sezioni dell' apprendimento del WT

Le Forme Le "forme" derivano da un serie di movimenti naturali fondamentali che sono stati integrati per gli intenti dell'auto difesa e sono stati inoltre arricchiti dall'esperienza dei Gran Maestri , nel corso dei secoli, per integrare il rilassamento , la meditazione ed il benessere fisico. Chi Sao (mani "appiccicose") Il WT l'unica arte marziale che include un esercizio che allena i riflessi tattili che sono determinati dal contatto. I riflessi difensivi del Chi Sao sono sollecitati in modo immediato e meccanico dall'attacco dell'avversario. Per questo motivo sono "fatti su misura" per rispondere ad ogni situazione di combattimento. I riflessi del Chi Sao sono di gran lunga pi veloci di quelli comandati dal'impulso visivo e permettono di difendersi anche in situazioni di mancanza di visibilit (di notte , in luoghi bui ecc..) Il Chi Sao la colla che unisce una serie di singoli movimenti in una sequenza coerente che non per "prestabilita" rigidamente , in modo da adattarsi ad ogni situazione e ad ogni reazione dell'avversario. Senza il Chi Sao il WT sarebbe solo una somma di singole tecniche e di "movimenti morti"(come tutti gli altri stili di Arti Marziali). Per questo si pu dire che il Chi Sao la vera anima del WT. Lat Sao (esercizi in coppia) Lo scopo del WT di sviluppare abilit nella lotta. Nel Lat Sao ( che significa "combattimento a Fase," , incontro diretto) , lo studente di WT impara a confrontarsi senza paura in uno scontro uno-contro-uno. Negli esercizi di WT ogni pugno, calcio ecc.. eseguito con un contatto morbido in modo da ridurre al minimo il rischio di contatti dolorosi .Lo studente pu valutare i progressi nella sua tecnica senza paura di fare del male al partner che si presta come sparring. Il che fa del Lat Sao una delle parti pi interessanti e motivanti del WT. * Blitz-Defence: programma speciale per particolari situazioni in caso di aggressioni. "Il WT non solo un'arte marziale intelligente , anche un'intelligente metodo per imparare" Le 5 fasi del combattimento In una reale situazione di auto difesa le "regole di buone maniere" (che potrebbero alterare l'esito dell'incontro) non esistono! Per questo motivo essenziale essere pronti ad un combattimento totale , a tutti i livelli, ed per questo che necessario essere a conoscenza delle varie fasi del combattimento. Le 5 fasi: 1- Fase Combattimento con i piedi 2- Fase Combattimento con le mani 3- Fase Combattimento con gomiti e ginocchia 4- Fase Combattimento con prese, leve, immobilizzazioni , controlli ecc.. 5- Fase Combattimento al suolo

In ognuna delle situazioni sopra elencate i principi del WT possono essere applicati con successo, ed per questo che molti praticanti di svariate arti marziali , una volta visto il WT ,iniziano a praticarlo. "Il Wt inizia dove molte altre arti marziali si fermano : il combattimento a corta distanza senza esclusione di colpi!" I 4 principi del WT Il WT non la somma di singole tecniche , ma un vero SISTEMA di arti marziali Il WT segue la strategia della difesa aggressiva. Al pi alto livello della gerarchia del sistema troviamo i 4 principi: Primo :.... Se la via libera , avanza! Secondo : Se la via non libera ,attaccati al tuo avversario ! Terzo :..... Se la forza del tuo avversario superiore alla tua , cedi! Quarto :.. Se l' avversario indietreggia , seguilo! Liberati delle parole che intrappolano! La confusione provoca l'aggressivita' Il verbo "essere" e' il principale responsabile di tutte le delusioni, le illusioni, e di conseguenza, le confusioni mentali ; in piu' e le regole grammaticali portano, inevitabilmente, verso una lite. La causa della confusione e' la funzione propositiva di Russell, cioe' una frase che sembra avere molti sensi, ma in realta' non ne ha alcuno. Alcuni ricercatori linguistici usano il termine confusione per indicare la funzione propositiva espressa male, e che ne`chi parla ne`chi ascolta sanno esattamente cosa voglia dire. La confusione scatena anche alcune sensazioni come la rabbia, la paura e quindi l'aggrassivita' ; questo accade in alcuni tipi di scimmie ed anche negli esseri umani. Attinente a queste relazioni, vorrei indicare che nel 19 sec. John Highlings Jackson introdusse il concetto proposizione , per caratterizzare la dominanza dell'emisfero sinistro quando si parla, cioe' quella parte del cervello lavora per formulare frasi e dire qualcosa. Al contrario dell' espressione propositiva Joseph Bogen, uno dei pionieri della commissurotomia, improntava il concetto di apposizione per caratterizzare l'elaborazione delle informazioni nell'emisfero destro nei destri, e si batte' molto per questa sua idea, che riteneva dovesse essere insegnata e sviluppata nelle scuole. Un altro tedesco che si e' battuto per il pensiero appositivo nelle scuole e' il Dr. Gerhard Huhn (Karl Koch "v.d. Kueste") " Creativita' e scuola, rischi dell' attuale programma per lo sviluppo libero dei bambiniincostituzionalita' delle politiche nazionali riguardanti il traguardo educativo ed i contenuti delle lezioni alla luce delle nuove scoperte sulla esplorazione del cervello).

