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Modulo 5

Tipologia linguistica

Nicola Grandi
Universit Milano Bicocca

Indice

1. La tipologia linguistica e la ricerca sugli universali
1.1. La variazione interlinguistica: come cambiano le lingue del mondo?
1.1.1. Lo scopo della tipologia linguistica
1.2. Individuare i limiti della variazione interlinguistica: i tipi e le loro diffusioni
1.2.1. Come si costruisce un tipo
1.2.2. Il carattere strutturale dei tipi
1.3. Come studiare tutte le lingue del mondo?
1.4. Il caso estremo: nessuna variazione interlinguistica (gli universali assoluti)
1.4.1. Alcuni dei pi noti universali assoluti
1.4.2. Universali e tendenze: le lingue di tipo SO
1.5. La correlazione di due tratti linguistici: gli universali implicazionali
1.5.1 Luniversale VSO implica preposizioni
1.5.2. Alcuni dei pi noti universali implicazionali
1.6. Come spiegare gli universali?
1.6.1. Leconomia
1.6.2. Liconicit
1.6.3. La motivazione comunicativa
1.7. Il rapporto tra la tipologia e la ricerca sugli universali

2. Tipologia e morfologia
2.1. La struttura della parola: i tipi morfologici
2.1.1. I casi estremi: parole non analizzabili e parole lunghe come frasi
2.1.1.1. Il tipo isolante (cinese e vietnamita)
2.1.1.2. I tipi polisintetico ed incorporante (leschimese siberiano ed il ciukci)
2.1.2. Il tipo agglutinante (il turco)
2.1.3. Il tipo fusivo (le lingue indeuropee dEuropa)
2.1.3.1. Il sottotipo introflessivo (larabo)
2.1.4. Non esistono tipi puri
2.1.4.1. La tipologia morfologica dellinglese
2.2. La natura degli affissi: prefissi, infissi, suffissi

3. Tipologia e sintassi
3.1. La posizione di soggetto, verbo e oggetto
3.2. Lordine dei costituenti nei sintagmi nominale e adposizionale
3.2.1. Una possibile spiegazione dei fatti osservati
3.2.2. Una classificazione delle principali lingue europee in base ai parametri della tipologia
sintattica

4. Tipologia e fonologia
4.1. I toni (il cinese)
4.2. Larmonia vocalica (le lingue turche e le lingue uraliche)

5. Profilo tipologico di alcune lingue di immigrati in Italia
5.1. Il cinese
5.2. Larabo
5.3. Il turco di Turchia
5.4. Le lingue slave
5.5. Lalbanese

6. Guida bibliografica
1. La tipologia linguistica e la ricerca sugli universali

1.1. La variazione interlinguistica: come cambiano le lingue del mondo?

difficile quantificare con precisione soddisfacente il numero delle lingue parlate oggi sulla Terra.
In effetti, le stime variano sensibilmente soprattutto in rapporto al valore che viene attribuito alla
distinzione tra lingua e dialetto. Chiunque abbia compiuto un viaggio, anche solo entro i confini del
proprio paese, sa che la lingua cambia nello spazio: in genere basta passare un fiume o valicare un
monte per imbattersi in usi linguistici diversi dai propri. Ma quanto devono essere distanti due
sistemi per poter essere definiti due lingue diverse piuttosto che due dialetti distinti della stessa
lingua? La questione davvero spinosa e di fatto tuttora irrisolta. Se si adotta lidea, un po
impressionistica, di dialetto che corrisponde approssimativamente alluso linguistico di una
comunit geograficamente ristretta facente parte a sua volta di una realt sociale e politica pi
ampia e circoscritto di norma a pochi contesti comunicativi e si assume invece a riferimento una
definizione pi larga di lingua (tale cio da includere anche buona parte di quegli usi linguistici
che vengono abitualmente definiti dialettali), si pu indicare in circa 6000 il numero complessivo
delle lingue in uso oggi sulla Terra.
Ora, queste lingue sono molto diverse tra loro: questa constatazione assolutamente evidente,
scontata, forse addirittura banale. Meno evidente, almeno per il pubblico non specialista, invece il
fatto che questa variazione, pur esuberante, non caotica n governata dal caso; anzi, essa
obbedisce a principi piuttosto generali. La tipologia linguistica ambisce ad individuare proprio
questi principi e pu essere dunque definita come lo studio sistematico della variazione
interlinguistica. In questo senso, essa si pone come un approccio alternativo e complementare
rispetto alla pi nota classificazione genetica (adottata ad esempio dalla linguistica storico-
comparativa): la tipologia infatti, operando su un piano essenzialmente sincronico, classifica le
lingue storico-naturali in base ad affinit (o divergenze) strutturali sistematiche, indipendentemente
sia dai processi storico-evolutivi che le hanno prodotte, sia dalla famiglia linguistica di
appartenenza. In sostanza, lingue non imparentate geneticamente e/o attestate in epoche differenti
possono essere collocate nello stesso raggruppamento, se caratterizzate da somiglianze nella
struttura e, specularmente, non si pu escludere che lingue anche strettamente imparentate possano
trovarsi agli estremi opposti in una particolare classificazione tipologica.
1.1.1. Lo scopo della tipologia linguistica

Non facile descrivere in poche righe lo scopo della tipologia linguistica, anche perch gli studiosi
hanno espresso, nel corso degli anni, pareri diversi al riguardo. Credo tuttavia che non ci si allontani
troppo dalla verit affermando che la tipologia linguistica si prefigge il compito di stabilire, ove
possibile, se esistano dei limiti alla variazione interlinguistica. In altre parole, studiare le occorrenze
sistematiche di specifiche affinit (o divergenze) strutturali tra lingue non imparentate dovrebbe
condurre il tipologo a svelare leventuale esistenza di configurazioni strutturali (tecnicamente dette
tipi linguistici) impossibili o, almeno, altamente improbabili.
Ovviamente, unindagine di questa natura non pu limitarsi allosservazione dei fenomeni, ma deve
affrontare limpresa, ben pi ardua, dellidentificazione delle spiegazioni profonde dei fatti
linguistici registrati, cio dei principi organizzativi sottesi ai tipi linguistici identificati.
Come si detto, per raggiungere questo scopo, invero piuttosto ambizioso, la tipologia procede ad
una classificazione delle lingue in base ad affinit (o divergenze) sistematiche sul piano strutturale,
indipendentemente sia dalla famiglia linguistica di appartenenza, sia dalla loro attestazione storica,
sia, infine, dai processi evolutivi cui queste affinit (o divergenze) possono essere ascritte. Questa
affermazione ha una implicazione di grande rilievo: se la tipologia linguistica studia le lingue senza
fare riferimento alla loro attestazione storica, allora essa non pu limitarsi a prendere in esame solo
le 6.000 lingue che oggi popolano la Terra, ma deve farsi carico anche dello studio di tutte le lingue
che hanno visto la luce nel passato e che la storia ha poi condotto allestinzione. A ben vedere ci
non contraddice lassunto secondo cui la tipologia linguistica esclude la componente diacronica.
Anche le lingue del passato, cos come quelle del presente, vengono fotografate e, in questo modo,
isolate dal loro divenire storico. Ci che conta, in ottica tipologica, solo la loro configurazione
strutturale. In questo senso, littita, lingua estintasi verosimilmente attorno al 1300 a.C., ha la stessa
legittimit del cinese mandarino, la lingua pi parlata oggi al mondo.
1.2. Individuare i limiti della variazione interlinguistica: i tipi e le loro diffusione

Le classi in cui la tipologia linguistica colloca le lingue contraddistinte da affinit strutturali
prendono il nome di tipi linguistici. In breve, un tipo linguistico pu essere definito come un
insieme di tratti linguistici logicamente indipendenti gli uni dagli altri, ma reciprocamente (spesso
gerarchicamente) correlati. Il tipo infatti non un mero elenco di propriet linguistiche, ma ha un
carattere prettamente strutturale: in questo senso, come si vedr meglio in seguito, la tipologia deve
farsi carico di esplicitare non solo linsieme delle propriet che fanno parte del tipo, ma anche,
soprattutto, il principio soggiacente che le pone in correlazione. Agli effetti pratici, il tipo si
caratterizza come uno strumento puramente esplicativo, come un modello di descrizione linguistica,
non come una strategia effettivamente in uso nelle lingue. Metaforicamente, si pu asserire che i
tipi sono gli occhiali attraverso cui i linguisti osservano le lingue: essi filtrano la realt, ma
appunto - non sono la realt. Cambiando la gradazione o il colore delle lenti, anche la percezione
della realt risulta alterata. Allo stesso modo, se cambiano i parametri su cui si fonda il tipo, il cui
valore, si visto, assolutamente relativo, la medesima realt linguistica pu assumere, agli occhi
del linguista, diverse fisionomie.
I tipi linguistici, perci, sono sostanzialmente una semplificazione della realt effettivamente
osservabile, dei modelli astratti e, come tali ed in quanto tali, non sono fedelmente riprodotti da
alcuna lingua storico-naturale. Infatti, le variabili in gioco nellevoluzione linguistica sono talmente
complesse e molteplici da condizionare variamente la configurazione tipologica dei singoli livelli di
analisi di una lingua. Ad esempio, si osservano frequentemente deviazioni dovute a particolari
vicende storiche o allinterferenza di altri sistemi linguistici. In questo caso, lanalisi tipologica
dovr tener conto, ove possibile, delle tendenze prevalenti, prevedendo, nei casi estremi, la
possibilit di assegnare una stessa lingua a pi tipi o, addirittura, limpossibilit di classificare
tipologicamente una lingua.

1.2.1. Come si costruisce un tipo

In termini generali (ed in una prospettiva metodologica), il presupposto irrinunciabile per
unefficace indagine tipologica costituito dalla scelta dei tratti su cui fondare i tipi di riferimento.
Brevemente, si pu asserire che risultano pertinenti quei tratti la cui combinazione consenta di
operare previsioni attendibili sulla struttura delle lingue indagate. In altri termini, se un tipo un
insieme di pi propriet reciprocamente indipendenti, ma poste in correlazione, ciascuna di queste
propriet risulter pertinente qualora permetta di prevedere la presenza delle altre propriet del tipo.
Ad esempio, un parametro che, come vedremo pi approfonditamente nel paragrafo 1.5, ha
dimostrato una piena pertinenza tipologica quello relativo allordine dei costituenti di alcune
strutture sintattiche come il sintagma verbale, il sintagma nominale, il sintagma adposizionale, la
frase relativa, ecc. In breve, partendo dallordine reciproco dei costituenti di ciascuna di queste
strutture, si pu prevedere, con soddisfacente attendibilit, lordine reciproco dei costituenti delle
altre strutture. Ad esempio, una lingua che pone il verbo prima delloggetto (come litaliano: scrivo
una lettera) tende in genere a collocare il nome prima del genitivo (ricorrendo a questa etichetta per
indicare lespressione del possesso, anche se non si realizza propriamente mediante il ricorso ad un
caso genitivo; es. la penna di Luigi), a disporre le frasi relative dopo il nome reggente (la casa che
ho comprato), a privilegiare le preposizioni rispetto alle posposizioni (con la bicicletta), ecc. In
questo caso, dunque, possiamo costruire tipi linguistici in cui la rete di correlazioni tra le singole
propriet rivela una buona potenzialit predittiva e dunque una innegabile rilevanza tipologica.
Quindi, semplificando un po i termini della questione e indicando con X, Y, Z e K quattro
parametri linguistici tipologicamente salienti, possiamo asserire che un tipo linguistico efficace non
tanto quello che ha una configurazione come X + Y + Z + K, ma, piuttosto, quello che appare
organizzato nella forma se X, allora Y; e se X e Y, allora anche Z, ecc.
1.2.2. Il carattere strutturale dei tipi

Il tipo non , dunque, un elenco di tratti linguistici, ma una costruzione dallarchitettura anche molto
complessa. Se questa la premessa, risulta evidente come la tipologia non possa limitarsi a
enumerare le propriet che compongono ogni singolo tipo. Essa, al contrario, deve cercare di
esplicitare al massimo grado i principi che reggono questa architettura. Riprendendo lesempio
introdotto sopra, la tipologia non pu arrestarsi alla descrizione della configurazione X + Y + Z + K,
e neppure pu dichiararsi soddisfatta dellosservazione che se X, allora Y; e se X e Y, allora anche
Z, ecc. Essa deve spiegare perch se X, allora Y ecc. Deve, in altri termini, chiarire la natura e la
ragione profonda delle relazioni interne al tipo. Infatti, proprio i principi che regolano la struttura
interna dei tipi spiegano in parte la diffusione dei tipi stessi. Vediamo molto brevemente come.
Una volta stabiliti i tratti pertinenti (in base alla loro capacit predittiva), la tipologia linguistica
passa a misurare il grado di somiglianza delle lingue rispetto ai tipi che scaturiscono dalla loro
combinazione. In sostanza, dati i parametri, vengono individuati tutti i tipi possibili (cio tutte le
combinazioni possibili tra i parametri in questione). Ogni lingua sar ascritta ad un tipo piuttosto
che ad un altro se una porzione statisticamente rilevante dei parametri esaminati risulter
compatibile con la configurazione del tipo. Al termine dellindagine, si osserver che alcuni tipi
esibiscono un elevato indice di occorrenza nella realt linguistica, mentre altri paiono rarissimi o
addirittura del tutto inesistenti. In sostanza, in parole pi semplici, vi sono configurazioni strutturali
diffusissime tra le lingue del mondo ed altre, pur ugualmente plausibili, che non occorrono quasi
mai. A questo punto, il compito della tipologia diviene quello, decisamente pi arduo, di trovare le
spiegazioni di questi squilibri. Esse risiedono, almeno in parte, proprio nella natura dei principio
organizzativi che regolano il funzionamento dei tipi (oltre che, si vedr in seguito, in molteplici
condizionamenti di natura extralinguistica). Un esempio chiarir la situazione. Prendiamo a
riferimento due parametri: la posizione del soggetto (S) e la posizione del complemento oggetto
(O). La loro combinazione consente di individuare due tipi possibili: SO e OS. Se proiettassimo
questi due tipi sulla concreta realt linguistica, noteremmo una schiacciante prevalenza del primo,
cui afferisce circa il 98% delle lingue della Terra. Eppure, essi paiono ugualmente plausibili:
entrambi, a prima vista e ad un livello superficiale, prevedono la giustapposizione lineare di due
propriet. In questo caso, dunque, per spiegare i dati necessario andare oltre lapparenza ed
esplicitare il principio soggiacente che regola i due tipi. In effetti, la netta prevalenza del tipo SO
giustificata dalla complessa interazione di molteplici condizionamenti intra- ed extra-sistemici (su
cui torneremo nei paragrafi 1.4.2 e 3.1.1), il cui scopo essenzialmente quello di ottimizzare il
rapporto tra risorse linguistiche disponibili ed efficacia comunicativa. In effetti, pare ormai assodato
che lanticipazione del soggetto rispetto alloggetto contribuisca in modo sostanziale al successo di
una comunicazione.
In questo senso, dunque, la prevalenza del tipo SO non dipende dalle due propriet che lo
costituiscono (comuni anche al tipo OS), quanto, piuttosto, dal principio che regola la struttura
interna del tipo stesso (e che attribuisce al soggetto la prima posizione).