"ESSERE" o "NON-ESSERE" Ci sono dei buoni argomenti per l'eliminazione delle parole "essere" ( e le sue forme come "sono" "sei" "e'" "siete" "sono" "ero" "divenire" ecc...) in ogni frase scritta o detta, ma in modo particolare quando si pensa. Prima che Lei mi fermi e mi prenda per pazzo, cosa che per me vale come un complimento, vorrei entrare brevemente nel campo della psicologia e della filosofia. Dato che mi occupo di lavoro fisico e meditazione taoista da piu' di quaranta anni, mi permetta di scuotere l'assioma classico Aristoteliano dell'identita' o uguaglianza. Con Heraclito, un altro filosofo Greco, credo che noi non viviamo la stessa esperienza due volte; credo che tutto scorra e cambi continuamente. In un batter d'occhio nel quale vedo e definisco un movimento "Bongsau", questa stessa tecnica si e' gia' trasformata in qualcos'altro. Allo stesso modo mutano le persone e le cose. La frase "Pietro e' stupido" gli ruba la sua intelligenza per sempre e lo esclude dalla societa'. Chi parla, invece, voleva dire solo che Pietro si e' comportato in modo inusuale ed inaspettato per un caso unico, e se lo aspetta come una persona ragionevole. Non c` da meravigliarsi, e' quindi, se Pietro si arrabia. L'effetto di una frase molto brutta del tipo: "Sono sempre andato male in Italiano", impedisce a chiunque, ed in qualsiasi modo, di prendere coraggio ed impegnarsi scrivere qualcosa di importante. E questo solo perche' chiunque puo' ricevere una brutta nota a scuola. Anche io ho ricevuto un 4 ad un compito di Tedesco al Liceo Ginnasio, ed un 60 dallo stesso insegnante, che all'epoca era il secondo esaminatore, all'esame di maturita'. L'uso del verbo "essere" suscita il concetto dell'eternita', dello statico, del fermo. Chi la pensa cosi' si crea un mondo morto ed artificiale, nel quale non c` nessun mutamento, nessuna e' speranza. Chi, per esempio, pensa di se`stesso: "Sono un lottatore" si e' privato di un qualsiasi tipo di crescita, di qualsiasi opportunita' futura. Quindi lui "e'" un lottatore o non lo e' per niente. Il verbo "essere" non lascia che un paio di scelte come "si" o "no", nessuna via di mezzo o livello intermedio a qualsiasi trasformazione, come, invece, troviamo in Natura. Quando un giovane uomo e' entusiasta per aver vinto la resistenza o una lotta, non si rende conto che in realta' ha superato solo un livello intermedio della sua vita. Quando diverra' vecchio dovra' riconoscere che lottare implica sempre "contro" qualcosa o qualcuno, e che questo "contro" significa dirigersi contro la natura, contro l'esistenza e percio' contro se' stesso. Quando lui si considera lottatore, gli altri si aspettano che lui si comporti sempre come tale e non puo' piu' liberarsi dal carcere che si e' programmato da solo ( Un uomo e`come un uomo ). Dare e dire dei nomi, questo o quello, e' un gesto aggressivo contro se' stesso e contro gli altri. Chiamare un leone "animale rapitore" ed uno schiavo "buono" non solo stimola lo sviluppo del nostro concetto della cosiddetta "morale", ma stabilisce un controllo sul pensiero piu' di quanto ce ne possiamo rendere conto. La frase "questa e' la verita'" vuole far credere che ci sia qualcosa come la verita' assoluta. Senza quella brutta parola "e` non potremmo paragonarci (o " metterci d'accordo); ci sarebbe troppo poca invidia e non da' l'opportunita' di generare e scaricare aggressivita', e noi non potremmo chiederci "Chi e' il miglior combattente tra di noi ?" Alcune frasi non lasciano nemmeno il diritto di replica, per esempio:"Il film era fantastico", in realta' dovrebbe essere espressa in termini soggettivi: "Io ho trovato quel film fatto bene, perche'..." e non ci sarebbe neanche piu' il bisogno di usare la forma passiva ("Verranno abbbattuti 45.000 bovini circa a causa dell'epidemia X", oppure Ronald Reagan: "Sono stati

commessi degli errori=mistakes were made"), dietro alla quale si nasconde, innominato, l'autore, cioe' il soggetto della frase. Noi dovremmo diventare piu' coscienti e responsabili e non dovremmo neanche piu' considerarci come vittime di un mondo anonimo, specie quando affermiamo che: "Io sono stato licenziato", ma sarebbe meglio prendere la nostra vita nelle nostre mani. Ogni volta che noi utilizziamo una forma del verbo "essere" mentiamo a noi stessi ed agli altri. Quindi, quando lei legge, ascolta o pensa aale coniugazioni di "essere" o "divenire", diffidi. Secondo me l'uso del verbo essere e' ambiguo e pericoloso perche' significa identificazione: "La paura e' il miglior insegnante" (Paura=insegnante ?), oppure puo' trarre in inganno come nel predicato; "Il limone e' giallo" (e' solo una percezione ottica e non una caratteristica; chi non puo' distinguere i colori lo vedra' sempre grigio). Goethe lo capi' attraverso i suoi studi sui colori che oggi sono ampiamente riconosciuti ed apprezzati. Una persona che osserva si crea e cambia il proprio mondo, osservando. Quando lei vede una persona ubriaca che e' stata abbandonata ai margini di un pub, potrebbe pensare: "Questo e' ubriaco", e l'ubriaco non si potra' aspettare alcun aiuto da lei; se invece prova a cambiare e pensa: "Da l'impressione di essere ubriaco", allora potra' nutrire dei dubbi, guardarlo meglio, e potra' salvare la vita di un potenziale omicidio violento. Cerchiamo di capire che un qualunque tipo di frase, anche solo pensata, tende comunque ad essere realizzata e, percio', diventa il nostro programma inconscio. Lei dunque e' quello che pensa di se stesso. Ma anche gli altri sono quello che lei pensa di loro ! Stiamo attenti a fare certe affermazioni, sia che le abbiano fatte gli altri si ache siamo stati noi a farle. Per esempio quando qualcuno dira': "Questa idea e' stupida !" allora lei potra' intenderlo nella sua prima lingua "l'idea non ha senso" e potra' continuare, replicando: "Che cosa non le piace ?", invece di dire: "Sciocchezze, questa e' una buona idea, e' lei lo stupido !". Quando gli altri la insultano: "Lei e' un idiota !", allora non solo prendera' le distanze, ma tradurra' nella sua prima lingua: "Lei mi ha irritato molto !". Ancora, quando lei cerca di risolvere un problema, pensa: " Questo e' impossibile", allora provi a pensare meglio: "Questo, al momento, mi sembra difficile" e cerchi una soluzione. Ci sono, addirittura, delle lingue in cui manca completamente il verbo essere: Cinese mandarino, Russo ed Ungherese. Io ho avuto delle difficolta' a scrivere questo articolo (tranne i testi che ho solo citato perche' devo solo copiare). La forma Inglese dell'infinito verbo essere corrisponde alle parole "to be", poco apprezzate e spettacolari, deriva dal Sanskrito (lingua antica degli Indiani colti) dalla parola "bhu=crescere/aumentare". Sia nella 1 che nella 3 persona singolare abbiamo "am" e "is" che hanno la stessa radice come nelle parole Sanskrite asmi che deriva da atmen ("respiro"). Quindi beati quei fortunati che non avevano il verbo "essere" ! Buddha aveva ragione quando prescriveva, come terapia per superare le sofferenze della vita, l'uso della "parola corretta/giusta" (vedi anche "Logica del combattimento individuale", pag. 260) K. R. Kernspecht

LIBERATI DALLE IDEE "FISSE" Fin quando sosterremo l'idea sbagliata che siamo una personalita' unica e permanente solo perche' occupiamo un corpo e possediamo un nome, non potremo mai osservarci e non potremo mai cambiare nulla ! Questo perche' ci identificheremo sempre con ognuno dei nostri ruoli, con tutti i nostri cattivi umori o pensieri che ci passano per la testa di volta in volta. Per non dimenticarci di noi stessi, non dovremmo identificarci ne' con quelle idee che ci vengono in mente di tanto in tanto e ne' tantomeno riferirle a noi esprimendoci con un "Io". E quante volte riconoscamo che dottori, insegnanti o giudici identificano loro stessi con le idee che si sono fatti di loro; sono solo prepotenti e litigiosi, occupati ad avere ragione sugli altri invece di risolvere le questioni. E' possibile imparare a liberarci dalle identificazioni falsate, anche se e' difficile. Innanzitutto bisogna capire che le idee non si lasciano proprio fermare. Per non identificarsi con loro, si deve osservare senza giudicare. Per cio' non si deve dire: "Io penso", perche' significa cedere, significa dir loro "si". Uno spiritello cattivo manda le idee nelle nostre teste; ma noi non dobbiamo tenerle come se fossero "nostre". Idee e pensieri devono essere distinti bene. Noi non siamo responsabili per le nostre idee, ma lo siamo per i nostri ragionamenti. Se Le capita di avere un'idea che Le fa riflettere, e continua a pensarci partendo da quell'idea, allora si che e' responsabile. Nella lingua del WingTsun: devi diventare passivo quando affronti le tue idee, allora non ti identificherai e ne' ti confonderai con loro. Pensa sempre: Tu non sei la tua idea ! Invece, appena credi che sia tua, l' idea avra' avuto la meglio su di te e pretendera' di realizzarsi. In futuro, invece di pensare "Io", dovresti essere piu' preciso "Questo pensa"; se vuoi ottenere il distacco necessario. Quando, di sera, stai sul letto e ti vengono certe idee come un po' di invidia, di gelosia e di cattiveria che ti vogliono buttar giu' e che riguardano il tuo cosiddetto senso della giustizia, la tua auto-compassione, un forte senso di resa dei conti con gli altri, di vendetta ecc..., allora lasciale andare, non ti curar di loro perche' non sono le tue idee ! Osservale divertito, il modo in cui si infilano casualmente nella tua testa e, con la stessa facilita', se ne vanno. Quando lo potrai fare, troverai una liberta' interiore. Il lavoro su noi stessi riguarda, appunto, la liberta' interiore. Noi lottiamo contro noi stessi per conseguire armonia e liberta'. Mentre all'esterno i muscoli si rilassano e ci liberiamo dalle tensioni quando pratichiamo il WingTsun fisico, dovremmo fare allo stesso modo, a livello mentale, con il WingTsun spirituale; dovremmo separare ogni relazione tra le nostre idee e noi stessi. Per impedire che i nostri ragionamenti si dirigano verso delle inutili fantasie e per prevenire il marciume spirituale e bloccare il continuo rimuginare di certe idee intorno allo stesso argomento, c` un metodo pratico, cioe' quello dell'apprendimento con il cuore e della recita ad e' alta voce dei testi.

Brevemente, un'amica mi ha confidato che si tira su' con bevendo. Ma per liberarsi da certe fissazioni che la tormentano farebbe meglio ad imparare le poesie sulle campane di Schiller ! Qualcuno si e' mai chiesto come mai i credenti Cristiani, Hindu' e Musulmani imaparano, ancora oggi, le loro sacre scritture con il cuore; oggi che siamo nell'era dei computer e delle fotocopie. Chi ne conosce il motivo: Perche' l'apprendimento con il cuore e' un metodo spirituale per liberare il nostro cervello dai ragionamenti e dai pensieri meccanici ed inutili; perche' concede lo spazio per un solo ragionamento per volta, non due. Attenzione: Non` possibile immaginarsi che qualcuno stia lavorando su se stesso solo perche' e' legge un editoriale al mese. Per chi lo crede, sappia che le mie "sveglie" hanno piuttosto la funzione di addormentare e di calmare. E, per cortesia, non` neanche credibile che io conosca e' sempre quello che scrivo, o che tutti questi argomenti siano il risultato dei miei ragionamenti. Praticamente, si tratta di una saggezza risalente al passato remoto e della conoscenza di alcune persone ed insegnanti vicini ad un WingTsun riguardante le "idee che rendono liberi". K. R. Kernspecht La leggenda e la storia del WingTsun. La storia del WingTsun si basa su un manoscritto originale del defunto Grand Master Yip Man e sulle ricerche del Gran Master Leung Ting. Nelle sue elaborazioni il prof. Leung Ting fa continuamente considerare che molti elementi della leggenda del WingTsun non sono storicamente dimostrabili e che alcuni di essi sono anzi addirittura scorretti dal punto di vista storico scientifico. Con i1 passare del tempo, fatti veri sono stati mescolati a racconti inventati ed nata cos una storia delle origini, che, nonostante tutto o, magari, proprio per questo continua ad affascinare. Durante il governo Kanghsi della dinastia Ching, i seguaci dello Shaolin Kung Fu erano talmente famosi, per la loro arte del combattimento, che il governo Ching se ne preoccup a tal punto, da decidere di uccidere i monaci e di distruggere il monastero che si trovava sul monte Sung, nella provincia