1.3. Come studiare tutte le lingue del mondo?

Come si detto, la tipologia si occupa essenzialmente dello studio sistematico della variazione
interlinguistica. Questa affermazione pone per un problema che ogni indagine di impostazione
tipologica deve preventivamente affrontare: umanamente impossibile pensare di procedere alla
comparazione di tutte le lingue del mondo - che ammontano a circa 6.000. Quindi, come si pu
pensare di tracciare un quadro davvero esauriente ed attendibile della variazione interlinguistica
quando si nelloggettiva impossibilit di esaminare tutte le lingue del passato e del presente?
Per risolvere questo problema, la tipologia procede con una strategia simile a quella adottata dagli
istituti che elaborano i noti sondaggi di opinione: per tracciare un quadro esauriente della variazione
interlinguistica, essa seleziona un campione rappresentativo delle lingue su scala mondiale o
rispetto al quadro geolinguistico che si intende indagare. Il campione realmente rappresentativo se
evita quelle che vengono definite distorsioni genetiche, areali e tipologiche.
Se queste sono le premesse, da dove si pu partire in termini pi concreti per costruire un campione
davvero equilibrato e rappresentativo? Lesperienza insegna che molto spesso, almeno in una prima
fase dellindagine, la scelta cade quasi inevitabilmente su quelle lingue per le quali la
documentazione (studi scientifici, grammatiche, dizionari, ecc.) pi accessibile e per le quali si
pu contare sullapporto (preziosissimo!) di parlanti nativi, cui sottoporre questionari mirati. Fino
ad alcuni decenni or sono, questa era di fatto una scelta obbligata: le difficolt che si incontravano
nel reperire materiale rendevano giocoforza obbligata la scelta delle lingue del campione. Ben
diverso lo scenario nel quale opera il tipologo allalba del terzo millennio: le innovazioni
tecnologiche e la velocit con cui oggi circola il sapere offrono opportunit che solo pochi decenni
or sono apparivano quasi utopiche.
1.4. Il caso estremo: nessuna variazione interlinguistica (gli universali assoluti)

Nei paragrafi precedenti abbiamo delineato, in modo essenziale, il campo di azione della tipologia
linguistica e abbiamo dunque a disposizione tutti gli strumenti teorici necessari per passare
allesame dei dati e di alcune situazioni esemplari.
Il caso pi semplice che pare possibile ipotizzare prevede, una volta identificati i parametri di
riferimento, lindividuazione di un solo tipo, cui afferiscono tutte le lingue storico-naturali. In
sostanza, pare plausibile ipotizzare lesistenza di situazioni in cui non si verifica alcuna variazione
interlinguistica. Ad esempio, se ci volgiamo allanalisi delle unit di base del componente fonetico-
fonologico, osserviamo che tutte le lingue hanno vocali orali (mentre non tutte le lingue hanno, ad
esempio, vocali nasali). Quindi, esiste un solo tipo (presenza di vocali orali) che trova riscontro in
tutte le lingue del mondo.
Propriet di questo tipo vengono generalmente definite universali e laffermazione secondo cui tutte
le lingue hanno vocali orali costituisce un universale assoluto (assoluto in quanto sancisce la
presenza di una propriet senza porla in correlazione con altre propriet).
La rilevanza degli universali assoluti sta principalmente nel fatto che essi, stabilendo dei requisiti
imprescindibili per ogni lingua, forniscono, seppur indirettamente, informazioni sulla natura
profonda del linguaggio umano. In effetti, in molti casi essi rimandano a condizionamenti che la
lingua subisce oggettivamente, cio in rapporto alla conformazione fisica dellapparato fonatorio ed
alle costrizioni neurologiche e psicologiche che intervengono nellatto comunicativo. Rientra in
questo ambito ad esempio la tendenza a collocare, nelle enunciazioni condizionali, la proposizione
condizionale prima della conclusione: in questo caso, cio, sarebbe unoggettiva difficolt
percettiva a rendere del tutto innaturale lordine inverso. Per comprendere condizionamenti di
questa natura, bene ricordare che nellinterazione comunicativa (soprattutto in quella orale),
luomo impiega principalmente quella che viene comunemente definita memoria a breve termine,
che rende davvero problematico il recupero di informazioni legate a strutture sintattiche molto
complesse. A titolo esemplificativo, proprio da difficolt legate ai meccanismi della percezione
dipende la propensione a privilegiare laggiunta di subordinate ai due estremi della frase piuttosto
che allinterno di essa. Una stringa come dopo aver mangiato, sono solito riposare per almeno due
ore prima di riprendere il lavoro sar dunque pi accessibile della pi contorta sono solito, dopo
aver mangiato, riposare, prima di riprendere il lavoro, per almeno due ore.
1.4.1. Alcuni dei pi noti universali assoluti

Di seguito vengono riproposti alcuni dei pi noti universali assoluti (per un repertorio pi ampio
cliccare qui):

1. Nelle frasi dichiarative con soggetto e oggetto nominali, lordine dominante quasi sempre
quello in cui il soggetto precede loggetto.

2. Nelle enunciazioni condizionali, la proposizione condizionale precede la conclusione come
ordine normale in tutte le lingue.

3. Una lingua non ha mai pi categorie di genere nei numeri non-singolari che nel singolare.

4. Quando sono presenti sia i morfemi del numero che quelli del caso ed entrambi precedono o
entrambi seguono la base nominale, lespressione del numero viene a cadere quasi sempre tra la
base nominale e lespressione del caso.

5. Quando laggettivo segue il nome, laggettivo esprime tutte le categorie flessive del nome. In tali
casi il nome pu lasciare inespressa una di queste categorie o tutte quante.

6. Tutte le lingue hanno categorie pronominali implicanti almeno tre persone e due numeri

1.4.2. Universali e tendenze: le lingue di tipo SO

La ricerca sugli universali linguistici ha tratto un impulso decisivo dalla pubblicazione, negli anni
Sessanta del secolo scorso, dei risultati della ricerca condotta da Joseph H. Greenberg su un
campione di circa trenta lingue. Da allora, lo sviluppo tecnologico ha sensibilmente accelerato e
reso pi agevole la diffusione del sapere, rendendo accessibili materiali prima poco noti e fruibili.
Come si poteva prevedere, il conseguente allargamento del campione di lingue ha fatto affiorare
una copiosa messe di eccezioni e controesempi alle generalizzazioni che, in precedenza, erano state
etichettate come universali. Ovviamente, tutto ci ha obbligato a rimettere in discussione lo statuto
stesso degli universali. In effetti, per lo meno a livello teorico, basterebbe una sola eccezione per
invalidare un universale. Quale atteggiamento bisogna dunque assumere di fronte alle eccezioni? E,
soprattutto, le eccezioni hanno davvero tutte lo stesso peso?
Un esempio baster a chiarire la situazione. A lungo si ritenuto che rispetto alla costruzione della
frase indipendente dichiarativa tutte le lingue del mondo fossero riconducibili al tipo SO, che, in
sostanza, prevede la collocazione delloggetto dopo il soggetto. Questa situazione stata descritta
nei termini di un universale assoluto: nella frase dichiarativa con soggetto e oggetto nominali, il
soggetto precede loggetto. Alla fine degli anni Settanta si sono per diffuse le prime descrizioni
grammaticali dello hixkaryana, lingua che conta alcune centinaia di parlanti nella regione
amazzonica del Brasile e che, nella frase indipendente dichiarativa, adotta normalmente una
sequenza che prevede lanticipazione delloggetto rispetto al soggetto. In seguito, strutture di frase
con oggetto anteposto al soggetto sono state rintracciate anche in alcune lingue amerindiane. In
termini statistici, comunque, si suppone che le lingue del tipo OS non superino il 2% delle lingue
storico-naturali parlate sulla Terra. chiaro dunque che la tendenza a posporre loggetto rispetto al
soggetto, seppur non universale, mantiene unincidenza assolutamente schiacciante se rapportata al
quadro complessivo delle lingue cui le varie comunit umane fanno ricorso. In questo, come in
molti altri casi, dunque, la presenza di controesempi ed eccezioni si mantiene entro limiti contenuti
e di fatto non sembra contraddire il valore di fondo delluniversale.
Proprio allo scopo di preservare il significato ed il valore di generalizzazioni di questo tipo, per le
quali cio siano state rilevate eccezioni di scarsa rilevanza numerica, stata introdotta la distinzione
tra universali e tendenze universali. In sostanza, i primi indicano quelle propriet, correlazioni o
strutture linguistiche che, senza alcuna eccezione, ricorrono in ogni lingua storico-naturale. Le
seconde, invece, ben pi numerose delle prime, designano le propriet, le correlazioni o le strutture
linguistiche che sono attestate in una porzione statisticamente rilevante delle lingue storico-naturali.
Il valore delle tendenze, intese come descrizioni di situazioni statisticamente significative, sta nel
fatto che esse dimostrano inequivocabilmente che la distribuzione dei tratti linguistici e delle
correlazioni tra essi non casuale, ma obbedisce ad una ratio rigorosa. La presenza di casi
anomali dipende spesso dal fatto che la lingua, nella sua evoluzione, subisce il forte
condizionamento dei fattori storici e sociali, legati alle vicende delle comunit parlanti e dunque
esterni al sistema-lingua, che possono incanalarla su binari tipologicamente bizzarri. Lazione di
questi fattori deve essere messa in conto, anche se, per la sua stessa natura, essa sfugge ad una
analisi puramente linguistica.

1.5. La correlazione di due tratti linguistici: gli universali implicazionali

Ovviamente, se aumenta il numero dei parametri assunti a riferimento cresce anche linventario
delle loro possibili combinazioni (quindi dei tipi). Se, ad esempio, consideriamo due tratti
linguistici come presenza del genere (es. maschile vs. femminile) e presenza del numero (es.
singolare vs. plurale), possiamo individuare quattro tipi, in base alle combinazione tra i due suddetti
tratti:
a. presenza del genere e del numero
b. assenza del genere e presenza del numero
c. assenza del genere e del numero
d. presenza del genere, ma assenza del numero
Il tipo a. realizzato ad esempio dallitaliano; il tipo b. trova riscontro in inglese; il vietnamita
afferisce al tipo c.; il tipo d. invece non ha alcuna attestazione tra le lingue del mondo. Quindi, tre
dei quattro tipi indicati sopra hanno un effettivo riscontro empirico. Se osserviamo pi
approfonditamente la situazione, notiamo che le due propriet in esame possono essere
simultaneamente sia presenti che assenti. Ma se le lingue devono operare una scelta tra esse,
sempre il numero ad avere la meglio. In altri termini, solo se una lingua dispone gi di strategie per
esprimere le distinzioni di numero pu sviluppare strategie dedicate allespressione delle differenze
di genere, ma non viceversa. Semplificando ulteriormente, si pu affermare che il genere presente
solo se presente anche il numero o che il numero implica il genere. Correlazioni di questo tipo
prendono il nome di universali implicazionali. Questi ultimi, a differenza degli universali assoluti,
pongono in relazione due (o pi) propriet, vincolando la presenza di una di esse alla presenza
dellaltra. In altre parole, essi affermano che un tratto linguistico deve o pu realizzarsi in una
lingua storico-naturale solo se nella medesima lingua attestato anche un altro tratto linguistico.

1.5.1 Luniversale VSO implica preposizioni

Si consideri luniversale le lingue con lordine dominante V(erbo)-S(oggetto)-O(ggetto diretto)
sono sempre preposizionali, che rimanda alla tipologia basata sullordine dei costituenti. Esso pu
essere riscritto come segue: VSO implica preposizioni. Di fatto, vengono individuati due parametri
(ordine VSO e presenza di preposizioni) e dalla loro correlazione emergono quattro possibilit
logiche:

a. lingue con ordine VSO e con preposizioni;
b. lingue con ordine VSO, ma senza preposizioni;
c. lingue senza lordine VSO, ma con preposizioni;
d. lingue senza ordine VSO e senza preposizioni.

Quindi, nei termini di unindagine tipologica, linterazione di due parametri indipendenti consente
di individuare quattro tipi linguistici possibili. Attribuendo a questa correlazione un carattere
implicazionale, siamo portati ad escludere lesistenza di uno di questi tipi, nello specifico quello
indicato al punto b.: non dovrebbero esistere, cio, lingue con ordine basico VSO prive di
preposizioni. I dati paiono confermare la validit delluniversale: dei quattro tipi possibili, solo tre
hanno una certa diffusione interlinguistica; il quarto non esibisce attestazioni tra le lingue storico-
naturali. Ad esempio, il gallese adotta lordine basico VSO ed ha un sistema di preposizioni:

gallese a. Lladdodd y draig y dyn
uccise il drago il uomo / il drago uccise luomo
b. gan y draig
da il drago / dal drago

Linglese ricorre allordine SVO, pur avendo preposizioni:

inglese a. The child eats an apple
il bambino mangia una mela / il bambino mangia una mela
b. to me
a me / a me

Il turco dispone i costituenti della frase indipendente dichiarativa assertiva secondo la sequenza
SOV ed adotta posposizioni:

turco a. Hasan kz- ald
Hasan bue-ACCUSATIVO compr / Hasan compr il bue
b. masa-nn altnda
tavolo-GENITIVO sotto / sotto il tavolo

Quindi, i due parametri identificati in precedenza si dimostrano pertinenti rispetto ad una disamina
di natura tipologica: essi consentono di individuare quattro tipi la cui distribuzione offre spunti per
generalizzazioni teoriche di rilievo. In questo caso, dunque, la ricerca sugli universali interagisce
produttivamente con la tipologia: la prima stabilisce in termini abbastanza ampi i limiti estremi
della variazione interlinguistica, indicando, per cos dire, i terreni sui quali le lingue non possono
avventurarsi; la seconda proietta queste generalizzazioni sulla realt concreta, valutando leffettiva
diffusione delle configurazioni che non violino la restrizioni di carattere universale.
1.5.2. Alcuni dei pi noti universali implicazionali

Di seguito riproponiamo alcuni dei pi noti universali implicazionali (per un repertorio pi ampio
cliccare qui):

1. Nelle lingue con preposizioni, il genitivo segue quasi sempre il nome reggente, mentre nelle
lingue con posposizioni esso lo precede quasi sempre.

2. Le lingue con lordine dominante Verbo-Soggetto-Oggetto sono sempre preposizionali.

3. Con frequenza di gran lunga pi che casuale, le lingue con lordine normale Soggetto-Oggetto-
Verbo sono posposizionali.

4. Se una lingua ha lordine dominante Soggetto-Oggetto-Verbo e il genitivo segue il nome
reggente, allora allo stesso modo laggettivo segue il nome.

5. Se una lingua esclusivamente suffissante, posposizionale; se esclusivamente prefissante
preposizionale.

6. Se tanto la derivazione quanto la flessione seguono il radicale, o se esse precedono entrambe il
radicale, la derivazione si trova sempre tra il radicale e la flessione.