Honan, nella Cina centrale. Furono quindi inviati numerosi soldati con lordine di distruggere il monastero e di estinguere la comunit religiosa. Ma i monaci del monastero Shaolin opposero una resistenza cos forte, che il monastero ne rimase indenne perfino dopo una lunga e dura lotta. Chan Man Wai, il migliore dellanno tra i candidati allesame dei funzionari, voleva fare carriera nel governo e cos espose il suo piano. Per poterlo attuare, fece una congiura con alcuni monaci del monastero Shaolin, il pi importante dei quali si chiamava Ma Ning Yee. Questultimo si lasci convincere a tradire i suoi compagni e incendi il monastero a loro insaputa. In questo modo si riusc a ridurlo in cenere. Durante lincendio morirono la maggior parte dei monaci e dei laici esperti di combattimento. Alcuni combattenti riuscirono per a scamparla e tra questi i Cinque Anziani, capi dei cinque stili Shaolin. La maestra buddista Ng Mui, il maestro Chi Shin, il maestro Pak Mei, il maestro Fung To Tak ed il maestro Miu Hin con i suoi discepoli, particolarmente Hung Hai, Kwun, Fong Sai Yuk e Luk Ah Choy. Uno dei Cinque Anziani, il maestro Chi Shin, che era anche abate e che prima dellincendio aveva avuto la maggior parte degli allievi, li convinse della necessit di dover combattere contro i Manciu. Per questo Chi Shin e i suoi allievi preferiti vennero ricercati con mandato di cattura. Chi Shin ordin loro di disperdersi in tutto il paese per evitare di essere catturati. Egli stesso, per potersi salvare, assunse la falsa identit di cuoco rifugiandosi su una giunca rossa. Altri maestri, come Miu Hin e sua figlia Miu Tsui, si nascosero a lungo presso le stirpi dei Miao e dei Yao, tra Szechwan e Yunnan. Pi tardi vagabondarono per il paese ed arricchirono sempre di pi le leggende cinesi. In Cina sono famose le storie Fong Sai Yuk sfida i difensori di un torneo e Ng Mui uccide Lee Pa Shan sul paletto dei fiori di pruno. Dopo la distruzione del monastero Shaolin i sopravvissuti si divisero per potersi salvare con pi probabilit dalla persecuzione del governo dei Manciu. Il Master Chi Shin, ad esempio, assunse lidentit di cuoco su una giunca rossa (la giunca rossa era la nave di trasporto

delle troupe di teatro, normalmente dipinta di rosso e adornata di bandiere variopinte). La monaca Ng Mui si rifugi nel tempio della Gru Bianca, sul monte Tai Leung. L ebbe modo di dedicarsi indisturbata allarte marziale e allo Zen. Per lungo tempo Ng Mui riflett su come avrebbe potuto creare una nuova arte marziale, capace di offrire la possibilit, anche a persone fisicamente deboli, di sconfiggere esperti delle Arti Marziali classiche. La leggenda racconta che Ng Mui ebbe lispirazione decisiva osservando una lotta tra una gru e una volpe. La volpe girava intorno alla gru, nella speranza di poter sferrare un attacco mortale, sul fianco non protetto di questultima. La gru, per, si girava in continuazione in modo da mostrare alla volpe il suo petto. Ogni volta che la volpe si avvicinava troppo, tentando di attaccarla con una zampa, la gru si difendeva con unala e, contemporaneamente, contrattaccava con il becco. Mentre quindi la gru si difendeva con lala e contrattaccava con il becco, la volpe astuta si avvaleva della velocit delle proprie gambe e degli attacchi a sorpresa. Non ha importanza come sia terminata questa lotta. Ng Mui svilupp, grazie allidea ricavata da quellosservazione, un nuovo sistema di arti marziali. Le caratteristiche distintive pi importanti del nuovo sistema di Ng Mui, rispetto al Kung Fu Shaolin, consistevano nei movimenti pi semplici ed adattabili, nellorientamento alla prassi e nellimpiego pi economo della forza. Il sistema di Ng Mui aveva come scopo la sconfitta del nemico, non con la forza, bens con il metodo. Sul monte Tai-Leung Ng Mui conobbe un certo Yim Lee e sua figlia WingTsun, il cui nome significa bella primavera. Il sistema della monaca Ng Mui deve il suo nome melodioso proprio a questa giovane ragazza. A quei tempi la monaca buddista Ng Mui viveva nel tempio della Gru Bianca, sul monte Tai Leung e, pi volte al mese, era solita frequentare, per acquistare i viveri, il mercato del vicino villaggio, dove la giovane ragazza Yim WingTsun vendeva il tofu insieme a suo padre. I due erano fuggiti dalla loro terra natia, la provincia Guangdong, poich sfortunatamente il padre era stato coinvolto in un problema giudiziario. Essendo stato allievo del monastero Shaolin, egli aveva appreso alcune tecniche di combattimento che impiegava, alloccorrenza, per ristabilire la giustizia dalle sue parti. Per questa ragione, cadde in tali difficolt, che lo costrinsero ad abbandonare la sua terra e a rifugiarsi ai confini delle province Szechwan e Yunnan, sul monte Tal Leung. Yim Wing Tsun crebbe e divenne una ragazza bella ed intelligente, ma la sua bellezza ed affabilit sarebbero state anche la fonte di gravi problemi. Infatti in quel luogo viveva un noto attaccabrighe che si chiamava Wong, il quale cercava continuamente di provocare liti. Purtroppo gli abitanti del villaggio non sapevano difendersi da lui, visto che egli era un esperto di Kung Fu e che apparteneva ad una societ segreta. Attratto dalla bellezza di Yim WingTsun, egli la chiese in sposa; WingTsun, per, era gi stata promessa sin dallinfanzia ad un giovane di nome Leung Bok Chau, un mercante di Fuchia. Wong le mand un messaggero, fissandole una scadenza e minacciandola di usare violenza nel caso in cui ella lo avesse respinto. Padre e figlia vivevano quindi nel timore per il loro futuro. Con landare del tempo Ng Mui era diventata cliente abituale di Yim Lee e spesso si intratteneva con i due. Un giorno, ella si rese conto che erano tormentati da grandi preoccupazioni. Yim Lee le raccont ogni cosa e Ng Mui, che era dotata di spiccato senso della giustizia, decise di aiutare WingTsun. Ella per non desiderava punire personalmente il malfattore, da un lato per non far scoprire la sua vera identit, e dallaltro perch un combattimento tra lei, la famosa maestra del monastero Shaolin ed uno sconosciuto picchiatore sarebbe stato considerato sleale ed inglorioso. Per questi motivi volle aiutare Yim WingTsun trasmettendole larte del combattimento. Dopo soli tre anni di lezione privata, la giovane ragazza padroneggiava perfettamente il metodo che le era stato mostrato. Dopo laddestramento Ng Mui la mand di nuovo nel tempio della Gru Bianca da suo padre. Non appena WingTsun fu ritornata al villaggio, fu molestata dal picchiatore Wong. Questa volta ella non scapp, ma lo sfid in un duello. Il rowdy era sicuro della sua vittoria e gi si rallegrava allidea di aver finalmente conquistato la ragazza. Purtroppo per lui, per, aveva fatto male i calcoli poich WingTsun lo sconfisse mettendolo k.o.. Dopo questa vittoria, WingTsun continu ad esercitarsi nel combattimento e, allorch Ng Mui decise di proseguire il suo viaggio, fu esortata a trovare un degno successore e a istruire solo gli allievi giusti. Yim WingTsun spos il suo fidanzato Leung Bok Chau e gli trasmise il metodo di combattimento che aveva appreso da Ng Mui. Leung Bok Chau, che prima di sposarsi aveva praticato il kung Fu, non ascoltava la moglie quando questa gli parlava della sua arte marziale,

credendo che una donna fosse troppo debole per poter essere considerata una pericolosa rivale per un uomo. Una volta, pero, WingTsun ebbe finalmente lopportunit di dargli una dimostrazione pratica della sua abilit, e da allora, ogni volta che combattevano insieme, essa riusciva a sconfiggere il marito. Solo a quel punto egli riconobbe che sua moglie era una grande maestra di arti marziali, e per renderle omaggio chiam questo sistema di kung Fu: WingTsun Kuen. Leung Bok Chau si allen regolarmente con la moglie fino a diventare egli stesso un Master di questarte marziale. Pi tardi egli trasmise questo sistema a Leung Lan Kwai, un ortopedico ed erborista che non voleva rendere pubbliche le sue conoscenze di Kung Fu, tenendole gelosamente per s. Nemmeno i suoi parenti e gli amici pi intimi sapevano che egli fosse un Master di Kung Fu. Il suo segreto venne svelato solo quando egli sbaragli un gruppo di picchiatori che aveva attaccato un uomo solo. Se Leung Lan kwai non fosse stato costretto in quel momento a mostrare la sua abilit, la storia del WingTsun sarebbe forse finita qui. Cos invece successe che egli trasmise il suo sapere a Wong Bo, un attore che faceva parte di una troupe teatrale. Allepoca tutti gli attori dellopera venivano chiamati I giovani della giunca rossa. Leung Lan Kwai originariamente non aveva alcuna intenzione di insegnare ad altri questo sistema, ma lonest e il senso della giustizia di Wong Bo lo distolsero dal suo proposito ed egli lo accett come allievo. A quei tempi la maggior parte dei giovani della giunca rossa si occupava di arti marziali. Durante le loro rappresentazioni si truccavano cos pesantemente da diventare irriconoscibili. Per questo motivo anche il Master buddista Chi Shin, uno dei Cinque Anziani del monastero Shaolin, che come la monaca Ng Mui era scampato al grande incendio, assunse lidentit di cuoco su una giunca rossa , per evitare di essere riconosciuto ed arrestato. Sebbene egli avesse nascosto la sua vera identit per lungo tempo, si confid ad alcuni colleghi che non lo tradirono, ma che, al contrario, lo protessero ripetutamente con successo nelle situazioni pericolose. Erano tutti degli uomini dagli ideali onesti, e, soprattutto erano contro il governo dei Manciu. Per questo si impegnavano segretamente a far crollare questo regime, fondando delle societ segrete che intraprendevano azioni contro di esso. In questo modo Master Chi Shin divenne il loro eroe. Egli insegn loro larte del combattimento e, per preparali allimminente lotta contro i Manciu, li istru nel kung Fu del monastero Shaolin. Degno di essere menzionato tra gli allievi di Master Shin era Leung Yee Tei; egli si trovava sulla giunca rossa non in qualit di attore, ma di marinaio e governava la giunca con laiuto di una lunga pertica. E chiaro, per questo, che tra tutte le tecniche offerte dal Master Chi Shin, quella che egli preferiva era la tecnica con i bastoni lunghi. Leung Yee lei ebbe molta fortuna, poich Master Chi Shin, uno dei pochi esperti dei bastoni lunghi, lo ritenne degno di apprendere tali tecniche. Proprio attraverso Leung Yee Tei le tecniche con il bastone lungo avrebbero trovato accesso al sistema WingTsun. In et avanzata Leung Yee Tai trasmise larte del WingTsun a Leung Jan, un famoso medico di Fatshan, una delle quattro citt pi importanti della provincia Kwangtung, nella Cina del sud. Fatshan, molto trafficato per via della sua posizione favorevole alla foce del fiume Perla, era un famoso centro commerciale, crocevia di funzionari statali, ricchi mercanti, operai e gente comune. Leung Jan, che l aveva unerboristeria, proveniva da una buona famiglia, era colto, gentile e disponibile; egli non si occupava solo dellerboristeria, ma prestava anche assistenza medica ai suoi concittadini. Essendo un buon medico godeva della fiducia degli abitanti della citt e il suo studio era molto frequentato. Nel suo tempo libero egli si dedicava alla letteratura e, con meraviglia di qualcuno, anche allarte del combattimento. Tuttavia, era piuttosto indeciso su quale stile seguire e non aveva molta considerazione per te posizioni basse e per i lunghi ponti, che agli altri apparivano forti e vincenti: a lui interessavano poco gli stili che si affidavano quasi esclusivamente alla forza fisica, come pure quelli che si basavano su movimenti eleganti ma poco pratici. Ci che cercava era un sistema i cui movimenti fossero semplici e che si potessero eseguire in modo pratico ed efficace. Pass molti anni alla ricerca di un sistema giusto e soprattutto di un bravo insegnante, finch la sua pazienza venne ricompensata: incontr Leung Yee Tai e da lui apprese il sistema WingTsun. Leung Jan, grazie alla sua abilit, si guadagn ben presto il titolo di re del Kung Fu del WingTsun. La sua fama lo costrinse per a sostenere diverse sfide: ambiziosi combattenti lo costrinsero a difendere il suo titolo, ma questi venivano regolarmente e rapidamente sconfitti. Ovunque il suo nome era noto, si parlava con entusiasmo del suo titolo di re del Kung Fu e delle sue vittorie. Persino oggi, la vecchia generazione del Kung Fu parla ancora con profonda ammirazione dei suoi combattimenti.Dal punto di vista finanziario, non era necessario che