7. Se una lingua ha la categoria del genere, ha sempre la categoria del numero.

8. Se una lingua ha categorie di genere nel nome, ha categorie di genere nel pronome.
1.6. Come spiegare gli universali?

In un panorama che, a livello mondiale, registra circa 6.000 lingue attualmente parlate dalle varie
comunit sociali, naturale chiedersi che funzione possano avere gli universali A livello intuitivo,
la loro importanza risulta chiara: essi, soprattutto se di carattere assoluto, indicano una serie di
requisiti che ogni lingua storico-naturale, indipendentemente dallepoca e dal luogo di attestazione,
deve soddisfare e, con ci, paiono proiettare sulla concreta realt linguistica propriet essenziali del
linguaggio, inteso come facolt mentale e cognitiva comune a tutti membri della specie umana. Ma
se ci spingiamo oltre il livello delle intuizioni, la questione si fa sensibilmente pi complessa. Come
possono essere spiegati, su solide basi scientifiche, gli universali? Gli studiosi si sono lungamente
interrogati al riguardo ed il problema stato ripetutamente affrontato nella letteratura scientifica,
senza, tuttavia, che sia emersa una soluzione chiara ed unanimemente condivisa. Probabilmente
lunica via da percorrere per raggiungere effettivamente il cuore della questione quella di
rinunciare allambizione di spiegare unitariamente tutti gli universali e di convincersi del fatto che
essi, in base alle loro specifiche caratteristiche ed al livello della lingua cui fanno riferimento,
possano obbedire a fattori di natura diversa. In altre parole, non si pu escludere che esistano tante
spiegazioni (interne o esterne al sistema lingua) quanti sono gli universali.
Almeno una generalizzazione pare tuttavia possibile. Visto che la funzione primaria della lingua,
intesa come prodotto sociale di una specifica facolt mentale (il linguaggio), essenzialmente
quello di associare una forma a dei contenuti per favorirne lespressione, sembra opportuno
collocare anche le propriet universali in una prospettiva di questo tipo, inquadrandole cio nel
contesto delle finalit comunicative cui la lingua appunto deve assolvere. In altre parole, se il fine
ultimo di ogni lingua storico-naturale la comunicazione, premessa indispensabile per ogni
interazione tra le comunit umane, gli universali possono essere concepiti come strategie
comunicative cos efficaci da essere condivise da tutte le lingue storico-naturali. Un approccio di
questo tipo generalmente detto funzionale e prevede sostanzialmente il ricorso a principi
esplicativi esterni al sistema lingua. La lingua, cio, non un complesso del tutto autonomo, che
trova esclusivamente in s stesso il proprio equilibrio e la propria ragion dessere; al contrario, essa
avverte e talvolta subisce profondamente i condizionamenti che giungono dallesterno, soprattutto
dal suo contesto sociale. In sostanza, lassunto fondamentale dellapproccio tipologico che possa
essere stabilito un rapporto, pi o meno diretto, tra le strutture linguistiche e le funzioni che esse
sono chiamate a svolgere. La giustificazione ultima della struttura grammaticale delle lingue risiede
quindi in una serie di principi che sono esterni alla lingua stessa e che hanno a che vedere piuttosto
con la concettualizzazione dellesperienza e con luso che i parlanti fanno della lingua.
Gli studi di impronta tipologica hanno identificato vari principi in grado di giustificare la presenza o
lassenza di particolari strutture linguistiche. Tra essi, tre paiono ricoprire un ruolo davvero cruciale.
1.6.1. Leconomia

Leconomia la tendenza a snellire il pi possibile il sistema linguistico, pur preservando intatte le
sue potenzialit comunicative. In sostanza, economia significa ottenere il massimo risultato
comunicativo con il minimo sforzo da parte del parlante. Leconomia si manifesta a vari livelli.
Innanzitutto, nel contenimento entro limiti compatibili per la memoria umana dellinventario delle
unit di base della lingua. In secondo luogo, nella limitazione delle strutture ridondanti, cio delle
strutture in cui uninformazione viene esplicitata anche se superflua o viene marcata pi volte.
Pu essere spiegato ricorrendo al principio delleconomia luniversale quando laggettivo segue il
nome, laggettivo esprime tutte le categorie flessive del nome. In tali casi il nome pu lasciare
inespressa una di queste categorie o tutte quante. Leventuale omissione da parte del nome di
alcune categorie flessive, risponde al fatto che queste stesse categorie flessive vengono gi espresse
dallaggettivo posposto. Essendo naturale il legame tra nome ed aggettivo, diviene automatico
proiettare sul primo le informazioni grammaticali del secondo. In questo caso, dunque, una doppia
marcatura delle categorie flessive potrebbe configurarsi come un procedimento ridondante.
1.6.2. Liconicit

Con iconicit si intende la tendenza ad organizzare la struttura linguistica in conformit con la
struttura dellesperienza, vale a dire con la struttura del mondo esterno e con la prospettiva che il
parlante impone su di esso. In sostanza, lorganizzazione di alcune strutture linguistiche e lampia
occorrenza di alcuni tratti puntano a riprodurre, a livello formale, le sequenze in base a cui viene
organizzata, a livello mentale, linformazione da trasmettere. Pu essere spiegato in questi termini
luniversale assoluto su cui ci siamo soffermati sopra: nelle frasi dichiarative con soggetto e oggetto
nominali, il soggetto precede loggetto. Molto brevemente, il soggetto corrisponde nella maggior
parte dei casi a quella che tecnicamente viene definita come linformazione data (il tema), mentre
nel resto della frase si trasmette linformazione nuova (il rema, vale a dire ci che si dice del tema).
Ora, in una interazione comunicativa linformazione data generalmente tale per tutti i partecipanti,
fa parte cio di una sorta di background comune e, conseguentemente, pare naturale collocarla
allinizio della frase, giusto per chiarire preventivamente di chi o di cosa si intenda parlare, prima di
entrare nel vivo. In una frase, la posizione pi in vista proprio quella iniziale.
1.6.3. La motivazione comunicativa

Se la lingua ha come traguardo essenziale la comunicazione, logico attendersi che essa faccia
convergere tutte le proprie risorse su questo obiettivo. Quindi, la struttura complessiva della lingua
ed i continui adattamenti che la contraddistinguono dovrebbero porsi il fine ultimo di adeguare il
sistema alle esigenze comunicative della comunit parlante. In linea di principio, infatti, nessuna
lingua dovrebbe porre limiti alle proprie potenzialit comunicative privando determinati concetti di
una efficace espressione formale. Al contrario, eventuali carenze in questo senso dovrebbero
sempre innescare un mutamento volto proprio al loro annullamento.
Con ogni probabilit, proprio la motivazione comunicativa ad offrire una spiegazione
delluniversale tutte le lingue hanno categorie pronominali implicanti almeno tre persone e due
numeri. Infatti, la presenza di tre persone e di due numeri sembra essere la dotazione essenziale per
poter imbastire un sistema pronominale in grado di svolgere almeno le funzioni minime cui
preposto.
1.7. Il rapporto tra la tipologia e la ricerca sugli universali

Da sempre i percorsi della tipologia linguistica e della ricerca sugli universali si intrecciano e si
sovrappongono, condividendo, almeno in parte, metodi di indagine e strumenti esplicativi, al punto
che oggi pare impossibile trattare delluna senza fare riferimento allaltra. Eppure, in base a quanto
osservato nei paragrafi precedenti, la tipologia e la ricerca sugli universali paiono perseguire
obiettivi diametralmente opposti. La prima, si detto, si occupa della variazione interlinguistica,
cio di come le lingue si differenziano le une dalle altre. La seconda studia ci che comune a tutte
le lingue, concentrandosi dunque sulle propriet rispetto alle quali le lingue non possono variare.
Per quale ragione, allora, chi si occupa di tipologia non tralascia in genere la questione relativa agli
universali? La risposta quasi paradossale: di fatto gli universali individuano ci che
tipologicamente irrilevante e, con ci, delimitano e circoscrivono il campo di indagine della
tipologia stessa. Evidenziando i tratti che si suppongono comuni a tutte le lingue storico-naturali, gli
universali sanciscono che rispetto a quegli stessi tratti lindice di variazione interlinguistica zero e,
con ci, collocano i tratti in questione fuori dallambito di indagine della tipologia. In questo senso
essi contribuiscono a fissare i limiti entro i quali le lingue possono variare; in altre parole, gli
universali concorrono a delimitare con un solco piuttosto netto il campo entro il quale le lingue
possono muoversi pi o meno liberamente.


2. Tipologia e morfologia

La morfologia il componente della grammatica che studia la struttura interna della parola. Le sue
unit di riferimento sono appunto la parola ed il morfema, generalmente definito come la pi
piccola unit della lingua dotata di significato. quindi logico supporre che le principali
classificazioni tipologiche in ambito morfologico abbiano assunto a riferimento proprio i concetti di
morfema e parola.

2.1. La struttura della parola: i tipi morfologici

Il dibattito sullidentificazione dei cosiddetti tipi morfologici vanta una lunga tradizione: gi
allinizio dellOttocento, infatti, vennero da pi parti avanzate proposte per una embrionale
tipologia morfologica. Di fatto, i parametri rilevanti per una classificazione di questo tipo sono due
e, come si detto, riguardano entrambi la struttura interna della parola, cio in sostanza il numero
complessivo e la natura dei morfemi che compongono le parole. I due parametri in questione sono
noti come indice di sintesi e indice di fusione. L indice di sintesi concerne il numero dei morfemi
presenti in una parola ed assume valori tanto pi elevati quanto pi questi sono numerosi. Lindice
di fusione riguarda invece la segmentabilit interna della parola: esso basso se i confini tra i
morfemi rimangono visibili e chiaramente individuabili e se, soprattutto, si mantiene una
corrispondenza tendenzialmente biunivoca tra unit sul piano della forma e unit sul piano del
contenuto (cio se ogni morfema esprime uno ed un solo significato).
Attraverso la loro combinazione, vengono in genere individuati quattro tipi di riferimento (il tipo
isolante, il tipo polisintetico, il tipo agglutinante ed il tipo fusivo).

2.1.1. I casi estremi: parole non analizzabili e parole lunghe come frasi

Per quanto riguarda lindice di sintesi, che si riferisce al numero dei morfemi presente in ogni
parola, due sono i casi-limite che di fatto individuano i limiti ragionevoli della variazione
interlinguistica: ogni parola pu contenere un solo morfema e, al contrario, tutti i morfemi possono
confluire in una stessa parola (e in questo caso la parola coincide tendenzialmente con la frase).
Sebbene nessuna lingua storico-naturale realizzi appieno questi due tipi estremi, vi sono varie
situazioni che ad essi si avvicinano in modo piuttosto evidente.
2.1.1.1. Il tipo isolante (cinese e vietnamita)

Nelle lingue cosiddette isolanti, le parole tendono a non avere struttura interna; in altri termini, ogni
parola tende ad essere composta da un solo morfema (i morfemi, dunque, non si combinano mai tra
loro). Perci, lindice di sintesi assume un valore decisamente basso, mentre lindice di fusione , in
questo caso, nullo ed irrilevante (esso infatti concerne la natura dei confini interni alla parola, ma
nel tipo in questione le parole sono monomorfemiche e dunque prive di confini interni).
Una seconda caratteristica peculiare del tipo isolante data lampia occorrenza del fenomeno della
conversione (o derivazione zero), che di fatto consente di gestire il materiale linguistico a
disposizione con una certa flessibilit, senza contraddire lassunto secondo il quale le parole non
hanno struttura interna. In questo modo, infatti, le parole rimangono invariabili sul piano della
forma, ma possono svolgere pi funzioni sintattiche.
Un terzo aspetto fondamentale del tipo isolante sta nella corrispondenza tendenzialmente biunivoca
tra parola monomorfemica e funzione semantica. In altri termini, ogni parola (quindi ogni morfema)
esprime uno ed un solo significato, sia esso lessicale o grammaticale.
Due lingue dalle caratteristiche marcatamente agglutinanti sono il vietnamita ed il cinese.
2.1.1.2. I tipi polisintetico ed incorporante (leschimese siberiano ed il ciukci)

Le lingue polisintetiche si collocano allopposto delle lingue isolanti: esse infatti concentrano
allinterno della stessa unit un numero impressionante di morfemi, lessicali o grammaticali,
giungendo a condensare in una sola parola informazioni che richiederebbero normalmente la
costruzione di unintera frase. Lindice di fusione delle lingue polisintetiche si attesta di norma su
valori intermedi: data il grado di complessit della struttura interna delle parole, naturale
prevedere casi in cui due morfemi adiacenti possano fondersi luno nellaltro. Una lingua che
esemplifica in modo efficace il tipo in esame leschimese siberiano (una lingua yupik).
Allinterno del tipo polisintetico, viene in genere individuato il sottotipo incorporante (in realt il
termine incorporante viene talvolta utilizzato - impropriamente - come sinonimo di polisintetico),
cui vengono ascritte le lingue che tendono a giustapporre in una sola parola numerosi morfemi di
natura essenzialmente lessicale (mentre nelle lingue polisintetiche i morfemi sono sia lessicali che
grammaticali). Una lingua incorporante il ciukci, una lingua uralica.
2.1.2. Il tipo agglutinante (il turco)

Le due situazioni appena descritte costituiscono di fatto gli estremi di un continuum lungo il quale
possono essere collocati numerosi sistemi linguistici in cui gli indici di sintesi e fusione si attestano
su valori intermedi.
Ad esempio, nelle lingue cosiddette agglutinanti lindice di fusione assume valori piuttosto bassi: la
parola consta generalmente di pi morfemi e di norma la segmentazione non presenta particolari
difficolt, dal momento che i morfemi vengono disposti in sequenza senza che i rispettivi confini si
confondano. Perci, come gi nelle lingue isolanti, anche nei sistemi di tipo agglutinante viene
accuratamente mantenuta una corrispondenza biunivoca tra il livello della forma e quello del
contenuto: ogni morfema adempie ad una sola ben definita funzione. Lindice di sintesi si attesta in
genere su valori medio-alti, visto che le parole infatti tendono a dotarsi, al loro interno, di un buon
numero di morfemi (in quanto, come si detto, viene tendenzialmente evitata la fusione di pi
categorie semantico-funzionali allinterno di un unico morfema: in sostanza, ci devono essere tanti
morfemi quante sono le categorie da esprimere).
Nella letteratura scientifica, si soliti indicare il turco come esempio paradigmatico di lingua
agglutinante.

2.1.3. Il tipo fusivo (le lingue indeuropee dEuropa)

Nelle lingue fusive (talvolta indicate anche come flessive) la situazione pi complessa. Infatti,
lideale corrispondenza 1:1 tra piano della forma e piano del contenuto svanisce, in quanto pi
categorie semantico-funzionali si concentrano (si fondono) in un unico morfema. Ci determina
una serie di reazioni a catena: i confini tra un morfema e laltro perdono visibilit, la segmentazione
diviene particolarmente ostica e le eccezioni proliferano. Nelle lingue in questione, dunque, lindice
di fusione assume valori mediamente piuttosto elevati, mentre lindice di sintesi si caratterizza per
valori tendenzialmente medio-bassi: la possibilit di far convergere pi unit semantiche su un
singolo morfema, infatti, consente di ridurre il numero complessivo dei morfemi allinterno della
parola.
Le lingue indeuropee dEuropa (le lingue celtiche, le lingue romanze, le lingue slave, le lingue
germaniche con la parziale eccezione dellinglese, su cui torneremo in seguito-, le lingue baltiche,
lalbanese ed il neogreco) possono essere ascritte al tipo in questione. Nella declinazione nominale
del russo, ad esempio, sono piuttosto frequenti le violazioni della corrispondenza biunivoca tra unit
sul piano della forma e unit sul piano del contenuto, in entrambe le direzioni possibile: una stessa
forma pu avere pi valori semantico-funzionali e una stessa categoria semantico-funzionale pu
essere espressa da pi unit formali.
2.1.3.1. Il sottotipo introflessivo (larabo)

Allinterno del tipo fusivo viene di norma individuato un sotto-tipo definito introflessivo: ad esso
vengono ascritte le lingue in cui il rapporto tra unit del contenuto e unit dellespressione ricalca lo
schema appena delineato, senza tuttavia che i morfemi vengano disposti in ordine lineare. Si tratta
sostanzialmente delle lingue a morfologia non concatenativa, che prevedono una collocazione a
pettine dei costituenti a livello formale (in sostanza, i morfemi non si dispongono linearmente uno
accanto allaltro, ma si intrecciano). Larabo (che appartiene alla famiglia camito-semitica,
altrimenti detta afro-asiatica) esemplifica piuttosto efficacemente il comportamento delle lingue che
possono essere classificate come introflessive.
2.1.4. Non esistono tipi puri

Come si detto sopra, i tipi sono artifici teorici, creazioni del linguista che riproducono la realt
empirica semplificandola sensibilmente. Essi, dunque, non sono oggetti concretamente osservabili e
non si realizzano integralmente in alcun sistema linguistico: in effetti, si soliti affermare che le
lingue storico-naturali sono, fatte salve poche, fortunate eccezioni tutte tipologicamente miste. In
effetti, le lingue sono sistemi in lento, ma continuo mutamento. Tuttavia, poich il mutamento
linguistico si dipana impercettibilmente e senza sbalzi, vi sono stadi intermedi in cui la congruenza
tipologica pare trascurata. In altre parole, una transizione tipologica prevede che una lingua
coerentemente di tipo X passi al tipo Y, altrettanto coerente. Tuttavia, dal momento che questo
slittamento avviene grado per grado, attraverso una serie di reazioni a catena che, propagandosi a
macchia dolio, possono giungere ad intaccare tutti i livelli di analisi della lingua (ma non detto
che ogni mutamento raggiunga sempre tutti i livelli di una lingua), si deve prevedere una fase
intermedia tuttaltro che congruente in ottica tipologica, in cui caratteristiche del tipo X convivono
con caratteristiche del tipo Y. Quindi, pare consigliabile mantenere una certa prudenza e non farsi
abbagliare dalla convinzione, senza dubbio suggestiva, di poter ricondurre lesuberante variabilit
delle lingue entro pochi schemi rigidi e rigorosi. In effetti, sono troppi, e non solo di carattere
linguistico, i fattori in grado di condizionare il processo, che innanzitutto storico e sociale, di
standardizzazione dei sistemi linguistici. In particolari contesti geografici e temporali, le vicende
storiche delle comunit dei parlanti possono risultare pi forti della deriva linguistica,
indirizzandola verso esiti tipologicamente bizzarri ed inconsueti e creando sistemi parzialmente
incoerenti che, contrariamente ad ogni previsione, si mantengono vitali nei corso dei secoli.
2.1.4.1. La tipologia morfologica dellinglese