Leung Jan insegnasse il WingTsun: egli, infatti, lo faceva unicamente perch aveva bisogno di un compagno di allenamento per i suoi studi sul sistema. Per questo motivo aveva pochissimi allievi, tra i quali bisogna menzionare i suoi due figli, Leung Tsun e Leung Bik. Ogni sera, dopo la chiusura della sua farmacia, insegnava il WingTsun. Uno dei suoi allievi fu soprannominato ,,Wah, il taglialegna, perch le sue braccia erano dure come il legno e poich spesso, durante lallenamento, egli riusciva a rompere le grosse braccia dellUomo di legno. Ogni sera, insieme ai suoi compagni di allenamento, Wah perfezionava le sue abilit nel WT sotto la guida del suo maestro Leung Jan. Vicino alla farmacia si trovava la bancarella di un cambiavalute che era appassionatissimo di Kung Fu e che desiderava ad ogni costo trovare un famoso Maestro. Trovandosi con la bancarella nei pressi della farmacia di Leung Jan, egli aveva la possibilit di ammirare da vicino le esibizioni del Maestro. Avrebbe dato chiss cosa per poter diventare suo allievo. Leung Jan era per un ricco cittadino, proveniente da una famosa famiglia, e lumile Chan Wah Shun non aveva il coraggio di chiedergli un tale favore, poich aveva paura che la sua proposta venisse respinta. Tutte le sere, dopo il lavoro, Wah il cambiavalute, in punta di piedi si appostava davanti alla porta della farmacia per osservare la lezione di WingTsun attraverso uno spiraglio. Master Leung Jan era il suo idolo: neanche uno dei suoi movimenti, effettuati con le mani o con i piedi, sfuggiva alla sua attenzione. Giorno dopo giorno, il suo desiderio di apprendere il WingTsun cresceva sempre pi. Un giorno si fece coraggio e si rivolse a Leung Jan e, come aveva previsto, la sua proposta venne cordialmente, ma decisamente, respinta. Pur rimanendone naturalmente profondamente deluso, Wah non abbandon le sue speranze ed escogit un piano per raggiungere il suo obiettivo: un giorno, mentre Leung Jan era assente, Wah il taglialegna port un uomo molto forte nella farmacia dove si trovava solo Leung Tsun, il figlio minore di Leung Jan. Avrete naturalmente gi capito che lo sconosciuto non era altri che Wah il cambiavalute che, osservando regolarmente le lezioni dalla fessura della porta, aveva gi imparato abbastanza bene diverse tecniche di WingTsun. Leung Tsun volle combattere con il cambiavalute non solo per vedere quanto avesse imparato attraverso le lezioni proibite, ma anche per dimostrare la sua superiorit. Egli, per, non si era duramente allenato come Wah il taglialegna. Wah il cambiavalute si rese conto al primo contatto che il suo avversario non era cos forte ed abile come si era aspettato. Senza volerlo, il colpo con il palmo della mano di Chan Wah Shun fu talmente forte che Leung Tsun vol sulla sedia preferita di suo padre, rompendola. Esterrefatti dallesito del combattimento, temettero il ritorno di Leung Jan che li avrebbe sicuramente puniti, vedendo che la sua sedia preferita era andata distrutta. Per fare in modo che non se ne accorgesse raccolsero i pezzi e l assemblarono al meglio. La sera, dopo cena, Leung Jan che voleva riposarsi un po sulla sua sedia prediletta, s trov improvvisamente a terra! Interrogato il figlio, venne a sapere dello sconosciuto e del combattimento. A Leung Jan interessava particolarmente sapere in che modo Wah il cambiavalute avesse appreso il WingTsun e scopr che egli aveva osservato di nascosto le sue lezioni e che aveva segretamente ricevuto lezione dal suo allievo Wah il taglialegna. Leung Jan dopo aver rimproverato il taglialegna, poich non era permesso dare lezioni di Kung Fu senza il suo consenso, mand a chiamare Wah il cambiavalute. Temendo per il suo allievo proibito una punizione da parte di Leung Jan, gli consigli di non recarsi dal Maestro, ma di rifugiarsi nel suo paese natio. Ritornato in farmacia, egli apprese che Leung Jan non covava alcun desiderio di punizione e che voleva semplicemente constatare labilit del cambiavalute. Felicissimo, chiam il suo amico che, una volta esaminato raggiunse finalmente il suo scopo, venendo ammesso da Leung Jan. I Manci governavano i cinesi da oltre 200 anni, in questo modo riuscirono a divenir parte della cultura cinese. li muro esistente agli inizi non esisteva quasi pi e ci si manifestava nel fatto che non cerano pi sentimenti di Odio verso i Manci e che i cinesi avevano sempre maggiori possibilit di occupare posti nel governo dei Ching. Il governo dei Ching (e cio i Manci) si era abituato allo stile di vita cinese divenendo ben presto corrotto. Attacchi da parte di altri Paesi erano allordine del giorno e molti fattori stavano portando al graduare indebolimento del morale e del loro potere militare. Una delle soluzioni era quella di rinforzare il potere del Paese esercitando meglio i militari. A questo proposito ci si rivolse a Chan Wah Shun e per questo gli si offri il posto di istruttore-capo dei Soldati dell8~ gonfalone, come veniva chiamata la forza militare dei Mand. Era una posizione prestigiosa e di potere. Eppure per Chan Wah Shun, il successore di Leung Jan, non era un onore essere capo-istruttore dei soldati Manci. Esattamente come per il suo Sifu, per lui la lezione

di Kung-Fu era una passione e non una professione. Chan Wah Shun, il cambiavalute, divenne quindi il successore di Leung Jan. Alcuni dei nostri lettori che non conoscono a fondo la tradizione cinese si sarebbero sicuramente aspettati che uno dei due figli di Leung Jan -Leung Tsun o Leung Bik - diventassero i suoi legittimi successori. Ma nel Kung-Fu cinese non esiste una successione al trono di solito i figli di un Grandmaster si esercitano meno duramente degli altri allievi, in primo luogo perch meno motivati ed inoltre per il fatto di trovarsi spesso in contrasto con la Via seguita dal padre. E certo che tutti i genitori desidererebbero che siano i propri figli a diventare suoi successori e ci dimostrato anche dal fatto che solo a loro insegnavano le tecniche pi avanzate. Nella maggior parte dei casi per, il figlio si accontentava del puro sapere teorico, seguendo il motto io so cose che tu non sai ., e non si curava di impadronirsi di qualcosa che avrebbe potuto ereditare dal padre. Cosi