Le considerazioni appena svolte circa il carattere tipologicamente misto delle lingue storico-naturali
trovano conferma se volgiamo lo sguardo alla morfologia di una delle lingue pi parlate al mondo,
linglese. A quale tipo morfologico appartiene linglese?
Istintivamente, potremmo forse rispondere che linglese si accosta al tipo isolante. Gli aggettivi, ad
esempio, sono davvero invariabili in quanto non assumono marche di numero e di genere. Queste
ultime sono assenti anche nel nome. Inoltre, per la realizzazione di alcune importanti categorie
grammaticali come il superlativo relativo o il comparativo degli aggettivi o il futuro nei verbi
dobbiamo ricorrere di norma ad altre parole monomorfemiche ed invariabili (rispettivamente most,
more e will; es. the most beautiful il pi bello/la pi bella, more beautiful pi bello/a, I will sing
io canter). Oltre a ci, si pu rammentare il fatto linglese impiega copiosamente il processo
morfologico della conversione, che permette di cambiare la categoria sintattica delle parole senza
variazioni nella forma. Ad esempio, lelemento round un aggettivo in a round table un tavolo
rotondo (o una tavola rotonda), un nome in rounds of paper tondini di carta, un avverbio in the
earth goes round la terra gira in tondo, una preposizione in to travel round the world viaggiare
intorno al mondo ed infine un verbo in to round a figure arrotondare una cifra.
Tuttavia, basta allargare un po il campo dellindagine perch sorgano i primi dubbi sulla piena
natura isolante dellinglese. Il comparativo degli aggettivi, per rimanere ad una categoria gi
introdotta, pu realizzarsi anche attraverso laggiunta del morfema legato er. La forma taller pi
alto/a ha una conformazione chiaramente agglutinante: due morfemi (uno libero e lessicale tall ed
uno legato e grammaticale er) si combinano senza che il confine interno venga alterato e,
soprattutto, mantenendo ciascuno una ed una sola funzione. Lo stesso accade nella pluralizzazione
dei nomi (es. boys ragazzi da boy). Si potrebbe dunque affermare che linglese una lingua
prevalentemente isolante, con una componente agglutinante non trascurabile. Ma anche questa
asserzione , almeno in parte, scorretta. Nella forma del passato played, il morfema grammaticale
-ed pu svolgere due funzioni distinte: marca del passato semplice e marca del participio passato. In
questo caso la situazione analoga a quella delle lingue fusive. Analogamente, sono tipicamente
fusivi verbi come hit colpire o split dividere che mantengono la stessa forma (rispettivamente
[hIt] e [splIt]) per il presente, il passato semplice ed il participio passato.
La situazione si confonde ulteriormente se includiamo in questa ricognizione le forme che
presentano alternanza vocalica: il verbo to sing ha un passato semplice sang e una forma
participiale sung (e si consideri anche il nome song!); il plurale di foot piede feet; met sia il
passato semplice che il participio passato di meet incontrare. Queste forme possono essere
accostate a quelle dellarabo e dunque richiamano alla mente il sotto-tipo introflessivo.
Quindi, tracciando un bilancio, in inglese troviamo numerosissime strutture di tipo isolante, molte
formazioni di matrice agglutinante, un quantit non indifferente di elementi fusivi e qualche forma
introflessiva.
chiaro che, di fronte ad un simile intrico, la questione aperta in precedenza non pu che rimanere
irrisolta. In sostanza, non possiamo far altro che constatare e certificare limpossibilit di ascrivere
linglese ad un tipo morfologico, anche ragionando in termini tendenziali. Questa conclusione non
costituisce una resa dello studioso n tanto meno una sconfitta della tipologia, ma, semplicemente,
una prova supplementare del fatto che, anche in conseguenza di vicende storico-sociali complesse e
movimentate, non esistono tipi puri tra le lingue storico-naturali.
2.2. La natura degli affissi: prefissi, infissi, suffissi

Una delle strategie pi in uso tra le lingue del mondo per creare parole nuove o per modificare
parole esistenti prevede laggiunta di elementi legati, gli affissi, alla parola di base. Questi elementi
legati possono collocarsi alla sinistra della parola base (ed in questo caso prendono il nome di
prefissi), alla destra della parola base (ed in questo caso prendono il nome di suffissi) o in mezzo ad
essa (ed in questo caso prendono il nome di infissi).
Litaliano adotta un sistema sostanzialmente misto: la flessione esclusivamente suffissale (ad
esempio sono suffissali tutte le desinenze che compongono il paradigma verbale), mentre la
derivazione prevede il ricorso tanto a prefissi (come in governativo > antigovernativo, sociale >
asociale, personale > interpersonale, ecc.) quanto a suffissi (es. cane > canile, mangiare >
mangiatore, ecc.). Vi sono addirittura alcune categorie (invero piuttosto poche) che possono essere
espresse sia da prefissi che da suffissi. il caso dei diminutivi e degli accrescitivi: appartamentino /
miniappartamento, maxischermo / schermone, ecc.
A livello interlinguistico (e limitandoci alle categorie tradizionalmente definite flessive), si registra
una sostanziale prevalenza dei suffissi. Anche in questo caso, per, la maggior parte dei sistemi
linguistici ha un carattere misto: le lingue che adottano solo una delle tre strategie riportate sopra
sono rarissime. Tra esse va menzionato il turco, lingua che pu essere definita esclusivamente
suffissale (lunico processo di prefissazione coincide con la reduplicazione della prima sillaba
nellintensificazione di aggettivi ed avverbi; es. beyaz bianco > bembeyaz completamente
bianco; abuk veloce > arabuk molto veloce). Litaliano, vista la natura suffissale della
flessione, andr descritto come una lingua prevalentemente suffissale. Larabo, al pari delle altre
lingue introflessive, esibisce una carattere tendenzialmente infissale (ed infatti viene ascritto al tipo
introflessivo).
Hanno invece carattere prevalentemente prefissale le lingue bantu, parlate nellAfrica sub-
sahariana.
Non facile capire e spiegare perch le lingue privilegino ora luna ora laltra strategia. Le proposte
interpretative avanzate nella letteratura sono numerose e tutte pi o meno plausibili. Esse spaziano
da giustificazioni totalmente interne al sistema-lingua a spiegazioni di natura essenzialmente
psicologica.
3. Tipologia e sintassi

Il livello di analisi della lingua che ha maggiormente attirato lattenzione degli studiosi
indubbiamente quello sintattico. In questo ambito, un parametro che ha dato risultati decisamente
convincenti nella ricerca tipologica, consentendo di tracciare classificazioni piuttosto interessanti e
dalle implicazioni teoriche di estremo rilievo rappresentato dallordine in cui gli elementi della
frase o di particolari sintagmi vengono disposti. In sostanza, secondo lipotesi di partenza di questo
approccio, si pu supporre che lorganizzazione del materiale linguistico in costrutti diversi
avvenga in base a principi largamente condivisi. Lindagine condotta sulla frase indipendente
dichiarativa assertiva e sui sintagmi nominale e adposizionale ha rivelato che questa supposizione
fondata.
3.1. La posizione di soggetto, verbo e oggetto

Il ricorso allordine dei costituenti maggiori della frase indipendente dichiarativa assertiva, cio il
nome, il verbo e loggetto diretto, come parametro per una classificazione tipologica delle lingue ha
avuto, negli ultimi decenni, un successo straordinario, che molto deve agli eccellenti risultati della
ricerca, davvero pionieristica, condotta negli anni Sessanta del secolo scorso da J. H. Greenberg.
Le combinazioni logicamente possibili di questi tre elementi base consentono di identificare sei tipi
linguistici di riferimento:
a) SOV
b) SVO
c) VSO
d) VOS
e) OVS
f) OSV
Una breve ricognizione dei dati disponibili rivela come vi sia, tra le lingue del mondo, una
schiacciante prevalenza dei primi tre tipi (SOV, SVO e VSO) (alcuni esempi), vale a dire dei tipi in
cui il soggetto anteposto alloggetto. Su questa tendenza e sulle sue possibili spiegazioni ci siamo
gi soffermati nei paragrafi 1.4.2. e 1.6.2.
3.2. Lordine dei costituenti nei sintagmi nominale e adposizionale

Laspetto pi interessante della questione coincide con il fatto che possibile stabilire delle
interessanti correlazioni tra la struttura della frase dichiarativa assertiva e la disposizione dei
costituenti nei sintagmi nominale e adposizionale. In sostanza, conoscendo lordine reciproco di
soggetto, verbo ed oggetto, dovremmo essere in grado di prevedere sia la posizione del nome
rispetto ai suoi modificatori (aggettivo, genitivo intendendo con questa etichetta lespressione del
possesso, anche se non attuata mediante un caso genitivo , frase relativa, ecc.), sia la presenza di
preposizioni o posposizioni. La tipologia sintattica, dunque, consente di esemplificare in modo
davvero efficace la nozione di tipo presentata sopra, secondo la quale un tipo linguistico dovrebbe
prevedere la presenza di pi tratti strutturali teoricamente indipendenti, eventualmente disposti in
sequenze ordinate gerarchicamente e tali da consentire di formulate previsioni sulla struttura dei
sistemi linguistici.
Venendo allanalisi dei dati, dalla combinazione dei parametri in questione si ottiene un inventario
davvero molto complesso e variamente articolato di tipi linguistici logicamente possibili (per
approfondimenti cliccare qui). Di essi, circa quindici sono effettivamente attestati tra le lingue del
mondo. Di essi, solo sette esibiscono un indice di occorrenza davvero elevato. Questa convergenza
davvero sorprendente, soprattutto se rapportata allelevato grado di differenziazione genetica delle
lingue prese in esame. In altre parole, il fatto che le lingue analizzate non siano reciprocamente
imparentate, neppure alla lontana, ci porta immediatamente ad escludere che le innegabili analogie
osservate siano leffetto di una comune eredit. Quindi, la ratio del fenomeno deve essere cercata
altrove.

3.2.1. Una possibile spiegazione dei fatti osservati

Per semplicit, concentriamo la nostra analisi sui tre tipi in assoluto pi diffusi tra le lingue del
mondo:

i. VSO, Pr, NG, NA
ii. SVO, Pr, NG, NA
iii. SOV, Po, GN, AN

Da un punto di vista tipologico generale, stato dimostrato (attraverso argomentazioni che non
riprodurremo in questa sede) che la posizione del soggetto irrilevante nella concatenazione dei
costituenti nella frase dichiarativa assertiva. Se si esclude (provvisoriamente) il soggetto e si assume
come pertinente solo la posizione reciproca di V e O (dunque la struttura del sintagma verbale), i tre
tipi in esame possono essere rappresentati come segue:

ORDINE DEI COSTITUENTI NEL
SINTAGMA VERBALE SINTAGMA ADPOSIZIONALE SINTAGMA NOMINALE
a. VO Pr NG, NA
b. OV Po GN, AN

Se scomponiamo pezzo a pezzo il tipo a., osserviamo che nel sintagma verbale, lelemento testa,
cio il verbo, precede loggetto, cio suo il complemento. Nel sintagma nominale, i complementi ed
i modificatori del nome (che, ovviamente, la testa del sintagma nominale) si collocano alla sua
destra. Quindi, anche nel sintagma nominale la testa precede i propri complementi ed i propri
modificatori. Se prendiamo in esame il terzo costrutto, cio il sintagma adposizionale, notiamo che
il tipo a. colloca la adposizione, cio la testa, alla sinistra dei complementi, ricorrendo dunque a
preposizioni. Quindi, anche in questo caso la testa viene collocata prima dei propri complementi.
Perci, tre costrutti differenti vengono costruiti ricorrendo alla medesima matrice di fondo (testa +
complementi / modificatori).
Le lingue del tipo b. adottano la strategia opposta, altrettanto coerente in ottica tipologica: esse
dispongono i costituenti in modo che i complementi/modificatori precedano sempre la testa.
Questa generalizzazione ha conseguenze di estremo rilievo, sul piano sia teorico che empirico. A
livello teorico, tre costrutti differenti ed indipendenti adottano il medesimo principio organizzativo,
cio posizionano sempre la testa o prima o dopo i complementi/modificatori. Ci, dal lato empirico,
consente ai parlanti un considerevole risparmio di energie al momento dellacquisizione e delluso
della lingua: essi, infatti, possono apprendere un unico principio generale (cio le sequenze testa-
complemento o complemento-testa) ed in base ad esso costruire ed interpretare molteplici strutture
complesse di varia e differente natura. Qui sta il senso profondo delle correlazioni esaminate sopra:
la lingua rivela una chiara tendenza alleconomia, che la porta a raggiungere il massimo risultato
comunicativo con il minimo sforzo.
Ovviamente, vale anche per la tipologia sintattica la considerazione svolta sopra a proposito della
tipologia morfologica: le lingue tendono ad essere tipologicamente miste.
3.2.2. Una classificazione delle principali lingue europee in base ai parametri della tipologia
sintattica

Le principali lingue europee possono essere classificate come segue secondo i criteri della tipologia
sintattica appena enunciati:

i. VSO, Pr, NG, NA lingue celtiche (escluso il bretone);
ii. SVO, Pr, NG, NA lingue romanze, albanese, neogreco; maltese;
iii. SVO, Pr, NG, AN una parte delle lingue germaniche (tedesco, olandese, islandese);
lingue slave;
iv. SVO, Pr, GN, AN le lingue germaniche del gruppo settentrionale (svedese, norvegese,
danese);
v. SVO, Po, GN, NA finnico, estone;
vi. SOV, Po, GN, AN le altre lingue ugro-finniche; turco di Turchia;
vii. SOV, Po, GN, NA basco.

4. Tipologia e fonologia

Il livello fonetico-fonologico notoriamente il componente della lingua pi impermeabile alle
influenze provenienti dallesterno. Questo dato di fatto, assolutamente innegabile, ha a lungo
indotto gli studiosi a credere che fonetica e soprattutto fonologia fossero esenti anche dagli effetti di
tendenze tipologiche generali. Quindi, esse sono state escluse dagli studi tipologici in quanto
ritenute troppo conservatrici. In realt, i dati smentiscono questa convinzione e oggi non mancano
alcune efficaci classificazioni tipologiche su base fonetica e fonologica.
In questa sede faremo riferimento a due tratti che esibiscono una diffusione tipologicamente
significativa a livello interlinguistico: i toni e larmonia vocalica.
4.1. I toni (il cinese)

Il tono una propriet che caratterizza i suoni sonori, cio i suoni che prevedono, nella loro
articolazione, la vibrazione delle corde vocali. In breve, tanto pi elevata la frequenza con cui
vibrano le corde vocali, tanto pi alto (o acuto) il tono del suono prodotto. Il tono si realizza in
tutte le lingue storico-naturali, seppur con modalit differenti. Tuttavia, solo in circa met delle
lingue parlate oggi sulla Terra esso fonologicamente pertinente o, in altri termini, ha valore
distintivo: in sostanza possibile che due parole, con significato diverso, siano uguali in tutto, ad
eccezione del tono.
In cinese mandarino (lingua della famiglia sino-tibetana) vi sono quattro toni, per la cui
rappresentazione si soliti ricorrere alla combinazione di due o pi valori numerici: si suppone
convenzionalmente che lestensione massima delle variazioni di tono possa essere racchiusa in un
intervallo numerico che ha i suoi estremi nei valori 1 (il punto pi basso) e 5 (il punto pi alto). I
quattro toni in uso nel cinese mandarino vengono dunque rappresentati come segue:

Caratteristica del tono: valore numerico: simbolo:
Tono 1: alto costante 55
Tono 2: alto ascendente 35
Tono 3: discendente-ascendente 214
Tono 4: alto discendente 51 `

In sostanza, il tono 1 parte dal livello massimo e si mantiene costante in tutta la sua durata. Il tono 2
invece parte da un livello medio-alto e raggiunge poi il livello massimo. Il tono 4 segue il percorso
inverso: inizia con il valore massimo e scende poi al minimo. Il tono 3 quello dalla modulazione
pi complessa: parte da un livello medio-basso, scende al minimo e risale poi fino al valore 4,
dunque quasi al massimo.
Le parole che seguono hanno la medesima sostanza fonica e si differenziano effettivamente solo per
il tono:

Parola: trascrizione fonetica: significato:
yi [i]
55
abito
y [i]
35
sospettare
y [i]
214
poltrona/sedia
y [i]
51
significato

In cinese mandarino, perci, i toni sono fonologicamente pertinenti: essi infatti consentono di
distinguere i significati delle parole.
Lingue di questo tipo vengono generalmente indicate come lingue a toni o lingue tonali. esse
paiono concentrate nellAfrica subsahariana, nellAmerica centrale e nellAsia sudorientale.
Le lingue a toni costituiscono un tipo internamente piuttosto disomogeneo, che non consente
lelaborazione di un profilo tipologico unitario e omogeneo, ma che, anzi, pu essere scandagliato e
riorganizzato in base a diversi parametri. Tra essi, due paiono largamente prevalenti nelle pi note
tipologie proposte al riguardo: lunit cui associato il tono e la funzione cui il tono deve assolvere.
4.2. Larmonia vocalica (le lingue turche e le lingue uraliche)

Larmonia vocalica un fenomeno soprasegmentale e pu essere descritta come un processo di
assimilazione a seguito del quale i tratti della vocale di una sillaba iniziale si estendono alle vocali
delle sillabe seguenti, indipendentemente dalla loro collocazione nel morfema radicale o in
eventuali suffissi.
Tra le lingue dEuropa, larmonia assente dalla famiglia indeuropea e caratterizza invece le lingue
turche e le lingue uraliche (oltre alle lingue mongole, il cui unico rappresentate nel Vecchio
Continente il calmucco).
In turco larmonia vocalica coinvolge sia il tratto di anteriorit (contrappone cio vocali anteriori e
posteriori), sia il tratto di arrotondamento (e dunque contrappone vocali arrotondate e non
arrotondate). In sostanza, se la prima vocale di una parola si caratterizza, ad esempio, per i tratti [+
anteriore] e [+ arrotondato], anche tutte le altre vocali della medesima parola assegneranno il valore
positivo ai due tratti in questione. Come si pu osservare nello schema seguente, in turco un
suffisso pu avere quattro varianti, tante quante sono le combinazioni tra i possibili valori dei tratti
[ arrotondato] e [ anteriore]:

gel-di venne [+ ant][- arr]
gr-d vide [+ ant][+ arr]
al-d prese [- ant][- arr]
bul-du trov [- ant][+ arr]

Nel primo caso, la prima vocale della parola /e/ anteriore e non arrotondata. Essa dunque
attribuisce i due tratti in questione anche alla vocale del suffisso. Nellultimo esempio, invece, la
base ha una vocale posteriore e arrotondata (/u/), che si trasmette anche al suffisso.
Per quanto concerne le lingue uraliche, in ungherese, larmonia coinvolge soprattutto il tratto
[ anteriore] e, limitatamente ad alcuni suffissi, anche il tratto [ arrotondato]:

a. szr-tk voi vi sforzate
szr-tok voi perforate, trafiggete
r-tk voi arrivate
b. bokor cespuglio > bokr-ok cespugli
iker gemello > ikr-ek gemelli
kr bue > kr-k buoi
5. Profilo tipologico di alcune lingue di immigrati in Italia

In questultima sezione vengono proposte delle brevi schede tipologiche che riassumono e
schematizzano (senza alcuna pretesa di esaustivit) le caratteristiche salienti di alcune delle lingue
pi rappresentative degli immigrati presenti in Italia.
5.1. Il cinese

5.1.1. Il cinese, al pari di lingue come il tibetano o il birmano, appartiene alla famiglia linguistica
sino-tibetana, piuttosto numerosa e dai confini ancora sfumati.

5.1.2. Letichetta cinese in realt fuorviante, in quanto con essa viene coperto un continuum
dialettale che conta circa un miliardo di parlanti ed in cui non viene necessariamente mantenuta una
reciproca intelligibilit. Convenzionalmente, vengono riconosciuti cinque gruppi di dialetti:
mandarino, w, mn, yu e hakka. In seguito procederemo ad una breve disamina di alcune
propriet condivise dai gruppi dialettali appena indicati. Come si detto, la presenza di tratti
comuni (oltre alluso del medesimo sistema di scrittura, a carattere prevalentemente logografico
cfr. sotto) non deve indurre a ritenere che tra i dialetti cinesi vi sia una reciproca intelligibilit.

5.1.3. Per quanto concerne il componente fonetico-fonologico, le caratteristiche sulle quali vale
maggiormente la pena soffermarsi sono la presenza di toni e le restrizioni che condizionano la
struttura della sillaba. Sui toni ci siamo gi soffermati al paragrafo 4.1.. Per quanto concerne invece
la struttura della sillaba, nessun dialetto cinese tollera sequenze consonantiche al suo interno e solo
poche consonanti sono ammesse nel suo segmento iniziale. In cinese mandarino, ad esempio, la
sillaba deve avere un nucleo vocalico, che pu essere seguito e/o preceduto da unaltra vocale
(formando dunque un dittongo o un trittongo); la sillaba pu poi essere chiusa da una consonante
nasale. Anche in posizione iniziale pu collocarsi una consonante. In breve, la struttura della sillaba
in cinese mandarino pu essere rappresentata come segue (le parentesi indicano gli elementi
opzionali): (C)(V)V(V/C
nasale
).

5.1.4. Passando al versante morfologico, il cinese, al pari del vietnamita, viene generalmente
indicato come esponente del tipo isolante (per il quale si rinvia al paragrafo 2.1.1.1.). Nonostante il
carattere isolante, nei dialetti cinesi si verifica qualche timida apparizione di processi di natura
morfologica. In termini generali, il cinese dispone comunque di una morfologia flessiva davvero
poverissima: le categorie grammaticali che un parlante occidentale abituato ad associare alla
declinazione nominale o alla coniugazione verbale molto spesso in cinese sono di competenza del
lessico.
Invece, i dialetti cinesi dispongono di un discreto inventario di processi derivazionali o di
composizione. Tra questi ultimi, meritano menzione:
- i verbi risultativi: si tratta di forme verbali composte, in cui il primo membro indica unazione o
un processo ed il secondo il suo risultato (si consideri ad esempio la forma d-p rompere (con un
colpo), in cui lelemento d significa colpire e lelemento d-p rompere);
- alcuni composti nominali di varia natura:
a. il primo nome indica la sostanza di cui formato loggetto indicato del secondo nome (es. mo-yi
maglione, ma lett. lana-vestito);
b. il secondo nome indica il contenitore ove riposta lentit indicata dal primo nome (es. shi-
pngzi bottiglia dacqua, ma lett. acqua-bottiglia);
c. i due nomi sono membri paritari di una coppia o di una serie (es. f-m genitori, ma lett. padre-
madre);
d. il secondo nome indica una patologia che affligge lorgano indicato dal primo (es. fi-yn
infiammazione dei polmoni, lett. polmone-infiammazione)
ecc.
Per quanto concerne alcuni processi di natura derivazionale, possiamo menzionare i prefissi k- (che
forma aggettivi deverbali e la cui lettura semantica approssimativamente corrispondente a quella
del suffisso italiano bile; es. i amare > k-i amabile) e d- (utilizzato per derivare i numerali
ordinali dai numerali cardinali; es. li sei > d-li sesto). Tra i suffissi, devono essere citate
innanzitutto le forme utilizzate per marcare laspetto verbale: in cinese mandarino, ad esempio, -le
indica laspetto perfettivo, -zhe laspetto durativo.

5.1.5. Per quanto concerne la sintassi, il cinese viene normalmente classificato tra le lingue SVO,
anche se il ricorso a forme di topicalizzazione (cio lo spostamento di un costituente allinizio della
frase in posizione di topic o tema) piuttosto frequente.
5.2. Larabo

5.2.1. Larabo appartiene alla famiglia linguistica afroasiatica (altrimenti detta camito-semitica;
questa etichetta trova la sua motivazione nella tradizione antico-testamentaria, secondo cui
apparterrebbero alla famiglia in questione le lingue usate dai discendenti di Sem e Cam, figli di
No).

5.2.2. Per quanto attiene il versante fonetico-fonologico, il tratto che meglio caratterizza larabo la
presenza delle consonanti cosiddette enfatiche, che di fatto si affiancano alle sorde ed alle sonore in
triadi come t / d / t.
Altri tratti salienti dellarabo sono:
i. la lunghezza consonantica: ogni consonante pu essere lunga o breve e ci distingue larabo
dallebraico, dove la geminazione delle consonanti gutturali non ammessa;
ii. lassenza, in arabo classico, dellocclusiva bilabiale sorda [p], che pu realizzarsi solo come
allofono di [b] in alcuni contesti;
iii. la presenza in arabo classico ed in arabo moderno standard di un sistema vocalico trimembre,
comprendente, cio, le sole vocali cardinali (/a/, /i/, /u/); anche in questo caso la lunghezza
fonologicamente pertinente; alcune variet dialettali hanno tuttavia arricchito nel corso dei secoli il
proprio inventario, aggiungendo i segmenti /e/, /o/, ecc.

5.2.3. Per quanto concerne la morfologia, larabo viene generalmente ascritto al tipo introflessivo,
su cui ci siamo soffermati al paragrafo 2.1.3.1.. Sul versante della morfologia nominale, vengono
espresse flessivamente le categorie di caso, genere, numero e definitezza. Questultima prevede
laggiunta dellarticolo definito /?al-/ allinizio della parola (dunque in posizione di prefisso);
lindefinitezza invece marcata da un elemento nasale suffissale: nom. /kitbun/ un libro, gen.
/kitbin/, acc. /kitban/, ecc.
Il sistema di casi tende a ridursi ed a perdersi del tutto nella maggior parte delle variet dialettali.
Per quanto concerne il genere, la marca /-at/ del femminile riproduce il segmento occlusivo dentale
tipico delle lingue afroasiatiche.
Nel sistema di numero, il duale viene preservato solo nellarabo moderno standard. Il plurale pu
essere realizzato mediante affissi o con modificazioni della struttura vocalica della parola (il
cosiddetto plurale fratto o interno).
Nella morfologia verbale, troviamo espresse mediante il ricorso a prefissi o suffissi le categorie di
persona, modo ed aspetto. Questultimo si articola nellopposizione perfettivo vs. imperfettivo:
laspetto perfettivo indica unazione che viene considerata come un fatto compiuto e che si realizza
in modo puntuale, senza scansioni interne o tappe intermedie; laspetto imperfettivo, invece,
designa azioni che si svolgono in modo continuativo (es. perfettivo qataltu io ho ucciso / io uccisi
vs. imperfettivo ?aqtulu io uccido / io sto (stavo) uccidendo / io uccider). Laspetto imperfettivo
a sua volta prevede i modi indicativo, congiuntivo e iussivo.

5.2.4. Passando alla sintassi, in chiave tipologica si pu asserire che lordine dei costituenti della
frase indipendente dichiarativa assertiva dellarabo classico VSO; la collocazione del soggetto in
prima posizione, in base a strategie di focalizzazione, ammessa, a patto che esso assuma il caso
accusativo e che venga accompagnato dallelemento ?inna. opportuno segnalare che il verbo
concorda in genere e numero con il soggetto solo se questo lo precede; se il verbo si colloca in
prima posizione, assume la terza persona singolare, a prescindere dalle propriet del soggetto stesso
(es. ?itar rrajulni kitban lett. compr i due uomini un libro > i due uomini comprarono un
libro vs. ?inna rrajulayni taray kitban due uomini comprarono un libro).
Nelle variet dialettali lordine largamente predominante SVO.
5.3. Il turco di Turchia

5.3.1. La presentazione dei tratti essenziali del turco non pu prescindere da una puntualizzazione
terminologica preliminare. In italiano, infatti, risulta impossibile riprodurre lefficace distinzione
inglese tra turkic e turkish: il primo termine si riferisce alla famiglia linguistica, il secondo alla
lingua parlata nella repubblica di Turchia. In italiano, se si escludono la proposta di rendere turkic
con turcico e il ricorso al termine osmanli, ormai in disuso, per turkish, ci si avvale solitamente
della meno efficace ed immediata distinzione tra lingue turche (le lingue appartenenti alla
famiglia) e lingua turca o turco (la lingua in uso in Turchia).
Questo problema di natura terminologica riflette il fatto che la famiglia linguistica in questione
tipologicamente molto omogenea (esempio a livello lessicale) ed il suo principale esponente,
almeno per prestigio e numero di parlanti, appunto il turco di Turchia, esemplifica in modo davvero
efficace tratti condivisi dalla quasi totalit delle lingue che afferiscono alla famiglia. Solo il
ciuvascio, parlato nella regione del medio Volga, esibisce specificit tali da isolarlo allinterno
della famiglia. Le lingue che afferiscono a questa famiglia si estendono in unarea piuttosto vasta,
che va dalla Turchia (turco) allIran (azerbaigiano), dal Kazakistan alla Siberia Meridionale
(kasako, usbeko, turkmeno, kirghiso, ecc.), dalla regione del Volga (tataro) alla Cina nord-
occidentale (ancora kasako e uigurico). Muovendosi allinterno di questa regione, raro imbattersi
in confini linguistici netti e marcati; piuttosto, le lingue si dispongono su un continuum e di fatto
sfumano luna nellaltra.

5.3.2. Anche a livello morfologico le somiglianze sono notevoli. Innanzitutto, a livello generale, le
lingue turche afferiscono tutte al tipo agglutinante, che abbiamo descritto al paragrafo 2.1.2. Nello
specifico, la maggior parte della lingue in questione utilizza spesso il medesimo materiale
linguistico nei processi di formazione di parole. Ad esempio, il morfema del plurale -lar/-ler in
turco di Turchia, -lar in usbeco, ancora -lar con tre allomorfi in tataro, con sette allomorfi in
baschiro, con undici allomorfi in kirghiso, con quindici allomorfi in iakuto. Il ciuvascio, ancora una
volta, si differenzia sensibilmente: il morfema di plurale infatti -sem, senza allomorfi.
Lallomorfia dovuta allazione dellarmonia vocalica, per la quale si rinvia al paragrafo 4.2..

5.3.3. Per rimanere nellambito della morfologia nominale, se un parlante di italiano avesse
occasione di osservare attentamente la struttura interna delle parole complesse in turco, noterebbe,
forse con un certo stupore, che nelle sequenze di morfemi derivazionali o flessivi che segue la base
nominale non compare alcuna marca di genere. In effetti, il turco non dispone di mezzi morfologici
per esprimere il genere nominale e pronominale. In sostanza, unopposizione come it. ragazzo vs.
ragazza del tutto intraducibile in turco. La distinzione tra maschile e femminile per i nomi animati
dunque di competenza esclusiva del lessico.
Evidentemente, questa peculiarit si riflette sul livello sintattico e, pi specificamente, sulla
cosiddetta morfologia dellenunciato che costituisce linterfaccia tra la morfologia e la sintassi. Il
fenomeno pi rilevante in questo ambito certamente laccordo, una delle strategie che consentono
di evidenziare la coesione interna delle strutture frasali, rendendo esplicite le relazioni che
intercorrono tra i loro costituenti. Come si pu facilmente prevedere in base a quanto affermato
sopra, non prevista in turco alcuna forma di accordo di genere (esempio).