il figlio, che conosceva solo la teoria ma quasi niente della pratica, finiva con il diventare arrogante e geloso degli allievi del padre. Per tale motivo, non i figli di Leung Jan, bensi Chan Wah Shun divenne il suo successore; per questo non il figlio di Chan Wah Shun, Chan Yu Min, bens Yip Man divenne il suo successore; per questo non uno dei figli di Yip Man (dei quali due insegnavano il Wing Chun), bensi Leung Ting la persona che attualmente ha lonere di diffondere il WingTsun nel mondo. Nonostante il figlio di Leung Ting pratichi il Kung-Fu, nel WingTsun non esiste una successione al trono, cosa che vale anche per le altre arti marziali cinesi, nelle quali lunica cosa che conta labilit. Chan Wah Shun non aveva una sua scuola, ma affittava di volta in volta dei locali seconde le esigenze. Nei suoi 36 anni di insegnamento ebbe solamente 16 allievi, tra i quali suo figlio, Chan Yu Min, un ragazzo maleducato che, con grande dispiacere di suo padre, era spesso coinvolto in risse con giovani criminali della sua citt. A causa di ci, Chan Wah Shun non trasmise a suo figlio le tecniche pi avanzate del WingTsun, ma le mostr a sua nuora. Chan Yu Min fu pi tardi costretto ad apprendere dalla moglie quelle tecniche che il padre si era rifiutato di mostrargli. Bisogna per ricordare che Chan Yu Min era abbastanza esperto nellimpiego dei bastoni lunghi e cos si guadagn il titolo di re dei bastoni lunghi delle sette province durante una competizione. Come premio ricevette un gigantesco bastone lungo, sul quale era inciso il suo nome e, allorch apr una propria scuola, appese tale bastone sulla porta per attirare allievi.Fu lultimo Gran Maestro che tutti considerarono un leader. Di una famiglia benestante, ricco proprietario di un terreno e di una via intera con tutti i suoi immobili, Yip Man avrebbe potuto fare la vita comoda e sicura di un bohemien, senza sporcarsi le mani con il lavoro. Ma allimprovviso e sorprendendo tutti i familiari, il giovane Yip Man scopr ben presto la sua passione per le arti di combattimento (per un cinese colto e benestante non era consentito scegliere il Kung Fu come hobby). Come succede nei Paesi occidentali con la Boxe o la Lotta, le Arti Marziali erano considerate in Cina lo svago delle classi inferiori. In realt i giovani intellettuali occidentali cominciarono ad interessarsi a questo tipo di pratiche dopo averle infarcite con elementi pseudofilosofici. Al contrario del Karate che in Giappone ed in Occidente si cominci a praticare nelle universit per fare in modo che sia i professori che gli allievi entrassero in contatto prima possibile con quellarte, il Kung Fu cinese continu ad essere considerato come uno svago per la classe operaia, che daltra parte aveva sempre dato i migliori combattenti, ma non degli istruttori che conoscessero anche a fondo le base teoriche dellarte. Di conseguenza, la maggior parte degli istruttori di WingTsun erano (e tuttora lo sono) camerieri o cuochi, ovvero gente che non aveva veramente capito la teoria e che dunque non poteva tramandarla agli allievi. Yip Man fu una fortunata eccezione. Gi a 13 anni, Yip Man ebbe modo di frequentare le lezioni di Chan Wah Shun, il discepolo preferito del Gran Maestro Leung Jan. Wah, il cambia valute, non aveva una sua scuola di WingTsun, per questo era costretto a prendere in affitto dei locali tutte le volte che era necessario, Il padre di Yip Man ebbe la gentilezza di mettere a sua disposizione lantico tempio familiare del dan Yip, in modo che potesse utilizzarlo da sala di allenamento ed impartire li le sue lezioni. Sfortunatamente, Wah aveva pochi allievi, per via dei prezzi salati, In quanto figlio del proprietario, per Yip Man fu facile entrare in contatto con Chan Wah Shun. Le tecniche di Wah affascinarono il giovane Yip Man sin dal primo momento, per cui decise di apprendere larte del WingTsun. Un giorno, Yip Man consegn al sorpreso Chan Wah Shun la somma di tre taele e gli chiese di essere ammesso come allievo. Wah guard insospettito il giovane, chiedendosi da dove avesse tirato fuori quei soldi, Quando parl con il padre di Yip Man, seppe che li aveva presi dal suo salvadanaio. Emozionato dalla fermezza e dal desiderio di Yip Man di apprendere il WingTsun, Wah decise di accettarlo

come allievo, anche se gli diede le prime lezioni senza troppa convinzione, giacch non era tanto sicuro delle capacit del giovane che considerava semplicemente un membro della classe superiore, troppo sensibile in fondo per la pratica delle Arti Marziali. Tuttavia, con laiuto della sua intelligenza ed il sostegno dei suoi fratelli di Kung Fu pi grandi, Yip Man riusc ad apprendere tanto in poco tempo e cos riusc anche a porre fine ai pregiudizi di Wha, che incominci ad insegnargli sul serio. Chan Wha Shun dedic 36 anni allinsegnamento, ed in quel periodo ebbe soltanto 16 allievi, fra i quali cera suo figlio, Chan Yu Min. Tra tutti i suoi discepoli, Yip Man fu il pi giovane. Wah il cambia valute mor quando Yip Man aveva 16 anni, Quello stesso anno, Yip abbandon Fatshan per trasferirsi a Hong Kong ed iniziare la sua attivit docente presso il St. Stephens College. Yip Man stava assiduamente continuando gli studi scolastici, ma questo non gli impediva di battersi con i suoi compagni europei, sconfiggendoli in ogni occasione, nonostante fosse pi piccolo di loro. Anni dopo confess che a quellepoca era molto arrogante e si sentiva troppo sicuro di se stesso. Un giorno, un amico chiamato Lai gli disse: Nella nostra societ c un praticante di WingTsun che ha pi di 50 anni. amico di mio padre. Avresti il coraggio di batterti con lui? Yip Man, giovane e pretenzioso, che in pi non sapeva cosa significasse perdere e non aveva paura di nessuno, accett immediatamente la sfida, Il suo amico lo port in questa azienda che produceva seta, situata nella Jervois Street, dove laspettava quelluomo. Si present come il signore Leung e gli disse: Dunque sei allievo dellonorevole Maestro Chan Wah Shun, di Fatshan. Sei ancora molto giovane. Cosa hai appresso dal tuo maestro? Hai gi finito la Chum-Kiu? Ma Yip Man che era troppo impaziente per combattere, non gli diede troppa retta, limitandosi a dare delle risposte rapide e superficiali, mentre si toglieva il lungo vestito per prepararsi al combattimento. Allora il signor Leung gli disse che poteva attaccarlo a qualsiasi parte del corpo e che lui si sarebbe limitato semplicemente a difendersi senza eseguire alcun tipo di contrattacco e che in nessun caso gli avrebbe fatto del male. Ci fece in modo che Yip Man si arrabbiasse ancora di pi. Tuttavia, attacc con calma e considerazione. Ma quelluomo era capace di difendersi dagli attacchi pi forti in modo quasi indolente. In diverse occasioni Yip Man cadde per terra, si alz e continu ad attaccare, ma soltanto per scoprire che non aveva nessuna opzione. Poi si accorse che quelluomo era Leung Bik, il figlio minore di Leung Jan, di Fatshan, il Si-fu di Chan Wah Shun (il cambia valute). Bisogna ricordare che Chan Wah Shun fu il maestro di Yip Man. Ci significa che il signor Leung era in realt il fratello minore di Kung Fu (Si-Dai) del maestro (Si-Fu) di Yip Man, dunque apparteneva ad una generazione superiore alla sua e Yip Man avrebbe dovuto chiamarlo Zio (Si Suk). Se Yip Man non fosse stato cos arrogante allinizio, quando Leung Bik lo aveva interrogato, avrebbe saputo tutti questi particolari da subito. Cos decise di continuare i suoi studi di WingTsun con Leung Bik, giacch il suo Sifu era gi morto. Doveva sfruttare quellopportunit unica. Leung Bik, da parte sua, riconobbe il grande potenziale che aveva quel giovanotto, al quale mancavano soltanto un insegnamento adeguato e dellesperienza. Leung Bik promise a Yip Man di insegnargli WingTsun. Cos, mentre Chan Wah Shun fu per Yip Man lequivalente di un professore delle elementari, che gli insegn, personalmente ed attraverso Ng Chung le potenti tecniche basilari del WingTsun, pu dirsi che lintellettuale Leung Bik, che aveva appreso da suo padre Leung Jan anche la tecnica dolce (che teneva segreta) fu il suo professore universitario che diede alle sue tecniche unaltra dimensione. Da quel momento Yip Man segui per molti anni il suo nuovo Sifu Leung Bik, apprendendo tutti i segreti del WingTsun. A 24 anni, Yip Man torn nella sua citt di origine, Fatshan, come un vero maestro del WingTsun. Yip Man era figlio di un benestante, per tal motivo ebbe a disposizione tutto il tempo che voleva per praticare WingTsun insieme al SiHing Ng Chun So ed al suo allievo Yuen Kay Shan. Yuen Kay Shan era soprannominato Yuen il quinto dato che era il quinto figlio nella sua famiglia. A Fatshan tutti lo chiamavano in quel modo, fino al punto che pi tardi nessuno si ricord pi quale fosse il suo vero nome. Pur essendo qualche anno pi grande di Yip Man, nella terminologia cinese del Kung Fu era invece suo nipote (SiDjuk), perch Yip Man apparteneva ad una generazione di Kung Fu superiore ovvero aveva iniziato prima la pratica del WingTsun. Tuttavia, praticando insieme tutti i giorni, dimenticarono presto di appartenere a delle generazioni differenti (qualcosa di molto strano nella tradizione cinese), diventando ben presto amici per la pelle. A Fatshan Yip Man si accorse di un fatto insolito ed anche inquietante: aveva superato tutti i suoi colleghi pi anziani (Si-Hing). Anche loro se ne accorsero e si lamentarono, dicendo che lui aveva appreso qualcosa che il loro comune maestro Chan Wah Shun non gli aveva insegnato. Per

questo motivo lo rimproverarono, soprattutto quelli che erano stati sconfitti, dicendogli che si era allontanato dalla vera teoria del WingTsun e che non insegnava un WingTsun corretto. (Curiosamente a Leung Ting che apprese la tecnica dolce da Yip Man come allievo privato, gli furono fatti pi in avanti gli stessi rimproveri). Tutto ci scaten una serie di discussioni fra Yip Man ed i suoi Si-Hing. Per fortuna Ng Chung So chiar questa situazione. Spieg loro che il suo Sifu Chan Wah Shun, nonostante fosse stato un gran maestro, non fu capace di insegnargli completamente ci che padroneggiava, perch non aveva la necessaria formazione scientifica per spiegare la complessa teoria del WingTsun. Leung Bik invece, non solo era un esperto in WingTsun, ma anche un saggio, per questo fu capace di spiegare esattamente a Yip Man la teoria essenziale del WingTsun. (Bisogna anche dire che quasi tutte le pubblicazioni note sullarte del combattimento di Yip Man sottolineano la massima importanza della linea centrale, ma nessuno fuori dalla scuola di Leung Ting capace di spiegare correttamente questo concetto). Questa la differenza fondamentale tra Yip Man ed i suoi colleghi pi anziani. Yip Man non nutriva alcun interesse per la fama o la ricchezza e non si vant mai delle sue abilit davanti ad altri. Ma si raccontano degli aneddoti curiosi, anche se delle volte un po esagerati, che testimoniano come certe volte sia stato costretto ad usare le sue tecniche. Ad esempio: una volta lanno si teneva una festa a Fatshan alla quale partecipavano tutti i ricchi mercanti, imprenditori e persone di spicco della comunit, nonch gente di altre citt vicine. In quelle occasioni la gente per strada era talmente tanta che era difficile trovare un posto per guardare lo spettacolo. Ad una di quelle feste partecip anche Yip Man con alcune giovani signorine. Vicino a loro si trovava un soldato. Yip Man in genere non amava troppo i soldati. A quellepoca chi diventava soldato era di solito un bandito o un pigro. Cera un proverbio popolare che diceva che i bravi giovani non diventavano soldati. Le accompagnatrici di Yip Man erano vestite elegantemente e la loro bellezza ed il loro comportamento squisito attirarono il soldato. A Yip Man non piacque che il soldato si avvicinasse a loro signorine e che parlasse in modo scortese, dunque lo rimprover e cominci a discutere con lui. Il soldato si sorprese vedendo che Yp Man non era un intellettuale teorico e si arrabbi ancora di pi, tir fuori la sua pistola e gliela punt addosso. Yip Man non ebbe la minima esitazione. Deviandogli il braccio, gli tolse la pistola e lev il tamburo dellarma con le dita. Prima che il militare si riprendesse dallo spavento, Yip Man e le sue accompagnatrici erano spariti. Questo episodio stato descritto da diversi testimoni in altrettanti modi. C persino chi dice che ruppe la pistola in due...

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