5.3.4 Passando sul versante della morfologia verbale, ci si imbatte in un sistema variamente
articolato e di estrema complessit. Il turco, infatti, possiede un apparato di forme davvero
sorprendente. Le categorie tradizionalmente indicate con letichetta di diatesi e modo sono davvero
ricchissime e consentono al turco di esprimere morfologicamente una gamma davvero
considerevole di sfumature semantiche. Si considerino a titolo esemplificativo alcune delle forme
ricavabili a partire dal verbo sevmek amare (dove sev il morfo che esprime il significato lessicale
amare e mek la marca dellinfinito):

a. sev-mek amare (forma base)
b. sev-in-mek rallegrarsi (riflessivo)
c. sev-i-mek amarsi a vicenda (reciproco)
d. sev-dir-mek far amare (causativo)
e. sev-dir-t-mek far far amare (causativo del causativo)
f. sev-me-mek non amare (negativo)
g. sev-eme-mek non poter amare (impotenziale)
h. sev-in-dir-mek far rallegrarsi (causativo del riflessivo)
i. sev-i-tir-mek far amarsi a vicenda (causativo del reciproco)
l. sev-il-mek essere amato (passivo)
m. sev-ebil-mek poter amare (potenziale)

Ciascuna di queste forme pu poi combinarsi con le terminazioni di tempo: presente progressivo,
futuro, passato determinato, passato indeterminato e aoristo. Per di pi, le marche di tempo, diatesi
e modalit distinte possono collocarsi in successione, a formare tempi composti. A questo
inventario di forme, gi ricco e diversificato, dobbiamo poi aggiungere le forme non finite del
verbo: sei infiniti, otto participi e addirittura venti tipi di gerundio (tecnicamente definiti
converbi). Nel complesso, dunque, tenendo conto anche del fatto che le forme finite variano per
sei persone (le tre singolari e le tre plurali), la coniugazione di un verbo turco pu prevedere fino a
sessanta possibili voci diverse per ciascuna delle forme indicate sopra!

5.3.5. Per quanto attiene alla sintassi, il turco una lingua di tipo SOV (es. Hasan kz ald lit.
Hasan il bue compr). Nel sintagma nominale le sequenze naturali sono aggettivo-nome e
genitivo-nome. Inoltre, si hanno quasi esclusivamente posposizioni (es. masa-nn altnda sotto il
tavolo, ma lett. il tavolo sotto).
5.4. Le lingue slave

5.4.1. Il gruppo slavo (che si colloca allinterno della pi ampia famiglia indeuropea) viene
convenzionalmente suddiviso in tre sotto-gruppi: slavo occidentale, orientale e meridionale. In
termini generali, le somiglianze reciproche tra le lingue slave sono piuttosto numerose, soprattutto
ai livelli fonetico-fonologico e morfologico. In questo caso, le lingue in questione si somigliano pi
di quanto non facciano ad esempio le lingue romanze. Maggiori, sempre rispetto alle lingue
romanze, sono le differenze sul piano lessicale: ogni lingua slava rivela in sostanza gli influssi cui
stata pi esposta nel corso della propria storia. In questo senso, emerge chiaramente la mancanza di
un elemento di coesione le cui forza ed autorevolezza fossero anche lontanamente paragonabili a
quelle del latino.

5.4.2. Per quanto concerne fonologia e fonetica, le lingue slave si caratterizzano per un repertorio
vocalico piuttosto scarno (cinque o sei fonemi) e per un inventario consonantico molto ricco, nel
quale spesso gioca un ruolo cruciale lopposizione in base al tratto [ palatale]. In russo, ad
esempio, lopposizione in questione pressoch sistematica (es. brat prendere dove indica
appunto lintacco palatale vs. brat fratello).

5.4.3. Rispetto alla morfologia, va segnalato come per quanto riguarda la categoria del nome,
lapparato morfologico dello slavo comune, piuttosto ricco ed articolato, venga preservato quasi
integralmente dalle lingue slave moderne. Il sistema a sei terminazione mantiene una soddisfacente
vitalit in tutta la Slavia, con levidente eccezione del bulgaro e del macedone, dove si verifica una
drastica erosione dellinventario delle desinenze casuali. Solo lo sloveno, al pari delle lingue della
Lusazia, preserva il duale. Pi radicali appaiono i mutamenti nella morfologia verbale, dove solo un
numero esiguo di categorie pu essere espresso flessivamente. Russo e polacco, ed esempio,
distinguono il modo indicativo dal modo imperativo ed un tempo passato da un tempo non passato
(presente-futuro). Anche in questo caso, solo lo sloveno mantiene il numero duale.
In termini generali, la perdita di salienza da parte della categoria del tempo compensata dal
rinnovato vigore esibito dalla categoria dellaspetto.

5.4.4. Per quanto attiene alla sintassi delle lingue slave, il quadro generale in ottica tipologica stato
tracciato al paragrafo 3.2.2. In questa sede opportuno spendere alcune parole sulla posizione dei
clitici in serbo-croato, che stata ripetutamente oggetto di analisi da parte degli studiosi, in quanto
essa pare contraddire un assunto cruciale degli studi linguistici, quello secondo cui ogni processo
sintattico dipende dalla struttura gerarchica della frase (talvolta definita come struttura profonda),
non dalla semplice successione lineare degli elementi (o struttura di superficie). La disposizione
dei clitici in serbo-croato sembra invece obbedire ad un principio che non tiene conto in alcun modo
delle relazioni interne alla frase: essi occupano sempre la seconda posizione nella frase, a
prescindere dai rapporti tra i costituenti della stessa. Addirittura, un clitico, pur di mantenere la
seconda posizione, pu inserirsi in un costituente con il quale non ha nulla a che fare, violandone
dunque la coesione interna. Ad esempio, nella frase taj mi je pesnik napisao pesmu (lett. quello a
me poeta scritto poesia, cio quel poeta mi ha scritto una poesia) i clitici mi (a me) e je () si
collocano tra la testa nominale pesnik ed il suo modificatore taj, pur non avendo alcun rapporto con
essi.
5.5. Lalbanese

5.5.1. Lalbanese una lingua isolata allinterno della famiglia indeuropea (in sostanza esso
lunico rappresentante del ramo albanese). Al suo interno vengono di norma individuate due aree
dialettali: larea del dialetto tosco, proprio dellAlbania meridionale e larea del dialetto ghego,
diffuso nell'Albania settentrionale e nel Kosovo. Tale suddivisione dialettale coincide perfettamente
con la diffusione, nell'Albania meridionale, della tradizione religiosa ortodossa, contrapposta,
nellAlbania settentrionale, alla diffusione della tradizione cattolica. Su entrambe le aree si
sovrappose poi, a partire dal sec. XV e portata dai conquistatori turchi, la presenza dellIslam.
Lalbanese appare caratterizzato da un originale e forte nucleo lessicale di origine indeuropea cui si
sovrapposero, nel tempo, elementi di tradizione balcanica (in parte comuni anche al romeno), greca
(soprattutto greco-bizantina e neogreca), latina, romanzo-balcanica, slavo-meridionale, italo-
romanza (soprattutto veneziana) e, infine, turca. La variet standard si fonda sulla lingua letteraria
basata sul dialetto tosco. Va annotato infine come lalbanese sia la lingua europea pi tardivamente
attestata: i primi documenti dellalbanese risalgono infatti solo alla met del sec. XVI (il Missale, di
Giovanni Buzuku, primo libro albanese fu pubblicato nel 1555).

5.5.2. Rispetto ai tratti fonologici, merita menzione la presenza, nel vocalismo albanese, in
posizione atona, di una caratteristica vocale /./, centralizzata (attestata anche in bulgaro e in
romeno), che alcuni studiosi riconducono alle antiche lingue del sostrato balcanico.

5.5.3. Sul piano morfologico, propri dell'albanese sono alcuni tratti che ricorrono frequentemente
anche in altre lingue dellarea balcanica (come il neogreco, il bulgaro, il macedone, ecc.): la fusione
tra i casi genitivo e dativo, la posposizione dellarticolo determinativo, la perdita dellinfinito, la
formazione di un futuro analitico e la numerazione locativale per i numerali cardinali da 11 a 19
(alcuni esempi).

5.5.4. La complessa storia linguistica dellarea albanese pu essere utilmente seguita tramite
lesame del materiale lessicale documentato in albanese e nel quale sono riconoscibili precise
stratificazioni diacroniche. Accanto ad un antico strato (forse pre-indeuropeo) definito come
balcanico, comune anche al romeno (cfr. alb. bredh, rom. brad abete; alb. mal, rom. mal
monte), si ha un consistente strato indeuropeo. Notevole poi la presenza di elementi di tradizione
greco-bizantina medievale e neogreca (alb. kllogjr monaco, munshtir monastero, farmk
farmaco, trandafil rosa, ecc.), di elementi latini e romanzi (alb. mbret re < lat. IMPERATOR,
emt zia < lat. AMITA, shtpi casa < lat. HOSPITIUM, ungj zio < lat. AVUNCULUS, kal cavallo <
lat.-rom. CABALLUS, prift prete < lat. PRESBYTER, ecc.), veneziana (alb. fe fede < ven. fe;
monedh moneta < ven. moneda; shkoll scuola < ven. scola; ecc.), bulgaro-macedone (alb.
nevoj bisogno < blg.-mac. nevolja; zakon abitudine < blg.-mac. zakon legge, ecc.) e, infine,
turca (alb. dyfek fucile < trc. tfek; fitil lucignolo < trc. fitil; iflig latifondo < trc. iftlik; kazan
caldaia < trc. kazan; hoxh prete musulmano; maestro < trc. hoca; xhami moschea < trc. cami,
ecc.). Pi recenti sono, infine, i numerosi internazionalismi soprattutto derivati dagli ambiti tecnico
e scientifico (alb. artimetik, atom, basketboll, fizik, hemisfer, hipotez, nuklear, radio, televizion,
ecc.).
6. Guida bibliografica

Per un inquadramento generale della tipologia allinterno delle scienze del linguaggio, cfr. P.
RAMAT (a cura di), La tipologia linguistica, Il Mulino, Bologna 1976; B. COMRIE, Universali del
linguaggio e tipologia linguistica, Il Mulino, Bologna 1983 (ed. or. 1981); P. RAMAT, Linguistica
tipologica, Il Mulino, Bologna 1984; L. WHALEY, Introduction to Typology: The Unity and
Diversity of Language, Sage, Thousand Oaks (Cal.)-London-New Delhi 1997; S. CRISTOFORO, P.
RAMAT (a cura di), Introduzione alla tipologia linguistica, Carocci, Roma 1999; M. HASPELMATH,
E. KNIG, W. OSTERREICHER, W. RAIBLE (eds.), Language Universals and Typology, 2 voll., Walter
de Gruyter, Berlin-New York, 2001 e N. GRANDI, Fondamenti di tipologia linguistica, Roma,
Carocci (in strampa) e N. GRANDI, Fondamenti di tipologia linguistica, Carocci, Roma, 2003.
Per la ricerca sugli universali: GREENBERG, Some Universals of Grammar cit.; J. H. GREENBERG, C.
A. FERGUSON, E. A. MORAVCSIK (eds.), Universals of Human Languages, Stanford University
Press, Stanford 1978; COMRIE, Language Universals and Linguistic Typology, cit.; HAWKINS, Word
Order Universals, cit.; W. CROFT, Typology and Universals, Cambridge University Press,
Cambridge 1990.
Per il rapporto tra tipologia linguistica e ricerca sugli universali: COMRIE, Language Universals and
Linguistic Typology, cit.; RAMAT, Linguistica tipologica, cit.; CROFT, Typology and Universals, cit.
Per la spiegazione degli universali: J. HAWKINS (ed.), Explaining Language Universals, Basil
Blackwell, London 1988.
Per i tipi morfologici: E. SAPIR, Il linguaggio. Introduzione alla linguistica, Einaudi, Torino 1969
(ed. or. 1921); COMRIE, Universali del linguaggio cit.; E. BANFI, N. GRANDI, Le lingue dEuropa.
Elementi di storia e tipologia linguistica, Carocci, Roma 2003.
Per la tipologia dellordine dei costituenti: J. H. GREENBERG, Alcuni universali della grammatica
con particolare riferimento allordine degli elementi, in Ramat (a cura di), La tipologia linguistica,
cit.; J. HAWKINS, Word Order Universals, Academic Press, New York 1983.
Un approccio di natura storico-comparativa alle questioni della lingua finalizzato essenzialmente
tanto alla ricostruzione dei legami di parentela tra le lingue (collocando nel medesimo gruppo, la
famiglia linguistica, quelle che si suppongono caratterizzate da una comune filiazione genetica),
quanto alla ricostruzione di fasi linguistiche antiche, in base sia alla pi o meno ricca tradizione
documentaria disponibile sia al raffronto con le lingue imparentate. Poich il trascorrere dei secoli
pu attenuare o addirittura nascondere le somiglianze dovute a parentela genetica, questo approccio
richiede costantemente di viaggiare a ritroso nel tempo alla ricerca di possibili antenati linguistici.

Torna al paragrafo 1.1
Uno studio sincronico esclude per definizione la componente tempo. In ambito linguistico, un
approccio sincronico porta ad isolare la lingua dal suo divenire storico ed a studiarla nel suo
impianto strutturale senza considerare i processi che lo hanno prodotto. bene precisare tuttavia
che sincronico non sinonimo di presente. Ad esempio, si pu studiare sincronicamente litaliano
del Trecento, analizzandolo nelle sue caratteristiche e nelle sue componenti, senza tener conto delle
fasi ad esso precedenti e dei suoi sviluppi successivi.
In uno studio di natura diacronica, invece, la lingua viene considerata nelle sue vicende evolutive.
Metaforicamente, si pu affermare che uno studio diacronico paragonabile ad un film, con un
inizio, una fine ed una serie di eventi intermedi; uno studio sincronico, invece, assomiglia ad una
fotografia: esso fisso un istante, isolandolo dalle vicende che lo hanno determinato.

Torna al paragrafo 1.1

Possono essere definiti sintagmi quei gruppi di parole
a) che si spostano in blocco allinterno di struttura maggiore (es. una frase):
b) che possono formare da soli un enunciato

es. nella frase i bambini piccoli prendono il latte
i sintagmi sono tre: i bambini piccoli, prendono il latte e il latte (un sintagma pu dunque contenere
un altro sintagma).
Essi infatti si spostano in blocco:
prendono il latte, i bambini piccoli
*piccoli prendono il latte i bambini
il latte prendono, il bambini piccoli
*il prendono latte i bambini piccoli
e possono essere usati in isolamento:
Chi prende il latte?
I bambini piccoli.
Cosa fanno i bambini piccoli?
Prendono il latte
Cosa prendono i bambini piccoli?
Il latte

I sintagmi prendono il nome dallelemento che li governa, tecnicamente definito testa. Ad
esempio, nel sintagma i bambini piccoli la testa il nome bambini (dunque il sintagma nel suo
complesso detto nominale) perch il nome che impone allarticolo ed allaggettivo la forma
MASCHILE+PLURALE, e non viceversa.

Torna al paragrafo 1.2.1
Per evitare distorsioni genetiche, un campione rappresentativo non deve dare eccessiva
rappresentazione ad alcune famiglie linguistiche, a scapito di altre. Infatti lassenza di un legame di
parentela tra le lingue indagate rafforza la possibile caratterizzazione tipologica delle affinit
riscontrate. In sostanza se in pi lingue viene rintracciata unanaloga configurazione strutturale, solo
lassenza di relazioni genetiche tra le stesse pu portarci ad escludere che essa sia leffetto di una
comune eredit e quindi ad ipotizzare che essa sia il prodotto di tendenze tipologiche che agiscono
in modo piuttosto generale tra le lingue del mondo.

Torna al paragrafo 1.3
Per evitare distorsioni areali, un campione rappresentativo deve tenere conto del fatto che lingue
non imparentate, ma parlate nel medesimo contesto geografico possono sviluppare tratti in comune
in virt dei contatti tra i rispettivi gruppi di parlanti. Quindi, nella scelta delle lingue candidate a
rappresentare le singole famiglie, sar necessario sincerarsi che esse non siano state coinvolte,
rispetto ai tratti oggetto dellindagine, in massicci processi di interferenza interlinguistica. Ad
esempio, se loggetto di studio fosse costituito dalla morfologia nominale ed il campione
comprendesse il neogreco come rappresentasse del ramo greco della famiglia indoeuropea, il
bulgaro come esponente del gruppo slavo meridionale ed il rumeno come portavoce delle lingue
romanze, osserveremo una interessante tendenza a semplificare linventario delle terminazioni di
caso attraverso la fusione tra la desinenza del genitivo e quella del dativo. Visto che le tre lingue
appena menzionate nono sono strettamente imparentate, in quanto non afferiscono al medesimo
ramo della famiglia indeuropea (sono dunque lingue cugine, non sorelle), potremmo essere
indotti a leggere nel fenomeno appena menzionato gli effetti di una tendenza tipologica. In realt, le
analogie riscontrate tra neogreco, bulgaro e rumeno non obbediscono ad alcuna deriva tipologica
generale, ma sono la manifestazione di un complesso sistema di convergenze dovute proprio allo
stretto e secolare contatto tra queste lingue.

Torna al paragrafo 1.3
Per evitare distorsioni tipologiche, un campione rappresentativo non deve apparire sbilanciato a
favore di determinate configurazioni tipologiche, a svantaggio di altre. Ad esempio, qualora
intendessimo scandagliare la morfologia nominale dovremmo tenere presente che gli studi
tipologici hanno individuato almeno quattro tipi morfologici di riferimento (isolante, agglutinante,
fusivo, polisintetico). Ovviamente un campione di lingue dovrebbe riprodurre fedelmente questa
variet. Il rischio maggiore che un campione scarsamente calibrato in ottica tipologica pu produrre
quello di indurci a giudicare come tendenze indipendenti comportamenti tipologici in realt
reciprocamente correlati. In altre parole, qualora nel campione vi fosse una preponderanza di lingue
di un unico tipo, lassenza di adeguati termini di raffronto (cio di lingue appartenenti agli altri tipi)
potrebbe condurci a classificare come tendenze tipologiche autonome fenomeni invece dovuti
allazione del principio organizzativo sotteso al tipo maggiormente rappresentato.

Torna al paragrafo 1.3

Le vocali orali sono, ad esempio, a (/a/), o chiusa (/o/) ed aperta (/O/), i (/i/), e chiusa (/e/) ed aperta
(//), ecc.

Torna al paragrafo 1.4
Le vocali nasali, assenti nellitaliano standard, sono largamente usate ad esempio in francese. La
trascrizione fonetica dellaggettivo bon buono non ['bOn], ma ['b]. Il segmento [] indica che
il tratto nasale (rappresentato da ) associato alla vocale.

Torna al paragrafo 1.4
Di seguito viene riproposta una normale frase dichiarativa in hixkaryana:

toto yahos6ye kamara
uomo cattur giaguaro / il giaguaro cattur luomo
O V S

Come si pu notare, il soggette segue effettivamente loggetto.

Torna al paragrafo 1.4.2
Il morfema viene definito in genere come la pi piccola unit linguistica dotata di significato. I
morfemi vengono generalmente individuati comparando le parole e segmentandole in base ad
analogie e differenze formali e semantiche. Ad esempio, due parole come gatto e gatti condividono
il medesimo significato lessicale e, sul piano della forma, hanno in comune la sequenza gatt+. Si
pu quindi supporre che proprio questa sequenza di suoni sia portatrice del significato lessicale che
le due parole condividono. Invece, gli elementi +o e +i significano rispettivamente
MASCHILE+SINGOLARE e MASCHILE+PLURALE. Essi hanno quindi in comune il tratto MASCHILE, ma
esso non corrisponde ad alcuna unit formale. Cio, n lelemento +o n lelemento +i possono
essere ulteriormente divisi al loro interno per individuare una unit specificamente dedicata
allespressione del valore MASCHILE. Quindi, +o ed +i sono due morfemi ciascuno dei quali veicola
due valori semantico-funzionali.

Es. gatto / gatti

morfema: significato:



gatt+


+o

{MASCHILE}+{SINGOLARE}

+i

{MASCHILE}+{PLURALE}

Torna al paragrafo 2
Meno semplice definire in termini rigorosi la nozione di parola. In genere si suppone che possano
essere definiti parole gli elementi lessicali che
a. possono occorrere da soli, cio che possono costituire un enunciato (criterio dell isolabilit);
b. non possono essere interrotti con laggiunta di altro materiale linguistico (criterio della coesione
interna);
c. possono essere preceduti e seguiti da una pausa (criterio della pausabilit);
d. possono spostarsi allinterno di una frase (criterio della mobilit).

Torna al paragrafo 2

La conversione (o derivazione zero) processo morfologico a seguito del quale una parola
cambia la propria categoria sintattica senza laggiunta di affissi o di altro materiale linguistico. Ad
esempio, in inglese il nome water acqua pu trasformarsi in verbo (to) water annaffiare pur non
assumendo alcun affisso derivazionale. In italiano il participio presente del verbo cantare (cantante)
diviene un nome senza passare per alcun processo di suffissazione.

Torna al paragrafo 2.1.1.1.
Si consideri la frase vietnamita seguente:

Khi ti dn nh ban ti, chng ti bt dau lm bi
quando io venire casa amico io PL io prendere testa fare lezione
Quando giunsi a casa del mio amico, cominciammo (prendere testa = cominciare) a fare la lezione

In questa sequenza, ogni parola effettivamente invariabile, essendo cio formata da un unico
morfema. Si osservi, a titolo esemplificativo, il comportamento del pronome personale ti io: esso
viene pluralizzato mediante la giustapposizione di unaltra parola monomorfemica, chng, priva di
un vero significato lessicale, ma portatrice dellinformazione grammaticale [PLURALE]. Perci una
categoria linguistica come il plurale viene realizzata formalmente prescindendo dal ricorso a
strategie morfologiche (come accade invece in inglese, dove il plurale segnalato dalla marca s;
es. boy ragazzo > boys ragazzi). Inoltre, come si detto, le parole possono svolgere pi funzioni
sintattiche senza variazione sul piano formale: nella frase in questione, ad esempio, si registrano tre
occorrenze della forma ti; in due casi (il primo e lultimo) ti un pronome, mentre in un caso
(quello intermedio) esso adempie ad una funzione che, in italiano, sarebbe svolta da un aggettivo
possessivo: ban ti significa infatti mio amico.

Torna al paragrafo 2.1.1.1.

Il cinese si comporta essenzialmente come il vietnamita. Si osservi la frase seguente:

cinese mandarino:
t zi tshgun kn bo
egli presso biblioteca leggere giornale
Egli sta leggendo un giornale in biblioteca

Anche in questo caso siamo di fronte a parole invariabili e monomorfemiche.

Torna al paragrafo 2.1.1.1.
Si consideri la forma seguente:

angya-ghlla-ng-yug-tuq
barca-ACCRESCITIVO-comprare-DESIDERATIVO-3
a
PERSONA.SINGOLARE
egli vuole comprare una grande barca

La sequenza angyaghllangyugtuq allo stesso tempo una parola ed una frase di senso compiuto. In
essa si combinano due morfemi lessicali (angya barca e ng comprare) e tre morfemi
grammaticali.

Torna al paragrafo 2.1.1.2.

Si consideri la forma seguente, di tipo tendenzialmente incorporante:

t.-mey.-levt.-p.Gt-.rk.n
1
a
PERSONA.SINGOLARE.SOGGETTO-grande-testa-dolore-IMPERFETTIVO
ho un tremendo mal di testa

In essa, i morfemi grammaticali sono due (t.- e -.rk.n), quelli lessicali tre (mey.-, levt.- e p.Gt-).
Di fatto, lincorporazione pu essere considerata un caso speciale allinterno della polisintesi:
mentre questultima consente di combinare numerosi morfemi, indipendentemente dalla loro natura
lessicale o grammaticale, la prima si configura come possibilit di agire quasi esclusivamente su
morfemi lessicali.

Torna al paragrafo 2.1.1.2.



Di seguito viene riproposta la declinazione del nome turco adam uomo:

Singolare Plurale
Nominativo adam adam-lar
Genitivo adam-in (?) adam-lar-in (?)
Dativo adam-a adam-lar-a
Accusativo adam-i adam-lar-i
Ablativo adam-dan adam-lar-dan
Locativo adam-da adam-lar-da

N.B. La notazione (?) indica che non vi accordo tra gli studiosi sulleffettiva opportunit di
includere il genitivo nel novero dei casi del turco.

Si noti come ogni forma appaia in effetti invariabile: sia la base lessicale adam che la marca di
plurale (-lar) e le desinenze di caso (zero per il nominativo, -in per il genitivo, -a per il dativo, -i per
laccusativo, -dan per lablativo e -da per il locativo) non subiscono mutamenti nel loro corpo
fonetico quando vengono accostate le une alle altre (a differenza di quanto accade, ad esempio, in
una forma italiana come amico > amici). Inoltre, ogni morfema esprime un solo significato.

Torna al paragrafo 2.1.2.
Si consideri la declinazione nominale del russo, che prevede tre generi (maschile, femminile e
neutro):

femminile maschile neutro
Singolare
Nom. vod ogn drevo
acqua fuoco albero
Gen. vod ognj dreva
Acc. vdu ogn drevo
Dat. vod ognj drevu
Str. vodj ognm drevom
Loc. vod ogn dreve

Plurale
Nom. vdy ogn dervja
Gen. vd ognj dervjev
Acc. vdy ogn dervja
Dat. vodm ognjm dervjam
Str. vodmi ognjmi dervjami
Loc. vodax ognjx dervjax

Se si considera laccusativo plurale vdy acqua, una prima segmentazione ci consente di isolare la
base lessicale vod dalla terminazione di caso y; questultima per inanalizzabile: essa infatti non
contiene al suo interno un morfema che veicoli la funzione grammaticale [ACCUSATIVO] ed un altro
che trasmetta linformazione relativa al numero [PLURALE]. A differenza di quanto accade in turco
(dove nellaccusativo plurale adamlari lar la marca del plurale e i dellaccusativo), in russo due
funzioni distinte sono fuse in un unico morfema, senza che permanga visibile un confine tra esse.
Per di pi, i morfemi non hanno forma invariabile: la terminazione dellaccusativo plurale di un
nome femminile come vod, appunto y, non pu infatti essere estesa n ai nomi maschili, per i
quali le medesime funzioni grammaticali sono realizzate dalla marca (ogn i fuochi), n ai nomi
neutri, nei quali laccusativo identico al nominativo (dervja gli alberi).
Come si detto, nelle lingue fusive la violazione della corrispondenza biunivoca tra unit del piano
formale e unit del piano semantico avviene in entrambe le direzioni possibili. Oltre alla situazione
pi forme > una funzione, appena osservata a proposito dellaccusativo plurale, infatti
ampiamente attesta anche la situazione opposta, che potremmo definire una forma > pi funzioni.
Per rimanere ai dati appena presentati, sufficiente segnalare che la parola vdy pu essere
interpretata appunto come accusativo plurale, ma anche come nominativo plurale.

Torna al paragrafo 2.1.3.

Larabo costruisce le parole intrecciando una radice (tri)consonantica, cui di norma corrisponde
una lettura semantica piuttosto generica, priva di ogni implicazione di natura grammaticale (priva
cio, ad esempio, di categoria sintattica, di genere, numero, ecc.), e particolari sequenze vocaliche,
collocate tra le consonanti radicali, cui spetta la mansione di esprimere le indispensabili, ulteriori
specificazioni tanto lessicali, quanto grammaticali. La radice KTB, ad esempio, esprime un
significato che in termini generali copre tutta larea semantica connessa allattivit della scrittura.
Da essa derivano parole come kataba egli scrisse, limperfettivo yaktubu egli scrive, i nomi katb,
kitba, kitba che, approssimativamente, significano scrivere. Poi, ancora, kitb libro (e kutub
libri), kutayyib librino, ktib scrittore, kutubi venditore di libri, kitbi scritto, maktaba
biblioteca e miktb macchina da scrivere (con il prefisso m- che forma, tra gli altri, nomi di
luogo e di strumento). In lingue di questo genere, la segmentazione della parola davvero
problematica e diviene indispensabile ricorrere ad espedienti, anche grafici, particolari:

[SCRIVERE]
k u t u b
[NOME COMUNE]
[INANIMATO][CONCRETO]
[PLURALE][MASCHILE]
libri

[SCRIVERE]
k t i b
[NOME COMUNE] [UMANO]
[SINGOLARE][MASCHILE]
scrittore

In queste forma, il morfema lessicale ktb; uu e i si comportano pi o meno come morfemi
grammaticali.

Torna al paragrafo 2.1.3.1.

Nella flessione nominale e verbale, le lingue bantu si comportano antiteticamente rispetto alle
lingue europee. Infatti, la quasi totalit delle categorie flessive ed una porzione non irrilevante di
quelle derivazionali viene espressa attraverso prefissi:

a. Morfologia nominale: b. Morfologia verbale
shona (lingua bantu centro-orientale) swahili (lingua bantu nord-orientale)
-komana morfema lessicale (ragazzo) -funza morfema lessicale (imparare)
mu-komana ragazzo ni-me-ji-funza io ho imparato
va-komana ragazzi u-me-ji-funza tu hai imparato
ci-komana ragazzo grassottello a-me-ji-funza egli ha imparato
zi-komana ragazzi grassottelli tu-me-ji-funza noi abbiamo imparato
ru-komana ragazzo alto e magro m-me-ji-funza voi avete imparato
ka-komana ragazzino wa-me-ji-funza essi hanno imparato
tu-komana ragazzini

Torna al paragrafo 2.2.
Edward Sapir (1921 [1969: 129 n. 1]) pare propendere per una interpretazione di matrice
psicologica:

a me pare che ci sia una distinzione psicologica piuttosto importante tra una lingua che fissa lo
status formale di un elemento radicale prima di annunciarlo ed quello che in effetti, usano fare
lingue come il tlingit, il chinook, e il bantu e tra unaltra lingua che comincia con il nucleo
concreto di una parola e definisce lo status di questo nucleo con limitazioni successive, ognuna
delle quali riduce in qualche misura la generalit di tutto ci che la precede. Lo spirito del primo di
questi due metodi ha qualcosa di diagrammatico o architettonico, il secondo metodo [] fondato su
una serie di ripensamenti successivi: in esso si procede come se si potasse una siepe. Nelle lingue
a prefissi pi riccamente strutturate la parola spesso ci appare come una cristallizzazione di elementi
oscillanti mentre le parole delle tipiche lingue a suffissi (il turco, leschimese, il nootka) sono
formazioni determinative in cui ciascun elemento aggiunto determina da capo la forma di tutto il
complesso.

Torna al paragrafo 2.2.


Possono essere definiti sintagmi quei gruppi di parole
a) che si spostano in blocco allinterno di struttura maggiore (es. una frase):
b) che possono formare da soli un enunciato

es. nella frase i bambini piccoli prendono il latte
i sintagmi sono tre: i bambini piccoli, prendono il latte e il latte (un sintagma pu dunque contenere
un altro sintagma).
Essi infatti si spostano in blocco:
prendono il latte, i bambini piccoli
*piccoli prendono il latte i bambini
il latte prendono, il bambini piccoli
*il prendono latte i bambini piccoli
e possono essere usati in isolamento:
Chi prende il latte?
I bambini piccoli.
Cosa fanno i bambini piccoli?
Prendono il latte
Cosa prendono i bambini piccoli?
Il latte

I sintagmi prendono il nome dallelemento che li governa, tecnicamente definito testa. Ad
esempio, nel sintagma i bambini piccoli la testa il nome bambini (dunque il sintagma nel suo
complesso detto nominale) perch il nome che impone allarticolo ed allaggettivo la forma
MASCHILE+PLURALE, e non viceversa.

Torna al paragrafo 3

Una premessa doverosa: non tutte le lingue del mondo consentono di stabilire con chiarezza quale
sia lordine effettivo dei costituenti; anzi, in alcune limpresa davvero molto impegnativa, sia
perch, come avviene in russo, tutte le sequenze possibili degli stessi costituenti realizzano stringhe
grammaticali, sia perch, come accade in huichol (lingua della famiglia uto-azteca),
lidentificazione di un costituente, ad esempio il soggetto, avviene in base a criteri molto diversi
rispetto a quelli cui si soliti ricorrere nella maggior parte delle lingue europee. In seguito,
fingeremo, per pura comodit argomentativa, di vivere in un mondo ideale in cui lingue di questo
tipo non esistano. Per questo, faremo riferimento solo ed esclusivamente a idiomi che consentano di
identificare con sufficiente attendibilit un ordine naturale dei costituenti.

Torna al paragrafo 3.1.

Il giapponese una lingua tendenzialmente di tipo SOV:
Taro ga inu o mita
Taro cane vide / Taro vide il cane (ma lett. Taro il cane vide)

Lo yoruba (famiglia nigero-congolese del gruppo kwa) costruisce la frase
dichiarativa prevalentemente sullo schema SVO:
bb ra bt
padre compr scarpe / Il padre compr le scarpe

Il gallese (lingua indeuropea del gruppo celtico) viene normalmente ascritta
al tipo VSO:
Lladdodd y ddraig y dyn
uccise il drago luomo / il drago uccise luomo (ma lett.
uccise il drago luomo)

Pi in generale, il tipo SOV attestato nelle lingue indo-arie, nelle lingue australiane sudorientali,
nelle lingue turche, in basco, nelle lingue ugro-finniche (ad eccezione del finnico e dellestone), in
coreano, in giapponese, in varie lingue caucasiche, nelle lingue dravidiche, ecc.
Il tipo SVO attestato nelle lingue romanze, nelle lingue germaniche, nelle lingue slave e baltiche,
in albanese, in neogreco, in finnico ed in estone, in quasi tutte le lingue bantu, nella maggior parte
del gruppo chad della famiglia camito-semitica, in vietnamita, in cinese, ecc.
Il tipo VSO attestato nelle lingue celtiche, in ebraico, in aramaico, in berbero, in masai, nelle
lingue polinesiane, in zapoteco, ecc.

Torna al paragrafo 3.1.




I sette tipi interlinguisticamente pi diffusi in base alla combinazione dei tre parametri dindagine
(a. struttura della frase dichiarativa; b. struttura del sintagma adposizionale; c. struttura del sintagma
nominale) sono i seguenti:

i. VSO, Pr, NG, NA: lingue celtiche, ebraico, aramaico, arabo, berbero, masai; lingue polinesiane e
probabilmente altre lingue austronesiane.
ii. SVO, Pr, NG, NA: lingue romanze, albanese, neogreco, la maggior parte delle lingue del gruppo
benue-congo incluse tutte le lingue bantu; la maggior parte del gruppo chad della famiglia camito-
semitica; vietnamese, le lingue tailandesi.
iii. SVO, Pr, NG, AN: una parte delle lingue germaniche (tedesco, olandese, islandese), lingue
slave.
iv. SVO, Pr, GN, AN: le restanti lingue germaniche (svedese, norvegese, danese).
v. SVO, Po, GN, NA: finnico, estone.
vi. SOV, Po, GN, AN: le altre lingue ugro-finniche, le lingue turche, hindi, bengalese e altre lingue
arie dellIndia; armeno moderno, coreano, giapponese, molte lingue caucasiche; lingue dravidiche;
vii. SOV, Po, GN, NA: basco, birmano, tibetano classico; la maggior parte delle lingue australiane

Legenda:
A(ggettivo), G(enitivo), N(ome), O(ggetto diretto), Po(sposizione), Pr(eposizione), S(oggetto),
V(erbo)

Torna al paragrafo 3.2.

Molto brevemente, per quanto concerne il primo parametro la distinzione pi frequente quella tra
toni associati a vocali (come in somalo: qalin giovane cammello vs. qaaln giovane cammella)
e toni associati a sillabe (come nelle parole cinesi riprodotte sopra). Rispetto a questi ultimi, poi,
possibile discriminare ulteriormente i toni associati ad una sola sillaba dai toni che invece arrivano a
coprire pi sillabe (come in digo, una lingua bantu della Tanzania, in cui la forma a na ramuka
(lei) si sta svegliando si caratterizza per un tono alto sulle due sillabe finali).

Torna al paragrafo 4.1.
Rispetto alla funzione dei toni, la prima e pi importante suddivisione tra i toni che distinguono
morfemi lessicali (come in cinese mandarino) e quelli che distinguono invece morfemi con valore
pi specificamente grammaticale. In aghem, una lingua della famiglia nigero-congolese (ramo bane,
sottogruppo nkom occidentale), parlata in Camerun, la preposizione con si differenzia solo per il
tono da a/per. Nella lingua noni, anchessa parlata in Camerun e anchessa appartenente al ramo
bane della famiglia nigero-congolese (sottogruppo beboide orientale), il tono gioca un ruolo
cruciale nellespressione del numero: bw cane vs. bw cani. In bukusu, una lingua bantu nord-
orientale (gruppo luhya), parlata al confine tra Kenya e Uganda, i toni possono marcare diversi
tempi verbali: xwaalimile noi abbiamo appena coltivato (in riferimento ad unazione svolta nel
corso della giornata) vs. xwaalmile noi abbiamo coltivato (in riferimento ad unazione svolta nei
giorni precedenti). I toni possono svolgere anche funzione derivazionale. In lendu, lingua parlata tra
il Congo e lUganda, essi consentono di trasformare un verbo in nome: dh insultare diviene dh
insulto. In tibetano sufficiente linnalzamento del tono per produrre una forma causativa: <E
14

dormire > <E
44
far dormire, addormentare.

Torna al paragrafo 4.1.
Le vocali anteriori vengono pronunciate nella sezione della cavit orale pi vicina alla bocca. In
italiano, le vocali anteriori sono la /i/ e la /e/ (anche aperta: //). Le vocali posteriori, di converso,
vengono pronunciate nella zona pi interna della cavit orale. In italiano sono posteriori la /u/ e la
/o/ (anche aperta: /O/). La /a/ una vocale centrale, ma tende a comportarsi come una vocale
posteriore.

Torna al paragrafo 4.2.
Le vocali arrotondate vengono pronunciate con un arrotondamento delle labbra, come la /u/ e la /o/
in italiano.

Torna al paragrafo 4.2.

Sulleffettiva filiazione genetica di alcune lingue inizialmente collocate nella famiglia in questione
non ancora possibile esprimere un giudizio definitivo. Questa incertezza deriva, almeno in parte,
dallestrema difficolt che si riscontra nellindividuare fenomeni effettivamente peculiari della
famiglia e quindi in grado di sancire in modo inequivoco le relazioni di parentela tra i membri della
stessa. Uno dei tratti discriminanti per lappartenenza alla famiglia sino-tibetana pare essere la
struttura della sillaba. Tanto il proto-cinese quanto il proto-tibeto-birmano ammettevano nella
posizione finale di sillaba solo un piccolo inventario di elementi consonantici (le occlusive sorde, le
nasali, *s, *r, *l, *w e *y). Nelle moderne lingue sino-tibetane questo inventario in genere
ulteriormente ridotto. Nella posizione iniziale di sillaba, invece, potevano comparire sequenze
composte da unostruente o una nasale e da *y, *w, *r e *l.
Un fenomeno che stato a lungo considerato come distintivo della famiglia sino-tibetana, i toni, ha
in realt uno status piuttosto controverso, soprattutto in chiave storico-evolutiva. Alcune lingue,
vietnamita e tailandese su tutte, sono state in un primo tempo erroneamente assegnate alla famiglia
in oggetto, proprio per la presenza in esse di un pi o meno articolato sistema di toni. In realt, pare
plausibile supporre che allinterno della famiglia sino-tibetana i toni rappresentino leffetto di una
serie di sviluppi paralleli, innescati dai mutamenti fonologici che hanno coinvolto i confini di
sillaba, piuttosto che un tratto ereditato da una comune lingua-madre. In questo caso, dunque, ci
troviamo di fronte ad un tratto marcatamente areale e non dovuto alla comune filiazione genetica.
Ci spiega sia lesistenza di un buon numero di lingue tibeto-birmane non tonali, sia la presenza dei
toni in lingue collocate nei pressi dellambito di estensione territoriale delle lingue sino-tibetane, ma
che studi recenti hanno chiaramente indicato come afferenti a famiglie diverse, come appunto il
vietnamita ed il tailandese.

Torna al paragrafo 5.1.

Cinese mandarino. il maggior gruppo dialettale, sia per numero di parlanti (il 70% della
popolazione cinese) che per peso politico. La lingua standard in uso oggi in Cina, detta
ptnghu, si basa in larga parte sul cinese mandarino.

W. Comprende i dialetti parlati nelle regioni bagnate dal fiume Yngz ed in centro urbani come
Shngi.

Mn. Include i dialetti delle province di Tiwn e Fjin.

Yu. il raggruppamento che comprende i dialetti parlati nelle province della regione Gungdng.
Luso dei dialetti yu, il pi noto dei quali indubbiamente il cantonese, largamente prevalente tra
i cinesi della diaspora. Quindi, sono largamente improntate ai dialetti yu le lingua parlate ad Hong
Kong e nei quartieri a maggioranza cinese, le cosiddette Chinatown, delle maggiori citt statunitensi
ed europee.

Hakka. Sono i dialetti meno noti allesterno della Cina: sono parlati da comunit, numericamente
abbastanza esigue, prevalentemente dedite allagricoltura, originarie delle regioni settentrionali
della Cina e progressivamente migrate verso le zone meridionali del paese.

Torna al paragrafo 5.1.

Nella frase t b chezi mi-le lui/lei ha venduto la macchina, il verbo mi vendere ed il suffisso
perfettivo le indicano che lazione da considerarsi conclusa. Invece, la frase t chun-zhe yi-
shung xin xizi lui/lei indossa (= sta indossando) un paio di scarpe nuove, in cui il verbo chun
indossare compare allaspetto durativo (cio con il suffisso zhe) indica unazione che non
conclusa ed il cui svolgimento, anzi, si prolunga nel tempo.

Torna al paragrafo 5.1.
La famiglia afroasiatica, che comprende la maggior parte delle lingue parlate oggi in Medio
Oriente, nelle regioni settentrionali dellAfrica ed in alcune zone del suo settore nord-occidentale,
viene convenzionalmente divisa in sei rami: egiziano, semitico, cuscitico, omotico, berbero e
ciadico. Larabo afferisce al sotto-gruppo semitico, al pari dellebraico, dellaccadico (lantica
lingua della Mesopotamia), dellaramaico (parlato nellodierna Siria), ecc.
Il trascorrere del tempo e gli effetti della deriva linguistica hanno in genere leffetto di oscurare le
somiglianze dovute a parentela. Quindi, anche nel caso della famiglia afroasiatica pare davvero
scarno linventario di tratti comuni che emerge da una disamina delle lingue moderne. Esso
comprende certamente la marca t del femminile, la marca k nelle desinenze verbali di seconda
persona, alcuni elementi lessicali (es. la radice *mut morire), la serie delle cosiddette consonanti
enfatiche (che, aggiungendosi alle sorde ed alle sonore, danno origini a triadi come t (sorda), d
(sonora), t (enfatica)), un sistema vocalico tendenzialmente trimembre (comprendente cio le sole
vocali cardinali, eventualmente differenziate per lunghezza), la flessione interna (secondo le
caratteristiche del tipo introflessivo).

Torna al paragrafo 5.2.
La maggior parte dei paesi di lingua araba, infatti, si caratterizza per la cosiddetta diglossia,
situazione che prevede la presenza di due diverse variet di una stessa lingua, differenziate in ottica
funzionale (ed in questo senso la diglossia di differenzia dal bilinguismo, che prevede la presenza di
due lingue diverse nel repertorio di una comunit). In genere delle due variet una considerata
alta ed utilizzata in situazioni formali; laltra, bassa, caratterizza le interazioni quotidiane in
contesti familiari o comunque informali. La variet alta dellarabo, il cosiddetto arabo moderno
standard, di fatto la continuazione dellarabo classico ed la lingua dellinsegnamento scolastico
ed universitario, della politica, dei mass media, ecc. Larabo dialettale, la variet bassa, invece la
lingua madre della quasi totalit dei membri della comunit arabofona; , in sostanza, la lingua che
si apprende nel contesto familiare e che viene utilizzata nelle interazioni quotidiane.
Le differenze tra larabo moderno standard e le variet dialettali sono innanzitutto di ordine
lessicale. Si considerino, a titolo esemplificativo, le seguenti coppie di termini, tratti dallarabo
dialettale egiziano e dallarabo classico (di cui, ricordiamo, larabo moderno standard la diretta
continuazione):

1) Arabo classico Arabo dialettale (egiziano) traduzione italiana
ra? f egli vide
i?un gazma scarpa
?anfun manaxr naso
?al?na dilwa?ti adesso

La mutua intelligibilit tra le singole variet dialettali non scontata. Se, come emerge dal
brevissimo elenco in (1), la forma per adesso in arabo egiziano dilwa?ti, in arabo marocchino
troviamo, con il medesimo valore semantico, dba, in arabo algerino delwq e druk, in arabo
tunisino tawwa, nella variet dellArabia Saudita dahhin(a), in arabo siriano halla? ed in arabo
nigeriano hatta, hassa o dten.

Torna al paragrafo 5.2.
Una sommaria ricognizione del lessico di base offre esempi davvero indicativi della straordinaria
omogeneit interna della famiglia turca. Per esempio, il termine per testa ba in turco di Turchia,
ba, tra gli altri, in gagauso, azerbaigiano, tukmeno, baschiro, nogi, kasaco, kirghiso, uigurico, bas
in iakiro, bo, in usbeco; il ciuvascio, che, come si accennato, la lingua turca che meno si
uniforma alle tendenze prevalenti nella famiglia, ha pus. Ancora, i termini per autunno e inverno
sono rispettivamente gz e k in turco di Turchia, kz e ky in tataro, kz e ky in kirghiso, kz e qi
in usbeco. Il ciuvascio, invece, ha kr e xl.

Torna al paragrafo 5.3.
Si consideri a titolo esemplificativo la frase

(Ben) bugn ok yorgun-um
Io oggi molto stanco/a-1SG

in cui la forma yorgun si accorda con il pronome ben (le parentesi indicano che questa forma pu
essere omessa) solo in persona (la prima) ed in numero (singolare). Qualora non conoscessimo nulla
della persona che la pronuncia, non saremmo in grado di tradurla efficacemente in italiano, lingua
che, invece, ha accordi di genere: la frase in questione infatti pu significare tanto io sono stanco,
quanto io sono stanca.

Torna al paragrafo 5.3.

Allo slavo occidentale appartengono il polacco, il ceco e lo slovacco. Il russo, il bielorusso e
lucraino costituiscono linsieme delle lingue slave orientali. Del sotto-gruppo slavo meridionale
fanno parte lo sloveno, il serbo, il croato, il bulgaro e il macedone.

Torna al paragrafo 5.4.
In breve, mentre il tempo colloca cronologicamente lo svolgimento di unazione, laspetto ne
sottolinea la struttura interna, sempre in chiave temporale. Un esempio baster a chiarire la
situazione. La distinzione cruciale nelle lingue slave quella tra aspetto perfettivo ed aspetto
imperfettivo. Il primo indica unazione che viene considerata come un fatto compiuto, senza
scansioni interne o tappe intermedie: essa si realizza in modo puntuale e come tale viene presentata.
Ad esempio, la frase russa ja vol v kmnatu, sel i vzjal kngu entrai nella stanza, mi sedetti e presi
un libro riporta tre azioni immediatamente successive e concluse: ciascuna di esse un punto nello
spazio. Laspetto imperfettivo, invece, designa azioni che si svolgono in modo continuativo. Nella
frase russa ppa sidl v zelnom kresl i spal il pap stava seduto sulla poltrona verde e dormiva
viene descritta una situazione di cui non conosciamo n linizio n la fine. Con le dovute cautele,
possiamo affermare che la distinzione tra aspetto perfettivo ed aspetto imperfettivo simile alla
differenza che intercorre tra passato prossimo ed imperfetto in lingue come litaliano

Torna al paragrafo 5.4.

Convergenza tra genitivo e dativo:
shtpia e plakut la casa del vecchio e ja tha plakut lo disse al vecchio (in cui ricorre la stessa
forma plakut).
Posposizione dellarticolo determinativo:
shok compagno e shok-u il compagno (lett. compagno-il), vajz ragazza e vajz-a la ragazza
(lett. ragazza-la).
Perdita dellinfinito (sostituito da strutture sintattiche di tipo subordinato aventi valore
prevalentemente finale, consecutivo o dichiarativo):
bri q fl finse di dormire (lett. finse che dormiva)
Formazione di un futuro analitico, mediante i verbi volere e avere:
do t punoj lavorer (ove alb. do 3
a
p.sing. del presente indicativo di dua volere e t introduce
una proposizione finale; quindi lett. voglio affinch io lavori)
e
kam m shkruaj scriver (soprattutto in area ghega), che letteralmente significa ho da lavorare.
Numerazione locativale per i numerali cardinali da 11 a 19:
sulla struttura numero + prep. su + dieci: nj-mb-dhjet undici (lett. uno su dieci), dy-mb-
dhjet dodici (lett. due su dieci).

Torna al paragrafo 5.5.

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